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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: iano il 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM
Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 11 Gennaio 2022, 16:09:13 PM
Secondo me, vi è un diffuso fraintendimento riguardo al caso.
Cioè si confonde il casuale con l'indeterminabile. Mentre sono concetti ben differenti.

Quando si osserva che un evento è stato casuale, normalmente si intende che quell'evento non poteva essere previsto in quanto indeterminabile. Non che fosse davvero dovuto al caso!

Perché il caso esclude che vi possa essere una causa.
Mentre l'indeterminabilità non esclude una causa. Semplicemente rileva che quell'evento non avrebbe potuto essere determinato.

Noi siamo in grado di considerare la realtà di eventi indeterminabili, tali non solo praticamente ma pure in teoria.
Ma rischieremmo la nostra stessa sanità mentale se accettassimo per davvero la realtà del caso.

Perché l'evento casuale non ha causa.
Ossia è causato dal Nulla.
È il Caos che irrompe nel mondo!

Quindi un conto è la necessità, che può essere determinabile o meno, un altro il caso.

Sebbene inconcepibile nella sua assurdità e nel totale annichilimento che comporterebbe la sua effettiva esistenza... il caso non può essere mai escluso del tutto.

Per vari fondamentali motivi.

Perché è la negazione della necessità. E ogni negazione ha la sua ragion d'essere in ciò che nega.

Perché siamo evidentemente qui, ora, per caso.

E soprattutto, perché ciò che vale davvero in questa vita non è necessario, non ha una causa, è perciò espressione del caso.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Gennaio 2022, 22:00:45 PM
Ciao Bobmax.
Giusto.
Il caso ha diritto di esistenza al minimo come contrario della necessità.
Ma concordo che il caso puro non può esistere, anche perché non è chiaro come potrebbe convivere fianco a fianco con la necessità.
L'unica soluzione sembra essere allora che non esistono entrambi.
Se riusciamo a descrivere la realtà in termini di necessità è perché essa e' coerente, e ciò esclude che in essa abbia luogo il caso. Ma esclude anche che esista la necessità se non come ciò che riusciamo ad estrarre dalla coerenza della realtà.
È semplicistico pensare che ogni effetto abbia una causa, perché è arbitrario pensare che esista un unica causa, anche se di fatto riusciamo ad isolarne a volte  una significativa al punto da ricavarne una buona capacità predittiva dentro un accettabile errore.
Però non è scontato che cio avvenga sempre.
Cosa succede se le cause significative sono tante e nessuna prevale sulle altre?
Non potrebbe essere così che si manifesta il caso?
Cioè come una manifestazione della realtà che non ci consente di risalire alla sua coerenza, e la necessità come il suo contrario , quando riusciamo a risalirvi.
In questo modo la contemporanea esistenza di caso e di necessità non mi sembra più contraddittoria , essendo due diverse manifestazioni della stessa coerente realtà.
Nessuno ci vieta dunque di immaginare anche casi in cui intervengono insieme caso e necessità.
Questo spiegherebbe l'apparente paradosso della attuale miglior prova della coerenza della realtà, la meccanica quantistica, che però non può essere descritta senza far ricorso al caso.


Perché in fondo cosa facciamo noi quando simuliamo  il caso con il lancio di un dado ?
Moltiplichiamo volutamente le cause equalizzandole inoltre senza che si possa così risalire ad una di queste significativa in particolare.
Lo stesso fa' la natura a volte , come se volesse simulare il caso.
Ma anche quando siamo costretti a saltare un passaggio il risultato complessivo non è mai casuale.
La curva di distribuzione dei lanci di un dado è la miglior prova di coerenza della realtà.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 11 Gennaio 2022, 22:18:06 PM
Ciao Iano
Sono dell'idea che la "causa" è sempre da intendersi in senso lato. In realtà ci sono sempre tante cause concomitanti.
Talmente tante... che dato un evento ritengo sia impossibile elencarle tutte.

Mi sto tuttavia convincendo che la necessità non sia originaria.
Cioè che non sia una legge assoluta, ma un dono.
Un dono che permette una costruzione di senso.
Ma comunque un dono, che può essere negato in ogni istante.

E questo dono proviene dal Caos.

Il Cosmo è un dono del Caos.
Ed è un dono d'amore.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 12 Gennaio 2022, 21:33:37 PM
Così come la sega non è il legno , ma l'attrezzo con cui tagliamo il legno in parti, così i nostri concetti sono strumenti per agire sulla realtà, esistendo essi solo in tale forma, ricavandone i cosiddetti oggetti "reali", o che più o meno ci appaiono tali, attribuendogli perciò un diverso grado di concretezza.
In particolare , determinazione e caso , non sono propriamente la realtà, come la sega non è il legno.
Ciò è più facile da vedere quanto più questi concetti sono astratti, perché appare meglio la loro arbitraria costruzione, il non avere cioè una esistenza in se', che si attualizza solo con la loro costruzione.
Ma è nostra esperienza che quanto più cerchiamo di indagare la natura degli oggetti cosiddetti concreti, tanto più essi ci mostrano il loro insospettato lato sfuggente, cioè la loro parte astratta.
In effetti non esistono oggetti che noi possiamo percepire o pensare che non abbiano natura astratta, ma questa meglio appare quanto  più ne abbiamo o prendiamo coscienza intima, al di là della illusoria intimità che ci sembra di avere con cioè che è evidente.
L'evidenza delle cose deriva da un grado massimo di incoscienza.
Di ciò  che è evidente quindi altro non possiamo dire che è in quanto tale, per il motivo che altro non potremo dire finché meglio non ci è possibile indagarlo. Vale come dire niente, che ciò che è, è per il motivo che è.
È evidente ciò che è , pur essendo astratto, è stato selezionato dall'evoluzione come adatto alla nostra interazione con la realtà. E in particolare adatto all'ambiente in cui insistiamo.
In una costruzione teorica sempre più consapevole che oggi ha portato alla moderna scienza fisica, non è dunque un caso che aumenti il livello di astrazione, o meglio, che sempre più esso appaia.
Del modo in cui vediamo il mondo attraverso i sensi nulla sappiamo, o quasi, è perciò ci sembra evidente cio 'che percepiamo, dando diritto di cittadinanza anche alle illusioni, per fare stare in piedi la baracca della percezione.
Ma mella misura in cui indagando questi meccanismi di percezione e meglio li conosciamo , siamo perfino in grado di modificarli attraverso la volontà, senza uso di droghe.
Siamo in grado cioè di modificare il nostro cervello, supporto fisico della percezione, solo volendolo, una volta noti i suoi meccanismi.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: green demetr il 15 Gennaio 2022, 22:21:41 PM
Non ho ben capito dove risieda la novità del pensiero.

Allora provo a riassumere, vediamo se ho capito.
Tu dici che l'indecidibilità sia comunque all'interno di una necessità.
Questo però andrebbe contro i principi di godel, che ha confutato l'impossibilità per un sistema di essere coerente al suo interno.
Ossia che necessiti di un altro piano che ne affermi i principi.

Ma dunque prendiamo i 2 casi.

Nel primo caso, quello classico, ammettiamo che i principi sia coerenti in base ai risultati di una ricerca random.
Nel secondo caso, ammettiamo che il sistema B dia al sistema A i principi necessari a che A scopra la sua coerenza interiore come nel caso classico.

Ora la necessità nel caso di A sia quella che i principi indeterminabili, siano dei fattori statistici che rispecchiano una legge altrimenti indecidibile.
La necessità nel caso B invece è la stessa legge statistica che decide della coerenza del sistema A.
Diciamo che il tuo discorso è forse capibile all'interno dell'esempio classico, dove la necessità è determinata a posteriori e quindi idecidibile se non nel suo farsi, perciò approsimativa.
Nel caso due invece è evidente l'aporia, infatti staresti dicendo che esiste una statistica che preveda una coerenza, ma questa coerenza in realtà è stata data soltato a posteriori, e il sistema B è la patch con cui la scienza si fa guerra in questi giorni sulla supposta coerenza interna DECIDIBILE.

In un qual senso penso di capire cosa intendi, all'interno di un sistema indecidibile, affermi non la coerenza come punto focale, ma la necessità stessa come chiave di lettura.

Rimane la critica che ha fatto bobmax comunque inaggirabile, infatti nessuno può dire che esista una necessità (men che meno nel caso in cui si lavori in un campo univoco, infatti le necessità sono tante e quante la legge statistica viene costruita).
Voglio dire che esisterebbe un grado di indecidibilità della necessità, il che è aporetico.

Comunque è interessante il cambio del punto di vista focale, in fin dei conti non è proprio quella che fa l'idelismo tedesco? Ossia partire a priori dal dato di una necessità, e poi svolgendo i suoi temi sulla indecidibilità. delle preposizioni.

A livello di matematica però non funziona nè nel primo caso, nè a maggior ragione, nel secondo caso.
O forse non ho capito bene il tuo pensiero.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PM
Ciao Green.
No sai quanto mi dispiace non aver,capito a mia volta la tua esposizione.
Credo anch'io che ciò che Bobmax nota sia inaggirabile, e infatti ho accolto l'obiezione , posto che quella l'abbia capita.
Se invece anche quella non l'avessi capita la espongo allora per come l'ho intesa.
Non può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.
In effetti, se ci pensi, non occorre conoscere la realtà per potervi interagire, ne' il fatto che riusciamo a interagirvi è prova che la conosciamo, seppur approssimativamente.
Significa solo che sappiamo come fare a interagirvi, e in senso ancora più riduttivo che il fatto che siamo forme viventi è la prova che vi interagiamo, senza perfino dover sapere come.
Il farlo sapendo come in fondo è una relativa novità, e si chiama scienza.
Relativa perché nuova nella forma, ma non nella sostanza.
Se tu hai capito Goedel ti invidio, comunque in qualche modo riesco a inquadrare il suo pensiero dentro a una storia umana che progredisce non verso la verità, ma nell'incremento della coscienza di se' e degli strumenti che usa.
In sostanza Goedel senza forse volere, ci dimostra che possiamo usare utilmente strumenti che a malapena conosciamo, come ad esempio la logica, senza che la parziale conoscenza, che io estremizzando ammetto anche nulla, sia un ostacolo insormontabile.
A me sembra che questo progresso nella coscienza, nel farci vedere i nostri strumenti per quel che sono, renda sempre più inservibile il concetto di verità, declassandolo.
La nostra conoscenza passata presente e futura non contiene e non conterrà  alcuna verità , ma solo istruzioni per l'uso della realtà, che ci dicono poco sulla realtà, e molto su chi li usa.


Immagino Goedel voglia dirci che una teoria non vale l'altra, e  che non hanno perciò un fondamento comune, se non nell'essere ognuna una coperta troppo corta per abbracciare la realtà, condannati ad usarle in alternativa, senza poterle cucire insieme all'uopo. Nell'ottica fisica ognuna vale come un diverso punto di vista sulla realtà.
Possiamo decidere di vedere la realtà come continua, o come quantizzata, ma senza poter fare teorie Arlecchino.
E ciò dimostra che la realtà non è una cosa, ne' l'altra, ma che possiamo interagirvi solo se la pensiamo ogni volta  in un determinato ed esclusivo modo, che però può essere scelto anche a caso, secondo convenzione, e che perciò ciò che conta non è la verità, ma la condivisione, ciò che costituisce l'umanità nell'unita dell'azione.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: green demetr il 15 Gennaio 2022, 23:46:27 PM
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PM
Ciao Green.
No sai quanto mi dispiace non aver,capito a mia volta la tua esposizione.
Credo anch'io che ciò che Bobmax nota sia inaggirabile, e infatti ho accolto l'obiezione , posto che quella l'abbia capita.
Se invece anche quella non l'avessi capita la espongo allora per come l'ho intesa.
Non può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.
In effetti, se ci pensi, non occorre conoscere la realtà per potervi interagire, ne' il fatto che riusciamo a interagirvi è prova che la conosciamo, seppur approssimativamente.
Significa solo che sappiamo come fare a interagirvi, e in senso ancora più riduttivo che il fatto che siamo forme viventi è la prova che vi interagiamo, senza perfino dover sapere come.
Il farlo sapendo come in fondo è una relativa novità, e si chiama scienza.
Relativa perché nuova nella forma, ma non nella sostanza.
Se tu hai capito Goedel ti invidio, comunque in qualche modo riesco a inquadrare il suo pensiero dentro a una storia umana che progredisce non verso la verità, ma nell'incremento della coscienza di se' e degli strumenti che usa.
In sostanza Goedel senza forse volere, ci dimostra che possiamo usare utilmente strumenti che a malapena conosciamo, come ad esempio la logica, senza che la parziale conoscenza, che io estremizzando ammetto anche nulla, sia un ostacolo insormontabile.
A me sembra che questo progresso nella coscienza, nel farci vedere i nostri strumenti per quel che sono, renda sempre più inservibile il concetto di verità, declassandolo.
La nostra conoscenza passata presente e futura non contiene e non conterrà  alcuna verità , ma solo istruzioni per l'uso della realtà.


Immagino Goedel voglia dirci che una teoria non vale l'altra, e  che non hanno perciò un fondamento comune, se non nell'essere ognuna una coperta troppo corta per abbracciare la realtà, condannati ad usarle in alternativa, senza poterle cucire insieme all'uopo. Nell'ottica fisica ognuna vale come un diverso punto di vista sulla realtà.
Possiamo decidere di vedere la realtà come continua, o come quantizzata, ma senza fare teorie Arlecchino.
E ciò dimostra che la realtà non è una cosa, ne' l'altra.


:D  magari capissi godel, ho il suo libro a casa, purtroppo le sue annotazioni matematiche sono per me incomprensibili.
Mi pare solo di aver capito che il vecchio pallino dei matematici che la matematica si possa auto-dichiarare sia falsa. Infatti un gruppo veritativo deve essere dichiarato da un gruppo esterno per poter essere coerente.


comunque mi pare che anche tu lo hai capito quando parli di impossibilità di unire la teoria classica, con quella ad arlecchino come l'hai chiamata,  :D c'hai proprio ragione.


Si ora ho capito.  cit "Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore."

pensavo intendessi dire che l'inconoscibilità ci dice qualcosa sulla conoscibilità dell'osservatore.

per cui cercavo di capire in cosa consistesse questa conoscibilità.

In realtà tu intendevi dire proprio il contrario che la conoscibilità è solo un mezzo usata dal nulla che noi siamo.

Visione un pò troppo radicale per me ;) direi quasi buddista (ma dove sono finiti gli amici buddisti che frequentavano il forum a proposito!! che peccato che se ne sono andati  :-[ ).
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 15 Gennaio 2022, 23:54:01 PM
Mi unisco a te nel  dispiacere.😌
Temo che  per capire Goedel bisognerebbe riuscire ad entrare nella testa dei matematici a lui contemporanei.
Perché ben conoscendo quelle teste potremmo capire Goedel , il quale in verità ci dice semplicemente che quelle idee destro quelle teste  erano sbagliate, ma, aggiungo io, che ciò non gli impediva di maneggiarle utilmente per interagire con la realtà.
Proprio questa difficoltà a comprendere che è diffusa, e non limitata a noi  , mi suggerisce che di altri uomini da noi si trattava., uomini così diversi noi da loro che elaborando gli stessi dati non produciamo la stessa realtà.
In questo senso intendo la conoscenza della realtà come cosa che poco o nulla ci dice della realtà, ma molto dei diversi  uomini che nei diversi tempi vi hanno a loro modo attraverso quella interagito.
Così quando studio, cosa rara che io faccia, gli antichi testi, non vi cerco la saggezza, ma gli uomini che li hanno prodotti, e così mi sorprendo di quanto siano uguali a noi, ma solo a patto di non darlo scontato.
Darlo per scontato è il miglior modo per non capirci nulla.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 04 Febbraio 2022, 15:04:55 PM
Sono un novellino. Ho scritto su Word e poi copiato.
La pagina risulta mal strutturata in alcuni punti.
Proverò a fare meglio.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 04 Febbraio 2022, 15:11:17 PM
Ciao Paolo e ben arrivato!

