Derrida e la farmacia di Platone: decostruzione o conservazione?

Aperto da PhyroSphera, 11 Maggio 2024, 19:41:48 PM

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PhyroSphera

(In verità avrei voluto che questo scritto fosse stato breve; ma non ho potuto fare altrimenti. Raccomando al lettore interessato un po' di pazienza.)


Io non ho avuto simpatia per i testi di J. Derrida. Una volta mi accadde di partecipare a un incontro culturale cui lui era presente e ne profittai per capirne un poco di più della sua filosofia. Alla fine mi concentrai sui neologismi che lui usava e che erano diffusi non solo nei suoi testi. Organizzai la mia riflessione su due fondamentali:

logocentrismo;
fonocentrismo.

Assai imbarazzato sulle prime perché non sapevo che senso filosofico darci, solo dopo compresi, notando la pessima abitudine di critici letterari, editori, lettori, di cercare il senso di un componimento poetico nella declamazione. Tentavano questi (e hanno i loro numerosissimi eredi) di prescindere dalla occasione costituita dal testo scritto, non mettendo in rapporto lo scritto col contesto originario e la scrittura coi nuovi contesti pure. Notavo altresì che questa strana impresa — di sottomettere cioè l'inventiva dello scrittore e la decifrazione del senso originario o solo originale del suo scritto alla emissione della voce e non viceversa, a volte cercando di idoleggiare i ritratti dei vecchi autori assieme alla faccia dei nuovi attori, altre volte direttamente la presenza fisica di questi o dei lettori qualunque — era legata a una accanita sopravvalutazione della ragione. Sicché si accentrava tutto attorno a un logos, dico uno perché in realtà prevaleva il pensiero particolare; quindi si faceva valere questo con una determinata cultura verbale, del dire, del trattare libri, anche dello gestire incontri culturali, esami universitari... anche recite di poesie.
Insomma, gente che ragiona troppo e troppo a modo proprio ed in una sola maniera e che basa la propria vita intellettuale sulla parola trascurando gli scritti!
Apparentemente, potrebbe sembrare che un mondo così funzioni bene, perché il pronunciare parole assicura una piena comunicazione. L'esigenza di trasmissioni che vanno oltre la presenza fisica delle persone nel mondo indubbiamente esiste, ma che importanza attribuirle, nell'era della tecnica, delle registrazioni audio e video? Culto dei morti al di sopra della cultura dei vivi, per giunta coi discorsi registrati e riprodotti? Meglio I Sepolcri di Ugo Foscolo o le tradizioni non scritte di Platone?
Derrida giungeva alla conclusione che esisteva un irrigidimento metafisico e la necessità di una distensione o indebolimento: la sua decostruzione della tradizione, basata su una maggiore autonomia delle interpretazioni dei testi scritti. Circondata da immense polemiche! Molti infatti lamentavano e lamentano scarso rispetto per l'autenticità dei patrimoni culturali da parte dei decostruzionisti, finanche volontà di sottrarne l'integrità a chi la decostruzione non la vuole. Per mezzo, il destino delle tradizioni orali.

Contemplando il volto e la persona di Derrida durante l'incontro, io mi domandavo chi fosse quest'uomo capace di creare tanti timori ed entusiasmi intellettuali; e forse notando la mia, forse anche altrui curiosità, Derrida parlò anche delle proprie origini da ebrei dell'Africa...
Io riflettevo: quest'uomo che vuol porre l'attenzione della cultura alla parola scritta, che usa la metafisica come un bambino che si diverte a smontare un gioco del suo compagno, ha capito per davvero di che faccenda si tratta? Che ne sa di Platonopoli (l'idea di Plotino di costruire la copia della Città Ideale in Campania) e della Città del Sole di Tommaso Campanella? Derrida per suo conto continuava dicendo che le sue conclusioni valevano genericamente per tutto l'Occidente...
In definitiva, come non pensare ai Libri Sacri del monoteismo, alla importanza delle Scritture per Lutero e Calvino (questi era francese come Derrida)... e anche alla differenza con l'Islam, per il quale il Corano è centrale come l'evento-Cristo nel Cristianesimo? Derrida diceva di una identità ebraica ma, secondo una tendenza che era già degli illuministi francesi, sembrava un maomettano che voleva sottrarre l'Occidente al dispotismo illuminato platonico, questo protratto senza uso fondamentale dei libri, per consegnarlo a ciò che Maometto chiamava le genti del Libro tra le quali la signoria sarebbe spettata ai musulmani... O di che altro poteva trattarsi, dato che si diceva, in pratica, di fondamento scritturale di tutta la nostra cultura? E quale futuro per la cultura del mito, posta soltanto ai margini?

