L'escalation di violenza cui stiamo assistendo non è riducibile al solo terrorismo o al femminicidio. C'è un generale imbarbarimento nei rapporti, una progressiva perdita di filtri, di tolleranza, persino di spensieratezza e di umor. Diventa superfluo parlare di pace e guerra, perché la pace è già una guerra, dato che ogni banale discussione rischia di provocare un'efferatezza. Certo ci sono state epoche ben più violente di questa, ma allora non c'era la psicologia, questa scienza che rende chi la studia convinto di saperne più degli altri in quanto a pensieri e comportamento delle persone. Ma se è davvero così, se la scienza psicologica è così efficace, come si spiega questa esplosione di violenza in una società civilizzata come la nostra? Saranno mica, sti psicologi, come i giocatori d'azzardo, che parlano solo dei successi e dei fallimenti mai?
Buonasera CVC. Noto un tono leggermente polemico contro gli psicologi e direi che fai bene ad essere polemico se ti riferisci a quegli psicologi che pensano di avere la verità in tasca e che pontificano e danno indicazioni ai poveri pazienti facendo invece nascere in loro delle intenzioni omicide.
Effettivamente di tanto in tanto capita anche che uno psicologo o uno psichiatra venga fatto fuori da un suo paziente e quindi c'è del vero in quello che dici.
Però un fenomeno come quello della escalation della violenza ha tante concause e in primo luogo bisognerebbe anche verificare se davvero c'è questa escalation della violenza. Baudelaire più di un secolo fa affermava che i "giornali puzzavano di crimine", perché solo facendoci credere di essere immersi nella violenza riuscivano a vendere qualche copia in più. Nel '500 era molto più facile di ora uscire di casa e non tornare più perché si era incontrato un bravo, un inquisitore, un semplice malfattore. Pensa a Caravaggio. Potresti immaginare un pittore come Andy Warhol che passa la sua vita fra creazioni pittoriche maestose e duelli e omicidi?
Detto questo la psicologia ha molti nemici perché ti mette all'angolo, ti impone di "conoscere te stesso", una frase molto antica, così come molto antiche sono le radici della psicologia. Chi vuole fare bene questo lavoro deve conoscere le basi biologiche del corpo umano, la neurologia ma anche e forse soprattutto la cultura umana, humani nihil a me alienum puto dovrebbe essere il motto degli psicologi.
Quindi a questo punto ho un pò spaiato le carte. Intanto non è detto che vi sia una escalation di violenza e inoltre un pò di psicologia, anche se non si chiamava così, c'è sempre stata.
Continuate voi, se volete....
Citazione di: Jacopus il 02 Agosto 2016, 23:55:42 PMBuonasera CVC. Noto un tono leggermente polemico contro gli psicologi e direi che fai bene ad essere polemico se ti riferisci a quegli psicologi che pensano di avere la verità in tasca e che pontificano e danno indicazioni ai poveri pazienti facendo invece nascere in loro delle intenzioni omicide.
Effettivamente di tanto in tanto capita anche che uno psicologo o uno psichiatra venga fatto fuori da un suo paziente e quindi c'è del vero in quello che dici.
Però un fenomeno come quello della escalation della violenza ha tante concause e in primo luogo bisognerebbe anche verificare se davvero c'è questa escalation della violenza. Baudelaire più di un secolo fa affermava che i "giornali puzzavano di crimine", perché solo facendoci credere di essere immersi nella violenza riuscivano a vendere qualche copia in più. Nel '500 era molto più facile di ora uscire di casa e non tornare più perché si era incontrato un bravo, un inquisitore, un semplice malfattore. Pensa a Caravaggio. Potresti immaginare un pittore come Andy Warhol che passa la sua vita fra creazioni pittoriche maestose e duelli e omicidi?
Detto questo la psicologia ha molti nemici perché ti mette all'angolo, ti impone di "conoscere te stesso", una frase molto antica, così come molto antiche sono le radici della psicologia. Chi vuole fare bene questo lavoro deve conoscere le basi biologiche del corpo umano, la neurologia ma anche e forse soprattutto la cultura umana, humani nihil a me alienum puto dovrebbe essere il motto degli psicologi.
Quindi a questo punto ho un pò spaiato le carte. Intanto non è detto che vi sia una escalation di violenza e inoltre un pò di psicologia, anche se non si chiamava così, c'è sempre stata.
Continuate voi, se volete....
Buongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.
La quantità di consumo di ansiolitici e farmaci varii, come ho scritto in altra discussione recentemente, indica problemi di stabilità della personalità legata alla propria identità, dove il rapporto uomo/ambiente si sta connotando sempre più privo di riferimenti, altamente aleatorio, competitivo, pieno di aspettative. Siamo proiettati sempre più ad un domani, ma privo di speranze e senza un retroterra culturale, un background che permetta di relazionare persona e cultura.
E' un mondo malato, dove l'uomo non può che raccogliere psicosomaticamente le problematiche ambientali su di sè.
Da quando è finita la psicoanalisi, la psicologia è ridotta al "confessionale del prete". Si scarica nel transfert psichico su un'altra persona
in ascolto i nostri problemi.La soluzione è ormai il farmaco , il blocco di ricettori; la psiche è ridotto a cervello, la coscienza, o meglio gli stati di coscienza a stati id'animo più meno compulsivi.
Non c'è nessun medico dell'anima. Nemmeno uno stregone, uno sciamano che armonizzavano il disordine umano che si manifestava nella malattia.
Persone con problemi mentali spesso sono in cura da parvenze di psicologi....... e hanno pure ucciso.
A cosa è utile l'attuale psicologia? All'industria del farmaco e all'economia delle teorie delle scelte e del marketing
penso che la psicologia ha fallito perché si e' ridotta e chiusa al solo ambito mentale/fisico (strettamente materiale) infatti come dice paul,non poteva poi non sfociare a mero business anche quello),paragonabile da un altro punto di vista e parallelamente ad una discesa nei strati sotterranei della persona.
(cito di nuovo paul:la psiche è ridotto a cervello, la coscienza, a stati d'animo più meno compulsivi)
mentre io credo che dovrebbe fare da ponte per aprirsi ai livelli superiori "spirituali" a partire da quelli più sottili,dell'anima.
Condivido la tua riflessione CVC.
É innanzitutto il fallimento non tanto della psicologia in sé quanto di un sistema educativo banale basato sul permissivismo che in realtà non educa al miglioramento e all.equilibrio della persona. Inoltre altri fattori negativi che si sono imposti nella società hanno determinato l'aumento di casi di psicopatologia e violenza. L'educazione in primis le cui cosiddette "agenzie educative"si sono ma mano arricchite di nuove figure ritenute importanti come psicologi, psicoterapeuti, pedagogisti, ecc., hanno fallito in pieno perché si sono limitate a cercare di capire le personalità che ponevano attenzione o particolari problemi invece di orientare, fortificare e correggerne le "anomalie". Ad esempio la scuola non si capisce più cosa sia diventata; a mio parere non è più un luogo educativo valido. Sono in parte d'accordo con Paul, non condivido la sua opinione per cui la psicologia sia diventata un business dei farmaci perché lo psicologo o psicoterapeuta non può prescrivere o consigliare farmaci.
Citazione di: verdeidea il 03 Agosto 2016, 11:46:28 AM. Sono in parte d'accordo con Paul, non condivido la sua opinione per cui la psicologia sia diventata un business dei farmaci perché lo psicologo o psicoterapeuta non può prescrivere o consigliare farmaci.
Giusta precisazione. Semplicemente perchè non hanno un percorso formativo attinente, e quindi delegano al medico di base la presscizione del farmaco se ritengono che coadiuvi la terapia.Ma chiediamoci perchè esiste lo psicologo, lo psicoterapeuta, il neurologo .Perchè un cervello/mente/coscienza deve delegare a più ambiti medici la sua malattia, il suo stato di disagio.C'è chi passa una vita dal psicologo o psicoterapeuta, ben inquadrato da Woody Allen.per risolvere un bel niente e riempire le tasche del professionista.Il sistema educativo è collassato. Il ruolo fondamentale della famiglia è stato abdicato per totale mancanza di ruolo dei padri e delle madri, orientati più a Facbook che educare i figli. Quesi bei esemplari d igenitori se la pigliano con il sitema scuola/insegnanti, come se l'insegnate potesse seguire formazione psichica e formazione culturale di tutti gli studenti.Poi la scuola ha reso funzionale al lavoro la formazione, compiendo quell oche la società vuole: famiglia-scuola- lavoro=sottomesso competitivo, forte con i deboli e debole con i forti, ovvero un signorsì ipocrita che insegue successo e status symbol e si imbottisce di cocaina per desensibilizzare ,per anestetizzare quel poco di anima che rimane. Cadi in depressione, hai una malattia? E' sintomo che ci vuole un fisico bestiale per essere deficienti in mezzo al branco.La famiglia deve aiutare la maturazione della sfera affettiva del bambino e formarlo moralmente ed eticamente, non può delegare ad altri il suo ruolo....ma la famiglia oggi che cos'è se non il luogo di poco più che conoscenti che casualmente si incontrano?
