Sul peccato originale e la Creazione vorrei collaborare con alcuni spunti di riflessione tratti direttamente dal misticismo ebraico.
Riguardo alla Creazone partirei dall'Albero della Vita di Hayim Vital, allievo di Isaac Luria. Nulla a tutt'oggi spiega meglio dal punto di vista scientifico e teologico insieme come è nato l'universo.
"L'ALBERO DELLA VITA
Sappi che, prima che le emanazioni fossero emanate e le creature create,
la semplice Luce Superiore colmava tutta l'esistenza.
Non esisteva nessun posto libero né di aria vuota e né spazio,
ma tutto era colmo di quella semplice Luce del'Ein Sof- Infinito".
Non aveva distinzione, né di inizio né di fine,
ma tutto era un'unica semplice Luce uguale in un'unica uguaglianza
ed essa è quella che viene chiamata "Or Ein Sof- Luce Infinita".
E quando si innalzò nel Suo semplice desiderio, il creare i Mondi e
l'emanare gli emanati,
di far uscire alla luce la perfezione delle Sue azioni, i Suoi Nomi ed i Suoi
Appellativi,
il che fu la causa della creazione dei Mondi.
Ecco allora restrinse Se Stesso, Ein Sof, nel punto di mezzo, il quale, in
esso, è precisamente nel centro
e restrinse quella Luce
e si allontanò verso i dintorni dei lati del punto centrale.
Ed allora rimase posto libero, aria e spazio vuoto
proprio dal punto di mezzo.
Ed ecco questa restrizione era in un'unica comparazione
nei dintorni di quel punto di mezzo, vuoto.
Così che quello spazio era circolare da tutte le sue parti in comparazione
assoluta.
Ed ecco dopo la restrizione,
quando allora rimase il posto dello spazio e l'aria libera e vuota
precisamente nel mezzo della Luce di Ein Sof ,
ecco che già c'era un posto
nel quale gli emanati
e le creature ed i creati ed i compiuti potessero essere.
Ed allora proseguì dalla Luce Ein Sof una singola linea
dall'Alto al basso,
che si svolge scendendo dentro quello spazio.
E per mezzo di quella linea emanò, e creò, e formò e fece
tutti i Mondi, tutti.
Prima di quei quattro Mondi
c'era un'unico Ein Sof ed Il Suo Unico Nome, in un'unità meravigliosa e
celata,
che non c'è forza persino negli angeli che Gli sono vicini ed essi non hanno la realizzazione dell'Ein Sof,
perché non c'è nessun intelletto che è stato creato che possa realizzarLO,
dato che Esso non ha posto, e non ha confini e non ha Nome."
.... il Creatore (Ein Sof) deve creare uno spazio entro se stesso in cui "partorire" l'universo, autolimitando il suo "essere infinito". Quello che segue nella descrizione è , di fatto, il Big Bang descritto dalla Scienza. L'unica cosa "strana" è che quel testo è stato scritto nel XVI secolo...
A questo punto devo citare però Baruch Kosover: "Ein Sof non è il Suo vero nome ma una parola che significa il suo completo occultamento, e la nostra lingua sacra non ha una parola come queste due per significare il suo occultamento. E non è giusto dire 'Ein Sof, che sia benedetto' o 'che Egli sia benedetto', perché Egli non può essere benedetto dalle nostre labbra" (Ammud ha-Avodah, 1863,211d).
Quando si fa riferimento alla Creazione dal Nulla (ex nihilo), accettata per fede dalla tradizione giudaica e cristiana, non si deve pensare che, dal punto di vista esoterico, questo Nulla sia, secondo l'interpretazione antica, la materia prima informe dalla quale si forma l'Universo. Il concetto di Nulla, in ambito cabbalistico, è molto più sottile: se i movimenti della divinità in se stessa sono sconosciuti al pensiero umano, possiamo dire che la Creazione è uscita da uno di questi movimenti interni, a noi sconosciuti. Il Nulla sarebbe quindi non una dimensione di assenza di esistenza, ma una dimensione dove l'intelligenza umana non può arrivare.
