L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente.
Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza? Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuità che la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?
Secondo me ciò che differenzia l'uomo da tutte le altre cose è la sua facoltà di giudicare, che si può considerare la vera libertà. Nel mondo inorganico gli oggetti obbediscono aalle leggi fisiche, quindi non c'è libertà. Il mondo animale è governato dall'istinto della conservazione della specie, e a tale legge obbedisce. Ma anche l'uomo in un certo senso è schiavo, è schiavo del 'io penso' che non l'abbandona mai, di quella irrefutabile esigenza di dover giudicare ogni cosa che cade nella sfera della sua coscienza. La vita è opinione dice Marco Aurelio. Si potrebbe dire che ogni cosa è schiava della necessità, l'uomo è schiavo dell'opinione.
Citazione di: maral il 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM
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Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Questa conclusione, a mio parere, non è comprovata. E' indubbio che noi uomini siamo esseri coscienti, e che viviamo la sensazione di essere differenti rispetto all'Universo, ma questo non vuol dire che sia effettivamente così. In realtà tutto quello che noi viviamo (Coscienza, emozioni, giudizi morali, percezione della bellezza, fede in Dio ...) potrebbe essere spiegato sulla base di leggi fisiche.
Che è l' uomo?
Prima di tutto auguro una Buona Pasqua a tutti. Avevo l' intenzione di redigere il post sulla volontà di potenza per questo augurio, ma non so se ne avrò il tempo e se soprattutto sia pronto. Ringrazio Maral per questa opportunità e mi tuffo senza ulteriore indugio in questo interessantissimo tema, che per molti versi è legato trasversalmente al mio e alla Hideggerriana Volontà di potenza come conoscenza in cui mi sono inoltrato.
X Maral
Sono completamente d' accordo con i presupposti e perciò passo subito al nocciolo della questione. E cioè su quali siano le implicazioni per viverla con l' animo di raggiungere la conoscenza e quali siano la scienza e la filosofia che si rendono necessarie per porci nella migliore prospettiva possibile per accedere alla conoscenza stessa.
A titolo introduttivo, a mio avviso, è che le implicazioni sono diverse e di difficile appropriamento. Sia dal punto di vista della comprensione del problema sia della difficoltà che un tale compito richiede. La domanda cardine, a mio avviso, è questa: Disponiamo già di una scienza e di una filosofia che possano gestire una simile situazione? La mia risposta è no. La mia risposta cioè, non implica soltanto che è necessario che si giunga ad una consapevolezza condivisa di quanto sostenuto nella tesi iniziale, ma che ciò avvenga anche nei confronti del constatare che non disponiamo di tale scienza e filosofia, e che perciò sarà necessario fondarle. Mi sembra di aver già posto questa mia opinione e che sostanzialmente non ho modificato la mia opinione nel frattempo. Ricordo anche di aver sostenuto che questo è l' arduo compito che attende la filosofia e la scienza nel futuro. E cioè appena possibile. Da oggi.
Grazie per la cortese attenzione.
Garbino Vento di Tempesta,
Che e' l'uomo? ::)
chissa se non lo spiega bene pure il testo di questo bel brano musicale.. :) ..a me oltre che avermi fatto ridere di gusto, mi ha pero pure fatto riflettere ???
https://www.youtube.com/watch?v=bUQnNGuS_ME
Buona pasqua a tutti!
This is a film about a man and a fish.
This is a film about dramatic relationship between a man and a fish.
The man stands between life and death.
The man thinks,
The horse thinks,
The sheep thinks,
The cow thinks,
The dog thinks.
The fish doesn't think.
The fish is mute.
Expressionless.
The fish doesn't think,
Because the fish knows everything...
Questo è un film su un uomo e un pesce.
Questo è un film sul drammatico rapporto tra un uomo e un pesce.
L'uomo si trova tra la vita e la morte.
L'uomo pensa,
Il cavallo pensa,
La pecora pensa,
La mucca pensa,
Il cane pensa.
Il pesce non pensa.
Il pesce è muto.
Inespressivo.
...........................
Il pesce non pensa,
Perché il pesce sa' ...
Auguro a tutti una buona Pasqua e passo alle vostre riflessioni.
CVC, è vero che l'uomo giudica e nel poter giudicare si sente libero (resta comunque da stabilire quanto lo sia effettivamente e in che termini vada inteso questo sentirsi libero), ma la capacità di giudizio è comunque data dalla capacità di darsi rappresentazioni del mondo, rappresentazioni che non sono semplicemente quelle che si vive, sono dei possibili che appaiono in alternativa e questa è la peculiarità umana che implica sempre un margine di incertezza e richiede un giudizio e quindi una scelta. Nell'uomo il mondo appare come possibilità.
Anthonyl, forse quello che noi viviamo potrebbe essere spiegato sulla base di leggi fisiche, ma le leggi fisiche sono il risultato del nostro modo del tutto umano di stare nel mondo essendone coscienti, dunque sono il nostro modo di parlarne che è la nostra singolare anomalia che vorremmo spiegare. Ma come si può spiegare qualcosa partendo proprio da ciò che dovrebbe essere spiegato, è un paradosso.
Garbino, sono perfettamente d'accordo che non possediamo già una scienza e una filosofia che possano gestire quella che si potrebbe chiamare una conoscenza sapiente, anche se spesso ci si illude. Penso anche che sia un problema la cui soluzione sta oltre la nostra attuale conoscenza scientifica e filosofica. Forse si dovrebbe cominciare dal sapere di non sapere socratico che andrebbe combinato con un non sapere di sapere che comunque guida le nostre esistenze e qui vengo alla azzeccatissima canzoncina che presenta Acquario.
E' vero, il pesce, sa tutto, ma non sa di sapere e forse proprio per questo sa tutto, ossia vive. Qualsiasi essere vivente, poiché vive, sa tutto, ma l'uomo solo può sapere di sapere e di non sapere. Allora in qualche modo una conoscenza sapiente dovrebbe fare riferimento alla propria vita che esprime la sapienza originaria, dovremmo cercare il modo di incontrare noi stessi, di mantenerci fedeli a noi stessi, come diceva Nietzsche. Un me stesso però che è sempre il me stesso vivente insieme agli altri e solo grazie agli altri, poiché vivere fin dall'inizio è sempre uno stare insieme nelle differenze che ognuno vive per la differenza che è. E' qui la difficoltà: come si vive la propria singolarità differente nel mondo in cui solo esistiamo, come possiamo essere quello che siamo nel mondo che è sempre necessariamente altro da noi? Su cosa possiamo fare affidamento?
Certo, il pesce non ha questi problemi, lui sa già farlo e non parla, beato lui. :)
Citazione di: maral il 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM
L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente.
Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza? Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuità che la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?
CitazioneSono perfettamente d' accordo con l' unicità dell' uomo nell' universo in quanto autocosciente (unicità presumibilmente ma non sicuramente oggettivamente vera, per quanto si può sapere); e soggettivamente, per noi, di straordinaria, incommensurabile importanza.
Per fare il pignolo credo che "qualcosina" (incomparabilmente meno che noi uomini) dell' universo conoscano anche per lo meno molti degli altri animali, che ritengo coscienti).
Credo che fisica e cosmologia (e tutte le altre scienze naturali o "scienze in senso forte o stretto") sulla coscienza (animale, e men che meno sull' autocoscienza umana) non abbiano nulla da dire, se non rilevare che (ammesse certe premesse indimostrabili che delle scienze stesse sono conditiones sine qua non) necessariamente (almeno a quanto ci é dato di sapere) vi é una corrispondenza biunivoca fra certi determinai eventi di di certe determinate coscienze e certi determinati eventi materiali (neurofisiologici in ceti determinati cervelli o analoghi organi nervosi centrali).
L' esistenza della coscienza (delle coscienze, se indimostrabilmente si rifiuta il solipsismo; e in particolare della coscienza umana, che é anche autocoscienza), la quale include l' universo materiale - naturale (oltre alla "res cogitans") come insieme di suoi attuali o potenziali costituenti puramente fenomenici, il cui "esse est percipi" e non é nient' altro) viene prima della conoscenza scientifica dei suoi contenuti materiali - naturali ("res extensa"), essendone una necessaria premessa o condizione: non sono le coscienze a trovarsi nell' universo materiale -naturale (in particolare nei cervelli), bensì é l' universo materiale - naturale (in particolare i cervelli) ad essere nelle coscienze!
Come valutarla e tenerne conto?
Secondo me soggettivamente come "la pupilla dei nostri occhi", per dirlo metaforicamente, cioé come quanto di più importante possa darsi (per noi).
Oggettivamente per l' appunto, come accennato appena qui sopra, come la necessaria premessa e condizione di tutta la conoscenza scientifica, di cui tenere ben conto (filosoficamente!) se la conoscenza scientifica sessa si vuole comprendere nella sua realtà, limiti, condizioni di verità, nel suo "autentico significato", nella sua "collocazione reale" (nell' ambito della realtà complessivamente, generalissimamente intesa).
Citazione di: anthonyi il 15 Aprile 2017, 11:47:02 AM
Citazione di: maral il 15 Aprile 2017, 10:49:56 AM
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Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Questa conclusione, a mio parere, non è comprovata. E' indubbio che noi uomini siamo esseri coscienti, e che viviamo la sensazione di essere differenti rispetto all'Universo, ma questo non vuol dire che sia effettivamente così. In realtà tutto quello che noi viviamo (Coscienza, emozioni, giudizi morali, percezione della bellezza, fede in Dio ...) potrebbe essere spiegato sulla base di leggi fisiche.
Citazione
Sulla base di leggi fisiche si può benissimo spiegare ciò che accade nel cervello di ognuno di noi e che necessariamente coesiste e corrisponde biunivocamente a coscienza, emozioni, giudizi morali, percezione della bellezza, fede in Dio ... ma é ben altra cosa!
Anche il polo, positivo di un magnete coesiste col polo negativo e viceversa, ma di certo non per questo essi si identificano!
Infatti, come fa ben rilevare David Chalmers con le sue considerazioni circa il fatto che alcuni o tutti gli altri uomini (e animali) potrebbero benissimo essere in linea teorica o di principio meri zombi del tutto privi di coscienza e non potremmo in alcun modo accorgercene, gli eventi cerebrali sono fatti materiali - naturali che di per sé potrebbero benissimo non essere affatto accompagnati da esperienza cosciente senza che le leggi fisiche alla quali tutta scienza é in linea di principio perfettamente riducibile -e che l' esperienza cosciente non prevedono, non considerano affatto- cambierebbero di una virgola.
La nostra mente in quanto coscienza non è la scienza moderna se intesa come semplice dimostrazione.
La mente tende ad andare oltre il dimostrato, a coniugare conoscenze e dare quella rappresentazione che Maral diceva.
Che siamo parte dell'universo lo dicono tutte le forme di conoscenza, ma il motivo della specificità umana e dell'individualizzazione della propria singolarità determinata nell'esistenza rimane una forma di coscienza universale che solo la filosofia può tentare di razionalizzare.
Se siamo parte siamo dentro un insieme definito universo, ma siamo diversi dalle altre parti che lo compongono.
L'esistenza umana implica un'origine comune di tutto,questo unisce le innumerevoli parti che sono differenziate e da quì sorgono quelle domande che portano all'essere, enti ed enti esistenti(essenti).
La corretta conoscenza viene mantenuta nel rapporto fra il Tutto e le parti; non è il solo Tutto o le sole singole parti la verità, ma è dal loro rapporto che scaturisce la verità.
Si tratta di ragionare anche nella scienza attuale e nella filosofia, a loro volta di saperle relazionare e quindi avere una rappresentazione logica che relazioni.
Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotte tutti i domini con le loro specifiche leggi.
Quindi, ad esempio, l'etica o la morale, non possono essere specificità temporali o spaziali(oggi va bene e domani, no, in quel luogo è giusta, in altro è sbagliato). Il contraddittorio che implica il razionalizzare è il nostro grado di conoscenza e in fondo di libertà, in quanto ci rende coscienti quali sono e come si manifestano le condizioni fisico/materiali o morali contraddittorie che non rispettano il rapporto fra il principio universale e le singolarità.
L'essere coscienti delle proprie restrizioni è già in qualche modo essendo comprese, una forma di liberazione.
Non soffro esistenzialmente di ciò che so, perchè ne faccio una ragione e capisco i miei limiti, le mie necessità, le mie possibilità.
Buona Pasqua
Citazione di: paul11 il 16 Aprile 2017, 14:54:00 PM
Che siamo parte dell'universo lo dicono tutte le forme di conoscenza,
Non mi sembra che la dimostrazione di una totale appartenenza al mondo fisico delle espressioni dell'uomo sia un risultato mai ottenuto, sono d'accordo sul fatto che la "sensazione" che coscienza, etica, fede, bellezza, non siano parte del mondo fisico non basti, ma per dimostrare che sono parte di questo mondo fisico bisogna spiegarle come effetto delle leggi fisiche e i risultati ottenuti, al riguardo, a tutt'oggi sono limitati.
Citazione di: anthonyi il 16 Aprile 2017, 15:36:38 PM
Citazione di: paul11 il 16 Aprile 2017, 14:54:00 PMChe siamo parte dell'universo lo dicono tutte le forme di conoscenza,
Non mi sembra che la dimostrazione di una totale appartenenza al mondo fisico delle espressioni dell'uomo sia un risultato mai ottenuto, sono d'accordo sul fatto che la "sensazione" che coscienza, etica, fede, bellezza, non siano parte del mondo fisico non basti, ma per dimostrare che sono parte di questo mondo fisico bisogna spiegarle come effetto delle leggi fisiche e i risultati ottenuti, al riguardo, a tutt'oggi sono limitati.
Sì se consideriamo la teoria cosmologica ,in cui al tempo zero tutto era energia senza ancora lo spazio e senza la comparsa delle forze(elettromagnetismo, gravità, nucleari).E chi può dire che esista una sola forma di energia fisica come oggi la conosciamo e che le forze siano solo riconducibili a quelle elencate? Mai sentito "l'energia oscura" che a sua volta comprende la materia oscura e che dovrebbe rappresentare più del 60% dell' Universo e che spiega la teoria dell'espansione dell' universo?E' la dimostrazione della scienza il limite, ma nello stesso tempo è ciò che si avvicina di più all'evidenza, alle convenzioni .....ad oggi.
Tema bello complesso caro Maral.
Di quelli che piacciono a me.
E temo che finiremo per farci domande a vicenda. ;)
cit maral
"L'uomo è un pezzo di universo."
Sono d'accordo tendelziamente, ma cercando di fare luce su questo concetto, pongo dei distinguo. In primis l'Universo non è da intendere come la NATURA.
L'universo è per contro quella categoria del pensiero, che vede nella classificazione di tutto quello che non è "l'IO" (possiamo anche dire l'io penso di cartesiana memoria, anche se io lo intendo come processo psichico per l'esattezza). Ossia l'universo è l'altro categorizzato come univerale a livello formale.
Il concetto di uomo è perciò fuori dall'io penso, e questo già definisce meglio cosa si intenda per "concetto" di uomo.
E non credo di sbagliare che sia un "concetto", infatti concordiamo in maniera significativa riguardo al valore da dare alle parole coscienza e rappresentazione.
Ma è proprio sulla parola coscienza che direi che inevitabilmente la domanda poi si porrà in tutta la sua pregnanza filosofica.
Ma intanto la coscienza, è una coscienza di una rappresentazione.
Trovo questo tuo passaggio fondamentale.
Bisognerebbe se non vogliamo cadere nelle trappole del naturalismo ingenuo, distinguere bene però.
cit maral
"Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza?"
La coscienza è la conoscenza, la conoscenza che esiste altro certo, dai greci ai giorni nostri ha preso nome di SCIENZA.
Noi siamo coscienti, ovverso siamo accompagnati (co- dal latino CUM, andare insieme) dal nostro "scire", capire, comprendere.
Che è certamente un "cum" "prendo" un prendere con sè, un assicurarsi il valore delle COSE.
Anche il comprendere dunque cela in sè il concetto che "qualcosa si accompagna a qualcosa".
Il problema è capire cosa sia quel "qualcosa".
La domanda è eminetemente filosofica. Perchè se da un lato siamo scietemente certi che qualcosa esista là fuori.
Non sappiamo chi o cosa, accompagni quel esistente esterno a "noi".
Sono anni che questa domanda fondamentale mi ronza in testa. Cosa accompagna cosa?
Il fatto non è facilmente solvibile, sebbene con Cartesio l'uomo ha provato ad intendersi come cosa mentale, mal si sposa con il concetto più vasto di coscienza.
L'uomo ha sempre bisogno della mediazione, che sia quelle metafisica, che da Aristotele porta ad Heidegger, o che sia quella della TECNICA, ossia come cavalletto reggente la rappresentazione, non si ha mai chiaro quale sia la rappresentazione che dovrebbe descrivere l'atto riflessivo.
Probabilmente che il Forum si chiami riflessioni è solo un caso, ma in effetti a me sembra sempre più chiaro che la riflessione, è la problematizzazione di qualsiasi fondamento.
Credere come fa sgiombo che vi sia una (del tutto indimostrabile) coincidenza fra piano rappresentativo e piano fenomenico, sembra la risposta più sensata, e comunemente accettata (sebbene non elaborata, non tutti sono filosofi).
Il problema grave però è prenderla per buona senza analizzarne le conseguenze.
Non essendo dimostrabile è in gioco lo stesso piano epistemico.
cit maral
"Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuità che la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?"
Anzitutto la posizione epistemica caro Maral.
La parola riflessione è ambigua, e rimanda quasi ad un domandare infinito.
Infatti presuppone che qualcosa sia re-flesso. posto un qualcosa (a) e un qualcosa (b) sarebbe quel a che fa tornare indietro un b che fletteva sul a.
lo scontro tra un a e un b, sembrerebbe pendere a favore di a, ma quello che "vediamo" (rappresentiamo) è solo b.
Questo significa che noi ipotizziamo (essendo quel a) che esistiamo in nome di una resitenza, ossia un ritorno esistente.
E' indubitabile che l'oggetto b è sempre stato identificato come la conoscenza, pur essendo quella solo un risultato, ciò che rimane di uno scontro.
E' per questo che Parliamo di un dualismo, il punto caro maral, è che è un dualismo asimmetrico.
Questa asimmetria decide dell'individuazione di qeullo che chiamiamo Io. una esperienza temporale che situa uno spazio del tutto anarchico, che ci ostiniamo a considerare NOSTRO. Ma di nostro non c'è niente, in quanto è solo una rappresentazione di quel punto anarchico di convergenze del reflusso epistemico. Ossia a è ritenuto il totale dei b respinti.
Ma su quale base epistemica farlo? Certo potremmo usare un metodo riduzionista, e decidere che un certo numero (il più basso possibile) di risposte b, sia di fatto il carattere fondamentale di a (e nel nostro triste mondo malato, crediamo di essere solo DNA). Ma come ignorare che l'uomo può decidere di prendere un numero infinito di ripsote b, e di fatto amettere che l'infinità di risposte che avrà sarà proprio quel a.
Se il riduzionismo è allora l'episteme di oggi, allora è uno degli epistemi più deboli di sempre.
Se inveve il pluralismo fosse valido allora non avremmo più alcuna episteme.
Io credo sia questa la vera debolezza strutturale dell'uomo, a cui si risponde con la crezione del potere.
Il potere è quel a che respinge non più un b ma un altro a. Nei casi più radicali è un a che sopprime un altro a.
In ballo chiaramente sta nel decidere chi debba avere il diritto sul valore degli infiniti b.
E' dunque da sempre una lotta di epistemi. e con questo abbiamo anche deciso che l'etica è subordinata alla episteme dunque.
Rimarrebbe la dimensione estetica, che secondo molti decide in fin dei conti anche di cosa sia l'uomo (vedi un Kant).
Abbiamo detto che il soggetto a, chiamandosi IO, decide di fatto di appropriarsi della sua esperienza temporale.
Ma se un io, crede di essere un IO, allora la sua universalizzazione, altro non sarà che l'insieme degli io, che chiamerà per comodità uomo.
Dunqe anche l'estetica sarà decisa da una posizione epistemica. riduzionista o pluralista che sia.
Ma dicevo del mio ronzio in testa caro Maral.
E concludo con la domanda, ma di quel a originario, veramente abbiamo la certezza di qualcosa???
Non sto qui a perdere tempo con i riduzionisti (le nuove generazioni di filosofi), ma dico che anche i pluralisti, come fanno a essere certi quale possa MAI essere la rappresentazione originanria, quella secondo cui per sgiombo piano rappresentazionale e fenomenico dovrebbero unirsi?
Facciamo un esempio, se fosse DIO quel a, a cui come risposta ci sarebbe la medianità dell'io, e quindi decidermmo bene o male i confini di quel b particolare ossia un (b) che anticipa un altro b.
Amettiamo che noi siamo quel riflesso, che siamo quella conoscenza, quel "omnis determinatio est a negatio", ma chi ci garantirà mai che non sia invece proprio un b, ossia la rappresentazione stessa il frutto di un rimbalzo anarchico, e incontrollabile.
Infatti per ogni b mediano, nessuno può decidere che vi sia un a originario.
Potrebbe per esempio essere il punto di forza di una collisione di più rimbalzi. O qualsiasi altra fantasia-delirio della fisica.
O certo potrebbe non c'entrare alcunchè con la fisica.
Ossia ripeto nel tentativo di farmi capire, che quel a "deciso" non sia nè più nè meno che una rappresentazione del tutto errata.
Io temo che quel a non sarà mai nemmeno intuibile se non a condizione di una forzatura, di una presa di posizione.
Di una lotta di potere caro MARAL. (e dunque di quella disimmetria, bisognerebbe proprio intendere il suo enigmatico seguito, ossia la creazione di innumerevoli a, che si potranno dare solo come politica dell'ALTRO, e quindi Nietzche è l'unico filosofo ad aver osato insistere su questo punto, guerra-amicizia)
E come al solito come in un dejavù in loop, siamo sempre al mio punto: tutto è politica.
NB. spero per questo che si capisca perchè all'inizio del psot parlavo di concetti, e non di verità.
L'uomo è un mero concetto.
e la filosofia è il lugo di una lotta perenne di concetti.
Citazione di: green demetr il 17 Aprile 2017, 05:27:25 AM
Ma intanto la coscienza, è una coscienza di una rappresentazione.
Trovo questo tuo passaggio fondamentale.
Bisognerebbe se non vogliamo cadere nelle trappole del naturalismo ingenuo, distinguere bene però.
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Noi siamo coscienti, ovverso siamo accompagnati (co- dal latino CUM, andare insieme) dal nostro "scire", capire, comprendere.
Che è certamente un "cum" "prendo" un prendere con sè, un assicurarsi il valore delle COSE.
Anche il comprendere dunque cela in sè il concetto che "qualcosa si accompagna a qualcosa".
Il problema è capire cosa sia quel "qualcosa".
La domanda è eminetemente filosofica. Perchè se da un lato siamo scietemente certi che qualcosa esista là fuori.
Non sappiamo chi o cosa, accompagni quel esistente esterno a "noi".
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Probabilmente che il Forum si chiami riflessioni è solo un caso, ma in effetti a me sembra sempre più chiaro che la riflessione, è la problematizzazione di qualsiasi fondamento.
Credere come fa sgiombo che vi sia una (del tutto indimostrabile) coincidenza fra piano rappresentativo e piano fenomenico, sembra la risposta più sensata, e comunemente accettata (sebbene non elaborata, non tutti sono filosofi).
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Se il riduzionismo è allora l'episteme di oggi, allora è uno degli epistemi più deboli di sempre.
Se inveve il pluralismo fosse valido allora non avremmo più alcuna episteme.
Io credo sia questa la vera debolezza strutturale dell'uomo, a cui si risponde con la creazione del potere.
Il potere è quel a che respinge non più un b ma un altro a. Nei casi più radicali è un a che sopprime un altro a.
In ballo chiaramente sta nel decidere chi debba avere il diritto sul valore degli infiniti b.
E' dunque da sempre una lotta di epistemi. e con questo abbiamo anche deciso che l'etica è subordinata alla episteme dunque.
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E concludo con la domanda, ma di quel a originario, veramente abbiamo la certezza di qualcosa???
Non sto qui a perdere tempo con i riduzionisti (le nuove generazioni di filosofi), ma dico che anche i pluralisti, come fanno a essere certi quale possa MAI essere la rappresentazione originanria, quella secondo cui per sgiombo piano rappresentazionale e fenomenico dovrebbero unirsi?
Facciamo un esempio, se fosse DIO quel a, a cui come risposta ci sarebbe la medianità dell'io, e quindi decidermmo bene o male i confini di quel b particolare ossia un (b) che anticipa un altro b.
Amettiamo che noi siamo quel riflesso, che siamo quella conoscenza, quel "omnis determinatio est a negatio", ma chi ci garantirà mai che non sia invece proprio un b, ossia la rappresentazione stessa il frutto di un rimbalzo anarchico, e incontrollabile.
Infatti per ogni b mediano, nessuno può decidere che vi sia un a originario.
Potrebbe per esempio essere il punto di forza di una collisione di più rimbalzi. O qualsiasi altra fantasia-delirio della fisica.
O certo potrebbe non c'entrare alcunchè con la fisica.
Ossia ripeto nel tentativo di farmi capire, che quel a "deciso" non sia nè più nè meno che una rappresentazione del tutto errata.
Io temo che quel a non sarà mai nemmeno intuibile se non a condizione di una forzatura, di una presa di posizione.
Di una lotta di potere caro MARAL. (e dunque di quella disimmetria, bisognerebbe proprio intendere il suo enigmatico seguito, ossia la creazione di innumerevoli a, che si potranno dare solo come politica dell'ALTRO, e quindi Nietzche è l'unico filosofo ad aver osato insistere su questo punto, guerra-amicizia)
E come al solito come in un dejavù in loop, siamo sempre al mio punto: tutto è politica.
NB. spero per questo che si capisca perchè all'inizio del psot parlavo di concetti, e non di verità.
L'uomo è un mero concetto.
e la filosofia è il lugo di una lotta perenne di concetti.
CitazioneDevo dire che trovo molto oscure queste tua considerazioni (che qui ho selvaggiamente tagliato) ed accenno brevemente a ciò che meno mi convince.
Se intendi dire (per lo meno "fra l' altro", oltre a considerazioni diverse; come mi par di capire) che la certezza assoluta (della verità) di qualsiasi conoscenza é impossibile (ovvero che lo scetticismo non é razionalmente superabile) sono perfettamente d' accordo.
Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi: le sensazioni (tutto ciò che ci é immediatamente e indubitabilmente -per lo meno nell' istante presente in cui accadono- esperibile e conoscibile; tutto il resto essendo degno di dubbio) costituiscono "rappresentazioni coscienti" ovvero "fenomeni" (apparenze coscienti).
Casomai si può ipotizzare (e, volendo, credere realmente esistente senza poterlo dimostrare) un ulteriore "piano ontologico" in sé, non apparente ovvero "rappresentativo", non empiricamente constatabile, ma solo "congetturabile" (noumeno).
Non capisco che cosa possa intendersi per "fantasia - delirio della fisica".
La fisica (e anche le altre scienze naturali) si basa su alcuni presupposti indimostrabili, come ci ha insegnato soprattutto David Hume, ma compie osservazioni empiriche, sperimentali, induzioni e ipotesi da sottoporre a verifica-falsificazione empirica.
Mi sembra si tratti di tutt' altro che "fantasie - deliri", quali sono invece casomai quelli proposti da religioni, superstizioni e irrazionalismi vari.
Inoltre non comprendo in che senso l' etica sia "sottoposta all' episteme" e (a mio avviso contraddittoriamente: sia l' etica sia la politica sono ricerca ed eventualmente conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire) "tutto sia politica" (dunque l' azione comprenderebbe, e mi pare dunque in qualche modo inevitabilmente determinerebbe o almeno condizionerebbe, "sottoporrebbe a sé", la conoscenza).
Che è l' uomo?
Fondare una scienza ed una filosofia non significa rifondarle. Non significa cioè salvare il salvabile e ripartire da quel punto, ma ripartire da zero. Salvare il salvabile infatti identificherebbe che ciascuno tenderebbe a salvare ciò che ritiene non opinabile ed ogni sforzo di fondare qualcosa cadrebbe nel vuoto. Ma inoltre e sempre a mio avviso è necessario astrarsi dal tempo in cui si vive e che è già il risultato di tutti gli errori che la nostra conoscenza cela dietro ogni virgola.
Ciò che intendo dire è che è necessario che ciascuno si rimetta in gioco totalmente, e che purtroppo questa è la cosa più difficile. Infatti possiamo constatare che già sulla premessa iniziale, alquanto generica e per niente vincolante, la condivisione è ardua.
Diversi anni fa mi trovai di fronte alla dimostrazione di Aristotele che l' infinito cadeva nel campo finito e subito mi resi conto che non era accettabile. In essa Aristotele prendeva in esame una retta infinita, la tagliava in un punto x e poi spostava una delle due semirette nel campo finito da far così cadere l' infinito nel campo finito. Ciò che mi saltò subito agli occhi è che l' eventuale spostamento della semiretta non avrebbe spostato assolutamente l' infinito nel campo finito, l' avrebbe soltanto allungata. La semiretta non avrebbe mai cioè abbandonato l' infinito.
Non so se qualcuno abbia già fatto questa riflessione sia prima che dopo di me, e non è per vanto che la riporto, il motivo è legato strettamente agli universali del sillogismo la cui veridicità dovrebbe, a mio avviso, ritenersi inversamente proporzionale alla tendenza all' infinito dei soggetti presi in esame.
Ma questo esempio dimostra anche quanto errore possa risiedere nel nostro sistema conoscitivo e quanto sia indispensabile, se si vuole fondare una scienza ed una filosofia, ripartire da zero.
X Maral
Ricordo che al sapere di non sapere socratico avevo collegato la tendenza dell' uomo alla menzogna per costruire uno schema che gli rendesse più facile la vita. Tema che trovo affrontato profondamente da Heidegger nel corso di lezioni sull' argomento Volontà di potenza come conoscenza che sto affrontando adesso. E' ovvio che è mia intenzione inserire le mie opinioni nella discussione da me aperta su Nietzsche, ma volevo chiederti se ritieni opportuno che ne parli anche in questa.
Garbino Vento di Tempesta.
L'homo è una particolare "forma" o "manifestazione" della Coscienza cosmica - o mente cosmica - di cui tutto è manifestazione.
Le "caratteristiche" dell'homo sono tutte caratteristiche della Coscienza cosmica.
L'evoluzione è quel processo grazie al quale le "caratteristiche" della Coscienza cosmica si manifestano. E si manifestano grazie alla "materia", nella "materia" e sotto forma di "materia".
A- Le "caratteristiche" dell'homo sono tutte caratteristiche della Coscienza cosmica.
B- Ciò che intendo dire è che è necessario che ciascuno si rimetta in gioco totalmente, e che purtroppo questa è la cosa più difficile.
-Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi.
-Anche il comprendere dunque cela in sé il concetto che "qualcosa si accompagna a qualcosa".
-E' la dimostrazione della scienza il limite, ma nello stesso tempo è ciò che si avvicina di più all'evidenza, alle convenzioni... ad oggi.
-Ma per dimostrare che sono parte di questo mondo fisico bisogna spiegarle come effetto delle leggi fisiche e i risultati ottenuti, al riguardo, a tutt'oggi sono limitati.
-Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotti tutti i domini con le loro specifiche leggi.
-Anche il polo, positivo di un magnete coesiste col polo negativo e viceversa, ma di certo non per questo essi si identificano!
-Come valutarla e tenerne conto?
-La capacità di giudizio è comunque data dalla capacità di darsi rappresentazioni del mondo, rappresentazioni che non sono semplicemente quelle che si vive, sono dei possibili che appaiono in alternativa.
-Il cane pensa. Il pesce non pensa.
-Disponiamo già di una scienza e di una filosofia che possano gestire una simile situazione?
-Questa conclusione, a mio parere, non è comprovata.
-Si potrebbe dire che ogni cosa è schiava della necessità, l'uomo è schiavo dell'opinione.
-L'uomo è un pezzo di universo...
x - ... e l'universo ha originato la domanda...
un cordiale saluto
Jean
Sgiombo, d'accordo, l'unicità dell'uomo in quanto autocosciente è soggettivamente vera, ma cos'è mai oggettivamente vero? Non è che mi affaccio alla finestra e vedo un mondo oggettivo davanti a me, come se non fossi lì anch'io, nel mondo che vedo, come se fossi un'altra cosa non partecipante.
Può essere che "qualcosina" di questa coscienza e forse pure di questa autocoscienza appartenga anche ad alcuni altri animali, ma essa resta del tutto inclusa nel loro saper vivere, mentre nell'uomo no, nell'uomo travalica ampiamente questo saper vivere e vuole includerlo infatti dici "è l'universo materiale – naturale a esserne incluso"), finendo poi per esserne a sua volta inclusa. Di sicuro per l'uomo non c'è conoscenza senza rappresentazione.
Mi sa che Chalmers dica qualcosa di piuttosto assurdo se consideriamo che le leggi fisiche che non cambierebbero in alcun modo senza esperienza cosciente, sono il prodotto dell'esperienza cosciente.
Citazione di: paul11 il 16 Aprile 2017, 14:54:00 PM
La corretta conoscenza viene mantenuta nel rapporto fra il Tutto e le parti; non è il solo Tutto o le sole singole parti la verità, ma è dal loro rapporto che scaturisce la verità.
Si tratta di ragionare anche nella scienza attuale e nella filosofia, a loro volta di saperle relazionare e quindi avere una rappresentazione logica che relazioni.
Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotte tutti i domini con le loro specifiche leggi.
Quindi, ad esempio, l'etica o la morale, non possono essere specificità temporali o spaziali(oggi va bene e domani, no, in quel luogo è giusta, in altro è sbagliato). Il contraddittorio che implica il razionalizzare è il nostro grado di conoscenza e in fondo di libertà, in quanto ci rende coscienti quali sono e come si manifestano le condizioni fisico/materiali o morali contraddittorie che non rispettano il rapporto fra il principio universale e le singolarità.
L'essere coscienti delle proprie restrizioni è già in qualche modo essendo comprese, una forma di liberazione.
Non soffro esistenzialmente di ciò che so, perchè ne faccio una ragione e capisco i miei limiti, le mie necessità, le mie possibilità.
MI pare tu dica qualcosa di fondamentale, ossia che la corretta conoscenza è nella giusta relazione tra le parti e il tutto. Ma, se noi siamo una parte, come possiamo definire la correttezza di questo rapporto? Il tutto a cui ci riferiremo sarà sempre un tutto parziale, visto dalla nostra parzialità. Come possiamo comprendere il tutto come tutto? Ossia prenderlo tutto con noi (come dice bene Green)? Manteniamoci nei nostri limiti, tu dici, e sono d'accordo, ma se ci manteniamo nei nostri limiti come possiamo fondare un'etica o una morale che non siano specificità temporali o spaziali? Non sono forse proprio il tempo e lo spazio in cui viviamo proprio il nostro limite in cui dovremmo mantenerci?
Data la tarda ora e la mia attuale stanchezza, rifletterò domani sulle impegnative considerazioni di Green Demetr e Garbino, che invito senz'altro a postare le sue opinioni sulla volontà di potenza come conoscenza anche qui, sperando che ci illuminino sul quesito. :)
Citazione di: maral il 17 Aprile 2017, 23:02:08 PM
Citazione di: paul11 il 16 Aprile 2017, 14:54:00 PM
La corretta conoscenza viene mantenuta nel rapporto fra il Tutto e le parti; non è il solo Tutto o le sole singole parti la verità, ma è dal loro rapporto che scaturisce la verità.
Si tratta di ragionare anche nella scienza attuale e nella filosofia, a loro volta di saperle relazionare e quindi avere una rappresentazione logica che relazioni.
Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotte tutti i domini con le loro specifiche leggi.
Quindi, ad esempio, l'etica o la morale, non possono essere specificità temporali o spaziali(oggi va bene e domani, no, in quel luogo è giusta, in altro è sbagliato). Il contraddittorio che implica il razionalizzare è il nostro grado di conoscenza e in fondo di libertà, in quanto ci rende coscienti quali sono e come si manifestano le condizioni fisico/materiali o morali contraddittorie che non rispettano il rapporto fra il principio universale e le singolarità.
L'essere coscienti delle proprie restrizioni è già in qualche modo essendo comprese, una forma di liberazione.
Non soffro esistenzialmente di ciò che so, perchè ne faccio una ragione e capisco i miei limiti, le mie necessità, le mie possibilità.
MI pare tu dica qualcosa di fondamentale, ossia che la corretta conoscenza è nella giusta relazione tra le parti e il tutto. Ma, se noi siamo una parte, come possiamo definire la correttezza di questo rapporto? Il tutto a cui ci riferiremo sarà sempre un tutto parziale, visto dalla nostra parzialità. Come possiamo comprendere il tutto come tutto? Ossia prenderlo tutto con noi (come dice bene Green)? Manteniamoci nei nostri limiti, tu dici, e sono d'accordo, ma se ci manteniamo nei nostri limiti come possiamo fondare un'etica o una morale che non siano specificità temporali o spaziali? Non sono forse proprio il tempo e lo spazio in cui viviamo proprio il nostro limite in cui dovremmo mantenerci?
Myfriend è vicino a quello che penso.
Maral ,
il problema sono le definizioni. Cosa significa coscienza, mente, illusione, concetto, fenomeno?
Un animale osserva e prova sensitivamente sulle sue lunghezze di frequenza ciò che il mondo gli manifesta,
Ha una labile lettura, perchè comunque utilizza strategie per cacciare.
Noi siamo oltre quel cervello analogico che sa leggere i fenomeni, siamo oltre la strategia di caccia, siamo orami più cultura che natura, Se Green per politica, intende come senso molto esteso la cultura , allora ha ragione, ma erra nella sua argomentazione.
Noi umani abbiamo la capacità di astrazione che è propria del dominio metafisico, perchè è da lì che arriva logica e matematica,C' è qualcosa in noi che è prima ancora di esistenza e non riusciamo ancora a capire il perchè , il come:sono quegli apriori.
Siamo capaci di correlare il mondo fisico e materiale che si manifestano spazio/temporalmente astraendoli dal mondo dei sensi, del sensibile.,persino dallo spazio/tempo. Quindi necessariamente costruiamo un sistema di relazione nei diversi linguaggi segnici, quindi trasponiamo un dominio naturale dentro un dominio astratto.L'incontro fra questi domini in quel sistema di relazione lo svolgono la parola, la logica, la matematica oltre che linguaggi psichici, artistici e direi spirituali. Il concetto è il punto di equilibrio nel dominio logico matematico e quindi nel razionale fra fenomeno e capacità astrattiva e forma la conoscenza, ma il vero attore è la coscienza che chiama in causa la conoscenza ,laddove quest'ultima forma la coscienza. Perchè è la coscienza che motiva e muove la conoscenza a esplorare,comprendere.
A sua volta la coscienza correlando più fenomeni in modo razionale astraendoli e concettualizzandoli costruisce una mappa conoscitiva poichè a sua volta correla i concetti. Quindi c'i sono più sistemi a crescere per arrivare ad una verità che non può essere che la sintesi della mappa conoscitiva concettuale, che costruisce la nostra rappresentazione del fenomeno nella coscienza.
La coscienza tende per sua natura, quell'apriori, alla sintesi muovendosi dall'analisi.
Il nostro movimento della coscienza non può che essere dettato dalla natura dell' universo e ritorno quindi a ciò che ha scritto Myfriend. Ciò che fa oggi il fisico nucleare è confrontare il modello standard dentro le teorie cosmologiche, quindi lega il particolare con l'universale. Il microfisico sta all'astrofisico come i particolari stanno all'universo. le scoperte grazie alle immani potenze date ai sincrotroni sono un sempre più avvicinarsi al punto zero. Il prossimo sincotrone o quel che sarà, dovrà essere ancora più potente energeticamente per "risalire" a particelle oltre il bosone di Higgs.Il filosfo compie anche lui questo movimento verso l'origine, come lo fa in fondo ogni uomo che si pone delle domande oltre il mondo sensibile, astraendosi, concettualizzando.
O crediamo alla scienza fisica nucleare oppure pensiamo che sia essa stessa metafisica.
O è vero che lo spazio/tempo di Einstesin è una curva o crediamo al sensibile della nostra forma ambientale molto, ma molto relativa.
Quì sta la contraddizione. Noi viviamo in linguaggi convenzionali che esulano persino dalle conoscenze fisiche dell'ultimo secolo e oltre. Continuiamo a fidarci di ciò che vediamo. Va bene per camminare, per osservare, ma meno per razionalizzare. E' anche per questo che l'uomo continua a fare gli stessi errori.
C'è una Cultura, ma noi preferiamo una cultura a nostra misura di umani che si fidano delle evidenze del sensibile.
L'uomo oggi è culturalmente sbandato, vive praticamente in un tutto culturale costruito da lui, comprese le astrazioni, ma si comporta ancora come se la Cultura che lo ha costruito e persino condizionato in quanto formato educativamente, non ci fosse, o meglio prende le parte che gli convengono, costruisce i convenevoli ele sue credenze e socialmente le convenzioni. Quì dò ragione a Green, se intende per politica la forma culturale delle organizzazioni umane.
questa contraddizione nasce per quanto detto prima,,,, quando l'uomo non riesce a relazionare il sensibile con l'astratto concettualizzando ,creando quindi una conoscenza. ma se la conoscenza non torna alla coscienza noi non ci crediamo, non ci fidiamo : questo è il problema fra il razionale e l'irrazionale. L'umanità fa parecchi atti animali e poco culturali, quando le motivazioni irrazionali sono più forti della ragione.
Il contrasto è fra una pulsione naturale irrazionale e la coscienza razionale che genera cultura: questa è la vera lotta.
io partirei dalla definizione aristotelica di uomo come "animale razionale". La razionalità determina una relazione dell'uomo con il mondo che non è di passivo assorbimento degli stimoli esterni, ma come presenza di un "filtro" critico per il quale l'uomo si interroga e giudica su tali dati sulla base di criteri intellettivi, morali, estetici presenti nella sua soggettività mentale; buono, vero, giusto... se questo giudicare esprime un'attività, per cui l'uomo attribuisce un senso ai dati dell'esperienza, un senso, che tali dati, nella loro mera fattualità oggettiva non possiederebbero (un panorama non può essere bello se non per una coscienza estetica formata che prova piacere nell'osservarlo), allora occorre attribuire a tale soggetto giudicante e interpretante un'autonomia interiore, che consente di introdurre nella propria esperienza oggettiva, un elemento di soggettività, di "novità", esiste qualcosa di "creativo" anche in ogni giudizio o interpretazione, anche se in accezione diversa rispetto alle forme dell'agire performativo. In poche parole, la razionalità coincide con la libertà, che porta il soggetto razionale ad una certa autonomia soggettiva nell'attribuire significato a un dato dell'ambiente circostante, dato che non può determinare nella sua oggettività una reazione univoca ed esteriormente prevedibile. Le conseguenze epistemologiche consisterebbero nell'ammissione dell'impossibilità di una conoscenza piena e autentica dell'uomo sulla base di forme di sapere oggettivanti che studiano l'uomo osservandolo dall'esterno, cioè considerandolo come una realtà statica, la cui realtà profonda dovrebbe coincidere con l'apparenza con cui si manifesta all'esterno, non tenendo conto di quello scarto, che porta l'uomo ad agire liberamente nel mondo esterno (quando per "agire" in questo contesto andrebbe considerato anche il pensare e giudicare"), mentre solo un sapere che pone come base fondativa l'introspezione, la riflessione in prima persona su di sé, può davvero avvicinarsi alla conoscenza del nucleo di questa soggettività libera, la cui libertà sta proprio nell'essere irriducibile a qualcosa di totalmente indagabile dall'esterno, un puro oggetto passivo. Questo tipo di sapere vede il suo soggetto come immanente al proprio oggetto, un pensiero che si riconosce come presente nell'esistenza che cerca di indagare, sebbene anche l'autocoscienza non può pervenire ad un sapere compiuto, in quanto nella condizione umana, non c'è piena coincidenza tra soggetto ed oggetto, e la realtà dell'uomo lascia spazi di oscurità anche per un soggetto che coincide con il suo stesso pensiero con le sue categorie. Dal punto di vista politico credo che attestare la libertà come carattere fondamentale dell'uomo debba coerentemente condurre all'idea che il bene dell'uomo non possa mai essere realizzato in forme di società totalitarie o dittatoriale dove uno o più uomini si arrogano il diritto di decidere su tutti, di regolare ogni aspetto, anche il più intimo, della vita umana, cioè togliendogli la libertà, ma che invece solo una liberaldemocrazia, dove lo stato interviene il minimo necessario a garantire i diritti fondamentali dell'individuo, lasciandolo libero di compiere le sue scelte, può garantire il massimo benessere possibile dell'uomo, agendo nel rispetto del tratto fondamentale della sua natura, la libertà, implicato nella razionalità: se garantire il bene dell'uomo vuol dire rispettare la sua libertà non è per un irragionevole permissivismo relativista, ma perché l'uomo è razionale, cioè ha in se stesso i criteri per giudicare le proprie azioni rivolte a garantire il suo bene
CitazioneE' vero, il pesce, sa tutto, ma non sa di sapere e forse proprio per questo sa tutto, ossia vive. Qualsiasi essere vivente, poiché vive, sa tutto, ma l'uomo solo può sapere di sapere e di non sapere. Allora in qualche modo una conoscenza sapiente dovrebbe fare riferimento alla propria vita che esprime la sapienza originaria, dovremmo cercare il modo di incontrare noi stessi, di mantenerci fedeli a noi stessi, come diceva Nietzsche.
CitazioneMI pare tu dica qualcosa di fondamentale, ossia che la corretta conoscenza è nella giusta relazione tra le parti e il tutto. Ma, se noi siamo una parte, come possiamo definire la correttezza di questo rapporto? Il tutto a cui ci riferiremo sarà sempre un tutto parziale, visto dalla nostra parzialità. Come possiamo comprendere il tutto come tutto? Ossia prenderlo tutto con noi
maral...un paio di "mie" considerazione che vorrei appunto esprimere senza pretese,in merito a quanto scritto sopra..e cioè',Che la parte può avere "coscienza" di essere anche il tutto, perche e' pur sempre parte del tutto...In altre parole la parte non può non avere la sua stessa essenza, o in altre ancora e' solo il tutto che può realizzare la parte e non il contrario.Se e' vero che sono comunque la medesima cosa sembrerebbe altrettanto vero che ce una relazione,(Relazione = Manifestazione) ma anche una gerarchia.suona chiaro come mi e' venuta di dire? :) non lo so, ad ogni modo ci ho provato ad esprimerla.E sempre a proposito di espressione questa credo sia la nostra caratteristica, diciamo pure la nostra forma particolare..quando appunto pensiamo e' come se in quel momento siamo la parte, quando siamo nel silenzio (metaforicamente come il pesce) allora siamo "nel" tutto, cioe senza distinzioni o senza forme...il nel sopra fra virgolette proprio perché non ce' nessun luogo,o nessuno spazio-tempo.
x Sgiombo :)
cit sgiombo
"Se intendi dire (per lo meno "fra l' altro", oltre a considerazioni diverse; come mi par di capire) che la certezza assoluta (della verità) di qualsiasi conoscenza é impossibile (ovvero che lo scetticismo non é razionalmente superabile) sono perfettamente d' accordo."
No! sto dicendo che qualcosa accompagna qualcos'altro.
Se vogliamo matematizzare: che abbiamo un sistema a 2 variabili (una nota, e l'altra no).
Di cui una variabile coincide (indimostrabilmente essendo all'interno di un altra rappresentazione presupposta) con la coincidenza tra rappresentazione (dell'io penso) e fenomeno (da ciò che è indagato da quell'io penso).
Ma l'altra è impossibile da pensare. Appunto la variabile originaria, da cui inevitabilmente, pena la cancellazione della categoria (universale) di esistente, sappiamo che vi è un qualcosa.
Quello che intendo è che appunto non è rappresentabile.
Ma non ammetto in alcuna maniera alcun scetticismo, poichè una variabile è conosciuta appunto, è" vista"!
(Lo scetticismo, dovresti saperlo, non l'ho mai preso in considerazione, questa cosa la lascio ai filosofi analitici, alla scuola americana, e ora anche ai corsi ridicoli delle università milanesi).
cit sgiombo
"Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi: le sensazioni (tutto ciò che ci é immediatamente e indubitabilmente -per lo meno nell' istante presente in cui accadono- esperibile e conoscibile; tutto il resto essendo degno di dubbio) costituiscono "rappresentazioni coscienti" ovvero "fenomeni" (apparenze coscienti).
Casomai si può ipotizzare (e, volendo, credere realmente esistente senza poterlo dimostrare) un ulteriore "piano ontologico" in sé, non apparente ovvero "rappresentativo", non empiricamente constatabile, ma solo "congetturabile" (noumeno)."
Esatto! la rappresentazione co-sciente presuppone un ipotetico "in sè".
Il mio problema è relato al fatto che questo inevitabile, pena la contraddizione di ogni categoria di esistente, in-sè non è rappresentabile.(e infatti anche dire "in sè", mi crea forti problemi).
Il pegno da pagare è che questa "medianità seconda", e più originaria, non è una vera e propria origine, ma una fondamentale "rappresentazione della rappresentazione", "rappresentazione fantasma", "rappresentazione mimesi", mera supposizione, immagino nel tuo caso (possiamo sbizzarrici nel dargli i nomi che vogliamo.)
MA politicamente, e cioè filosoficamente, questo prevede che l'individuo Sgiombo porrà scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema della fondazione, nel caso appunto questa medianità dell' "altra medianità" (che è lo scontro, più che l'incontro, fra rappresentazione-intenzionale e fenomeno-resistenza) sia considerata un'altra supposizione, come se questa supposizione sia della stessa "materia" degli unicorni.
Senza polemica, rispetto la tua opinione, ma non la condivido.
E invece valorialmente è il cuore stesso della filosofia (e di irrazionale non ha nulla, in quanto fa riferimento a categorie logiche) porsi il problema di questa medianità e da Aristotele a Heidegger, è stato comunque sempre così.
Ma ovviamente questa è la mia opinione.
cit sgiombo
"Non capisco che cosa possa intendersi per "fantasia - delirio della fisica".
La fisica (e anche le altre scienze naturali) si basa su alcuni presupposti indimostrabili, come ci ha insegnato soprattutto David Hume, ma compie osservazioni empiriche, sperimentali, induzioni e ipotesi da sottoporre a verifica-falsificazione empirica.
Mi sembra si tratti di tutt' altro che "fantasie - deliri", quali sono invece casomai quelli proposti da religioni, superstizioni e irrazionalismi vari."
Certo, siamo d'accordo! intedevo per fantasia, il genio visionario di un Einstein o di un Tesla, e delirio, qualsiasi altra visione non testimoniata da falsificazione. (per quanto il modello falsificazionosta di cui parli Sgiombo è solo uno dei modelli possibili).
Ribadisco che tentavo di mettere in evidenza il carattere valoriale della visione come mera rappresentazione.
Non voleva essere un attacco alla scienza (per questa volta).
Al massimo possiamo discutere se questa posizione (opinione etc) sia razionale o meno. Ma non trovo elementi nel tuo intervento che mi indichino questa necessità di risposta. Non mi sembra che l'hai posta esplicitamente perlomeno.
cit sgiombo
"Inoltre non comprendo in che senso l' etica sia "sottoposta all' episteme" e (a mio avviso contraddittoriamente: sia l' etica sia la politica sono ricerca ed eventualmente conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire) "tutto sia politica" (dunque l' azione comprenderebbe, e mi pare dunque in qualche modo inevitabilmente determinerebbe o almeno condizionerebbe, "sottoporrebbe a sé", la conoscenza)."
A mia volta non ho inteso bene cosa intendi dire qui.
Contradditoriamente si riferisce a me? (in quel caso però dovresti indicarmi in cosa consista la contradizione).
La conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire, come anche esplicitato dalla tua discussione con Eutidemo, però a sua volta si basa sul principio di "chi(più che di che cosa) si decide di avvalersi".
La decidibilità del valore razionale "corretto", è in fin dei conti una sciocchezza, infatti in quella correzione sta per esempio quella "esportazione della democrazia" sui cui supinamente (ognuno atterrito in cuor suo, tanto atterrito da uniformarsi agli ordini dei nostri aguzzini, fino a DIVENTARE i nostri aguzzini) la morale occidentale e tutto questo forum si basa, tranne qualche sporadica eccezione.
Correzione è più costrizione che altro d'altronde.
Dunque il sapere dell'agire si risolve non tanto nell'agire, ma nel essere comandati da quel sapere.
Per cui qualsiasi agire è il risultato di una ideologia, di un prendere parte, e questa partizione è sempre una questione di guerra.
Ma tu da comunista inveterato dovresti saperlo meglio di me, se non fosse che da uomo di scienza e della scienza ritieni che possa esistere una innocenza primaria, una meccanica a cui tutto possa rispondere.
Non esiste quella meccanica, in sè, appunto, è solo il frutto di una macchinazione, di una tecnica per piegare qualcosa a qualcosa, la quantistica per esempio alla meccanica, e fin lì siamo a dei modelli, ma se quel qualcosa sono esseri umani, bè quella macchinazione deve fare i conti con le emozioni (le angosce, le paure, i dolori), e facendone di conto, pensa bene di usarli, come mezzo di propaganda.(strumentalizza le emozioni per la propaganda)
In fin dei conti la propaganda è l'episteme, questo sto paventando.(ovviamente esagerando, ma con un discorsco più complesso non so nemmeno se sono molto lontano dal vero).
E ognuno si fida di ciò che è scienza e verità (quando non lo è affatto).
In questo senso ogni azione politica, ogni prendere parte a questo o a quello dispositivo, induttivamente RIVELA l'episteme che si cela dietro a quelle azioni.
Ma in questo post non volevo tanto riferirmi al problema critico delle azioni politiche, quanto al problema che COMUNQUE SIA ESISTE UNA RAPPRESENTAZIONE che si accompagna a qualcosa che non sappiamo cosa sia.
E noi SAPPIAMO che vi sia proprio perchè abbiamo una rappresentazione CO-RELATA.
MA se manca, e DIO solo sa quanto manca, la riflessione sulla medianità, appunto su cosa è l'uomo, allora non può esistere nemmeno una critica a quella presunta episteme!
