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Messaggi - bluemax

#1
Citazione di: Il_Dubbio il 06 Giugno 2025, 09:47:19 AMti sto chiamando negro perchè la parola mi piace e non la reputo offensiva

tutto giusto. Il problema invece è qui.
Ti sto chiamando NEGRO non perchè mi piace, ma perchè e' nel mio vocabolario (negroide) e TU devi rispettarlo. Non sono io che devo adeguare la mia lingua a te.

Da considerare che a nessuno dei miei amici negri da fastidio questa parola, a differenza invece da alcuni conoscenti (malati) di una certa parte politica.

Come vedi se un fenomeno ha EFFETTO su chiunque è un fenomeno REALE altrimenti è percepito. Ed a me delle percezioni personali degli altri frega poco. E' affar loro non mio. Come dicevo sono responsabile di quel che dico non di quel che percepisci. 
#2
Citazione di: Il_Dubbio il 04 Giugno 2025, 22:12:12 PMLa tua intenzione di non offendere è pari a quella di chi invece si sente offeso.

Non puoi dimostrare che non volevi offendere.

Il fatto che tu chieda scusa può dimostrare solo la tua buona intenzione.
Anche perchè se volevi offendere, non ha senso che tu chieda scusa.

Quindi chiedi scusa proprio per dimostrare la tua buona intenzione.

Quando chiedi scusa perchè hai intenzionalmente voluto offendere, in realtà quelle non sono proprio delle scuse, sono la dimostrazione della tua colpa. Lo fai per delle ragioni, che vanno comunque spiegate. Ma è proprio un'altra storia.


Non hai ancora risposto sul fatto di COME puo' una parola avere intrinsecamente l'offesa dentro di se visto che secondo te il TERMINE NEGRO ha il potere di offendere. 
stando alla tua TESI qualsiasi parola contiene tale potere visto che qualcuno puo' anche offendersi di fronte ad un complimento. 
#3
Citazione di: Il_Dubbio il 31 Maggio 2025, 14:45:49 PMquindi nulla, se hai usato un termine/concetto offensivo, anche con finalità amichevoli e dall'altra parte ti fanno capire che non l'hanno apprezzato, ebbene dovresti chiedere scusa. Se non lo fai ti metti sullo stesso piano di chi quei termini li usa per offendere.

Anche perchè vedi ci sono due piani. Il tuo soggettivo che reputa il termine non offensivo. Poi c'è chi lo riceve. Anche lui ha il suo piano soggettivo. Siete alla pari. Se lui ti fa capire che l'hai offeso, tu istantaneamente dovresti chiedere scusa! Tu  l'hai utilizzato, e non ti è concesso farlo passare senza autorizzazione.

Se vuoi rispondere con una scusa, non avevo capito, va bene...altrimenti divento rosso paunazzo io.
Non devo chiedere scusa a nessuno se non ho intenzione di offendere. Come dicevo se la percezione dell'ascoltatore è offuscata da problemi personali irrisolti il problema è solo suo. ripeto che una parola non ha il potere di offendere (devi dimostrarmi il contrario se vuoi confermare la tua tesi) ma solo l'ascoltatore ha la facoltà di renderla tale. Sono RESPONSABILE di quel che dico NON di quel che percepisci tu.

La cosa mi ricorda molto una diatriba accesa in azienda (sono RSU) dove una donna (notare la minuscola) si era fissata col fatto che si dovessero togliere i crocefissi dalle stanze perchè potevano offendere la sensibilità di qualcuno. 
Da buddista qual sono, insieme ad altri le è stato fatto NOTARE che il problema NON era il crocefisso, ma LEI con le sue manie.

In questo caso non ha avuto alcun esito la sua (ridicola) richiesta. I Crocefissi sono rimasti al loro posto (Anche per volere della maggioranza). I CROCEFISSI non sono il problema. Sono oggetti. Il problema era DIETRO i suoi occhi.
#4
Citazione di: Il_Dubbio il 28 Maggio 2025, 21:16:19 PMLa politica corretta è una sola. Tu puoi utilizzare un termine "scorretto" con intenzioni amichevoli.
Ma se dall'altra parte ti viene detto che il tuo termine è offensivo, oppure vedi che il protagonista di quel "apprezzamento" sta diventando rosso paunazzo, devi immediatamente chiedere scusa, senza se e senza ma.


