64Ma ecco omai l'ora fatale è giuntache 'l viver di Clorinda al suo fin deve.Spinge egli il ferro nel bel sen di puntache vi s'immerge e 'l sangue avido beve;e la veste, che d'or vago trapuntale mammelle stringea tenera e leve,l'empie d'un caldo fiume. Ella già sentemorirsi, e 'l piè le manca egro e languente. 65Segue egli la vittoria, e la trafittavergine minacciando incalza e preme.Ella, mentre cadea, la voce afflittamovendo, disse le parole estreme;parole ch'a lei novo un spirto ditta,spirto di fé, di carità, di speme:virtú ch'or Dio le infonde, e se rubellain vita fu, la vuole in morte ancella. 66«Amico, hai vinto: io ti perdon... perdonatu ancora, al corpo no, che nulla pave,a l'alma sí; deh! per lei prega, e donabattesmo a me ch'ogni mia colpa lave.»In queste voci languide risuonaun non so che di flebile e soavech'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza. 67Poco quindi lontan nel sen del montescaturia mormorando un picciol rio.Egli v'accorse e l'elmo empié nel fonte,e tornò mesto al grande ufficio e pio.Tremar sentí la man, mentre la frontenon conosciuta ancor sciolse e scoprio.La vide, la conobbe, e restò senzae voce e moto. Ahi vista! ahi conoscenza! 68Non morí già, ché sue virtuti accolsetutte in quel punto e in guardia al cor le mise,e premendo il suo affanno a dar si volsevita con l'acqua a chi co 'l ferro uccise.Mentre egli il suon de' sacri detti sciolse,colei di gioia trasmutossi, e rise;e in atto di morir lieto e vivace,dir parea: «S'apre il cielo; io vado in pace.» 69D'un bel pallore ha il bianco volto asperso,come a' gigli sarian miste viole,e gli occhi al cielo affisa, e in lei conversosembra per la pietate il cielo e 'l sole;e la man nuda e fredda alzando versoil cavaliero in vece di parolegli dà pegno di pace. In questa formapassa la bella donna, e par che dorma. 70Come l'alma gentile uscita ei vede,rallenta quel vigor ch'avea raccolto;e l'imperio di sé libero cedeal duol già fatto impetuoso e stolto,ch'al cor si stringe e, chiusa in breve sedela vita, empie di morte i sensi e 'l volto.Già simile a l'estinto il vivo langueal colore, al silenzio, a gli atti, al sangue. (Gerusalemme Liberata, XII, 64-70)Mi ha veramente colpito questa parte dell'opera. Mi ha lasciato abbastanza heartbroken, come direbbero gli inglesi. Mi ha ricordato la frase di Shakespeare che mi piace tanto e ho come firma qui sul forum, tratta da Romeo and Juliet"What greater punishment is there than life when you've lost everything that made it worth living?"
"Quale punizione più grande che la vita quando hai perso tutto ciò che la rendeva degna di essere vissuta?"
Ricordo che tempo fa mentre scrivevo pensavo a quale potesse essere una delle cose peggiori che ti potessero accadere in vita. E ricordo anche che descrissi qualcosa di molto simile a ciò che Tasso ha descritto in questo frangente. Tancredi amava Clorinda con tutto sè stesso, avrebbe dato e fatto qualsiasi cosa per lei. Ed essere responsabile della sua morte... non posso neanche immaginare il dolore.
"Ella, mentre cadea, la voce afflitta
movendo, disse le parole estreme""In queste voci languide risuonaun non so che di flebile e soavech'al cor gli scende ed ogni sdegno ammorza,e gli occhi a lagrimar gli invoglia e sforza.""Tremar sentí la man, mentre la frontenon conosciuta ancor sciolse e scoprio.La vide, la conobbe, e restò senzae voce e moto."Questi passaggi in particolare mi hanno lasciato un po di vuoto dentro...