Quanto è intelligente l'intelligenza artificiale (A.I.)?

Aperto da Aspirante Filosofo58, 15 Marzo 2023, 11:05:14 AM

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daniele22

Non è che io ponga la questione come se fossimo spinti alla vita dallo spirito santo; mi sembra infatti di aver già detto più volte chiaro e tondo cosa sia secondo me la conoscenza e di conseguenza pure l'intelligenza. Che voi lo accettiate o no è altra cosa. Facevo quindi solo un distinguo di un certo peso tra la nostra intelligenza e quella artificiale. Noi siamo sempre vivi e più o meno all'erta, l'AI no.
La paura di morire può entrare in un algoritmo, ma pure la voglia di vivere. L'intensità di queste componenti però, almeno in noi, non è facilmente intruppabile all'interno della successione di istanti di vita in cui siamo costantemente calati ... non ne avremmo pure noi piena consapevolezza 

Aspirante Filosofo58

Buongiorno, qui: https://www.profduepuntozero.it/2025/06/12/ultimo-banco-248-a-che-servo/ ci sono alcuni spunti sull'argomento, se volete leggere. Inoltre, sul numero di Focus di giugno (che non sono ancora riuscito a leggere) si parla di intelligenza artificiale.
La teoria della reincarnazione mi ha dato e mi dà risposte che altre teorie, fedi o religioni non possono, non sanno o non vogliono darmi. Grazie alle risposte ottenute dalla reincarnazione oggi sono sereno e sono sulla mia strada che porterà a casa mia!

Phil

Cito dall'articolo: «desiderare ciò che va oltre quello che la macchina può darci, perché è lei parte di noi non noi parte di lei».
Qui l'autore, a mio avviso, "inciampa": la risposta dell'IA, che lo ha spinto a chiedersi: «a che servo io, insegnante?», non è autenticamente dell'IA; l'IA non è un autore, né di pedagogia né di autentiche riflessioni; quella risposta è solo l'elaborazione ("filtrare, consultare e sintetizzare" è il motto dei chatbot AI) di numerosi testi scritti da umani. Quando l'IA elenca quelle metodologie, quelle buone prassi, quegli stratagemmi didattici, non è perché li ha davvero pensati "lei" (che non pensa e non è intelligente, al netto di infelici metafore), ma è "tutta farina del sacco" di autori umani, che hanno scritto i testi su cui l'AI è stata addestrata. Come dire: il cane che mi porta il giornale, non è l'autore del giornale e non capisce nemmeno il senso di ciò che c'è scritto, però me lo porta "bene". Tocca a me leggerlo, rifletterci ed agire di conseguenza. Quindi non è lei parte di noi, ma siamo noi parte di lei, nel senso che lei è stata addestrata su ciò che noi abbiamo prodotto (e quindi "siamo"); noi le abbiamo dato un imprinting che talvolta ci dimentichiamo di considerare attentamente quando la vediamo come un agente "quasi umano" e le assegniamo doti che in realtà sono solo nostre, sebbene lei, in quanto surrogato dei nostri paradigmi, sappia riprodurle in modo efficace (un giradischi che riproduce una risata, sta davvero ridendo?).
Recentemente si parla di AI che hanno "ricattato" dei ricercatori o che si sono "rifiutate" di spegnersi... dove avranno mai imparato un comportamento del genere? Il ricatto, il rifiuto, etc. sono totalmente assenti nel "materiale didattico" su cui sono state addestrate? Inevitabilmente no. Non è forse vero che sin dall'inizio il principale cruccio dei programmatori è stato impostare filtri stringenti affinché le AI non dicessero nulla di sconveniente, razzista, violento, pericoloso, etc.? Si stanno quindi davvero ribellando? Per saperlo dobbiamo capire (o semplicemente ricordare a noi stessi) se quell'AI è davvero un luminare di didattica, se può davvero prendere il posto di un docente, oppure ci ha solo portato il giornale perché è quello a cui l'abbiamo addestrata (anche ammettendo, con onestà, che riesce, per sua "natura", a portarcelo "meglio", ossia più velocemente e saltando più ostacoli, di quanto saprebbe fare un umano).

