Citazione di: Jacopus il 05 Gennaio 2025, 00:36:08 AMQui trovo una fallacia. Non si deve dimostrare l'inesistenza di un ente, ma si deve dimostrare la sua esistenza, altrimenti si giunge alla teiera di Russell (vedi la voce su Wiki).Buona sera e ben ritrovato. Quello che volevo argomentare consiste proprio nell'idea che ogni negazione dell'esistenza di qualcosa implica sempre l'affermazione di qualcosa che sostituisce nella propria visione della realtà ciò che viene negato. Chi nega l'esistenza della teiera volante sta affermando, in primo luogo, la verità della propria visione dell'universo in cui la teiera non c'è, e poi la verità dell'esistenza di ciò che nella sua prospettiva sostituisce la teiera occupando il luogo dello spazio in cui chi afferma l'esistenza della teiera ritiene di vederla, così come nel mio esempio, Caio vede un tratto di cielo dove Tizio vede un campanile. Affermazione e negazione sono solo scelte linguistiche convenzionali, struttura formale delle frasi entro cui esprimiamo giudizi, ma nella sostanza ogni giudizio, di esistenza o inesistenza, è sempre un'intenzionalità in cui sto sostenendo in positivo una certa visione della realtà, il religioso sostiene l'esistenza di Dio, l'ateo sostiene l'esistenza di un "qualcosa" che dal suo punto di vista riesce a spiegare meglio dell'ipotesi teista ciò che il religioso ritiene si possa spiegare tramite Dio. La contrapposizione tra teista e ateo è molto più nominale di quel che si crede e l'onus probandi spetta a entrambi nella stessa misura.
Quando parlavo di soggettivismo nella modernità non avevo in mente la scienza, ma il percorso della filosofia moderna da Cartesio, passando da Kant, verso l'idealismo tedesco, fino a sfociare nel prospettivismo nicciano del "non esistono fatti ma solo interpretazioni", che trovo da un lato esito radicale e paradossale dell'idealismo stesso, dall'altro la denuncia stessa del suo fallimento. Percorso in cui son sempre più messe in crisi le categorie del realismo della metafisica classica. Tale questione non è dalla scienza affrontata direttamente, ma la coinvolge "suo malgrado", in quanto le pretese di validità della scienza, come del resto di ogni forma di conoscenza, compresa la metafisica, richiedono di essere legittimate da un realismo filosofico, in cui la sussistenza di un mondo naturale oggettiva deve essere riconosciuta autonomamente dall'arbitrio soggettivo dell'Io osservante (altrimenti ogni osservazione sarebbe limitata solipsisticamente alla coscienza soggettiva dell'osservante senza poter rispecchiare un mondo reale). Non a caso nel Novecento gli attacchi più polemici contro l'oggettività delle verità scientifiche, almeno in Italia, non sono venuti da metafisici di ispirazione religiosa, ma guardacaso, da idealisti laici come Gentile e Croce, che accanto alla polemica "antiscentifica" tenevano bene in vista quella contro il realismo della metafisica cristiana classica (specie la Scolastica), accusata di perseguire nel rivendicare il primato dell'Essere o della realtà, rispetto al pensiero soggettivo.