Quindi, se dall'altra parte ti viene detto che bianca neve di carnagione bianca è offensivo, o lo spettatore di tale film sta diventando rosso paonazzo, DEVI immediatamente chiedere scusa, senza se e senza ma, come rinunciare a VOCABOLI in uso da tempo.... beh... scusami ma la dice lunga...  :D :D :D
#5
Non prendi in considerazione una cosa fondamentale. 
Una parola, un vocabolo, un suono... NON HA intrinsecamente il potere di offendere nessuno. 
E' una parola, un vocabolo, un suono. Niente di piu'.

E' chi ascolta a dare un valore a quel che percepisce.

L'offesa puo' esistere solo nell'offeso. Sei tu a DECIDERE se offenderti o meno di fronte ad un fenomeno e non il fenomeno che decide per TE.

(A meno che tu non abbia un problema mentale che ti impedisca di poter scegliere se offenderti o meno).

La parola NEGRO è una parola. PUNTO. 

Pensa che ci son persone che si sentono OFFESE anche di fronte ad un apprezzamento non richiesto. E questa la dice tutta sui problemi mentali in essere oggi.
#6
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 16 Dicembre 2024, 20:04:47 PMCara Esistenza, caro Universo, caro Dio... chiunque tu sia e comunque ti chiami....  da qualche tempo ho come l'impressione che tu voglia dirmi qualcosa, ma non capisco che cosa. Io credo di aver fatto il primo passo che consiste nell'aver riconosciuto di non essere solamente un corpo, bensì anche mente, anima e spirito. Ora credo che tocchi a te spiegarti meglio: non capisco la tua lingua e vorrei tanto comprenderla per poter realizzare la missione che mi hai affidato. Che senso ha, infatti, che tu parli una lingua che non conosco, a dispetto della mia volontà di conoscerla? Ecco, quindi... chiunque tu sia, cerca di essere "a prova di tonto" come si direbbe in informatica! Ok? Attendo tue informazioni più precise per poter contribuire a realizzare quello che credo essere innanzitutto il tuo disegno, oltre che quello della mia anima, ovviamente. Grazie.

Cosa ne pensate?
Penso che in realtà tu ti rivolga a te stesso. Non capisci la TUA lingua illudendoti (fa comodo) che vi sia qualcuno con cui dialogare, un qualcuno a cui dare colpe od onori, qualcuno di diverso da te.

Per quanto mi riguarda... è un parlarsi allo specchio. Lo specchio parla e risponde se lo specchiato parla e risponde.  

saluti
#7
Tematiche Spirituali / Re: Le incarnazioni dell'Anima
19 Dicembre 2024, 15:26:17 PM
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 03 Dicembre 2024, 16:08:32 PMBuongiorno a tutti. Se non ho sbagliato a capire la nostra anima si incarna un numero imprecisato di volte per apprendere, per perfezionarsi, per migliorarsi. Mi sorgono spontanee queste domande: a cosa ambisce la nostra Anima? Cosa vuole o deve diventare alla fine delle reincarnazioni? Perché mai la nostra Anima, per perfezionarsi, avrebbe bisogno di incarnarsi in un corpo costretto a vivere in un mondo in cui tutta la natura è  una lotta per la sopravvivenza? A partire dagli esseri più piccoli alle balene, la morte di alcuni è la vita di altri. Secondo voi perché? Scusate se le mie domande vi sembrano alquanto strane. Considerato che ci sono scienziati che vogliono sapere se vi sia vita o possibilità di vita su pianeti per raggiungere i quali non è sufficiente un secolo... credo di essere in buona compagnia.
Interessante la tua domanda.
Beh... per quanto mi riguarda è interessante anche il concetto che esprimi di "anima". Infatti parli di nostra anima. La domanda successiva è "nostra di chi ?"

