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Messaggi - Marco264

#1
Tematiche Filosofiche / Re:Il coraggio
19 Maggio 2017, 19:06:43 PM
Giusto, seguire l'intuizione personale è la chiave del filosofare quindi mi trovi perfettamente d'accordo su questo punto. Se alle proprie si aggiungono le domande di altri allora insieme si

In merito all'essere consapevoli, molto semplicemente, pensa a questo momento in cui stai leggendo le mie parole: senti di avere consapevolezza di leggere nel momento stesso in cui leggi? E Quando aggrotterai le sopracciglia? Per ostacolo intendo che l'atto risulta meno "naturale" di quello che potrebbe essere, ciò a discapito della spontaneità perché in seguito interviene il calcolo, la premeditazione delle azioni. Pensa, se alla festa dei Lupercalia un mio fidato generale (con il popolo che mormora, brontola ed è preoccupato delle mie malcelate ambizioni di gloria e potere) mi getta sul capo (come se fosse una cosa da nulla) una corona; e io la ripudio pubblicamente come a dire "guardate, io, Cesare, non voglio diventare vostro re" poi negli atti dimostro tutto il contrario (tengo la dittatura a vita, mi crogiolo sul mio trono d'oro dinnanzi al tempio di Venere Genitrice e non mi alzo quando i senatori vengono a porgere i loro saluti) non sarebbe studiato quel mio gesto, di cui ho piena consapevolezza, non naturale e non virtuoso?mi piacerebbe sapere cosa ne pensi al riguardo.

