Compiuta Donzella

Aperto da doxa, 09 Novembre 2025, 19:08:33 PM

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"Compiuta Donzella": pseudonimo dello sconosciuto nome di una poetessa nata a Firenze, vissuta nel XIII secolo.  Sono tre  suoi sonetti in volgare toscano, influenzati dagli stili trobadorico e giullaresco, conservati in un codice manoscritto, il "Canzoniere Vaticano Latino 3793".

È un codice realizzato a Firenze tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento. I paleografi hanno individuato l'alternarsi, all'interno del manoscritto, di una quindicina di grafie diverse, appartenenti a scrivani non professionisti.



Il  codice, composto da ventiquattro fascicoli, è diviso in due parti: nella prima parte le canzoni, più di trecento, nella seconda i sonetti.

Sono quasi mille i componimenti poetici trascritti. Molti sono di autori noti: Giacomo da Lentini, Guido Guinizzelli, Guittone d'Arezzo, e  di altri poeti cosiddetti  minori per i quali questo manoscritto rappresenta l'unico testimone che ne conservi nomi e testi: se fosse andato perduto, di tanti poeti si sarebbe completamente ignorata l'esistenza, tante poesie non si sarebbero potute leggere.

Tra i molti nomi di poeti pre-stilnovisti altrimenti sconosciuti, sfogliando il Vaticano Latino 3793 c' quello della poetessa, Compiuta Donzella. Sono soltanto tre i componimenti a suo nome custoditi dal codice vaticano.

Essi sono:

"A la stagion che 'l mondo foglia e fiora": la poetessa lamenta l'infelicità della propria condizione: all'immagine di gioia di tutte le damigelle nelle quali  la primavera  suscita l'amor cortese, Compiuta Donzella  contrappone lo smarrimento per il proprio infausto destino di promessa sposa contro la sua volontà.

"Lasciar vorria lo mondo e Dio servire": in questo sonetto emerge il contrasto fra il suo proposito di diventare monaca e quello del padre deciso ad obbligarla a contrarre matrimonio.

"Ornato di gran pregio e di valenza":  è una tenzone con un poeta anonimo  vissuto nello stesso secolo, che alcuni critici identificano con il fiorentino Chiaro Davanzati, influenzato dai temi della "Scuola siciliana".

Ecco i testi dei tre sonetti:

«A la stagion che 'l mondo foglia e fiora
acresce gioia a tut[t]i fin' amanti:
vanno insieme a li giardini alora
che gli auscelletti fanno dolzi canti;

la franca gente tutta s'innamora,
e di servir ciascun trag[g]es' inanti,
ed ogni damigella in gioia dimora;
e me, n'abondan mar[r]imenti e pianti.

Ca lo mio padre m'ha messa 'n er[r]ore,
e tenemi sovente in forte doglia:
donar mi vole a mia forza segnore,

ed io di ciò non ho disìo né voglia,
e 'n gran tormento vivo a tutte l'ore;
però non mi ralegra fior né foglia.»

Nella prima parte di questo sonetto Compiuta Donzella presenta la primavera come la stagione degli amori, nella quale gli amanti possono esprimere i loro sentimenti. In antitesi con le prime due strofe abbiamo le seconde due nelle quali la poetessa, contrariamente alle altre fanciulle, non può subire il fascino dell'innamoramento e non può abbandonarsi all'amore perché destinata, per volere del padre, a un uomo che non ama. La sofferenza che ciò le provoca che di quel rapporto non ha né "disio" né "voglia", è maggiormente accentuata dal contrasto con la primavera, motivo di gioia per le altre fanciulle, ma anche simbolo di fertilità, di spensieratezza e di gaudio. La natura fiorente non la "ralegra", anzi, a causa dell'errore in cui si trova, ella vive in tormento.


Secondo sonetto: 

"Lasciar voria lo mondo e Deo servire
e dipartirmi d'ogne vanitate,
però che vegio crescere e salire
matezza e villania e falsitate,
  ed ancor senno e cortesia morire
e lo fin pregio e tutta la bontate:
ond'io marito non voria né sire,
né stare al mondo, per mia volontate.
  Membrandomi c'ogn'om di mal s'adorna,
di ciaschedun son forte disdegnosa,
e verso Dio la mia persona torna.
  Lo padre mio mi fa stare pensosa,
ca di servire a Cristo mi distorna:
non saccio a cui mi vol dar per isposa".

