E' possibile affermare, secondo voi, che Cartesio abbia dimostrata l'esistenza dell'anima? A me sembra che le sue riflessioni siano un buon argomento per affermare l'esistenza della coscienza spirituale o anima se si vuol dare una sfumatura religiosa. Infatti Cartesio afferma che il dubbio metodico può in teoria essere esteso a tutto, anche alle evidenze apparentemente più ovvie e spontanee: si può dubitare delle certezze matematiche e di qualsiasi ente percepito con i sensi e perfino si può dubitare di avere un corpo, ma non si può mettere in questione il fatto stesso di dubitare, e quindi di esistere come sostanza pensante. Il pensiero, e anche i vissuti emotivi come modi della res cogitans, indipendentemente dal fatto di avere un corpo, è ciò che qualifica l'ESSENZA dell'individuo.
Di conseguenza ne vien fuori addirittura che il nucleo fondamentale dell'individuo non sia materiale, perché come detto prima del corpo si può dubitare, ma è spirituale, poiché noi abbiamo evidenza di un qualcosa che è puro pensiero, indipendente dall'esistenza stessa della materia.
Secondo voi si tratta di una valida dimostrazione dell'anima oppure è soltanto un argomento illusorio?
Salve socrate78. Secondo me quella di Cartesio è sicuramente la dimostrazione dell'esistenza dell'anima.
Basta mettersi d'accordo sulla definizione e realtà di ciò di cui Cartesio parlò senza riuscire a darne una definizione chiara.
Secondo me per "anima" deve intendersi "la forma, cioè la struttura immateriale dell'insieme dei contenuti della nostra scatola cranica". Sei d'accordo ?. Saluti.
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.
@Ipazia: Però il fatto che l'anima/cogito sia influenzata dal corpo non dimostra di per sé che il corpo sia l'unica realtà e che il pensiero sia solo un'espressione del corpo senza avere una sua propria realtà distinta da esso. Al massimo dimostra che, nella dimensione in cui esistiamo, il cogito ha bisogno del corpo (in questo caso il cervello) come mezzo per esprimersi e se il corpo è rotto allora non può esprimersi nonostante abbia comunque grandi potenzialità. Allo stesso modo si potrebbe dire che io posso essere anche un ottimo pianista, al livello di Mozart, ma se il pianoforte è distrutto allora la mia musica sarà impedita, non riuscirò a produrla.
L'anima sarebbe il pianista e il pianoforte è il cervello. Allo stesso modo, ammettendo che il nostro pensiero sia influenzato da agenti chimici (neurotrasmettitori), non è chiaro comunque il rapporto vero esistente tra l'anima e il corpo: si PRESUME che pensieri e sentimenti derivino da impulsi elettrici e chimici, ma magari è proprio l'anima immateriale a fornire l'impulso affinché tali fenomeni corporei si verifichino. O non ti sembra che calzi come ragionamento? Anche se suppongo che tu sia fortemente orientata verso una concezione materialistica per cui l'uomo E' il suo corpo.
Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".
La differenza tra il binomio pianista-piano e psiche-soma è che il pianista può cambiare piano ma la psiche non può cambiare soma. L'unità psicosomatica è separabile dal punto di vista funzionale, ma non nella sua "essenza" fisiologica che rimane indissociabile. Il pensiero/cogito è una funzionalità psichica all'interno di una unità individuale indissolubile. Almeno per ora. In attesa che le "diavolerie" tecnoscientifiche modifichino - il che è teoricamente possibile - anche questo dato-di-fatto, traghettando l'"anima" da un contenitore all'altro. Neppure integralmente biologico o umano.
Senza entrare tanto nel dettaglio, io credo che il pensiero (ma anche l'emozione) si esprima nel tempo, abbia bisogno del tempo, quindi di un passato, di un futuro e di un ineffabile presente,come risorsa, dalla cui disponibilità la possibilità del pensiero dipende, e come forma contenitrice del pensiero stesso, niente tempo niente pensiero, quindi il pensiero non è una realtà inestesa e intemporale, ma inestesa e temporale.
Quindi, se delle cose materiali si predica sia l'estensione che la durata, del pensiero si predica solo la durata, dunque in un certo senso del pensiero si predica qualcosa che si predica anche dell'estensione, quindi la cesura netta tra pensiero ed estensione non esiste, e anzi il pensiero per me è una riduzione monodimensionale dell'estensione, l'estensione ha l'estensione stessa, ha se stessa, come attributo dimensionale della sua esistenza ulteriore all'attributo del tempo, che condivide col pensiero, mentre il pensiero è la realtà del solo-temporale, della pura durata, quindi un qualcosa di estratto per riduzione dimensionale e direzionale dall'estensione, come estrarre un piano da uno spazio tridimensionale, o come passare dal un mondo in cui ci si può muovere in più direzioni (la multidirezionalità dello spazio, e la reversibilità in linea di principio di tutto ciò che in esso avviene) a uno in cui si va in una direzione sola, lo scorrere del tempo, appunto.
Quindi, se in quanto esseri spirituali se vi credete superiori al vostro corpo perché esistete anche nel vostro pensiero, sappiate solo che secondo me il pensiero è come un disegno estratto facendo passare un piano bidimensionale attraverso la statua tridimensionale del vostro corpo, un qualcosa che pertiene esclusivamente e totalmente al vostro corpo nella sua natura (essendone effetto), e per giunta considerato a un livello di esistenza con una dimensione di meno.
Tradotto da Gaber: "se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione". Le tre dimensioni non perdonano, ma neppure la quarta. Basta vedere come i nostri politicanti hanno seguito per mesi l'idea dei banchi a rotelle mentre lo spaziotempo virale intenzionava bulimicamente i mezzi di trasporto degli studenti.
Citazione di: Alexander il 03 Dicembre 2020, 21:29:20 PM
Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".
Salve Alessandro. Secondo me sia Ipazia che niko dicono molto bene. Se l'anima-coscienza è disgiungibile dal corpo, nulla vieta che essa risulti separabile da esso corpo per venir trapiantata in un altro corpo.Magari il trapianto potrebbe avvenire aggiungendo l'anima trapiantanda all'anima che già insiste e resta ospitata nel nuovo corpo di destinazione. Quindi invece del classico e romanticissimo "due corpi e un'anima".....potremmo avere "due anime e un corpo".......no ?.
Non si capisce come, a fronte dei prodigiosi misteri contenuti nella sfera dello spiritualismo, un banale, meccanico, chirurgico intervento del tipo di quello da me descritto non debba venir ritenuto futuribilmente possibile.
Inoltre, utilizzando maliziosamente questo sistema, qualcuno potrebbe pure trovare il modo non solo di vivere corporalmente per l'eternità
(tanto l'ingrediente fondamentale è l'anima-coscienza-guidatore dell'auto, e non il corpo-autovettura, i quali ultimi possono venir sostituiti periodicamente !)................dicevo corporalmente per l'eternità, ma pure di poter vivere spiritualmente per l'eternità su questa terra senza mai doverla abbandonare, limitandosi appunto a saltellare ogni tanto dalla logora carcassa di un corpo-autovettura ad un'altro - possibilmente di ultimo modello (almeno finchè Dio non ti ritiri la patente !). Saluti.