E come vedi i nostri ruoli si invertono, quello che per te è il cuore della filosofia (l'episteme) è per me mera presunzione, e quello che per me è il cuore della filosofia (il fondamento) è per te mera presunzione.
Ti ho messo delle parole in bocca provocatoriamente, mi aspetto una risposta tosta!
x Garbino
Ripartire da zero o dal salvabile non cambia niente rispetto alle domande che nei secoli si sono fatti, parlo ovviamente di quelle inevase o comunque attualissime, se intendi dire che bisogna pensare con la propria testa comunque hai ragione, è che lo do talmente per scontato che non mi accorgo proprio mai che invece è il problema principale da cui partire, ri-partire.
cit Garbino
"Non so se qualcuno abbia già fatto questa riflessione sia prima che dopo di me, e non è per vanto che la riporto, il motivo è legato strettamente agli universali del sillogismo la cui veridicità dovrebbe, a mio avviso, ritenersi inversamente proporzionale alla tendenza all' infinito dei soggetti presi in esame.
Ma questo esempio dimostra anche quanto errore possa risiedere nel nostro sistema conoscitivo e quanto sia indispensabile, se si vuole fondare una scienza ed una filosofia, ripartire da zero."
Beh però la concettualizzazione di infinito per esempio in matematica ha raggiunto una tale complessità, che dubito alcun filosofo capirà mai.
Certo come diceva all'univerità Franchella i greci aveva terrore di tutto quello che è illimitato, avevano come orizzonte la POLIS, e dunque hai ragione comunque a far notare che quell'errore è figlio di un'orizzonte totalmente interno al tempo greco appunto.
Il punto è come penso di sottrarti a questo tempo in cui tu stesso sei immerso per poter ripartire da zero?
PS
A Sini gli viene un colpo comunque se gli dici una cosa del genere.
Nel suo libro "un nuovo inizio", si parla più di una pratica nuova della filosofia, ossia di una filosofia che faccia i conti con le pratiche che l'hanno circondata, e che l'hanno uccisa.
Nella prefazione si parla chiaramente di un inizio che più che altro è una fine.
Ossia la fine, è esattamente il nostro dover stare DENTRO le pratiche.
Nel suo concetto di SOGLIA, si cela il cuore pulsante di tutto il suo pensiero, proteso tra la maschera e la vita, tra la maschera che vuole essere vita, ossia tra la proiezione critica e il suo confrontarsi continuo col tempo presente, del qui ed ora.
Il punto è se quella maschera (che io chiamo fantasma, doppio) sia mimesi, ossia se aderisca a sua insaputa all'interno delle pratiche ACRITICHE, per fare un esempio se aderisca ad una troika.
Penso sopratutto nel tuo caso alle nostre divergenze, anche se mai veramente affrontate in maniera precisa, e quindi pur sempre nebulose, riguardo a temi come il lavoro e la natura.
Come pensi che la tua idea di lavoro e natura sia originale per esempio? Come pensi di sottrarti al fatto che veniamo da una cultura che ci ha insegnato cosa sia il lavoro e cosa sia la natura?
Non sono cose semplici, anche guardando al caso dei grandi filosofi, che cedono alle lusinghe del potere, da Platone ad Heideger.
Contraddicendo ogni singolo pensiero che avevano espresso.
E' difficile scrollarsi di dosso il peso della storia e il peso del suo insegnamento occulto.
x davintro :(
Siamo d'accordo per la questione del soggetto che non può essere immanente al suo oggetto.
Anche perchè l'immanenza è l'essere immersi in un tempo e non in un oggetto.
Il punto è che però se il tempo è lo spazio allora l'oggetto è la spazializzazione razionale di quel soggetto.
Per lo più il concetto di libertà mi pare sopravalutato.
Lo ritengo per lo più uno di quei concetti che fanno da contenitore ad una miriade di opinioni.
E' quindi sospetto a dire poco.
Se la libertà è l'innegabile decisione di fare qualcosa del nostro tempo, ossia di spazializzarlo in un qui ed ora (kant), questo non decide niente del valore a cui noi ci riferiamo (kant per favore smettila!).
Nel tuo caso parli di un sè interiore, che guardacaso è il frutto della propaganda cristiana, originata da S.Agostino in poi.
Anche ammettendo che esista questo sè interiore, bisogna però connotarlo dei suoi caratteri di razionalità e quindi si ipotizza di conoscenza acquisibile in potenza.
Peccatto che essendo cristiano, l'acquisizione rimanda quasi sempre ad una dimensione extratemporale, e che quindi con la libertà non c'entra niente.
A meno che questa libertà sia veramente qualcosa che non appartiene al sè interiore (e d'altronde tu non avendolo specificato, dai adito a me a qualsiasi supposizione)!
E infatti la traslazione dal sè interiore (non immanente se non a se stesso, uno di quei meravigliosi A=A che tanto odio, una autocoscienza immagino!) all'improvviso si contraddice e vuole diventare spazio, spazio pubblico ovviamente, e ovviamente almeno per te visto che non argomenti praticamente NIENTE, uno spazio LIBERAL DEMOCRATICO, una cosa che in questi tempi non so bene cosa voglia dire, la LIBERAL DEMOCRAZIA mi sembra lievemente in crisi GLOBALE.
Le libertà mi sembrano palesemente in picchiata, dovute per esempio alla cessione delle conquiste sociali, insomma il liberismo e la sua casa della libertà ha dimostrato una totale incongruenza con quanto vorrebbe tanto essere associata: con la parola libertà.
Mi sembra insomma che non abbiamo ancora risolto niente di quelle premesse che tu hai dato, pensando che fossero auto-sufficienti.
Autoposte e autorispondentesi.
Cosa è il sè interiore, cosa è la liberal democrazia, e quale sarebbe questo bene che è intrinseco all'uomo (ma non avevi detto che siamo irriducibili a qualsiasi definizione? :-\ )
per Paul :-\
cit Paul
"Noi siamo oltre quel cervello analogico che sa leggere i fenomeni, siamo oltre la strategia di caccia, siamo orami più cultura che natura, Se Green per politica, intende come senso molto esteso la cultura , allora ha ragione, ma erra nella sua argomentazione.
Noi umani abbiamo la capacità di astrazione che è propria del dominio metafisico, perchè è da lì che arriva logica e matematica,C' è qualcosa in noi che è prima ancora di esistenza e non riusciamo ancora a capire il perchè , il come:sono quegli apriori."
La politica non è esattamente la cultura! contiene in sè la mia critica a quella cultura, a quel suo voler essere metafisica, verità.
Ovviamente essendo critica si avvale strumenti della stessa cultura in cui è immersa, quindi possiamo ben intenderci, con questi distinguo.
La logica e la matematica nonostante esistano sempre scuole che vogliano dire il contrario e farla diventare metafisica, vedasi la scuola francese del progetto bourbaski, da Godel in poi è costretta a dirsi eminentemente formale.
Ossia ipotesi, modello, non necessariamente veritativo (e perciò stesso non è metafisica, la metafisica dice la Verità).
Gli apriori ti voglio ricordare sono quelli inventati da Kant, e altro non sono che il tempo e lo spazio.
Da allora ne hanno aggiunti altri radunantesi intorno al concetto di propriocezione.
cit http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=1077
"Un contemporaneo di James, Charles S. Peirce, che con lui si può considerare il fondatore del Pragmatismo americano, ha prodotto una sorta di fenomenologia indipendente da quella europea (da lui battezzata Faneroscopia - osservazione di ciò che si mostra) che individua tre modalità fondamentali dell'esperienza: la prima di queste ha molto a che fare con il sentire pre-riflessivo.
Peirce la chiama "Primarietà", ed ha la caratteristica di unità, istantaneità e assenza di relazione con altro; non è il sentire di (qualcosa), né il sentire per (me). Il sentire primario aderisce a se stesso in una perfetta coincidenza che, come afferma Michel Bitbol, è "certezza o almeno convinzione" 2. Ne è un esempio il sobbalzo inconfutabile, che non sa nulla di sé e non si riconosce ancora come 'paura' o 'io'."
cit Paul
"Il concetto è il punto di equilibrio nel dominio logico matematico e quindi nel razionale fra fenomeno e capacità astrattiva e forma la conoscenza, ma il vero attore è la coscienza che chiama in causa la conoscenza ,laddove quest'ultima forma la coscienza. Perchè è la coscienza che motiva e muove la conoscenza a esplorare,comprendere."
Ma coscienza non è un apriori amico mio! la stessa radice della parola, che pure tu chiami, e secondo me assai bene in causa, dice che è qualcosa che si unisce ad uno scire, ad una conoscenza dunque.
Nella tua argomentazione invece la conoscenza su "invito della coscienza" si scopre come tale.
Ma se fosse così amico mio, e se cioè noi veramente conoscessimo la nostra coscienza, come potrebbe rimanere un apriori?
Quando diciamo di conoscere il tempo e lo spazio, intendiamo dire che NON CONOSCIAMO il TEMPO e lo misuriamo tramite lo spazio (kant).
Ma nel caso della coscienza da te ideato (diciamo pure dal cristianesimo inventata) non è proprio così, e lo sappiamo benissimo tutti e 2. La tua coscienza non è mai una coscienza apriori, è bensì una costruzione all'interno di una cultura.
Nel caso poi non fosse un apriori, e cioè fosse principio come appunto nel cristianesimo, allora la coscienza non dimostrerebbe mai la conoscenza, perchè farebbe il solito errore che da leibniz in poi chiamiamo come "errore della dimostrazione alla maggiore", ossia crediamo di dimostrare l'esistenza di qualcosa tramite la presunzione che quella stessa cosa esista e tramite essa si AUTO-AFFERMA.
Ma quella da Schopenauer a Nietzche in poi non è coscienza o peggio autocoscienza (agostino) bensì volontà di potenza.
Dunque la coscienza non sarebbe mai una conoscenza, non sarebbe mai una acquisizione.
Ti invito dunque a riflettere maggiormente sul mio problema della variabile sconosciuta. Ma d'altronde dopo Husserl e Heidegger, meglio, sappiamo trattarsi del problema della ERLEBNIS, della vita vissuta, e non della vita presunta.
(crisi delle scienze europee etc..) Il mio problema diciamo semplificato sarebbe quello della verità e delle insidie della presunzione.La conoscenza è solo la maniera in cui si manifesta la relazione, o correlazione che dir si voglia, non è nè la causa, nè la premessa.
cit Paul
"A sua volta la coscienza correlando più fenomeni in modo razionale astraendoli e concettualizzandoli costruisce una mappa conoscitiva poichè a sua volta correla i concetti. Quindi c'i sono più sistemi a crescere per arrivare ad una verità che non può essere che la sintesi della mappa conoscitiva concettuale, che costruisce la nostra rappresentazione del fenomeno nella coscienza.
La coscienza tende per sua natura, quell'apriori, alla sintesi muovendosi dall'analisi."
Correggendo ovviamente, per un proficuo scambio di idee, la parola coscienza con conoscenza, dobbiamo però ricordare che la mappa non è mai il territorio.
Questa profonda lezione della psicologia topologica, oggi applicatissima nei disturbi delle angosce contemporanee dalla psicologia generica (dinamica e psichiatrica) starebbe anch'essa a dire il valore della vita, rispetto alle mappe cognitive, e d'altronde la psicologia dinamica contemporanea è ovviamente un psicologia cognitiva (comportamentale).
Se le mappe cognitive però debbano poi essere anche comportamentali, dovrebbe fare ghiacciare le vene a qualsiasi filosofo, che sa che verrebbe (e viene) spacciato come giusto e morale qualcosa che invece è una costruzione e meglio una costrizione sociale.
Il comportamento socialmente accettabile è il comportamento collaborativo di tipo lavorativo, ossia è il lavoro.
In nome del lavoro si decide della vita. Quando Lacan ammoniva che la frase più importante del prossimo secolo (il nostro) sarà quello che capeggiava fuori dai campi di sterminio "il lavoro rende liberi" si riferiva ovviamente a tutto questo lato rimosso che sarebbe oggetto anche di questo 3d, cosa è appunto l'uomo, perchè possiamo rinnegare quanto vogliamo il nazismo, ma non che fossero stati degli uomini a fare quello che hanno fatto. E quale sarebbe dunque il valore aprioristico di questa coscienza? se non appunto di una conoscenza (la psichiatria ha fatto salti qualitativi impensabili a livello di studi cavia sull'essere umano) completamente accecata e avvitata su se stessa (sulla paranoia in particolare).
La mia argomentazione non solo è maggiormente valida a livello logico, ma contempla nel suo discorso lato, anche la comprensione di queste deviazioni supponenti e ignoranti del problema fondamentale.(il discorso sull'ALTRO, sul nostro prossimo in chiave cristiana se vuoi).
cit Paul
"L'uomo oggi è culturalmente sbandato, vive praticamente in un tutto culturale costruito da lui, comprese le astrazioni, ma si comporta ancora come se la Cultura che lo ha costruito e persino condizionato in quanto formato educativamente, non ci fosse, o meglio prende le parte che gli convengono, costruisce i convenevoli ele sue credenze e socialmente le convenzioni. Qui dò ragione a Green, se intende per politica la forma culturale delle organizzazioni umane.
questa contraddizione nasce per quanto detto prima,,,, quando l'uomo non riesce a relazionare il sensibile con l'astratto concettualizzando ,creando quindi una conoscenza. ma se la conoscenza non torna alla coscienza noi non ci crediamo, non ci fidiamo : questo è il problema fra il razionale e l'irrazionale. L'umanità fa parecchi atti animali e poco culturali, quando le motivazioni irrazionali sono più forti della ragione.
Il contrasto è fra una pulsione naturale irrazionale e la coscienza razionale che genera cultura: questa è la vera lotta."
Mi sembra che ovviamente sbagliando l'argomentazione a livello logico ti stai avvitando su te stesso.
Siamo d'accordo, d'accordissimo sulla questione culturale.
Ma totalmente in disaccordo sulla questione di dove dovrebbe risiedere la lotta, la guerra.
Qua non c'è tempo di affrontare il tema della guerra, anche perchè non vedo nemmeno un utente che lo possa anche lontanamente intendere. (il buon Garbino m'ha tradito in questo ;) ).
Andiamo dunque a tentare di avvicinarci alla questione, cercando di smontare quell'impianto cristiano che lo supporta.
Lo sappiamo tutti che dietro la chiesa c'è Ratzinger, c'è la presunzione che tutto ciò che è razionale si accompagni e anzi debba farlo con la fede.
Ora se la coscienza è un atto di fede, in quanto apriori, nel tuo ragionamento, allora dovrà rispondere ad un atto razionale equivalente. Quindi capisco benissimo quello che intendi.
A me però sembra che c'è una stortura nella tua argomentazione.
Infatti prima dicevi che è la coscienza spinge la conoscenza a esplorarla.
E allora come mai questo non avviene in quelli che tu spregiativamente chiami atti animali? (tra l'altro non si capisce a cosa alludi) :(
Argomenti dicendo che noi non crediamo negli atti di ragione della fisica, dell'astrazione: ma non dovrebbero essere proprio quelli che la coscienza dovrebbe spingere a rivelare? che coscienza è quella che non sa indirizzare alla giusta conoscenza? :(
Mi sembra che sei nel medesimo loop argomentativo di prima, se la coscienza deve essere un atto astrattivo, allora la coscienza sarà esattamente quell'atto astrattivo che riguarda una mappa mentale di una cultura di un gruppo di persone di un individuo. E oltre che non spiegare per nulla come mai non conduca a questa fantomatica coscienza ci sarebbe la questione in sospeso, mica tanto banale di Chi dovrebbe decidere quale debba essere l'atto originario di coscienza e quale conoscenza dovrebbe applicarsi alla coscienza???
Alias quale cultura, quale gruppo sociale, quel individuo deciderà della verità di questo apriori chiamato coscienza?
Sono tutte domande che non trovano riposta nelle tue righe, e che decidono che vi debba essere una guerra di ragione, ma quale ragione però, di chi è la ragione, contro una supposta animalità. E chi decide cosa è contro e cosa no? (anche se temo per te vi sia qualcosa come il naturale che lo garantirebbe, un naturale che a me pare molto artificiale, ma sarebbe un altro 3d).
Per tornare anche solo ad accennare invece la guerra è proprio tra individuo e individuo. Nella loro capacità di darsi valore o meno, nel loro riconoscersi o meno.
Certamente tutto ciò non centra con la domanda sul fondamento, e sull'umano, che è invece una domanda sull'originario.
E l'originario non è certo una astrofisica (nè una fisica), aggiungo ancora, onde evitare ulteriori considerazioni.
Che è l'uomo?
Ma...c'è un uomo da qualche parte? Io non ne vedo...voi vedete uomini? Se li vedete indicatemeli, così che anch'io possa goderne della vista. Deve essere una cosa magnifica un uomo...alto, intelligente, bello ( soprattutto bello...) , ricolmo di coscienza cosmica universale...ah! Che goduria la vista di un uomo, anche se...è di certo più apprezzabile quella di una donna; almeno per qualcuno di basso, brutto, addormentato...privato di quella meravigliosa Mente Universale. Uno fatto un pò così, con la gamba destra che lo tira da una parte e la sinistra che vuol andare diritta...che è coscientemente preso dalla forma armonica di un posteriore o da lucenti capelli sciolti. Che poi...sta cosa...la Coscienza Universale...ma chi l'ha mai vista? Io c'ho provato a fondermi con la Mente Universale, ma mi sembrava di grattar specchi. Il noumeno? Oh...che meraviglia il noumeno...che dite? E' inattingibile? Una botte piena senza rubinetto? E' meraviglioso esser coscienti che la botte è piena ma non c'han fatto quello schifoso rubinetto per poter riempire la caraffa di dolce noumeno. Ci tocca ubriacarci di volgare prosecco?...Suvvia, datemelo, quest'altra botte è più generosa.
Nel silenzio risplende la Mente. Ma ci state mai in silenzio per poter dire una simile corbelleria? Provateci e vedrete come corre la Mente Universale , senza posarsi mai. Ehi, Mente Universale, com'è che sei così scema da non saper di esserlo? Perchè non ti fermi mai un attimo a riflettere su quanto sei meravigliosa e universale? Non ci riesci per caso? Ahia...
Siamo tutti epifenomeni...beh, lasciam da parte gli epi e vediamo quanto siam fenomeni. E' fenomenale la nostra capacità di essere fenomeni. C'è gente così fenomenale che raggiunge i duecento chili mangiando e altri che scendono a trenta non mangiando...se penso alla mostruosità di un tubo digerente da duecento chili...ecco ...mi sembra di vedere l'uomo. E' di certo un grande uomo un essere capace di simili imprese...che dite è malato?...Va bè, lo siam tutti no? Bulimici di pensieri e di idee. Non ci basta esser uomini, meglio sarebbe andare oltre l'uomo, diventare superuomini...rinunciare alle pantagrueliche abbuffate scientifiche, non magnarsi pure gli smartphone...ma infine fondersi nel Grande Sè Indifferenziato. Il sogno di ogni grande tubo digerente: la Fusione Suprema...Io non mi cibo più, io...Sono il Cibo, finalmente. Ah!...la Suprema Abbuffata...l'apoteosi dell'uomo. La Mente Universale, il Sè indifferenziato che emette il Rutto definitivo...alfine s'è digerito codesto mondo infame...
P.S. Che poi, signori...lo sappiam bene tutti...quando si esagera ti arriva la stitichezza. Quelle stitichezze croniche da cervello sovraffaticato. Ecce homo!...Il Risvegliato con la stipsi...
Non è male nemmeno la metafora di Baudelaire: l'uomo è come un albero, con le radici che scavano nella terra fra le impurità e i rami che si allungano verso il cielo.
Citazione di: maral il 17 Aprile 2017, 22:50:34 PM
Sgiombo, d'accordo, l'unicità dell'uomo in quanto autocosciente è soggettivamente vera, ma cos'è mai oggettivamente vero? Non è che mi affaccio alla finestra e vedo un mondo oggettivo davanti a me, come se non fossi lì anch'io, nel mondo che vedo, come se fossi un'altra cosa non partecipante.
Può essere che "qualcosina" di questa coscienza e forse pure di questa autocoscienza appartenga anche ad alcuni altri animali, ma essa resta del tutto inclusa nel loro saper vivere, mentre nell'uomo no, nell'uomo travalica ampiamente questo saper vivere e vuole includerlo infatti dici "è l'universo materiale – naturale a esserne incluso"), finendo poi per esserne a sua volta inclusa. Di sicuro per l'uomo non c'è conoscenza senza rappresentazione.
Mi sa che Chalmers dica qualcosa di piuttosto assurdo se consideriamo che le leggi fisiche che non cambierebbero in alcun modo senza esperienza cosciente, sono il prodotto dell'esperienza cosciente.
CitazioneSe, come comunemente accade, per oggettivo si intende "reale (anche) indipendentemente dal (-l' eventuale) soggetto di sensazione o di conoscenza", allora (ammesso che esista un soggetto delle sensazioni fenomeniche immediatamente avvertite; -o meglio: accadenti) ciò che è immediatamente avvertito e constatato e dunque conoscibile con certezza sono per l' appunto unicamente le sensazioni fenomeniche il cui accadere è dipendente dall' esistere/divenire del soggetto stesso, e dunque non oggettivo; e se oggetti delle sensazioni stesse sono/divengono realmente (anche) indipendentemente da esse, allora non si identificano con esse (pena la caduta in una patente contraddizione!), alle quali dunque non può attribuirsi propriamente alcuna "oggettività", ma casomai (almeno a parte di esse) un' "intersoggettività" nel senso di "corrispondenza puntuale ed univoca fra più esperienze coscienti di più soggetti", i quali tutti ne possono conseguentemente parlare allo stesso modo (nei medesimi termini, mediante gli stessi simboli verbali).
Gli oggetti (in sé e non sensibilmente apparenti -non fenomeni- ma solo pensabili, congetturabili: noumeni) delle sensazioni, se reali (cosa indimostrabile), sarebbero altre "cose (enti e/o eventi)" dalle sensazioni fenomeniche coscienti stesse ben distinti e pensabili come ad esse puntualmente e univocamente corrispondenti.
Secondo me l' universo materiale (esattamente come i fenomeni mentali) é incluso nelle (fa parte delle) esperienze coscienti, che non possono in alcun modo esserne incluse a loro volta (vi sono invece inclusi i cervelli o analoghi naturali o al limite eventualmente pure artificiali, i quali alle esperienze coscienti possono essere considerati, e non dimostrati, corrispondere biunivocamente, ma certo non con esse identificarsi).
Il mondo naturale – materiale (fenomenico: facente parte di esperienze coscienti) con le sue leggi non ha alcun rapporto causale "dualistico - cartesiano" con le esperienze fenomeniche coscienti che si possono ritenere corrispondenti ai cervelli e "affini", e dunque continuerebbe a divenire esattamente allo stesso modo in cui diviene, del tutto indistinguibilmente, anche se almeno ad alcuni degli altri cervelli (oltre che al "proprio") non corrispondessero esperienze fenomeniche coscienti; ovviamente continuerebbe a divenire esattamente allo stesso modo non nell' ambito di tali esperienze coscienze che non esisterebbero (e dunque sarebbe effettivamente assurdo), bensì in quello di altre esistenti, per lo meno della "propria" immediatamente esperita (e dunque senza nulla di assurdo).
Che è l' uomo?
X Green Demetr
Mio caro Green, ma che cos' è l' uomo se non un essere vitale e naturale? Come lo è qualsiasi forma vivente? E te lo ripeto io non vedo in ciò un sistema, un tutt' uno, ma soltanto un tentativo di dare a ciò che è vivo e naturale un' identità. Nient' altro. In senso metafisico sono con Nietzsche entrambe sono dei contenitori vuoti come l' essere.
E cosa vuoi che mi importi che a livello matematico si siano fatti progressi da gigante sull' infinito? Carta è carta rimane, come la quantistica e molto altro in campo scientifico.
Contemporaneamente alla dimostrazione di Aristotele, ricordo, ancora prima di leggere Nietzsche, che mi trovai a confutare quella scienza meravigliosa che è la matematica, ritenendola troppo inficiata da criteri volti a superare le sue contraddizioni. E non dimentichiamo che la logica non è che l' applicazione della matematica al discorso. E mi sembra strano che proprio tu che contesti il ritrovare ciò che era dato in partenza, possa poi avere dei dubbi su quanto da me opinato.
Per quanto riguarda la logica, ripeto ancora una volta, sono con Kant che afferma: Non è possibile l' uso della logica nella Metafisica.
XMaral
Ti ringrazio per la fiducia, ma il contesto non è dei più positivi, ed ho paura che bisognerebbe archiviare anche quel minimo di premessa sull' argomento uomo che avevo indicato come accettabile.
La lettura del corso di lezioni di Heidegger su La volontà di potenza come conoscenza, mi ha sinceramente dato un' innervazione di fiducia sulle mie opinioni su Nietzsche e sul suo messaggio filosofico e rimango stupito che il Nietzsche di Heidegger venga così poco considerato, visto che è illuminante, sempre a mio avviso. Ma siamo sempre coinvolti in una cultura filisteica che non vuole il nuovo, perché non gli appartiene e nei confronti del quale è profondamente impreparata.
Sorvolando sui frequenti richiami all' aspetto metafisico di cui ho già parlato, Heidegger si incunea profondamente nella filosofia di Nietzsche e riscontra l' errore di valore attribuito alla verità a vantaggio del valore superiore del vivente che è immerso nel divenire e cerca un sistema per fissare un ordine nel caos che gli si presenta.
Questo il contesto e mi fermo qui perché devo ancora terminarlo. Ma lo spunto mi sembra di un interesse elevato.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2017, 06:01:46 AM
x Sgiombo :)
cit sgiombo
"Se intendi dire (per lo meno "fra l' altro", oltre a considerazioni diverse; come mi par di capire) che la certezza assoluta (della verità) di qualsiasi conoscenza é impossibile (ovvero che lo scetticismo non é razionalmente superabile) sono perfettamente d' accordo."
No! sto dicendo che qualcosa accompagna qualcos'altro.
Se vogliamo matematizzare: che abbiamo un sistema a 2 variabili (una nota, e l'altra no).
Di cui una variabile coincide (indimostrabilmente essendo all'interno di un altra rappresentazione presupposta) con la coincidenza tra rappresentazione (dell'io penso) e fenomeno (da ciò che è indagato da quell'io penso).
Ma l'altra è impossibile da pensare. Appunto la variabile originaria, da cui inevitabilmente, pena la cancellazione della categoria (universale) di esistente, sappiamo che vi è un qualcosa.
Quello che intendo è che appunto non è rappresentabile.
Ma non ammetto in alcuna maniera alcun scetticismo, poichè una variabile è conosciuta appunto, è" vista"!
(Lo scetticismo, dovresti saperlo, non l'ho mai preso in considerazione, questa cosa la lascio ai filosofi analitici, alla scuola americana, e ora anche ai corsi ridicoli delle università milanesi).
CitazioneCerco di capire, ma continuo a non riuscirci.
Se per "rappresentazione" intendi (i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti) "il pensiero dei (di altri) fenomeni predicati dal pensiero stesso accadere realmente e -se essi effettivamente accadono realmente- conosciuti accadere realmente" (in generale; e in particolare i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti il pensiero, il predicato "io penso"), allora non vedo come lo scetticismo possa essere superato.
Infatti (con Hume contro Cartesio) ritengo che di tali sensazioni fenomeniche ("cogito"), come di qualsiasi altra sensazione fenomenica (anche di quelle materiali), l' "esse est percipi": di sicuro vi è unicamente il loro accadere in quanto tali (sensazioni fenomeniche; e null' altro di in sé, permanente anche oltre ad esse e dunque - distinto da esse, che ne sia il soggetto-oggetto (l' ego che cogitat – cogitatur); ed anche questa conoscenza certa certezza -se e quando accade- è effimera, limitata al fuggente lasso di tempo presente in cui accade (in cui accadono le sensazioni fenomeniche costituenti il pensiero "cogito", dalle quali non consegue necessariamente l' ulteriore "esse" di un "ego").
cit sgiombo
"Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi: le sensazioni (tutto ciò che ci é immediatamente e indubitabilmente -per lo meno nell' istante presente in cui accadono- esperibile e conoscibile; tutto il resto essendo degno di dubbio) costituiscono "rappresentazioni coscienti" ovvero "fenomeni" (apparenze coscienti).
Casomai si può ipotizzare (e, volendo, credere realmente esistente senza poterlo dimostrare) un ulteriore "piano ontologico" in sé, non apparente ovvero "rappresentativo", non empiricamente constatabile, ma solo "congetturabile" (noumeno)."
Esatto! la rappresentazione co-sciente presuppone un ipotetico "in sè".
Il mio problema è relato al fatto che questo inevitabile, pena la contraddizione di ogni categoria di esistente, in-sè non è rappresentabile.(e infatti anche dire "in sè", mi crea forti problemi).
Il pegno da pagare è che questa "medianità seconda", e più originaria, non è una vera e propria origine, ma una fondamentale "rappresentazione della rappresentazione", "rappresentazione fantasma", "rappresentazione mimesi", mera supposizione, immagino nel tuo caso (possiamo sbizzarrici nel dargli i nomi che vogliamo.)
MA politicamente, e cioè filosoficamente, questo prevede che l'individuo Sgiombo porrà scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema della fondazione, nel caso appunto questa medianità dell' "altra medianità" (che è lo scontro, più che l'incontro, fra rappresentazione-intenzionale e fenomeno-resistenza) sia considerata un'altra supposizione, come se questa supposizione sia della stessa "materia" degli unicorni.
Senza polemica, rispetto la tua opinione, ma non la condivido.
E invece valorialmente è il cuore stesso della filosofia (e di irrazionale non ha nulla, in quanto fa riferimento a categorie logiche) porsi il problema di questa medianità e da Aristotele a Heidegger, è stato comunque sempre così.
Ma ovviamente questa è la mia opinione.
CitazioneContinuiamo a non capirci, purtroppo.
Per me la rappresentazione co-sciente non presuppone necessariamente un ipotetico "in sè", che per l' appunto é ipotetico, non dimostrabile logicamente -cioè "teoricamente evitabile", pensabile non essere reale "senza alcuna contraddizione di ogni categoria di esistente"- né tantomeno constatabile empiricamente).
Ma questo ipotetico "in sé", se realmente esiste, allora necessariamente, onde evitare una patente contraddizione, non può essere "rappresentabile (fenomenicamente per l' appunto", ma solo pensabile, congetturabile ("rappresentazione sensibile, apparente ai sensi, fenomenica" è ben altra cosa che "supposizione" o "congettura") senza alcun problema, a mio parere.
E senza per questo porre scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema dei rapporti fra cosa in sé e fenomeni, che credo invece della massima importanza filosofica.
Le cose in sé, infatti, se reali, avrebbero ben altra "consistenza" degli unicorni: questi ultimi (se la conoscenza scientifica è vera) sono fenomeni che si può dimostrare (se si ha sufficiente conoscenza della biologia) non esistono realmente, mentre quelle, se reali, anche se non lo si può dimostrare, esistono realmente.
cit sgiombo
"Non capisco che cosa possa intendersi per "fantasia - delirio della fisica".
La fisica (e anche le altre scienze naturali) si basa su alcuni presupposti indimostrabili, come ci ha insegnato soprattutto David Hume, ma compie osservazioni empiriche, sperimentali, induzioni e ipotesi da sottoporre a verifica-falsificazione empirica.
Mi sembra si tratti di tutt' altro che "fantasie - deliri", quali sono invece casomai quelli proposti da religioni, superstizioni e irrazionalismi vari."
Certo, siamo d'accordo! intedevo per fantasia, il genio visionario di un Einstein o di un Tesla, e delirio, qualsiasi altra visione non testimoniata da falsificazione. (per quanto il modello falsificazionosta di cui parli Sgiombo è solo uno dei modelli possibili).
Ribadisco che tentavo di mettere in evidenza il carattere valoriale della visione come mera rappresentazione.
Non voleva essere un attacco alla scienza (per questa volta).
Al massimo possiamo discutere se questa posizione (opinione etc) sia razionale o meno. Ma non trovo elementi nel tuo intervento che mi indichino questa necessità di risposta. Non mi sembra che l'hai posta esplicitamente perlomeno.
CitazioneBeh, di solito per "delirio" si intende un discorso fantastico senza denotazioni reali e non le asserzioni empiricamente non falsificate delle scienze.
Non so Tesla, ma non credo proprio che Einstein gradirebbe l' epiteto di "visionario".
Credo, da seguace di Hume piuttosto che di Popper, che sia razionalmente possibile dimostrare con certezza la falsità e non la verità delle leggi fisiche ipotizzabili.
Non ho capito le tue ultime considerazioni: credi forse che religioni, superstizioni e "affini" siano o possano esser considerati razionali o razionalistico il seguirli?
cit sgiombo
"Inoltre non comprendo in che senso l' etica sia "sottoposta all' episteme" e (a mio avviso contraddittoriamente: sia l' etica sia la politica sono ricerca ed eventualmente conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire) "tutto sia politica" (dunque l' azione comprenderebbe, e mi pare dunque in qualche modo inevitabilmente determinerebbe o almeno condizionerebbe, "sottoporrebbe a sé", la conoscenza)."
A mia volta non ho inteso bene cosa intendi dire qui.
Contradditoriamente si riferisce a me? (in quel caso però dovresti indicarmi in cosa consista la contradizione).
CitazioneAffermare che l' azione (etica e politica) è sottoposta alla conoscenza (episteme) è contraddittorio con l' affermare che tutto è azione (politica) e dunque anche la conoscenza è sottoposta (come parte al tutto) all' azione (salvo eventuali diversi e per me alquanto oscuri significati di "sottoporre").
La conoscenza sul come -si possa e/o si debba- agire, come anche esplicitato dalla tua discussione con Eutidemo, però a sua volta si basa sul principio di "chi(più che di che cosa) si decide di avvalersi".
CitazioneQuesto non l' ho proprio capito.
La decidibilità del valore razionale "corretto", è in fin dei conti una sciocchezza, infatti in quella correzione sta per esempio quella "esportazione della democrazia" sui cui supinamente (ognuno atterrito in cuor suo, tanto atterrito da uniformarsi agli ordini dei nostri aguzzini, fino a DIVENTARE i nostri aguzzini) la morale occidentale e tutto questo forum si basa, tranne qualche sporadica eccezione.
Correzione è più costrizione che altro d'altronde.
CitazioneContinuo a non capire: i mezzi per perseguire scopi quali l' obbrobriosa pretesa imperialistica di esportare la (pseudo!)- democrazia" possono essere più o meno razionali e "razionalmente corretti".
Ma gli scopi si avvertono e non si deducono razionalmente.
Dunque il sapere dell'agire si risolve non tanto nell'agire, ma nel essere comandati da quel sapere.
Per cui qualsiasi agire è il risultato di una ideologia, di un prendere parte, e questa partizione è sempre una questione di guerra.
CitazioneQui per me è "buio pesto"!
Ma tu da comunista inveterato dovresti saperlo meglio di me, se non fosse che da uomo di scienza e della scienza ritieni che possa esistere una innocenza primaria, una meccanica a cui tutto possa rispondere.
CitazioneMa che vuol dire?
Se (ma sto brancolando nel buio più pesto) che le ideologie sono fattori importantissimi ma in ultima analisi non determinanti della storia e che questa è in ultima analisi determinata dalla lotta di classe, allora da "comunista inveterato" e (del tutto coerentemente anche da) "uomo di scienza" sono certamente d' accordo.
Non esiste quella meccanica, in sè, appunto, è solo il frutto di una macchinazione, di una tecnica per piegare qualcosa a qualcosa, la quantistica per esempio alla meccanica, e fin lì siamo a dei modelli, ma se quel qualcosa sono esseri umani, bè quella macchinazione deve fare i conti con le emozioni (le angosce, le paure, i dolori), e facendone di conto, pensa bene di usarli, come mezzo di propaganda.(strumentalizza le emozioni per la propaganda)
In fin dei conti la propaganda è l'episteme, questo sto paventando.(ovviamente esagerando, ma con un discorsco più complesso non so nemmeno se sono molto lontano dal vero).
E ognuno si fida di ciò che è scienza e verità (quando non lo è affatto).
CitazioneCome fai a dirlo?
A volte, certo, si sbaglia e si ignora, ma non credo proprio sempre e necessariamente!
In questo senso ogni azione politica, ogni prendere parte a questo o a quello dispositivo, induttivamente RIVELA l'episteme che si cela dietro a quelle azioni.
Ma in questo post non volevo tanto riferirmi al problema critico delle azioni politiche, quanto al problema che COMUNQUE SIA ESISTE UNA RAPPRESENTAZIONE che si accompagna a qualcosa che non sappiamo cosa sia.
E noi SAPPIAMO che vi sia proprio perchè abbiamo una rappresentazione CO-RELATA.
CitazionePersonalmente non credo che il noumeno sia dimostrabile, ma credo che se reale, allora non è "rappresentazione (fenomenica)" e dunque non é certo conoscibile "alla maniera in cui lo sono i fenomeni".
MA se manca, e DIO solo sa quanto manca, la riflessione sulla medianità, appunto su cosa è l'uomo, allora non può esistere nemmeno una critica a quella presunta episteme!
E come vedi i nostri ruoli si invertono, quello che per te è il cuore della filosofia (l'episteme) è per me mera presunzione, e quello che per me è il cuore della filosofia (il fondamento) è per te mera presunzione.
Ti ho messo delle parole in bocca provocatoriamente, mi aspetto una risposta tosta!
CitazionePer me la filosofia non si identifica certo con la scienza; è anzi, fra l' altro, critica razionale (anche, oltre che a tutto il resto del "razionalmente criticabile" anche ) della conoscenza scientifica.
Spero di essere stato all' altezza delle aspettative.
x Garbino :(
cit Garbino
"Mio caro Green, ma che cos' è l' uomo se non un essere vitale e naturale? Come lo è qualsiasi forma vivente? E te lo ripeto io non vedo in ciò un sistema, un tutt' uno, ma soltanto un tentativo di dare a ciò che è vivo e naturale un' identità. Nient' altro. In senso metafisico sono con Nietzsche entrambe sono dei contenitori vuoti come l' essere."
Non capisco perchè continui ad usare il termine naturale con tale disinvoltura (con me per lo meno).
Mi fermerei al termine vitale, nel senso di partecipante della Elrlebnis della vita vissuta in carne ed ossa, secondo la famosa frase di Husserl. Penso non dovremmo essere troppo lontani come concettualizzazione.
Io non ti contesto niente a questo riguardo, al fatto del tentativo di identificazione cioè, ora però non capisco perchè hai liquidato il mio intervento così.
(Tra l'altro non so nemmeno come faccio a essere ancora sveglio, non ho chiuso occhio.)
La mia domanda (come fai a liberarti dai lacci culturali in cui sei immerso) non è mica per forza legata ad un sistema.
Che vi sia una possibile sistematica potrebbe benissimo essere un mio problema, ed esclusivamente mio.
Ma la domanda su come avviare il "nuovo", sarebbe lecita comunque, con o senza sistema.
cit Garbino
"E cosa vuoi che mi importi che a livello matematico si siano fatti progressi da gigante sull' infinito? Carta è carta rimane, come la quantistica e molto altro in campo scientifico. "
Non capisco questa volgarità che hai scritto, a parte che sei tu che hai fatto l'esempio matematico, io ho solo fatto una notazione a margine di quello che tu hai scritto. Non c'era nessuna critica occulta.
cit Garbino
"Contemporaneamente alla dimostrazione di Aristotele, ricordo, ancora prima di leggere Nietzsche, che mi trovai a confutare quella scienza meravigliosa che è la matematica, ritenendola troppo inficiata da criteri volti a superare le sue contraddizioni. E non dimentichiamo che la logica non è che l' applicazione della matematica al discorso. E mi sembra strano che proprio tu che contesti il ritrovare ciò che era dato in partenza, possa poi avere dei dubbi su quanto da me opinato. "
Continuo a non capire, ci deve essere stato un fraintendimento, io non ho dubitato di alcunchè ,mi sembra ,rispetto al matematico, che tu hai tirato in ballo.
cit Garbino
"Per quanto riguarda la logica, ripeto ancora una volta, sono con Kant che afferma: Non è possibile l' uso della logica nella Metafisica."
Ma infatti siamo d'accordo, se hai la pazienza di leggere la mia risposta a Paul (mi sembra) c'è un pezzo che dice esattamente lo stesso.
Lasciando da parte la questione del naturale, che prima o poi dovremo trattare, e che presupporebbe che mi informassi meglio su come nella storia della filosofia è emersa come problema (da Montesquieu in poi, mi par di ricordare, ma non ci giurerei, non è mai stato un mio "tema caro", ma mi sto accorgendo che necessita di una esposizione esauriente, se no rimane nebuloso).
E quindi presuppone che io mi sbatta per qualcosa su cui non voglio sbattermi.Sorry per la terminologia il sonno comincia a diventare tiranno.
Appunto dicevo tralasciando il naturale, a mio avviso non hai ancora esposto almeno approssimativamente la questione.
Per i chiarimenti poi c'è tempo! così per la volontà di potenza heidegeriana.
Faresti un favore a tutti credo esponendo il tuo sunto, la tua opinione, che appunto è figlio/a di un altro "sbattimento" (questa volta tutto tuo, e di questo ti ringrazieremo sempre).
Green, è interessante la distinzione che hai posto tra universo e natura. Se l'universo è la categoria dell'altro tuttavia si può istituire un collegamento, laddove l'io appare come altro del mio altro. E questo potrebbe consentire di con-prendere universo e natura, pur mantenendone la distinzione fondamentale. La scienza, che vede l'oggetto per formalizzarlo, può dunque vedere nell'universo il soggetto e considerarlo come suo oggetto formale, per il quale si rende possibile una lettura formalizzante oggettiva che rimanda al soggetto. E analogamente, ma in senso opposto, l'universo oggetto si riflette nell'immagine di un soggetto che gli corrisponde . Questa reciproca corrispondenza, direbbe Sini, è mediata dallo strumento, ossia di quel qualcosa che mi è dato tra me e il mondo e ne permette la conoscenza a distanza mantenendo il collegamento nella prassi di uso dello strumento . Lo strumento è ciò che riempie il vuoto di quella distanza e primo strumento e prima tecnica è il linguaggio che si esprime in gesti e segni vocali e somatici.
La dimensione linguistica corrisponde alla dimensione cognitiva che si muove attorno all'esistenza (il saper vivere) mostrandola. Il nostro stesso vivere è quel "qualcosa" di cui umanamente tentiamo di sapere. Questo è il motivo per cui solo l'essere umano può con-prendere, ossia comprendere la distanza tra il vivere e il conoscere, ove conoscere e vivere continuamente si intersecano e si implicano, pur rimanendo nella reciproca distanza che continuamente oscillando si ripete. La nostra esistenza è alternativamente compresa dalla nostra conoscenza e la comprende in sé, per venirne di nuovo ricompresa. Appare quindi un ritmo che, con il suo andare e venire della pulsazione che ritorna, si colloca a fondamento originario ed estatico di ogni epistemologia.
P.S.
Citazione di: Green DemetrIl mio problema è relato al fatto che questo inevitabile, pena la contraddizione di ogni categoria di esistente, in-sè non è rappresentabile.
Scusa il PS, ma credo sia importante. L'in-sé è in realtà continuamente rappresentato e si dà proprio nello scorrere continuo delle sue immagini parziali. In tal senso non è un problema: la totalità non è che le parzialità che si succedono in cammino, ognuna delle quali viene rappresentandola proprio per come è, senza mai poter essere la totalità/verità compiuta, ma la totalità/verità che si compie. Dunque non c'è un inganno mimetico, semmai un errore che sempre si ripete in forma diversa, ma questo ripetersi dell'errore è il presentarsi della verità stessa.
Che cos'è la "mente cosmica" o "coscienza cosmica"?
Beh...certamente uno non può capire cos'è la "mente cosmica" se prima non ha capito almeno la sua "mente individuale". :D
Per rspondere a queste domande occorre superare i confini del pensiero filosofico tradizionale.
Guardiamo, per esempio, allo sviluppo embrionale.
L'homo nasce come organismo unicellulare.
Poi si sviluppa come embrione nell'acqua.
L'embrione assume le forme del pesce, poi del rettile, infine del mammifero.
Poi acquisisce la struttura ossea.
Cosa significa questo?
Significa che l'embrione sintetizza in 9 mesi tutte le fasi della evoluzione sulla Terra.
A partire dalle pietre (scheletro) e dall'acqua (Liquido amniotico).
Non solo.
Il sistema linfatico dell'homo ricalca il sistema linfatico delle piante.
Quindi in noi c'è anche il mondo vegetale.
Le pietre, l'acqua, le piante, gli animali...sono tutti stadi evolutivim cioè stadi in cui la "Coscienza cosmica" si manifesta e manifesta nella materia quelle che sono le sue caratteristiche.
Nell'homo, oltre a tutte le caratteristiche degli step evolutivi precedenti, si è manifestata una nuova caratteristiche della "Coscienza cosmica": l'autocosicenza e la compassione.
Ma la cosa straordinaria è che questo viaggio non è finito. Tra 500mila anni, tra 10milioni di anni, la "Coscienza cosmica" manifesterà altre sue caratteristiche grazie alla quali la specie che verrà dopo di noi vivrà in modi che noi nemmeno possiamo immaginare. Percepirà la "Realtà" in modi sempre più profondi e si avvarrà di altre capacità per comunicare e interagire nella Realtà.
L'evoluzione non è finita.
Il percorso evolutivo grazie al quale la Coscienza cosmica manifesta le sue caratteristiche, non è finito.
Noi siamo solo una tappa intermedia.
Ci siamo da soli 200mila anni. Magari ci saremo per altri 3 o 4 milioni di anni.
Ma è sicuro. Dopo di noi la Coscienza cosmica si manifesterà in una forma più evoluta che avrà un nuovo cervello e nuovi strumenti per interagire nella Realtà.
x sgiombo
cit sgiombo
"Cerco di capire, ma continuo a non riuscirci.
Se per "rappresentazione" intendi (i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti) "il pensiero dei (di altri) fenomeni predicati dal pensiero stesso accadere realmente e -se essi effettivamente accadono realmente- conosciuti accadere realmente" (in generale; e in particolare i fenomeni, le sensazioni mentali costituenti il pensiero, il predicato "io penso"), allora non vedo come lo scetticismo possa essere superato.
Infatti (con Hume contro Cartesio) ritengo che di tali sensazioni fenomeniche ("cogito"), come di qualsiasi altra sensazione fenomenica (anche di quelle materiali), l' "esse est percipi": di sicuro vi è unicamente il loro accadere in quanto tali (sensazioni fenomeniche; e null' altro di in sé, permanente anche oltre ad esse e dunque - distinto da esse, che ne sia il soggetto-oggetto (l' ego che cogitat – cogitatur); ed anche questa conoscenza certa certezza -se e quando accade- è effimera, limitata al fuggente lasso di tempo presente in cui accade (in cui accadono le sensazioni fenomeniche costituenti il pensiero "cogito", dalle quali non consegue necessariamente l' ulteriore "esse" di un "ego")."
Certamente se l'in-se che tu poni nella argomentazione stia all'interno del fenomenico. Ma io prendo in considerazione l'in-sè come categoria dell'esistente, dell'essere, dell'esistenzialità (scegli pure il termine che più ti confà) fuori dalla rappresentazione.
Quindi non parlo dell'esse percepi. Dovresti capirmi meglio se uso il termine anima, spirito, Dio. Il fatto è che quei termini andrebbero ridefiniti razionalmente e non irrazionalmente come di solito si fa.Nella storia della filosofia l'hanno chiamato il problema dell'Essere, ma avrebbero potuto anche chiamarlo pinco-palla, in quanto riguarda qualcosa che è fuori dall'esistente fenomenico, e che ha a che vedere con la stessa categoria, universale di esistente. Qualcosa esiste, qualcosa è come se esistesse.
Come hai detto tu trattasi di una ulteriore congettura. Che io credo tu ritenga pretenziosa.
All'interno invece del campo fenomenico, la temporalità è ovviamente una delle molte sfacettature del discorso scettico.
Però ti faccio notare che hai usato nella argomentazione il termine accade, qualcosa se pur di effimero, accade.
E se accade dovrebbere in linea di principio esistere. Cosa sia non si sa perchè non si vede. Ma per esempio un Platone afferma che si puà udire, ascoltare nell'altro. E l'altro qua è da intendere proprio come esistente di una alterità assoluta.
Diffido di Platone, perchè non capisce che questa alterità in fin dei conti è una semplice categoria. Non è Il BENE!
(vabbè le ultime note sono per un pubblico più vasto, non solo per te Sgiombo, comunuqe...)
cit sgiombo
"Continuiamo a non capirci, purtroppo.
Per me la rappresentazione co-sciente non presuppone necessariamente un ipotetico "in sè", che per l' appunto é ipotetico, non dimostrabile logicamente -cioè "teoricamente evitabile", pensabile non essere reale "senza alcuna contraddizione di ogni categoria di esistente"- né tantomeno constatabile empiricamente).
Ma questo ipotetico "in sé", se realmente esiste, allora necessariamente, onde evitare una patente contraddizione, non può essere "rappresentabile (fenomenicamente per l' appunto", ma solo pensabile, congetturabile ("rappresentazione sensibile, apparente ai sensi, fenomenica" è ben altra cosa che "supposizione" o "congettura") senza alcun problema, a mio parere."
No hai capito benissimo, infatti per me è una congettura, la contraddizione sarebbe se fosse esistente come fenomenico.
Ma come ho tentato di spiegarti sopra è invece un esistente logico, formale se vuoi. Una mera astrazione.
cit sgiombo
"E senza per questo porre scarsa attenzione, se non addirittura ignoranza del problema dei rapporti fra cosa in sé e fenomeni, che credo invece della massima importanza filosofica.
Le cose in sé, infatti, se reali, avrebbero ben altra "consistenza" degli unicorni: questi ultimi (se la conoscenza scientifica è vera) sono fenomeni che si può dimostrare (se si ha sufficiente conoscenza della biologia) non esistono realmente, mentre quelle, se reali, anche se non lo si può dimostrare, esistono realmente."
Se provi a rileggere quanto da me scritto però ti comincerai a chiedere quale è la consistenza, la realtà di questa congettura, ossia della cosa in sè.
Se la cosa in sè esiste per sè, allora non potrà mai essere fenomeno.
Questo fu il problema su cui Kant stesso si arenò (mi informa un giovane amico) infatti per esigere che la cosa in sè abbia a che fare col mondo fenomenico, si deve inventare, ideare, fare astrazione su una relazione.
Ma quale relazione ci può essere fra qualcosa che è congettura e ciò che è fenomeno/realtà? se non appunto che una altra rappresentazione.
Nel mondo odierno conveniamo che sia la scienza a darne conto, con uno dei modelli verificazionisti da essa scienza ideati.
Ma il rompicapo è proprio questo che se una cosa in sè diventa rappresentazione-realtà, allora quella cosa in sè altro non sarà che una rappresentazione. Dunque la rappresentazione della cosa in sè, è di fatto la rappresentazione di una cosa, e non la cosa in sè.
Spero mi stai seguendo.
alcune notazioni di storia della filosofia.
Ci voleva una distinzione, che venne solo in seguito a kant che comunque aveva già apparecchiato lui stesso per tutti i filosofi a venire, quando si dice che kant è la ripartenza della filosofia, si parla ovviamente della sua invenzione delle categorie, degli apriori, e della cosa in sè.
Questa distinzione si chiama filosofia negativa, ossia la cosa in sè, è l'in-sè della sua contraddizione.
In sè è noumeno solo perchè non può essere fenomeno.
Le implicazioni sono quelle che la relazione è il frutto di una negazione infinita. Perchè se il fenomeno appare per quello che NON è, in quanto la cosa in sè è negazione, allora qualsiasi fenomeno è la negazione della sua negazione. Che non è come in matematica
una doppia negazione, ma una negazione alla potenza. Ossia la relazione è una assoluta negazione che possa essere qualcosa, appunto che sia qualcosa d'altro, ma non il fenomeno stesso.
La rilevanza che vado dicendo se sia materia dell'universo degli unicorni o se sia la verità, è a mio parere frutto di una lunga meditazione sul nostro vivere quotidiano, sui fatti che ci succedono.
Quando ai giorni nostri si parla di filosofia dell'evento, non si parla tanto di un accadimento del qui ed ora, piuttosto del suo contrario, ossia che vi sia una eventualità, che questo accadere accade.
Ossia che non vi è una storia qualsiasi, ma questa storia, questo succedersi di cose, esiste una immanenza, che si descrive solo come
impermanenza, noi siamo solo perchè scompariamo, moriamo dirà infine Heidegger.
Ossia tutto ciò che è reale è razionale, a patto che sia una razionale negativo.
Tornando di nuovo a noi dunque possiamo certamente dire che laddove per te è importante la coincidenza fra cosa-in-sè e fenomeno, dove la cosa in sè diventa sinonimo di mentale, per me invece questa coincidenza è del tutto fittizia, in quanto si dà come relazione misteriosa, fra un dato e la sua causa, ove con causa si intende non la meccanica, ma il suo darsi formale-logico di co-relazione impossibile e dunque come relazione negativa.
In parole povero non coincidono eppure nella loro alterità sono correlate come negativo, o è l'una o è l'altro.
O è parte o è Universale.
Ma il punto che chiedevo, e solo ora mi rendo conto che effettivamente è una sedimentazione mia, forse troppo ardita per i limiti di questo forum, che in fin dei conti cerca di essere il più generico e intendibile.
Dicevo che il mio punto sta che per me, qualcosa non è la cosa in sè. Se fosse mera correlazione negativa, infatti non si capirebbe come mai esiste qualcosa di originario, e se esiste non può essere il tutto (che in hegel vuol dire il niente, e forse meno del niente, come dirà Zizek)
Ossia che esiste qualcosa che pre-esiste al riflesso o meglio come dico io, che accompagna.
La cosa in sè in fin dei conti è semplicemente una congettura di tipo logico categoriale.
Come potrei dire albero se non sapessi che esiste qualcosa d'altro, altrimenti chiamerei qualsiasi cosa albero.
Ma il fatto che esista in quanto qualcosa, foss'anche tutto albero, è il problema stesso del presupporre che esista una materia sottesa primordiale.
