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Messaggi - daniele22

#1
Allora è per questo che il mio gestore gas e luce ogni tanto mi chiede i dati catastali. In verità penso che le religioni esistano poiché all'epoca in cui nacquero probabilmente serpeggiavano due legittime domande:
Cosa o chi ha generato il mondo?
Cosa sarà di me quando morirò?
Detto questo, dalle divinità Sumere a tutt'oggi tali domande restano ancora nell' aria, e, quasi incredibilmente ancor oggi tra molte persone c'è chi dice qua!... c'è chi dice là!
Le persone però, a poco a poco si accorgono che la stella polare nel frattempo si è spostata. Non segna più il Nord, ed ecco che ora lì si è resa visibile la Scienza.. nuovo astro segnante.. e così come accadde per Dio, a oggi la nuova classe sacerdotale è rappresentata invece da scienziati e chierichetti al seguito. Ma gli scienziati non sono la Scienza e di chierichetti monelli è pieno il mondo. Dio è la Scienza.
...... e noi di quaggiù, le teste dure come i paracarri di queste......etc ... non mi ricordo il resto, ma viene da sé richiamandosi semplicemente allo sbeffeggiato buon senso... altro che alveare sovrumano

#4
Attualità / Re: CRESCERE TROPPO IN FRETTA
09 Novembre 2025, 08:53:57 AM
Citazione di: Mariano il 07 Novembre 2025, 18:32:20 PMLa società odierna ci spinge a crescere troppo in fretta rispetto alla naturale evoluzione dell'uomo medio che si sviluppa con velocità estremamente più bassa.

Ritengo essenziole, ad evitare pericolose conseguenze, che si programmino opportune campagne informative prima di fornire alla società nuovi strumenti ( spesso svianti ed a volte carenti).

Ma chi potrebbe essere capace di farlo non credo che ne abbia la voglia nè la convenienza.

La conseguenza di questa mancanza è che molti ritengono presuntuosamente di possedere e controllare quanto la società ci propina senza rendersi conto di esserne diventati stupidamente schiavi riducendo sempre più la capacità di pensare. :(
Addirittura la luce elettrica hai visto?.. complimenti!
Ciao, condivido soprattutto il tuo pensiero finale.
Secondo me l'essere umano è intossicato dalla tecnologia e vi è un motivo.
La tecnologia produce infatti novità, madre di molte morti.
Questo lo sappiamo bene. Guardando il mondo della deprecata tossicodipendenza sappiamo pure cosa sia l'aspettativa, "la ricerca spasmodica".
A noi sarebbe quindi data la possibilità di scegliere se disintossicarci oppure proseguire nella nostra tossicodipendenza. Tutto sommato le due vie sono entrambe giuste, però io preferisco la prima
Un saluto
#5
Varie / Re: Una strampalata partita a scacchi
08 Novembre 2025, 13:38:24 PM
Citazione di: Morpheus il 08 Novembre 2025, 11:21:27 AM
In verità, così Sapa avrebbe mosso due volte di seguito e non potrebbe farlo... PERÒ farò finta che a farlo sia stato Daniele (in fondo è così).

Muovo alfiere da f1 a b5

https://lichess.org/editor/r2qkb1r/ppp2ppp/2n1pn2/1B1p1b2/3P1B2/2P1P3/PP1N1PPP/R2QK1NR_w_KQkq_-_0_1?color=white

