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Messaggi - salvatore

#1
Cerco di invitare a una esegesi del suo pensiero, Il pensiero come  caratteristica umana.
#2
Il cogito viene inteso da Cartesio come "res", nel prisma del cogito ergo sum"; si tratta di una cosa che pensa, che dubita,, immagina , percepisce Vi è una diversificazione fra pensiero e materia.e non si tratta di qualcosa di materiale, ma di eterno e immortale. Corpo e materia sono differenti dal pensiero. Può pensarsi a una candela di cera, le cui caratteristiche mutano quando essa è vicina alla fiamma "Forse era quello che penso ora: che la cera stessa cioè non fosse questa dolcezza del miele, né quella fragranza dei fiori, né il colore bianco, né la figura, né il suono, ma un corpo che poco fa mi appariva evidente in quei modi, ed ora in forme diverse. Cosa è dunque precisamente questo che immagino così? Consideriamo attentamente e, eliminato tutto ciò che non riguarda la cera, vediamo quel che rimane: certo null'altro che qualcosa di esteso, flessibile, mutevole." (Cartesio, Meditazioni metafisiche)."Prendiamo per esempio questo pezzo di cera appena tolto dall'alveare: non ha ancora perso la dolcezza del miele che conteneva, conserva ancora qualcosa dell'odore dei fiori da cui deriva; il suo colore, la sua forma, la sua grandezza sono ben visibili; è duro, freddo, possiamo toccarlo, e se lo colpiamo produrrà un suono. Insomma, tutte le cose che ci possono far distintamente conoscere un corpo possiamo in esso riscontrarle. Ma ecco che, mentre parlo, lo avvicino al fuoco: ciò che restava del suo sapore svanisce, l'odore si disperde, il suo colore cambia, la sua forma anche, la sua grandezza aumenta, diventa liquido, si scalda, tanto da poterlo appena toccare e, per quanto lo si batta, non renderà più nessun suono. È ancora la stessa cera dopo questo cambiamento? Bisogna ammettere di sì e nessuno lo può negare. Che cosa conoscevo, dunque, distintamente in questo pezzo di cera? Sicuramente nulla di quanto avevo notato per mezzo dei sensi, dato che tutte le cose che cadevano sotto il gusto, o l'odorato, o la vista, o il tatto o l'udito, sono ora cambiate, eppure la cera è rimasta la stessa. Forse era ciò che penso ora, cioè che la cera non era né questa dolcezza di miele, ne questo gradevole odore di fiori, né questa bianchezza, né questa forma, né questo suono, ma soltanto un corpo che poco fa mi appariva sotto tutte queste forme, e che ora si presenta sotto altre forme. Ma che cosa immagino effettivamente quando la concepisco in questo modo? Consideriamola attentamente ed allontaniamo tutte le cose che appartengono alla cera; vediamo cosa resta. Non rimane altro che qualcosa di esteso, di malleabile e di mutevole. Ora, cosa sono questi caratteri: malleabile e mutevole? Intendo, forse, che questa cera, essendo rotonda, può diventare quadrata e passare, quindi, dal quadrato ad una figura triangolare? Non è certo questo, dato che la concepisco capace di ricevere un'infinità di simili mutamenti, e non saprei nemmeno percorrere quest'infinità con la mia immaginazione, pertanto questo concetto che ho della cera non può esaurirsi con la facoltà di immaginare. Che cos'è, allora, questa estensione? Non è anch'essa sconosciuta, dato che nella cera che fonde aumenta, ed aumenta ancora quando è interamente fusa e sempre di più man mano che il calore aumenta? E non comprenderei chiaramente e secondo verità che cos'è la cera, se non pensassi che è in grado di ricevere più varietà riguardo all'estensione di quanto potessi mai immaginare. Devo dunque riconoscere che non sono in grado di concepire, attraverso l'immaginazione, che cos'è questa cera, e che solo il mio intelletto lo può fare; e mi