Penso che la dimostri, ma non necessariamente nel senso in cui Cartesio la intendeva, come sostanza cogitante separata dalla sostanza estesa corporea, necessitante di un ponte di collegamento come la ghiandola pineale per interagire con esso, ma per il fatto che, stante l'indubitabilità del Cogito come residuo della fallibilità della realtà degli oggetti esterni al pensiero, si riconosce come essenza (elemento necessario per cui una certa cosa è quella cosa e non un'altra) un nucleo spirituale, che determina il pensiero, attributo essenziale dell'uomo che resta tale al di là della possibilità di dubitare e di errare. Ma vedere il cogito come essenza fa sì che l'anima di cui si parla andrebbe più propriamente vista nell'accezione aristotelica che cartesiana, anima dell'uomo come sua essenza, anima razionale che costituisce il quid dell'uomo, ma non sostanza a se stante, ma fattore ontologico che assieme a quello materiale costituisce l'individualità psicofisica, il "sinolo".
Questo modello di rapporto tra anima e corpo rende ragione, per un verso della necessità del supporto materiale perché si dia vita, cioè l'anima esprima le sue facoltà, per l'altro dell'insufficienza di tale supporto che, privato di una forma, resterebbe pura materia, pura estensione indifferenziata senza una propria qualità che lo renda a tutti gli effetti "organismo", organizzazione atta ad attribuirle determinate facoltà. Concordo con le osservazioni di Socrate 78 e Alexander circa la non deducibilità dal fatto del corpo condizione necessaria dell'attività del pensiero (anima razionale) a quella di una presunta sufficienza del corpo a render ragione dell'anima. Se da un lato è ovvio che, intendendo l'anima come "forma corporis", l'anima non potrebbe esistere senza una materia di cui esser la forma (non solo geometrica, ma vivente, principio che forma dall'interno organizzando olisticamente le singole componenti in un organismo), dall'altro, la forma rende ragione di una vita che la pura materia non potrebbe mai determinare. L'insufficienza della materia riguardo la vita, cioè l'anima è verificabile sia da un punto di vista puramente logico (se la materia pura, senza forma, fosse sufficiente a spiegare la vita il concetto di "materia inerte" sarebbe un ossimoro, una definizione autocontraddittoria: dove c'è materia ci sarebbe sempre vita. Dato che così non è, allora l'essere dotata di vita di una realtà materiale necessita di introdurre un nuovo principio, la causa formale, accanto a quella materiale), che anche da uno empirico: se bastasse il corpo, inteso come pura massa materiale, a determinare la vita, al momento della morte, con lo spegnimento del pensiero dovrebbe scomparire anche il corpo: via la causa, via l'effetto. Invece, anche senza vita il corpo continua a esistere come cadavere. Abbiamo dunque due modelli di corporeità, uno vivente, uno inerte, entrambi esistenti, entrambi costituiti da materia, la differenza tra i due necessita di ricondursi a un principio spirituale, presente in uno, assente in un altro. E la stessa decomposizione può esser vista come effetto progressivo della perdita della forma, l'anima, che preservava l'unità individuale: lasciata a se stessa, la materia si abbandona alla pura estensione, alla pura dispersione, indeterminazione, la perdita della vita coincide, guarda caso, con la perdita della forma, della componente intelligibile, che dava alla materia un senso determinato, l'umanità. Principio vitale e principio formale coincidono..
Citazione di: viator il 03 Dicembre 2020, 22:20:43 PM
Citazione di: Alexander il 03 Dicembre 2020, 21:29:20 PM
Un altro esempio che si potrebbe fare è quello del guidatore e dell'auto.Con l'auto in panne il guidatore non può viaggiare, ma questo non significa che è rotto anche il guidatore. Con il cervello "rotto" (per qualche malattia) la coscienza non può più protrarsi all'esterno, ma questo non significa che la coscienza sia "rotta".
Salve Alessandro. Secondo me sia Ipazia che niko dicono molto bene. Se l'anima-coscienza è disgiungibile dal corpo, nulla vieta che essa risulti separabile da esso corpo per venir trapiantata in un altro corpo.Magari il trapianto potrebbe avvenire aggiungendo l'anima trapiantanda all'anima che già insiste e resta ospitata nel nuovo corpo di destinazione. Quindi invece del classico e romanticissimo "due corpi e un'anima".....potremmo avere "due anime e un corpo".......no ?.
Non si capisce come, a fronte dei prodigiosi misteri contenuti nella sfera dello spiritualismo, un banale, meccanico, chirurgico intervento del tipo di quello da me descritto non debba venir ritenuto futuribilmente possibile.
Inoltre, utilizzando maliziosamente questo sistema, qualcuno potrebbe pure trovare il modo non solo di vivere corporalmente per l'eternità (tanto l'ingrediente fondamentale è l'anima-coscienza-guidatore dell'auto, e non il corpo-autovettura, i quali ultimi possono venir sostituiti periodicamente !)................dicevo corporalmente per l'eternità, ma pure di poter vivere spiritualmente per l'eternità su questa terra senza mai doverla abbandonare, limitandosi appunto a saltellare ogni tanto dalla logora carcassa di un corpo-autovettura ad un'altro - possibilmente di ultimo modello (almeno finchè Dio non ti ritiri la patente !). Saluti.
L'idea che l'anima possa essere trasferita da un corpo all'altro, con tutte le assurdità che ne conseguono, vuol dire ancora ragionare in termini materialisti, dunque è un argomento che in nulla intacca la tesi di chi quel modello contesta, anzi, semmai si rivolge contro i fautori del modello come un boomerang. La trasferibilità dell'anima ne implicherebbe la spazializzazione, si passa da un luogo fisico a un altro, ma solo ciò che è materia, estensione, può occupare un luogo fisico, mentre considerando l'anima come entità spirituale, inestesa, è evidente che non si possa trasferire, resta ciò che organizza una realtà materiale vivente, essendo presente in essa fin dal primo istante del suo esistere, non come qualcosa che va a riempire uno spazio preesistente. L'anima, intesa come forma intelligibile, non occupa spazio, è INTERRUZIONE di spazio, è ciò che contraddistingue qualitativamente, dando un senso peculiare, un certo oggetto, distinguendolo dal resto della materia circostante. Per questo, per un certo aspetto, sarebbe più corretto dire che è l'anima a contenere il corpo che non viceversa
L'anima individuale è una creazione dell'io. Una sua invenzione con la quale identificarsi.
Ma l'io è una intrinseca contraddizione.
Io non sono io...
Di modo che scopo dell'esistenza è proprio quello di superare questa contraddizione.
L'io è illusione.
Salve davintro. Secondo me con la tua replica soprastante nr.9 hai fatto centro circa ciò che volevo significare attraverso il concetto di "forma" attribuibile ad un'anima.