Una credenza molto diffusa nell'ebraismo è che, prima del peccato di Adamo, anche il corpo fosse spirituale, una sorta di indumento etereo che divenne corporeo solo dopo la sua caduta. (A sostegno di questa concezione, l'affermazione in Gen. 3:21, che Dio fece "indumenti di pelle", per Adamo ed Eva dopo la cacciata dall'Eden, fu interpretata nel senso che essi in precedenza avevano portato "indumenti di luce").Se non fosse stato per il peccato di Adamo, la suprema volontà divina avrebbe continuato a operare ininterrotta in Adamo ed Eva e in tutti i loro discendenti, e l'intera creazione avrebbe funzionato in perfetta armonia, trasmettendo l'influsso divino dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto, così che non vi sarebbe stata alcuna separazione tra il Creatore e la Sua creazione che aderiva a Lui. Questa comunione ininterrotta, che è il fine della creazione, si spezzò al momento del peccato di Adamo, quando la sua volontà inferiore fu separata dalla volontà divina dal suo libero arbitrio. Fu allora che nacque la sua individualità, la cui origine stava nella separazione da Dio, con la concomitante proliferazione di molteplicità.
E' sulla base di questi presupposti che secondo la Kabbalah insegnata oggigiorno la vera sostanza di cui è costituito il corpo umano - gli atomi del nostro sangue, gli elettroni che danno gli impulsi al nostro cervello, gli elementi chimici che compongono i nostri tessuti e le nostre ossa - ha una fonte ben più remota dell'origine del nostro universo fisico. La miriade di desideri, bisogni, impulsi e urgenze che pervadono la nostra mente esiste da prima ancora dell'alba dei tempi. Qualunque siano i desideri che in questo preciso momento si agitano nel vostro cuore, essi in realtà sono ricordi che perdurano nella vostra anima, reminiscenze radicate nella vostra essenza.
Nella Kabbalah luriana all'inizio della storia dell'umanità compare l'esilio, nel simbolo della cacciata dal paradiso. Le scintille della Shekhinah (La "Presenza di Dio") sono disperse ovunque, in ogni sfera dell'essere metafisica e fisico. Non solo. Si è spezzata anche la "grande anima» di Adamo, in cui era concentrata l'intera sostanza psichica dell'uomo in generale, e cioè dell'umanità. L'immensa struttura cosmica del primo uomo si è ridotta alle sue dimensioni attuali.
Le scintille psichiche di Adamo, come le scintille della stessa Shekhinah, si sparpagliano in tutte le direzioni, sprofondano ed emigrano, esiliate sotto il potere delle Klippòth, dei «gusci» (rappresentano "il male").
Il mondo della natura e dell'esperienza umana è il teatro dell'esilio dell'anima. Ogni peccato ripete nuovamente, per parte sua, quel processo originario, allo stesso modo che ogni buona azione è un contributo per la liberazione dall'esilio e il ritorno in patria.
La storia biblica serve a Luria come illustrazione di questo stato di cose fondamentale. Tutto ciò che accade esprime il rispetto della misteriosa legge del tikkun ("riparazione" quale riscatto dell'umanità), o la sua trasgressione. Le tappe della storia biblica sono viste come possibilità di redenzione rinnovate e ripetutamente mancate nel momento decisivo. Il loro culmine, la partenza dei figli d'Israele dall'Egitto e la rivelazione sul monte Sinai, che Luria interpreta come un simbolo cosmico, viene privato del suo effetto dal culto idolatrico del vitello d'oro. Ma la legge, sia la legge di Noè, che impegna tutta l'umanità, sia la legge della Torah, imposta a Israele, ha questo significato decisivo, di servire da strumento del Tikkun.