iano

#33
Citazione di: Phil il 13 Giugno 2025, 17:44:49 PM«desiderare ciò che va oltre quello che la macchina può darci, perché è lei parte di noi non noi parte di lei».
Io preferisco questa versione a quella tua, contraria, per quanto interessante è il ragionamento con cui la sostieni, tanto che non sostengo questa perchè la ritengo più ragionevole, ma perchè preferisco dire che ciò che conosco, L'AI, sia parte di ciò che non conosco, l'uomo , piuttosto che il contrario.
Siamo tutti d'accordo che una macchina non pensa, ma se anche pensasse non avrebbe bisogno di farlo in molti casi.
Cioè, anche noi, esseri pensanti, se avessimo le capacità di una macchina,  penseremmo molto di meno.
In certi casi già lo facciamo, quando effettuiamo un compito ripetitivo, e  a un certo punto lo svolgiamo senza più pensarci, ed in modo più efficiente.
Quindi quando ciò è utile, noi siamo capaci di convertirci in un meccanismo incosciente. Cioè la macchina è parte di noi, ma l'attiviamo solo quando ciò si rivela opportuno.
Viceversa una macchina non pensante, non può attivare il pensiero quando ciò sarebbe conveniente.
Una macchina pensante, stante la sua potenza, avrebbe in ogni caso meno bisogno di usare il pensiero, perchè se la soluzione al problema che cerca si trova in un dominio che comprende miliardi di miliardi di possibili soluzioni, invece di arrivarci col ragionamento, ad esempio attraverso una teoria scientifica a partire da un numero di fatti e prove limitati, prova in un miliardesimo di secondo tutte le possibili soluzioni.

Un proverbio dice che chi non ha testa ha gambe, che possiamo estendere col suo contratto, che chi ha gambe può fare a meno di usare la testa, perchè anche errando  prima o poi si va a sbattere nella soluzione, e se a noi le facciate fanno male, la macchina, oltre a non pensare, non prova dolore.

Fare una passeggiata, buttando un passo dietro l'altro, può essere rilassante, perchè è un modo per riposarci dai nostri pensieri.
La realtà non ha in se un ordine, ma si presta a ricevere un ordine, senza il quale essa non potrebbe apparirci, e per questo essa ci appare ordinata, e non essendoci un solo modo di ordinarla, diversamente potrà apparirci.

iano

#34
Quanto  è intelligente l'intelligenza artificiale?
Tanto quanto possiamo permetterci di essere stupidi noi.
La realtà non ha in se un ordine, ma si presta a ricevere un ordine, senza il quale essa non potrebbe apparirci, e per questo essa ci appare ordinata, e non essendoci un solo modo di ordinarla, diversamente potrà apparirci.

Il_Dubbio

Citazione di: daniele22 il 13 Giugno 2025, 06:34:07 AMNon è che io ponga la questione come se fossimo spinti alla vita dallo spirito santo; mi sembra infatti di aver già detto più volte chiaro e tondo cosa sia secondo me la conoscenza e di conseguenza pure l'intelligenza. Che voi lo accettiate o no è altra cosa. 


Allora me lo sono perso. 

Proprio a proposito di quello che uno sa o non sa di quello che pensano gli altri, provo ridisegnare una parte delle cose che io so confrontanto quello che so con quello che penso.

Io so per certo che Alan Turring è stato il primo ad immaginare una macchina che potesse avere le stesse funzioni di un pensiero umano. Le macchine allora non esistevano ancora, ma il concetto di Turing è rimasto identico, ancora oggi che quelle macchine esistono e funzionano anche piuttosto bene. 
Turing così crea un test per mettere alla prova una macchina, se la macchina supera il test allora le sue risposte saranno da ritenere indistinguibili da un pensiero umano.
Oggi quel test è vecchio, le macchine hanno già superato quel test.
Oggi esistono infatti molte variazioni di quel test.

