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Messaggi - sileno

#1
L'amore romantico-passionale, tragico, abbinato spesso  alla morte è più che altro mitico, letterario, filmico. L'amore erotico , come dice Recalcati, richiede una nuova persona, difficile con il coniuge. Resta l'amore come impegno e intimità, credo abbastanza raro anche questo
#2
Massimo Recalcati - Mantieni il bacio – 2019 - Feltrinelli

Ogni amore muore, dal momento che solo il Nuovo alimenta un amore. Il matrimonio per sua natura spegne il desiderio: può sopravvivere un dialogo vitale al posto di quello amoroso? Esiste un amore in cui bruci perpetua la passione' Erotismo e amore non vanno di pari passo, e i problemi di gelosia e fedeltà? Si perdona? La violenza è ineliminabile? Gli amori bruciando lasciano solo cenere? Com'è che in certi amori il desiderio permane?

Questi gli eterni interrogativi che Recalcati pone, a cui possiamo rispondere: da parte mia con pessimismo.

Alla ricerca della metà perduta

Il mito di Zeus che separò gli umani androgini in due parti destinate alla continua ricerca della metà perduta per raggiungere la compiutezza è metafora della difficoltà di chi non rassegnato vorrebbe ri-trovare il partner dei suoi sogni per un legame duraturo.
Spesso si scelgono o si accettano i compagni di vita sottovalutando un'opportuna comunicazione conoscitiva anche per accertarsi se per entrambi prevalga lo scopo di un amore totalizzante.
Come riconoscere la nostra "metà"? Per somiglianza? Ma è anche vero che gli opposti si attraggono e si può aspirare a un partner con caratteristiche diverse dalle nostre. Non troppo! A meno che non si crei una di quelle complementarità appaganti dove i due inconsci colludono.
Sono le reciprocità che alimentano l'amore; ad es. quella intellettuale per un bilaterale arricchimento reso possibile da un pensiero esteso e lungimirante.

Tre sono gli elementi che possono fare la fortuna di un amore: intimità, passione, impegno: un'amicizia in cui si aggiunge la passione.

Valutare preventivamente come si è diversi sarebbe vantaggioso pur sapendo che in amore, esaltante ma sfuggente stato affettivo, la progettualità può venire frustrata e il margine d'imprevedibilità tardi può far accorgere di esigenze disattese anche per vicendevoli cambiamenti.
Certi indizi caratteriali passano inavvertiti o sono offuscati da un'irrealistica sopravalutazione dell'amato, inoltre è improbabile trovare quelle qualità che ci affascinano in un'unica persona e che potrebbero solo ripartirsi in più partners.
Se l'amore-passione che resiste al tempo e la compatibilità incondizionata sono eccezioni si dovrebbe decidere tra le forme della singletudine o, se va bene, un fatale appiattimento in un adattivo equilibrio,convivendo sotto lo stesso tetto.
#3
Citazione di: Socrate78 il 11 Marzo 2019, 22:09:25 PM
Il fatto che Madre Teresa negasse ogni antidolorifico è una calunnia bella e buona, l'hanno inventato i suoi detrattori, la si vuol far apparire come una folle sadica, mentre invece non lo era affatto, affermava sì che la sofferenza offerta liberamente avvicina a Dio, ma non per questo riteneva giusto far soffrire per avvicinare gli altri al divino.


possibile tante calunnie, tante testimonianze siano non vere?
[font="Helvetica Neue", Roboto, Arial, sans-serif]Una meravigliosa devozione[/font]
[font="Helvetica Neue", Roboto, Arial, sans-serif]I poveri accettano la sofferenza perché convinti di sopportare 'La Passione di Cristo', diceva Madre Teresa; "Il mondo ha parecchio da guadagnare dalla loro sofferenza" e questo faceva di lei una Santa agli occhi di chi, non sapendo, la venerava. Gli ammalati gravi, compresi quelli oncologici, morivano fra atroci sofferenze e per alleviarle, la 'Madre' gli permetteva solo una semplice aspirina perché andava rispettato il 'culto del dolore' che lei stessa promuoveva. La sua idea era tenerli 'incatenati' tutti alla stessa sofferenza; come fece con un ragazzino di 15 anni con gravi problemi intestinali quando, chiedendole aiuto, si rifiutò di portalo in ospedale dicendo: "Se faccio così per uno, devo farlo per tutti".[/font]
#4
Filosofare è imparare a morire ( Montaigne).Saggezza è la rassegnazione davanti alla morte, giungere alla fine in serenità perfetta: è la differenza tra filosofi e non filosofi. La filosofia si presenta come lo sforzo per superare la morte e il destino.
Il pensiero della morte ossessiona la maggior parte dell'umanità. Si occulta la morte, non si muore più a casa tra familiari e amici, ma all'ospedale tra medici, infermieri, impresari di pompe funebri.
Diverso il senso della morte religioso: la sofferenza avvicina a Dio. L'uso degli oppiaceri in Italia fin poco tempo fa era limitato, si dice per imposizione vaticana, Teresa di Calcutta negava ogni antidolorifico ai malati terminali: più soffrivano più erano meritevoli dell'amore di Dio
#5
Citazione di: InVerno il 11 Marzo 2019, 20:05:42 PM
Ciao Sileno, non riesco a trovare la pubblicazione. Ma questo assunto è basato su dei dati statistici? Ci sono periodi di riferimento per esempio?
E poi intende che il congiuntivo viene sbagliato sempre più spesso grammaticalmente, o che viene evitato a priori? Grazie.