L'uomo che agisce secondo la legge riporta a casa le scintille cadute della Shekhinah, ma anche della propria sfera psichica. Reintegra la propria forma spirituale nella sua interezza originaria. Questo è il piu' puro ed importante dei messaggi portati dall'ebraismo nel mondo. Compiendo un mitzvah, l'ebreo svolge il suo ruolo nel completamento dell'incompleto atto della creazione.
Torniamo a quel giorno, nell'Eden... dallo Zohar:
"Considera ciò: quando il Santo, sia Egli benedetto, creò l'uomo e lo investì di una gloria suprema, volle che l'uomo aderisse
a Lui perché fosse unico e univoco di cuore, fedele all'Uno con un legame di fede integra cui tutto si lega. In seguito
però l'uomo è deviato dalla via della fede e ha abbandonato l'albero unico e trascendente che s'erge sopra tutti gli altri,
seguendo invece il luogo mutevole, che cambia senza sosta tinta passando dal bene al male e dal male al bene e scendendo da
sopra a sotto per seguire l'incertezza del cambiamento, abbandonando ciò che è supremo e immutabile oltre ogni dire, l'Uno.
Per questo il cuore dell'uomo pencola un po' verso il bene e un po' verso
il male, richiamando su di sé a volte la clemenza e a volte il castigo, a seconda di quale impulso ha
assecondato sul momento.
Il Santo, sia Egli benedetto, disse allora all'uomo: «Tu hai abbandonato la vita e hai seguito la
morte. E così la morte ti aspetta». Così fu che per lui e per tutto il mondo venne decisa la morte.
Adamo si è macchiato della colpa, questo sì, ma qual è la colpa del mondo intero? Giacché tutte
le altre creature non sono affatto andate a mangiare di quell'albero. No, non fu così. Però, quando il
Primo Uomo si alzò in piedi, tutte le altre creature lo videro, ne ebbero paura e lo seguirono come
schiavi dietro al loro padrone. Allora egli si rivolse loro, dicendo: venite, andiamo a prostrarci al
cospetto del Signore che ci ha fatti. E tutti gli andarono dietro. E quando videro Adamo prostrarsi
davanti a quell'altro luogo, fecero lo stesso. In tal modo il Primo Uomo ha portato la morte a se
stesso e al mondo intero.
Fu così che Adamo divenne cangiante, in bilico fra il bene e il male, fra la tensione e la calma,
fra il castigo e la clemenza, fra la vita e la morte, mai e poi mai stabile, per effetto di quel luogo che
è di conseguenza chiamato la fiamma della spada guizzante in ogni direzione (Gen. 3. 24), da un
estremo all'altro, dal bene al male, dalla clemenza al castigo, dalla pace alla guerra.
Pensare che, mosso da pietà per la sua creatura, il Sovrano supremo l'aveva messo in guardia, dicendogli:
Dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare (Gen. 2. 17). Tuttavia Adamo non ascoltò
questa raccomandazione e seguì invece la sua compagna, e così fu scacciato
per sempre, giacché la donna può arrivare sin lì soltanto, e non più in alto. A causa sua la morte è
entrata nel mondo. Ma nel tempo a venire pari a quelli dell'albero saranno i giorni del mio popolo
(Is. 65. 22), vale a dire proprio di quell'albero. Di quel tempo futuro sta anche scritto: Annienterà la
morte per sempre. Tergerà quindi il Signore Iddio le lacrime su ogni volto; l'ignominia del suo popolo
toglierà da tutta la terra (Is. 25.
."
Ma quindi, "il Male", è solo colpa di Adamo?
