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Messaggi - jeangene

#1
Citazione di: atomista non pentito il 06 Ottobre 2022, 11:37:55 AML'uomo senza la societa' ..... prima(te) probabilmente non avrebbe potuto esistere , l'uomo nuovo (a)sociale dopo aver conosciuto e vissuto la societa' , in realta' puo' benissimo esistere ed essere anche felice. Il know how accumulato permetterebbe ( ai meno ovviamente) di sopravvivere tranquillamente . Io sarei probabilmente uno di questi , vuoi per adattabilita' ,  vuoi  per vissuto ( si noti bene : non scambiatemi per un survivor).
L'unica cosa che mi roderebbe ... l'impraticabilita' della visione di " EUROSPORT "non certamente la mancanza del casino della tv del vicino.

A me piace pensare alla società come un genitore amorevole che cresce i propri figli fino all'età adulta, alla maturità, consegnando loro gli strumenti necessari per la ricerca della loro felicità (qualunque cosa sia).
I figli però dovrebbero essere riconoscenti, non dovrebbero abbandonare il genitore al suo destino, dovrebbero dedicare parte del loro tempo e delle loro energie al suo sostentamento in modo che altri figli possano crescere e possano tentare di trovare la felicità.

Una visione un po' romantica, lo ammetto. :D
#2
Citazione di: anthonyi il 06 Ottobre 2022, 09:40:40 AML'uomo é un essere sociale, e lo é sia quando lavora, sia nel tempo libero. L'attività economica non é l'unico elemento di socialità, ma quello che é importante é che la socialità é un fondamento e non é in contrapposizione con l'individuo. Anche quando l'individuo compie scelte economiche che sembrano individualistic he in realtà é sempre mediato da strutture sociali di senso che danno grande importanza all'immagine espressa dall'individuo nel sociale.

Non ho dubbi che l'individuo senza società sarebbe una nullità. Non saprebbe parlare, scrivere, allevare bestiame, coltivare piante... La relazione individui-società è estremamente complessa, ne sono convinto.
Non voglio dire che società ed indivudi siano in contrapposizione, voglio dire che un particolare aspetto della loro relazione (il lavoro) è problematico: si tratta di un equilibrio delicato che non può non tener conto del benessere dei singoli; e (a mio avviso) oggi non ne tiene conto abbastanza.
#3
Citazione di: Ipazia il 06 Ottobre 2022, 09:25:59 AMEssendo chiaro che l'uomo, come individuo, non potrebbe esistere senza l'attuale società (sarebbe null'altro che un primate assai scarso destinato ad una rapida estinzione) si pone la questione di che cosa ha edificato la società umana attuale e la risposta è una sola: la cooperazione, ovvero il lavoro. Perfino le passioni, il pensiero, la comunicazione, dell'uomo-individuo sono pensabili e realizzabili solo all'interno dei costrutti sociali, materiali e culturali. Analogamente alle formiche.

Le formiche però hanno un vantaggio sulle società umane: sono implacabili coi parassiti. Abbiamo ancora molto da imparare dalle formiche.

Scusa Ipazia, stavo integrando la mia risposta mentre tu probabilmente stavi rispondendo.

Il punto fondamentale (che distingue l'uomo dalle formiche) è il seguente:

Per l'uomo, questo suo essere sia società sia individuo è un equilibrio delicato. Il tempo e le energie da dedicare ai due ruoli devono essere proporzionati, regolati, in modo da preservare l'equilibrio, il benessere dell'individuo.
#4
Citazione di: Ipazia il 05 Ottobre 2022, 21:20:14 PMLa società edificata da chi ? Che cos'è l'uomo (come individuo) ?

E' chiaro che la società non può esistere senza individui, come l'uomo (come individuo) di oggi non potrebbe esistere senza società.
L'individuo quando lavora è società perchè contribuisce al mantenimento e al prosperare della stessa; quando si dedica a sè, al suo tempo libero, alle sue passioni (anche servendosi dei beni e dei servizi che la società mette a disposizione) è individuo.
Ma, per l'uomo, questo suo essere sia società sia individuo è un equilibrio delicato. Il tempo e le energie da dedicare ai due ruoli devono essere proporzionati, regolati, in modo da preservare l'equilibrio, il benessere dell'individuo.
#5
Citazione di: anthonyi il 05 Ottobre 2022, 12:22:38 PMquesto non vuol dire che non c'é bisogno di beni, ma solo che non c'é bisogno di quei beni che puoi produrre in quel posto di lavoro

Certo, appena abbiamo soddisfatto la richiesta di un bene ne inventiamo subito un altro da produrre e vendere perchè il meccanismo non si deve fermare.

Citazione di: anthonyi il 05 Ottobre 2022, 12:22:38 PMPoi lo sappiamo che la società é ingiusta, ma le leggi ereditarie non hanno nulla a che vedere con i meccanismi di mercato.

