Menu principale
Menu

Mostra messaggi

Questa sezione ti permette di visualizzare tutti i messaggi inviati da questo utente. Nota: puoi vedere solo i messaggi inviati nelle aree dove hai l'accesso.

Mostra messaggi Menu

Messaggi - Assenzio

#1
Esistono ancora le classi sociali? Secondo voi ha ancora senso, oggi, parlare di classi sociali? Secondo me se oggi possiamo ancora rintracciare una stratificazione sociale lo possiamo fare unicamente su base censuaria, tuttavia il fenomeno della mobilità sociale ha di fatto estromesso anche quest'ultima barriera classista da una tassonomia societaria. A questo punto secondo me si aprono tre scenari, o le classi sociali non esistono più ma rimangono solo come nomenclatura, ossia come retaggio idealistico di una dottrina sociale ottocentesca, oppure la mobilità sociale ha permesso l'emancipazione dell'individuo all'interno della sola borghesia, e quindi le classi sociali esistono ancora, o infine dobbiamo rassegnarci ad una mera fortuna logistica, cioè una cosa è se nasci a Montecarlo, un'altra cosa è se nasci a Scampia, e quindi la società sarà sempre divisa tra baroni e servi della gleba. Da questo punto di vista non riesco a capire se il comunismo, come visione politica, il cui scopo era la fondazione di una società senza classi sociali, è definitivamente morto e sepolto perché è venuta meno la sua causa, e cioè appunto la divisione della società in classi, oppure se fattualmente ha fallito perché un livellamento sociale è di fatto impossibile. Secondo voi?
#2
Citazione di: Suttree il 21 Marzo 2018, 22:08:15 PM
Citazione di: Assenzio il 21 Marzo 2018, 21:26:57 PM
Citazione di: Suttree il 21 Marzo 2018, 18:30:49 PM
Ciao :) Ma il frigorifero non è un sistema chiuso, per creare ordine al suo interno ottiene energia dalla rete elettrica. L'universo, per quel che oggi sappiamo (lasciamo le divagazioni matematiche del multiverso ai fisicifilosofi), invece è un sistema chiuso, e non è possibile allacciarlo a nessuna rete elettrica per diminuirne l'entropia. Quindi non vedo come si possa tornare indietro ad uno stato più ordinato. Si è passati da un singolo inindagabile start, nascosto oltre il tempo di planck in cui il cosmo era ordinato semplice e ricco di informazione, al casino attuale. Indietro non si torna.
Allora l'entropia resta costante in un sistema isolato mentre aumenta nel caso di trasformazioni reali, ma essa può comunque diminuire all'interno di una trasformazione, per esempio con una che comporti la condensazione.