Ok, niente cooperazione tra i neri e niente due mosse consecutive da parte di chi gioca col nero. ¿Un terzo giocatore può inserirsi?
Comunque muovo regina in d7
https://lichess.org/editor/r3kb1r/pppq1ppp/2n1pn2/1B1p1b2/3P1B2/2P1P3/PP1N1PPP/R2QK1NR_w_KQkq_-_0_1?color=white
Come si fa a far apparire pure l'immagine della scacchiera?
#6
Varie / Re: Una strampalata partita a scacchi
08 Novembre 2025, 10:15:20 AM
Citazione di: Morpheus il 08 Novembre 2025, 09:32:00 AMQuindi non muovi?
Se in questa strampalata partita a scacchi è possibile farlo, sì... non ho mosso, ma ho espresso un parere per una mossa. Decidi tu quindi
#8
Citazione di: Luther Blissett il 04 Novembre 2025, 19:15:19 PML'intelligenza umana risiede nel cervello, vero? E perché questa strana domanda per una cosa che dovremmo dare tutti per scontata? Riferisco ora un raccontino che potrà farvi venire dei dubbi in merito. Un raccontino che ho utilizzato anche su altri siti e in altre occasioni, e che servirà anche qui per seminare un dubbio che forse qualcuno di voi ancora non aveva avuto finora.
      ...
Ulma, cittadina della Germania meridionale, primavera dell'anno 1879.
 La cittadina è in subbuglio per il rapimento di un neonato dicono portato via da una donna. Il bimbo si chiama Albert. Il viavai a casa dei genitori Hermann e Pauline in Bahnhofstrasse è incessante. Invano si tenta di mettere insieme qualcosa di preciso su questa donna, giacché la cameriera Hilde che pare sia l'unica ad averne visto fuggevolmente lo scialle che indossava, nemmeno riesce a rammentare alcun altro dettaglio utile alle indagini, se non il minimo particolare di una spillina dai riflessi argentati che ornava lo scialle. Segnalazioni su una donna con uno scialle e un bambino piccolissimo arrivano da ogni dove. Ma purtroppo i giorni e poi le settimane e poi i mesi passano e del bambino non si sa più nulla. Dov'è Albert? Ad Ulma rimane a lungo negli anni seguenti la paura ogni volta che avviene una nuova nascita, e tutti sono divenuti più guardinghi. Dov'è Albert? Hermann e Pauline sono persone forti e capaci di assorbire la tremenda esperienza. Non si lasciano demolire dalla domanda di dove sia Albert e non smettono di vivere, non rinunciano a vivere, e decidono di abbandonare la piccola cittadina di Ulma per trasferirsi a Monaco di Baviera. E arriva il 1881, l'anno in cui mettono al mondo Maja. Passano molti altri anni. E arriva il 1895.
 Schwarzwald (Foresta Nera), autunno del 1895.
 La polizia è stata chiamata a catturare un misterioso animale che starebbe terrorizzando i contadini di una zona non distante dalla cittadina di Staufen. Corrono strane voci perfino sulla comparsa in zona di lupi mannari. Di più probabile però risulterebbe solo che in zona sono scomparse alcune galline. Kurt, poliziotto di Friburgo e cacciatore con buona conoscenza di quei luoghi, ha più fortuna degli altri suoi colleghi e infine riesce a catturare con una ingegnosa trappola il misterioso animale che era stato segnalato. Sì, si tratta proprio di lui: Albert!
 E quanto ce n'è voluto per capire che si trattava di Albert. Ferito dalla tagliola, totalmente lurido nella sua totale nudità animale, il volto contratto da un ghigno bestiale, non si sarebbe potuto mai identificarlo in Albert se non fosse stato per quella spillina argentata che era scomparsa insieme a lui e ora era stata ritrovata in quella che si presume fosse divenuta la tana dove Albert aveva trovato rifugio.
 E la spillina non apparteneva ai suoi genitori, era evidente che si trattava di quella che era stata osservata dalla cameriera Hilde sullo scialle della misteriosa rapitrice. Senza quel particolare della spillina non si sarebbe potuto associare così logicamente il piccolo Albert rapito 16 anni prima con quell'assurdo essere selvatico catturato da Kurt il poliziotto.
 Mistero totale su come avesse fatto a sopravvivere 16 anni nella foresta. Di lui si presero cura alcuni studiosi della vicina università di Friburgo. Tantissima curiosità avvolse il suo caso che divenne celeberrimo come il caso Albert Einstein, il bambino-lupo della Foresta Nera.
 Questa appena descritta è una vicenda da storia alternativa, o allostoria o ucronia.
 Interroghiamoci su dove sarebbe stata da ricercarsi la grandissima intelligenza di Albert Einstein, se una misteriosa donna con lo scialle e una spilla argentata lo avesse rapito ancora in fasce e condotto a vivere affidato alla precarietà assoluta della vita selvaggia in una natura lontana da ogni scintilla di umanità.
 Dove ricercare l'intelligenza di Einstein, dunque, davvero nel suo cervello?

  ...
Ho qui dovuto contenere al minimo il mio raccontino per evitare che straripasse a divenire un romanzo, ma è possibile che nel mio impeto all'essenziale l'abbia sfrondato di troppi rami.
 Cerco di rimediare focalizzando soprattutto un punto che può essere sfuggito.
 Torniamo per un momento ad immaginare come realmente accadute le vicende da me descritte del piccolo Albert rapito. Albert bebè riesce fortunosamente a sopravvivere nella foresta forse anche grazie al riflesso istintivo di accudimento da lui suscitato in qualche mammifero femmina che come può capitare si sarà lasciata intenerire da un cucciolo non suo e nemmeno appartenente alla sua specie (cfr. effetto Eibl-Eibesfeldt).
 Albert è nato nel 1879, viene ritrovato in margine alla foresta nel 1895, e dunque ha ormai 16 anni: è troppo tardi per recuperarlo alla condizione umana. Non sto esagerando: il suo cervello, sto parlando del cervello di Einstein, è perduto e non più utilizzabile nel senso umano del termine. Albert ha vissuto nella foresta senza contatti umani da zero a 16 anni, e ora egli non sarebbe in grado di confrontarsi nemmeno con un suo coetaneo affetto da sindrome di Down (la trisomia 21 dei cosiddetti mongoloidi) che di sicuro lo sovrasterebbe in ogni test di valutazione cognitiva. E' apparentemente ancora un essere umano da ogni punto di vista. Ed integro potrebbe essere probabilmente ancora il suo cervello. Ma dato che non è stato in contatto con alcun essere umano nella fase delicatissima della prima infanzia, non lo si può più considerare appartenente alla nostra specie! Forse, con enormi difficoltà e dopo molti e lunghi anni di riabilitazione si potrebbe ancora combinare qualcosa. La casistica dei bambini-lupo è tuttora estremamente carente e aiuta ben poco a stabilire quali possibilità residue di recupero sarebbero possibili in un caso come questo: possiamo affermare che per un essere umano che abbia raggiunto la pubertà senza mai essere stato in contatto fin dalla più tenera età con alcuna persona della specie umana è troppo tardi tentare un recupero soddisfacente.
 Da quanto detto traiamo la conclusione che per fare compiutamente un essere umano occorre il necessario concorso dei seguenti due imprescindibili ingredienti:
 disporre di un corpo appartenente alla specie Homo sapiens;
 disporre di una adeguata relazione con esseri umani: si osservi che non è indispensabile si tratti della madre, infatti potremmo adoperare il più generico termine caretaker (chi si prende cura di). E' insomma sufficiente che il bambino sia in un qualunque modo in una qualche relazione sia pur minima e difettosa con esseri umani.
 Qualora manchi ogni traccia di relazioni umane entro il lasso di tempo sensibile, non ha più modo di nascere la straordinaria capacità cognitiva tipicamente umana di intrattenere uno scambio simbolico sia verso l'esterno con altri esseri umani, sia verso se stessi nella riflessione autoconsapevole.
 Fatte queste dovute precisazioni, possiamo tornare a chiederci: dove si origina l'intelligenza, nel cervello o nella società umana?

  ...
Ecco la  mia autorisposta, che  è conseguente al ragionamento appena fatto: l'intelligenza umana si è formata nella società costituita dagli esseri umani, mentre il nostro cervello ha soltanto il compito di recepirla. L'intelligenza umana, quindi, è come un pacchetto di informazioni e programmi formatisi nella comunità umana, pacchetto che è assolutamente necessario venga correttamente trasferito al cervello del neonato. Se un qualche ostacolo interferisse in questa delicata fase impedendo il corretto trasferimento di questo pacchetto verso il cervello di un neonato, il suo cervello ne risulterebbe irreversibilmente danneggiato, al punto che il soggetto perderebbe le caratteristiche tipiche della nostra specie. La condizione umana richiede ovviamente il possesso di un cervello da Homo sapiens, ma essa è assimilabile a un pacchetto di dati e programmi da trasferire correttamente da una generazione all'altra: la condizione umana è quindi qualcosa di trasferibile. Con molte cautele, penso si possa ricorrere all'analogia che ci viene proposta dall'informatica, della società umana intesa come generatrice del "software-condizione-umana", da installare nell'"hardware" del singolo essere umano, cioè nel suo cervello.
 L'intelligenza umana si è formata nella società e non nell'individuo. Senza il software-condizione-umana correttamente installato, l'individuo tornerebbe a ritrovarsi, ed essere, un primate simile alle altre scimmiette, ma più precario ed inetto perfino di queste.

Può parlarsi di un "effetto Logos"?
Essendo agnostico non mi preoccupo molto del cielo se non per eventuali tempeste o siccità.
Sul filo del rasoio di Occam rinuncio all'idea di un'intelligenza collettiva.. assomiglia troppo a un Dio che chissà quando, dopo essersi insediato, chissà come si pronuncerà. Difendo pertanto la causa dell'individuo.. come già detto è l'individuo che dà forma al gruppo e lo fa con la cosiddetta farina del suo piccolo sacco. . robe da mezzo talento insomma.. il grande sacco dei talenti dovrebbe infatti essere già a disposizione di tutti, almeno in teoria.
Secondo me comunque ti affidi a un arbitrio assai fragile. Il bambino selvaggio adatta semplicemente la sua intelligenza a seconda dell'ambiente e da come viene istruito a vivere da chi si è occupato di lui fintanto che non era autosufficiente. Resta in ogni caso intelligente. L'intelligenza risiede quindi nel cervello, come peraltro si riscontra anche in altre specie, e va da sé che un'ape apprenda gli usi delle api così come un umano apprende quelli umani.
Se si vuole pensare quindi a pacchetti di informazioni sospesi chissà dove bisognerebbe innanzitutto rendersi conto che Il mondo ci parla, e per quel che riguarda le informazioni utilizzabili parla soprattutto ai viventi. E i viventi parlano col mondo.
Questo "parlare" si riferisce però a un semplice comportamento, a un movimento nel tempo, si riferisce cioè a un agire. Per comprendere questa semplice idea, la nostra lingua umana dovrebbe essere vista come un comportamento che è sottoinsieme di altro comportamento che infine è il comportamento del corpo-mente. Seguendo questa linea l'analisi su questi pacchetti di informazioni andrebbe pertanto condotta lasciando da parte i contenuti che la nostra lingua umana veicola (teorie, religioni e chiacchiere socializzanti).
Visto così, il comportamento assume la sua più scheletrica veste mettendo solamente in evidenza che si tratta di un comportarsi in ragione del divenire.. l'essere vivente è cioè interessato al tempo futuro, e questo a prescindere dal fatto che lo sappia oppure no.
Il mondo ci parla dicevo. Anche le pietre ci parlano quindi, ci raccontano la loro solidità e il loro permanere quasi fisso nel tempo. Il muoversi del mondo cioè, che ognuno di noi agendo frantuma contribuendo al muoversi della molteplicità delle cose, tale muoversi di tutte queste cose appunto genera ineluttabilmente potenziali messaggi informativi fruibili da un osservatore. La grande pietra ci fa ombra, l'acqua ci disseta, nell'acqua ci si bagna, la tigre può mangiarci.. etc. .
Concludendo, il vivente, nel suo muoversi, più che a qualcosa di semplicemente istruito dall'alto sarebbe invece assimilabile a un'antenna ricetrasmittente con le proprie particolari sintonie di ricezione e trasmissione. Poi c'è l'essere umano che invece è un po' particolare. Sempre di antenna ricetrasmittente si tratta, ma sedotta dal fuoco che gli ha impresso il suo marchio (logos) in ragione del fatto che lo scimmione che ci precedette lo abbia eletto a divinità... una conseguenza di questa devozione sarebbero le tonnellate di energia spese in ragione delle umane paturnie
Un saluto
#9
Resta il fatto che a motivo del nostro opporci l'un l'altro sulla comprensione di qualcosa si generano pure aspre guerre (tanto nel forum quanto nel donbass)... io sarei di natura anche abbastanza fatalista, ma se noi non comprendiamo il funzionamento di quello che usiamo significa che rinunciamo di fatto a quella che è senz'altro una prerogativa umana, ovvero quella della critica consapevole anche del proprio passato.
L'impressione comunque è quella che stiamo perseverando nel fregarsene di comprendere pur affermando di comprendere.. certo che gli umani sono strambi
#10
Citazione di: green demetr il 05 Novembre 2025, 04:58:17 AMGuarda al bar Mario vorrei non andare più, continuo a credere nei miraggi, ma direi che siamo alla fine del grande sonno.
Io non predico la dittatura dello stato. Il contrario.
Come te, se deve esserci dittatura, c'è solo quella dell'individuo che si impegna nella ricerca morale e spirituale, che poi sono la stessa cosa.
Ma a parte queste sciocchezze, di cui per la situazione corrente è ormai impossibile parlare, hai fatto un clamoroso OT.
Ma la smettiamo di essere distratti? Grazie.
Conoscendo i tuoi scritti non capisco ancora se sei solo una tastiera o una persona onesta. Tenendo in piedi la seconda ipotesi, dato che ho fatto un solo intervento per cercare di dare un'idea di come si possa configurare la spiritualità di un ateo (agnostico) e dato che ho fatto un secondo intervento per rispondere a te, non vedo come io possa essere andato O.T.
Ma queste sono solo sciocchezze.
Allora, visto che dici che la pensi come me (governo dell'individuo - ovvero, sono gli individui a formare il gruppo e non il contrario), e visto che spesso ti appelli a Platone (e pure agli ebrei) ti chiedo... ¿il mondo delle idee, dove lo collochi? Perché se pensi che si trovi fuori della nostra testa non puoi certo essere d'accordo con me... a meno che.. a meno che tu non sia una volgare tastiera, cioè la prima delle due ipotesi di cui sopra
Saluti
#11
Citazione di: fabriba il 04 Novembre 2025, 12:37:31 PMLa domanda è semplice: qual'è lo scopo/uso/vantaggio/beneficio di enfatizzare la separazione tra realtà e narrazione fino a renderla un tratto dominante della cultura pop del nostro tempo?

Mi spiego:
Dire che il teorema X è dimostrato è stato a lungo considerato come un attestato di descrizione de "LA Realtà".
Più recentemente, ci siamo accorti che questo è vero finché non ne scopriamo i limiti:
  • La fisica classica ci insegna: velocità uguale spazio fratto tempo > è dimostrato > è LA Realtà
  • cominciamo a giocare con l'elettricità > la velocità degli elettroni è vicina a quella della luce > la formula non descrive più la realtà accuratamente > la sostituiamo > non era LA Realtà, era solo una approssimazione

Dal punto di vista pratico però, quella formula, nella vita di tutti i giorni, è LA Realtà, nel senso che posso stimare che Milano-Roma impiegherà circa 3 ore su un treno che va a 200km/h e filosofeggiare su questa cosa è divertente, ma non cambia la realtà verificabile con la quale mi scontrerò se salgo su quel treno.

A cosa serve che Tutti abbiano Ben Presente che tutto è relativo, quindi, e farne un tema centrale del mondo?

Ci ho badato ed un tratto che ho visto in molti post gira intorno a questa domanda: "e ora che sappiamo che LA Realtà non esiste*, come la mettiamo con X?", dove X può essere la fede, la scienza, o temi più quotidiani.
* o non è conoscibile

Se la realtà non esiste, e noi siamo fatti della stessa materia (che non esiste), va bene esserne consapevoli. Va Bene.

Ma trovo pericoloso trasformare la consapevolezza in sforzo per togliere o ridurre dignità al gesto della descrizione delLA Realtà che -pur non esistendo- ci è omogenea, omologa, e quindi rende ininfluente l'inesistenza del treno o del tempo ai fini del mio Milano/Roma.