E' probabile che il volumetto non si trovi più nelle librerie, io l'ho trovato nell'usato.
Ci sono verbi che reggono sia l'indicativo sia il congiuntivo, con significati diversi. Poi ci sono casi in cui l'uso del congiuntivo è sbagliato.
Può essere una questione di stile, di non voler dare un senso , perentorio, che non ammette obiezioni.Comunque indiscutibile è che il congiuntivo sia ... ( meglio forse, è ) un modo poco usato, mi pare anche nelle nostre dissertazioni filosofiche.

Saluti
#6
Ho piacere che il tema sul congiuntivo ha suscitato qualche interesse,, D'accordo sui vari commenti,, come i giornalisti, - e politici - che non possiedono molta competenza linguistica.

Il congiuntivo, oltre altre funzioni, è il modo della possibilità, dell'ipotesi. Quindi volendo rafforzare tale senso è più appropriato "credo che Mata sia ..." al posto di Marta è ...

Saluti
#7
Il congiuntivo è morto? -  Valeria della Valle, Giuseppe Patota – Sperling & Kupfer – 2011


Breve saggio molto chiaro sul modo verbale che mette in crisi anche chi ritiene di conoscere bene l'italiano. Da tempo si lamenta la morte di questo modo verbale, tutt'altro che morto.


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Il congiuntivo è morto? . Sempre meno italiani, quando parlano, esprimono un dubbio, quasi tutti hanno opinioni categoriche su ogni argomento. 
La crisi del congiuntivo non deriva dalla pigrizia ma dall'eccesso di certezze, più la fretta con cui scriviamo. 

Pochi oggi "pensano, credono e ritengono", tutti "sanno e affermano". L'assenza di dubbio è una caratteristica della nuova società italiana. Chi non esprime cautela e usa il congiuntivo rischia di passare per insicuro. E' tempo solo di constatazioni e non più d'ipotesi? 

Oggi hanno fortuna i periodi attorcigliati, i tecnicismi, periodi oscuri, subordinate per dimostrare superiorità intellettuali in cui la trasparenza del dire è considerata riprovevole. Il linguaggio diventa come una cortina fumogena per nascondere qualcosa. Per omologazione alla modernità
Se rileggessimo i nostri scritti? Se evitassimo le imitazioni, i collage wikipedici? Potremmo verificare se abbiamo più dubbi o certezze e se ci comprendiamo veramente, o se soltanto facciamo finta di capirci.
#8
Tematiche Filosofiche / Il mito della caverna
28 Gennaio 2019, 12:01:38 PM
Il mito della caverna

Per la serie di conferenze "Il filosofo come maestro nella polis" il primo incontro è proposto da un ricercatore di Etica sociale di Padova. Espone l'argomento con un linguaggio semplice: infatti per lui la filosofia deve essere uno strumento di comunicazione a tutti accessibile.
A quei tempi tale voce nella piazza era scomoda e provocatoria in quanto interpretava problemi e saperi con uno sguardo lungimirante e critico. Eppure tale ricerca filosofica era rilevante per la vita dei cittadini e della comunità politica. Rappresentava inoltre un'etica estranea ad autorità religiose.
Parla dello scopo di far raggiungere la perfezione con l' educazione e la giustizia: elementi indispensabili per la collettività.*