Per quanto riguarda poi invece il tuo intervento nr.10, temo tu non abbia capito che il mio trattare di anime trasferibili da un corpo all'altro........risultava solamente un voler ironizzare circa la similitudine guidatore-autovettura portato da Alexander. Saluti.
Invece io tendo ad ipotizzare che l'Io sia proprio l'anima, non è affatto secondo me un'illusione (anzi, è una verità più vera del corpo stesso) e ritengo che esista un'anima individuale: esisterebbe nell'individuo un'energia che sopravvive alla morte fisica e che obbedisce al primo principio della termodinamica, secondo cui quest'energia non si distrugge e continua a vivere su un piano diverso di esistenza. L'io individuale continua in questa mia visione anche dopo la morte ad essere presente e cosciente, non si dissolve affatto.
Infatti molte persone che hanno avuto un'esperienza di pre-morte riferiscono che dopo l'arresto cardiaco hanno visto il loro corpo ormai inerte dall'esterno, mentre i medici cercavano di rianimarlo e successivamente sono entrati in una dimensione fatta di luce bianca e accogliente, e in questa dimensione hanno sperimentato un amore assoluto, incondizionato, non paragonabile a nient'altro che esiste sulla Terra. Mentre erano in questa dimensione però il loro Io non era annullato o dissolto nel Tutto, ma continuava ad esistere mentre comunicavano telepaticamente con altre entità di luce che incontravano, ad esempio partenti ed amici defunti, oppure esseri di Luce sconosciuti. A volte addirittura hanno ricevuto l'ordine di tornare indietro, nel corpo che era ormai incosciente ed inerte, con il messaggio secondo cui non era ancora giunta la fine della loro esistenza terrena e che avevano una missione da compiere nel loro viaggio terreno.
Secondo me occorrerebbe sempre domandarsi per quale scopo siamo propensi a credere esistente qualcosa.
E prima ancora, dovremmo cercare di definire questo qualcosa.
Nel provare a definirlo, potremo così già iniziare a intuire se ciò che crediamo esistente ha qualche possibilità di esserlo davvero.
Ma la verifica a mio parere più importante è quella di valutare quale sia il nostro fine, sia che ne siamo ora consapevoli o meno.
Perciò, quale definizione dare dell'anima individuale?
E per quale motivo preferiamo credere nella sua esistenza?
Direi che l'anima individuale coincide con il proprio io. Io sono la mia stessa anima.
Ma è questa una definizione sufficiente?
Direi di no.
Perché l'io di per se stesso è vuoto. E' un qualcosa che sta dietro, implicito, ma non compare mai a determinare alcunché.
Anche la mia volontà manifesta solo ciò che ho. Che può essere rabbia, gioia, bisogno, ricordi... ma mai "me stesso".
Di modo che questo "io" per identificarlo occorre forse il nome e cognome con il luogo e la data di nascita, ma pure questo può non bastare e allora bisogna ricorrere al codice fiscale...
Così l'anima individuale, che sarebbe lo stesso io, assomiglia un po' ad un badge, con un suo univoco id.
In sostanza, un nulla.
Ma qual è lo scopo, recondito o meno, che ci fa propendere per l'esistenza dell'anima?
Sopravvivere.
Riuscire ad esistere ancora dopo la morte.
Disperazione dell'io che non vuole morire.
Ma per affrontare questa disperazione non dovremmo invece cambiare radicalmente strada?
Considerare cioè che muore solo ciò che vive.
E quindi, ciò che non vive, ciò che non è mai esistito, non può morire.
E l'io, cioè l'anima individuale, non è mai esistito.
Si tratta solo di un'illusione. E' solo l'illusione che esiste.
Ed è perciò la sola che può morire.
E allora le prove, le visioni premorte, la luce bianca accogliente?
Non dobbiamo certo scartarle, sono anch'esse cifre che invitano a riflettere.
Una riflessione, tuttavia, che non dia per scontata l'esistenza di un io, di un'anima individuale.
L'essenza dell'individuo è il corpo, non l'anima. Non c'è nulla di più identificativo, identitario, originale del corpo di un individuo, di cui al massimo può esistere una copia: riconosco, distinguo Alberto da Francesco dal suo corpo, non dalla sua anima.
Non capisco poi come si passi dall'esistenza del pensiero all'esistenza dell'anima.
Pensiero che va distinto dai suoi contenuti. Pensiero che è effetto di una lingua.
Citazione di: baylham il 04 Dicembre 2020, 17:48:21 PM
L'essenza dell'individuo è il corpo, non l'anima. Non c'è nulla di più identificativo, identitario, originale del corpo di un individuo, di cui al massimo può esistere una copia: riconosco, distinguo Alberto da Francesco dal suo corpo, non dalla sua anima.
Non capisco poi come si passi dall'esistenza del pensiero all'esistenza dell'anima.
Pensiero che va distinto dai suoi contenuti. Pensiero che è effetto di una lingua.
Vedere un'alternativa tra corpo e anima riguardo a cosa dei due attribuire l'essere principio individualizzante, vuol dire ancora avere in mente un dualismo tra i due enti come fossero sostanze separate (che è il rischio in cui incorre la posizione cartesiana). Se si riconosce che il corpo non è materia pura ma materia formata sin dal primo istante del suo esistere dall'anima, allora l'alternativa cade, in quanto le stesse differenze fenomeniche in base a cui riconosciamo diversi individui, che attribuiamo al corpo, sarebbero effetti di un modo d'essere del corpo dettato dalla forma, l'anima, che lo costituisce attribuendogli determinate caratteristiche peculiari. Cosa che non sarebbe possibile intendendo il corpo come mera materia estesa. Un abile artigiano riuscirebbe a creare una copia perfettamente identica di un manichino con sembianze umane (ma non autenticamente corpo umano, ne è solo imperfetta imitazione), proprio perché i manichini sono privi di anima, pura superficie estesa in cui i tratti sono potenzialmente riproducibili in modo eguale, senza che ci sia una qualità interiore che contraddistingua il singolo manichino, impossibile da riprodurre con un disegno fisico, perché non visibile dall'esterno. Fermo restando, poi, che l'essenza dell'individuo è di per sé concetto diverso dal complesso dei segni di riconoscimento esteriori. Due manichini perfettamente identici tra loro sarebbero indistinguibili per chi li osserva, ma ciascuno di loro resterebbe comunque un individuo, in quanto perché si dia individualità (non divisibilità, etimologicamente) è sufficiente ci sia un certo livello di unità, cioè una forma che unifica il contenuto materiale "staccandolo" dallo spazio circostante, circoscrivendolo sulla base di un senso peculiare a partire da cui l'ente diventa definibile in un certo modo. Il manichino è individuo in quanto possiede una forma, non ha un'anima in quanto quella forma è solo contorno geometrico ma non forma vivente.
E l'io, cioè l'anima individuale, non è mai esistito.Si tratta solo di un'illusione. E' solo l'illusione che esiste.
