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Messaggi - sgiombo

#991
Citazione di: paul11 il 15 Gennaio 2019, 12:53:18 PM
Il problema è la natura umana e poi la cultura.
Gli animali sociali, soprattutto i mammiferi, sanno gestirsi meglio.Eppure noi abbiamo l'intelligenza per fare cultura.
e questa cultura come l'abbiamo usata? Per migliorare la natura umana o per peggiorarla?

Forse ha ragione Nietzsche del Zarathustra.
Ogni umano  sta al suo posto "naturale", e  "l'aristocratico" quello che ha avuto maggior talenti dalla natura, non l'abusa contro
i "deboli".Vivi e lascia serenamente vivere in pace, che gli ultimi non vogliano essere i primi e i primi non abusino delle loro maggiori facoltà contro i deboli,anzi li aiutino. E tutti a goderci dei raggi del sole e della vita; senza invidie perchè ognuno sa se si guarda dentro ,il suo posto nel mondo.
Non siamo nemmeno capaci di vivere "naturalmente"


Ma é forse  tutto un intervento ironico?

No perché altrimenti mi piacerebbe sapere dove vedi "aristocratici" che avrebbero avuto maggiori talenti dalla natura e non invece ereditato maggiori quantità di ben altre valute (letterali, non metaforiche; e correnti) da papà, e che non compiano abusi, anche abominevoli, contro i deboli, anzi li aiutino.

Per la tua incolumità ti consiglierei di non andare il giro ad esempio per la LIbia, in Siria o in Iraq (ma anche nella stragrande maggioranza delle terre del mondo intero, Italia compresa) a predicare di "goderci dei raggi del sole e della vita; senza invidie perchè ognuno sa se si guarda dentro ,il suo posto nel mondo".

La cultura, a parte il suo essere in ultima analisi un puro e semplice sviluppo coerente della natura nel particolare caso della nortra specie umana, é comunque ormai per noi un' irreversibile "seconda natura".

Comunque il "divorzio" umano dall' ugualitarismo naturale non é più "tollerabile" da parte della natura (non é più compatibile con la natura, che ha leggi del divenire ineccepibili e ineludibili, e dunque letteralmente non può più "darsi" nella realtà): o si ricompone a un livello "superiore", di civiltà, l' antico ugualitarismo naturale spezzato dalla nascita della cultura, o la cultura, la storia umana perisce (la natura se ne disfa come il nobile toro della fastidiosa e stupida e sporca mosca con un semplice colpo della coda).
#992
Citazione di: Freedom il 15 Gennaio 2019, 08:52:25 AM


Prima del capitale c'erano gli Stati nazionali, prima ancora c'era il feudalesimo sino a risalire all'impero. (sempre con una classe dominante ristretta e una massa di dominati chiamati schiavi, servi della gleba, etc.). In Europa.

Ma se guardo all'Egitto, alla Persia, alla Cina, al Giappone, rilevo sempre la stessa storia di dominanti e dominati. Vorrà pur dire qualcosa se mai, nella storia dell'umanità, abbiamo assistito ad una forma di convivenza sociale...come dire....non so definirla.....diciamo che facesse appello alle migliori qualità umane di giustizia e solidarietà?


Ma non per questo dobbiamo fare di tutte le erbe un fascio.

Le condizioni del "popolo" (il terzo stato) da una parte e di aristocrazia e clero (primo e secondo stato) erano ben diverse prima e dopo la Rivoluzione Francese.

Così come quelle di relativi privilegiati e non privilegiati in URSS e nei paesi ell' Europa orientale fra la Rivoluzione d' Ottobre e la caduta del muretto (in proporzione ai tantissimi ben più grandi muri, materiali e "virtuali" ma non meno micidiali, costruiti dopo) di Berlino e successivamente; ma anche fra privilegiati e oppressi qui da noi in Occidente (presenza versus assenza dello "stato sociale"!); per non parlare delle condizioni delle popolazioni dei paesi vittime del colonialismo e neocolonialismo.
#993
Citazione di: Freedom il 15 Gennaio 2019, 08:36:44 AM

Secondo me anche un atto culturale è un atto naturale. In altre parole nella gerarchia delle azioni umane si parte sempre da un fatto naturale.

Perfettamente d' accodo!
#994
Ciao, Viator.