Riporta il "mito della caverna" di Platone: ci sono prigionieri che voltano la schiena all'uscita e vedono solo il riflesso di ombre che arrivano dall'apertura, ma non ne conoscono l'origine, cioè la verità sul loro essere. Così sono costretti a credere in un falso simulacro della realtà. Uno solo riesce a vedere cosa sono quelle ombre, ma ora che detiene tale conoscenza non è felice perché non dimentica la sua precedente condizione di ignoranza e perché ha compassione dei suoi compagni che sono ignari come lui prima. Non riesce a godere di questa rivelazione che coinvolge solo lui, e ha pietà di chi è rimasto all'oscuro. Quindi il motivo che induce qualcuno a essere maestro di altri è che diventi come lui consapevole: questo è il vero filosofo e le ragioni del suo ruolo di far luce anche nelle menti altrui. Per una conoscenza che non può essere mai conclusa, ma è tensione per salire ancora e ancora, man mano che noterà carenze nel suo stesso sapere: è un processo infinito.*

"Il mito della caverna" diventa una metafora :chi è abituato a vivere nel buio non accetta la luce, non crede, oppone quello in cui egli crede. Deride chi rivela l'errore, lo tratta da matto fino a ucciderlo. Nessuno dei prigionieri vuole conoscere, stanno bene così, radicati nelle loro abitudini. Lui non può farci nulla, nemmeno fuggire dalla polis perché da cittadino deve rispettare le leggi. Deve accontentarsi di essere l'unico depositario di questa verità e considerare questo privilegio limitato a un senso personale da dare alla sua vita.
Eppure all'esigenza di etica' sociale non ci sono alternative nemmeno oggi perché nulla è cambiato nei secoli.


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Che il senso della filosofia sia questo? L'a - letheia che toglie i veli di Maya? A tal proposito è da citare pure Socrate che attraverso incalzanti interrogativi, fa ammettere al suo interlocutore le sue contraddizioni. La "verità" a cui può seguire un cambiamento non viene imposta, ma è un processo maieutico a cui si deve arrivare da soli,accettando il metodo dialogico e dialettico. Senza rifiutare fonti orali o scritte autorevoli che inducono a un confronto tra più visioni della vita.

Ma tale premessa a uno spontaneo cambiamento non sono oggi peculiari della sola filosofia. Infatti anche le terapie che si appoggiano sulla parola inducono a più ampie visioni e non in modo direttivo. A volte anche per uscire dalla gabbia di una propria "normalità", per una libera crescita personale. In quanto alla ricerca del perché si preferisca restare nelle tenebre, e/o si tacitano certe voci demistificatorie, a volte con la violenza, possono esserci varie motivazioni anche molto diverse tra di loro, su cui si può indagare.
#9
Percorsi ed Esperienze / Re:Sulla solitudine
27 Gennaio 2019, 18:53:43 PM
Citazione di: everlost il 27 Gennaio 2019, 17:58:33 PM
Oh, ma qui son tutti poeti oltre che filosofi...che forum meraviglioso. :-*
Dino Buzzati, grandissimo scrittore eppure non famoso quanto meriterebbe.
Venerato dal mio prof di lettere al ginnasio che trovava sempre modo di leggerci qualcosa di suo, sebbene evitasse i brani più duri e malinconici per non intristirci, i giovani devono sorridere e affrontare la vita serenamente.
Il mio caro prof era laico,  anzi proprio ateo, penso non a caso.


Ci sono poesie di grandi autori o autrici che con poche parole riescono a esprimere grandi verità filosofiche.
E' vero, Buzzati non raggiunse mai un successo e notorietà che avrebbe meritato. Comunque il suo "Deserto dei Tartari" è molto apprezzato e figura ai primi posti tra i romanzi italiani preferiti. Io stesso sono risalito al libro dopo aver visto il bellissimo film tratto dalla sua opera.

Ho amato sempre certi romanzi brevi di tipo esistenziale come" Linea d'ombra" di Conrad che per certi particolari assomiglia un po' al tema del "Deserto dei Tartari.
Penso che ai giovani non faccia male accostarsi a qualche esperienza  letteraria che li metta a confronto con i disincanti della vita.

saluti
#10
Citazione di: Freedom il 27 Gennaio 2019, 11:11:20 AM

A sileno aggiungo che, secondo me, non è da sottovalutare l'efficacia della comunicazione via web. E' certamente vero che manca il linguaggio corporeo e, a dirla tutta, anche la "mediazione della carne". Quest'ultima suggerisce e di fatto comporta una maggior delicatezza nei dialoghi. Ma proprio l'assenza o meglio la diminuzione di un certo "garbo" consente una rarissima sincerità. E, dopo qualche anno che lavori con questa modalità, acquisisci una sensibilità ed una capacità penetrativa del tutto superiore alle aspettative.