Vorrei lasciare consacrarmi al servizio di Dio, e staccarmi da ogni vana cura, poiché vedo aumentare la follia, la villania, la falsità; vedo morire la saggezza, nobiltà e bontà: per cui io no vorrei prendere un marito per mio signore, e se dipendesse da me, vorrei non stare al mondo. Ricordando che ogni uomo si ammanta di male azioni, li disprezzo tutti con ogni forza, e anelo di ritornare a Dio. Mio padre mi fa restare addolorata, poiché tenta di distogliermi dal servire Cristo; non so a chi mi voglia maritare.
Il sonetto è motivato dalla religiosità e dall'amore, triste come nel primo sonetto.
È il lamento d'una donna, costretta a ubbidire e a subire, che si rivolge a Dio.


Terzo sonetto:

"Ornato di gran pregio e di valenza
e risplendente di loda adornata,
forte mi pregio piú, poi v'è in plagenza
d'avermi in vostro core rimembrata
  ed invitate a mia poca possenza
per acontarvi, s'eo sono insegnata,
come voi dite, c'agio gran sapienza,
ma certo non ne sono amantata.
  Amantata non son como voria
di gran vertute né di placimento;
ma, qual ch'i' sia, agio buono volere
  di servire con buona cortesia
a ciascun ch'ama sanza fallimento:
ché d'Amor sono e vogliolo ubidire".

I filologi  ipotizzano che l'uomo amato sia un chierico, Maestro Rinuccino, oppure un cavaliere, Chiaro Davanzati. E, proprio a Chiaro, la poetessa risponde con quest'ultimo sonetto.

Lo scambio di apprezzamenti e cortesie, permette a Compiuta Donzella di riconoscersi come donna che può avere la realizzazione di sé soltanto nel servizio dell'Amore, l'unico degno d'essere obbedito.

segue

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Le storie di tante  persone sono come scie lasciate da una barca sulla superficie del mare, poi l'arrivo di un'onda e la scia scompare.


Rogier van der Weyden, Maddalena leggente, 1438 circa,  è una parte di quel che era, una pala d'altare,The National Gallery, Londra

Rogier van der Weyden: il nome di questo artista è la versione fiamminga del nome originale, Rogier de la Pasture. Nacque nel 1399 circa  a Tournai, un Comune francofono del Belgio, a circa 85 km a sud di Bruxelles, dove morì nel 1464.


"Compiuta Donzella": questo pseudonimo veniva usato in quel tempo a Firenze, con il significato di "perfetta, piena di virtù".

Donzella alluderebbe al suo status di signorina. Il suo nome è presente  fra i sonetti del medico florentinus  "Mastro Torrigiano", che la definisce Divina Sibilla; è citata anche  del  medico e poeta fiorentino  "Mastro Rinuccino"  (o Rinuccio) Guidotti "magister Rinuccinus medicu"; un esplicito richiamo a lei è  anche in una lettera di Guittone d'Arezzo: "Soprapiacente donna, di tutto compiuto savere, di pregio coronata, degna mia Donna Compiuta, Guitton, vero devotissimo fedel vostro, de quanto el val e po', umilmente se medesmo raccomanda a voi"

Guido d'Arezzo partecipava attivamente come guelfo alla vita politica e culturale del luogo natio,  ma per contrasti politici, nel 1263 circa, dovette abbandonare Arezzo e la Toscana e in volontario esilio si recò a Bologna.

Nel 1265 ebbe una crisi spirituale e decise abbandonare la moglie e i tre figli per entrare nell'Ordine dei Cavalieri della Beata Vergine Maria, fondato a Bologna nel 1261, comunemente detti "frati gaudenti" (ricordati nel canto XXIII dell'Inferno, fra gli ipocriti). Si trattava di un ordine religioso-cavalleresco, che permetteva l'ingresso anche a uomini ricchi sposati e con figli. Tale ordine si proponeva di mantenere l'ordine e la pace nella città e la difesa delle fasce più deboli.

Guittone d'Arezzo morì nel 1294. Di questo poeta ci sono pervenuti  250 sonetti e 50 canzoni, che egli stesso distinse in rime amorose, anteriori alla conversione, e in rime religiose e morali a essa posteriori, fra le quali alcune ballate-laudi, di argomento religioso.

Scrisse anche un "Trattato d'Amore" in dodici sonetti e le Lettere (circa una trentina, in prosa), nelle quali dimostra tutta la sua arte di cultore dell'ars dictanti (l'"arte del dettare", che raccoglieva le norme retoriche e oratorie del latino).

Torno a Compiuta Donzella per dire che non stupisce che abbia adottato un nome fittizio in quanto era  una pratica diffusa a cui ricorrevano le autrici.

Della vita di questa donna si possono fare  soltanto ipotesi. La sua cultura fa presumere che abbia vissuto in un ambiente sociale di tipo nobiliare; era nota nell'ambiente intellettuale fiorentino.