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Messaggi - filofisico

#1
http://www.lastampa.it/2017/01/10/blogs/il-villaggio-quasi-globale/il-per-cento-degli-italiani-analfabeta-legge-guarda-ascolta-ma-non-capisce-MDZVIPwxMmX7V4LOUuAEUO/pagina.html

Articolo interessante, o forse impressionante. Sara' solo ignoranza oppure c'e' dietro altro.?
L'aumento della complessita' e le interazioni sociali ci portano ad un analfabetismo funzionale.
Chissa', la butto la' come provocazione intellettuale, se fosse vivo Jaynes direbbbe che saremmo di fronte ad una sorta di
vestigia di mente bicamerale,La sostituzione del messaggio da letterale ad iconico operato dalle tecnologie elettroniche,
corrisponde al periodo in cui la coscienza emerse dal caos dovuto alla caduta degli Dei, sostituiti dagli idoli, oracoli,sibille
profeti ecc. Il messaggio iconico, l'immagine, e' l'antico metodo oggettivo presente nelle popolazioni precoscienti sempre
alla ricerca dell'autorizzazione. L'uomo moderno,ipertecnologico,sembra assomigliare all'eroe omerico,che come uno
zombi aspettava le voci per agire a comando. Chissa' se troveremo mai un punto d 'equilibrio nella nostra doppia natura?
Avremo ancora tempo per cambiare?
#2
Dato che il dibattito si sta concentrando sul concetto di metafora e linguaggio allego la posizione dell'Autore in maniera
piu' compiuta, entrando nel corpus pricipale della sua ricerca.

Parliamo della matafora.La proprieta' piu' affascinante del linguaggio e' la sua capacita' di fare metafore......la metafora non
e' infatti un mero arzigogolo linguistico marginale,come viene cosi' spesso svilita nei vecchi manuali scolastici di
composizione:essa e' il fondamento costitutivo del linguaggio.Io intendo qui la metafora nel suo senso piu' generale:
l'uso di un termine proprio di una cosa per descriverne un'altra in conseguenza di una qualche somiglianza esistente
tra loro o fra le loro relazioni con altre cose.In una M. sono sempre presenti due cose; la cosa che deve essere descritta
che chiamero' metaferendo e la cosa o relazione usata per delucidarla, che chiamero' metaferente. Una M. e' sempre un
metaferente noto che opera su un metaferendo meno noto.
E' proprio grazie all'uso della M. che il linguaggio cresce.E' questo il modo principale in cui si forma il vocabolario di
una lingua.La grandiosa e vigorosa funzione della M. e' quella di generare nuove componenti della lingua secondo
il bisogno, a mano a mano che la cultura umana si fa piu' complessa. Uno sguardo casuale al'etimologia di parole comuni
in un dizionario dimostrera' questa asserzione.
Il corpo umano e' un metaferente particolarmente fecondo,che crea una quantita' di distinzioni in precedenza inesprimibili.
Testa (esercito,pagina, letto,chiodo,spillo)-occhio(ago, ciclone,forbici) fronte(edificio,battaglia, testo con traduzione) ecc.......
Tutte queste M. concrete accrescono enormemente le ns capacita' di percepire il mondo che ci circonda e di comprenderlo
e creano letteralmente nuovi oggetti. Insomma, il linguaggio e' un organo di percezione e non semplicemente un mezzo
di comunicazione.
Tale e' il linguaggio che si muove sincronicamente(senza riferimento al tempo) nello spazio del mondo per descriverlo e
percepirlo in modo sempre piu' definitivo.
Ma il linguaggio si muove anche in un modo diverso e piu' importante, diacronicamente, ossia nel tempo e dietro le ns
esperienze sulla base di strutture aptiche (innate) nel ns sistema nervoso, per creare concetti astratti i cui referenti
non sono osservabili tranne che in senso metaforico.E anche questi sono generati da M.
Queste M. sono visibili solo con l'occhio della mente.Nelle astrazioni concernenti i rapporti umani, la pelle diventa un
metareferente di particolare importanza. Noi entriamo o restiamo "in contatto" con altri che possono essere di pelle dura,
oppure aver i nervi a fior di pelle.
I concetti della scienza sono tutti di questo genere, concetti astratti generati da metafore concrete................
All'alba dei tempi il linguaggio e i suoi referenti salirono dal concreto all'astratto attraverso i gradini della metafora,
o addirittura crearono l'astratto sulle basi della metafora........
Le parole astratte sono antiche monete le cui immagini concrete sono state logorate dall 'uso nel continuo scambio
del discorso.
Poiche', nella ns breve vita noi abbracciamo cosi' poco della vastita' della storia, abbiamo troppo spesso la tendenza
a ritenere il linguaggio solido come un dizionario anziche' vederlo come il mare inquieto e prorompente di Metafore
che esso e' in realta'. Se consideriamo i mutamenti lessicali che hanno avuto luogo nel corso degli ultimi 2-3 millenni,
e sulla base dei risultati ottenuti, cerchiamo di prevedere quale sara' la situazione fra vari millenni, ci imbatteremmo
in un interessante paradosso.
Se infatti riusciremo mai a pervenire a una lingua che abbia il potere di esprimere qualsiasi cosa, la metafora non sara'
piu' possibile.In tal caso io non potro' dire che il mio amore e' una rosa rossa, poiche' la parola amore si sara'
frantumata in migliaia di termini esprimenti le sue mille e mille sfumature, e l'applicazione ogni volta del termine corretto
lascera' la rosa metaforicamente morta.
Il lessico del linguaggio e' quindi una serie finita di termini che ,grazie alla metafora, puo' estendersi a coprire una serie
infinita di circostanze,creando addirittura circostanze nuove. (La coscienza non potrebbe essere appunto una nuova
creazione?) (estratti da pag 70 a pag 75).