Vorrei fare alcune considerazioni riguardo all'esperimento mentale che hai proposto.

* Strano che non esca mai lo 0, diamo perciò per scontato che non vi sia.

* Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.

* L'opzione a) deduco che dovrebbe essere relativa al Caso33.

Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.

Considerando la infinitesima probabilità di ottenere 1000 lanci consecutivi con il medesimo colore, che vi sia una forzatura in atto durante la Prova33 è altamente probabile.

In quanto però vi è causa ulteriore influenzante i lanci.

Ma questo non vuol dire affatto che nella Prova75 non vi sia causa...
Perché la causa vi è sempre.

PS

Il tasto "Anteprima" permette di verificare la qualità di ciò che si vuole postare, in modo da eventualmente apportarne le correzioni.

È consigliabile, prima di copiarvi del testo, di selezionare il puntatore (Arrow)
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: niko il 04 Febbraio 2022, 16:07:33 PM
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.



In realta' il modo piu' semplice di studiare le probabilita' di un evento ripetibile e' attribuire in via provvisoria delle probabilita' equidistribuite, quindi cinquanta rosso e cinquanta nero, e poi fare un gran numero di tentativi per cercare eventuali prove contrarie a questa tesi di equidistribuzione che avevamo posto come premessa, quindi vedere per esempio, se per dieci volte di seguito escono molti piu' rossi che neri.


Nel caso di una roulette non truccata, prove contrarie alla tesi iniziale non c'e ne sono, e il risultato tende a cinquanta e cinquanta, a parte lo zero.


Devi pensare che ogni serie di mille lanci e' ugalmente probabile di tutte le altre se tieni  conto dell'ordine di uscita di ogni singolo risultato, mentre se tieni conto solo di quanti neri e quanti rossi escono a prescindere dall'ordine in cui escono, una e una sola serie corrisponde al risultato possibile di tutti rossi, mentre un'infinita' di serie possibili posizionalmente tutte diverse convergono tutte nel risultato possibile comune di una distribuzione al cinquanta per cento, tutti i risultati "strani", come 999 rossi e un nero, sono rappresentati da poche serie rispetto alla distribuzione equiprobabile al cinquanta per cento.


ad esempio questa possibile uscita di 999 volte in un modo e una nell'altro e' rappresentata "solo" da mille possibili serie, in cui il colore unico diverso varia mille volte tra le sue mille posizioni possibili, contro i milioni di miliardi di serie tutte possibili equilibrate perfettamente al cinquanta per cento o tendenti al cinquanta per cento, come quarantotto e cinquantadue.


Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere le probabilita', e se ti esce mille o novecentonovantanove volte rosso, sei stato sfortunato e ti farai un' idea assolutamente distorta di quella che e' la probabilita' reale, ma stai pur tranquillo che non succede, tanto che i casino' devono mettere sia lo zero che i limiti massimi e minimi di puntata, per avere la certezza matematica di spennare i polli/clienti nel lungo periodo.

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 04 Febbraio 2022, 16:10:20 PM
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.



Ciao Paolo e benvenuto. Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà. A prescindere dal fatto che uno non conosca la roulette è chiaro che sei cmq costumato a pensare che a ciò che tu consideri causa debba in qualche misura corrispondere un effetto. Quindi la risposta è la "c". Però tu assisti innanzitutto alla prova 33. La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci sul nero cominci a pensare che vi sia una causa diversa che agisce rispetto alla causa della ruota che gira e che determinerà la casella in cui finirà la pallina?
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: Ipazia il 04 Febbraio 2022, 16:43:46 PM
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale quando non è determinabile dai soggetti interessati. Cesare Borgia avrebbe potuto conquistare una bella fetta d'Italia se non si fossero sovrapposti due eventi, certamente determinati nelle loro cause specifiche, ma casuali rispetto ai progetti del Borgia: la morte del padre, papa Alessandro VI, ed una malattia temporaneamente invalidante.

Mi sa che Machiavelli, con le sue "virtù" e "fortuna", ci capiva più  dei metafisici su caso e necessità.

Anche nei fenomeni naturali il caso gioca brutti scherzi e quando ci si accorge di avere estratto il biglietto del "raro caso avverso" all'hub vaccinale solitamente è troppo tardi per le necessarie cure.

In tal caso gioca l'ignoranza di affaristi stregoni ed esecutori prezzolati, ma pure il trombo che va a finire dove non dovrebbe ed infine la genetica casuale degli incroci dei tuoi avi che ti ha reso piu trombotico del necessario di fronte all'aggressione covax.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 04 Febbraio 2022, 17:56:35 PM
Ciao Paolo e benvenuto.
In tutti i casi da te illustrati interviene sempre un omino , il croupier.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: viator il 04 Febbraio 2022, 18:19:23 PM
Ciao Paolo e benvenuto. Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare.


Magari sei un artista esperto, alla faccia di chi pensa che il pensare sia un'arte.

Io non sono un'artista, solamente un'artigiano. Hai presente quegli artigiani che usano quotidianamente la sega ?

Infatti il mio pensiero è talmente monotono nella sua alternatività che mi sono cresciuti i calli, e non certo sul cervello...........ma ti lascio indovinare su quale mio organo o parte del corpo.

Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 04 Febbraio 2022, 19:01:27 PM
Citazione di: paolo il 04 Febbraio 2022, 14:36:30 PM
Un saluto a tutti voi. Mi sono iscritto giusto ieri e questo è il mio primo post.

Mi presento: avanti negli anni , diplomato tecnico , insegnante in pensione, neuroni stanchi ma ancora più o meno collegati, conoscenza della filosofia quasi nulla ma comunque interessato.


Avendo scarsa dimestichezza con concetti astratti vi propongo  un esperimento mentale relativo comunque ad una situazione concreta:
Casinò di Sanremo.  Il croupier effettua una serie di mille lanci. Chiamo  questa  serie Prova1.     La Prova 1 da il seguente risultato: 200 rossi, 800 neri.                                                            Al rapporto 200/800 = 0,25 appiccico l'etichetta "Caso1"(nella eventualità di 800 rossi e 200 neri avrei considerato identico risultato).  Alla differenza 1- 0,25 = 0,75 appiccico l'etichetta "Necessità1".


Le prove continuano con risultati ovviamente diversificati.


La prova33 da come risultato: 0 rossi, 1000 neri.                                                              Caso33 = 0(minimo) ,    Necessità33= 1(massima).


La prova75 da come risultato: 500 rossi, 500 neri.                                                              Caso75 = 1(massimo),   Necessità75= 0(minima).
Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova33?    Probabilmente nella vostra mente comparirebbe un omino nascosto che, con una calamita, ha costretto la pallina sempre sul nero. Chiamo questo omino  "Causa".


Cosa pensereste dopo aver assistito alla sola Prova75?   Probabilmente nella vostra mente non comparirebbe alcun  omino.  La parola Causa neanche comparirebbe nel vostro vocabolario.


Cosa pensereste dopo aver assistito sia alla Prova33 che alla prova75 e solo a quelle? Avanzo le seguenti opzioni:
a)  La Causa opera nel corso  della Prova33                                                                             b)  La Causa non opera durante la Prova75.                                                                            c)  La Causa opera in entrambe le  Prove.                                                                                 d)  La Causa non opera in alcuna delle due.                                                                      Quale delle quattro?


Cosa pensereste dopo aver assistito a tutte le Prove?                                                             Non avanzo alcuna opzione. Non ne ho la più pallida idea!

Se l'esperimento non vi risulta del tutto strampalato avrei piacere in un vostro riscontro.
Per intanto vi ringrazio dell'attenzione e vi saluto.

Prima di darti una risposta ho una domanda da farti?
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Infatti tu lo hai descritto di fatto come tale con un croupier in carne e ossa.
Io direi quindi che si può provare a dare una risposta se lo si considera un possibile caso reale.
Considerandolo un caso reale forse riesci a darti anche da solo una risposta.
Se lo consideri reale, riesci a trovare una risposta?
Spesso, quando non si ha la più pallida idea della risposta, è perché la domanda è sbagliata.
È da capire se la forma non necessaria in cui hai posto la questione, quella di un esperimento mentale, non diventi al minimo fuorviante, quando pure fosse equivalente.
Perché, per contro, a volte, una domanda trova più facilmente risposta solo per avergli trovato una forma diversa, ma equivalente.
Il tuo esperimento mentale ,  potrebbe essere una forma diversa, ma equivalente, che ottiene però l'effetto di non farci vedere la risposta.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: baylham il 04 Febbraio 2022, 19:22:41 PM
A Paolo


Suppongo che siano in corso delle prove tecniche per alterare a piacimento il meccasmo casuale del gioco e controllarne gli esiti. Un esempio di passaggio da un sistema casuale a uno necessario negli esiti.

Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 06 Febbraio 2022, 18:26:27 PM
Ciao .   Ringrazio tutti per l'attenzione che mi accordate: date una mano ad un poveraccio in crisi di autostima. La cosa potrà tornarvi utile in futuro, ma non prima di cent'anni , ovviamente.

A bobmax:
Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.
Dipende da come la si mette. Di fronte alla Prova33 si pensa intuitivamente, spontaneamente, al massimo di necessità e niente caso. L'opposto riguardo la Prova75. Il mio modo di calcolare mi consente di essere vicino al linguaggio corrente.
Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.
Certamente. A tal proposito, ho utilizzato i termini Caso, Necessità, Causa per un rimando al linguaggio filosofico. Ciò però ci orienta verso i nostri "pregiudizi". Se avessi usato i termini Pinco, Palla e Vattelappesca  saremmo stati "vergini" di fronte al "fenomeno",  quindi meno soggetti ad errore.
Considerando .............. è altamente probabile.
Noi siamo filosofi, la probabilità non ci interessa, pretendiamo l'Assoluto!

A Nico.
Mi trovi in accordo con te quando affermi che ciascuna Prova è caratterizzata quantitativamente( 134 rossi, 866 neri) ma anche qualitativamente secondo l'ordine (nero, rosso, rosso, nero, ......... ). La caratterizzazione qualitativa è certamente più specifica e fine ma non credo ci possa aiutare nell'affrontare il "quibus". Se sbaglio, insisti.
Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere .......
Le parole Caso5, Necessità5   sono numeri riferiti ad una pluralità di eventi ( Prova5 ) e calcolati secondo procedura.  Il risultato di un qualunque singolo lancio della Prova5, astratto dal contesto, non da luogo ad alcun calcolo.
A Daniele22
Ciao Paolo e benvenuto.  Grazie.  Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà.
Con "novellino" ho inteso la mia condizione nei confronti degli strumenti informatici. In quanto al pensare, ci provo. Con quali risultati, Si vedrà. 
Quindi la risposta è la "c".
Non capisco se è la tua risposta o quella che mi attribuisci.
La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci..........
Ti rimando alla risposta a Nico.
Ad  Ispazia
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale
( I termini "casuale" e "causale" mi si intrecciano nella mente ed ogni volta mi tocca sbrogliarli. Che rottura! )
Se capisco bene, tu imputi la variabilità dei risultati alla pluralità dei fattori (Cause) comunque presenti.
Seguendo una prima vaga intuizione  direi che non è questo il punto. Provo a ragionare. 
Cesare affronta il nemico.  Sul campo di battaglia sono presenti due cause entrambe negative e la somma delle due, causa risultante, è negativa, Cesare perde e la Storia finisce lì.  Un unico risultato non da alcuna  variabilità, non c'è caso ne necessità, con il che, insieme alla Storia finisce ogni nostro discorso.
  Poniamo che , a nostra insaputa, Cesare faccia altri 999 tentativi. Se le due cause restano sempre quelle Cesare perde ogni volta.  Se invece i risultati variano evidentemente variano le cause, in numero, intensità e segno, varia la causa risultante ( + -> vittoria  ;  -  -> sconfitta). IL confine di decidibilità si è spostato dal campo di battaglia ad un luogo appena prima delle cause.
C'è forse un omino invisibile (causa antecedente ) che cambiando le cause determina la risultante e quindi la vittoria o la sconfitta?  Con il che torniamo al caso predente, per dirla come i matematici.
Cara Ispazia ,la conclusione, ora come ora, mi appare banale.
Sappi però che mi è costata due ore di "scervellamento"       ( forse la stanchezza ). Nel caso tu riuscissi a smontarmi il ragionamento prova a non farmi troppo male: carità cristiana, please .

A  Iano
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Perché pensavo che si potesse definire esperimento mentale un esperimento solo pensato che fosse realizzabile o meno.  In entrambi i casi non credo che i risultati possano essere tanto diversi.
Come che sia, caro Iano, non fare  il filosofo, non spaccarmi....... il capello in quattro!   ( Sono napoletano e quindi "obbligato", la gente se lo aspetta, a condire il discorso con qualche facezia. Tra persone di spirito non è un problema ).

A Viator
Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Sono in là con gli anni, bisogna che mi dia una mossa.
Grazie del benvenuto e dell'augurio

A Baylham
Occhio, i truffatori sono sempre in agguato!.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 06 Febbraio 2022, 19:15:54 PM
@Ciao Paolo.
Confesso di non averci capito nulla.
Troppi casi mi confondono.
Con questa discussione mi riproponevo addirittura  infatti di ridurre caso e necessità ad uno solo, col trucco di dare una definizione di caso diversa ma equivalente a quella corrente.
Lo scopo era di snaturare il caso ammettendo sempre una causa.
Ma di fatto eliminando il caso si elimina anche il suo contrario, la necessità .
A pensarci bene infatti è ingenuo credere che ogni specifica cosa abbia una specifica causa, sebbene sembri evidente che questo  sia lo schema della natura, almeno quando facilmente ci appare. Ma non sempre è così, e lo schema nin sempre si riesce a trovare.

Causa ed effetto sono secondo me un espediente descrittivo in base al quale sono possibili diverse descrizioni, che anche quando fossero equivalenti , cambiano la natura delle cause, per cui pensare a specifiche cause non mi sembra appropriato.
Così, ad esempio , nella teoria di Newton agiscono delle cause e in quella di Einstein altre.
Per cui io direi che non agisce alcuna causa specifica, ma che è possibile dedurre la coerenza di fondo della realtà mediante diversi racconti usando l'espediente narrativo delle cause e degli effetti.
Se invece ci fissiamo sull'esistenza di specifiche cause, ci toccherà poi necessariamente ipotizzare il caso, quando dentro una particolare storia queste ci difettino.
Succede così che trovandoci di fronte ad un racconto che descrive come mai ci era successo prima   la coerenza della realtà , la teoria quantistica, siccome però in difetto di cause , abbiamo difficoltà ad accettarla.


Il paradosso è che, nonostante abbiamo ormai sotto gli occhi la relatività delle cause, non ne abbiamo però tratto tutte le conseguenze, se assoluto è rimasto il loro contrario, il caso.


Insomma, da un lato non accettiamo davvero l'esistenza del caso ( Dio non gioca a dadi) ma dall'altro siamo noi a mantenerlo ancora in vita, non volendo rinunciare, per abitudine o chissà', all'esistenza di specifiche cause, perché non perdiamo la speranza in un racconto possibile univoco della realtà, la cosiddetta verità.
È arrivato davvero il momento di chiedersi se non sia il caso di rinunciare a questo pregiudizio, se dobbiamo rinunciare per mantenerlo, paradossalmente , alla comprensione della realtà.

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:14:51 PM
Citazione di: paolo il 06 Febbraio 2022, 18:26:27 PM
Ciao .   Ringrazio tutti per l'attenzione che mi accordate: date una mano ad un poveraccio in crisi di autostima. La cosa potrà tornarvi utile in futuro, ma non prima di cent'anni , ovviamente.

A bobmax:
Caso75 e Necessità75 dovrebbero essere 0,5 ciascuno.
Dipende da come la si mette. Di fronte alla Prova33 si pensa intuitivamente, spontaneamente, al massimo di necessità e niente caso. L'opposto riguardo la Prova75. Il mio modo di calcolare mi consente di essere vicino al linguaggio corrente.
Ciò premesso, ritengo che tu con "Causa" intenda una forzatura che influisce sull'esito dei lanci.
Certamente. A tal proposito, ho utilizzato i termini Caso, Necessità, Causa per un rimando al linguaggio filosofico. Ciò però ci orienta verso i nostri "pregiudizi". Se avessi usato i termini Pinco, Palla e Vattelappesca  saremmo stati "vergini" di fronte al "fenomeno",  quindi meno soggetti ad errore.
Considerando .............. è altamente probabile.
Noi siamo filosofi, la probabilità non ci interessa, pretendiamo l'Assoluto!

A Nico.
Mi trovi in accordo con te quando affermi che ciascuna Prova è caratterizzata quantitativamente( 134 rossi, 866 neri) ma anche qualitativamente secondo l'ordine (nero, rosso, rosso, nero, ......... ). La caratterizzazione qualitativa è certamente più specifica e fine ma non credo ci possa aiutare nell'affrontare il "quibus". Se sbaglio, insisti.
Ovviamente se non puoi fare tentativi ripetuti, non puoi conoscere .......
Le parole Caso5, Necessità5   sono numeri riferiti ad una pluralità di eventi ( Prova5 ) e calcolati secondo procedura.  Il risultato di un qualunque singolo lancio della Prova5, astratto dal contesto, non da luogo ad alcun calcolo.
A Daniele22
Ciao Paolo e benvenuto.  Grazie.  Non so quanto tu sia novellino nell'arte di pensare. Si vedrà.
Con "novellino" ho inteso la mia condizione nei confronti degli strumenti informatici. In quanto al pensare, ci provo. Con quali risultati, Si vedrà. 
Quindi la risposta è la "c".
Non capisco se è la tua risposta o quella che mi attribuisci.
La domanda diventa quindi: dopo quanti lanci..........
Ti rimando alla risposta a Nico.
Ad  Ispazia
Tutti i fenomeni hanno una loro causalità,  ma il loro intreccio diventa casuale
( I termini "casuale" e "causale" mi si intrecciano nella mente ed ogni volta mi tocca sbrogliarli. Che rottura! )
Se capisco bene, tu imputi la variabilità dei risultati alla pluralità dei fattori (Cause) comunque presenti.
Seguendo una prima vaga intuizione  direi che non è questo il punto. Provo a ragionare. 
Cesare affronta il nemico.  Sul campo di battaglia sono presenti due cause entrambe negative e la somma delle due, causa risultante, è negativa, Cesare perde e la Storia finisce lì.  Un unico risultato non da alcuna  variabilità, non c'è caso ne necessità, con il che, insieme alla Storia finisce ogni nostro discorso.
  Poniamo che , a nostra insaputa, Cesare faccia altri 999 tentativi. Se le due cause restano sempre quelle Cesare perde ogni volta.  Se invece i risultati variano evidentemente variano le cause, in numero, intensità e segno, varia la causa risultante ( + -> vittoria  ;  -  -> sconfitta). IL confine di decidibilità si è spostato dal campo di battaglia ad un luogo appena prima delle cause.
C'è forse un omino invisibile (causa antecedente ) che cambiando le cause determina la risultante e quindi la vittoria o la sconfitta?  Con il che torniamo al caso predente, per dirla come i matematici.
Cara Ispazia ,la conclusione, ora come ora, mi appare banale.
Sappi però che mi è costata due ore di "scervellamento"       ( forse la stanchezza ). Nel caso tu riuscissi a smontarmi il ragionamento prova a non farmi troppo male: carità cristiana, please .

A  Iano
Perché hai chiamato esperimento mentale quello che potrebbe benissimo essere un esperimento reale?
Perché pensavo che si potesse definire esperimento mentale un esperimento solo pensato che fosse realizzabile o meno.  In entrambi i casi non credo che i risultati possano essere tanto diversi.
Come che sia, caro Iano, non fare  il filosofo, non spaccarmi....... il capello in quattro!   ( Sono napoletano e quindi "obbligato", la gente se lo aspetta, a condire il discorso con qualche facezia. Tra persone di spirito non è un problema ).

A Viator
Mi limito quindi ad augurare a te di riuscire ad essere o diventare un vero e completo artista del pensiero.
Sono in là con gli anni, bisogna che mi dia una mossa.
Grazie del benvenuto e dell'augurio

A Baylham
Occhio, i truffatori sono sempre in agguato!.


E' la risposta che do io naturalmente. A caso non capita nulla
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:26:24 PM
Citazione di: iano il 11 Gennaio 2022, 00:49:11 AM
Se ripropongo questo argomento più volte da noi affrontato, è perché interagendo con Eutidemo riguardo la storia dell'asino di Buridano mi è venuta un idea che credo originale, e ve la illustro.


Si tratta di una definizione di caso diversa, ma equivalente a quella classica.
Ciò equivale a nient'altro che riguardare la stessa cosa da una prospettiva diversa, perché quando si cambia prospettiva a volte si vedono dettagli che dalla vecchia non ci apparivano.


Così propongo di sostituire la definizione di caso, di come ciò che avvenga senza una causa, come ciò che avviene per causa inconoscibile.
Ciò equivale a dire che nulla avvenga senza una causa e il caso deterministico si riduce a quello in cui vi è una causa potenzialmente conoscibile.


Sull'inconoscibilita',e in ciò la nuova prospettiva mi sembra interessante, possiamo fare due ipotesi diverse, una come inconoscibilita' assoluta, nel senso che nessun osservatore presente e futuro potrà' mai conoscere le cause, che pure si ipotizza sempre esista, l'altra come relativa agli osservatori presenti, ma non necessariamente ai futuri.


Io propendo per una inconoscibilita' relativa , cioè una inconoscibilita' che ci dice qualcosa sull'osservatore.


Noto infatti che, seppure le vecchie teorie fisiche vengano superate dalle nuove grazie all'accumulo di nuovi dati dipendente  dall'evoluzione degli strumenti di misura, esistono però da sempre dati a disposizione dell'uomo che solo l'uomo moderno è riuscito ad elaborare in una teoria, e in particolare mi riferisco alla teoria dell'evoluzione di Darwin.
Una possibile spiegazione è che non stiamo parlando degli stessi uomini, ma di osservatori diversi, o, se si preferisce, appunto in evoluzione


L'argomento però non è l'evoluzione di Darwin, che è solo un esempio che ho provato a trarre dalla nuova definizione di caso.
L'argomento è ciò che voi vorrete provare a trarne..


Ciao Iano, questo è un paradosso molto semplice. Ti sei più volte appellato al fatto che una cosa non esiste di per se (io nego pure "la cosa per noi"). Se neghi la "cosa in se" come più o meno tutti qui dentro, come puoi porti dei dubbi sul fatto che possa esistere il caso in assoluto? Il caso non esiste e basta, il suo senso riguarda solo un aspetto pratico della nostra vita per distinguerlo dalla necessità
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: Ipazia il 06 Febbraio 2022, 21:39:14 PM
L'approccio metafisico, ovvero per assoluti, è quanto di meno proficuo possa esserci per venirne a capo.

L'abilità di uno stratega è mettere in campo quanto è necessario tenendo conto di tutti i casi possibili.

Sarà stato un bravo (e fortunato) stratega se avrà saputo prevedere tutti i casi che si sono verificati predisponendo per ciascuno le necessarie contromisure.

Ciò vale in guerra, politica, lavoro, sport, sentimenti, e ovunque giochiamo la partita della nostra unica e irripetibile vita.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 06 Febbraio 2022, 22:45:56 PM
Citazione di: Ipazia il 06 Febbraio 2022, 21:39:14 PM
L'approccio metafisico, ovvero per assoluti, è quanto di meno proficuo possa esserci per venirne a capo.

L'abilità di uno stratega è mettere in campo quanto è necessario tenendo conto di tutti i casi possibili.

Sarà stato un bravo (e fortunato) stratega se avrà saputo prevedere tutti i casi che si sono verificati predisponendo per ciascuno le necessarie contromisure.

Ciò vale in guerra, politica, lavoro, sport, sentimenti, e ovunque giochiamo la partita della nostra unica e irripetibile vita.
Sono d'accordo.
Ma mi rimane un dubbio. Che l'ipotesi metafisica, assunta in modo più o meno cosciente, sia necessaria.
Da essa si derivano infatti non tutti i possibili casi, ma solo quelli che da essa si possono derivare.


Gli strateghi comunque giocano alla pari perché condividono quella ipotesi, senza la quale non vi sarebbe neanche un campo di battaglia comune, una ragione di contesa.
Sono però curioso dei meccanismi che portano a prendere piena coscienza delle nostre metafisiche, e delle inerzie che portano a cambiarle.
La metafisica nin ha alcun effetto se non è condivisa.
Essa funziona come un perfetto surrogato della verità che si va' a cercare, perché si è posta invece a premessa senza saperlo.
Il meccanismo che porta a condividere ciò che in se' ha il carattere della gratuità non può non incuriosire.
Viviamo in periodo cosiddetto nichilistico, in cui tutte le metafisiche che hanno fin qui imperato sono state denudate, anche se non tutti lo ammettono, e il problema è, come facciamo a sostituirle, come se dovessimo deciderne di nuove, cosa già' non facile, e che risultino al contempo condivise?
Ma se le metafisiche si producono in modo condiviso a nostra insaputa, non rimane che aspettare.
La ragione che deriva i casi su qualcosa si deve esercitare.


Ma noi filosofi non siamo qui per dire che il re è nudo, o sennò qui che ci stiamo a fare?
Se non glielo diciamo come faremo a convincerlo di doversi rivestire?



I nobili cavalieri sono andati con le loro armature alla disfatta contro le armi da fuoco, morendo da nobili, perché che erano nobili lo dimostrava la loro armatura., e forse non era il caso.
Mi sembra che stiamo vivendo un frangente simile, volendo morire da "uomini" piuttosto che dismettere le nostre armature metafisiche.
Lo vediamo ben tutti che stiamo andando a morire, eppure indomiti avanziamo, per morire da uomini, secondo quello che le nostre anacronistiche metafisiche ci dicono che siamo.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 06 Febbraio 2022, 23:24:49 PM
Citazione di: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.


Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?
Adesso capisco meglio cosa volevi dire.
Però il riferimento al sostantivo mi fuorviava.
Allora per dirla a modo tuo io dico, se immaginiamo la verità come una combinazione di simboli, laddove si escluda una indefinibile illuminazione, è  il giusto sostantivo allora che ci manca ancora, la giusta combinazione di simboli?
Ma posta in questo modo la verità, se non perde perciò il suo appeal, forse è perché ci si rifiuta di vederla come un vestito di simboli arbitrari.


C'è una profonda saggezza nella parabola, mito, o non so' come dire, del verbo che si fa' carne, dove la carne è ciò che condividiamo, senza bisogno che su ciò ci accordiamo, e nel momento in cui si fa' carne lo difendiamo con l'istinto di sopravvivenza.
Difficile allora vedere quella carne come un vestito, un uniforme.
Una la dobbiamo possedere perché non è da uomini avanzare nudi verso il futuro, come basta fare agli altri animali. Questo vestito però non è una pelle, carne della nostra carne, anche se per tale la scambiamo, e lo dobbiamo cambiare, quando cambia la stagione.


Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 06 Febbraio 2022, 23:42:04 PM
Forse  allora capisco come risolvesse il pensiero magico il dilemma di una verità vista come combinazione di simboli potenzialmente arbitrari, che arbitrari perciò non fossero, possedendo un loro potere.
Che il verbo dunque si faccia carne, o che assuma i superpoteri, non c'è , sembra , altro modo per poter esprimere attraverso i simboli una verità.


Leggere il futuro nei tarocchi non è poi una idea così balzana, se a partire dalla loro lettura noi lo determiniamo e fra essi ci sono le carte del caso e della necessità.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 07 Febbraio 2022, 00:27:53 AM
Nella fisica subatomica ciò che frustra le nostre aspettative metafisiche è che quando andiamo a misurare  una particella non sappiamo mai dove essa ci apparirà, perché la nostra metafisica lega l'esistenza di qualcosa  all'occupare una precisa località , e questo diventa urgente in particolare se le particelle sono tutte uguali e distinguibili dunque solo per la loro posizione.
Questa apparente stranezza mette in secondo piano un altra stranezza, che a causa di una misura la particella appaia,e pure non è cosa da dare per scontata.
Eppure la cosa ci apparirebbe strana se la traducessimo in termini macroscopici, come una palla da biliardo che ci appaia, o la sentiamo, solo quando tirando a caso  la colpiamo, come succederebbe se spegnessimo la luce.
Al buio la palla potrebbe essere ovunque, e non ci resta che tirare con la stecca a caso.
Ma , nella misura in cui la palla esiste in quanto ha una posizione, nel momento in cui la colpiamo essa perde la sua distinzione, cambiando posizione.
A bocce ferme, accendendo la luce, come faremo a distinguere quale palla abbiamo colpito?


Se nel caso microscopico tirare di stecca significa assegnare una posizione, istituendo una identità, nel caso macroscopico significa togliergliela.
Lo dico così, come spunto di riflessione, perché  se certe cose nuove ci si presentano in modo inatteso, è solo l'abitudine a determinare le nostre aspettative, aspettative che per i casi  nuovi , non essendo abituali, non possediamo.
Ma se riusciamo per puro esercizio ad astrarre dai casi normali l'abitudine, che cosa resta a loro di normale?
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
Permettetemi alcune considerazioni in libertà.

Gli scienziati di tanto in tanto si riuniscono  per una ragione di "igiene lessicale". Assegnano ad ogni oggetto un nome (uno solo, niente sinonimi),  ed un nome riferirà ad un solo oggetto:
     un oggetto un nome ,  un nome un oggetto.
La cosa risulta agevole in quanto gli oggetti della scienza sono "semplici" e abbastanza definibili.
Mi pare di poter dire che i filosofi sono meno rigorosi per cui i loro scritti risultano faticosi e fonte di fraintendimenti. D'altronde gli oggetti della filosofia sono complessi e sfumati. Temo che mai i filosofi si riuniranno alla guisa di scienziati. E poi, chi mai oserebbe allineare lessicalmente gente del calibro di Aristotele, Tommaso e Kant?   Come che sia, un tantinello di attenzione non guasterebbe.

IL mio primo post è stato un temerario quanto goffo tentativo di arrivare ad un definizione condivisa dei termini  Caso, Necessità, Causa, per quanto possibile.   Partendo dalla osservazione di un situazione concreta ( Casinò )  contavo di raggiungere lo scopo  per astrazioni successive.   Forse troppi numeri, troppi casi.