Penso che da quando l' uomo ha inventato il linguaggio ed ha cominciato a produrre (trasformare intenzionalmente la natura applicandone finalisticamente le leggi inderogabili) più del necessario alla sua sopravvivenza e riproduzione si é instaurata la diseguaglianza (di classe) nell' umanità.

Da allora é iniziata la storia umana, come "ramo particolare dell' albero della storia naturale", ovvero la lotta di classe (ovviamente questo é ciò di cui sono convinto io).

Essa ha attraversato diverse fasi con diversi rapporti di diseguaglianza sociale fra (in varia misura nelle diverse epoche) privilegiati e (idem) oppressi.

Su quale fra le tendenze (ideologiche, ma soprattutto strutturali in senso marxiano, proprie della produzione) egalitarie e disegalitarie abbia più contribuito allo sviluppo quantitativo delle forze produttive e delle produzioni e consumi umani (della civiltà) che ne é derivato ho le mie convinzioni che qui lascerei tra parentesi, anche perché so bene che la questione, essendo centrale nella lotta fra le classi sociali, é estremamente controversa e in due parole non si può pretendere di argomentare adeguatamente e sperare di convincere chi la pensa diversamente.
E a maggior ragione lascio qui sottintese le mie convinzioni sulla maggiore o minore giustizia, umanità, "civiltà autentica" delle due alternative.

Ma mi sembra che oggi, anche se pochissimi sembrano rendersene conto in maniera minimamente adeguata (e pour cause: in ogni epoca le idee dominanti tendono ad essere le idee delle classi dominanti -F. E. e K. M.), siamo a uno snodo decisivo della storia umana (é un "terribile privilegio" delle nostre generazioni!), paragonabile a quello costituito dalla sua origine, e che potrebbe portare a breve alla sua fine "prematura e autodeterminata" (dopo di che la storia naturale proseguirebbe "imperterrita", del tutto "leopardianamente" indifferente alla nostra fine, così come lo é stata verso la nostra origine).

E questo per il fatto che lo sviluppo ormai raggiunto dalla civiltà umana (torno a dire: prescindendo pure dal ruolo in esso svolto dell' egaltairsmo e/o del disegalitarismo) é tale che l' ambiente naturale "ci sta stretto".
Ogni produzione e consumo ha effetti "collaterali" oltre agli scopi coscienti "centrali" per i quali é realizzata, e oggi le produzioni e i consumi complessivi dell' uamanità hanno l' effetto collaterale complessivo di mettere a rischio la sua sopravvivenza.

Ora il problema (pazzesco!) che abbiamo di fronte non é più se un' ulteriore (disastroso) sviluppo quantitativo di produzioni e consumi può essere meglio garantito dall' egalirasimo o dal disegalitarismo, ma invece quello di quale tipo di ordinamento sociale possa consentire un realisticamente possibile ulteriore sviluppo qualitativo (nella necessaria autolimitazione e "autocontrollo quantitativo") della civiltà umana anziché la sua fine.

E su questo non mi pare si possa sinceramente dubitare.
#995
Risposta a Paul11

Il tuo pessimismo mi sembra dettato dalla tremenda situazione presente nella lotta di classe (descrivo la realtà secondo il mio punto di vista e i miei criteri interpretativi ovviamente, indipendentemente dalla loro eventuale condivisione) e con tutta evidenza da un' esperienza di sincera adesione e impegno per una causa che oggi tende ad appare irrimediabilmente perdente.

Non sono ottimista nemmeno io, soprattutto perché il "tempo stringe" terribilmente se si spera di impedire che il capitalismo arrechi danni irrimediabili alle condizioni fisiche e biologiche della sopravvivenza umana.

Malgrado ci sia nel forum chi mi ritiene affetto da un deleterio eccessivo oggettivismo deterministico, credo di non sottovalutare l' enorme importanza del fattore soggettivo della coscienza delle masse nella lotta di classe e per il progresso (ma oggi per la sopravvivenza stessa) dell' umanità.