Ma qui non si sta parlando solo di mercato. Si sta parlando della società in generale e del lavoro in particolare. Le leggi ereditarie svolgono un ruolo di primaria importanza nella nostra società, e la loro azione si fa sentire anche nel mondo del lavoro.
#6
Citazione di: Ipazia il 05 Ottobre 2022, 11:24:50 AMSia chiaro, anche nella condizione servile di sottomissione ad una padrone, nelle diverse forme da esso assunto nella storia universale, il lavoro svolge, nella sua forma necessaria, non parassitaria, il nobile compito di conservazione e riproduzione degli umani. Funzione che, al netto del verme citato, può essere fonte di grande appagamento e soddisfazione.

Ma l'uomo non è una formica che "vive" per far prosperare il formicaio, l'uomo (come individuo) è ben altra cosa.
La formica serve il formicaio. La società dovrebbe servire l'uomo, l'individuo; e non il contrario.
#7
Citazione di: InVerno il 05 Ottobre 2022, 09:51:28 AMIl tuo tipo di risposta comunque, che non so fino a che punto ma intende chiedere allo stato di sopravvenire per colmare il vuoto, è il più probabile

Auspico l'intervento dello stato democratico, dello stato la cui visione d'insieme (che dovrebbe guardare al bene dell'uomo) dovrebbe essere la sintesi delle visioni degli individui. Un intervento quindi che non viene imposto dall'alto, ma che trova la sua origine nella mente dei singoli. Sono innanzitutto i singoli a "dover volere" questo intervento. E' chiaro che l'istruzione (libera ma seria), in tutto questo, gioca un ruolo fondamentale.
#8
Citazione di: InVerno il 05 Ottobre 2022, 08:35:52 AMCome si risolve? Individualmente, come ad ognuno pare, sempre che ne avverta il bisogno anzichè mandare giù la pillolina, ma socialmente? Oh questa è una brutta prospettiva, molto brutta, quanto inevitabile.

Infatti è un argomento che difficilmente trova spazio per essere discusso, purtroppo.
#9
Citazione di: anthonyi il 04 Ottobre 2022, 19:22:52 PMLa cosa bella di un mondo libero e che uno sceglie, magari tu troverai un lavoro part time a mezzo stipendio così avrai  tuo tempo libero ed eviterai di comprare cose inutili

Magari lavorando per una azienza privata fino a quando non mi licenziano perchè "c'è poco lavoro". E' paradossale: in generale, nella nostra società, se c'è poco lavoro è un problema. Ma se c'è poco lavoro significa che c'è una buona disponibilità di tutto ciò di cui abbiamo bisogno, quindi: qual'è il problema?
Ma la nostra società non solo è paradossale, è anche ingiusta: il diritto di successione, l'ereditare (ad esempio) promuove la diseguaglianza. A mio parere come le colpe dei padri non dovrebbero ricadare sui figli, nemmeno i meriti dei padri dovrebbero ricadere su di essi.
A mio avviso questo paradosso e questa ingiustizia potrebbero essere superati affidando la gestione della forza lavoro allo stato democratico.
#10
Citazione di: anthonyi il 04 Ottobre 2022, 15:24:43 PMMa il processo che si sviluppa dal basso é sia quello di mercato, quando viene garantita libera concorrenza, sia quello democratico.
Io sono d'accordo sul "partito della ragione", solo che questo partito poi si trova di fronte a realta articolate e capillari per le quali la soluzione offerta dal libero mercato é proprio quella più ragionevole. Io non sono dogmatico, laddove una scelta pubblica si rivela preferibile
Io mi associo ad essa. L'esperienza e l'analisi teorica ci dice però che questo accade molto raramente.

Forse il mercato in sè non è il "male", anch'esso è in qualche modo democratico. Il "male" si manifesta quando le aziende private, avide di profitto, impegnano gran parte della forza lavoro nel soddisfare le richieste del mercato.
Sono convinto che non è possibile uno stato di vero benessere senza una adeguata dose di tempo libero, e sono altrettanto convinto che molto di quello che produciamo è futile e potrebbe tranquillamente non essere prodotto.
Una forza lavoro in mano allo stato democratico potrebbe continuare a soddisfare le richieste del mercato (se non tutte, almeno quelle più rilevanti) senza però costringere i lavoratori ad impegnare praticamente tutto il loro tempo nella produzione (siamo seri: la maggior parte di noi esce di casa ben prima delle 8 e rincasa dopo le 18. Spesa, cena, pulizie, incombenze varie, ed è ora di andare a nanna).
#11
Citazione di: anthonyi il 04 Ottobre 2022, 14:21:20 PMIl mercato é assai meno volubile di quello che pensi, il valore delle cose é assai spesso associato alla loro utilità sociale.

Ciao Anthonyi,
il mercato è in continua evoluzione, impegnato nella perenne ricerca di nuovi prodotti/servizi da offire. L'utilità di questi prodotti va valutata in relazione allo scopo che servono. Per quale scopo sono utili i prodotti che offre il mercato? Per realizzare il bene dell'uomo?
Certo, il mercato offre anche cibo, farmaci e altri prodotti che soddisfano reali necessità, ma per quanto riguarda gli altri prodotti? A che scopo sono utili?

