Perdere la bussola? E quale? Ce n'è una che non perdiamo mai...

Aperto da PhyroSphera, 14 Giugno 2025, 12:09:39 PM

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PhyroSphera

Niente può eliminare la nostra facoltà psicologica di base di affermare la realtà che ci circonda in ordine all'orientarsi in essa della nostra vita.

Neurologia e biologia e fisiologia confermano, nel senso che la nostra mente, quanto a neuroni e direzione biologica, è anche un sistema fisico di autocontrollo, che non viene mai meno se non con la morte — ad esempio a causa di un morbo. Esiste cioè la cosiddetta trasduzione a livello primario fisiologico, della organizzazione delle cellule, al livello biologico delle cellule, sul livello neurologico delle cellule del sistema nervoso[1]. In tal senso anziché dire impropriamente che siamo dotati di una naturale bussola, si deve dire che siamo anche una bussola. Psicologicamente ciò corrisponde alla affermazione scientifica psicologica della funzione intrinseca autoriequilibrante del Sé (C. G. Jung)[2].

I maestri degli incubi non possono usare criminosamente la loro capacità a fronte di queste informazioni sullo stato delle scienze. In altro senso, non della base neuronale fisiologica della nostra vita, possiamo dire che possediamo una bussola cui dobbiamo porre attenzione per non perderla; ma ciò riguarda le relazioni esterne non i rapporti interni del cervello e della mente. Dunque, in tal caso, l'opinione purtroppo assai diffusa popolarmente ed intrusa subculturalmente di dover trovare un medico per mantenere il controllo del prossimo in difficoltà va sostituita con l'idea di proporre e garantire il semplice assistente sociale, esperto di relazioni.
Proprio così con chi affetto da psicosi oppure schizofrenia e incapace di controllare la sua situazione: nessun intervento neurologico o peggio fisiologico ma sociologico e proprio su base scientifica, dato che esiste anche la sociologia quale scienza, per aiutare a controllare la propria situazione mentre in stato psicotico oppure crisi schizofrenica, non solo per le relazioni sociali umane, difatti i bisogni primari con le cose non sono realmente coinvolti nelle psicosi e schizofrenie.

La filosofia può interessarsi diversamente alla realtà di détti incubi, per ciò che riguarda la sfera etica dell'esistenza. Chi si fa maestro della fantasia dell'uomo fuori controllo è in una decisione che nessuna scienza può inquadrare come campo di ricerche e scoperte. La stessa idea di fingere che tali maestrie siano in realtà dimostrazioni di realtà dell'incubo è frutto di una decisione, è costruzione deliberata in quanto dagli incubi di per sé non derivano idee.
Questa decisione e la relativa base ideologica sono indagabili dal filosofo che, dati i propositi o fatti eventuali, si fa così anche criminologo. Quindi i destinatari delle indagini ne sono i politici che operano nei veri Stati, di quel che ancora ne rimane.
La suddetta fantasia rappresenta una inesistente condizione o situazione di non-arbitrio. La naturalità è in sé stessa priva di arbitrarietà; ma finché ciascun essere umano esiste egli è naturalmente controllore di sé stesso; e il venir meno del controllo è il venir meno della vita; e la vita finché resta è in quel poco che resta naturalmente autocontrollata.
Agli eventuali falsi agenti, magistrati e giudici, falsi sanitari, infermieri e medici, questa nozione potrebbe pure non piacere ma non è questione di mancanza di autocontrollo: si tratta di voluttuose intenzioni di spargere paure immotivate per esercitare controlli sociali di troppo, intenzioni che possono diventare azioni realizzative, quindi delitti compiuti.
Riguardo a queste trasgressioni e violenze la filosofia può ricordare che tra non-arbitrio naturale ed arbitrio relazionale non c'è conflitto naturale ma distinzione ed eventuale conflitto artificiale.