Che nel proletariato si diffondano tendenze ideologiche e politiche in varia misura conservatrici e anche reazionarie mi dispiace terribilmente, me non mi stupisce più di tanto.
Nel Che fare? del 1902 Lenin afferma a chiare lettere che nel capitalismo "l' ideologia a spontanea del proletariato é l' ideologia borghese", che se non superata porta inevitabilmente al prevalere di atteggiamenti grettamente e meschinamente "tradunionistici" (dal nome dei sindacati inglesi; intendendo il perseguimento di immediati vantaggi corporativi di gruppo locale o di categoria professionale anche a scapito degli altri proletari, tali da non indebolire minimamente ma anzi tendenti piuttosto ad irrobustire gli assetti sociali dominanti).

E nel Manifesto del 1848 si dice che ogni fase della lotta di classe esita nell' instaurazione rivoluzionaria di "superiori" rapporti di produzione adeguati al livello raggiunto dallo sviluppo delle forze produttive, oppure nella "rovina comune delle classi in lotta".
Per almeno un secolo la possibilità di questo esito negativo, reazionario, in particolare in riferimento all' attuale fase di lotta fra borghesia capitalistica e proletariato (almeno potenzialmente) socialista é sembrata a tutti (militanti di ogni specie, professori, ecc.) una sorta di pedante precisazione marginale.
Si poteva pensare che l' acquisizione di una coscienza di classe, poi socialista, poi egemonica sufficiente a determinare l' esito "positivo" dello scontro di classe in atto, pur fra alti e bassi (la storia in generale, come la rivoluzione in particolare, procede alquanto a zigzag, non bella larga e piana e dritta come la prospettiva Nevsky) fosse questione di tempo.

L' emergere all' evidenza empirica della limitatezza delle risorse naturali realisticamente (e non fantascientificamente o ideologicamente: ideologia scientistica) disponibili all'umanità non consente più da almeno cinquant' anni un simile atteggiamento comunque fiducioso.

Ma credo che la coscienza della scarsa probabilità di quella che una volta veniva talora detta "la vittoria finale" non giustifichi il venir meno di un impegno sentito come un imperativo morale: é comunque infinitamente meglio soccombere "vendendo cara la pelle" che "calado le braghe".

Mi resta comunque la confortante consapevolezza che sicuramente nell' universo infinito in qualche altro pianeta in cui sia comparsa la vita e sia evoluta una specie "similumana" dotata di linguaggio, autocosciente, "civile", la storia per l'appunto "similumana" avrà potuto superare positivamente la "strettoia similcapitalistica" e realizzare la società nella quale il libero sviluppo di ciascuno sia condizione del libero sviluppo di  ciascun altro: come la vita, in una parte dei pianeti in cui é comparsa non ha superato prima dell' inevitabile estinzione finale la condizione procariotica, in un' altra parte quella degli eucarioti unicellulari, in un' altra ancora quella degli organismi pluricellulari privi di linguaggio, autocoscienza, storia non meramente naturale (come sarebbe successo anche qui da noi se per esempio l' estinzione dei dinosauri fosse stata generalizzata a tutte le forme di vita); così, se anche nel nostro pianeta la storia umana sorta come sviluppo della storia naturale finirà per l' autoestinzione provocata dal capitalismo, tuttavia ci sono certamente altri pianeti nei quali le "necessarie" (per la continuazione e ulteriore sviluppo della storia "similumana") trasformazioni rivoluzionarie "similcomuniste" saranno state realizzate per tempo.
E quei fortunati che hanno raggiunto quelle superiori conquiste di civiltà penseranno con ammirazione e quasi riconoscenza a noi che altrove abbiamo lottato per analoghe cause e siamo stati sconfitti. Un po' come noi pensiamo agli schiavi ribelli di Spartaco, ai tanti ribelli contadini sconfitti nel medio evo, ai contadini tedeschi del '500, o ai Comunardi di Parigi.

Una consolazione quasi-religiosa (e qui rischio di far fischiare per la seconda volta le orecchie a Ipazia)?
Non lo so, e nemmeno mi interessa chiarirlo a me stesso (forse la si potrebbe piuttosto definire "Cyraniana").
Comunque un pensiero decisamente confortante che viene dal profondo di me stesso. E tanto mi basta.

https://www.youtube.com/watch?v=9WTYTrQ_EWk
#996
Citazione di: Freedom il 14 Gennaio 2019, 17:55:55 PM
Citazione di: sgiombo il 14 Gennaio 2019, 15:51:50 PM
Citazione di: Freedom il 14 Gennaio 2019, 14:30:50 PM

E che Rousseau ci fa intuitivamente comprendere con il luminoso esempio del primo uomo che, nella storia umana, delimita un pezzo di terra e dice: "questo è mio!" Fu un atto, ahimè, naturale.