Rimandiamo l'indagine intorno al rapporto tra ragione e volontà, insieme all'aporia socratico-platonica ad un altro momento per adesso :)
#2
Tematiche Filosofiche / Re:Al di là dell'aldilà
18 Maggio 2017, 21:29:16 PM
Citazione di: Jean il 06 Maggio 2017, 18:54:42 PMDov'eravamo rimasti?  ... c'è stato un bello scambio d'opinioni su prove certe, presunte o fallaci in riferimento ad accadimenti non comuni: miracoli, guarigioni, eventi definiti paranormali (con enfasi da taluni e simil disprezzo all'altro estremo) e in coda eventi sincronici o coincidenze. Nel ringraziare Lorenzo e Eutidemo (quali portabandiera degli opposti schieramenti) per il contributo, ricordo che uno dei motivi (quello che maggiormente mi interessa e riguarda il titolo del topic) che ha originato una tale discussione riguarda quanto accade e viene riportato da molte persone che si approssimano al confine tra la vita e la morte. Vorrei dire che il mio interesse non è dovuto a paura, bisogno d'esser rassicurato o qualche altra forma di conforto, neppur perché testimone della fine di familiari ed amici o perché indignato del misero destino umano e perciò in cerca d'una prospettiva o d'una spiegazione che lo possa giustificare. Forse in tempi lontani, mentre l'attuale (interesse) origina dall'essermi proprio collocato su quell'ipotetica linea di confine, divenuta riferimento per le mie azioni e pensieri. L'incredibile condizione d'esser vivi spinge molti, nei loro precipui modi, ad esplorarne i confini, vieppiù rivolti alla condizione maggiormente, se non del tutto, conosciuta, quella vitale appunto. Tanto arriverà il tempo del suo esaurimento... quindi perché anticipar la sorpresa? Tra le molte, una lecita e logica risposta, che permette di indirizzare le proprie energie (vitali, appunto) senza disperderle in ipotesi non verificabili (scientificamente). Tuttavia, dopo aver letto per qualche anno la maggior parte (non tutti) dei contributi postati nel vecchio e nuovo forum, son ormai (quasi) certo d'una cosa... che non vi sono direzioni preferenziali, significative rispetto ad altre in ordine all'acquisir terreno solido sotto i piedi. Non vi son formule che vengano lette nello stesso modo da tutti... e alfine l'oggettività stessa non è che la soggettività senza la "s" di "se...", sovente messa da parte per poter percorrere qualche metro in più (considerata la lunghezza di tanti post...) nelle discussioni. Che fatalmente si concludono ognuno rimanendo (quando non si rafforza) nella propria posizione iniziale... anche quando si parli di scienza, interpretandone le risultanze (leggi e formule) col proprio metro di conoscenza... Che allora non bisognerebbe dir nulla? Assolutamente, si può e si deve dir tutto, ma ricordando quel "se..." (che andrebbe posto all'inizio come in matematica, dove 1 è implicito nel termine se non diversamente indicato), alla fine della discussione quando ritorniamo la lumachina che siamo, rientriamo nella nostra casa (ah... ce l'abbiamo sulle spalle, fatalità) e non ci è dato di poter portar alcuno, dentro, con noi... La nostra casina, senza la quale non saremmo quel che siamo e qual glabro animaletto verremmo subitamente divorati dal falco (in una forma o nell'altra), è cresciuta con noi ed è diventata noi stessi. Pur se ci par di conoscere il mondo (per qualcuno addirittura l'universo e le sue leggi) non "conosciamo" che quel che succede lì dentro, dopo d'averlo introdotto e successivamente portato fuori, digerito o meno. Quel "lì dentro" verrà a cessare, la casina crollerà o si dissolverà pian piano e "noi" con essa. Forse avremo tempo e modo di realizzare che tutto il nostro portar dentro e portar fuori... "è tutto gnent", come diceva Rigoni Stern. Però... accadono delle cose lì dentro, semplicemente chiudendo gli occhi e lasciandosi assopire "noi" si cambia modalità... e ancora quando interviene il sognare... e poi ancora una condizione, di sonno profondo, dalla quale non possiam riportar nulla. Succedono invero tante cose, quotidianamente, lì dentro e pur se dobbiamo accettar che la corazza della casina muti e rattoppata invecchi, quel glabro animaletto insiste e resiste nel mantener l'ordine interno... e quando non ci riuscirà più... che accadrà? Beh, ascoltiamo chi abbia da dir qualcosa a riguardo, tuttavia ponendo un bel "se..." davanti, che imbroglioni e quanto di peggio pullulano ovunque... si può anche ascoltar noi stessi, quanto ci è accaduto e vi è accaduto, al di là della significatività statistica. E, chissà perché, ho la sensazione che anche "strane" evenienze e fenomeni invero abbastanza frequenti, siano collegati in qualche modo a quanto ci accade all'interno della nostra casa di lumaca... quasi a fornir delle indicazioni di quell'ignota (... forse non completamente) architettura interna... Mmh... l'anima? Quella di Platone, degli Egizi, dei Tibetani, dei Cristiani... eh, non par argomento da poco... Qualche suggerimento?   Un cordiale saluto Jean

Buonasera a tutti,

Già il trovarsi qui a parlare significa già aver percorso alcuni passi verso l'argomento introdotto da Jean. Non pensate che l'apertura stessa di questo argomento un semplice corpo vuoto non l'avrebbe potuta fare? Che senza un impulso, simile a quello elettrico che porta la musica dal supporto alle cuffie e fa in modo che due pallini concentrici altresì silenziosi improvvisamente "esplodano" di armonia, non saremmo qui stasera (o domani mattina, o insomma qualunque sarà il momento della vostra lettura) a dialogare e interrogarci su una questione tanto importante? Personalmente penso che crescendo perdiamo un po' di quello smalto che si aveva quando si era bambini (penso sempre alla semplice dolcezza di quei bimbi che in autostrada salutano tutti i passanti dai vetri posteriori delle auto); poi, facendo conoscenza della dissimulazione e ipocrisia che caratterizza coloro che vengono chiamati adulti (in realtà penso siano lontani da ciò che è veramente Uomo), a poco a poco i nostri occhi si abituano a vedere solo ciò che appare loro, quindi non riuscendo più a cogliere la trasparenza si inizia a credere che nulla esiste se non ciò che si presenta ai nostri occhi. E l'Anima non si vede come ora vedo le dita che scrivono sulla tastiera. Mi piacerebbe conoscere il vostro pensiero al riguardo.

