Tacere, quando opportuno? Dio nessuno l'ha visto; bisogna restar zitti?

Aperto da PhyroSphera, 02 Luglio 2025, 19:17:28 PM

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Phil

Non so quali fonti hai usato per intendere la fallacia naturalistica in quel modo, ma evidentemente non sono molto affidabili. La fallacia ha quel nome (naturalistica), in ambito filosofico, perché si applica a descrizioni naturali (della natura, quindi non c'entrano né gli schiavi, né i tetti delle case), sostenendo che da queste descrizioni naturalistiche non sia logicamente corretto derivare logicamente prescrizioni etiche. Indizio: nel bistrattato articolo di Wikipedia, al punto «Metaetico» (che direi è quello che qui ci interessa) c'è un link alla legge di Hume.
Un esempio sarebbe sostenere che: «la dualita' metafisica essere = conoscenza e bene/ e nulla = ignoranza e male [sia] radicata nella biologia e nell'istinto di sopravvivenza» (citazione dal post 92).

Citazione di: niko il 25 Luglio 2025, 18:12:41 PMQuante volte, tu hai ricevuto una brutta notizia e non ti sei suicidato?
Il fatto che dopo un trauma non sempre ci si uccida non dimostra che, come sostenevi, «quello che conosci > rientra, sempre necessariamente > in quello che vuoi» (cit.). Dimostra che, constatazione che nessuno qui ha mai messo in dubbio, il suicidio è molto meno istintivo, culturale e "praticato" dell'attaccamento alla vita (come confermano le scienze che studiano la vita e gli umani, anche se decidiamo di far finta che non siano abbastanza "oggettive" da essere affidabili).

niko

Citazione di: Phil il 25 Luglio 2025, 19:04:36 PMNon so quali fonti hai usato per intendere la fallacia naturalistica in quel modo, ma evidentemente non sono molto affidabili. La fallacia ha quel nome (naturalistica), in ambito filosofico, perché si applica a descrizioni naturali (della natura, quindi non c'entrano né gli schiavi, né i tetti delle case), sostenendo che da queste descrizioni naturalistiche non sia logicamente corretto derivare logicamente prescrizioni etiche. Indizio: nel bistrattato articolo di Wikipedia, al punto «Metaetico» (che direi è quello che qui ci interessa) c'è un link alla legge di Hume.
Un esempio sarebbe sostenere che: «la dualita' metafisica essere = conoscenza e bene/ e nulla = ignoranza e male [sia] radicata nella biologia e nell'istinto di sopravvivenza» (citazione dal post 92).
Il fatto che dopo un trauma non sempre ci si uccida non dimostra che, come sostenevi, «quello che conosci > rientra, sempre necessariamente > in quello che vuoi» (cit.). Dimostra che, constatazione che nessuno qui ha mai messo in dubbio, il suicidio è molto meno istintivo, culturale e "praticato" dell'attaccamento alla vita (come confermano le scienze che studiano la vita e gli umani, anche se decidiamo di far finta che non siano abbastanza "oggettive" da essere affidabili).


La fallacia naturalistica, primariamente, si puo' intendere in senso ampio, come ogni situazione in cui, da una descrizione, derivi una prescrizione.

Vale per le case, per la schiavitu', per ogni possibile situazione consimile per tutto. Ogni volta che da una descrizione, si salta capsiosamente a una prescrizione, la fallacia naturalistica e' in agguato. Le Ferrari (macchine) sono sempre state rosse, le Ferrari devono continuare, ad essere, rosse.

Poi, secondariamente direi, si puo' intendere in senso stretto, come qualcuno che dia giudizi, o consigli o derivi norme comportamentali prescrittive in base al concetto che cio' che e' naturale, sia buono, e cio' che e' innaturale, sia cattivo.

In natura i pinguini non sono omosessuali, quindi, l'omosessualita', anche umana, e' un abominio.

Ma i gibboni hanno un'alta percentuale di omosessuali, quindi l'omosessualita', anche umana, e' una meraviglia. 

Si puo' andare avanti all'infinito. Il passo successivo, e' stabilie se sia piu' rappresentativo di un essere umano un pinguino, oppure un gibbone. O meglio ancora: lasciare perdere.

Mi pare(va) ovvio che ne stavamo parlando in senso lato, perche' io, scusa, in questa sede non ho mai dato consigli a nessuno, non ho giudicato nessuno, e non mi sono mai appellato alla natura come naturalita' o come vitalusmo per giustificare una mia, qualunque posizione etica (che poi quale sarebbe? Non ne ho espressa nessuna...).

Ho detto solo, in estrema sintesi, che la descrizione, della coscienza, vale identicamente [anche] come prescrizione, dal momento che ognuno vuole avere e mantenere per se' vita, e quindi, coscienza. Se ti e' prescritta la vita, ti e' prescritta la coscienza. E quindi, la coscienza stessa non si struttura a casaccio, ma per durare, e per restare. E anche per non restare e autodistruggersi, a certe condizioni, perche' la selezione naturale stessa non e', solo individuale, e' individuale e anche di gruppo, mentre, a quanto pare, la coscienza e', solo individuale. Non possono non esistere situazioni e strategie perfettamente razionali, ai fini di un gruppo ma distruttive e irrazionali, ai fini di un singolo; ad esempio tutte le situazioni di apoptosi e morte programmata. La vita e' iscritta fin dall'origine in un proggetto volontaristico, di autoperpetuazione e autoaccrescimento, sebbene a-finalistico, e ad origine (extra vitale) casuale. La nostra coscienza, si struttura nella vita, quindi, in questo stesso proggetto essendone parte in causa, possibile ostacolo, possibile risorsa, possibile oggetto di contesa, possibile mezzo ad altri, e ad essa esterni, fini. Non e' l'osservatore, non e' l'arbitro, non e' il testimone; semmai, in senso sportivo e' essa stessa un giocatore; in senso processuale e' una della parti in causa, e' l'avvocato o l'imputato. Insomma ho fatto una fallacia naturalistica, in senso lato, perche' ritengo che in un certo dato ambito, quello della nuda vita, la fallacia naturalistica intesa in senso lato (cioe' la "violazione", della legge di Hume "originale", non come ripresa e riformulata da Moore) non sia una fallacia. Ma una cosa giusta /vera, e a tratti perfino ovvia.

Ma certo non ho detto a nessuno cosa fare, o cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, appellandomi alla natura.

E bada, che la fallacia naturalistica in senso stretto, come tu ora improvvisamente la intendi, e altrettanto improvvisamente me la imputi, prevede che dalla natura, si derivi cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, cosa sia consigliabile e cosa no, non, cosa sia vero o falso da un punto di vista strettamente gnoseologico o conoscitivo, (a-etico, altriche' metaetico!) tantomeno da uno, di punto di vista, che parta dalla natura, e nella natura resti, per dire di un fatto naturale, senza dare, consigli o giudizi.

Quindi, se non ho provato a venderti una crema dimagrante o non ho detto che tutti gli omosessuali sono pervertiti e l'aborto e' un omicidio a partire dalla potenza prescrittiva della natura, e non mi pare sia questo il caso, evita per il futuro, di imputarmi la fallacia naturalistica in senso stretto completamente a caso.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Citazione di: niko il 25 Luglio 2025, 21:47:25 PMQuindi, se non ho provato a venderti una crema dimagrante o non ho detto che tutti gli omosessuali sono pervertiti e l'aborto e' un omicidio a partire dalla potenza prescrittiva della natura, e non mi pare sia questo il caso, evita per il futuro, di imputarmi la fallacia naturalistica in senso stretto completamente a caso.
Non ti imput(av)o la fallacia naturalistica per rimproverarti o sminuirti, ma come quello che ti vede guidare con un faro fulminato e ti lampeggia dalla sua auto, non certo per accecarti.
Ciò premesso, a scanso di equivoci, questa a me sembra proprio una fallacia naturalistica che parla di bene e male radicati nella biologia (corsivo mio):
Citazione di: niko il 23 Luglio 2025, 11:43:01 AMuna volta dato l'apparire del mondo e della nostra coscienza nel mondo quale "residuo fenomenologico", quale assoluto innegabile, la sua mancanza, il suo contrario, per noi puo' significare solo che siamo addormentati senza sogni o morti: la dualita' metafisica essere = conoscenza e bene/ e nulla = ingnoranza e male non potrebbe essere piu' radicata nella biologia e nell'istinto di sopravvivenza anche nelle sue forme culturalmente riflesse.
Anche questa mi sembra una fallacia naturalistica (corsivo mio):
Citazione di: niko il 25 Luglio 2025, 13:33:35 PMAvere quattro zampe e non tre, è il bene del cavallo, e rientra nell'idea platonica di cavallinità anche intesa nel suo valore noetico, causale e gnoseologico.
e anche questa (sempre corsivo mio):
Citazione di: niko il 25 Luglio 2025, 13:33:35 PMIl gatto, è intero e deve, essere intero. Non c'è niente, di più lezioso e d inutile, che stare a dividere questo essere, da questo dover essere.
con questo corollario esplicativo:
Citazione di: niko il 25 Luglio 2025, 13:33:35 PMnon puoi, a livello della nuda vita, dividere in due una descrizione da una prescrizione, senza ottenere una nuda vita, morta.
mentre dividere descrizione e prescrizione è proprio il consiglio per evitare la fallacia naturalistica.
Questa "difesa" della fallacia naturalistica, a livello della nuda vita, non spiega cosa sia, a questo punto, la "prescrizione" per la nuda vita, rispetto alla sua descrizione:
Citazione di: niko il 24 Luglio 2025, 13:07:31 PMLa fallacia naturalistica non c'entra niente, perche' la fallacia naturalistica e' corretta a livello della vita e soprattutto della nuda vita, dove la descrizione, coincide, almeno in grandi linee, con la descrizione.
Se tale "prescrizione" è il funzionamento della vita, allora è sinonimo di descrizione (quindi, mi stai praticamente "trollando"); se invece è un obbligo non immanente alla descrizione, allora è qualcosa che non può essere logicamente inferito dalla descrizione (e siamo in piena fallacia). Quando parlavi di metafisica, bene/male e radicamento della biologia e nell'istinto, non parlavi di questa coincidenza puramente descrittiva dell'oggetto con il suo dover essere (o no?).
Come dire: descrivo il teorema di Pitagora o la legge di gravitazione, qual è la prescrizione (come la intendi tu)? Che la legge descritta funziona sempre? Ma ciò fa parte del suo esser legge e, soprattutto, non è una prescrizione umana, ovvero quel tipo di prescrizione di cui parla la fallacia naturalistica (larga o stretta che tu le intenda) e che consente di parlare di bene e male (che, non a caso, non hanno senso se applicati al teorema di Pitagora o alla legge di gravitazione, salvo, appunto, cadere in fallacia naturalistica).

P.s.
A partire da questi "frammenti" si potrebbe fare un analisi ermeneutica, ma non sei un presocratico e inoltre a te l'ermeneutica non piace, quindi (proprio come con la questione della "vera" illusione), direi che anche stavolta siamo d'accordo.

niko

Citazione di: Phil il 25 Luglio 2025, 23:14:37 PMNon ti imput(av)o la fallacia naturalistica per rimproverarti o sminuirti, ma come quello che ti vede guidare con un faro fulminato e ti lampeggia dalla sua auto, non certo per accecarti.
Ciò premesso, a scanso di equivoci, questa a me sembra proprio una fallacia naturalistica che parla di bene e male radicati nella biologia (corsivo mio):Anche questa mi sembra una fallacia naturalistica (corsivo mio):e anche questa (sempre corsivo mio):con questo corollario esplicativo:mentre dividere descrizione e prescrizione è proprio il consiglio per evitare la fallacia naturalistica.
Questa "difesa" della fallacia naturalistica, a livello della nuda vita, non spiega cosa sia, a questo punto, la "prescrizione" per la nuda vita, rispetto alla sua descrizione:Se tale "prescrizione" è il funzionamento della vita, allora è sinonimo di descrizione (quindi, mi stai praticamente "trollando"); se invece è un obbligo non immanente alla descrizione, allora è qualcosa che non può essere logicamente inferito dalla descrizione (e siamo in piena fallacia). Quando parlavi di metafisica, bene/male e radicamento della biologia e nell'istinto, non parlavi di questa coincidenza puramente descrittiva dell'oggetto con il suo dover essere (o no?).
Come dire: descrivo il teorema di Pitagora o la legge di gravitazione, qual è la prescrizione (come la intendi tu)? Che la legge descritta funziona sempre? Ma ciò fa parte del suo esser legge e, soprattutto, non è una prescrizione umana, ovvero quel tipo di prescrizione di cui parla la fallacia naturalistica (larga o stretta che tu le intenda) e che consente di parlare di bene e male (che, non a caso, non hanno senso se applicati al teorema di Pitagora o alla legge di gravitazione, salvo, appunto, cadere in fallacia naturalistica).



A livello della nuda vita, la descrizione coincide con la prescrizione, proprio perche' l'anatomia ti descrive, in quanto essere umano, con la testa attaccata al collo, e la medicina/biologia ti consiglia/suggerisce che non puoi vivere, senza la tua testa attaccata al tuo collo, quindi, di evitare per quanto possibile che te la stacchino, ad esempio con una ghigliottina. Il mantenimento/implementazione della descrizione e', anche, buono, cioe' consigliabile, il suo stravolgimento, specie su tempi brevi e con poca gradualita', e' malvagio, cioe' sconsigliabile. La prescrizione, qui, di mantenerti vivo cioe' in buona misura coerente con la tua tipica descrizione, non e' assoluta, ma parte dal presupposto che tu voglia sopravvivere, cioe' che sopravvivere sia un obbiettivo per te. E anche veder sopravvivere le persone che ami, nella misura in cui le ami. E siccome questo e' quasi sempre vero, per quasi sempre tutti gli uomini in tutti i momenti, tranne forse I suicidi, il nesso tra descrizione e prescrizione a livello della nuda vita e' forte, e' un nesso forte, e quindi anche l'ammissibilita' della fallacia naturalistica... e' pressoche' totale!

Ci sono quindi un sacco di casi in cui noi umani, di oggi, comunemente accettiamo la fallacia naturalistica:

Le case hanno I tetti >>> le case devono avere I tetti.

Gli i bambini hanno due braccia >>> I bambini devono avere due braccia. (E ad esempio, ci scandalizzano per i bambini mutilati dalle mine, e cerchiamo di curarli o quantomeno mettergli una protesi, se essi hanno una malattia o un incidente per cui rischiano di perdere un braccio, soprattutto se sono i nostri figli).

Pochi, invece i casi in cui comunemente, a nostro probabile giudizio, la fallacia naturalistica in senso lato noi non la accettiamo:

I lavoratori di Amazon sono sfruttati >>> I lavoratori di Amazon devono essere sfruttati.

Viene da dubitare, dell'interesse filosofico di una fallacia che implica una riflessione su di essa caso per caso, cioe' che sostanzialmente non e' tale, non e' una fallacia.

Ma il motivo per cui e' nato tutto questo discorso e' che tu pensi che il cogito, il residuo ineliminabile della coscienza sia idoneo a confutare l'illusorieta' della vita.

Tu dici:
C'e' qualcosa di descrittivo e non volontaristico >>> il cogito >>> che confuta l'illusorieta' volontaristica e utilitaristica della vita.

Io ti dico che la vita vuole vivere, e quindi vuole avere, e mantenere, in forma di durata, il cogito. E, proprio volendolo e proprio perche' lo vuole, in una certa misura e per un certo tempo, lo ottiene, e lo mantiene. La volonta' e' (gia') nel pieno della relazione con il suo oggetto, con il suo voluto, al momento e all'atto dell'apparire del cogito. Che poi, non puo' apparire senza la sua relazione reale e immediata con un corpo, con buona pace di Cartesio.

Il cogito insomma non e' l'oggetto di conoscenza che con il suo apparire limita la volonta', ma e' la nuda vita stessa come oggetto comune e universale di tutte le volonta', che con il suo stesso apparire si auto realizza, almeno, appunto, nella sua forma comune elementare minima, e dischiude la possibilita' dell'apparire di nuovi, ulteriori, e piu' complessi, e piu' difficilmente ottenibili, oggetti del volere e del desiderio. Volere il cogito >>> cioe' volere, direttamente, la nuda vita, si supera, certo volendo nel cogito>>> la qualita', e il pudore, e il capriccio, di una, ulteriormente sopravveniente "vestita" vita; ma una obbiettivita', un punto di vista obbiettivo e disinteressato, in tutta questa dinamica e dialettica, non sorge mai.

Poi, tu dici che il male e il trauma, confutano, la natura di illusione volontaristica e utilitaristica della vita. Non ogni conosciuto e' un voluto.

Insomma tu dici:

Se potessimo proiettare la vita come sogno >>> la proietteremmo perfetta. Ma non la proiettiamo perfetta >>> allora la vita non e', illusione e sogno.

Ma io ti dico che tutte le volte che accetti il male che ti capita nella vita e vai avanti, preferisci restare nell'illusione, perche' l'alternativa all'illusione, che e' la vita, e' la morte, cioe' un male e una disillusione ancora peggiore. Non si sopravvivere al male, si sopravvive all'inscindibilira' del bene, dal male, cioe' si sceglie la vita, anche se questa contiene, il male. E proprio scegliendo nonostante tutto e nonostante tutto il male, la vita, si dimostra che essa, la vita non e' un sopravveniente oggettivo e conoscibile contro la volonta', ma, ancora e sempre un oggetto, di volonta'.

L'uomo ricerca il sapere, ma il sapere non e', un oggetto (passibile di descrizione) piu' forte dell'uomo, che, una volta conseguito, lo limiti: e', invece, un riflesso del voler vivere stesso dell'uomo, del suo volersi auto-sentire, in quanto e nella misura in cui, proprio, l'auto-sentirsi, l'avere un senso interno e una riflessione interna, e' forma e condizione stessa della vita e di quasi ogni vita, quantomeno complessa. Voler avere conoscenza, insomma, e' sempre una complicazione, e una co-implicazione, del voler avere e mantenere coscienza, cioe' del voler vivere, e del voler vegliare, vegetare e vigilare, sempre inteso ed intendibile finanche e basilarmente nel senso della nuda vita. E l'avere coscienza ci e' prescritto, dal corpo e dal suo programma di sopravvivenza, almeno nella misura in cui il suo oggetto, l'oggetto di coscienza, un descritto, e un descrivibile. Il descritto, qui, in questo caso, compare, immediatamente, gia', prescritto. Non c'e' "salto" possibile, perche' differenza alcuna, non c'e'.  Fallacia naturalistica. In questo caso, per me, pienamente accettabile.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

Phil

Siamo passati dalla fallacia naturalistica come «ciofeca» (cit. post 92) alla distinzione fra fallacia naturalistica in senso stretto e largo (post 106); direi «bene», se così facendo non ricadessi a mia volta nella fallacia. Battute a parte, l'ultimo tassello di questo percorso potrebbe essere osservare (oltre al fatto che in filosofia con «prescrizione» solitamente non si intende la prescrizione medica di restare vivi, semmai ci sia) che la fallacia non significa che non possa esserci nessun rapporto tematico fra descrizione e prescrizione, ossia che al dolore di un occhio strappato non si possa affatto associare un qualunque giudizio (etico, metafisico o altro). La fallacia, che come tutte le fallacie (se non erro) si occupa del piano logico, indica solo che non c'è inferenza logica fra quella descrizione e quel giudizio o prescrizione («vietato strappare gli occhi»); intendendo per logica non il semplice "ragionare in modo coerente", ma la logica in senso forte (accademico, se vuoi) come cogenza argomentativa («x implica y» e simili).
Ad esempio, dalla descrizione che le case hanno i tetti (riciclo il tuo esempio) non deriva logicamente che è bene (e nemmeno necessario) che le case li abbiano; può suonare strano, ma così è per la logica, che chiamerebbe questa (fallace) autoreferenza una petitio principii (se non ricordo male). Esempio ancora più semplice: perché bisogna (prescrizione) passare con il verde? Perché (descrizione) con il verde si passa; non c'è alcuna autentica argomentazione né implicazione logica che lega il passare al colore verde (sappiamo infatti che tale rapporto passare/verde è basato su una legge, non su un'argomentazione logica).
Torniamo alle case: la prescrizione («le case devono avere i tetti») si applica alla descrizione («le case hanno i tetti»), ma questa non è logicamente il fondamento del contenuto della prescrizione. La fallacia naturalistica invita ad argomentare senza usare la descrizione (che comporterebbe petitio principii), ovvero invita a non affermare «ciò che è, è bene come è, perché così è». Tradotto in pratica: è utile che le case abbiano i tetti, non perché è così che vengono fatte, ma perché il tetto svolge una funzione utile, strutturale, etc. La fallacia naturalistica invita a non sovvertire quel «perché», mutandolo in «è utile che le case abbiano i tetti perché le case hanno i tetti»; quando l'argomentazione corretta è invece «le case hanno i tetti (descrizione) perché è utile che li abbiano (altra descrizione, con valore argomentativo da esplicitare)». Lo stesso vale per i bambini senza braccia e per i lavoratori di Amazon: l'argomentazione a favore della cura verso gli uni e lo sdegno per la condizione degli altri, non si basa su descrizioni del corpo umano o delle routine di lavoro, ma sulla valutazione di tali descrizioni. Questo è ulteriormente dimostrato, concretamente, dal fatto che sono possibili anche interpretazioni differenti delle routine di lavoro (sulle menomazioni fisiche è meno evidente, dato il consenso in merito), interpretazioni che, se fossero davvero fondate logicamente sulla descrizione, verrebbero facilmente falsificate ricorrendo alla descrizione stessa (non ad altre interpretazioni).
Al livello della nuda vita, ad esempio, la "prescrizione" «abbi cura che la tua testa rimanga attaccata al collo» non ha alcun fondamento logico nella descrizione «l'uomo vivo è colui che ha (oltre ad altro) la testa attaccata al collo». Il fatto che gli uomini vivi abbiano la testa attaccata al collo non implica affatto logicamente che restare vivi sia bene, consigliabile, desiderato, etc.; il restare vivi può essere tutte questa cose a causa di motivi estranei alla mera descrizione dell'uomo vivo: motivi come l'istinto di sopravvivenza, il valore della vita, la scelta di non uccidersi pur potendolo fare, etc. Questi non sono affatto immanenti alla descrizione dell'uomo vivo con la testa sul collo, non hanno valore logico-argomentativo tale da poter affermare «è bene restare vivi perché siamo vivi».
In ottica volontaristica ciò è ancor più lampante: «è bene restare vivi perché vogliamo restare vivi» prescinde, argomentativamente, dalla semplice descrizione dell'esser vivi; che rimane ovviamente necessaria per capire, in pratica, come poi alimentare tale voler restare vivi. La descrizione e la prescrizione non sono contraddittorie (non essendo nemmeno sullo stesso piano, a voler essere precisi) e possono benissimo essere dialettiche nel reciproco "collegarsi", almeno finché la descrizione non viene fallacemente intesa come fondamento della prescrizione.
Citazione di: niko il 26 Luglio 2025, 12:17:34 PMTu dici:
C'e' qualcosa di descrittivo e non volontaristico >>> il cogito >>> che confuta l'illusorieta' volontaristica e utilitaristica della vita.
Qui devo fermarti subito: quando l'ho detto o vagamente lasciato intendere? Perché non l'ho nemmeno pensato. Il cogito non confuta, ma anzi semmai fonda, il volontarismo e ogni illusione; dal momento in cui «io voglio» ha senso solo se esisto (sum) in quanto «io». E non credo si possa usare il cogito per avversare le illusioni di questo io, giacche il dubbio metodico cartesiano non è confutazione metodica.
Il cogito può confutare al massimo chi dica che cibarsi e respirare siano illusione, nel senso di non reali (inteso come: non c'è un io che mangia, non c'è il magiare, etc.), o che la vita e la morte non siano reali (ma non mi sembra sia quello che tu proponi); il che non significa, in questo il cogito docet, che debbano essere esattamente come ce li rappresentiamo. Se penso, sono certo di esistere, non di essere esattamente l'utente Phil che scrive su un forum; questa auto-rappresentazione potrebbe essere l'inganno del genio maligno, etc. in questo senso parlavo di «residuo fenomenologico» minimo dell'esistenza, ossia: per quanto estendiamo ciò che definiamo «illusione» (se lo abbiamo definito...) l'essere "qualcosa" (il sum) non può essere considerato un'illusione. Ma da qui a sostenere che il cogito addirittura confuti le illusioni (seppur definite ad libitum) o il volontarismo o l'utilitarismo (come potrebbe?), c'è un salto che non ho mai fatto e, a dirla tutta, non consiglierei nemmeno (come vedi, un po' di paziente ermeneutica sul testo altrui, a volte eviterebbe fraintendimenti colossali).

Per me, da bieco fanfarone, la vita può anche essere illusione, ma non nel modo vitalistico e volontaristico che intendi tu (miro molto più ad oriente in questo). La fede nel razionalismo, tanto più cartesiano o illuminista che sia, non è affatto la mia fede (dopo tutti i miei prediconi sull'attualizzare la filosofia, ti pare che potrei essere davvero un fan di Cartesio che cita Derrida e consiglia Ricoeur?). Il resto del tuo discorso, dopo la citazione messa sopra, soprattutto quando parla di "proiezione di perfezione"(?), "prescrizioni corporee"(!), parla quindi di te e di qualcun altro, di cui non posso fare le veci.

niko

Citazione di: Phil il 19 Luglio 2025, 16:55:08 PMSe così fosse dovremmo vivere in un'illusione, come in un sogno, ma resta lecita la domanda: chi sogna? dov'è chi sogna? Esiste solo chi sogna, in un vuoto cosmico? L'"ontologia del desiderio" a volte rischia di sottovalutare la semplice potenza (ed evidenza) del cogito cartesiano e delle sue conseguenze, che ancorano qualunque metafisica ad un minimo di realismo difficilmente alienabile, fosse anche solo come residuo fenomenologico dell'esistenza. Il desiderante non è desiderio, il mondo ontico in cui il desiderante si muove non è desiderio, etc. per questo le scienze, anche filosofiche, che si occupano dell'uomo e del mondo, non possono essere appiattite in mero "esercizio" di desiderio, come non ci fossero un agente e un mondo "pre-" ed extra-desiderio (il che non significa certo espungerlo dall'orizzonte umano, di cui è sicuramente parte pulsante e costituente).





E' qui che tiri in ballo il cogito cartesiano...

Comunque dalla descrizione non deriva la prescrizione per inferenza logica, ma non si vive solo di inferenza logiche, anzi, il problema e' che spesso e' piu' originaria la prescrizione, della descrizione. Cioe' andrebbe, semmai, inferita, la descrizione. Dall'antecedente piu' generico e piu' "genetico" di una prescrizione. E magari, si finge il contrario. E' quello che dico fin dall'inizio: il fatto che dobbiamo e vogliamo vivere, e' piu' originario, di quello che la vita in quanto pensiero discorsivo e in quanto coscienza, ma spesso anche in quanto emozione e sentimento, ci riflette e ci mostra... l'oggetto di conoscenza non domina e non informa il desiderio, ma il contrario...

Quanto al sum del cogito, non c'e' un inizio del tempo, c'e' un inizio (attuale) della vita nel tempo nonostante l'infinita' del tempo come ostacolo, e quindi, qualcosa mi dice che, ai fini della felicita', o quantomeno do una vita decente e interessante, l'intelletto/cogito, deve adeguarsi alla volonta'/estensione, e non viceversa... 


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

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