Secondo una diversa spiegazione, pure presente nello Zohar, il male in generale venne in essere a causa del fatto di essere intrinseco in Dio stesso e la "Creazione" gli fornì soltanto una via di espressione. In origine, l'integrazione entro Dio dei suoi elementi contrastanti, e quindi la loro interdipendenza entro la personalità divina, mantenevano gli attributi di Dio stesso in perfetto equilibrio nel suo complesso. In questo modo il male che era intrinseco a Dio non aveva modo di esprimersi. Ma fu Dio stesso "che volle rivelare la profondità da dentro il segreto" ( "be'a legal'eh 'amiqta me-go mistarta" nel testo). Attraverso un atto di volontà Dio fece così scaturire il male dal bene . Commentando "Siate santi perché io sono santo" (Lv 11,44), lo Zohar narra appunto quanto segue: "Rabbi Yitzhak disse: «Nell'ora il cui il Santo, che sia benedetto, creò il mondo e volle rivelare la profondità da dentro il segreto e la luce da dentro la tenebra, queste cose erano frammiste l'una all'altra (kelilan da be-da). Perciò da dentro la tenebra uscì fuori la luce e da dentro il segreto uscì fuori e si manifestò il profondo: l'una cosa uscì fuori da dentro l'altra. Così da dentro il bene esce fuori il male ..."
Quindi, nel descrivere l'origine del male, lo Zohar ribadisce la primordiale unità e unicità di Dio.
Perchè lo Zohar è contraddittorio? Sinceramente al momento non mi sento di rispondere a questa domanda e lascio volentieri a chi legge il gusto della scoperta. Va detto comunque che quando tutte le spiegazioni sono state date bisogna vedere, sempre, se ne esiste un'altra. Un detto della tradizione ebraica afferma: «ogni questione controversa, presenta sempre tre lati il mio, il tuo e quello giusto».
Va detto comunque che il male, secondo lo Zohar, non può né prodursi né diffondersi con le proprie forze. È soltanto l'azione morale dell'uomo, quando è contraria al bene, che conferisce forza e vita alla massa inerte del male.
Nell'attesa del momento dello yichud, l'uomo deve adoperarsi per mettere egli stesso in contatto il mondo terrestre con quello celeste, mediante la preghiera e l'osservanza delle norme divine contenute nella Torah, la legge ebraica. L'azione dell'uomo, tendente a riparare in qualche modo al danno provocato dal peccato di Adamo e a ristabilire l'armonia nel creato, instaurando un rapporto più frequente e costante con le sephiroth, è chiamata dai cabbalisti, come già detto, tikkun, « riparazione ». La bontà, la misericordia, l'amore per il prossimo, quando vengono realizzati sulla terra dall'uomo, costringono il mondo celeste delle sephiroth a venire in benefico contatto con il mondo terreno. Il giusto, l'uomo puro nel pensiero e negli atti e costante nell'esecuzione degli insegnamenti divini, può realizzare l'esperienza mistica della contemplazione di Dio e del contatto immediato e diretto con l'Essere Supremo. Questo momento, considerato il più alto nell'etica dello Zohar, viene definito dai cabbalisti « il contatto » (debequth).
Rabbi Shim'on (Zohar): "Guai a colui che considera la Torah come un libro di semplici racconti e faccende quotidiane. Poiché se essa fosse questo, ancora oggi potremmo comporre un'altra Torah che trattasse di queste cose e fosse molto migliore ancora."
Dedico questa mia sintetica descrizione di alcune "faccende di poco conto" a quei poveri ignari che nulla sapendo giudicano coloro che si pongono domande, e nel fare questo manifestano l'umanissima esigenza di comprendere qualcosa di piu' del "nulla capire" in cui si crogiolano i "senza Dio".È nella Sephirah Yesod he sperimentiamo per la prima volta lo stato della gadlut; il momento in cui ci sbarazziamo dell'iPhone, stacchiamo gli occhi dai videogame e ci accorgiamo che ci sono altri esseri umani intorno a noi e, oltre a loro, un intero, immenso universo. Siamo in Yesod quando ci alziamo timidamente sulla punta dei piedi, quando osiamo guardare un po' più lontano del solito e proviamo ad avvicinarci alla luce, anche se per un istante. Non disperare, non è mai troppo tardi per iniziare.
«Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?»