Concordo con Garbino; anzi, dal mio punto di vista ritengo che parlare di chi per primo ha trattato il concetto di Anima sia fuorviante. La Filosofia nasce come ricerca dell'essenza delle cose, del loro principio; chi lo identifica nell'acqua, nel numero o nel fuoco è spinto dalla medesima volontà di scavalcare il luogo comune del regno dell'ovvietà, che guidò poi Socrate e lo rese Socrate. Per tutti i Filosofi pre e post-socratici vige la massima eraclitea del "Non vivere semplicemente come figlio dei tuoi genitori".
#3
Tematiche Filosofiche / Re:Il coraggio
18 Maggio 2017, 20:44:12 PM
Citazione di: cvc il 18 Maggio 2017, 18:53:11 PM
Citazione di: Marco264 il 18 Maggio 2017, 15:55:04 PMCiao, leggo con grande interesse questo tuo intervento sul coraggio. E' la prima volta che scrivo in questo forum e per questo motivo innanzitutto ti saluto e mi presento, sono Marco :) . Andando al sodo, le tue parole mi hanno portato alla mente il Lachete di Platone; là dove il buon Socrate chiede al generale ateniese suo interlocutore il ti esti (che cos'è, essenza) del coraggio e costui, dopo una prima risposta (Coraggio=non retrocedere dinnanzi al nemico) confutata da Socrate, afferma che il coraggio è una sorta di forza d'animo. Se ho ben compreso il tuo intervento, mi sembra di scorgere una sorta di allineamento finale verso questa posizione laddove assimili il coraggio al senso del dovere; e quindi mi viene spontaneo avanzarti la socratica domanda se il coraggio deve o non deve essere accompagnato da assennatezza? Leggendo con interesse (da amante del mondo antico) gli esempi storici riportati, per questo mi preme chiederti: non ritieni che il coraggio, il quale si manifesta nei personaggi "nascosti" e virtuosi del mito (quali il citato Muzio), negli uomini della storia risulti presente in quanto dote di natura, per una sorta di istinto naturale potremmo dire, e non per conoscenza? E per questo risulti limitato ed indirizzato esclusivamente al sé e non alla collettività, per la quale Muzio si dilaniò oppure Orazio si sacrificò: penso a Cesare, indubbiamente impavido uomo d'arme, tuttavia con la sua insaziabile sete di gloria fu artefice del disgregamento finale della res publica romana oppure Alessandro che con tutte le sue conquiste in Oriente fu causa della dissoluzione del mondo ellenico antico? Inoltre, e con questa domanda chiudo il mio intervento, ritieni che chi è coraggioso debba avere consapevolezza di essere coraggioso?
Ciao Marco, piacere di conoscerti e benvenuto. Il Lachete è il dialogo di Platone in cui Socrate disserta sul coraggio dove però mi pare, come del resto è nel suo stile, non giunga ad una conclusione definitiva. Socraticamente il coraggio è una virtù, e la virtù è il bene. Però per Socrate il bene deriva dalla conoscenza. Nel caso del coraggio bisogna conoscere ciò che è da temere e ciò che non è da temere, e l'unica cosa che realmente è da temere, per Socrate e per gli stoici, è la perdita dell'autocontrollo, della ragione. Quindi il coraggio in senso socratico è forse questione più intellettuale che di volontà. Sul coraggio come istinto trovo interessante ciò che dice al proposito Clausewitz, secondo il quale paura e coraggio sono entrambi istinti. La paura è volta alla conservazione fisica, il coraggio alla conservazione morale, quindi è più nobile. Lo stesso Clausewitz, agganciandomi a ciò che hai scritto riguardo ad Alessandro e Cesare, dice che la sete di gloria – massimo propulsore del coraggio – è anche stata la causa di alcuni dei peggiori abusi contro il genere umano. Alessandro e Cesare ne sanno qualcosa. Nella chiusura del mio primo post io parlavo più di consapevolezza della paura che di consapevolezza del coraggio. Nel senso che se ci si sente coraggiosi non si avverte la paura, anzi è l'assenza stessa della paura che noi di solito associamo al coraggio. Ma tale consapevolezza del coraggio potrebbe in realtà essere inconsapevolezza della paura. Perciò sono incline a pensare che il vero coraggio ci sia quando si agisce sentendo la paura.