Beh... a parte questo ti dico la mia. Non esiste alcuna anima. L'anima è un "concetto" inventato dal nostro EGO (Che rifiuta categoricamente di immaginare la sua fine) come soluzione alla sua scomparsa.
L'EGO (ossia la sensazione di essere qualcuno) nasce intorno all'anno di età, scompare temporaneamente durante il sonno e definitivamente con la morte.
l'EGO è essenziale come punto di riferimento del cervello per compiere determinate azioni o prendere "decisioni". (notare le virgolette in quanto NOI non prendiamo alcuna decisione in realtà).
Intorno all'anno di età il cervello, dopo aver creato le proprie mappe mentali, ha un problema. Quando sperimenta dei colori muoversi non sa è il mondo esterno a muoversi o la propria testa. Ecco che interviene quell'insieme di sensazioni corporee a creare un EGO (sensazione di esistere) per stabilire questo.

La rinascita di cui si parla nel buddismo ad esempio non ha niente a che fare con la reincarnazione. Come quando una foglia cade dall'albero NON è quella che rinasce al suo posto, cosi' quando un corpo continua il suo karma (Causa effetto) dove si tramuta in terra, acqua, piante ecc... ecc.. cosi' anche la MENTE (che non è anima, non è cervello, ma è un qualcosa di estremamente differente) continua il suo KARMA (ogni stato mentale, genera uno stato mentale successivo che sarà causa di quello successivo ancora e cosi' all'infinito).

Dato che OGNI effetto DEVE PER FORZA DI COSE avere una causa ecco che non puo' esistere UN PRIMO STATO MENTALE non generato da cause come UN ULTIMO STATO mentale che non produrrà effetti ecc.. ecc...

La mente per esperire necessita della materia, quando si distacca dalla materia, i ricordi svaniscono perché sono amminoacidi (materia). Quel che sopravvive (in pochissime parole) ono gli effetti carmici che NULLA HANNO A CHE FARE CON LA REINCARNAZIONE o soluzioni simili volute dall'ego.

Ovviamente tutto detto in pochissimissimissime parole. Ci sono decine di volumi che spiegano cosa intende il buddismo per rinascita. E PERCHE' L'ANIMA NON ESISTE E NON PUO' ESISTERE.

Saluti e felice trapasso ;)
#8
Tematiche Spirituali / Desiderare o Non desiderare
29 Maggio 2024, 17:48:22 PM
Secondo la dottrina buddista: 
1) non c'è niente da desiderare oltre noi stessi, poiché ci basta il nostro essere per essere felici;
2) i desideri andrebbero soltanto osservati con consapevolezza totale - l'osservazione incenerisce il seme del desiderio;
3) i desideri, essendo proiezioni del futuro (tra l'altro basate su immagini del passato) distraggono dal presente e dalla realtà;
4) quando si è nella rete del desiderio, si dimentica che tutte le cose sono transitorie, dunque meglio non caderci;
5) anche la conquista dell'oggetto del desiderio conduce a frustrazione dopo un certo periodo a causa dell'aspettativa disattesa

Tuttavia la vita è fatta di azioni, di cui siamo noi stessi responsabili (se siamo consapevoli) e su cui abbiamo di volta in volta un potere decisionale che, seppur estremamente limitato, esiste (es. scegliere di mangiare un gelato anziché una pizza)

Dunque mi chiedo: se all'interno del mio "Io" (notare le virgolette visto che quell'IO è complesso da spiegare ed è illusione), c'è un desiderio, una spinta interiore, una direzione verso il "fare qualcosa"...

A) Dovrò assecondarlo per vivere secondo natura, anche per evitare di crearmi dei contrasti interiori

B) Dovrò superarlo, ossia "lasciarlo andare", per vivere in accordo con la realtà, dal momento che ogni desiderio legato al mondo materiale è comunque effimero e non dà la soddisfazione sperata.
In questo caso si decide dunque di andare oltre il desiderio ed di accettare di mettersi ad operare con ciò che il destino ci assegna, qualsiasi cosa sia, qualsiasi cosa "ci passi sotto mano", senza pensare che ci siano o ci sarebbero state soluzioni migliori o peggiori.

La spinta interiore di cui parlo io è un desiderio disinteressato, slegato da fini di possesso e attaccamento (della serie "vada come vada") e fondamentalmente addirittura orientato all'altruismo; nel particolare, è il desiderio di vivere in un determinato posto X, a qualsiasi condizione, perché sento dentro di me, da sempre, che in quel posto X posso dare il meglio di me stesso e dunque posso fare il meglio per gli altri.
E' una spinta interiore che si fa sentire ogni volta decido di intraprendere qualcosa in un posto diverso da questo desiderato; è una voce interna che mi dice continuamente "sai benissimo che non è qui che puoi fare del tuo meglio, ma è lì....Va' lì, non stare qui!"