Senza occuparsi dell'anima non si va lontano. Come mi pare dice Socrate nell'apologia, non può essere che ci siano cavalli domati senza che ci siano domatori di cavalli. Ugualmente non possono esserci buoni processi psicologici senza un'anima che li istruisce. Il problema è che la psicologia non è una scienza, è un'arte. E lo stesso vale per l'educazione dell'individuo. L'educazione può insegnare la scienza, ma l'educazione non è una scienza. È un'arte, e l'arte è una manifestazione dell'anima. E un'anima violenta è, se non sempre, nella maggior parte dei casi un'anima indifferente. La scienza tende a eliminare i problemi, in un mondo senza problemi, o con qualcuno che li risolve al posto nostro, la vita è indifferente. Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro.
Grazie a tutti per le interessanti risposte.
Scusa se reintervengo, dovete avere pazienza sto diventando intollerante a certe manifestazioni sociali, forse sto rincoglionendo o forse ho coltivato un anticorpo a questo sistema disumanizzante, di involucri e parvenze umane.
Sì dici bene CVC è un arte educare, non esiste la tecnica per essere genitori o educatori, ci possono aiutare coadiuvare, ma l'empatia, la capacità di ascolto dell'anima o è una vocazione o è rischiare di avere formatori incapaci che fanno danni. Lo vediamo negli asili nido, persone non preposte psicologicamente a vivere in mezzo a bambini piccoli.Invece si fa il concorso pubblico o ci si inventa un mestiere per sbarcare il lunario.
La stessa psicologia ci dice che un bambino che subisce una violenza affettiva se la porta per tutta la vita ma soprattutto la ritrasmette: la degenerazione crescerà così esponenzialmente.
Ma è pericoloso, perchè si spezza il testimone di generazione in generazione , dove un genitore aiuta il figlio a maturare quest'ultimo non imparerà nel suo animo a insegnare a sua volta. Se si toglie passione ed umanità ad un insegnante avremo un computer che ordina compiti e interroga sulla memoria, non un educatore che appassiona sulla sua disciplina che incoraggia e va oltre testo e pone tematiche laterali, domande in sospeso.. Sono sempre meno, perchè la standardizzazione industriale vuole un uomo produttivo, non un uomo civile
e dà fastidio avere a che fare con persone con carattere e proprie idee, meglio i signorsì che prendono ordini e la pastiglia per digerire. la pastiglia per dormire,la pastiglia per ......
Freud e Jung sono uomini di cultura che hanno fatto cultura, prima ancora di essere ricordati come psicanalisti, e questo aldilà del giudizio che potremmo dare alla psicoanalisi: c'è intuito oltre che tentativo medico di strutturare una disciplina scientifica, c'è interpretazione storica dei simboli.
Oggi ci sono imbonitori e venditori di fumo.
Citazione di: cvc il 03 Agosto 2016, 14:40:02 PMSenza occuparsi dell'anima non si va lontano. Come mi pare dice Socrate nell'apologia, non può essere che ci siano cavalli domati senza che ci siano domatori di cavalli. Ugualmente non possono esserci buoni processi psicologici senza un'anima che li istruisce. Il problema è che la psicologia non è una scienza, è un'arte. E lo stesso vale per l'educazione dell'individuo. L'educazione può insegnare la scienza, ma l'educazione non è una scienza. È un'arte, e l'arte è una manifestazione dell'anima. E un'anima violenta è, se non sempre, nella maggior parte dei casi un'anima indifferente. La scienza tende a eliminare i problemi, in un mondo senza problemi, o con qualcuno che li risolve al posto nostro, la vita è indifferente. Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro. Grazie a tutti per le interessanti risposte.
La conclusione mi piace. E meglio di così non potevi concludere, rispondendo, in definitiva, tu stesso alla domanda posta inizialmente:
"Non bisogna delegare i propri problemi agli altri, allo specialista di turno. Occorre qualcuno che ci insegni a combattere, perché vivere è combattere, e non il Mr Wolf di turno che risolve i nostri problemi al posto nostro."
Diciamo meglio che l'educazione è un'arte! La psicologia a mio avviso rimane nell'ambito delle scienze.
E questo era e rimane il compito dell'educazione! Ed è la famiglia il luogo più adatto per imprimere tutti quei valori che formano una personalità responsabile e gli insegnamenti fondamentali atti ad affrontare con maturità la vita. Naturalmente, raggiunta l'età adatta, la stessa famiglia deve aiutare l'individuo a saper vivere nel mondo, a staccarsi dal caldo e protettivo guscio domestico e rendersi completamente autonomo; ciò non significa però dover abbandonare a tutti i costi la propria famiglia per vivere da soli così come si usa fare ormai anche in Italia, per non sentirsi od essere giudicati "bamboccioni". Si può benissimo raggiungere la piena indipendenza e autonomia restando in famiglia, continuando, e non spezzando, la relazionale parentale che in tal modo prosegue ad arricchire il processo educativo che in realtà non finisce mai.
Infatti è diverso il rapporto (e ciò che si impara) con i genitori quando siamo bambini o adolescenti, da quando siamo adulti e magari anche noi padri o madri; li vediamo sotto una luce differente, si comprendono cose che prima erano incomprensibili.
Certo, il legame con i propri parenti può rimanere anche se si è scelto di vivere lontani, separati, ma qui entra in gioco non tanto "l'essere rimasti in qualche maniera in rapporto", ma la "qualità" del rapporto. Si può benissimo andare a trovare tutte le settimane con mille premure il proprio genitore anziano nella casa di riposo a pochi chilometri da casa nostra, ma non sarà mai come se lo avessimo a casa con noi, presente e partecipe alla nostra vita quotidiana, non sarà mai qualitativamente lo stesso rapporto affettivo, tutt'altro.
E quei rapporti mancati, non realizzati, li avremo persi per sempre. A volte ci rendiamo conto di questo solo quando i genitori o altri parenti muoiono.
Educare significa anche formare ai buoni sentimenti, al rispetto degli altri, dell'anziano, dei bambini, del più debole, saper essere grati e riconoscenti.
Purtroppo queste cose ce le siamo dimenticate e forse molti giovani non le hanno mai imparate.
L'individualismo eccessivo e l'utilitarismo degli ultimi decenni ci hanno disumanizzato non poco.
Citazione di: paul11 il 03 Agosto 2016, 18:01:13 PMScusa se reintervengo, dovete avere pazienza sto diventando intollerante a certe manifestazioni sociali, forse sto rincoglionendo o forse ho coltivato un anticorpo a questo sistema disumanizzante, di involucri e parvenze umane. Sì dici bene CVC è un arte educare, non esiste la tecnica per essere genitori o educatori, ci possono aiutare coadiuvare, ma l'empatia, la capacità di ascolto dell'anima o è una vocazione o è rischiare di avere formatori incapaci che fanno danni. Lo vediamo negli asili nido, persone non preposte psicologicamente a vivere in mezzo a bambini piccoli.Invece si fa il concorso pubblico o ci si inventa un mestiere per sbarcare il lunario. La stessa psicologia ci dice che un bambino che subisce una violenza affettiva se la porta per tutta la vita ma soprattutto la ritrasmette: la degenerazione crescerà così esponenzialmente. Ma è pericoloso, perchè si spezza il testimone di generazione in generazione , dove un genitore aiuta il figlio a maturare quest'ultimo non imparerà nel suo animo a insegnare a sua volta. Se si toglie passione ed umanità ad un insegnante avremo un computer che ordina compiti e interroga sulla memoria, non un educatore che appassiona sulla sua disciplina che incoraggia e va oltre testo e pone tematiche laterali, domande in sospeso.. Sono sempre meno, perchè la standardizzazione industriale vuole un uomo produttivo, non un uomo civile e dà fastidio avere a che fare con persone con carattere e proprie idee, meglio i signorsì che prendono ordini e la pastiglia per digerire. la pastiglia per dormire,la pastiglia per ...... Freud e Jung sono uomini di cultura che hanno fatto cultura, prima ancora di essere ricordati come psicanalisti, e questo aldilà del giudizio che potremmo dare alla psicoanalisi: c'è intuito oltre che tentativo medico di strutturare una disciplina scientifica, c'è interpretazione storica dei simboli. Oggi ci sono imbonitori e venditori di fumo.
Oddio Paul, come sei bravo! :D
Condivido e sottoscrivo tutto!
CitazioneBuongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.
RIparto da qui perchè poi il discorso ha preso le vie più disparate. E' vero, la psicologia si è frammentata: esiste lo psicologo del lavoro, lo psicologo di comunità, lo psicologo applicato alla pubblicità e all'industria, lo psicologo sportivo, lo psicologo sociale o socio-psicologo il criminologo e così via. Le specializzazioni così settarie sono un aspetto della rivoluzione industriale e non riguardano solo la psicologia. Forse solo la filosofia più astratta, l'arte e la religione riescono ancora ad avere uno sguardo "olistico".