riferisco a questo pezzo di cera in particolare, perché per la cera in generale la cosa è ancora più evidente. Ebbene, qual è quella cera che non può essere concepita che per mezzo dell'intelletto e dello spirito? È sicuramente la stessa che vedo, che tocco, che immagino, la stessa che conoscevo fin dall'inizio. Ma il fatto rilevante è che la sua percezione, o meglio l'azione attraverso la quale si coglie, non è un dato visivo, né tattile, né un'immaginazione, ma soltanto un'ispezione dello spirito, la quale può essere imperfetta e confusa, com'era all'inizio, oppure chiara e distinta com'è ora, a seconda che la mia attenzione si diriga di più o di meno verso le cose che sono in essa e di cui è composta. (Meditazione II)"
Dio e le cose sono sostanza, ma secondo una gradazione diversa, per non elevare le cose alla dignità di Dio e per non degradare le cose. Benché ogni attributo sia sufficiente per fare conoscere la sostanza, ve n'ha tuttavia uno in ognuna, che costituisce la sua natura e la sua essenza, e dal quale tutti gli altri dipendono. Cioè l'estensione in lunghezza, larghezza e profondità, costituisce la natura della sostanza corporea; e il pensiero costituisce la natura della sostanza pensante. (PF,1,53). L'estensione è la determinazione della sostanza che è il "mondo", ossia un ente mondano che differisce dal "cogito", dalla res cogitans, come esteriore e totalmente distinto da essa.Tutto ciò che si può attribuire al corpo presuppone estensione, e non è che un modo di quello che è esteso; egualmente, tutte le proprietà che troviamo nella cosa che pensa, non sono che modi differenti di pensare. Così non sapremmo concepire, per esempio, nessuna figura se non in una cosa estesa, né movimento che in uno spazio che sia esteso; così l'immaginazione, il sentimento e la volontà dipendono in tal modo da una cosa che pensa, che non possiamo concepirli senza di essa. Ma al contrario noi possiamo concepire l'estensione senza figura o senza movimento, e la cosa che pensa senza immaginazione o sentimento, e così via. (PF, ibid.).. L'extensio è la caratteristica essenziale dell'ente mondano, tanto essenziale che l'ente mondano si identifica con essa. Il movimento va considerato da un punto di vista cinematico, ossia indipendentemente dalle cause, non avendo esso efficacia determinante per l'essere. Secondo Cartesio, i sensi non hanno una funzione conoscitiva, ma sono uno strumento per perpetuare e conservare la corporeità dell'uomo. Si può accedere al vero attraverso "l'intellectio", che in tal modo ha un ruolo più pregnante rispetto alla "sensatio". "Confesso francamente che non conosco altra materia delle cose corporee che quella che può essere divisa, figurata e mossa in ogni sorta di modi, cioè quella che i geometri chiamano la quantità, e che prendono per oggetto delle loro dimostrazioni: e che non considero in questa materia che le sue divisioni, le sue figure e i suoi movimenti; ed infine che, riguardo a questi, io non voglio nulla ricevere per vero, se non quello che ne sarà dedotto con tanta evidenza, da poter tenere luogo di una dimostrazione matematica. E poiché può rendersi ragione in questo modo di tutti i fenomeni della natura, io non credo che si debbano ammettere altri principi nella fisica, e nemmeno che si abbia ragione di desiderarne altri diversi da quelli che sono qui spiegati. (PF,2,64)". Il vero essere è determinabile in termini matematici e in ciò vi è un distacco da Aristotele L'"extensio" è condizione conforme all'essere di una determinata conoscibilità ed essa funge da parametro per delimitare quello che può appartenere all'essere del mondo e quello che è escluso da esso. IL COGITO E' PROPRIO DELL?UOMO E IDENTIFICA L'ESSENZA UMANA.