La mente cosciente soggettiva e' un analogo di quello che e' chiamato il mondo reale.Essa e' costruita con un
vocabolario o campo lessicale i cui termini sono tutte metafore o analoghi del comportamento nel mondo
fisico. La sua realta' e' dello stesso ordine della matematica.Essa ci consente di abbreviare dei processi di
comportamento e di pervenire a decisioni piu' soddisfacenti. Come la matematica, la mente cosciente soggettiva
piu' che una cosa o un serbatoio, e' un operatore, ed e' intimamente connessa alla volizione e alla decisione.(pag 78)
,
#3
Citazione di: maral il 07 Gennaio 2017, 13:11:00 PM
Tutti tentativi di spiegazione poggiano inevitabilmente su delle metafore e certamente in primis, il fenomeno "coscienza", ma qui certamente il tentativo si rivela di impossibile soluzione, poiché si tratta di spiegare l'origine della coscienza a partire dalla coscienza stessa e un fenomeno non può avere la visione della propria origine, se non poendo l'oggetto di cui pretende di vedere l'origine come altro da ciò che è.
Certo "linguaggio" e "coscienza" hanno in comune lo spezzare l'unità del mondo, il primo lo divide tra segno e cosa, il secondo tra soggetto (individuale o collettivo, che gestisce il significato) e l'oggetto o l'accadimento, il segno in sé. Questo può far ritenere che solo con il prodursi del linguaggio si possa produrre coscienza e autocoscienza, quando anche il soggetto si duplica, così da apparire a sua volta in oggetto, come segno reale di se stesso che interpreta.
Poter dire "questo oggetto sono io" non credo possa essere spiegato semplicemente con il tramonto di un'ipotetica mente bicamerale, anche perché a ben vedere il soggetto, oggetto della mia conoscenza, non può, a rigor di logica, essere effettivamente il soggetto che lo conosce. Paradossalmente si potrebbe sostenere che la mente bicamerale, per quanto meno funzionale, veda le cose più realisticamente di quella non più bicamerale.