Molti decenni or sono (ahimè!) mi sono state fornite le nozioni basiche della Teoria degli insiemi. Ne sono rimasto folgorato, per cui riesco a ragionare solo in termini di insiemi e relative operazioni e relazioni.
Tanto per dire:  Caso , Necessità e Causa sono oggetti o insiemi di oggetti?   Se sono da considerarsi insiemi, quali sono i loro elementi ( oggetti )?  E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi).  Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 07 Febbraio 2022, 06:52:49 AM
Al terzultimo rigo del post che ho appena inviato,  dopo (Ipostasi) considerate un punto interrogativo.
Scusate il refuso.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 07 Febbraio 2022, 08:25:18 AM
Citazione di: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi) ? Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?
La teoria degli insiemi ha molto da insegnarci, ma, a proposito di economia dei termini da usare, a volte uno sdoppiamento sembra inevitabile., e l'economia nin è necessariamente un bene in se'.
Sostituirei allora meglio oggetto con elemento, e direi che lo stesso oggetto diventa all'occasione insieme od elemento.
Per l'oggetto quindi  ciò che conta, ciò che lo possa caratterizzare, non è essere elemento o insieme, ma la sua individuazbilita'. .
Comode scorciatoie di individuazione possono fuorviare.
Possiamo individuare l'umanità come l'insieme di animali che condividono delle forme, ma se poi questo oggetto deve entrare nel gioco di cause ed effetti è la sua azione che conta, per cui sarebbe più corretto caratterizzare l'umanità come l'insieme di animali che condividono un comportamento, e poi semmai considerare che una  uniformità comportamentale da diritto ad una uniforme.
Gli elettroni sono uguali perché hanno la stessa forma, o gli diamo la stessa forma perché si comportano  in modo uguale?
Di certo riconoscere gli elettroni dalla loro forma non è una scorciatoia praticabile.
Sono uomo o umanità perché appaio come tale, o perché mi comporto come tale?
Dipende se faccio la pipì oppure no.
Da un punto di vista matematico un oggetto esiste quando lo si è ben definito, ma dal punto di vista fisico esiste quando entra nel gioco di cause ed effetti, deducendosi da quello la sua esistenza..
L'esistenza in se' che attribuiamo agli oggetti fisici vale un po' come mettere il carro davanti ai buoi, cosa che invece in matematica occorre fare.
Gli oggetti matematici possono avere conseguenze solo se prima esistono.
Ma un oggetto fisico che esistesse senza conseguenze, cosa esisterebbe a fare?
La definizione di essere come cosa in se' è dunque una distorsione che deriva dal fatto che la matematica è lo strumento principe della conoscenza.
Essa è così strettamente legata alla conoscenza che c'è stato un tempo in cui oggetti fisici e oggetti mentali apparivano ben fusi, e la definizione di essere in quanto tale è ciò che rimane ancora di quella confusione.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 07 Febbraio 2022, 09:38:15 AM
Citazione di: daniele22 il 06 Febbraio 2022, 21:30:32 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2022, 19:56:15 PM
In un certo senso molti paradossi sono generati da una comprensibile, ma indebita affezione verso i mezzi che usiamo, riconoscenti per la loro utilità mostrata.
Così, se per una vita abbiamo fatto il falegname, e ciò ci ha sostentato, saremo riconoscenti alla sega, provando con quella a svitare una vite, quando ci si si presentasse a noi questa inedita necessità.



Appunto. E' da qui che parte la critica al sostantivo della lingua. Quante azioni può compiere una sega, oltre a quella classica?


Un albero può dare ombra, può dare il fuoco, può dare frutti, può dare la sua bellezza, può dare un riparo, e noi tutti attribuiamo all'albero tutte quelle peculiarità che ne fanno emergere un sostantivo condivisibile. Ma chi è che decide di tagliarlo per costruire al suo posto una pista da sci? Jacopus ha appena aperto un topic. Lo si guardi un po'

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 07 Febbraio 2022, 10:12:00 AM
Citazione di: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
Caso , Necessità e Causa sono oggetti o insiemi di oggetti?   Se sono da considerarsi insiemi, quali sono i loro elementi ( oggetti )?  E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi).  Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?

Pur essendo stata senz'altro uno strumento utile per il nostro inoltrarci nel mondo, la teoria degli insiemi ci ha allontanato dall'autentica realtà.

Perché ciò che era mera categoria ha iniziato a vivere di vita propria.

Concetti utili, indispensabili, per il nostro capire come il mondo funziona, come le categorie, hanno finito per diventare essi stessi realtà!

Mentre non lo sono affatto.
Anzi, ne sono una mistificazione.

Nella ricerca della Verità, la direzione da intraprendere sarebbe invece l'opposta.
Ossia l'annullamento delle categorie.
Che sono solo il risultato di una nostra distinzione, necessaria, ma che implica inevitabilmente una perdita.

Che avvenga una perdita, nell'operare ogni distinguo, lo si può avvertire nel momento in cui, di fronte all'amato, cerchiamo di comprendere chi, cosa veramente amiamo.

Potremmo allora forse cogliere che, lì di fronte, non c'è nessuno.

PS
A mio parere, discutere della realtà degli insiemi, partendo dal caso e dalla necessità, è abbastanza arduo.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 07 Febbraio 2022, 23:37:16 PM
Citazione di: paolo il 07 Febbraio 2022, 05:59:14 AM
Tanto per dire:  Caso , Necessità e Causa sono oggetti o insiemi di oggetti?   Se sono da considerarsi insiemi, quali sono i loro elementi ( oggetti )?  E' lecito assegnare agli insiemi e agli oggetti lo stesso grado di "realtà" (Ipostasi).  Mi spiego: ciascun essere umano soffre e fa la pipì,  L'Umanità non soffre e non fa la pipì.  Se diciamo che Daniele22  "esiste",   L'Umanità  "esiste" in ugual misura?
Grazie paolo per avermi inserito tra gli esistenti, almeno in questo schermo che ci appare.
Prima risposta: sono oggetti
Terza risposta: se il punto di domanda è posto dopo la parola ipostasi, sì
Però è una realtà linguistica, nel senso che non tiene conto dei gravami o leggerezze del mondo della vita.
Se daniele22 esiste, esiste come espressione linguistica, non come l'individuo che sta scrivendo ora, e l'umanità esiste solo come espressione linguistica, non cioè come l'umanità che sta scrivendo ora
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 09 Febbraio 2022, 06:39:32 AM
Classificare i fenomeni del mondo è una inclinazione irresistibile di tutti gli esseri viventi, uomini , animali e forse anche i fili d'erba.   Una gazzella, dopo aver constatato la comune aggressività di dieci leoni,  raggruppa  i leoni, quelli osservati e quelli immaginati , in un insieme a cui da il nome di "pericolo".  Nell'incontrare l'undicesimo leone, la gazzella non perderà tempo ad osservarlo, scapperà a gambe levate. Insomma la gazzella concettualizza  ed è questo il motivo per il quale se ne vedono ancora in giro.
L'uomo pensa, parla e scrive  per concetti-insiemi , sempre , in ogni momento, seppure in maniera inconsapevole, "sbadata".
Un giorno accade che un certo Cantor ( che Dio lo abbia in gloria! ) comincia a riflettere sulla cosa,  chiarisce, sistema, formalizza.
A mio avviso, la cognizione della sua teoria ci fa consapevoli del modo con il quale indaghiamo la realtà, facilita e rende produttivo il lavoro, riduce gli errori.

A bobmax
Concetti utili, indispensabili, per il nostro capire come il mondo funziona, come le categorie, hanno finito per diventare essi stessi realtà!
Parole sante!   Dopo uno o più gradi successivi di astrazione dimentichiamo da dove siamo partiti e i concetti-insiemi prendono vita, li rendiamo " persone ".  Ma l'errore è nostro:  Cantor scampanella ma noi non lo sentiamo.
.....di fronte all'amato, cerchiamo di comprendere chi, cosa veramente amiamo.
Di fronte all'Amata non cerco di comprendere, .....prendo ( tutto passato, ahimè! ).

A Iano
l'economia nin è necessariamente un bene in se'
Dammi retta, l'economia è sempre utile.
La definizione di essere come cosa in sè è dunque una distorsione che deriva dal fatto che la matematica è lo strumento principe della conoscenza.
I matematici e i fisici sono gente seria, mica come noi filosofi:  non si baloccano con la "cosa in sé ",  prendono atto dei fenomeni e tanto basta.
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Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 09 Febbraio 2022, 17:49:41 PM
Citazione di: paolo il 09 Febbraio 2022, 06:39:32 AM
Classificare i fenomeni del mondo è una inclinazione irresistibile di tutti gli esseri viventi, uomini , animali e forse anche i fili d'erba.   Una gazzella, dopo aver constatato la comune aggressività di dieci leoni,  raggruppa  i leoni, quelli osservati e quelli immaginati , in un insieme a cui da il nome di "pericolo".  Nell'incontrare l'undicesimo leone, la gazzella non perderà tempo ad osservarlo, scapperà a gambe levate. Insomma la gazzella concettualizza  ed è questo il motivo per il quale se ne vedono ancora in giro.
L'uomo pensa, parla e scrive  per concetti-insiemi , sempre , in ogni momento, seppure in maniera inconsapevole, "sbadata".
Un giorno accade che un certo Cantor ( che Dio lo abbia in gloria! ) comincia a riflettere sulla cosa,  chiarisce, sistema, formalizza.
A mio avviso, la cognizione della sua teoria ci fa consapevoli del modo con il quale indaghiamo la realtà, facilita e rende produttivo il lavoro, riduce gli errori.

A bobmax
Concetti utili, indispensabili, per il nostro capire come il mondo funziona, come le categorie, hanno finito per diventare essi stessi realtà!
Parole sante!   Dopo uno o più gradi successivi di astrazione dimentichiamo da dove siamo partiti e i concetti-insiemi prendono vita, li rendiamo " persone ".  Ma l'errore è nostro:  Cantor scampanella ma noi non lo sentiamo.
.....di fronte all'amato, cerchiamo di comprendere chi, cosa veramente amiamo.
Di fronte all'Amata non cerco di comprendere, .....prendo ( tutto passato, ahimè! ).

A Iano
l'economia nin è necessariamente un bene in se'
Dammi retta, l'economia è sempre utile.
La definizione di essere come cosa in sè è dunque una distorsione che deriva dal fatto che la matematica è lo strumento principe della conoscenza.
I matematici e i fisici sono gente seria, mica come noi filosofi:  non si baloccano con la "cosa in sé ",  prendono atto dei fenomeni e tanto basta.



Senza nulla togliere al resto in cui non mi intrigo, secondo me alla gazzella è sufficiente il primo incontro per categorizzare il leone e tenerlo d'occhio. Il problema semmai riguarderebbe la durata della sua memoria
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 09 Febbraio 2022, 18:31:50 PM
Paolo, Cantor rappresenta la caduta rovinosa nella ricerca della Verità.
Con lui abbiamo l'apoteosi del fraintendimento su cosa sia la realtà.

L'infinito non esiste.
E invece Cantor che fa?
Lo usa come fosse una cosa!
Va all'infinito, poi ci ritorna...
Senza tema di cadere nell'assurdo.

Ma questi sono i tempi...

Verrà il momento in cui finirà di essere osannato.
Allora inizieremo a uscire dal nichilismo. Magari recuperando Zenone.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 09 Febbraio 2022, 20:07:51 PM
Citazione di: paolo il 09 Febbraio 2022, 06:39:32 AM

A Iano
l'economia nin è necessariamente un bene in se'
Dammi retta, l'economia è sempre utile.
La definizione di essere come cosa in sè è dunque una distorsione che deriva dal fatto che la matematica è lo strumento principe della conoscenza.
I matematici e i fisici sono gente seria, mica come noi filosofi:  non si baloccano con la "cosa in sé ",  prendono atto dei fenomeni e tanto basta.

Non sono gente seria, sono gente e basta , come noi, con gli stessi problemi, che si sono rassegnati a prendere atto dei fenomeni facendoselo bastare.
Ma non ci dici quanto le nostre risposte alle tue precise domande ti abbiano soddisfatto.
Preciso allora la mia risposta.
È lecito assegnare lo stesso grado di realtà  ad insiemi ed elementi se sono intercambiabili.
In un insieme di insiemi gli insiemi sono elementi..
La domanda allora è se esistono elementi irriducibili su cui poter fondare la realtà.
La risposta secondo me è no, perché elementi ed insiemi non fanno parte della realtà se non nella misura in cui da essa li deriviamo indirettamente come possibili attori di una sua descrizione.
Questa libertà che ci prendiamo svincolando la matematica dalla realtà ha messo le ali alla matematica, e in questa premessa filosofica "seria" sta la necessaria premessa dell'alto volo intrapreso da Cantor, che in effetti è ancora considerato esemplare.
Per la matematica ciò che conta è se con i suoi enti ci si possa operare, e Cantor ci ha insegnato come operare con gli infiniti, ma non si tratta, per quel che ho potuto personalmente elaborare una questione chiusa e finita.
Certamente c'è un punto notevole introdotto da Cantor, che non occorre contare gli elementi di un insieme per stabilirne la quantità, e questo ha dato il via alla possibilità di rilevare quantità infinite in diverso grado, assumendo il possibile confronto fra insiemi, attraverso la corrispondenza biunivoca dei suoi elementi, come concetto logicamente semplice da cui far derivare quello più complesso di numero.
Su questo punto c'è poco da ridire, se non che concetti che a noi appaiono evidenti, come quello di numero naturale, hanno invece una loro origine tortuosa.
Le operazioni fra numeri sono fondamentali rispetto ai numeri stessi, ed è da quelle operazioni che nascono i numeri. Essere più grande più piccolo od essere uguale, viene  prima di essere quanto.


Ma quello che non mi convince di Cantor, per quel poco che ne so', è che mi pare ci sia una bella differenza fra corrispondenze biunivoche condensabili in una formula finita, per cui è immediato trovare l'ennesima corrispondenza, e le corrispondenze biunivoche che richiedo per essere espresse una sequenza infinita. Mi sembra infatti che ciò comporti una seria limitazione nel poter con quegli infiniti operare, riproponendosi il problema di un numero di passaggi potenzialmente infiniti, quindi impraticabile.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 09 Febbraio 2022, 20:46:01 PM
Se per la matematica ciò che conta non è più la realtà dei suoi enti, ma solo se con essi ci si possa operare, allora ciò che conta nella realtà non è l'esistenza degli oggetti in se', ma che con essi ci si possa operare.
Come per i numeri naturali gli oggetti vengono posti in essere dalle operazioni che vi possiamo effettuare.
Naturalmente questa è una filosofia opinabile, comunque diversa da quella finora accettata, ma credo che dietro qualunque teoria matematica ve ne sia sempre una, anche se non sempre evidente.


Ora però mi sorge il dubbio se tu ancora attribuisci agli enti matematici un grado di realtà, e se in particolare intendi dover dimostrare la loro coerenza come corrispondenza con la coerente realtà.
Infatti se due cose hanno lo stesso grado di qualcosa, e sono intercambiabili, se uno dei due possiede quel grado, allora anche l'altro lo possiede.
Ma se ammettiamo diversi gradi di realtà allora la filosofia che sta alla base è cambiata, dov'è nessuna descrizione matematica corrisponde alla realtà, di modo che possiamo assumere, con diversi gradi di successo relativi ai casi considerati, che ogni teoria possa corrispondere alla realtà, ma in un senso esclusivamente operativo.
Per quanto possa essere bella  una equazione, e per quanto i matematici legittimamente si accontentino di contemplarla,
ciò non basta quando vogliamo capire l'inattesa efficacia della matematica nel descrivere la realtà .
Però se ci si accontenta di una descrizione puramente operativa la questione è così risolta,e una volta svincolata la matematica dalla  perfetta corrispondenza dell matematica con la realtà dopo Cantor altri sono venuti e ancora ne verranno.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 10 Febbraio 2022, 04:51:57 AM
Come già detto, di tanto in tanto tento qualche spiritosaggine, con un pizzico di autoironia   e ironia.  E' un fatto di temperamento ma anche il tentativo di stabilire un ponticello tra noi atomi persi nel caos. Non trovo riscontro, e non siete certo obbligati a corrispondermi. Tra un po' smetto.

Ho evocato Cantor perché ritengo che possa esserci utile  ma la discussione è un po' partita per la tangente allontanandoci dal "quibus". A me va benissimo ma non tutti potrebbero essere interessati. Ditemi voi.

Adaniele22
Senza nulla togliere al resto in cui non mi intrigo, secondo me alla gazzella è sufficiente il primo incontro per categorizzare il leone e tenerlo d'occhio.
Alla gazzella non basta il primo incontro  per  categorizzare,  così come non basta un solo lancio di pallina per parlare di Caso e Necessità.


A bobmax
Cantor è il tentativo di sistemare il modo di "pensare" di uomini animali e fili d'erba, sassi esclusi.
Se a bobmax  Cantor non piace,  Bobmax non  "pensa",  quindi bobmax è un sasso.

A Iano
Preciso allora la mia risposta.  È lecito assegnare lo stesso grado di realtà  ad insiemi ed elementi se sono intercambiabili. In un insieme di insiemi gli insiemi sono elementi..
Il punto è tra gli elementi ( a1, a2, .......an )  ed  il corrispondente insieme A.  Io sarei di avviso diverso dal tuo:  ciascun elemento  a  è  più "tosto" di A.    Se poniamo  ( A,  B, C,....) = Pinco,  allora Pinco è ancora più "moscio" di A rispetto a ciascun a.
Detto in soldoni : maggiore il grado di astrazione, minore la solidità.
Ma questi sono discorsi filosofici dei quali a Cantor non frega alcunché.