I limiti della arbitrarietà sono segnati dai rapporti assoluti dell'Assoluto verso il relativo e dal rapportarsi con la massima negatività del mondo. Nel primo caso, che religione e fede indicano essere teologico, non possiamo fare nulla a causa di una forza ed energia misteriose che ci giungono ineluttabilmente; nel secondo caso, che il teologo e in parte il mitologo definiscono demonologico, ci ritroviamo a fronte di un ignoto troppo grande e preponderante per poter agire arbitrariamente, dovendo usare prudenza e senso di necessità - connessi con un non diniego verso dette energia e forza, per il credente nel mito divine, per chi credente nella assoluta Alterità: Dio.
Con questi riferimenti ultimi la filosofia incontra il proprio limite, ma per asseverare meglio che quel non-arbitrio naturale non ha la forma o l'esito possibile del non controllo e della possessione. Il filosofo ci arriva epistemologicamente ragionando sulle essenze ma fenomenologicamente ed ermeneuticamente può far emergere - diversamente - gli stessi dati scientifici che ne contengono il riferimento concreto. In ciò il filosofo fornisce una interpretazione rigorosa dei dati presentati dallo scienziato, interpretazione altrimenti impossibile. Gnoseologicamente la filosofia può notare che positività del divino e di Dio e negatività dell'ignoto del mondo sono in un equilibrio, in cui resta pur sempre una arbitrarietà nella gestione della duplicità estrema (non dico opposizione estrema). Teologia e demonologia possono quindi smascherare rispettivamente i fraintendimenti e le superstizioni e agire a favore del còmpito della filosofia, superando eventuali difficoltà di divergenze religiose e di fede, autonomamente col dialogo interreligioso e l'ecumenismo.


[1] Nell'anno 2000 fu conferito premio Nobel per la scienza a tre studiosi, Arvid Carlsson un farmacologo, Paul Greengard un esperto di sistema nervoso, Eric R. Kandel un esperto di psicoanalisi e biologia, con questa motivazione: «for their discoveries concerning signal transduction in the nervous system», "per le loro scoperte concernenti il segnale di trasduzione nel sistema nervoso". Quel che emerge è una materiale fisiologia che costituisce il fondamentale autocontrollo biologico, a partire dai movimenti stessi — è un pregiudizio che possa capitare un disturbo che ci fa muovere dal disturbante — e a finire ai contatti neuronali e solo quest'ultimi possono ricevere interruzione parziale o totale ma con la morte, non la perdita dell'autocontrollo. Chi tenta di fare della neurologia la scienza dei principi della mente — una assurdità cui dediti molti neurologi fino a farsi ex– o pseudoscienziati, non può intendere che il risultato scientifico principale di tali ricerche è interno all'àmbito fisiologico, col risultato di escludere l'intervento fisiologico per i problemi di orientamento mentale e di limitare quello neurologico alla cura di ciò che consuma il nostro sistema di controllo nervoso di base senza poterlo inibire o annullare (perché è materialmente fisiologico!), mentre i problemi di orientamento che risultano dipendenti (si va anche per sola esclusione degli àmbiti e campi) dai fattori esclusivamente mentali non coinvolgono mai la vita psichica stessa, perché il nostro bios fa parte di detto materiale autocontrollo, esistente finché esiste il nostro corpo (physis).
Nel quadro di una seria e onesta distinzione dei ruoli dell'infermiere e del medico, le ragioni che portarono al Premio Nobel nel 2000 "in Fisiologia o Medicina" [notizia al seguente link: https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/2000/summary/] — da notare la disgiunzione nella espressione, che già anticipa l'essenziale a livello pratico — risultano più facilmente e opportunamente comprensibili. Il fatto che i nostri rapporti fisiologici interni siano costituiti in un intrinseco ordine e controllo, cioè siamo una bussola (oltre a doverne conservare e non perderne un'altra per le relazioni), è teologicamente riflesso del rapporto stabile, unilaterale, che Dio ha col mondo, per cui il cosmo è un sistema controllato ad immagine della stabilità di Dio, in Sé e fuori di Sé.
[2] Se ne trova menzione anche nell'opera Introduzione alla psicologia analitica, dello stesso C. G. Jung.



MAURO PASTORE

PhyroSphera

#1
Ho emendato il testo, integrandolo (nella prima nota). Nessun cambiamento a quanto già scritto (miglioramenti minimi formali, e un accento acuto anziché grave e l'inserimento di una maiuscola mancante dopo un punto).
Buona lettura e buona discussione.

MAURO PASTORE

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