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Messaggi - Mymind

#1
Citazione di: Angelo Cannata il 30 Gennaio 2018, 09:59:38 AM
Escluderei la seconda definizione che hai dato, perché in essa la spiritualità viene trattata come un fenomeno oggettivo, con un metodo che ha il difetto di tralasciare di prendere in considerazione la persona stessa che sta attuando quel lavoro, quel considerare, quella ricerca. In questo senso trovo importante evidenziare che spiritualità significa in gran parte lavoro del soggetto sul soggetto, cioè su sé stesso, sapendo che in quel lavoro il soggetto sta condizionando il lavoro, la ricerca, con la sua soggettività. Spiritualità viene a significare io che faccio ricerca su me stesso e sul mio condizionare tale ricerca proprio mentre la faccio.
Capisco che un lavoro del genere difficilmente possa dirsi scientifico, in quanto del tutto immerso nella soggettività, mentre scienza significa massimo sforzo di raggiungere risultati oggettivi, padroneggiabili, perfino stringenti. A questo proposito però si potrebbero notare due cose.

La prima è che la scienza non è oggettività raggiunta definitivamente, ma sforzo continuo di tendere ad essa. La forza di qualsiasi affermazione scientifica infatti non sta nel suo essere definitiva: nulla nella scienza si può considerare definitivo: ciò significherebbe fraintendere la scienza come se fosse metafisica. La forza di ogni affermazione scientifica sta nella quantità di esperimenti su cui si basa e che rende possibili nel futuro. In questo senso gli esperimenti sono sempre migliorabili, aumentabili, correggibili, non danno mai luogo a definitività metafisiche.

La seconda cosa è che in questo contesto le esperienze soggettive possono comunque essere oggetto di ricerca che prova ad avvicinarsi a orizzonti di oggettività. Per esempio, la meditazione può essere considerata un fenomeno spirituale. Da un punto di vista scientifico si può studiare come le varie spiritualità del mondo presentano la meditazione, a quali concetti la accostano, con quali concetti la pongono in relazione. I risultati di questa ricerca potrebbero poi essere approfonditi da un punto di vista semantico, cioè di studio dei significati e delle loro relazioni dinamiche. Da ciò potrebbero venir fuori indicazioni per orientare la meditazione verso gli effetti ritenuti più fruttuosi, per esempio verso un arricchimento della personalità, della capacità di crescere, della capacità di essere creativi. Naturalmente ci sarebbe anche da indagare criticamente sulle ragioni per cui certi effetti vengono ritenuti più fruttuosi, importanti, validi, e anche questo potrebbe essere indagato avvalendosi della semantica come studio.

Da tutto ciò viene fuori che la semantica è un importantissimo strumento per l'indagine sulla spiritualità. Ciò in effetti non dovrà sorprendere, visto che la semantica è studio scientifico dei significati e la spiritualità si pone in gran misura come un vivere i significati come esperienza, come cammini da coltivare, pratiche per formarsi.

