Negli ultimi tempi il mondo della politica e non solo fa un gran parlare di "sovranismo"; di "populismo"; di
"elitarismo" e via discorrendo. Ma, ritengo, parlandone ne fa un gran calderone pieno zeppo di luoghi comuni
e di errori (e orrori...) circa l'autentico significato di questi termini.
Tanto per cominciare, i detrattori danno dei "sovranisti" ai sostenitori del potere politico nazionale, come
se il "sistema" che essi sostengono fosse invece il regno della libertà non sottoposta a nessun tipo di potere.
A me sembra piuttosto che si fronteggino due diverse ma speculari forme di potere (dunque di sovranità).
Gli uni sono per un potere più propriamente "politico"; gli altri per un potere "tecnico": a me sempre potere
sembrerebbe...
Ma dirò di più. Mi pare che gli uni, i "sovranisti", siano per un potere politico "ancora" (...) democratico.
Mentre gli altri, chiamiamoli gli "anti-sovranisti", siano per la tecnocrazia più gretta, ovvero per un
sistema in cui è l'economia a dettare le regole di fondo.
Ma se è l'economia a dettare le regole di fondo, allora ciò vuol dire che il suo (dell'economia) potere
è un potere sovrano a tutti gli effetti. Cioè ancora, che il suo è un potere "politico".
Dunque, se la mia posizione fosse in un certo qual modo plausibile, è di due poteri politici che stiamo
parlando, cioè di due poteri la cui volontà ambisce alla sovranità, cioè alla potenza.
saluti
Ho già espresso nel tema "Il primato della politica" la mia convinzione che l'ecologia e l'economia siano l'infrastruttura della società, la politica la sovrastruttura. Quindi sia il sovranismo come l'anti sovranismo sono determinati entrambi dall'infrastruttura. Le somiglianze degli accadimenti economici e quindi politici in USA, Gran Bretagna, Italia, Francia, Germania sono evidenti in questo senso.
Il sovranismo, come teoria e pratica di movimenti e partiti della civiltà occidentale contemporanea, è la reazione a processi economici ed ecologici sottostanti che hanno caratteristiche sovranazionali. Paradossalmente il sovranismo è la manifestazione più chiara dell'impotenza dello stato nazionale nel controllo e nella gestione dei processi economici ed ecologici sovranazionali: si rivendicano agli stati poteri ormai irreversibilmente perduti, irrecuperabili.
Per me il sovranismo, come teoria politica, ha una valenza negativa, regressiva per queste ovvie ragioni: primo, se i problemi hanno natura sovranazionale vanno affrontati allo stesso livello, la risposta nazionale è inefficace. Secondo, nelle relazioni internazionali il sovrano non può essere uno stato ma un superstato, una organizzazione internazionale che limita la sovranità nazionale. Terzo, si innesca una spirale non cooperativa, aggressiva tra gli stati: America first, prima l'Italia, prima i Veneti, Deutschland uber alles, non si conciliano molto tra di loro e non fanno presagire esiti positivi. Trascuro altre obiezioni di carattere organizzativo sistemico, sulla impossibilità del controllo, del potere unidirezionale.
Poiché il sovranismo è il sintomo della decadenza economica ed ecologica della civiltà occidentale, i partiti che si rifanno ad esso non danno alcuna garanzia di tenuta democratica, semmai il contrario. Chi si oppone al sovranismo viene facilmente identificato e osteggiato come responsabile della decadenza e quindi come traditore della nazione, della patria, del popolo.
Permettimi, Baylam, di non essere affatto d'accordo.
Io credo che l'economia "essendo" (e su questa definizione credo si giochi la gran parte della partita): "lo
studio dei mezzi atti a raggiungere un fine politicamente dato" (questa la definizione, in sostanza, di
L.Robbins), non possa avere una definizione univoca per quanto riguarda il suo "essere" struttura o sovrastruttura.
Di più, credo piuttosto che questo distinguere nettamente (e "marxianamente"...) struttura e sovrastruttura
denoti come, in nuce, l'Idealismo rappresenti ancora un "mortale veleno che ammorba tutt'ora la nostra società",
come dico altrove. Ma non vorrei troppo divagare su un discorso "eccessivamente" filosofico...
Dunque no, essendo nella contemporaneità l'economia diventata, allo stesso tempo, mezzo E fine, essa è ormai
indistinguibile dalla politica propriamente detta (e quindi indistinguibile, usando una terminologia che
personalmente mi appartiene assai poco, nel suo ruolo specifico di struttura o sovrastruttura).
Si rende perciò a mio parere indispensanile stabilire una "corretta" (foss'anche solo "condivisa") definizione
del termine "economia".
Perchè la definizione di Robbins (che è quella per me "corretta", o quantunque più rispondente al vero) non
lascia spazio per una successiva interpretazione che segue i classici canoni marxiani.
saluti
PS
Vorrei aggiungere che non "i processi", ma "il processo" economico è per sua stessa natura "sovranazionale".
Lo è in quanto il processo economico, tendendo a ridurre il costo unitario di produzione (e potendolo ridurre
solo agendo sulla "scala di produzione", cioè sull'aumento della dimensione produttiva), cerca sempre e
comunque di espandersi.
Il processo economico non assume quindi "oggi" la caratteristica della sovranazionalità. La sovranazionalità
è caratteristica assunta "oggi" dal processo economico in quanto si è deciso, e naturalmente lo si è deciso
"politicamente", di lasciar briglia sciolta al processo (cioè di lasciare "libero" il mercato).
E il mercato, seguendo quella che è la sua "natura", abbatte frontiere e confini in quanto ostacoli alla
"competitività, cioè in quanto ostacoli alla riduzione del costo unitario di produzione.
Tutto ciò, naturalmente, come tendenza di fondo, e senza con ciò pretendere di voler offrire una teoria
"ontologica" ed onnicomprensiva.
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Giugno 2018, 16:42:28 PMDunque, se la mia posizione fosse in un certo qual modo plausibile, è di due poteri politici che stiamo
parlando, cioè di due poteri la cui volontà ambisce alla sovranità, cioè alla potenza.
saluti
Ciao, non sono d'accordo. L'incertezza culturale di questi tempi è lampante, i due poli propongono soluzioni opposte per diradare l'incertezza radicale e proporre un futuro, vederlo innanzitutto. I sovranisti ritengono fonte di incertezza le istituzioni sovranazionali, impersonali-metafisiche, e non democratiche (mercato-eu etc). Per l'altro polo variamente detto liberista, anarcocapitalista etc etc la fonte di incertezza è l'uomo, non quello ottimizzato o razionale delle formule, ma quello vero che ogni tanto pesta una merda. I secondi non desiderano la sovranità ma la spersonalizzazione dei meccanismi sociali e cioè l'estinzione della sovranità politica a favore di un meccanismo perfetto e autoregolato, giusnaturalista, che Baylahm identifica come "ecologia&economia". La mia opinione è che, i primi a mio avviso non hanno soluzione perchè continuano a frustrare cavalli stanchi come le nazioni, i secondi non hanno capito che ecologia ed economia stanno andando a sbattere una contro l'altra. Il centro, l'equilibrio tra i due poli, è scomparso, e tutto questo non promette niente di buono.
La definizione neoclassica di Lionel Robbins dell'oggetto della scienza economica, la relazione tra mezzi limitati e alternativi e bisogni o fini molteplici, si attaglia alle scelte individuali, meno a quelle collettive.
E' una definizione di economia utile, razionale, ma nasconde l'incertezza radicale del contesto in cui opera la scelta.
Ma le definizioni di economia sono diverse, come sostenuto validamente da Karl Polanyi.
Per me l'economia è lo studio del sistema sociale di produzione, consumo, redistribuzione del reddito nell'ambiente ecologico.
Della concezione economica di Marx apprezzo diversi aspetti, tra cui l'economia come relazione sociale e la gerarchia dei fattori che determinano l'azione umana, che per me sono nel loro nucleo più profondo biologici. Da Marx derivo quindi la distinzione tra infrastruttura (biologia-ecologia), struttura (economia) e sovrastruttura (politica).
La stessa nascita e formazione degli stati ha una spiegazione principalmente economica, non politica. Perciò la distinzione netta tra un potere economico e un potere politico in conflitto tra di loro non mi convince affatto: è il conflitto economico che determina generalmente il conflitto politico.
Fino a prima della rivoluzione industriale, col 85-95% circa della popolazione occupata in agricoltura, probabilmente uno stato autarchico dal punto di vista economico era ancora possibile, oggi non più, nemmeno per stati continentali. L'interdipendenza, l'integrazione economica tra gli stati è stabilmente cresciuta come raccontano le statistiche storiche del commercio internazionale e il ruolo delle imprese multinazionali. Le economie di scala, i vantaggi della produzione in serie, spiegano parzialmente questo processo. La diminuzione dei costi del trasporto di merci e uomini è più rilevante.
Citazione di: InVerno il 25 Giugno 2018, 11:53:02 AMCiao, non sono d'accordo. L'incertezza culturale di questi tempi è lampante, i due poli propongono soluzioni opposte per diradare l'incertezza radicale e proporre un futuro, vederlo innanzitutto. I sovranisti ritengono fonte di incertezza le istituzioni sovranazionali, impersonali-metafisiche, e non democratiche (mercato-eu etc). Per l'altro polo variamente detto liberista, anarcocapitalista etc etc la fonte di incertezza è l'uomo, non quello ottimizzato o razionale delle formule, ma quello vero che ogni tanto pesta una merda. I secondi non desiderano la sovranità ma la spersonalizzazione dei meccanismi sociali e cioè l'estinzione della sovranità politica a favore di un meccanismo perfetto e autoregolato, giusnaturalista, che Baylahm identifica come "ecologia&economia". La mia opinione è che, i primi a mio avviso non hanno soluzione perchè continuano a frustrare cavalli stanchi come le nazioni, i secondi non hanno capito che ecologia ed economia stanno andando a sbattere una contro l'altra. Il centro, l'equilibrio tra i due poli, è scomparso, e tutto questo non promette niente di buono.
Sono parzialmente d'accordo sul punto ove affermi che: "i secondi non desiderano la sovranità, ma la
spersonalizzazione dei meccanismi sociali e cioè l'estinzione della sovranità politica a favore di un
meccanismo perfetto e autoregolato, giusnaturalista".
