Alla ricerca della gaia scienza

Aperto da Koba-san, 16 Settembre 2025, 11:26:49 AM

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Koba-san

Nel post n.23 io non ho fatto una traduzione ma una sintesi semplificata. Infatti l'ho preceduta dal termine "Sinossi:".
La traduzione dell'edizione Adelphi (che è ovviamente quella di riferimento per le opere di Nietzsche), nel punto indicato da Phil, è la seguente:

"Il pensatore: questo è ora l'essere in cui l'istinto della verità e quegli errori utili alla conservazione dell'esistenza si scontrano nella prima battaglia, essendosi dimostrato che anche l'istinto di verità è una potenza intesa alla conservazione della vita. In rapporto all'importanza di questa battaglia tutto il resto è indifferente: qui si pone il problema ultimo della condizione della vita e si fa il primo tentativo di rispondere con l'esperimento a questo problema. Fino a che punto la verità sopporta di essere assimilata? – questo è il problema, questo l'esperimento".

Dal momento che in Nietzsche la verità è una costruzione umana, dal momento che Nietzsche non fa mai ragionamenti ambigui come quelli di Heidegger su una verità che misteriosamente prende l'iniziativa e si manifesta da sé, io l'ho interpretata in riferimento alla battaglia tra conoscenze utili alla conservazione della vita e verità che le smascherano, pur essendo tali verità, in generale la ricerca della verità, una potenza anch'essa utile alla vita.
Cioè ho interpretato il passo intendendo come soggetto il pensatore che fa l'esperimento di questa battaglia dentro se stesso, per cui la frase va intesa nel senso: quanta verità può essere assimilata. Verità che distrugge, ma verità che è nello stesso tempo l'espressione di un istinto comunque funzionale in qualche modo alla vita. Perché appunto la condizione nuova è la consapevolezza di questi due aspetti attinenti la ragione, che non può più essere intesa come una facoltà pura, distaccata dalla vita.
Naturalmente chi non è d'accordo è libero di esprimere interpretazioni differenti, anziché limitarsi a interrogativi sulla bontà della mia lettura. Io infatti non sono qua a cercare di dimostrare alcunché. Non ho una tesi specifica da difendere. Non a caso il titolo del topic è "Alla ricerca della gaia scienza", e non "Cos'è la gaia scienza".

daniele22

"Il pensatore: questo è ora l'essere in cui l'istinto della verità e quegli errori utili alla conservazione dell'esistenza si scontrano nella prima battaglia, essendosi dimostrato che anche l'istinto di verità è una potenza intesa alla conservazione della vita. In rapporto all'importanza di questa battaglia tutto il resto è indifferente: qui si pone il problema ultimo della condizione della vita e si fa il primo tentativo di rispondere con l'esperimento a questo problema. Fino a che punto la verità sopporta di essere assimilata? – questo è il problema, questo l'esperimento"
Nel discorso con Enrico73, che spero non abbandoni il forum, gli dissi che il suo pensiero era l'estremizzazione della vostra stessa postura mentale. Evidentemente, pur non dando la risposta sicura che offre Enrico anche Nietzsche la pensava in parte come lui se si poneva la stessa domanda. Sarebbe dunque questo timore a limitarvi?
Sono già più di quattro anni che insisto sul mio primo post di ingresso nel forum che riporto:
"Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto."
Non avendo fino a oggi cavato un ragno dal buco, mi chiedo comunque ancor ora quale peso abbiano i sesterzi sulla psiche.. si intenda: se la fame di verità sta nell'istinto, dovreste semplicemente mangiarla. Io l'ho mangiata, sono rimasto sorpreso, ma mi è piaciuta.. beato me. Per male che vi vada dovreste solo digerire un boccone amaro, ma a mio vedere salutare e perfettamente assimilabile.
La verità è sempre dialogica finché siamo confinati nel tempo ed è inesauribile poiché la dialogicità è sempre promossa dai problemi del tempo in cui si vive
Saluti

iano

#32
Citazione di: daniele22 il 29 Settembre 2025, 11:21:22 AM
Sono già più di quattro anni che insisto sul mio primo post di ingresso nel forum che riporto:
"Secondo me gli animali sanno benissimo quel che fanno. Certo, agiscono d'istinto, ma nessuno ha mai dimostrato che noi non lo facciamo. Potrebbe benissimo essere che noi d'istinto ci si rivolga alla ragione, e questa, di conseguenza, moduli nei modi più convenienti l'istinto selvaggio. Se si prova a immaginare un mondo senza regole orali o scritte, probabilmente anche noi vivremmo di puro istinto."
Io sono d'accordo, ma credo che si possa dire anche meglio, e hai avuto 4 anni per farlo, ma non l'hai fatto, rimandandoci sempre alla stessa formulazione, che non direi propriamente felice.
Non dirmi che tu davvero per 4 anni su ciò non hai avuto dubbi!
Non hai davvero considerato che se questa formulazione non ha suscitato un gran successo, magari altre l'avrebbero incontrato?
Io stesso capisco meglio cosa volevi dire grazie a questa discussione.

Per problemi di questo tipo la mia risposta rimane uguale, ma mi piace ogni volta riformularla, anche perchè magari  io nel frattempo sono cambiato, e le mie idee hanno acquisito magari diverse sfumature.

Istinto e ragione sono termini che provano a descrivere la realtà, ma che anche quando ci riescono bene, non sono mai la realtà, perchè ciò che descrive non coincide con ciò che è descritto.
Tuttavia, specie quando la descrizione risulta efficace,  e perciò resiste nel tempo, si tende ad oggettivare i termini descrittivi, e noi diveniamo quindi un misto di istinto e ragione senza soluzione di continuità, finché non arriva un F.N. a dirci che forse le cose non stanno proprio così, perchè non c'è un modo preciso  in cui stanno le cose, o meglio, perchè non c'è un modo  univoco (vero) per raccontarle.
Nel momento in cui poi i termini del racconto vengono oggettivizzati, si tende a schierarsi a favore di un termine dal quale desideriamo farci rappresentare, al quale legare presuntuosamente il nostro presunto valore.

Hai ragione Daniele, hai ragione, hai ragione...ma prova la prossima volta a dirlo con parole nuove, senza rimandarci in eterno ai tuoi post, perchè questo ci potrebbe aiutare a comprendere meglio cosa vuoi dire.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Koba-san

Citazione di: daniele22 il 29 Settembre 2025, 11:21:22 AM
Non avendo fino a oggi cavato un ragno dal buco, mi chiedo comunque ancor ora quale peso abbiano i sesterzi sulla psiche.. si intenda: se la fame di verità sta nell'istinto, dovreste semplicemente mangiarla. Io l'ho mangiata, sono rimasto sorpreso, ma mi è piaciuta.. beato me. Per male che vi vada dovreste solo digerire un boccone amaro, ma a mio vedere salutare e perfettamente assimilabile.
La verità è sempre dialogica finché siamo confinati nel tempo ed è inesauribile poiché la dialogicità è sempre promossa dai problemi del tempo in cui si vive.
Se la conoscenza è funzionale alla vita, sia nella sua opera di smascheramento sia nella costruzione di ipotesi utili all'esistenza, allora essa non ha mai un esito definitivo.
Cioè non conclude né in una verità assoluta (che sia metafisica o meno), né in quella del relativismo. Dirsi: ecco, abbiamo capito che la verità è legata alle vicissitudine della storia, che è interpretazione, ecc., non comporta mai che tale processo si fermi.
Anche questa ipotesi, come tutte, – la verità come interpretazione –, verrà un giorno sezionata e smascherata.
Il boccone che dici di aver mandato giù – l'istinto alla verità, la passione per la verità (se ho capito bene quello che hai scritto) – mi sa che ti toccherà di nuovo e per sempre inghiottirlo, almeno finché sarai soggetto al fascino della conoscenza.
C'è naturalmente anche l'opzione "ultimo uomo" (che Nietzsche descrive nel Prologo dello Zarathustra): sa che Dio è morto ma rimuove il fatto di trovarsi nei pressi dell'abisso.  Tappa il buco con la sicurezza, il benessere, una cultura "leggera". Sicuramente è democratico e fautore del dialogo, così può stare in compagnia...

Phil

Citazione di: Kob il 29 Settembre 2025, 09:32:03 AMNel post n.23 io non ho fatto una traduzione ma una sintesi semplificata. Infatti l'ho preceduta dal termine "Sinossi:".
La traduzione dell'edizione Adelphi [...] è la seguente:
Grazie per aver riportato la citazione originale, quelle che avevo trovato al volo online mi avevano incuriosito perché sembravano ribaltare la tua domanda, di cui ora capisco meglio il senso.
La domanda originale, «Fino a che punto la verità sopporta di essere assimilata?», se la leggiamo alla luce di «l'istinto della verità e quegli errori utili alla conservazione dell'esistenza si scontrano nella prima battaglia», potremmo anche intenderla come la constatazione retorica e teoretica (non certo empirica) che l'istinto di verità non può assimilare tutta la verità, perché essa non lo sopporta (la battaglia non è infatti fra la verità e gli errori, ma fra l'istinto-tensione ad essa e i rispettivi utili fallimenti).
Solo finché c'è un'eccedenza di verità (postulata come tale, e qui Nietzsche fa rientrare una certa metafisica "dalla finestra", dopo averla fatta uscire "dalla porta"), verità non ancora assimilata, può esserci desiderio e scienza, intesa come ricerca di verità (nelle scienze umane). Come dire che se la verità sopportasse di essere totalmente assimilata (e non fosse piuttosto questione di interpretazione), allora sarebbe possibile la fine della ricerca della verità, la fine dell'uomo in tensione verso la verità (il ricercatore) e la fine degli errori utili alla conservazione dell'esistenza. Che ne sarebbe quindi dell'esistenza umana, se la verità fosse totalmente assimilabile? Sarebbe concepibile forse un punto di non ritorno, o un pan-demonio (etimologicamente), o forse un punto superabile solo uccidendo la verità (in croce?) per far così ripartire il ciclo degli gli errori utili alla vita, della ricerca, etc.?
Se c'è un "punto" oltre cui la verità non sopporta di essere assimilata, un "punto di sopportazione" oltre cui la verità si rompe e si frammenta (in plurime interpretazioni, dove magari "chiodo schiaccia chiodo") o semplicemente sfugge, si nega, sguscia via (lasciando appunto solo il guscio vuoto come traccia "utile"), tale punto sarebbe quello in cui si anima e si dibatte la ricerca della verità, costellata degli utili errori che impediscono all'istinto di verità di saziarsi definitivamente nelle scienze antiquarie e nelle biblioteche (ma di sfamarsene solo, appunto, fino "a un certo punto").
Probabilmente, per Nietzsche, l'esperimento e il problema che il pensatore affronta, è/sono l'esperienza diretta dell'inadeguatezza del pensiero ad assimilare tutta la verità; oppure, se leggiamo la faccenda in modo altrettanto dissimulatamente metafisico, ma rovesciato, è esperienza della ritrosia della verità a lasciarsi raggiungere ed assimilare dall'istinto conoscitivo umano, quasi fosse una dea pudica che si lascia guardare ma non svelare/toccare.

iano

#35
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2025, 19:25:02 PMProbabilmente, per Nietzsche, l'esperimento e il problema che il pensatore affronta, è/sono l'esperienza diretta dell'inadeguatezza del pensiero ad assimilare tutta la verità; oppure, se leggiamo la faccenda in modo altrettanto dissimulatamente metafisico, ma rovesciato, è esperienza della ritrosia della verità a lasciarsi raggiungere ed assimilare dall'istinto conoscitivo umano, quasi fosse una dea pudica che si lascia guardare ma non svelare/toccare.
Discorsi sinceramente troppo complicati, per quanto tu li maneggi magistralmente, la cui complicazione si sgonfia se al posto della verità ci mettiamo la realtà. Un realtà che non si conosce, ma si esperisce, e il prodotto è conoscenza di come muoversi nella realtà.
E siccome non c'è un solo modo di muoversi nella realtà, non c'è un unica conoscenza.
O meglio, se c'è un solo modo di muoversi nella realtà, questo ''privilegio'' è riservato alla sola materia, e giudicate voi se di vero privilegio si tratti.
Perchè, come mi pare tu tratteggi nel tuo post, il raggiungimento della verità è la fine di qualcosa che consideriamo vitale.
Io mi chiedo, per quanto dotati di libero arbitrio, chi, conoscendo la verità, non vi si adeguerebbe, comportandosi come ciò che è soggetto alle leggi naturali, ad imitazione della materia?
Sarebbe giunto secondo me il momento di parlare della verità solo nei termini del ruolo centrale fin qui avuto, come catalizzatore della storia umana.
Quanto più il processo di conoscenza si carica di coscienza, tanto più diventa difficile sostenere la verità.
Se non si vuol sostenere che tutta la nostra conoscenza derivi da un processo cosciente, quella conoscenza che non sappiamo come abbiamo fatto ad acquisire, e che perciò sembra  venire da se, non si può non chiamare verità.
Ma allora lasciamo che a parlarne ancora siano solo coloro che credono che la conoscenza scenda in noi con lo spirito santo.
Io di eterno ritorno vedo solo quello che ci fa tornare sempre a F.N., senza che ci decidiamo a superarlo.
Nella mia ignoranza mi piace pensare gaia quella scienza di cui abbiamo compreso essere un gioco vitale, un gioco che non ci stanchiamo di giocare.
Poi chissà cosa intendesse veramente F.N., ma mi piace pensare che così la intendesse.



Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Phil

Citazione di: iano il 29 Settembre 2025, 19:52:55 PMDiscorsi sinceramente troppo complicati [...] la cui complicazione si sgonfia se al posto della verità ci mettiamo la realtà.
[...]
Perchè, come mi pare tu tratteggi nel tuo post, il raggiungimento della verità è la fine di qualcosa che consideriamo vitale.
Tieni presente che nel mio post giocavo a fare l'esegeta di Nietzsche, a partire da un suo aforisma citato da Kob; non stavo esprimendo la mia opinione sulla verità. E proprio questo maldestro gesto ermeneutico è sintomo del mio "disinteresse metodologico" per la verità: mi interessava provare a tirare fuori qualcosa di sensato dal testo di Nietzsche, non spremerlo per distillare una qualche verità (nemmeno quella che afferma «è vero che Nietzsche intendeva dire che...»).
Chiaramente né Nietzsche né il sottoscritto stanno parlando della verità del teorema di Pitagora o di 2+2=4, ma perlopiù di verità in ambito delle scienze umane (come anticipato sopra), ossia verità dei loro discorsi e dei loro contenuti (morali, estetici, sociali, etc.). Per questo «verità» non può essere facilmente sostituita con «realtà», proprio come una interpretazione non può essere facilmente sostituita con una descrizione; altrimenti il provare a costruire un castello di carte con quelle che la citazione di Nietzsche ha messo in tavola, sarebbe sostituibile con il semplice contarle e leggerle ad alta voce.

iano

#37
Citazione di: Phil il 29 Settembre 2025, 22:16:18 PMChiaramente né Nietzsche né il sottoscritto stanno parlando della verità del teorema di Pitagora o di 2+2=4, ma perlopiù di verità in ambito delle scienze umane (come anticipato sopra), ossia verità dei loro discorsi e dei loro contenuti (morali, estetici, sociali, etc.). Per questo «verità» non può essere facilmente sostituita con «realtà», proprio come una interpretazione non può essere facilmente sostituita con una descrizione; altrimenti il provare a costruire un castello di carte con quelle che la citazione di Nietzsche ha messo in tavola, sarebbe sostituibile con il semplice contarle e leggerle ad alta voce.
Mi perdonerai, perchè come detto non riesco del tutto a seguire la discussione quando si fa complessa.
Per me descrizione e interpretazione coincidono, quindi trovo molto interessante che non sia così per te. La cosa mi fa riflettere.
Ora, non è tanto che verità vada sostituita con realtà, come pure ho detto, ma è che noi abbiamo fatto la sostituzione inversa.
Abbiamo sostituito la realtà con la verità.
Più esattamente abbiamo fatto una inversione ''logica'', siccome noi diamo per scontato che per agire sulla realtà dobbiamo conoscerla, mentre è dall'azione che deriva la nostra conoscenza.
E' l'azione che attraverso la conoscenza che genera diventa causa dell'agire.
Cioè l'azione, se vuoi casuale, se vuoi incosciente, diventa causa di azione cosciente.
Questa coscienza però non è in se necessaria, perchè la natura nel suo evolversi non la possiede, ma è caratteristica dell'individuo.
E' la memoria, che non si esprime necessariamente in modo cosciente, che fa si che azioni diventino causa di azioni in un tempo non stringente, che esclude il poter parlare di determinismo.
Sarebbe quanto meno un determinismo sui generis, perchè resta indeterminato il tempo di reazione.
Partendo da Socrate, dal sapere di non sapere, dobbiamo chiudere il cerchio, ammettendo di non sapere di sapere.
Questo non sapere di sapere si concretizza nella realtà come ci appare.
Mentre il sapere di non sapere è ciò che ha dato l'avvio alla scienza, la quale non genera alcuna apparenza.
Oltre l'apparenza, se non vogliamo fermarci ad essa, non troveremo apparenza.
Oltre l'evidenza non troveremo alcuna evidenza.
La scienza funziona come una evidenza, senza esserlo.
Superata l'evidenza si va oltre la verità, e oltre la verità non c'è nessuna verità.
Posso capire che la morte della verità sia vissuta come un lutto insuperabile, ma in effetti significa liberare un mare di possibilità, metre finora ne abbiamo vissuto solo una.
Ora vallo a capire cosa vuol dire F.N., ma per quello che capisco leggendovi mi trovo d'accordo con lui.
Però mi pare che su di lui si faccia melina con compiacimento, e non mi riferisco a te.
Interpretarlo va bene, e ancor meglio se vi sono interpretazioni diverse, ma poi ognuno dovrebbe azzardare le sue conclusioni.

Esisterà pure una realtà per quel che è, ma per noi vale solo la realtà per come la usiamo, e non la usiamo per quel che è , perchè non c'è un solo modo di usarla, e il modo di usarla caratterizza ciò che siamo.
Siamo stati uomini perchè abbiamo usato la realtà allo stesso modo. Il vero problema che ci si presenta oggi, alla morte della verità, è continuare a restarlo.
Questa in effetti è la preoccupazione di chi difende la verità.
Però mi spiace, ma la verità non è più difendibile.
La sfida è restare uomini nonostante ciò.
Però bisogna anche avere il coraggio di ''dire la verità'':
non siamo sempre stati uomini, ma lo siamo diventati, e potremmo non più esserlo.

Se non abbiamo il coraggio di dire ciò saremo condannati ad avvitarci in discorsi sempre più complicati per cercare di riesumare una verità ormai defunta.
Bisogna elaborare il lutto, e nel farlo ritrovarci ancora uomini.
Questa è la scommessa da affrontare, e va affrontata.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

niko

#38
Nietzsche ci dice che fino ad ora la metafisica e' stata, direttamente, e follemente, un non-volere il non-senso (e quindi: inevitabile caduta nell'illusione, e nell'auto-aggressione); mentre il destino dell' (oltre) uomo e' invece volere, per se', il non-senso, per attraversarlo. Volere volare, accettare nel marasma di tutte possibili "interpretazioni" e chiacchiere la veritativita' duramente esclusiva della condizione umana, diciamo cosi'. Per cui ad esempio e' inevitabile, che il vero sia l'utile alla vita e nulla di piu' e che, proprio per questo, l'inquietudine piu' profonda del cuore umano non si plachi contemplandolo.

Accettare che la filosofia e'/sia volonta' di verita', vuol dire accettare che non ci sara' mai, una verita', ma sempre, e solo, una volonta' che LA vuole, che poi e' appunto quella dell'uomo, "elemento" eterno nel cerchio del ritornare, e solo parte, di questo cerchio, con un suo "prima" e un suo "dopo".

Esaurire, la volonta' di verita', e' smettere, di non volerla: smettere, come dicevo sopra, di contraporre [direttamente] la metafisica al non-senso, della vita, e accettare, invece, il non-senso come premessa e come parte di un senso nuovo, non piu' negativo di esso, ma ulteriore ad esso. Una sorta di vuoto, ma da riempire con gratitudine, e con atto reversibile e non definitivo, come mai nessun atto lucido e consapevole di riempimento di un vuoto, una volta riconosciuto come tale, puo' essere definitivo. La maschera della necessita', e la necessita', della maschera. La bugia piu' perniciosa, di ogni metafisica, e' quella che ci convince, che ne necessitiamo, cioe' che ci include, come soggettivita' e punto di riferimento, nel sistema.


Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

#39
Citazione di: niko il 30 Settembre 2025, 02:13:33 AMNietzsche ci dice che fino ad ora la metafisica e' stata, direttamente, e follemente, un non-volere il non-senso
Dovremmo considerare che noi, rispetto al nostro, abbiamo elementi in più di riflessione, per metterli in gioco.
Alla realtà virtuale, di cui noi , e non Nietzsche, abbiamo potuto fare esperienza, non manca un senso, e anzi non potremmo costruirla senza.
Sapere che è virtuale non ci impedisce poi di immergerci in essa dimentichi della sua virtualità, .
Perchè ciò avviene ?
Inanzi tutto perchè siamo capaci di farlo avvenire.
Non è la coscienza della finzione a impedirci di viverla, così come non è la coscienza della illusione ad annullare l'apparenza.

E' il senso a dare permanenza all'illusione.
L'apparenza è quel senso, ma non è l'unica forma possibile di senso.
Il problema è che è la condivisione di un senso a farci uomini, mentre crediamo di essere uomini che condividono un senso.
E' questa ''inversione logica'' a rendere complicato ogni discorso filosofico, questo mettere il carro davanti ai buoi.
Rompere il guscio della verità significa uscire dall'uovo, ma usciti non saremo più uovo.
Questo uscire dall'uovo può farci paura, ma la parte del discorso che manca è che noi uovo siamo divenuti, e lo stesso divenire che ci ha fatti uovo farà che più non lo saremo.
Non abbiamo fatto tutti i conti con l'evoluzione, di cui possiamo anche aver coscienza, ma non è quella coscienza ad arrestarla.
La coscienza è solo uno strumento dell'evoluzione, ma noi siamo presente, e quel presente vogliamo preservare, anche a costo di un eterno ritorno, se proprio il tempo non si può arrestare.
Va da se che questa non può neanche dirsi una interpretazione personale dell'eterno ritorno del nostro, perchè non ho ancora capito cosa volesse dire, ma solo il tentativo di ripercorrere il suo pensiero in modo indipendente, che per me poi è l'unico modo che ho di capire.
L'eterno ritorno del nostro non funziona, ma la direzione del tentativo non è sbagliata.
C'è piuttosto una costanza nel divenire.
Un esperimento deve essere ripetibile?
Sicuramente, ma è il fatto che sia ripetibile a dirci indirettamente qualcosa della realtà.
La realtà è quella cosa che ci permette di ripetere lo stesso esperimento, e non ciò che direttamente da quell'esperimento risulta, perchè non è mai diretta la risultanza, ma mediata da una interpretazione che ci rappresenta.
La realtà non è come la descriviamo, ma è ciò che ammette una descrizione che vale un senso, un senso che la realtà  in se non ha.
Però noi non abbiamo altro modo di viverla che dandogli un senso.
La moltiplicazione dei sensi che viviamo attenta al nostro guscio, e ciò è angoscioso, ma quale nascita non è dolorosa?
Però questa è la vita, la quale prescinde dall'essere uomini o altro.


Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

daniele22

Citazione di: iano il 29 Settembre 2025, 17:14:16 PMHai ragione Daniele, hai ragione, hai ragione...ma prova la prossima volta a dirlo con parole nuove, senza rimandarci in eterno ai tuoi post, perchè questo ci potrebbe aiutare a comprendere meglio cosa vuoi dire.
L'uomo usa la ragione come un gatto usa glii artigli. A volte li affina,a volte gioca e a volte ammazza.
Dal mio ingresso nel forum non ho mai avuto dubbi; la ricerca era già conclusa. In questi quattro anni è successo inoltre che inaspettatamente quando dissi di possedere i fondamenti della conoscenza fui snobbato più o meno da tutti, ma non ero io a essere snobbato. Era invece snobbata l'idea. Addirittura non c'era nemmeno curiosità di sapere.. e debbo dire che questo l'ho trovato a dir poco scandaloso. E tale è rimasta la situazione. Ma nel frattempo ho imparato molto circa lo "scandaloso".
Comunque, quando mi spiegherai come fai a darmi ragione.. est est est!.. e al tempo stesso chiedermi di esporre la mia ragione in modo diverso forse capirò qualcosa di più. Non si finisce mai di imparare
Saluti

daniele22

Citazione di: Kob il 29 Settembre 2025, 18:37:06 PMSe la conoscenza è funzionale alla vita, sia nella sua opera di smascheramento sia nella costruzione di ipotesi utili all'esistenza, allora essa non ha mai un esito definitivo.
Cioè non conclude né in una verità assoluta (che sia metafisica o meno), né in quella del relativismo. Dirsi: ecco, abbiamo capito che la verità è legata alle vicissitudine della storia, che è interpretazione, ecc., non comporta mai che tale processo si fermi.
Anche questa ipotesi, come tutte, – la verità come interpretazione –, verrà un giorno sezionata e smascherata.
Il boccone che dici di aver mandato giù – l'istinto alla verità, la passione per la verità (se ho capito bene quello che hai scritto) – mi sa che ti toccherà di nuovo e per sempre inghiottirlo, almeno finché sarai soggetto al fascino della conoscenza.
C'è naturalmente anche l'opzione "ultimo uomo" (che Nietzsche descrive nel Prologo dello Zarathustra): sa che Dio è morto ma rimuove il fatto di trovarsi nei pressi dell'abisso.  Tappa il buco con la sicurezza, il benessere, una cultura "leggera". Sicuramente è democratico e fautore del dialogo, così può stare in compagnia...
No. Fintanto che viviamo all'interno del tempo la conoscenza non può avere un esito definitivo. È la sete di conoscenza a generare il tempo. Non può essere che un eterno dialogo tra due opposti, ma uno dei due nasce prima dell'altro ed è quello più antico (si potrebbe pure dire di natura biologica). L'opposizione si oppone a quello più antico. Come? Nel nostro speciale mondo umano generando la metafisica.
Il boccone che dico di aver inghiottito è un'altra cosa.
Si tratta di un boccone di consapevolezza. Quella di avere appreso chiaramente la nozione della nostra condizione solipsistica. La metafisica quindi, che comprende pure la scienza, checché ne dicano gli scienziati, è stata e lo è ancora, solo un sogno in progressione e in accelerazione di cui vediamo oggi gli effetti. Tutto grazie all'istinto a conoscere.
In seconda battuta è un boccone che ti permette di comprendere la ragione di Dio, non della sua presunta parola, ma della certa ignoranza di fronte a ciò che chiede di essere compreso, ma non può essere compreso dato il nostro gravitare all'interno del tempo.
Comprendere tutto questo significa liberare le forze della nostra ragione soggiogate da una tirannia della ragione di stato che dura da millenni, nonostante le grandi democrazie occidentali pretendano di dire che siamo liberi. Il mondo torna a evolvere.
Nietzsche secondo me esagerava: l'abisso avrebbe solo le sembianze dell'abisso, ma questo è un punto di vista personale
Saluti



iano

#42
Citazione di: daniele22 il 30 Settembre 2025, 07:52:52 AMComunque, quando mi spiegherai come fai a darmi ragione.. est est est!.. e al tempo stesso chiedermi di esporre la mia ragione in modo diverso forse capirò qualcosa di più. Non si finisce mai di imparare
Saluti
Come ho scritto l'ho compresa meglio inserita nel contesto della discussione. Ma se tu avessi provato a esporla in modo diverso, invece di riproporcela immutata, come fosse scolpita nella pietra, forse non avrei dovuto aspettare 4 anni per capire.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

niko

Citazione di: iano il 30 Settembre 2025, 04:53:45 AMDovremmo considerare che noi, rispetto al nostro, abbiamo elementi in più di riflessione, per metterli in gioco.
Alla realtà virtuale, di cui noi , e non Nietzsche, abbiamo potuto fare esperienza, non manca un senso, e anzi non potremmo costruirla senza.
Sapere che è virtuale non ci impedisce poi di immergerci in essa dimentichi della sua virtualità, .
Perchè ciò avviene ?
Inanzi tutto perchè siamo capaci di farlo avvenire.
Non è la coscienza della finzione a impedirci di viverla, così come non è la coscienza della illusione ad annullare l'apparenza.

E' il senso a dare permanenza all'illusione.
L'apparenza è quel senso, ma non è l'unica forma possibile di senso.
Il problema è che è la condivisione di un senso a farci uomini, mentre crediamo di essere uomini che condividono un senso.
E' questa ''inversione logica'' a rendere complicato ogni discorso filosofico, questo mettere il carro davanti ai buoi.
Rompere il guscio della verità significa uscire dall'uovo, ma usciti non saremo più uovo.
Questo uscire dall'uovo può farci paura, ma la parte del discorso che manca è che noi uovo siamo divenuti, e lo stesso divenire che ci ha fatti uovo farà che più non lo saremo.
Non abbiamo fatto tutti i conti con l'evoluzione, di cui possiamo anche aver coscienza, ma non è quella coscienza ad arrestarla.
La coscienza è solo uno strumento dell'evoluzione, ma noi siamo presente, e quel presente vogliamo preservare, anche a costo di un eterno ritorno, se proprio il tempo non si può arrestare.
Va da se che questa non può neanche dirsi una interpretazione personale dell'eterno ritorno del nostro, perchè non ho ancora capito cosa volesse dire, ma solo il tentativo di ripercorrere il suo pensiero in modo indipendente, che per me poi è l'unico modo che ho di capire.
L'eterno ritorno del nostro non funziona, ma la direzione del tentativo non è sbagliata.
C'è piuttosto una costanza nel divenire.
Un esperimento deve essere ripetibile?
Sicuramente, ma è il fatto che sia ripetibile a dirci indirettamente qualcosa della realtà.
La realtà è quella cosa che ci permette di ripetere lo stesso esperimento, e non ciò che direttamente da quell'esperimento risulta, perchè non è mai diretta la risultanza, ma mediata da una interpretazione che ci rappresenta.
La realtà non è come la descriviamo, ma è ciò che ammette una descrizione che vale un senso, un senso che la realtà  in se non ha.
Però noi non abbiamo altro modo di viverla che dandogli un senso.
La moltiplicazione dei sensi che viviamo attenta al nostro guscio, e ciò è angoscioso, ma quale nascita non è dolorosa?
Però questa è la vita, la quale prescinde dall'essere uomini o altro.





L'Eterno ritorno funziona (perche' mai non dovrebbe funzionare? ;D ), solo che spesso non se ne comprende la dimensione antopologica: la concordanza tra passato e futuro, e', anche, la concordanza tra desiderio e realta'; quindi l'eterno ritorno e' anche un qualcosa di nuovo che deve essere, attivamente, instaurato (una era, temporale, del superuomo, e o di dominio, del superuomo) oltreche' un qualcosa di vecchio, che deterministicamente sempre ritorna (quelli che non lo hanno capito, lo riconducono solo a questo). 

Non c'e' solo il gelo deterministico di un singolo, eterno eone, di cui si costituirebbe il tempo, qui, da considerare, gelo in cui si potrebbe "girare" in tondo, all'infinito, ripassando sempre per il punto di partenza e per gli stessi punti, (l'eterno ritorno, si', ma come lo vede il nano); ma anche l' "amore", o se vogliamo il rapporto tra immanenza e trascendenza, che si instaura data una coppia di almeno due eoni, tra i "singoli punti", di questi due eoni/cerchi, laddove uno "funge" da realta', e l'altro, da desiderio, pur essendo in ogni altro senso, questi due cerchi identici (L'eterno ritorno come lo vede Zaratustra, cioe' come un qualcosa che deve essere prima, riconosciuto, poi, voluto ed instaurato).

Insomma  si puo' trascendere la realta', nel desiderio, della realta'. E quindi non nel desiderio metafisico. Che invece, alla reata' ci ancora, rendendocela in qualche modo sopportabile.

Procedendo attraverso il tempo, non passi, meramente, sempre per gli stessi punti, ma fai in modo, di passarci. Che e' sottilmente diverso. Il desiderio panico, che vuole tutto, e' la stessa identica cosa del desiderio di eterno ritorno (volonta' di potenza), che attivamente "ricolma" il futuro di passato e di presente; un futuro che, diversamente, senza questo intervento e questo continuo "ricolmare", avrebbe, sempre, in ogni punto del tempo, forma indeterminata/nulla, e non gia' forma identica al passato e al presente. Fare il futuro uguale al passato, e tanto piu' con sforzo individualista e titanico, potrebbe essere pensato come uno sforzo proprio del tipo umano reazionario o conservatore (il Nietzsche precursore del nazismo e della guerra), e in parte in effetti e' cosi', se non fosse che il passato che prepotentemente nel futuro, qui, si re-instaura o si vorrebbe re-instaurare e' un passato eonico o cosmico, cioe' comprendente anche il futuro, ma, questa volta, come sua parte. Anche nel futuro, da qualunque punto lo si contempli e lo si guardi, ci sara' sempre la coppia passato + futuro, e non gia' un futuro "puro", ovverosia, ci sara' sempre divenire e desiderio.

Per il resto, Nietzsche ha molto attenzionato la realta' "virtuale" del teatro, lirico e non, e dell'arte in generale. Gia' nell'epoca in cui e' vissuto. Penso che difficilmente, la considerazione "tecnologica" della realta' virtuale, se avesse potuto sbirciare la nostra, di epoca, lo avrebbe sorpreso, o colto di sorpresa.

Ci hanno detto che potevamo scegliere tra la pace e il climatizzatore, non abbiamo ottenuto nessuno dei due.

iano

Citazione di: niko il 30 Settembre 2025, 10:18:47 AML'Eterno ritorno funziona (perche' mai non dovrebbe funzionare? ;D ), solo che spesso non se ne comprende la dimensione antopologica: la concordanza tra passato e futuro, e', anche, la concordanza tra desiderio e realta'; quindi l'eterno ritorno e' anche un qualcosa di nuovo che deve essere, attivamente, instaurato (una era, temporale, del superuomo, e o di dominio, del superuomo) oltreche' un qualcosa di vecchio, che deterministicamente sempre ritorna (quelli che non lo hanno capito, lo riconducono solo a questo).



Non lo capirò mai, ne mi consola non esser il solo.
Io concepisco solo l'eterno divenire di cui l'eterno ritorno è solo un caso ammesso.
Concepisco la costanza del divenire che rende possibile la conoscenza.
Non concepisco la volontà e il desiderio dell'uomo come centrali, perchè non approvo la centralità dell'uomo, se non come caso particolare di osservatore che evolve, spostandosi da una centralità all'altra.
Noi siamo l'osservatore, colui che stando oltre la fisica, l'osserva.
Noi siamo metafisica, e possiamo osservare solo ciò che siamo stati, potendo dichiarare la sola metafisica che non è più.
Dichiarare la metafisica è celebrarne il funerale.
La metafisica è morta, viva la metafisica.
Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

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