Condivido pienamente, la semantica è impotantissima è la chiave di lettura delle "cose" e la scienza è una di queste, un mero strumento, una mappa, ma non il territorio e non tutto ciò che è al di là della scienza è inesistente. Riguardo alla dimensione spirituale se fosse convalidata dalla scienza assumerebbe poi un altro valore. Sulla meditazione invece un osservatore esterno vedrà unfenomeno psichico, tutt'altra cosa giustamente invece chi la vive.
#2
Gli chiederei se sia possibile determinare contemporanemante la posizione e il moto di un elettrone . Anche se ero tentato da chiedere se ci fosse un qualcosa dopo la morte preferirei vivere nel fascino del mistero, tanto se fosse positiva lo "vedrò" se no non mi si pone il dilemma.
#3
Tematiche Filosofiche / Re:Relativismo assoluto
30 Gennaio 2018, 10:06:07 AM
Io più che di un relativismo assoluto, parlerei della relativizzazione dell'assoluto all'interno dell'individuale in un determinato momento, che può modificarsi o meno producendo un susseguirsi di assoluti-individuali.
Come se l'assoluto fosse rappresentato dallo 0 e tutti gli altri numeri rappresentassero il relativo; quindi tramite i numeri possiamo arrivare allo 0, ma cambiando sempre il modo con cui arrivarci (individualità dell'attimo). Ovviamente non sarà un vero assoluto(che si rappresenterebbe meglio col simbolo dell'infinito e quindi irraggiungibile) ma un assoluto-personale, anche se pare un termine contraddittorio(credo sia un limite dell'utilizzo delle parole, spero Wittgenstein mi perdoni)
#4
Per come la vedo io la spiritualità è il nostro rapporto più intimo con il cosmo e l'esistenza, quindi magari potrebbe rientrare nella psicologia. Se invece intendiamo una dimensione spirituale possiamo avvicinarci alla fisica teorica, nello specifico alla teoria delle stringhe, che postula l'esistenza di 11 dimensioni ed alcune di queste composte da "energia/materia" differente, in fisica la chiamano esotica(come la materia oscura) in cui siamo immersi e di cui siamo fatti.
#5
Citazione di: green demetr il 24 Maggio 2017, 11:52:28 AM
Perchè come realtà all'uomo è praticamente sconosciuta.

Messa così però mi sembra di creare una specie di aporia. Quali sono le chiavi di controllo, che mi permettono di agire su una realtà formale, e perciò stesso immaginaria?????

Dobbiamo arrenderci al fatto che non c'è controllo oltre il percepito. Ci è dato parlare della verità ma non conoscerla il che riduce al fatto che la realtà è per l'uomo ciò che percepisce/immagina con tutti i suoi condizionamenti e il tipo di semiotica (anche se immaginare qui combacia con la realtà per l'individuo). Il che rimanda alla domanda successiva..

Questa cosa era nata come una lontana intuizione, più che altro un esperimento, per vedere come le cose sarebbero pensate, applicando quel sistemino.
Con il mio (ex?) amico purtroppo già notavamo che la metafisica 2.0 era sempre una metafisica 1.0.
Quindi anche omettendo le critiche tue e di Myfriend, c'è qualcosa che non tornava.
Ed era sempre il problema del soggetto. Eravamo rimasti alla domanda ma allora cosa è l'uomo?

Certo è strano che molti intellettuali o primi venuti (come lo siamo noi) raggiungano come punto critico proprio quello.

Perchè "cosa è l'uomo?" si proietta all'interno della metafisica, e non fuori. La cosa è inquietante. Aporetica.

È la domanda stessa che ci riconduce alla metafisica, la sua focalizzazione deve per forza passarci attraverso. Quindi potremo dire che l'uomo è ciò che percepisce oppure abbandonando il dualismo ed eliminando la domanda che ci fa uscire dalla dimensione pratica potremo dire che l'uomo è consapevolezza di esserlo, quindi di essere e non di cosa essere. Se ci chiediamo cosa è l uomo stiamo generando un terreno metafisico dove questa domanda possa avere senso riconducendo inevitabilmente ai limiti delle nostre interpretazioni, tutte vere e tutte false. Uno specchio mutevole che cerca di specchiarsi da solo.

E io odio le aporie, con tutto me stesso. Non mollo amici miei. Mai (anche se per ora mi avete messo spalle al muro).

Grazie ancora per i bellissimi contributi.
Di niente, chissà che non ci sia da trovare un giorno uno spiraglio per la verità  ;D Comunque son Mymind  :P
#6
Citazione di: green demetr il 20 Maggio 2017, 21:51:55 PM

Ciao Mymind.

Certamente il semiotico non lo dimentico, è che che non lo padroneggio tantissimo.
Per ora mi riferisco a Peirce, che dovrebbe essere il padre di tale forma.