In effetti alla base di queste teorie dell'equilibrio perfetto dei mercati vi è sempre la solita, vecchia,
formula del Reverendo Adam Smith, e cioè quella della "mano invisibile" che tutto, per magia, aggiusta...
Però non sono affatto d'accordo laddove affermi che costoro non desiderano la sovranità. Certo, magari non
sembrano desiderare la sovranità politica, ma desiderano senz'altro quella dei soldi, che sempre
sovranità è (eccome se lo è).
Basti solo vedere come strepitano non appena qualcuno promuove azioni o politiche che possono ledere i
loro interessi...
Ma, dicevo, essi (gli anti-sovranisti, per intenderci) soltanto sembrano non desiderare la sovranità
politica. Perchè laddove essi desiderano la sovranità dei soldi desiderano necessariamente anche la
sovranità politica, in quanto la sovranità è solo e sempre politica.
Su questo punto occorre dire almeno due parole. In molti parlano di "crisi della politica", ma senza
rendersi conto di parlare in realtà di crisi della democrazia (cioè di crisi di una delle forme che
la politica può assumere).
Se la politica, parafrasando (alla larga...) Max Weber, è la distinzione fra chi detiene il potere e chi
lo subisce, allora la politica non può mai essere in crisi, perchè sempre vi è chi comanda e chi è
comandato (al netto, intendiamoci, dell'origine etimologica del termine "politica").
In sostanza, se oggi a dettare le regole è l'economia, ciò vuol dire che a detenere il potere politico
è essa stessa (come del resto ai tempi del "giusnaturalismo", che molto a proposito citi, quando
il clero deteneva, di fatto, un potere politico enormemente superiore a quella che era la propria
realtà).
saluti
PS
Chiedo scusa a Baylam per non aver risposto. Lo faccio appena posso.
Citazione di: InVerno il 25 Giugno 2018, 11:53:02 AM
I secondi non desiderano la sovranità ma la spersonalizzazione dei meccanismi sociali e cioè l'estinzione della sovranità politica a favore di un meccanismo perfetto e autoregolato, giusnaturalista, che Baylahm identifica come "ecologia&economia". La mia opinione è che, i primi a mio avviso non hanno soluzione perchè continuano a frustrare cavalli stanchi come le nazioni, i secondi non hanno capito che ecologia ed economia stanno andando a sbattere una contro l'altra. Il centro, l'equilibrio tra i due poli, è scomparso, e tutto questo non promette niente di buono.
Per evitare fraintendimenti, da punto di vista politico sono irrilevante, resto fedele a ideali e valori socialisti, ecologisti, pacifisti, democratici che fanno parte della mia storia.
Lo esplicito per non essere accomunato col liberismo o con l'anarchia, che valuto interessanti e seri dal punto di vista teorico, ma che sono distanti dalla mia concezione della vita e della realtà. Se considero la società umana un sistema autoregolato, autoorganizzato, non significa che accetto il liberismo di Smith ed il mercato: per me anche un sistema economico pianificato è un un sistema autoregolato. Soprattutto non condivido che il mercato concorrenziale, o qualunque altro sistema, sia un meccanismo economico perfetto, efficiente ed efficace, come Keynes e Nash con approcci differenti hanno mostrato.
Sullo specifico del sovranismo riconosco l'esistenza di due fronti contrapposti, ma comunque eterogenei, variegati al loro interno. La divisione non è però tra chi sceglie i valori dell'economia e chi i valori della politica. Il punto dirimente, divisivo in Europa è la partecipazione alla Comunità Europea e al sistema monetario dell'euro, che secondo i tecnici della BCE sono giuridicamente indissolubili. Come già sostenuto, la complessità e la dimensione dei problemi economici ed ecologici richiede secondo me una istituzione, organizzazione sovranazionale come la Comunità Europea e l'ONU, che non implica la dissoluzione dello stato nazionale di origine.
Sul conflitto tra ecologia ed economia ritengo al contrario che siano prevalentemente i sovranisti a non avere cognizione dei problemi incombenti.
Citazione di: baylham il 25 Giugno 2018, 11:57:13 AM
La definizione neoclassica di Lionel Robbins dell'oggetto della scienza economica, la relazione tra mezzi limitati e alternativi e bisogni o fini molteplici, si attaglia alle scelte individuali, meno a quelle collettive.
E' una definizione di economia utile, razionale, ma nasconde l'incertezza radicale del contesto in cui opera la scelta.
Ma le definizioni di economia sono diverse, come sostenuto validamente da Karl Polanyi.
Per me l'economia è lo studio del sistema sociale di produzione, consumo, redistribuzione del reddito nell'ambiente ecologico.
Il punto fondamentale ritengo sia stabilire se l'economia, come io credo, riguardi lo studio dei mezzi più
efficaci per raggiungere uno scopo, oppure se riguardi altre cose.
A me sembra che fin dalle origini (cioè dall'"oikos" greco, passando da G.D'Ockham fino al principio di
Pareto) l'economia si caratterizzi per il suo ruolo di "mezzo".
Ed è chiaro che, laddove è dato un mezzo, ci dev'essere anche uno scopo. E se c'è uno scopo la domanda
che sorge spontanea è questa: chi o che cosa stabilisce lo scopo?
Ammettiamo pure che, "francescanamente", lo scopo di tutti sia il perseguimento dell'utile e del
benessere collettivi (anche se ho forti dubbi in merito...).
Al fine di raggiungere questo scopo non vi è una ed una sola strada: bisogna vedere quali sono le
condizioni di partenza, e quindi scegliere gli strumenti economici più adatti.
Se io, ad esempio, volessi andare a Milano ed ho pochi soldi e molto tempo, probabilmente lo strumento
più adatto sarebbe l'autostop. Ma se avessi molti soldi e poco tempo probabilmente sarebbe preferibile
andare in aereo.
Giorni fa, l'economista Daniel Gros interrogato sul perchè gli strumenti "soliti" del mercatismo europeo
non abbiano funzionato in Grecia ha così risposto: "non capisco il perchè strumenti che hanno funzionato
in Portogallo non hanno funzionato in Grecia".
Ne deduco che per Gros e per tutti quelli come lui (che sono la maggioranza, e reggono le nostre sorti)
è SEMPRE preferibile andare a Milano in autostop (o in aereo)...
Ecco a cosa porta la visione ontologizzante e scientista dell'economia neoclassica (che da secoli sa solo
predicare il "laissez faire"; la "libertà" economica - tanto c'è sempre la "mano invisibile" che tutto
aggiusta...).
Per concludere, io non sono di quelli che guardano al "nazionalismo" con troppa simpatia. Però sono di
quelli che pensano che una sovranità "politicamente espressa" (diciamo "democraticamente") sia da
preferire alla "scienza" di analfabeti come Gros ed ai politici loro tirapiedi (scusate le espressioni,
ma ritengo sia giunto il momento di incavolarsi per davvero).
Perchè la "gente", per ignorante che sia, intuisce sempre molto bene come stanno le cose (o perlomeno
vede sempre chiaramente chi la vuol fregare...).
Quanto all'Europa, sarebbe preferibile, ma nessuno ci crede veramente nè la vuole (a cominciare dai
signori suddetti). E allora, lo strumento più "economico" è forse cominciare a farsi gli interessi propri.
Dico queste cose con amarezza, credimi.
saluti
Salve. Quella europeistica è stata ed è tuttora (assai meno) una bella utopia. In concreto si trattava di generare un sovranismo europeo che riuscisse a sostituire i sovranismi nazionali. Il concetto di sovranismo affonda il proprio significato nella capacità culturale di una società di astrarre dalle proprie molteplici e variegate componenti per concepire ed accettare una dilatazione del particolare verso una generalità più ampia.
Il percorso di astrazione ha avuto ed ha, in chiave antropologica, il seguente andamento :
1 - io ed i miei bisogni-interessi.
2 - io, mia moglie, i nostri bisogni-interessi.
3 - io, mia moglie, i miei figli, i nostri.....
4 - io, mia moglie, i miei figli, i miei parenti, i nostri.....
5 - io, mia moglie, i miei figli, i miei parenti, i miei compari, i nostri.....
6 - io, mia moglie, i miei figli, i miei parenti, i miei compari, i miei paesani, i nostri.....
7 - io, mia moglie, i miei figli, i miei parenti, i miei compari, i miei paesani, chi parla la mia lingua, i nostri.....
8 - io, mia moglie, i miei figli, i miei parenti, i miei compari, i miei paesani, chi parla la mia lingua, la mia Patria, i nostri.....
i passi successivi appartengono in pratica al futuro. Naturalmente i diversi stadi ora descritti non riguardano purtroppo una sincronia cronologica mondiale relativa a tutte le società. Oggi troveremo nel mondo (Europa inclusa) esempi che arrivano alla fase 6, 7, oppure 8. Si chiama maturazione civile di una società.
Il grado di maturazione civile di una società è importantissimo perché genera maggiori o minori difficoltà nel proiettarsi verso l'ipotetico stadio 9 (la mia Patria CONTINENTALE) come si propone di fare l'Europa. Poi ci sono tanti altri aspetti da armonizzare, vedi l'economia, la cultura, la religione, la lingua.........
Purtroppo a tutto ciò si è aggiunto, in tempi relativamente recenti, un problema che rischia di far naufragare il tutto. Si chiama globalizzazione. Cioè una serie di fattori esterni (all'Europa) che non permettono più di concentrarsi su quelli interni.
Ovvio il ripiegamento tendenziale verso un "sovranismo" più ristretto rispetto a quello in cui ci si trovava in precedenza.
P.S.: secondo voi la società italiana dove si collocherebbe, all'interno della scala che ho esposto qui sopra ?
Citazione di: baylham il 25 Giugno 2018, 17:09:37 PMLa divisione non è però tra chi sceglie i valori dell'economia e chi i valori della politica. Il punto dirimente, divisivo in Europa è la partecipazione alla Comunità Europea e al sistema monetario dell'euro, che secondo i tecnici della BCE sono giuridicamente indissolubili. Come già sostenuto, la complessità e la dimensione dei problemi economici ed ecologici richiede secondo me una istituzione, organizzazione sovranazionale come la Comunità Europea e l'ONU, che non implica la dissoluzione dello stato nazionale di origine.
Sul conflitto tra ecologia ed economia ritengo al contrario che siano prevalentemente i sovranisti a non avere cognizione dei problemi incombenti.
L'ONU è uno scherzo e lo sai benissimo, ma parlando di EU o comunque di macroregioni, è vero che nel loro essere geograficamente più ampie sono più capaci di attutire i cosidetti "venti", ma il punto è che se la loro formazione è lasciata alle tensioni private (economiche) il risultato è tutt'altro che "ecologico". La grandezza non è sempre un vantaggio, come si accorsero gli ingegneri delle corazzate da battaglia, affondate ben prima che potessero vedere un nemico e abbandonate a favore di minuscole imbarcazioni, alcune piegate proprio dai venti perchè troppo lunghe. Come la Klein ha fatto notare, l'idea di un
continente-fortezza (confini comuni-libero scambio interno) porta con se la necessità che alcune regioni siano più povere per occuparsi di materie prime e produzioni primarie, al costo anche di "attendere" fortissime svalutazioni salariali interne. Ora ti rendi conto benissimo che se l'Italia non primeggia come forza economica è un problema storico-politico, e non ha niente a che fare con la sua attitudine (inesistente) verso le materie prime (ecologia). Quante sono le possibilità che l'Italia si trasformerà nel
granaio d'Europa mentre il nord occupa tutto il management? Perchè questa sarebbe la rotta che il mercato "meritocratico" ci sta dicendo che si dovrebbre prendere. L'afflato verso comunità sempre più ampie ed omogenee è condiviso, ma come dice il detto non bisogna mettere il carro (mercato) davanti ai buoi (politica) argomentando che il carro si guida da solo, l'europa ha ancora bisogno di uomini, GRANDI uomini politici, e potere sovrano nelle loro mani. Altrimenti il carro va giù per la collina e si trascina addietro i buoi, schiantando il convoglio..
Per oxdeadbeef
Allora è solo un malinteso, la mia argomentazione era quasi scolastica e ho preso per "politica" il suo etimo, se prendo la definizione di Weber il tuo ragionamento mi torna benissimo.
Partirei dal fatto che non so quali siano i miei interessi, se lo sapessi non starei a discuterne e riflettere con altri. Se non so quali siano i miei interessi non capisco per quale motivo chiunque altro sappia quali siano i miei interessi.
Siccome mi trovo in questa condizione pur avendo studiato e riflettuto per anni sull'economia, immagino che la maggioranza degli uomini si trovi nella mia stessa condizione, di non sapere quali sono i suoi interessi. Per cui si va a tentativi, si prova.
Il tentativo, la prova a sua volta non dipende unicamente da me, dipende dalle reazioni di altri, pochi, molti, milioni, miliardi di uomini che fanno parte del sistema economico. Ma non basta, dipende da pochi, molti, miliardi di altri organismi viventi che fanno parte del sistema ecologico. Questo significa fare parte di un sistema autoregolato, autoorganizzato, gli esiti dei tentativi, delle prove dipendono dal sistema complessivo, di cui nessuno ha la possibilità di controllo, di potere unidirezionale.
Tornando al sovranismo, che rappresenta semplicemente un revival del nazionalismo passato, chiedo che cosa abbia di nuovo da offrire. La mia risposta è illusioni, promesse che non può mantenere. Personalmente non andrei a promettere ai cittadini dei paesi occidentali crescita e ricchezza economica per tutti, ma decrescita per tutti.
Sulla Grecia, le politiche europee hanno funzionato bene, secondo quanto era previsto dalla teoria economica, infatti il paese si è impoverito fortemente. Lo stesso accadrà all'Italia, agli altri paesi europei e agli USA, è solo questione di tempo.
Piuttosto mi farei un'altra domanda e così anticipo la risposta a viator: perché i greci non sono stati in grado di redistribuire la perdita inevitabile di reddito tra di loro, perché non hanno ridotto le disuguaglianze economiche e sociali all'interno del loro paese? La risposta semplice è che i greci, come gli altri paesi, non hanno nulla di diverso in campo economico da proporre che non sia il tanto vituperato mercato. Invece di maledire il mercato, senza avere valide alternative da proporre, bisogna studiarlo, capirlo nei sui meccanismi e tentare di correggerlo, indirizzarlo, senza illudersi di avere il potere di farlo.
Trovo divertente o ridicolo che in Italia si voglia fondare da parte di chi lo sostiene il reddito minimo, il reddito di cittadinanza, una delle poche misure di impronta socialdemocratica, sul debito pubblico o sull'emissione di moneta e non sulle imposte. La dimostrazione chiara dell'ignoranza diffusa in campo economico.
Sono d'accordo con la tua gerarchia viator, mancano gli amici o il partito, con l'aggiunta che i conflitti più dolorosi sorgono nei livelli alti della gerarchia.
InVerno modifico la tua metafora, i buoi sono la biologia, il carro è l'economia, la politica è il conducente. Nel breve tragitto la direzione è chiara, nel lungo si viaggia a vista.
I leader, soprattutto in campo politico, hanno bisogno delle masse. Comunque spiegano l'imprevedibilità della storia.
Non mi convince il tuo schema economico, l'Italia non è la periferia economica dell'Europa, il sud Italia forse; essere periferia non significa occuparsi di agricoltura. Al massimo in Italia l'agricoltura sarà rivolta ai prodotti biologici o di alto valore.
Citazione di: viator il 25 Giugno 2018, 22:50:35 PM
Salve. Quella europeistica è stata ed è tuttora (assai meno) una bella utopia. In concreto si trattava di generare un sovranismo europeo che riuscisse a sostituire i sovranismi nazionali. Il concetto di sovranismo affonda il proprio significato nella capacità culturale di una società di astrarre dalle proprie molteplici e variegate componenti per concepire ed accettare una dilatazione del particolare verso una generalità più ampia.
Purtroppo a tutto ciò si è aggiunto, in tempi relativamente recenti, un problema che rischia di far naufragare il tutto. Si chiama globalizzazione. Cioè una serie di fattori esterni (all'Europa) che non permettono più di concentrarsi su quelli interni.
Ovvio il ripiegamento tendenziale verso un "sovranismo" più ristretto rispetto a quello in cui ci si trovava in precedenza.
La globalizzazione non è un fenomeno che necessariamente dobbiamo subire e davanti al quale non possiamo che
adattarci. La globalizzazione (nella sua forma attuale) ha una precisa data di nascita, e questa data è il
1989, allorquando R.Reagan e M.Thatcher firmarono l'accordo sulla libera circolazione di capitale.
Dunque la globalizzazione come frutto di una precisa scelta politica: quella di "lasciar fare" al mercato
nella convinzione (o forse dovrei dire nella fede...) che esso, il mercato, possegga in sè la capacità di
autoregolarsi per il meglio.
Direi che molta acqua è passata sotto i ponti dal tempo della Scuola Scozzese, ma ancora ad essa ed ai suoi
principi metafisici siamo fermi. Il bello è che vengono spacciati per "scienza"...
Quanto all'Europa, essa è di fatto un progetto già fallito. E non è fallito per colpa dei "sovranisti"; dei
"populisti" (che sono fenomeni tutto sommato recenti); ma è fallita per colpa di una visione miope ed ottusa
degli stessi sostenitori a oltranza del mercato. I quali hanno sempre pensato che bastasse una moneta unica
ed un mercato unico.
Da "sovranista" e "populista" dico che l'Europa è stata un grande sogno, e tutto il mio rispetto va alla
memoria dei grandi statisti del passato che l'hanno sognata ed hanno provato a realizzarla.
Tuttavia i successori dei De Gasperi, dei Kohl, dei Mitterand (per non dire degli Spinelli), non si sono
dimostrati all'altezza dei predecessori. Ed hanno portato, con politiche meschine e volte all'utile immediato
(soprattutto elettoralistico), alla attuale, per certi aspetti vergognosa situazione.
saluti
in fondo avete ognuno le proprie giuste ragioni.
Ma dobbiam sapere che sovranità ed economia sono mutati concettualmente dopo nemmeno un secolo, per riconfigurazione
sostanziale, direi fisica dell'economia e direi anche virtuale ancora dell'economia stessa.
Fisica perchè oggi l'economia è pura convezione.Sembra paradossale ,ma lo è.Paradossale seppur il denaro virtuale è quello che permette di pagare bollette, mutui, pagnotte,l biglietto dell'aereo.
Non esiste una teoria economica superiore ad un'altra, esistono anche quì convenzioni.
Faccio un esempio di come la sovranità si scontri con le convezioni.
Il PIL. il mitico prodotto interno lordo se andate a studiarvi come è composto vi accorgereste che l'Italia ad esempio che ha una giurisdizione, dei confini fisici geografici, è uno Stato(come tutti d'altra parte), e le aziende che producono potrebbero essere tutte di proprietà straniere.Bene, quello che producono fa parte del PIl.
Lo sapete che circa mezzo punto percentuale è dato da rimesse di italiani all'estero?
Ecco il paradosso, uno Stato può avere sul proprio territorio tutte aziende produttive straniere, e viene calcolato nel PIL, anche se poi il denaro dei proprietari torna al loro luogo d'origine.Un'azienda di proprietà italiana all'opposto ha deciso di delocalizzare. all'estero, ha portato i suoi stabilimenti produttivi altrove, ma essendo italiana la proprietà porta le rimesse in denaro sui conti bancari italiani.
L'assurdo è che ormai lo Stato rischia di diventare un uovo vuoto, un'altra convenzione, l'economia vive su convenzioni il Pil è solo uno degli esempi, la Moneta è un altro, fra qualche anno sparirà del tutto la moneta fisica, non ha senso, così tutte le transazioni saranno controllate e il denaro sarà necessariamente depositato(si fa per dire, non ci sarà nulla di fisico) presso finanziarie, banche, ecc.
Adesso guardate fisicamente il rapporto: produzione di valore aggiunto, lavoro, ricchezza, Stato.
Nel "vecchio" concetto di sovranità tutto o quasi era "fisicamente" nel luogo dello Stato, oggi persino l'indebitamento dei titoli di stato italiani, magari li ha in mano un lappone, un eschimese e un fondo pensionistico di dipendenti pubblici canadesi, e i titolari del credito nemmeno sono tenuti a sapere cosa sia l'Italia, gli interessa solo la rendita finanziaria sull'investimento eseguito,che non è eseguito da loro, ma dal broker, dall'agente finanziario che non è quello con cui hanno discusso ,ma da appositi uffici di persone tecnicamente specializzate che non conoscono e loro sì hanno il controllo dei loro investimenti, che ingegnerizzano i debiti o li ricompongono in mix di fondi bilanciati, azionari, ecc.
Allora potrebbe voler dire, che in Italia il tessuto produttivo è in mano ad aziende estere che danno lavoro a italiani e solo i salari e gli stipendi dei lavoratori rimangono in Italia, non necessariamente gli investimenti di quelle aziende: al contrario aziende di proprietà italiane sono delocalizzate all'estero danno lavoro a stranieri e le loro rimesse di denaro, quindi tornano in Italia.
Il valore aggiunto non ha più rapporto con il lavoro ed è completamente slegato dal PIL. o meglio da quello che ci vorrebbero far credere concettualmente come PIL.
Significa che le vecchie politiche economiche tutt'ora in uso sono una farsa,non incidono sulle dinamiche perchè non ne hanno il controllo giurisdizionale e quindi politico come lo sono gli indicatori oggi fuorvianti come appunto il PIL.
Pensate che i migranti tengano tutto il loro denaro in Italia se dovessero lavorare quì e hanno famiglie all'estero?
Cosa facevano i nostri migranti quando andavano in USA o in Germania a lavorare?Quanti si sono stanziati all'estero e quanti sono tornati?
Le comunità cinesi, e non solo, dove versano il denaro?
E' impossibile gestire e prevedere economicamente l'agente economico che poi è l'uomo, dipende dalle sue scelte soggettive in base alle condizioni oggettive.
Mi preme far capire che le dinamiche oggi sono impossibili da prevedere, persino da ipotetiche teorie del complotto o da poteri occulti, quali potranno essere anche solo fra tre- cinque anni.
E' tutto in crisi paradigmatica nella post modernità , ma è anche vero che tutto è riconfigurabile, è aumentata la possibilità, e diventa un problema di volontà, per cui il nocciolo è politico non economico.
Citazione di: baylham il 26 Giugno 2018, 11:29:34 AM
Partirei dal fatto che non so quali siano i miei interessi, se lo sapessi non starei a discuterne e riflettere con altri. Se non so quali siano i miei interessi non capisco per quale motivo chiunque altro sappia quali siano i miei interessi.
I
C'era un famoso filosofo (di cui adesso non ricordo il nome) che diceva: "il popolo non sa qual'è il suo bene,
e se anche lo sapesse poi non saprebbe perseguirlo".
Direi che si avvicina molto a quanto affermi, senonchè per lui, per il filosofo "misterioso", c'era chi sapeva
cos'era il bene per il popolo, e sapeva come perseguirlo...
A me sembra proprio che non alla tua idea, ma a quella di quel filosofo si rifanno le "elitè" dominanti
europee. Tutto ciò è però, con ogni evidenza, profondamente antidemocratico.
Questa rappresenta, anzi, l'essenza stessa della anti-democrazia, che è l'autocrazia. Il potere che si auto-
nomina sulla base di un qualcosa; soldi, armi, supposte capacità che altri non hanno eccetera.
Ma è persino superfluo dire che tutto ciò che segue quei primi due elementi, i soldi e le armi, è un qualcosa
che sempre viene "dopo", come legittimazione del potere ottenuto con lo strumento dei soldi e/o delle armi.
In parole povere, se non si è più democratici (e non è un delitto il non esserlo) lo si dica apertamente e la
si faccia finita con questo misero teatrino.
Per quel che mi riguarda, la penso in maniera diametralmente opposta.
Non che non sia consapevole dei rischi congeniti alla democrazia (che, aristotelicamente, considero a rischio
degrado come qualsiasi altra forma politica); è che, semplicemente, penso che la democrazia sia forse, come
dire, il meno peggio. E che la tanto vituperata "gente" sappia perfettamente qual'è almeno il suo interesse
immediato.
Certo, non sarà in grado di comprendere le cose nel loro profondo intimo, ma credo sia in grado più di tanti
"masturbatori cerebrali compulsivi" (categoria di cui credo far parte anch'io) almeno di "intuire" qual'è
il "giusto verso".
E poi credo proprio che neanche ci voglia tanto. A meno di non andare a parare in terreni "escatologici".
A meno di non andare a parare, ad esempio, su interrogativi degni dei fratelli Karamazov (uccidere il proprio
padre per guadagnarci subito o non ucciderlo per guadagnarsi il paradiso?).
Proprio la filosofia anglosassone ci ha insegnato che, in fondo, basta guardare al proprio utile immediato...
Quindi, mi verrebbe da dire, "chi di spada ferisce di spada perisce". Perchè l'utile immediato ci dice, e io
credo ce lo dica chiaramente, che questo "sistema" fondato sul mercato, sul liberismo più sfrenato, non produce
un utile per la collettività. Non lo produce nè nell'immediato nè nel lungo termine.
Non si tratta, e su questo punto sono d'accordo con te, di maledire il mercato. Si tratta, appunto, di
"correggerlo e indirizzarlo" MA, e questo è importante, cercando il modo di poterlo fare.
saluti
PS
L'aspetto grave dell'affermazione di Gros non era tanto nel merito dei problemi della Grecia e del Portogallo,
ma proprio nel fatto che di questo merito egli non ha detto niente. Ha solo detto che non sapeva perchè la
"medicina" che aveva funzionato in Portogallo non aveva avuto effetto per la Grecia.
Boh, qualcuno gli spieghi che, forse, la malattia non era la medesima...
Citazione di: baylham il 26 Giugno 2018, 11:29:34 AMSulla Grecia, le politiche europee hanno funzionato bene, secondo quanto era previsto dalla teoria economica, infatti il paese si è impoverito fortemente. Lo stesso accadrà all'Italia, agli altri paesi europei e agli USA, è solo questione di tempo.
Ciao Baylham,
concordo con la tua introduzione, specifico solo che quando dico "granaio" intendo una a caso materia prima, puoi sostituirla con qualsiasi altra e capire che l'Italia non può fare la fine di Polonia, Bulgaria e gli altri "servitori della gleba" europei.
I tecnici dell'UE dicono che l'EU è indossolubile, quelli esterni dicono che è diretta verso la catastrofe, non mi sembra una buona ricetta, hai ragione: bisogna fermarsi e pensare.
Dire che è quello che è successo in Grecia è "buona economia" è tuttavia abbastanza assurdo, la Grecia ha pagato la sua crisi interna ma l'avrebbe pagata anche fuori dal mercato unico, e non sono sicuro che si sarebbe arrivati alle condizioni "igieniche" in cui la Grecia riversa ora.
Senza una condivisione del rischio con i creditori nazionali, scettici greci e non, hanno tutto il diritto di "pensar male" come si penserebbe male di uno che ti presta i soldi fatti con le scommesse che tu fallisca. Ovviamente la "ristrutturazione del debito" ha contravvenuto i regolamenti EU, come a ruota hanno fatto tutte le grandi nazioni, ai piccoli rimane il cerino. Sapere che il sistema porta "correttamente" a risultati come quello è impressionante, non solo per la Grecia stessa, ma anche per tutta l'Europa visto che se la sono comprata i cinesi. Buttare terre e aziende al miglior compratore può essere pericoloso se quest ultimo è uno stato totalitario e con forti ambizioni planetarie, è geopolitica fatta a caso (o da un manipolo di non eletti con interessi, rischi e fondamentali asimmetrici).
Io non sono un esperto di geopolitica, chi lo è, non farebbe mosse del genere e si bullerebbe "che è il mercato bellezza", ammetterebbe semplicemente di aver sbagliato, teoria, sistema, o quello che ha portato a ciò. D'altro canto le decisioni geopolitiche europee parlano da sole, e sono il frutto di una leadership frammentata, impopolare, irresponsabile (verso il popolo) e in continuo conflitto di interessi. La dipartita dell'UK e le relazioni per nulla amichevoli con i Russi sono state il punto di non ritorno, le forze di capaci di temprare l'Europa sono state abbandonate velocemente. Agli inglesi li stiamo minacciando con il prezzo del Parmigiano, i russi già il Parmigiano non lo mangiano, siamo l'europa del latticino, perchè siamo una moneta non una nazione..
Abbiamo (i tedeschi) tuttavia fatto l'occhiolino per un decennio alla Turchia che non ha più una democrazia, inglobato una serie di paesi sovietici per la Nato, e per irritare i Russi, oltre che aver patito la questione Jugoslava anche se i famosi 70 anni di pace non la menzionano perchè si sa che i serbi son rissosi e non contano. Da questo veloce elenco (ma si potrebbe continuare) si può capire che l'idea di una macroregione senza sovranità è una roba che è destinata a magre conquiste.
Citazione di: paul11 il 26 Giugno 2018, 23:26:44 PM
in fondo avete ognuno le proprie giuste ragioni.
Ma dobbiam sapere che sovranità ed economia sono mutati concettualmente dopo nemmeno un secolo, per riconfigurazione
sostanziale, direi fisica dell'economia e direi anche virtuale ancora dell'economia stessa.
Fisica perchè oggi l'economia è pura convezione.Sembra paradossale
Ciao Paul11
A mio parere le tue considerazioni rientrano nel discorso che facevo sulla globalizzazione. Che "inizia" (...)
nel 1989 con l'accordo Reagan-Thatcher sulla libera circolazione di capitale.
Al capitale sono seguite le aziende "fisiche", con la cosidetta "delocalizzazione", ed infine le persone con una
emigrazione di massa mai vista prima.
Tutto ciò è quindi frutto di una precisa decisione politica, che è stata presa sulla base di una precisa
ideologia (quella di un mercato che dev'essere "libero" in quanto capace di autoregolarsi da sè per il meglio).
Non sono quindi d'accordo laddove affermi che: "non esiste una teoria economica superiore alle altre - l'economia
è pura convenzione". A mio parere la teoria economica "dominante" (e che certamente aspira ad essere considerata
superiore alle altre) è quella che a me piace chiamare "mercatismo", per distinguerla dal liberalismo di matrice
classica. Ed essa trae i suoi fondamenti dalla dottrina di Von Hayek e della Scuola Marginalista (tant'è che
la Thatcher considerava Von Hayek sua "musa ispiratrice").
Non vedo dunque, se la realtà è vista attraverso la "lente mercatista", nessun paradosso e nessun assurdo.
Mi sembra, anzi, che certe dinamiche che descrivi siano in tutto e per tutto in linea con i dettami di
quella ideologia.
E' del resto verissimo che l'economia è "mutata concettualmente". Già Max Weber parlava del capitalismo come
di una "gabbia d'acciaio" in cui i soldi servono ormai solo a fare altri soldi. Egli cioè già notava una
specie di "mutamento genetico" del liberalismo classico, nel quale il potere politico ancora aveva la
bacchetta di comando sull'economia.
Non più adesso (e solo adesso si chiarisce ciò che Weber aveva solo intuito); perchè adesso il "mercatismo"
è l'estensione della sfera economica ad ogni dove, e quindi anche nella sfera che prima era di pertinenza
della politica.
Non certo indifferente a questo processo è la "volontà di potenza", che Severino descrive come lo strumento
atto al fine di possedere ancor più potenza (ecco, a parer mio, l'analogia con i "soldi e che servono a fare
altri soldi" di Weber).
Un mezzo che, dunque, diventa anche fine: in ciò consiste il "mutamento genetico" del capitalismo e dell'
economia in genere.
Ma su quest'aspetto ci sarebbe parecchio da dire.
saluti
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non capisco come e dove hai dedotto quanto da te esposto in base al mio post precedente.
La sovranità e l'economia non sono scoperte della modernità. Semmai sono invenzioni teoriche dentro un tempo che era l'industrializzazione che ha portato al capitalismo quasi immediatamente.
L'omeostasi di qualunque cellula vegetale e animale, il loro equilibrio energetico, rappresentano il dato pratico di come un vivente possa sussistere .Questo per me è la "vera" teoria economica da dedurre.
L'economia nella teoria moderna è una favola politica,perchè l'agente umano è teorizzato come puro edonismo utilitaristico e persino menefreghistico e cinico nei confronti del prossimo.Se una cellula se ne fregasse del tessuto come insieme di cellule, e se ogni organo e nostro apparato si comportasse in maniera egoistica, come potrebbe sussistere il corpo umano ,nel nostro caso?
Von Hayek fa pura apologia della sua ideologia.Lui parla da dentro un sistema che è già connaturato capitalisticamente, ma non funzionerebbe in una economia non capitalistica egoistica e cinica. e competitiva.
La teoria marginalista fu aspramente criticata in maniera perspicace da Sraffa in una lettera inviata a Keynes.
O si attaccano le fondamenta e i paradigmi di una teoria, o semplicemente la si aggiusta.L'ha attaccata a modo suo Marx, e poi...........
il niente.
Oggi siamo nella situazione che le le ve del governo economico utilizzate da banche centrali e Stati, non danno più gli stessi effetti.E' come se un farmaco, come gli antibiotici ,non riuscissero più a combattere i batteri che hanno mutato il dna.
La configurazione attuale di un economia enorme come mole di denaro, come velocità degli scambi e come rottura del concetto di luogo geografico, ha mutato i concetti politici tra cui la sovranità.
Molte teorie politiche nelle sue sfumature si sono adattate ,persino un "marxismo"( si fa per dire) internazionale ormai appoggia la globalizzazione.
Quando ad esempio il PD ripete come un mantra che l'italia si sta isolando dalla comunità internazionale in realtà in parte dice davvero ciò che sostiene l'attuale sinistra internazionale, ed ecco l'appoggio ai migranti.
Perchè si sostiene che lo Stato, di solo qualche decennio fa, è inesorabilmente mutato e le resistenze sovraniste sono pure utopie, persino perdite di tempo, perchè il trend globale è verso l'equilibrio globale, impossibilitato da gestire da parte di piccoli Stati, ma solo da Unioni, Blocchi, con trattati accordi bilaterali, trilaterali, ecc.
Attenzione non è detto che questo sia il mio pensiero, ma questa teoria ha una logica e sta nell'impossibilità nel medio periodo da parte di qualunque Stato singolo di resistere al cambiamento globale.
Per questo ho descritto come mutano i rapporti investimenti= lavoro= reddito= profitto,ecc.
Le vecchie regole ad esempio la politica degli investimenti non regge se non è finalizzata e studiata bene; le cosiddette politica a "pioggia" di denaro sono definitivamente finite in soffitta.Se un tempo 1 milione di euro di investimenti produttivi equivalevano a 100 posti di lavori nuovi, oggi ne vale 1 sì e no.Finirà sul lungo periodo persino il concetto e pratica del tempo di lavoro= salario/stipendio.Noi siamo già in un tempo in cui i l senza lavoro è un dato di fatto, non è più un'anomalia, Nelle teorie economiche è impossibile la piena occupazione, persino la corruzione e il lavoro nero sono contemplate nelle teorie, in quota parte e dentro tolleranze percentuali, sono dentro il sistema di mercato e servono a mantenere gli equilibri economici di costi e prezzi.
Ma il sistema "mondo" non è uno spazio infinito, questa è la teoria di una certa sinistra attuale, quando il mercato raggiungerà tutte le latitudini, il problema a quel punto saranno 6-7-8 miliardi di persone, non i 60 milioni di italiani, o di francesi o di tedeschi,perchè il lavoro è globale e i contratti di lavoro per certe funzioni prevedono spostamenti "migrazioni", globali.
Nessun diritto del lavoro locale, nessun sindacato dei lavoratori locale, può resistere all'impeto della velocità del cambiamento.
Quì siamo nel"adattati o muori".
Ora, può il concetto di sovranità esistere, sussistere e resistere alla velocità degli squilibri del mutamento?
Nel lungo periodo la mia risposta è assolutamente no, lo Stato attuale uscito dalla storia della modernità per come era ,sarà solo un ricordo, una memoria storica.
Il mio parere è cercare di capire come si potrà vivere, quali spazi e tempi di vivibilità dei singoli, di comunità possono e mio parere, devono comunque continuare a sussistere: ne va della nostra identità.
Perchè è altrettanto chiaro che essendo ormai spuntati tutti gli strumenti di resistenza,di difesa al globalismo economico, con una perdita storica ovunque del pensiero sociale storico, andremo a governi mondiali, (le attuali frantumazioni sono solo passaggi di tempo...)in un sistema,dove se non mutano queste teorie dell'agente economico umano cinico ed egoistico, l'uomo sarà un concetto di consumo,di reddito, dove la parte umana che ci caratterizza sarà un orpello, un'anomalia,da eliminare, nella massa di obbedienti e cretini di un prossimo futuro.
Salve. Per Paul11 : Io la vedo semplice :L'evoluzione del mondo inanimato prima, di quello animato non umano poi, di quello umano ancora dopo e fino all'attualità (e non si capisce cosa dovrebbe cambiare in futuro, ci piaccia o ci dispiaccia) è consistita in una progressiva complicazione dei fattori dell'esistenza.
Il senso di tale andamento, sempre secondo me, è costituito dalla tendenza del mondo a riprodurre continuamente copie "di riserva" dei suoi aspetti un modo che se una parte di essi andasse persa, si potrebbe ricominciare da quello che rimane. Si chiama "istinto di sopravvivenza", in questo caso riferito all'intero esistente.
All'interno di una simile dinamica il singolo componente diventa sempre meno essenziale. Ciò vale ovviamente anche per le individualità umane.
Gli individui verranno sempre più utilizzati (dal mondo fisico, attraverso tutti i suoi meccanismi e tutte le sue componenti - delle quali fanno parte anche le società umane, il capitalismo, la globalizzazione etc:) per costruire super-organismi collettivi (hai presente certe società di insetti ?) che possiederanno una loro propria intelligenza e logica ULTRAINDIVIDUALI.
Naturalmente la cosa per noi ed oggi è quasi incomprensibile e sicuramente inaccettabile. Resta solo da augurarsi che io mi sbagli. Saluti.
Citazione di: paul11 il 27 Giugno 2018, 22:32:04 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
non capisco come e dove hai dedotto quanto da te esposto in base al mio post precedente.
Ciao Paul11
C'è evidentemente stato un malinteso. Per parte mia mi sembrava di aver capito che, con quel tuo: "l'economia
è pura convenzione" volessi dire che non esiste nessuna teoria economica (laddove io sostengo che la teoria
economica dominante è quella dell'"ordine spontaneo" di Von Hayek).
Su questo punto vorrei però capire e capirti un pò meglio. Perchè dal punto di vista dell'"ordine spontaneo"
(che chiaramente non è il mio, ma questo penso lo si sia capito) non esiste proprio nessuno degli assurdi o
paradossi di cui parlavi.
Il denaro virtuale "serve", a me pare con ogni evidenza, ad espandersi nella finanza senza l'impiccio
dell'inflazione che un conio reale di denaro comporterebbe (e l'espansione, dicevo, è forse la caratteristica
più spiccata che connota l'economia capitalistica).
Lo stato che, dicevi, rischia di diventare un uovo vuoto non è un "assurdo", e non lo è perchè, appunto,
l'espansione capitalistica (mercatistica), se lasciata fare, non può che travolgere confini e frontiere.
Non so, dicevo che a me queste dinamiche mi paiono in tutto e per tutto in linea con l'ideologia dominante
dell'"ordine spontaneo" (che è, allo stesso tempo, ideologia economica E politica - per il fatto, cui appena
ho accennato, della "mutazione genetica" e della trasformazione dei mezzi in scopi).
E vengo alla, per così dire, "domanda capitale": "può il concetto di sovranità esistere, sussistere e resistere,
alla velocità degli squilibri del mutamento?"
Sulla base di quanto dicevo vi sarà sempre una "sovranità" che è, in ultima istanza, politica. Ma mi sembra ovvio
tu stia parlando della sovranità statuale, della sovranità "politica" così come l'abbiamo sempre intesa.
Non lo so. Già l'analisi circa le dinamiche della contemporaneità è molto complessa. Ancor di più lo è la
previsione sugli sviluppi futuri.
Mi sento di poter dire che, sicuramente, c'è un "risveglio" che solo pochi anni fa era impensabile. Non sto
parlando dei meri risultati elettorali o dei governi che si sono formati; mi sembra di avvertire come una
maggior consapevolezza che "tutto questo" (ciò che succede nel suo insieme) sia essenzialmente dovuto al
modello economico dominante. E non mi sto riferendo solo al nostro paese.
Sicuramente vi influisce il maggior grado di istruzione; solo pochi anni fa la gente andava regolarmente dietro
la bandierina di un certo colore senza porsi nessuna domanda.
Ripeto, non facciamoci fuorviare da eventi che, magari, potrebbero essere contingenti e domani sparire.
Guardiamo piuttosto gli eventi dell'attualità come a dei "segni" che magari stiamo malinterpretando; ma che
forse indicano che qualcosa di profondo sta veramente cambiando.
saluti
Citazione di: paul11 il 27 Giugno 2018, 22:32:04 PMO si attaccano le fondamenta e i paradigmi di una teoria, o semplicemente la si aggiusta.L'ha attaccata a modo suo Marx, e poi...........il niente.
E continuerà cosi, secondo me, il niente. Perchè il capitalismo non sarà battuto da un libro o da una teoria, ma dall'esaurimento di se stesso e dei suoi fondamentali, a partire dalla forza lavoro. La grandezza di Marx sta nell'aver visto il futuro quando nel suo presente era praticamente inesistente (2% di operai in fabbrica quando scrisse il Capitale), abbiamo altre menti capaci di guardare il futuro, ma il futuro chiede un cambiamento, il cambiamento energia, e siamo biologicamente costituiti a "risparmio energetico". E' esistito un capitalismo "nobile", in Italia qualcuno se lo ricorda con Olivetti & altri, il punto non sta nel capitalismo ma nella cultura politica su cui attechisce. Per esempio ho visto citato "A. Spinelli", e ironicamente mi piacericordare che il manifesto di Spinelli non parla di UE come tutti paiono credere, ma di un partito socialista europeo. Era ancora il tempo dove non si metteva il carro davanti ai buoi e si partiva dalle priorità.
rispondo a Viator, Mauro(Oxdeadbeef) e Inverno.
Le teorie moderne, nascono da un substrato culturale/filosofico ,che qualche filosofo indica come dialettica del fondamento o aporia del fondamento ,altri li definiscono dispositivi culturali , e tutto li indicano nel tempo classico dei greci.
Quì non è il luogo di discuterne.
Di sicuro è nella modernità(figlia dell'aporia), quando l'uomo ha esaltato se stesso come dominatore del mondo e artefice del proprio destino.
La teoria economica si basa sul soggetto uomo esaltandone sue caratteristiche e negandone altre.
Se nasciamo in un sistema volutamente costruito sull' egoismo dove le condizioni sociali restringono le caratteristiche di possibilità e volontà, essendone veicolate per fini che il sistema stesso ha scelto e facciamo passare questo come "spontaneismo" ,stiamo dimenticando che altre culture attuali che non sono occidentali, e il passato storico ,mostrava e praticava altre azioni economiche e sociali.
Se vogliamo far passare questo com e"destino dell'Occidente" dobbiamo sapere che è vero come potenza in atto, come forza propulsiva, ma che non regge come teoria economica dell'uomo in relazione al mondo naturale, non regge come cooperazione umana, non regge come caratteristiche volutamente obnulate che viviamo come , nevrosi ,alienazione ,emarginazione.
Non è in crisi il capitalismo che è come un virus adattativo che muta periodicamente nei suoi cicli economici evolutivi, è in crisi l'uomo è in crisi la cultura intera che è nata nella modernità che ha finito la spinta propulsiva che ha chiamato benessere ,progresso, spacciando il gingillo tecnologico.Il paradosso quale è? Che siamo noi stanziali e indigeni occidentali che sentiamo la crisi e la decadenza, ma nelle altre parti del mondo la globalizzazione ha già vinto, tutti hanno accettato la regola del gioco, il substrato culturale della potenza delirante e a loro sta promettendo "accetta il capitalismo ,ti diamo benessere e progresso sociale, in cambio m iprendo la tua anima". Perderanno la loro cultura, perchè loro non hanno vissuto la nostra di cultura, le altre vedono solo la punta dell'iceberg e gli dice che saranno più felici, potenti, siamo noi che vediamo il deliri odi potenza, perchè la nostra cultura sta decadendo, la loro sta "rinascendo" come potenza, vedi Cina, India, ma perderanno l'anima delle loro tradizioni,Loro stanno crescendo in potenza, noi stiamo declinando, noi inquinavamo e loro respiravano, già oggi loro inquinano di più e noi respireremo. Capite?
Domani loro avranno la possibilità di dominarci, è solo questione di gap tecnologico, e alcune analisti USA lo hanno già evidenziato.
Il Nord coreano che dopo la provocazione dei missili stringi le mani di Trump mostrano la potenza della mediazione del dragone cinese nello scacchiere mondiale.
La dimostrazione sono i dazi USA, che sono forme economiche difensive, la sovranità nel concetto attuale è pura difesa
Il capitalismo che promette "profumi, balocchi e cotillon," è vincente.
Il mio parere è che l'unica soluzione è che la nostra cultura dopo il Medio Evo è da rivisitare, perchè è lì che storicamente emerge (nasce prima) il delirio di potenza, inteso come esaltazione dell'uomo sul dominio universo. Noi sopra la natura e pieghiamo la natura alle nostre esigenze., la natura è al nostro servizio.
Questa cultura che ribadisco è il substrato su cui è nato il capitalismo, lo sfruttamento, l'alienazione, perchè non è bastato considerare l'uomo come concetto universalistico superiore come qualità alla natura, va oltre non avendo un limite culturale che lo blocca, ha detto io sono superiore a te e quindi ti sfrutto, io sono superiore ate come razza e ti metto in un lager, io sono superiore a te e decido
il tuo destino.
Sicuramente il nostro substrato culturale-filosofico nasce nel tempo dei Greci. Altrettanto sicuramente, direi,
forti influenze sono da ricercare nella religione, visto che già nella Bibbia la natura è interpretata come un
qualcosa di creato PER l'uomo, e quindi a sua disposizione.
Però, messa in questi termini, la faccenda diventa davvero un "destino dell'Occidente". Che poi non regga come
"teoria dell'uomo in relazione al mondo naturale" è una cosa che ben sappiamo tutti (cioè: quelli che lo
vogliono sapere lo sanno...).
Del resto non mancano certo le critiche radicali, e fondate, alla cultura occidentale (Levinas, Severino);
critiche che, però, non vanno mai al di là delle aule accademiche o dei discorsi fra gli addetti ai lavori
(per evidenti motivi).
Quindi, diciamo, sono d'accordo con il tuo ragionamento ma mi limiterei ad aspetti più, come dire, "pratici",
contingenti ed immediati (naturalmente nella consapevolezza che la pratica, la contingenza e l'immediatezza,
devono sempre e comunque fare i conti con qualcosa di più profondo).
In maniera direi quasi "kantiana" proporrei di fare un ragionamento siffatto: "sappiamo come stanno le cose;
e allora, beh, che si fa?".
Voglio dire: non si fa niente perchè c'è un substrato culturale e religioso che ci metterà inevitabilmente
i bastoni fra le ruote?
Citando di nuovo Weber mi verrebbe da dire: "mettiamoci al lavoro ed adempiamo al compito quotidiano".
saluti
PS
Vorrei aggiungere, tu proponi di rivisitare tutto a partire dalla fine del Medioevo (Severino addirittura
a partire dal "parricidio platonico"...), ma ti sembra possibile una impresa siffatta?
Non è forse meglio prendere atto dei nostri limiti costitutivi e, con probità ed onestà intellettuali,
fare quel che è possibile fare?
Certo, mi rendo conto che quel che è possibile fare rischia di essere molto poco, oberati come siamo da
millenni intrisi in una catena segnica di interpretanti ed interpretati ben precisa, ma quali altre
alternative abbiamo?
E allora arrenderci così, al destino? O impegnarci in un compito superiore ad ogni nostra forza?
A parer mio c'è, ma è da ricercare con grande fatica, una terza via.
ciao Mauro(Oxdeadbeef)
non si riesce a riflettere attentamente..............
i dispositivi culturali occidentali sono legati all'azione .
I nostri scopi sono azioni che agiscono sui risultati finali, fin dalle scuole ci insegnano questo, fin dalla famiglia, non parliamone nel lavoro ,nell'economia; lo stesso diritto è fondato sull'azione.
Tutti si fanno la stessa domanda: cosa facciamo? Ed è già questo dentro i dispositivi culturali.
Ho scritto in un passaggi odi stare attenti a due termini: possibilità e volontà.
La possibilità (la potenza) era tipica del mondo antico ed era limitata dalla stessa cultura:agiva già sul pensiero e limitava l'azione.
la volontà prende il sopravvento sulla possibilità nella modernità (Nietzsche li utilizza entrambi : volontà di potenza).
Dal tempo moderno l'uomo (occidentale) ritiene che la sua volontà sia superiore a qualunque ostacolo e tutti i nostri dispositivi culturali ci dicono persino i nostri training autogeni: "ce la puoi fare, basta volerlo..."
E io, personalmente ,agisco il contrario, perchè penso di aver capito il meccanismo occidentale.
Anzi in verità, non agisco, la mia è inazione per disinnesscare il dispositivo culturale
L'ultima volta che ho votato, non lo ricordo.(mi avevano chiamato in prefettura per dare una giustificazione per la mi a"vacanza elettorale"........quindi è parecchio tempo fa)
Non sono proprietario di nulla.
Potevo scegliere di fare carriera, non ho voluto
Mi accontento di ciò che ho
Sul lavoro da anni sanno che è meglio lasciarmi stare, io faccio bene il mio, mi danno denaro e io dò prestazioni: punto e basta.
Coltivo soprattutto da una vita la curiosità da autodidatta in parecchie discipline.
Cosa dice lo scrivano Bartleby al suo capo, nel famoso scritto di Melville:"Preferisco di no........." e lo fa come un mantra.
Il mio parere è che Il finissimo Melville ,scrittore di capolavori come Moby Dick, ha indagato l'animo umano in profondità e ha capito che non si può vincere un destino della balena bianca con tutta la volontà e cinismo e dall'altra un animo gentile un comunissimo scrivano risponde gentilmente ad ogni richiesta "preferisco di no......"
Disinneschiamo i dispositivi ,cercando di essere noi stessi, non quello che vorrebbero che noi fossimo per loro, nella quotidianità dei nostri gesti, azioni e inazioni.
Quindi "che fare"? "Preferisco di no"..........
Posso comprendere, ma reputo in ultima istanza impossibile un atteggiamento come il tuo.
Del resto, per tua stessa ammissione, anche tu lavori. E lavori non per costrizione (potresti, che so,
dormire sotto i ponti e mangiare presso un ente assistenziale), ma essenzialmente per una decisione,
cioè per un atto di volontà.
In una bella metafora che sempre ricordo con piacere T.W.Adorno chiede alla stessa umanità: "ma voi,
davanti ai vagoni piombati diretti ad Auschwitz, avreste voltato lo sguardo?"
Ecco allora che qualsiasi atteggiamento è in fondo una decisione, una scelta, cioè un atto di volontà.