Fu un atto culturale.

Per decine di migliaia di anni in precedenza gli uomini non avevano conosciuto la proprietà privata.
Mah, oddio, non c'eravamo né tu né io quindi stiamo lavorando su ipotesi.
Però l'argomento con il quale stai difendendo la tua e cioè che in precedenza, per migliaia di anni, non avevano conosciuto la proprietà privata; mi sembra debole. C'è un'evoluzione anche nella genetica dunque nella natura. Posto che non sappiamo quando si verificò quell'avvenimento possiamo tuttavia immaginare che, in quel tempo, l'uomo aveva quantomeno le competenze necessarie a delimitare un territorio. Quindi costruire una recinzione. Probabilmente il bruto di 40.000 anni fa non ne era capace.

Detto questo, non so, a me viene in mente la scena iniziale di 2001 Odissea nello spazio quando una scimmia intuì, capì che brandendo un osso contro un'altra scimmia, avrebbe avuto la supremazia. Kubrick ci mostra magistralmente e anche un pò cinicamente ma, ahimè, realisticamente, cosa c'è dietro l'evoluzione umana ed i suoi scatti in avanti. Fu cultura o natura?

O non fu, forse, la cultura una sussunzione della natura?

Non comprendo bene.

Innanzitutto noi non c'eravamo ma ci sono la paleontologia, l' etnologia, l' archeologia.

Per me c' é un' evoluzione innanzitutto biologica, e dunque fra l' altro nel genoma dei viventi;e poi c' é una ben diversa evoluzione culturale umana. che su di quella e coerentemente con quella si sviluppa non contraddicendola: per me la cultura é uno sviluppo peculiare della natura.

40 000 Anni fa, sarà pure stata brutale (infatti anche secondo me non era ancora iniziata propriamente la storia umana), ma la specie biologica homo sapiens sapiens esisteva già da un bel po'.
Inoltre la capacità tecnica di fare qualcosa non significa che tale qualcosa venga effettivamente fatta; possono essere state usate per ben altri scopi, così come oggi non é destino ineluttabile che  le straordinarie capacità attuali dell' uomo di alterare costruttivamente o distruttivamente il suo ambiente di vita (applicando a scopi e intenzioni coscienti la conoscenza delle leggi ineludibili del divenire naturale) continuino ad essere impiegate in maniera pericolosissimamente  distruttiva come oggettivamente impone la logica concorrenziale del capitalismo (dal momento che il capitalismo non é insuperabile, contrariamente alle leggi di natura).
#997
Qualche ulteriore riflessione anche da parte mia (non necessariamente compatibile, né necessariamente incompatibile, né necessariamente complementare -staremo eventualmente a vedere e a ragionarci su- con quelle di Ipazia, di Apeiron e auspicabilmente di altri amici del forum).

La concezione parmenidea della natura, con la sua assenza assoluta di mutamento e anche unità-semplicità-"uniformità" (o indiscriminabilità fra parti, assenza di diversità) dell' essere, secondo me é ancora più "lontana" (caratterizzata solo da vaghe analogie e da sostanziosi elementi di diversità) dalla fisica odierna che l' atomismo antico.
Fra l' altro, con tutta evidenza al contrario di tutta la scienza moderna, da Galileo in poi, é una costruzione teorica a priori, fondata su considerazioni teoriche astratte (logiche) su concetti teorici; anche se ovviamente ha dovuto confrontarsi con la realtà empirica (a cominciare dai famosi -o famigerati- paradossi di Zenone di Elea). E altrimenti che credibilità avrebbe potuto pretendere?
Con tutto ciò non é ovviamente vietato cercare di stabilire analogie con aspetti della fisica odierna, esattamente come non lo é cercare di stabilirne per l' atomismo democriteo ed epicureo.

Dal mio punto di vista (= ciò che suscita il mio soggettivo interesse) di (filosofo; non professionale) razionalista, quel che conta nella realtà materiale - naturale così come scientificamente conosciuta, che non esaurisce la realtà in toto (mi scuso per la ripetitività), é il fatto che é caratterizzata da un divenire ordinato.
Cioé da un mutamento relativo, parziale, ovvero (é la stessa identica cosa detta in altro modo) da una fissità relativa, parziale: una sorta di "sintesi dialettica" (che per analogia potremmo chiamare "eraclitea"; o magari "stoica") fra mutamento assoluto, integrale (caos, assenza di qualunque elemento di costanza e immutabilità astraibile dal mutamento stesso) -tesi- e fissità assoluta integrale (parmenidea) -antitesi-.