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Nota: ho cercato di tirare corto, ma non è un j'accuse a questo forum, è -piuttosto- usare questo forum come un esempio che tutti conosciamo del resto del mondo. Avrei potuto usare la proliferazione della parola "multiverso", ma non tutti hanno familiarità con la filmografia contemporanea e sarebbe stato un modo sciocco di mancare il bersaglio.
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Distruggetemi pure, lo so che me la sono cercata!
Ciao. Penso che la realtà esista e penso di esservi calato dentro al punto di sapere che sia poco opportuno che mi faccia tagliare un braccio per perdere un po' di peso. Cosa stranota suppongo.
Per rispondere alla tua domanda c'è una sola via percorribile oltre a quella enunciata da Phil ed è quella di chiedersi, dato che le descrizioni sono relative (cosa stranota), per quale motivo si enfatizzi, ovvero quale sia lo scopo/uso/vantaggio/beneficio di enfatizzare tale ovvietà. Se vuoi dare tu una risposta sarei curioso di saperla.
Ah! a proposito di scopi, volevo rispondere a miss "interessante", ma visto quello che ho letto..
Un saluto
#12
Citazione di: green demetr il 04 Novembre 2025, 05:46:59 AMMa Daniele, quello che dici credo si possa accostare a quello che dicevo io sopra.
Anche per me il desiderio di un Dio, non è altro che l'andare rabdomante dell'io sono, di noi.
Naturalmente, come direbbe il mio maestro, anche tu sei una persona ferita, e accetti supinamente l'"essere peccatore".
Se l'andare rabdomante non coincide con un pensiero morale, quando questo oggetto sarà una persona (e non vedo come non possa esserlo) allora si creeranno i cortocircuiti di cui sopra parlavo (e di cui la filosofia si occupa, o meglio si occupava).
Serve una nuova propulsione dell'educazione.
E nell'epoca dominata dai privati e non piu dagli stati, le cose, che già andavano malissimo, andranno anche peggio.
Bisogna tornare ad una morale naturale (greca non cristiana, che ne è l'esatto opposto e oblio, di quella cristiana salvo solo la persona, e già non è banale nella nostra infausta epoca).