Dov'è la soluzione a tutto ciò?
#9
Tematiche Spirituali / Re: La morte del corpo fisico
23 Aprile 2024, 09:29:26 AM
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 22 Aprile 2024, 16:48:16 PMIo sono convinto di essere un'anima e di avere un corpo. Perché? Forse perché essere un corpo con tutti i problemi che mi porto appresso da quasi una vita, sarebbe per me assai brutto se mi considerassi un corpo. Lascio questa convinzione agli atleti, chi può correre, saltare e arrampicarsi sugli alberi, indipendentemente dall'età. A me esse sono state precluse da sempre.
Ti posso dire cosa, PERSONALMENTE, intendo quando si parla di "morte" e "cosa" muore:

Il tutto si basa sulla comprensione della natura della mente. Se osserviamo la mente, essa presenta chiaramente due aspetti: c'è qualcuno che sperimenta e qualcosa che viene sperimentato, un oceano e molte onde, uno specchio e le immagini in esso riflesse. Così abbiamo sia la consapevolezza che l'oggetto della consapevolezza stessa: la mente è entrambe le cose. Un esame del soggetto che vede attraverso i nostri occhi e che ascolta attraverso le nostre orecchie, ci mostra come tale soggetto, l'osservatore, abbia la medesima natura dello spazio. Proprio come lo spazio, esso non ha colore, peso, odore, dimensione e forma: in definitiva la mente non è una cosa. Allo stesso tempo, però, possiede la chiarezza che permette di capire e comprendere.

Questa chiarezza è senza tempo e senza limiti.

Un'essenza aperta, chiara, senza limiti, deve per forza essere al di là della nascita e della morte; se non è mai stata creata, non potrà mai smettere di esistere. Sebbene la mente pervada ogni cosa e sia indistruttibile, molto raramente una persona sperimenta la propria natura in questo modo.
Coloro che non praticano la meditazione, principalmente ne hanno esperienza nei momenti di grandissima gioia, come quando fanno l'amore, o durante il salto nel vuoto che caratterizza il bungee jumping o prima che il paracadute si apra durante un lancio.
Per il resto del tempo la gente è persa nelle mutevoli esperienze della vita; essa è fatta di sentimenti e pensieri che sorgono dall'interno e da avvenimenti che accadono nel mondo esterno. Naturalmente sia i pensieri che i sentimenti e gli avvenimenti esterni, cambiano in continuazione. Quindi, tutti sperimentano queste condizioni e credono perciò all'esistenza di un "sé", di una "persona", di un "ego", di un "atman" o a qualcosa d'altro che la loro mente abituale percepisce come reale; ma, se ricercano con attenzione, scoprono che questo soggetto non può essere trovato.

Non c'è nulla nel corpo, nei pensieri e nelle sensazioni che resti immutato. Solo la "chiara luce" della consapevolezza è impermanente. Ed essa è la medesima in me, in te, in qualsiasi altra persona, in ogni essere senziente. Nonostante tale evidenza , finché non si raggiunge l'illuminazione, la gente sperimenta le immagini nello specchio e non il suo potere riflettente. Le persone si perdono così nelle proprie esperienze con una scarsa consapevolezza di sé in quanto sperimentatori.

La comprensione del fatto che ogni cosa condizionata sia transitoria, comunque, non implica che essa non abbia un valore relativo. Una legge di causalità crea il mondo interiore ed esteriore e, sebbene nulla rimanga mai identico a sé stesso, c'è una continuità. Nessuna condizione mentale o fisica rimane immutata: un essere umano è dapprima un bambino, poi diventa un uomo. Ma, se non ci fosse stato il bambino, non ci sarebbe potuto essere l'uomo. Un evento condiziona il successivo e così, quando il corpo muore, i sensi di base, l'oggetto di identificazione di questo flusso di esperienze, viene perduto.

