Malinconie negative, positive, altra malinconia; e le storie degli altri.

Aperto da PhyroSphera, 28 Marzo 2025, 20:38:46 PM

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PhyroSphera

Ieri un incontro con uno storico, autore di due libri dall'argomento che mi era parso e mi pare notevole: la malinconia, tra Rinascimento e Barocco.
Si cercava giustamente di riabilitare la vita malinconica.
Demone, sentimento, rispettivamente il punto di vista filosofico, quello psicologico. Non mancava riferimento a circostanze diaboliche e sentimenti mistici. Dal piano naturale a quello soprannaturale, si gettava lo sguardo anche sulla religione, cristianesimo e Riforma e antirinascimento.
La riabilitazione riguardava pur sempre il quadro negativo.

Io quindi - dopo una domanda di altro ascoltatore che poneva forti dubbi sul valore del discorso, su cui avrebbe gravato parzialità e appunto negatività in forza della chiave di interpretazione cristiana, giudicata evidentemente inconsapevolmente soggettiva - chiedevo dei contesti, dato che avevo notato una stretta tra malattia, patologia, malinconia stessa (usavo pressappoco queste parole). Esponevo mia minima analisi, definendo il tutto interno alla fantasia barocca. Una operazione di relativizzazione la mia, cui lo storico rispondeva indicando il neobarocco, qualcosa vissuto oggi ma ravvisabile anche ieri secondo elemento differente della comunicazione.
L'intrico di sentimenti ed emozioni dell'arte barocca, il senso di un orizzonte limitato... e invece la visione distaccata - penso e pensavo ieri all'arte di J. S. Bach, per il primo caso mi viene in mente Antonio Vivaldi. I due scrissero anche un concerto insieme, io dico dalla duplice, non unitaria interpretazione... o dentro o fuori. O un genio, o l'altro!
Pensavo e penso quindi alle strettoie della malasanità, alla demonizzazione dei malcapitati, pazienti malati o altri - e fin qui si resta al pensiero manifestato dall'autore e dal filosofo che anticipava a modo suo la materia degli studi...
C'era la mia domanda che diceva... degli altri. 'Un'altra storia', esclamava lo stesso autore. Un mondo cioè - lo specifico ora - dove il sentimento della malinconia non orbita attorno al pathos e questo non ha sempre al fianco il sintomo della malattia.
Ma alla altrui domanda, che trattava la fede in Cristo come filtro o lente, io avrei voluto opporre questa verità: il pensiero cristiano ha un raggio di azione tutto suo, in tal senso è un punto di osservazione privilegiato.

Non potetti fare attenzione a tutto quanto veniva detto, essendo impegnato a rimurginare, dovendo chiarire pensieri miei sulla questione e non so se quanto avrei voluto dire contro la riduzione dell'intellettualità cristiana a soggettivismo fosse affermato altramente dallo stesso autore (se non erro ne accennò, ma non era affare da storici!), probabilmente sì. Mi colpiva molto un riferimento polemico alla politica governativa attuale, che pone necessità di rispettare le competenze, quando invece - sempre a detta dall'autore - si dovrebbe andare per materia e senza ridurle a compartimenti stagni: Filosofia, Storia, et cetera. Un parere importante, perché non c'è dubbio che non bisogna sezionare né smarrire l'interezza, ma la polemica non mi convinceva, perché bisognerebbe distinguere la settorialità dagli àmbiti di competenza. Ritengo importante restare con distinzioni efficaci perché una certa sovrastimata e diffusissima intellettualità ama sfumare senza mai concludere e lasciando gran confusione sul campo.
Per esempio ieri sera avrei gradito rigorosità di distinzione tra ciò che è demonico e ciò che è demoniaco, tra la manifestazione di un negativo atta ad orientarci sul destino da scegliere e la dimostrazione della negatività con cui (non dico assieme e tantomeno insieme) contemplare il peggio per evitarlo; dunque differenza tra politeismo e monoteismo (senza pensare d'essere tutti nel mosaico induista o in impossibili eclettismi).
Con tristezza poi avevo giusta impressione che si pensava degli altri a malincuore ammettendo di essere in una storia tra tante e forse non concedendo spazio a quella degli altri, fra cui la mia e non solo mia. Non seppi capire quale fosse per tutto ciò la posizione o l'eventuale coinvolgimento dello stesso storico, Aurelio Musi, autore dei due libri: Malinconia barocca, Controrinascimento malinconico, ed anche di un terzo non presentato ieri: Storia della solitudine Da Aristotele ai social network.
Chi introduceva l'argomento, sull'orlo del sonno e della dimenticanza e con interessanti diapositive di arte pittorica, era senza dubbio l'autorità più alta dietro i tavoli coi microfoni, di fronte a noi del pubblico (a parte me, sugli altri non garantisco, ma era proprio un incontro di cultura importante, non senza un briciolo di serenità!). Non era bella per me l'espressione usata dal professor Musi che dopo mi encomiava la mia 'acuta osservazione'; a lui no, a me faceva venire in mente le prepotenze e ruberie dei "medici e sanitari di turno", abili a fantasticare su presunta impossibilità di chi senza una abilitazione ufficiale a fare questo o quello, psicoanalisi compresa. Io ne facevo qualcuna all'università di Lettere e Filosofia e con insigni critici d'arte cui testi acclusi negli elenchi di studio... Ma - a parte il fatto che io sono forse addirittura unico sopravvissuto a un sistema di sopraffazione sconosciuto e a maggior ragione agli storici come Musi - non è questo il punto. Il fatto è che non bisogna ritenere che il genio sia conformabile, conformato.


MAURO PASTORE

PhyroSphera

Pensavo che questo mio testo (qui su) stava bene tra le discussioni sull'arte. Ma vi è un'emergenza sociale e vitale, additata in esso. Gli ho apportato minimi perfezionamenti.

MAURO PASTORE

PhyroSphera

Ammetto un quasi-ermetismo, nell'avvio di questa discussione, che non è decollata. Io cercavo di scrivere sia per presenti che assenti all'evento, gli assenti dovendo limitarsi a non poter intendere tutto ma potendo trovare il necessario, volendo.

In ogni caso un ulteriore ragguaglio, su uno dei libri presentati, Controrinascimento malinconico, può facilitare.
Ho letto Introduzione, cap. 1. Tra Erasmo e Lutero, cap. 7. La "musa della transizione": la malinconia di Torquato Tasso, Conclusioni, Appendice Jung e la malinconia: tra Rinascimento e Barocco, Storicità dell'archetipo junghiano: le radici barocche.
Il lettore di questo mio messaggio tenga conto della parzialità della mia lettura ma si renda conto che il mio rapporto è circostanziato.
Dunque:

Scritti che colmando un vuoto ne contengono un altro, perché si tratta di intima materia religiosa senza sapere tutto il necessario e non senza il solito solipsismo culturale, imposto o scelto che sia, della civiltà cattolica imperante; e perché c'è il solito materialismo di ascendenza marxista a fare da triste pendant. Una certa indistinzione verbale, sicché la melancolia, la malinconia... e la "maninconia" sono in parte confuse, a favore della teoria materialista degli umori e di una generica assoluzione sociale da gravissime responsabilità di folle e moltitudini varie. La descrizione di Torquato Tasso di un ambiente non solo umano pressoché impossibile non viene recepita a sufficienza, non riconoscendo all'immaginazione demonologica valore di conoscenza di negatività esistente, fuori dalla portata delle intuizioni empiriche anche scientifiche (lettera del Tasso, del 18 ottobre 1581, a Maurizio Cataneo); mentre una descrizione patologica ma generica di male e stato di alterazione viene trattata eziologicamente e medicalmente - pedissequamente, direi (lettera del Tasso al medico Girolamo Mercuriale del 28 giugno 1583).
Si dice di "crisi di un'epoca" invece che di crisi di parte determinante del cattolicesimo, disconoscendo il significato della difficile esperienza di Lutero nel convento agostiniano e non si accede proprio alla positività del mondo interiore del grande Riformatore, nel suo e non solo suo (ed anche di Erasmo) "Impero delle Lettere" pur sempre costretto a non dire tutto.
La introduzione presenta il controrinascimento come se si facesse entrare un estraneo in casa... e questo però mi fa sorridere, perché nonostante il restare in un chiuso orizzonte cattolico mentre ci si apre a quello protestante o a quello arcano dei Cavalieri il resoconto dell'autore cade come una pietra ruvida in uno stagno malsano e agitando le acque si può distinguere il peggio dal male e - aggiungendoci del proprio! - scorgere anche tanto di bene. Così si medicalizzano le testimonianze di Tasso ma provvidenzialmente lo si libera dallo stigma di pazzo furioso e incosciente; e si fa cadere il veto intellettuale posto sulla vicenda di Lutero, cui ci si approccia neutralmente - una rarità in Italia; mentre l'ateismo intollerante riceve contraccolpo dallo sguardo dello storico, che pur senza riuscire ad uscir fuori dalla propria sfera di cristallo opaco lascia intuire che c'è un mondo diverso nel cristianesimo, che vale conoscere.
Certo un po' di laicismo, per cui la sensatezza della dottrina cristiana ne risulta un po' oscurata. In particolare - ribadisco - il punto debole è nel soggettivismo che si attribuisce alla intuizione cristiana del Negativo, intizione che individua un campo di forze maligne ed eventuali complicità reali. L'autore resta alla superficie dell'immaginario demonologico, senza rendersene conto, in ciò allineato su certe presunzioni delle interpretazioni lacaniane della fede cristiana e in particolare del cattolicesimo, interpretazioni che la religiosità protestante neppure la sospettano esistente e che il mondo esoterico dei Cavalieri non possono che ritenerlo una fantasia pura, sbagliandosi. Difatti l'Alterità, quale riferimento analitico-scientifico, può esser varie cose, Dio, dèmone, demonio, uomo, cosa, fatto... quindi senza entrare nel merito del numinoso si resta a un gioco intellettuale insensato - con tanto di scienza al sèguito ma pur sempre senza rimediarne neppure mezza.
Per quanto A. Musi scagioni Tasso dall'essere 'un pazzo', non intende i suoi riferimenti a una circostanza ambientale, fatta da coincidenze, tragica, cui si può oltrepassare col rimedio della fede in Dio, nel caso specifico in Cristo, non con il supporto di una terapia, fosse pure non medica, né con una assistenza (neanche sociale o del sociologo). Così l'impresa di Tasso, di uscir vivo dalle altrui (!) violenze inquisitorie ed errori di stampo giudiziario e cialtronerie, non viene identificata.

Altra nota, sulla omosessualità. Prevale nel libro la visione tradizionalista ma non autentica, cioè nel pregiudizio che essa sia di un mondo a sé stante e solo di pochi; visione non senza i tristi segni della confusione col gioco all'effeminatezza. Ciascun essere umano ha un minimo di vissuto omosessuale, minore o maggiore a seconda delle occasioni di vita - e ciò può riguardare l'intera esistenza, non è vero che fuori dall'adolescenza sia una negatività, tantomeno malattia (ovviamente).
Sulla presunta vicenda omosessuale di Tasso che sarebbe testimoniata da fallimenti amorosi con donne, resta l'errore accanito di non tener conto dei suoi modi di raccontare e delle scelte narrative da Egli adottate.

P.S.
I passi epistolari citati, li conoscevo già.



MAURO PASTORE

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