Le operazioni fra numeri sono fondamentali rispetto ai numeri stessi, ed è da quelle operazioni che nascono i numeri.
Credo tu volessi scrivere "Le operazioni fra insiemi..."  Tra corrispondenza biunivoca  e numero la via non è poi così tortuosa.  La teoria degli insiemi è pre-matematica.

Cantor ci ha insegnato come operare con gli infiniti, ma non si tratta, per quel che ho potuto personalmente elaborare una questione chiusa e finita.
Cantor ci aiuta senz'altro nel finito.  Quanto all'infinito non ci ho capito molto, ma la cosa mi intriga.  Ho provato a chiedere in giro se l'insieme dei numeri naturali è considerato infinito per postulato o per dimostrazione. Le risposte non mi hanno convinto.

Se per la matematica ciò che conta non è più la realtà dei suoi enti, ma solo se con essi ci si possa operare, allora ciò che conta nella realtà non è l'esistenza degli oggetti in se', ma che con essi ci si possa operare.
Ho impiegato qualche secondo per capire che le due realtà di cui sopra sono di specie diversa.  La seconda realtà andrebbe , in realtà(??) ,  sostituita  con  " in effetti".  (Scusa l'intreccio, ho tentato un calembour ).  Niente  di male, capita a noi filosofi.  Ma ecco dimostrato che siamo meno attenti dei matematici.
 
.....l'inattesa efficacia della matematica nel descrivere la realtà .
E' una cosa che sorprende tutti,  matematici in primis.  I filosofi cercano di venirne a capo, ma altro non so.
Abbiamo in comune una sia pure elementare conoscenza di matematica.  Non male.

Ho provato ad usare come voi il pulsante  "Citazione" ma ho trovato conferma della mia pochezza.  Mi date una mano? 
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 10 Febbraio 2022, 08:48:13 AM
@ Paolo
Con la pallina stai giocando, ma la gazzella mica gioca col leone. Penso che una gazzella, se la prima volta che nota il leone lo nota mentre questi sbrana la sua compagna di giochi, sarà ben difficile che non lo categorizzi. Col tempo, sempre tenendo il leone sotto tiro, imparerà pure a distinguere quando sia il momento di scappare e quando no, e le prime volte si affiderà all'autorevolezza delle più anziane
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: viator il 10 Febbraio 2022, 18:00:29 PM
Salve Paolo. Citandoti : "Ho provato a chiedere in giro se l'insieme dei numeri naturali è considerato infinito per postulato o per dimostrazione. Le risposte non mi hanno convinto".
Credo bene che le risposte non possano essere convincenti.


Non esiste nulla di più INNATURALE dei numeri, visto che essi consistono solo in CIFRE, creazione esclusiva concettuale simbolica della mente umana.

Conoscerai - spero - la differenza tra numeri, cifre e quantità.


Infatti si dovrebbe parlare di QUANTITA' naturali, umanamente esprimibili attraverso dei numeri.

Le quantità sono discrete se l'Universo risulta limitato, infinite se esso Universo risulta illimitato.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 10 Febbraio 2022, 18:31:57 PM
pulsa citazione e ti compare il post citato, poi vai giù coi tasti sù e giù, oppure ctrl+fine fino a quando puoi scrivere
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 10 Febbraio 2022, 20:24:32 PM
Citazione di: viator il 10 Febbraio 2022, 18:00:29 PM
Salve Paolo. Citandoti : "Ho provato a chiedere in giro se l'insieme dei numeri naturali è considerato infinito per postulato o per dimostrazione. Le risposte non mi hanno convinto".
Credo bene che le risposte non possano essere convincenti.


Non esiste nulla di più INNATURALE dei numeri, visto che essi consistono solo in CIFRE, creazione esclusiva concettuale simbolica della mente umana.

Conoscerai - spero - la differenza tra numeri, cifre e quantità.


Infatti si dovrebbe parlare di QUANTITA' naturali, umanamente esprimibili attraverso dei numeri.

Le quantità sono discrete se l'Universo risulta limitato, infinite se esso Universo risulta illimitato.
Credo che in questo caso vada ben una dimostrazione per assurdo.
Si ammette quindi che l'insieme dei numeri naturali sia limitato.
Da ciò segue che esiste un numero più grande di tutti nell'insieme.
Chiamiamolo N.
Ma siccome N+1 è ancora un numero naturale maggiore di N, cio' contraddice il fatto che l'insieme possa contenere un numero più grande di tutti, ne consegue quindi che l'insieme dei numeri naturali è infinito.
Che poi i numeri naturali tanto naturali non siano lo sappiamo perché hanno una loro genesi.
Sappiamo ad esempio che 1 inizialmente non era considerato un numero, in quanto per numero si intendeva una molteplicità. Quindi il primo numero era il due., perché è la più piccola molteplicità.
Molteplicità quindi è un concetto logicamente più semplice rispetto a quantità.
E infatti il numero inteso come quantità nasce dopo.







Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: viator il 10 Febbraio 2022, 21:01:20 PM
Salve Paolo. Citandoti : ".....l'inattesa efficacia della matematica nel descrivere la realtà .
E' una cosa che sorprende tutti,  matematici in primis.  I filosofi cercano di venirne a capo, ma altro non so"
.


Anch'io trovo meraviglioso, inesplicabile, sorprendente, miracoloso..........il fatto cha la la matematica (cioè uno strumento concettuale inventato dall'uomo per interpretare dei significati umani) riesca ad interpretare dei formali concetti umani generati dalla mente umana.

Singolarissima pure la coincidenza col fatto che i cavatappi sembra proprio siano stati creati apposta - da parte di chi aveva un sacco di bottiglie da aprire - per estrarre dei turaccioli !!.


Ancora più inspiegabile e prodigioso trovo (non riesco a dormire la notte, pensandoci) ad esempio che l'atmosfera terrestre sembra essere stata creata da qualcuno (o da qualcosa) come perfettamente adatta alla respirazione...............oppure che la forza di gravità agisca verso il basso, permettendoci la sconvolgente coincidenza con la possibilità di usare le gambe per camminare (se agisse invece verso l'alto......verremmo tutti sparati nello spazio, e l'unico contento risulterebbe un certo Elon Musk).

Per quanto riguarda ironia ed autoironia..........devi sapere che in questo Forum potrai trovarne tanta quanto sono le pepite d'oro nei Navigli di Milano. Saluti ed auguri
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: iano il 10 Febbraio 2022, 21:11:43 PM
@Viator.
La citazione era mia.
Ma, per completare il mio precedente post, il significato dei numeri si è  a tal punto generalizzato nel corso della sua storia, da perdere ogni significato, potendone semmai assumere uno all'occorrenza, laddove il nuovo tipo di numero, inventato per nessun motivo, trovi, e volte  la trova perché è lui stesso a suggerirla, una applicazione.
Così in pratica si è passati dall'inventare un cacciavite per poter avvitare una vite, a trovarsi attrezzi alieni in mano chiedendoci cosa ne possiamo fare, e a volte si trova cosa farne.
Questo forse può dare uno spunto in più per capire la strana efficacia della matematica...
Ci sono poi strane coincidenze fra il lavoro indipendente dei fisici rispetto a quello dei matematici, così che se un fisico pensa di aver bisogno di un nuovo numero può scoprire che da poco è stato inventato, ciò immagino perché, per quanto i matematici siano liberi nella loro produzione risentono dello stesso clima culturale in cui vivono i fisici, perché le stesse vie nuove   sembrano aprirsi a tutti, ognuno vedendola dal suo punto di vista, quando vi sono significative  svolte culturali.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Febbraio 2022, 00:12:57 AM
Ci si chiede se gli scimpanzé siano intelligenti se è vero che riescono a prendere le termiti introducendo un bastoncino dentro il termitaio, di modo che ci rimangano attaccate.
Ma immaginate uno scimpanzé che gioca con un bastoncino per nessun motivo, e a un certo punto si accorge che a causa del suo gioco le termiti ci rimangono attaccate.
I matematici oggi fanno la tessa cosa, si inventano sempre nuovi tipi di  numeri per gioco , e si accorgono che a volte la realtà ci rimane attaccata.
I formichieri che introducono ciò di cui la natura li ha dotati, una lunga e sottile lingua, dentro il formicaio, sono perciò intelligenti?
Lo fanno e basta, senza sapere perché, come uno scimpanzé gioca con un bastoncino senza sapere perché, perché del gioco "la natura lo ha dotato".
Anche se gli etologi questa storia la raccontano in modo più appropriato, ma per quello che a noi serve per capire tanto basta. Loro parlano di immaturità prolungata per i primati, e in specie per l'uomo, che di fatto non smette mai di giocare e di maturare.
Così i matematici giocano coi numeri, e se acchiappare la realtà ha lo stesso valore di acchiappare una termite, si spiega allora lo strano potere della matematica di acchiappare la realtà.
Alcuni però si illudono che questa realtà acchiappata sia qualcosa di diverso da una termite, e perciò non possono che restarne meravigliati.
Penso dunque che vi siano diversi modi di spiegare la inattesa efficacia della matematica nello spiegare la realtà, e io ve ne ho proposto solo uno.
Resta da capire perché noi, che la matematica riesca a fare questo, non ce lo aspettiamo.
Immagino perché siamo convinti di non essere cacciatori di termiti, ma di verità e ci sembra ogni volta di averla trovata. Ma ogni volta siamo poi costretti a smentirci, quindi allora parliamo della strana efficacia... di che', di acchiappare una termite che scambiamo ogni volta per la realtà ?


Non sarà l'intelligenza allora quel meccanismo per cui per puro caso si soddisfa una necessità?
Secondo me potrebbe esserlo, ma ad una condizione, che non si aspetti che si verifichi il caso, ma che lo si provochi per gioco.
Dio non gioca a dadi, ma noi si.
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: daniele22 il 11 Febbraio 2022, 08:57:40 AM
Citazione di: viator il 10 Febbraio 2022, 21:01:20 PM
Salve Paolo. Citandoti : ".....l'inattesa efficacia della matematica nel descrivere la realtà .
E' una cosa che sorprende tutti,  matematici in primis.  I filosofi cercano di venirne a capo, ma altro non so"
.


Anch'io trovo meraviglioso, inesplicabile, sorprendente, miracoloso..........il fatto cha la la matematica (cioè uno strumento concettuale inventato dall'uomo per interpretare dei significati umani) riesca ad interpretare dei formali concetti umani generati dalla mente umana.

Singolarissima pure la coincidenza col fatto che i cavatappi sembra proprio siano stati creati apposta - da parte di chi aveva un sacco di bottiglie da aprire - per estrarre dei turaccioli !!.


Ancora più inspiegabile e prodigioso trovo (non riesco a dormire la notte, pensandoci) ad esempio che l'atmosfera terrestre sembra essere stata creata da qualcuno (o da qualcosa) come perfettamente adatta alla respirazione...............oppure che la forza di gravità agisca verso il basso, permettendoci la sconvolgente coincidenza con la possibilità di usare le gambe per camminare (se agisse invece verso l'alto......verremmo tutti sparati nello spazio, e l'unico contento risulterebbe un certo Elon Musk).

Per quanto riguarda ironia ed autoironia..........devi sapere che in questo Forum potrai trovarne tanta quanto sono le pepite d'oro nei Navigli di Milano. Saluti ed auguri



Cerca di dormire di notte viator e magari un giorno ti svegli e qualcuno ti dirà che se non esistessero i turaccioli l'essere umano non potrebbe esistere.
Quando a scuola facevo gli studi di funzione c'erano due concetti molto fastidiosi: gli asintoti e la tangente.
Se fossi un matematico, ma non lo sono, cercherei di abolire lo zero sostituendolo con 0,1 oppure 0,01, oppure 0,001 a seconda del sistema che voglio studiare
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: niko il 11 Febbraio 2022, 09:56:47 AM
Citazione di: paolo il 10 Febbraio 2022, 04:51:57 AM
Come già detto, di tanto in tanto tento qualche spiritosaggine, con un pizzico di autoironia   e ironia.  E' un fatto di temperamento ma anche il tentativo di stabilire un ponticello tra noi atomi persi nel caos. Non trovo riscontro, e non siete certo obbligati a corrispondermi. Tra un po' smetto.

Ho evocato Cantor perché ritengo che possa esserci utile  ma la discussione è un po' partita per la tangente allontanandoci dal "quibus". A me va benissimo ma non tutti potrebbero essere interessati. Ditemi voi.

Adaniele22
Senza nulla togliere al resto in cui non mi intrigo, secondo me alla gazzella è sufficiente il primo incontro per categorizzare il leone e tenerlo d'occhio.
Alla gazzella non basta il primo incontro  per  categorizzare,  così come non basta un solo lancio di pallina per parlare di Caso e Necessità.


A bobmax
Cantor è il tentativo di sistemare il modo di "pensare" di uomini animali e fili d'erba, sassi esclusi.
Se a bobmax  Cantor non piace,  Bobmax non  "pensa",  quindi bobmax è un sasso.

A Iano
Preciso allora la mia risposta.  È lecito assegnare lo stesso grado di realtà  ad insiemi ed elementi se sono intercambiabili. In un insieme di insiemi gli insiemi sono elementi..
Il punto è tra gli elementi ( a1, a2, .......an )  ed  il corrispondente insieme A.  Io sarei di avviso diverso dal tuo:  ciascun elemento  a  è  più "tosto" di A.    Se poniamo  ( A,  B, C,....) = Pinco,  allora Pinco è ancora più "moscio" di A rispetto a ciascun a.
Detto in soldoni : maggiore il grado di astrazione, minore la solidità.
Ma questi sono discorsi filosofici dei quali a Cantor non frega alcunché.

Le operazioni fra numeri sono fondamentali rispetto ai numeri stessi, ed è da quelle operazioni che nascono i numeri.
Credo tu volessi scrivere "Le operazioni fra insiemi..."  Tra corrispondenza biunivoca  e numero la via non è poi così tortuosa.  La teoria degli insiemi è pre-matematica.

Cantor ci ha insegnato come operare con gli infiniti, ma non si tratta, per quel che ho potuto personalmente elaborare una questione chiusa e finita.
Cantor ci aiuta senz'altro nel finito.  Quanto all'infinito non ci ho capito molto, ma la cosa mi intriga.  Ho provato a chiedere in giro se l'insieme dei numeri naturali è considerato infinito per postulato o per dimostrazione. Le risposte non mi hanno convinto.

Se per la matematica ciò che conta non è più la realtà dei suoi enti, ma solo se con essi ci si possa operare, allora ciò che conta nella realtà non è l'esistenza degli oggetti in se', ma che con essi ci si possa operare.
Ho impiegato qualche secondo per capire che le due realtà di cui sopra sono di specie diversa.  La seconda realtà andrebbe , in realtà(??) ,  sostituita  con  " in effetti".  (Scusa l'intreccio, ho tentato un calembour ).  Niente  di male, capita a noi filosofi.  Ma ecco dimostrato che siamo meno attenti dei matematici.
 
.....l'inattesa efficacia della matematica nel descrivere la realtà .
E' una cosa che sorprende tutti,  matematici in primis.  I filosofi cercano di venirne a capo, ma altro non so.
Abbiamo in comune una sia pure elementare conoscenza di matematica.  Non male.

Ho provato ad usare come voi il pulsante  "Citazione" ma ho trovato conferma della mia pochezza.  Mi date una mano?


Si puo' dimostrare abbastanza semplicemente che l'insieme dei numeri naturali e' infinito poiche' un insieme e' infinito se e solo se puo' essere posto in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio, quindi, visto che non c'e' alcun problema a far corrispondere, per esempio, ad ogni numero naturale un altro numero naturale pari, (1-2, 2-4, 3-6, 4-8,...) e i numeri pari sono un sottoinsieme proprio dei numeri naturali, i numeri naturali sono infiniti.