Hillel
Riguardo alla Creazone partirei dall'Albero della Vita di Hayim Vital, allievo di Isaac Luria. Nulla a tutt'oggi spiega meglio dal punto di vista scientifico e teologico insieme come è nato l'universo.
"L'ALBERO DELLA VITA
Sappi che, prima che le emanazioni fossero emanate e le creature create,
la semplice Luce Superiore colmava tutta l'esistenza.
Non esisteva nessun posto libero né di aria vuota e né spazio,
ma tutto era colmo di quella semplice Luce del'Ein Sof- Infinito".
Non aveva distinzione, né di inizio né di fine,
ma tutto era un'unica semplice Luce uguale in un'unica uguaglianza
ed essa è quella che viene chiamata "Or Ein Sof- Luce Infinita".
E quando si innalzò nel Suo semplice desiderio, il creare i Mondi e
l'emanare gli emanati,
di far uscire alla luce la perfezione delle Sue azioni, i Suoi Nomi ed i Suoi
Appellativi,
il che fu la causa della creazione dei Mondi.
Ecco allora restrinse Se Stesso, Ein Sof, nel punto di mezzo, il quale, in
esso, è precisamente nel centro
e restrinse quella Luce
e si allontanò verso i dintorni dei lati del punto centrale.
Ed allora rimase posto libero, aria e spazio vuoto
proprio dal punto di mezzo.
Ed ecco questa restrizione era in un'unica comparazione
nei dintorni di quel punto di mezzo, vuoto.
Così che quello spazio era circolare da tutte le sue parti in comparazione
assoluta.
Ed ecco dopo la restrizione,
quando allora rimase il posto dello spazio e l'aria libera e vuota
precisamente nel mezzo della Luce di Ein Sof ,
ecco che già c'era un posto
nel quale gli emanati
e le creature ed i creati ed i compiuti potessero essere.
Ed allora proseguì dalla Luce Ein Sof una singola linea
dall'Alto al basso,
che si svolge scendendo dentro quello spazio.
E per mezzo di quella linea emanò, e creò, e formò e fece
tutti i Mondi, tutti.
Prima di quei quattro Mondi
c'era un'unico Ein Sof ed Il Suo Unico Nome, in un'unità meravigliosa e
celata,
che non c'è forza persino negli angeli che Gli sono vicini ed essi non hanno la realizzazione dell'Ein Sof,
perché non c'è nessun intelletto che è stato creato che possa realizzarLO,
dato che Esso non ha posto, e non ha confini e non ha Nome."
.... il Creatore (Ein Sof) deve creare uno spazio entro se stesso in cui "partorire" l'universo, autolimitando il suo "essere infinito". Quello che segue nella descrizione è , di fatto, il Big Bang descritto dalla Scienza. L'unica cosa "strana" è che quel testo è stato scritto nel XVI secolo...
A questo punto devo citare però Baruch Kosover: "Ein Sof non è il Suo vero nome ma una parola che significa il suo completo occultamento, e la nostra lingua sacra non ha una parola come queste due per significare il suo occultamento. E non è giusto dire 'Ein Sof, che sia benedetto' o 'che Egli sia benedetto', perché Egli non può essere benedetto dalle nostre labbra" (Ammud ha-Avodah, 1863,211d).
Quando si fa riferimento alla Creazione dal Nulla (ex nihilo), accettata per fede dalla tradizione giudaica e cristiana, non si deve pensare che, dal punto di vista esoterico, questo Nulla sia, secondo l'interpretazione antica, la materia prima informe dalla quale si forma l'Universo. Il concetto di Nulla, in ambito cabbalistico, è molto più sottile: se i movimenti della divinità in se stessa sono sconosciuti al pensiero umano, possiamo dire che la Creazione è uscita da uno di questi movimenti interni, a noi sconosciuti. Il Nulla sarebbe quindi non una dimensione di assenza di esistenza, ma una dimensione dove l'intelligenza umana non può arrivare.