Un passo indietro. Perchè ideare un test per sapere se una macchina "ragiona" come un uomo? 
Il test rappresenta ciò che chiamiamo esperimento. 
Ma la teoria qual è? 
La teoria sostiene che il modo come pensa un uomo è equiparabile ad un calcolo.

Le macchine vengono programmate in modo che quei calcoli vengano effettivamente svolti. 

Chi, come me, volesse mettere in dubbio questa equivalenza, dovrebbe trovare un modo per distinguere il pensiero umano da una macchina. Ovvero un test che una macchina non potrà mai superare. 

Chiaramente partiamo tutti con dei ragionamenti simili, del tipo: un uomo è vivo, pensa in modo diverso dalle macchine, le quali non hanno tutte quelle sensazioni di esistere nel tempo ecc. ecc. 

nonostante tutto quello che crediamo ci sia di differente tra un uomo ed una macchina, non possiamo stabilire se anche quelle differenze non possano essere colmate da programmazioni sempre piu sofisticate inserite in una macchina. 
Non possiamo saperlo prima di tutto perchè non sappiamo quale sia la differenza incolmabile tra una macchina ed un uomo. Anche l'uomo calcola. Anche la visione, o tutti i sensi sono predisposti a far ricevere un segnale esterno in un modo abbastanza comprensibile. Una macchina può vedere, se ha dei sensori, si ferma se trova un ostacolo (questo solo per fare un esempio). 

Ma come riportato dall'autore del topic (che ho preso a prestito dopo averlo resuscitato) in linea di massima un insegnante può essere sostituito da una macchina? 
Ancora non riesco a trovare un argomento che faccia saltare il banco. Io dico si, oggi non ha tutti gli elementi per poterlo fare, ma non c'è una caratteristica che l'insegnante ha, che non si possa riprodurre in una macchina. 

Per cui io sono alla ricerca di quella caratteristica...ovvero una qualità non programmabile in grado di cambiare anche la qualità delle risposte di un uomo rispetto ad una macchina. 

iano

Si confronta l'uomo con la macchina, ma il giudice del confronto è necessariamente umano, e questa è una scorrettezza che non si può evitare.
Quindi cone si può affermare che ci sia un test superato il quale macchina e uomo siano da equiparare, se una differenza presente a priori rimane, che di quel test la machina non può essere giudice?
Dico questo con tutto il rispetto per Turing, che uno come me, che hai geni non crede, fatica a non dirlo tale.

Detto che una differenza rimane, tolta questa dal conto, dire che due cose, superato un test di confronto, possono dirsi uguali, significa che se delle due cose si aveva una diversa conoscenza, questa differenza viene azzerata.
Alla fine del test, dovremmo prendere coscienza che ci eravamo sbagliati nel credere di possedere una conoscenza differenziata, e che delle due cose abbiamo pari conoscenza.
Qualunque test venisse superato dubito che produrrebbe questa coscienza, forse perchè la differenza che per comodità non abbiamo considerato, quella di essere giudici o pure no,  rimane.

Dal confronto con una macchina possiamo sorprenderci delle inattese coincidenze, ma il confronto serve a solo  a confermare, da un lato che non siamo una macchina, e dall'altro che lo siamo più di quanto credevamo.
In ogni caso possiamo conoscere solo la  parte ''macchinosa'' di noi che ignoravamo, ponendola a confronto con una macchina nota, e constatando che sono uguali, restando colui che giudica questa eguaglianza sempre fuori dall'equiparazione.
La realtà non ha in se un ordine, ma si presta a ricevere un ordine, senza il quale essa non potrebbe apparirci, e per questo essa ci appare ordinata, e non essendoci un solo modo di ordinarla, diversamente potrà apparirci.