E' vero, l'anonimato, la non presenza fisica può avere questo effetto, Purtroppo anche in pesanti insulti che io stesso ho subito in altro forum.
#11
Citazione di: Sariputra il 27 Gennaio 2019, 11:54:41 AM
Il livello d'incoerenza (HINC-human incoerency) e quindi d'"inconsistenza" di Arthur era elevatissimo.  Scaraventò per le scale un'anziana signora perché la sua voce lo infastidiva, provocandole lesioni (ovviamente essendo lui ricco e popolare e l'altra una poveraccia tutto si risolse in un lauto risarcimento e messo a tacere...). Veramente notevole per uno che parlava di 'noluntas' e d'ascetismo...Bisogna però dire che lui stesso era ben consapevole di questa sua incoerenza, questo stacco netto tra il dire e il fare. Infatti gli è attribuita la famosa frase. "la bontà di una filosofia prescinde dalla coerenza verso di essa del suo ideatore", vado a memoria... ( assai opinabile come concetto...). Consapevolezza  che difettava invece in Nietzsche (anche per la patologia psichica sottostante...) che professava "the power and the glory" nel mentre che era totalmente sottomesso alla madre...

"Un giorno, disturbato dalla stridula conversazione di un'anziana ricamatrice che chiacchierava con un'amica fuori dalla porta del suo appartamento, Arthur si scagliò sulla poveretta, gettandola dalle scale e provocandole lesioni permanenti. La donna gli fece causa e ottenne una sentenza favorevole che costringeva il filosofo a risarcirla con la somma di 15 talleri per ogni trimestre, a titolo di vitalizio. Dopo vent'anni, la donna morì e Schopenhauer, con cinica soddisfazione, annotava sul suo registro contabile: «Obit anus, abit onus (la vecchia muore, il debito cessa)».  :(




Conoscevo la vicenda della ricamatrice, letta su" Storia della filosoffia occidentale" di Russel. Dove si dice ancora :"pranzava bene ad un buon ristorante;ebbe molti amorazzi triviali, sensuali, ma non appassionati; era eccezionalmente litigioso e avaro fuori dal comune".

Comunque rimane tra i miei filosofi preferiti,, soprattutto per Parerga paralipomena da cui sono stati tratti quei volumetti di successo della Adelphi: L'arte di ottenere ragione,l'arte di insultare, l'arte di trattare le donne, l'arte di farsi rispettare, l'arte di essere felici, ecc. Anche Il mondo come volontà e rappresentazione , nonostante il deprimente pessimismo, rimane uno dei miei testi filosofici prediletti

saluti
#12
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Gennaio 2019, 23:12:27 PM
Citazione di: sileno il 26 Gennaio 2019, 09:51:25 AM

Se Dio non esiste, allora tutto è lecito: quindi esiste una legge morale oggettiva divina.
Dio ordina e approva un'azione perché è buona o solo perché è Dio, se la ordina e approva la rende buona? Anche in conflitto con una morale umana?

La natura di Dio è buona perchè è buona in sè o perché Dio è buono?
La tesi che l'idea di bontà richieda provenga da Dio sarebbe falsa: infatti la bontà deve essere comprensibile indipendentemente dall'idea di Dio, altrimenti perde la forza morale (Cfr. Eutifrone)

Saluti

Ciao Sileno
E che ne so io se esiste una legge morale oggettiva divina...
Ciò che io dico è semplicemente che se Dio non esiste, allora tutto è lecito (ti dirò, anzi, che "presumendo"
la non esistenza di Dio temo appunto che il fondamento di ogni cosa sia la volontà di potenza - che vuol dire
esattamente che tutto è lecito).
Una volontà di potenza che, intendiamoci, potrebbe anche perseguire la "morale umana" o la "bontà"; ma che le
persegue, ed è questo il punto, necessariamente anteponendo ad esse il raggiungimento di una piena "potenza".
La domanda fondamentale è infatti questa (ed è posta da Nietzsche e più ancora dai francesi della "Nietzsche
Reinassance"): la morale così come la conosciamo è stata posta da una volontà di potenza?
Perchè se così fosse il fondamento sarebbe essa (la volontà di potenza), e quindi tutto sarebbe lecito (a
patto, naturalmente, che la volontà raggiunga una potenza effettiva).
saluti




Assecondo la tua divagazione su Nietzsche:

