Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Hybris

#1
C'è di più: avevo letto un articolo a riguardo che esponeva un punto di vista simile al mio, con la differenza che il sito in questione è molto più importante del mio blog  ;D Ebbene, lì ho avuto modo di verificare le reazione dei lettori: letteralmente, sono andati su tutte le furie! E' praticamente impossibile provare a sostenere che un viaggio a Parigi tra selfie e Torre Eiffel non ti rende più arricchito, ma solo più vanitoso. E' un vero e proprio tabù insomma: chi non viaggia tanto quanto questi "cittadini del mondo" e che non mostri attacchi di dromomania è automaticamente chiuso di mente, infelice e provinciale.


Tutti guardano agli i-Phone come emblema dello status symbol. Io ci metterei tranquillamente anche (un certo tipo di) viaggio.
#2
A quanto pare, è in un forum di filosofia che ho trovato quello che cercavo :) 

PS. Si, Seneca mi è venuto subito in mente. Ricordo che a tal proposito citava una frase di Quinto Orazio Flacco, che ho naturalmente inserito nel mio post: "Caelum, non animum mutant qui trans mare currunt (Cambiano cielo, non animo, quelli che attraversano il mare)" 
#3
Ciao a tutti,

avrei voluto affrontare questo argomento nella sezione "viaggi", ma non l'ho fatto per una ragione precisa: perché non voglio parlare dell'atto del viaggiare, quanto della sua rappresentazione nella società odierna.

Personalmente, credo che sia in atto una vera e propria mistificazione del viaggio, che ormai ha assurto a ruolo di oggetto di culto dai poteri straordinari, un totem in effetti. Grazie al viaggio diventeremmo più saggi, migliori e più felici. Sempre e comunque.
Ma è davvero così? Non è questo legato alla nostra indole ed alla nostra volontà di cambiare?

Ho provato a parlare del viaggio in questi termini sul mio blog, prendendo spunto da un'intervista ad un professore dell'ETH, il quale, finalmente, rompe questo tabù del viaggio e lo affronta in chiave critica. Non ha attecchito. Pare davvero che ci sia una sorta di mono-pensiero sull'argomento: vietato criticare il viaggio perché il viaggio rende sempre più saggi, migliori e più felici. Poco importa se esso consiste in una notte brava ad Ibiza e qualche ballo in spiaggia, pare proprio che i viaggiatori frequenti siano necessariamente persone che abbiano attraversato una profonda metamorfosi, più aperti di mente e più coscienti del mondo circostante.

Complice anche un certo marketing che alimenta tale credenza, è però un fatto che per molti il viaggio sia divenuto un vero e proprio totem, uno status symbol, una scusa per migliorare la propria immagine. Chi tenta di riportare il viaggio ad una dimensione più relativa (più umana, difatti) è snobbato o criticato duramente (fine fatta da un autore che aveva provato come me a sollevare la sua perplessità sull'idolatria del viaggio).

Che ne pensate? 

Hybris