Ma un altro concetto faceva parte del suo terribile corredo intellettuale, l'essere quale presenza. Non più l'ingenua oggettivazione metafisica, al tramonto dopo la scoperta contemporanea dell'esistenzialità; ma pur sempre un riferimento all'Assoluto. Mentre l'altro professore francese Levinas rifiutava in blocco un intero destino occidentale postulando una mistica e indicibile Alterità dall'Essere, il suo collega Derrida (che non a caso aveva specificato che la sua cultura ebraica non era di quelle antagoniste), concedeva qualcosa. Ma, ci si domandava, a quale prezzo? Per distruggere il centro delle tradizioni dominanti e farle sostituire proprio da quella mistica indicibile? O per consegnare l'Occidente, opportunamente indebolito, a Marx ed Engels?
Tanto abisso, poteva essere risolto passando ad un altro livello di pensiero. Con Derrida, si rimaneva e si rimane in una strana precarietà.
Ciononostante, la critica a logocentrismo e fonocentrismo, assieme al concetto di essere quale presenza (cioè non-oggetto), opportunamente collocati in una giusta scala di valori, possono aiutare.
Per mezzo però resta una controversia, circa la funzione non solo culturale anche politica dei monoteismi, per i quali l'orma della parola nella scrittura umana rimanda al mistero della Parola di Dio, che il dire ispirato delle favole del mito non riesce a raggiungere direttamente. Pensando che Derrida avesse l'ultima parola anche in politica, ci sarebbe forse da consegnarsi agli integralisti islamici, passando prima per l'ebraismo moderato! Ma non penso che era questa l'intenzione sua.
È ovvio continuare riflettendo circa il senso di questa presenza dell'essere, i limiti di essa oltre che della sua affermazione; e come la nostra tradizione occidentale e platonica si rapportava e si può rapportare ad essa. Un Platone che resta in una foto sempre più sbiadita, sempre più sfumata? O la coesistenza parallela e rispettosa tra Decostruzione e Conservazione? Una convivenza possibile?

In Francia c'era pure l'esistenzialismo religioso di Marcel, che indicava nel Mistero dell'Essere l'oscuro ed enigmatico Tu (pensiero che riprendeva pure il contatto con la cultura orfica antica, senza fratture culturali col mondo platonico); accanto al confronto, non restato solo sull'orlo della disperazione ma pure cadùtoci, di Sartre, con Essere e Nulla; e non si vede necessità di far dipendere tutta la cultura e politica occidentale dai filosofi decostruzionisti. Non c'è un pensiero unico nella nostra società e non è giusto criticare la tradizione orale su Platone solo perché non si è nel suo accadimento; inoltre non sarebbe giusto ignorare che in relazione a questo vi sono le scritture neoplatoniche. Nell'antichità Filone aveva già mostrato la congruenza della dottrina platonica col monoteismo e per via indipendente nasceva poi il neoplatonismo cristiano. È una pessima idea rapportarsi al lascito platonico e neoplatonico sottoponendo i testi scritti di chi lo ripresenta a una vivisezione di ogni frase, periodo, interezza nonché ignorando i discorsi tradizionali. Quelli che usano la decostruzione per tornare alla dittatura del pensiero unico, sbagliano di grosso.

Non è detto che di Platone dobbiamo conservarci solo la farmacia — ma neppure disdegnamo chi ha di lui solo quella.



Mauro Pastore (10 maggio 2024).

PhyroSphera

Ho dovuto reinviare il testo, con una modifica che contiene un significato leggermente diverso, non alternativo (ho corretto pure un errore di battitura). Ho incluso la data di ieri, perché avevo apportato la modifica già ieri.

Mauro Pastore