Poi, CVC, ti concentri sul ruolo educativo della psicologia. Ovviamente esiste anche una psicologia declinata alla pedagogia, ma il campo del sapere umano che si dovrebbe interpellare è appunto la pedagogia e non la psicologia. Semplicisticamente la psicologia ha come oggetto la dialettica continua fra interno/esterno: quelli che tu chiami anima, si può chiamare coscienza, Io, identità. E' quell'insieme di sensazioni e di percezioni che ci fa dire io esisto, che ci mette in contatto con la parte più oscura della nostra esistenza, con il "Perturbante", con il significato della vita, con la morte, con il futuro, con la speranza, con i sogni. E' il nostro interno. Una parte che esisterebbe anche se fossimo soli su un'isola deserta. Quell'interno però dialoga continuamente con una comunità di soggetti, anche nell'isola deserta. Quando uno dice "cosa farebbe mio padre al mio posto", mette in atto questo dialogo continuo fra interno ed esterno.
La pedagogia è più rivolta all'esterno, al comportamento a come rendere funzionali le persone e farle vivere serenamente in società. Ed è una certa pedagogia degli anni '60 quella che ha fatto sì che si creasse questa "leggenda" del permissivismo. Esistono studi anche sulla cosiddetta pedagogia "nera", ovvero quella pedagogia fondata sulla sottomissione al pater familias, tipica del mondo occidentale fino a due generazioni fa.
Quella pedagogia è stata considerata anche una facilitatrice dello scoppio delle guerre mondiali. Guarda in proposito il film "il nastro bianco" di Michail Haneke premiato a Cannes se non ricordo male qualche anno fa.
Sono però d'accordo con te quando dici che questo mondo è "permissivo", ma non sono gli psicologi o i pedagogisti a volerlo. Tutt'altro: se leggi Freud ti rendi conto ad esempio che per lui l'abnegazione e il senso del dovere che potevano portare al miglioramento della società sono esattamente il contrario del permissivismo. La tanto nota teoria del Super-Io, una sorta di vigile urbano interno che ci dice continuamente "ti arresto se non fai come dico io" (sto semplificando) mi sembra esplicativa. Il permissivismo nasce da una esigenza economica: se ascolto il senso del dovere magari penso a risparmiare per i miei figli o per me stesso. Posso iniziare a pensare che consumare troppo inquina il mondo. La società è invece permeata di valori no-limits, dove occorre raggiungere la performance, consumare, sfogarsi, sfrenarsi, drogarsi di sostanze, di automobili, di soldi, di nasi rifatti, di tatuaggi. Tutto va permesso perché tutto va consumato.
Secondo punto. Occorre però anche superare, a mio avviso, una pedagogia del "rispetto dei grandi" come scrivi. Il rispetto, anche i grandi, se lo devono conquistare sul campo. Altrimenti cosa cambia fra il rispetto dovuto e la raccomandazione o il sistema feudale? Una pedagogia moderna insegna anche ad avere una visione critica delle cose, a capire "cosa significano le posizioni dei soggetti, delle classi, quali sono i nostri diritti e quelli degli altri ed anche i nostri doveri e quelli degli altri".
Tutto questo, nello stesso tempo, non significa neppure che un insegnante si deve far bello e dire agli studenti "fatevi beffe dei vostri ignoranti genitori". Avrebbe molto più senso allora fare degli incontri con i genitori per informarli a seguire delle linee, tipo "Sos Tata". Ad ogni modo dalle cronache si legge di solito esattamente il contrario: sono i genitori che si fanno beffe o sono aggressivi nei confronti di quegli insegnanti che magari vorrebbero sequestrare i telefonini, o non vedere le studentesse in classe con pantaloncini-mutanda o vogliono impartire qualche simulacro di regola.
Gli insegnanti spesso sono stanchi di predicare nel deserto, di fronte ad una società che si fa beffe della cultura e che valuta le persone da quando guadagnano e non da quanto sanno e allora si ritirano, diventano indifferenti. Evitare di dover far rispettare le regole è più semplice per tutti, del resto, ma scaricare la croce sulla psicologia o sulla pedagogia o sugli insegnanti mi sembra davvero simile alla ricerca di un capro espiatorio ideale per problemi strutturali che permeano la nostra società da almeno 70/80 anni.
L'ultimo mio pensiero è rivolto allo scapaccione. Se penso a me stesso posso dire di aver ricevuto tante sane botte da mia madre con il battipanni, con le mani, con gli zoccoli e sono cresciuto anch'io più o meno normale ma ai miei figli ho dato qualche scapaccione solo fino a tre/quattro anni, perchè a quella età i discorsi talvolta non servono. Poi ho adottato le punizioni che continuo ad adottare tuttora: telefonino requisito, non si esce il sabato, paghetta dimezzata, e così via, spiegando anche il senso di quello che si fa e concordando con mia moglie la strategia prima. Insomma non credo che le botte siano necessarie, mentre le punizioni sì e proprio le punizioni sono avversate da questo sistema, perché significa che magari non faccio il regalino, non compro il motorino, non prendo il pantaloncino....
Citazione di: Jacopus il 03 Agosto 2016, 23:50:43 PM
CitazioneBuongiorno Jacopus. La psicologia non è solo nel rapporto medico-paziente, il quale è per altro facilmente verificabile, nel senso che si può vedere se una certa cura è efficace o meno nel guarire una certa malattia diagnosticata, in modo che il successo o meno di una cura ne decreta la validità. Ma è estremamente riduttivo limitare l'influenza della psicologia al solo ambito medico. La psicologia permea ogni ambito della nostra vita: la formazione nel lavoro, la persuasione nelle nostre scelte economiche, le indagini che riguardano la giustizia, la formazione dei giovani. In particolare, la psicologia con le sue teorie è salita in cattedra quanto al ruolo di educatrice. Fino a poco tempo fa, l'educazione dell'individuo era suddivisa fra il ruolo dei genitori e quello della scuola. I genitori si preoccupavano che i bambini fossero educati nel senso in cui intendeva la tradizione tramandata di generazione in generazione: rispetto dei più grandi, della legge, saper fare di conto, un certo senso del pudore. Alla scuola spettava invece il ruolo di istruire il giovane, educarlo alle lettere e alla scienze, dando per scontato che i valori della tradizione infusi dalle famiglie fossero dei buoni valori. Ora però, se non è una mia impressione, il fatto di conoscere in modo teorico questo o quel meccanismo psicologico autorizza l'educatore istituzionale a dare ai giovani messaggi prevaricanti nei confronti dei genitori. Ad esempio un insegnante potrebbe illustrare agli alunni una tale nuova valida o presunta teoria psicologica di cui gli indaffarati genitori sarebbero ignari, e questo suona come un dire "avete visto? I vostri genitori sbagliano perchè non sanno...". Dopodichè l'alunno solerte se ne va a casa a psicanalizzare il padre o la madre, e la reverenza genitoriale se ne va a farsi benedire. Senza dire che la validità della tale teoria resta tutta da verificare, dato la difficoltà della sperimentazione (a volte ridixola in quanto basata su simulazioni e non sulla realtà, dove l'onestà di chi si offre alla sperimentazione è tutta da vedere) in ambito psicologico. Appunto, chi dice, ad esempio, che la condiscendenza nei confronti dei giovani irrequieti e prepotenti - tesi che mi pare vada per la maggiore in ambito educativo – sia realmente efficace? E che un genitore che da un sano scapaccione sia un criminale?
Sulla maggiore violenza nelle altre epoche ho già detto, basterebbe senza andare troppo lontano, leggere le statistiche sui reati di inizio XX secolo per essere ben contenti dei nostri "pochi" omicidi quotidiani. Ma la differenza e che ora, rispetto ad allora, il tasso di istruzione è molto più alto, come lo sono il reddito pro capite e le condizioni generali di vita. La psicologia dovrebbe fors riflettere anzitutto sull'origine del proprio nome. Psiche significa non solo mente, ma mente in quanto sede dell'anima. Il concetto di anima dovrebbe essere centrale quando si parla di individuo, di personalità, di formazione. E non di una vuota ed astratta giustapposizione di meccanismi psicologici.
RIparto da qui perchè poi il discorso ha preso le vie più disparate. E' vero, la psicologia si è frammentata: esiste lo psicologo del lavoro, lo psicologo di comunità, lo psicologo applicato alla pubblicità e all'industria, lo psicologo sportivo, lo psicologo sociale o socio-psicologo il criminologo e così via. Le specializzazioni così settarie sono un aspetto della rivoluzione industriale e non riguardano solo la psicologia. Forse solo la filosofia più astratta, l'arte e la religione riescono ancora ad avere uno sguardo "olistico".
Poi, CVC, ti concentri sul ruolo educativo della psicologia. Ovviamente esiste anche una psicologia declinata alla pedagogia, ma il campo del sapere umano che si dovrebbe interpellare è appunto la pedagogia e non la psicologia. Semplicisticamente la psicologia ha come oggetto la dialettica continua fra interno/esterno: quelli che tu chiami anima, si può chiamare coscienza, Io, identità. E' quell'insieme di sensazioni e di percezioni che ci fa dire io esisto, che ci mette in contatto con la parte più oscura della nostra esistenza, con il "Perturbante", con il significato della vita, con la morte, con il futuro, con la speranza, con i sogni. E' il nostro interno. Una parte che esisterebbe anche se fossimo soli su un'isola deserta. Quell'interno però dialoga continuamente con una comunità di soggetti, anche nell'isola deserta. Quando uno dice "cosa farebbe mio padre al mio posto", mette in atto questo dialogo continuo fra interno ed esterno.