Certo, anche l'inazione lo è. E perchè mai non dovrebbe esserlo?
Dicevo, non che io non ti comprenda nella tua riflessione sull'agire come fondamento della cultura
occidentale (e non che io non comprenda la fondata critica ad essa), ma vorrei chiederti: non ti
sembra che il tuo sia un vero e proprio odio verso la cultura occidentale? Non so, forse sbaglio ma è
questo che io percepisco dalle tue parole.
Non che a me sia particolarmente simpatica, intendiamoci (condivido con te un estremo livore contro
certe affermazioni circa l'"onnipotenza" della volontà), ma ad un odio così estremo e viscerale no,
non arrivo.
Ma forse ti sto fraintendendo.
saluti
ma perchè odio? Sarebbe allora odiosa la vita visto che ci vivo.
Si tratta di costruire degli equilibri, non mi interessa la villa, l'auto lussuosa, la barca, la portaerei, e gli elicotteri, fra un poco vedremo per la strada carri armati civili,
Fino a quando l'uomo occidentale invidierà "l'uomo che non chiede mai" per poi fare l'estremista ,sarà in contraddizione con il sistema. e questo sistema vive di implicazioni psicologiche, di motivazioni al successo, a fare come nei film e pubblicità.
E ci riescono anche se le persone credono falsamente di non esserne coinvolti.
Se si pensa di cambiare le virgole a questo sistema è come fare gargarismi avendo una polmonite.
A me non interessa il successo, essere invidiato o invidiare, il conto in banca l'amante e,la barca, l'elicottero.
Lo lascio volentieri ai cretini arricchiti che credono di aver capito la vita, sniffando cocaina e passando le ore nelle paranoie.
Perchè per costruire una falsa personalità di successo quando sotto o dentro il falso scudo arrogante, batte un cuore umano come tutti quanti, ci vogliono dosi di anfetamine, per far emergere all'esterno una personalità falsa che combatte con quella vera, per poi sapere che basta un infarto per rimetterti a terra e capire come funziona la vita.
La vera rivoluzione non passa per le armi, quelli non cambieranno mai la cultura, ma passa per i pensieri e le azioni semplici.
Applico un linguaggio, in senso generale, nella vita diverso dal sistema pur vivendoci dentro.
Loro corrono e io cammino, loro dormono e io studio, loro vanno in trekking in Perù e io prendo la bicicletta e faccio birdwatching in una oasi.Loro sono portaborse e galoppini sempre di qualcuno che è superiore a loro, io li guardo negli occhi e vado altrove dove vanno loro. Non ho ansie di competizione, non ho ansie di conti in banca, non ho ansie da prestazione, piu hai e più hai preoccupazioni, perchè ti sveglierai un mattino e capirai di essere rimasto indietro a qualcun'altro che ti ha scalzato.
Ci vuole una bella faccia tosta a non guardarsi bene allo specchio,ci vuole tanta palestra di cretinismo per finirci con l'essere e diventarci.
Vedo eserciti, masse di questi personaggi e il sistema vive di questo, si nutre e si sostenta, altro che partiti e politica.
Un altro esercito vive "la via di mezzo", vorrebbe essere qualcosa d'altro, ma non ci riesce,Vive la schizofrenia di fare cose che per forza deve fare, ha il sorrisino cretino, dice sempre sì come in una caserma.
Siamo noi che dobbiamo rivoluzionarci capendo cosa siamo e non un sistema che cambia l'uomo per farci diventare androidi con qualche sinapsi e neurone persi in una scatola cranica da suppellettile.
Termini come autenticità, identità, onestà, forse nemmeno più i vocabolari fra poco li avranno.
E questo grazie ai dispositivi culturali costruiti dalla negatività umana, quella dei desideri infiniti, quella che spaccia la felicità egoistica in una società di drogati, alcolizzati,anfetaminizzati e sul lettino psicanalitico, Perchè hanno collassato il "di dentro" per diventare qualcosa d'altro "di fuori".
La sovranità, per tornare a bomba sul l'argomento, è una difesa e ha delle sue ragioni identitarie, le sue tradizioni culturali, la sua storia,ma sono mulinelli all'interro di una impetuosa corrente di un fiume che spiana e irrompe dentro e fuori il suo alveo
Concordo con molte delle tue considerazioni, ma non posso non pensare tu stia troppo generalizzando.
L'Occidente è ciò che dici, e lo è senz'altro; ma è anche qualcosa di diverso da quello: qualcosa che
non si rassegna (non può e non deve) ad essere solo e soltanto quello.
E tuttavia la tua critica all'Occidente non è una critica che si limita ad aspetti esteriori e deleteri;
ma è una critica che cerca di decostruire l'Occidente fin dalle sue fondamenta, che ritroviamo nel
pensiero greco e nel Cristianesimo.
Per come io la vedo, la tua critica dice che "necessariamente" l'uomo occidentale è diventato un essere
abietto ed egoista, amante solo dell'edonismo più sfrenato. E su questo punto no, non sono d'accordo.
Anzi, io vedo nel "sovranismo" una rinascita dello spirito comunitario; una rinascita molto, molto
difficile, ma un qualcosa che non possiamo non tentare.
Vedi, io ero di sinistra (lo sono sempre stato), ma ad un certo punto mi è sembrato di capire come tutta
la cultura della sinistra fosse, in definitiva, funzionale all'utilitarismo e all'individualismo di
matrice anglosassone (oggi chiaramente cultura dominante).
Mi è sembrato di capire che, forse, l'unico modo di opporsi alla cultura che con efficaci "pennellate"
descrivi fosse un tentativo di "ritorno" alla comunità, ai suoi valori ed alle sue tradizioni.
Non si tratta di "cambiare le virgole a questo sistema". Come dicevo non è davvero il caso di entusiasmarsi
per l'attuale governo ed esultare per la crisi dei partiti "di sistema"; questo, se sarà, è appena
l'inizio di un cammino lunghissimo ed irto di grandi difficoltà.
Guarda, sono consapevole di sperare in un qualcosa di improbabile. Quello che Severino chiama "sottosuolo
filosofico degli ultimi secoli" parla chiaro e dice cose non certo piacevoli da sentire. Ma non è forse
quella perduta la battaglia più nobile che si possa combattere?
E perchè non combatterla? Perchè l'inazione?
saluti
Sono in sintonia con il messaggio di Paul, penso che al di la della distanza anagrafica abbiamo preso scelte simili nella vita, ma non penso che l'inazione sia un termine correttamente descrittivo, può esserci un inazione pubblica o politica ma a livello personale l'inazione non esiste, il fatto stesso di esprimersi su un forum la interrompe. Ma capisco il messaggio generale, al di la del termine, e lo vedo comunque come una conseguenza dell'individualismo, un voler metterlo alla prova definitiva, il che è positivo penso. Altri hanno parlato di fuga, inazione, addirittura eremitismo, comunque di percorsi individuali, nessuno più si sente parte di forme sociali o immagina il proprio cambiamento nel loro utero. Abbiamo sempre avuto bisogno di narrazioni, dialettica, tribalismi per cambiare la società, l'individualismo liquefa le forme sociali e ci dice che possiamo farcela anche come individui senza il giogo di una ideologia; ma possiamo davvero? Possiamo cambiare la società come individui? Se non possiamo, dovremo dichiarare fallito l'individualismo e ricostruire forme di collaborativismo, onde evitare una "stagnazione secolare" non dell'economia, ma dell'umanità..il sovranismo è una chiamata alla collaborazione, purtroppo una chiamata tardiva e vuota di contenuti, ma la necessità a cui risponde è quella, io penso.
A sedici anni ricordo che leggevo sotto il banco alle scuole superiori Stato e Anarchia di Bakunin e contemporanemente un libro su Buddha.
Le dottrine politiche sociali hanno fallito nell'analisi sull'uomo. Marx era convinto che bastava lo stato di sfruttamento, renderlo cosciente agli sfruttati ,per cambiare rivoluzionariamente il sistema nel periodo in cui il ciclo economico del capitale avesse raggiunto il picco.Quest mancanza analitica sull'uomo lo ebbi già chiara quarant'anni fa.
Mi chiesi quali fossero le condizioni del sistema uomo, sistema economico, sistema politico e sistema culturale che avessero potuto dare come risultato questo tipo di società umana.Da quel periodo iniziai ad analizzare soprattutto psicologia, economia ,politica e filosofia.Quando ognuno di noi legge, studia,osserva, agisce ,ha un parametro interiore che dà un risultato ad uno studio di un pensiero, ad un'azione a "tutto quello che ci gira attorno", quel parametro è intimo, spesso incomunicabile e ci indica se un pensiero è giusto, sbagliato, acuto, banale, ecc. Per me quel parametro iniziale era l'umanità pura e semplice di una persona. Forse la definirei "innocenza",vale a dire di una persona che vuole solo stare in pace non agisce mai contro il prossimo.
Il cristianesimo, la filosofia, altre analisi politiche ecc. sono venute dopo.
Qualche anno dopo feci azione politica, durò poco.Prima di tutto notai un linguaggio asettico, poco umano, c'era personalismo, ma erano a scopo di carriera.Parlavano di sfruttati, ma con lo stesso metodo e linguaggio che un padrone parla ai schiavi, un datore di lavoro ai suoi subordinati.
Notai che i linguaggi erano uguali anche se parti avverse in competizione fra loro.L'uomo di partito guarda soprattutto ai competitori degli altri partiti e applica strategie e tattica , proprio come un imprenditore guarda ai suoi competitori.
Linguaggi simili, meccanismi identici.Studiando altre culture,approfondendo la storia, attraverso autori non banali ed acuti, ci si accorge che vi sono dispositivi culturali diversi che agiscono sul come condurre la propria esistenza.
L'inazione è quello che non si aspettano.L'imprenditore economico vuole che le mani del consumatore scelgano il suo prodotto, come il partito vuole che l'elettore faccia una croce sul suo marchio politico..
Si possono fare mille metafore ed esempi per spiegare che nulla sfugge all'uomo dentro una cultura, il fatto di porsi pro o anti è comunque sempre interno a quel sistema e lo si vede dai meccanismi.