Era stato per Primo Aristotele a parlare di forma e sostanza. Ma è ovvio che quello che ci interessa non è mai la sostanza, bensì la forma che esso prende.
Rimane però imprescindibile che ci può essere forma solo se vi è sostanza.
La scienza Sgiombo si è così per dire ferrata sulle forme, sui fenomeni e sulle loro leggi.
Come avviene che qualcosa si formi. Ma la riflessione sulla sostanza è rimasta nell'ombra.
Ma d'altronde quando Aristotele parla di sostrato sensibile, non si riferiva proprio a quella cosa in sè.
Ossia ad una sua categorizzazione formale, logica.
La mia domanda è invece proprio su cosa consista la sostanza. Perchè se non riesco a decriverne nulla, ne va della stessa concezione di cosa sia umano.
L'unico ad averci capito qualcosina è stato heidegger, che vedeva nella medianità del rapporto con la sostanza, con l'essere dice lui, il problema di qualsiasi ontologia. Ossia dell'entificazione di quell'essere.
Noi siamo un ente, siamo qualcosa, che attinge da una dimensione evenenziale, la filosofia dell'ereibnis, è questa germinazione alla radura dell'essere. E' l'inizio della stradina nel bosco dirà ancora in Sentieri.
La nostra entificazione ha a che fare con questa dimensione abissale, con questa proiezione, con questo essere per la morte.
Noi siamo enti destinali, destinati alla morte.
Certamente se uno è interessato solo all'aspetto formale, delle forme, di come una fenomeno sia correlato, irrelato, relato, univocamente, biunivocamente, è lecito e forse anche meno complicato.
Ma non capiremo mai quale sia il suo fine ma solo i suoi mezzi, i suoi enti.
cit sgiombo
"Beh, di solito per "delirio" si intende un discorso fantastico senza denotazioni reali e non le asserzioni empiricamente non falsificate delle scienze.
Non so Tesla, ma non credo proprio che Einstein gradirebbe l' epiteto di "visionario".
Credo, da seguace di Hume piuttosto che di Popper, che sia razionalmente possibile dimostrare con certezza la falsità e non la verità delle leggi fisiche ipotizzabili.
Non ho capito le tue ultime considerazioni: credi forse che religioni, superstizioni e "affini" siano o possano esser considerati razionali o razionalistico il seguirli?"
Povero einstein, il termine è proprio infelice.
Non penso affatto che le considerzioni cui sopra possano essere considerate religione, al massimo fantasmagorie.
Questione di opinioni se lo siano o meno.
Le religioni io non le sopporto più.
cit sgiombo
"Continuo a non capire: i mezzi per perseguire scopi quali l' obbrobriosa pretesa imperialistica di esportare la (pseudo!)- democrazia" possono essere più o meno razionali e "razionalmente corretti".
Ma gli scopi si avvertono e non si deducono razionalmente."
Ma se gli scopi appartengono ad una presunta conoscenza, in questo caso di cosa sia la democrazia, e chi debba appropriasene, allora saranno deducibili razionalmente.
Nella lunga serie di cosultazioni ai membri del consiglio presidenziale, il problema non era quale era lo scopo ma perchè razionalemte non funzionava quel tipo di esportazione.
Lo scopo è semplicemente l'applicazione di una presunta conoscenza, quella della democrazia.
Quando dico che tutto è politica mi riferisco ovviamente al fatto che anche la conoscenza, non è una mera conoscenza, ma è una conoscenza che qualcuno ha deciso essere tale.
Ma siccome l'ideologia la spaccia per episteme, allora non mi rimane che conludere che allora ogni azione deriva da quella episteme.
Vi è una decisione su cosa sia episteme che poco ha a che vedere con la scienza. Per tutto quello che abbiamo detto prima sulla efferemità delle cose. E cosa c'è di più effimero di un uomo di una politica etc....???
Direi che sono epistemi assai deboli. Che hanno bisogno sempre dell'imboccata tecnica-tecnologica, magari un f-25 a ricordare a tutti chi esporta cosa.
L'f-25 non parte mica per una mera azione.
Non capisco cosa c'è che non capisci. Dovresti saperlo bene.
quello che intendo è che se tutto nasce da una politica, tipo faccio partire l'f-25, poi per convincere la nazione, invento una epsiteme, che dice che democrazia è quella cosa che deve essere esportata.
e che episteme è allora mi chiedo io??? :(
Con lo scontro di Eutidemo mi riferivo al fatto che lui leggeva la storia in chiave atlantista e tu in chiave filo-russa.
Ognuno di voi 2 si è riferita a fonti e uomini, totalmente in buona fede, ma senza porvi minimanente il dubbio delle fonti.il sottotesto alla vostra diatriba sarebbe stato chi decide cosa.
e ora penso che mi riposerò un pò!!!
scusa per la brevità delle ultime considerazioni.
Citazione di: Garbino il 17 Aprile 2017, 08:59:05 AM
Che è l' uomo?
Fondare una scienza ed una filosofia non significa rifondarle. Non significa cioè salvare il salvabile e ripartire da quel punto, ma ripartire da zero. Salvare il salvabile infatti identificherebbe che ciascuno tenderebbe a salvare ciò che ritiene non opinabile ed ogni sforzo di fondare qualcosa cadrebbe nel vuoto. Ma inoltre e sempre a mio avviso è necessario astrarsi dal tempo in cui si vive e che è già il risultato di tutti gli errori che la nostra conoscenza cela dietro ogni virgola.
Ciò che intendo dire è che è necessario che ciascuno si rimetta in gioco totalmente, e che purtroppo questa è la cosa più difficile. Infatti possiamo constatare che già sulla premessa iniziale, alquanto generica e per niente vincolante, la condivisione è ardua.
Certo, è necessario rimettersi totalmente in gioco nelle nostre convinzioni, vederne il continuo inevitabile franare, ma senza scordarci che noi siamo il risultato di quelle e che ciò che in esse frana è l'immagine che ci diamo di noi stessi e del mondo. Ma queste immagini non svaniscono nel nulla, nemmeno un atto di volontà potrebbe farle svanire nel nulla, ma lasciano dei segni indelebili e questi segni sono tracce in cui possiamo conoscerci, sono tracce su un percorso. Noi siamo un percorso che muove da lontano e del quale restano solo tracce. Non si può ricominciare da zero, poiché l'universo non nasce oggi, anche se solo adesso si presenta ripetendo.
Citazione di: maral il 18 Aprile 2017, 12:45:25 PM
Green, è interessante la distinzione che hai posto tra universo e natura. Se l'universo è la categoria dell'altro tuttavia si può istituire un collegamento, laddove l'io appare come altro del mio altro. E questo potrebbe consentire di con-prendere universo e natura, pur mantenendone la distinzione fondamentale. La scienza, che vede l'oggetto per formalizzarlo, può dunque vedere nell'universo il soggetto e considerarlo come suo oggetto formale, per il quale si rende possibile una lettura formalizzante oggettiva che rimanda al soggetto. E analogamente, ma in senso opposto, l'universo oggetto si riflette nell'immagine di un soggetto che gli corrisponde . Questa reciproca corrispondenza, direbbe Sini, è mediata dallo strumento, ossia di quel qualcosa che mi è dato tra me e il mondo e ne permette la conoscenza a distanza mantenendo il collegamento nella prassi di uso dello strumento . Lo strumento è ciò che riempie il vuoto di quella distanza e primo strumento e prima tecnica è il linguaggio che si esprime in gesti e segni vocali e somatici.
La dimensione linguistica corrisponde alla dimensione cognitiva che si muove attorno all'esistenza (il saper vivere) mostrandola. Il nostro stesso vivere è quel "qualcosa" di cui umanamente tentiamo di sapere. Questo è il motivo per cui solo l'essere umano può con-prendere, ossia comprendere la distanza tra il vivere e il conoscere, ove conoscere e vivere continuamente si intersecano e si implicano, pur rimanendo nella reciproca distanza che continuamente oscillando si ripete. La nostra esistenza è alternativamente compresa dalla nostra conoscenza e la comprende in sé, per venirne di nuovo ricompresa. Appare quindi un ritmo che, con il suo andare e venire della pulsazione che ritorna, si colloca a fondamento originario ed estatico di ogni epistemologia.
Si anche. Mi sono perso un attimo sui vari passaggi che porterebbe l'universale ad essere un naturale.
Ma evidentemente tu e Garbino avete deciso che esista questo naturale, evvabè pazienza, ci scontreremo su un 3d che a questo punto aprirò io stesso.
Comunque diciamo così che se l'universale coincide con quel tentativo di rendere formale il soggettivo, tramite le prassi di un essere vivente, nel mondo direbbe heideger, allora l'oscillazione fra ciò che sappiamo come formalmente universale e corrispondete ad un soggetto vivente, consisterebbe nel suo aprirsi come originariamente ri-comprendente (ri-comprendente-si) la sua eccedenza, ossia ciò che di volta in volta non ci torna.
Stando così le cose l'originario sarebbe in fine dei conti la storia degli errori delle prassi, e delle sue correzioni.
Ma ovviamente non ho niente da eccepire a queste considerazioni assai pratiche, il punto è che per me questo originario, viene prima del soggetto formale.
Perciò non c'è alcun ritorno ad alcun naturale.
Anzi direi quasi che sarebbe una complicazione di una prima formalizzazione, quella dell'uomo come uomo storico.
Ossia che c'è qualcosa che viene prima della storia e di cui ne va proprio del soggetto.
Per questo parlo di destinalità piuttosto che di naturalità.
Non intendo perciò dire che il destino abbia caratteri religiosi, bensì che le religioni siano un tentativo di risposta, a questa destinalità, al nostro morire per essere chiari.
Quando mai l'uomo veramente si convincerebbe che egli è solo corpo??
Siamo nell'era della moltiplicazione delle narrazioni, la letteratura sta impazzendo im una fioritura di generi letterari pop-fantascientifici, relegati sotto il nome di post-romanzo.
La cosa che invece sempre più scompare è la visibilità della morte.
La morte è rimossa e spedita su marte.
In questo senso ho un forte bisogno di confronto col pensiero heidegeriano, che unicum nel panorama filosofica si è posto la domanda, se la entizzazione dell'essere, o come abbiamo deciso prima, la formalizzazione di un soggetto, come universale. Abbia o meno a che fare col suo essere, col suo esistente originario.
Intendo dire che l'originario non sta nel mondo, come vorrebbe Sini, ma che come dice Heideger l'originario si dà da sempre nel mondo.
Vale a dire che l'uomo si dà subito dentro un mondo (ne è gettato dentro, ricordi?)
E questa sua gettatezza ha a che fare con la sua angoscia.
E l'angoscia è sempre legata a ciò che non può essere conosciuto.
Per questo il lampo della filosofia è quello che illumina in un instante, quello del presente, la mondanità, il nostro essere nel mondo, dando un senso, e una destinalità che è oltre le pratiche.
Il problema della tecnica, è così non tanto quello di essere strumentale alla stessa costruzione del soggetto universale formale, perchè quello è strutturale alla stessa conoscenza, di cosa sia un uomo.Quanto del fatto che essa FA DIMENTICARE l'essenza stessa del nostro mediare (o oscillare come dici tu) che è essenzialmente la capacità di pensare.
Nel discorso di Sini, benchè questa ricomprensione sia di fatto un ripensamento (del soggetto e delle sue pratiche) si nega l'esistenza di questa originariertà, di questa apertura direbbe heideger, bollandolo come presunzione.
Eppure ogni apertura ha a che fare con la sua chiusura, ovvero con la sua morte e col suo destino.
Se per Sini anche la morte è una delle narrazioni, per Heidegger è invece lo scopo, il senso di ogni interrogazione.
Vale a dire che sull'orlo del precipizio noi siamo ancora accompagnati da qualcosa, è lo stesso qualcosa che per Heideger si da non come fenomeno ma come interrogazione.
ossia come parola.E' la parola infine ad essere originaria, e non la prassi.
Inutile dire che gli ebrei ci hanno costruito su una religione.
E' la capacitò di nominazione che rende l'uomo immortale. Ossia pronunciando un nome io possiedo quella cosa nominata.
La capacità di traversata dell'abisso finirà col dire Heideger è la sua capacità di ideazione.
Ossia di co-appartenenza all'originario, come parola.
(l'avevano già detto Nietzche e Freud, ma non ebbero mai la sua capacità di formalizzazione, di sistemizzazione)
Per non morire io devo ancora saper nominare qualcosa. E' per questo ritengo che non potremo mai nominare TUTTO e qualcosa rimarrà sempre al coperto.
Mi scuso per la brevità, sono temi che anch'io conosco solo per infatuazione, non per una effettiva argomentazione.
Che comunque si potrà fare.
e sono al decimo caffè! ;)
Citazione di: davintro il 18 Aprile 2017, 01:33:57 AM
se garantire il bene dell'uomo vuol dire rispettare la sua libertà non è per un irragionevole permissivismo relativista, ma perché l'uomo è razionale, cioè ha in se stesso i criteri per giudicare le proprie azioni rivolte a garantire il suo bene
Temo però che se è vero che il giudizio razionale è in grado di rendere la libertà all'uomo (e a partire da Parmenide ed Eraclito la filosofia non ha fatto che questo: sollecitare il giudizio razionale), può, nel momento in cui si ritiene definitivo, cioè in grado di eliminare completamente l'aspetto irrazionale che è il vivente stesso, rischia di tramutarsi in gabbia dalle sbarre di acciaio che soffoca la vita stessa. E una gabbia razionale in cui ogni effetto si crede perfettamente calcolabile, non è certo meno letale per l'essere umano. Credo piuttosto che il problema sia come poter danzare su un filo sempre oscillante in bilico sull'abisso, senza sfracellarsi tra le mitologie e i teoremi che dovrebbero salvaguardarci da ogni caduta.
Che è l' uomo?
X Green Demetr.
Con naturale intendo tutto ciò che di vitale non risente direttamente dell' intervento dell' uomo, anche se più si va avanti e più questa distinzione diventerà quasi, se non lo è già, impossibile. L' operato dell' uomo è folle. E folle è la sicurezza sulla cultura che lo contraddistingue. E spero proprio che tu non sia tra coloro che difende tutto questo nel nome della scienza.
La scienza e la matematica, che io amo come scienza ma non come applicazione, come richiamo e specchio di ciò che ci circonda, tanto da ritenere gran parte delle conoscenze da lei scaturite di scarso valore, come appunto la quantistica e molto della fisica moderna, perché si trascinano e si avvalgono di criteri che non sono accettabili a livello logico-matematico proprio perché rientrano nel campo metafisico come appunto l' infinito ( ma anche lo zero ). E se tu affermi che ciò vale in filosofia perché non dovrebbe valere per la scienza?
Citazione dal tuo post su Paul11: crediamo di dimostrare l' esistenza di qualcosa tramite la presunzione che quella stessa cosa esista e tramite essa si AUTO-AFFERMA, e che ti posso garantire è lo stesso processo che avviene sia in matematica che in fisica. Siamo dei ciechi, caro Green, dei ciechi che pensano di essere muniti di una vista impeccabile, superiore a quella della lince.
La Filosofia.
Siamole grati ma non schiavi. Tutto ciò che è cultura oggi si basa ancora su Platone ed Aristotele. Due grandissimi, ma oggi possiamo renderci conto, se vogliamo, che la loro immane genialità era figlia del loro tempo e che non poteva che basarsi sulle conoscenze del loro tempo. L' anamnesi di Platone infatti è geniale ma non tiene conto della genetica, e perciò è purtroppo una teoria, che lui ritiene vera, inutile. Per me il suo crollo era preesistente alla lettura di Nietzsche come molto della logica aristotelica. In Nietzsche ne ho trovato soltanto la conferma.
Ritenere che si possa ri-partire è pura velleità ( anche se ad affermarlo è Sini ). Io continuo a pensare con la mia testa. E ti confermo che dovresti smetterla di leggere queste voci dell' intellettualità contemporanea e leggere sempre la fonte.
Mio caro Green se ti dicessi quanti sono gli anni che leggo Nietzsche e quanti ce ne sono voluti perché filtrasse profondamente nel mio pensiero rimarresti di stucco. Nietzsche ha ucciso la Metafisica e con essa la filosofia antecedente e molta di quella che l' ha seguita. Non c' è che da prenderne atto e fondarla di nuovo. Come? Ricominciando da zero. Difficile? Certo!! Impossibile? Non lo so, ma di certo qualsiasi altra strada sarebbe soltanto illusione di rifondazione.
Per quanto riguarda il Nietzsche di Heidegger è impensabile che possa affrontare un sunto su un testo preso a prestito ( non ho alcuna intenzione di investire una cifra intorno ai cento euro per un testo che comunque posso procurarmi diversamente anche se per brevi periodi ) in biblioteca, né so se ne sarei all' altezza. Perciò penso proprio che dovrò declinare l' invito.
XMaral
Solo adesso leggo il tuo post con le tue considerazioni. Penso comunque che la mia risposta giaccia già in quanto esposto a Green. Sull' ultimissimo sono pienamente d' accordo.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: acquario69 il 18 Aprile 2017, 04:50:55 AM
maral...un paio di "mie" considerazione che vorrei appunto esprimere senza pretese,in merito a quanto scritto sopra..e cioè',
Che la parte può avere "coscienza" di essere anche il tutto, perche e' pur sempre parte del tutto...
In altre parole la parte non può non avere la sua stessa essenza, o in altre ancora e' solo il tutto che può realizzare la parte e non il contrario.
Se e' vero che sono comunque la medesima cosa sembrerebbe altrettanto vero che ce una relazione,(Relazione = Manifestazione) ma anche una gerarchia.
suona chiaro come mi e' venuta di dire? :)
Sì, mi sembra chiaro, stai dicendo che tra parte e tutto il tutto viene prima (e direi anche ultimo, dato che la parte è comunque nel tutto e dal tutto muove verso il tutto tornandoci sempre). Però direi anche che il Tutto solo facendosi via via parte può riconoscersi, come incarnandosi, prendendo forma. La parte che emerge dal tutto e ha il tutto come sfondo è la singolarità che fa la differenza, è l'eccezione trasgressiva che appare nella sua pretesa/ volontà aurorale, è, nel suo manifestarsi ora, la totalità stessa che emerge come forma dall'informe indifferenziato in cui ogni parte è equivalente rispetto al tutto, mentre ora in essa c'è il tutto.
Questa credo sia fondamentalmente quello che accade nella performance artistica.
@maral
"L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente."
Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM@maral "L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente." Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.
Il gatto sicuramente fa il gatto, ma l'uomo...fa l'uomo? ( O recita la parte dell'uomo?... :-\ )
intanto direi che io ci provo sempre ad argomentare ciò che scrivo, ad essere il più chiaro possibile, ma inevitabilmente, per evitare di dilungarmi troppo e rendere ulteriormente difficoltoso il dialogo sono costretto a lasciare nell'implicito parecchi punti e collegamenti. Mi spiace molto se risulto dogmatico o eccessivamente assertivo, ma non è assolutamente mia intenzione
sì, io lego il concetto di libertà ad "in sé" interiore della persona, ma la contraddizione fra la presenza di tale interiorità come presupposto della libertà e il fatto che poi la libertà si esprima nello spazio pubblico è contraddizione reale solo se si considera questo "in sé" come "res", sostanza autosufficiente dualisticamente separata da una sostanza superficiale, non libera, che sarebbe il nostro corpo, secondo la prospettiva del rigido dualismo antropologico cartesiano. Se le cose stessero così sarebbe certamente corretto pensare che ogni agire pubblico, ma non solo politico, anche sociale, estetico... comporti uno snaturamento dell'interiorità che uscendo, disperdendosi fuori di sé, smarrisce se stessa, e con l'Io si nega come soggetto libero. Ma io non la intendo così, così come non lo intende così, almeno credo non lo intenda così, il personalismo cristiano, al di là delle sue varie differenti sfumature. Il pensiero cristiano in questo recupera la lezione aristotelica, (tramite Tommaso, ma non in opposizione con Agostino) che vede l'essenza dell'individuo non come un'entità del tutto trascendente e separata, ma come immanente all'individuo stesso, e si determina più propriamente come "forma", elemento costitutivo dell'individualità intesa come tale. Individuo, cioè "non-diviso", implica un fattore unificante, che non può identificarsi con la materia, estensione indeterminata, che però riceve dalla forma una determinazione unitaria, un senso, un modo d'essere che le appartiene. L'interiorità è il luogo dove nasce il movimento teso formare la materia alla luce delle proprietà che sono intrinseche alla forma del movimento, cioè non è separata dalla materia, perché noi non siamo né pura forma, né pura materia, ma sintesi dei due elementi, e se la materia conduce l'individuo alla relazione con lo spazio esterno, allora inevitabilmente la libertà, intesa come condizione in cui il processo formativo della personalità nasce dall'interno, ma non si chiude in sé, ma si esprime seppur non in piena trasparenza, all'esterno, cerca un'espressione pubblica, cioè la forma ha bisogno di una materia su cui agire. Non necessariamente l'oggettivazione, la spazializzazione si pone come dispersione dell'interiorità, al contrario quest'ultima trova in ciò un canale di comunicazione, un "riscatto" nei confronti di un mondo che può apparirle come pura alterità ad essa indifferente, adeguando la materia esteriore alla sua libertà, alla qualità che costituisce il modo d'essere profondo dell'individuo. Tutto ciò emerge chiaramente nella creazione artistica, dove l'artista trasfigura un'insensata materia, un insensato spazio, un blocco di marmo, una tela bianca, imprimendo ad essa la traccia della sua interiorità, del suo stile che caratterizza la sua irripetibilità inconfondibile, e la riprova di ciò è la critica artistica che riesce a risalire all'autore di un quadro sulla base degli elementi pittorici, quasi come fossero impronte digitali. Eppure la politica stessa condivide, anche se in misura meno profonda e meno evidente, con l'arte questa idea di espressione di libertà, quando un politico agisce nella società in base ai suoi valori interiori, al suo modello di "società giusta", interviene nello spazio pubblico, esterno, modellandolo sulla bade delle sue idee, così come l'artista trasfigura la percezione della realtà oggettiva sulla base del suo sentire interiore, l'impegno politico (quando è coerenza ideale e non lotta per il potere e tutela dell'interesse economico) condivide così con l'arte questa idea di attività tesa ad adeguare l'esterno all'interno, l'idea della libertà, cioè l'umanità, che cerca una manifestazione, un'oggettivazione seppur parziale
spero di aver ora chiarito meglio, anche a me stesso, il mio pensiero
Volevo rispondere a @paul11 risposta 10.
Le argomentazioni che tu presenti evidenziano la possibilità di dimostrare, con aspetti fisici non conosciuti, a anche quelli già conosciuti, che alcuni aspetti umani (spiritualità, coscienza, percezione della bellezza, emozioni ...) che molti esseri umani sentono come superiori rispetto alla realtà fisica, possano essere spiegati con le leggi fisiche. Da negazionista io credo che questa possibilità debba essere sempre ammessa.
Ma dimostrare che realmente questi aspetti, uno per uno siano spiegabili è un'altra cosa, al riguardo ci sono ipotesi, confronti dialettici e spesso vi sono argomenti interessanti.
Ma affermare che, semplicisticamente, visto che si è dimostrato che l'universo viene da un big bang iniziale, allora noi siamo esclusivamente figli di questo big bang ce ne passa. Se l'argomento del noi è tutto quello che percepiamo esistere nella nostra coscienza come possiamo avere la certezza che è tutto il prodotto di un processo elettrico meccanico che avviene nel nostro cervello. Certo il processo elettrico-meccanico c'è, ma come cai ad essere essere sicuro che esso spieghi il 100% delle tue percezioni e dei tuoi pensieri?
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM
Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.[/size][/font][/color]
Domanda difficile.
Come dicevo l'uomo appare a se stesso come l'unico essere in cui l'aspetto del conoscere nel significato è soverchiante alla sua stessa esistenza, tanto da comprenderla fino a metterla in dubbio. Non posso sapere come a un gatto, a un serpente o a una scimmia appaia se stesso e il mondo, non posso sapere nemmeno se in qualche modo appare un qualsiasi significato. Essi come noi respirano e hanno occhi per vedere, ma i significati non si vedono con gli occhi, ma con quella forma di linguaggio che è capace di articolarli, di farne segno significante, di intendere anche il proprio corpo come mezzo per fare segno. Nessun animale imbelletta il proprio corpo per renderlo un simbolo per gli altri, perché è il proprio corpo, non ce l'ha.
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 09:36:55 AM
Il noumeno? Oh...che meraviglia il noumeno...che dite? E' inattingibile? Una botte piena senza rubinetto? E' meraviglioso esser coscienti che la botte è piena ma non c'han fatto quello schifoso rubinetto per poter riempire la caraffa di dolce noumeno. Ci tocca ubriacarci di volgare prosecco?...Suvvia, datemelo, quest'altra botte è più generosa.
CitazioneEh, mi sa che dobbiamo accontentarci del prosecco.
Ma in fondo chi si contenta (in generale, ma soprattutto riguardo al prosecco ...un vino "fenomenale"!) gode.
Citazione di: myfriend il 18 Aprile 2017, 13:06:09 PM
Guardiamo, per esempio, allo sviluppo embrionale.
L'homo nasce come organismo unicellulare.
Poi si sviluppa come embrione nell'acqua.
L'embrione assume le forme del pesce, poi del rettile, infine del mammifero.
Poi acquisisce la struttura ossea.
Cosa significa questo?
Significa che l'embrione sintetizza in 9 mesi tutte le fasi della evoluzione sulla Terra.
A partire dalle pietre (scheletro) e dall'acqua (Liquido amniotico).
Non solo.
Il sistema linfatico dell'homo ricalca il sistema linfatico delle piante.
Quindi in noi c'è anche il mondo vegetale.
Le pietre, l'acqua, le piante, gli animali...sono tutti stadi evolutivim cioè stadi in cui la "Coscienza cosmica" si manifesta e manifesta nella materia quelle che sono le sue caratteristiche.
Nell'homo, oltre a tutte le caratteristiche degli step evolutivi precedenti, si è manifestata una nuova caratteristiche della "Coscienza cosmica": l'autocosicenza e la compassione.
La coscienza cosmica che è comunque cosmica giacché l'uomo esiste ed è parte del cosmo, non ci appare però né nella pianta né nell'acqua o nella pietra, né nel pesce, né nell'anfibio ecc. e nemmeno nell'embrione. Comincia ad apparire nel bambino che impara a parlare di sé e del mondo e si sviluppa nell'adulto e sa che quello che dice può indicare qualcosa che manca, che non c'è. La pietra, l'acqua, la pianta e l'animale sanno perfettamente esistere e per questo c'è un sapere in tutti gli esseri esistenti, ma solo l'uomo può sapere di sapere o non sapere.
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 15:48:07 PM
Il gatto sicuramente fa il gatto, ma l'uomo...fa l'uomo? ( O recita la parte dell'uomo?... :-\ )
E che altro può fare l'uomo se non recitarne la parte. Anche se a volte preferisce recitare altre parti interpretandole decisamente male.
Citazione di: myfriend il 18 Aprile 2017, 13:06:09 PM
Che cos'è la "mente cosmica" o "coscienza cosmica"?
Beh...certamente uno non può capire cos'è la "mente cosmica" se prima non ha capito almeno la sua "mente individuale". :D
Per rspondere a queste domande occorre superare i confini del pensiero filosofico tradizionale.
Guardiamo, per esempio, allo sviluppo embrionale.
L'homo nasce come organismo unicellulare.
Poi si sviluppa come embrione nell'acqua.
L'embrione assume le forme del pesce, poi del rettile, infine del mammifero.
CitazioneNon é così!
Invece tutti i vertebrati in una prima fase embrionale del loro sviluppo assumono un determinato aspetto morfologico-funzionale che nei pesci tende a svilupparsi omomorfiocamente fino all' adulto, mentre negli anfibi, rettili, uccelli e e mammiferi si metamorfosizza in diversi, determinati modi, tipici di ciascuna classe
Poi acquisisce la struttura ossea.
Cosa significa questo?
Significa che l'embrione sintetizza in 9 mesi tutte le fasi della evoluzione sulla Terra.
CitazioneNon é così!
Invece le varie classi dei vertebrati sono solo un piccolissima parte nell' ambito della vita evoluta-evolventesi sulla terra, nella quale non sono identificabili "fasi" universalmente percorse da "tutti" (da taluni -l' uomo?!?!?!- "completamente", altri limitandosi a questa o quella "tappa", in un preteso "progresso direzionato" verso una qualche sorta di "perfezione"), ma vi sono invece rilevabili "ramificazioni" reciprocamente alternative.
A partire dalle pietre (scheletro) e dall'acqua (Liquido amniotico).
Non solo.
Il sistema linfatico dell'homo ricalca il sistema linfatico delle piante.
Quindi in noi c'è anche il mondo vegetale.
CitazioneNon é così!
Il sistema parimenti detto "linfatico" dei vertebrati" e quelli di altri ordini di animali sono tutt' altro che il sistema linfatico delle piante: si tratta di un mero caso di omonimia o più probabilmente di polisemia (in senso semantico); un po' come un "ventaglio" di possibilità alternative é altra cosa che un "ventaglio" come aggeggio per rinfrescarsi agitandolo ritmicamente nell' aria.
Le pietre, l'acqua, le piante, gli animali...sono tutti stadi evolutivim cioè stadi in cui la "Coscienza cosmica" si manifesta e manifesta nella materia quelle che sono le sue caratteristiche.
CitazioneNo, guarda che (qualsiasi cosa sia la "Coscienza cosmica", ammesso e non concesso che sia qualcosa di reale) la vita é sì originata dalla materia inorganica ("le pietre e l' acqua", se così vogliamo esprimerci un po' "poeticamente"), ma le piante non sono affatto uno stadio primitivo dell' evoluzione successiva degli animali (i quali non ne sono derivati ma vi si sono sviluppati alternativamente "in altre direzioni divergenti" nel corso della filogenesi).
Nell'homo, oltre a tutte le caratteristiche degli step evolutivi precedenti, si è manifestata una nuova caratteristiche della "Coscienza cosmica": l'autocosicenza e la compassione.
CitazioneNell' uomo sono presenti autocoscienza e compassione, ma non affatto come manifestazioni "ulteriori" di pretesi (e mai accaduti!) stadi evolutivi precedenti includenti vegetali (e magari batteri o procarioti, eucarioti monocellulari) e la stragrande maggioranza delle linee evolutive "reciprocamente divergenti" degli animali (tranne una).
Ma la cosa straordinaria è che questo viaggio non è finito. Tra 500mila anni, tra 10milioni di anni, la "Coscienza cosmica" manifesterà altre sue caratteristiche grazie alla quali la specie che verrà dopo di noi vivrà in modi che noi nemmeno possiamo immaginare. Percepirà la "Realtà" in modi sempre più profondi e si avvarrà di altre capacità per comunicare e interagire nella Realtà.
L'evoluzione non è finita.
Il percorso evolutivo grazie al quale la Coscienza cosmica manifesta le sue caratteristiche, non è finito.
Noi siamo solo una tappa intermedia.
Ci siamo da soli 200mila anni. Magari ci saremo per altri 3 o 4 milioni di anni.
Ma è sicuro. Dopo di noi la Coscienza cosmica si manifesterà in una forma più evoluta che avrà un nuovo cervello e nuovi strumenti per interagire nella Realtà.
CitazioneMere fantasticherie a briglia sciolta, anche se é vero (e alquanto ovvio) che l' evoluzione biologica é tutt' ora in corso.
Citazione di: maral il 18 Aprile 2017, 17:18:29 PM
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM
Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.[/size][/font][/color]
Domanda difficile.
Come dicevo l'uomo appare a se stesso come l'unico essere in cui l'aspetto del conoscere nel significato è soverchiante alla sua stessa esistenza, tanto da comprenderla fino a metterla in dubbio. Non posso sapere come a un gatto, a un serpente o a una scimmia appaia se stesso e il mondo, non posso sapere nemmeno se in qualche modo appare un qualsiasi significato. Essi come noi respirano e hanno occhi per vedere, ma i significati non si vedono con gli occhi, ma con quella forma di linguaggio che è capace di articolarli, di farne segno significante, di intendere anche il proprio corpo come mezzo per fare segno. Nessun animale imbelletta il proprio corpo per renderlo un simbolo per gli altri, perché è il proprio corpo, non ce l'ha.
In parecchie definizioni dell'uomo che l'uomo da di sè stesso l'aspetto vivente e animale è presente: animale simbolico, animale razionale, animale autobiografico, animale politico ecc., ho introdotto all'animale vivente perchè a me pare un aspetto imprescindibile dell'umano e, in ogni caso, un termine molto difficile da non non tener presente.
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 15:48:07 PM
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM@maral "L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente." Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.
Il gatto sicuramente fa il gatto, ma l'uomo...fa l'uomo? ( O recita la parte dell'uomo?... :-\ )
E se fosse il recitare parti il far dell'uomo, uomo? Mica vuoi dire ciò? @.@
Citazione@ Green Demetr:
No, certamente l' in sé che io ipotizzo nelle mie argomentazioni non sta affatto "all' interno del fenomenico" ma è tutt' altra cosa da esso, non apparente (non costituito da sensazioni) e casomai costituente i soggetti o/e gli oggetti delle sensazioni fenomeniche stesse; soggetti e oggetti reali (se il noumeno stesso è reale) anche allorché le sensazioni non accadono, indipendentemente dall' accadere delle sensazioni fenomeniche. Se poi cominci a parlare, senza definirli con precisione di "anima, spirito, Dio", allora ogni speranza di comprensione da parte mia va a farsi benedire (...da Dio?)! Da parte mia congetturo (indimostrabilmente, ma non credo proprio "pretenziosamente", non inutilmente bensì per spiegare i fenomeni, e in articolare la da me creduta anche se indimostrata intersoggettività di quelli materiali fra di essi) come cose in sé soggetti e oggetti delle sensazioni fenomeniche stesse, e non anima, spirito, Dio, ecc. Beh l' accadere, ovvero il divenire nel tempo, dei fenomeni, se almeno si vuole dar credito alla memoria (senza di che non avrebbe senso stare qui a discutere) è del tutto evidentemente "esistente", cioè reale; e lo si vede bene!E lo si percepisce pure con gli altri sensi, oltre alla vista (compreso il "senso interno" che ci fa percepire pensieri, sentimenti, ecc., cioè i fenomeni mentali). Che la cosa in sè -se esiste- esiste per sè, e allora non potrà mai essere fenomeno l' ho sempre saputo, scritto e riscritto un' infinità di volte.E per me (e probabilmente, si parva licet componere magnis, nemmeno per Kant) costituisce un "problema" su cui eventualmente "arenarsi".Chiedi "Ma quale relazione ci può essere fra qualcosa che è congettura e ciò che è fenomeno/realtà?".
Rispondo: una relazione di (eventuale; indimostrabile né tantomeno empiricamente -cioè fenomenicamente!- rilevabile) ma ipotizzabile "coesistenza-codivenire reciprocamente trascendente ma biunivocamente corrispondente" per così dire "su piani ontologici paralleli".E, non essendo fenomeni ovvero "sensazioni empiricamente rilevabili", del noumeno o cose in sé la scienza non può dire assolutamente nulla (è costretta ad ignorarlo).Certo, concordo che "la rappresentazione della cosa in sé [se reale, N.d.R.], è di fatto la rappresentazione di una cosa [cioè fenomeni, N. d. R.], e non la cosa in sé"; che alla cosa in sé casomai biunivocamente corrisponde trascendendola e senza ovviamente identificarvisi. Il noumeno è ovviamente altro che (negazione de-) i fenomeni; ma questo mi sembra del tutto ovvio e inoltre non comprendo in che senso la sarebbe "infinita", né le altre considerazioni idealistiche (così almeno mi pare per quel poco che sono in grado di capirne) che ne ricavi.Il fenomeno appare per me del tutto ovviamente per quello che è!E non per quello che non é.Che tutto ciò di cui si può parlare, su cui si può ragionare (noumeno, fenomeni e chi più ne ha più ne metta) sia "negazione della propria negazione" mi sembra ovvio: "omnis determinatio est negatio" (Spinoza). Le tue parole su Hedegger e sul reale razionale negativo per me sono purtroppo "buio pesto". Ma quale pretesa "importante coincidenza fra cosa-in-sè e fenomeno" vi sarebbe mai stata per me ? ! ? ! ? !Ho sempre affermato a chiarissime lettere il contrario ! ! ! E il "mentale" è sempre stato chiarissimamente per me uno dei due possibili modi di essere del fenomenico e non affatto "sinonimo di noumeno" ! ! ! La scienza ovviamente "fa il suo mestiere" e dunque si interessa al divenire dei fenomeni materiali naturali e alle rispettive leggi generali astratte, universali e costanti, non certo della sostanza aristotelica, come che la si possa intendere (ma non son un esperto in quest' ultima "materia" ...mi scuso per l' involontaria ironia). Francamente Heidegger (per quel che su di lui ho letto, anche da parte di estimatori, come te) non l' ho mai apprezzato e non ne conosco (di lui non ho letto) nulla.Ma di certo non per questo i miei interessi sarebbero limitati alla scienza (le scienze naturali) e non includerebbero le "scienze umane", la storia, le arti, la letteratura, la filosofia l' etica, la politica, ecc. Personalmente invece sopporto (senza credervi!) molto più le religioni che laltre "fantasmagorie". I mezzi per perseguire gli scopi (per esempio la "democrazia"; ma per me esistono molte, ben diverse fra loro democrazie!) si possono conoscere razionalmente (verificare empiricamente e/o dimostrare logicamente); ma gli scopi si "avvertono" irrazionalmente. La conoscenza è una cosa (i cui contenuti non si decidono ad libitum: nemmeno "il più potente dei potenti" potrebbe farlo), le ideologie sono ben altro (checché pretendano le ideologie)! Non sono un filorusso (né, men che meno un antirusso!) ma un comunista (e la Russia odierna non è certo comunista né socialista. Per combattere il ben più terribilmente disumano e pericolosissimo imperialismo occidentale a guida amerikana non c' è certo bisogno di fare (ideologicamente) l' apologia di quello, molto più oggettivamente debole e meno pericoloso, russo (ma eventualmente di appoggiarlo tatticamente). Né io, né certamente Eutidemo abbiamo citato acriticamente le nostre rispettive fonti come preteso "vangelo" (e non tutte -specialmente fra quelle di Eutidemio, secondo me; in buone fede nel citarle era invece Eutidemo stesso- erano "in buona fede"). Meno male che le tue erano considerazioni brevi (sia detto solo per ironizzare con leggerezza dopo riflessioni "un po' pesantine").
Citazione di: maral il 18 Aprile 2017, 14:47:30 PM
Temo però che se è vero che il giudizio razionale è in grado di rendere la libertà all'uomo (e a partire da Parmenide ed Eraclito la filosofia non ha fatto che questo: sollecitare il giudizio razionale), può, nel momento in cui si ritiene definitivo, cioè in grado di eliminare completamente l'aspetto irrazionale che è il vivente stesso, rischia di tramutarsi in gabbia dalle sbarre di acciaio che soffoca la vita stessa. E una gabbia razionale in cui ogni effetto si crede perfettamente calcolabile, non è certo meno letale per l'essere umano. Credo piuttosto che il problema sia come poter danzare su un filo sempre oscillante in bilico sull'abisso, senza sfracellarsi tra le mitologie e i teoremi che dovrebbero salvaguardarci da ogni caduta.
CitazioneIl razionalismo (per essere minimamente coerente e conseguente) impone la consapevolezza dei limiti della (propria) conoscenza, la consapevolezza della (propria) ignoranza.
La pretesa di onniscienza (il credere che ogni effetto sia perfettamente calcolabile e che si possa essere "certi di non cadere mai nell' abisso") é eminentemente irrazionalistica!
Razionalità e "spontaneità irrazionale o sentimentale" nell' uomo non sono reciprocamente escludentisi, bensì complementari.
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 19:02:04 PMCitazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 15:48:07 PMCitazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 15:33:49 PM@maral "L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente." Non capisco perchè l'universo non può conosce sè stesso anche attraverso gli occhi di un gatto, di una scimmia, di un serpente? A me piacerebbe ad esempio, sapere come appare l'animale uomo agli altri animali, chissà se magari agli occhi dei gatti sono i gatti a sentirsi misura di tutte le cose.
Il gatto sicuramente fa il gatto, ma l'uomo...fa l'uomo? ( O recita la parte dell'uomo?... :-\ )
E se fosse il recitare parti il far dell'uomo, uomo? Mica vuoi dire ciò? @.@
Sì, è 'anche' un continuo recitar parti che fa dell'uomo un uomo. Ma si tratta di un uomo mascherato, che nasconde la sua assenza di volto ponendo in bella mostra la maschera adatta. Come è il vestito che fa l'uomo uomo ( non conosco altri esseri che si 'vestono') e in più lo fa mentitore. In origine c'era questa nudità , fisica e mentale, questa ingenuità che viene spazzata via. Se fossimo tutti nudi saremmo in grado di mentire così tanto? Saremmo sempre in grado di fingere come facciamo? Infatti simbolicamente la nudità è immagine archetipica di innocenza...quando si inizia a comprendere...ci si veste il corpo di abiti e il volto di maschere. Fu vera comprensione? Quella nuda innocenza valeva meno ( era meno significante...) della conoscenza acquisita? Era inevitabile che, la mano che diventava sempre più abile a fabbricar armi e utensili, plasmasse per sé una maschera per coprire l'orrore del proprio volto? Lo spavento di non riuscire a specchiarsi più in nulla?
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2017, 11:19:33 AM
Se, come comunemente accade, per oggettivo si intende "reale (anche) indipendentemente dal (-l' eventuale) soggetto di sensazione o di conoscenza", allora (ammesso che esista un soggetto delle sensazioni fenomeniche immediatamente avvertite; -o meglio: accadenti) ciò che è immediatamente avvertito e constatato e dunque conoscibile con certezza sono per l' appunto unicamente le sensazioni fenomeniche il cui accadere è dipendente dall' esistere/divenire del soggetto stesso, e dunque non oggettivo; e se oggetti delle sensazioni stesse sono/divengono realmente (anche) indipendentemente da esse, allora non si identificano con esse (pena la caduta in una patente contraddizione!), alle quali dunque non può attribuirsi propriamente alcuna "oggettività", ma casomai (almeno a parte di esse) un' "intersoggettività" nel senso di "corrispondenza puntuale ed univoca fra più esperienze coscienti di più soggetti", i quali tutti ne possono conseguentemente parlare allo stesso modo (nei medesimi termini, mediante gli stessi simboli verbali).
Ovviamente stento ad essere d'accordo. In primo luogo per quale motivo il soggettivo non dovrebbe essere reale? E' perfettamente reale, noi viviamo di sensazioni soggettive. E peché le sensazioni immediatamente avvertite dovrebbero avere la garanzia di realtà oggettiva? In genere è l'esatto contrario. Io ho la netta sensazione immediata di una terra piatta che se ne sta ben ferma, con sole e pianeti che le girano intorno, mentre mi si dice che è oggettivo il contrario di cui non ho certo immediata sensazione. Nulla mi può dire che ci sia una realtà oggettiva dato che sono sempre io a percepirla con la mia emotività, i miei preconcetti, le mie capacità di intendere, le mie aspettative, la mia cultura. Come faccio a dire che quello che ho imparato io a conoscere vale oggettivamente per tutti in ogni epoca e in ogni luogo? Certo, c' un'intersoggettività, ma l'intersoggettività resta comunque soggettiva, è il risultato di una condivisione culturale di prassi comuni che oggi la maggioranza esercita, alla luce della quale le cose appaiono vere nel contesto che le pregiudica vere. E il risultato di questa intersoggettività sono delle mappe condivise con le quali è utile muoversi nel nostro mondo, ma non è detto che funzionino in altri mondi e tempi, anzi sicuramente non funzionerebbero.
Perché mai l'esperienza cosciente non dovrebbe essere inclusa nell'universo? Da dove viene allora? C'è un mondo puramente spirituale che fa a meno della materia? Ma poi cos'è materia e cosa è spirito? Dove si incontrano e si separono?
Noi possiamo anche pensare che quello che ci accade accadrebbe anche se non ci fossimo, e qualcosa certamente accade per tutti, ma cosa? Come possiamo dire cosa se noi non ci siamo, se non ci siamo noi che solo in virtù del nostro sentire soggettivo lo percepiamo immediatamente o mediatamente che sia?
Perfettamente d'accordo invece con la tua osservazione sul razionalismo, ma proprio poiché:
CitazioneRazionalità e "spontaneità irrazionale o sentimentale" nell' uomo non sono reciprocamente escludentisi, bensì complementari.
la soggettività sentimentale ed emotiva non può essere messa da parte in nessun giudizio, è sempre presente, anche se si fa finta di essere oggettivi per ottenere più credito ai propri immancabili pregiudizi.
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2017, 17:19:12 PM
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 09:36:55 AM
Il noumeno? Oh...che meraviglia il noumeno...che dite? E' inattingibile? Una botte piena senza rubinetto? E' meraviglioso esser coscienti che la botte è piena ma non c'han fatto quello schifoso rubinetto per poter riempire la caraffa di dolce noumeno. Ci tocca ubriacarci di volgare prosecco?...Suvvia, datemelo, quest'altra botte è più generosa.
CitazioneEh, mi sa che dobbiamo accontentarci del prosecco.
Ma in fondo chi si contenta (in generale, ma soprattutto riguardo al prosecco ...un vino "fenomenale"!) gode.
A ben vedere, se la botte è inespugnabile, senza rubinetto, come possiamo sapere che contenga nettare di
vino piuttosto che semplice acqua, o addirittura esser certi che contenga davvero qualcosa?
Forse vogliamo solo avere la botte piena (o almeno ben chiusa) e la moglie, anzi, l'amica-Sophia, ubriaca ;D
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 20:39:59 PM
Infatti simbolicamente la nudità è immagine archetipica di innocenza...quando si inizia a comprendere...ci si veste il corpo di abiti e il volto di maschere. Fu vera comprensione?
In fondo il vestirsi è la prima sfida oppositiva alla "legge della giungla", significa "no, non morirò di freddo!", ma si trattò pur sempre di una comprensione volta all'autoconservazione (che pulsa in tutti gli animali); la vera differenza rispetto agli altri animali fu l'avvento della dimensione simbolico-semantica: fondando la semiotica tribale (antesignana dell'estetica) l'uomo iniziò il gioco della comprensione concettuale-astratta che collega i graffiti nelle grotte alle teorie astrofisiche...
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 20:39:59 PM
Era inevitabile che, la mano che diventava sempre più abile a fabbricar armi e utensili, plasmasse per sé una maschera per coprire l'orrore del proprio volto? Lo spavento di non riuscire a specchiarsi più in nulla?
O forse proprio lo spavento di specchiarsi, riconoscersi e non accettarsi, ha spinto a cercare di rendere impossibile il limpido rispecchiamento (tramite la maschera e il mascara)?
Citazione di: green demetr il 18 Aprile 2017, 14:33:54 PM
Si anche. Mi sono perso un attimo sui vari passaggi che porterebbe l'universale ad essere un naturale.
Ma evidentemente tu e Garbino avete deciso che esista questo naturale, evvabè pazienza, ci scontreremo su un 3d che a questo punto aprirò io stesso.
Semplicemente ritengo che il naturale sia il sentimento soggettivo che lega la mia relazione con il contesto che mi produce. Questa relazione è continuamente ambivalente, per cui il naturale è sia ciò che con la sua presenza ci si oppone, ostacola limitandoci, ci resiste e minaccia terrorizzandoci, sia ciò che ci nutre e ci si dà come nicchia di riparo e di incanto.
CitazioneStando così le cose l'originario sarebbe in fine dei conti la storia degli errori delle prassi, e delle sue correzioni.
Credo che l'originario sia assolutamente indefinibile e al di là della nostra portata, noi siamo sempre compresi nell'originario e lo viviamo negli errori delle rappresentazioni che ce ne facciamo nel tentativo di rendercelo presente. Ogni storia è storia di un errare che lascia dei segni sul percorso, delle impronte come epifanie da cui tentiamo di orientarci per mantenerci riconoscibili a noi stessi, secondo una bio-grafia che continuamente tenta di trovare inizio e fine in cui riconoscere il proprio destino, ossia ciò che sempre siamo e non possiamo non essere.
Abbiamo sempre la necessità di tornare, tornare al nostro saper vivere che il sapere di vivere ci nasconde, il naturale coincide per me con questo saper vivere e il ritorno significa scoprire che non sappiamo di sapere, ma per arrivare a non sapere di sapere è necessario conoscere, è necessario cioè passare attraverso il sapere di sapere e di non sapere, per poi decostruire questa conoscenza. E' necessario che l'orgoglio dei monumenti di sapienza e la delusione continuamente franante dei loro esiti si compiano rivelandoci a noi stessi e gli uni agli altri quanto non sappiamo di sapere. Quando questo accade resta un'impronta sul cammino percorso che è una rivelazione che ci consente di proseguire ancora.
Citazione di: Lou il 18 Aprile 2017, 18:52:32 PM
In parecchie definizioni dell'uomo che l'uomo da di sè stesso l'aspetto vivente e animale è presente: animale simbolico, animale razionale, animale autobiografico, animale politico ecc., ho introdotto all'animale vivente perchè a me pare un aspetto imprescindibile dell'umano e, in ogni caso, un termine molto difficile da non non tener presente.
Eh certo, anche le prime forme di divinità che l'uomo ha conosciuto erano animali. E a ragione.
Citazione di: Sariputra il 18 Aprile 2017, 20:39:59 PM
Sì, è 'anche' un continuo recitar parti che fa dell'uomo un uomo. Ma si tratta di un uomo mascherato, che nasconde la sua assenza di volto ponendo in bella mostra la maschera adatta. Come è il vestito che fa l'uomo uomo ( non conosco altri esseri che si 'vestono') e in più lo fa mentitore. In origine c'era questa nudità , fisica e mentale, questa ingenuità che viene spazzata via. Se fossimo tutti nudi saremmo in grado di mentire così tanto? Saremmo sempre in grado di fingere come facciamo? Infatti simbolicamente la nudità è immagine archetipica di innocenza...quando si inizia a comprendere...ci si veste il corpo di abiti e il volto di maschere. Fu vera comprensione? Quella nuda innocenza valeva meno ( era meno significante...) della conoscenza acquisita? Era inevitabile che, la mano che diventava sempre più abile a fabbricar armi e utensili, plasmasse per sé una maschera per coprire l'orrore del proprio volto? Lo spavento di non riuscire a specchiarsi più in nulla?
Solo l'uomo infatti è animale che sa mentire e per questo solo lui si maschera e si veste, proprio come nel mito biblico, dopo essersi cibato dei frutti dell'albero della conoscenza e aver perso quelli dell'albero della vita, di un sapere che è la vita stessa. Ma non poteva essere altrimenti è il prezzo da pagare per accedere al significato delle cose, è il prezzo della domanda. E mascherandoci comunque riveliamo noi stessi a noi stessi, proprio nelle maschere che indossiamo ci rendiamo attori e spettatori insieme.
@Phil
Sì, la botte può ben essere vuota. Ma l'inganno, anche qui, non sta forse nel credere che la Vita sia nella botte da cui non possiamo attingere invece che in quella generosamente dispensatrice di inebriante prosecco? Non è là è qua...gridano i bimbi giocando con il gatto. Perché cerchi Dio, anche se non lo si può ancora chiamare Dio, là ( nella botte noumenica) quando è qua ( nel buon prosecco?). Il trascendente fatto immanente, cioè divenuto il contenuto della ragione (tu es Deus qui facit mirabilia)...alziamo i calici nel dubbio e nel mentre ci ragioniamo sopra, che siano sempre colmi ; meglio se in compagnia di leggiadre fanciulle dal volto di luna ( che fa molto mistica sufi ;D...).
in ordine cronologico;
Caro jean.
x - ... e l'universo ha originato la domanda...
Questa è un'essenza della problematicità esistenziale: perchè l'universo ci condanna a conoscere senza sapere la verità? Proprio per questo siamo costretti a correlare fra loro i particolari per costruire una rpresentazione del quadro generale e queste correlazioni hanno denominatori comuni, le leggi fische, psichiche, spirtuali, e li enunciamo attraverso i linguaggi e aloro volta tentiamo di sintetizzarli in una unica Legge che risponda a tutte le domande a tutti i fenomeni fisici e non fisici che signifca capire l'origine da cui tutto si è manifestato.
Davintro,
hai colto a mio parere una legge ; razionalità=libertà-
Perchè l'uomo ha paura di ciò che non conosce e ciò che fa paura è l'irrazionale, è la morte più di tutto che non ha ragione perchè è la contraddizione fra essere, ciò che è e l'esistenza ,ciò che si manifesta nel divenire. perchè è il piano del divenire il primo dominio del sensibile dove si manifestano le prime leggi naturali, ma è il piano razionale ,privo di spazio/tempo, dove noi sospendiamo le domande e conosciamo, dove gli strumenti segnici razionali del linguaggio comunicano conoscenza alla coscienza che traspone, lo sposta, il sensibile del fisico nel razionale del metafisico, è il rapporto fra il cervello fisico e la mente metafisica.
Le organizzazioni sociali umane rispondono con lo stesso movimento, dinamica della conoscenza, laddove il particolare è il singolo individuo e l'insieme è il tutto, la comunità sociale.
La mediazione viene operata dalla "coscienza sociale".
Green
è solo questione di metterci d'accordo sul come chiamare i fondamenti; tu dici "in sè" io ho detto apriori, ma non volevo legarlo ad un autore, kant, nello specifico. la domanda che ti poni e come te la poni è esatta è il primitivo originario il fondamento. ma se noi siamo predotati per intelligere, ragionare, riflettere, analizzare , sintetizzare, categorizzare i domini allora vuol dire che già in questa forma risiede almeno una parte della verità che si svela,Perchè questi strumenti intuitivi che già sono come esistiamo e poi affiniamo nell'esperienza sono già in quel primitivo fondativo originario, necessariamente c'è una relazione di verità.E' come se l'avessimo in noi, un sapere intuitivo che ci tocca riconsocere nel dominio razionale della ragione, lì avviene l'incontro fra intuizione e deduzione, fra cià che sentiamo come una verità fossile che ci tocca svelarla e ci tormenta.
La coscienza è innata anch'essa, è ciò che anima il corpo fisico.Non confondiamo i domini del sociale e del filosfico razionale ,anche se aloro volto sono ,possono e devono poi essere relazionati in una unica verità originaria. quello che può confondere sono i diversi piani della conoscenza, per questo sono nate le categorie.
La conoscenza è formata da dati , ma il movimento motivazionale è dettato dalla coscienza. E' la coscienza che fa muovere la conoscenza. metaforicamente la conoscenza è l'insieme di tutte le informazioni, libri, biblioteche, è lo scibile umano. ma è la coscienza che il soggetto utilizzatore dei linguaggi che analizzano e sintetizzano, è l'agente conoscitivo che non è il dato oggettivo dell'informazione.
Noi leggiamo uno stesso libro, ma ognuno ne trae significati diversi.la diversità non è data dallo stesso identico libro, ma dall'interpretazione di quei dati ed è la coscienza diversa individuale. e questo è uno dei grandi problemi sociali: è la diversità , è l'individualizzazione.
Perchè ogni segno convenzionale nelle nostre comunicazioni ha significati seppur piccoli, ma diversi per ogni diversa coscienza.La volontà è ciò che esplica sempre la coscienza, la manifesta nel conoscere.
Guarda che il pragmatismo fra cui vi è lo stesso Sini, fa un errore fondamentale.
Sono gli oggetti metafisici che formano la vita pragmatica di ogni passo che noi compiamo.
La nostra vita quotidiana è tutta oggetti culturali e sempre meno natura, dal concetto di moneta a quello di Stato, Tutto è inventato, tutto è convenzionato. Non è necessaria nessuna verità per vivere, basta credere che sia vera.
Perchè l'uomo può procedere per fenomeno inverso e il fanatico infatti è rappresentativo.
una persona può talmente credere in una idea che lo traspone, lo sposta dal metafisico al reale e quell'idea diventa un'arma fisica che uccide. L'uomo può invertire il processo razionale, ponendo l'idea astratta talmente al d i sopra del dominio fisico che quel suo credere(irrazionale) diventa l'agente motivazionale più forte, più potente.
Quindi esiste una coscienza e l'errore razionale è invertire e soppesare male i domini. Se credo più a ciò che vedo che alla ragione, se credo più all'astrazione su ciò che vedo compio gli stessi errori invertiti ,ma riconfigurati nel vissuto pragmatico delle prassi, dell pratiche quotidiane , le vivo in maniera sostanzialmente diversa.L'uno potrà essere un cinico sfruttatore materiailistico, l'altro un fanatico religioso che si fa saltare in aria: perchè hanno fissato un concetto in un solo dominio senza correlarli.
Se noi viviamo in un mondo sensibile, ma nello stesso tempo viviamo un mondo di idee, significa che il dominio della ragione delle astrazioni sta la dominio del sensibile ed è solo la coscienza individuale e sociale che le media e il come li media e li concettualizza non solo forma la coscienza individuale, ma diventa coscienza sociale culturale dentro le pratiche culturali stesse e sono tutte le immagini sociali e culturali che rappresentano la nostra esistena sociale ed individuale è lì ci sono le estetiche, le etiche.
Le etiche sono immagini culturali storicizzate relate anche ai primitivi psichici nel rapporto natura/cultura in cui l'uomo stesso è nel rapporto animale irrazionale/ umano razionale.
Ma il metafisico serio no può storicizzare una morale o una etica, dove ciò che vale oggi domani è soppiantato da tutt'altro, perchè significa che nulla è vero e tutto sarebbe relativo.
Così come esiste un' unica Legge originaria e fondativa, non possono esserci leggi che valgono per un solo fenomeno, per un solo tempo o un solo spazio, perchè cessano di essere principi universali..
Ergo non possono esistere etiche diverse e se esistono si manifestano nelle pratiche comportamntali come contraddizioni fra ragione e natura.
Disambinguiamo il termine coscienza.A me quì, in questa discussione il significato è AGENTE conoscitivo, è il SE', è il momento riflessivo
Perchè se avessi voluto connotarlo di un significato spirituale o religioso ti avrei detto coscienza= spirito.
Citazione di: Sariputra il 19 Aprile 2017, 00:24:32 AM
Sì, la botte può ben essere vuota. Ma l'inganno, anche qui, non sta forse nel credere che la Vita sia nella botte da cui non possiamo attingere invece che in quella generosamente dispensatrice di inebriante prosecco? Non è là è qua...gridano i bimbi giocando con il gatto. Perché cerchi Dio, anche se non lo si può ancora chiamare Dio, là ( nella botte noumenica) quando è qua ( nel buon prosecco?). Il trascendente fatto immanente, cioè divenuto il contenuto della ragione (tu es Deus qui facit mirabilia)...alziamo i calici nel dubbio e nel mentre ci ragioniamo sopra, che siano sempre colmi ; meglio se in compagnia di leggiadre fanciulle dal volto di luna ( che fa molto mistica sufi ;D...).
Eppure la maschera che ci inganna (anche quando ha i severi e feroci tratti della la Dea Ragione) è una delle forme attraverso cui il dio si manifesta.
Brindiamo allora a Dioniso, il Dio mascherato, grande elargitore di prosecco!
Citazione di: maral il 18 Aprile 2017, 17:28:54 PM
La coscienza cosmica che è comunque cosmica giacché l'uomo esiste ed è parte del cosmo, non ci appare però né nella pianta né nell'acqua o nella pietra, né nel pesce, né nell'anfibio ecc. e nemmeno nell'embrione. Comincia ad apparire nel bambino che impara a parlare di sé e del mondo e si sviluppa nell'adulto e sa che quello che dice può indicare qualcosa che manca, che non c'è. La pietra, l'acqua, la pianta e l'animale sanno perfettamente esistere e per questo c'è un sapere in tutti gli esseri esistenti, ma solo l'uomo può sapere di sapere o non sapere.
Quando parlo di "Coscienza cosmica" non parlo dell'autocoscienza che c'è nell'homo.
L'autocoscienza che è apparsa con l'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica".
La "Coscienza cosmica" è il TUTTO di cui ogni cosa è manifestazione.
E ogni cosa "incarna" alcune caratteristiche di questo TUTTO.
L'autocoscienza dell'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica". E questa caratteristica è presente solo nell'homo e si è manifestata per la prima volta nella Realtà solo nell'homo.
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PM
Volevo rispondere a @paul11 risposta 10.
Le argomentazioni che tu presenti evidenziano la possibilità di dimostrare, con aspetti fisici non conosciuti, a anche quelli già conosciuti, che alcuni aspetti umani (spiritualità, coscienza, percezione della bellezza, emozioni ...) che molti esseri umani sentono come superiori rispetto alla realtà fisica, possano essere spiegati con le leggi fisiche. Da negazionista io credo che questa possibilità debba essere sempre ammessa.
Ma dimostrare che realmente questi aspetti, uno per uno siano spiegabili è un'altra cosa, al riguardo ci sono ipotesi, confronti dialettici e spesso vi sono argomenti interessanti.
Ma affermare che, semplicisticamente, visto che si è dimostrato che l'universo viene da un big bang iniziale, allora noi siamo esclusivamente figli di questo big bang ce ne passa. Se l'argomento del noi è tutto quello che percepiamo esistere nella nostra coscienza come possiamo avere la certezza che è tutto il prodotto di un processo elettrico meccanico che avviene nel nostro cervello. Certo il processo elettrico-meccanico c'è, ma come cai ad essere essere sicuro che esso spieghi il 100% delle tue percezioni e dei tuoi pensieri?
Semplicemente la fisica contemporanea non è più quella a misura dei sensi umani.
Questa scienza è più logica e matematica che non dato sensibile attraverso i nostri sensi., è metafisica e questo dà fastidio a scienziati e pensatori ormai obsoleti.
Il divenire, l'espansione dell'universo è a misura delle nostre percezioni.
Il ritornare alle origini come fa un radiotelescopio che scopre l'onda fossile gravitazionale o la scoperta sapendo cosa già scoprire del bosone di Higgs al Cern di Ginevra è tornare indietro alle origini, è razionalizzare con logica e matematica.
Il percorso fisico e metafisico ormai è simile e questo non è ancora stato compreso-
Perchè posso benissimo sopravvivere anche pensando che la Terra è piatta: lavoro, faccio la spesa, mi trovo con amici e parenti.........nulla cambia e mi fido di quello che vedo e percepisco con i sensi, questa è la convenzione a misura d'uomo da sempre ed è il conformismo culturale dove emerge l'irrazionale.perchè quì si sopravvive non razionalmente .
Perchè ogni paura è data da ciò che non comprendo e solo la ragion razionale può concettualizzare un fenomeno e comprenderlo formando la coscienza. la scienza naturale nasce dal , sorttrarre l'incognita che dà paura e comprenderla dentro una legge fisica e addirittura predirla, prevenirla. ma per farlo il concetto deve uscire dallo spazio/tempo; ciò che la ragione permette è l'immagine atemporale di un fenomeno di poterlo descriverlo in un segno , un'equazione.
Il big bang fisico è anche spirituale, concettuale, coscienza, perchè in quella energia racchiusa al tempo zero senza spazio, perchè sono le forze che "stirano" o accartocciano lo spazio e prima quindi ,dell'espansione dell'universo e delle manifestazioni, tutto era energia in una capocchia di fiammifero.
Tutto, non solo i fisico.
Esco un attimo ed entro nel mito: quando la rappresentazione del grande respiro di un dio è la fase della manifestazione dell'espansione,; la fase della contrazione è quella della riflessione del ritorno all'origine.
Chi vuol capire capisca, erano le scienze antiche
Citazione di: maral il 18 Aprile 2017, 21:50:42 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Aprile 2017, 11:19:33 AM
Se, come comunemente accade, per oggettivo si intende "reale (anche) indipendentemente dal (-l' eventuale) soggetto di sensazione o di conoscenza", allora (ammesso che esista un soggetto delle sensazioni fenomeniche immediatamente avvertite; -o meglio: accadenti) ciò che è immediatamente avvertito e constatato e dunque conoscibile con certezza sono per l' appunto unicamente le sensazioni fenomeniche il cui accadere è dipendente dall' esistere/divenire del soggetto stesso, e dunque non oggettivo; e se oggetti delle sensazioni stesse sono/divengono realmente (anche) indipendentemente da esse, allora non si identificano con esse (pena la caduta in una patente contraddizione!), alle quali dunque non può attribuirsi propriamente alcuna "oggettività", ma casomai (almeno a parte di esse) un' "intersoggettività" nel senso di "corrispondenza puntuale ed univoca fra più esperienze coscienti di più soggetti", i quali tutti ne possono conseguentemente parlare allo stesso modo (nei medesimi termini, mediante gli stessi simboli verbali).
Ovviamente stento ad essere d'accordo. In primo luogo per quale motivo il soggettivo non dovrebbe essere reale? E' perfettamente reale, noi viviamo di sensazioni soggettive. E peché le sensazioni immediatamente avvertite dovrebbero avere la garanzia di realtà oggettiva? In genere è l'esatto contrario. Io ho la netta sensazione immediata di una terra piatta che se ne sta ben ferma, con sole e pianeti che le girano intorno, mentre mi si dice che è oggettivo il contrario di cui non ho certo immediata sensazione. Nulla mi può dire che ci sia una realtà oggettiva dato che sono sempre io a percepirla con la mia emotività, i miei preconcetti, le mie capacità di intendere, le mie aspettative, la mia cultura. Come faccio a dire che quello che ho imparato io a conoscere vale oggettivamente per tutti in ogni epoca e in ogni luogo? Certo, c' un'intersoggettività, ma l'intersoggettività resta comunque soggettiva, è il risultato di una condivisione culturale di prassi comuni che oggi la maggioranza esercita, alla luce della quale le cose appaiono vere nel contesto che le pregiudica vere. E il risultato di questa intersoggettività sono delle mappe condivise con le quali è utile muoversi nel nostro mondo, ma non è detto che funzionino in altri mondi e tempi, anzi sicuramente non funzionerebbero.
Perché mai l'esperienza cosciente non dovrebbe essere inclusa nell'universo? Da dove viene allora? C'è un mondo puramente spirituale che fa a meno della materia? Ma poi cos'è materia e cosa è spirito? Dove si incontrano e si separono?
Noi possiamo anche pensare che quello che ci accade accadrebbe anche se non ci fossimo, e qualcosa certamente accade per tutti, ma cosa? Come possiamo dire cosa se noi non ci siamo, se non ci siamo noi che solo in virtù del nostro sentire soggettivo lo percepiamo immediatamente o mediatamente che sia?
CitazioneDopo i clamorosi fraintendimenti di quanto scrivo da parte di Green Demetr, ora anche i tuoi: a questo punto non posso non prendere seriamente in considerazione la preoccupane ipotesi di essere affetto dall' Alzheimer!
Infatti sono convinto di non aver mai sostenuto che "il soggettivo non sia reale" (anzi, il contrario!) bensì che (faccio un semplice copia-incolla dal mio precedente intervento citato anche appena qui sopra evidenziandone parte in grassetto) "non é reale (anche) indipendentemente dal (-l' eventuale) soggetto di sensazione o di conoscenza": a me sembra proprio un' affermazione completamente diversa!
Nemmeno ho mai affermato che le sensazioni immediatamente avvertite avrebbero alcuna garanzia di obiettività, bensì che (pur nella loro soggettività ed eventuale intersoggettività -e non obiettività- attribuibile indimostrabilmente a quelle materiali) sono le uniche cose di cui possa aversi certezza, sia pure in maniera effimera: anche questa affermazione mi sembra completamente diversa e in gran parte "diametralmente opposta" a quanto attribuitomi!
E comunque le credenze circa la piattezza e fermezza della terra e il moto del sole intorno ad essa non sono immediate percezioni fenomeniche (dati di coscienza), bensì predicati o giudizi (errati, falsi) circa di esse.
(pretendere di) "Obiettare" a me che "Nulla mi può dire che ci sia una realtà oggettiva dato che sono sempre io a percepirla" è precisamente quel che si suol dire "sfondare una porta aperta" (ma allora mi devo proprio seriamente preoccupare per essere probabilmente affetto dal' Alzheimer!).
(Per la verità secondo me nemmeno alcunché mi può dire -dimostrare, né tantomeno mostrare- che ci sia io come soggetto ed eventuale -riflessivamente- oggetto in sé delle percezioni stesse).
Non posso dire con assoluta certezza che quello che ho imparato io a conoscere vale oggettivamente per tutti in ogni epoca e in ogni luogo (infatti ho sempre sostenuto l' insuperabilità razionale dello scetticismo!), ma a certe condizioni indimostrabili (nell' ipotesi indimostrabile che queste siano vere), la conoscenza scientifica è vera e oggettiva (contrariamente alle superstizioni e altri irrazionalismi, salvo puri casi del tutto accidentali, fortuiti); inoltre a quanto pare:
a) "funziona" nella pratica;
b) Chiunque non sia correntemente ritenuto insano di mente si comporta per lo meno come se credesse che è vera (nessuno che non sia comunemente rtenuto pazzo si getta dal centesimo piano di un grattacielo per paura di sfracellarsi contro il soffitto dubitando della verità delle leggi scientifiche della gravità).
Non credo proprio che l' intersoggettività del conoscenze scientifiche (se vere, cosa indimostrabile) sia soggettiva, che sia il risultato di una condivisione culturale di prassi comuni che oggi la maggioranza esercita, alla luce della quale le cose appaiono vere nel contesto che le pregiudica vere, ma invece che sia confermata dell' esperienza sensibile (premesse alcune tesi indimostrabili): il fatto che nel medioevo in Europa la condivisione culturale di prassi comuni che la maggioranza esercitava, ecc. proclamasse che la terra fosse al centro dell' universo e il sole le girasse intorno, non rendeva certamente intersoggettivamente vere queste tesi, che erano false anche allora, quando in Europa praticamente nessuno se ne rendeva conto (credenza generalizzata o addirittura universalmente condivisa =/= verità).
Ti assicuro che una qualsiasi macchina (per esempio una macchina per fare la pasta o una penna stilografica per scrivere; ovviamente con inchiostro adeguato su carta adeguata) funziona benissimo (ovviamente se usata correttamente per fare ciò per cui è stata costruita: per esempio non per pretendere di scacciare il preteso malocchio) in qualsiasi contesto culturale (anche fra gli indios dell' Amazzonia o gli aborigeni della Papuasia, che magari non mangiassero pasta e fossero analfabeti); invece le danze della pioggia degli stregoni non funzionano mai da nessuna parte, alla faccia delle "mappe condivise" (se per caso piovesse sarebbe per puro caso).
L' esperienza cosciente non è inclusa nel mondo fisico – materiale per il semplice fatto che è l' universo fisco – materiale ad essere incluso nell' esperienza cosciente: "esse est percipi" (Berkeley).
Materia e spirito sono entrambi insiemi - successioni di sensazioni fenomeniche non reciprocamente interferenti (se vogliamo credere alla conoscenza scientifica la quale implica necessariamente la chiusura causale del mondo fisico materiale): sono reciprocamente separati -ovvero trascendenti- e non si incontrano.
"Noi possiamo anche pensare che quello che ci accade accadrebbe anche se non ci fossimo, e qualcosa certamente accade per tutti, ma cosa? Come possiamo dire cosa se noi non ci siamo, se non ci siamo noi che solo in virtù del nostro sentire soggettivo lo percepiamo immediatamente o mediatamente che sia?" lo potrebbe anche pensare un marito cornuto che non avesse mai visto sua moglie a letto col suo migliore amico o collega; ma non per questo sarebbe meno cornuto di quanto di fatto é.
Perfettamente d'accordo invece con la tua osservazione sul razionalismo, ma proprio poiché:
CitazioneRazionalità e "spontaneità irrazionale o sentimentale" nell' uomo non sono reciprocamente escludentisi, bensì complementari.
la soggettività sentimentale ed emotiva non può essere messa da parte in nessun giudizio, è sempre presente, anche se si fa finta di essere oggettivi per ottenere più credito ai propri immancabili pregiudizi.
CitazioneMa dove sarebbe mai "presente" la soggettività sentimentale ed emotiva nella dimostrazione dei teoremi di Euclide e che effetti ("intrinseci diretti", sui loro "contenuti teorici" e non di mero "accompagnamento" e interferenza con il loro svolgersi: per esempio facilitandoli nel caso servano a superare un esame che fortemente si desidera superare oppure ostacolandoli nel caso di uno che cercasse di farlo essendo fortemente terrorizzato per un grave pericolo imminente) avrebbe mai sul risultato di tali ragionamenti?
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PM
Volevo rispondere a @paul11 risposta 10.
Le argomentazioni che tu presenti evidenziano la possibilità di dimostrare, con aspetti fisici non conosciuti, a anche quelli già conosciuti, che alcuni aspetti umani (spiritualità, coscienza, percezione della bellezza, emozioni ...) che molti esseri umani sentono come superiori rispetto alla realtà fisica, possano essere spiegati con le leggi fisiche. Da negazionista io credo che questa possibilità debba essere sempre ammessa.
Ma dimostrare che realmente questi aspetti, uno per uno siano spiegabili è un'altra cosa, al riguardo ci sono ipotesi, confronti dialettici e spesso vi sono argomenti interessanti.
Ma affermare che, semplicisticamente, visto che si è dimostrato che l'universo viene da un big bang iniziale, allora noi siamo esclusivamente figli di questo big bang ce ne passa. Se l'argomento del noi è tutto quello che percepiamo esistere nella nostra coscienza come possiamo avere la certezza che è tutto il prodotto di un processo elettrico meccanico che avviene nel nostro cervello. Certo il processo elettrico-meccanico c'è, ma come cai ad essere essere sicuro che esso spieghi il 100% delle tue percezioni e dei tuoi pensieri?
Semplicemente la fisica contemporanea non è più quella a misura dei sensi umani.
Questa scienza è più logica e matematica che non dato sensibile attraverso i nostri sensi., è metafisica e questo dà fastidio a scienziati e pensatori ormai obsoleti.
Il divenire, l'espansione dell'universo è a misura delle nostre percezioni.
Il ritornare alle origini come fa un radiotelescopio che scopre l'onda fossile gravitazionale o la scoperta sapendo cosa già scoprire del bosone di Higgs al Cern di Ginevra è tornare indietro alle origini, è razionalizzare con logica e matematica.
Il percorso fisico e metafisico ormai è simile e questo non è ancora stato compreso-
Perchè posso benissimo sopravvivere anche pensando che la Terra è piatta: lavoro, faccio la spesa, mi trovo con amici e parenti.........nulla cambia e mi fido di quello che vedo e percepisco con i sensi, questa è la convenzione a misura d'uomo da sempre ed è il conformismo culturale dove emerge l'irrazionale.perchè quì si sopravvive non razionalmente .
Perchè ogni paura è data da ciò che non comprendo e solo la ragion razionale può concettualizzare un fenomeno e comprenderlo formando la coscienza. la scienza naturale nasce dal , sorttrarre l'incognita che dà paura e comprenderla dentro una legge fisica e addirittura predirla, prevenirla. ma per farlo il concetto deve uscire dallo spazio/tempo; ciò che la ragione permette è l'immagine atemporale di un fenomeno di poterlo descriverlo in un segno , un'equazione.
Il big bang fisico è anche spirituale, concettuale, coscienza, perchè in quella energia racchiusa al tempo zero senza spazio, perchè sono le forze che "stirano" o accartocciano lo spazio e prima quindi ,dell'espansione dell'universo e delle manifestazioni, tutto era energia in una capocchia di fiammifero.
Tutto, non solo i fisico.
Esco un attimo ed entro nel mito: quando la rappresentazione del grande respiro di un dio è la fase della manifestazione dell'espansione,; la fase della contrazione è quella della riflessione del ritorno all'origine.
Chi vuol capire capisca, erano le scienze antiche
Mi sa che non ci troviamo sull'argomento del contendere. Io, coerentemente con l'oggetto del 3D, cerco di muovermi nello spazio tra un uomo fisico e un uomo metafisico. Tu mi rigetti un universo tra il fisico e il metafisico. Naturalmente so che in quelle che tu definisci scienze antiche Dio, uomo e universo erano concetti che spesso si associavano, nella metafisica e a volte nella fisica. A me invece piace ragionare in maniera smembrata, particolare, specializzata. Già il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
Citazione di: Phil il 18 Aprile 2017, 21:56:52 PM
O forse proprio lo spavento di specchiarsi, riconoscersi e non accettarsi, ha spinto a cercare di rendere impossibile il limpido rispecchiamento (tramite la maschera e il mascara)?
Sono i pavoni che fanno scuola, gli ombretti usati dagli animali non umani hanno colori e disegni da ergere a modello. O forse, più pragmaticamente, tramite una accurata scienza degli specchi se ne sono costruiti per offuscare la limpidezza, dell'immagine.. Giusto per un attimo di frivolezza.
Frivolezze a parte, nella tua nota sui graffiti, direi che l'avvento della scrittura -alfabetica- (sempre radicata nei graffiti) in merito all'astrazione/storia dell'astrazione giochi un ruolo decisivo.
Citazione di: myfriend il 19 Aprile 2017, 13:01:24 PM
Quando parlo di "Coscienza cosmica" non parlo dell'autocoscienza che c'è nell'homo.
L'autocoscienza che è apparsa con l'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica".
La "Coscienza cosmica" è il TUTTO di cui ogni cosa è manifestazione.
E ogni cosa "incarna" alcune caratteristiche di questo TUTTO.
L'autocoscienza dell'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica". E questa caratteristica è presente solo nell'homo e si è manifestata per la prima volta nella Realtà solo nell'homo.
Ma se l'uomo è nel TUTTO, anche l'autocoscienza è nel TUTTO, ne fa parte. O l'autocoscienza può essere solo della parte?
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PMGià il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
CitazioneNo, questa é una vecchia e superatissima (anche se tutt' ora propalata con dovizia di mezzi in quanto utilissima alla conservazione del potere delle esigue e infami minoranze privilegiate che ci dominano) mistificazione ideologica circa la teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
In realtà i comportamenti altruistici in generale non sono meno adatti e vantaggiosi alla sopravvivenza e diffusione delle specie che quelli egoistici.
Citazione di: maral il 19 Aprile 2017, 19:25:23 PM
Citazione di: myfriend il 19 Aprile 2017, 13:01:24 PM
Quando parlo di "Coscienza cosmica" non parlo dell'autocoscienza che c'è nell'homo.
L'autocoscienza che è apparsa con l'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica".
La "Coscienza cosmica" è il TUTTO di cui ogni cosa è manifestazione.
E ogni cosa "incarna" alcune caratteristiche di questo TUTTO.
L'autocoscienza dell'homo è solo una delle tante caratteristiche della "Coscienza cosmica". E questa caratteristica è presente solo nell'homo e si è manifestata per la prima volta nella Realtà solo nell'homo.
Ma se l'uomo è nel TUTTO, anche l'autocoscienza è nel TUTTO, ne fa parte. O l'autocoscienza può essere solo della parte?
L'autocoscienza è una caratteristica del TUTTO. Ne fa parte.
E in noi si è manifestata.
Mi scuso Sgiombo se ho male inteso alcune tue affermazioni, purtroppo il tuo stile fatto di molti incisi e parentesi per meglio definire, mi risulta spesso difficile, è certo questione di una mia crescente mancanza di attenzione mentale analitica.
Mi soffermo però su alcuni punti, peraltro non direttamente legati al tema, ma comunque collegati alla problematica della conoscenza umana, sperando di meglio riuscire a interpretare correttamente.
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2017, 13:13:32 PM
E comunque le credenze circa la piattezza e fermezza della terra e il moto del sole intorno ad essa non sono immediate percezioni fenomeniche (dati di coscienza), bensì predicati o giudizi (errati, falsi) circa di esse.
Per quanto mi riguarda direi proprio di no. Se non avessi imparato a scuola che non è così, ti assicuro Sgiombo che la mia normale sensazione immediata è proprio quella di trovarmi su una terra piatta (salvo monti e colline) e ben ferma (eccetto in caso di terremoto che non è piacevole) e non su una palla che gira vorticosamente su se stessa come una trottola velocissima nel cosmo, di questo non ho proprio nessuna sensazione immediata e ringrazio che sia così, mi gira la testa solo a pensarci a una cosa simile. E ti dirò di più, la mia sensazione immediata, se sono in campagna e vedo il cielo notturno con tutte le sue lucine, è proprio quella di trovarmi al centro di uno spettacolo tutto intorno a me. Poi lo so, mi si è spiegato che non è così, che non ci si deve fidare delle prime sensazioni, le prove ci sono e ci se ne può accorgere (beninteso, quello che si impara è che l'universo non ha centro, non è un grande pallone sferico, quindi il centro può benissimo essere assunto, virtualmente, proprio dove ci si trova, come peraltro sempre facciamo). Questo per dire che, a quanto mi risulta, la conoscenza non è per nulla confermata dall'esperienza sensibile immediata, io non faccio alcuna esperienza immediata di atomi, fotoni, bosoni, big bang, campi gravitazionali o elettromagnetici; non ho nessuna sensazione dello spazio tempo relativistico, ma neanche di virus e batteri, ho imparato a interpretare le cose in questo modo e in questi segni che mi sono diventati un po' familiari, come se fossero (alcuni più, altri meno) reali. Tutto quello che mi hanno insegnato è il risultato di una esperienza sempre mediata da strumenti che necessita di interpretazione secondo un dato metodo rigorosamente quantificante, ma non c'è nulla di immediato in questo, anzi. Non basta mettersi davanti a un telescopio o a un microscopio per vedere le cose e credere che quello che si vede sono proprio come sono per tutti e per nessuno, ossia oggettivamente in sé, i microscopi non vedono la cosa in sé, ma la cosa attraverso il microscopio dietro il quale c'è un soggetto che impara a usarlo e a interpretare quello che vede. Per questo la conoscenza scientifica è un prodotto culturale che risulta da prassi praticate insieme, e che generano dei significati come qualsiasi tipo di conoscenza, pure quella mitica. La validità di questa conoscenza sta nel permettere o meno un accordo per tutti i soggetti che vi partecipano nel contesto in cui si vive insieme in reciproca relazione, non in un accordo con un mondo oggettivo in sé di cui nulla sappiamo e mai nulla potremo sapere, proprio perché oggettivo e in sé e dunque, in quanto tale, assolutamente impermeabile ai nostri sguardi. Il nostro sguardo, se conosce, non è mai, né mai sarà oggettivo.
Ma so anche che questo per molti è incredibilmente difficile da accettare, perché i presupposti culturali su cui basiamo la nostra visione del mondo diventano invisibili, dunque si crede (come si è sempre creduto) che il mondo per come culturalmente lo vediamo nella nostre mappe cognitive, sia proprio il mondo così com'è lì davanti a noi, l'oggetto neutro chiaro e distinto davanti a un occhio neutro o comunque neutralizzabile. Ecco, forse questa credenza è una sensazione immediata di ogni luogo ed epoca su cui la filosofia chiede oggi (non in passato, non ai tempi dell'epoca d'oro della filosofia) di rifletterci sopra per non farla diventare una nuova superstizione, per compiere anche in termini epistemici la rivoluzione copernicana: il soggetto c'è sempre, anche quando si immagina di non esserci, fa parte del fenomeno che guarda, è sempre nel fenomeno che guarda.
Detto questo non dobbiamo certo abbandonare i risultati scientifici per altra roba soggettivamente esoterica, per io universali, al contrario, i risultati della scienza sono il prodotto del nostro modo di vedere e di esistere attuali e sono il risultato utilissimo di millenni di storia culturale, solo occorre mettere tra parentesi questa pretesa di oggettività, lasciarla perdere, perché nessuna oggettività ci è né ci fu mai concessa, forse solo le piante o organismi animali molto semplici, nella loro esistenza che non conosce, ma sa, potranno magari essere oggettivi, non noi. Le macchine che usiamo, i telescopi e i microscopi sono oggettivi, ma non chi vede e conosce con quegli arnesi e non basta che li usi per diventare oggettivo come loro. I concetti, leggi di gravitazione compresa restano solo mappe, segni, come il colore blu che indica il mare su una carta geografica, ma non è il mare, sono indispensabili per muoverci, agire e orientarci, ma niente di più. E ogni epoca ha le sue mappe e i suoi segni, che funzionano o meno in quel mondo e non in un altro.
CitazioneL' esperienza cosciente non è inclusa nel mondo fisico – materiale per il semplice fatto che è l' universo fisco – materiale ad essere incluso nell' esperienza cosciente: "esse est percipi" (Berkeley).
Si può sempre vederla all'opposto e non c'è ragione per non farlo. D'altronde se materia e spirito sono separati e non si incontrano, come fa lo spirito della conoscenza cosciente di un mondo materiale a includere quel mondo fisico materiale? Come fa anche solo ad accorgersene? E noi dove stiamo per dire che non si incontrano, come facciamo a dirlo? Come facciamo ad avere la visione panoramica che include spirito e materia come sempre discosti e separati?
Citazionelo potrebbe anche pensare un marito cornuto che non avesse mai visto sua moglie a letto col suo migliore amico o collega; ma non per questo sarebbe meno cornuto di quanto di fatto é.[/font][/size]
E' così di fatto perché qualcun altro lo ha visto, e certamente lo hanno visto la moglie fedifraga e il collega, sono loro i soggetti a cui risulta, non a una oggettività senza soggetto.
CitazioneMa dove sarebbe mai "presente" la soggettività sentimentale ed emotiva nella dimostrazione dei teoremi di Euclide e che effetti ("intrinseci diretti", sui loro "contenuti teorici" e non di mero "accompagnamento" e interferenza con il loro svolgersi: per esempio facilitandoli nel caso servano a superare un esame che fortemente si desidera superare oppure ostacolandoli nel caso di uno che cercasse di farlo essendo fortemente terrorizzato per un grave pericolo imminente) avrebbe mai sul risultato di tali ragionamenti?[/font][/size]
E' presente nell'intenzionalità di Euclide che si mette a ragionare di teoremi, anziché stendersi al sole e dormire, è presente nella motivazione e nel progetto che è il tratto che sempre guida il soggetto in ogni cosa che fa e non può essere separata da quello che fa. E se il progetto dà luogo a speranze e delusioni, se riesce o non riesce tutta la faccenda si colora di un'enorme risonanza emotiva. Noi, anche se prendiamo quei teoremi come faccende neutre, partecipiamo indirettamente della intenzionalità soggettiva di chi li ideò sperando in una conoscenza razionale, certa e universale, che pur tuttavia, era la razionalità della sua vita per il senso prodotto dalle prassi e dai contesti dell'epoca in cui viveva. Come si sa infatti i teoremi di geometria nascono dall'esigenza progettuale umana di misurare i terreni, la geo-metria è il prodotto del progetto intenzionale dell'agrimensore con le sue prospettive e i suoi modi di pensare il mondo attraverso gli strumenti e i metodi che quel mondo gli presenta e gòielo fa vedere, soggettivamente a lui, come un campo da misurare e suddividere per coltivarlo o fondare città.
Citazione di: myfriend il 19 Aprile 2017, 20:20:36 PM
L'autocoscienza è una caratteristica del TUTTO. Ne fa parte.
E in noi si è manifestata.
E quindi anche nel TUTTO, dato che comunque ne siamo parte. Concordi?
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PM
Volevo rispondere a @paul11 risposta 10.
Le argomentazioni che tu presenti evidenziano la possibilità di dimostrare, con aspetti fisici non conosciuti, a anche quelli già conosciuti, che alcuni aspetti umani (spiritualità, coscienza, percezione della bellezza, emozioni ...) che molti esseri umani sentono come superiori rispetto alla realtà fisica, possano essere spiegati con le leggi fisiche. Da negazionista io credo che questa possibilità debba essere sempre ammessa.
Ma dimostrare che realmente questi aspetti, uno per uno siano spiegabili è un'altra cosa, al riguardo ci sono ipotesi, confronti dialettici e spesso vi sono argomenti interessanti.
Ma affermare che, semplicisticamente, visto che si è dimostrato che l'universo viene da un big bang iniziale, allora noi siamo esclusivamente figli di questo big bang ce ne passa. Se l'argomento del noi è tutto quello che percepiamo esistere nella nostra coscienza come possiamo avere la certezza che è tutto il prodotto di un processo elettrico meccanico che avviene nel nostro cervello. Certo il processo elettrico-meccanico c'è, ma come cai ad essere essere sicuro che esso spieghi il 100% delle tue percezioni e dei tuoi pensieri?
Semplicemente la fisica contemporanea non è più quella a misura dei sensi umani.
Questa scienza è più logica e matematica che non dato sensibile attraverso i nostri sensi., è metafisica e questo dà fastidio a scienziati e pensatori ormai obsoleti.
Il divenire, l'espansione dell'universo è a misura delle nostre percezioni.
Il ritornare alle origini come fa un radiotelescopio che scopre l'onda fossile gravitazionale o la scoperta sapendo cosa già scoprire del bosone di Higgs al Cern di Ginevra è tornare indietro alle origini, è razionalizzare con logica e matematica.
Il percorso fisico e metafisico ormai è simile e questo non è ancora stato compreso-
Perchè posso benissimo sopravvivere anche pensando che la Terra è piatta: lavoro, faccio la spesa, mi trovo con amici e parenti.........nulla cambia e mi fido di quello che vedo e percepisco con i sensi, questa è la convenzione a misura d'uomo da sempre ed è il conformismo culturale dove emerge l'irrazionale.perchè quì si sopravvive non razionalmente .
Perchè ogni paura è data da ciò che non comprendo e solo la ragion razionale può concettualizzare un fenomeno e comprenderlo formando la coscienza. la scienza naturale nasce dal , sorttrarre l'incognita che dà paura e comprenderla dentro una legge fisica e addirittura predirla, prevenirla. ma per farlo il concetto deve uscire dallo spazio/tempo; ciò che la ragione permette è l'immagine atemporale di un fenomeno di poterlo descriverlo in un segno , un'equazione.
Il big bang fisico è anche spirituale, concettuale, coscienza, perchè in quella energia racchiusa al tempo zero senza spazio, perchè sono le forze che "stirano" o accartocciano lo spazio e prima quindi ,dell'espansione dell'universo e delle manifestazioni, tutto era energia in una capocchia di fiammifero.
Tutto, non solo i fisico.
Esco un attimo ed entro nel mito: quando la rappresentazione del grande respiro di un dio è la fase della manifestazione dell'espansione,; la fase della contrazione è quella della riflessione del ritorno all'origine.
Chi vuol capire capisca, erano le scienze antiche
Mi sa che non ci troviamo sull'argomento del contendere. Io, coerentemente con l'oggetto del 3D, cerco di muovermi nello spazio tra un uomo fisico e un uomo metafisico. Tu mi rigetti un universo tra il fisico e il metafisico. Naturalmente so che in quelle che tu definisci scienze antiche Dio, uomo e universo erano concetti che spesso si associavano, nella metafisica e a volte nella fisica. A me invece piace ragionare in maniera smembrata, particolare, specializzata. Già il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
L'uomo si muove nella dualità per sua natura, biologica e culturale, animale ( ma non lo dico i senso spregiativo lo spregiativo di animale è bestiale) e razionale, sensitiva e astratta e la mediazione la compie la coscienza attraverso la conoscenza . ma è la nostra coscienza che deve ORDINARE, la conoscenza per questo ha necessità di costruzioni e strumenti analitici, sintetiici, quantitativi e qualitativi. Ma il Tutto non è una dualità, essendo l'origine una sola e quindi comune a tutte le specificità,come dire c'è un anima mundi in cui tutto è immerso e vi apparteniamo-
La parte animale risponde a istinti biologici, ma l'uomo non è spiegabile nè solo nel dominio naturale, nè solo nel dominio culturale, la nostra complessità è perche siamo "ambigu" e la psiche ne è la dimostrazione.
Noi possiamo essere irrazionali e razionali, un animale no.
I neurologi hanno scoperto dei neuroni specchio secondo cui una scimmia empaticmente se vede un altro simile soffrire, soffre anche lui .Non so se sia una spiegazione da dove nasca l'empatia nei neuroni,nella biologia, ma la cura della prole, del branco degli animali sociali è trasversale appartiene praticamente ed etologicamente studiata.
per l'uomo è ancora più complesso perchè sappiamo spostare istinti e intuiti nell'analisi, nei linguaggi e allora diventa pietas, nell' estetica, etica.
Il ragionare in maniera smembrata è tipico delle discipline scientifiche,per approfondire e quindi specializzare la conoscenza.Ritengo sia stata una necessità dopo che l'uomo ha per comodità nostra categorizzato, ordinato, classificato le conoscenze dividendole e separandole.Ma così come la coscienza media il sensibile e l'astratto ,concettualizzando nella, sintesi, così forse l'unica disciplina che può fare opera di sintesi fra le discipline è la filosofia,la stessa che ha propedeuticamente diretto la strada delle scienze quando appunto costruì le categorie .
Ritornando alla pietà, certo che la pietà è anche prova che l'uomo sia metafisico, finchè la scienza biologica non mi dimostra da dove viene la coscienza,ma non dimentichiamo che noi possiamo essere più animali degli animali ,vale a dire bestiali, utilizzare strategie ciniche contro natura, uccidendo i nostri simili, così come arriviamo al martirio all'opposto per i nostri simili.
Ma quì sta la proprietà specifica umana, l'uomo può sbagliare concettualmente, questo è un altro grande problema che pone la diattriba sugli asserti enunciati, postulati ,assiomatizzando i primitivi delle discipline scientifiche. questa scelta è spesso davvero "politica", perchè legata ad un tempo, ad una convenienza, ad un luogo, ad un ambiente culturale,, perchè la grande difficoltà umana è proprio nel trovare la verità
Ma è proprio quì, ribadisco la problematica, nel ventaglio di possibilità che l'uomo ha e che l'animale non ha in quanto è più prevedibile.
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2017, 19:59:56 PM
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PMGià il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
CitazioneNo, questa é una vecchia e superatissima (anche se tutt' ora propalata con dovizia di mezzi in quanto utilissima alla conservazione del potere delle esigue e infami minoranze privilegiate che ci dominano) mistificazione ideologica circa la teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
In realtà i comportamenti altruistici in generale non sono meno adatti e vantaggiosi alla sopravvivenza e diffusione delle specie che quelli egoistici.
Io non ho parlato genericamente di comportamenti altruistici, che sono evoluzionisticamente efficaci in una logica di reciprocità. Ma di pietà, cioè dell'individuazione specifica di soggetti deboli, che contrasta fortemente con la logica del meccanismo selettivo.
Citazione di: paul11 il 20 Aprile 2017, 00:29:59 AM
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PM
Volevo rispondere a @paul11 risposta 10.
Le argomentazioni che tu presenti evidenziano la possibilità di dimostrare, con aspetti fisici non conosciuti, a anche quelli già conosciuti, che alcuni aspetti umani (spiritualità, coscienza, percezione della bellezza, emozioni ...) che molti esseri umani sentono come superiori rispetto alla realtà fisica, possano essere spiegati con le leggi fisiche. Da negazionista io credo che questa possibilità debba essere sempre ammessa.
Ma dimostrare che realmente questi aspetti, uno per uno siano spiegabili è un'altra cosa, al riguardo ci sono ipotesi, confronti dialettici e spesso vi sono argomenti interessanti.
Ma affermare che, semplicisticamente, visto che si è dimostrato che l'universo viene da un big bang iniziale, allora noi siamo esclusivamente figli di questo big bang ce ne passa. Se l'argomento del noi è tutto quello che percepiamo esistere nella nostra coscienza come possiamo avere la certezza che è tutto il prodotto di un processo elettrico meccanico che avviene nel nostro cervello. Certo il processo elettrico-meccanico c'è, ma come cai ad essere essere sicuro che esso spieghi il 100% delle tue percezioni e dei tuoi pensieri?
Semplicemente la fisica contemporanea non è più quella a misura dei sensi umani.
Questa scienza è più logica e matematica che non dato sensibile attraverso i nostri sensi., è metafisica e questo dà fastidio a scienziati e pensatori ormai obsoleti.
Il divenire, l'espansione dell'universo è a misura delle nostre percezioni.
Il ritornare alle origini come fa un radiotelescopio che scopre l'onda fossile gravitazionale o la scoperta sapendo cosa già scoprire del bosone di Higgs al Cern di Ginevra è tornare indietro alle origini, è razionalizzare con logica e matematica.
Il percorso fisico e metafisico ormai è simile e questo non è ancora stato compreso-
Perchè posso benissimo sopravvivere anche pensando che la Terra è piatta: lavoro, faccio la spesa, mi trovo con amici e parenti.........nulla cambia e mi fido di quello che vedo e percepisco con i sensi, questa è la convenzione a misura d'uomo da sempre ed è il conformismo culturale dove emerge l'irrazionale.perchè quì si sopravvive non razionalmente .
Perchè ogni paura è data da ciò che non comprendo e solo la ragion razionale può concettualizzare un fenomeno e comprenderlo formando la coscienza. la scienza naturale nasce dal , sorttrarre l'incognita che dà paura e comprenderla dentro una legge fisica e addirittura predirla, prevenirla. ma per farlo il concetto deve uscire dallo spazio/tempo; ciò che la ragione permette è l'immagine atemporale di un fenomeno di poterlo descriverlo in un segno , un'equazione.
Il big bang fisico è anche spirituale, concettuale, coscienza, perchè in quella energia racchiusa al tempo zero senza spazio, perchè sono le forze che "stirano" o accartocciano lo spazio e prima quindi ,dell'espansione dell'universo e delle manifestazioni, tutto era energia in una capocchia di fiammifero.
Tutto, non solo i fisico.
Esco un attimo ed entro nel mito: quando la rappresentazione del grande respiro di un dio è la fase della manifestazione dell'espansione,; la fase della contrazione è quella della riflessione del ritorno all'origine.
Chi vuol capire capisca, erano le scienze antiche
Mi sa che non ci troviamo sull'argomento del contendere. Io, coerentemente con l'oggetto del 3D, cerco di muovermi nello spazio tra un uomo fisico e un uomo metafisico. Tu mi rigetti un universo tra il fisico e il metafisico. Naturalmente so che in quelle che tu definisci scienze antiche Dio, uomo e universo erano concetti che spesso si associavano, nella metafisica e a volte nella fisica. A me invece piace ragionare in maniera smembrata, particolare, specializzata. Già il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
L'uomo si muove nella dualità per sua natura, biologica e culturale, animale ( ma non lo dico i senso spregiativo lo spregiativo di animale è bestiale) e razionale, sensitiva e astratta e la mediazione la compie la coscienza attraverso la conoscenza . ma è la nostra coscienza che deve ORDINARE, la conoscenza per questo ha necessità di costruzioni e strumenti analitici, sintetiici, quantitativi e qualitativi. Ma il Tutto non è una dualità, essendo l'origine una sola e quindi comune a tutte le specificità,come dire c'è un anima mundi in cui tutto è immerso e vi apparteniamo-
La parte animale risponde a istinti biologici, ma l'uomo non è spiegabile nè solo nel dominio naturale, nè solo nel dominio culturale, la nostra complessità è perche siamo "ambigu" e la psiche ne è la dimostrazione.
Noi possiamo essere irrazionali e razionali, un animale no.
I neurologi hanno scoperto dei neuroni specchio secondo cui una scimmia empaticmente se vede un altro simile soffrire, soffre anche lui .Non so se sia una spiegazione da dove nasca l'empatia nei neuroni,nella biologia, ma la cura della prole, del branco degli animali sociali è trasversale appartiene praticamente ed etologicamente studiata.
per l'uomo è ancora più complesso perchè sappiamo spostare istinti e intuiti nell'analisi, nei linguaggi e allora diventa pietas, nell' estetica, etica.
Il ragionare in maniera smembrata è tipico delle discipline scientifiche,per approfondire e quindi specializzare la conoscenza.Ritengo sia stata una necessità dopo che l'uomo ha per comodità nostra categorizzato, ordinato, classificato le conoscenze dividendole e separandole.Ma così come la coscienza media il sensibile e l'astratto ,concettualizzando nella, sintesi, così forse l'unica disciplina che può fare opera di sintesi fra le discipline è la filosofia,la stessa che ha propedeuticamente diretto la strada delle scienze quando appunto costruì le categorie .
Ritornando alla pietà, certo che la pietà è anche prova che l'uomo sia metafisico, finchè la scienza biologica non mi dimostra da dove viene la coscienza,ma non dimentichiamo che noi possiamo essere più animali degli animali ,vale a dire bestiali, utilizzare strategie ciniche contro natura, uccidendo i nostri simili, così come arriviamo al martirio all'opposto per i nostri simili.
Ma quì sta la proprietà specifica umana, l'uomo può sbagliare concettualmente, questo è un altro grande problema che pone la diattriba sugli asserti enunciati, postulati ,assiomatizzando i primitivi delle discipline scientifiche. questa scelta è spesso davvero "politica", perchè legata ad un tempo, ad una convenienza, ad un luogo, ad un ambiente culturale,, perchè la grande difficoltà umana è proprio nel trovare la verità
Ma è proprio quì, ribadisco la problematica, nel ventaglio di possibilità che l'uomo ha e che l'animale non ha in quanto è più prevedibile.
Direi che concettualmente siamo abbastanza d'accordo, forse la differenza è epistemologica e io credo che il nodo sia nel fatto che tu affermi l'impossibilità di differenziare l'uomo naturale, dall'uomo culturale. Io credo sia possibile, tutte le strutture concettuali possono essere separate (Magari sarà l'effetto dei miei studi nei metodi quantitativi dove tutto viene stimato diviso in percentuali e probabilità).
Vi è però un punto ulteriore, che è poi la chiave di tante domande che mi faccio: Ma l'uomo culturale è naturale (Cioè è spiegabile, o riducibile alle leggi fisiche) o no?
Perché se la risposta dovesse essere si è chiaro che il problema della differenziazione è irrilevante e la metafisica scompare.
Se invece dovesse essere, almeno in una certa percentuale (Io ragiono sempre con i metodi quantitativi) NO, allora ....
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 07:55:34 AM
Io non ho parlato genericamente di comportamenti altruistici, che sono evoluzionisticamente efficaci in una logica di reciprocità. Ma di pietà, cioè dell'individuazione specifica di soggetti deboli, che contrasta fortemente con la logica del meccanismo selettivo.
L'altruismo, la pietà sono sentimenti in cui l'aspetto sociale, culturale prevale.Data la specialità dell'uomo rispetto agli altri viventi, che individuo nella coscienza secondaria, superiore, rispetto a quella primaria degli altri animali, anche la logica del meccanismo selettivo dovrebbe essere speciale, adatta all'uomo.Quale sarebbe allora la logica del meccanismo selettivo applicabile all'uomo?
Che è l'uomo?
E' innanzi tutto una cosa che passa. E quindi, passando come ogni altra cosa, non bisogna prenderlo troppo sul serio... ;D
Citazione di: maral il 19 Aprile 2017, 23:37:40 PM
Citazione di: myfriend il 19 Aprile 2017, 20:20:36 PM
L'autocoscienza è una caratteristica del TUTTO. Ne fa parte.
E in noi si è manifestata.
E quindi anche nel TUTTO, dato che comunque ne siamo parte. Concordi?
Nel TUTTO tutte le caratteristiche esistono in forma di "Mente cosmica" o "Coscienza cosmica".
E tali caratteristiche si manifestano nella materia e grazie alla materia.
L'autocoscienza è una caratteristica del TUTTO, in essa è ed esiste. Come anche l'aggressività, l'egoismo, la compassione, la paura, l'intelligenza etc etc
Tutte le caratteristiche che noi osserviamo nella materia fanno parte del TUTTO ed esistono nel TUTTO.
E si manifestano in modo "visibile" attraverso la materia.
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 08:12:19 AM
Direi che concettualmente siamo abbastanza d'accordo, forse la differenza è epistemologica e io credo che il nodo sia nel fatto che tu affermi l'impossibilità di differenziare l'uomo naturale, dall'uomo culturale. Io credo sia possibile, tutte le strutture concettuali possono essere separate (Magari sarà l'effetto dei miei studi nei metodi quantitativi dove tutto viene stimato diviso in percentuali e probabilità).
Vi è però un punto ulteriore, che è poi la chiave di tante domande che mi faccio: Ma l'uomo culturale è naturale (Cioè è spiegabile, o riducibile alle leggi fisiche) o no?
Perché se la risposta dovesse essere si è chiaro che il problema della differenziazione è irrilevante e la metafisica scompare.
Se invece dovesse essere, almeno in una certa percentuale (Io ragiono sempre con i metodi quantitativi) NO, allora ....
Rispondo con una provocazione culturale, c'è una morte fisica, ma non c'è una morte razionale: questo è il nostro fondamentale tormento. . Siamo in una verità originaria da cui si è "mosso" tutto, la termodinamica ci dice che nulla si crea e nulla si distrugge, il nostro apparato sensitivo ci dà fiducia in quello che vediamo, vediamo un morto e la coscienza razionale ci dice che è impossibile, ma non riusciamo a farcene una verità assoluta, incontrovertibile.
Personalmente, a mio modesto parere, ritengo che dentro di noi la coscienza abbia un principio di verità assoluta che è dato dall'origine, ma siamo condannati a conoscere e cercare verità che non sono mai assolute
Questo per risponderti che siamo fisicamente natura, ma siamo cultura. L'uomo non è riducibile SOLO a cultura o SOLO natura .
Direi che la natura umana (che comprende biologia e cultura, è ambigua per sue proprietà intrinseche siamo già noi un mondo complesso.
la contraddizione dei nostri comportamenti, la nostra ambiguità come natura umana sta ne l fatto che siamo fisicamente animali che vivono dentro artefici e i costrutti culturali sono dentro in tutte le forme organizzate umane; una città è una rappresentazione completamente artefatta dove il verde pubblico ci ricorda che siamo animali biologicamente Ribadisco , il termine animale sta per naturale come un animale, non in termini spregiativi.
Ma quando un medico studia anatomia o metabolismo , applica un modello rappresentativo di conoscenza come fa un fisico di particelle. La cultura può alterare la natura reinterpretandola, quindi scoperte o invenzioni tecniche mutano il rapporto cultura/natura.
Non dimentichiamo che una delle motivazioni della cultura è vincere la natura (la morte fisica soprattutto)
Che è l' uomo?
X Maral
Il Nietzsche di Heidegger continua a sorprendermi. Ciò di cui mi rendo conto soltanto adesso, anche se l' ultima volta che ne parlammo appariva come sospetto, è che gli scritti inediti contengono aforismi interessantissimi ma che, guarda caso, non sono stati affatto inseriti nell' opera edita da Newton Compton che penso rifletta il testo passato per la maggiore. Heidegger però dimostra di averli letti tutti, e proprio ieri sera sono incappato in un aforisma da lui riportato e che parla del principio di non contraddizione. Ciò mi ha sorpreso perché Nietzsche non parla quasi mai di Aristotele ed il fatto stesso che ci siano brani che non vengano riportati ne La volontà di potenza lo considero un fatto grave. Omissione volontaria e o mistificatrice? Ignoranza nei confronti del contenuto? O dimenticanza? Non so. So solo che lo trovo veramente strano.
Comunque, a grandi linee, anche il principio di non-contraddizione rientrerebbe in quel bisogno di praticità che l' uomo ha sempre cercato nello schematizzare ciò che lo circonda. Fatto questo che darebbe alle teorie di Hegel sulla contraddizione tutto un altro spessore.
Nietzsche non afferma che è falso, renditi conto che lo leggo per la prima volta e perciò devo ancora acquisirlo bene, ma che ad esempio una stessa cosa sia e non sia nel medesimo istante è necessario che l' uomo lo ritenga impossibile. Non è mia opinione che tu debba trovare tanto strana questa ipotesi, la cosa curiosa è l' indeterminatezza che acquisirebbe tutto il nostro vivere in rapporto sia a noi stessi che a ciò che ci circonda.
Una cosa è certa, se l' altra volta avevo espresso un forse nel desiderio di rintracciare il testo completo degli inediti, adesso ho una decisa volontà di procurarmelo e ne vado subito in caccia. Spero solo che gli inediti di una certa rilevanza non siano tanti e che soprattutto confermino la prospettiva, o sarebbe meglio dire già le più prospettive in cui inserivo la filosofia di Nietzsche. E lo spero perché altrimenti dovrei iniziare una nuova rivalutazione di tutta l' opera di Nietzsche, con tutto ciò che ne consegue.
A titolo soltanto informativo ti manifesto che nulla è più lontano dal mio pensiero che l' esistenza di una coscienza cosmica. Tutt' al più arrivo ad una materia che abbia in potenza un numero notevole di forme viventi. Ma oltre non vado.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 07:55:34 AM
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2017, 19:59:56 PM
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PMGià il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
CitazioneNo, questa é una vecchia e superatissima (anche se tutt' ora propalata con dovizia di mezzi in quanto utilissima alla conservazione del potere delle esigue e infami minoranze privilegiate che ci dominano) mistificazione ideologica circa la teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
In realtà i comportamenti altruistici in generale non sono meno adatti e vantaggiosi alla sopravvivenza e diffusione delle specie che quelli egoistici.
Io non ho parlato genericamente di comportamenti altruistici, che sono evoluzionisticamente efficaci in una logica di reciprocità. Ma di pietà, cioè dell'individuazione specifica di soggetti deboli, che contrasta fortemente con la logica del meccanismo selettivo.
CitazioneNon contrasta fortemente con la selezione naturale, la quale non é una selezione in positivo dei soli "più adatti" o "adattissimi" a un determinato ambiente, che cambia continuamente, cosicché essere "troppo adatti" e"troppo e uniformi (per le specie animali e vegetali) nell' fortissimo adattamento" oggi significa avere grosse probabilità di non essere sufficientemente adatti domani), bensì una selezione in negativo che elimina i "meno adatti" (o meglio i soli "troppo inadatti"); e dunque come consente la diffusione delle corna dei cervi e delle code dei pavoni maschi, che certamente, secondo una concezione errata della selezione naturale stessa "contrastano fortemente con la -pretesa- logica del meccanismo selettivo" così (allo stesso modo, per gli stessi motivi), consente la diffusione della pietà verso gli individui deboli.
Sono d' accordo comunque che la cultura umana, senza contraddirla, comunque "supera dialetticamente" la biologia).
Citazione di: baylham il 20 Aprile 2017, 09:40:33 AM
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 07:55:34 AM
Io non ho parlato genericamente di comportamenti altruistici, che sono evoluzionisticamente efficaci in una logica di reciprocità. Ma di pietà, cioè dell'individuazione specifica di soggetti deboli, che contrasta fortemente con la logica del meccanismo selettivo.
L'altruismo, la pietà sono sentimenti in cui l'aspetto sociale, culturale prevale.
Data la specialità dell'uomo rispetto agli altri viventi, che individuo nella coscienza secondaria, superiore, rispetto a quella primaria degli altri animali, anche la logica del meccanismo selettivo dovrebbe essere speciale, adatta all'uomo.
Quale sarebbe allora la logica del meccanismo selettivo applicabile all'uomo?
La logica della selezione della specie è una legge probabilistica che si applica allo stesso modo ad ogni essere vivente. Tu puoi dire che l'uomo è un essere speciale, ma solo perché lo senti. Il problema che io mi pongo non è un problema di sensazioni ma di risultati formali (Perché per queste cose si fanno modelli formali che a volte spiegano caratteri comportamentali, a volte non li spiegano).
Citazione di: sgiombo il 20 Aprile 2017, 13:05:23 PM
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 07:55:34 AM
Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2017, 19:59:56 PM
Citazione di: anthonyi il 19 Aprile 2017, 16:30:19 PM
Citazione di: paul11 il 19 Aprile 2017, 13:02:13 PM
Citazione di: anthonyi il 18 Aprile 2017, 17:17:49 PMGià il concetto di uomo mi sembra troppo ampio, così ti rilancio un altro smembramento, consideriamo l'istinto della pietà, l'atteggiamento di protezione nei confronti di chi si percepisce più debole e sfortunato. Per me è impossibile che questo atteggiamento possa provenire da meccanismi di scelta biologicamente determinati, esso è contro ogni logica evoluzionistica perché aiuta a sopravvivere specificamente i più deboli, ed è per me una delle prove di una componente metafisica umana.
CitazioneNo, questa é una vecchia e superatissima (anche se tutt' ora propalata con dovizia di mezzi in quanto utilissima alla conservazione del potere delle esigue e infami minoranze privilegiate che ci dominano) mistificazione ideologica circa la teoria scientifica dell' evoluzione biologica.
In realtà i comportamenti altruistici in generale non sono meno adatti e vantaggiosi alla sopravvivenza e diffusione delle specie che quelli egoistici.
Io non ho parlato genericamente di comportamenti altruistici, che sono evoluzionisticamente efficaci in una logica di reciprocità. Ma di pietà, cioè dell'individuazione specifica di soggetti deboli, che contrasta fortemente con la logica del meccanismo selettivo.
CitazioneNon contrasta fortemente con la selezione naturale, la quale non é una selezione in positivo dei soli "più adatti" o "adattissimi" a un determinato ambiente, che cambia continuamente, cosicché essere "troppo adatti" e"troppo e uniformi (per le specie animali e vegetali) nell' fortissimo adattamento" oggi significa avere grosse probabilità di non essere sufficientemente adatti domani), bensì una selezione in negativo che elimina i "meno adatti" (o meglio i soli "troppo inadatti"); e dunque come consente la diffusione delle corna dei cervi e delle code dei pavoni maschi, che certamente, secondo una concezione errata della selezione naturale stessa "contrastano fortemente con la -pretesa- logica del meccanismo selettivo" così (allo stesso modo, per gli stessi motivi), consente la diffusione della pietà verso gli individui deboli.
Sono d' accordo comunque che la cultura umana, senza contraddirla, comunque "supera dialetticamente" la biologia).
La coda del pavone e le corna sono forme di riconoscimento sessuale, altro che essere contro il meccanismo selettivo. Comunque e chiaro che queste questioni ben strutturate richiederebbero un modello e non è questo lo spazio per discuterne. Giustamente ogni modello sarebbe soggetto alle ipotesi di partenza per cui sarebbe discutibile in ogni caso. Le mie considerazioni d'altronde sono intuitive e tendono a sottolineare la profonda differenza tra un atteggiamento altruistico ordinario (legato a rapporti di vicinanza o parentela) che è arci studiato e produce i risultati che tu dici, tra cui anche quello di mantenere la variabilità, e un atteggiamento pietistico che invece non produce questi risultati perché non c'è reciprocità e quindi non ci sono le condizioni formali perché quel carattere si affermi (Cioè si mantenga in una quota costante nella popolazione).
Citazione di: paul11 il 20 Aprile 2017, 10:51:45 AM
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 08:12:19 AM
Direi che concettualmente siamo abbastanza d'accordo, forse la differenza è epistemologica e io credo che il nodo sia nel fatto che tu affermi l'impossibilità di differenziare l'uomo naturale, dall'uomo culturale. Io credo sia possibile, tutte le strutture concettuali possono essere separate (Magari sarà l'effetto dei miei studi nei metodi quantitativi dove tutto viene stimato diviso in percentuali e probabilità).
Vi è però un punto ulteriore, che è poi la chiave di tante domande che mi faccio: Ma l'uomo culturale è naturale (Cioè è spiegabile, o riducibile alle leggi fisiche) o no?
Perché se la risposta dovesse essere si è chiaro che il problema della differenziazione è irrilevante e la metafisica scompare.
Se invece dovesse essere, almeno in una certa percentuale (Io ragiono sempre con i metodi quantitativi) NO, allora ....
Rispondo con una provocazione culturale, c'è una morte fisica, ma non c'è una morte razionale: questo è il nostro fondamentale tormento. . Siamo in una verità originaria da cui si è "mosso" tutto, la termodinamica ci dice che nulla si crea e nulla si distrugge, il nostro apparato sensitivo ci dà fiducia in quello che vediamo, vediamo un morto e la coscienza razionale ci dice che è impossibile, ma non riusciamo a farcene una verità assoluta, incontrovertibile.
Personalmente, a mio modesto parere, ritengo che dentro di noi la coscienza abbia un principio di verità assoluta che è dato dall'origine, ma siamo condannati a conoscere e cercare verità che non sono mai assolute
Questo per risponderti che siamo fisicamente natura, ma siamo cultura. L'uomo non è riducibile SOLO a cultura o SOLO natura .
Direi che la natura umana (che comprende biologia e cultura, è ambigua per sue proprietà intrinseche siamo già noi un mondo complesso.
la contraddizione dei nostri comportamenti, la nostra ambiguità come natura umana sta ne l fatto che siamo fisicamente animali che vivono dentro artefici e i costrutti culturali sono dentro in tutte le forme organizzate umane; una città è una rappresentazione completamente artefatta dove il verde pubblico ci ricorda che siamo animali biologicamente Ribadisco , il termine animale sta per naturale come un animale, non in termini spregiativi.
Ma quando un medico studia anatomia o metabolismo , applica un modello rappresentativo di conoscenza come fa un fisico di particelle. La cultura può alterare la natura reinterpretandola, quindi scoperte o invenzioni tecniche mutano il rapporto cultura/natura.
Non dimentichiamo che una delle motivazioni della cultura è vincere la natura (la morte fisica soprattutto)
Il post è molto bello ma secondo me ti accontenti di poco. A te basta osservare il "contrasto" tra cultura e natura. Fai del concetto di cultura un uso quasi fosse un ente dato e assoluto. Considerala qualcosa di più dinamico e allora sarà naturale domandarsi cosa c'è nel fondo del mare.
Io poi non considererei la morte così importante, la cultura è sovraindividuale, se ne frega se uno muore, l'importante è che essa sopravviva negli altri.
Citazione di: maral il 19 Aprile 2017, 23:10:23 PM
Mi scuso Sgiombo se ho male inteso alcune tue affermazioni, purtroppo il tuo stile fatto di molti incisi e parentesi per meglio definire, mi risulta spesso difficile, è certo questione di una mia crescente mancanza di attenzione mentale analitica.
CitazioneNo, purtroppo è un mio difetto di cui sono consapevole ma che non riesco a superare, nel desiderio di dire in poche parole considerazioni che andrebbero svolte più estesamente; del quale sono io a dovermi scusare.
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Citazione di: sgiombo il 19 Aprile 2017, 13:13:32 PM
E comunque le credenze circa la piattezza e fermezza della terra e il moto del sole intorno ad essa non sono immediate percezioni fenomeniche (dati di coscienza), bensì predicati o giudizi (errati, falsi) circa di esse.
Per quanto mi riguarda direi proprio di no. Se non avessi imparato a scuola che non è così, ti assicuro Sgiombo che la mia normale sensazione immediata è proprio quella di trovarmi su una terra piatta (salvo monti e colline) e ben ferma (eccetto in caso di terremoto che non è piacevole) e non su una palla che gira vorticosamente su se stessa come una trottola velocissima nel cosmo, di questo non ho proprio nessuna sensazione immediata e ringrazio che sia così, mi gira la testa solo a pensarci a una cosa simile. E ti dirò di più, la mia sensazione immediata, se sono in campagna e vedo il cielo notturno con tutte le sue lucine, è proprio quella di trovarmi al centro di uno spettacolo tutto intorno a me.
CitazioneIn realtà non si tratta di sensazioni immediate, ma di valutazioni di sensazioni immediate che tendono a sorgere spontaneamente accompagnandole con grande "forza persuasiva"; valutazioni tuttavia alternative ad altre altrettanto possibili (contrariamente alle sensazioni immediate le quali sono invece sostanzialmente sempre le stesse), per esempio quelle successivamente imparate a scuola).
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Questo per dire che, a quanto mi risulta, la conoscenza non è per nulla confermata dall'esperienza sensibile immediata, io non faccio alcuna esperienza immediata di atomi, fotoni, bosoni, big bang, campi gravitazionali o elettromagnetici; non ho nessuna sensazione dello spazio tempo relativistico, ma neanche di virus e batteri, ho imparato a interpretare le cose in questo modo e in questi segni che mi sono diventati un po' familiari, come se fossero (alcuni più, altri meno) reali.
CitazioneCerto!
Il fatto che l' esperienza sensibile immediata è tutto (e solo) ciò di cui può aversi immediatamente certezza al di là di ogni dubbio non comporta che essa si identifichi con la conoscenza di essa; la quale ultima è invece costituita da (-l' esperienza immediata di) predicati o giudizi circa di essa ad essa relativamente, limitatamente adeguati o "conformi" (veri); cosa che non è assolutamente garantita: accanto a giudizi adeguati e veri possono darsi e si danno anche giudizi totalmente falsi, come quelli circa la fissità e piattezza della terra e la sua posizione centrale in universo finito.
E infatti (concordo; almeno limitatamente alla conoscenza scientifica) che:
Tutto quello che mi hanno insegnato è il risultato di una esperienza sempre mediata da strumenti che necessita di interpretazione secondo un dato metodo rigorosamente quantificante, ma non c'è nulla di immediato in questo, anzi. Non basta mettersi davanti a un telescopio o a un microscopio per vedere le cose e credere che quello che si vede sono proprio come sono per tutti e per nessuno, ossia oggettivamente in sé, i microscopi non vedono la cosa in sé, ma la cosa attraverso il microscopio dietro il quale c'è un soggetto che impara a usarlo e a interpretare quello che vede. Per questo la conoscenza scientifica è un prodotto culturale che risulta da prassi praticate insieme, e che generano dei significati come qualsiasi tipo di conoscenza, pure quella mitica. La validità di questa conoscenza sta nel permettere o meno un accordo per tutti i soggetti che vi partecipano nel contesto in cui si vive insieme in reciproca relazione, non in un accordo con un mondo oggettivo in sé di cui nulla sappiamo e mai nulla potremo sapere, proprio perché oggettivo e in sé e dunque, in quanto tale, assolutamente impermeabile ai nostri sguardi. Il nostro sguardo, se conosce, non è mai, né mai sarà oggettivo.
CitazioneChe del mondo oggettivo in sé (se pure esiste, come credo senza poterlo dimostrare) nulla sappiamo e mai nulla potremo sapere (con certezza), proprio perché oggettivo e in sé e dunque, in quanto tale, assolutamente impermeabile ai nostri sguardi sono perfettamente d' accordo.
Ma se si ammette "un minimo di tesi indimostrabili" (tali che tutte persone comunemente ritenute sane di mente si comportano per o meno come se vi credessero), allora la conoscenza scientifica del mondo fenomenico materiale (non di quello mentale) é concorde per tutti i soggetti che vi partecipano a qualsiasi titolo, contrariamente a qualsiasi altro prodotto culturale risultante da prassi praticate insieme; e lo è per il fatto che può essere considerata (conformemente per lo meno al comportamento di fatto di tutti coloro che sono comunemente ritenuti sani di mente) in accordo con un mondo fenomenico materiale non oggettivo ma comunque intersoggettivo, cioè univocamente e puntualmente corrispondente nell' ambito di tutte le esperienze coscienti (per l' appunto fenomeniche) di tutti i soggetti di sensazioni (direttamente o almeno indirettamente nel caso di diversa sensibilità, come nel caso di animali che percepiscono ultrasuoni o addirittura dei pipistrelli che li percepiscono "morfologicamente" in modo analogo alle nostre percezioni visive).
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Ma so anche che questo per molti è incredibilmente difficile da accettare, perché i presupposti culturali su cui basiamo la nostra visione del mondo diventano invisibili, dunque si crede (come si è sempre creduto) che il mondo per come culturalmente lo vediamo nella nostre mappe cognitive, sia proprio il mondo così com'è lì davanti a noi, l'oggetto neutro chiaro e distinto davanti a un occhio neutro o comunque neutralizzabile. Ecco, forse questa credenza è una sensazione immediata di ogni luogo ed epoca su cui la filosofia chiede oggi (non in passato, non ai tempi dell'epoca d'oro della filosofia) di rifletterci sopra per non farla diventare una nuova superstizione, per compiere anche in termini epistemici la rivoluzione copernicana: il soggetto c'è sempre, anche quando si immagina di non esserci, fa parte del fenomeno che guarda, è sempre nel fenomeno che guarda.
CitazioneQuesto mi sembra puramente e semplicemente un atteggiamento privo di senso critico razionale quale spontaneamente tende a verificarsi da parte di tutti nel corso dello sviluppo infantile e adolescenziale; atteggiamento superabile atteggiandosi "filosoficamente" (come è accaduto fin dai tempi delle filosofie più antiche storicamente note -in Grecia e in Occcidente i "presocratici"- e probabilmente ad altre ancor più antiche di cui si è persa traccia) verso la realtà e le proprie credenze su di essa.
Dissento dal fatto che il soggetto delle sensazioni, distinto da esse, che esiste anche quando esse non esistono (per esempio nel sonno senza sogni) faccia parte dei fenomeni che percepisce: questa è una patente contraddizione, la pretesa che qualcosa sia/accada realmente anche quando non é/accade realmente!
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Detto questo non dobbiamo certo abbandonare i risultati scientifici per altra roba soggettivamente esoterica, per io universali, al contrario, i risultati della scienza sono il prodotto del nostro modo di vedere e di esistere attuali e sono il risultato utilissimo di millenni di storia culturale, solo occorre mettere tra parentesi questa pretesa di oggettività, lasciarla perdere, perché nessuna oggettività ci è né ci fu mai concessa, forse solo le piante o organismi animali molto semplici, nella loro esistenza che non conosce, ma sa, potranno magari essere oggettivi, non noi. Le macchine che usiamo, i telescopi e i microscopi sono oggettivi, ma non chi vede e conosce con quegli arnesi e non basta che li usi per diventare oggettivo come loro. I concetti, leggi di gravitazione compresa restano solo mappe, segni, come il colore blu che indica il mare su una carta geografica, ma non è il mare, sono indispensabili per muoverci, agire e orientarci, ma niente di più. E ogni epoca ha le sue mappe e i suoi segni, che funzionano o meno in quel mondo e non in un altro.
CitazioneHo già risposto sopra alle obiezioni circa la conoscenza scientifica e la sua intersoggettività (e non oggettività).
Ma non vedo differenza fra "sapere" e "conoscere".
Che la conoscenza (in generale e in particolare scientifica) di qualcosa =/= (tale) qualcosa mi sembra ovvio.
Per esempio il fatto (1) di sapere che due masse si attraggono gravitazionalmente è altra cosa dal fatto (2) dell' attrarsi di due masse.
Le mappe "danze della pioggia" degli stregoni animisti non funzionano né hanno funazionato mai da nessuna parte (se talora è piovuto è stato per puro caso fortuito)!
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CitazioneL' esperienza cosciente non è inclusa nel mondo fisico – materiale per il semplice fatto che è l' universo fisco – materiale ad essere incluso nell' esperienza cosciente: "esse est percipi" (Berkeley).
Si può sempre vederla all'opposto e non c'è ragione per non farlo. D'altronde se materia e spirito sono separati e non si incontrano, come fa lo spirito della conoscenza cosciente di un mondo materiale a includere quel mondo fisico materiale? Come fa anche solo ad accorgersene? E noi dove stiamo per dire che non si incontrano, come facciamo a dirlo? Come facciamo ad avere la visione panoramica che include spirito e materia come sempre discosti e separati?
CitazioneLa ragione per non credere che la coscienza è nel mondo fisico è che nel mondo fisico (che è nella coscienza di chi lo osserva) ci sono solo cervelli fatti di neuroni, assoni, sinapsi, ecc., a loro volta fatti da molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forze , ecc., e non affatto costituiti dalle esperienze coscienti che tali cervelli, tramite i loro nervi, muscoli, corpi in generale ci dicono di vivere (d' altra parte, se lo si pretendesse si giungerebbe all' assurdo risultato per cui ci sarebbero "coscienze dentro coscienze", le une non distinguibili dalle altre dal momento che ciò che è dentro un' esperienza cosciente è per definizione parte integrante di quella stessa esperienza cosciente e non di altre).
Lo spirito (res cogitans) di un' esperienza cosciente non comprende la materia (res extensa) di quella stessa esperienza cosciente (né di alcun altra), ma semplicemente le accade "accanto" (accade inoltre; oltre ad essa).
La res cogitans (i fenomeni mentali) non va confusa col soggetto delle sensazioni fenomeniche che (se realmente c' è) é cosa in sé e non fenomeni, né mentali, né materiali.
Res cogitans e res extensa, entrambe fenomeniche ("esse est percipi"!) non possono reciprocamente interferire causalmente per la chiusura causale del mondo fisico, che è necessario ammettere se si crede alla conoscenza scientifica.
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Citazionelo potrebbe anche pensare un marito cornuto che non avesse mai visto sua moglie a letto col suo migliore amico o collega; ma non per questo sarebbe meno cornuto di quanto di fatto é.[/font][/size]
E' così di fatto perché qualcun altro lo ha visto, e certamente lo hanno visto la moglie fedifraga e il collega, sono loro i soggetti a cui risulta, non a una oggettività senza soggetto.
CitazioneA loro risulta, ma indipendentemente da questo, il fatto accade realmente (nell' ipotesi -deprecabile!- considerata); e non è che accada perché risulta loro, ma casomai risulta loro perché accade (altrimenti il marito, al quale non risulta, e dunque per quel che lo riguarda il fatto non accadrebbe, non sarebbe cornuto, mentre invece purtroppo per lui lo é eccome!).
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CitazioneMa dove sarebbe mai "presente" la soggettività sentimentale ed emotiva nella dimostrazione dei teoremi di Euclide e che effetti ("intrinseci diretti", sui loro "contenuti teorici" e non di mero "accompagnamento" e interferenza con il loro svolgersi: per esempio facilitandoli nel caso servano a superare un esame che fortemente si desidera superare oppure ostacolandoli nel caso di uno che cercasse di farlo essendo fortemente terrorizzato per un grave pericolo imminente) avrebbe mai sul risultato di tali ragionamenti?[/font][/size]
E' presente nell'intenzionalità di Euclide che si mette a ragionare di teoremi, anziché stendersi al sole e dormire, è presente nella motivazione e nel progetto che è il tratto che sempre guida il soggetto in ogni cosa che fa e non può essere separata da quello che fa. E se il progetto dà luogo a speranze e delusioni, se riesce o non riesce tutta la faccenda si colora di un'enorme risonanza emotiva. Noi, anche se prendiamo quei teoremi come faccende neutre, partecipiamo indirettamente della intenzionalità soggettiva di chi li ideò sperando in una conoscenza razionale, certa e universale, che pur tuttavia, era la razionalità della sua vita per il senso prodotto dalle prassi e dai contesti dell'epoca in cui viveva. Come si sa infatti i teoremi di geometria nascono dall'esigenza progettuale umana di misurare i terreni, la geo-metria è il prodotto del progetto intenzionale dell'agrimensore con le sue prospettive e i suoi modi di pensare il mondo attraverso gli strumenti e i metodi che quel mondo gli presenta e gòielo fa vedere, soggettivamente a lui, come un campo da misurare e suddividere per coltivarlo o fondare città.
CitazioneDunque la soggettività sentimentale non c' è intrinsecamente ai teoremi, non ha alcun effetto intrinseco ad essi, ma solo effetto estrinseci, di "facilitazione o difficilitazione" della realizzazione di essi, come da me sostenuto, ne accompagna, facilitandoli o meno, la dimostrazione, ha effetti sull' accadere della dimostrazione, ma non su ma non ne detta alcun elemento, non ne influenza i "contenuti" alla maniera nella quale secondo i Musulmani Dio avrebbe dettato a Maometto (i "contenuti de-) il Corano.
La geometria nasce di fatto da esigenze pratiche, ma si sviluppa storicamente anche come conoscenza fine a se stessa, praticata (anche) perchè e bello, perché da soddisfazione farlo (col che non significa che, contrariamente all' arte per lo meno in molti casi, i teoremi dimostrati nelle geometrie e non altri si dimostrano perché sono belli o brutti, ma perché sono veri, contrariamente ad altri ipotizzabili -che ne so? Che in un piano euclideo esistono poligoni con un numero di lati diverso dal numero degli angoli- che non li sono).
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 13:58:16 PM
La coda del pavone e le corna sono forme di riconoscimento sessuale, altro che essere contro il meccanismo selettivo. Comunque e chiaro che queste questioni ben strutturate richiederebbero un modello e non è questo lo spazio per discuterne. Giustamente ogni modello sarebbe soggetto alle ipotesi di partenza per cui sarebbe discutibile in ogni caso. Le mie considerazioni d'altronde sono intuitive e tendono a sottolineare la profonda differenza tra un atteggiamento altruistico ordinario (legato a rapporti di vicinanza o parentela) che è arci studiato e produce i risultati che tu dici, tra cui anche quello di mantenere la variabilità, e un atteggiamento pietistico che invece non produce questi risultati perché non c'è reciprocità e quindi non ci sono le condizioni formali perché quel carattere si affermi (Cioè si mantenga in una quota costante nella popolazione).
CitazioneCorna dei cervi e code dei pavoni, poiché facilitano -e non poco!- la cattura da parte dei predatori sono contro un preteso (ma falso) meccanismo selettivo che operasse "in positivo" salvaguardando e diffondendo solo l' "adattissimo" a un ambiente in costante mutamento.
Mentre la realtà della selezione naturale é ben diversa!
E infatti ha diffuso (non solo nell' uomo, in conseguenza del "salto di qualità culturale") anche atteggiamenti "pietistici" anche indipendentemente dalla parentela e dalla reciprocità (per esempio mammiferi madri che in natura allattano e accudiscono anche cuccioli "adottati" di altre specie, sottraendo parte del proprio tempo e delle proprie energie ai loro propri discendenti portatori di una copia del loro DNA o comunque ad altri piccoli della loro specie, loro parenti più o meno stretti, con DNA molto più affine al loro).
Gli animali non hanno l'obiettivo di salvare la propria specie. Hanno l'obiettivo di salvare se stessi o, al massimo, il clan o il gruppo a cui appartengono.
Facciamo un esempio.
Se su tutta la terra fossero rimasti due soli leoni maschi, questi non si porrebbero il problema di salvare la propria specie. Si batterebbero tra loro per avere il predominio e uno ucciderebbe l'altro uccidendo poi anche i suoi cuccioli, riducendo così le possibilità di sopravvivenza della specie.
Allo stesso modo, una gazzella, mangia tutta l'erba che trova. Non si pone il problema di salvaguardare le piante del suo habitat....semplicemente quando è finita l'erba o emigra o muore.
L'uomo non è così.
Grazie all'autocoscienza e alla compassione (caratteristiche tipiche ed esclusive dell'homo sapiens), l'uomo è in grado di farsi domande e di darsi delle risposte. E, da queste domande e risposte, elabora la "cultura". E, grazie alla cultura, è in grado di "modificare il proprio comportamento".
Ad esempio l'homo (facendosi domande e trovando le risposte) può comprendere che salvaguardare la biodiversità è importante e, quindi, può arrivare a vietare la caccia alle balene (per fare un esempio), o può arrivare a costruire parchi, o può arrivare a vaccinare i bambini o può arrivare a salvare le tartarughe ferite. Cioè, grazie alla cultura, l'homo può modificare il suo comportamento non solo per salvare se stesso, ma per salvare i suoi simili e l'intero pianeta.
In altre parole, l'autocoscienza ci è stata data per "partecipare al processo creativo" che, fino all'homo sapiens, era di esclusiva pertinenza della "Natura" e delle sue leggi. Cioè di esclusiva pertinenza della "Coscienza cosmica".
Con l'homo sapiens, la Coscienza cosmica chiama le "sue" creature a partecipare al "processo creativo" tramite la "compassione".
E' questa una grande responsabilità. Il nostro "creatore" ci chiama a partecipare al suo processo creativo.
Questa possibilità è, però, solamente potenziale.
Perchè è solo potenziale?
Perchè l'homo ha una doppia natura e vive costantemente il conflitto tra queste due nature.
Ha una natura inferiore (la sua natura animale) che lo porta ad agire in modo inconsapevole (esattamente come il leone e la gazzella di cui ho parlato all'inizio).
E ha una natura superiore (l'autocoscienza e la compassione) che può aprirlo a partecipare consapevolmente al processo creativo della Coscienza cosmica.
Ma mentre la natura inferiore è fortemente radicata in noi (è il frutto di milioni di anni di evoluzione), la nostra natura superiore è giovane ed è presente nella Realtà solo da poco più di 200mila anni.
Ecco, quindi, che l'homo è chiamato a "domare" la sua natura inferiore e a coltivare e incoraggiare la sua natura superiore.
Questa opera di sintesi tra natura inferiore e natura superiore è quella che si chiama "crescita spirituale".
Contrariamente a quanto comunemente si pensa, la crescita spirituale non ha a che fare con cristi, madonne, vangeli, budda, o maometto, chiese, fedi, preti e suore. Ma ha a che fare con la crescita e lo sviluppo della nostra natura superiore. Cioè lo sviluppo della Consapevolezza.
E il "risveglio" è una tappa fondamentale e ineludibile in questo cammino di "crescita spirituale".
Ed è, questo, un cammino a cui tutti sono e siamo chiamati. E' la nostra specificità.
Essere pienamente homo, quindi, significa percorrere questo cammino di crescita spirituale.
Paul11 - ... e l'universo ha originato la domanda...
Questa è un'essenza della problematicità esistenziale: perché l'universo ci condanna a conoscere senza sapere la verità? Proprio per questo siamo costretti a correlare fra loro i particolari per costruire una rappresentazione del quadro generale e queste correlazioni hanno denominatori comuni, le leggi fisiche, psichiche, spirituali, e li enunciamo attraverso i linguaggi e a loro volta tentiamo di sintetizzarli in un'unica Legge che risponda a tutte le domande a tutti i fenomeni fisici e non fisici che significa capire l'origine da cui tutto si è manifestato.
Post14-myfriend- Le "caratteristiche" dell'homo sono tutte caratteristiche della Coscienza cosmica.
Post13-Garbino- Ciò che intendo dire è che è necessario che ciascuno si rimetta in gioco totalmente, e che purtroppo questa è la cosa più difficile.
Post12-Sgiombo- Devo dire che trovo molto oscure queste tue considerazioni Non comprendo assolutamente la distinzione che poni fra piano "rappresentativo" e piano "fenomenico"; per me si tratta di meri sinonimi.
Post11-green- Anche il comprendere dunque cela in sè il concetto che "qualcosa si accompagna a qualcosa".
Post10-paull11- E' la dimostrazione della scienza il limite, ma nello stesso tempo è ciò che si avvicina di più all'evidenza, alle convenzioni .....ad oggi.
Post9-Anthonyi- Ma per dimostrare che sono parte di questo mondo fisico bisogna spiegarle come effetto delle leggi fisiche e i risultati ottenuti, al riguardo, a tutt'oggi sono limitati.
Post8-paull11- Se ne deduce che una sola è la Legge alle quali devono esser ricondotti tutti i domini con le loro specifiche leggi.
Post7-Sgiombo- Anche il polo, positivo di un magnete coesiste col polo negativo e viceversa, ma di certo non per questo essi si identificano!
Post6-Sgiombo- Come valutarla e tenerne conto?
Post5-Maral- La capacità di giudizio è comunque data dalla capacità di darsi rappresentazioni del mondo, rappresentazioni che non sono semplicemente quelle che si vive, sono dei possibili che appaiono in alternativa.
Post4-Acquario- Il cane pensa. Il pesce non pensa.
Post3-Garbino- Disponiamo già di una scienza e di una filosofia che possano gestire una simile situazione?
Post2-Anthonyi- Questa conclusione, a mio parere, non è comprovata.
Post1-Cvc- Si potrebbe dire che ogni cosa è schiava della necessità, l'uomo è schiavo dell'opinione.
Post0-Maral-L'uomo è un pezzo di universo...
Post15-Jean ... e l'universo ha originato la domanda...
Dal post nel quale ho risposto (n°15) avevo, risalendoli, preso un piccolo spezzone dei precedenti interventi, sino al post origine, cui ho assegnato il numero "0".
Nel risultato sembra quasi di veder confrontarsi due personaggi, certo con una "logica" nel loro discorrere (dovuta all'arbitraria scelta dei frammenti) alquanto opinabile, anche se mi par vada via via migliorando... parallelamente all'aumentare del tasso di humor (soggettivo) che qualcuno potrebbe scorgervi.
Il ritornare all'origine della domanda implica un soggetto che la pone.
La persona "Maral" identifica uno dei possibili "contenitori" del processo metafisico che è il pensiero (o come dice paul11, mente metafisica), con ciò facendo ancor più retrocedere l'origine dell'evento domanda... infatti, come si forma in chi la propone, una tale domanda (o una di simile)?
Qui le interpretazioni saranno tante quanti siano chi vi si cimenti, poiché devono necessariamente attraversarne la conoscenza individuale accumulata ed attiva (che si può ben constatare dal variegato numero di risposte nel topic).
Rispondere a quel che c'è prima (o al di là) del post "0" non potrà che esser parziale... tuttavia, spersonalizzando la faccenda, se siamo di fatto un minuscolo pezzetto d'universo è del tutto plausibile che sia rintracciabile in esso (non necessariamente dappertutto, può esser in una sua parte) l'origine d'ogni cosa, domande comprese.
Giungendo così al cuore della questione, ben individuato da paul11, nella cui replica si può scorgere come quella condanna a conoscere, quella costrizione, divenga operante in chi arrivi ad oltrepassare una certa soglia, un certo livello d'interesse.
E, parlando d'universo, tale soglia è metafora dell'irresistibile attrazione gravitazionale (in opposizione all'espansione) quasi vi sia una sorta di buco nero cui resistiamo al contempo che aneliamo cedervi...
Ho formulato una risposta che chiudesse il "cerchio" (sino al punto della lettura) e al contempo fosse del tutto "inclusiva", costruendola scherzosamente a tal modo per mantenervi la presenza di ognuno degli interlocutori che vi abbiano preso parte (sino al post 14) poiché tutte le diverse opinioni, vite, esperienze ecc. sono parte imprescindibile di quel che è l'uomo, piaccia o meno.
Col proseguire degli interventi, divien sempre più probabile (non certo) che la specificità di ognuno cristallizzerà una diversa sintesi partendo dalla questione posta, ma a mio modo di vedere le possibilità confluiscono in due strade:
- alla domanda "che è l'uomo" corrisponde una sola risposta (o verità) e allora è lecito parlar di "Legge unica" e nel provar a raffigurarla dovrebbero comparire via via elementi comuni/riconoscibili all'interno delle varie prospettive (matematica, biologica, filosofica... religiosa ecc.).
- Oppure vi son più risposte, con ciò necessariamente arrivando a tutte le risposte possibili (infatti con quali criteri escluderne alcune?) e in tal caso han ben ragione, per la delusione o la straordinaria complessità della faccenda, coloro che s'affidano al nettare degli dei...
Oppure, c'è ancora un'altra strada... e chi vivrà vedrà... ma dubito si presenti prima della fine di questo topic e personalmente non ho tempo e denari sufficienti per scommetterci.
Un cordiale saluto
Jean
Che è l'uomo?
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perchè dare al sole,
Perchè reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura,
Perchè da noi si dura?
Intatta luna, tale
E' lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
G.Leopardi (Canto notturno di un pastore errante...)
Domani 21 Aprile è Sant'Anselmo... ;D
x sari
cit sari
"Quella nuda innocenza valeva meno ( era meno significante...) della conoscenza acquisita? Era inevitabile che, la mano che diventava sempre più abile a fabbricar armi e utensili, plasmasse per sé una maschera per coprire l'orrore del proprio volto? Lo spavento di non riuscire a specchiarsi più in nulla?"
Diciamo che nel tuo vagabondare filosofico (rabdomantico) , hai colto un passo significativo. Che la significazione è sempre un segno.
E il segno è sempre un maschera, una veste, una traccia che rimanda a qualcosa d'altro.
Il segno rivela il significato che sottende.
Il punto non è che non ci specchiamo più in nulla ma che ci specchiamo in ogni cosa.
La maledizione dell'uomo è questa, che riesce a nominare tutto quello che vede.
Tranne se stesso. Lo stesso dire se-stesso, infatti non significa alcuna cosa, è solo un modo per tentare di rimanere Integri.(dei soggetti appunti)
Ma un vecchio utente di questo forum, che purtroppo ci ha lasciati, ci lasciò in eredita le terribili parole.
Labirinto: non siamo altro che i mille riflessi di uno specchio andato in frantumi. Più niente ha senso.
Questo la filosofia orientale lo ha mai capito, mi chiedo???
x maral
cit maral
"Semplicemente ritengo che il naturale sia il sentimento soggettivo che lega la mia relazione con il contesto che mi produce. Questa relazione è continuamente ambivalente, per cui il naturale è sia ciò che con la sua presenza ci si oppone, ostacola limitandoci, ci resiste e minaccia terrorizzandoci, sia ciò che ci nutre e ci si dà come nicchia di riparo e di incanto. "
ma perchè chiamarlo naturale? sembra quasi una reminescenza leopardiana.
Ma il grande poeta nella immensa poesia arimane, lo chiama con il suo NOME, il MALE. (anche l'amore è male!)
Giacomo Leopardi
Inno ad Arimane (versione recitata da Carmelo Bene)
https://www.youtube.com/watch?v=97B-WeFIKrk
(una delle mie esperienze più profonde...la voce di CARMELO!!!)
Non potete non conoscerlo, non potete non rabbrividire.;)
Re delle cose, autor del mondo, arcana
Malvagità, sommo potere e somma
Intelligenza, eterno
Dator de' mali e reggitor del moto,
io non so se questo ti faccia felice, ma mira e godi, contemplando eterno...
... Natura è come
un bambino che disfa subito il fatto.
Vecchiezza.
Noia o passioni piene di dolore e disperazione: amore.
Te con diversi nomi il volgo appella Fato, Natura e Dio.
Ma tu sei Arimane.
Taccio le tempeste, le pesti, tuoi doni, che altro non sai donare.
Tu dai gli ardori e i ghiacci e il mondo delira cercando nuovi ordini e leggi e spera perfezione.
Ma l'opra tua rimane immutabile, perché natura dell'uomo sempre regneranno l'ardimento e l'inganno, e la sincerità e la modestia resteranno indietro, e la fortuna sarà nemica al valore, e il merito non sarà buono a farsi largo, e il giusto e il debole sarà oppresso.
Vivi, Arimane e trionfi, e sempre trionferai.
Invidia dagli antichi attribuita agli dèi verso gli uomini.
Perché, dio del male, hai tu posto nella vita qualche apparenza di piacere? L'amore? Per travagliarci col desiderio, col confronto degli altri e del tempo nostro passato?
Io non so se tu ami le lodi o le bestemmie. Tua lode sarà il pianto, testimone del nostro patire. Pianto da me per certo tu non avrai: ben mille volte dal mio labbro il tuo nome maledetto sarà.
Ma io non mi rassegnerò.
Se mai grazia fu chiesta ad Arimane concedimi ch'io non passi il settimo lustro.
Io sono stato, vivendo, il tuo maggior predicatore, l'apostolo della tua religione. Ricompensami. Non ti chiedo nessuno di quelli che il mondo chiama beni: ti chiedo quello che è creduto il massimo de' mali, la morte (non ti chiedo ricchezze, non amore, sola causa degna di vivere). Non posso, non posso più della vita.
cit maral
"Credo che l'originario sia assolutamente indefinibile e al di là della nostra portata, noi siamo sempre compresi nell'originario e lo viviamo negli errori delle rappresentazioni che ce ne facciamo nel tentativo di rendercelo presente"
Si scusa intendevo l'apertura all'originario, non l'originario stesso. :-[
cir maral
"Abbiamo sempre la necessità di tornare, tornare al nostro saper vivere che il sapere di vivere ci nasconde, il naturale coincide per me con questo saper vivere e il ritorno significa scoprire che non sappiamo di sapere, ma per arrivare a non sapere di sapere è necessario conoscere, è necessario cioè passare attraverso il sapere di sapere e di non sapere, per poi decostruire questa conoscenza. E' necessario che l'orgoglio dei monumenti di sapienza e la delusione continuamente franante dei loro esiti si compiano rivelandoci a noi stessi e gli uni agli altri quanto non sappiamo di sapere. Quando questo accade resta un'impronta sul cammino percorso che è una rivelazione che ci consente di proseguire ancora."
Molto ben scritto Maral. Ottimo!
x jean
cit jean
"- alla domanda "che è l'uomo" corrisponde una sola risposta (o verità) e allora è lecito parlar di "Legge unica" e nel provar a raffigurarla dovrebbero comparire via via elementi comuni/riconoscibili all'interno delle varie prospettive (matematica, biologica, filosofica... religiosa ecc.).
- Oppure vi son più risposte, con ciò necessariamente arrivando a tutte le risposte possibili (infatti con quali criteri escluderne alcune?) e in tal caso han ben ragione, per la delusione o la straordinaria complessità della faccenda, coloro che s'affidano al nettare degli dei... "
A mio modo di vedere le cose potrebbero però essere sempre riprese sia nell'un caso che nell'altro.
Come già scritto se la legge è una, quanto può essere valida? Questo non è un problema da poco, per esempio darebbe seguito come è avvenuto, a questione come il pensiero debole (che per esempio l'ex utente cannata riteneva fondato).
Se le leggi sono plurime, si può sempre notare che in base a chi le afferma si possono tracciare categorie di pensiero.
Per esempio io ho notato la presenza di anti-dualisti come Sariputra e seguito (gli orientalisti)
Rappresentazionalisti come Garbino, Maral e me.
Riduzionisti (scettici) come Sgiombo.
Naturalisti trascendenti come Paul e "duri" come molti scientisti di questo forum con cui faccio fatica a dialogare (e ricordare i nomi).
x sgiombo
cit sgiombo
"I mezzi per perseguire gli scopi (per esempio la "democrazia"; ma per me esistono molte, ben diverse fra loro democrazie!) si possono conoscere razionalmente (verificare empiricamente e/o dimostrare logicamente); ma gli scopi si "avvertono" irrazionalmente.
penso che in generale sei molto fiducioso nella razionalità che porta a perseguire degli scopi.
altrimenti non saresti comunista forse."
Prima una nota mia, (solo a margine Sgiombo, non è qui il caso di andare off topic).
Ma il comunismo fallirà sempre perchè da una versione antropologica totalmente errata dell'uomo.
L'uomo non è mai quello che è, ma è sopratutto quello che vorrebbe essere.
E' proprio dall'intenzionalità, da questo desiderio di "avere le cose" che arriviamo a "essere delle cose".
ma il feticismo di marx non è proprio questo?
Le riflessioni che partono dalla psciologia di Brentano fino ad arrivare ad husserl e heidegger, partono da questa considerazione.
il nuovo socialismo deve essere critico pena un fallimento infinito.
e invece anche oggi continuano a fare lo stesso errore "a sinistra", negare la psicologia, bollandola di psicologismo.
Ma la psicologia è razionalità. Mentre il comunismo no. ( e freud fu bruciato anche dalla russia)
Ora la domanda:
Questo mi giunge inaspettato, tu che sei un campione contro l'irrazionalismo, mi dici che secondo te lo scopo semplicemente si avverte irrazionalmente?
Sono basito.
Ma anche stando così la cosa, quale sarebbe la razionalità di una democrazia?
Non pretendo un saggio, ma almeno un paio di linee guida esemplificative.
O anche un paio di nomi, Marx? Lenin?
A mio avviso invece l'episteme, quando passa dall'oggetto, alle persone, diventa sociologia, con le sue brave leggi sociali, con i suoi know how ideologici. Propaganda.
E questa propaganda viene fatta per via di una conoscenza solida, di come sono fatto gli uomini e di come ragionano.
Mi richiamo se vuoi, se lo conosci,a Pasolini, che vedeva nell'introduzione delle tv nelle case, la fine di ogni possibile umanità.
E così è stato. Io intorno a me vedo solo Robot (avete visto il telefilm? perfetto!)
Torniamo al MAIN, al piatto centrale.
Certamente non ero sicuro che per te cosa-in-sè e fenomeno coincidessero, l'ho provato a ricavare per te.
Hai fatto bene a distinguere.
Ma di fatto hai creato un altro problema.
Tu parli di trascendenza, ossia che il fenomeno sia trasceso dalla cosa in sè.
Ma è proprio questo il punto impossibile per Kant da superare, che cosa è la trascendenza?
E visto che non sopportiamo le religioni, non possiamo dire che sia Dio, spero tu mi capisca!
Quale sarebbe il contenuto razionale? Il problema di kant insomma era il contenuto razionale del tracendente, quale giudizio darne?
Hai anche specificato che il mentale non è il trascendente, che era un altra soluzione che avevo provato a ricavare per te.
In realtà sono d'accordo, anche il mentale è fenomeno.
Ma la mia domanda è comunque un altra.
E allora in cosa consisterebbe la co-scienza?
Provo di nuovo a ricavarlo per te, che la coscienza per te sia essa stessa un fenomeno?
In quel caso staresti dando un significato a mio parere troppo unilaterale con dei rischi forti di sforare nell'irrazionale.
Per esempio perchè la coscienza cambia? Mentre per te il fenomeno (del tutto irrazionalmente e per ipedire di scadere in uno scetticismo totale e sordo) avrebbe comunque una certa sicurezza di consistenza temporale. (puoi sempre correggermi, sono alcune cose che mi sono rimaste nella memoria dei tuoi scritti, vado cioè a memoria).
Potrei scrivere ancora, ma visti i nostri molti "pit-stop ai box", attendo ulteriori chiarificazioni.
Citazione di: davintro il 18 Aprile 2017, 16:06:00 PM
intanto direi che io ci provo sempre ad argomentare ciò che scrivo, ad essere il più chiaro possibile, ma inevitabilmente, per evitare di dilungarmi troppo e rendere ulteriormente difficoltoso il dialogo sono costretto a lasciare nell'implicito parecchi punti e collegamenti. Mi spiace molto se risulto dogmatico o eccessivamente assertivo, ma non è assolutamente mia intenzione
sì, io lego il concetto di libertà ad "in sé" interiore della persona, ma la contraddizione fra la presenza di tale interiorità come presupposto della libertà e il fatto che poi la libertà si esprima nello spazio pubblico è contraddizione reale solo se si considera questo "in sé" come "res", sostanza autosufficiente dualisticamente separata da una sostanza superficiale, non libera, che sarebbe il nostro corpo, secondo la prospettiva del rigido dualismo antropologico cartesiano. Se le cose stessero così sarebbe certamente corretto pensare che ogni agire pubblico, ma non solo politico, anche sociale, estetico... comporti uno snaturamento dell'interiorità che uscendo, disperdendosi fuori di sé, smarrisce se stessa, e con l'Io si nega come soggetto libero. Ma io non la intendo così, così come non lo intende così, almeno credo non lo intenda così, il personalismo cristiano, al di là delle sue varie differenti sfumature. Il pensiero cristiano in questo recupera la lezione aristotelica, (tramite Tommaso, ma non in opposizione con Agostino) che vede l'essenza dell'individuo non come un'entità del tutto trascendente e separata, ma come immanente all'individuo stesso, e si determina più propriamente come "forma", elemento costitutivo dell'individualità intesa come tale. Individuo, cioè "non-diviso", implica un fattore unificante, che non può identificarsi con la materia, estensione indeterminata, che però riceve dalla forma una determinazione unitaria, un senso, un modo d'essere che le appartiene. L'interiorità è il luogo dove nasce il movimento teso formare la materia alla luce delle proprietà che sono intrinseche alla forma del movimento, cioè non è separata dalla materia, perché noi non siamo né pura forma, né pura materia, ma sintesi dei due elementi, e se la materia conduce l'individuo alla relazione con lo spazio esterno, allora inevitabilmente la libertà, intesa come condizione in cui il processo formativo della personalità nasce dall'interno, ma non si chiude in sé, ma si esprime seppur non in piena trasparenza, all'esterno, cerca un'espressione pubblica, cioè la forma ha bisogno di una materia su cui agire. Non necessariamente l'oggettivazione, la spazializzazione si pone come dispersione dell'interiorità, al contrario quest'ultima trova in ciò un canale di comunicazione, un "riscatto" nei confronti di un mondo che può apparirle come pura alterità ad essa indifferente, adeguando la materia esteriore alla sua libertà, alla qualità che costituisce il modo d'essere profondo dell'individuo. Tutto ciò emerge chiaramente nella creazione artistica, dove l'artista trasfigura un'insensata materia, un insensato spazio, un blocco di marmo, una tela bianca, imprimendo ad essa la traccia della sua interiorità, del suo stile che caratterizza la sua irripetibilità inconfondibile, e la riprova di ciò è la critica artistica che riesce a risalire all'autore di un quadro sulla base degli elementi pittorici, quasi come fossero impronte digitali. Eppure la politica stessa condivide, anche se in misura meno profonda e meno evidente, con l'arte questa idea di espressione di libertà, quando un politico agisce nella società in base ai suoi valori interiori, al suo modello di "società giusta", interviene nello spazio pubblico, esterno, modellandolo sulla bade delle sue idee, così come l'artista trasfigura la percezione della realtà oggettiva sulla base del suo sentire interiore, l'impegno politico (quando è coerenza ideale e non lotta per il potere e tutela dell'interesse economico) condivide così con l'arte questa idea di attività tesa ad adeguare l'esterno all'interno, l'idea della libertà, cioè l'umanità, che cerca una manifestazione, un'oggettivazione seppur parziale
spero di aver ora chiarito meglio, anche a me stesso, il mio pensiero
Ovviamente mi inchino alla grandezza di tommaso l'aquinate.
Ed è una suggestiva forma di sintesi.
Però queste filosofie della luce, che da Platone, passano tramite plotino, informano il pensiero gnostico, arrivano alle grandi sintesi medievali, non mi hanno mai risolto il problema di cosa è per loro il BENE.
Ripeto manca a mio modesto parere il momento epistemico, ossia cosa è questo in-sè, che è trasceso? (vedi la mia domanda nel mio ultimo post anche a Sgiombo)
E' chiaro che in una logica di fede, non possa che essere Dio, ma a livello filosofico, a livello scientifico, razionale, etc...come lo possiamo intentere questa trascendenza?
Non possiamo all'infinito continuare a partire da un qualcosa che si dà, perchè anzitutto saremmo costretti a dire che si AUTO-dà.
In filosofia bisogna dimostrare, o per lo meno argomentare.
Certamente in chiave di un pensiero cristiano va benissimo, anzi è meritevole, perchè appunto ci si concentra più su il modo in cui si formano le cose, e non nella ricerca di (uni)formarle, quelle stesse cose, (che poi come ha insegnato CB è sempre un informare le cose) come accadrebbe in un sistema dualistico cartesiano, hai detto molto bene davintro.
D'altronde è innegabile che il 90% dei discorsi politici e scientifici risente ancora di quella vecchio errore. (ormai nel mondo filosofico contemporaneo è ampiamente ritenuto un errore).
Comunque mi ritengo soddisfatto della risposta.
grazie davintro. (un pò di ripasso ci vuole sempre!) ;)
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 14:10:56 PM
Citazione di: paul11 il 20 Aprile 2017, 10:51:45 AM
Citazione di: anthonyi il 20 Aprile 2017, 08:12:19 AM
Direi che concettualmente siamo abbastanza d'accordo, forse la differenza è epistemologica e io credo che il nodo sia nel fatto che tu affermi l'impossibilità di differenziare l'uomo naturale, dall'uomo culturale. Io credo sia possibile, tutte le strutture concettuali possono essere separate (Magari sarà l'effetto dei miei studi nei metodi quantitativi dove tutto viene stimato diviso in percentuali e probabilità).
Vi è però un punto ulteriore, che è poi la chiave di tante domande che mi faccio: Ma l'uomo culturale è naturale (Cioè è spiegabile, o riducibile alle leggi fisiche) o no?
Perché se la risposta dovesse essere si è chiaro che il problema della differenziazione è irrilevante e la metafisica scompare.
Se invece dovesse essere, almeno in una certa percentuale (Io ragiono sempre con i metodi quantitativi) NO, allora ....
Rispondo con una provocazione culturale, c'è una morte fisica, ma non c'è una morte razionale: questo è il nostro fondamentale tormento. . Siamo in una verità originaria da cui si è "mosso" tutto, la termodinamica ci dice che nulla si crea e nulla si distrugge, il nostro apparato sensitivo ci dà fiducia in quello che vediamo, vediamo un morto e la coscienza razionale ci dice che è impossibile, ma non riusciamo a farcene una verità assoluta, incontrovertibile.
Personalmente, a mio modesto parere, ritengo che dentro di noi la coscienza abbia un principio di verità assoluta che è dato dall'origine, ma siamo condannati a conoscere e cercare verità che non sono mai assolute
Questo per risponderti che siamo fisicamente natura, ma siamo cultura. L'uomo non è riducibile SOLO a cultura o SOLO natura .
Direi che la natura umana (che comprende biologia e cultura, è ambigua per sue proprietà intrinseche siamo già noi un mondo complesso.
la contraddizione dei nostri comportamenti, la nostra ambiguità come natura umana sta ne l fatto che siamo fisicamente animali che vivono dentro artefici e i costrutti culturali sono dentro in tutte le forme organizzate umane; una città è una rappresentazione completamente artefatta dove il verde pubblico ci ricorda che siamo animali biologicamente Ribadisco , il termine animale sta per naturale come un animale, non in termini spregiativi.
Ma quando un medico studia anatomia o metabolismo , applica un modello rappresentativo di conoscenza come fa un fisico di particelle. La cultura può alterare la natura reinterpretandola, quindi scoperte o invenzioni tecniche mutano il rapporto cultura/natura.
Non dimentichiamo che una delle motivazioni della cultura è vincere la natura (la morte fisica soprattutto)
Il post è molto bello ma secondo me ti accontenti di poco. A te basta osservare il "contrasto" tra cultura e natura. Fai del concetto di cultura un uso quasi fosse un ente dato e assoluto. Considerala qualcosa di più dinamico e allora sarà naturale domandarsi cosa c'è nel fondo del mare.
Io poi non considererei la morte così importante, la cultura è sovraindividuale, se ne frega se uno muore, l'importante è che essa sopravviva negli altri.
il contrasto è la difformità di un principio ordinativo. Noi conosciamo perchè c'è un ordine che osserviiamo .
Una legge che è segnica in una equazione è la sintesi di un principio universale che può leggere dentro un determinato dominio, ma si astrae dal fenomeno fisico per essere universale-Questo fa la conoscenza,
ma il mediatore dei contrasti il riconoscitore delle ordinazioni è a sua volta la coscienza che a sua volta ordina.