Buon pomeriggio bobmax
Posto una riflessione
Penso che si dovrebbe superare la disputa falsamente centrale sull'esistenza/inesistenza dell'io, caratteristica per esempio di molta speculazione orientale, e orientarci piuttosto verso il concetto di "persona". L'io è una manifestazione della persona, ma non la esaurisce. L'io è un concetto che ha assunto troppa valenza ontologica nell'occidente, e la radice di tutti i nefasti problemi dell'individualismo e del soggettivismo. Se torniamo all'esempio dell'auto e del guidatore, l'occidentale è portato subito a pensare che sia l'io il guidatore e la mente/corpo il veicolo. In realtà questa distinzione funzionale ci preclude la visione della relazione che intercorre e che forma l'insieme "persona".Sappiamo che per i greci la persona era la maschera che si portava, o per meglio dire quel tratto del volto tra gli occhi e il mento (prosopeion).Per gli antichi quindi la persona non era ancora espressa in forma compiuta, in senso ontologico.La definizione che ne darà Severino Boethius è la prima che si conosce e che fonda il carattere della persona, così come viene concepito in Occidente: "persona est naturae rationabilis individual substantia". Questa definizione così fondamentale per la filosofia occidentale ha creato il grande problema della nostra cultura, cioè quello di porre la razionalità come la più alta qualità dell'essere umano, con tutti i problemi che ne derivano verso gli esseri umani ( e non) che ne sembrano privi (per esempio i neonati, le persone mentalmente ritardate, i dementi),se cioè questi dovessero essere considerati persone nel pieno senso del termine.La visione cristiana, iniziata dai padri della chiesa, non indica invece una comprensione del termine persona come un individuo esclusivamente razionale, ma un concetto interamente differente che ha le seguenti caratteristiche:
a) Una persona non può essere mai concepita in se stessa (io) ma solo in relazione ad un'altra persona.
a bis) Una persona non è solamente relazionale ma allo stesso tempo altro.
b) Una persona è unica, irripetibile e insostituibile.
c) Questo paradosso di comunione e essere altro rivela il significato di vero amore.
d) Questo dà luce al mistero della libertà.
L'amore non è una categoria psicologica, un sentimento dell'individuo. L'amore è una categoria ontologica che consiste nel dare spazio all'altra persona di esistere come altro e acquisire l'esistenza nel e attraverso l'altro. E' quello che viene definito come un atteggiamento kenotico, un dare se stesso. Uno cioè non è "persona" solo perché possiede un io, sensazione di autosufficienza, ma lo è solo nell'amore. E uno ama solo quando permette all'amato di essere altro da se stesso, cioè di esistere come "altro".Da questa riflessione ne segue che la libertà della persona non è semplicemente quella di fare scelte o prendere decisioni, ma diventa la libertà di essere altro, cioè non essere come assorbito dal comune e dal generale.Questo può avvenire solo in un rapporto appunto kenotico.Un rapporto in cui ogni persona permette all'altra persona di essere se stessa, di avere perciò una propria "identità".
Salve alexander. Quindi, in assenza di alterità, non esiste nè "io" nè "sè" nè "me" nè "il mio essere persona".
Se mi metto davanti allo specchio dopo che il resto dell'umanità (o dei viventi) abbiano cessato di esistere.............sarei costretto ad ammettere che "questo" (l'"io") non può esistere poichè è venuto a mancare "il quello" (l'alterità").
Io sono invece convinto che "solo chi è in grado di badare a sè stesso (e quindi di potere e volere esercitare un minimo sindacale di egoismo) potrà poi risultare eventualmente di utilità al suo prossimo).
Evidentemente secondo te - ad esempio - l'istinto di sopravvivenza è un "optional" che si può tranquillamente fingere non esista all'interno di un caritatevole rapporto con gli altri. Saluti.
Buongiorno viator
Non ho scritto che l'io, o il sé, come si vuol chiamare quel senso di esistere, non esista. Ho invece messo l'accento sul fatto che questo senso interiore è una manifestazione della "persona", che è termine più ampio che non "io" e che ha il suo fondamento in relazione all'altro. Davanti allo specchio mi vedo come "io" , ma divento "persona" quando mi metto in relazione con l'altro. Quando cioè divento consapevole della mia alterità. Quando sono altro e non il generale.
Ritengo che Il "badare a se stessi" è possibile sia all'egoista che all'altruista. L'egoista bada a se stesso incurante degli altri, l'altruista invece bada a se stesso cercando anche il bene degli altri.
Ciao Alexander
Concordo con te che l'occidente, e ormai pressoché il mondo intero, considera la razionalità come un assoluto.
Questo è un grave fraintendimento ed è all'origine del male che ci perseguita: il nichilismo.
D'altronde la razionalità ha il nichilismo quale compagno inseparabile. Ne è l'altra faccia della medaglia.
Di modo che più si assolutizza la razionalità e più il nichilismo si sviluppa.
E il mondo, nel progresso scientifico e tecnologico, sembra trovare la conferma della bontà di questa assolutizzazione della razionalità. Senza accorgersi di sviluppare così in se stesso la propria futura devastazione.
Indubbiamente il concetto di "persona" vuole andare oltre a quello di animale razionale. E si può infatti riscontrare proprio in ambito cristiano, dove si cerca di mettere al centro la persona, la più strenua resistenza all'avanzata del nichilismo.
Mentre le ideologie non hanno retto.
Tuttavia, sono convinto che il concetto di persona non sia più sufficiente per contrastare la deriva nichilista.
Occorre andare più in profondità.
E qui può esserci d'aiuto non solo la filosofia orientale ma pure, e soprattutto, lo stesso cristianesimo.
Ma non il cristianesimo dei dogmi e dei precetti. E neppure della persona dotata di libero arbitrio.
Occorre rivolgersi invece alla sua più pura espressione. Talmente pura da neppure essere peculiare di una specifica religione.
Occorre rivolgersi alla Mistica.
Sono convinto che la mistica sia la risposta.
Il nichilismo è una sfida, una sfida necessaria per la nostra evoluzione.
Nasce agli albori della razionalità, così ben descritti dalla Genesi.
Dove non vi è descritto alcun peccato originale, ma la nascita dell'uomo!
L'uomo razionale che si inoltra nel mondo, pagandone però il prezzo: il nichilismo.
Citazione di: baylham il 04 Dicembre 2020, 17:48:21 PM
L'essenza dell'individuo è il corpo, non l'anima. Non c'è nulla di più identificativo, identitario, originale del corpo di un individuo, di cui al massimo può esistere una copia: riconosco, distinguo Alberto da Francesco dal suo corpo, non dalla sua anima.
"Essenza" è un concetto filosofico assai opinabile e ognuno tende a ritenere essenziale ciò che il suo pensiero considera tale. Nulla prestabilisce un privilegio di essenzialità per l'aspetto fisico. Se l'individuo di cui trattasi è un umano l'essenza non può essere il corpo, condivisibile con ogni essere vivente, ma la sua anima/psiche pensante e parlante, decisamente più caratterizzante della specificità umana.
CitazioneNon capisco poi come si passi dall'esistenza del pensiero all'esistenza dell'anima.
