La cicala, la formica e l'economia digitale

Aperto da fabriba, 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM

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fabriba

La formica previdente è un esempio di virtù rispetto alla cicala che invece non mette nulla da parte per l'inverno.

La popolarità della favola sicuramente ha a lungo risuonato con la morale del tempo: "accumulare" è una virtù.

L'idea che l'accumulo sia un valore da tramandare (anche tramite favole), lega la morale del tempo all'economia.



Da qualche anno a questa parte, il PIL mondiale è composto da una componente di dati, informazioni e beni immateriali, che è più grande della componente di beni materiali come cibo, automobili, ecc.

I dati sono fondamentalmente diversi dai beni materiali in termini economici, alcuni esempi:
  • non si prestano naturalmente a strategie di accumulo,
  • possono essere duplicati a costo (quasi) zero,
  • richiedono di sovrastrutture costose per determinarne e proteggerne la proprietà,
  • si prestano male alla compravendita,
  • non necessitano di intermediari per lo scambio


Che ne facciamo della morale della favola?


(nota: il consumismo è precedente all'economia digitale, e in parte già problematico rispetto alla favola, lo dico così non dovete farmelo notare)
I computer sono inutili: danno solo risposte - Socrate

Adalberto

Eccola qua la morale... ragazzi, se non fate le formiche ora, poi  vedrete che bella pensione vi aspetterà!
Ve lo dice una vecchia cicala, senza rimpianti. :)

il mito della formica è un evergreen, che ha radici nella società rurale . Più che un comportamento morale (esisteva ai tempi? o era solo virtuoso?), suppongo invece che  nasca per marcare un comportamento "necessario" ( alla sopravvivenza): se non conservi i semi raccolti,  non avrai speranza di fare un raccolto l'anno successivo e morirai di fame. Era la necessità inaugurata dalla rivoluzione agricola, che con le narrazioni orali si trasmetteva di generazione in generazione
Quindi una narrazione che immagino  preceda lo stesso  Esopo (5 seolo aC). sarebbe curioso anche indagare come i comportamenti necessari siano diventati virtuosi e poi morali, ma è altra storia.,.

Insomma anche l'economia ha una funzione mitopoietica che tuttora è  in attività per predisporre comportamenti funzionali al sistema
in  una società statica tradizionale valevano per tutti, in una sociètà sempre più dinamica tutto si frammenta e si customizza, anche i piccoli miti.

Nelle vite di quelli con i capelli più bianchi  si sono affrontate almeno 3 fasi caratterizzate da grandi e piccoli grandi miti, anche effimeri.
Senza pensarci troppo,  la società dei "prodotti" ne ha creati diversi nella sola area del consumo (status symbol, nuovo VS vecchio ecc.), quella dei "servizi"  ha avviato qualche valore che potrebbe aspirare alla mitizzazione  (la customizzaziome, l'esperienza emozionale d'acquisto.. altri ditemi voi).
lnvece la società "digitale" non so bene come stia evolvendo.
L'utopia egualitarla che inizialmente ha entusiasmato i primi utenti delle BBS e poi di internet  (l'apertura di nuovi orizzonti di socializzazione, l'abbattimento delle soglie di accesso  all'informazione e alla produzione di contenuto) sì è rivelata un terribile boomerang con l'appiattimento totale del "uno vale uno" che mi fa intravedere un futuro distopico. Ma non conoscendoli non so cosa frulli in testa ai nativi digitali.  Sperem...
Comunque il divario fra consumatori e produttori digitali si allarga sempre più: forse si sta anche sviluppando  un ceto medio digitale, non so
Questo ceto che produce, gestisce, valorizza dati  lo si potrebbe paragonare alla formica.
Chi si rimbambisce saltando compulsivamente da un reel all'altro, da un like a un dislike invece forse è la cicala digitale:  non crea valore,  perde il suo tempo, insomma è "zero che vale zero", comunque da spremere
Che sia questa la morale della favola?
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
(Fosco Maraini)

fabriba

Citazione di: Adalberto il 30 Settembre 2025, 20:07:52 PMsarebbe curioso anche indagare come i comportamenti necessari siano diventati virtuosi e poi morali, ma è altra storia.,.
dici? a me sembra questa storia esattamente :)  che poi la ricerca richieda più energia di quanta ne abbia a disposizione è un altro discorso, ma sarebbe in effetti bello saperlo!

Citazione di: Adalberto il 30 Settembre 2025, 20:07:52 PMSenza pensarci troppo,  la società dei "prodotti" ne ha creati diversi nella sola area del consumo (status symbol, nuovo VS vecchio ecc.), quella dei "servizi"  ha avviato qualche valore che potrebbe aspirare alla mitizzazione  (la customizzaziome, l'esperienza emozionale d'acquisto.. altri ditemi voi).
lnvece la società "digitale" non so bene come stia evolvendo.
Non è che ho risposte, ma nella distinzione che facevo tra beni "materiali" e beni "immateriali" mettevo in effetti tutto in un calderone immateriale-e-digitale.
Però i servizi umano-umano in effetti non hanno le caratteristiche del digitale che indicavo io.

Citazione di: Adalberto il 30 Settembre 2025, 20:07:52 PMComunque il divario fra consumatori e produttori digitali si allarga sempre più: forse si sta anche sviluppando  un ceto medio digitale, non so
Questo ceto che produce, gestisce, valorizza dati  lo si potrebbe paragonare alla formica.
Chi si rimbambisce saltando compulsivamente da un reel all'altro, da un like a un dislike invece forse è la cicala digitale:  non crea valore,  perde il suo tempo, insomma è "zero che vale zero", comunque da spremere
Che sia questa la morale della favola?
Questa parte è divertente perché hai centrato un punto che non avevo minimamente in mente quando ho scritto il mio piccolo pezzo, eppure è valido, forse è uno dei bonus di questo mezzo di comunicazione che è il forum!

La sostanza è che tu vedi un modo di perpetrare gli schemi esistenti (funzionano da 3000 anni del resto) anche nel mondo corrente, chiamiamolo il mondo-digitale, e indichi un modo in cui adattare le categorie esistenti.

Io scrivendo avevo qualche dubbio in più. 
Se la nostra cultura-economia-morale è stata basata su beni accumulabili (...capitalizzabili.......*) per millenni, e ora non lo è più e i beni accumulabili saranno sempre più trascurabili... quella cultura-economia-morale può sopravvivere senza cambiare profondamente?
Io sul lungo termine penso di no, anche se per ora sembra che stiamo trovando modi per fare quello che dici tu: adattare le categorie vecchie a un mondo nuovo.


* la parola che non volevo usare perché il rischio è che diventa un dibattito tra ideologie capitalismo-socialismo, assolutamente Non dove volevo andare a parare!
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Phil

Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PMLa formica previdente è un esempio di virtù rispetto alla cicala che invece non mette nulla da parte per l'inverno.
[...]
Che ne facciamo della morale della favola?
A suo modo, accumulare resta una "virtù" pragmatica, come sempre poco coniugabile con l'altruismo, il dono e la filantropia (o filentomonia per restare nella favola); virtù che "non concede pasti gratis" a chi non se li guadagna e quindi rende virtuoso chi invece si adopera e si affatica per guadagnarseli (rimane altrettanto virtuoso nel non condividerli con chi, anche fosse per ingenuità sua, ne avrebbe bisogno? Offtopic!). Questa morale della favola mi sembra sia in un certo modo "eterna", nel senso che almeno i bisogni primari saranno sempre legati ad oggetti accumulabili (cibo, "mattoni", vestiti, etc.) anche se ottenuti con guadagni da "attività simboliche" (o servizi) e non acquisizione diretta (raccolta o costruzione).
La favola propone in fondo un'elogio della quantità che è replicabile anche con i dati, essendo anch'essi comunque quantificabili. Provo a seguirti per punti:
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • non si prestano naturalmente a strategie di accumulo,
Siamo nell'epoca dei big data; il marketing, gli studi di settore e persino le AI si basano sull'opulenza delle banche dati.
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • possono essere duplicati a costo (quasi) zero,
Ci sono pur sempre strumenti per tutelare un dato originale (v. blockchain applicata a NFT, valute digitali, etc.), così come i dati riproducibili possono comunque essere tutelati da accessi filtrati (v. riviste online a pagamento, etc.). I dati facilmente duplicabili (quindi di scarso valore) sono quelli di pubblico dominio, come ciò che viene postato sui social o altre risorse online, ma anche quelli che alimentano le violazioni di copyright (musica, film, etc.) con il risultato che avere un film o un disco "vale poco" se è facilmente reperibile e replicabile (comunque pare che l'industria cinematografica e musicale siano ancora in piedi e stiano cercando di adattarsi ai nuovi tipi di fruizione online).
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • richiedono di sovrastrutture costose per determinarne e proteggerne la proprietà,
Qui emerge come l'economia dell'immateriale si basi sempre sull'economia del materiale: senza infrastrutture e risorse fisiche, tutto il virtuale e l'online ci sparisce fra le dita.
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • si prestano male alla compravendita,
Qualche data broker potrebbe non essere d'accordo...
Citazione di: fabriba il 30 Settembre 2025, 17:14:51 PM
  • non necessitano di intermediari per lo scambio
Direi che c'è sempre un'intermediazione imprescindibile, sia essa di strumenti (dispositivi, infrastrutture, etc.) o sia essa di persone (dietro ad ogni sito c'è almeno una persona, così come dietro ad ogni link o file che ci viene suggerito o che condividiamo, etc.).

Koba-san

La morale della favola si è sempre rivolta agli individui, non alle società. Ed è valida oggi così come nell'epoca agricola. Infatti con la fine dello stato sociale se ti ammali e non hai risparmi di tocca rinunciare alle cure. Tanto per fare un esempio.
Mentre per le aziende la favola non ha mai avuto senso: non hanno mai pensato di accumulare risorse per sopravvivere perché sarebbe stata una strategia suicida, piuttosto sono sempre state spinte a ingrandirsi, indebitarsi, ecc.
Quindi i beni immateriali a cui ti riferisci tu, per gli individui, non capisco quali sarebbero? Reti di relazioni sui social? Dobbiamo pensare ad archivi digitali personali come beni economici, che però a differenza di quelli classici si lasciano con difficoltà accumulare?
Questo presuppone l'idea neoliberista tradotta nell'economia digitale secondo cui il cittadino non smetta mai di svolgere un ruolo economico, che debba sempre in qualche modo produrre, quando non consuma. Scrivere recensioni gratuite, inviare like, mantenere relazioni con centinaia di amici facebook e via dicendo.
Certo tutto questo non è facilmente accumulabile come lo è invece un compenso per una prestazione lavorativa.
Qualcuno in questo forum parlando del proprio impegno diceva: peccato non essere pagato...

fabriba

Citazione di: Phil il 01 Ottobre 2025, 15:16:38 PMQuesta morale della favola mi sembra sia in un certo modo "eterna", nel senso che almeno i bisogni primari saranno sempre legati ad oggetti accumulabili (cibo, "mattoni", vestiti, etc.) anche se ottenuti con guadagni da "attività simboliche" (o servizi) e non acquisizione diretta (raccolta o costruzione).
In realtà questa era una delle parti che metterei in dubbio.
Tu sei convinto i bisogni primari saranno ancora un problema tra 50 anni?

Secondo me siamo vicini a un mondo in cui garantire la sopravvivenza di base diventerà meno costoso che occuparsi dei problemi di sicurezza causati dal non farlo: le discussioni sul UBI o "reddito universale" non penso si faccianno per filantropia, ma anche per calcolo.
Ma naturalmente su questo si gioca la diversità di vedute.






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Sui 5 esempi di come i dati sono fondalmente diversi dai beni materiali, ti ringrazio di avermi seguito per punti, e non voglio causare una ondata di avanti-indietro sugli esempi che non ti hanno convinto (se me lo chiedi lo faccio, non voglio dismetterti), ma per ora cerco invece di metterla in altri termini perché mi interessa "difendere" il principio, non gli esempi:

Se vendo pane, quando ho 5 panini e ne vendo 1, mi rimangono 4 panini.
Con gli mp3 non funziona così.

Per lo stesso motivo l'accumulo del grano da parte della Barilla che ha un capitale in magazzino, è fondamentalmente diverso dall'accumulo di mp3 da parte di spotify.
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Phil