La pedagogia è più rivolta all'esterno, al comportamento a come rendere funzionali le persone e farle vivere serenamente in società. Ed è una certa pedagogia degli anni '60 quella che ha fatto sì che si creasse questa "leggenda" del permissivismo. Esistono studi anche sulla cosiddetta pedagogia "nera", ovvero quella pedagogia fondata sulla sottomissione al pater familias, tipica del mondo occidentale fino a due generazioni fa.
Quella pedagogia è stata considerata anche una facilitatrice dello scoppio delle guerre mondiali. Guarda in proposito il film "il nastro bianco" di Michail Haneke premiato a Cannes se non ricordo male qualche anno fa.
Sono però d'accordo con te quando dici che questo mondo è "permissivo", ma non sono gli psicologi o i pedagogisti a volerlo. Tutt'altro: se leggi Freud ti rendi conto ad esempio che per lui l'abnegazione e il senso del dovere che potevano portare al miglioramento della società sono esattamente il contrario del permissivismo. La tanto nota teoria del Super-Io, una sorta di vigile urbano interno che ci dice continuamente "ti arresto se non fai come dico io" (sto semplificando) mi sembra esplicativa. Il permissivismo nasce da una esigenza economica: se ascolto il senso del dovere magari penso a risparmiare per i miei figli o per me stesso. Posso iniziare a pensare che consumare troppo inquina il mondo. La società è invece permeata di valori no-limits, dove occorre raggiungere la performance, consumare, sfogarsi, sfrenarsi, drogarsi di sostanze, di automobili, di soldi, di nasi rifatti, di tatuaggi. Tutto va permesso perché tutto va consumato.
Secondo punto. Occorre però anche superare, a mio avviso, una pedagogia del "rispetto dei grandi" come scrivi. Il rispetto, anche i grandi, se lo devono conquistare sul campo. Altrimenti cosa cambia fra il rispetto dovuto e la raccomandazione o il sistema feudale? Una pedagogia moderna insegna anche ad avere una visione critica delle cose, a capire "cosa significano le posizioni dei soggetti, delle classi, quali sono i nostri diritti e quelli degli altri ed anche i nostri doveri e quelli degli altri".
Tutto questo, nello stesso tempo, non significa neppure che un insegnante si deve far bello e dire agli studenti "fatevi beffe dei vostri ignoranti genitori". Avrebbe molto più senso allora fare degli incontri con i genitori per informarli a seguire delle linee, tipo "Sos Tata". Ad ogni modo dalle cronache si legge di solito esattamente il contrario: sono i genitori che si fanno beffe o sono aggressivi nei confronti di quegli insegnanti che magari vorrebbero sequestrare i telefonini, o non vedere le studentesse in classe con pantaloncini-mutanda o vogliono impartire qualche simulacro di regola.
Gli insegnanti spesso sono stanchi di predicare nel deserto, di fronte ad una società che si fa beffe della cultura e che valuta le persone da quando guadagnano e non da quanto sanno e allora si ritirano, diventano indifferenti. Evitare di dover far rispettare le regole è più semplice per tutti, del resto, ma scaricare la croce sulla psicologia o sulla pedagogia o sugli insegnanti mi sembra davvero simile alla ricerca di un capro espiatorio ideale per problemi strutturali che permeano la nostra società da almeno 70/80 anni.
L'ultimo mio pensiero è rivolto allo scapaccione. Se penso a me stesso posso dire di aver ricevuto tante sane botte da mia madre con il battipanni, con le mani, con gli zoccoli e sono cresciuto anch'io più o meno normale ma ai miei figli ho dato qualche scapaccione solo fino a tre/quattro anni, perchè a quella età i discorsi talvolta non servono. Poi ho adottato le punizioni che continuo ad adottare tuttora: telefonino requisito, non si esce il sabato, paghetta dimezzata, e così via, spiegando anche il senso di quello che si fa e concordando con mia moglie la strategia prima. Insomma non credo che le botte siano necessarie, mentre le punizioni sì e proprio le punizioni sono avversate da questo sistema, perché significa che magari non faccio il regalino, non compro il motorino, non prendo il pantaloncino....
(Scusa per il ritardo, anche se può sembrare strano essere indaffarati in questo periodo)
Certo, si può parlare solo di coscienza e seppellire il problematico concetto di anima, come in effetti si sta facendo, ma questo significa anche buttare alle ortiche oltre 2000 anni di tradizione culturale occidentale. Nessuno dice che non ci si debba evolvere e staccarsi dalle tradizioni quando risultano antiquate. Però, se più di 2 millenni della nostra cultura si reggono sul concetto di anima, togliendo ora questa pietra angolare, si sprofonda nel vuoto. Tanto più che non si parla di elaborare, modificare o sostituire questo concetto, ma di asportarlo e mascherarne l'assenza allargando quello di coscienza. Se togli il concetto di anima, crollano 2000 anni di cultura. Se si trattava di un castello di carte, poco importa. Ma se, al contrario, il nostro retroterra culturale è qualcosa di solido, allora stiamo precipitando nel vuoto. E credo tu indovinerai per quale delle due tesi io propendo.
Certo, la psicologia ha detto molte cose interessanti. Ma a che mi servono se non ho un'anima da salvare? A che mi servono se ho solo una coscienza che mi spiega che i demoni che ho in me sono solo fantasie più o meno spiegabili, ma che la vita sembra avere molto più senso se li considero reali, se penso cioè che ci sia un demone benigno da guadagnare e uno maligno da evitare?
E come mai, tornando al tema, ci si ammazza per cose da due soldi? Dov'è la nostra anima? Abbiamo fatto come i soldati che per fuggire meglio gettano armi e armature, e poi si ritrovano impossibilitati a difendersi da qualsiasi nemico. E nemmeno hanno più qualcosa da vendere per un pezzo di pane. Io non baratto l'anima per una coscienza allargata.
Bravo, CVC, sono d'accordo con quanto scrivi. Per colpa di una certa cultura sinistroide liberal-democratica ed eccessivamente progressista, che si è imposta dal dopoguerra ad oggi, stiamo rinnegando tutto ciò che ci ha reso "Civiltà Occidentale" , in tutti i sensi più evoluta rispetto al resto del mondo. Stiamo rinnegando le nostre radici, la nostra storia, trascurando il fatto che senza l'individuazione, senza identità, senza la consapevolezza del proprio valore, un popolo non diventa meno aggressivo, né più emancipato, ma lo si indebolisce, lo si annienta completamente cancellando tutto ciò che di bello e di buono ha saputo costruire per sé e per gli altri popoli.
Le idee della liberal-democrazia ci stanno distruggendo, a mio parere perché sono inadeguate ad affrontare giudiziosamente i cambiamenti in atto nel mondo.
Mentre Jacopus è una continua delusione... ::)
No ma è inaudito quello che scrive, davvero semplicistico ed anche contraddittorio. Contraddittorio perché parla di merito anche per il dovuto rispetto verso gli adulti, gli anziani e quant'altro. Penso che lui abbia le idee confuse. Da un lato dice che il "permissivismo" (e nell'educazione permissiva non si ha di fatti molto rispetto degli adulti, della persona in quanto tale) nasce dall'esigenza consumistica (perciò ad essa funzionale) e poi riconosce il rispetto per gli adulti solo se lo "meritano"? Ma cosa dici?
Il rispetto deve essere riconosciuto innanzitutto per il valore intrinseco della persona umana in quanto tale! Il Rispetto insegnato dalla sana educazione come quella di un tempo: il rispetto degli altri, dei bambini ( e tra bambini), del più grande, il rispetto verso i nonni, verso i genitori, con un maggior timore verso il padre che assumeva un ruolo diverso dal quello materno (non da despota violento), ma importante per la formazione della mente del bambino, della sua personalità, del futuro uomo. Il rispetto degli altri membri della famiglia, degli zii, dei cugini e nipoti e, se ci sono, anche di chi vive in situazione di handicap. Il rispetto del vicino di casa, del fruttivendolo e del panettiere sotto casa, il rispetto dell'operaio e del manovale. Questo porterà poi istintivamente a curarsi degli altri nel momento del bisogno. Invece oggi ci siamo abituati a non avere più rispetto di nessuno, in nome della libertà, dell' egoismo, del divertimento, quando non ci convenga addirittura sfruttare gli altri, per necessità o peggio, per un senso di superbia o di onnipotenza nato dall'individualismo efficientistico.
Il "valore del merito" appartiene ad un'altra sfera, coinvolge un altro aspetto che si aggiunge semmai all'essere della persona, non la sostituisce. Il merito aggiunge "stima", "ammirazione", "gratitudine", "attaccamento", "impegno" o altro, ma non si può dare rispetto ad una persona basandosi solo sul "merito".
Questa teoria è stato "il peccato originale" della moderna società dissoluta e corrotta!
Un esempio banale: io stimo mio padre perché mi ha messo al mondo, perché mi ha accolto, cresciuto, educato, perché ha compiuto piccoli sacrifici per me, pur nelle sue lacune e debolezze, nella sua miseria e nel suo egoismo. E' un adulto con le sue colpe, i suoi dolori, le sue sofferenze, ma devo portargli rispetto. Quand'anche fosse stato un cattivo padre, un padre padrone, troppo autoritario e per niente affettuoso, anche se il rapporto fosse stato anaffettivo, il rispetto deve esserci e mantenersi fino in fondo.