Sebbene la morte possa apparire in forme diverse, in realtà essa accade sempre ed esattamente nello stesso modo. In primo luogo, la coscienza si ritrae dai sensi di percezione nel canale centrale di energia, un asse che attraversa il corpo e che presenta polarizzazioni alle estremità. Mentre la consapevolezza diminuisce, si perde il controllo delle parti solide e liquide del corpo, il suo calore e respiro. Quindi, gradualmente, le energie dalla sommità e dall'estremo inferiore del canale di energia si spostano contemporaneamente verso il centro del cuore, mentre la mente vive delle forti esperienze di chiarezza e di gioia. Dopo aver esalato l'ultimo respiro vi è un periodo, che può variare dai venti ai trenta minuti, in cui si sperimenta una totale oscurità, prima che una luce molto chiara appaia nel centro del cuore. A questo punto si presenta un'occasione unica: se avete meditato a lungo, se avete staccato il vostro biglietto di buddhisti, se siete stati completamente onesti con voi stessi, c'è la possibilità di riconoscere e trattenere questa luce raggiungendo di fatto l'illuminazione. In questo stato non c'è separazione tra lo spazio e la consapevolezza interiore ed esteriore. Tutte le limitazioni personali svaniscono ed è possibile rinascere in innumerevoli universi, con molti sorprendenti poteri per aiutare gli altri.

Nella maggior parte dei casi, però, gli esseri cadono in uno stato di incoscienza a causa della intensità troppo forte di questa luce. Questo stato dura circa tre giorni al termine dei quali c'è una sorta di risveglio. Ora il soggetto non è consapevole, né vuole esserlo, di essere morto; per circa una settimana la mente resta in contatto con il mondo che ha sperimentato nella sua vita più recente. Torna nei posti che ha frequentato, dalle persone che ha conosciuto, le quali, logicamente, non possono né vederlo né sentirlo. In questo stato il soggetto è molto confuso a causa della perdita del corpo, cosa che gli permette di ritrovarsi in qualsiasi posto egli pensi.

Dieci giorni dopo la morte, dopo una settimana in questa situazione, riconosce infine di essere morto. Questa consapevolezza è come uno shock, che provoca una sorta di svenimento. Quando la mente si riprende da questo secondo stato di incoscienza, il mondo abituale è svanito, e prende vita il subconscio personale. Le impressioni immagazzinate appaiono e, entro non più di cinque settimane e mezza, esse maturano in consistenti strutture psicologiche che esprimono le più forti tendenze mentali sviluppate durante l'ultima vita.

Siano orgoglio o gelosia, attaccamento o rabbia, avidità o confusione, esse condizionano la mente e allo stesso tempo la inducono a sperimentarsi di conseguenza e la conducono nei luoghi e dagli esseri che corrispondono ai propri contenuti. Così le buone azioni generano rinascite piacevoli in posti favorevoli, mentre le azioni nocive generano rinascite in condizioni di sofferenza, come nella maggior parte del mondo attuale.

E' sempre stato così. La mente (inconsapevole dello stato di pace che costituisce la sua vera natura) si muove incessantemente dopo la morte fino a che non trova uno spiraglio adatto ; allora si sveglia ad una nuova vita e ricomincia a progettare come sua abitudine da un tempo senza inizio. Essa produce sia i vari stati mentali che gli esseri che li sperimentano e rimarrà attaccata a questo libero gioco finché non riconoscerà se stessa come chiara luce non nata. Quando la consapevolezza è sperimentata, con o senza oggetto, l'obbiettivo ultimo e senza tempo è stato raggiunto.
#10
Tematiche Spirituali / Re: La morte del corpo fisico
22 Aprile 2024, 14:00:31 PM
Citazione di: Aspirante Filosofo58 il 22 Aprile 2024, 11:53:21 AMVoi cosa pensate della morte fisica?
Accade... e per fortuna aggiungo. Il karma decide come e quando.
Per quanto riguarda l'anima non posso aiutarti. Bisognerebbe far chiarezza, molta chiarezza, su cosa intendi per ANIMA. Non a caso hai parlato dei "TUO" corpo la "TUA" anima...

