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Messaggi - Uzino

#1
Jacopus@

L'uomo non può fare ciò che non vuole. E ciò che vuole non lo decide lui, ma la sua scala di valori, la sua indole, le sue necessità del momento. Tutti elementi acquisiti precedentemente che non ha scelto. Puoi fare ciò che vuoi, tranne decidere ciò che vuoi.
#2
[Ma potrebbe anche essere una pizza (libera scelta nella causa formale), messa in atto per soddisfare la mia golosità del momento (il cibo oltre che una necessità è un piacere) altrimenti andrebbe bene anche una pillola da astronauti scientificamente analoga in termini nutrizionistici. Nel tuo ragionamento demolisci le cause "libere": formale e finale, ricorrendo sempre alle cause "meccanicistiche" efficiente e materiale (sopravvivenza della struttura biologica).]

Le demolisco perché non sono libere, ma meccanicistiche esattamente come quelle efficienti e materiali. Meccanicistiche a livello intrinseco dell'agente che le origina, non dell'oggetto originato. 

[Postulare le "tue" cause finali non le rende con ciò più efficienti]

Cerco solo di spiegare al meglio il mio ragionamento, non voglio rendere nulla più "efficiente" di quanto già non lo sia di per se. 

[Passano attraverso la psiche ma la forma e il fine dello scenario lo decidiamo noi tra le miriadi di possibilità che ci vengono offerte.]

Lo decidiamo noi, ma non liberamente. Siamo liberi di fare solo ciò che la nostra indole/le nostre necessità/il nostro stato d'animo/la nostra scala di valori di quel momento ci suggeriscono. Liberi da cause estrinseche, non da quelle intrinseche che operano a livello psicologico/emotivo secondo catene causali. E la volontà, essendo un loro sottoprodotto, si attiverà anch'essa causalmente in accordo con esse.  

[ma anche del "miglior male" ed è dunque etica]

Nessuno agisce per il male. Si può discutere sull'etica, su quanto essa sia più o meno oggettiva, ma non è l'etica a muovere la volontà, quanto la percezione che si ha di essa e il valore che le si attribuisce. Se le attribuisco valore positivo, se ne riconosco ovvero l'importanza, agirò in accordo a essa, altrimenti no. Attribuirò valore positivo ad altre cose, che così come nell'etica, in quanto percepite positivamente, attiveranno la mia volontà. Un assassino non agirà in senso etico, ma il suo agire sarà comunque guidato da una percezione positiva di ciò che fa.

[Magari fosse così. Sai quante sciocchezze ci saremmo (e saremo) risparmiate :D Per superare l'impasse, sia fisica che metafisica, consiglierei di cominciare a ragionare con la categoria dei "gradi di libertà"; su ciò che rimane rimosse le costrizioni: un gatto in gabbia e fuori dalla gabbia non sono la stessa cosa, anche se entrambi si devono nutrire, muoiono e hanno lo stesso dna.]

Il fatto che abbiamo fatto e faremo sciocchezze non dipende certo dalla libertà dal meccanicismo, ma dalla nostra natura, dalla quale non possiamo sfuggire proprio perché è meccanica. Un gatto in gabbia è prigioniero della gabbia e di se stesso, fuori dalla gabbia è prigioniero solo di se stesso.

Ma a fronte di tutto questo discorso, faccio due domande semplici: 
Se la volontà ha una causa, come può essere libera?
Se non ce l'ha, come può essere sotto il nostro controllo e quindi libera?
#3
Ipazia@
E per quale motivo causa formale e causa finale non risponderebbero al meccanicismo? Cucino un piatto di pasta: il piatto di pasta sarà la causa formale, risultato della mia necessità di mangiare per soddisfare la mia fame e sopravvivere, quindi causa finale, messa in atto dal mio istinto di sopravvivenza e ricerca del benessere. Poco importa se le motivazioni sono di carattere fisiologico oppure psicologico/umanistico/etico/morale, perché rispondono tutte alla nostra ricerca di benessere, che è istinto comune a tutte le specie. Se costruiamo una statua per venerare una divinità, lo faremo per avere dalla divinità benevolenza, o per cercare conforto dalla sofferenza, o per illuderci di poter concretizzare la nostra speranza che ci sia vita dopo la morte. Le cause formali e le cause finali sono quindi legate, in ultima istanza, ai nostri istinti di fuga dalla sofferenza/ricerca del benessere e paura della morte, e alla stessa stregua di qualsiasi altro animale, rispondono a processi meccanicistici. Nel caso dell'essere umano, questi processi meccanicisti passano anche attraverso la psiche e alle sue raffigurazioni concettuali (anch'essi legati alla catena di causa-effetto in quanto lavorano per associazione), che prefigurano scenari che vogliamo evitare o concretizzare. Un gatto per fuggire davanti a un cane ha bisogno che quel cane ci sia materialmente, l'essere umano immagina la possibilità che ci sia e fugge prima. Non c'è differenza qualitativa, solo quantitativa. La volontà, o per meglio dire lo sforzo di volontà, è un sottoprodotto della suddetta capacità di prefigurare/immaginare/razionalizzare e scatta quando le nostre proiezioni entrano in contrasto con le necessità più immediate e concrete. La volontà si attiva solo ed esclusivamente in favore del "miglior bene", ed è dunque meccanica.
Mi pare ovvio, quindi, che il meccanicismo può eccome modificare la realtà, anzi è l'unica cosa in grado di farlo seguendo una direzione che non sia casuale.