Risposta molto interessante, per questo mi chiedo: laddove vi è consapevolezza si trova anche naturalezza nell'atto? Pensiamo un po' quando andiamo a visitare qualche città e quindi ci spostiamo da un luogo all'altro; qualora in noi emerga la consapevolezza del camminare non pensi che l'atto stesso del camminare risulti "ostacolato"? In quel preciso momento non ci accorgeremo di quanta strada abbiamo già percorso, di quanta ancora ne avremo da percorrere e, se prima di quel momento camminavamo spediti e tranquilli, ora non ci troviamo leggermente ostacolati da questi pensieri? Le soste saranno sempre più frequenti, fino a che non ci fermeremo spossati a trascorrere il resto del pomeriggio in un bar o per fare pochi km andremo a prendere la metropolitana?

Inoltre, sentire/percepire la paura come molla per essere coraggiosi non ridurrebbe il coraggio a una forma di schiavitù? Nel timore di oriento le mie azioni in un dato modo, ragion per cui se temo un uomo tre volte trionfatore per questo alla prima bischerata (la migrazione di un popolo poco "accorto") invado un'intera regione. Se temo che deponendo le armi tornerei alla condizione di cittadino privato rimanendo così per sempre inferiore a quell'uomo che, tanto utile mi è stato in passato quanto pesante è nei miei pensieri, allora mi spingo a commettere un gesto iniquo, assalendo la mia stessa patria?  

Non capisco quando definisci il coraggio in senso socratico come una questione più intellettuale che di volontà, che differenza intercorre tra ragione e volontà? L'intellettualismo socratico (così possiamo definire l'intero intellettualismo ellenico, che ha in Socrate la figura di spicco, e da qui filtra attraverso gli Stoici che giustamente citi e i Cinici principalmente) altro non consiste se non in un volere, un volere il proprio bene e questo può essere colto dalla ragione. Ragione che ci permette di comprendere che cosa dipende da noi e che cosa non dipende da noi, e le prime sono cose veramente nostre le altre estranee. Una volta saputo ciò, non possiamo non volere quelle cose di cui nessuno potrà mai privarci.

Esatto il Lachete è un dialogo aporetico, e qui ne approfitto (per piacere di dialogo) per chiederti: come valuti l'aporia socratico-platonica? Sarebbe bello confrontare su questo punto due pensieri.

Scusami per la batterie di domande, ma il bello del Filosofare è il dialogare.
#4
Presentazione nuovi iscritti / Re:Salve!
18 Maggio 2017, 20:16:21 PM
Grazie Sgiombo! Anche ora possiamo avviare una comune riflessione, se ti va di unirti alle precedenti considerazioni in merito all'Anima :)
#5
Presentazione nuovi iscritti / Re:Salve!
18 Maggio 2017, 17:10:43 PM
Salute a te Jean,

Apprezzo la risposta senecana (e quel che mi dici a proposito di un amore comune verso Seneca che pervade questa piazza) difatti penso che al giorno d'oggi la Filosofia si sia leggermente arenata sopratutto perché chi la coltiva non fortifica e prepara le proprie ali per spiccare il volo. Prova ne è il fatto che in ambito accademico non si favorisce l'intuizione ma il rapporto, quasi paternalistico mi viene da dire, con l'autorità contemporanea. Invece le scoperte dei Filosofi d'ogni tempo non hanno esaurito lo scibile umano, ma le vedo come la prima fiaccola che dovremmo porre a fianco del nostro sentiero di montagna; che spetta poi a noi battere con tenacia.