In questo ha ragione Myfriend. Noi ci comportiamo in piccolo come astrazione(cultura) e manifestazione del fenomeno fisico(natura), dentro noi stessi, come l'universo. Noi ci specchiamo nell'universo.
la coscienza è la dinamica del movimento del pensiero che dal fenomeno fisico lo trascende, lo sposta al dominio dell'astrazione nel segno,, significato, senso che a loro volta nei linguaggi formali, informali diventano simboli culturali.
Considero la morte il più grande tabù umano. Basta sapere, come sappiamo, che un ateo vede il mondo in maniera diversa da un credente perchè cambia a livello di coscienza il modello di rappresentazione dell'universo.
x paul
cit paul
"è solo questione di metterci d'accordo sul come chiamare i fondamenti; tu dici "in sè" io ho detto apriori, ma non volevo legarlo ad un autore, kant, nello specifico. la domanda che ti poni e come te la poni è esatta è il primitivo originario il fondamento. ma se noi siamo predotati per intelligere, ragionare, riflettere, analizzare , sintetizzare, categorizzare i domini allora vuol dire che già in questa forma risiede almeno una parte della verità che si svela,Perchè questi strumenti intuitivi che già sono come esistiamo e poi affiniamo nell'esperienza sono già in quel primitivo fondativo originario, necessariamente c'è una relazione di verità.E' come se l'avessimo in noi, un sapere intuitivo che ci tocca riconsocere nel dominio razionale della ragione, lì avviene l'incontro fra intuizione e deduzione, fra cià che sentiamo come una verità fossile che ci tocca svelarla e ci tormenta."
Va beh possiamo anche far finta che non sia Kant.
Il punto è che per me l'in-sè non esiste, perchè è sempre un auto-(da)sè.
Le intuizioni e i giudizi, ma i primi sono il motivo per cui uno si interroga per esempio sul religioso.
I secondi sono degli strumenti, e spero concorderai con me.
Nel mio linguaggio filosofico, io lo chiamo il formalismo.
Ovvero i giudizi (con il loro contenuto apriori di verità, per esempio pensiamo alla matematica) sono delle formulazioni di verità.
E per me (non so per te) hanno un valore meramente di possibilità.
E d'altronde è proprio questo che ha innescato la creazione di tante logiche, e di tanti paradigmi scientifici.
E' dunque sul concetto di valore che bisogna soffermarci.
Se ho ben capito per te la trascendenza si dà intuitivamente, e quindi non la indaghi.
E' quello che invece io (tento) di fare.
E indagandola scopro che vi è un fondamento che non è formale, e che in fin dei conti sta proprio nella desinenza della parola co-scienza.
Ossia io posso conoscere, quel qualcosa che mi dà la possibilità di formulare un contenuto di verità.
Esso è una co-presenza.
E' come se ti stessi dicendo che posso conoscere Dio.
Il fatto è che sebbene l'abbiamo in potenza, quella potenza è una potenza in negativo, cioè a livello veritativo io posso solo dire cosa non è. (il DIO Negativo così vicino alle idee protestanti).
Ti dico una curiosità:
Non so perchè col passare dei secoli l'universalità che è un tratto formale, in quanto riguarda una categoria del veritativo, si sia spostato poi sulla intuizone (che io chiamo fondamentale) facendola diventare un apriori.
Cosicchè il TUTTO, è diventato sinonimo di fondamentale.
Ma il tutto non c'entra niente con la conoscenza di quel "co-" per fare un gioco di parole: la conoscenza della "Conoscenza" NON E' il Tutto (pur essendo il tutto invece una categoria della Conoscenza).
E' anche l'ipotesi di Hegel o di Peirce.
Quindi come vedi non siamo della stessa idea a livello formale.
L'ulteriore domanda mia si interroga sull'originario che è l'apertura della conoscenza della "conoscenza" ossia di come si presenta questo fondare. (e ovviamente come avrai capito sono molto infatuato della proposta Hegel-Heidegger che vedono nella fondazione, il suo stesso perire, ossia la fondazione è la sua storia negativa, il suo rovinio).
cit paul
"La coscienza è innata anch'essa, è ciò che anima il corpo fisico.Non confondiamo i domini del sociale e del filosfico razionale ,anche se aloro volto sono ,possono e devono poi essere relazionati in una unica verità originaria. quello che può confondere sono i diversi piani della conoscenza, per questo sono nate le categorie."
E' innata proprio perchè strutturalmente si dà proprio così nell'ora e adesso.(ma guarda caso riguarda solo il suo passato).
E' quindi innata originariamente, forse per quel tentativo di verità originaria, si è posta come domanda sull'anima immortale.
Appunto sul fatto che originariamente si dà, pena la non conoscenza della sua esistenza come storia. (o lato parmenideo e neo-parmenideo pena la sua stessa esistenza come esistente, pena cioè la sua presenza).
Infatti per me nel sociale assume i ruoli di episteme (per una fissazione di una credenza). Mentre nel razionale assume il ruolo di mera formalità (come ampiamente detto prima).
cit paul
"La conoscenza è formata da dati , ma il movimento motivazionale è dettato dalla coscienza. E' la coscienza che fa muovere la conoscenza. metaforicamente la conoscenza è l'insieme di tutte le informazioni, libri, biblioteche, è lo scibile umano. ma è la coscienza che il soggetto utilizzatore dei linguaggi che analizzano e sintetizzano, è l'agente conoscitivo che non è il dato oggettivo dell'informazione."
Non sono sicuro di questo passaggio. Perchè ammetterai che ciò che muove alla conoscenza è una volontà. (lo so che lo odi, ma magari altri interessati, riconosceranno alcune tematiche di Husserl, come l'intenzionalità).
Nel senso che è difficile stabilire che una intuizione (sempre che lo pensi) sia esente dalla cultura in cui viene esercitata.
Inoltre in una volontà vi sono comunque al suo interno la cultura che la determina, e sicuramente il suo destino nichilista, ossia la volonta, è sempre una volontà di dominio.
Questo significa che la coscienza se ha un valore originario, intuitivo, deve "fare" i conti col suo dispiegarsi nel Mondo.
Sarebbe deludente (per me) se come mi sembra rispondi ad un certo punto che la coscienza sia cosmica, perchè allora dovrebbe avere un valore intuitivo, e non si esplicherebbe da sè, come per esempio in Davintro. (anche se ovviamente è una cosa che sto ipotizzando tu pensi, magari come davintro credi che non sia una intuizione ma una auto-manifestazione, una dispiegazione).
cit paul
"La volontà è ciò che esplica sempre la coscienza, la manifesta nel conoscere."
si scusa sto rispondendo passo per passo, siamo d'accordo dunque sul fatto che ci deve essere una volontà.
E qua si porrebbe il problema della coscienza cosmica e del principio di individuazione, che mi paiono contraddittori.
Voglio dire perchè una coscienza cosmica si rivela particolare?
cit paul
"Guarda che il pragmatismo fra cui vi è lo stesso Sini, fa un errore fondamentale.
Sono gli oggetti metafisici che formano la vita pragmatica di ogni passo che noi compiamo.
La nostra vita quotidiana è tutta oggetti culturali e sempre meno natura, dal concetto di moneta a quello di Stato, Tutto è inventato, tutto è convenzionato. Non è necessaria nessuna verità per vivere, basta credere che sia vera. "
Già dimenticavo che pure tu credi nel concetto di Natura.
A mio parere è credere nel concetto di Natura che è un errore fondamentale. ( e infatti di fondamentale nella natura non c'è niente).
Certamente tutto è un atto culturale, ma Sini individua in quello l'errore e non nel Naturale, che invece, se non lo capisci, è anch'esso un'evento culturale.
La prassi per Sini non è il culturale, è invece il dispiegarsi nel suo farsi della cultura stessa.
Quello che intende Sini sulla scorta di Heidegger (e quindi da Weber in poi) è che è la storia a dover essere criticata e non la sua supposta trascendenza, che per Sini è una volgare presunzione (motivo per cui odia Heidegger).
Prima o poi aprirò il 3d sulla natura...mannaggia, era una cosa già risolta a fine 1700.....come vi odio! ;)
cir paul
"Perchè l'uomo può procedere per fenomeno inverso e il fanatico infatti è rappresentativo."
lol mi hai appena dato del fanatico.
cit paul
"una persona può talmente credere in una idea che lo traspone, lo sposta dal metafisico al reale e quell'idea diventa un'arma fisica che uccide"
Lo so bene, è il grave problema delle metafisiche che rischiano tramite un processo di mimesi di far credere alla persona indagante, di essere lui stesso l'oggetto della sua indagine.
Hai ragione e ti stimo tantissimo, pochissimi riescono a vedere questa condizione.
Ammetto che io stesso sento questa terribile forza di gravità, fin quando la riconosco tutto bene quindi, non mi ritengo un fanatico.
Dire che la metafisica ha questo oscuro prezzo da sorpassare però non vuol dire che non si possa indagarla.
Vedere il caso Nietzche, e in chiave minore lo stesso Freud. Il nichilismo va affrontato. Tu guarderai l'abisso, ma attenzione l'abisso guarderà a sua volta te" cit (a memoria) Nietzche.
cit Paul
"Quindi esiste una coscienza e l'errore razionale è invertire e soppesare male i domini. Se credo più a ciò che vedo che alla ragione, se credo più all'astrazione su ciò che vedo compio gli stessi errori invertiti ,ma riconfigurati nel vissuto pragmatico delle prassi, dell pratiche quotidiane , le vivo in maniera sostanzialmente diversa.L'uno potrà essere un cinico sfruttatore materiailistico, l'altro un fanatico religioso che si fa saltare in aria: perchè hanno fissato un concetto in un solo dominio senza correlarli."
Sottoscivo totalmente. Ma in Sini la pratica è intesa in maniera critica, ora andremmo fuori thread, per dare conto di come la intende. (tra l'altro non conosco ancora per intero il suo sistema, che comunque proprio per la sua critica, direi quasi illuminista per chiarezza di esposizione e grado altissimo di comprensione, lo fa essere il più grande filosofo italiano, alla pari con Severino).
cit Paul
"Se noi viviamo in un mondo sensibile, ma nello stesso tempo viviamo un mondo di idee, significa che il dominio della ragione delle astrazioni sta la dominio del sensibile ed è solo la coscienza individuale e sociale che le media e il come li media e li concettualizza non solo forma la coscienza individuale, ma diventa coscienza sociale culturale dentro le pratiche culturali stesse e sono tutte le immagini sociali e culturali che rappresentano la nostra esistena sociale ed individuale è lì ci sono le estetiche, le etiche."
Io però scusami tanto non la chiamo coscienza sociale (di classe, lol) ma di propaganda.
Per cui ritengo che esista un sistema culturale (l'ideologia imperante) che spacciandosi per episteme inficia qualsiasi ordine etico. Sul lato invece della mediazione fra ideologia e coscienza individuale, aprirei un 3d sulla filosofia dell'Altro, che sinceramente non interessa a nessuno. Quindi evito.
cit Paul
"Le etiche sono immagini culturali storicizzate relate anche ai primitivi psichici nel rapporto natura/cultura in cui l'uomo stesso è nel rapporto animale irrazionale/ umano razionale.
Ma il metafisico serio no può storicizzare una morale o una etica, dove ciò che vale oggi domani è soppiantato da tutt'altro, perchè significa che nulla è vero e tutto sarebbe relativo.
Così come esiste un' unica Legge originaria e fondativa, non possono esserci leggi che valgono per un solo fenomeno, per un solo tempo o un solo spazio, perchè cessano di essere principi universali..
Ergo non possono esistere etiche diverse e se esistono si manifestano nelle pratiche comportamntali come contraddizioni fra ragione e natura."
Capisco benissimo cosa intendi, il fatto è che la pensiamo totalmente in maniera differente.
Senza nessun tipo di critica personale, ma per dire come stanno le cose, io penso tu ti sia fermato a quell'idea naive della coscienza come esistente, intuibile o meno, ma sicuramente riconoscibile, e riconoscibile come Natura.
Questo ti espone al tuo stesso achtung ti prima, che nel tentativo di indagare cosa sia la conoscenza hai finito tu stesso per credere che tu (l'uomo) sia la Natura stessa.
Trattasi del solito problema di mimesi smascherato a fine 1700.
Il fatto è che ne parlerei più volentieri con maral e garbino che hanno posizioni più equidistanti da me, mentre so che per te la religione cristiana è importante. E siccome ti stimo tantissimo, sappiamo tutti e 2 di come il Concetto di Natura non esisterebbe Chiesa alcuna. (la natura è dio chiosava Spinoza, giustamente, motivo per cui divene da ebreo, cristiano. Lui che capiva benissimo che l'ebreo è cristiano...in fin dei conti....poraccio inquisito dagli ebrei e disprezzato dai cristiani che non ci capivano un acca di quel che diceva)
Quindi diciamo che accetto la tua etica, che comunque sia al di là della motivazione filosofica, riconoscendo le metafisiche etiche, ci fa essere praticamente d'accordo su tutto. (ma ovviamente mai sulla chiesa)
( e d'altronde lo stesso scomunicato severino ha detto che l'etica cristiana alla sam tommaso, è ancora un ottima alleata contro la scienza!)
cit Paul
"Disambinguiamo il termine coscienza. A me quì, in questa discussione il significato è AGENTE conoscitivo, è il SE', è il momento riflessivo Perchè se avessi voluto connotarlo di un significato spirituale o religioso ti avrei detto coscienza= spirito."
Benissimo, dovrei riscrivere tutto quanto sopra ;D
un attimo che aggiusto la mira allora....vedi a rispondere pezzo per pezzo.
mmm no in realtà a parte che finalmente capisco che per te non è una intuizone non cambia molto rispetto a quello scritto prima.
Direi praticamente nulla.
Quindi insomma per il te la riflessione è un momento dell'agente formale (categorico) naturale, connaturato all'uomo, la cui conseguenza sarebbe nel riconoscimento di questa co-relazione col mondo naturale. E quindi dissenti da me nel fatto che non è una dispiegazione storica neutra, vi è cioè una critica del suo sviluppo storico.
Detto eticamente la coscienza è un agente conoscitivo a scopo valoriale di cosa sia l'uomo.
Si penso di capire la questione, se non è così aggiungi pure.
Si mi pare dai all'etica un valore prioritario rispetto alla sua fondazione, che critichi a sua volta, dicendo che appartiene ad un pre-categorico giudiziale.
Ovviamente per me invece la fondazione è criticamente ineliminabile, e uno dei suoi "derivati" è che la natura non esiste in-sè.
Vorrà dire che nelle prossime discussioni lo terremo di conto.
ultima domanda:
Ma la trascendenza visto dicevi che eri d'accordo con myfriend in tutto questo cosa c'entra?
Citazione di: green demetr il 20 Aprile 2017, 23:31:00 PM
x sgiombo
cit sgiombo
"I mezzi per perseguire gli scopi (per esempio la "democrazia"; ma per me esistono molte, ben diverse fra loro democrazie!) si possono conoscere razionalmente (verificare empiricamente e/o dimostrare logicamente); ma gli scopi si "avvertono" irrazionalmente.
penso che in generale sei molto fiducioso nella razionalità che porta a perseguire degli scopi.
altrimenti non saresti comunista forse."
Prima una nota mia, (solo a margine Sgiombo, non è qui il caso di andare off topic).
Ma il comunismo fallirà sempre perchè da una versione antropologica totalmente errata dell'uomo.
L'uomo non è mai quello che è, ma è sopratutto quello che vorrebbe essere.
E' proprio dall'intenzionalità, da questo desiderio di "avere le cose" che arriviamo a "essere delle cose".
ma il feticismo di marx non è proprio questo?
Le riflessioni che partono dalla psciologia di Brentano fino ad arrivare ad husserl e heidegger, partono da questa considerazione.
il nuovo socialismo deve essere critico pena un fallimento infinito.
e invece anche oggi continuano a fare lo stesso errore "a sinistra", negare la psicologia, bollandola di psicologismo.
Ma la psicologia è razionalità. Mentre il comunismo no. ( e freud fu bruciato anche dalla russia)
CitazioneIl mio disaccordo è completo:
Il comunismo non ha fallito affatto (dopo avere ottenuto buoni risultati, ha invece subito sconfitte da parte del capitalismo, questo sì assolutamente fallimentare, come è evidentissimo a chiunque abbia l' onestà intellettuale d guardare i fatti per quel che sono e ammettere che sono quel che sono).
E, seguendo il pessimismo della ragione che però non esclude affatto l' ottimismo della volontà, temo che su questa terra sarà sconfitto definitivamente; ma questa sua non improbabile sconfitta, se purtroppo accadrà, sarà la sconfitta dell' umanità intera perché comporterà inevitabilmente la sua estinzione "prematura e di sua propria mano".
Inoltre certamente nell' universo infinito ci sono anche pianeti abitati da specie coscienti e intenzionali sui quali la vita, così come "da noi" ha, contrariamente che in tantissimi altri pianeti, superato nella sua evoluzione le condizioni dei procarioti, quelle degli eucarioti unicellulari, quelle dei vegetali e animali non dotati di autocoscienza e intenzionalità, ha superato e/o supererà anche la (muatatis mutandis) divisione degli animali dotati di autocoscienza e intenzionalità in classi antagonistiche (o condizioni a ciò corrispondenti) e ha realizzato e/o realizzerà qualcosa di analogo al "nostro comunismo".
E sicuramente quei fortunati soggetti di autocoscienza di tali fortunati pianeti hanno pensato, pensano e penseranno a noi che ci siamo battuti per una civiltà simile alla loro su questa terra e su tanti altri pianeti e siamo stati sconfitti con lo stesso rispetto, ammirazione, venerazione con cui noi pensiamo agli sconfitti in lotta per la civiltà umana di epoche precedenti la nostra (da Spartaco a Huss a fra Dolcino a Gioacchino da Fiore a Giordano Bruno a Robespierre a Babeuf a Rosa Luxemburg a Parice Lumumba a Ernesto Guevara a Salvador Allende a Oscar Romero a Thomas Sankara, ai coniugi Ceausescu, a Saddam Hussein a Muammar Gheddafi, ecc.); e comunque se avremo fatto il nostro dovere di rivoluzionari, anche se confitti, saremo "a posto con la nostra coscienza", potremo essere soddisfatti di noi stessi: la virtù è premio a se stessa.
La seconda non è che la boeziana consolazione della filosofia.
Una "consolazione" alquanto "religiosa", la prima?
Non lo so.
Ma so che è anch' essa un' ottima consolazione, tale da contribuire potentemente a farmi amare la vita con tutto me stesso, accada quel che accada.
Non capisco in che senso Freud sarebbe stato bruciato anche dalla Russia; mi sembra che sia morto nel suo letto a tarda età, per me immeritatamente venerato e riverito.
Comunque credo che il socialismo scientifico sia almeno altrettanto razionale della miglior psicologia, e incomparabilmente più razionale di quella irrazionalistissima di Freud e seguaci.
Ora la domanda:
Questo mi giunge inaspettato, tu che sei un campione contro l'irrazionalismo, mi dici che secondo te lo scopo semplicemente si avverte irrazionalmente?
Sono basito.
CitazioneMi stupisci.
Dovresti infatti sapere che essere consapevoli dei limiti del razionalismo è essere ben più conseguentemente razionalisti che (irrazionalisticamente!) ignorarli.
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Ma anche stando così la cosa, quale sarebbe la razionalità di una democrazia?
Non pretendo un saggio, ma almeno un paio di linee guida esemplificative.
O anche un paio di nomi, Marx? Lenin?
A mio avviso invece l'episteme, quando passa dall'oggetto, alle persone, diventa sociologia, con le sue brave leggi sociali, con i suoi know how ideologici. Propaganda.
E questa propaganda viene fatta per via di una conoscenza solida, di come sono fatto gli uomini e di come ragionano.
Mi richiamo se vuoi, se lo conosci,a Pasolini, che vedeva nell'introduzione delle tv nelle case, la fine di ogni possibile umanità.
E così è stato. Io intorno a me vedo solo Robot (avete visto il telefilm? perfetto!)
CitazioneAppunto: la democrazia, come il socialismo, è uno scopo avvertito irrazionalmente.
Razionalistica è invece la verifica del realismo o meno degli scopi nonché la ricerca dei mezzi atti a realizzare quelli ritenuti realistici nelle condizioni date: Marx, Engels (per me non meno di Marx!), Lenin, Gramsci, Stalin, Lucacs, ecc.).
Torniamo al MAIN, al piatto centrale.
Certamente non ero sicuro che per te cosa-in-sè e fenomeno coincidessero, l'ho provato a ricavare per te.
Hai fatto bene a distinguere.
Ma di fatto hai creato un altro problema.
Tu parli di trascendenza, ossia che il fenomeno sia trasceso dalla cosa in sè.
Ma è proprio questo il punto impossibile per Kant da superare, che cosa è la trascendenza?
E visto che non sopportiamo le religioni, non possiamo dire che sia Dio, spero tu mi capisca!
Quale sarebbe il contenuto razionale? Il problema di kant insomma era il contenuto razionale del tracendente, quale giudizio darne?
Hai anche specificato che il mentale non è il trascendente, che era un altra soluzione che avevo provato a ricavare per te.
In realtà sono d'accordo, anche il mentale è fenomeno.
CitazioneRipeto che non vedo nessun problema né per Kant, né (si parva licet) per me.
Del noumeno, se c' è, non è conoscibile altro che l' esistenza in divenire puntualmente ed univocamente corrispondente ai fenomeni secondo alcune -poche- determinate modalità o criteri. Punto e basta (e anche questa è solo un' ipotesi esplicativa: se è vera conoscenza, non è comunque certa in quanto tale).
Di più non si può pretendere di razionalmente e sensatamente pensarne.
Ma la mia domanda è comunque un altra.
E allora in cosa consisterebbe la co-scienza?
Provo di nuovo a ricavarlo per te, che la coscienza per te sia essa stessa un fenomeno?
In quel caso staresti dando un significato a mio parere troppo unilaterale con dei rischi forti di sforare nell'irrazionale.
Per esempio perchè la coscienza cambia? Mentre per te il fenomeno (del tutto irrazionalmente e per ipedire di scadere in uno scetticismo totale e sordo) avrebbe comunque una certa sicurezza di consistenza temporale. (puoi sempre correggermi, sono alcune cose che mi sono rimaste nella memoria dei tuoi scritti, vado cioè a memoria).
CitazioneLa coscienza è puramente e semplicemente l' insieme dei fenomeni percepiti sensibilmente.
Essa cambia (diviene). Lo si constata, senza bisogno di "spiegazioni ulteriori" del suo divenire; che comunque se ci fossero sarebbero a loro volta prive di "spiegazioni ulteriormente ulteriori" in un regresso all' infinito: prima o poi bisogna pur fermarsi nel cercare spiegazioni, e allora perché mai non fermarsi alla constatazione del divenire della coscienza fenomenica e invece cercarne ulteriori spiegazioni?
Il noumeno spiega comunque ulteriormente determinati aspetti di questo divenire dei fenomeni, come la (indimostrabile) intersoggettività di quelli materiali.
Ma in generale l' alternativa é fra il fermarsi a determinate spiegazioni inspiegate o il regresso all' infinito (o al limite cercare "pseudospiegazioni circolari").
La "maggiore consistenza temporale" è, nelle mie ipotesi ontologiche, propria del noumeno rispetto ai fenomeni: i soggetti e gli oggetti in sé dei fenomeni accadono realmente anche in circostanze diverse da quelle nelle quali e in maniera puntualmente ed univocamente corrispondente alle quali accadono i fenomeni ("ciò che in sé corrisponde all' albero qui di fronte" e "ciò che in sé corrisponde a me soggetto della sua visione e soggetto-oggetto delle mie sensazioni mentali" sono reali anche allorché essi sono in relazioni diverse da quelle nelle quali accade realmente anche la mia visione dell' albero, ovvero anche allorché non esistono i fenomeni "albero", perché per esempio chiudo gli occhi o guardo o magari vado altrove; e tali cose in sé sono reali anche allorché non lo sono neppure i fenomeni "miei pensieri, sentimenti, ecc." perché magari dormo senza sognare).
Il comunismo non ha fallito affatto (dopo avere ottenuto buoni risultati, ha invece subito sconfitte da parte del capitalismo, questo sì assolutamente fallimentare, come è evidentissimo a chiunque abbia l' onestà intellettuale d guardare i fatti per quel che sono e ammettere che sono quel che sono).
Questa è davvero bella. Mo me la segno. :D
Comunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia. Non per niente si basano entrambi sulla concezione darwiniana della evoluzione umana come risultato della contrapposizione e della lotta tra "uomini superiori" e "uomini inferiori".
Tutte le ideologie del 20 secolo sono nate dall'idea darwinista della "lotta per l'evoluzione tra uomini superiori e uomini inferiori".
Cambiano solo le categorie in lotta, ma la dinamica di base è la stessa per tutte le ideologie: nazismo, comunismo, capitalismo.
Nazismo, comunismo e capitalismo si differenziano solo sulla definizione di "uomini superiori" e "uomini inferiori". Ma si basano tutte sulla stessa visione darwinista che concepisce l'evoluzione umana come risultato della lotta e della contrapposizione tra "superiori" e "inferiori".
Il problema sta nel fatto che è la visione darwinista dell'uomo e dell'evolzuione ad essere totalmente sbagliata. E quindi sono sbagliate tutte le ideologie che dal darwinismo sono nate.
La visione corretta è: l'uomo ha una natura inferiore e una natura superiore. E l'evoluzione consiste nel coltivare la "natura superiore" per partecipare al processo creativo della Coscienza cosmica tramite la "compassione".
Se non si comprende questo, non si comprende chi è l'uomo e qual è la sua funzione nel grandioso e meraviglioso disegno della evoluzione. ;)
Ma per comprendere questo occorre "risvegliarsi". E per risvegliarsi occorre andare oltre le "fedi". E il darwinismo, come anche capitalismo e comunismo sono delle "fedi".
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 13:52:38 PM
Il comunismo non ha fallito affatto (dopo avere ottenuto buoni risultati, ha invece subito sconfitte da parte del capitalismo, questo sì assolutamente fallimentare, come è evidentissimo a chiunque abbia l' onestà intellettuale d guardare i fatti per quel che sono e ammettere che sono quel che sono).
Questa è davvero bella. Mo me la segno. :D
Comunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia. Non per niente si basano entrambi sulla concezione darwiniana della evoluzione umana come risultato della contrapposizione e della lotta tra "uomini superiori" e "uomini inferiori".
Tutte le ideologie del 20 secolo sono nate dall'idea darwinista della "lotta per l'evoluzione tra uomini superiori e uomini inferiori".
Cambiano solo le categorie in lotta, ma la dinamica di base è la stessa per tutte le ideologie: nazismo, comunismo, capitalismo.
Nazismo, comunismo e capitalismo si differenziano solo sulla definizione di "uomini superiori" e "uomini inferiori". Ma si basano tutte sulla stessa visione darwinista che concepisce l'evoluzione umana come risultato della lotta e della contrapposizione tra "superiori" e "inferiori".
Il problema sta nel fatto che è la visione darwinista dell'uomo e dell'evolzuione ad essere totalmente sbagliata. E quindi sono sbagliate tutte le ideologie che dal darwinismo sono nate.
La visione corretta è: l'uomo ha una natura inferiore e una natura superiore. E l'evoluzione consiste nel coltivare la "natura superiore" per partecipare al processo creativo della Coscienza cosmica tramite la "compassione".
Se non si comprende questo, non si comprende chi è l'uomo e qual è la sua funzione nel grandioso e meraviglioso disegno della evoluzione. ;)
Ma per comprendere questo occorre "risvegliarsi". E per risvegliarsi occorre andare oltre le "fedi". E il darwinismo, come anche capitalismo e comunismo sono delle "fedi".
condivido cio che dici, pero avrei dei dubbi per quanto riguarda la funzione dell'uomo nel suo disegno evolutivo..in primo luogo perché se e' vero che abbiamo due tendenze, una superiore ed una inferiore,a me sembra che quella che ha finito per prevalere sia la seconda e (mi) pare che sia proprio una tendenza - regressiva- ed inequivocabile
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 13:52:38 PM
Il comunismo non ha fallito affatto (dopo avere ottenuto buoni risultati, ha invece subito sconfitte da parte del capitalismo, questo sì assolutamente fallimentare, come è evidentissimo a chiunque abbia l' onestà intellettuale d guardare i fatti per quel che sono e ammettere che sono quel che sono).
Questa è davvero bella. Mo me la segno. :D
CitazioneE fai bene.
Ma meglio ancora faresti a toglierti le fette di salame dagli occhi e guardare in faccia la realtà.
Ti accorgeresti che il benessere complessivo medio per le popolazioni di quei paesi, di quelle dei paesi che con essi collaboravano per il proprio sviluppo e sono cadute completamente in balia dell' imperialismo, per noi stessi relativamente non privilegiati dei paesi occidentali dominanti nel sistema imperialistico mondiale é drasticamente, drammaticissimamente diminuito e continua a diminuire vertiginosamente dopo la caduta del muro di Belino e in conseguenza di essa!
Comunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia. Non per niente si basano entrambi sulla concezione darwiniana della evoluzione umana come risultato della contrapposizione e della lotta tra "uomini superiori" e "uomini inferiori".
Tutte le ideologie del 20 secolo sono nate dall'idea darwinista della "lotta per l'evoluzione tra uomini superiori e uomini inferiori".Cambiano solo le categorie in lotta, ma la dinamica di base è la stessa per tutte le ideologie: nazismo, comunismo, capitalismo.Nazismo, comunismo e capitalismo si differenziano solo sulla definizione di "uomini superiori" e "uomini inferiori". Ma si basano tutte sulla stessa visione darwinista che concepisce l'evoluzione umana come risultato della lotta e della contrapposizione tra "superiori" e "inferiori".
CitazionePer la serie: le cazzate delle ore 13 , 52.
Green demetr,
se non c'è un inizio, un origine, che sai filosofica, teologica o scientifica, dimmi come faremmo a "leggere" il mondo?
Senza un ordine che è necessariamente un "in sè" tutto sarebbe randomizzato. Oggi la gravità funzionerebbe con i piedi per terra e domani la testa. Ogni cosa che oggi è, domani non sarebbe ,e domani ancora diversamente da prima.
Questa è una contraddizione in termini. Ma addirittura che se fossimo un cervello in una vasca" o tutto fosse una matrix o un'illusione, perchè comunque ha un ordine intellegibile analogicamente al nostro cervello che è infatti parte.
L'intuizione, ma è una mia semplice considerazione, è proprio perchè siamo parte di un origine comune, veniamo tutti e tutto da unico punto, così come è nato l'uomo così come nacque la Terra .così come nacque l'universo., sia che lo inseriamo i nquadro rappresentativo scientifico naturale, filosfiico o teologico.
Il giudizio dovrebbe essere razionale e quindi seguire un processo logico che è uno strumento.
La trascendenza, non necessariamente per me è spirituale, forse la utilizzo impropriamente, ma per me signiifca spostare da un dominio all'altro un segno. Un albero, un fiore, un pianeta, comunque tutto ciò che appartiene al dominio naturale, attraverso il linguaggi o lo sposto nel dominio dell'asrtatto e diviene conoscenza.
la coscienza media con quel giudizio logico razionale se la relazione segnica concettualizza i due domini della natura e dell'astratto.
Ad esempio, se osservo e analizzo il cilo planetario di un pianeta attorno al sole e vedo che è regolare(ecco il principio ordinativo e leggibile all mente umana) posso spostare i lsuo movimento dentro l'astratto con il linguaggio logico materiale in una equazione.
Se applico quell'equazione a tutti i pianeti e vedo che i valori segnici dati corrispondono all'osservazione fisica, allora quella legge vale per tutti i pianeti. Quindi il concetto è la formulazione razionale che permette i passaggi dei domini attraverso i linguaggi e permette il doppio passaggio ,come in questo esempio per verificare la formalità logico-matematica, quindi è razionale.
La coscienza avendo un'intuito quest'ultimo, a mio modesto parere, lega la coscienza direi come un eco profondo metaforicamente all'origine. Come dire.......qualcosa mi dice che quella cosa è relazionata a quella'ltra in un certo modo...poi agisce la ragione, la razionalità i linguaggi...... ma quell'intuito è come un'apripista.
Green, quel Tutto qualcuno lo definisce punto zero della teoria del big bang e quindi teoria scientif1ca cosmologica, per altri è Dio, per altri è L'uno, per altri è il principio di identità, per altri è lo Spirito, per altri coscienza cosmica o universale,ecc.
Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale
La volontà non è intuizione e ho letto la fenomenologia di Husserl , è interessante, ma nulla di più.
Certo che la coscienza deve fare i conti con il mondo La coscienza ha anche un valore intuitivo.
La ritengo il punto centrale dell'uomo dove convergono ,ma anche dipartono, tutte le forme, essenze .sostanze, è ragione, ma nche psiche, è spiritualità, è scienza, ma anche arte, è emozione. E' il nostro personale piccolo specchio che rispecchia l'universo, passando per il contraddittorio mondo dell'esistenza nel divenire. Direi è l'essere che esiste e quindi contraddizione e verità, velament oe svelamento. razionalità ed emotività. E' il luogo della nostra rappresentazione contraddittoria, dell'inquietudine ,del tormento esistenziale umano. ma appunto come Davintro ritengo che la razionalità= libertà. Perchè il punto centrale della contraddittorietà umana, la coscienza è il luogo in cui avviene dialetticamente il contraddittorio i umano e solo la razionalità vincendo le contraddizioni con la razionalità possono liberarlo Vinco una paura ,quando la razionalizzo e allora l'irrazionale lo faccio entrare nel logico: questo è il movimento storico dellla cultura, togliere lo sconosciuto, svelare l'ignoto, affinchè conoscendo lo comprenda, lo faccia mio.
ma il fare mio signiifica interiorizzare nella coscienza la conoscenza dirimendo il contraddittorio fra il fenomeno fisico e l'astrazione del segno linguistico
. Guarda che è simile alla psicoterapia. Tutti i domini alla fine si correlano negli identici processi, negli dentici movimenti e dinamiche : perchè c'è un unico principio ordinativo.
Sini è un pragmatico di ascendenza fenomenologica: non mi dice molto.
Come ho scritto in tutte le salse il rapporto è sempre cultura/natura, come soggetto/oggetto, come osservato/osservatore. ma semplicemente perchè noi non siamo fuori dall'universo, noi siamo "dentro" e questo cambia notevolmente.
E' solo una comodità conoscitiva costruire artificialmente la soggettività e dividerla totalmente dall'oggettività
Oltretutto i nostri apparati sensoriali sono ridicoli rispetto al mondo animale e sarà sempre peggio, perchè noi sopperiamo con l'artefatto culturale, con la tecnica e la tecnologia, l'ambiente naturale dove l'animale deve sopravvivere difendendosi e cacciando.
Noi saremo sempre più il prodotto di una nostra cultura,se si vuole, delle nostre contraddizioni
La coscienza sociiale in Hegel, perchè la definisce proprio così, è il procedimento dialettico e quindi fenomenologico del contraddittorio fra l'egoismo individualista e il far parte della comunità.C'entra poco con Marx che "copierà" la dialettica hegeliana nell'analisi del materialismo storico per cui ne scaturirà la "coscienza di classe"
Dove deduci che per me l'etica equivale a natura? Tutt'altro è un procedimento della nostra coscienza e non può essere slegata dal principio ordinativo e originario e quindi storicizzata e quindi relativa solo ad un tempo ed un luogo. esiste un'etica universale oppuure non esiste affatto.
Ciao Green, sei un "casinista" ,ma hai alcuni spunti di perspicacia che fanno riflettere
@acquario
La nostra natura inferiore è fortemente radicata in noi. Ed è fortemente radicata perchè è il frutto di centinaia di milioni di anni di evoluzione. Nella nostra natura inferiore c'è la difesa del nostro territorio (fisico e psicologico), c'è l'aggressività, c'è la paura, c'è l'egoismo, c'è la collaborazione col clan di appartenenza etc etc. Tutte qualità che abbiamo radicate in noi e che sono il frutto di centinaia di milioni di anni di evoluzione.
La nostra natura superiore, invece, è molto giovane. Non vanta una storia di centinaia di milioni di anni di radicamento. Ma è presente nella Realtà solo da 200mila anni.
Questo forte squilibrio di radicamento tra natura inferiore e natura superiore (squilibrio a vantaggio della nostra natura inferiore) porta la prima a prevalere.
Di fatto, mentre l'inconsapevolezza (natura inferiore) ce l'abbiamo gratis, la Consapevolezza (natura superiore) va coltivata e incoraggiata.
Certamente, le cosiddette "religioni istituzionalizzate" fanno un lavoro ammirevole. Ma è un lavoro poco incisivo perchè esse non hanno come obiettivo quello di favorire la crescita della Consapevolezza, ma si limitano a dare una "fede". E tutte le fedi sono, ahimè, sbagliate. Perchè tutte le fedi non fanno altro che perpetuare l'inconsapevolezza.
L'evoluzione è un processo lento. Anche se, piano piano, le cose cambiano. Molto molto lentamente e con continue cadute e ricadute.
La Consapevolezza è frutto di un lavoro personale. Non è gratis. E la crescita della Consapevolezza "collettiva" è un processo ancora più lento della crescita della Consapevolezza "personale".
E se non c'è questo lavoro (di crescita spirituale), quella che prevale è la nostra natura inferiore (per questo ho detto che ce l'abbiamo gratis).
E' innegabile che oggi viviamo una fase di regressione.
Ma l'evoluzione è fatta così. E' fatta di piccoli passi in avanti seguiti da cadute e ricadute.
L'unica speranza è che riusciamo a "risvegliarci" prima di ammazzarci tutti l'un l'altro per le risorse e prima di distruggere il Pianeta.
Ma nessun risveglio è possibile se non si abbandonano le proprie fedi.
Perchè la consapevolezza sta oltre qualunque fede.
Le resistenze sono fortissime. Perchè come si vede anche in questo forum ciascuno rimane aggrappato disperatamente alle sue fedi: il credente continuerà a essere credente. Il comunista rimarrà comunista. Lo scettico rimarrà scettico. La resistenza ad andare oltre le proprie fedi e quindi la resistenza al cambiamento e quindi la resistenza alla Consapevolezza è uno scoglio durissimo da superare.
E se uno non fa un lavoro serio su se stesso (a 20 anni come a 50 anni come a 70 anni e oltre) non potrà mai andare oltre le sue fedi e non potrà mai apririsi alla Consapevolezza.
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 16:47:36 PM
Le resistenze sono fortissime. Perchè come si vede anche in questo forum ciascuno rimane aggrappato disperatamente alle sue fedi: il credente continuerà a essere credente. Il comunista rimarrà comunista. Lo scettico rimarrà scettico. La resistenza ad andare oltre le proprie fedi e quindi la resistenza al cambiamento e quindi la resistenza alla Consapevolezza è uno scoglio durissimo da superare.
E se uno non fa un lavoro serio su se stesso (a 20 anni come a 50 anni come a 70 anni e oltre) non potrà mai andare oltre le sue fedi e non potrà mai apririsi alla Consapevolezza.
CitazionePer quel che mi riguarda sono "nato" (educato in una famiglia) credente (cattolica praticante) e politicamente democristiana (non sto a spiegare ai giovani che non hanno vissuto nella prima repubblica, perché non strettamente necessario).
Ma non sono rimasto aggrappato acriticamente e "disperatamente" alle mie fedi.
Tant' é vero che (prima) sono diventato ateo e (poi; del tutto indipendentemente: lo sarei diventato anche se fossi rimasto cristiano) comunista.
@sgiombo
Sei passato da una "fede" a un'altra "fede".
A te sembra di aver fatto chissà quale "rivoluzione" o "cambiamento".
In realtà, da un punto di vista di crescita spirituale, non ti sei mosso di un centimetro.
Hai solo scelto un altro clan. Ma sei sempre all'interno delle dinamiche della tua natura inferiore.
Sei la prova provata che le "fedi", qualunque esse siano, sono un impedimento alla crescita spirituale.
E non fanno altro che rafforzare la nostra natura inferiore: la logica dei clan e delle lotte tra clan. Ciascuno con la sua "bella" fede. :D
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 17:12:35 PM
@sgiombo
Sei passato da una "fede" a un'altra "fede".
A te sembra di aver fatto chissà quale "rivoluzione" o "cambiamento".
In realtà, da un punto di vista di crescita spirituale, non ti sei mosso di un centimetro.
Hai solo scelto un altro clan. Ma sei sempre all'interno delle dinamiche della tua natura inferiore.
CitazioneComplimenti alla tua (ovviamente tutt' altro che "fideistica", molto razionalmente fondata...) sfera di cristallo che ti consente di comprendere e giudicare le vite degli altri delle quali non hai la ben che minima conoscenza!
Va beh che si tratta soltanto di vite di persone "di natura inferiore" (...ma dove l' ho già sentita questa?).
@sgiombo
Va beh che si tratta soltanto di vite di persone "di natura inferiore"
Qui hai toppato. Non ho mai detto che esistono persone di "natura inferiore".
Ho detto che in ciscuno di noi c'è una natura inferiore e una natura superiore.
E ho detto che il fatto che tu abbia abbandonato una fede ed un clan, per abbracciare un'altra fede e un altro clan, è una dinamica che rientra nella nostra natura inferiore. E, quindi, da un punto di vista di crescita spirituale non hai fatto nessun passo avanti. Perchè continui a lasciarti determinare dalla tua natura inferiore. Dalla tua natura inferiore che è poi anche la mia natura inferiore. Perchè la nostra natura inferiore ce l'abbiamo tutti.
Quando riuscirai a comprendere che in realtà non esistono clan nè fedi, allora comincerai a ragionare con la tua natura superiore e comincerai a farti determinare dalla tua natura superiore. Ma questo non è gratis. Ci devi lavorare su. E nessun altro può farlo per te al posto tuo. E' una cosa che solo tu puoi fare.
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 17:27:50 PM
@sgiombo
Va beh che si tratta soltanto di vite di persone "di natura inferiore"
Qui hai toppato. Non ho mai detto che esistono persone di "natura inferiore".
Ho detto che in ciscuno di noi c'è una natura inferiore e una natura superiore.
E ho detto che il fatto che tu abbia abbandonato una fede ed un clan, per abbracciare un'altra fede e un altro clan, è una dinamica che rientra nella nostra natura inferiore. E, quindi, da un punto di vista di crescita spirituale non hai fatto nessun passo avanti. Perchè continui a lasciarti determinare dalla tua natura inferiore. Dalla tua natura inferiore che è poi anche la mia natura inferiore. Perchè la nostra natura inferiore ce l'abbiamo tutti.
Quando riuscirai a comprendere che in realtà non esistono clan nè fedi, allora comincerai a ragionare con la tua natura superiore e comincerai a farti determinare dalla tua natura superiore. Ma questo non è gratis. Ci devi lavorare su. E nessun altro può farlo per te al posto tuo. E' una cosa che solo tu puoi fare.
CitazioneAlle altre affermazioni qui riportate ho già risposto.
Perciò mi limito solo a rilevare che la tua frase " Ma sei sempre all'interno delle dinamiche della tua natura inferiore" si può ben intendere (per lo meno anche) come allusiva a una mia complessiva natura inferiore e non a una mia "duplicità di nature", l' una inferiore e l' altra "superiore" (alle quali nell' intervento #102 al quale rispondevo non si fa cenno).
Se lo spiegatore non si spiega adeguatamente é inevitabile che conseguano "toppamenti" nella comprensione delle sue parole.
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 16:47:36 PM@acquario La nostra natura inferiore è fortemente radicata in noi. Ed è fortemente radicata perchè è il frutto di centinaia di milioni di anni di evoluzione. Nella nostra natura inferiore c'è la difesa del nostro territorio (fisico e psicologico), c'è l'aggressività, c'è la paura, c'è l'egoismo, c'è la collaborazione col clan di appartenenza etc etc. Tutte qualità che abbiamo radicate in noi e che sono il frutto di centinaia di milioni di anni di evoluzione. La nostra natura superiore, invece, è molto giovane. Non vanta una storia di centinaia di milioni di anni di radicamento. Ma è presente nella Realtà solo da 200mila anni. Questo forte squilibrio di radicamento tra natura inferiore e natura superiore (squilibrio a vantaggio della nostra natura inferiore) porta la prima a prevalere. Di fatto, mentre l'inconsapevolezza (natura inferiore) ce l'abbiamo gratis, la Consapevolezza (natura superiore) va coltivata e incoraggiata. Certamente, le cosiddette "religioni istituzionalizzate" fanno un lavoro ammirevole. Ma è un lavoro poco incisivo perchè esse non hanno come obiettivo quello di favorire la crescita della Consapevolezza, ma si limitano a dare una "fede". E tutte le fedi sono, ahimè, sbagliate. Perchè tutte le fedi non fanno altro che perpetuare l'inconsapevolezza. L'evoluzione è un processo lento. Anche se, piano piano, le cose cambiano. Molto molto lentamente e con continue cadute e ricadute. La Consapevolezza è frutto di un lavoro personale. Non è gratis. E la crescita della Consapevolezza "collettiva" è un processo ancora più lento della crescita della Consapevolezza "personale". E se non c'è questo lavoro (di crescita spirituale), quella che prevale è la nostra natura inferiore (per questo ho detto che ce l'abbiamo gratis). E' innegabile che oggi viviamo una fase di regressione. Ma l'evoluzione è fatta così. E' fatta di piccoli passi in avanti seguiti da cadute e ricadute. L'unica speranza è che riusciamo a "risvegliarci" prima di ammazzarci tutti l'un l'altro per le risorse e prima di distruggere il Pianeta. Ma nessun risveglio è possibile se non si abbandonano le proprie fedi. Perchè la consapevolezza sta oltre qualunque fede. Le resistenze sono fortissime. Perchè come si vede anche in questo forum ciascuno rimane aggrappato disperatamente alle sue fedi: il credente continuerà a essere credente. Il comunista rimarrà comunista. Lo scettico rimarrà scettico. La resistenza ad andare oltre le proprie fedi e quindi la resistenza al cambiamento e quindi la resistenza alla Consapevolezza è uno scoglio durissimo da superare. E se uno non fa un lavoro serio su se stesso (a 20 anni come a 50 anni come a 70 anni e oltre) non potrà mai andare oltre le sue fedi e non potrà mai apririsi alla Consapevolezza.
A me sembra di leggere una serie di inesattezze e contraddizioni. Primo: stando a quel che ci dice la scienza gli uomini (la specie "homo") esistono da circa due milioni di anni dunque non possono avere centinaia di milioni di anni di evoluzione. Secondo: il fatto di considerare le cosiddette "natura inferiore" e "natura superiore" come negativa la prima e positiva la seconda è un mero pregiudizio perchè potrebbe essere benissimo (come in effetti è) l'opposto. Terzo: non vi è mai stato un mondo in cui l'egoismo e l'egolatria siano dominanti come in quello attuale, per cui l'egoismo dovrebbe far parte di quella che chiami "natura superiore" e non viceversa. Quarto: la consapevolezza è il necessario strumento dell'inconsapevolezza, quindi essendo solo uno strumento gli è inferiore. Quinto: tutte le religioni hanno (o avevano) come obiettivo ultimo la crescita e lo sviluppo della consapevolezza che successivamente si trasforma in inconsapevolezza, poi dipende dalle persone e dalle loro capacità individuali riuscire ad arrivare o meno a questo obiettivo. Quinto: tutte le religioni che si basano sulla tradizione sono vere, e quelle false sono solo quelle moderne che assumono come assoluto ciò che invece è relativo. La fede è uno strumento necessario ma non sufficiente per proseguire nel cammino di consapevolezza, poi se qualcuno si ferma alla fede farà come quello che rimane seduto in un'auto ferma, quindi non arriverà mai a destinazione. Sesto: sarebbe interessante sapere, visto che affermi che siamo in una fase di regressione, quando avremmo vissuto invece una fase di progresso e come (e da cosa) si distinguono le due fasi. Settimo: nel messaggio precedente affermi che
"Comunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia. Non per niente si basano entrambi sulla concezione darwiniana della evoluzione umana come risultato della contrapposizione e della lotta tra "uomini superiori" e "uomini inferiori". Mi sembra una sciocchezza dato che il capitalismo è nato ufficialmente con la rivoluzione industriale cento anni prima di Darwin e il comunismo invece è nato in contrapposizione allo sfruttamento della forza lavoro da parte del capitalismo all'incirca in contemporanea all'enunciazione delle teorie darwiniane. Ed entrambe le ideologie non teorizzano affatto l'esistenza di uomini superiori o inferiori ma solo (nel caso del comunismo) l'esistenza di classi sociali diverse in conflitto fra loro. Le tesi di Darwin c'entrano semmai con l'elaborazione delle teorie razziste riprese da altre ideologie e avallate dalle autorità scientifiche dell'epoca.
@sgiombo
Ok. Però, siccome il dialogo è nato a partire dal mio post #100, avevo dato per scontato che tu avessi letto cosa intendo quando parlo di "natura inferiore" e "natura superiore".
Quando ho usato l'espressione "dinamiche della tua natura inferiore" non volevo assolutamente dire che "tu sei di natura inferiore".
Anche se mi rendo conto che la frase estrapolata dall'intero concetto si presta a fraintendimenti.
Sul fatto che la mia visione dell'uomo sia razionalmente fondata o meno...beh...ci sarebbe molto da dire.
Ti ho già accennato al fatto che lo sviluppo embrionale "ripercorre" in sintesi le tappe evolutive della vita sulla Terra. Ma non è solo questo. Il concetto di "natura inferiore" e "natura superiore" che in noi coesistono, o coabitano, ha la sua spiegazione scientifica nella struttura del nostro cervello, che è una struttura a strati: c'è lo strato rettiliano, quello paleomammifero e quello neomammifero.
La nostra "natura inferiore" si trova negli stati più interni che sono anche i più antichi (dal punto di vista evolutivo).
La nostra "natura superiore" si trova nello strato più esterno che è quello in cui risiede l'autocoscienza (che è il più giovane dal punto di vista evolutivo).
In sostanza noi homo, ciascuno di noi, è anche il rettile dal quale proveniamo, è il topo dal quale proveniamo, è il leone e la gazzella dai quali proveniamo, è la scimmia dalla quale proveniamo.
Per fare solo degli esempi: la territorialità (fisica e psichica) risiede nella natura inferiore. Paura, aggressività, egoismo, appartenenza ad un clan e alle sue fedi...sono tutte caratteristiche della nostra natura inferiore. Cioè meccanismi evolutivi che erano preesistenti all'homo e che l'homo si porta dentro.
E poi c'è la natura superiore: l'autocoscienza e la compassione. Che però è, si e no, solo il 10% del nostro essere.
@donquixote
Primo: stando a quel che ci dice la scienza gli uomini (la specie "homo") esistono da circa due milioni di anni dunque non possono avere centinaia di milioni di anni di evoluzione.
La specie homo sapiens c'è da 200mila anni. Vedi qui:
https://it.wikipedia.org/wiki/Homo_sapiensCiò che ha centinaia di milioni di anni di evoluzione è il nostro cervello. Nel nostro cervello - che è fatto a strati - coesitono il cervello rettiliano, quello paleomammifero e quello neomammifero. Nel nostro cervello sono condensati centinaia di milioni di anni di evoluzione.
La nostra "natura inferiore" si trova negli stati più interni che sono anche i più antichi (dal punto di vista evolutivo).La nostra "natura superiore" si trova nello strato più esterno che è quello in cui risiede l'autocoscienza (che è il più giovane dal punto di vista evolutivo).In sostanza noi homo, ciascuno di noi, è anche il rettile dal quale proveniamo, è il topo dal quale proveniamo, è il leone e la gazzella dai quali proveniamo, è la scimmia dalla quale proveniamo.
Secondo: il fatto di considerare le cosiddette "natura inferiore" e "natura superiore" come negativa la prima e positiva la seconda è un mero pregiudizio
Mai detto che la "natura inferiore" è negativa. La natura inferiore è quella che ci mantiene in vita.
La natura inferiore va benissimo per vivere nella giungla o nella savana. Il leone va benissimo così com'è. E la gazzella va binissimo così com'è. E in noi c'è anche il leone che mangia la gazzella e c'è la gazzella che scappa dal leone. E c'è la territorialità e le lotte tra clan.
Va tutto bene, perchè questi meccanismi di base ci mantengono in vita.
Ma, grazie a dio, siamo usciti dalla giungla e dalle savane. E, quindi, sarebbe ora di coltivare la nostra natura superiore.
Terzo: non vi è mai stato un mondo in cui l'egoismo e l'egolatria siano dominanti come in quello attuale, per cui l'egoismo dovrebbe far parte di quella che chiami "natura superiore" e non viceversa.
Questo non direi proprio. L'uomo ha fatto passi da gigante da quando viveva nei clan e nelle caverne. Ha fatto passi da gigante dai tempi del politeismo e delle lotte tra imperi. Ha fatto passi da gigante quando ha superato lo schiavismo e il colonialismo. C'è ancora molto da fare ovviamente. Ma è sciocco affermare che cristianesimo, rinascimento, rivoluzione francese e americana, la rivoluzione industriale, il socialismo...non siano stati nel compesso un bel passo in avanti rispetto ai clan tribali, ai totem e alle lotte tra clan rivali. O no?
Quarto: la consapevolezza è il necessario strumento dell'inconsapevolezza, quindi essendo solo uno strumento gli è inferiore.La consapevolezza non è uno strumento. La consapevolezza è il modo "maturo" di concepire la Realtà, di concepire se stessi e se stessi in relazione alla Realtà.
Quinto: tutte le religioni hanno (o avevano) come obiettivo ultimo la crescita e lo sviluppo della consapevolezza che successivamente si trasforma in inconsapevolezza, poi dipende dalle persone e dalle loro capacità individuali riuscire ad arrivare o meno a questo obiettivo.
Le religioni hanno come obiettivo quello di darti una "fede", cioè una interpretazione già precostituita della Realtà. La consapevolezza è un percorso personale di comprensione della Realtà per ciò che oggettivamente è a prescindere da qualunque fede. Ed è per questo che le religioni e le fedi sono un ostacolo alla consapevolezza.