La morte di Dio è un suo pensiero fondamentale: sintesi delle credenze religiose per dare un ordine rassicurante alla vita. Il Dio provvidente sarebbe una nostra costruzione. Liberarsene per un ateismo assoluto e l'affermazione del superuomo ( in realtà , più correttamente oltre-uomo).
Nietzsche postmoderno sarebbe un riferimento educativo: pensatore relativista e antidogmatico contro gli assolutismi, le filosofie sistematiche, le erudizioni. Introduce alla lievità, contro gli opportunismi, conformismi, volgarità. L'oltre uomo vitale e gioioso, in divenire, supera altruismi ipocriti, sa farsi dono oltrepassando la sua mediocrità e infelicità. Nichilista per una società alternaativa, riflessiva,,raziocinante, lungimirante.Si può amare o detestare questa sua "volntà di potenza"

saluti
#13
Citazione di: sgiombo il 27 Gennaio 2019, 10:04:14 AM
...Si dice persino che una volta i suoi allievi lo sorprendessero in un bordello.

(Tanto per riderci su, che fa sempre bene)

Ciao!




Questo cantore del pessimismo ci sapeva fare con le donne. Fu un gaudente!

Ciao
#14
Citazione di: Freedom il 26 Gennaio 2019, 14:41:01 PM
Si lavora tutta la vita per affermare le proprie idee, la propria visione del mondo, per realizzare progetti.

Lo si fa con determinazione, con costanza e, qualora la fatica fosse non più sostenibile oppure si decidesse che ogni sforzo è inutile, ci si potrebbe ritirare dalla lotta ma sempre conservando inalterata la propria visuale. Raramente si mutano approccio, impostazione discorsiva, convincimento e azione. Anzi, della fedeltà al proprio modo di essere e di agire, se ne fa motivo di orgoglio e di vanto. La coerenza prima di tutto!

Per poi peraltro affermare, mentendo prima di tutto a sé stessi, che si è pronti, in qualunque momento al famoso "cambiare idea". Perché, in qualche meandro della propria coscienza, ognuno sa che non c'è maggiore stoltezza di chi non muta mai la propria opinione. Si dice infatti che cambiare parere è sintomo di intelligenza. Ma chi produce questo risultato, quelle rarissime volte che riesce a farlo, lo fa da solo, mai sotto la spinta, per quanto delicata, degli altri.

Eppure "morire" alle proprie convinzioni, alle proprie azioni, fosse pure una banale come attraversare la strada, apre lo spirito ad una vera e propria rinascita. Un vero capovolgimento di prospettiva, foriero di novità interessanti e benefiche.





Vano far cambiare idea a chi espone idee irrazionali, anche a fronte di documentazioni affidabili. Non si va a fondo di un problema, impossibile spesso un dialogo dialogo dialettico, nei network anche perché manca il linguaggio corporeo. Rari tornano sulle proprie idee. Converrebbe lasciar perdere facebook e dedicarsi ad altro. Se non ci si aggiorna si può avere tutti torto; o si è mossi dalle emozioni e non dal ragionamento.

Tale problema mi ricorda la "dissonanza cognitiva" quando idee contrastanti, in conflitto tra loro, si presentano nella stessa persona. Per alleviare tale disagio si dovrebbe modificare il proprio sistema di rappresentazioni cognitive e relazioni funzionali interne.

saluti
#15
Citazione di: sgiombo il 26 Gennaio 2019, 23:04:51 PM
Mammamia che pessimismo!

Capisco il saper rinunciare a ciò che non si può conseguire, l' intento stoico ed epicureo (ma credo anche buddista, per quel poco che ne ho finalmente letto) di riuscire a moderare e dominare aspirazioni e desideri, ma credo anche che se si é in salute e se la propria vita materiale non é troppo misera qualcosa di buono da godersi serenamente nella vita lo si possa pur trovare.




E' vero, Leopardi perlomeno nota qualche barlume di felicità, nel sabato, nella vigilia, Nietzsche presenta l'uomo dionisiaco che saltella gioioso tra i fossati.
Schopenhauer incontrò l'Oriente da giovane, restandone affascinato.Si dedicò con passione allo studio del pensiero indiano. Si confrontò con la filosofia e religione indiana.
Credo,anche a prescindere dalla qualità della propria vita, che il superamento delle avversità,mantenendosii sereni, dipenda da quello che pensiamo. E' un tratto di personalità molto difficile da contrastare. Comunque Schopenhauer pare che non condusse una vita infelice,, le sue teorie non lo resero un depresso.

saluti