Anche io la penso cosi', ho appuntato nel libro una frase che cosi' recita: piu' sei cosciente e piu' sei lontano dalla realta'
#4
Citazione di: paul11 il 06 Gennaio 2017, 21:59:24 PM
Ho molte perplessità sulla teoria dell'evoluzione, perchè se studiamo un "meccanismo" non basta scomporne ne parti, gli insiemi funzionali, bisogna necessariamente conoscerne il progetto. Aristotele aveva intuito e capito qualcosa, coniando il termine entelachia, un finalismo evolutivo,  ma ancora manca la fase di progettazione;:perchè si costruisce un meccanismo funzionante in una certa maniera e finalizzato ad uno scopo.
Ma rischio di andare o.t.

La parola inplica e sforza la memoria se non esiste la scrittura.
Dicono che oggi abbiamo superato anche la scrittura, essendo nel tempo delle immagini-
La scrittura deve essere mediata dal segno-significante e persino dall'interpretante non essendoci il passaggio diretto della parola-
La tradizione ebraica sacralizza il testo scritto, per cui tutto deve essere riscritto perfettamente uguale.
La tradizione induista passa oralmente e mnemonicamente da millenni interi testi sacri(così sono stati "scoperti" brani vedici anche del Mahabharata

Trovo, e quì lo dico brevemente, che la tradizione talmudica ebraica abbia dato alcune risposte contrapposte al modo comune di pensare, che non ci sia stato nemmeno a livello genetico una progressione, ma regressione dell'uomo e si riferisce all'epoca prediluviana e prima della torre di Babele che fanno da spartiacque al decadimento dell'umanità. La stessa cosa dice il kali-yuga vedico,segnato dal progresso materiale e decadenza spirituale


Non rischi di andare off topic, con Jaynes e' quasi impossibile vista la vastita' di argomentazioni e l'incrocio spericolato
tra molteplici discipline che rende, a mio giudizio, difficile il controllo del tessuto argomentativo del libro.
Nel capitolo "Auspici della scienza", si esprime in questi termini che io traslo secondo tradizione talmudica:
-In Gran Bretagna,a partire dal seicento, lo studio della cosidetta storia naturale era comunemente la gioia consolatrice
di individuare in natura le perfezioni di un creatore benevolo.......ma l'annuncio congiunto per opera di due uomini
formatisi in quello stesso ambiente,Darwin e Wallace,entrambi naturalisti dilettanti di gran livello, che era stata l'evoluzione
e non l'intelligenza divina a creare l'intera natura,fu come un cataclisma.......Il CASO,freddo e non calcolatore,dando ad
alcuni la capacita' di sopravvivere meglio in questa lotta per la vita......ha foggiato questa specie umana dalla materia.
quando si combino' con il materialismo tedesco(huxley), la teoria dell'evoluzione per selezione naturale fu il cupo rintocco
funebre per quella tradizione che aveva nobilitato l'uomo facendone la deliberata creazione delle grandezze possenti, che
risaliva direttamente sino alle remote profondita'inconsce dell'epoca bicamerale.
Questa teoria diceva in poche parole che non c'e' alcuna autorizzazione esterna,guardate bene,non c'e' nulla.Quel che dobbiamo
fare deve venire da noi stessi.......dobbiamo divenire la nostra stessa autorizzazione -pag 520

Fin qui niente di nuovo, su Darwin il dibattito e' sempre infuocato, invece qualche pagina piu' indietro c'e' forse un contributo
piu' interessante:

-Noi talvolta pensiamo,e ci piace pensare, che le due imprese piu' grandi che hanno influito sull'umanita', la religione e la scienza,
sono sempre state avversarie storiche e ci attirano in direzioni opposte.Ma questo e' clamorosamente erroneo.Non la religione
e la scienza, ma la chiesa e la scienza furono ostili l'una all'altra.E fu rivalita' non conflitto.Tanto la chiesa quanto la scienza
furono religiose;erano due giganti che si combattevano muovendosi sullo stesso terreno..........
Per comprendere correttamente la rivoluzione scientifica dovremmo sempre ricordare che il suo impulso piu' possente fu
la ricerca instancabile della divinita' nascosta.In questi termini essa e' una discendente diretta del crollo della mente bicamerale-pag 516

E poi prosegue citando Newton,Locke e john Ray.Anche oggi e' cosi', Einstein non ha esclamato contro la fisica quantistica
la famosa invettiva  "Dio non gioca a dadi con l'universo!" oppure Godel non ha tentato di dimostrare matematicamente
l'esistenza di Dio? Sembra che la teoria dell'evoluzione non RIESCA ad essere compresa fino alle sue ultime conseguenze,
E' intellettualizzata e catalogata in un angolo della coscienza, ma sembra che la nostra mente non la possa accettare.
E quindi si va dal mondo ologramma di Bohm, ai multimondi di Green, tutto va bene purche' ci sia una spiegazione Esterna.
Quindi quello che dici e' quello che pensano quasi tutti.
Certo mi si puo' dire che anche il darwinismo e' una religione,una rappresentazione, ma per me si tratta di scegliere il male
minore, dato che e' suffragato da migliaia e migliaia di verifiche e di osservazioni, che tutte le altre rappresentazioni si sognano.
In merito all'altra questione da te tratteggiata con la presunta decadenza del genere umano, come testimoniato da antichi libri
di saggezza,anche qui l'autore ha parole derimenti la questione:
-......() E' questa,io penso,ancora un'altra caratteristica della forma religiosa ch tali movimenti hanno raccolto, nel vuoto causato
dal venir meno della certezza ecclesiastica: quella di una presunta CADUTA dell'uomo.
Questa idea strana,e secondo me falsa, di un innocenza perduta assume il suo contrassegno proprio nel crollo della mente bicamerale
come prima grande narratizzazione cosciente dell'umanita'. Ed ecco il canto dei Salmi assiri, il lamento degli inni ebraici, il mito
dell'Eden..........Io interpreto questa ipotetica caduta dell'uomo, come il tentativo di uomini da poco coscienti di narratizzare
cio' che era a loro accaduto, la perdita delle voci e delle  assicurazioni divine in un caos di orientamenti umani ed egoismi
iniviuali.questo tema di una certezza e splendori perduti noi lo vediamo non solo affermato da tutte le religioni storiche, ma anche nelle
tradizioni non religiose.La troviamo a partire dalla teoria dell'anamnesi nei dialoghi platonici,secondo cui ogni cosa nuova e' in realta'
solo il ricordo di un mondo migliore perduto, sino ai lamenti di Rousseau per la corruzione dell'uomo naturale da parte degli artifici
della civilta'.E lo si riconosce anche negli scientismi moderni, nell'assunto  di Marx di una perduta "infanzia sociale del'umanita'"....
o nell'accento posto da Freud sul profondo radicamento delle nevrosi nella civilta'e di terribili azioni e desideri nel nostro passato
razziale ed individuale, e nell'affermazione implicita di una piu' antica innocenza,del tutto vaga.........-pag 527-28


Orbene,secondo Jaynes, sembra che dal trapasso della mente bicamerale alla coscienza,datata ormai 3000 e piu' anni fa,
l'uomo non ha ancora superato lo shock della "scoperta" della soggettivita',imprigionato come si sente in un corpo
destinato all'annichilimento, volgendosi con Nostalgia ai tempi in cui le sue azioni erano dettate dall'oggettivita'
garantita dalle voci.