Una credenza molto diffusa nell'ebraismo è che, prima del peccato di Adamo, anche il corpo fosse spirituale, una sorta di indumento etereo che divenne corporeo solo dopo la sua caduta. (A sostegno di questa concezione, l'affermazione in Gen. 3:21, che Dio fece "indumenti di pelle", per Adamo ed Eva dopo la cacciata dall'Eden, fu interpretata nel senso che essi in precedenza avevano portato "indumenti di luce").Se non fosse stato per il peccato di Adamo, la suprema volontà divina avrebbe continuato a operare ininterrotta in Adamo ed Eva e in tutti i loro discendenti, e l'intera creazione avrebbe funzionato in perfetta armonia, trasmettendo l'influsso divino dall'alto verso il basso e dal basso verso l'alto, così che non vi sarebbe stata alcuna separazione tra il Creatore e la Sua creazione che aderiva a Lui. Questa comunione ininterrotta, che è il fine della creazione, si spezzò al momento del peccato di Adamo, quando la sua volontà inferiore fu separata dalla volontà divina dal suo libero arbitrio. Fu allora che nacque la sua individualità, la cui origine stava nella separazione da Dio, con la concomitante proliferazione di molteplicità.
E' sulla base di questi presupposti che secondo la Kabbalah insegnata oggigiorno la vera sostanza di cui è costituito il corpo umano - gli atomi del nostro sangue, gli elettroni che danno gli impulsi al nostro cervello, gli elementi chimici che compongono i nostri tessuti e le nostre ossa - ha una fonte ben più remota dell'origine del nostro universo fisico. La miriade di desideri, bisogni, impulsi e urgenze che pervadono la nostra mente esiste da prima ancora dell'alba dei tempi. Qualunque siano i desideri che in questo preciso momento si agitano nel vostro cuore, essi in realtà sono ricordi che perdurano nella vostra anima, reminiscenze radicate nella vostra essenza.
Nella Kabbalah luriana all'inizio della storia dell'umanità compare l'esilio, nel simbolo della cacciata dal paradiso. Le scintille della Shekhinah (La "Presenza di Dio") sono disperse ovunque, in ogni sfera dell'essere metafisica e fisico. Non solo. Si è spezzata anche la "grande anima» di Adamo, in cui era concentrata l'intera sostanza psichica dell'uomo in generale, e cioè dell'umanità. L'immensa struttura cosmica del primo uomo si è ridotta alle sue dimensioni attuali.
Le scintille psichiche di Adamo, come le scintille della stessa Shekhinah, si sparpagliano in tutte le direzioni, sprofondano ed emigrano, esiliate sotto il potere delle Klippòth, dei «gusci» (rappresentano "il male").
Il mondo della natura e dell'esperienza umana è il teatro dell'esilio dell'anima. Ogni peccato ripete nuovamente, per parte sua, quel processo originario, allo stesso modo che ogni buona azione è un contributo per la liberazione dall'esilio e il ritorno in patria.
La storia biblica serve a Luria come illustrazione di questo stato di cose fondamentale. Tutto ciò che accade esprime il rispetto della misteriosa legge del tikkun ("riparazione" quale riscatto dell'umanità), o la sua trasgressione. Le tappe della storia biblica sono viste come possibilità di redenzione rinnovate e ripetutamente mancate nel momento decisivo. Il loro culmine, la partenza dei figli d'Israele dall'Egitto e la rivelazione sul monte Sinai, che Luria interpreta come un simbolo cosmico, viene privato del suo effetto dal culto idolatrico del vitello d'oro. Ma la legge, sia la legge di Noè, che impegna tutta l'umanità, sia la legge della Torah, imposta a Israele, ha questo significato decisivo, di servire da strumento del Tikkun.
