Alla ricerca della gaia scienza

Aperto da Koba, 16 Settembre 2025, 11:26:49 AM

Discussione precedente - Discussione successiva

Lou

#105
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2025, 15:16:06 PMMa perchè fare quel caso? Stavo rileggendo i miei post precedenti  :D E' si è proprio il caso che cominci a rileggerli e a scriverli meglio. Diciamo che sono gli ultimi sprazzi di quando potevo sfogarmi....peccato! ci sono un sacco di spunti che io stesso dimentico.
Eh si è ora di fare ordine. ::) :D 8)
Per soffermarsi un po' sulla superficie. Un capriccio o un'occorrenza, da come ne parla Nietzsche e dire anche a proposito dell'atto estetico che mi "pareva" fosse stato liquidato, il (quasi) tutto, troppo alla svelta.

Le pagine scritte sono molte e mi riprometto di rileggerle tutte, ma su una cosa nell'incipit di apertura al topic che ho quotato, una cosa trovo che sia, per me, urgente sottolineare.

Esprimo il mio punto di vista, in breve.

A mia avviso la gaia scienza tratteggiata da Nietzsche è dirompentemente un originario atto estetico e vitale, necessario prima che alla scienza, alla vita di per sè stessa. E i greci a cui si riferisce? Cos'è l'opera di razionalizzazione del fenomenico da loro operata se un tentativo di plasmare e ordinare, per rendere sopportabile l'esistenza? Cosa potrebbe essere  più profondo di innervare una superficie inesauribile, il fenomenico, di ragione, se non per renderlo comprensibile, sublimando l'urlo sordo che sta al rovescio e che sale da sotto? Non è la loro profondità?

La profondità del "gaio scienziato" è scandalosamente orizzontale ed eminentemente estetica, una forma d'arte, a suo modo.
Un atto creativo, che dona bellezza e ordine, che mira a su(b)limare l'abisso, che a volte emerge, in superficie.

Come magari un laspus, per i freudiani.;)
"La verità è brutta. Noi abbiamo l'arte per non perire a causa della verità." F. Nietzsche

iano

#106
Citazione di: green demetr il 18 Novembre 2025, 15:24:43 PMConfondi la realtà con l'interpretazione della stessa.
La realtà è sempre dovuta a delle cause.
L'unica cosa che cambia rispetto al passato è che ora sappiamo queste cause possano essere di origine probabilistica e non deterministica.
Mentre l'interpretazione si riferisce al fenomeno (ciò che appare).
Sono due concetti separati e studiati da due (o più) branche diverse nella filosofia.
Dipende quale vuoi percorrere, se non lo enunci in apertura è difficile seguirti.
La confusione fra realtà e sua interpretazione avviene quando non hai coscienza che si tratti di una interpretazione, e questo avviene a livello della percezione dei sensi.
Quando ne hai coscienza, come nel caso della scienza, la confusione non c'è.
La realtà non è dovuta a delle cause, ma semmai è sede di cause.
Non puoi essere così approssimativo.
Questi sono errori dovuti alla fretta.
Non devi rispondere a tutti, specie se hai poco tempo, così avrai più tempo per riflettere prima di scrivere.

Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

green demetr

#107
Citazione di: iano il 18 Novembre 2025, 20:12:38 PMNon devi rispondere a tutti, specie se hai poco tempo, così avrai più tempo per riflettere prima di scrivere.
Stavo leggendo il forum inglese, di questi interventi ne è pieno.
Continuo a rimanere convinto che sono una perdita di tempo, perciò la riflessione che gli è dedicata sarà sempre poca.
Da quel che sto capendo si tratta di recuperare qualcosa di interessante forse nella posizione ontologica di potenza e atto, o di sostanza e forma rispettivamente, se ci riferiamo direttamente ad Aristotele.
Quello che mi è chiaro è che la posizione ontologica della sostenza o potenza è in questo tempo storico sotto processo: esiste o meno questa posizione ontologica? Se esiste è però quantomeno ofuscata, e allora la domanda che si fanno questi perdi tempo è se ha anora senso parlare di ontologia.
Ci sta, la filosofia è anche questo mettere in questione le cose che paiono ovvie.
Ma in un tempo di fine dell'Occidente questa miopia mentale ha davvero luogo di esserci? O non è forse un errore morale?
Nietzche di questo parla, ma capisco che l'intellettualità prigioniera della sua paura, della sua corruzione e in fin dei conti della sua incapacità di pensare ancora, si perda in un tazzino da tè.
Come diceva uno dei forumisti inglesi: a che scopo è quello di indagare se abbiamo agito o meno, quando lo abbiamo appena fatto?
Mi è piaciuto la gabbia di ferro in cui ha chiuso questo tipi di pensieri: pirronismo cartesiano.
E' interessante, non c'è dubbio mi ci sono appassionato, ma è la dimensione del domandare che sembra sconosciuta ai cartesiani.
Nietzche non fa niente di tutto ciò, Hegel pure, anche se nominare Hegel insieme a Nietzche è far un torto a Nietzche.
D'altronde quale sarebbe la posizione ontologica di Nietzche?
Quella dell'eterno ritorno?
O forse mentra nega la morale, semplicemente sta pavimentando l'arrivo di una nuova morale.
Una morale libera sessualmente, dove con sessualmente si intende tutt'altro da quanto noi indichiamo con questa parola.
Ma d'altronde se era inattuale ai suoi tempi, figuriamoci oggi dove ormai la gente gira con paraocchi da cavallo.
Mi fa ridere che Nietzche sia perennemente nella classifica dei libri più venduti, e poi nessuno ne capisca anche solo qualcosa di parziale.
Il punto è che Nietzche non va letto parzialmente, tanto vale ribadirlo per l'ennesima volta.
La mia lettura di Montinari me l'ha confermato, caso mai ce ne fosse stato bisogno, ma sapere che è così anche a livello filologico, è togliersi un problema in più, a cui poi giustamente in una discussione bisogna poi dare spiegazione.
Naturalmente l'impianto di lettura di Nietzche fa ancora oggi prendere posizioni su altre posizioni (mai quelle dell'autore devo sempre notare) tipo quella heidegeriana.
Poichè in Heidegger la questione dell'essente è centrale, da bravo aristotelico quale era, ecco che allora Nietzche doveva difendersi dall'accusa di metafisica.
Francamente questa posizione scientifica di Nietzche non esiste.
Non esiste un ente necessitato dall'eterno ritorno di se stesso.
Non esiste cerchio metafisico.
Su questo forum mi sono sempre dato come obiettivo quello di pensare ad una metafisica 2.0.
Probabilmente era anche l'intento di Nietzche visto che si parla di gaiezza si, ma sopratutto di scienza.
Il punto per aprire delle discussioni tra la visione scientifica nicciana e quella aristotelica, è quella di mettere in magazzino una volta per sempre che per Nietzche l'oggetto è un connotato, uso qui l'espressione usata da Peirce, e con cui il filosofo Sini ha costruito uno dei filoni di ricerca della sua scuola.
Ossia l'oggetto non ha valore scientifico in quanto denotazione, descrizione possiamo dire pure forma o atto, ma come qualificazione di una catena causale (ordinata inferenzialmente per Peirce e caotica per Nietzche) di tipo storico.
L'ente nicciano è un ente storico.
La critica di Heidegger si basa sostanzialmente su questo.
Infatti per Heidegger l'oggetto non è storico ma temporale.
In questo senso si richiamano le linee di interpretazione della mediazione, argomento centrale nella formulazione della distinzione tra potenza e atto (come diciamo noi oggi) di aristotele e di tutte le branche della filosofia a cui gran parte del nostro forum e quello inglese discutono sopra.
Il punto si sposta dunque non all'atto e alla forma, bensì alla potenza e alla sostanza.
Gli esperimenti classici della scienza mostrano sostanzialmente come noi siamo un cevello in una vasca.
E' facile capire così che la filosofia contemporanea sta cercando delle nuove categorie di sistemazione filosofico-scientifica di queste potenze del cervello.
Queste categorie sono state rifiutate da Heidegger con la famosa frase: la scienza non pensa.
Nietzche viene così assorbito a quelle categorie (criticate) di Heideggeriana memoria.
Tempo e spazio sono pre-categorici?
La catene causali esistono, sono illusioni o sono proprietà?
In questo caso Iano tu stai dicendo che esistono in potenza (tra l'altro sono d'accordo se però poi ammetti che lo sono anche in atto).
Ma Nietzche non ha mai interrogato in questa maniera, la sua scienza è qualcosa di assolutamente storico.
La temporalità che Heidegger gli assegna è completamente assente in Nietzche.
Questo ponte tra filosofia diverse non è un ponte, è un precipizio, uno dei tanti in cui si incorre a seguire Nietzche genuinamente.
Non mi puoi parlare di cause in potenza, quando Nietzche le sta indagando in atto, e in atto storico, non in atto temporale.
Non capisco come sia possibile questa dilettantismo tra filosofi professionisti. (non mi sto riferendo a te Iano, ma proprio ai filosofi che vengono regolarmente pubblicati secondo tutti i crismi della ricerca scientifica).
Non posso che pensare a una corruzione interiore in stato avanzato.
Parlare di uno pseudo-nietzche solo per mettere Nietzche nel proprio ragionamento, cose se facesse cool, io non ci sto.
Non si tratta quindi semplicemente di pensarci poco, è proprio qualcosa di più profondo di così.
Pietra di Palantir

iano

#108
Citazione di: green demetr il 02 Dicembre 2025, 16:23:42 PMLa catene causali esistono, sono illusioni o sono proprietà?
In questo caso Iano tu stai dicendo che esistono in potenza (tra l'altro sono d'accordo se però poi ammetti che lo sono anche in atto).

Non credo di aver detto questo, e non è comunque ciò che penso.
Il punto è che, dal punto di vista ontologico mi pare si affermi che una cosa per essere relazionata deve prima necessariamente esistere, ma da questa esistenza non derivano poi le sue relazioni come necessarie.
Perchè allora quelle relazioni e non altre?
Non sarebbe più semplice considerare le cose con le loro relazioni come un entità unica?
La realtà non è certo qualcosa che affettiamo creando oggetti in tal modo. Però se assumiamo ciò come come esempio spiega bene cosa voglio dire.
Se la realtà è un rettangolo, e tu lo dividi in due tirando la diagonale, allora fra i lati del rettangolo e la diagonale vale una relazione, il teorema di Pitagora.
Però, se non tiri la diagonale il teorema di Pitagora ''non vale''.
Cioè nella ''realtà rettangolo'' non c'è nessun triangolo e nessun teorema di Pitagora.
Però puoi descrivere la realtà, ciò che sta per tracciare la diagonale, come fatta di triangoli per i quali vale la relazione pitagorica.
Il triangolo non è condizione necessaria per la relazione pitagorica.
Dire triangolo e dire relazione pitagorica, sono cose che vengono insieme.
Anche se tu puoi ricavare la relazione solo dopo aver tracciato la diagonale, descrivendo la realtà come fatta da due triangoli,  la relazione fra i lati dei triangoli non viene dopo, perchè era già insita nei triangoli.

Dal fatto che tu prima percepisca l'essere e dopo ricavi, senza percepirle, le sue relazioni, deriva l'illusione ontologica.
L'ontologia risente, non voglio dire dei limiti, ma della natura  della nostra percezione.

Lo stesso uomo non può bagnarsi due volte nello stesso fiume.

Discussioni simili (5)