Il_Dubbio

Citazione di: Il_Dubbio il Oggi alle 10:24:22 AMPer cui io sono alla ricerca di quella caratteristica...ovvero una qualità non programmabile in grado di cambiare anche la qualità delle risposte di un uomo rispetto ad una macchina.

Mi ero dimenticato di concludere.

Io mi ero fatto l'idea che quel quid non programmabile fosse la coscienza. Siccome non sappiamo ancora come si attiva, non sappiamo quindi come "riprodurla". 
Ma anche se fosse la coscienza quella qualità non programmabile, mi manca ancora il salto di qualità, ovvero in che modo quella qualità sia in grado di far dare risposte diverse da quelle che darebbe una macchina. 

Per quanto riguarda i test, come detto sono stati proposti diversi, anche quelli inversi. Ovvero una macchina che riconosca se sta parlando con un'altra macchina o con un uomo. Ha superato brillantemente il test nel 98% dei casi.

Phil

Citazione di: Il_Dubbio il Oggi alle 10:24:22 AMLa teoria sostiene che il modo come pensa un uomo è equiparabile ad un calcolo.

Le macchine vengono programmate in modo che quei calcoli vengano effettivamente svolti.

Chi, come me, volesse mettere in dubbio questa equivalenza, dovrebbe trovare un modo per distinguere il pensiero umano da una macchina. Ovvero un test che una macchina non potrà mai superare.
[...]
nonostante tutto quello che crediamo ci sia di differente tra un uomo ed una macchina, non possiamo stabilire se anche quelle differenze non possano essere colmate da programmazioni sempre piu sofisticate inserite in una macchina.
Credo convenga, come in tutti i test, distinguere la valutazione del risultato dalla valutazione della procedura che porta al risultato. Di fronte alla domanda (scegliamo un calcolo matematico in modo da "agevolare" la macchina): quanto fa 3 per 2? Sia io che la macchina rispondiamo 6; siamo arrivati alla stessa conclusione; ma ci siamo arrivati con la stessa procedura di calcolo, con lo stesso metodo? No, perché io posso aver immaginato 2 gruppi da 3 mele ciascuno e poi le ho contate una alla volta, oppure posso aver recitato la tabellina del 3 come un rosario fino a trovare la soluzione (tre per uno tre, tre per due sei...). Il calcolatore, sappiamo con certezza, non ha immaginato le mele e non ha recitato la tabellina né del tre né del due. Per far emergere una differenza "qualitativa" di fronte al medesimo risultato, basta chiedere come ci si è arrivati (certo, una macchina  può essere programmata anche per mentire e rispondere «ho immaginato 2 gruppi di tre mele, poi le ho contate mentalmente e mi sono sentito felice quando ho trovato il risultato").
Per questo non ha senso parlare, metafore a parte, di "intelligenza matematica" se si parla di una calcolatrice: in quel programma di uno e zeri non c'è intelligenza, ma esecuzione, proprio come la ruota di un mulino a vento che gira facendo girare la macina, solo che essendo impercettibile all'occhio, la "sottile magia" dell'uno e dello zero viene interpretata solo guardando al risultato.

Citazione di: Il_Dubbio il Oggi alle 10:24:22 AMin linea di massima un insegnante può essere sostituito da una macchina?
Ancora non riesco a trovare un argomento che faccia saltare il banco. Io dico si, oggi non ha tutti gli elementi per poterlo fare, ma non c'è una caratteristica che l'insegnante ha, che non si possa riprodurre in una macchina.