L'uomo che agisce secondo la legge riporta a casa le scintille cadute della Shekhinah, ma anche della propria sfera psichica. Reintegra la propria forma spirituale nella sua interezza originaria. Questo è il piu' puro ed importante dei messaggi portati dall'ebraismo nel mondo. Compiendo un mitzvah, l'ebreo svolge il suo ruolo nel completamento dell'incompleto atto della creazione.
Torniamo a quel giorno, nell'Eden... dallo Zohar:
"Considera ciò: quando il Santo, sia Egli benedetto, creò l'uomo e lo investì di una gloria suprema, volle che l'uomo aderisse
a Lui perché fosse unico e univoco di cuore, fedele all'Uno con un legame di fede integra cui tutto si lega. In seguito
però l'uomo è deviato dalla via della fede e ha abbandonato l'albero unico e trascendente che s'erge sopra tutti gli altri,
seguendo invece il luogo mutevole, che cambia senza sosta tinta passando dal bene al male e dal male al bene e scendendo da
sopra a sotto per seguire l'incertezza del cambiamento, abbandonando ciò che è supremo e immutabile oltre ogni dire, l'Uno.
Per questo il cuore dell'uomo pencola un po' verso il bene e un po' verso
il male, richiamando su di sé a volte la clemenza e a volte il castigo, a seconda di quale impulso ha
assecondato sul momento.
Il Santo, sia Egli benedetto, disse allora all'uomo: «Tu hai abbandonato la vita e hai seguito la
morte. E così la morte ti aspetta». Così fu che per lui e per tutto il mondo venne decisa la morte.
Adamo si è macchiato della colpa, questo sì, ma qual è la colpa del mondo intero? Giacché tutte
le altre creature non sono affatto andate a mangiare di quell'albero. No, non fu così. Però, quando il
Primo Uomo si alzò in piedi, tutte le altre creature lo videro, ne ebbero paura e lo seguirono come
schiavi dietro al loro padrone. Allora egli si rivolse loro, dicendo: venite, andiamo a prostrarci al
cospetto del Signore che ci ha fatti. E tutti gli andarono dietro. E quando videro Adamo prostrarsi
davanti a quell'altro luogo, fecero lo stesso. In tal modo il Primo Uomo ha portato la morte a se
stesso e al mondo intero.
Fu così che Adamo divenne cangiante, in bilico fra il bene e il male, fra la tensione e la calma,
fra il castigo e la clemenza, fra la vita e la morte, mai e poi mai stabile, per effetto di quel luogo che
è di conseguenza chiamato la fiamma della spada guizzante in ogni direzione (Gen. 3. 24), da un
estremo all'altro, dal bene al male, dalla clemenza al castigo, dalla pace alla guerra.
Pensare che, mosso da pietà per la sua creatura, il Sovrano supremo l'aveva messo in guardia, dicendogli:
Dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare (Gen. 2. 17). Tuttavia Adamo non ascoltò
questa raccomandazione e seguì invece la sua compagna, e così fu scacciato
per sempre, giacché la donna può arrivare sin lì soltanto, e non più in alto. A causa sua la morte è
entrata nel mondo. Ma nel tempo a venire pari a quelli dell'albero saranno i giorni del mio popolo
(Is. 65. 22), vale a dire proprio di quell'albero. Di quel tempo futuro sta anche scritto: Annienterà la
morte per sempre. Tergerà quindi il Signore Iddio le lacrime su ogni volto; l'ignominia del suo popolo
toglierà da tutta la terra (Is. 25.

Ma quindi, "il Male", è solo colpa di Adamo?