(tuo di chi se non sei anima o corpo ? )

#11
Tematiche Spirituali / Re: vacuita
17 Aprile 2024, 14:57:24 PM
Citazione di: Phil il 17 Aprile 2024, 14:26:44 PMUna volta tolti ignoranza, attaccamento e avversione ciò che rimane spontaneamente (non per dovere), è un'azione innocua, che non nuoce.
Vero... non ci avevo pensato... grazie
#12
Tematiche Spirituali / vacuita
17 Aprile 2024, 11:38:41 AM
Uno degli argomenti più complessi e difficili della filosofia buddhista, soprattutto per noi occidentali, è quello sulla vacuità (sans. Śūnyatā, tib. stong-pan-yid).
La confusione su questo argomento è davvero tanta e ho sentito interpretazioni davvero fantasiose e prive di qualsiasi fondamento sia logico che scientifico.

Storicamente l'insegnamento della vacuità è difficilmente collocabile all'interno della filosofia buddhista. Sappiamo che intorno al I secolo A.C. (quindi mezzo millennio dopo Buddha Śākyamuni) comparvero dei testi (Discorsi sulla Perfezione della Saggezza), che esponevano l'insegnamento della vacuità.

I testi sostengono che tutti i fenomeni sono "vuoti", ossia "mancanti".
Vuoti di che cosa però?

I testi parlano di "mancanza/vacuità" di Svabhāva. Questo termine è estremamente difficile da tradurre (letteralmente significa "propria esistenza" o "proprio divenire"), ma il termine che io trovo più corretto è quello di "esistenza intrinseca".

Cosa vuol dire esistenza intrinseca? Un qualcosa che esiste intrinsecamente, è un qualcosa che esiste in maniera totalmente indipendente e autonoma, un qualcosa la cui esistenza non dipenda da niente, se non da sé stesso.

Essere quindi "vuoti di esistenza intrinseca", significa quindi essere mancanti di esistenza autonoma e indipendente. Se tutti i fenomeni sono quindi vuoti di esistenza intrinseca, significa che tutti i fenomeni, per esistere, devono dipendere da qualcosa.

L'insegnamento della vacuità ci insegna che tutti i fenomeni dipendono da tre fattori.
Tutti i fenomeni (compresa la persona) dipendono quindi da questi tre fattori: da cause e condizioni, dalle proprie parti, da una designazione nominale.

- Cause e condizioni: L'esistenza di un tavolo dipende da un albero, dal falegname, dal sole, dalla pioggia, dal cibo di cui si nutre il falegname e così via fino ad arrivare all'intero UNIVERSO. Un complesso intreccio di cause e condizioni fa sì che il tavolo si manifesti. Il tavolo dunque DIPENDE (è il risultato) di cause e condizioni.

- Dalle proprie parti: Il tavolo dipende da asse e gambe, che a loro volta dipendono dagli atomi che le compongono, che a loro volta dipendono dalle molecole e così via. Ogni fenomeno è "composto" di parti e dipende da esse. Il tavolo non è l'asse e le gambe, ma senza di esse non esiste nessun tavolo! Il tavolo quindi DIPENDE dalle proprie parti.

- Da una designazione nominale: Questa è la dipendenza più difficile da comprendere. Un "tavolo" è tale soltanto in dipendenza di una mente che lo designa e lo identifica come "tavolo". Senza una mente che lo designa e lo definisce tale, il tavolo non è altro che un insieme di forme e colori in costante trasformazione, senza nessuna distinzione da tutto ciò che lo circonda. Questo non significa che il fenomeno non esiste ed è solo il prodotto della nostra mente, ma che senza la nostra mente tale fenomeno non sarebbe "tavolo". Ciò che fa sì che il "tavolo" sia tale e non altro, è il nostro definirlo "tavolo"... senza una mente che lo definisce "tavolo", esso non sarebbe tale!

Ecco quindi che i fenomeni sono "vuoti di esistenza intrinseca", perché dipendono da questi tre fattori.
Questo complesso e sofisticato sistema metafisico non è tuttavia un semplice esercizio intellettuale di sofistica... è invece l'insegnamento definitivo che conduce alla liberazione dalle sofferenze.
Perché?