L""ideologia" del marketing è lo studio del gesto del consumatore che sceglie, deve capire il meccanismo mentale per mutarlo e condizionarlo.Tutte le analitche soprattutto statunitensi basate sui test, che sono parecchio interessanti, non è lo studio di fondamenti culturali, ma guardano a risultati ,Non arrivano a capire le cause, nessuno riuscirà mai a spiegare per filo e per segno cosa ,come si costruiscono, e agiscono meccanismi psichici e mentali.Ma la teoria dei giochi ,la teoria delle scelte, ad esempio spiega dei meccanismi "esterni", pratici.Ma nessuno studio sociale politico è andato mai a fondo sull'uomo per certi tipi di analisiI come i "markettari"
E hanno vinto loro........Il mio parametro fondamentale quarant'anni dopo è ancora l'uomo, al netto, scevro da qualunque sovrastruttura, culturale, economica, politica.E' l'uomo"nudo e crudo" con la sua esistenza..
Quando Jean, Sariputra o l'attuale discussione sulla felicità ci paiono quasi di un mondo diverso da quello fatto dalle scadenze: le ricette dal medico, la patente da rinnovare, il bollo auto, le bollette da pagare, l'avanzo o disavanzo a fine mese e poi il mondo mediatico con le notizie economiche ,politiche..............perchè mondi diversi se l'uomo è uno?
A quale sistema siamo chiamati, a quali sistema siamo ancorati, perchè ogni mondo ha linguaggi diversi, ogni dominio parla a se stesso noi a correre per altre ricette, nuovi bolli,nuove bollette.....e la vita scorre.
Quale è il meccanismo che ha portato tutto questo?Questo è peggio del destino e fatalismo utilizzato contro DIo.
Perchè queste sono pure e semplici costruzioni umane che hanno indotto un'intera cultura a proseguire e perseguire una strada,
Dobbiamo chiederci se è veramente umana e può rispondere solo la nostra intimità e dopo, solo poi capire se agire o non agire, come agire o come non agire, per non perderci e disumanizzarci in questo sistema.
La mia unica fiducia è ancora nell'uomo, a tutti batte un cuore , tutti hanno sentimenti e sono convinto che tutti vorrebbero vivere in pace e felici; ma daccapo allora perchè nonostante tutto pensiamo e agiamo in maniera sistematica e funzionale alla disumanizzazione.
Continua la mia inazione, non agisco su come vorrebbe il marketing, non agisco come vorrebbero i partiti, mi siedo sull'erba e ascolto la natura e cerco una mia sintonia, non odio nessuno, anzi è più una compassione, perchè ho maturato talmente ciò in cui penso che le parole invidia, gelosia, sono eliminate dal mio personale vocabolario.
Citazione di: paul11 il 01 Luglio 2018, 01:25:00 AM
E hanno vinto loro........Il mio parametro fondamentale quarant'anni dopo è ancora l'uomo, al netto, scevro da qualunque sovrastruttura, culturale, economica, politica.E' l'uomo"nudo e crudo" con la sua esistenza..
Ciao paul11, permettimi un'osservazione, ma come fai a riconoscere l'uomo al netto di qualsiasi sovrastruttura culturale? E soprattutto, ti rendi conto che anche se fosse possibile farlo sarebbe grazie all'azione di una sovrastruttura culturale?
Un saluto.
ciao Anthonyi,
quando discutiamo con famigliari, amici, conoscenti, colleghi i lavoro, magari anche semplici passanti in una sala d'aspetto, quando
emerge una situazione in cui ci sente piacevolmente bene e lo si capisce anche lo sono altri, ecco emergere la parte positiva umana, quella colloquiale, quella di una cena o di un dopo cena, dove il tempo è in sospensione.
Lì c'è l'umanità umana, anche se nella discussione su qualcosa non ci troviamo d'accordo, ma cerchiamo tutti la stessa cosa.
Penso che i dispositivi culturali, o le semplici situazioni mondane, fanno emergere o la parte positiva umana, quella conviviale, o la parte negativa quella di arroganza, di potenza.
In una accesa discussione spesso c'è la situazione della pallina da tennis.Uno alza la voce e tira la pallina dall'altra parte della rete, l'altro alza ancora di più la voce e tira ancora più forte la pallina all'altro, emerge la potenza, anche se il problema è banale.
Ma se si lascia passare la pallina senza ribattere, c'è un momento di inazione, in cui tutto torna alla normalità.E spesso si finisce col capire che il motivo banale della discussione non meritava una tale presa di posizione.
L'uomo per natura è colloquiale e conviviale, addirittura penso che cerchi l'ozio, ma non inteso come "peccato" dalla cultura di questo sistema, ma come qualità di vivere un tempo sospeso.
Ci sono molti e troppi dispositivi culturali nei paradigmi della nostra società che ci inducono a pensare ed agire in un certo modo, perchè è "la norma", la "norma-lità"
Disinnescare i meccanismi, uno dei quali è prendersi il proprio tempo in un tempo sospeso e non correre dietro al tempo, è già uno.
Citazione di: anthonyi il 01 Luglio 2018, 07:11:01 AM
Ciao paul11, permettimi un'osservazione, ma come fai a riconoscere l'uomo al netto di qualsiasi sovrastruttura culturale? E soprattutto, ti rendi conto che anche se fosse possibile farlo sarebbe grazie all'azione di una sovrastruttura culturale?
Domande di metodo inaggirabili: quando l'uomo studia l'uomo, l'"uomo in sé" diventa un
noumeno, inconoscibile oggettivamente, ma sempre mediato e (con)formato dai paradigmi (culturali, prima che epistemologici) che si usano per studiarlo.
Citazione di: paul11 il 01 Luglio 2018, 10:20:04 AM
L'uomo per natura è colloquiale e conviviale
Direi di più: è per sua natura
sociale e
simbolico, e il paventato egocentrismo attuale non fa eccezione. L'istinto di socialità si declina in forme differenti rispetto al passato, magari meno
fisiche, più mediatamente semiotiche (basti pensare alla virtualità, ai
social, etc.), ma è sempre presente; così come la lettura simbolica del mondo, pur con l'indebolirsi di simboli e ideologie "canonici", è ancora pienamente in atto. Il problema è decifrarne in tempo reale la simbologia
mutante e
frammentaria (l'antropologo/sociologo attuale è forse più un semiologo-criptografo che un etologo).
Citazione di: anthonyi il 01 Luglio 2018, 07:11:01 AM
Citazione di: paul11 il 01 Luglio 2018, 01:25:00 AME hanno vinto loro........Il mio parametro fondamentale quarant'anni dopo è ancora l'uomo, al netto, scevro da qualunque sovrastruttura, culturale, economica, politica.E' l'uomo"nudo e crudo" con la sua esistenza..
Ciao paul11, permettimi un'osservazione, ma come fai a riconoscere l'uomo al netto di qualsiasi sovrastruttura culturale? E soprattutto, ti rendi conto che anche se fosse possibile farlo sarebbe grazie all'azione di una sovrastruttura culturale? Un saluto.
.........non avevo risposto a quanto ho sottolineato.Non intendo la cultura una sovrastruttura, è un fondamento.Avevo risposto che si trattava di disinnescare i dispositivi culturali, quindi è ovvio che che c'è un 'azione di una cultura.Non ritengo Phil, che l'uomo sia riconducibile ad un dominio come quello dei numeri, delle parole, o di operatori logici.L'analisi di Godel vale per domini dove numeri, ecc. non sono autoconsapevoli e non creano nulla di per sè in sè, non sono loro agenti conoscitivi.Siamo noi che traiamo giudizi, di esatto , errato, bello, brutto, non siamo limitabili come dominio e infatti ildelirio di onnipotenza è andare oltre un limite di "rispetto".I verbi modali come dovere, potere, volere, mutano in funzione dei dispositivi culturali.
Citazione di: paul11 il 01 Luglio 2018, 23:40:18 PM
Non ritengo Phil, che l'uomo sia riconducibile ad un dominio come quello dei numeri, delle parole, o di operatori logici.L'analisi di Godel vale per domini dove numeri, ecc. non sono autoconsapevoli e non creano nulla di per sè in sè, non sono loro agenti conoscitivi.
Siamo noi che traiamo giudizi, di esatto , errato, bello, brutto, non siamo limitabili come dominio e infatti il
delirio di onnipotenza è andare oltre un limite di "rispetto".
I verbi modali come dovere, potere, volere, mutano in funzione dei dispositivi culturali.
Quando ho parlato di "simbolico" non mi sono riferito miratamente alla matematica o alla logica formale, infatti intendevo "simbolico" in tutte le sue coniugazioni umane: dal numerico all'archetipico passando per la comunicazione iconografica nel
marketing.
Si tratta della dimensione del senso, che impiega il simbolo come mediazione fra l'interpretante e l'interpretato, mediazione che accomuna l'uomo dalle pitture rupestri sino alle
emoticons.
Questa mediazione presuppone un linguaggio (che spesso eccede le singole lingue) tenuto vivo dai dispositivi culturali e dal loro orizzonte di senso.
L'uomo non è riducibile al dominio del linguaggio? Forse no, ma quasi: se un alieno volesse studiare l'uomo e, non avendone nessuno come cavia da osservare o interrogare, si dedicasse all'analisi di tutti i suoi linguaggi (dal matematico al mistico, dall'artistico al politico, etc.) otterrebbe un ritratto dell'uomo che, secondo me, lascerebbe fuori davvero poco...
Phil ha ragione, ma le modalità dei simboli sono cruciali, il sovranismo tenta in maniera un po sgangherata di riportare un ordine nei simboli, a partire dal simbolo che ci attanaglia da millenni: il denaro. Dalla teoria della moneta alla teoria social nazionale il passo è breve, sopratutto se si soprassiede sui "dettagli" che dividono il simbolo monetario dal simbolo sociale, perciò riguadagnare la moneta equivale a riguadagnare la nazione, sia in termini pratici che simbolici (sopratutto simbolici, ci dicono gli aeromanti del mercato). Allora capiamo anche neologismi più interessanti, davanti alle migrazioni il problema non è il "razzismo" come qualcuno si ostina a dire, ma la "mixofobia", l'isteria generata dal disorientamento dovuto al vorticoso e liquido movimento dei simboli, tutti assolutamente eterogenei, la risposta alla deframmentazione identitaria digitale, al "mix" infinito della cultura globale. Infatti non è chiaro come mai i novelli no-global si concentrino tanto sulle migrazioni quando il vero nemico della loro identità è la rete. Oggi wikipedia è chiusa per proteste, un giorno dove poter rispolverare le enciclopedie italiane stampate, scritte in Italiano, compilazioni di simboli occidentali, oggi è un giorno "nazionale", domani chissà.