A meno che un padre o un qualsiasi adulto non si sia macchiato di gravi colpe, allora sì, si potrebbe giustificare la mancanza di rispetto!
Anche l'esempio che fai della "raccomandazione" o del "sistema feudale", come puoi metterli sullo stesso piano del "rispetto dovuto"? ???
Hai una visione della vita completamente diversa dalla mia; sei tragicamente attuale.
Quelle idee sono alla base del: "Devi farti strada a gomitate, senza guardere in faccia nessuno, per farti valere, e devi essere furbo e ottenere favori, solo così varrai, solo così sarai un uomo di successo". Questa "filosofia di vita" è talmente radicata, che alla base fu proprio questo il movente interiore del delitto di Cogne, a mio parere.
E questa è la dimostrazione di quale educazione viene oggi impartita ai giovani. Ecco perché nessun ragazzo sull'autobus si alza più per cedere il posto ad una donna incinta, ad una qualsiasi persona di una certa età, o con le borse pesanti della spesa, o per far accomodare l'anziano debole e stanco, ecc.
E NON E' una leggenda "Il permissivismo", tutt'altro!
Personalmente l'ho studiata sia la psicologia che la pedagogia e come insegnanti avevo fior di psicologi e psicoterapeuti.
Mi dispiace Jacopus, tu sali in cattedra ma non hai titolo per insegnare, né per poter dimostrare qualcosa di concreto, a parte le belle parole ma inconsistenti.
E mi sento di poter dire che questo è il modo di fare, di pensare, di affrontare e credere di risolvere i problemi della gran parte delle persone di oggi, ma specialmente di gente con convinzioni ideologiche di sinistra.
Questo nuovo termine "pedagogia nera" che rispecchierebbe il pater familias... bah, posso indovinare facilmente chi l'ha inventato. Ci sarebbe una discussione molto lunga anche su quest'altro argomento!!!! Mi fermo qui, almeno per ora.
Cara Verdeidea, potrei risponderti usando il tuo stesso tono poco cortese, ma credo che diverrebbe quello che in gergo si chiama "flame". In questo forum apprezzo invece i toni pacati (che purtroppo anch'io qualche volta non ho usato) e l'intenzione di ragionare e riflettere insieme senza svilire e umiliare gli antagonisti. Si tratta infatti di riflettere sulle idee che i partecipanti possono avere in quel momento e non di giudicare le persone stesse con giudizi affrettati. Non capisco inoltre come faccio a deluderti. Non ci conosciamo neppure e non ti ho mai illusa.
Buona giornata.
La conoscenza delle cause e delle dinamiche della violenza e della guerra non comporta necessariamente la possibilità, capacità di eliminarle, risolverle, come conoscere la forza gravitazionale non implica la possibilità di modificarla. La psicologia, ad iniziare da Freud, ha dato grandi contributi per capire le cause della violenza individuale e collettiva.
I conservatori che lamentano la perdita di identità, di valori, di anima, come spiegazione della violenza farebbero bene a guardare con più attenzione alla storia: la violenza e la guerra erano assai più diffuse e generalizzate nel passato, come giustamente ha rilevato Jacopus, e proprio la difesa di quei valori, di quelle identità, di quelle anime, ha scatenato le violenze e le guerre più crudeli ed assurde, fino allo sterminio totale del nemico. Se si vuole continuare a percorrere strade già battute non c'è alcun motivo per attendere risultati diversi.
La mia personale riflessione è che l'eliminazione del conflitto, della violenza e della guerra sia un obiettivo difficilmente realizzabile, se non impossibile, proprio perché richiede un cambiamento radicale di identità, di valori: si devono toccare e modificare istinti e caratteri biologici profondi, millenari, diffusi in tutte le specie viventi.
Chi attualmente propone ricette morali, educative o simili con l'obiettivo di eliminare a breve termine il conflitto e la violenza, addirittura il male, è un illuso, un apprendista stregone, che prepara conflitti e violenze ancora maggiori. La ricetta autoritaria, la compressione della democrazia e delle minime libertà individuali, è poi la peggiore, oltretutto logicamente ridicola: per eliminare la violenza si ricorre alla violenza, praticamente l'istituzionalizzazione della violenza arbitraria.
Evidenzio inoltre lulteriore contraddizione tra la critica all'individualismo e all'internazionalismo, come cause della violenza, e il sostegno al nazionalismo, addirittura autoritario, di alcuni forumisti: si nega all'individuo quello che si riconosce allo stato nazione, uno stato nazione "permissivo", "libertino".
Sul rispetto, qualunque cosa significhi: tutti gli uomini, come anche gli altri animali, meritano rispetto. Un rispetto ancora maggiore spetta ai bambini, che non hanno chiesto di nascere e che sono i più deboli ed indifesi nella società dipendendo dagli adulti. Quindi l'ordine del rispetto va rovesciato: prima gli adulti rispettino i bambini, poi i bambini rispetteranno gli adulti.
Il mio discorso voleva partire da delle premesse prese per vere senza un esame troppo rigoroso ma che, credo, se non altro intuitivamente, abbia ragion d'essere. Tali premesse sono l'aumento di violenza nella nostra società ed una certa influenza della psicologia in tale fenomeno. Ovviamente, se cadono le premesse, cade anche il resto del discorso. Proverò quindi a dire qualcosa in più riguardo a tali premesse, cosicché si possa attaccare o difendere la tesi del fallimento dell'attuale psicologia, agendo su ciò che la sostiene.
Riguardo all'aumento della violenza nella nostra società, piuttosto che tanti esempi, mi limiterò a pochi, per quanto cruenti (e un po' anche per pigrizia). Ritornando indietro a 10/20 anni fa, mi vengono in mente casi di omicidi familiari che travolsero letteralmente la quiete delle nostre coscienze. Parlo dei casi di Erika ed Omar o quello di Pietro Maso, per esempio. Allora si aveva l'impressione di assistere ad una brutalità mai vista, tanto più in quanto rivolta ai componenti stessi della propria famiglia, e per futili motivi oltretutto. Ricordo lo sgomento di quei momenti, gli stati d'animo agghiaccianti, la fatica di psicoterapeuti e uomini di chiesa nel trovare le parole giuste, per mettete insieme un barlume di spiegazione (infatti la mente umana pare temere assai più ciò che non può comprendere rispetto a ciò che, seppur cruento, riesce a motivare). Ora invece, senza fare la storia del crimine, fatti di analoga efferatezza (poco importa se invece dei genitori ora si preferisce ammazzare i partner sentimentali o addirittura i figli) ci lasciano quasi indifferenti.
Per quanto concerne invece l'influenza della psicologia, in quanto scienza applicata, su tale escalation, anche qui preferisco prendere un punto su tutti, per quanto possa anche non essere il più importante. Mi riferisco alla spettacolarizzazione della violenza attraversi i media che rendendoci assuefatti alla vista del sangue (poco importa se vero o finto, la mente in virtù di "fare come se" citato da Jung, ad un certo strato di coscienza non fa differenza), ci rende indifferenti ai crimini. E di fatti nella maggior parte degli omicidi per futili motivi si sente parlare della totale insensibilità dei carnefici. Ora, mi domando, di fronte a questo inquietante spettro della spettacolarizzazione della violenza, forse ancor più vile di quella degli antichi anfiteatri romani, il silenzio degli psicologi al riguardo è assordante. Si è mai sentito uno psicologo affrontare a spada tratta il problema? Forse sono sordo io.
Ma credo anche che se la psicologia studia tutti i fenomeni psichici separatamente, senza trovare quel trade d'union che si chiama anima, può muoversi solo nella limitata coerenza dello spazio offerto dal singolo fenomeno (per quanto analizzato statisticamente), e non in quello assai più vasto e potente del senso.
Per jacopus
Mi dispiace aver dato l'impressione di un tono poco cortese.
Però anche i tentativi di far passare l'interlocutore come uno da "flam", "per il trol di turno" sperando di eliminare la questione in tal modo mi irritano abbastanza. Ho partecipato fin'ora non so più a quanti Forum, tanti, e non ho mai, mai chiesto direttamente od indirettamente l'aiuto o l'intervento del moderatore, MAI.
Non vedo in cosa avrei direttamente offeso la tua persona nel mio precedente post, ho soltanto evidenziato ed approfondito quelle che a mio avviso sono le incongruenze delle idee da te espresse, mi sono sempre riferita alle idee ed ai ragionamenti. Se ti riferisci a questa frase: "Mi dispiace Jacopus, tu sali in cattedra ma non hai titolo per insegnare, né per poter dimostrare qualcosa di concreto", volevo dire che non so con quale titolo tu possa usare diciamo il tono di colui che sale in cattedra, col tono da insegnante-docente-educatore-psicologo-so-tutto-io. Perché è questo l'impressione, il piglio che intravedo nei tuoi interventi. Cioè se tu fossi uno Psicoterapeuta, un qualsiasi professionista nel campo educativo, potrei capire il tono "professionale"ma non mi sembra che il tuo lavoro rientri in questo ambito. Inoltre non voglio essere ripetitiva, però i tuoi toni nella conversazione con Altamarea forse potevano richiamare l'attenzione di qualche moderatore ma intelligentemente non sono intervenuti anche perché Altamarea ha dimostrato un alto grado di civiltà e di buona educazione.