Nel buddhismo, si dice che l'origine della sofferenza consista nell'aggrapparsi all'esistenza intrinseca dei fenomeni (questo aggrapparsi a tale concezione è definito "ignoranza"). Quando infatti consideriamo un fenomeno come esistente intrinsecamente, ci aggrappiamo a questa concezione e sviluppiamo attaccamento o avversione verso quel fenomeno.
Quando consideriamo un "nemico" esistente intrinsecamente e non come il prodotto di cause e condizioni, proprie parti e designazione nominale, sviluppiamo profonda avversione verso di lui. Quando invece consideriamo la sua vacuità e iniziamo a capire che il "nemico" è tale per cause e condizioni, per le proprie parti e per la nostra mente che lo definisce "nemico", allora l'avversione perde gran parte del suo potere: non esiste realmente un "nemico", ma una condizione che si è venuta a strutturare sulla base di questi fattori. In altre condizioni infatti, questo "nemico" potrebbe smettere di essere tale e diventare "amico".

Allo stesso modo, quando noi consideriamo un "amico" come esistente intrinsecamente, sviluppiamo un forte attaccamento verso di lui. Se invece lo considerassimo come il prodotto di cause e condizioni, delle proprie parti e della nostra mente che lo definisce come "amico", allora parte dell'attaccamento perderebbe il proprio potere. Non esiste realmente un "amico", ma una condizione che si è venuta a strutturare sulla base di questi fattori. In altre condizioni infatti, questo "amico" potrebbe smettere di essere tale e diventare "nemico".

Eliminando l'ignoranza (primo veleno mentale) attraverso la comprensione corretta della vacuità, eliminiamo l'attaccamento (secondo veleno mentale) e l'avversione (terzo veleno mentale).


Da qui la domanda.
Non capisco, se si parla di vacuità dei fenomeni della mente, della coscienza ecc... ecc... e in ultima istanza, quindi, di un sè, perchè mai uno dovrebbe avere compassione ?
Ad un livello più alto, odio e compassione sono anch'essi dualità, pertanto non dovrebbero/potrebbero rappresentare la via ultima.
#13
Citazione di: green demetr il 20 Marzo 2024, 16:02:40 PMMa è proprio quello il senso che volevo comunicare: che sono tecniche temporanee.
Questa un'altra inesattezza.
Qualità comprese (diverso da capite) diventano parte di te. Non puoi tornare indietro.
Vedi il mondo in modo diverso da prima (anche perchè ogni istante, per ogni fenomeno, fisico o mentale, la mente per sua natura associa istantaneamente a tale fenomeno caratteristiche che esso non ha, ma che possiede la mente in quel momento)

Vedi un altro mondo. Non fai fatica a capire che gli oggetti possono solo darti la comodità (non sempre visto che spesso ne diventi schiavo e devi servirli) ma non la felicità. Capisci che la natura della felicità è immateriale, l'oggetto invece materiale. Ed una cosa MATERIALE non puo' dare qualcosa di IMMATERIALE come la felicità.

Capisci che se scomponi l'oggetto (Ad esempio una ferrari) puoi trovarci lamiera, ferro, gomma, sostanze chimiche ecc... ecc... ma NON la felicità. Quella che provi è semplicemente l' IDEA della felicità che un oggetto puo' darti (non a caso passi di oggetto in oggetto cercando qualcosa che non troverai mai).

Una volta raggiunto questo primo (misero) livello, credimi... non riesci nemmeno a volerlo a tornare indietro. Vedi la realtà in modo differente.

saluti.
#14
Citazione di: green demetr il 20 Marzo 2024, 13:06:34 PMSi ma lo fa da un punto di vista anestetico, come una qualsiasi droga può fare.
Io parlo naturalmente del dolore dell'impossibilità della fratellanza (se non tramite un terzo, detto appunto Dio).
Ma il punto non è tanto il detto presunto Dio (che non esiste) quanto il fatto della sapienza che si fa carne, che si fa storia del dolore, diventa socialismo.
Il Buddismo è la religione perfetta per questi tempi, non a caso in occidente dilaga.
E' meglio di una droga, questo si (vedi Philadelphia città zombie di drogati).
Comunque la droga è arrivata anche in occidente in quantità industriali.
Vedi il golpe in Equador.
Quello che voglio dire è che la differenza tra occidente e oriente è proprio la riflessione sulla storia.
Non avremmo sennò l'idea di progresso.
Ci sono alcune inesattezze nella tua affermazione.
1) Si ma lo fa da un punto di vista anestetico, come una qualsiasi droga può fare.