Sesto: sarebbe interessante sapere, visto che affermi che siamo in una fase di regressione, quando avremmo vissuto invece una fase di progresso e come (e da cosa) si distinguono le due fasi.Dopo la fine della Seconda guerra Mondiale, l'homo si è trovato di fronte al proprio orrore. Dopo aver visto l'orrore che è in grado di produrre è nata una consapevolezza nuova. E' nata la dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU, sono nate le costituzioni democratiche basate sul concetto di solidarietà. Oggi questa spinta si va perdendo. E la solidarietà è stata sostituita dal potere finanziario. Non per niente si parla di una crisi simile al 1929. Stiamo tornando indietro. La spinta di Consapevolezza e di solidarietà nata dopo la Seconda guerra Mondiale si è esaurita. Stanno ritornando gli egoismi.
Mi sembra una sciocchezza dato che il capitalismo è nato ufficialmente con la rivoluzione industriale cento anni prima di Darwin e il comunismo invece è nato in contrapposizione allo sfruttamento della forza lavoro da parte del capitalismo
Quando parlo di "capitalismo" mi riferisco alla sua versione "moderna", quella post-darwiniana. E cioè il "capitalismo-coloniale". Quello che è andato in giro per il mondo a "colonizzare" altre culture ritenute "inferiore".
E' vero che il comunismo è nato in contrapposzione al capitalismo. Ma si è basato sulla visione di Darwin (la stessa che ha alimentato il capitalismo-coloniale e il nazismo) e cioè esistono degli "uomini superiori" e degli "uomini inferiori" e l'evoluzione umana avviene solo grazie alla lotta tra superiori e inferiori. Il comunismo ha solamente ribaltato la prospettiva capitalista. Quelli che per il capitalismo erano i "superiori" per il comunismo erano "inferiori" e quelli che per il capitalismo erano "inferiori" per il comunismo erano "superiori". Il comunismo ha solamente ribaltato i "superiori" con gli "inferiori", ma ha abbracciato la visione darwinista in base alla quale l'evoluzione dell'uomo può avvenire solo a seguito della lotta e dello scontro tra superiori e inferiori. Non per niente il comunismo si basa sulla "lotta di classe" che è un concetto ereditato dalla visione di Darwin che concepiva l'evoluzione come risultato della lotta tra le specie (per quanto riguarda gli animali) e della lotta tra superiori e inferiori (per quanto riguarda gli uomini).
Citazione di: Garbino il 20 Aprile 2017, 12:15:55 PM
Comunque, a grandi linee, anche il principio di non-contraddizione rientrerebbe in quel bisogno di praticità che l' uomo ha sempre cercato nello schematizzare ciò che lo circonda. Fatto questo che darebbe alle teorie di Hegel sulla contraddizione tutto un altro spessore.
Nietzsche non afferma che è falso, renditi conto che lo leggo per la prima volta e perciò devo ancora acquisirlo bene, ma che ad esempio una stessa cosa sia e non sia nel medesimo istante è necessario che l' uomo lo ritenga impossibile. Non è mia opinione che tu debba trovare tanto strana questa ipotesi, la cosa curiosa è l' indeterminatezza che acquisirebbe tutto il nostro vivere in rapporto sia a noi stessi che a ciò che ci circonda.
Il principio di non contraddizione è certo fondamentale. ma andrebbe attentamente considerato. In un recente incontro con Massimo Donà (che è stato allievo di Severino e dal quale poi si è staccato, pur continuando a considerarlo uno dei massimi filosofi della storia della filosofia), partendo dalla considerazione che il discorso filosofico con il principio di non contraddizione, mira a stabilire la più chiara distinzione possibile tra ciò che è e ciò che non è, questa distinzione non è possibile riguardo al principio di non contraddizione, proprio per l'argomentazione di Severino: la negazione del principio di non contraddizione è assolutamente impossibile, perché comunque si basa necessariamente sulla validità del principio di non contraddizione stesso. Non avendo un negatore, il principio di non contraddizione non può distinguersi da alcunché, ma deve essere esso stesso a negarsi. Dunque il principio di non contraddizione è falso in quanto è assolutamente vero, non avendo nulla fuori di sé che possa dirlo falso e la realtà nel suo essere detta reca in se stessa continuamente il "trionfo-naufragio" del principio che determina la possibilità di dirla determinandola in significati chiari e logici. Questo apparire della negazione nel cuore stesso dell'incontrovertibile è per Donà ciò che rende possibile la conoscenza artistica (che lui pratica come pittore e soprattutto come musicista) come prassi per un incontro concreto ed effettivo con l'assoluto, che resta del tutto indeterminabile per via logica.
In realtà credo che già la logica hegeliana, a differenza di quella formale, già renda possibile questa posizione nell'ambito della fenomenologia dello spirito (e forse soprattutto negli sviluppi di Shelling).
CitazioneA titolo soltanto informativo ti manifesto che nulla è più lontano dal mio pensiero che l' esistenza di una coscienza cosmica. Tutt' al più arrivo ad una materia che abbia in potenza un numero notevole di forme viventi. Ma oltre non vado.
Anche dal mio. La coscienza cosmica come coscienza diretta del tutto la trovo comunque un paradosso. La coscienza può essere solo pertinente alla parte e quindi parziale e riconducibile al tutto solo in quanto parzialità in esso compresa. Ma il cosmo, se è inteso come tutto quello che c'è, in quanto tale, non può avere coscienza di nulla.
Che è l'uomo?
Ma io mi chiedo...vale la pena essere uomo? Vale la pena essere un animale? Che cos'è meglio: essere qualcosa opposto a qualcos'altro o non essere niente del tutto? Val la pena essere una persona qualunque, un dio o un abitante degli inferni?
Ve lo chiede direttamente e brutalmente: val la pena di essere la persona che voi siete? Val la pena essere una specie di "risvegliato" che risplende nei cieli della consapevolezza? Se ci fosse qualcosa come una "coscienza cosmica" non proverebbe orrore e sgomento per quello che è e che ha prodotto? Un tale orrore che si getterebbe volontariamente nel 'sonno di Maya', nella nube dell'inconsapevolezza pur di non vedersi e di non capire che è solo sete inestinguibile, volgare amore per se stessa...Che giova una Mente che è Tutto se quel Tutto è Dolore? Che giova un Albero della Vita che produce come frutto solo morte?
Val la pena essere buoni? E cattivi? Val la pena "essere"? Se c'è attaccamento all'essere può esserci felicità? Val la pena poi...essere felici? O, alla fine, pure questa , tolta la seducente e variopinta maschera, si rivela della stessa natura di ogni esperienza, cioè transitoria ed effimera, mangiata dalla larva interiore della sofferenza in potenza? Ma poi...siete mai stati veramente felici? E' possibile esserlo o è solo una bubbola, un ideale romantico, un gratta e perdi? Essere significa provare il dolore di essere; possedere il dolore di possedere; avere il dolore di avere. Esigenti e ambiziosi desideriamo continuamente diventare questo o quello: un famoso pilota, un autorevole politico, un illuminato dispensatore di consapevolezza, un ricco imprenditore, un abile viticoltore...
La natura ci induce con l'inganno ad assumerci il dolore...e tanto siamo ingannati dalla malvagia creatura che amiamo persino l'inganno stesso, che ci sembra alla fine la cosa più desiderabile...
E' piacevole obbedire ai dettami dell'attaccamento? E c'è qualcos'altro oltre l'attaccamento o alla fine tutto si riduce a questo: esser come cozze aggrappate agli scogli, per resistere alle onde che si frangono, ignare che stiamo per esser pescate dal tristo pescatore, digerite e, come cacca, ributtate nell'oceano di satchitananda, atte a fertilizzarlo così che nuovo attaccameto agli scogli possa crescere...
Ci imbroglia a tal punto che gli uomini si gettano volontariamente e con entusiasmo nella fatica di vivere e cercano di addentarne dei grossi bocconi, dei pesci saporiti dell'oceano della Beatitudine Cosmica, inghiottendo la spina nascosta, che ci rimarrà ben conficcata in gola.
Quando si è stanchi, esausti, logorati dal dover vivere, perché non sentire che non è poi così divertente "essere"? Eppure , con suadenti parole, la natura ci dice: "Aspetta , vedrai, domani verrà...la felicità".
Malvagia bugiarda! Lo sai bene che mai arriverà quel giorno. Ma a te che importa? Vuoi solo berci tutti per cercare di placare la tua sete che ti tormenta senza tregua.
Alla fine hai solo Paura di vedere che non sei altro che questa sete?...
Citazione di: sgiombo il 20 Aprile 2017, 14:43:52 PM
In realtà non si tratta di sensazioni immediate, ma di valutazioni di sensazioni immediate che tendono a sorgere spontaneamente accompagnandole con grande "forza persuasiva"; valutazioni tuttavia alternative ad altre altrettanto possibili (contrariamente alle sensazioni immediate le quali sono invece sostanzialmente sempre le stesse), per esempio quelle successivamente imparate a scuola).
Bè, ogni sensazione è (forse a esclusione dell'infante) una valutazione che ne determina il significato, ove il significato appare subito con la sensazione stessa (significato che può essere contraddetto da altre sensazioni ricondotte dal soggetto a quello che considera uno stesso fenomeno e quindi venire messo in dubbio). Resta però il fatto che mentre sono qui seduto alla mia scrivania davanti al computer ho la nettissima sensazione di trovarmi piazzato su un supporto completamente fermo e ben orizzontale e per pensare che non è così devo ricorrere a quello che ricordo di aver imparato a scuola e non alle mie attuali sensazioni.
I giudizi sulle sensazioni immediate sono successivi, ne possono correggere i significati che immediatamente le accompagnano e negarli, ma questi giudizi fanno sempre riferimento al contesto culturale in cui si vive, che è un contesto più ampio che esercita un'azione intermediatrice, ma non a come stanno le cose in sé e per sé. Sono mappe i cui segni riflettono significati attualmente condivisi di esperienza condivisi secondo pratiche e strumenti di conoscenza.
La validità intersoggettiva dell'immagine che ci facciamo del mondo, non è, in altre parole, una prova di una oggettività a sé stante, proprio perché se così fosse non ci sarebbe alcuna relazione possibile con questo oggetto assoluto, ma è il risultato di un modo comune di praticare il mondo tra soggetti che vivono nella medesima parzialità prospettica condivisa nelle esperienze attuali e nella storia immensa di tracce di esperienze che risalgono molto indietro nel tempo, agli albori della conoscenza umana.
Il mondo di una tribù di indigeni della foresta amazzonica non è letteralmente lo stesso mondo di un gruppo di fisici che lavora al CERN di Ginevra, la prospettiva del gruppi di soggetti con cui questo oggetto-mondo entra in relazione per darsi è radicalmente diversa per il modo in cui si dà e non c'è un modo più vero e uno più falso rispetto all'altro, sono tra loro incommensurabili. Ovviamente il mondo in sé è lo stesso per entrambi i gruppi, ma è il cosa esso sia, la sua conoscenza, il suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi, in cui si manifestano significati diversi, due mondi che non sono uno vero e uno falso, ma diversamente condivisi. In relazione agli ambiti di conoscenza essi sono entrambi in qualche misura veri e in qualche misura falsi e il modo in cui sono diversamente in qualche misura veri e in qualche misura falsi fa la differenza, li tiene separati. E gli indigeni della tribù come i fisici di Ginevra sono entrambi "normalmente sani di mente" se entrambi stanno nel loro mondo di riferimento significante. Non lo sono più invece se viene a mancare in ciò che conoscono il riferimento a ciò che vivono, ossia a ciò che i rispettivi diversi contesti di esperienza e storia culturale consentono in modo condivisibile.
Ad esempio gli ultrasuoni sono ultrasuoni solo per noi, per i pipistrelli sono normalissimi suoni, facendo finta che la parola "suono" abbia un significato relativamente ai pipistrelli e non solo per noi. Semplicemente per i pipistrelli quei suoni sono la loro vita che sa, come i suoni che noi percepiamo sono i suoni della nostra vita che sa, mentre gli ultrasuoni che non percepiamo, derivano dal nostro poter conoscere, che è solo nostro e di nessun pipistrello. Solo noi, esseri umani, possiamo dire di qualcosa che non percepiamo e metterci pure a cercarlo con strumenti e tecniche che inventiamo e credere anche di trovarlo oggettivamente a mezzo di quegli strumenti. Questa è la differenza tra il sapere e il conoscere. Il sapere è esistere, è vivere e ogni vita è sapiente perché ogni vita, anche quella di un pipistrello o di un lichene sa vivere e quindi vive, ma solo l'uomo conosce, ossia solo l'uomo si interroga chiedendosi sul di che cosa sa e può arrivare a sapere
di vivere e dunque a sapere
di morire, mentre un pipistrello e un lichene non lo sapranno mai.
E' nell'ambito di questa conoscenza che si sviluppano predicati e giudizi, l'idea di un universo in espansione fatto di atomi e particelle elementari con le loro conferme sperimentali, come di divinità e miti con le loro visioni, epifanie, suggestioni. In altre parole un immenso, grandioso dominio linguistico. Ma questo dominio linguistico nasce solo nel
saper vivere umano, ossia nel vivere umano e solo qui ha validità.
Ed è questo che troppi umani non riescono a capire e pensano che il mondo sia oggettivamente come l'uomo lo vede, alla luce dell'esperienza a lui contemporanea (mentre ogni essere umano in ogni epoca e in ogni contesto ha sempre pensato così, anche qui nel nostro piccolo forum continuiamo a pensarla così mentre discutiamo, io stesso, pur rendendomi conto dell'assurdità, continuo a pensarla così, penso inconsciamente di essere oggettivo nel mio dire che nega l'oggettività). Ma non è così. E rendersi conto che il mondo non è semplicemente quello che i nostri mezzi e i nostri linguaggi, per come li sappiamo usare ci consentono di capire e di vedere è la rivoluzione copernicana che ci attende e che la filosofia, proprio con il suo franare rispetto all'epistemologia classica sta cominciando a rendere possibile. Ci stiamo accorgendo non solo che il nostro mondo non è al centro dell'universo, ma non lo è nemmeno la nostra visione del mondo, qualunque essa sia, non lo è nemmeno quella scientifica, la più esatta e precisa che abbiamo mai avuto. E' solo una visione di un particolare soggetto umano, uno dei tanti nello spazio di esistenza dell'umanità, dunque comunque non è e non può essere oggettiva e non può dirci in nessun modo come stanno in sé le cose. E questo è un bel problema, un problema enorme e sempre più evidente nella sua enormità. Siamo in bilico tra il nichilismo e una grande prospettiva del mondo, oggettiva solo in quanto sa di non poterlo essere, ma che continua a cercare ciò che per essa è impossibile, riconoscendosi in questo stesso continuo cercare sempre aperto, mai concludibile in nessun episteme.
@myfriendNon ho ancora capito se per te rimane valida la concezione darwinista oppure no...perché a un certo punto dici:CitazioneComunismo e capitalismo sono due facce della stessa medaglia. Non per niente si basano entrambi sulla concezione darwiniana della evoluzione umana come risultato della contrapposizione e della lotta tra "uomini superiori" e "uomini inferiori".
Tutte le ideologie del 20 secolo sono nate dall'idea darwinista della "lotta per l'evoluzione tra uomini superiori e uomini inferiori".Cambiano solo le categorie in lotta, ma la dinamica di base è la stessa per tutte le ideologie: nazismo, comunismo, capitalismo.Nazismo, comunismo e capitalismo si differenziano solo sulla definizione di "uomini superiori" e "uomini inferiori". Ma si basano tutte sulla stessa visione darwinista che concepisce l'evoluzione umana come risultato della lotta e della contrapposizione tra "superiori" e "inferiori".
Quindi su questo punto (sopra) mi sembra di capire che la trovi errata e che porta a conseguenze negative del tipo descritte Da un altra parte invece affermi che;CitazioneL'evoluzione è un processo lento. Anche se, piano piano, le cose cambiano. Molto molto lentamente e con continue cadute e ricadute.......
...Ma l'evoluzione è fatta così. E' fatta di piccoli passi in avanti seguiti da cadute e ricadute.
Su quest'altro punto invece mi sembra che dell'evoluzione stessa gli daresti il massimo credito.ma se non sono io ad aver capito male.. su questi due passaggi non vi sarebbe una contraddizione?...Ora,secondo me, per "natura inferiore" e "natura superiore" ci vedrei la prima soggetta diciamo alla "materia",agli istinti, alle pulsioni,all'EGO,alla separazione, mentre la seconda allo "Spirito",alla consapevolezza, al SE',all'UNIONE...e noi siamo comunque composti da entrambe.tu (mi pare) che sostanzialmente dici che in tal senso ci sarebbe stata un evoluzione...ma a me non sembra per niente, proprio perché si darebbe ormai solo conto alla prima, mentre e' la Spiritualità ad essere stata proprio negata, probabilmente perché nella ormai stragrande maggioranza delle persone non e' nemmeno più percepita e se facciamo un analisi storica questa negazione ha avuto origine al periodo dell'umanesimo e a seguire dell'illuminismo...quando poi affermi che;CitazioneDopo la fine della Seconda guerra Mondiale, l'homo si è trovato di fronte al proprio orrore. Dopo aver visto l'orrore che è in grado di produrre è nata una consapevolezza nuova. E' nata la dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU, sono nate le costituzioni democratiche basate sul concetto di solidarietà. Oggi questa spinta si va perdendo. E la solidarietà è stata sostituita dal potere finanziario. Non per niente si parla di una crisi simile al 1929. Stiamo tornando indietro. La spinta di Consapevolezza e di solidarietà nata dopo la Seconda guerra Mondiale si è esaurita. Stanno ritornando gli egoismi.
Io invece credo non sia andata cosi...quella che, dopo la fine della seconda guerra mondiale tu chiami la spinta alla consapevolezza e alla solidarietà in realtà e' stata al contrario la maniera più efficace per corrompere i governi sconfitti e sopratutto le coscienze di tutti..il piano Marshall ,al contrario di quello che si crede ne e' un esempio di tipo politico...quelle elargizioni che facevano a noi e all'Europa avevano uno scopo ben preciso ed erano a favore loro e delle multinazionali che ci stavano dietro... infatti,mentre dall'altra e' cominciata quella che io chiamo la colonizzazione delle coscienze (di gran lunga più feroce delle prime colonizzazioni di fine ottocento) al modello americano, che altro non e' che il modello imposto appunto da queste "big company" coi suoi "valori" (way of life made in USA) incentrati sullo sviluppo, il consumismo e in definitiva all'individualismo più cieco...che e' il contrario della consapevolezza e della solidarietà (ossia,proprio della natura inferiore di cui si parlava all'inizio!)
Citazione di: Sariputra il 21 Aprile 2017, 23:02:34 PM
Che è l'uomo?
Ma io mi chiedo...vale la pena essere uomo? Vale la pena essere un animale? Che cos'è meglio: essere qualcosa opposto a qualcos'altro o non essere niente del tutto? Val la pena essere una persona qualunque, un dio o un abitante degli inferni?
Ve lo chiede direttamente e brutalmente: val la pena di essere la persona che voi siete? Val la pena essere una specie di "risvegliato" che risplende nei cieli della consapevolezza? Se ci fosse qualcosa come una "coscienza cosmica" non proverebbe orrore e sgomento per quello che è e che ha prodotto? Un tale orrore che si getterebbe volontariamente nel 'sonno di Maya', nella nube dell'inconsapevolezza pur di non vedersi e di non capire che è solo sete inestinguibile, volgare amore per se stessa...Che giova una Mente che è Tutto se quel Tutto è Dolore? Che giova un Albero della Vita che produce come frutto solo morte?
Val la pena essere buoni? E cattivi? Val la pena "essere"? Se c'è attaccamento all'essere può esserci felicità? Val la pena poi...essere felici? O, alla fine, pure questa , tolta la seducente e variopinta maschera, si rivela della stessa natura di ogni esperienza, cioè transitoria ed effimera, mangiata dalla larva interiore della sofferenza in potenza? Ma poi...siete mai stati veramente felici? E' possibile esserlo o è solo una bubbola, un ideale romantico, un gratta e perdi? Essere significa provare il dolore di essere; possedere il dolore di possedere; avere il dolore di avere. Esigenti e ambiziosi desideriamo continuamente diventare questo o quello: un famoso pilota, un autorevole politico, un illuminato dispensatore di consapevolezza, un ricco imprenditore, un abile viticoltore...
La natura ci induce con l'inganno ad assumerci il dolore...e tanto siamo ingannati dalla malvagia creatura che amiamo persino l'inganno stesso, che ci sembra alla fine la cosa più desiderabile...
E' piacevole obbedire ai dettami dell'attaccamento? E c'è qualcos'altro oltre l'attaccamento o alla fine tutto si riduce a questo: esser come cozze aggrappate agli scogli, per resistere alle onde che si frangono, ignare che stiamo per esser pescate dal tristo pescatore, digerite e, come cacca, ributtate nell'oceano di satchitananda, atte a fertilizzarlo così che nuovo attaccameto agli scogli possa crescere...
Ci imbroglia a tal punto che gli uomini si gettano volontariamente e con entusiasmo nella fatica di vivere e cercano di addentarne dei grossi bocconi, dei pesci saporiti dell'oceano della Beatitudine Cosmica, inghiottendo la spina nascosta, che ci rimarrà ben conficcata in gola.
Quando si è stanchi, esausti, logorati dal dover vivere, perché non sentire che non è poi così divertente "essere"? Eppure , con suadenti parole, la natura ci dice: "Aspetta , vedrai, domani verrà...la felicità".
Malvagia bugiarda! Lo sai bene che mai arriverà quel giorno. Ma a te che importa? Vuoi solo berci tutti per cercare di placare la tua sete che ti tormenta senza tregua.
Alla fine hai solo Paura di vedere che non sei altro che questa sete?...
CitazionePersonalmente sono contento della mia vita (almeno finora), forse perché ho la fortuna di essere piuttosto ottimista e di sapermi accontentare (o forse perché finora ho goduto di complessivamente buona salute...).
Sì, personalmente credo di essere felice; e se morissi oggi senza soffrire (ci penso spesso alla mia morte, fin da giovane, e spero di potermene andare, quando sarà l' ora, ingerendo una dose letale di barbiturici e gustando del buon vino e ascoltando dell' ottima musica nell' attesa che facciano effetto) non avrei nulla da recriminare per la perdita di tutto: un "tutto" che è stato complessivamente molto bello, e se fosse durato di più sarebbe stato ancor più bello, ma "a caval donato non si guarda in bocca".
Tuttavia non posso non vedere quanto dolore e quanta malvagità e cattiveria c' è nel mondo e non posso non inorridire pensando a quanto terribilmente soffrono tanti uomini e altri animali (unica relativa consolazione a questo proposito -ed è tutto dire!- essendo la considerazione che nulla dura in eterno e anche i più atroci tormenti prima o poi hanno fine).
Per questo anch' io (che pure vorrei vivere ancora qualche lustro in discreta salute e felicemente come vivo ora) non posso non convenire che non essere, per lo meno per chi sia autocosciente, cioè cosciente di essere, ma probabilmente anche solo per chi sia cosciente, la coscienza comprendendo sensazioni dolorose e anche talora mostruosamente dolorose, sia preferibile ad essere.
E per questo da molto tempo penso che generare figli sia immorale, dal momento che impone loro, ovviamente senza il loro consenso, impossibile anche solo logicamente, il rischio dell' infelicità, sia pure accompagnato dalla possibilità della felicità: vi sembrerebbe eticamente corretto costringere uno, senza il suo consenso, a giocare alla roulette russa con il 50% (ma anche solo con il 10% o meno) di possibilità di uccidersi e in cambio "tutto l' oro, tutte le donne, tutta l' amicizia, tutta l' intelligenza, tutta la cultura, ecc.: tutto ciò che può dare piacere, gioia, felicità del mondo"? O meglio (così la metafora mi sembra decisamente più calzante) costringerlo a pescare biglietti della lotteria che nel 10% o anche meno dei casi "sfortunati" comportino anziché la morte immediata, il sopravvivere, magari a lungo, subendo efferate torture?
OMO OMINIS LUPUS: IL DISPREZZO DELL'UOMO PER L'UOMO
Su questa antica massima, che mette in guardia l'uomo - oltre che dagli agenti atmosferici, dalle fiere, dalle malattie - da se stesso, vorrei porre una variazione sul tema. Anche perché spesso si credono gli antichi assai più ingenui di quello che erano. La scoperta psicanalitica dell'inconscio sembra aver creato uno spartiacque fra una anteriore visione semplicistica e ingenue di un uomo che non conosceva se stesso perché ignorava il suo alter ego inconscio. In realtà in una prospettiva post-psicanalitica si può fortemente dubitare dell'esistenza di un alter ego inconscio, come una ulteriore personalità ed individualità di un soggetto. I vari complessi classificati dalla psicanalisi parrebbero mostrare una sorta di volontà inconscia diretta ed orientata ad uno scopo. Ma il voler prendere il posto del padre - per esempio - forse non è altro che un tentativo di voler razionalizzare un impulso bestiale che, se ha per certo un contenuto, non è detto che debba avere anche un valore. Razionalizzare gli impulsi significa conferirgli anche una giustificazione. Ma come ho detto nel post precedente l'uomo è - questione Dio a parte - l'unico essere giudicante dell'universo. Un animale non giudica, almeno nel senso umano del termine. L'animale è poi detto più spregiativamente bestia quando i suoi impulsi ci paiono tanto più disordinati, irrazionali, brutali. E questa bestialità ad un certo livello appartiene anche all'uomo quando si sente spinto da un istinto morboso e incontrollabile. Fin tropo facile trovare degli esempi nei fatti di cronaca. Fatti che poi possono essere razionalizzati, o semplicemente accettati come fatali manifestazioni del omo ominis lupus. Ci si domanda cos'è l'uomo e ci si danno risposte razionali ed astratte, ma l'omo ominis lupus è dannatamente concreto. Il filosofare di certo nobilita l'uomo, esalta la sua facoltà razionale. Ma essa non è che una faccia della medaglia, sul rovescio si trovano le zanne della bestia ansimante. La quale si è tentato in ogni modo di educare. Ma non si è ancora visto un animale diventare uomo, di uomini che diventano animali invece....
Citazione di: maral il 22 Aprile 2017, 00:08:06 AM
Citazione di: sgiombo il 20 Aprile 2017, 14:43:52 PM
In realtà non si tratta di sensazioni immediate, ma di valutazioni di sensazioni immediate che tendono a sorgere spontaneamente accompagnandole con grande "forza persuasiva"; valutazioni tuttavia alternative ad altre altrettanto possibili (contrariamente alle sensazioni immediate le quali sono invece sostanzialmente sempre le stesse), per esempio quelle successivamente imparate a scuola).
Bè, ogni sensazione è (forse a esclusione dell'infante) una valutazione che ne determina il significato, ove il significato appare subito con la sensazione stessa (significato che può essere contraddetto da altre sensazioni ricondotte dal soggetto a quello che considera uno stesso fenomeno e quindi venire messo in dubbio). Resta però il fatto che mentre sono qui seduto alla mia scrivania davanti al computer ho la nettissima sensazione di trovarmi piazzato su un supporto completamente fermo e ben orizzontale e per pensare che non è così devo ricorrere a quello che ricordo di aver imparato a scuola e non alle mie attuali sensazioni.
I giudizi sulle sensazioni immediate sono successivi, ne possono correggere i significati che immediatamente le accompagnano e negarli, ma questi giudizi fanno sempre riferimento al contesto culturale in cui si vive, che è un contesto più ampio che esercita un'azione intermediatrice, ma non a come stanno le cose in sé e per sé. Sono mappe i cui segni riflettono significati attualmente condivisi di esperienza condivisi secondo pratiche e strumenti di conoscenza.
La validità intersoggettiva dell'immagine che ci facciamo del mondo, non è, in altre parole, una prova di una oggettività a sé stante, proprio perché se così fosse non ci sarebbe alcuna relazione possibile con questo oggetto assoluto, ma è il risultato di un modo comune di praticare il mondo tra soggetti che vivono nella medesima parzialità prospettica condivisa nelle esperienze attuali e nella storia immensa di tracce di esperienze che risalgono molto indietro nel tempo, agli albori della conoscenza umana.
Il mondo di una tribù di indigeni della foresta amazzonica non è letteralmente lo stesso mondo di un gruppo di fisici che lavora al CERN di Ginevra, la prospettiva del gruppi di soggetti con cui questo oggetto-mondo entra in relazione per darsi è radicalmente diversa per il modo in cui si dà e non c'è un modo più vero e uno più falso rispetto all'altro, sono tra loro incommensurabili. Ovviamente il mondo in sé è lo stesso per entrambi i gruppi, ma è il cosa esso sia, la sua conoscenza, il suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi, in cui si manifestano significati diversi, due mondi che non sono uno vero e uno falso, ma diversamente condivisi. In relazione agli ambiti di conoscenza essi sono entrambi in qualche misura veri e in qualche misura falsi e il modo in cui sono diversamente in qualche misura veri e in qualche misura falsi fa la differenza, li tiene separati. E gli indigeni della tribù come i fisici di Ginevra sono entrambi "normalmente sani di mente" se entrambi stanno nel loro mondo di riferimento significante. Non lo sono più invece se viene a mancare in ciò che conoscono il riferimento a ciò che vivono, ossia a ciò che i rispettivi diversi contesti di esperienza e storia culturale consentono in modo condivisibile.
Ad esempio gli ultrasuoni sono ultrasuoni solo per noi, per i pipistrelli sono normalissimi suoni, facendo finta che la parola "suono" abbia un significato relativamente ai pipistrelli e non solo per noi. Semplicemente per i pipistrelli quei suoni sono la loro vita che sa, come i suoni che noi percepiamo sono i suoni della nostra vita che sa, mentre gli ultrasuoni che non percepiamo, derivano dal nostro poter conoscere, che è solo nostro e di nessun pipistrello. Solo noi, esseri umani, possiamo dire di qualcosa che non percepiamo e metterci pure a cercarlo con strumenti e tecniche che inventiamo e credere anche di trovarlo oggettivamente a mezzo di quegli strumenti. Questa è la differenza tra il sapere e il conoscere. Il sapere è esistere, è vivere e ogni vita è sapiente perché ogni vita, anche quella di un pipistrello o di un lichene sa vivere e quindi vive, ma solo l'uomo conosce, ossia solo l'uomo si interroga chiedendosi sul di che cosa sa e può arrivare a sapere di vivere e dunque a sapere di morire, mentre un pipistrello e un lichene non lo sapranno mai.
E' nell'ambito di questa conoscenza che si sviluppano predicati e giudizi, l'idea di un universo in espansione fatto di atomi e particelle elementari con le loro conferme sperimentali, come di divinità e miti con le loro visioni, epifanie, suggestioni. In altre parole un immenso, grandioso dominio linguistico. Ma questo dominio linguistico nasce solo nel saper vivere umano, ossia nel vivere umano e solo qui ha validità.
Ed è questo che troppi umani non riescono a capire e pensano che il mondo sia oggettivamente come l'uomo lo vede, alla luce dell'esperienza a lui contemporanea (mentre ogni essere umano in ogni epoca e in ogni contesto ha sempre pensato così, anche qui nel nostro piccolo forum continuiamo a pensarla così mentre discutiamo, io stesso, pur rendendomi conto dell'assurdità, continuo a pensarla così, penso inconsciamente di essere oggettivo nel mio dire che nega l'oggettività). Ma non è così. E rendersi conto che il mondo non è semplicemente quello che i nostri mezzi e i nostri linguaggi, per come li sappiamo usare ci consentono di capire e di vedere è la rivoluzione copernicana che ci attende e che la filosofia, proprio con il suo franare rispetto all'epistemologia classica sta cominciando a rendere possibile. Ci stiamo accorgendo non solo che il nostro mondo non è al centro dell'universo, ma non lo è nemmeno la nostra visione del mondo, qualunque essa sia, non lo è nemmeno quella scientifica, la più esatta e precisa che abbiamo mai avuto. E' solo una visione di un particolare soggetto umano, uno dei tanti nello spazio di esistenza dell'umanità, dunque comunque non è e non può essere oggettiva e non può dirci in nessun modo come stanno in sé le cose. E questo è un bel problema, un problema enorme e sempre più evidente nella sua enormità. Siamo in bilico tra il nichilismo e una grande prospettiva del mondo, oggettiva solo in quanto sa di non poterlo essere, ma che continua a cercare ciò che per essa è impossibile, riconoscendosi in questo stesso continuo cercare sempre aperto, mai concludibile in nessun episteme.
CitazioneNon vedo perché mai non si debba poter distinguere fra sensazioni immediate (che magari "passanoinosservate", alle quali non si "fa attenzione") e (ulteriori sensazioni interiori di) considerazioni, pensieri, valutazioni su di esse.
Le sensazioni che hai essendo seduto davanti alla scrivania sono una serie di macchie di colore, rumori (ticchettii dei tasti della tastiera), percezioni tattili (...soprattutto a livello del sedere), ecc.; esse possono "passare inosservate" per lunghi lassi di tempo, mentre magari sei concentrato su cosa rispondere a quel rompiballe di Sgiombo e agli altri frequentatori del forum, oppure, se ci fai attenzione, essere accompagnate da- (-le sensazioni mentali de-, costituenti) il pensiero spontaneo che ti trovi piazzato su un supporto completamente fermo e ben orizzontale, oppure ancora, se ci pensi meglio, da quello che ricordi di aver imparato a scuola che ti induce a valutare ben diversamente tale insieme di sensazioni.
Questi pensieri più "meditati" o meno spontanei dipendono ovviamente dalla tua esperienza e dal contesto sociale e culturale in cui si è svolta e si svolge; ma non per questo, soprattutto se scientifiche, non sono considerabili (a certe condizioni indimostrabili) intersoggettive (contrariamente ad altre eventuali considerazioni anche non spontanee e meditate, per esempio di tipo superstizioso: per esempio al credere che si tratta di effetti del maleficio di uno spirito maligno; e questo anche nel caso appartenessi del tutto convintamente a una tribù di credenti (la cui cultura condivisa implicasse, secondo pratiche e strumenti di pretesa conoscenza animistiche, tale credenza) nei malefici di qualche stregone a te ostile).
Concordo che non si tratta comunque di oggettività, che é propria (se realmente esistono/accadono) unicamente di enti ed eventi in sé o noumenici e non fenomenici coscienti.
Ma le credenze animistiche (generalmente parlando; ed essendo tutto relativo) non possiedono nemmeno questa intersoggettività, o al massimo ne potrebbero avere in "misura" notevolissimamente minore, molto più limitatamente, (come ne ha anche solo il "senso comune") nonostante anch' esse siano il risultato di un modo comune di praticare il mondo tra soggetti che vivono nella medesima parzialità prospettica condivisa nelle esperienze attuali e nella storia immensa di tracce di esperienze che risalgono molto indietro nel tempo, agli albori della conoscenza umana.
Stando a quanto nessuna persona comunemente considerata sana di mente non può per lo meno comportarsi come se non lo credesse, il mondo di una tribù di indigeni della Foresta Amazzonica è letteralmente lo stesso mondo (c' è perfetta corrispondenza fra le sensazioni fenomeniche di questo mondo materiale di essi e quelle) di un gruppo di fisici che lavora al CERN di Ginevra, anche se ne percepiscono aspetti in parte diversi (e generalmente più limitati, unicamente diretti, immediati, non acquisiti mediante strumenti) e soprattutto vi applicano predicati o giudizi assai diversi (quelli dei primi molto meno veri di quelli dei secondi, malgrado le notevoli derive irrazionalistiche e le talora penose elucubrazioni fantastiche infondate di molti di questi!).
Le loro ben diverse verità (molto più limitate quelle dei primi, molto meno quelle dei secondi) sono molto ben confrontabili; e infatti mentre è del tutto possibile che qualche indigeno dell' Amazzonia, ben acculturato con la necessaria pazienza (dopo avere seguito un adeguato corso di studi), accetti le conoscenze di quelli del CRN, e magari contribuisca meglio della maggior parte di loro a svilupparle, non c' è nessuna ragionevole possibilità che qualche ricercatore ginevrino (che non "uscisse pazzo" letteralmente), "adeguatamente istruito da un valido stregone" con la necessaria pazienza, si converta all' animismo.
Infatti, come dici anche tu "ovviamente", non è il mondo, bensì la conoscenza del mondo a differire fra i due diversi gruppi di soggetti di conoscenza (e "il modo in cui sono diversamente in qualche misura veri e in qualche misura falsi fa la differenza"; e che differenza ! ! !); ma questo non fa affatto di quest'unico mondo in sé due mondi diversi (patente autocontraddizione!), ecc.
Solo l' uomo (a quanto pare) conosce (salvo forse qualche altra specie animale in misura notevolissimamente più limitata).
I pipistrelli unicamente sentono (anche sensazioni che noi uomini non sentiamo ma indirettamente arriviamo a conoscere che essi le sentono); i licheni (e gli altri vegetali) con ogni verosimiglianza (per quanto è ragionevole pensare) vegetano e non sentono nulla (altrimenti poveri vegani, costretti a morire di fame!).
Che per sapere ciò che si sa, più o meno veracemente (ed è una bella differenza!), bisogna innanzitutto vivere e che il linguaggio è proprio unicamente del' uomo mi sembra del tutto ovvio.
Ma non ne consegue una negazione dell' intersoggettività delle conoscenze del mondo (fenomenico) materiale naturale (umane e probabilmente in qualche più limitata misura anche di altri animali).
Rendersi conto che il mondo non è semplicemente quello che i nostri mezzi e i nostri linguaggi, per come li sappiamo usare ci consentono di capire ("ci sono più cose in terra e in cielo che in qualsiasi filosofia"- Shakespeare) non è affatto la stessa cosa che pretendere che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio.
La visione scientifica non ha mai preteso (per lo meno a quanto mi risulta) di essere una prospettiva "dal centro dell' universo" (che secondo me, contro le teorie scientifiche correnti, ampiamente, ipotetiche e non affatto solidamente fondate, è infinito nello spazio e non ha centro); però legittimamente pretende di essere (molto) più intersoggettivamente vera degli animismi, delle superstizioni, degli olismi, delle new age, ecc.
Non può dirci in nessun modo come stanno in sé le cose ma solo come stanno (o meglio: divengono) i fenomeni. E questo per me non è per nulla un problema; è solo un dato di fatto.
Non credo che la scienza (casomai qualche scienziato che sia anche un pessimo filosofo, e solo in quanto tale...) pretenda di cercare ciò che per essa è impossibile.
@acquario
ma se non sono io ad aver capito male.. su questi due passaggi non vi sarebbe una contraddizione?
No, non c'è contraddizione.
L'evoluzione è un fatto. E i cambiamenti avvengono grazie all'evoluzione.
Quello che c'è di sbagliato in Darwin è il fatto che lui ritiene che l'evoluzione umana si sviluppa come esito della "lotta e della contrapposizione" tra "esseri superiori" e "esseri inferiori".
L'idea di Darwin è totalmente sbagliata perchè lui ha assimilato l'uomo agli animali e, del tutto arbitrariamente, ha considerato solo la "natura inferiore" dell'homo, scordandosi totalmente della sua "natura superiore".
Certo! Se si considera solo la "natura inferiore" dell'homo (la sua "natura animale") Darwin ha ragione.
Ma l'errore di Darwin consiste nel fatto che lui ha ignorato totalmente la "natura superiore" dell'homo e la sua importanza ai fini evolutivi.
mentre e' la Spiritualità ad essere stata proprio negata, probabilmente perché nella ormai stragrande maggioranza delle persone non e' nemmeno più percepita e se facciamo un analisi storica questa negazione ha avuto origine al periodo dell'umanesimo e a seguire dell'illuminismo...
In quello che dici c'è del vero.
Anche se quella che è stata negata è la "religiosità". E, insieme alla religiosità, è stata negata anche la Spiritualità.
In sostanza si è buttato via il bambino insieme all'acqua sporca.
E' innegabile che la "religiosità" (per come si è sviluppata in tutto il medioevo) sia "l'acqua sporca". Ed era giusto che venisse, finalmente, superata. Ma insieme all'acqua sporca si è gettato via anche la Spiritualità (cioè il bambino).
La Spiritualità non c'entra nulla con la Religiosità.
Non per niente vado ripetendo ormai da tempo che il cammino di crescita spirituale parte proprio dal lasciarsi alle spalle ogni "fede". E quindi dal lasciarsi alle spalle anche la "religiosità" così come viene comunemente intesa. E cioè l'adesione a una fede e la partecipazione a un clan (la chiesa).
Il cammino di crescita spirituale comincia proprio col lasciarsi alle spalle qualunque fede e qualunque clan.
infatti,mentre dall'altra e' cominciata quella che io chiamo la colonizzazione delle coscienze (di gran lunga più feroce delle prime colonizzazioni di fine ottocento) al modello americano, che altro non e' che il modello imposto appunto da queste "big company" coi suoi "valori" (way of life made in USA) incentrati sullo sviluppo, il consumismo e in definitiva all'individualismo più cieco...che e' il contrario della consapevolezza e della solidarietà
Questo è in parte vero. Ma solo in parte.
Di fatto, il modello europeo tra il 1950 e il 1990 aveva ben poco a che vedere col modello di società americana. Il modello europeo è nato sul concetto di "solidarietà" rappresentato dall'invenzione dello "stato sociale". Concetto totalmente assente nella way of life made in USA.
Quello che dici tu è vero a partire dagli anni '90 in poi, quando, progressivamente, l'europa ha abbandonato la Consapevolezza, e il modello sociale fondato sulla solidarietà, per abbracciare sempre di più il modello egoistico-infantile dell'individualismo più sfrenato.
Io non farei, come fai tu, una battaglia ideologica contro la "società dei consumi" e contro "l'individualismo".
Noi siamo "individui" e siamo chiamati a svilupparci come "individui" (si chiama "individualità"...che non ha nulla a che vedere con "l'individualismo") e questo non si può mai dimenticare (come invece ha fatto erroneamente il comunismo che ha voluto forzatamente cancellare l'individualità - insieme all'individualismo - per imporre un "collettivismo" forzato).
La "società dei consumi" in europa ha funzionato benissimo fino a che è rimasta inserita in un modello basato sullo sviluppo della "individualità" e sulla "solidarietà-sociale" e sullo "stato sociale". Come è stato fino agli inizi degli anni 90.
E' per questo che parlo di regressione.
La regressione consiste nell'aver progressivamente eliminato - negli ultimi 30 anni - l'elemento di "solidarietà-sociale" e nell'aver progressivamente trasformato "l'individualità" (che è legittima e sacrosanta) in "individualismo".
In sostanza negli ultimi 30 anni abbiamo progressivamente cancellato tutte le conquiste evoluzioniste nate dalla nostra "natura superiore" (quelle avvenute tra il 1950 e il 1990) e siamo tornati a dare risalto solo alla nostra "natura inferiore".
Stiamo quindi vivendo una fase di "regressione evoluzionista".
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
@sariputra
Quando si è stanchi, esausti, logorati dal dover vivere, perché non sentire che non è poi così divertente "essere"? Eppure , con suadenti parole, la natura ci dice: "Aspetta , vedrai, domani verrà...la felicità".
Malvagia bugiarda! Lo sai bene che mai arriverà quel giorno. Ma a te che importa? Vuoi solo berci tutti per cercare di placare la tua sete che ti tormenta senza tregua.
Alla fine hai solo Paura di vedere che non sei altro che questa sete?...
Mi piace il tuo approccio. E mi piace perchè si basa sulle "domande".
Se ti fai delle domande e se ti consacri alla verità, troverai la risposta.
Scoprirai che l'homo non è chiamato nè alla felicità nè all'infelicità.
Questi sono solo stimoli e pungoli per crescere. Che possono essere ascoltati o ignorati. Dipende dal lavoro che ciascuno fa su se stesso.
L'homo è chiamato a partecipare al "processo creativo" della Coscienza cosmica.
E questa cosa è ineludibile.
Che tu lo voglia o no, tu già partecipi al "processo creativo" della Coscienza cosmica. Fin da quando sei nato.
Questa è la nostra specificità.
Ogni più piccolo gesto, ogni più piccolo pensiero, è un contributo al "processo creativo".
La somma di tutti i piccoli gesti e pensieri di ogni individuo costituisce il "processo creativo" dell'umanità nel suo complesso.
Ora...abbiamo solo due possibilità. Non esiste una terza.
O il nostro singolo "processo creativo" è di tipo evolutivo. O è di tipo involutivo.
Più siamo consapevoli e più la nostra partecipazione sarà di tipo evolutivo.
Più siamo inconsapevoli e più la nostra partecipazione sarà di tipo involutivo.
Non esiste una terza opzione.
@ myfriend scive:
Se ti fai delle domande e se ti consacri alla verità, troverai la risposta.
Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica). Ma siccome tu stesso solleciti di rigettare tutte le fedi, devo necessariamente rigettare anche la tua...mi spiace, ma preferisco seguire l'ultimo insegnamento dato da Siddharta prima di morire: "Sii luce a te stesso, Ananda, non avere altra luce..." e , nella piccola luce che la mia mente illumina, non si scorge alcuna Mente Universale e nessuna Coscienza Cosmica...sarò probabilmente vittima di un processo involutivo, chissà :o...
Sai , anni fa avevo un amico che passava di esperienza spirituale in esperienza spirituale, saltabeccando da un guru all'altro, ora completamente rasato e poi con una chioma e barba fluente. Era seguace dell'Energia Cosmica che, a sentr lui, si manifestava in ogni persona e in ogni coscienza e in ogni particolare esperienza spirituale e meditativa. Se ne stava nudo sopra una roccia ad osservare il sorgere dell'"energia solare" all'alba e organizzava incontri per celebrari i pleniluni. "Devi mettere tutto in discussione , Sari...devi farti tutte le domande" mi incoraggiava amichevolmente, "Devi provare ogni esperienza per sentire in te l'Energia Cosmica"... Qualche tempo fa l'ho reincontrato, molto ben vestito ma invecchiato pure lui ( ché l'assorbimento dell' Energia Cosmica non sembra riesca a bloccare l'avanzata imperiosa della panza e della canizie...)...parlando del lavoro ( che non ho...a parte la faccenduola del badante e dell'inebriamento...) mi ha raccontato di aver aperto un sexy-shop... ??? ( adesso non sogghignare pensando che io frequenti i sexy-shop per assecondare il mio processo involutivo...l'ho incontrato in una osteria della Contea dove sorseggiavo un orzetto). "Ma...ma...ma...la ricerca , le domande, la consapevolezza?" ho farfugliato ...E lui:" Sari, l'Energia Cosmica mi ha fatto capire che è attraverso la sessualità che si può manifestare nel mondo; e io , aderendo a questa interiore realizzazione, ho aperto questo negozio per agevolare tutti nella ricerca della pura Energia...". Mi ha salutato ed è salito sul Mercedes ( sembra che i sexy shop dell'Energia Cosmica rendano molto bene, al contrario degli striminziti vitigni di Villa Sariputra...) 8)
Ciao
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMLa specie homo sapiens c'è da 200mila anni. Vedi qui: https://it.wikipedia.org/wiki/Homo_sapiens Ciò che ha centinaia di milioni di anni di evoluzione è il nostro cervello. Nel nostro cervello - che è fatto a strati - coesitono il cervello rettiliano, quello paleomammifero e quello neomammifero. Nel nostro cervello sono condensati centinaia di milioni di anni di evoluzione. La nostra "natura inferiore" si trova negli stati più interni che sono anche i più antichi (dal punto di vista evolutivo). La nostra "natura superiore" si trova nello strato più esterno che è quello in cui risiede l'autocoscienza (che è il più giovane dal punto di vista evolutivo). In sostanza noi homo, ciascuno di noi, è anche il rettile dal quale proveniamo, è il topo dal quale proveniamo, è il leone e la gazzella dai quali proveniamo, è la scimmia dalla quale proveniamo.
Io facevo esplicito riferimento al genere "homo" (i cosiddetti ominidi) che a quanto pare è apparso all'onor del mondo ben prima del cosiddetto "homo sapiens". Ma comunque tutto il ragionamento successivo mi pare una elaborazione un po' cervellotica delle teorie dell'origine della specie di Darwin, quindi frutto del pregiudizio occidentale (ed unicamente occidentale) che la cosiddetta "evoluzione" sia una evoluzione verso il meglio, mentre tutta la sapienza di tutti i luoghi e di tutti i tempi afferma il contrario.
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMMai detto che la "natura inferiore" è negativa. La natura inferiore è quella che ci mantiene in vita. La natura inferiore va benissimo per vivere nella giungla o nella savana. Il leone va benissimo così com'è. E la gazzella va binissimo così com'è. E in noi c'è anche il leone che mangia la gazzella e c'è la gazzella che scappa dal leone. E c'è la territorialità e le lotte tra clan. Va tutto bene, perchè questi meccanismi di base ci mantengono in vita. Ma, grazie a dio, siamo usciti dalla giungla e dalle savane. E, quindi, sarebbe ora di coltivare la nostra natura superiore.
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Quel "grazie a Dio siamo usciti dalla giungla e dalle savane" (per poi costruire, come novelli Attila, le giungle di cemento in cui non cresce nemmeno un filo d'erba) è una opinione condivisibile o meno, ma non certo un fatto sicuramente positivo.
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Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMQuesto non direi proprio. L'uomo ha fatto passi da gigante da quando viveva nei clan e nelle caverne. Ha fatto passi da gigante dai tempi del politeismo e delle lotte tra imperi. Ha fatto passi da gigante quando ha superato lo schiavismo e il colonialismo. C'è ancora molto da fare ovviamente. Ma è sciocco affermare che cristianesimo, rinascimento, rivoluzione francese e americana, la rivoluzione industriale, il socialismo...non siano stati nel compesso un bel passo in avanti rispetto ai clan tribali, ai totem e alle lotte tra clan rivali. O no?
Per quanto mi riguarda credo che il Rinascimento, la Rivoluzione Francese e Americana, la rivoluzione industriale e il socialismo sono stati certo dei passi avanti rispetto a prima, ma avanti nel senso della distruzione, ovvero sono stati eventi che hanno peggiorato enormemente la vita dell'uomo e del mondo.
Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PM
La consapevolezza non è uno strumento. La consapevolezza è il modo "maturo" di concepire la Realtà, di concepire se stessi e se stessi in relazione alla Realtà.
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Non so cosa intenda tu con consapevolezza ed è difficile dirne brevemente qui, ma se si intende la facoltà di conoscere ogni cosa di sé e di poterla controllare con la propria volontà allora speriamo di non diventare mai "consapevoli" di come circola il nostro sangue, o di come funziona il nostro sistema immunitario o il nostro apparato digestivo, perchè se dovessimo controllare tutto questo consapevolmente e farlo funzionare (oppure no) attraverso la nostra volontà non sopravviveremmo più di un'ora.
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Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMLe religioni hanno come obiettivo quello di darti una "fede", cioè una interpretazione già precostituita della Realtà. La consapevolezza è un percorso personale di comprensione della Realtà per ciò che oggettivamente è a prescindere da qualunque fede. Ed è per questo che le religioni e le fedi sono un ostacolo alla consapevolezza.
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è evidente che hai una visione delle religioni estremamente superficiale, e peraltro non esiste affatto una realtà oggettiva che prescinde da qualunque fede (compresa quella "scientifica"), ma ogni realtà è una interpretazione umana.
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Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMDopo la fine della Seconda guerra Mondiale, l'homo si è trovato di fronte al proprio orrore. Dopo aver visto l'orrore che è in grado di produrre è nata una consapevolezza nuova. E' nata la dichiarazione dei diritti dell'uomo dell'ONU, sono nate le costituzioni democratiche basate sul concetto di solidarietà. Oggi questa spinta si va perdendo. E la solidarietà è stata sostituita dal potere finanziario. Non per niente si parla di una crisi simile al 1929. Stiamo tornando indietro. La spinta di Consapevolezza e di solidarietà nata dopo la Seconda guerra Mondiale si è esaurita. Stanno ritornando gli egoismi.
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Mi pare che parlare di progresso o regresso di una fase cosiddetta "evolutiva" considerando un periodo di 70 anni quando i tempi dell'evoluzione sono ben diversi e ben più lunghi denoti un'assoluta arbitrarietà, ma ad esempio la dichiarazione dei diritti dell'uomo (di
ogni uomo indipendentemente dalla comunità in cui vive) è la prova lampante dell'affermazione dell'individualismo che legittima l'egoismo più sfrenato quale vediamo oggi. Per quanto riguarda il resto di ciò che scrivi vige sempre il pregiudizio occidentale moderno che vede la democrazia come "migliore" di altri sistemi di governo eccetera. L'orrore della seconda guerra mondiale ne ha purtroppo prodotto uno ancora peggiore che avrà conseguenze ancora più disastrose.
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Citazione di: myfriend il 21 Aprile 2017, 20:52:30 PMQuando parlo di "capitalismo" mi riferisco alla sua versione "moderna", quella post-darwiniana. E cioè il "capitalismo-coloniale". Quello che è andato in giro per il mondo a "colonizzare" altre culture ritenute "inferiore". E' vero che il comunismo è nato in contrapposzione al capitalismo. Ma si è basato sulla visione di Darwin (la stessa che ha alimentato il capitalismo-coloniale e il nazismo) e cioè esistono degli "uomini superiori" e degli "uomini inferiori" e l'evoluzione umana avviene solo grazie alla lotta tra superiori e inferiori. Il comunismo ha solamente ribaltato la prospettiva capitalista. Quelli che per il capitalismo erano i "superiori" per il comunismo erano "inferiori" e quelli che per il capitalismo erano "inferiori" per il comunismo erano "superiori". Il comunismo ha solamente ribaltato i "superiori" con gli "inferiori", ma ha abbracciato la visione darwinista in base alla quale l'evoluzione dell'uomo può avvenire solo a seguito della lotta e dello scontro tra superiori e inferiori. Non per niente il comunismo si basa sulla "lotta di classe" che è un concetto ereditato dalla visione di Darwin che concepiva l'evoluzione come risultato della lotta tra le specie (per quanto riguarda gli animali) e della lotta tra superiori e inferiori (per quanto riguarda gli uomini).
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Il colonialismo imperialista ottocentesco riteneva effettivamente, per un verso, di andare a "civilizzare" popolazioni ritenute subumane dall'alto della "superiorità" occidentale, mentre il colonialismo del capitale non ha mai fatto questo ragionamento e non ha mai diviso gli uomini in "inferiori" e "superiori" in quanto vede tutti gli uomini come potenziali consumatori e si limita a sfruttare il "mercato".
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Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 11:17:39 AML'evoluzione è un fatto.