#5
X Sgiombo( e tutti)



Dal libro dell'autore cito testualmente (pag 539)
-una versione debole della teoria asserirebbe che la coscienza si fonda sul linguaggio, ma invece che
essere un fenomeno cosi' recente, ebbe inizio proprio con il sorgere del linguaggio,forse anche prima
della civilizzazione,diciamo 12000 anni A.C,pressappoco con l'inizio della mentalita' bicamerale
di udire le voci.Entrambi i sistemi mentali (mente bicamerale e coscienza) sarebbero potuti procedere
assieme fino all'abbandono della mente bicamerale................Questa e' una posizione estremente
debole,poiche' potrebbe spiegare quasi tutto, ed e' pressoche' inconfutabile (N.B metodo popperiano,
posizione mi pare accostabile all'intervento di Sgiombio).
La versione forte e' di maggior interesse ed e' quella enunciata nell'introdurre il concetto di  mente bicamerale.Essa stabilisce una data sorprendentemente vicina per l'ingresso nel mondo di questa
straordinaria privatezza di eventi non manifesti che chiamiamo coscienza..........la data e' all'incirca
il 1000 A.C. questa datazione puo' essere individuata nelle testimonianze provenienti dalla
Mesopotamia, dove il disgregarsi della mente bicamerale e' ben evidente.Esso fu dovuto alle
caotiche disfunzioni sociali,alla sovrappopolazione e probabilmente al successo della scrittura
nel rimpiazzare le modalita' orali di comando (indebolimento delle voci allucinatorie dell'emisfero
destro). questa disgregazione diede origine a molte pratiche che ora chiameremmo religiose, che furono sforzi per reintegrare le voci perdute degli dei.-

Le precisazioni di Sgiombo,condivisibili in quanto da me malamente interpretata la suddetta teoria, non inficiano il ruolo
portante della scrittura nella genesi della coscienza "moderna".
Altro punto di estremo interesse, che qualifica la ricerca jaynesiana come assolutamente eccentrica, e' il concetto di
autocoscienza come precipua caratteristica dell'uomo rispetto alle altre specie viventi.
Cio' viene recisamente negato all'autore:-Quando ci poniamo la domanda "che cosa e' la coscienza?" diventiamo
coscienti della coscienza.E la maggior parte di noi ritiene che proprio  questa coscienza della coscienza
sia la coscienza. MA NON E' COSI'.-(pag 37 ib)
Ho riflettuto a lungo sul fatto che Jaynes ricusasse l'autocoscienza come caratteristica eminentemente umana, poi piu'
avanti nel libro ho trovato la soluzione:- La metafora e' il fondamento costitutivo del linguaggio(pag 70 ib).......
Se capire una cosa significa pervenire ad una metafora che ce la renda familiare, possiamo vedere che nel
comprendere la coscienza ci sara' SEMPRE una DIFFICOLTA'. dovrebbe essere immediatamente chiaro
che nella nostra esperienza immediata non c'e' e non puo' esserci alcunche' di simile all'esperienza immediata stessa.
Si puo' dire percio' che in un certo senso noi non saremo mai in grado di capire la coscienza nello stesso modo in cui
possiamo capire le cose di cui siamo coscienti.-

Questo potrebbe definirsi forse "il problema difficile" di Chalmers, ma mentre in Chalmers non approda a niente,


https://it.wikipedia.org/wiki/David_Chalmers


In Jaynes mi trasmette una strana sensazione di pace interiore,di appagamento
#6
Citazione di: paul11 il 05 Gennaio 2017, 23:29:34 PM
Citazione di: filofisico il 05 Gennaio 2017, 22:32:37 PM
Q


L'autore ha abbastanza ragione sull'analisi storica, non sulla deduzione finale di una mente bicamerale.

Come ho già fatto presente anche nel forum spiritualità, fino ad un certo punto della storia delle civltà. l'errore anche di molti traduttori del testo originario è il non seguirlo letteralmente.
E' avvenuto nella cultura indiana, nella cultura sumerico trasposta da quella ebraica, nella Grecia antica pre filosfica( a cui Omero ancora appartiene).
Il fatto che l'autore se ne sia accorto ,da una parte m ifa piacere perchè avalla lamia stessa interpretazione.