L'infinito non si puo' contare, ma inizia laddove non e' piu' contraddittorio che alcune delle parti della cosa che ci chiediamo se sia infinita o no siano altrettanto numerose, o estese, del tutto. Questo mette in crisi la distinzione aristotelica tra infinito potenziale e infinito attuale; l'infinito ha a che fare con la "composizione interna" della "cosa" esaminata, quindi non puo' essere una pura potenzialita' derivante dal gioco del porre e trascendere un limite a qualcosa, ne' un attributo predicabile del semplice inarticolato, l'infinito e' relazione attuale, e' cio' che ha per confine il nulla.



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Febbraio 2022, 10:33:00 AM
@Niko.
È singolare che tu proponi come definizione di infinito ciò  che storicamente viene presentato  come prova della sua inesistenza, prova che solo  quel genio di Cantor è riuscito a confutare allargando i nostri orizzonti mentali. Così praticamente hai stravolto la storia ponendo la fine all'inizio.
Mi chiedo quindi chi , oltre a te , abbia assunto la definizione di infinito che tu presenti come quella ufficiale, cosa che a me non risulta.


È comunque una definizione interessante, ma essendo contro intuitiva appunto, a chi può essere venuta l'idea di assumerla, se non era proprio necessario?
Quantomeno occorrerebbe dimostrare che essa sia equivalente a quella tradizionale da cui là si può fare derivare.
Non si possono scambiare in genere le tesi con le ipotesi senza poi assumersi l'onore di dimostrare che ipotesi e tesi siano un modo diverso di dire la stessa cosa.
Intuitivamente a me sembra che lo siano, però non ne sono sicuro.
Sembra che a te piaccia complicare, e so' di cosa parlo, le cose, piuttosto che no.
Come se il tuo scopo non fosse ridurre a banalità l'iniziale stupore, ma al contrario di alimentarlo senza fine..
La mia però non vuole essere una critica sterile, ne' tantomeno personale, perché questo atteggiamento è tanto diffuso che meriterebbe di essere indagato, e io stesso appunto sono il primo a sapere di cosa parlo.
Non è che rischiamo di essere dipendenti dalla adrenalina prodotta dallo stupore, che poi Viator non ci riesce a dormire?
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: niko il 11 Febbraio 2022, 13:22:26 PM
Citazione di: iano il 11 Febbraio 2022, 10:33:00 AM
@Niko.
È singolare che tu proponi come definizione di infinito ciò  che storicamente viene presentato  come prova della sua inesistenza, prova che solo  quel genio di Cantor è riuscito a confutare allargando i nostri orizzonti mentali. Così praticamente hai stravolto la storia ponendo la fine all'inizio.
Mi chiedo quindi chi , oltre a te , abbia assunto la definizione di infinito che tu presenti come quella ufficiale, cosa che a me non risulta.


È comunque una definizione interessante, ma essendo contro intuitiva appunto, a chi può essere venuta l'idea di assumerla, se non era proprio necessario?
Quantomeno occorrerebbe dimostrare che essa sia equivalente a quella tradizionale da cui là si può fare derivare.
Non si possono scambiare in genere le tesi con le ipotesi senza poi assumersi l'onore di dimostrare che ipotesi e tesi siano un modo diverso di dire la stessa cosa.
Intuitivamente a me sembra che lo siano, però non ne sono sicuro.
Sembra che a te piaccia complicare, e so' di cosa parlo, le cose, piuttosto che no.
Come se il tuo scopo non fosse ridurre a banalità l'iniziale stupore, ma al contrario di alimentarlo senza fine..
La mia però non vuole essere una critica sterile, ne' tantomeno personale, perché questo atteggiamento è tanto diffuso che meriterebbe di essere indagato, e io stesso appunto sono il primo a sapere di cosa parlo.
Non è che rischiamo di essere dipendenti dalla adrenalina prodotta dallo stupore, che poi Viator non ci riesce a dormire?


Oddio, che un insieme infinito possa essere messo in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio e' la prima cosa che ti esce se metti "infinito" su Wikipedia, la mia definizione e' corretta e l'ho messa in forma numerica solo perche' senno' detta solo a parole poteva sembrare qualcosa di astruso e non lo e', a me l'hanno spiegata al liceo e ancora me la ricordo, e siccome questa e' la caratteristica comune di tutti gli insiemi infiniti, mi sorprenderei che non ne fosse anche la definizione piu' semplice, e la (ridondante) dimostrazione che i numeri naturali sono infiniti segue semplicemente, ridondante perche' a livello di senso comune gia' lo sanno tutti, che lo sono, quindi se uno lo chiede, chiede strumenti logici e formali per definire meglio quello che gia' sa, non certo sorprese complicate...


Comunque le tue fonti quali sono?



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: niko il 11 Febbraio 2022, 14:46:38 PM
Santo cielo, iano, comunque sei stato un po' arrogantello, cioe' mi hai fatto credere di aver scritto una cazzata tremenda, e per il rispetto che ho di questo posto mi e' dispiaciuto,  ho ricontrollato bene e con pazienza e quello che ho scritto non e' affatto una cazzata: Wikipedia propone due definizioni universalmente accettate di infinito in matematica in apertura della sua pagina sull'argomento e, ok, non la prima, ma la seconda e'  proprio la mia. Quindi anche la mia dimostrazione in senso stretto, data a partire dalla definizione, segue logicamente, e fila.


E' ovvio che io ho premesso, semplicemente calandolo dall'alto di mia, per cosi' dire,  "autorita' " che:

"un insieme e' infinito se puo' essere posto in corrispondenza biunivoca con un suo sottoinsieme proprio",

E, a sua volta, la dimostrazione di questa mia affermazione, che nel mio post funge solo da data e semplice premessa, sara' davvero (e non nel senso in cui lo intendi tu) super-complicata e non certo alla mia portata, e nemmeno di quella dell'utente medio di Wikipedia, tanto che neanche Wikipedia stessa la riporta; quindi tu mi potresti certamente contestare che, per trovare anche solo un minimo interessante e pertinente il mio ragionamento super-semplificato da matematico della domenica, fatto con i numerini da uno a otto, bisogna ben accettarne acriticamente e acefalamente la premessa, cosa che non e' propria di un atteggiamento e di un dibattito genuinamente filosofico, ma, a parte questa possibile critica, che ci puo' stare,


castronerie in senso stretto non ne ho affatto sparate,


non ho fatto errori nel riportare o esporre una teoria di fatto esistente, li hai fatti tu nel cercare di correggermi inutilmente, quindi ti pregherei per il futuro di essere un po' piu' umile nel tentare di correggermi se anche tu, come me, sei un dilettante di materie scientifiche e non hai affatto gli strumenti teorici e argomentativi per correggermi in modo puntuale ed esauriente, grazie!



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Febbraio 2022, 16:44:44 PM
@Niko.
Hai tutte le ragioni.
Apprezzo non da ora il fatto che sai portare pazienza e comprensione, e anzi in questo sei esemplare.
Io ci provo, ma non ti sto' alla pari.
Quindi grazie.


Le mie fonti sono la mia memoria, perché è una dimostrazione semplice da ricordare.
Ma più che una dimostrazione coincide con la definizione stessa di insieme numerico naturale infinito, come quello che non possiede un numero più grande.
Quindi, se la definizione è coerente, non occorre in effetti alcuna dimostrazione.
L'insieme stesso dei numeri naturali lo si definisce come infinito, perché generato da una operazione reiterabile all'infinito. Si parte da uno e si aggiunge uno è così via.
In conseguenza di questa definizione quando si vuol dimostrare che una certa proprietà valga per tutti i numeri naturali, si ammette che basti dimostrare che valga per 1 e che valga per n+1 , dove n è il generico numero naturale, perché valga per ogni numero.
Si chiama dimostrazione per induzione.

Quindi se qualcuno chiede la dimostrazione che i numeri naturali sono infiniti , come ha fatto Paolo, è perché ne ha una idea solo intuitiva. Ma non si può fare una dimostrazione a partire da una idea intuitiva. Ma a partire da una precisa definizione .
Io ho usato la definizione di numero naturale per dimostrare che sono infiniti.
Tu hai usato una definizione, che apprendo essere tale, di infinito, per dimostrare che i numeri naturali ne sono un esempio.


Ma caro Niko, il difetto che noi tutti abbiamo , con qualche notevole eccezione, è il vizio di portare la discussione dove ci pare, e in questo io sono molto tollerante, perché io stesso ho quel vizio, nonché lo stesso vizio di cui ingiustamente ti accusavo.
Però la discussione verteva su altro.

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Febbraio 2022, 17:19:29 PM
Però in generale la mia impressione è  che, con poche virtuose eccezioni, si tenda a complicare le discussioni al solo scopo di generare stupore, e quando si provi a ridurre questo stupore ad ovvietà si trovi opposizione a ciò da parte di chi chiedeva spiegazioni, come se a quello stupore non volesse rinunciare, ma volesse limitarsi a condividerlo.

Potrei indicare alcuni forumisti esemplari in ciò, ma non è il caso che mi faccia troppi nemici adesso.
Però se non fosse argomento che ci tocchi sul vivo, sarebbe interessante da affrontare.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 11 Febbraio 2022, 17:58:24 PM
Tornando alla discussione originaria, la tesi che provavo a sostenere è che nella realtà non esiste ne' caso ne' necessità, se non come strumenti concettuali attraverso cui proficuamente la indaghiamo.
La spia che ciò sia vero là si può riscontrare nel fatto che, per distorsione culturale, tendiamo a negare l'esistenza del caso, ma non della necessità , mentre come ci fa' notare Bobmax non può esistere uno senza l'altro, a qualunque livello di esistenza li si voglia porre.
Così se io per mia cultura tendo a negare l'esistenza del caso come cosa strana che possa esistere, allora coerentemente devo cercare di vedere la stessa stranezza nella necessità .


Quindi poi giungo alla conclusione che non esistono nella realtà eventi casuali ne' necessari, ma che possiamo descriverla in questi termini con una certa utilita'.


In sostanza con questa discussione sto proponendo un esperimento mentale, per cui se vi appare strano il caso, provate a guardare più da vicino la necessità, sforzando il vostro punto di vista culturale, perché potreste trovarci la stessa stranezza, a ben guardare.


Si tratta della stranezza che sarebbe comune ad ogni nostro strumento concettuale, stante la loro arbitrarietà, ma che ci appare in diverso grado asseconda dell'abitudine che abbiamo a trattarli, e quindi della relativa familiarità  che con essi abbiamo sviluppato.


Il concetto si può ridurre ad una breve affermazione.
Dio non gioca a dadi, ma noi si.


Spero che in questa nuova forma possiate trovare l'argomento più interessante, se non stupefacente.😇
Titolo: Re:Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 12 Febbraio 2022, 23:17:34 PM
Viator scrive: Per quanto riguarda ironia ed autoironia..........devi sapere che in questo Forum potrai trovarne tanta quanto sono le pepite d'oro nei Navigli di Milano. Saluti ed auguri .   Il giudizio è lapidario e  alquanto brusco.  Non posso e non voglio crederci, però il fatto che sia stato il solo a raccogliere il messaggio in bottiglia mi lascia da pensare.

Quando leggiucchio qualche pensiero di uomini grandi, geni dell'Umanità, mi capita a volte di bloccarmi perplesso e sbottare: " Ma questa è una cagata pazzesca!".
Ci rimugino ma non ne vengo a capo,  Capisco che la probabilità che Kant abbia torto ed io( omuncolo raso terra) abbia ragione  è infima (ma perché considerarla zero?).
Non ci dormo la notte ( si fa per dire) ed ecco la mia presenza tra di voi alla ricerca di persone caritatevoli che mi traggano d'impaccio.

A Iano
Non sarà l'intelligenza allora quel meccanismo per cui per puro caso si soddisfa una necessità?
Scusa se, da matematico rompiscatole, ti faccio le pulci : visto il posto in cui stiamo, per evitare equivoci, sostituirei "necessità" con "bisogno".

Quindi se qualcuno chiede la dimostrazione che i numeri naturali sono infiniti , come ha fatto Paolo, è perché ne ha una idea solo intuitiva. Ma non si può fare una dimostrazione a partire da una idea intuitiva. Ma a partire da una precisa definizione .
Per la verità non ho ancora dichiarato alcuna idea.   La tua idea di una mia idea intuitiva è intuitiva ( intreccio voluto ).
La tua dimostrazione ( che N sia infinito ) e quella di Nico sono entrambe correnti e fanno riferimento alle due caratteristiche equipollenti che deve avere un insieme per essere considerato infinito ( vedi Wikipedia ). Come mi capita ( vedi più su ) mi trovo in disaccordo con miliardi di miei consimili.
Prima dimostrazione:
( 1, 2, 3, 4, 5 ) è un insieme finito.  Sommo a 5 una unità e chiamo questa prima operazione  Somma1 ( un nome come un altro ). Ottengo l'insieme ( 1, 2, 3, 4, 5, 6 ) anch'esso finito.    Con la successiva Somma2 ottengo un insieme ancora finito. Domanda:  di quante Somme avrò bisogno per qualificare l'insieme via via ottenuto come infinito? La risposta che sorge spontanea è :  una quantità infinita.  Il che equivale a dire che l'insieme ( Somma1,  Somma2,  .......)  è infinito, con il ché torniamo da dove eravamo partiti.
Quando si dice che, dato un numero naturale grande a piacere, è "sempre" possibile trovarne uno maggiore, si ragiona per induzione.  L'induzione fornisce conoscenza probabile, non certa.

Seconda dimostrazione:
L'insieme N non è equipotente alla sua parte propria ( 1, 2, 3) finita,  e neanche alla parte propria ( 1, 2, .....un miliardo ) finita. Qualunque insieme finito non può essere equipotente ad N.
Gli insiemi che possiamo pensare equipotenti ad N sono: (2, 4, 6, 8, .......) o anche ( 1, 4, 9,.....), insiemi tratti da N ma che possiamo considerare infiniti solo se lo è N . Con il ché torniamo da dove eravamo partiti.


Nel caso dovessi avere ragione mi verranno eretti monumenti in ogni città del mondo.  Preparatevi.


Insisto con la domanda:  N è considerato infinito perché dimostrato tale o perché postulato tale?  Prego tutti di darmi una risposta.
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 12 Febbraio 2022, 23:31:24 PM
Per avere una risposta dovresti dare prima una tua definizione di insieme dei numeri naturali.
Che sia infinito oppure no sarà implicito nella tua definizione.
Se questa risposta non ti piace dacci la definizione che tu ritieni ufficiale, e poi noi proviamo a rispondere.
Diversamente come facciamo a sapere se con insieme di numeri naturali intendiamo la stessa cosa?


A meno che tu non creda che quei numeri stiano nell'iperuranio di Platone, e che perciò condividiamo in partenza tutti la stessa idea. In tal caso  io non saprei rispondere, perché credo che i numeri siano una nostra costruzione.





Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 13 Febbraio 2022, 00:18:16 AM
@Paolo.
Rileggendo meglio il tuo post forse dentro c'è la "tua" definizione di insieme di numeri naturali che chiedevo.
Se è così vuoi metterla meglio in evidenza?
Per come l'hai posta, se è una definizione, sembra essere incompleta se contiene dei puntini di sospensione.
Per essere una definizione dove essere completa e per essere completa deve essere finita .
Deve essere inoltre ben definita, senza lasciare nulla per inteso.
Non volutamente almeno, usando punti di sospensione.
In matematica non si "dovrebbe dare nulla per scontato" , ma ovviamente non si può mai escludere involontariamente di farlo.
Se perché si usano puntini di sospensione la volontà di farlo è chiara.
Colloquialmente naturalmente lo si può fare, ma se si chiede una dimostrazione no.



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 13 Febbraio 2022, 01:08:36 AM
Provo a interpretare il tuo pensiero Paolo.
Elencare tutti gli elementi di un insieme equivale a definirlo? Si.
Forse tu ci vuoi dire che non esiste altro modo di definirlo?