Se per anima intendiamo quello che i greci e la scienza moderna chiamano psiche, il pensiero ne è una manifestazione. Basta togliere i numi dall'anima e la cosa non è poi così sorprendente.
CitazionePensiero che va distinto dai suoi contenuti. Pensiero che è effetto di una lingua.
Per pensiero si intendono molte cose diverse e un buon approccio fenomenologico non guasta, ma che sia effetto di una lingua ne dubito, altrimenti potrei pensare solo i pensieri di cose cui sia stato attribuito un nome.
@Bobmax: Che cosa intendi per nichilismo? Intendi la visione secondo cui non esistono principi etici che possano fondare e dare senso all'esistenza, e quindi tutto è sostanzialmente accettabile e permesso, ma è anche in fondo inutile? O intendi altro?
Questo post mi sembra molto più catalogabile come discussione spirituale che filosofica. Detto questo, dopo l'intervento di Socrate del 4 dicembre, l'anima è andata a farsi benedire e si è perso il filo del discorso (salvo qualche timido tentativo). Vi chiederei di tornare al topic di Socrate, anche perchè vi giuro che non vi farò pagare un euro se aprirete una nuova discussione.
Citazione di: Jacopus il 05 Dicembre 2020, 18:40:42 PM
Questo post mi sembra molto più catalogabile come discussione spirituale che filosofica. Detto questo, dopo l'intervento di Socrate del 4 dicembre, l'anima è andata a farsi benedire e si è perso il filo del discorso (salvo qualche timido tentativo). Vi chiederei di tornare al topic di Socrate, anche perchè vi giuro che non vi farò pagare un euro se aprirete una nuova discussione.
Se mi è concesso, ritengo che dovunque si discuta di "dimostrazioni" si parla sempre di filosofia, che in tali dimostrazioni, applicate a temi spirituali come l'anima, si perda il carattere filosofico avrebbe senso solo in un'ottica per cui solo il positivismo e il materialismo avrebbero una dignità filosofica, il che è quantomeno estremamente discutibile. Sarebbe come se, in un'ottica spiritualista, si relegasse ogni discussione in cui si fa riferimento a studi chimici, biologici, fisici, fuori dall'alveo filosofico, per relegarlo nelle "Scienze" (fermo restando che la filosofia è una scienza, anzi la "scienza per eccellenza", nel senso greco dell'Episteme). Per quanto mi riguarda penso che senza spiritualità non ci sia filosofia, in quanto, senza alcuna dimensione spirituale, basterebbero le scienze naturali a render ragione del reale nella sua totalità, senza dover scomodare un sapere autonomo come la filosofia indagante un livello del reale ulteriore rispetto ad esse, ma è solo una mia opinione che non ho problemi a confrontare con altre opposte all'interno dell'ambito di una "Filosofia" aperta a chiunque argomenti razionalmente le proprie tesi, spiritualiste o materialiste che siano.
Capisco che l'anima/psiche sia un chiarissimo oggetto del desiderio, più colonizzante di quello che agisce sul corpo femminile, ma arbitrare a favore del dominio religioso sull'anima mi pare un tantino scorretto oltre che retrodatato. La lezione di Cartesio è quella di un'anima che si sgancia dalla religione.
Per Davintro. Ma infatti, non ho chiuso la discussione e neppure ho chiesto di farlo o di spostarla. Filosoficamente so accettare, molto meglio di quanto hanno spesso fatto i pensatori religiosi, il pensiero diverso dal mio. Ho solo espresso il mio parere sull'argomento. Quello che però mi sembra doveroso è quello di sottolineare la necessità di tornare in topic.
Citazione di: Socrate78 il 05 Dicembre 2020, 18:26:44 PM
@Bobmax: Che cosa intendi per nichilismo? Intendi la visione secondo cui non esistono principi etici che possano fondare e dare senso all'esistenza, e quindi tutto è sostanzialmente accettabile e permesso, ma è anche in fondo inutile? O intendi altro?
Ciao Socrate78
Con "principi" intendiamo normalmente delle leggi che prescindono da noi stessi.
Se ne stanno da qualche parte e bisogna rispettarle.
Il nichilismo prescinde dall'esistenza o meno di principi. Perché riguarda intimamente noi stessi.
E' il convincimento che niente ha valore!
Che ciò in cui credo, ciò che amo, il mio stesso amore, altro non sia che illusione.
Perché nulla vale.
Questo convincimento deriva inevitabilmente dallo stesso pensiero razionale. Più il pensiero razionale è considerato fonte di Verità e più il nichilismo si accresce.
Questo convincimento viene "prima" di qualsiasi principio etico. Perché è insito nello stesso pensiero razionale.
In sostanza, proprio in quel A = A, che fonda la razionalità, è già presente il nichilismo.
L'esigenza di principi etici, di leggi, va di pari passo con l'idea di un'anima individuale.
Perché l'anima individuale è un prodotto razionale. Ossia prodotto della separazione.
L'uomo razionale si illude che, in quanto anima che segue principi etici, si salverà...
Ma il pensiero nichilista sa che si tratta solo di un rimedio, un rimedio all'angoscia esistenziale.
Solo tu, in perfetta solitudine, senza alcun principio a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il Bene è!
Citazione di: bobmax il 05 Dicembre 2020, 19:23:30 PM
Solo tu, in perfetta solitudine, senza alcun principio a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il Bene è!
Solo tu, in (im)perfetta condivisione con i tuoi simili, senza alcun principio eterno a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il bene é ...
Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 07:48:18 AM
Citazione di: bobmax il 05 Dicembre 2020, 19:23:30 PM
Solo tu, in perfetta solitudine, senza alcun principio a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il Bene è!
Solo tu, in (im)perfetta condivisione con i tuoi simili, senza alcun principio eterno a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il bene é ...
Sì, è lo stesso.
Perché nel momento in cui lo affermi non ci sei più.
L'esistenza, che è comunicazione, dissolve l'involucro dell'io.
Non c'è più un io, non c'è più l'altro.
Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 20:11:08 PM
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.
Così come è assai ardito dedurre che dentro all'abitacolo della mia auto, questa mattina, non vi fosse nessuno per il solo fatto che la chiave d'accensione girasse a vuoto ;posso affermare con certezza che il malfunzionamento della mia macchina non ha per nulla annichilito il cogito/anima che , anzi, dentro a quella macchina si espresse, inascoltato ed invisibile a chiunque, in tutto il suo disappunto...
Citazione di: bobmax il 06 Dicembre 2020, 08:35:52 AM
Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 07:48:18 AM
Citazione di: bobmax il 05 Dicembre 2020, 19:23:30 PM
Solo tu, in perfetta solitudine, senza alcun principio a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il Bene è!
Solo tu, in (im)perfetta condivisione con i tuoi simili, senza alcun principio eterno a cui appellarti, puoi affrontare il nichilismo.
Affermando: il bene é ...
Sì, è lo stesso.
Perché nel momento in cui lo affermi non ci sei più.