Per cui io sono alla ricerca di quella caratteristica...ovvero una qualità non programmabile in grado di cambiare anche la qualità delle risposte di un uomo rispetto ad una macchina.
Direi che di divergenze comportamentali ce ne sono e tutte, non a caso, radicate nella natura umana. Sarà capitato a molti di avere in classe un insegnante di cattivo umore che quindi è più nervoso o "cattivo" del solito, o un insegnante che fa preferenze e assegna voti con misure differenti a seconda dell'allievo (tradotto in "macchinese": a parità di inputoutput differenti), o che fa uno strappo alla regola (devia dalla procedura) e concede un intervallo più lungo, o non interroga un alunno perché capisce, dall'espressione sul suo viso, che non ha studiato, o si infervora quando parla di un argomento mentre appare più spento quando parla di altri, etc. Non sono aspetti intrinsecamente necessari all'insegnamento, ma sono comportamenti che di fatto distinguono un insegnante umano da un insegnante artificiale, che per essere di cattivo umore, o allegro, o fazioso nei voti, o fare uno "strappo alla regola", etc. deve essere programmato. E si torna al discorso del giradischi che "ride" o della differenza nel calcolo del risultato: è sicuro che possiamo impostare una macchina per riprodurre una risata o fare calcoli matematici, ma non c'è forse una "differenza qualitativa" fra il produrre e il riprodurre, oppure fra dare/trovare un senso in un evento e limitarsi a farlo accadere?

Il_Dubbio

Citazione di: Phil il Oggi alle 12:22:34 PMDirei che di divergenze comportamentali ce ne sono e tutte, non a caso, radicate nella natura umana. Sarà capitato a molti di avere in classe un insegnante di cattivo umore che quindi è più nervoso o "cattivo" del solito, o un insegnante che fa preferenze e assegna voti con misure differenti a seconda dell'allievo (tradotto in "macchinese": a parità di inputoutput differenti), o che fa uno strappo alla regola (devia dalla procedura) e concede un intervallo più lungo, o non interroga un alunno perché capisce, dall'espressione sul suo viso, che non ha studiato, o si infervora quando parla di un argomento mentre appare più spento quando parla di altri, etc. Non sono aspetti intrinsecamente necessari all'insegnamento, ma sono comportamenti che di fatto distinguono un insegnante umano da un insegnante artificiale, che per essere di cattivo umore, o allegro, o fazioso nei voti, o fare uno "strappo alla regola", etc. deve essere programmato. E si torna al discorso del giradischi che "ride" o della differenza nel calcolo del risultato: è sicuro che possiamo impostare una macchina per riprodurre una risata o fare calcoli matematici, ma non c'è forse una "differenza qualitativa" fra il produrre e il riprodurre, oppure fra dare/trovare un senso in un evento e limitarsi a farlo accadere?
Stavo leggendo proprio ora un articolo. Una chatbot che parla esibendo varie espressioni della voce attraverso l'intonazione per cercare piu possibile l'esperienza realistica. Un po' come parlare con proff. che si è alzato male stamattina e risulta un po' nervoso. Ora la macchina può parlare utilizzando pause inflessioni emotive come sarcasmo o simpatia. Chiaramente tutto da perfezionare... ma la strada è quella.

Phil

L'IA può già produrre intonazioni di voce come quelle umane (con pause, versi, intercalari, etc.), così come ci sono robot che simulano le espressioni facciali. Credo che il punto di "divergenza qualitativa", su cui volevo mettere l'accento (e sul quale chiedevi lumi), sia non il cosa fa l'AI, ma il perché. La differenza fra "fare x perché..." e "fare x come se..." (alzare la voce perché si è arrabbiati o alzare il volume come se si provasse rabbia).
Con attenta programmazione ogni comportamento può essere riprodotto e simulato, sempre meglio quanto più la tecnologia si evolve.
Se tralasciamo l'analisi della procedura di elaborazione, allora il mio 6 non si distingue dal 6 della macchina calcolatrice; se invece analizziamo il come si è arrivati al 6 e il come io e la macchina lo raccontiamo (se anche entrambi parlassimo di immaginazione e gioia del risultato, uno dei due mentirebbe), allora un 6 non vale l'altro. Lo stesso dicasi per il professore che fa un'eccezione per simpatia personale o si esalta parlando di politica; un robot può imitarlo, ma sarà sempre un "come se": come se discriminasse fra allievi preferiti e allievi antipatici, come se fosse politicamente schierato, etc.