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 13 Febbraio 2022, 09:27:10 AM
Caro Iano,   da insonne a insonne,    ma saranno sti cacchio di puntini che non ti lasciano dormire?

Come sai non esiste una definizione di retta.  La retta è una intuizione.   La retta che ho in testa io e la retta che hai in testa tu sono uguali o differenti?  Non lo sapremo mai.   
Nel disperato tentativo di trasferirmi la tua idea di retta sono certo che mi faresti un bel disegnino con un segmento al centro e tanti puntini  di qua e tanti puntini di là.     Non possiamo che sperare che le rette di tutti noi siano abbastanza  simili tra loro.   Questa speranza trova conforto nel fatto che con queste rette ci costruiamo i grattacieli.

Un insieme risulta definito se,  considerando  un qualunque oggetto del nostro mondo ( fisico o metafisico ),  siamo in grado di affermare che esso appartiene ( o non appartiene ) all'insieme.
Come sai gli insiemi vengono definiti per enumerazione o per caratteristica .
L'insieme " INFINITO" ( insieme di insiemi ) è definito tramite caratteristica,  quelle  due che, volendo, ricaviamo da Wikipedia.
Esaminiamo ora N per vedere se riusciamo a ficcarlo in "INFINITO".   
Russel e Whitehead  definiscono  ciascun numero naturale ma non l'insieme N (tralascio Peano).   L'insieme N è una intuizione alla pari della retta. 
La retta non possiamo che disegnarla  con i puntini, così come , quando tentiamo di esprimere N, non possiamo che ricorrere ai puntini:  (1, 2, 3, ....................).   Così come diciamo che la retta  r1 appartiene al pianox,  pur non avendo definiti ne l'uno ne l'altro,   così potremmo eventualmente dire che N appartiene a "INFINITO".
Per dire che N appartiene a "INFINITO" bisogna dimostrare che N possiede le due caratteristiche di cui sopra ( Wikipedia ).   
La tua dimostrazioni  e quella di NiKo conducono alla appartenenza ( N infinito ),  le mie due contro-dimostrazioni conducono  alla  indimostrabilità.
Ove mai venisse accolta la indimostrabilità,  nulla vieta di "forzare"  N  in "INFINITO".  Tale operazione si chiama Postulato;   niente di male, basta saperlo.
Ed è appunto per saperlo che, insistente come un tafano, vi rifaccio ancora la stessa domanda:  N  è considerato infinito per dimostrazione o per Postulato?

P.S.   Conoscete la storia di sant' Agostino e del fanciullo in riva al mare?


 



Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: paolo il 13 Febbraio 2022, 11:01:08 AM
Nel mentre che rileggevo il mio ultimo post ( Caro Iano .......  )   è comparso  un avviso che che mi annunciava l'arrivo di un nuovo post.
Del suddetto post nessuna traccia.  Potete confermarmi l'eventuale  l'invio di un post da parte di uno di voi? 
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 13 Febbraio 2022, 11:44:55 AM
Ciao Paolo.
È da un po' che l'intuizione è stata espulsa ufficialmente dalla matematica, anche se con essa ci si continua ad aiutare, usando le dovute precauzioni.
Seppure possiamo avere la stessa idea di retta, e anzi ne sono sicuro, e allo stesso modo per richiamare l'idea la disegnamo, ciò non certifica più la nostra idea  come ente matematico ammesso.
C'è' stata una evoluzione nella matematica , per cui i concetti evidenti di punto , retta e piano, non sono più considerati tali.
Che un insieme sia infinito o meno è già implicito nella sua definizione e questa definizione per poter essere data deve essere necessariamente finita, perché solo in tal modo là si può dare in modo completo, ed in tal modo bisogna darla, senza lasciare nulla per inteso usando puntini di sospensione.


Da un punto di vista filosofico espellere l'intuito dalla matematica ha avuto diverse conseguenze, una delle quali è che anche chi non possiede intuito può fare matematica, e in ciò in sostanza consiste la cosiddetta "intelligenza" artificiale.
Se ciò da un lato a noi umani non ci aiuta a capire , ci aiuta però a non sbagliare, proprio come fossimo un computer, il quale non solo non capisce, ma non ha alcun bisogno di capire.


Non esisterebbe alcun insieme infinito se non se ne potesse dare una definizione finita, perché l'infinito non si può enumerare.
Possiamo quindi certificarne l'esistenza solo se esiste un alternativa praticabile e accettata come tale  all'enumerazione.
Cantor ci suggerisce appunto questa alternativa facendoci notare che il numero non è un concetto logicamente primitivo.
Esso ci dice infatti che possiamo confrontare due insiemi per dire se possiedono lo stesso numero di elementi, senza conoscere necessariamente quel numero, senza aver contato cioè i loro elementi, se riusciamo a stabilire una corrispondenza biunivoca fra questi elementi.
In virtù di ciò Cantor ci dice che non basta dimostrare che due insiemi sono infiniti per possedere lo stesso numero di elementi, ma a patto di introdurre una nuova tipologia di numeri, i numeri transfiniti come li ha chiamati lui.
Se questo è un trucco, però è un trucco che i matematici non hanno mai smesso di usare, e non è Cantor il primo ad averlo usato.
Nella loro evoluzione i numeri nascono come molteplicità, dove il primo numero è il 2, la più piccola molteplicità. I numeri naturali invece includo l'uno, ma ciò  lo si è potuto fare solo modificando la natura dei numeri, promuovendola da molteplicità a quantità, e la storia "snaturale" dei numeri è continuità in questo modo, a furia di cambiarne la natura finché non si è deciso di non dargliene più alcuna.
Questo non è un problema ma un vantaggio, in quanto siamo così liberi di dare ai numeri ogni volta una diversa natura asseconda del contesto in cui li si va' ad applicare, rimettendo in esercizio il nostro intuito in campo applicativo, ed è in tal modo che la matematica si presta ad interpretare la realtà, e nel modo in cui lo fa' ci sarebbe ancora tanto da dire.


Questa storia, almeno come io l'ho raccontata è esemplare, perché me traiamo la morale che non bisogna temere il nichilismo, perché i valori che ci sembra di perdere , come ad esempio l'intuizione e l'evidenza degli enti matematici, sono solo in effetti solo in via di ridefinizione , e ci no poi restituiti in diversa forma e con gli interessi.

Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 13 Febbraio 2022, 12:39:52 PM
Non è più accettabile, come finora abbiamo fatto, legare l'esistenza delle cose al poterle intuire, perché l'intuito usato fuori contesto smette di essere una risorsa e diventa un limite.
Se fino a un certo punto tale errore non ha avuto  conseguenze e' perché non avevamo a che fare con contesti diversificati, anche se di fatto ciò è stato possibile solo rifiutandoci di vederli, adottando i paraocchi, cosa a cui poi Galilei ha rimediato, vivendo di fatto in un contesto uniforme ed unico di cui Euclide ha ben delineato la forma con la sua geometria.
Ciò paradossalmente ha comportato la moltiplicazione delle geometrie e la presa di coscienza che il nostro modo di vedere il mondo a partire dalla definizione di uno spazio non era il solo possibile.
Certamente Paolo noi vediamo la stessa retta e questo ci restituisce un senso di realtà condivisa.
Ma anche se fatichiamo ad ammetterlo da quella realtà ormai ci siamo evoluti , ma sarebbe però un errore perciò negarla, come si è provato a fare. È solo una delle tante, e fino a un certo punto è stata per noi la sola, e per la maggioranza di noi lo è  ancora, o, per meglio dire, tutti ci troviamo più o meno a un certo punto del guado.
Anche quando andassimo a stare in una casa migliore, non è ciò che  ci fa' amare i traslochi, specie quando lasciamo la casa in cui siamo nati.
Ma poi cambiando casa dopo casa, dispiacere dopo dispiacere, ci facciamo furbi, smettendo di affezionarci. O almeno, così a me è capitato.🤗
Titolo: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 13 Febbraio 2022, 12:57:15 PM
Concludendo , se provare a intuire l'infinito ci fa' girare la testa, tanto da volerlo negare, la causa non è l'infinito, ma l'improprio uso che facciamo dell'intuizione.
Eliminato l'intuito sparisce il giramento di testa ,ma l'infinito resta la'.
Per dominarlo però abbiamo dovuto rinunciare appunto all'intuizione., posto che essa continuerà  a fare, dove meglio occorra, il suo sporco lavoro.
Procediamo come sempre a tentoni, imparando dagli errori, acquisendo con la pratica un uso sempre più mirato dei mezzi di cui disponiamo
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 19:07:43 PM
Citazione di: iano il 15 Gennaio 2022, 23:18:40 PMNon può esistere il caso se non esiste il suo contrario , la necessità.
In alternativa non esistono entrambi., e io propendo per quest'ultima soluzione, intendendo che nin esistono nella realtà se non come strumenti attraverso i quali con essa interagiamo.

Di sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti. E le leggi fisiche? sono necessarie o contingenti?  Qui le cose sono meno chiare. Normalmente queste leggi sono considerate senza tempo ed eterne. Ma l'esperienza ha dimostrato che man mano che la fisica progredisce si scopre che leggi che erano considerate indipendenti l'una dall'altra sono collegate fra di loro. Ad es. l'interazione nucleare debole e l'interazione elettromagnetica in realtà sono due aspetti di un unica interazione elettrodebole descritta da un sistema di equazione comune. Dunque se le singole forze dipendono da altre forze sono da considerarsi contingenti. Ma è possibile che esista una superforza (o anche una superlegge totalmente unificatrice) necessaria?..
 
N.B.
Affinchè ogni lettore possa capire mi prendo la libertà di spiegare i due termini adottati: Una cosa è necessaria se è quello che è indipendentemente da qualsiasi altra cosa (salvo, eventualmente, altre cose necessarie). Le cose necessarie contengono in sè la propia ragione e se il resto dell universo cambiasse resterebbero completamente immutate.
Una cosa contingente è una cosa che avrebbe potuto essere diversa, cosicchè la ragione per la quale è come è dipende da qualcosa d'altro, da qualcosa che la supera.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 16 Marzo 2022, 21:54:05 PM
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 19:07:43 PMDi sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti.

Una cosa è contingente se avrebbe potuto non esserci o essere diversa da ciò che è.

Viceversa una cosa è necessaria perché non avrebbe potuto non esserci e neppure essere diversa da ciò che è.

Poiché ogni cosa dipende totalmente da altre cose, quella cosa è necessaria. C'è necessariamente, e proprio così come è.

Non vi è perciò alcuna cosa che sia contingente.

Tuttavia, l'esistenza, il nostro esserci qui e ora, non può che essere contingente.
Non siamo forse qui per caso?

Il Cosmo non può che nascere dal Caos.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 22:28:00 PM
Citazione di: bobmax il 16 Marzo 2022, 21:54:05 PM
Citazione di: Alberto Knox il 16 Marzo 2022, 19:07:43 PMDi sicuro tutti gli oggetti fisici che incontriamo nel mondo e tutti i fatti che accadono loro dipendono in un modo o nell altro dal resto dell universo, e quindi si devono considerare contingenti.

Una cosa è contingente se avrebbe potuto non esserci o essere diversa da ciò che è.

Viceversa una cosa è necessaria perché non avrebbe potuto non esserci e neppure essere diversa da ciò che è.

Poiché ogni cosa dipende totalmente da altre cose, quella cosa è necessaria. C'è necessariamente, e proprio così come è.

Non vi è perciò alcuna cosa che sia contingente.

Tuttavia, l'esistenza, il nostro esserci qui e ora, non può che essere contingente.
Non siamo forse qui per caso?

Il Cosmo non può che nascere dal Caos.
Devo dire che ognuno , in base alle propie ricerche , ricava dei dati differenti e di conseguenza conclusioni differenti. Non sono infatti giunto alla conclusione che noi siamo qui per caso. Tutt altro, i dati scientifici che ho raccolto suggeriscono che l'ordinamento del cosmo è qualcosa di più di una semplice regolarità "irregimentata" è anche una complessità organizzata , ed è questa a dare all universo il suo carattere aperto e a permettere l'esistenza di esseri umani dotati di libero arbitrio. Le leggi naturali permettono alla materia e all energia di auto-organizzarsi in una varietà enorme di stati complessi , inclusi quelli che hanno la propietà della coscienza, e possono riflettere , a loro volta, sul perfetto ordine cosmico che le ha prodotte.

il successo della scienza e della matematica nello spiegare il mondo è solo un caso fortunato? un accidente storico casuale? oppure mette in evidenza una sintonia profonda (un legame) e significativa fra la mente umana e l'organizzazione che sta alla base del mondo naturale? lungi dal presentare gli esseri umani come prodotti accidentali di cieche forze fisiche, la scienza suggerisce che siamo iscritti in maniera profondamente significativa  nelle leggi naturali, c'è un legame, una relazione fra la mente umana e il principio di organizzazione del mondo.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 17 Marzo 2022, 07:56:34 AM
@Alberto

Il nostro poterci inoltrare nel mondo, attraverso la scienza, la stessa nostra capacità di comprendere, dimostrano che le cose sono necessarie. Ossia sono quello che devono necessariamente essere.

Se le cose fossero invece contingenti saremmo perduti. Nulla potremmo comprendere. Perché non sarebbero legate necessariamente le une alle altre.
Qualsiasi nostra ipotesi razionale non potrebbe che svanire. Proprio per la possibilità di ogni cosa si essere diversa da ciò che è o addirittura di non esserci.

Tuttavia la necessità, indispensabile affinché vi sia il Cosmo, è pure un vuoto meccanismo. È il deserto che siamo costretti ad attraversare nella ricerca della Verità.

Ma l'unica alternativa alla necessità è il caso.
Il caso, negazione della necessità, per cui una cosa c'è ma avrebbe potuto non esserci. O potrebbe non esserci più ora! Senza alcuna causa... Semplicemente per effetto del caso.

La manifestazione concreta del caso è perciò l'irrompere del Caos nel Cosmo.

Inaccettabile per il pensiero razionale, che si ritroverebbe perduto irrimediabilmente.
Ma il caso non può mai essere escluso del tutto. Ribolle come possibilità di annichilimento del Cosmo.
E inoltre non è forse all'origine del Tutto?

Noi non siamo e siamo qui proprio per caso.

La fede nella Verità non consiste infatti nel voler credere che il Caos sia Amore?

PS
La probabilità non ha nulla a che fare con il caso. Essendo la probabilità un modo per gestire l'indeterminabile.
Che nulla ha a che fare con l'autentico casuale.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 17 Marzo 2022, 10:57:07 AM
Il Caos non è disordine. Perché il disordine è comunque relativo a qualcosa, che non è in ordine, ma comunque c'è.

Mentre il Caos è annichilimento di ogni qualcosa, di qualsiasi determinazione, di ogni possibile distinzione.
È l'abisso dove nulla può esserci.

Tuttavia, l'amore, il puro amore, non va oltre qualsiasi distinzione, determinazione, logica?

Io sono qui, ora!
Questo mio stesso esserci mi riempie di meraviglia.
Come è possibile?

Avrei potuto non esserci, e invece ci sono...

Sono contingente, frutto del caso.
Nonostante tutte le necessità che hanno fatto sì che io ora ci sia, questo mio esserci è comunque un dono.

Un dono d'amore.

Da parte del Caos.

Caos origine del Tutto.

E io ne sono il figlio, il figlio unigenito.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 17 Marzo 2022, 14:54:01 PM
L'errore più comune per un pensatore è il ritenere che fra due possibilità ce ne deve essere una che escude l'altra. è mia intenzione dunque mostrare come caso e specificità possono entrare in simbiosi.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: bobmax il 17 Marzo 2022, 15:39:55 PM
Il caso è, ed è soltanto, negazione della necessità.

La sua ragion d'essere è infatti tutta in questa negazione, in quanto impensabile al di fuori della negazione della necessità.

Per superare la contrapposizione occorre perciò andare oltre la stessa negazione.

Ossia negare ogni possibile negazione.

Dio, negazione della negazione, coincidenza degli opposti.

