Omar Wisyam
Magri piaceri
Nell'introduzione al "Sarto di Ulm" l'ultima e definitiva parola sul comunismo viene affidata ad Augusto Del Noce, un giudice non del tutto imparziale, il quale aveva dichiarato che i comunisti avevano contemporaneamente vinto e perso. Perso perché non avevano raggiunto il loro obiettivo di rovesciare il sistema e "vinto" perché erano stati un decisivo fattore di accelerazione nel divenire del capitalismo. Perché proprio Magri abbia scritto una storia del PCI sembra leggermente strano se si pensa al lungo strascico polemico dopo la radiazione. Tuttavia va ricordato che nel 1984 Magri e altri esponenti del PDUP rientrarono nel PCI. Salvo poi nel 1991 gli stessi opporsi al suicidio del partito promosso da Occhetto e confluire in Rifondazione Comunista. La questione che ho sollevato all'inizio, dei pericoli della nostalgia, è invece tutta personale. Perché questi due libri dovrebbero riguardarmi? Perché proprio le vicende incrociate del Manifesto e del PCI? Perché erano il partito e il giornale con i quali ci confrontavamo (o perlomeno mi confrontavo). (Non amichevolmente). Lo specchio fosco e offuscato che mi rifletteva. E sulla superficie dello specchio si è sovrapposta alle altre la mia ombra.
La nostalgia non mi abbandona. Cerco altri due libri. Uno è un numero di Micromega del 2017 "Almanacco di democrazia" che contiene un'intervista a Rossana Rossanda dal titolo "Nel corso di una vita" e l'altro è "La ragazza del secolo scorso" ancora di R.R.
In entrambi i volumi primeggia questo giudizio esemplare: "il mio scacco come persona politica è totale soltanto da una ventina di anni". Fatti i conti, visto che la frase risale al 2005, arriviamo a metà degli anni '80, che coincidono con il "ritorno a casa" nel PCI di Magri e altri. Il fatto singolare è che sia l'intervistatore Marco D'Eramo che l'intervistata non ne fanno cenno. Ma invece parlano di Lenin e di Mao.
Rossanda si presta a qualche ritratto dei personaggi frequentati o ammirati. Un Pajetta disperato e brontolone, un Togliatti aperto e curioso, Amendola, Berlinguer, Magri (che lei accompagnò al suicidio assistito in Svizzera nel 2011), Moretti delle Brigate Rosse, perfino Ratzinger e Bergoglio.
Nella "Ragazza" la narrazione trapassa dall'autobiografia alla cronaca degli eventi mondiali e nazionali e di quelli del PCUS o del PCI e si intravedono numerosi politici e intellettuali vari. Per dirne uno: lei racconta dell'incontro a Stresa con Adorno, "vivace come un folletto, curioso di tutto e pronto a conversare". Sennonché alla conversazione diretta da lui ostinatamente su Bartok è presente, ma nascosto, un giovane e timido Lucio Magri, appostato dietro una siepe di oleandro. Alcune pagine dopo lei riferisce di una passeggiata per le grigie strade di Berlino Est quando le si offre alla vista un "acquietante" giardino che si rivela il cimitero delle Dorotee, dove sbatte sulla lapide di Hegel e a poca distanza in quella di Schelling ed infine in quella di Brecht, che quattro anni prima lei aveva portato in giro per Milano in occasione dell'allestimento dell'Opera da tre soldi di Strehler. Le è simpatico perfino Althusser, "un aitante sportivo in tweed, che mangiava di gusto, un eccellente cuoco", "la sola voce del PCF che mi interessava". Ma più in là il giudizio cambia in peggio. Racconta inoltre il famoso episodio in cui, stanca delle continue lamentele di Pajetta, incontrato mentre da solo cercava una trattoria il giorno di Natale, apre la finestra invitandolo a smetterla oppure a gettarsi di sotto. Un bellissimo giardino dove sfracellarsi - sembra che aggiungesse perfidamente la Rossanda. E tra gli altri innumerevoli fatterelli accenna a un biglietto in cui Gramsci, in forma appena più educata, definisce Togliatti un verme. Insomma c'è un po' di tutto. C'è pure un anziano Lukacs, "vecchio moscovita" come si auto-definisce, che scuote la testa verso il suo "Storia e coscienza di classe", "amato" dalla lettrice italiana. E Fidel Castro che ammette: "Hay problemas, hay contradicciones".
Ci sono la facoltà di Sociologia di Trento con i suoi studenti e Parigi nel maggio con i suoi studenti.
Verso la fine del libro, lei chiede a un Natta ormai molto malato, - perché ci avete cacciato? E lui – perché dividevate il partito. "E sarebbe andata peggio di come è finita?".
Il libro si conclude con la radiazione dal partito e l'insorgenza operaia del 1969. Le assemblee operaie avrebbero potuto portare a un modo di produzione che superasse il capitalismo dice Rossana Rossanda. Ma il PCI non comprese il momento oppure ebbe paura della reazione. Propendo facilmente per il timore, d'altronde qualche segnale doveva averlo ricevuto e il 1969 è l'anno della bomba di Piazza Fontana.