Per quanto concerne la domanda che mi hai posto, intendo dire che ogni discorso o scritto filosofico nasce dall'Anima; è Anima che liberatasi dalle catene si manifesta per il divino che è (e così si sedimenta germoglia e col tempo da i suoi frutti e aiuta nel lungo cammino di ritorno ad Itaca). Per questo motivo, a più di venti secoli di distanza, brillano gli occhi nel leggere i dialoghi platonici; perché non sono un insieme di parole unite ad arte, ma il perenne interloquire di un'Anima pura, spogliatasi dal suo rivestimento, con la nostra Anima di amanti del sapere. E leggendoli in questo modo, non ci preoccupiamo di sapere quale è stato scritto prima e quale dopo, ma ci accorgiamo che ogni lettura ci ha fornito sempre più spunti, più domande della precedente. Perché non so cosa ne pensi tu, però io ritengo che l'Anima sia una gran curiosa :)

Ricambio il saluto e guarderò con attenzione il post d cui m hai parlato :)
#6
Tematiche Filosofiche / Re:Il coraggio
18 Maggio 2017, 15:55:04 PM
Ciao, leggo con grande interesse questo tuo intervento sul coraggio. E' la prima volta che scrivo in questo forum e per questo motivo innanzitutto ti saluto e mi presento, sono Marco  :) .

Andando al sodo, le tue parole mi hanno portato alla mente il Lachete di Platone; là dove il buon Socrate chiede al generale ateniese suo interlocutore il ti esti (che cos'è, essenza) del coraggio e costui, dopo una prima risposta (Coraggio=non retrocedere dinnanzi al nemico) confutata da Socrate, afferma che il coraggio è una sorta di forza d'animo. Se ho ben compreso il tuo intervento, mi sembra di scorgere una sorta di allineamento finale verso questa posizione laddove assimili il coraggio al senso del dovere; e quindi mi viene spontaneo avanzarti la socratica domanda se il coraggio deve o non deve essere accompagnato da assennatezza? Leggendo con interesse (da amante del mondo antico) gli esempi storici riportati, per questo mi preme chiederti: non ritieni che il coraggio, il quale si manifesta nei personaggi "nascosti" e virtuosi del mito (quali il citato Muzio), negli uomini della storia risulti presente in quanto dote di natura, per una sorta di istinto naturale potremmo dire, e non per conoscenza? E per questo risulti limitato ed indirizzato esclusivamente al sé e non alla collettività, per la quale Muzio si dilaniò oppure Orazio si sacrificò: penso a Cesare, indubbiamente impavido uomo d'arme, tuttavia con la sua insaziabile sete di gloria fu artefice del disgregamento finale della res publica romana oppure Alessandro che con tutte le sue conquiste in Oriente fu causa della dissoluzione del mondo ellenico antico? 

Inoltre, e con questa domanda chiudo il mio intervento, ritieni che chi è coraggioso debba avere consapevolezza di essere coraggioso?
#7
Presentazione nuovi iscritti / Salve!
18 Maggio 2017, 12:41:57 PM
Buongiorno a tutti gli utenti,

Sono Marco. Con piacere ho scoperto l'esistenza di questa "piazza" di riflessioni e ho colto l'occasione per iscrivermi. Ora, dal momento che non c'è gioia più grande del condividere (tanto più pensieri), ne approfitto per affidare questa mia breve presentazione alle parole di un uomo molto più saggio di me, e di conseguenza più profondo nella comunicazione di anima in anima:

"La Filosofia non è un'arte popolare o fatta per essere ostentata; consiste non in parole, ma in fatti. E non la si usa per trascorrere piacevolmente le giornate o per scacciare la nausea che viene dall'ozio: forma e plasma l'animo, regola la vita, governa le azioni, siede al timone e governa il corso in mezzo ai pericoli del mare in tempesta. Senza di essa nessuno può vivere tranquillo, nessuno sicuro; in ogni istante capitano innumerevoli eventi che richiedono una direttiva. E questa deve essere chiesta alla Filosofia"

Sfrutto questo spazio per augurare a tutti voi una buona giornata