Ma se non vi è più alcuna negazione, è impossibile ogni determinazione, quindi impossibile qualsiasi pensiero.

Perché il pensiero o è determinato o non è.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 17 Marzo 2022, 19:02:51 PM
Citazione di: bobmax il 17 Marzo 2022, 15:39:55 PMIl caso è, ed è soltanto, negazione della necessità.

La sua ragion d'essere è infatti tutta in questa negazione, in quanto impensabile al di fuori della negazione della necessità.

Per superare la contrapposizione occorre perciò andare oltre la stessa negazione.

Ossia negare ogni possibile negazione.

Dio, negazione della negazione, coincidenza degli opposti.

Ma se non vi è più alcuna negazione, è impossibile ogni determinazione, quindi impossibile qualsiasi pensiero.

Perché il pensiero o è determinato o non è.
Anche le argomentazioni puramente logiche devono passare sul banco di prova della scienza .  Ora dobbiamo stabilire se vogliamo toccare il vero terreno del discorso o limitarci a giostrare e mettere in campo sistemi logici , alcuni vecchi di mille anni, e continuare ad avere un idea platonica di principio ordinatore che ben si collima con le nostre idee di ciò che riteniamo logico. E comunque devo dedurre che ti stai limitando a sostituire il nome "Dio" con un altro nome "caos" . E a supporto di ciò proponi una costruzione logica che cerca in modo forzato di spiegarlo. Il tuo solo ragionamento logico non offre delle fondamenta solide. poichè il solo fondamento che ci proponi è basato sulla tua ragione  , che mi sembra chiaro, voler essere simbolo di tutta la ragione umana.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 17 Marzo 2022, 22:43:32 PM
@Alberto.
Si usa dire che per esserci una relazione deve esserci prima qualcosa da relazionare, e da ciò nasce l'idea di un essere in quanto tale, ma se si accetta che l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni. In quanto tali l'essere e le sue relazioni non sono necessari, in quanto relativa, mutevole e varia è l'interazione che li genera.
Quindi necessità e caso possono ben coesistere in quanto possibili concetti che servono a descrivere le relazioni fra gli esseri.
Il mio è uno schema filosofico che penso possa trarsi dalla descrizione della MQ, che usa allo stesso tempo caso e necessità.
Essa sembra suggerire appunto che non sono le cose ad essere misurate, ma che le cose sono il risultato di una misura.
Quindi non c'è bisogno di immaginare nessun caos primordiale da cui magicamente nasca il mondo, per potervi poi eventualmente ritornare.
Tutto ciò che ci appare è relativo alla realtà non meno che a noi stessi, quindi è relativo alla nostra particolare interazione con la realtà.
Se si accetta questo schema tante diatribe filosofiche si riducono a poca cosa, ma per contro l'essere assume la sostanza dell'opera d'arte e il logos la creta con cui plasmarla.
Si apre così un orizzonte di libertà che può disorientare e che ci porta trasferirci dentro ''realtà'' virtuali, ma in effetti non sono mai esistite apparenze della realtà diverse da quelle virtuali.
La novità è che oggi costruiamo queste realtà, mentre prima d'ora ci siamo limitati ad occupare realtà già edificate.
Ma come sempre ciò che comanda è il rasoio di Occam, quindi valutate voi se perciò lo schema filosofico che vi propongo alla luce di ciò  possa essere considerato.
Possiamo finalmente fare piazza pulita di archetipi, fare a meno di noumeni , di sostanze ultime, e di motori primi, perché nulla muove nulla, perché ogni cosa si produce già comprensiva di moto.
L'essere in quanto tale non necessita di molteplicità, mentre il moto invece si, in quanto relazione fra gli esseri che perciò ''non si muovono'', ma sono in moto, perché nascono fra di loro in relazione, e il moto è una di queste relazioni.
L'essere in quanto tale, nella sua possibile unicità, non sta né in cielo né in terra, perché non abbisogna di un luogo dove stare.
E' l'essere che, quando si produce nella sua molteplicità, nasce comprensivo di un luogo, perché la relazione è già insita nella molteplicità.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 17 Marzo 2022, 23:14:36 PM
E a proposito di molteplicità che implica una relazione, perché si possa parlare di moto, o meglio per poterlo misurare, quale minima molteplicità occorre secondo voi?
Questo è un quesito alla Eutidemo, ma di cui io dò subito la risposta.
Io credo tre, di modo che si può misurare il moto di C se assumiamo come unità di misura la distanza fra A e B, la quale perciò non è fissa, ma fissata, e fra fissa e fissata c'è una bella differenza. Se volessimo misurare la distanza fra A e B non possiamo usare come unità di misura AB, ma dovremo usare ad esempio un altra unità di misura, ad esempio BC.
Se le cose stanno così, e stanno in un modo ben diverso da come di solito le pensiamo, sembra proprio che queste unità di misura si dilatino e restringano proprio come nella relatività.
In effetti che una lunghezza si dilati sembra una magia, ma perché il gioco di magia possa riuscire bisogna che prima qualcuno vi convinca che la lunghezza esista come cosa in sé.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 18 Marzo 2022, 15:20:23 PM
Citazione di: iano il 17 Marzo 2022, 22:43:32 PM@Alberto.
Si usa dire che per esserci una relazione deve esserci prima qualcosa da relazionare, e da ciò nasce l'idea di un essere in quanto tale, ma se si accetta che l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni. In quanto tali l'essere e le sue relazioni non sono necessari, in quanto relativa, mutevole e varia è l'interazione che li genera.
Ti stai avvicinando concettualmente, ma ancora ci sono delle falle nel tuo ragionamento. E qui trovo subito una falla nella tua spiegazione , cito " l'essere è il prodotto della nostra interazione con la realtà, in quanto tale, esso nasce già con le sue relazioni" no, come si origina l'essere? c'è un lavoro prima , l'essere non è dato da nulla, niente è gratis. C'è un emergentismo dell essere , un qualcosa che sale partendo dal basso, c'è un "soma" , un pezzo di materia che a un certo punto diventa Bios, diventa vita. E come è possibile questo passaggio dalla materia inanimata alla vita? è possibile in quanto la vita è già contenuta nella materia , la materia si chiama così perchè è mather , madre. Vedi polvere vitale ("Vital Dust") autore Christian de Duve. Poi il lavoro della materia continua , sempre dal basso e oltre a bios produce zoé, vita zoologica animale e poi continua e produce "psiché" , uso i termini greci perchè i greci  hanno pensato a queste cose e ci hanno consegnato i termini adatti per comprenderli .e che cos'è questa "psichè" è la vita psitica ovviamente .ed è sempre questo pezzo di materia che evolve , e poi continua il lavoro dell essere energia e giunge al "logos" che è la ragione e poi non si ferma, continua , c'è un ulteriore aspetto che è l anima spirituale , sì perchè anche l anima ha diversi livelli. E questa è il "Nus" che i Greci indicavano riguardo a quello stato in cui l'essere umano giunge ad essere libero dalle determinazioni  biologiche e ambientali sia nel bene che nel male .Senza le determinazioni biologiche e ambientali non non saremmo, noi siamo un prodotto dei geni e dell ambiente ok? ma noi possiamo esseri liberi da questa determinazione ed è questo quello che si chiama il dramma della vita umana, quello che fa le domande di senso, per voi supestiziose, ma che invece è ciò che specifica la nostra specie.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 18 Marzo 2022, 15:37:56 PM
Citazione di: iano il 17 Marzo 2022, 22:43:32 PMIl mio è uno schema filosofico che penso possa trarsi dalla descrizione della MQ, che usa allo stesso tempo caso e necessità.
Essa sembra suggerire appunto che non sono le cose ad essere misurate, ma che le cose sono il risultato di una misura.
Anche qui ci stai girando  attorno, ma ci sono delle inesattezze, La scoperta della teoria dei quanti è la scoperta che le propietà di ogni cosa non sono altro che il modo in cui questa cosa influenza le altre. Esistono solo nell interazione con altre cose. La conclusione è radicale , fa saltare l'idea che il mondo debba essere costituito da una sostanza che ha attributi . Nessuna metafisica sopravvive.
 Non c'è, la sostanza prima, non esiste , la materia , essa esiste solo grazie alle forze che la tengono insieme. Ogni interazione è un evento , e sono questi eventi lievi ed effimeri che costituscono la realtà , non i pesanti oggetti carichi di propietà assolute che la nostra filosofia poneva a supporto di questi eventi. Invece di guardare gli oggetti dobbiamo guardare le relazioni che permettono all oggetto di essere un oggetto.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 20 Marzo 2022, 00:10:25 AM
Non è che hai spiegato in modo chiaro a cosa sto girando attorno, Alberto. I tuoi discorsi restano un pò vaghi, e da essi traspare per lo più solo un sano e promettente entusiasmo.
Il denominatore comune del nostro discorso, ciò su cui convergiamo, sembra essere un ''relazionismo'' che immagino deriviamo entrambi  dal lavoro fatto dai fisici nel cercare di mettere d'accordo MQ e Relatività attraverso la teoria della Gravità Quantistica.
Però lo schema filosofico che tu ne derivi mi pare sia rimasto sospeso a metà strada, perché, se da un lato promuovi il relazionismo,  dall'altro sembra tu voglia mantenere il vetusto essere come cosa in se'.
Ma come ho provato a suggerirti le due cose da un punto di vista logico collidono.
L'essere in quanto tale è tradizionalmente la premessa necessaria di una relazione, che per essere tale prevede però almeno una minima molteplicità , mentre l'essere in quanto tale non implica necessariamente una relazione, in quanto esso si giustifica da solo, nella sua possibile unicità.
Il problema diventa allora come un essere considerato necessario perché' possa esservi una relazione, senza però implicarla già in se', possa diventare poi il soggetto di questa relazione.
Io ho provato a spiegarla mettendo sullo stesso piano oggetto e relazione, nell'essere  insieme il risultato della nostra interazione con la realtà.
L'essere quindi nasce dalla nostra interazione con la realtà già comprensivo delle sue relazioni, in un parto gemellare.

Faccio un esempio.
Se dal nostro rapporto con la realtà nasce la fisica Newtoniana, la massa e la forza di gravità, come relazione fra le masse, nascono insieme, e non prima le masse come essere, che giustificano poi la loro relazione di gravità dentro la descrizione di un tempo e uno spazio assoluti.
Nuove interazioni con la realtà sortiscono poi nuove teorie dove la relazione è descritta dentro uno spazio e un tempo relativi , ma dentro uno spazio-tempo assoluto e cambia il tipo di relazione, dove adesso la relazione  fra masse è lo stesso spazio-tempo.
Da tutto ciò derivo l'idea di oggetti la cui esistenza non sia slegata dalle loro relazioni, perché quando cambia la relazione fra gli oggetti non possiamo dire a rigore che stiamo parlando ancora degli stessi oggetti. Anche se continuiamo a dare lo stesso nome agli oggetti, c'è però una bella differenza fra masse che producono forze e masse che producono invece spazio-tempo.
Hanno lo stesso nome, ma sono oggetti diversi.

Tu ti limiti a dare maggiore importanza alle relazioni di quanto finora si sia fatto, avendo  noi sottolineato fino ieri invece l'importanza primaria dell'essere.
Quindi, se non ti offendi, direi che ci stai girando attorno alla questione, ma ancora non ci sei, secondo me.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: iano il 20 Marzo 2022, 00:44:29 AM
Ci tengo comunque a sottolineare che la mia posizione filosofica non vuole essere né gratuita da un lato, né tanto meno dall'altro lato vuole affermarsi come una verità che si possa più o meno raggiungere girandoci attorno.
Essa pretende di essere funzionale alla comprensione della realtà, non in quanto verità, ma in quanto progresso nella nostra relazione con la realtà.
Non è dunque che io voglia togliere solidità all'essere in quanto tale perché mi sia venuto ad uggia, ma perché toltoci il fardello del metafisico concetto di solidità, non avremo difficoltà a dare patente di comprensibilità ad un essere che tale solidità non mostra di avere.
Un essere per il quale, volendo mantenere un attributo di solidità, siamo però costretti ad assegnarli una duplice identità, come un onda, si, ma anche una particella.
Ma non si tratta ne' di un onda , né di una particella, ma di un nuovo essere che nasce insieme alle sue nuove relazioni, da una nostra rinnovata interazione con la realtà.
Un essere che non ha in se' nessuna necessità, essendo il prodotto di una interazione relativa.

Ma come ci dice la fisica, che a suo fondamento pone le misure e la ripetitività, sappiamo che ogni volta che reitereremo la stessa interazione con la realtà, essa ci restituirà sempre gli stessi oggetti.
E' ben comprensibile quindi come abbiamo fatto a sviluppare l'idea di un essere in quanto tale, finché monolitico è rimasto il nostro tipo di interazione con la realtà. L'essere era in quanto tale perché non esistevano alternative da considerare.
Ma, nel momento in cui con la pratica scientifica il nostro rapporto con la realtà si è diversificato esso ha iniziato a produrre sempre nuovi oggetti, che però non sono da considerare inammissibili, se non per la nostra mancata confidenza ancora da acquisire con essi.
Perché alla fine in cosa consiste la comprensione se non nella confidenza e nella intimità con gli oggetti, che nascono dall'abitudine a trattarli?
Perché è con l'uso che li facciamo nostri, comprendendoli.
Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: Alberto Knox il 20 Marzo 2022, 13:30:05 PM
Citazione di: iano il 20 Marzo 2022, 00:10:25 AML'essere in quanto tale è tradizionalmente la premessa necessaria di una relazione, che per essere tale prevede però almeno una minima molteplicità , mentre l'essere in quanto tale non implica necessariamente una relazione, in quanto esso si giustifica da solo, nella sua possibile unicità.
Il problema diventa allora come un essere considerato necessario perché' possa esservi una relazione, senza però implicarla già in se', possa diventare poi il soggetto di questa relazione.
Non fraintendermi, mi sento in sintonia con gran parte di quello che dici. La domanda è se può esistere l'essere in quanto tale, cioè come fenomeno slegato dalle relazioni che come fai notare è la premessa necessaria per avere l'essere . Mi sembra che entrambi neghiamo la possibilità che un essere in quanto tale possa esistere. Non c'è nessuna volontà che ordina  e calibra le leggi dell universo in modo tale che queste leggi poi permettono la relazione fra materia e leggi , le quali permettono l'insorgere dell essere. Poichè una spiegazione delle propietà dell essere non è autosufficente ma dipende da qualcosa d'altro, allora diciamo che queste propietà sono contingenti. Cioè dipendono da qualcosa d'altro. è possibile che le leggi del nostro universo , pur non essendo , per logica, le uniche possibili , siano tuttavia le sole leggi possibili capaci anche di dare origine alla complessità organica oltre che fisica. Forse il nostro è il solo universo possibile che permetta la biologia e di conseguenza l'insorgere dell essere , l'unico in cui possano nascere organismi coscienti ; ed allora, sarebbe il solo universo conoscibile possibile.

p.s.
Ora mi sono ricordato di te, avevamo già chiaccherato quando ho parlato della voluntas di Shopenhauer.

Titolo: Re: Caso e necessità.
Inserito da: viator il 20 Marzo 2022, 14:46:48 PM
Salve. Interessante il concetto espresso da Alberto e che qui riprendo : " Forse il nostro è il solo universo possibile che permetta la biologia e di conseguenza l'insorgere dell essere , l'unico in cui possano nascere organismi coscienti ; ed allora, sarebbe il solo universo conoscibile possibile".

Mi permetto solo - nuocendo gravemente alla prolissità del'argomento - di riformularlo diversamente ed in modo profondissimo ed originalissimo : "Sicuramente il nostro è il solo universo possibile che permetta all'universo di essere quello che è".

A questo punto a me pare di avere rifondato tutta la filosofia  degli ultimi tremila anni, incluse pure tutte le discussioni del nostro magnifico Forum. Ma ovviamente mi sbaglio, tantopiù che non mi considero affatto una ultramente, ma più probabilmente solamente un ultrademente che capisce quasi niente !!. Saluti.