Paul@
[Questo non è libero arbitrio. Non è neppure teoria dei giochi e teoria della scelta studiati in ambito economico. Ci sono sempre cause estrinseche ed intrinseche che determinano i nostri comportamenti. Un evento esterno, o le nostre credenze sono la fonte di come e cosa scegliamo].
Ovviamente, ma quello da me descritto è il libero arbitrio secondo chi ne sostiene l'esistenza: una capacità di sceltà che trascende la catena causa-effetto. Una volontà che si autodetermina/autogenera indipendetemente dalle contingenze. Inconcepibile, scientificamente inaccettabile e, soprattutto, contraddittorio, perché quegli stessi che credono che il libero arbitrio sia libero da processi meccanicistici, allo stesso tempo sostengono che c'è un motivo alla base di ogni scelta. O l'una o l'altra, non si può salvare capra e cavoli: se le scelte sono libere dal meccanicismo, allora non rispondono ad alcuna causa/motivo. Se alla base delle scelta ci sono motivi/cause, allora le scelte rispondono al meccanicismo.
#4
Il topic è un po' vecchio. ma vorrei comunque esprimere la mia opinione in merito perché l'argomento è interessante.
Il libero arbitrio, inteso come facoltà di scelta non determinata da cause estrinseche e/o intrinseche non può essere concepibile né da un punto di vista logico, né da uno scientifico. Se esistesse, si auto vanificherebbe, per il semplice fatto che non essendoci tendenze (cause) che indirizzano con maggiore o minore forza verso una data possibilità, ogni possibilità avrebbe esattamente il medesimo peso rendendo di fatto impossibile la scelta. Il libero arbitrio è quindi una contraddizione in termini, in quanto se esistesse dovrebbe essere libero in termini assoluti (libero da, e libero di), perdendo però di fatto qualunque facoltà di arbitrio. Tra l'altro, ricollegando il discorso al determinismo in termini generali, quando in meccanica quantistica si parla di sistema indeterminato, mi chiedo se si possa davvero definire tale un sistema che segue comunque un principio a mio avviso causale. Se, cioè, a livello sub-atomico tutte le possibilità coesistono in una sorta di stato di sovrapposizione possibilista e necessitano dell'osservazione dell'uomo per potersi manifestare in una delle possibili varianti, tutto ciò non risponde comunque a una catena di causa-effetto, dove la causa necessaria affinchè si produca l'effetto è, appunto, l'osservazione dell'uomo? Altro dubbio riguarda la possibilità di creare dal "nulla", caratteristica che sembrerebbe appartenere alle particelle sub-atomiche per quanto riguarda l'energia. Prendendo per buona questa teoria (per quanto risulti del tutto inconcepibile anche a chi la sostiene, tanto è vero che il nulla in questione è sempre virgolettato), e applicando la catena causale con un punto di vista più ampio (non all'energia in se stessa, ma a cosa inneschi la sua crazione dal "nulla") anche in questo caso ci sarebbe una causa, ovvero la particella/sistema che "decide" di creare suddetta energia. Ma, comunque, la meccanica quantistica parla di indeterminazione in termini di sistema casuale e del tutto imprevedibile, e quindi nulla che abbia a che vedere con il libero arbitrio.

Ho letto poi di esempi che paragonano la nostra facoltà di scelta a quella degli animali, e credo che la differenza sia solo a livello quantitativo e non qualitativo. Riportando l'esempio dei gatti che di fronte al cibo possono solo seguire il loro istinto e mangiare, a differenza nostra che abbiamo la facoltà di imporre la nostra volontà e non mangiare nonostante la fame, anche qui la differenza è solo ed esclusivamente di carattere quantitativo. Se imponiamo la nostra volontà è perché riteniamo che non mangiare sia più giusto, e cioè, prefigurandoci la possibilità di non mangiare, essa risponde maggiormente alle nostre necessità (qualunque esse siano, foss'anche la sola necessità di dimostrare a noi stessi di essere liberi di scegliere di non mangiare). Alla base, quindi, sia in noi sia negli altri animali, la scelta è determinata dalle necessità. Nell'animale, le necessità sono quasi sempre univoche (ho fame mangio, ho paura scappo, ho sonno dormo, etc), nell'uomo invece, grazie alla sua capacità di proiettare mentalmente (immaginazione/razionalità), subentrano necessità secondarie che entrano in contrasto con le prime (ho fame, ma sono a dieta; ho paura, ma se scappo non risolvo niente; ho sonno, ma è già tardi e tra due ore ho un appuntamento, etc). Se le seconde hanno in quel momento maggiore peso delle prime, userò la forza di volontà per reprimere fame, paura e sonno e farle prevalere. Non c'è quindi differenza tra noi e gli altri animali, perché le necessità rispondono comunque agli istinti caratteristici delle rispettive specie. Nell'animale la necessità è sempre azionata direttamente dall'istinto biologico a essa associata (e quindi non è necessario applicare alcuno sforzo di volontà), mentre nell'uomo è azionata anche dall'immaginazione/ragione, quindi anch'essa immaginata e quindi necessitante di uno sforzo di volontà per contrapporsi all'istinto primario che preme con maggiore forza in quanto percepito fisicamente. Sappiamo che reprimere quell'istinto primario ci porterà a stare meglio rispetto alla sceltà di seguirlo e lo reprimiamo, seguendo comunque il nostro istinto di benessere, in questo caso proiezione di esso, esattamente come una qualsialsi altra specie vivente.