Per
baylham.
Ecco,
baylham, tu giungi a fagiolo, come si suol dire. La violenza ha diversi aspetti, tipi, gradi e cause, non farei di tante erbe un fascio.
E ed semplicistico (mi piace questo termine amato da Jacopus) appiopparlo ai conservatori piuttosto che ai progressisti; è banale, ingiusto e... appunto, semplicistico. Esempio? Tra gli eroismi dei beneamati partigiani ci furono non pochi atti di violenza inaudita ed ingiustificata, a volte per gretti motivi personali che furono poi coperti dalla situazione di caos generale. Oppure prendiamo un esempio attualissimo: i violenti no-global, i ragassotti dei centri sociali o "a-sociali" come li definisce qualche esponente politico (a mio parere a ragione), oppure gli esaltati e, oppure i violenti noborders....
La perdita di identità, di valori, di anima sono senz'altro causa di impoverimento, di annientamento prima ancora di poter parlare di violenza; quando quest'ultima arriva, se arriva, ne è solo la naturale e logica conseguenza, mio caro
baylham, per il logico e naturale istinto DI VITA, di sopravvivenza.
Forse nessuno qui ha studiato bene davvero la psicologia e di quanto sia fondamentale per l'essere umano, sia nella sua dimensione individuale che in quella sociale, il processo di individuazione e identificazione che diventa identità.
Va benissimo guardare alla storia con attenzione, e lo facciamo tutti a quanto pare, ma vi invito a guardare con attenzione anche il presente, l'attualità, e scoprirete che le cose non sono cambiate, nonostante non esistano più né Hitler, né Stalin, nonostante il crollo del Muro di Berlino. La violenza assume connotati e modalità espressive diverse a seconda delle cause che la scatenano.
Dopo il secondo conflitto mondiale si è pensato di poter scongiurare le guerre con la grandiosa idea dell'Unione Europea, che altro non è diventata che l'industria degli errori ed orrori opposti ma altrettanto gravi a quelli che scatenarono la seconda guerra mondiale, compiendo con un'autorità autoreferenziale, ingiustizie ormai poco sanabili. E se qualcuno crede che in questo modo ci preserviamo da guerre, conflitti e miseria, non è un ingenuo, è un perfetto idiota.
Baylhamscrive
: "
La mia personale riflessione è che l'eliminazione del conflitto, della violenza e della guerra sia un obiettivo difficilmente realizzabile, se non impossibile, proprio perché richiede un cambiamento radicale di identità, di valori: si devono toccare e modificare istinti e caratteri biologici profondi, millenari, diffusi in tutte le specie viventi."Ecco, questa è la base su cui poggia il pensiero progressista di sinistra radicale. Cioè il tentativo di sconvolgere e modificare totalmente quelli che sono gli istinti, i caratteri biologi profondi diffusi in tutte le specie viventi. E ti pare poco? A meno che non siate Dio, temo sia un'impresa alquanto difficile! E' da esaltati pensare di sconvolgere o di "educare" in tal senso l'essere umano con le idee e i metodi radical-progressisti.
Occorrerebbe innanzitutto conseguire un equilibrio nelle cose, una buona capacità di praticare la giustizia; buona capacità di governare, con saggia ed oculata politica, e che tutte le "nazioni" raggiungano un buon livello di civiltà (non solo gli Stati occidentali) tale da rendere praticabile la vera democrazia. Direi che già raggiungere questo obiettivo sarebbe difficile ma fattibile. Dopodiché si potrebbe, forse, realizzare la "naturale", spontanea e pacifica convivenza tra i popoli.
La situazione attuale è già assai compromessa proprio dall'ideologia progressista di cui ho parlato poco fa, dal buonismo che sfocia nello sfruttamento, dall'immigrazionismo che promuove nuove ingiustizie, dal multiculturalismo (cioè il melting pot) che partorisce nuove e più gravi mostruosità; su queste premesse si realizzano solo miseria, degrado, alto tasso di invivibilità ed altri conflitti ci saranno, non si illudano i benpensanti con la pancia piena!
Per riequilibrare l'attuale situazione e tentare di evitare l'imbarbarimento della società, occorre un baluardo, un freno per riequilibrare il percorso, per evitare il pericoloso declivio non molto responsabilmente intrapreso. E credo, spero, che le destre siano rimaste l'ultimo baluardo oltre il quale c'è il precipizio definitivo.
Non "compressione" della democrazia, qui si tratta proprio di salvarla la democrazia. Salvare la civiltà, il quieto vivere, la pace e i diritti faticosamente raggiunti; si tratta di preservare, di difendere, di non di regredire spaventosamente. Se si vuole almeno tentare di salvare la democrazia è come minimo necessario il rispetto rigoroso delle leggi (almeno nelle situazioni di emergenza), di introdurre leggi più severe se occorre; l'autorità serve, non è inutile o dannosa, serve per evitare un male maggiore.
Ma io mi chiedo: E' mai possibile che l'essere umano deve, in ogni aspetto della vita sociale, alternare sempre gli estremi? O dittatura, o degrado sociale. In Europa siamo passati negli ultimi 70 anni, dal più feroce nazismo all'attuale sistema di lassismo di tipo anarcoide dove vige la corruzione ed il più forte o il più furbo ha sempre ragione.
Una saggia via di mezzo non è possibile? E' così difficile conseguire un sistema sociale equilibrato, basato sulla giustizia e sul severo rispetto delle regole?
L'attuale politica europea, che sta mostrando tutta la sua incapacità nell'affrontare i nuovi problemi derivanti dai cambiamenti epocali, teme l'avanzata delle destre in tutta Europa. Ma è normale, è la normale e logica conseguenza del disastro sociale perpetrato dalle sinistre egemoniche.
Penso che le destre siano rimaste l'ultimo baluardo oltre il quale il precipizio definitivo è a pochi passi.
Ciao cvc, ho letto adesso il tuo ultimo intervento che mi sembra molto coerente con la linea che hai voluto dare sin dall'inizio al tuo topic, che, chissà perché qualcuno poi dirotta e manovra per esternare la propria ideologia.
hai ripreso bene l'argomento e spero che si continui solo su questo binario anche perchè è piuttosto interessante e andrebbe approfondito.
Siccome ritengo che la biologia e la psicologia umana non siano cambiate in modo sufficientemente rilevante negli ultimi secoli, forse millenni, a differenza della tecnologia e quindi dell'economia, i problemi della violenza e delle sue cause sono sostanzialmente invariati. Con questo ho risposto sia a cvc che a verdeidea, assicurando quest'ultima che non faccio una distinzione tra conservatori e progressisti in merito alle cause. Proprio per la sua natura infrastrutturale, biologica, ritengo impensabile la fine della violenza in tempi brevi, soprattutto se non si agisce a quel livello. Le conoscenze psicologiche applicate alla politica in senso ampio potrebbero aiutare a ridurre la violenza. Ritengo che la difesa rigida, senza compromessi, dell'identità, dei valori, conservatori o progressisti che siano, sia un buon viatico per la spirale dell'odio e della violenza.
Per inciso sono d'accordo che sia sciocco pensare che l'Unione Europea possa mettere fine ad ogni conflitto e guerra intestina; tuttavia trovo molto più sciocco pensare che ciò sia realizzabile senza l'Unione Europea.
Mi scuso con cvc per avere allargato, divagato, e perciò essere fuoriuscito in parte dal tema proposto, non interverrò ulteriormente. Il nucleo del mio precedente e attuale commento è tuttavia in tema: non condivido la premessa che ci sia un peggioramento dei conflitti e della violenza nella società occidentale contemporanea rispetto al passato, semmai c'è una tendenza contraria. I casi eccezionali escono appunto dalla normalità e non sono un buon metro di misura. Aggiungo che la crisi e rottura di strutture e gerarchie sociali (la questione razziale, femminile, sindacale, per esempio) spiega l'emergere di azioni e reazioni violente.
Provo ad offrire al discorso un'osservazione: nel topic sull'irrazionalità ("tematiche filosofiche") si parla di come il principio di identità sia intuitivo, inconfutabile in quanto principio fondatore di ogni logica conosciuta; nel topic su spiritualità e definizione del nemico ("tematiche spirituali"), si discute di come l'identità religiosa possa declinarsi (e declinare) in aspetti mondani (economico-socio-politici) oppure in una ricerca pertinentemente spirituale; qui si dibatte sul rapporto storico fra identità culturale-psicologica e violenza... il piano di questa triangolazione interdisciplinare è l'insidioso tema dell'identità, e credo che le tre prospettive (logica, esistenziale e sociologica) dialoghino forzatamente ma proficuamente, richiamandosi l'un l'altra nonostante la diversità d'approccio (e sono così un buon esempio di dialogo "utile" fra posizioni differenti... ;)).