L'esistenza, che è comunicazione, dissolve l'involucro dell'io.
Non c'è più un io, non c'è più l'altro.
L'involucro dell'io lo lascio a Stirner e alla borghesia evolutasi nell'arrembante capitalismo. Già il fondatore della psicologia moderna, sviluppo della riflessione cartesiana sul pensiero, collocò l'io (res cogitans) quale sintesi dinamica, più o meno riuscita, tra una res extensa naturale (es) ed una res extensa sociale (super io). Sintesi, non contrapposizione
manichea metafisica.
Citazione di: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 11:47:31 AM
Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 20:11:08 PM
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.
Così come è assai ardito dedurre che dentro all'abitacolo della mia auto, questa mattina, non vi fosse nessuno per il solo fatto che la chiave d'accensione girasse a vuoto ;posso affermare con certezza che il malfunzionamento della mia macchina non ha per nulla annichilito il cogito/anima che , anzi, dentro a quella macchina si espresse, inascoltato ed invisibile a chiunque, in tutto il suo disappunto...
Il paragone non regge perchè auto e guidatore sono entità distinte, contrariamente all'
unità psico-somatica che costituisce un indivisibile individuo umano.
Buona domenica bobmax
D'altronde la razionalità ha il nichilismo quale compagno inseparabile. Ne è l'altra faccia della medaglia.[/size]Di modo che più si assolutizza la razionalità e più il nichilismo si sviluppa.E il mondo, nel progresso scientifico e tecnologico, sembra trovare la conferma della bontà di questa assolutizzazione della razionalità. Senza accorgersi di sviluppare così in se stesso la propria futura devastazione.
Mi chiedo se il nichilismo sia davvero un necessario effetto dell'eccesso di razionalità,della sua assolutizzazione, oppure sia al contrario un difetto di approfondimento.Io lo definirei come un effetto della mancata visione olistica della persona.Ossia l'approdo di quella particolare tendenza della modernità a vedere e considerare in modo "parcellare" l'esistenza, frutto dell'iperspecializzazione tecnoscientifica che ha la sua importante funzione nel processo di miglioramento materiale, ma indubbiamente diventa un ostacolo quando ci troviamo a considerare un "insieme" com'è la persona, ma più in generale l'esistenza.
Citazione di: Alexander il 06 Dicembre 2020, 12:11:27 PM
Mi chiedo se il nichilismo sia davvero un necessario effetto dell'eccesso di razionalità,della sua assolutizzazione, oppure sia al contrario un difetto di approfondimento.Io lo definirei come un effetto della mancata visione olistica della persona.Ossia l'approdo di quella particolare tendenza della modernità a vedere e considerare in modo "parcellare" l'esistenza, frutto dell'iperspecializzazione tecnoscientifica che ha la sua importante funzione nel processo di miglioramento materiale, ma indubbiamente diventa un ostacolo quando ci troviamo a considerare un "insieme" com'è la persona, ma più in generale l'esistenza.
Sì Alexander, concordo con te.
Sono anch'io convinto che si tratti di un insufficiente approfondimento della stessa razionalità.
L'eccesso consiste nel considerare il pensiero razionale "fonte" di Verità assoluta.
Occorre cioè renderci conto di ciò che fonda questa nostra razionalità.
E perciò avvertire il limite del pensiero razionale. Giungere sino a dove la razionalità non può più proseguire e lì... resistere!
Il nichilismo deriva non tanto dal pensiero razionale in se stesso, ma dal non avvertirne il limite.
Di modo che quando ci si va a sbattere, contro il limite, si ripiega inconsapevolmente senza rendersene conto. Convinti che il lago in cui si nuota sia il tutto, senza sponde, senza limiti.
E invece è solo un lago, vastissimo, ma che ha comunque delle sponde, dei limiti.
Ed è proprio sul limite che occorre cercare di sostare. Là dove il pensiero determinato si arresta, incerto. Pronto a ripiegare.
Salve bobmax. Citandoti : "L'eccesso consiste nel considerare il pensiero razionale "fonte" di Verità assoluta".
Non sono affatto d'accordo. La "verità assoluta" è concetto del tutto irragionevole (irrazionale), quindi l'opposto, il negatorio della razionalità la quale invece semmai eccede nel relativismo, atteggiamento che gli spiritualisti come te rimproverano ("ad ogni piè sospinto") ai materialisti-fisicisti.
In tale ottica il pensiero razionale potrà certo incappare in eccessi, ma essi saranno costituiti dal voler semmai considerare come super-razionale e migliorativo l'accumulo, l'affastellamento DI SEMPRE PIU' NUMEROSE VERITA' RELATIVE.
Come se l'aumento del numero delle verità relative (le conoscenze convenzionali) avvicinasse apppunto ad una verità assoluta...........effetto ovviamente impossibile se non nella mente di chi creda in una pseudorazionalità, ovvero nel mito della onnipotenza del razionale e della scienza. Saluti.
Buona domenica Ipazia
Il paragone non regge perchè auto e guidatore sono entità distinte, contrariamente all'[/size]unità psico-somatica[/size] che costituisce un indivisibile individuo umano.[/size]
Questo ragionamento mi appare inficiato dal fatto che lei considera aprioristicamente l'anima come parte integrante del corpo, mentre l'anima tecnicamente viene definita come agente immateriale che informa il corpo, definito come materiale. Un insieme è composto da più elementi, ma non significa che gli elementi sono necessariamente dipendenti uno all'altro.Se prendiamo un sacchetto e lo riempiamo di frutta, avremo la forma del sacchetto. Al venire meno del sacchetto non sparisce anche la frutta, ma solo la forma dell'insieme.
Citazione di: viator il 06 Dicembre 2020, 16:20:19 PM
Salve bobmax. Citandoti : "L'eccesso consiste nel considerare il pensiero razionale "fonte" di Verità assoluta".
Non sono affatto d'accordo. La "verità assoluta" è concetto del tutto irragionevole (irrazionale), quindi l'opposto, il negatorio della razionalità la quale invece semmai eccede nel relativismo, atteggiamento che gli spiritualisti come te rimproverano ("ad ogni piè sospinto") ai materialisti-fisicisti.
In tale ottica il pensiero razionale potrà certo incappare in eccessi, ma essi saranno costituiti dal voler semmai considerare come super-razionale e migliorativo l'accumulo, l'affastellamento DI SEMPRE PIU' NUMEROSE VERITA' RELATIVE.
Come se l'aumento del numero delle verità relative (le conoscenze convenzionali) avvicinasse apppunto ad una verità assoluta...........effetto ovviamente impossibile se non nella mente di chi creda in una pseudorazionalità, ovvero nel mito della onnipotenza del razionale e della scienza. Saluti.
Ciao Viator
Grazie per questo tuo intervento.
Che mostra, a mio avviso, l'intrinseca contraddizione del pensiero materialista.
Perché il relativismo consiste proprio nell'accettazione di non conoscere la Verità.
Mentre il materialista, proprio per la sua auto collocazione, crede di conoscerla.
Al punto di affermare il "primato" della materia.