Non sono sicuro di aver capito dove vuoi arrivare (o forse da dove parti), ma credo (uso l'esempio) che sia importante per Spotify avere "in magazzino" molti mp3 (accumulo), o almeno proporzionali alle richieste del mercato, proprio come Barilla deve fare con il grano. Intendi mettere l'accento sul fatto che gli mp3 non si esauriscono, ossia lo stesso mp3 posso venderlo infinite volte? Questa riproducibilità è proprio il motivo, come accennavo, per cui il mercato dei beni digitali (non primari) potrebbe andare in crisi (non lo è al momento, mi sembra): dopo aver comprato l'mp3 posso riprodurlo e rivenderlo a mia volta, mentre dopo aver comprato il pane, da quel pane non posso riprodurne altro, quindi sono costretto a tornare al forno. E qui emerge il ruolo dei bisogni primari a cui mi riferivo sopra: il cibo, il tetto, i vestiti, etc. non sono riproducibili a partire dal possesso del singolo esemplare, quindi alimentano un mercato che non può conoscere crisi o "sabotaggio casalingo" (certo, dopo il Covid abbiamo tutti imparato a fare il pane in casa e magari andiamo meno dal fornaio, ma la farina non si moltiplica con il "copia e incolla").
Netflix e Spotify hanno successo perché accumulano dati (come la formica), così come molti di noi desiderano accumulare mp3 e film da rivedere; in questo senso credo che la morale della favola "regga" anche nei nostri giorni digitali.

fabriba

Citazione di: Kob il 01 Ottobre 2025, 15:30:57 PMMentre per le aziende la favola non ha mai avuto senso: non hanno mai pensato di accumulare risorse per sopravvivere perché sarebbe stata una strategia suicida, piuttosto sono sempre state spinte a ingrandirsi, indebitarsi, ecc.
Non sono convinto: per tornare all'esempio del panettiere, la Barilla ha un valore di magazzino che è sicuramente di milioni di euro. 
In generale tutte le grandi aziende (in salute almeno) hanno un capitale sociale, non sono solo una collezione di debiti.

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Citazione di: Kob il 01 Ottobre 2025, 15:30:57 PMQuindi i beni immateriali a cui ti riferisci tu, per gli individui, non capisco quali sarebbero?
Cerco di seguirti anche se non sono convinto che serva questo passaggio: l'economia influenza la cultura anche quando non c'è un parallelo diretto nell'individuo (un socialista porta a casa la pagnotta nello stesso modo in cui lo fa un liberista, eppure sono immersi in due economie/culture diverse).

Se per gli individui i beni materiali dovessero rappresentare una porzione sempre più piccola (o irrilevante) della propria spesa, ragionevolmente la propria relazione con il consumo (e accumulo) di quei beni cambierebbe.
I beni immateriali (almeno quelli digitali) non sono nè consumabili nè accumulabili dall'individuo (ascoltare una canzone non la consuma, accumulare una canzone fuori dalla nostra economia/cultura (accumulare cd. vinili) ha lo stesso senso di accumulare cieli azzurri), è questo il punto in cui la cultura può venire influenzata.
Quando parli di reti di relazioni sociali non vedo un cambiamento tra le relazioni sociali di oggi e quelle di 100 anni fa, e quindi non vedo la possibilità di indurre un cambiamento nella nostra cultura
(ammetto che vedo un cambiamento nella fruizione delle relazioni, per via di un cambiamento del mezzo (ora digitale, prima in presenza) però)
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fabriba

Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2025, 11:54:00 AMIntendi mettere l'accento sul fatto che gli mp3 non si esauriscono, ossia lo stesso mp3 posso venderlo infinite volte? Questa riproducibilità è proprio il motivo, come accennavo, per cui il mercato dei beni digitali (non primari) potrebbe andare in crisi (non lo è al momento, mi sembra)
si, quello era un punto cruciale, e in generale tutto su tutto quello che dici ti seguo, unica divergenza è...

Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2025, 11:54:00 AMin questo senso credo che la morale della favola "regga" anche nei nostri giorni digitali.
si, il mio punto era più che altro: per quanto ancora? 
Il presupposto è che secondo me stiamo dando un dispositivo di supporto di vita artificiale alla favola (un polmone artificiale), con tecnologie costose come i drm e continui aggiornamenti sulle leggi del copyright, che sicuramente oggi aiutano a "spremere" dai dati più ricchezza (più PIL) di quanta se ne genererebbe senza quei dispositivi, ma non è detto che abbia senso continuare indefinitamente.