Il problema fondamentale è questo: fino ad un certo punto della storia,ribadisco, il linguaggio deve  essere. tradotto il più vicino possible al testo originario e non con il pensiero dell'uomo tipico occidentale del giorno d'oggi, poi arriva la "prima" spiritualizzazione del pensiero e il linguaggio si sposta nei simboli e quì avviene il fatto importante, la realtà del mondo è anche quella degli dei e sono i miti a rappresentare la coscienza umana.
E' con la filosofia che avviene il secondo salto linguistico della spiritualità/metafisica, l'uomo esplora il mondo-se stesso introietta la coscienza che prima era esternalizzata negli dei e nei miti.
Non è quindi la struttura fisica del cervello il risultato, ma il rapporto uomo-coscienza-linguaggio che storicamente ha mutato le civiltà, per cui prima il linguaggio è descrittivo della realtà, poi coscienza-simbolo esteriore, infine coscienza interiore-metafora.


In questa tua conclusione non vedo contraddizioni con il pensiero di Jaynes, il cervello e' in ogni caso altamente plastico, essendo
il sistema nervoso  il primo presidio per rispondere alle pressioni evolutive biologiche.
E' chiaro che le tesi dell'autore si inseriscono
in un contesto darwiniano. Interessante invece l'importanza della scrittura rispetto alla parola nelle concause  del crollo della mente bicamerale;
la voce e' ancora gesto, denotativa direbbe De Saussurre, mentre l'alfabeto e' connotativo, crea foreste di simboli e gli spazi mentali nei quali
l'uomo moderno crea i suoi spazi interiori. Parafrasando il celebre incipit di Descartes forse Jaynes si potrebbe semplificare dicendo:
Scrivo quindi sono.

#7
Qui sotto c'e' dell'altro materiale che chiarisce brillantemente i principali temi del libro in questione,
certamente molto meglio di quello che avrei potuto fare io.

https://grafemi.wordpress.com/2012/09/21/il-crollo-della-mente-bicamerale-julian-jaynes/

buona lettura...
#8
Leggo nei post precedenti moltissime imprecisioni e deformazioni sul pensiero  di J. Jaynes, tanto che ritengo che
quasi nessuno abbia letto il libro o abbia preso informazioni rabberciate da wikipedia od altro.
Eppure lo spessore dello studioso dovrebbe indurre a giudizi piu' cauti sulle sue presunte doti di ciarlatano
o spregiatore delle civilta' antiche. Insieme alla "Rinascita del tempo" del fisico Lee Smolin, ritengo "l'origine
della coscienza" uno dei migliori libri di divulgazione degli ultimi anni.
Jaynes e' stato cattedratico in psicologia a Yale ed Harvard, aveva continui rapporti con Skinner,Quine, Dennett ecc.
insomma apparteneva al mainstream della psicologia americana. La sua teoria e' cosi' clamorosa che e' stata ricusata
dall'ortodossia, ma negli anni molte delle sue intuizioni sono state avvalorate da ricerche piu' recenti.

https://www.ted.com/talks/mariano_sigman_your_words_may_predict_your_future_mental_health?language=it

Dato l'enorme mole di materiale contenuto nel suo prezioso libro, che spazia dalla psicologia alla storia,
dall'antropologia alla semiotica e alla linguistica mi piacerebbe confrontarmi con chi conosce il libro perche' non
mi e' possibile in poche frasi riassumere la sua posizione che offre eccitanti spunti anche in chiave filosofica,
con la demolizione del concetto di atomismo logico di Bertrand Russell.
Rimarchevoli le prime 100 pagine del libro, in cui qualifica il nostro concetto di coscienza per esclusione.
Per chi volesse approfondire linko una pagina della sua fondazione (in inglese)

http://www.julianjaynes.org/supporting-evidence_ancient-texts.php