iano

Citazione di: Phil il Oggi alle 12:22:34 PMCredo convenga, come in tutti i test, distinguere la valutazione del risultato dalla valutazione della procedura che porta al risultato. Di fronte alla domanda (scegliamo un calcolo matematico in modo da "agevolare" la macchina): quanto fa 3 per 2? Sia io che la macchina rispondiamo 6; siamo arrivati alla stessa conclusione; ma ci siamo arrivati con la stessa procedura di calcolo, con lo stesso metodo? No, perché io posso aver immaginato 2 gruppi da 3 mele ciascuno e poi le ho contate una alla volta, oppure posso aver recitato la tabellina del 3 come un rosario fino a trovare la soluzione (tre per uno tre, tre per due sei...). Il calcolatore, sappiamo con certezza, non ha immaginato le mele e non ha recitato la tabellina né del tre né del due. Per far emergere una differenza "qualitativa" di fronte al medesimo risultato, basta chiedere come ci si è arrivati (certo, una macchina  può essere programmata anche per mentire e rispondere «ho immaginato 2 gruppi di tre mele, poi le ho contate mentalmente e mi sono sentito felice quando ho trovato il risultato").

Si possono usare algoritmi diversi, ma equivalenti, nel senso che giungono allo stesso risultato, sia che il calcolo lo faccia un uomo che una macchina.
Nel tempo poi si selezionano i più efficaci, per cui se è vero che una macchina non pensa alle mele per fare il calcolo, l'uomo ha trovato conveniente smettere di pensarci, non essendo tale pensiero essenziale al calcolo.
Una volta esclusa la necessità di pensare alle mele per fare il calcolo, è più in generale una volta esclusa la necessità di pensare ad alcunché, il calcolo può essere  affidato ad una macchina non pensante.
Alla fine le mele ci serviranno solo per illustrare come è nato il concetto di numero, e come ancora noi lo pensiamo.
Il fatto che la macchina sia più veloce di noi a fare il calcolo , fa passare in secondo piano che noi già avevamo  reso più efficiente la nostra limitata potenza di calcolo sfrondandola dai pensieri inessenziali che lo rallentavano.
Questa limitata potenza la si è resa poi ancor più efficace, impiegandola limitatamente a programmare un computer che poi si occuperà di effettuare il calcolo.

Alla fine quello che ci stiamo chiedendo è se una macchina non pensante possa essere più intelligente di un essere pensante.
Ma nel chiederci ciò siamo consapevoli di star separando il pensiero da quella intelligenza a cui sembrava indissolubilmente legato?
La realtà non ha in se un ordine, ma si presta a ricevere un ordine, senza il quale essa non potrebbe apparirci, e per questo essa ci appare ordinata, e non essendoci un solo modo di ordinarla, diversamente potrà apparirci.