Localmente può certamente diminuire, ma in un sistema chiuso come l'universo ad ogni evento globalmente aumenta. A questo punto, tornare ad uno stato entropico più basso, in un sistema chiuso mi pare impossibile: da dove trarresti l'energia necessaria per questo cambiamento di stato?
Sono d'accordo. Per sistemi chiusi e isolati.
#3
Citazione di: Suttree il 21 Marzo 2018, 18:30:49 PM
Ciao :) Ma il frigorifero non è un sistema chiuso, per creare ordine al suo interno ottiene energia dalla rete elettrica. L'universo, per quel che oggi sappiamo (lasciamo le divagazioni matematiche del multiverso ai fisicifilosofi), invece è un sistema chiuso, e non è possibile allacciarlo a nessuna rete elettrica per diminuirne l'entropia. Quindi non vedo come si possa tornare indietro ad uno stato più ordinato. Si è passati da un singolo inindagabile start, nascosto oltre il tempo di planck in cui il cosmo era ordinato semplice e ricco di informazione, al casino attuale. Indietro non si torna.
Allora l'entropia resta costante in un sistema isolato mentre aumenta nel caso di trasformazioni reali, ma essa può comunque diminuire all'interno di una trasformazione, per esempio con una che comporti la condensazione.
#4
Salve viator, il tempo è qualcosa di fisico, sperimentabile e quindi reale. Non una astrazione. Lo sperimenti quando ti muovi da A a B. Senza il tempo non esisterebbe un divenire e la causalità. Inoltre esso non scorre in una sola direzione, ma ha un verso ben definito. La direzione è l'inclinazione che un vettore possiede. Il passato esiste, in quanto per definizione è accaduto. Al tempo, come allo spazio, puoi dare una definizione, puoi misurarlo e osservarlo.
#5
Citazione di: Suttree il 21 Marzo 2018, 12:52:33 PM
Ho sempre pensato al viaggio nel passato come severa violazione del secondo principio della termodinamica. Questo me lo fa ritenere impossibile, molto più degli ipotetici paradossi temporali. Tornare insomma ad uno stato precedente più ordinato all'interno di  un sistema chiuso come l'universo.
Ciao Suttree,  per quanto un fenomeno sia irreversibile come dici tu giustamente, con la giusta quantità di energia e con il giusto processo è possibile renderlo reversibile. Vedasi la violazione appunto del secondo principio della termodinamica utilizzando un semplicissimo ciclo frigorifero. L'entropia del sistema diminuisce con l'apporto di lavoro esterno, in questo caso utilizzando un compressore. In questa trasformazione l'entropia nel condensatore diminuisce e non aumenta.
#6
Citazione di: viator il 21 Marzo 2018, 12:41:43 PM
Salve. Per Assenzio. Quindi credo di capire che per viaggiare indietro nel tempo non occorra si crei una linea temporale, bensì che la linea temporale sia una conseguenza dell'aver effettuato il viaggio. Quella che chiami "linea temporale" potrebbe forse anche chiamarsi "nuova dimensione temporale" che si concreta all'interno di una "nuova dimensione spaziale" ? In che modo ciò o chi viaggia nel tempo riuscirebbe a "slegarsi", a "deviare" dalla concatenazione di cause ed effetti che l'hanno generato per andare ad "immergersi" in nuova e diversa sequenza di cause-effetti vigenti nel nuovo spaziotempo ? In che modo poi il nuovo e diverso ambiente spaziotemporale riuscirebbe a "contattare" l'ambiente spaziotemporale di provenienza nel cui passato si trova il momento al quale stiamo ritornando ?
Salve viator, non credo di aver capito cosa vuoi dire esattamente.
Tuttavia, anche se sembrerà banale, in fisica non è possibile stabilire se due eventi che sono avvenuti in momenti diversi hanno avuto luogo nella medesima posizione spaziale. Quindi la concatenazione causa-effetto ha senso nella sola finestra temporale nella quale ci troviamo, ma per ogni viaggio creiamo una nuova linea, e se dovessimo tornare al presente dal quale siamo partiti chiaramente non sarebbe come quello che abbiamo lasciato.
#7
Presentazione nuovi iscritti / Ciao ragazzi
21 Marzo 2018, 11:27:02 AM
Un saluto a tutti gli amici del forum, come molti di voi anch'io scrivevo sull'altro forum, il mio nick era Davide M.
Ci rileggiamo su queste pagine  ;D
Ciauz
#8
Io non sono molto d'accordo, perché noi possiamo conoscere solo ciò che possiamo pensare, se qualcosa non è pensabile vuol dire che non è possibile. Se poi ti riferisci alle particolarità di qualcosa di cui abbiamo un concetto allora ci sono infinite cose che non conosceremo nell'immediato, ma come dice Jacopus continueremo la ricerca.
#9
Citazione di: viator il 20 Marzo 2018, 21:52:54 PM
Salve: Per Assenzio: se tu fossi così cortese da spiegare (magari sono solo io l'ignorante) cosa sia una linea temporale. Grazie
Dici che una volta approdato nel passato (del mondo) io stia vivendo il mio presente. E' appunto una questione di linea temporale ?
Poiché il passato non è altro che la sequenza delle cause e degli effetti che hanno preceduto l'"adesso", per navigare all'indietro nel tempo occorre ripristinare la stato del mondo quale era al momento del nostro "sbarco" nel passato: ma ciò non è possibile farlo da viaggiatore solitario, dato che tutte le cause e gli effetti agenti nel mondo sono inesorabilmente interconnessi (non è possibile tornare al passato eliminando solo alcune cause ed effetti o solamente in ambito locale e parziale). In alcuni miei post qui precedenti ci sono cenni circa un simile problema.
Salve viator, una linea temporale è una sorta di universo parallelo che si viene a creare dopo che qualcuno torna indietro nel tempo, modificando un evento del passato. La modifica infatti non ha ripercussioni sulla linea temporale del viaggiatore del tempo, ma crea una biforcazione che da vita ad una nuova linea temporale. I viaggi nel tempo creano nuove linee temporali parallele. Ora, immagina per un attimo, se tu hai 61 anni, e torni indietro di 60 anni, quando arrivi dovresti avere 1 anno. Ciò non avviene, perché crei un'altra linea temporale. Allo stesso modo se nel 2057 è stata costruita una macchina del tempo e nel 2062 la usi per tornare indietro al massimo potresti tornare fino al 2057 e non oltre.
#10
Citazione di: Carlo Pierini il 30 Settembre 2017, 03:20:31 AM
Se vado nel passato e uccido mia nonna, io non sarei mai nato e quindi non avrei mai potuto viaggiare nel tempo.