Il nostro modo di ragionare, correggetemi se sbaglio, è basato sull'identificazione (logica, esistenziale e sociologica), ovvero sull'individuazione di differenti identità, che in quanto tali pongono la loro negazione, la differenza, l'alterità... ogni "A" definisce inevitabilmente il "non-A" (o viceversa) e, come nelle logiche più elementari, i due si escludono reciprocamente quando si tratta della verità: o è vero "A" o è vero "non-A" (che talvolta viene chiamato B, se poniamo B=-A). Ma se entrambi (semplifichiamo il discorso con solo due elementi) pretendono di essere veri?
Ecco allora che può denotarsi il nemico, il conflitto e la violenza... "A" spesso non può accettare di essere vero tanto quanto "non-A" (il "principio di non contraddizione" talvolta vige anche esistenzialmente e sociologicamente), così come una religione non può accettare di essere "vera" come le altre, o una visione politica non può accettare di essere "giusta" come le altre, o la "cultura" di una società non può accettare di essere funzionale per la "sua" popolazione tanto quanto lo sarebbero altre... fermo restando che ci possono essere, come da manuale, le dovute eccezioni.
Cosa c'entra questo con l'(eventuale)escalation della violenza e il (eventuale) fallimento della psicologia? La pluralità delle identità è sempre più interconnessa, il mondo è diventato "piccolo" e siamo tutti molto "vicini"; questo pone il problema della relazione fra le identità, che sono molte e dinamiche (da non sottovalutare!), ed una serie di ideali "monistici", secondo cui la verità, il giusto, etc. sono uno solo, e per esso si può anche decidere di combattere con violenza.
Questa discronia fra un ragionare talvolta "anacronistico" (come fossimo prima del postmoderno) ed una realtà che va velocemente intricandosi (collidendo identità, contaminandole), può portare ad un aumento della violenza e dell'intolleranza come meccanismo psicologico di difesa: spaesato dal frastuono cognitivo, sovraesposto ad input talvolta contraddittori e incapace di afferrare con fede un'identità assoluta, immutabile e inopinabile, l'uomo di oggi (e le differenti "strutturazioni" in cui si differenzia) può "spaventarsi" e, istintivamente, reagire attaccando.
Inevitabilmente, un maggior incontro di identità comporta, potenzialmente, un maggior conflitto di identità (se è vero che l'uomo, per natura, non è incline al pluralismo, inteso come coesistenza... o anche come condivisione della verità, della giustizia, della terra, dei partner e delle patatine fritte ;D).
La psicologia potrebbe aiutare l'uomo ad orientarsi in quest'epoca di complessità crescente, senza però diventare essa stessa quel feticcio da venerare quando ci si sente insicuri? Forse... ma resta pur sempre anche lei una "produzione" della mente umana, una scienza(?) figlia dei suoi tempi e dallo statuto epistemologico problematico... di sicuro, non è come la luce del sole che arriva in tutte le case ed è uguale per tutti, quindi, per quel poco che può "funzionare", presuppone che qualcuno si rivolga a lei (altrimenti non ha senso imputarle fallimenti per tentativi non compiuti).
La psicologia "seria" non credo sia quella fatta dall'opinionista-psicologo che commenta e interpreta il fatto di cronaca, bensì, se non sbaglio, quella che si attua lontano dalle telecamere e faccia a faccia con l'interessato (o gli interessati). Come dire, "se mi sono storto una caviglia è un fallimento per la medicina?". Direi di no, ma la medicina può forse aiutarmi proprio perché mi sono storto una caviglia (non prima), se le do almeno l'opportunità di provarci... poi, magari, mi operano e sbagliano caviglia, ma la fallibilità fa parte dell'essere umani, no? :)
P.s. Scritto da uno a cui la psicologia sta decisamente antipatica, ma tenta comunque di dare a Cesare quel che è di Cesare...
Al di là delle utopie di qualcuno che preferisce sognare anziché guardare con coraggio la realtà, di fatti vi è un aumento della violenza rispetto agli anni '40, '50 ma anche fino agli anni '80 '90. Cambia il tipo di violenza ed è andata man mano aumentata in questi ultimi anni perché sono cambiate in peggio in generale le condizioni socio-economiche del paese, aggravate dalla presenza sempre più massiccia di stranieri, non perché "sono stranieri" ma perché col dictat di trasformare la società nel melting pot è ovvio che una consistente parte di immigrati si trova fisiologicamente senza un'adeguata sistemazione con la conseguenza che va a nutrire le schiere della delinquenza e dintorni. Ora, di fronte a queste cause cosa vuoi che faccia la psicologia? Le decisioni politiche ed economiche della classe dirigente non credo vengano prese consultando prima specialisti e luminari della psicologia. Inoltre credo che anche la psicologia si sia basata (per non dire accasciata) sulla filosofia dominante: il relativismo. Di fatti a me pare che anche gli psicologi si barcamenano a seconda di come va il vento. Prendiamo l'argomento sulla liceità o meno che una coppia gay abbia il diritto di avere ed educare dei figli in un matrimonio omosessuale, tralasciando ogni giudizio od opinione personale in merito, gli psicologi fino a qualche decennio fa si prodigavano di discorsi per dimostrare quanto fossero fondamentali per il normale sviluppo del bambino (maschio o femmina) l'esempio del padre (uomo) e della madre (donna), oggi non sanno bene cosa rispondere oppure dicono che il ruolo del padre e della madre possono essere interscambiabili. Fino a qualche decennio fa c'era una commissione che cercava di mettere un freno alle dilaganti trasmissioni a contenuto violento, non ne sento più parlare. Si discusse anche sulla opportunità di vietare trasmissioni televisive che speculano sulle tragedie, vicende di omicidi vari, non si fece più nulla. Ciò che conta è vendere, è il profitto, la convenienza. Certo, neppure io ricordo di psicologi e psicoterapeuti che abbiano mai preso posizioni per qualcosa. Morale della favola? Che è diventato un modo come un altro per cercare di guadagnarsi la pagnotta.
Le università sfornano ogni anno non so quanti laureati in psicologia ed il solo percorso quinquennale non basta per esercitare psicoanalisi o psicoterapia, quindi cosa dovrebbero fare gli eserciti di laureati in questa disciplina se non inventarsi sempre qualcosa di nuovo che li faccia apparire indispensabili?
Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMCon questo ho risposto sia a cvc che a verdeidea, assicurando quest'ultima che non faccio una distinzione tra conservatori e progressisti in merito alle cause. Proprio per la sua natura infrastrutturale, biologica, ritengo impensabile la fine della violenza in tempi brevi, soprattutto se non si agisce a quel livello.
Io ritengo sia impoensabile soprattutto in quel modo, come lo intendete voi e che ho già spiegato nel precedente intervento.
Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMRitengo che la difesa rigida, senza compromessi, dell'identità, dei valori, conservatori o progressisti che siano, sia un buon viatico per la spirale dell'odio e della violenza.
Innanzitutto non si capisce cosa sia "la difesa rigida" "senza compromessi".... "Conservatori o progressisti"??? ;D . No, dai, sembra un prendere per i fondelli. Noi stiamo precipitando perché non abbiamo proprio più difese in tutti i sensi, neppure militarmente. Dove la vedi la rigidezza? Piuttosto vedo, adesso, un tentativo di ribellione per autodifesa da parte della gente portata all'esasperazione, altro che rigidezza!
Citazione di: baylham il 10 Agosto 2016, 18:12:56 PMPer inciso sono d'accordo che sia sciocco pensare che l'Unione Europea possa mettere fine ad ogni conflitto e guerra intestina; tuttavia trovo molto più sciocco pensare che ciò sia realizzabile senza l'Unione Europea.
L'Ue è una farsa, è stata creata affinché diventi la copia degli USA per fare un unico multicolore e multiculturale gregge di pecoroni sotto un unico pastore, e poterlo plasmare con molta più facilità, esattamente come in USA, d esattamente come in USA a tutto vantaggio delle classi dominanti; il popolo sarà esattamente quello che è il melting pot made in USA: squallore, desolazione, violenza, città invivibili, sporcizia, degrado, razzismo, mancanza di welfare... devo continuare? Mi pare che basti così per farsi venire la nausea.Non so se questo progetto si realizzerà senza spargimento di sangue (o non troppo); la vedo dura; le nostre origini e la nostra millenaria storia è completamente diversa da quella degli USA, inoltre saremo sempre sotto la direzione USA e questo complicherà ulteriormente le cose. Personalmente spero che non si realizzi proprio.
Phil, calma, troppa carne al fuoco; posso rispondere benissimo anche a te ma tutto ha un limite; non si può saltare di palo in frasca da un argomento all'altro, poi non si capisce più niente e le risposte diventano troppo lunghe e articolate. Apri un altro topic!
Citazione di: verdeidea il 11 Agosto 2016, 01:16:08 AMPhil, calma, troppa carne al fuoco; posso rispondere benissimo anche a te ma tutto ha un limite; non si può saltare di palo in frasca da un argomento all'altro [...] Apri un altro topic!
Rileggendo il titolo del topic, il primo messaggio "inaugurale" di Cvc e la seconda parte del mio post (la prima funge comunque da premessa) non sono sicuro di essere drasticamente saltato di palo in frasca... se così fosse, mi scuso per l'
off topic.