Magari mi sbaglio però... Generare ricchezza dal lavoro di creare il pane secondo te richiede "polmoni artificiali" in una simile proporzione?
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Phil

Domandone che ne contiene altre dieci, o meglio, chiama in causa un'interazione fra così tanti fattori che per non rispondere con un monosillabo secco, servirebbe cimentarsi in una di quelle ingarbugliate bacheche da detective.
Provo ad essere ordinato e sintetico senza scostarmi troppo dall'esempio pratico: il panettiere genera ricchezza finché la gente mangia pane e il mangiare è un bisogno primario; se anche scoppiasse la guerra mondiale, il "polmone naturale" che terrebbe in vita l'economia del pane (fosse anche quella del baratto o altro) sarebbe il nostro inseparabile stomaco. Il "polmone artificiale" (quello del copyright, ad esempio) che invece tiene in vita l'economia degli mp3 si basa non sul nostro stomaco, ma su bisogni secondari, indotti, culturali, etc. ed è un'economia che con i suoi ricavi consente ad alcuni individui di soddisfare sia i loro bisogni primari che secondari, ma non ingarbugliamo troppo la faccenda. Finché sono coinvolti soldi, lavoro retribuito, guadagni, etc. questa "economia dei dati" resta un'economia (capitalistica, ma appunto non complichiamo troppo con utopie alternative), ma se togliamo quel "polmone artificiale" di norme e regole che tutelano il commercio dei dati, dell'mp3, etc. cosa succede? Chi produrrà dati che non gli producono guadagno? Qualcuno sicuramente lo farà, come già lo fa adesso, ma lo scenario economico risultante sarebbe ben diverso, così come sarebbero ben diversi i nostri modi di esaudire i bisogni secondari (ne verrebbero indotti altri, facendo ripartire altri "polmoni artificiali"? Come sopra: non divaghiamo).
Resterebbe comunque il mercato dei dati personali, che inevitabilmente e gratuitamente produciamo usando Internet o altri servizi; ma qui il discorso devierebbe dai dati fruiti direttamente dall'utente (come l'mp3), per trattare di dati derivati (di secondo grado, diciamo) dalla fruizione per soddisfare i suoi bisogni secondari. E si tratta di un'economia differente da quella degli mp3.
In sintesi: sicuramente la gestione e il mercato dei dati presenta delle peculiarità rispetto al mercato dei beni non digitali, ma se liberassimo la circolazione dei dati digitali dall'economia di mercato è difficile prevedere (per me) quello che potrebbe succedere; se non che, come al solito, scommetto qualcuno cercherebbe di guadagnarci, perché ha lo stomaco che brontola o perché, proprio come la formica, vuole accumulare beni e denari per i suoi bisogni (fossero anche quelli terziari...).

fabriba

Citazione di: Phil il 02 Ottobre 2025, 15:09:18 PMma se liberassimo la circolazione dei dati digitali dall'economia di mercato è difficile prevedere (per me) quello che potrebbe succedere; se non che, come al solito, scommetto qualcuno cercherebbe di guadagnarci, perché ha lo stomaco che brontola o perché, proprio come la formica, vuole accumulare beni e denari per i suoi bisogni (fossero anche quelli terziari...).
Sono d'accordo, e in particolare sul quel "è difficile prevedere"... siamo mentalmente bloccati da millenni in cui dobbiamo pensare a una economia di scarsità (di nuovo, non per questioni ideologiche, ma perché le pagnotte costano e uno produce un numero -se non scarso- comunque adeguato di pagnotte, non infinito), che ci è impossibile pensare a una economia basata su un principio diverso, su beni che hanno una usabilità o replicabilità "infinita".

Sto andando in modalità "brainstorming"... non sto cercando di guidare la conversazione a un punto particolare, ma
da un certo punto di vista forse si può andare a studiare le economie pre-agricoltura?
In quel tempo (forse per l'ultima volta?) la quantità di beni era infinita rispetto al consumo e sostanzialmente non si accumulava. Però era una economia rudimentale che teneva in piedi gruppi di poche decine di persone al massimo, difficile tracciare paralleli.
I computer sono inutili: danno solo risposte - Socrate

Adalberto

Ho chiesto ora a chat GPT quanto sia valutata la ricchezza mondiale.
Le stime del Global Wealth Report (Credit Suisse, UBS, ecc.) la valutano intorno ai  500–600 trilioni di dollari:
60-65% di questo valore è immobiliare (case e terreni).
35-40% è ricchezza finanziaria (azioni, obbligazioni, liquidità).
Ci son dei giorni smègi e lombidiosi...
ma oggi è un giorno a zìmpani e zirlecchi.
(Fosco Maraini)

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