Il relativismo è nella sua essenza squisitamente spirituale!
Non confondiamo l'autentica spiritualità con la superstizione...
L'autentica spiritualità non ha niente a che vedere con il credere in enti soprannaturali.
Queste credenze sono la caduta, il fallimento dello slancio spirituale.
La spiritualità è consapevolezza del Nulla. Ossia che nulla è certo.
Viceversa il materialismo snobba in realtà ogni relativismo, perché consiste nel convincimento di conoscere la Verità! Anche se non lo ammette neppure a se stesso...
E non lo ammette, ammantandosi di un inconsistente relativismo, perché in caso contrario dovrebbe guardare senza infingimenti ciò che crede vero. E questa visione lo pietrificherebbe...
Quindi questa certezza materialista ha i piedi d'argilla.
Difatti, discuto con te per cercare di minare questa tua sicurezza.
Perché ne avresti un beneficio.
L'anima "tecnicamente" viene definita psiche e la sua fenomenologia ne rivela l'indissolubilità con un corpo. Il quale, a sua volta, nella condizione inanimata, si riduce allo stato di cadavere.
Questo è quanto, senza pretesa alcuna di assolutezze epistemiche che lasciamo volentieri ai teisti, é tutto ciò che obiettivamente possiamo dire su anima e corpo, psiche e soma, allo stato attuale della conoscenza.
Salve bobmax. Mi permetto replicarti attraverso le mie sottostanti controosservazioni che inserisco nel tuo testo,
grassettando :
Citazione di: bobmax il 06 Dicembre 2020, 16:53:13 PM
Ciao Viator
Grazie per questo tuo intervento (Prego, non c'è di che).
Che mostra, a mio avviso, l'intrinseca contraddizione del pensiero materialista.
Perché il relativismo consiste proprio nell'accettazione di non conoscere la Verità.
Mentre il materialista, proprio per la sua auto collocazione, crede di conoscerla (affermazione tua.....).
Al punto di affermare il "primato" della materia (.....visto che affermare il primato di qualcosa su qualcos'altro non significa certo identificarlo con una presunta verità assoluta).
Il relativismo è nella sua essenza squisitamente spirituale!(concetto questo, a me perfettamente oscuro).
Non confondiamo l'autentica spiritualità con la superstizione...(son d'accordo, infatti io non ho confuso).
L'autentica spiritualità non ha niente a che vedere con il credere in enti soprannaturali (condivido).
Queste credenze sono la caduta, il fallimento dello slancio spirituale (Per fortuna sono credenze e non armadi, altrimenti la loro caduta chissà quale fracasso farebbe).
La spiritualità è consapevolezza del Nulla. (E' stupefacente la tua ossessione per il Nulla, dopo che la vita mi ha costantemente mostrato folle su folle composte esclusivamente da ossessionati da qualcosa). Ovvero che nulla è certo (Ora sì che ragioni !).
Viceversa il materialismo snobba in realtà ogni relativismo, perché consiste nel convincimento di conoscere la Verità! (E ridaje !!). Anche se non lo ammette neppure a se stesso... (Messa così la capisco meglio : Il materialista - pur convinto intimamente di conoscere la verità assoluta - si guarda bene dall'ammettere ciò a sè od ad altri - credo per il giustificato razionale timore di dover passare per pazzo !).
E non lo ammette, ammantandosi di un incosistente relativismo, perché in caso contrario dovrebbe guardare senza infingimenti ciò che crede vero. E questa visione lo pietrificherebbe...(giustamente, come appunto ho detto appena qui sopra).
Quindi questa certezza materialista ha i piedi d'argilla (speriamo quindi che il tempo sia clemente e non faccia piovere).
Difatti, discuto con te per cercare di minare questa tua sicurezza (Data l'intenzione altruistica e benefica cui accenni qui sotto, te ne ringrazio di cuore. Io invece dialogo con te ed altri non per portarli verso mie sicurezze e credenze che non possiedo (vedere mia "firma" in calce ad ogni mio intervento), ma unicamente per egoistico ed - ahimè - sterilissimo piacere fornitomi dalla umana dialettica).
Perché ne avresti un beneficio. (Grazie ancora della tua premura).
Amichevoli saluti.
Buonasera Ipazia
Mi sembra una posizione strettamente materialista riduzionista, che ha il fastidioso effetto di chiudere la discussione in merito. L'anima, nel senso tradizionale del termine, è distinta dalla psiche.
Far coincidere l'anima con la psiche è uno dei tratti caratteristici dello smarrimento moderno.
Che va di pari passo con la dimenticanza dello spirito.
Lo spirito è il grande rimosso di questa nostra epoca.
L'anima non è la psiche, l'anima è manifestazione dell'esistenza. E' una temporanea concretizzazione dell'esistenza che cerca la propria Trascendenza.
L'anima è l'io.
Nella sua ricerca l'anima, cioè l'io, è destinata ad annullarsi in Dio.
Ciao Viator
Lo vedo che lo fai per tuo piacere.
Ma chissà perché, sono dell'idea che questo non ti sia sufficiente...
Ciò che cerco di contrapporti non è affatto una "verità", ma l'applicazione concreta di ciò che scrivi nella tua firma.
Tornando (faticosamente) all'argomento, come noto, Cartesio mette l'anima in una parte del cervello, la ghiandola pineale. Lo fa perchè nei primi sezionamenti del cervello (condannati dalla Chiesa) si era osservata la simmetricità del cervello con la presenza di due emisferi opposti ed uguali ed al centro questa piccola parte sferica, che grazie alla sua unicità venne considerata da Cartesio la residenza dell'anima.
E' famosa, a questo proposito, l'obiezione della principessa di Boemia, con cui Cartesio corrispondeva per lettera, che contestava la presenza della res cogitans (ovvero dell'anima) in un pezzo di materia come la ghiandola pineale, che necessariamente fa parte della res extensa. Cartesio si guardò bene dal rispondere a questa obiezione, perchè avrebbe rischiato ovviamente la testa.
E' però interessante questa scelta di Cartesio nel voler comunque fissare in una sostanza fisica individuabile la res cogitans. Già in questa scelta è evidente lo spostamento di Cartesio verso il mondo materiale e strumentalizzabile ai fini dell'uomo.
Citazione di: Alexander il 06 Dicembre 2020, 18:59:02 PM
Buonasera Ipazia
Mi sembra una posizione strettamente materialista riduzionista, che ha il fastidioso effetto di chiudere la discussione in merito. L'anima, nel senso tradizionale del termine, è distinta dalla psiche.
Buonasera Alexander
Non è un caso se l'episteme moderna ha attraversato due millenni abbondanti di religioni abramitiche per pescare la traduzione greca dell'anima: ψύχω, che corrisponde al respiro, sintomo inequivocabile della condizione vitale di un essere umano.
Per altre interpretazioni dell'anima il problema, al di là di ogni riduzionismo, é proprio l'assenza di un sintomo che ci permetta di farci sopra un discorso solidamente fondato, ma ci si imbatta sempre in argomentazioni mitologiche che chiudono il discorso da sole.