...Ma allora, perché mio nonno insiste che io vada?  ;D
Non fa alcuna differenza, nel momento in cui uccidi tua nonna praticamente crei un'altra linea temporale nella quale tu non nasci, perché chiaramente tu sei già nato. Ciò che conta è che nell'universo ci sia sempre la stessa quantità di materia, la tua massa esce da una linea temporale ed entra in un'altra. Nella linea temporale che abbandoni, per tornare indietro da tua nonna, la tua massa, il tu in carne ed ossa, scompare, non c'è più, quindi il problema non si pone, perché è come se in quella linea temporale, cioè il tuo presente, è come se non fossi mai nato, quindi nessun paradosso.
#11
Citazione di: 0xdeadbeef il 19 Marzo 2018, 20:31:04 PM
A Paul11
Tutto l'Idealismo tedesco, dunque anche Hegel, "parte" da una errata interpretazione della "cosa in sè" kantiana,
che gli Idealisti ritengono non necessaria "interpretazione" (come nel "fenomeno" di Kant), ma, di fatto, "creazione".
Per l'Idealismo, nel soggetto si attua una "sintesi" di pensiero e realtà, cioè di soggetto E oggetto (che
invece per Kant erano distinti), e questo è chiaramente esplicitato da Hegel nella celebre affermazione: "il
reale è razionale e il razionale è reale" (Fenomenologia dello spirito).
Sulla conseguenze della sintesi idealistica illuminanti sono le parole di Fichte: "il procedimento sintetico
consiste nel ricercare negli opposti quella nota per cui essi sono identici".
Come si faccia, da queste basi, a riconoscere l'"altro" (come non-sintetizzato all'"io") non saprei...
La "destra" e la "sinistra", come noto, sono termini che nascono dal posizionarsi nel Parlamento Francese
degli "interpreti" (e già questa è una contraddizione) del pensiero di Hegel (tant'è che si chiamavano
esplicitamente "destra" e "sinistra" hegeliana). Marx, come accennavo, in realtà "ribalta" solo l'
interpretazione della destra hegeliana (quella che dà preminenza al "razionale"), prendendone però
tutti i caratteri fondanti (il soggetto "creatore"; la "sintesi") ed adattandoli alla sua pur brillantissima
teoria economica.
Ora, questa sia pur scandalosamente sintetica (...) descrizione per dire: attenti, perchè l'Idealismo, o
Hegelismo, è tutto fuorchè morto o superato, ed ammorba oggi più che mai ogni aspetto del vivere.
L'Hegelismo, dicevo, non ci permette non di "considerare nella giusta luce", ma neppure di pensare l'"altro".
Sia esso un immigrato o un nostro familiare, non viene "pensato" come "altro"; ma sempre e solo come un,
diciamo, "prodotto" del nostro "io"; ed in esso, di conseguenza, sempre cerchiamo "quella nota per
cui essi, l'altro e l'io, sono identici" (per usare le parole di Fichte).
All'Hegelismo è sconosciuto quel concetto di "limite" che era invece fondante di tutta la filosofia "classica"
greca. Per questa visione (che è, ripeto, la nostra) finito e infinito sono termini privi di significato
in quanto anch'essi "sintetizzati" in un "reale" che assume perciò le sembianze dell'infinito irreale (Hegel,
vedendo Napoleone a cavallo, lo definirà "Iddio reale").
E com'è possibile, chiedo, pensare la "giustizia" senza pensare il limite, il finito?
Quale limite come "giusto limite" posso mai pensare se sono incapace di pensare il limite? Quale "misura" sarò
in grado di adottare nei confronti dell'immigrato o di un mio familiare se non contemplo nessuna misura?
Naturalmente tutto questo vale per il "compromesso", che è esso stesso presa d'atto di finitudine, di limite,
di misura e di giustizia.
Ed infatti il compromesso è sempre meno "com-promesso"; cioè è sempre meno espressione di un accordo comune
su una base "arbitrata" (in genere da regole intese come assolute) per diventare "contratto", cioè accordo in
cui la parte forte, semmai, si degna di concedere qualche briciola ...
Per vivere in pace, non conflittualmente, a mio parere è innanzitutto necessario riconoscere l'"altro", ove
tale riconoscimento vuol dire, sì, rispetto e solidarietà, ma anche, se occorre, esclusione.
saluti
Ciao Oxdeadbeef, e un saluto a tutti gli amici del forum. 
Tu scrivi la creazione dell' "altro", ok,  ma tale creazione non avviene forse a livello ideale? Secondo me l'hegelismo è la corrente di pensiero che più si formalizza sul tema del riconoscimento dell'altro, perché è una tappa fondamentale e quindi necessaria allo Spirito per giungere alla piena consapevolezza di sé, e cioè a livello individuale, o di io empirico come direbbe Fichte, al sapere assoluto. Ma tale riconoscimento avviene non attraverso il bene comune e quindi l'Amore, come era stato prima di Hegel, ma Hegel basa tale riconoscimento sulla contrapposizione, sulla lotta (tema di cui Marx fu entusiasta e poi fece proprio), sul confronto di autocoscienze. La creazione dell'altro avviene a livello ideale, ma Hegel era un idealista particolare, per lui non era fondamentale che la realtà avesse una natura ideale, ma era invece basilare la sua natura eminentemente dialettica. E dialetticamente a livello di autocoscienze non c'è identità, non ancora, ma c'è lo scontro, la lotta, perciò secondo me nell'hegelismo abbiamo invece il vero riconoscimento dell'altro, tant'è vero che Hegel tratta del riconoscimento a livello storico-culturale (nella Fenomenologia), mentre a me sembra che la tua analisi si fermi a livello psicologico. Anzi, secondo me è stato proprio Marx, paradossalmente, ad appiattire le differenze tra autocoscienze, non a caso egli fa dell'alienazione un punto cardine della sua dialettica, ma cos'è l'alienazione se non la perdita della propria consapevolezza nel mondo?
Saluti