#3
Presentazione nuovi iscritti / mi presento
05 Aprile 2017, 22:13:55 PM
sono un laureato in giurisprudenza in cerca di stimoli
#4
Tematiche Filosofiche / Re:Il pensiero debole
05 Aprile 2017, 21:19:14 PM
Il pensiero debole nega la possibilità di conseguire una verità intersoggettivamente valida. Bisogna riflettere sulle nozioni di relativismo e scetticismo. In una visione estrema, può dirsi che il relativismo afferma qualsiasi affermazione (è vero tutto e il contrario di tutto), e lo scetticismo nega qualsiasi affermazione di verità. lo scetticismo porta alla negazione delle conoscenze, con la conseguenza di un pensiero che non può pervenire alla intelligenza di un fondamento sufficientemente attendibile. se si considerano in questi termini scetticismo e relativismo si arriva  alla conseguenza che "Il relativista afferma ogni cosa senza pretendere di negarne nessuna, e il contrario fa lo scettico".Ciò implica una palese autocontraddittorietà delle manifestazioni più appariscenti del pensiero debole, che nega si possa giungere a un fondamento univoco. Possono evitarsi siffatte estremizzazioni e sostenere che lo scetticismo sia uno schema di pensiero che si limiti a porre il dubbio, senza prendere posizione. La sospensione del giudizio implica assenza di affermazione o negazione e quindi ulteriore infondatezza nel senso della configurabilità del pensiero debole di matrice scettica. Spunti interessanti possono rinvenirsi in questa discussione https://www.facebook.com/photo.php?fbid=366814843437586&set=o.337198036391409&type=3&theater
#5
Ci potrebbero in effetti essere realtà che sfuggono al nostro livello di coscienza . la mente razionale  può mettersi in una fase di constatazione, in cui non esprime più giudizi e d esiste una parte arcaica che, anestetizzando proprio la mente "razionale", può dare la stura a percepire elementi che sfuggono.
#6
ma l'Osservatore non potrebbe essere l'>Essere e l'osservatore l'ente? come il mare e le sue onde?
#7
Tematiche Filosofiche / Re:NAVIGARE NEL TEMPO
05 Aprile 2017, 20:18:24 PM
I viaggi nel passato si diversificano perché la memoria è faziosa, nel senso che non consente una registrazione neutrale dei ricordi. L'emotività o la sensibilità personali rendono possibile una deformazione del ricordo. Questo può rendere chiaro come il concetto di passato sia evanescente, quando ci si affidi solo a strumenti come la mente, per effettuare il ricordo.  Paradossalmente un viaggio nel futuro potrebbe essere più attendibile di uno nel passato, proprio per l'incapacità della memoria di registrare i ricordi in maniera neutrale. Il passato può essere anche involontariamente manipolato, il viaggio nel futuro può anche essere un viaggio nel passato mascherato.
#8
La coscienza collettiva, per acquisire una sua identità, dev'essere un'integrazione di sistemi di pensiero, in modo che il pensiero stesso possa compiere percorsi intellettualmente di maggiore spessore. E' riduttivo pensare e identificare la coscienza collettiva come somma di più coscienze individuali , in modo tale che possa condursi una interazione fra gli individui ed, eventualmente, le macchine, basata solo su tale ipotetica somma.Sembra più congruo pensare a una sintesi.
Forse, scindere in maniera rigida una coscienza collettiva consapevole da una inconscia, quantomeno per l'essere umano, non è un'operazione fruttuosa, nel senso che le due dimensioni hanno un loro intrinseco collegamento, ove si ritenga che l'inconscio abbia un suo linguaggio, sia pure di matrice ben diversa, rispetto a quello della dimensione del conscio.
Lo sviluppo di una coscienza collettiva consapevole, mediante la tecnica, può far sorgere qualche dubbio sulla possibilità di costruire nel silicio una dimensione di "coscienza" in senso proprio.
#9
L'università di princeton ha effettuato un esperimento, basantesi sulla collocazione di creatori di numeri casuali in varie parti del mondo, impostati anche per formulare pronostici sull'andamento della produzione di numeri casuali nel tempo. la percentuale di pronostici azzeccati cresce esponenzialmente nel momento in cui si registrano degli eventi, come sciagure,, eruzioni vulcaniche, etc, che coinvolgono varie persone causando un impatto emotivo consistente., Questo ha fatto ritenere con  prudenza che sia configurabile una coscienza collettiva, non dipendente necessariamente dall'intersezione fra uomo e macchina,. tale coscienza collettiva sarebbe in grado di influenzare i dati emessi da dispositivi informatici. In realtà, si tratta di impostazioni che lasciano assai perplessi, se non totalmente scettici.http://www.acam.it/scoperte-le-prove-della-coscienza-collettiva-e-dellinterconnessione-delle-menti/