Forse pleonasticamente (e mi a-ri-scuso nel caso), farei notare a Ipazia che la biologia deve essere riducibile alla fisica (eventualmente per il tramite della chimica), per lo meno nel senso che gli organismi viventi sono fatti di (costituiti di) materia esattamente identica a quella inanimata dalla quale provengo e alla quale sono destinati a tornare secondo le leggi del divenire di essa; cioè le stesse componenti elementari quali si organizzano e divengono secondo le stesse leggi generali astratte, in quanto "si applicano" a ("vigono" regolandole in) certe determinate condizioni particolari delle componenti elementari stesse.

Sì, si tratta un po' sempre delle stesse considerazioni e confronti fra diverse, almeno in larga misura alternative concezioni, su cui ci scontra spesso nel forum, ma che credo sia interessante continuare a "sviscerare" ulteriormente, come si dice con espressione un po' sanguinolenta (ma per fortuna metaforica).
Io non mi sono ancora stufato, perché le trovo sempre interessanti.
#998
Citazione di: Freedom il 14 Gennaio 2019, 14:30:50 PM

 E che Rousseau ci fa intuitivamente comprendere con il luminoso esempio del primo uomo che, nella storia umana, delimita un pezzo di terra e dice: "questo è mio!" Fu un atto, ahimè, naturale.


Fu un atto culturale.

Per decine di migliaia di anni in precedenza gli uomini non avevano conosciuto la proprietà privata.
#999
Citazione di: paul11 il 14 Gennaio 2019, 14:27:31 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Gennaio 2019, 13:56:58 PM
@paul11



Il fine del comunismo/socialismo è chiaro che è tutt'altro dal capitalismo.
Ma io pongo l'accento sul fondamento, se è identico, è solo la lettura "di parte" che è opposta.

Scusa, Paul, ma se Hitler e i sionisti ragionano sul fondamento che la terra gira intorno al sole io dovrei forse abbracciare l' eliocentrismo tolemaico (per essere coerentemente antinazista-antisionista quale sono)?

Poiché il mondo é quello che é, sia per mantenerlo tale (o magari peggiorarlo ulteriormente), sia per sovvertirlo in meglio bisogna basarsi sulla conocenza oggettiva di come é.
#1000
A Paul11

A quanto obiettato da Ipazia, che in gran parte condivido convintamente malgrado i notevoli dissensi sui rapporti natura -cultura, aggiungerei che il marxismo nasce certamente dalla cultura moderna, illuministica e postilluministica e le supera in quanto si colloca nella posizione di classe degli sfruttati (avendo scoperto che in ultima analisi non le idee condizionano i fatti "materiali" sociali -le virgolette perché implicano anche il pensiero, la volontà, ecc.- ma viceversa).

La coscienza di classe, con i suoi imprescindibili elementi anche di soggettivismo (o meglio, soggettività) é fondamentale e di fatto ha avuto sviluppi ben lontani da quanto sperato forse un po' ingenuamente dai fondatori.
Ma ridurre la lotta di classe a invidia degli sfigati mi sembra eccessivo, ingenuo e anche rancorosamente reazionario (mi ricorda, per quel che pochissimo ne so, Nietzche).

D' altra parte l' umanità, che se ne renda conto o meno, ha oggi di fronte a sé problemi colossali e incombente su di sè un futuro catastrofico (e direi alquanto vergognoso) che a mio parere solo con gli strumenti analitici del materialismo storico (corretto - attualizzato - sviluppato, nello stesso modo in cui la relatività ha corretto - attualizzato -sviluppato la gravità newtoniana; in particolare nel senso di una accezione qualitativa e non quantitativa del concetto di "sviluppo delle forze produttive") é possibile razionalmente comprendere, scientificamente (nel senso delle scienze umane) conoscere e praticamente dominare.

Certo -e questo non mi consola affatto, anzi!- siamo lontanissimi da una necessaria consapevolezza e padroneggiamento di questi drammatici, "cosmici" problemi.
#1001
non durante l' inversione dei rispettivi moti molecolari, ma:

durante i viaggi nel tempo (di interi organismo animali quali sono gli uomini).