Si Peirce partendo da Saussure(padre invece della semiologia) e finendo con Umberto Eco.

Fare della vita un calembour a  mio avviso è possibile per la letteratura.
La vedo difficile per la filosofia, che si trova costretta ad usare strumenti di precisione.

Per fare un esempio. Se io ti dico soggetto, quale parallelo trovare con la teoria dei colori?
E' invece a me chiaro che dire soggetto è già gerarchizzare: partire da una dimensione umana.
Servono viceversa forme di controllo che quel soggetto non diventi portatore di istanze uniche, di reductio ad unum. O soggettivazioni estreme (nichilismo, scettiscismo, individualismo) o forme oggettificanti estreme (scientismo, nichilismo, individualismo)
Il compito non è facile per niente.

Già dire soggetto e pensarlo implica un sistema che gli sta dietro e sorregge il significato che esprime, quindi siamo già nello specialistico, già nel limite e nella gerarchia. Invece che soggetto possiamo parlare di essere se vogliamo togliere uno strato di "umanità", di costrutto logico. Le forme di controllo servono a capire non sono obbligatorie alla prospettiva pratica. Ed è vero non è facile, di sicuro bisogna passare dal nichilismo superandolo in una sorta di concezione zen. Nel fuggire un pericolo imminente non c'è una logica categorizzante ma un semplice rapporto di causa effetto e oltre quello non si va, non c'è verbo soggetto e complemento non c'è nemmeno un contesto a meno che non ti fermi a guardarlo. È nell'azione depensata che possiamo trovare una sorta di degerarchizzazione, ma se vuoi fermarti a esplorare devi per forza prendere in mano un microscopio, uno strumento, la logica che poi ci porta a una critica dello strumento, ma è soltanto la prospettiva che rende lo strumento tale e ci arrovelliamo sul perché abbia dei difetti anche se le cose sono oltre lo strumento. Ricordo una frase di Nietzsche a cui si torna sempre che diceva: "non esistono fatti, ma solo interpretazioni", quindi cambiando interpretazione(che è il cardine di tutto) cambieranno anche i fatti che non saranno mai assoluti. 

Vi è sempre una relazione da salvare. Ma quella relazione potrebbe benissimo sempre essere il gerarchico.

Oppure la semplice relazione causa-effetto  :P  Gerarchizzare è strutturare secondo un preconcetto di valore

Questo però è un progetto a lungo termine. Ben vengano aiuti o spunti.

Risposte in rosso  :)
#7
Colgo l'occasione per salutare gli amici di questa piccola oasi di cultura e intelligenza rimasta nel web che son contento di ritrovare e di cui torno a far parte dopo la chiusura del vecchio forum  ;D
Trovo interessante questo discorso e vorrei aggiungere che il problema del gerarchizzare non è linguistico o metafisico, ma semiotico; la gerarchia c'è se usi la gerarchia per interpretare l' amorfo. È una chiave di lettura non il cardine. Se non ci si focalizza sull interpretazione gerarchica non ci saranno gerarchie. Tutto volendo è gerarchizzabile, ma essendo la gerarchia un modo d intendere/interpretare qualcosa, cambiando modo d' intendere/relazionarsi puoi trovarne uno senza di essa (come ad esempio interpretare le cose, invece che secondo una scala, secondo i colori dove il verde non è superiore al giallo e viceversa. Volendo è gerarchizzabile anche il colore ma bisogna porre come base una scala di valori che fanno riferimento al nero o al bianco che pone un cardine, uno zero, una sovrastruttura.  Ma in realtà il colore non presenta colori superiori o inferiori, tendenti al giusto o all'errore, hanno tutti lo stesso valore ma in maniera differente. Così diversi concetti filosofici possono essere visti come sfumature di colore invece che come scale di verità) La gerarchia concettualizza/misura la sorgente metafisica a parer mio