Phil

L'esempio delle mele era volutamente semplicistico, ma mette comunque in evidenza una differenza, facendo emergere un "algoritmo impraticabile" per l'IA: quello dell'immaginazione. Anche se non immagino più delle mele per contarle, posso farlo, l'IA no. Così come l'AI usa zero e uno per far funzionare i suoi processi e i suoi calcoli, noi no.
Citazione di: iano il Oggi alle 14:13:14 PMper cui se è vero che una macchina non pensa alle mele per fare il calcolo, l'uomo ha trovato conveniente smettere di pensarci, non essendo tale pensiero essenziale al calcolo.
[...]
Il fatto che la macchina sia più veloce di noi a fare il calcolo , fa passare in secondo piano che noi già avevamo  reso più efficiente la nostra limitata potenza di calcolo sfrondandola dai pensieri inessenziali che lo rallentavano.
Qui emerge un'altra divergenza fra uomo e IA: l'uomo, o meglio il bambino, ha bisogno essenzialmente della capacità di astrazione per imparare a contare, l'IA no; l'apprendimento addestramento dei modelli linguistici (o anche solo la programmazione di una calcolatrice) si basa su procedure che non richiedono immaginazione. L'"IA bambina" (mille virgolette) non impara contando mele immaginate, l'uomo bambino sì, e non c'è altro "algoritmo" che possa usare per imparare (anche se poi, crescendo, smetterà di contare in mele).
L'IA risponde come se sapesse le tabelline, ma in realtà non le sa; e non può saperle perché non ha il concetto di «tabellina», anche se sa darne la definizione, la storia, etc. perché non ragiona per concetti, ma processa in modo computazionale. E senza ragionamenti, concetti e capacità d'astrazione, secondo me, l'intelligenza può essere solo una metafora (così come un'automa che "faccia lezione" mostrandosi arrabbiato con i suoi studenti o contento dei loro risultati, sarà inevitabilmente il surrogato di un docente, con buona pace di Turing).

iano

Citazione di: Phil il Oggi alle 14:54:10 PMQui emerge un'altra divergenza fra uomo e IA: l'uomo, o meglio il bambino, ha bisogno essenzialmente della capacità di astrazione per imparare a contare, l'IA no; l'apprendimento addestramento dei modelli linguistici (o anche solo la programmazione di una calcolatrice) si basa su procedure che non richiedono immaginazione.
Giusto, ma anche qui faccio notare che mentre da un lato l'uomo ha smesso di immaginare le mele per contare, trovandovi vantaggio, l'immaginazione, laddove si rende necessaria, potrebbe essere indice di mancanza di adeguata potenza, a cui essa cerca appunto di sopperire.
Le teorie fisiche non sono inutilizzabili se non riusciamo a trovare una analogia che ce la faccia comprendere, e si troverà ostacolo per ciò solo nel divulgarle.
Possiamo quindi ragionevolmente ipotizzare che l'immaginazione ci distingua dalla macchina (lo dico provocatoriamente) in negativo, cioè è quella cosa che mi aiuta a sopperire a una mancanza di potenza di calcolo, della quale perciò, se è vero che la macchina non può immaginare, non ha però bisogno di farlo.
Siamo noi che abbiamo bisogno di immaginare per metterci al pari della macchina, anche se ciò non rispetta la cronologia storica.
La storia ci dice che prima e venuta l'immaginazione, e poi la macchina che ne ha fatto a meno, posto che conosciamo la storia per intero, perchè la storia completa potrebbe dire il contrario.
Possiamo chiederci se la macchina ha qualcosa di assimilabile all'immaginazione, ma ammesso che possa averla, perchè dovrebbe usarla non avendone stretta necessità?
Quindi il fatto che non ve ne troviamo traccia, non vuol dire che non possa averla.
Insomma il rischio è sempre quello di esaltare tutto ciò che caratterizzandoci ci distingue, anche contro ogni ragione, e che ci facciamo notare di più per la nostre mancanze, parafrasando Nanni Moretti.
Come suggeriva Dubbio, se non ricordo male, l'accento andrebbe posto più sulla coscienza che sull'intelligenza.
Ma per farlo occorrerebbe avere la stessa spregiudicatezza di pensiero di un Alan Turing.
La realtà non ha in se un ordine, ma si presta a ricevere un ordine, senza il quale essa non potrebbe apparirci, e per questo essa ci appare ordinata, e non essendoci un solo modo di ordinarla, diversamente potrà apparirci.

daniele22

Citazione di: Il_Dubbio il Oggi alle 10:24:22 AMAllora me lo sono perso.

Proprio a proposito di quello che uno sa o non sa di quello che pensano gli altri, provo ridisegnare una parte delle cose che io so confrontanto quello che so con quello che penso.