Mannagia!
#1002
Il pensiero marxiano (e anche marxista) ha fondamenti teorici diversi da quello borghese capitalistico.

Ovviamente tutti i concetti., compresi quelli di "uguaglianza", identità", diversità", ecc. sono relativi.

Ragion per cui non esiste in realtà (e men che meno nell' umana conoscenza della realtà) né alcuna identità assoluta integrale né alcuna alterità assoluta integrale.

Dunque i fondamenti del marxismo inevitabilmente sono in parte gli stessi del pensiero liberale borghese (per esempio dell' economia politica di Smith e Ricardo e della filosofia idealistica tedesca), che costituiva il punto più elevato (pur con tutte le sue contraddizioni e limiti) della civiltà umana al sorgere del pensiero marxista stesso.
Ma ne superano ampiamente ("rivoluzionariamente") i limiti, soprattutto attraverso la concezione materialistica della storia e la scoperta del plusvalore (del limite, dell' "inganno" implicito nella teoria del valore-lavoro di Ricardo).
Col che si presenta come costruita su fondamenta sostanzialmente altre.


Fra i deboli, i diseredati, i sofferenti delle religioni e gli sfruttati, gli alienati del materialismo storico vi é solo (oltre a una limitata, relativa continuità storica), una flebile analogia.
I primi sono immediate evidente empiriche, i secondi sono lo svelamento scientifico della realtà (che infatti non é come appare).

Il pensiero marxista più maturo e coerente non ignora affatto il ruolo dei fattori soggettivi, della coscienza di classe (che non nasce "automaticamente" dallo sfruttamento già bella e pronta come Minerva dalla testa di Giove) nel divenire materialistico della storia.
#1003
Citazione di: paul11 il 13 Gennaio 2019, 22:41:31 PM
Citazione di: sgiombo il 13 Gennaio 2019, 22:11:51 PM
Citazione di: paul11 il 13 Gennaio 2019, 21:56:35 PM
Dimmi come farebbe la scienza a DIMOSTRARE se il mondo fosse UN INDIMOSTRABILE come dice Hume.


A parte la scarsa comprensibilità della tua affermazione, non vedo come il fatto che la causalità é indimostrabile essere reale (ed anche non esserlo) dovrebbe impedire alla scienza di dimostrare che, se la causalità é reale, allora le osservazioni empiriche non falsificano determinate ipotesi proposte: infatti ogni e qualsiasi dimostrazione parte sempre necessariamente da definizioni e postulati o assiomi assunti senza essere dimostrati.

Nè (se é questo che intendi dire) perché mai non dovrebbe potersi dare conoscenza, e in particolare conoscenza scientifica, del mondo materiale naturale oggetto delle ricerche scientifiche per il fatto che é fenomenico, reale unicamente in quanto insieme-successione di sensazioni fenomeniche reali soltanto mentre accadono in quanto tali.

CitazioneAvrei dovuto precisare (e non lasciare sottinteso) che del fatto che 

non si vede come il fatto che la causalità é indimostrabile essere reale (ed anche non esserlo) dovrebbe impedire alla scienza di dimostrare che, se la causalità é reale, allora le osservazioni empiriche non falsificano determinate ipotesi proposte: infatti ogni e qualsiasi dimostrazione parte sempre necessariamente da definizioni e postulati o assiomi assunti senza essere dimostrati

 non necessariamente gli scienziati sono consapevoli nel fare scienza
Di fatto non lo sono quasi mai perché di fatto quasi sempre disprezzano e trascurano la filosofia (a mio parere, come ben rilevato da Engels, con nocumento anche per le loro ricerche).

La scienza necessariamente ritiene che il mondo materiale sia DIMOSTRABILE ,diversamente avrebbe la stessa posizione scettica di Hume  e non potrebbe applicare nessun tipo di conoscenza. .E quindi ritiene che vi sia una causazione, ritiene che vi siano sostanze in se e per sè a prescindere dalla presenza umana.