Secondo una diversa spiegazione, pure presente nello Zohar, il male in generale venne in essere a causa del fatto di essere intrinseco in Dio stesso e la "Creazione" gli fornì soltanto una via di espressione. In origine, l'integrazione entro Dio dei suoi elementi contrastanti, e quindi la loro interdipendenza entro la personalità divina, mantenevano gli attributi di Dio stesso in perfetto equilibrio nel suo complesso. In questo modo il male che era intrinseco a Dio non aveva modo di esprimersi. Ma fu Dio stesso "che volle rivelare la profondità da dentro il segreto" ( "be'a legal'eh 'amiqta me-go mistarta" nel testo). Attraverso un atto di volontà Dio fece così scaturire il male dal bene . Commentando "Siate santi perché io sono santo" (Lv 11,44), lo Zohar narra appunto quanto segue: "Rabbi Yitzhak disse: «Nell'ora il cui il Santo, che sia benedetto, creò il mondo e volle rivelare la profondità da dentro il segreto e la luce da dentro la tenebra, queste cose erano frammiste l'una all'altra (kelilan da be-da). Perciò da dentro la tenebra uscì fuori la luce e da dentro il segreto uscì fuori e si manifestò il profondo: l'una cosa uscì fuori da dentro l'altra. Così da dentro il bene esce fuori il male ..."
Quindi, nel descrivere l'origine del male, lo Zohar ribadisce la primordiale unità e unicità di Dio.
Perchè lo Zohar è contraddittorio? Sinceramente al momento non mi sento di rispondere a questa domanda e lascio volentieri a chi legge il gusto della scoperta. Va detto comunque che quando tutte le spiegazioni sono state date bisogna vedere, sempre, se ne esiste un'altra. Un detto della tradizione ebraica afferma: «ogni questione controversa, presenta sempre tre lati il mio, il tuo e quello giusto».
Va detto comunque che il male, secondo lo Zohar, non può né prodursi né diffondersi con le proprie forze. È soltanto l'azione morale dell'uomo, quando è contraria al bene, che conferisce forza e vita alla massa inerte del male.
Nell'attesa del momento dello yichud, l'uomo deve adoperarsi per mettere egli stesso in contatto il mondo terrestre con quello celeste, mediante la preghiera e l'osservanza delle norme divine contenute nella Torah, la legge ebraica. L'azione dell'uomo, tendente a riparare in qualche modo al danno provocato dal peccato di Adamo e a ristabilire l'armonia nel creato, instaurando un rapporto più frequente e costante con le sephiroth, è chiamata dai cabbalisti, come già detto, tikkun, « riparazione ». La bontà, la misericordia, l'amore per il prossimo, quando vengono realizzati sulla terra dall'uomo, costringono il mondo celeste delle sephiroth a venire in benefico contatto con il mondo terreno. Il giusto, l'uomo puro nel pensiero e negli atti e costante nell'esecuzione degli insegnamenti divini, può realizzare l'esperienza mistica della contemplazione di Dio e del contatto immediato e diretto con l'Essere Supremo. Questo momento, considerato il più alto nell'etica dello Zohar, viene definito dai cabbalisti « il contatto » (debequth).
Rabbi Shim'on (Zohar): "Guai a colui che considera la Torah come un libro di semplici racconti e faccende quotidiane. Poiché se essa fosse questo, ancora oggi potremmo comporre un'altra Torah che trattasse di queste cose e fosse molto migliore ancora."
Dedico questa mia sintetica descrizione di alcune "faccende di poco conto" a quei poveri ignari che nulla sapendo giudicano coloro che si pongono domande, e nel fare questo manifestano l'umanissima esigenza di comprendere qualcosa di piu' del "nulla capire" in cui si crogiolano i "senza Dio".È nella Sephirah Yesod he sperimentiamo per la prima volta lo stato della gadlut; il momento in cui ci sbarazziamo dell'iPhone, stacchiamo gli occhi dai videogame e ci accorgiamo che ci sono altri esseri umani intorno a noi e, oltre a loro, un intero, immenso universo. Siamo in Yesod quando ci alziamo timidamente sulla punta dei piedi, quando osiamo guardare un po' più lontano del solito e proviamo ad avvicinarci alla luce, anche se per un istante. Non disperare, non è mai troppo tardi per iniziare.
«Se io non sono per me, chi è per me? E se io sono solo per me stesso, cosa sono? E se non ora, quando?»
Hillel