P.s Ringrazio per l'invito, ma non intendo aprirne un altro... anche perché, parlando di violenza sociale e ruolo della psicologia, rischierei di chiamarlo "L'escalation della violenza è fallimento della psicologia?"
P.p.s. ;D
Phil ha dato un ulteriore importante contributo per capire come mai cresce, vi è un escalation della violenza soprattutto negli Stati più civili, più culturalmente all'avanguardia che dovrebbero capire i fenomeni e arginarli.
Questa discussione http://www.riflessioni.it/logos/attualita/una-visione-pessimistica-ma-realistica-degli-omicidisuicidi-di-massa-di-questi/ include infatti l'analisi di Phil.
E'verissimo e assodato che la dematerializzazione della postmodernità, che decanta il mondo del desiderio consumistico del comandamento "desiderate che intanto potete..." ,la velocità dei mutamenti pone enormi
problemi identificativi, perchè l'uomo ha necessità nel suo intimo profondo ad ancorarsi a qualcosa, per
cui venendo meno i paradigmi generazionali già nel passaggio fra la cultura agricola e quella industriale e infine nel terziario avanzato ,ovvero nel mondo in cui non si vede, ma ci si parla come quì nel forum, come nelle transazioni finanziarie, oltre a non sapere più cosa sia quella A originaria che sarebbe il nostro Essere, là fuori nel mondo, tutto corre e scorre sempre più velocemente per cui non riesco a relazionare la mia intimità di essere e i fattori ambientali delle organizzazioni sociali.Un tempo si moriva di fatica ,oggi di stress che si ripercuote organicamente sul corpo con le malattie.
Non penso affatto che gli psicologi siano così fessi da non sapere tutto questo,anzi....il problema è che non sanno e non possono risolverlo.Se una persona è esaurita o depressa causa l'ambiente familiare o il lavoro, cosa possono suggerire? Cambia famiglia o cambia lavoro?Un bambino gli puoi far cambiare scuola perchè ha un insegnante che lo ha preso di mira, ma cambiano anche gli amici e nuovi stress di adattamento.
Il primo problema è educativo familiare .Jacopus, che a mio parere hai scritto un bel post, il super-io è il senso del limite ai desideri, e solo i genitori possono insegnarlo,ma adatto che i bambini non sono fessi, guardano i genitori prima imitandoli appassionandosi alle loro stesse passioni, poi cominceranno a contestarli fino a sentirsi dire "....non hai ragione, io la penso diversamente..." ,perchè il conflitto è parte della vita è il bisogno di indipendenza, è il distacco.Troppi genitori non dialogano con i loro figli, o li viziano nevroticamente, riempiendoli di doni che soddisfano i loro desideri, allontanando quindi l'importante concetto del limite ,senza cui non esiste nè libertà e neppure responsabilità e quindi il rispetto.La libertà si pone concettualmente come relazione al limite, senza un limite non ha senso quindi la libertà
E una volta adulti, passata la fase adolescente della prima maturità ora il rapporto è fra quell'ex bambino che si accinge al mondo del lavoro, al sociale, all'economico e quindi alle organizzazioni umane basate sullo scambio :denaro in cambio di prestazioni lavorative.
Due quindi sono soprattutto i sistemi che collidono e confliggono e gli psicologi lo sanno benissimo: la famiglia, come luogo di evoluzione del carattere e della personalità e poi il sociale quel mondo là fuori dove ognuno deve nello stesso tempo sbarcare il lunario, quindi avere denaro per vivere e costruire una propria famiglia e quindi di nuovo incontri con il partner, amici ,ma al di sopra di tutto la regola del gioco dettata dal sistema dentro cui siamo immessi per forza di cose.
Il mio personale timore è che i genitori non sono più all'altezza anche per mancanza di quel paradigma identificativo che viene spiazzato continuamente dal mutare della struttura sociale, oggi è in crisi tutto:
famiglia, democrazia, libertà, giustizia, nel senso che sono difficili da relazionare e coniugare in una struttura e sovrastrutture economico sociali che addirittura ti dicono cose contraddittorie rispetto ai principi morali che insegnavano le vecchie generazioni. Perchè c'era un limite interno, riconosciuto da tutti e in quanto tale rispettato.
Persino la malavita aveva un codice che oggi non ha più.
Quello era il paradigma dove le nuove generazioni contestavano, ma c'era il punto originario di riferimento.
Oggi nel tempo della dematerializzazione, dove persino gli abomini politici vengono giustificati spudoratamente, le prevaricazioni, le arroganze, allora : dov'è il rispetto? Dov'è "la giustizia è uguale per tutti"? Cos'è la libertà?
Siamo tutti più "stretti" nel tempo della rete, dei network......ma così soli.
Saluti a tutti. Sento spesso parlare di escalation della violenza, la mia impressione è però che questa non ci sia, solo che noi osserviamo la violenza con una sempre maggiore sensibilità e quindi ci sembra maggiore. Qualche tempo fa la maestra di mio nipote è stata messa in discussione perché troppo aggressiva con i bambini che avevano paura di lei, solo che si trattava di una donna vicina alla pensione che aveva probabilmente insegnato sempre con lo stesso metodo, oggi considerato illegale.
Certamente oggi abbiamo il terrorismo islamico, ma sappiamo che nei paesi dai quali questo proviene le carneficine non sono mai stati eventi eccezionali, in Italia mi risulta che i reati violenti sono in costante diminuizione, con l'unica eccezione delle violenze in famiglia sulle donne.
Per cui parlare di fallimento degli psicologi non mi sembra fondato. :-\ :-*
Se ti riferisci nello specifico ai guerrafondai, non credo che abbiano nè voglia nè tempo di andare dallo psicologo per farsi analizzare. Semmai quello che gli interessa è come usare la psicologia per colpire emotivamente l'avversario.
L'imbarbarimento dei rapporti è da dividere in istintivo e morale, a mio avviso. Gli uomini preistorici erano cannibali, più barbari di così si muore e sul piano istintivo non credo siamo tanto più barbari oggi di quanto non lo fossimo prima, vedi le svariate guerre per il possesso di terre e risorse.
Per quanto riguarda l'imbarbarimento morale addosserei la colpa a chi sta ai cosidetti vertici, a chi potrebbe inviare messaggi più positivi attraverso i canali di comunicazione di massa. Questo eleverebbe la morale di tutta la società. Se ci fai caso oggi diventa più famosa una velina che mostra il seno piuttosto di un filosofo che scopre il senso della vita. Se si elevano i soggetti più beceri ad esempio per la collettività e si oscurano le menti che potrebbero inviare messaggi di evoluzione all'umanità, certamente l'imbarbarimento morale, e quindi sociale, non potrà mai svanire.
Citazione di: Riccardo il 14 Settembre 2016, 00:49:23 AM
Se ti riferisci nello specifico ai guerrafondai, non credo che abbiano nè voglia nè tempo di andare dallo psicologo per farsi analizzare. Semmai quello che gli interessa è come usare la psicologia per colpire emotivamente l'avversario.
L'imbarbarimento dei rapporti è da dividere in istintivo e morale, a mio avviso. Gli uomini preistorici erano cannibali, più barbari di così si muore e sul piano istintivo non credo siamo tanto più barbari oggi di quanto non lo fossimo prima, vedi le svariate guerre per il possesso di terre e risorse.
Per quanto riguarda l'imbarbarimento morale addosserei la colpa a chi sta ai cosidetti vertici, a chi potrebbe inviare messaggi più positivi attraverso i canali di comunicazione di massa. Questo eleverebbe la morale di tutta la società. Se ci fai caso oggi diventa più famosa una velina che mostra il seno piuttosto di un filosofo che scopre il senso della vita. Se si elevano i soggetti più beceri ad esempio per la collettività e si oscurano le menti che potrebbero inviare messaggi di evoluzione all'umanità, certamente l'imbarbarimento morale, e quindi sociale, non potrà mai svanire.
Proprio stamattina ho letto sul sito Ansa che una donna di 31 anni si è suicidata dopo che un suo video a luci rosse è finito in rete. Credo che in questo ci sia un eccezione a quella che sembrerebbe la regola resa imperante da una certa psicologia: non vergognarsi di niente, non provare rimorso di niente. Ho detto che questo caso è l'eccezione, avrei dovuto dire un'esagerazione in senso opposto. Secondo me la donna ha commesso prima una leggerezza, mancando un po' di rispetto verso sé e fidandosi di altri quando ciò comportava un grave pericolo. Però la scelta di suicidarsi è stata eccessiva, anche se ha dimostrato il forte riscatto del suo senso dell'onore. Ma, come dicevo, la psicologia freudiana, di cui non sono certo un esperto e tuttavia mi sento di dirne qualcosa, tutta incentrata sulla libido, sulla liberazione dai freni inibitori, sulla liberazione degli istinti, come se la coscienza non fosse altro che un tetro carceriere, questa psicologia che ci ha resi più libidinosi e sprezzanti di ogni inibizione e scarsamente riflessivi (parlo in generale, come società), non se lo fa mai un vecchio e sano esame di coscienza.
Secondo Freud l'uomo avrebbe barattato la felicità per un po' di sicurezza. Il che equivarrebbe a dire che gli uomini primitivi, le belve feroci e i criminali dovrebbero essere felici.