Assolutamente no. Stai paragonando lo studio del buddismo riguardo a dukkha (sofferenza che meglio sarebbe tradotta come insoddisfazione) come una sorta di accettazione di tale sofferenza.
Le 4 nobili verità indicano un "percorso" logico, pragmatico, efficace sul come estirpare la sofferenza.
La 1° nobile verità (la verità della sofferenza) si concentra sul "capire" cosa si intende per sofferenza, l'analizza in ogni sua forma, ne osserva la sua struttura, la sua composizione, i suoi effetti (sofferenza fisica, sofferenza del cambiamento, sofferenza omnipervasiva ecc... ecc... ) fino a comprendere (diverso da capire) di cosa stiamo parlando.

La 2° Nobile verità (origine della sofferenza) ne indica le cause che la generano (ignoranza, attaccamento, creazione di un se' ecc... ecc... )

La 3° Nobile verità (cessazione della sofferenza) indica che è possibile raggiungere uno stato di liberazione dalla sofferenza, attraverso la pratica del Nobile Ottuplice Sentiero

La 4° Nobile verità indica il sentiero che conduce alla fine della sofferenza.

Come vedi non si tratta di un pagliativo, una droga, una illulsione, ma un percorso concreto sul come arrivare alla liberazione della sofferenza.



2. il Buddismo è la religione perfetta per questi tempi

Assolutamente no. Anzi. In questi tempi dove si fa fatica a "leggere", "riflettere", "studiare", esiste IL PROBLEMA. Il problema è che il 90% degli approcci iniziali che si hanno col buddhismo, in Europa, riguardano deformazioni nichilistiche e materialistiche del buddhismo, che mettono in un pastone unico buddhismo, filosofie di Schopenhauer e Nietzsche, new age e sinistra progressista americanoide. Non a caso coloro che si avvicinano a questa dottrina spesso sono animalisti complessati, figli dei fiori mancati, o bussati forte nel cervello da ideologie spesso di sinistra. Quindi, una volta bombardati da questo cocktail di cazzate (cocktail in vari sensi, dunque) mi pare normale che la gente abbia un'idea del buddhismo come una dottrina pensata da Marx e Nietzche secondo cui non esiste niente, non bisogna fare niente e la meditazione porta a scomporsi nel niente.
Prima o poi comunque, passata l'assuefazione alla novità o soddisfatto il proprio ego nel  poter dire ad altri "sono buddista" o "sto avvicinandomi a questa filosofia"  si inizia a rendersi conto che si tratta di cazzate, in genere, e a quel punto o si passa a fonti più serie, o si lascia.

Generalmente si lascia perchè il peso da sopportare è  notevole. Meglio tornare a fare l'animalista che ama tutti i cani e gatti (solo se suoi ovviamente e solo se animali simpatici. Gli insetti no) o tornare a sbandierare bandierine color arcobaleno  perchè... "sono il bene in quanto difendo i diritti dei gay e bla bla bla".
Per chi invece non lascia, ed affronta il cammino le cazzate di cui sopra svaniscono, ed inizia una dura riflessione su tutto il mondo che lo circonda.  Non credo che noi occidentali siamo portati per questa seconda ipotesi.

#15
Citazione di: iano il 20 Marzo 2024, 01:34:10 AMQuesta analogia andrebbe aggiornata, visto che oggi sappiamo la luce non essere immateriale.
Un altra analogia parimenti impropria che si usa spesso è quella che differenzia software ed hardware, dove una vera differenza non c'è, e se vuoi ne parliamo.
A questo punto mi chiedo se vi siano analogie ''giuste'' che diano un idea di ciò che il buddismo vuole dire, e ti chiedo quindi, se l'analogia non la troviamo, non c'è altro modo di esprimere il concetto buddista?

Certo, parliamone.
Per mia conoscenza il software è un "processo" e come la mente puo' esser definita come un "processo". L'hardware invece è DOVE tale processo "funziona" cosi' come il cervello è DOVE il processo "mente" funziona.

allego qualche link che forse possono aiutare.