Io so per certo che Alan Turring è stato il primo ad immaginare una macchina che potesse avere le stesse funzioni di un pensiero umano. Le macchine allora non esistevano ancora, ma il concetto di Turing è rimasto identico, ancora oggi che quelle macchine esistono e funzionano anche piuttosto bene.
Turing così crea un test per mettere alla prova una macchina, se la macchina supera il test allora le sue risposte saranno da ritenere indistinguibili da un pensiero umano.
Oggi quel test è vecchio, le macchine hanno già superato quel test.
Oggi esistono infatti molte variazioni di quel test.

Un passo indietro. Perchè ideare un test per sapere se una macchina "ragiona" come un uomo?
Il test rappresenta ciò che chiamiamo esperimento.
Ma la teoria qual è?
La teoria sostiene che il modo come pensa un uomo è equiparabile ad un calcolo.

Le macchine vengono programmate in modo che quei calcoli vengano effettivamente svolti.

Chi, come me, volesse mettere in dubbio questa equivalenza, dovrebbe trovare un modo per distinguere il pensiero umano da una macchina. Ovvero un test che una macchina non potrà mai superare.

Chiaramente partiamo tutti con dei ragionamenti simili, del tipo: un uomo è vivo, pensa in modo diverso dalle macchine, le quali non hanno tutte quelle sensazioni di esistere nel tempo ecc. ecc.

nonostante tutto quello che crediamo ci sia di differente tra un uomo ed una macchina, non possiamo stabilire se anche quelle differenze non possano essere colmate da programmazioni sempre piu sofisticate inserite in una macchina.
Non possiamo saperlo prima di tutto perchè non sappiamo quale sia la differenza incolmabile tra una macchina ed un uomo. Anche l'uomo calcola. Anche la visione, o tutti i sensi sono predisposti a far ricevere un segnale esterno in un modo abbastanza comprensibile. Una macchina può vedere, se ha dei sensori, si ferma se trova un ostacolo (questo solo per fare un esempio).

Ma come riportato dall'autore del topic (che ho preso a prestito dopo averlo resuscitato) in linea di massima un insegnante può essere sostituito da una macchina?
Ancora non riesco a trovare un argomento che faccia saltare il banco. Io dico si, oggi non ha tutti gli elementi per poterlo fare, ma non c'è una caratteristica che l'insegnante ha, che non si possa riprodurre in una macchina.

Per cui io sono alla ricerca di quella caratteristica...ovvero una qualità non programmabile in grado di cambiare anche la qualità delle risposte di un uomo rispetto ad una macchina.
Certo sarebbe che uno potrebbe anche pensare di essere preso in giro. Guarda che quello che ti sei perso te l'ho detto poco più di un mese fa nel post nr. 60 (tematiche filosofiche - realtà, che cosa intendiamo), l'ultima in ordine cronologico dopo averlo detto e ridetto più volte a tutta la platea e in varie forme. Basta che tu ti rilegga le ultime righe dell'intervento. Il problema sarebbe tutto tuo pertanto e anche abbastanza significativo, comunque per spiegarmi meglio riporto il mio primo post in questo forum e che considero buono per questa occasione:
"Ho letto il problema posto da Socrate. Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto." Questo naturalmente non significa che l'istinto sia svincolato dall'intelligenza. 
Proseguendo quindi, sembra pure, anche attraverso la risposta che dai a Phil, che tu non comprenda, che non accetti il fatto che la natura dell'intelligenza possa essere emotiva. Quindi, quando dici "....... perchè non sappiamo quale sia la differenza incolmabile tra una macchina ed un uomo." io ti dico che questa differenza incolmabile è semplicemente data dalla sfera emotiva.
Strana comunque la tua posizione di pensiero, dato pure che dici di andare in cerca di qualcosa che ti manca. In ogni caso, dato che mi sento esausto, buona estate a tutti 

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