Citazione di: Alexander il 06 Dicembre 2020, 18:59:02 PM
Buonasera Ipazia
Mi sembra una posizione strettamente materialista riduzionista, che ha il fastidioso effetto di chiudere la discussione in merito. L'anima, nel senso tradizionale del termine, è distinta dalla psiche.
Il senso (significato) tradizionale dell'anima è sempre stato di "sede dello spirito" (cioè del contenuto trascendentale collegabile ad una Entità superiore). La spiritualità e la trascendenza sono sempre state considerate come espressione della metafisicità di radice divina.
Il senso (significato) tradizionale della psiche è sempre stato - almeno sino all'avvento della psicanalisi - quello di risultare "sede delle emozioni" (cioè dei contenuti irrazionali dei quali il al cogito è costretto a tener conto). Le emozioni sono sempre state considerate come espressione della naturalità animale (istintuale) che anche l'uomo ospita.
Perciò hai ragione nel considerare anima e psiche concetti tra loro ben diversi, ma il fatto essenziale è che il loro sussistere non può certo sovrapporsi, dato che concetto e realtà di ciascuno di loro consiste nel negare l'esistenza dell'altro. Saluti.
Ipazia scrisse:
CitazioneLa differenza tra il binomio pianista-piano e psiche-soma è che il pianista può cambiare piano ma la psiche non può cambiare soma.
Direi che la sintesi dell'argomento è tutta qui, così come l'evoluzione del pensiero clinico e filosofico sull'argomento. La psiche/anima viene scissa da Cartesio a fini metodologici ed ottiene il successo storico che conosciamo, con la res extensa che diventa il metro di misurazione del mondo intero.
Oggi la stessa metodologia scientifica fondata sulla misurazione della res extensa ci dice che la psiche è profondamente innervata con il corpo e non esiste una coscienza indipendente dal corpo, nè tantomento un corpo come "contenitore" (idea che mandò in visibilio Malebranche, proprio perchè considerava in questo modo, finalmente dimostrata la verità dell'anima).
Psiche/Soma invece sono strettamente correlati, così come sono strettamente correlati l'emisfero destro e l'emisfero sinistro del cervello, al punto da dover riconsiderare l'intelligenza e la razionalità anche entro una cornice affettiva, emotiva e relazionale e l'affettività/relazionalità, viceversa, nell'ambito di una descrizione che tenga conto anche delle valutazioni razionali.
A questo proposito si può ricordare un famoso discorso di Cartesio, quando parla di come la persona con un piede amputato ancora riferisce di dolori al piede che non ha più, portandolo come prova della scissione mente/corpo. Lo stesso esempio, oggi, viene invece portato proprio per riferire l'unione mente/corpo, al punto che la mente continua a ricordare quella parte di corpo che non c'è più, e che quindi è intimamente connessa con la mente stessa, al punto che la mente può ricalibrarsi solo a fatica e solo dopo molto tempo.
Sono comunque del parere che Cartesio non era affatto interessato all'anima e che i suoi discorsi su Dio e l'anima erano solo una forma di "copertura" rispetto a possibili processi a cura del Sant'Uffizio. Cartesio rimase fortemente impressionato dal processo contro Galilei, ovvero contro uno dei suoi principali riferimenti epistemologici, insieme a Copernico e a Bacone. Bisogna ricordare che Cartesio era più uno scienziato che un filosofo, anche come formazione successiva ai suoi studi dai gesuiti e interpretò al meglio il suo tempo, ma doveva fare i conti con una situazione di controllo dell'opinione pubblica da parte delle Chiese, assolutamente diversa da quella odierna. Basti pensare che il contemporaneo Spinoza, pur vivendo nel paese più liberale di allora "Le Provincie Unite d'Olanda", rischiò a più riprese di finire in prigione per blasfemia (oltre ad essere scomunicato dalla comunità ebraica olandese), come accadde ad alcuni suoi stretti amici che morirono in cattività e che provenivano dagli stessi circoli filosofici di Spinoza. Senza contare che il pensiero retrivo di allora, equamente distribuito fra protestanti, cattolici ed ebrei, impedì alle tre menti più alte di quel secolo di divulgare il loro pensiero, come avrebbero meritato: Galilei, che fu condannato nella maturità e poi costretto agli arresti domiciliari, Spinoza, appunto, che si guadagnò da vivere come molatore di lenti e scriveva i suoi libri sotto pseudonimo e Cartesio, cui solo la prudenza degna di un Thomas Hobbes, permise di sopravvivere senza infamia di processi ma sempre con la paura addosso di ritrovarsi gli inquisitori al portone di casa.
Il tempo, che è galantuomo, riparò a questi errori.
Citazione di: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 12:02:17 PM
Citazione di: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 11:47:31 AM
Citazione di: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 20:11:08 PM
"Indipendentemente dal corpo e dalla sua matericità" è un azzardo insensato, visto che basta un corpo malfunzionante perchè il cogito/anima annichilisca.
Così come è assai ardito dedurre che dentro all'abitacolo della mia auto, questa mattina, non vi fosse nessuno per il solo fatto che la chiave d'accensione girasse a vuoto ;posso affermare con certezza che il malfunzionamento della mia macchina non ha per nulla annichilito il cogito/anima che , anzi, dentro a quella macchina si espresse, inascoltato ed invisibile a chiunque, in tutto il suo disappunto...
Il paragone non regge perchè auto e guidatore sono entità distinte, contrariamente all'unità psico-somatica che costituisce un indivisibile individuo umano.
Proviamo a separare il guidatore dalla propria auto o il pilota dal proprio velivolo mentre essi compiono ciò per cui non possono essere considerati entità fra loro distinte , cioè viaggiare nello spazio, e constateremo che quell'unità rimane psicosomaticamente indissolubile anche nel groviglio di carne e lamiere che inevitabilmente ne conseguirebbe.
Ancor peggio separarsi da una protesi cardiaca. Le protesi diventano parte extensa di noi e in certe situazioni la separazione non è possibile. Ma la sostituzione è sempre possibile. Come già dissi sopra, forse un giorno riusciremo a scindere totalmente l'unità psicosomatica, ma ciò avverrà in condizioni assai lontane dall'animismo sovrannaturale.
Quindi , non esiste alcuna separazione di cui si possa avere contezza fra due enti immaginariamente uniti se non , appunto, immaginandola prima; ma si da solo , eventualmente , il mutamento di una unica entità fattualmente indistinta in seguito ad un' azione intenzionalmente, ma pur sempre immaginariamente distinta . Ciò vuol dire che nel momento in cui mi viene sostituita la valvola mitralica, o il pianoforte con cui suono , ciò che muta non è , nei fatti, solo il corpo immaginariamente ed intenzionalmente annesso , connesso o separato, ma , intrinsecamente ed essenzialmente, insieme ad esso l'intero ente psicosomatico immaginariamente così composto; è chiaro che ciò che la nostra intenzione immaginariamente unisce, nel fatto essenziale non può logicamente separare.