Ciao Green.. non ti ho visto da Mario comunque stavolta ti rispondo. Se sei munito di una legge morale del tipo "non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te" puoi tranquillamente abbandonarti alle tue balzane idee sulla realtà e assecondare, a bisogno, un comportamento adeguato a queste. Se non sei munito di questa legge entrano in scena i cortocircuiti di cui parli (che non ho letto.. concedimelo). Nella situazione attuale comunque, gravati dall'inerzia di norme e costumi, non è che ci si abbandoni così spesso alle nostre balzane idee sulla realtà mettendole in pratica. Si tratterebbe infine solo di avere un punto di fuga che ci tiene vivi.
La differenza tra me e te, Green, poggia sul fatto che tu (strana-mente date certe tue invettive contro il potere) predichi la dittatura dello stato per il bene di tutti e io invece la dittatura dell'individuo per il bene di tutti: l'individuo regola il gruppo.
Abbiamo anche un esempio recente e mal riuscito di quello che si avvicina alla mia idea. Beppe Grillo o Casaleggio (non so) avevano intuito questa necessità, ma non disponendo di una buona base filosofica (o perseguendo altri fini) crollarono, e a mio giudizio crollarono subito quando acconsentirono a dare vita a un governo di coalizione. Se avessero avuto una buona base filosofica avrebbero dovuto impuntarsi per nuove elezioni
Saluti
#13
La spiritualità di un ateo sembra quasi un ossimoro ai giorni nostri. Per viverla egli dovrebbe cioè abbracciare le sue fantasie sulla realtà senza pretendere da queste validazioni scientifiche, o conferme da altri.
Ad esempio, una volta ero indeciso se fermarmi a dormire in albergo o continuare a procedere fino a meta. Mi sorpassò un furgone con una scritta sul retro "Avanti!". Lo interpretai come un segno e procedetti. Ci si può anche abbandonare a capire come sarà la giornata da come ti alzi dal letto e oretta successiva. Oppure a quanti attimi di presente si perdano perché si ha già un obiettivo inderogabile in testa. Nessuno ti vieta di pensare che un gatto nero porti sfiga.. etc.
Insomma, la ritualità dovrebbe coincidere con la pratica.. almeno in teoria, poi si sa, siamo tutti peccatori
#14
Tematiche Filosofiche / Re: Il filosofo che non sono.
02 Novembre 2025, 09:41:35 AM
Cit:
"Alcuni studiosi come Havelock hanno detto: a un certo punto in Grecia emerge la figura di un nuovo sapiente capace di rompere con un rapporto di immedesimazione rispetto a quello che fa, a quello che vive, un nuovo soggetto che inizia a domandarsi la definizione di ciò che prima faceva e basta." (Koba portava l'esempio del passaggio da santo a santità).
Torno su questo pensiero per chiarire quanto detto nell'ultimo post e quindi per rimarcare il primato dell'azione sull'oggetto nella nostra mente. Santo e santità: l'esempio riportato parte da "santo" che è già un'astrazione (generalizzazione) di un tipo di persona. Chi è il santo? È colui che compie determinate azioni. Allo stesso modo la persona che qualche volta modella il ferro può diventare il fabbro. L'azione è sempre protagonista. In entrambi i passaggi (linguistici) spicca l'accorgersi di un nuovo abito che era già in uso senza ulteriori distinzioni. Questo passaggio sarebbe "notato" appunto da sé stessi o da altri.
Accorgersi di qualcosa dunque, notare, distinguere; primo mattone della conoscenza.
L'eventuale emergere del segno linguistico (il significante) che lo lega a un senso o significato condivisibile deriva così dal distinguere un'azione particolare da uno sfondo che già la contiene senza che qualcuno del gruppo fino ad allora l'abbia mai notata, distinta (eccezione fatta per la novità che può invadere lo sfondo - tipo un extraterrestre). Un'azione distinta dunque; nel caso del fabbro l'azione distinta aveva come soggetto agente una persona che a volte lavorava il ferro, nel caso di una mela l'azione distinta potrebbe ad esempio trovare la sua fonte desumendola dall'azione dell'albero (quando si scopre che la mela, a differenza dell'albero che fa altre cose, si può mangiare). Ma pure dal fatto che per la prima volta si è notato qualcuno che mangiava una mela (un oggetto che si mangia vs oggetto che non si mangia)..etc.
Un eventuale segno linguistico legato a un suo significato non verrebbe quindi trasmesso per accordi o convenzioni, bensì perché coloro che lo odono o lo vedono.. etc posseggono i mezzi cognitivi per associare istantaneamente quel significante (segno linguistico) all'azione che compie l'oggetto cui si riferisce (si vedano ad esempio le scimmie). Va da sé che il potenziale campo d'azione di un oggetto (in questo caso: mela cibo, mela proiettile, mela fermacarte) possa produrre che inizialmente qualcuno prenda fischi per fiaschi, ma col tempo costui dovrebbe adeguarsi alla nozione più comunemente accettata (fermo restando che sono buone pure le altre, benché meno usuali).
Ritornando quindi alla citazione di cui all'inizio, io mi sarei accorto da un po' di tempo che un inaudito sapiente, ancor prima che in Grecia emergesse la figura di un nuovo sapiente, un inaudito sapiente appunto sarebbe apparso da quel dimenticato mondo che precedette gli antichi greci. Forse se ne accorse lui stesso, ma più che altro qualcuno dovette accorgersi che nel gruppo c'era qualcuno che "parlava" (azione specifica). Non lanciava semplici messaggi come altri, era invece qualcuno che li maneggiava agglomerandoli in storie o progetti. Perché pure il progettista è protagonista, anzi, sarebbe quello che farebbe sì che poi si raccontino le storie (nota a margine: forse è per questo che imprenditori e ricercatori hanno la tendenza a sentirsi gli eroi del mondo - poveretti quelli che lo pensano). In entrambi i casi (l'aedo e il progettista), sempre di azione utile si tratta, una legata alla tradizione e l'altra all'innovazione.
Concludendo, la macchina, prodotto della tecnica, stimola sì il pensiero, ma un qualsiasi linguaggio naturale, frutto del pensiero non è mera tecnica, nasce da qualcosa di più profondo, ed è per questo motivo che il senso o il significato degli eventi verrebbe appreso d'istinto, accettato e non concordato. La scrittura invece sarebbe sicuramente tecnica e la sua potenza sta sul fatto che scripta manent verba volant... e su ciò che è scritto si può direzionare, concentrare il nostro pensare. Oppure bisognerebbe considerare che tutto il nostro essere è tecnica.. nulla di grave in ogni caso. Comunque, si può dire oggi e lo si dice già da un bel po' di anni, che l'uso del messaggio linguistico per convincere, per dirottare attenzioni o manipolare dialoghi, sia sicuramente una tecnica..... un modo di amministrare il tempo di cui molti sono maestri (non proprio in senso altruistico)
#15
Varie / Re: Una strampalata partita a scacchi
31 Ottobre 2025, 18:59:08 PM
Citazione di: Morpheus il 26 Ottobre 2025, 13:48:58 PMAllora io rispondo con pedone da e2 a e3. Vediamo adesso cosa succederà ;)

Cosa vorresti che succedesse?  Si tratta di un esperimento?
Muoviamo il cavallo in f6