Tu pensi che prima l'uomo abbia costruito enunciati, postulati assiomi e poi  li abbia applicati al mondo?
Oppure che prima abbia osservato il mondo e vedendovi, regolarità, ordini allora conseguentmente abbia costruito leggi scientifiche che rispondessero a loro volta ai primitivi, ai fondativi: enunciati, postulati, assiomi ecc. che sono le basi, le fondamnta della costruzione del sapere?
Nuovi oggetti ,fenomeni possono mettere in discussione le regole fondamentali.
Come pensi siano costruite le teorie scientifche? La teoria della relatività, la stessa meccanica quantistica sono "controintuitive" non possono essere costruite su "impressioni" o "sensazioni"come scriveva nel Settecento Hume..Ed è la PROVA SCIENTIFICA sperimentale che DIMOSTRA , e quindi giustifica l'esattezza di una tesi, convalidando,rettificando, annullando, precedenti formalità logicche(postulati, ecc)
Significa che è fondamentale pensare che gli oggetti e i fenomeni del mondo esistono in sè e per sè ed è semmai l'uomo che allargando le sue conoscenze SCOPRE nuovi oggetti e COSTRUISCE  nuove leggi.
Conclusione: la limitatezza della conoscenza umana è comunque in analogia con il mondo e la ragione ha la qualità linguistica  per poterla descrivere.

Quel che gli scienziati di fatto pensano (in particolare, quasi unanimemente, che la realtà del mondo materiale che indagano sia indipendente dal suo essere sensibilmente percepito o meno e dunque anche dalla presenza umana e la certezza delle concatenazioni causali degli eventi) dell' oggetto delle loro ricerche (il mondo materiale - naturale) non é necessariamente vero (spesso e volentieri non lo é affatto), per così dire "filosoficamente non fa testo".
Se così non fosse non ci sarebbe bisogno della "sacrosanta", per me imprescindibile critica filosofica razionale della scienza.
Infatti gli scienziati molto spesso non sono consapevoli di tutte le implicazioni, dei significati integrali, complessivi delle loro scoperte (che talora fraintendono, magari anche clamorosamente: "gatti un po' vivi un po' morti", "viaggi nel tempo", teorie "a molti mondi", ecc.) e del loro stesso agire come ricercatori ("Non si può giudicare un uomo dall' idea che egli ha di se stesso", Karl Marx).
Per questo la critica humeiana coglie nel segno.
 
Che prima l'uomo abbia costruito [elaborando idee pretese innate] enunciati, postulati assiomi e poi li abbia [aprioristicamente, senza verifiche empiriche] applicati al mondo lo pensano i pretesi razionalisti negatori dell' empirismo, non certo io!
 
Le teorie scientifiche che gli scienziati elaborano (ne siano consapevoli o meno) generalmente sono costruite per abduzione; cioè cercando ipotetiche spiegazioni di eventi particolari concreti empiricamente noti che li inquadrino come conseguenze deducibili da ipotetiche leggi universali e costanti del divenire applicate ad altri fatti particolari concreti noti; ipotesi da verificare/falsificare mediante osservazioni empiriche.
Ma questo implica necessariamente la premessa (spesso di fatto implicita) del divenire naturale ordinato secondo leggi universali e costanti (ovvero della necessaria concatenazione causale degli eventi), ricavata per induzione dall' osservazione della relativa costanza di coesistenze-successioni di eventi; indispensabile premessa da Hume genialmente rilevata essere indimostrabile logicamente né rilevabile empiricamente.
Ergo: come ben sosteneva giustamente Hume, sono costruite su impressioni o sensazioni esaminate razionalmente (dimostrazioni razionali non affatto negate da Hume!).
Ciò Significa che per fare scienza non é affatto necessario e men che meno fondamentale [?] pensare che gli oggetti e i fenomeni del mondo esistono in sè e per sé, anche se é l'uomo che allargando le sue conoscenze SCOPRE nuovi oggetti e COSTRUISCE nuove leggi.
 