Citazione di: anthonyi il 04 Ottobre 2022, 14:21:20 PMNon credere alle sirene delle logiche di piano, di un'unica visione razionale che guidi la forza lavoro, perché questo comporta la coercizione degli individui, e più che benessere genera oppressione, ingiustizia e sofferenza.

Infatti non penso ad un'unica visione razionale imposta dall'alto. Penso ad un'unica visione d'insieme che è il risultato (adeguabile al sempre mutevole significato di "bene dell'uomo") di un processo che si sviluppa dal basso: la ragione prospera nella mente degli uomini attraverso l'insegnamento e si incarna nelle istituzioni attraverso il voto. Insomma penso a uno stato democratico dove il "partito della ragione" riesce finalmente a rappresentare la maggioranza.
#12
Mi chiedo: com'è possibile lavorare, investire gran parte del proprio tempo e delle proprie energie in un'attività, se non è chiaro il contesto in cui questa attività si inserisce? Com'è possibile impegnarsi con convinzione in qualcosa se non è chiaro il fine ultimo che questo impegno contribuisce a realizzare?
Da sempre auspico che il mio lavoro contribuisca in qualche modo al benessere di tutti. A cosa dovrebbe servire altrimenti? A soddisfare l'avidità? Ad appagare la brama di potere o di successo?

Quindi, mi chiedo: il mio contributo è utile al bene comune? In quali attività sarebbe meglio investire le mie energie in modo da trarne il maggior beneficio possibile per tutti?
Non credo sia possibile trovare una risposta soddisfacente per queste domande, non nel nostro contesto perlomeno: ad oggi la forza lavoro non è guidata da un unico sapiente ragionare che abbia come fine il benessere, la felicità dell'uomo. Oggi la forza lavoro risponde a più autorità: stato e mercato, ad esempio. Quest'ultimo in particolare è ben lungi dall'essere un sapiente ragionare: spesso le richieste del mercato sono piuttosto il risultato di forze cieche che da ultimo si rifanno ai desideri (volubili ed influenzabili) degli individui e alla avidità dei produttori, più che a reali necessità. Non penso quindi sia possibile trovare una risposta ai miei interrogativi in un simile contesto.
Serve un nuovo contesto. Serve un contesto dove la forza lavoro venga guidata da un'unica visione d'insieme, da un unico pensiero razionale che - ripeto - abbia come fine il bene dell'uomo. Un pensiero che però non deve essere chiuso, dogmatico, immutabile; ma aperto, rettificabile, adeguabile (come rettificabile e adeguabile è l'insieme di norme dello stato democratico). Occorre un pensiero che si adegui al sempre mutevole significato di "bene dell'uomo".

Penso che oltre a dare un nuovo e profondo significato al lavoro, una forza lavoro sotto la guida di un'unica visione d'insieme sarebbe efficace ed efficiente e garantirebbe a tutti più tempo libero, ingrediente fondamentale per uno stato di vero benessere.

In conclusione, la domanda è: perchè non dovrebbe essere possibile una società dove il benessere, la felicità, la realizzazione di tutti gli individui siano lo scopo primario, e dove tutti i singoli lavorano per realizzarlo?

Grazie per l'attenzione.
#13
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 15:34:52 PM
L'espressione "sensazioni coscienti" la trovo ambigua ed equivoca. A livello di sensazioni non si può ancora parlare di una coscienza, il soggetto di fronte alla sensazione è ancora passivo, riceve lo stimolo sensitivo così come è nel suo darsi all' "urto" con il corpo senziente. La coscienza, il tendere intenzionale del soggetto rivolto a dare un senso agli oggetti del mondo, comincia con la percezione, nella quale il materiale della sensazione viene lavorato, interpretato dandogli una forma concettuale. Un senso, appunto.

Percepire è RI-conoscere, mentre per ricevere stimoli sensitivi non ho alcun bisogno di memoria, dunque non ha senso parlare di coscienza e autocoscienza.

Ecco saltare la sinonimia (relativa a questo contesto) tra "sentire", "esperire" e "coscienza".
Mi sembra che davintro intenda l' essere coscienti di qualcosa come un processo molto più complesso del semplice sentirlo.

Citazione di: maral il 16 Maggio 2016, 16:36:20 PM
Questo è evidente nel fatto che nell'istante del riconoscimento dell'oggetto, il suo significato ci appare del tutto immediato e solo dopo, riflettendoci sopra in modo mediato, possiamo, e solo in determinate circostanze, intendere questo significato come acquisito, come qualcosa che si è formato in noi stessi. E' possibile fermarsi solo alla fenomenologia di ciò che ci appare? Certo, è accaduto per migliaia di anni ed è ciò che, se non interponiamo la riflessione, ci appare del tutto evidente anche nel presente

Cosa intendi con "fenomenologia di ciò che appare" ? Intendi forse l' "immagine sensoriale" ?
Solitamente non ho nemmeno il tempo di accorgermi di stare percependo qualcosa che subito questo qualcosa viene sommerso da una marea di significati.
#14
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza)  

Quindi, semplificando (in questo contesto), possiamo considerare "sentire" sinonimo di "esperire" e di "coscienza".

Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.
#15
Perdonate l'intrusione...
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene