Alla ricerca della gaia scienza

Aperto da Koba, 16 Settembre 2025, 11:26:49 AM

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Phil

Citazione di: daniele22 il 09 Ottobre 2025, 12:51:41 PM
quale conoscenza guiderà istintivamente la nostra azione verso il prossimo (ad esempio)?
[...]
Risposta alla domanda: la convenienza, mi sembra.
La convenienza non è una conoscenza, ma l'esito interpretativo di una serie di conoscenze. Uso tutte le conoscenze che ho e decido, interpretandole, che mi conviene comunque fumare e mangiare a piacimento perché «tanto devo morire comunque». Da quelle stesse conoscenze, altri potrebbero derivare convenienze diametralmente opposte: «dato che la morte è certa ma questa vita mi piace, cerchiamo di provare a farla durare il più possibile, facendo almeno una vita sana». Ciò dimostra che non è la conoscenza ad incarnarsi istintivamente in un'azione, ma c'è sempre l'intermediazione dell'interpretazione. Infatti non ci sono scelte esistenziali o etiche che siano direttamente scientifiche o epistemologicamente oggettive, come dicevo prima; è sempre una questione soggettiva di come elaboriamo le conoscenze a disposizione (esattamente come accade nella bioetica e in altri ambiti delle "scienze morbide").

daniele22

#91
Citazione di: Phil il 09 Ottobre 2025, 13:39:03 PM
La convenienza non è una conoscenza, ma l'esito interpretativo di una serie di conoscenze. Uso tutte le conoscenze che ho e decido, interpretandole, che mi conviene comunque fumare e mangiare a piacimento perché «tanto devo morire comunque». Da quelle stesse conoscenze, altri potrebbero derivare convenienze diametralmente opposte: «dato che la morte è certa ma questa vita mi piace, cerchiamo di provare a farla durare il più possibile, facendo almeno una vita sana». Ciò dimostra che non è la conoscenza ad incarnarsi istintivamente in un'azione, ma c'è sempre l'intermediazione dell'interpretazione. Infatti non ci sono scelte esistenziali o etiche che siano direttamente scientifiche o epistemologicamente oggettive, come dicevo prima; è sempre una questione soggettiva di come elaboriamo le conoscenze a disposizione (esattamente come accade nella bioetica e in altri ambiti delle "scienze morbide").

Dovevo in effetti dire che è la conoscenza a guidare l'azione senza tante interpretazioni.
Nel post non avevo accennato che il tizio potesse anche pensare di porre rimedio alla propria condizione. Ho solo accentuato il suo carattere di trasgressore inveterato perché fosse più chiaro cosa possa farci fare la conoscenza senza che ci si contraddica nel nostro comportamento.
Se la scienza dice, come del resto il buon senso, che si possono manifestare queste due possibilità in contrapposizione (polarizzate), accetto ben volentieri il suo verdetto.
Tutto questo mostra (le dimostrazioni le lascio ai matematici), diversamente da quello che vorresti dimostrare, che la conoscenza possiede un carattere di natura emotivo, e pure effimero, per cui l'individuo nel suo procedere si aggrappa di volta in volta, senza ben rendersi conto, all'una piuttosto che all'altra delle sue conoscenze (in questo caso sarebbe più opportuno il termine "coscienza del presente" più che conoscenza in generale). In virtù di ciò accadrebbe che il santo bevitore possa anche "guarire" astenendosi e che il salutista "si corrompa" senza la necessità dell'intervento di una conoscenza "in più"; bensì rimescolando consapevolezze che sono già in loro. Ma è sempre una "coscienza del presente" a guidarli. Questo mi ricorda il seguente pensiero di E.Junger: "Assecondiamo alla minaccia la nostra condotta assai più che alle nostre idee". Dato che le idee (ideali immagino) non sono conoscenza, la minaccia, per essere considerata tale ¿a cosa farebbe appello se non alla nostra consapevolezza, conoscenza, "coscienza del presente"? Poi c'è chi è disposto a morire per un ideale e chi no.
Per quello che riguarda il comportamento verso il prossimo, forse mi sbaglio, ma mi sa tanto che si applichi, ribaltandolo, il medesimo trattamento che riserviamo a noi stessi, applichiamo cioè la nostra consapevolezza. A fare infine la differenza, in connessione alla conoscenza e all'azione verso il prossimo, sarebbe solo l'ignoranza implicita, ma sistematicamente ignorata, della nostra conoscenza dell'altro (amico o nemico). Il famoso "So di non sapere" resta così spesso confinato nel mondo della propaganda più becera.
La scienza dovrebbe quindi ben tenere conto di questo carattere umano che esprime questa bipolarità con cui la vita umana reagisce durante il corso della vita dinnanzi al dolore e alla morte. Invece no, pretende quasi di negarne una. "Noi siamo i giusti", dicono
Saluti

daniele22

Citazione di: daniele22 il 10 Ottobre 2025, 09:33:08 AM
Dovevo in effetti dire che è la conoscenza a guidare l'azione senza tante interpretazioni.
Nel post non avevo accennato che il tizio potesse anche pensare di porre rimedio alla propria condizione. Ho solo accentuato il suo carattere di trasgressore inveterato perché fosse più chiaro cosa possa farci fare la conoscenza senza che ci si contraddica nel nostro comportamento.
Se la scienza dice, come del resto il buon senso, che si possono manifestare queste due possibilità in contrapposizione (polarizzate), accetto ben volentieri il suo verdetto.
Tutto questo mostra (le dimostrazioni le lascio ai matematici), diversamente da quello che vorresti dimostrare, che la conoscenza possiede un carattere di natura emotivo, e pure effimero, per cui l'individuo nel suo procedere si aggrappa di volta in volta, senza ben rendersi conto, all'una piuttosto che all'altra delle sue conoscenze (in questo caso sarebbe più opportuno il termine "coscienza del presente" più che conoscenza in generale). In virtù di ciò accadrebbe che il santo bevitore possa anche "guarire" astenendosi e che il salutista "si corrompa" senza la necessità dell'intervento di una conoscenza "in più"; bensì rimescolando consapevolezze che sono già in loro. Ma è sempre una "coscienza del presente" a guidarli. Questo mi ricorda il seguente pensiero di E.Junger: "Assecondiamo alla minaccia la nostra condotta assai più che alle nostre idee". Dato che le idee (ideali immagino) non sono conoscenza, la minaccia, per essere considerata tale ¿a cosa farebbe appello se non alla nostra consapevolezza, conoscenza, "coscienza del presente"? Poi c'è chi è disposto a morire per un ideale e chi no.
Per quello che riguarda il comportamento verso il prossimo, forse mi sbaglio, ma mi sa tanto che si applichi, ribaltandolo, il medesimo trattamento che riserviamo a noi stessi, applichiamo cioè la nostra consapevolezza. A fare infine la differenza, in connessione alla conoscenza e all'azione verso il prossimo, sarebbe solo l'ignoranza implicita, ma sistematicamente ignorata, della nostra conoscenza dell'altro (amico o nemico). Il famoso "So di non sapere" resta così spesso confinato nel mondo della propaganda più becera.
La scienza dovrebbe quindi ben tenere conto di questo carattere umano che esprime questa bipolarità con cui la vita umana reagisce durante il corso della vita dinnanzi al dolore e alla morte. Invece no, pretende quasi di negarne una. "Noi siamo i giusti", dicono
Saluti

Una correzione anche se forse si capiva ugualmente nonostante l'errore. Il soggetto dell'ultimo paragrafo non è la scienza, bensì l'etica umana

green demetr

Citazione di: iano il 27 Settembre 2025, 17:31:42 PMSe però la scienza invece non afferma di poter dire il vero
Si va bene abbiamo fatto il compitino, la scienza non dice il vero (lo so benissimo, non scambiarmi per uno a digiunto di filosofia) , però quando si auto-premia con i nobel e si impone con la forza sulla libera scelta degli individui, là il concetto di verità non è chiamato in causa nevvero?
Iano ma non sei stufo di farti prendere in giro da questi criminali?
Diamoci un taglio come loro scienziati danno un taglio a noi, perchè vedi quelli si arrogano di essere i migliori, ma stanno sempre a parlare male della filosofia, dimostrando loro malgrado non solo la loro volontà di distruzione dell'altro, ma anche proprio di non capire niete della filosofia, sopratutto di quella che ragionava CON Dio. Lascia perdere le vecchiette con i loro rosari etc...C'è un abisso di incomprensione tra filosofia e scienza, l'ho sempre saputo dal giorno 1, quando non sapevo un cazzo.
Chiamalo se vuoi pre-giudizio, io la chiamo rimembranza platonica.
E infatti (vivendo e studiando si capisce che) la scienza si arroga il DIRITTO (addirittura) della verità.
Sono dei pazzi. Questa è la mia conclusione definitiva.
Ridiamo spazio e sopratutto parola ai filosofi, futuri ovviamente, perchè quelli di oggi sono collaborazionisti e incapaci.
Ripartiamo a parlare del canone, magari tralasciando tutti quei filosofi che non parlano di morale, ossia tutti quelli della modernità, l'ultimo "buono" è stato Kant....duecento anni di cagate dopo...lo so sono troppo diretto. Ma è il frutto di letture scomposte, agitate e tanto, ma proprio tanto vissuto, dal basso, dalle periferie.
Melancholia

green demetr

#94
Citazione di: Koba il 28 Settembre 2025, 17:34:08 PMCiao green.
Non sono sicuro di aver capito quello che intendi dire. Come si può criticare e dissolvere la metafisica e la religione senza intaccare l'insieme di quei valori etici che derivano da esse?
Subito dopo Umano troppo umano, in Aurora e poi in Gaia scienza, Nietzsche mi sembra faccia i conti con la conoscenza. Conoscenza che è appunto smascheramento delle menzogne religiose e metafisiche, ma anche conoscenza in quanto passione (che lui conosceva bene).
Un'opera aforistica, come fa notare Montinari in "Che cosa ha detto Nietzsche", è sempre un'opera aperta.
Io ho l'impressione, mentre leggo questi testi, di rimbalzare dall'uno all'altro affrontando gli stessi nuclei tematici da visuali però differenti.
Lo spirito libero di Umano troppo umano diventa così l'uomo della conoscenza di Aurora e Gaia scienza. Il quale poi con l'idea dell'eterno ritorno è chiamato a fare un salto di qualità, diciamo così, ad andare oltre se stesso, ad essere "superuomo".
Affrontare seriamente Nietzche è un problema. Se tu rimbalzi da un testo all'altro, io rimbalzo da una aforisma all'altro, ma dentro la stessa opera.
Il motivo del mio rimbalzo è però stato fino ad oggi dovuto alla mia disperata ricerca di un interlocutore, se non proprio di un maestro (e va bene quella è la mia posizione paranoica).
Leggere un testo di filosofia come Montinari, che avrei dovuto leggere in un giorno, mi ha portato via due mesi, che per chi cerca di essere di nuovo centrato sulla conoscenza come ben dici tu, è in realtà un grande risultato, perchè finalmente qualcosa che si è smosso nel 2020 sta oggi cominciando a prendere forma, a prendere coscienza di sè.
Questa premessa è necessaria per spiegare che molte cose non sono chiare nemmeno a me.
Putroppo a me è stato insegnato che Nietzche non ha delle fasi, ma si legge come un tutt'uno.
Ma tutti dicono che esistono Nietzche diversi; da qui il purtroppo precedente, perchè nella mia ricerca di un interlocutore o di un maestro, questo diventa un grosso problema di interpretazione e quindi di vicinanza filosofica.
Il Montinari mi sembra una persona umile, e io ho un gran bisogno di persone umili, perchè sennò parto per la tangente.
Pensavo che si trattasse di un testo ermeneutico ed ero curioso (di nuovo curioso finalmente). Si è rivelato essere invece uno strumento di compendio del lavoro di Nietzche, cosa di cui avevo un immenso bisogno.
La sua precisione filologica fa la differenza rispetto alle mille ermeneutiche sulle quali io non mi ritrovo mai, ma proprio mai.
E' un peccato che Nietzche non abbia potuto iniziare il suo progetto vero, la sua vera filosofia costruens.
Ma è evidente che dopo fasi mediane come la gaia scienza, avesse il bisogno di unire quella fantasia con la vita reale di tutti i giorni.

Andiamo a quello che avevo scritto a Settembre, c'è un errore grave, perchè ho scritto una cosa pensandone un altra.
" Naturalmente sono ben conscio che quando lui attacca la verità, in realtà sta attaccando la menzogna."
volevo invece dire che Nietzche attacca il concetto di verità (dall'antichità fino a Kant) per sostituirlo con una meditazione sulla menzogna.
Ora per brevità vado con l'accetta: la menzogna è un problema morale (per il canone occidentale), ma per Nietzche è un problema gnoseologico.
Come sai io sono d'accordo con Nietzche: la morale è semplicemente il sostituto della menzogna.
Il canone occidentale mente.
L'ho sempre pensato fino a quando il prof mi ha fatto conoscere Horkheimer, e poi Adorno.
C'è una distinzione tra una ragione strumentale ed una morale.
Nietzche ha toppato di brutto.
Ma ad un attento per quanto veloce ritornare sui propri passi: lo ha fatto, e lo ha fatto davvero, Nietzche ha utilizzato la ragione come strumento per spiegare la menzogna.
Ma nello stesso tempo così facendo ha inaugurato suo malgrado la modernità spinta che lui stesso presentiva.
Comincio a pensare che la presentiva non per profezia, ma per errore personale. Il nichilismo, o meglio il suo pensiero, non era la causa del malessere odierno occidentale, ma ne è il suo sintomo, suo di Nietzche.
Ecco che all'improvviso comincio meglio a capire come mai la genealogia della morale sia il libro di un relativista come Sini.
Alla cupa disperazione di quel libro, Nietzche risponde con la Gaia scienza.
Ma non siamo più nei territori sani di umano troppo umano.
Siamo sconfinati in quello che lacan e soci (che oggi so essere convinti relativisti) chiamano fantasmatica. Ossia la tecnica del fantasma di seduzione, chiamato ad hoc, di padronanza. Seduzione da cosa, si dirà?
E' questo il problema massimo: temo abbia ragione la scuola di francoforte, seduzione nel relativismo.
Nietzche poteva ancora scrivere la prima parte della volontà di potenza (ossia Anticristo e Crepuscolo degli Dei), ma la seconda non poteva.
Secondo Montinari l'unico momento in chiave costruens, ossia la seconda parte della volontà di potenza, lo possiamo trovare in quello che doveva essere la prefazione alla seconda parte, e che poi però è diventato il famoso Ecce Home.
Ossia l'analisi. L'autonalisi è il lascito di Nietzche, lo è in maniera lampante.
Un filosofo relativista come Derrida non gli poteva sembrare vero di poter applicare questa cosa a Freud, utilizzare Nietzche stesso per far fuori Freud. E' il sogno bagnato della modernità relativista.
Freud-Scuola di Francoforte-Nietzche.
Non si può mettere Nietzche dopo per ovvie ragioni, ma con uno sforzo ermeneutico io credo possa essere plausibile, costuire questa filosofia del futuro, aggiornata.

Questa doppia premessa dunque potrà meglio illustrare di come la Gaia scienza, nei pezzi che tu utilmente citi, sia sempre in quella scia di rendere la scienza qualcosa di relativo.
Per me è ovvio, ma come battere la scienza prescrittiva, la scienza al servizio del capitale, e sopratutto a tutti i fantasmi di cui essa è popolata? E di cui per assurdo Nietzche stesso ci ha fornito tutti gli strumenti per uscirne?
Noi siamo liberi di conoscere, e nessuna conoscenza pregressa deve fermarci nel farlo, dice il Nostro. Peccato che non sia questione di scienza, e conoscenza quindi, per tornare a bomba, ma di medianità.
Esistone esseri mediani, non si tratta di fantasie.
Noi li chiamiamo fantasmi ma essi sono reali, come insegna la psicosomatizzazione, già all'inizio delle indagini, ancora sperimentali, ancora ospedaliere della psicanalisi freudiana: i fantasmi esistono e fanno paura.
Molta paura.
Noi non siamo più in grado di avere paura, passiamo direttamente al trauma. In noi non si attiva nulla di quella gaia scienza di cui avremmo disperatamente bisogno.
Una gaia scienza contro i fantasmi reale, non quelli fantastici di Nietzche. La guerra di Nietzche la sento anche come la "mia guerra", perchè io sto sempre con lui.
O meglio per far capire Nietzche: quanti fantasmi reali Nietzche è riuscito già da solo a far emergere da dentro la modernità, quanti ne ha profetizzati imminenti all'interno della modernità?
Sta lì la grandezza del filosofo.
E allora quale è il problema?
Esso risiede nel fatto che il suo impianto metodologico è invece fallito.
Se chiediamo oggi a Nietzche di illuminarci sulla gnoseologia, ne ricaviamo poco, o addirittura siamo tentati di cestinarlo, come già molti, troppi hanno fatto.
Certo se limitiamo il consesso filosofico ad una questione meramente conoscitiva, probabilmente a ragione lo cestineremmo.
Ma è davvero la questione conoscitiva la meta della filosofia? è davvero il metodo la meta della filosofia (come bestialmente si insegna nei licei)?
O forse questo mero compito epistemologico non è passibile di strumentalizzazione?
Nietzche lavora da dentro la modernità, ma il nostro compito è di uscire da essa.
Le questioni sono tante, vanno tutte presentate passo dopo passo, lettura dopo lettura. Mi spiace per la sommarietà del testo. Ma i tempi moderni pretendono delle risposte anche raffozzante subito, è questo il mio pensiero.
Buono studio a tutti, ma sopratutto a me stesso.
Melancholia

green demetr

Citazione di: Koba il 07 Ottobre 2025, 18:46:29 PMOra, quando tu hai descritto la scena dello scienziato da laboratorio che finché rimane con il camice addosso può anche alimentarsi solo di conoscenze, ma quando poi appende il camice sente il bisogno di altro ed è mosso da sogni, speranze ecc., ecco è proprio questo il punto: questo è il finale da cambiare.
Immaginiamo quel sapere rigoroso, comprensivo di tutte le discipline (dalla matematica alla psicoanalisi), che sia nello stesso tempo però realmente incarnato, reso istintivo tanto da non permettere più la dismissione del camice (nel caso lo si usasse).
In questo modo alla domanda se la conoscenza sia in grado di fornire obiettivi all'azione non è così ovvio rispondere di no.
Che manchi appunto la determinazione a incarnare fino in fondo ciò che si arriva a conoscere? Questo è un salto che noi diamo per scontato che non avverrà mai (nella lezioncina a cui mi riferivo) perché appunto la conoscenza nel suo aspetto negativo di critica non ha ancora acquisito lo stesso radicamento della forza quasi istintiva di un'ideologia o di una religione.
Hai colto perfettamente il senso di Nietzche.
E hai colto perfettamente anche come la religione o la filosofia siano neccessariamente legate all'incarnazione di ciò che NON APPARE.
Ma per modo di dire non appare!
Le nostre vite infatti non sono apparenze, ma vissuti.
Come trovare un vissuto che sia anche razionalmente sostenibile in termini scientifici. Lo avevano già detto gli antichi: l'etica.


Andiamo ad alcuni sottotesti, e rivoli indegni.

Ora credo che Phil itenda dire che la scienza a cui si riferisce Nietzche è quella meccanicista (ammesso e non concesso, per me non è cosi), che l'eterno ritorno, sia un tentativo di comprendere come unire le due scienze quella gaia e quella meccanicista; e quindi visto che non lo penso dell'eterno ritorno, lo penso però proprio della presunta rigorosità della scienza in sè.
In questo senso per quanto ho compreso (sempre in fastidiosi compendi in rete), oggi la scienza dura, è quella della complessità, che di duro appunto non ha alcunchè (ad oggi direbbero gli esperti).
Nietzche non poteva saperlo, dunque se la domanda è possiamo cercare il modo in cui Nietzche cercava di compendiare, unire, la scienza meccanicista con la gaia scienza? La risposta è certamente si.
Ma a mio avviso di meccanicismo a parte qualche aforisma qua e là, che naturalmetne testimonia di questo sforzo, penso ai suoi progetti di biologia integrata, si risolve invece al 99% in gaia scienza e basta.
La domanda antipatica di Phil è se questa domanda è oggi attuale.
A mio modo di vedere no, non esiste alcuna biologia integrata, se non nelle fantasie di qualche decina di migliaia, di biologi molecolari o giù di lì, visto che non so nemmeno in cosa stiano perdendo tempo a fare che (oltre che arricchire la BIG PHARMA, e quindi loro stessi, ovvio, sulla pelle delle cavie umane, dei lavoratori in miniera etc..etc...etc...).
Forse una domanda sarebbe se i sostenitori della complessità possano dirci qualcosa su questa gaia scienza.
Ma si certo, basta vedere i risultati psichiatrici sull'effetto delle meditazione sul reale.
Va bene, ma qui mi pare in discussione la bussola nel mondo.
Per me Nietzche cerca il metodo, ma nel farlo, si imbatte nei fantasmi.
Come dire Nietzche va oltre se stesso, oltre le sue intenzioni.
In maniera completamente avulsa Freud ne riprende le fila.
Fino ad arrivare ad Adorno, che ne decreta la fine.
Siamo dentro a questa fine, se vogliamo parlare di attualità.
Mi appare ovvio che persino l'ultimo dei meccanicisti naturalisti, Comte, abbia da dirci molto ma molto di più in termini morali e di bussola razionale di quanto i vagiti di noi post-moderni (ovvero uccisi dalla modernità) siamo anche solo in grado di emettere.
Siamo messi male.
Vediamo di rialzarci.
Ciao!
Melancholia

green demetr

Citazione di: Phil il 07 Ottobre 2025, 21:50:32 PMSuppongo (ma potrei sbagliarmi) nessuna; perché se ci fosse una direttiva etica oggettiva e scientifica (soft) tale, l'etica diverrebbe una scienza dura, ma, come dimostrano più di duemila anni di pensiero umani, non lo è
Purtroppo questo caveat lo hanno insegnato anche a me, è tempo di svecchiare gli scaffali della libreria di casa, e tornare a leggere veramente il canone occidentale, che è tutto ciò che viene prima della modernità.
Guarda basta leggiucchiare qualcosa, sentire qualcuno che ne parla degli antichi: il canone occidentale è esattamente la formazione di una etica oggettiva.
Forse chi mente non è l'antichità, ma è la modernità.
E così forse Socrate non è un sofista, ma è la modernità a essere tale, e a voler immagianre un Socrate sofista.
In questo senso Nietzche è rimastro dentro la modernità.
E mi ha tenuto prigioniero insieme a lui.
Caro Phil noi dobbiamo uscire dalla modernità non rimanerci dentro.
La metafisica è stata buttata fuori dalla modernità, ma questa è una di quelle menzogne metafisiche di cui Nietzche avrebbe dovuto accorgersi, non lo ha fatto, c'è arrivato da solo da altre vie.
Una volta buttato di fuori il racconto della metafisica, rimane una metafisica REALE, di cui appunto l'occidente ha parlato sino all'altro ieri.
Semplicemente ci hanno fatto il lavaggio del cervello.
Naturalmente tu dirai il contrario, ossia che sono io che ho subito il lavaggio del cervello....seeee come no!
Io non conosco la tua vita,ma sono sicuro che una bussola farebbe bene a tutti. E le bussole puntano cose reali, della vita, altro che le sciocchezze della psicopompa scienza.
Si a proposito, dimentico che se dico "ci hanno", la propaganda dice chi? alludendo a che sto parlando di marziani.
No povere anime perdute, sto parlando dell'industria culturale di cui voi feccia siete parte. E tranquilli non c'è alcun marziano.
Che tempi!
Melancholia

green demetr

Citazione di: daniele22 il 10 Ottobre 2025, 09:33:08 AM
La scienza dovrebbe quindi ben tenere conto di questo carattere umano che esprime questa bipolarità con cui la vita umana reagisce durante il corso della vita dinnanzi al dolore e alla morte. Invece no, pretende quasi di negarne una. "Noi siamo i giusti", dicono
Saluti
E questa scienza che si interroga sul vissuto è la gaia scienza infatti.
Naturalmente questo vuol dire agire secondo convenienza?
E bravo! e chi te l'ha data quella evenienza con cui convivi e che sfrutti?
Quale è l'etica?
E' una etica del diritto personale o invece una ignobile conseguenza della società che produce individui zombificati?
Ma i bipolarismi sono molti, e Nietzche qualcuno, giusto qualcuno lo ha estrapolato per noi.
Poi Platone in realtà l'origine ce la ha detta in tutte le salse: Il tiranno e i suoi leccapiedi sofisti.
Ma si sa Platone era fascista no? Il delirio gente, il delirio.
Come dice Phil 2000 anni di storia per dire che la morale non esiste giusto? Giusto no? Ma li vogliamo aprire i libri o no? oddio muoio! ah ah ah ah (bè dico phil ma pure io avevo capito cosi...la lunga mano del sofismo...il nemico pubblico numero 1 del vivere sociale di diritto (naturale), la nemesi della filosofia.
Melancholia

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