Conclusione: la conoscenza umana è limitata; e la ragione ha la possibilità di conoscere il mondo (e la sua stessa conoscenza del mondo, preferibilmente evitando regressi all' infinito); ed inoltre a questo scopo la ragione é assolutamente necessaria, esattamente quanto la é l' osservazione empirica dei dati di sensazione.
#1004
Citazione di: sgiombo il 13 Gennaio 2019, 21:57:36 PM
Citazione di: Apeiron il 13 Gennaio 2019, 19:33:13 PM

CitazioneIN REALTA' MIA (DI SGIOMBO)

Per me non é un problema (non c' é retrocausalità) per il fatto che ci sono riferimenti inerziali per i quali la causa precede l' effetto (cosa che credo proprio impossibile nel caso dei viaggi nel tempo di persone): non é che (dove accadono gli eventi l' effetto precede) la causa, é che per determinati sistemi di riferimento il dopo in cui accade l' effetto é prima del prima (che é dopo) in cui accade la causa, conseguentemente all' integrazione delle dimensioni spaziali con quella temporale nello spazio-tempo.
Infatti le differenze di ordine temporale, comprese le inversioni relative e determinate fra passato e futuro, sono correlate fra loro da connessioni o "regole" del tutto deterministiche, "inviolabili", vigenti sempre ed ovunque (fatto ovviamente non dimostrabile: Hume!).

MI "conforta" fra l' altro la considerazione che, a parte la velocità assoluta e costante delle radiazioni elettromagnetiche, tutti gli altri moti sono reversibili, dato che anche la (veramente geniale! Non a caso opera di un altro grande scienziato filosoficamente ferrato) riduzione  meccanica statistica boltzmanniana del secondo principio della TD (temperatura = velocità media delle particelle; calore = energia cinetica), "rivelando" che l' incremento tendenziale dell' entropia nei sistemi termodinamici isolati é solo in apparenza qualcosa di irreversibile (alla faccia del pessimo Prigogjne e di altri irrazionalisti), ma in realtà é reversibile (interessante corollario: la realtà non era come appariva già la bellezza di 120 anni fa almeno!).
E dunque nelle concatenazioni causali del divenire naturale ordinato nessun processo irreversibilmente procedente da cause "assolute", fisse" ad effetti "assoluti", fissi viene invertito, ma semplicemente per determinati riferimenti inerziali determinati eventi "C" (precedenti) possono essere considerati "causa" di determinati altri eventi "E" (successivi) considerati "effetto", mentre per determinati altri riferimenti (essendo successivi) gli stessi eventi "C" possono essere considerati "effetto" di quegli altri (precedenti) eventi "E" che possono essere considerati "causa".
Oggettivamente accade solo un prima e un dopo (relativi), mentre i concetti di "causa" ed effetto" possono benissimo essere considerati soggettivi (superati residui metafisici che solo una buona padronanza della filosofia -e non la sola conoscenza scientifica- può far riconoscere come tali).

Ma -anche ammesso; e non concesso da parte mia- che il concetto o meglio pseudoconcetto di "viaggio nel tempo" abbia senso, se la (limitata e determinata) inversione cronologica fra eventi dipendentemente dai sistemi di riferimento implica anche l' inversione dei moti molecolari, e dunque -penso di poter dire- la tendenziale riduzione dell' entropia in certi sistemi termodinamici isolati se osservati da certi sistemi di riferimento inerziali, come potrebbe un uomo (o altro animale) viaggiare nel tempo, per lo meno verso il passato, mantenendo e magari leggermente incrementando l' età di partenza e non tornando bimbo, poi embrione, poi spermatozoo più uovo, poi, ecc. ecc.?. E più in generale come potrebbero mantenersi gli equilibri termodinamici propri di quei sistemi termodinamici aperti che sono gli organismi viventi durante l' inversione dei rispettivi moti molecolari.
#1005
Citazione di: paul11 il 13 Gennaio 2019, 21:56:35 PM
Dimmi come farebbe la scienza a DIMOSTRARE se il mondo fosse UN INDIMOSTRABILE come dice Hume.


A parte la scarsa comprensibilità della tua affermazione, non vedo come il fatto che la causalità é indimostrabile essere reale (ed anche non esserlo) dovrebbe impedire alla scienza di dimostrare che, se la causalità é reale, allora le osservazioni empiriche non falsificano determinate ipotesi proposte: infatti ogni e qualsiasi dimostrazione parte sempre necessariamente da definizioni e postulati o assiomi assunti senza essere dimostrati.

Nè (se é questo che intendi dire) perché mai non dovrebbe potersi dare conoscenza, e in particolare conoscenza scientifica, del mondo materiale naturale oggetto delle ricerche scientifiche per il fatto che é fenomenico, reale unicamente in quanto insieme-successione di sensazioni fenomeniche reali soltanto mentre accadono in quanto tali.