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L'evoluzione è (e rimane) una teoria, non certo un fatto. Casomai il fatto è il "cambiamento" che chiunque può notare, ma l'interpretazione di questo cambiamento rimane sempre nell'ambito della teoria, e in sé non significa nulla.
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Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 11:17:39 AM
E' innegabile che la "religiosità" (per come si è sviluppata in tutto il medioevo) sia "l'acqua sporca". Ed era giusto che venisse, finalmente, superata.
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Anche questa è una opinione "modernista" (peraltro niente affatto condivisibile) e non certo "un fatto innegabile".
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Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 11:17:39 AMDi fatto, il modello europeo tra il 1950 e il 1990 aveva ben poco a che vedere col modello di società americana. Il modello europeo è nato sul concetto di "solidarietà" rappresentato dall'invenzione dello "stato sociale". Concetto totalmente assente nella way of life made in USA. Quello che dici tu è vero a partire dagli anni '90 in poi, quando, progressivamente, l'europa ha abbandonato la Consapevolezza, e il modello sociale fondato sulla solidarietà, per abbracciare sempre di più il modello egoistico-infantile dell'individualismo più sfrenato.Io non farei, come fai tu, una battaglia ideologica contro la "società dei consumi" e contro "l'individualismo". Noi siamo "individui" e siamo chiamati a svilupparci come "individui" (si chiama "individualità"...che non ha nulla a che vedere con "l'individualismo") e questo non si può mai dimenticare (come invece ha fatto erroneamente il comunismo che ha voluto forzatamente cancellare l'individualità - insieme all'individualismo - per imporre un "collettivismo" forzato). La "società dei consumi" in europa ha funzionato benissimo fino a che è rimasta inserita in un modello basato sullo sviluppo della "individualità" e sulla "solidarietà-sociale" e sullo "stato sociale". Come è stato fino agli inizi degli anni 90. E' per questo che parlo di regressione. La regressione consiste nell'aver progressivamente eliminato - negli ultimi 30 anni - l'elemento di "solidarietà-sociale" e nell'aver progressivamente trasformato "l'individualità" (che è legittima e sacrosanta) in "individualismo". In sostanza negli ultimi 30 anni abbiamo progressivamente cancellato tutte le conquiste evoluzioniste nate dalla nostra "natura superiore" (quelle avvenute tra il 1950 e il 1990) e siamo tornati a dare risalto solo alla nostra "natura inferiore". Stiamo quindi vivendo una fase di "regressione evoluzionista". E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
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il cosiddetto "stato sociale" è esattamente l'opposto della solidarietà ed è quello che consente, più di altre invenzioni, lo sviluppo dell'egoismo e dell'individualismo. Per il resto vorrei di nuovo sottolineare che utilizzare il termine "evoluzione" (o allo stesso modo "regresso" o "involuzione") applicandolo a periodi di tempo dell'ordine dei decenni è quantomai fuori luogo e senza senso.[/size]
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 11:17:39 AM
Di fatto, il modello europeo tra il 1950 e il 1990 aveva ben poco a che vedere col modello di società americana. Il modello europeo è nato sul concetto di "solidarietà" rappresentato dall'invenzione dello "stato sociale". Concetto totalmente assente nella way of life made in USA.
Quello che dici tu è vero a partire dagli anni '90 in poi, quando, progressivamente, l'europa ha abbandonato la Consapevolezza, e il modello sociale fondato sulla solidarietà, per abbracciare sempre di più il modello egoistico-infantile dell'individualismo più sfrenato.
Citazione(L' evidenziazione in grassetto é mia).
...Ma che strana coincidenza!
Proprio negli ultimi mesi del 1989 eras stato abbattuto il muro di Berlino...
La "società dei consumi" in europa ha funzionato benissimo fino a che è rimasta inserita in un modello basato sullo sviluppo della "individualità" e sulla "solidarietà-sociale" e sullo "stato sociale". Come è stato fino agli inizi degli anni 90.
CitazioneSecondo me ha funzionato solo relativamente meno peggio di ora, sia perché esisteva il "socialismo reale" (pur non esente da limiti e difetti, in parte derivati dai condizionamenti subiti dal capitalismo reale: si condizionavano a vicenda), sia perché non si era ancora così vicini ai limiti delle risorse naturali realisticamente (e non: fantascientificamente!) disponibili quanto si é ora.
E' per questo che parlo di regressione.
La regressione consiste nell'aver progressivamente eliminato - negli ultimi 30 anni - l'elemento di "solidarietà-sociale" e nell'aver progressivamente trasformato "l'individualità" (che è legittima e sacrosanta) in "individualismo".
In sostanza negli ultimi 30 anni abbiamo progressivamente cancellato tutte le conquiste [omissis] (quelle avvenute tra il 1950 e il 1990) [omissis]
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Citazione(Le grassettature sono sempre mie).
...altre "strane coincidenze"!
@sariputra
ahahahah :D bella storia :D
Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica).
Se avessi voluto intendere di consacrarsi alla MIA verità, ti avrei detto di consacrarti alla MIA verità.
E invece ho detto "consacrati alla verità".
Non ha molta importanza quello che io dico. Perchè la verità è UNA e chi la cerca, consacrandosi alla verità, prima o poi la trova.
Il tuo amico ha smesso di cercarla. E non perchè ha aperto un sexy shop, ma perchè ha smesso di cercarla. ;)
Saluti. :D
@sgiombo
Non c'è alcun dubbio sul fatto che il processo involutivo sia cominciato con la caduta del comunismo e del muro di Berlino.
Il modello europeo, prima della caduta del comunismo, era la "perfetta" sintesi tra capitalismo e socialismo. Univa e sintetizzava in sè i due estremi...e questa consapevolezza è stata la chiave della evoluzione europea nel dopoguerra.
Caduto il comunismo, l'europa, invece di rivendicare e preservare la sua specificità, si è appiattita sul modello capitalista americano "cancellando" progressivamente la componente socialista e ha perso la sua specificità e la sua anima.
@donxiquote
Penso che tu debba lavorare su tutti i concetti. E lavorare molto. ;)
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:38:21 PM@sariputra ahahahah :D bella storia :D Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica). Se avessi voluto intendere di consacrarsi alla MIA verità, ti avrei detto di consacrarti alla MIA verità. E invece ho detto "consacrati alla verità". Non ha molta importanza quello che io dico. Perchè la verità è UNA e chi la cerca, consacrandosi alla verità, prima o poi la trova. Il tuo amico ha smesso di cercarla. E non perchè ha aperto un sexy shop, ma perchè ha smesso di cercarla. ;) Saluti. :D
Non è che forse l'ha cercata nel posto sbagliato?... ;)
Il cercare non ti garantisce il trovare
...Cercare la "verità" mi sembra simile alla ricerca della "felicità"...è sempre domani, un pò più in là. Ma se smetto di cercare la verità e la felicità, posso essere ..."
sereno" ? :)
Citazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 17:44:05 PM
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:38:21 PM@sariputra ahahahah :D bella storia :D Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica). Se avessi voluto intendere di consacrarsi alla MIA verità, ti avrei detto di consacrarti alla MIA verità. E invece ho detto "consacrati alla verità". Non ha molta importanza quello che io dico. Perchè la verità è UNA e chi la cerca, consacrandosi alla verità, prima o poi la trova. Il tuo amico ha smesso di cercarla. E non perchè ha aperto un sexy shop, ma perchè ha smesso di cercarla. ;) Saluti. :D
Non è che forse l'ha cercata nel posto sbagliato?... ;)
Il cercare non ti garantisce il trovare...Cercare la "verità" mi sembra simile alla ricerca della "felicità"...è sempre domani, un pò più in là. Ma se smetto di cercare la verità e la felicità, posso essere ..."sereno" ? :)
fratello mio, puoi stare "sereno" :D Ma non secondo la logica Renziana. Puoi stare sereno davvero. ;)
Il processo evolutivo segue l'intelligenza intrinseca che sta nella materia.
Anche se tu ti opponessi con tutte le tue forze, non potresti mai arrestarlo. Al massimo potresti rallentarlo.
Ma nell'ottica del processo evolutivo che si misura in decine di milioni di anni, cosa vuoi che conti la tua personale resistenza o la mia personale resistenza?
L'evoluzione avanza. Avanza comunque. Anche se tu ed io ci mettiamo a spingere con tutta la forza che abbiamo in direzione contraria.
Per cui stai sereno. ;)
Citazione di: green demetr il 20 Aprile 2017, 23:19:18 PM
ma perchè chiamarlo naturale? sembra quasi una reminescenza leopardiana.
Ma il grande poeta nella immensa poesia arimane, lo chiama con il suo NOME, il MALE. (anche l'amore è male!)
Direi piuttosto che anche l'amore fa male, ma non è il male. Il male è nel sapere separato del bene e del male, dunque non c'è un Dio del Male (e nemmeno del Bene), c'è la vita umana che conosce. La zoè, la vita primordiale e indistinta che sa vivere e non conosce morte non è né bene né male, bene e male è come risuona la propria esistenza che si conosce in rapporto ad essa, mentre se ne fa immagine. Sotto c'è sempre un discorso di posture solo umane. L'inno di Leopardi al Dio del Male in realtà canta l'uomo e per questo all'uomo risuona, non la natura, non la zoé, ma la natura umana che cerca sempre invano nella zoé una nicchia ove trovare riparo all'esserci che non è una luminosa radura (immagine istantanea di un sogno), ma un immane fluire ove ogni riparo si rivela prima o poi illusorio. L'unico rimedio è danzare bene al ritmo oscillante che distrugge ogni riparo sul cammino che torna sempre su se stesso, oltre le distinzioni che vorrebbero neutralizzare le antinomie, godendo delle epifanie consentite e delle tracce che, per un po', lasciano come rovinosi resti sul cammino a indicare un percorso da condividere insieme, tra noi viandanti, affinché ognuno trovi errando la sua strada che ritorna.
Citazione di: SariputraMa io mi chiedo...vale la pena essere uomo? Vale la pena essere un animale? Che cos'è meglio: essere qualcosa opposto a qualcos'altro o non essere niente del tutto? Val la pena essere una persona qualunque, un dio o un abitante degli inferni?...
Sari, vale forse la pena chiederselo?
Citazione di: cvc il 22 Aprile 2017, 09:53:54 AM
OMO OMINIS LUPUS: IL DISPREZZO DELL'UOMO PER L'UOMO
Su questa antica massima, che mette in guardia l'uomo - oltre che dagli agenti atmosferici, dalle fiere, dalle malattie - da se stesso, vorrei porre una variazione sul tema. Anche perché spesso si credono gli antichi assai più ingenui di quello che erano. La scoperta psicanalitica dell'inconscio sembra aver creato uno spartiacque fra una anteriore visione semplicistica e ingenue di un uomo che non conosceva se stesso perché ignorava il suo alter ego inconscio. In realtà in una prospettiva post-psicanalitica si può fortemente dubitare dell'esistenza di un alter ego inconscio, come una ulteriore personalità ed individualità di un soggetto. I vari complessi classificati dalla psicanalisi parrebbero mostrare una sorta di volontà inconscia diretta ed orientata ad uno scopo. Ma il voler prendere il posto del padre - per esempio - forse non è altro che un tentativo di voler razionalizzare un impulso bestiale che, se ha per certo un contenuto, non è detto che debba avere anche un valore. Razionalizzare gli impulsi significa conferirgli anche una giustificazione. Ma come ho detto nel post precedente l'uomo è - questione Dio a parte - l'unico essere giudicante dell'universo. Un animale non giudica, almeno nel senso umano del termine. L'animale è poi detto più spregiativamente bestia quando i suoi impulsi ci paiono tanto più disordinati, irrazionali, brutali. E questa bestialità ad un certo livello appartiene anche all'uomo quando si sente spinto da un istinto morboso e incontrollabile. Fin tropo facile trovare degli esempi nei fatti di cronaca. Fatti che poi possono essere razionalizzati, o semplicemente accettati come fatali manifestazioni del omo ominis lupus. Ci si domanda cos'è l'uomo e ci si danno risposte razionali ed astratte, ma l'omo ominis lupus è dannatamente concreto. Il filosofare di certo nobilita l'uomo, esalta la sua facoltà razionale. Ma essa non è che una faccia della medaglia, sul rovescio si trovano le zanne della bestia ansimante. La quale si è tentato in ogni modo di educare. Ma non si è ancora visto un animale diventare uomo, di uomini che diventano animali invece....
No, non credo che l'uomo possa mai diventare animale, in realtà può capitare che diventi qualcosa di peggio e impropriamente si assimila questo peggio con uno stato bestiale. L'uomo ha perso la feroce innocenza della bestia, anche se Nietzsche continuamente la evoca come volontà di potenza che, in fondo, può essere intesa anche come metafora della pulsione inconscia (o la pulsione inconscia come metafora della volontà di potenza),
Ma l'inconscio non è per nulla inconscio, esso si manifesta e ci appare. E' una risposta data alla domanda "che è l'uomo" e come tutte le risposte non riesce davvero a rispondere e la Sfinge alla fine frega sempre Edipo.
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 18:19:10 PMCitazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 17:44:05 PMCitazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:38:21 PM@sariputra ahahahah :D bella storia :D Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica). Se avessi voluto intendere di consacrarsi alla MIA verità, ti avrei detto di consacrarti alla MIA verità. E invece ho detto "consacrati alla verità". Non ha molta importanza quello che io dico. Perchè la verità è UNA e chi la cerca, consacrandosi alla verità, prima o poi la trova. Il tuo amico ha smesso di cercarla. E non perchè ha aperto un sexy shop, ma perchè ha smesso di cercarla. ;) Saluti. :D
Non è che forse l'ha cercata nel posto sbagliato?... ;) Il cercare non ti garantisce il trovare...Cercare la "verità" mi sembra simile alla ricerca della "felicità"...è sempre domani, un pò più in là. Ma se smetto di cercare la verità e la felicità, posso essere ..."sereno" ? :)
fratello mio, puoi stare "sereno" :D Ma non secondo la logica Renziana. Puoi stare sereno davvero. ;) Il processo evolutivo segue l'intelligenza intrinseca che sta nella materia. Anche se tu ti opponessi con tutte le tue forze, non potresti mai arrestarlo. Al massimo potresti rallentarlo. Ma nell'ottica del processo evolutivo che si misura in decine di milioni di anni, cosa vuoi che conti la tua personale resistenza o la mia personale resistenza? L'evoluzione avanza. Avanza comunque. Anche se tu ed io ci mettiamo a spingere con tutta la forza che abbiamo in direzione contraria. Per cui stai sereno. ;)
Oh, meno male! Non c'è bisogno della mia partecipazione ( ho già tante cose da sbrigare in questo periodo... ;D )...il processo va avanti da solo. Mi stavo giusto preoccupando di non essere d'ostacolo all'incedere dell'evoluzione della Coscienza. Se poi parliamo che ci vogliono decine di milioni di anni per verificare la teoria, direi che ho giusto il tempo per farmi un goccetto... :)
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 17:02:48 PM
@donxiquote
Penso che tu debba lavorare su tutti i concetti. E lavorare molto. ;)
Ringrazio per il cortese consiglio: ne farò tesoro.
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:57:02 PM
@sgiombo
Non c'è alcun dubbio sul fatto che il processo involutivo sia cominciato con la caduta del comunismo e del muro di Berlino.
Il modello europeo, prima della caduta del comunismo, era la "perfetta" sintesi tra capitalismo e socialismo. Univa e sintetizzava in sè i due estremi...e questa consapevolezza è stata la chiave della evoluzione europea nel dopoguerra.
Caduto il comunismo, l'europa, invece di rivendicare e preservare la sua specificità, si è appiattita sul modello capitalista americano "cancellando" progressivamente la componente socialista e ha perso la sua specificità e la sua anima.
CitazioneE perché mai il capitalismo (europeo), non più condizionato dal socialismo reale, avrebbe dovuto esimersi dallo svilupparsi "liberamente" secondo la sua propria natura non più coartata (come infatti é accaduto)?
L'immagine di Sariputra che tenta di arrestare il processo evolutivo è f a v o l o s a. :P
Che è l' uomo?
X Maral
Mi è piaciuta quella della Sfinge che finisce sempre per avere la meglio L' enigma della vita e di che cosa è l' uomo. E la Sfinge si tiene stretta il suo segreto e non vuole rivelarlo. E in fondo penso che neanche lei sappia o abbia la o una risposta che possa essere convincente. Mi è piaciuto anche molto il riferimento al danzare come unico rimedio nell' oscillare che distrugge ogni riparo, perché comunque è un pensiero devastante, anche se purtroppo molto verosimile. Il fatto è che i più si nascondono dietro le proprie certezze o sicurezze che la fede procura loro, e tutto ciò li porta a non vederlo, a non sentirlo, o ad illudersi che la vita sia qualcos' altro.
Ciò non toglie però che la risposta alla domanda, in questo bailamme di opinioni, rimane distante, in un punto cioè che è lontano mille chilometri da quello in cui si giunge al cospetto della Sfinge.
Per quanto riguarda il principio di non-contraddizione, nella tua considerazione mi sembra che tu lo includa sempre allo schema logico a cui facciamo sempre riferimento ( benedetto Aristotele!! ). Quello che io intendevo era invece l' indeterminatezza che scaturirebbe dal crollo della logica e quindi anche del principio di non-contraddizione. E che poi non è che nient' altro che il punto nevralgico dove la filosofia di Nietzsche tende a convergere. Ed incomincio a focalizzarlo come una delle cause della crisi di Heidegger.
Per quanto riguarda le due nature presenti nell' uomo, sorvolando su incongruenze come quella del leone e la gazzella, sono d' accordo con chi, mi sembra Donquixote, abbia affermato che per il momento quella superiore sia sicuramente quella che viene tacciata da Jean come inferiore. Che poi essa abbia in potenza la possibilità di diventare superiore all' altra è possibile, ma comunque non è cosa certa. Anche perché la consapevolezza non è qualcosa che si raggiunge tanto facilmente e comunque non è trasmissibile. Alla nascita cioè la superiore sarà sempre e comunque quella che viene giudicata inferiore. E meno male che è così, altrimenti sai che risate!!!! O lacrime, infatti se fosse per le capacità innate della seconda moriremmo in pochi istanti.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2017, 10:26:02 AM
Non vedo perché mai non si debba poter distinguere fra sensazioni immediate (che magari "passanoinosservate", alle quali non si "fa attenzione") e (ulteriori sensazioni interiori di) considerazioni, pensieri, valutazioni su di esse.
Perché le sensazioni immediate a cui non si fa caso, non sono immediate, ma appaiono a posteriori dopo essere state mediate. Le sensazioni immediate che ho seduto alla scrivania non sono per nulla macchie di colori, rumori o percezioni tattili. Queste sono modi di dire e di spiegare, mediate dalla nostra conoscenza fisiologica che definisce culturalmente il processo percettivo. Le percezioni immediate appaiono subito nel loro significato immediato: il tavolo è un tavolo, la sedia una sedia e così via.
Certo, in esse appare oggi anche quello che ho imparato a scuola, ma non è che per questo quello che ho imparato a scuola abbia una maggiore rilevanza oggettiva, è piuttosto qualcosa che si sovrappone ulteriormente. Quello che vedo e sento immediatamente è uno stare fermo e, se sono in un prato di notte, vedo il cielo tutto attorno a me con una certa impressione di sgomento. Poi posso anche pensare, sulla base di quello che ho imparato a scuola che non è così. Ma sfido chiunque a ritenere che un essere umano che non sia mai stato in una nostra scuola e non partecipa della nostra pluri secolare tradizione culturale (ad esempio un indigeno della foresta amazzonica appunto) possa normalmente pensare che non sia così. E non è che noi vediamo le cose come stanno, mentre lui no. Tutti vedono le cose come stanno, nel diverso modo di stare per ciascuno (e in cui comunque possono apparire e di fatto appaiono supersizioni, anche se li leggiamo nei termini della cultura condivisa a cui apparteniamo).
CitazioneMa le credenze animistiche (generalmente parlando; ed essendo tutto relativo) non possiedono nemmeno questa intersoggettività, o al massimo ne potrebbero avere in "misura" notevolissimamente minore, molto più limitatamente, (come ne ha anche solo il "senso comune") nonostante anch' esse siano il risultato di un modo comune di praticare il mondo tra soggetti che vivono nella medesima parzialità prospettica condivisa nelle esperienze attuali e nella storia immensa di tracce di esperienze che risalgono molto indietro nel tempo, agli albori della conoscenza umana.
Dipende cosa intendi per "senso comune", su cui peraltro anche la cultura scientifica si basa e poi lo modifica. Io lo intendo come una sorta di grande sintesi culturale frutto di millenni di percorsi condivisi di conoscenza. Quanto alle concezioni animistiche sappiamo che l'animismo dei cacciatori del paleolitico era del tutto condiviso (lo testimoniano le pitture rupestri), le differenze culturali sono intervenute con la stanzialità nei diversi luoghi, stanzialità richiesta dalle pratiche agricole che vennero a prevalere.
Vedi, Sgiombo, i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una lettura del mondo che prende se stessa a riferimento e non da una realtà oggettiva rispetto alla quale una cultura si trova in errore e un'altra (che per ciascuno è sempre la propria avendola inconsciamente assunta come metro di valore universale) no. I confini tra fantasia e realtà sono sempre assai sfumati, realtà e fantasia esistono l'una per l'altra e sono solo le sfumature degli intrecci a fare le differenze.
Succede (e normalmente succede) che siano proprio gli indigeni che vengono a contatto con la nostra cultura a uscirne pazzi. Basta vedere quello che accade ad esempio a tanti indigeni australiani (ma non solo) inurbati nelle metropoli occidentali. Perdono radicalmente il senso della loro esistenza. Può succedere anche a noi se entriamo nella loro cultura, ma più raramente, probabilmente proprio perché dopotutto la loro resta più accogliente, proprio per la sua primordialità. D'altra parte certi ritorni all'animismo vengono sempre di più di moda pure in Occidente, in strani ibridi con i culti pervasivi e feticistici del consumismo e del mercato.
CitazioneInfatti, come dici anche tu "ovviamente", non è il mondo, bensì la conoscenza del mondo a differire fra i due diversi gruppi di soggetti di conoscenza (e "il modo in cui sono diversamente in qualche misura veri e in qualche misura falsi fa la differenza"; e che differenza ! ! !); ma questo non fa affatto di quest'unico mondo in sé due mondi diversi (patente autocontraddizione!), ecc.
I mondi diversi convivono nello stesso mondo come modalità del suo manifestarsi ai soggetti che lo conoscono. Il mondo unico appare solo nel diverso manifestarsi di relazioni cognitive che ne sono parti diverse e in questo esserne parti richiamano l'intero che le comprende insieme, non c'è nessuna contraddizione nel fatto che il mondo sia uno, ma appare solo come molteplice.
Solo l' uomo (a quanto pare) conosce (salvo forse qualche altra specie animale in misura notevolissimamente più limitata).I pipistrelli unicamente sentono (anche sensazioni che noi uomini non sentiamo ma indirettamente arriviamo a conoscere che essi le sentono); i licheni (e gli altri vegetali) con ogni verosimiglianza (per quanto è ragionevole pensare) vegetano e non sentono nulla (altrimenti poveri vegani, costretti a morire di fame!).E tutto questo comunque solo l'uomo lo sa e lo dice, non i pipistrelli, non i licheni. Il mondo che incontriamo è sempre e solo il mondo del soggetto umano, l'unico soggetto che lo rappresenta con il suo saper dire e saper fare è l'uomo e il mondo è solo lui a produrlo e riprodurlo in segni.
CitazioneRendersi conto che il mondo non è semplicemente quello che i nostri mezzi e i nostri linguaggi, per come li sappiamo usare ci consentono di capire ("ci sono più cose in terra e in cielo che in qualsiasi filosofia"- Shakespeare) non è affatto la stessa cosa che pretendere che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio.
Nessuno lo ha mai preteso, salvo nella follia del solipsismo che è risultato recente del nostro mondo attuale, post illusioni di oggettività, non certo dell'animismo preistorico che non ha nessunissima pretesa soggettiva.
L'interpretazione scientifica è umana e, nella sua pretesa di essere l'unica possibile, mette l'umano al centro del mondo, facendo finta del contrario e per questo assai più potentemente di qualsiasi altra interpretazione che non ha questa pretesa di oggettività.
Essa non dice come divengono i fenomeni, ma fornisce mappe di previsione e stabilisce i contesti in cui tali previsioni possono intersoggettivamente avverarsi (tra soggetti che partecipano della medesima cultura che consente di tracciare quelle mappe). Ma purtroppo molti scienziati prendono ancora quelle mappe per l'oggettività stessa dei fenomeni che tentano di rappresentare.
Citazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 17:44:05 PM
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:38:21 PM@sariputra ahahahah :D bella storia :D Qui è chiaramente sottinteso il consacrarsi alla TUA personale verità ( il famoso processo creativo della Coscienza Cosmica). Se avessi voluto intendere di consacrarsi alla MIA verità, ti avrei detto di consacrarti alla MIA verità. E invece ho detto "consacrati alla verità". Non ha molta importanza quello che io dico. Perchè la verità è UNA e chi la cerca, consacrandosi alla verità, prima o poi la trova. Il tuo amico ha smesso di cercarla. E non perchè ha aperto un sexy shop, ma perchè ha smesso di cercarla. ;) Saluti. :D
Non è che forse l'ha cercata nel posto sbagliato?... ;)
Il cercare non ti garantisce il trovare...Cercare la "verità" mi sembra simile alla ricerca della "felicità"...è sempre domani, un pò più in là. Ma se smetto di cercare la verità e la felicità, posso essere ..."sereno" ? :)
Concordo, a volte si trova ciò che si
vuole trovare (come in tutte le ricerche troppo pre-condizionate) e, d'altro canto, esistono anche ricerche destinate a concludersi in un vicolo cieco e in fallimento (come se, trovato un cadavere, il detective si ostinasse a cercare in giro lo sfuggente assassino, quando si tratta invece di un caso di suicidio...).
Inoltre, non è paradossale definire preventivamente la verità come "una, omniesplicativa, necessaria, etc." (proiettando su di essa gli attributi della divinità e/o di una delle sue versioni laico-scientiste, come la Coscienza cosmica) se non la si è ancora trovata? Non è forse come dire "troverò l'unico drago a sette teste e lui mi concederà 7 desideri" senza sapere nemmeno se esiste?
Se poi qualcuno ha trovato la somma verità, lo prego cortesemente di non postarla sul forum poiché preferisco godermi il fascino dell'ignoto, la meraviglia della magia senza sapere il trucco...
Sulla presunta dicotomia evoluzione/involuzione, direi che anche qui
tertium datur: quante persone non fanno compiere un notevole passo in avanti all'evoluzione senza per questo rappresentare un'involuzione? Il contadino cambogiano che fa una vita sommariamente identica a quella di suo padre, non è forse nè evoluzione nè involuzione?
Secondo me, è infatti l'evoluzione a essere insignificante per l'individuo, non viceversa: il buon Sari può
serenamente concedersi un goccio, facendosi seraficamente beffe delle migliaia di anni che lo precedono e di quelle che seguiranno, perché nell'istante del "qui e ora" l'evoluzione è così lenta da essere praticamente ferma... e se anche l'assunzione di quel goccio (o anche di più ;) ) fa parte dell'evoluzione, Sari può quietamente snobbarla perché la sua
scelta di bere (e il vissuto che ne deriva) ha ben altri scopi contingenti (non credo viva quella degustazione etilica come "un piccolo sorso per un uomo, un grande sorso per l'umanità" ;D , ma, suppongo, piuttosto come un dolce lieto fine per una giornata ormai trascorsa...).
"a volte si trova ciò che si vuole trovare (come in tutte le ricerche troppo pre-condizionate)"
A volte si trova quel che si è precedente messo dietro il cespuglio e, forse, più che altro è il viaggio di ricerca la reale opportunità di esperire la scoperta, non la meta.
Citazione di: Garbino il 22 Aprile 2017, 21:21:32 PM
Mi è piaciuta quella della Sfinge che finisce sempre per avere la meglio L' enigma della vita e di che cosa è l' uomo. E la Sfinge si tiene stretta il suo segreto e non vuole rivelarlo. E in fondo penso che neanche lei sappia o abbia la o una risposta che possa essere convincente. Mi è piaciuto anche molto il riferimento al danzare come unico rimedio nell' oscillare che distrugge ogni riparo, perché comunque è un pensiero devastante, anche se purtroppo molto verosimile. Il fatto è che i più si nascondono dietro le proprie certezze o sicurezze che la fede procura loro, e tutto ciò li porta a non vederlo, a non sentirlo, o ad illudersi che la vita sia qualcos' altro.
Bè, la Sfinge io la vedo come il simbolo della zoè, della vita primordiale e indifferenziata che non conosce morte, poiché proprio morendo si rinnova. E' a partire da essa che sorge nell'uomo la domanda "che cosa è l'uomo?" e in questo senso è essa che tacitamente e continuamente domanda, mentre distrugge e ricrea ogni forma. Ma non è nella zoè della Sfinge la risposta.
CitazionePer quanto riguarda il principio di non-contraddizione, nella tua considerazione mi sembra che tu lo includa sempre allo schema logico a cui facciamo sempre riferimento ( benedetto Aristotele!! ). Quello che io intendevo era invece l' indeterminatezza che scaturirebbe dal crollo della logica e quindi anche del principio di non-contraddizione. E che poi non è che nient' altro che il punto nevralgico dove la filosofia di Nietzsche tende a convergere. Ed incomincio a focalizzarlo come una delle cause della crisi di Heidegger.
Quello che dicevo è che il pnc è comunque alla base di qualsiasi discorso che facciamo, non ha un negatore possibile, poiché il negatore, per negarlo sensatamente deve sempre fare appello al pnc, è inevitabile. Ma proprio per questo il pnc sta oltre la logica, esso stesso in quanto non ha negazione, ha in se stesso la sua negazione e paradossalmente il principio di non contraddizione è solo la contraddizione che continuamente si autocontraddice. Questa è la devastazione a cui giunge il pensiero filosofico e a cui Nietzsche, con la volontà di potenza tenta di porre rimedio, ma a cui non può porre rimedio, poiché la volontà di potenza per assurgere ad assoluto deve farsi eterno ritorno dell'identico, deve volere la sua stessa estrema contraddizione. E' per questo che penso che Heidegger vada in crisi, non c'è uscita per arrivare all'Essere, alla fine nella radura tracciata dal pensiero resta solo la contraddizione, resta solo il Niente che continuamente si nientifica e la tecnica non è che questo processo che continuamente producendo riproduce il nulla. Per questo Heidegger assimila la tecnica all'eterno ritorno, atto di un definitivo nichilismo in cui tramonta per sempre il pensiero dell'Occidente e proprio con Nietzsche, colui che, con il suo pensiero, mette fine alla possibilità di pensare, giacché il pensare tecnico non è più un pensare, ma porta a compimento il pensare, porta a compimento la filosofia dell'uomo occidentale, il logos a cui si appellavano sia Eraclito che Parmenide, già contraddicendosi l'un l'altro.
E se è così (ma è così?) cosa resta? Solo un Dio , come dice Heidegger, ci potrà salvare? o non ci resta che fare un balletto insieme senza prenderci troppo sul serio, come recentemente ha detto Sini?
CitazionePer quanto riguarda le due nature presenti nell' uomo, sorvolando su incongruenze come quella del leone e la gazzella, sono d' accordo con chi, mi sembra Donquixote, abbia affermato che per il momento quella superiore sia sicuramente quella che viene tacciata da Jean come inferiore. Che poi essa abbia in potenza la possibilità di diventare superiore all' altra è possibile, ma comunque non è cosa certa. Anche perché la consapevolezza non è qualcosa che si raggiunge tanto facilmente e comunque non è trasmissibile. Alla nascita cioè la superiore sarà sempre e comunque quella che viene giudicata inferiore. E meno male che è così, altrimenti sai che risate!!!! O lacrime, infatti se fosse per le capacità innate della seconda moriremmo in pochi istanti.
Non credo ci siano nature superiori e inferiori, non è superiore né il leone che divora, né la gazzella che gli sfugge lasciandolo morire di fame, né l'uomo, né il verme che finirà con il divorarne il cadavere anche se in quel cadavere ci fu un Aristotele. Non c'è superiorità nella consapevolezza che comunque è inscritta nella vita che solo sa vivere, né nella vita che senza consapevolezza di sé non sa di vivere e allora si consegna alla consapevolezza per farsi suo mezzo di conoscenza. Accade invece a volte che la vita e la consapevolezza si incontrino e per un istante risuonino insieme, al di là del giudizio sul bene e sul male, inaspettatamente, come in una sorta di improvvisa epifania che subito svanisce, ma i cui resti restano nella memoria collettiva, disponibili a rievocazioni che sappiano riprodurla.
Rispondo a #green demetr risposta 91
Hai detto: "e invece anche oggi continuano a fare lo stesso errore "a sinistra", negare la psicologia, bollandola di psicologismo. ..."
Ma non è che il pensiero di destra non abbia gli stessi limiti, con l'individualismo metodologico esso elimina ogni forma di interazione sociale, per cui la psicologia che propugna è veramente povera.
Rispondo a #myfriend risposta 100
Io questa separazione tra una natura inferiore e una superiore basata sul tempo non la concepisco, la separazione è tra homo genetico (Nel quale c'è anche l'homo sapiens genetico) e homo culturale differenza che è di tipo tecnico non indifferente, perché mentre la genetica si trasmette meccanicamente, la cultura ha bisogno di processi educativi complicati.
Citazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 20:22:05 PM
Oh, meno male! Non c'è bisogno della mia partecipazione ( ho già tante cose da sbrigare in questo periodo... ;D )...il processo va avanti da solo. Mi stavo giusto preoccupando di non essere d'ostacolo all'incedere dell'evoluzione della Coscienza. Se poi parliamo che ci vogliono decine di milioni di anni per verificare la teoria, direi che ho giusto il tempo per farmi un goccetto... :)
Non hai bisogno di aspettare i 4 miliardi di anni davanti a noi.
Per verificare la teoria è sufficiente che tu guardi ai 4 miliardi di anni che ci hanno preceduto.
Dai sassi siamo arrivati all'homo.
Cosa vuoi che conti la tua e mia inconsapevolezza davanti al processo evolutivo che si misura in milioni di anni?
ZERO.
Per cui puoi continuare a stare sereno.
Per quanto possa essere dura la tua inconsapevolezza, non sarà mai dura quanto quella di un sasso.
L'evoluzione ha superato il sasso...vuoi che non superi la tua inconsapevolezza?
Stai sereno. ;)
Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2017, 20:59:18 PM
Citazione di: myfriend il 22 Aprile 2017, 16:57:02 PM
CitazioneE perché mai il capitalismo (europeo), non più condizionato dal socialismo reale, avrebbe dovuto esimersi dallo svilupparsi "liberamente" secondo la sua propria natura non più coartata (come infatti é accaduto)?
E' tutta questione di consapevolezza e inconsapevolezza.
L'inconsapevolezza è tornata a dettare la danza.
@phil
Inoltre, non è paradossale definire preventivamente la verità come "una, omniesplicativa, necessaria, etc." (proiettando su di essa gli attributi della divinità e/o di una delle sue versioni laico-scientiste, come la Coscienza cosmica) se non la si è ancora trovata?
Caro Phil-ibustiere :D
Esiste una sola verità poichè esiste una sola Realtà.
Diversi sono i modi in cui ciascuno di noi vede la Realtà (quindi diverse sono quelle che erroneamente si definiscono "verità"), ma questo è dovuto alle nostre "fedi". Le nostre "fedi" sono i diversi modi con i quali guardiamo la Realtà. Sono il filtro che distorcono la nostra percezione della Realtà.
E' per questo che la "consapevolezza" si ottiene solo andando oltre qualunque "fede". E il risultato della Consapevolezza è guardare la Realtà per ciò che essa oggettivamente è e interagire con essa per ciò che essa oggettivamente è.
E questa è LA "verità". ;)
Sulla presunta dicotomia evoluzione/involuzione, direi che anche qui tertium datur: quante persone non fanno compiere un notevole passo in avanti all'evoluzione senza per questo rappresentare un'involuzione? Il contadino cambogiano che fa una vita sommariamente identica a quella di suo padre, non è forse nè evoluzione nè involuzione?
Certamente non tutte le scimmie decisero di scendere dagli alberi. Solo alcune lo fecero. E quelle che lo hnno fatto hanno dato il via al processo evolutivo che ha portato all'homo sapiens.
E le altre scimmie che non sono scese dagli alberi e che hanno continuato a fare quello che facevano i loro avi che fine hanno fatto? Sono ancora sugli alberi. Anche loro si sono evolute, ma hanno solo cambiato la forma di scimmia. Magari hanno imparato a lanciarsi da un ramo all'altro, invece di camminare sui rami. Ma sempre scimmie sono rimaste. ;)
L'evoluzione funziona così. :D
Citazione di: myfriend il 23 Aprile 2017, 11:53:20 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 20:22:05 PMOh, meno male! Non c'è bisogno della mia partecipazione ( ho già tante cose da sbrigare in questo periodo... ;D )...il processo va avanti da solo. Mi stavo giusto preoccupando di non essere d'ostacolo all'incedere dell'evoluzione della Coscienza. Se poi parliamo che ci vogliono decine di milioni di anni per verificare la teoria, direi che ho giusto il tempo per farmi un goccetto... :)
Non hai bisogno di aspettare i 4 miliardi di anni davanti a noi. Per verificare la teoria è sufficiente che tu guardi ai 4 miliardi di anni che ci hanno preceduto. Dai sassi siamo arrivati all'homo. Cosa vuoi che conti la tua e mia inconsapevolezza davanti al processo evolutivo che si misura in milioni di anni? ZERO. Per cui puoi continuare a stare sereno. Per quanto possa essere dura la tua inconsapevolezza, non sarà mai dura quanto quella di un sasso. L'evoluzione ha superato il sasso...vuoi che non superi la tua inconsapevolezza? Stai sereno. ;)
Bene, dai!...L'importante è che il "processo" continui...
Una curiosità, se ti va di togliermela ovviamente...ma quell'immagine spaventosa di quella specie di stregone incappucciato che posti sotto il tuo nick, serve per atterrire gli esseri involuti, tipo il sottoscritto per intenderci, che tentano di opporsi inconsapevolmente alle sorti progressive dell'energia? Ogni volta che visualizzo un tuo post, per prima cosa, faccio un sobbalzo alla vista dell'incappucciato e mi sfugge pure una "ahhh...che è?" :o Pensa che, stanotte, dopo una lauta e poco ascetica cena a base di uova e asparagi sono stato visitato in sogno da un essere che somigliava molto all'immagine che posti. Ma non ricordo che mi avesse parlato di Coscienza Cosmica...forse dimentico però...fatto sta che mi sono svegliato tutto sudato e sono corso ad accendere il Pc per vedere...se si trovava ancora lì...C'era infatti.
Euti non ti preoccupare, ammetto che si trattava di un incubo... ;D ;D
Perdona il mio maldestro scherzare, non lo faccio apposta è che...inadeguato e involuto come sono...non riesco proprio a trattenermi. Sapessi quante ne ho prese in vita mia per questa brutta abitudine che ho contratto... :(
Ciao e buona domenica
Che è l' uomo?
X Maral
A me sembra che in merito a quanto da me argomentato sulla Sfinge, per quanto non avessi capito che ti riferivi alla zoé, ti ho risposto proprio come se in un qualche modo l' avessi intuito. E sono anche dell' opinione che anche se lei non lo sa, perché non può saperlo, è in lei che giacciono le risposte.
Perché comunque l' uomo non potrà mai uscire dalla sua animalità e dal ciclo vitale che lo contraddistingue. Il tempo di una vita è troppo corto per poter, a mio avviso, permettere all' uomo qualcosa di diverso, con tutto il rispetto per coloro che una certa consapevolezza la raggiungono.
Come avevo accennato nel precedente intervento, io ho l' occasione di verificarlo a livello personale notando le differenze abissali che possono sussistere tra genitore e figlio, e tra genitore e padre. C' è troppa discontinuità di situazioni, di capacità speculativa, di intelligenza, tra generazione e generazione, anche nello stesso ramo genealogico, per poter determinare un qualsiasi quadro dove la consapevolezza possa trovarsi sempre in fase di crescita. Siamo delle mosche bianche, pur con tutte le differenze che ci contraddistinguono, ma siamo e rimaniamo veramente pochi.
E non dipende da una questione di volontà o di situazioni ambientali, dipende da ciò che viene trasferito geneticamente ai propri figli e che non segue un progetto, come giustamente a mio avviso afferma Nietzsche in GDM, ma è tutto determinato dal caso.
Per quanto riguarda il pnc penso che non mi sia spiegato ancora bene. Quello che io intendo è che se veramente lo stesso pnc, che tu poni a base della logica, dello schema di riferimento attuale come dato, è il frutto della necessità che esso sia e che ad esso si ci riferisca, e se in base a ciò poniamo la possibilità che esso non è verità ma menzogna, si avrebbe un quadro in cui l' indeterminatezza diventerebbe la verità con tutte le conseguenze che io ti chiedevo di intravvedere. Tutto qui. E' solo un' ipotesi. Ma un' ipotesi che sto incominciando a valutare in base all' argomentazione che Heidegger fa nella serie di lezioni La volontà di potenza come conoscenza. Adesso poi sto facendo veramente fatica a seguirlo perché si riferisce alla verità come giustizia, non intesa come diritto ed aule di tribunali, ma nel senso greco che mi risulta un po' ostico.
Ma su questo potrò, spero, essere più chiaro in seguito. Invece in merito alla incongruenza del leone e della gazzella, mi riferivo al fatto che Jean aveva affermato che nel nostro passato genetico appaiono entrambi, mentre invece, a mio avviso, la nostra linea genetica era già divisa a livello di pesci. Per altro il leone e la gazzella rappresentano, come dice sempre a mio avviso giustamente Nietzsche, un livello di perfezione nella specie pari a quello dell' uomo.
Sulle due nature, che Jean chiama nature, ma che non sono altro che l' istinto primordiale e la ragione, sono dell' opinione che esse esistano e che in fondo ciò che l' uomo è, quello che in definitiva rappresenta il suo modo di porsi nei confronti di sé stesso e di ciò che lo circonda, sia proprio il frutto dell' interattività tra forza vitale e intelligenza potenziale, con tutte le varianti che l' ambiente può determinare a tutti i livelli.
Ed è per questo che ritengo la prima come superiore. Proprio per la sua caratteristica di aver attraversato milioni di anni di evoluzione e che anche la più grande consapevolezza possibile non può stare al suo pari. La vita umana è troppo corta per permetterlo.
Garbino Vento di Tempesta.
@ Garbino
Non son io quello che va parlando di individui superiori ed inferiori, immaginarie categorie avulse dal mio pensiero, nei miei due precedenti post di questa discussione ho scritto d'altro.
Rifacendomi alla classificazione di Green, dove (ahimè) non ho trovato collocazione... ne suggerirei una cui mi piacerebbe appartenere, quella di coloro che "cercano di includere", tale il proposito dei miei post, qui e negli altri saloni del nostro Hotel.
Ma includente suona assai male... e troppo richiama "inconcludente", che è il tipico destino anche di chi appartenga alla prima... gente che parla, chiama, invita... e di regola rimane con un pugno di mosche, pur sempre meglio di niente...
Eh sì, Green, mi sa che appartenere ad una categoria di nuovo o vecchio conio (euro o lira che sia...) generi una parvenza di sicurezza almeno riguardo alle problematiche che dalla sua peculiare prospettiva si andranno affrontando... aver una risposta certa, di questi tempi poi, non è poca cosa, in ogni ambito.
E invece quelli come me non l'hanno per alcuna cosa, costretti dal modus "inclusivo" a dover tener conto e rispetto d'ogni possibilità, d'ogni diversa prospettiva.
Almeno mi par d'avere il sentore che tutte (le prospettive) conducano allo stesso, finale, punto focale, il paesaggio... il punto d'origine da cui tutte si dipartono, e per quello ben ci si adatta a sentirsi estranei ad ogni collocazione che ce ne distolga.
Questa pregevole discussione è come un treno che ci sta trasportando, dove in ogni io-vagone s'ipotizza sulla destinazione e al controllore (... c'è sempre un controllore...) riferiamo, anzi, consegnamo il nostro foglietto, per farlo veder agli altri e loro a noi... interrelazioni... il solo modo per confrontar le nostre reciproche prospettive e forse comprendere che come noi ne cerchiamo l'origine così questa guarda a noi, infatti non c'è l'una senza l'altra.
Che è l'uomo?
Il viaggio d'una prospettiva... ma dove approdi sarà diverso per ognuno...
Buona domenica
Jean
Citazione di: myfriend il 23 Aprile 2017, 12:12:25 PM
Caro Phil-ibustiere :D
Esiste una sola verità poichè esiste una sola Realtà.
L'esistenza di una realtà unica a cui si ispirano, forse in
consapevolmente, tutte le divergenti deformazioni interpretative, è ancora da dimostrare: percepiamo la realtà con i nostri sensi (inevitabilmente
selettivi e limitati) e la interpretriamo/descriviamo con la nostra ragione (inevitabilmente
prestrutturata secondo un
vincolante "software" neuro-biologico), per cui il piano da cui indaghiamo la realtà/verità è
limitato alle possibilità umane, quindi non è assoluto nè oggettivo, ma solo relativo alla nostra prospettiva
umana... direi che questa è già una buona consapevolezza
dentro cui porsi eventuali domande (poiché non se ne può uscire: non possiamo non essere umani, anche se possiamo essere, e qui non mi riferisco a te, ingenuamente anacronisticamente nostalgicamente antropocentrici...).
Citazione di: myfriend il 23 Aprile 2017, 12:12:25 PM
E' per questo che la "consapevolezza" si ottiene solo andando oltre qualunque "fede". E il risultato della Consapevolezza è guardare la Realtà per ciò che essa oggettivamente è e interagire con essa per ciò che essa oggettivamente è.
E questa è LA "verità". ;)
Mi perdonerai, ma l'ultima è una frase così abusata dal genere umano, in tutte le epoche, che ormai sono un po' anestetizzato nel leggerla (anche perché nel suo doppio fondo c'è sempre la fede/fiducia soggettiva)... magari, se esiste, quando la troveremo non riusciremo neppure a riconoscerla, tanto siamo abituati a sentirne parlare come tutto e il contrario di tutto; forse è per questo che ogni verità ha i suoi fedeli, ma anche i suoi "infedeli-inconsapevoli" che non riescono a capirla... sarà il virus del relativismo? ;)
Secondo me esistono solo piccole verità (al plurale), sotto forma di descrizioni adeguate, interpretazioni funzionali ("corrispondenza fra linguaggio e stato di cose" direbbe forse Wittgenstein), come la verità secondo cui ora sto digitando su una tastiera (anche se qualcuno dubiterebbe anche di questo ;D ). Le grandi verità, anzi, solitamente al singolare e con la maiuscola, la Verità è (per me) un residuo (inter)culturale delle tradizioni monistiche e mitologiche in cui si cercavano il
primum movens, l'illuminazione, la perfezione e altri ideali sognanti che, essendo congetture, risultano, fino a prova contraria, irraggiungibili come un miraggio (o come la carota attaccata al bastone, tenuta davanti al muso dell'asino per farlo camminare...).
In altri casi, come per l'evoluzione, al netto di critiche e correnti di pensiero divergenti (che andrebbero pure considerate), si può parlare soltanto di spiegazione vera (per chi ci crede), ma non propriamente di Verità, a cui viene ascritta solitamente una "ampiezza veritativa" ben più ampia e determinante (sempre per chi ci crede :) ).
Citazione di: GarbinoPer quanto riguarda il pnc penso che non mi sia spiegato ancora bene. Quello che io intendo è che se veramente lo stesso pnc, che tu poni a base della logica, dello schema di riferimento attuale come dato, è il frutto della necessità che esso sia e che ad esso si ci riferisca, e se in base a ciò poniamo la possibilità che esso non è verità ma menzogna, si avrebbe un quadro in cui l' indeterminatezza diventerebbe la verità con tutte le conseguenze che io ti chiedevo di intravvedere. Tutto qui. E' solo un' ipotesi. Ma un' ipotesi che sto incominciando a valutare in base all' argomentazione che Heidegger fa nella serie di lezioni La volontà di potenza come conoscenza. Adesso poi sto facendo veramente fatica a seguirlo perché si riferisce alla verità come giustizia, non intesa come diritto ed aule di tribunali, ma nel senso greco che mi risulta un po' ostico.
Mi pare che sul principio di non contraddizione alla fine si sospetti la stessa cosa e si incontrino le stesse conseguenze, salvo che, nel mio riferimento, esso non è menzogna, ma il principio stesso risulta negatore di se stesso, poiché nulla lo può negare dall'esterno, nemmeno la volontà di negarlo (che necessariamente per negarlo effettivamente evidentemente non può contraddirsi). Questo ci verrebbe a dire che il principio di non contraddizione che affermandosi viene da sé a negarsi corrisponde al divenire che è. Comunque resto in attesa dell'esito della tua esplorazione dell'argomentazione di Heidegger sulla volontà di potenza come conoscenza.
Se può esserti di aiuto, in merito al senso greco della giustizia, il riferimento andrebbe fatto a Dike (per come appare nel frammento di Anassimandro e che Severino tratta molto approfonditamente nel suo ultimo saggio teoretico). Dike è la necessità assoluta che genera gli enti e insieme ripiana l'ingiustizia che gli enti commettono gli uni agli altri venendo a esistere. Per giustizia (necessità) dove nascono essi tramontano: nell'Apeiron. E' il principio del Divenire inteso come un ciclo perfetto.
Citazione di: JeanChe è l'uomo?
Il viaggio d'una prospettiva... ma dove approdi sarà diverso per ognuno...
E magari di prospettive ce ne fosse solo una per ognuno e quest'una non cambiasse essa stessa nel continuo errare del viaggio.
Che è l' uomo?
X Jean
Mio caro Jean, scusami per lo scambio di Nick, ma mi sembra ovvio che stavo parlando di Myfriend. E che comunque non parla di esseri superiori o inferiori ma del rapporto interiore tra istinto e ragione. E le definisce nature.
Anch' io sono per cercare la massima inclusione ( come vedi ho usato il tuo stesso termine ) possibile, ma come vedi si è scatenato un vero e proprio concerto di idee ed opinioni che purtroppo rende ancor più difficile una eventuale convergenza su alcune basi iniziali.
Comunque non mi preoccupo, continuo a seguire il mio percorso, e queste soste possono comunque ritenersi positive. E questo perché si riesce a determinare a quale punto di convergenza si sia giunti. Rinnovando le scuse, ti saluto come sempre con stima.
X Maral
Come sempre si può far affidamento sulla tua conoscenza. Conoscevo Dike come giustizia ma non il riferimento al frammento di Anassimandro che anche Heridegger, vedo, ha preso in esame in una sua Antologia. L' opera di Severino invece mi piacerebbe leggerla. Ma se ti dico che ho già trovato ed ordinato il testo degli scritti inediti di Nietzsche ordinato da Gast e dalla sorella, penso che non ci sia niente da aggiungere.
Comunque sull' esito della mia esplorazione non mancherò di informarti non appena, come sto già facendo, farò un passo in più nella sua comprensione.
Garbino Vento di Tempesta.
@phil
Il "relativismo", per come la vedo io, è un comodo alibi. Un alibi che nasce da una certa forma di pigrizia. Pure ostentata. :D
Su LA verità si basa il metodo scientifico.
Se il mondo si basasse sul relativismo, perchè quando hai la febbre vai da un medico invece di andare da uno sciamano?
Vai dal medico perchè sai che il suo lavoro consiste nel basarsi su LA verità. Hai fiducia in questo e ti aspetti questo da un medico.
E non vai da uno sciamano perchè sai benissimo che lo sciamano si basa su una sua interpretazione del mondo che non è LA verità.
Diciamo che tu appartieni a quella categoria di persone che riconosce che c'è LA verità quando gli fa comodo. E, quando invece non gli fa comodo, dice che LA verità non esiste.
E' un vecchio trucco Phil. Non sei nè il primo, nè l'utlimo. ;)
No, vai dal medico perché il medico e non lo sciamano dà affidamento sensato nel contesto in cui vivi. Poi c'è anche chi torna dallo sciamano credendoci, perché ogni contesto ha sempre il suo fuori contesto che ritorna a negarlo.
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 12:44:35 PM
Il "relativismo", per come la vedo io, è un comodo alibi. Un alibi che nasce da una certa forma di pigrizia. Pure ostentata. :D
Sul relativismo (su cui ho fatto una battuta, ma qui sarebbe quasi off topic) trovi circa 12 pagine nel topic "assolutismo/relativismo", se sei disposto a farti sfiorare dall'ipotesi che possa essere anche un approccio interpretativo serio e non solo "una posizione di comodo" o un "vecchio trucco" ;)
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismoassolutismo/
Riguardo a
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 12:44:35 PM
Diciamo che tu appartieni a quella categoria di persone che riconosce che c'è LA verità quando gli fa comodo. E, quando invece non gli fa comodo, dice che LA verità non esiste.
ricorderei che
Citazione di: Phil il 23 Aprile 2017, 15:44:15 PM
Secondo me esistono solo piccole verità (al plurale), sotto forma di descrizioni adeguate, interpretazioni funzionali ("corrispondenza fra linguaggio e stato di cose" direbbe forse Wittgenstein),
quindi, partendo dalla
consapevolezza della differenza fra la Verità e
le verità (a cui accennavo nel precedente post), qui, come ha già ricordato Maral, si apre la questione dei differenti contesti di senso, che ci riporterebbe anche al relativismo (e alla sua caricatura banalizzante), ma, appunto, se ne è già discusso in altro topic.
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 13:19:49 PM
No, vai dal medico perché il medico e non lo sciamano dà affidamento sensato nel contesto in cui vivi. Poi c'è anche chi torna dallo sciamano credendoci, perché ogni contesto ha sempre il suo fuori contesto che ritorna a negarlo.
Vai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico.
Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;)
LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
Citazione di: Sariputra il 23 Aprile 2017, 14:11:53 PM
Citazione di: myfriend il 23 Aprile 2017, 11:53:20 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Aprile 2017, 20:22:05 PMOh, meno male! Non c'è bisogno della mia partecipazione ( ho già tante cose da sbrigare in questo periodo... ;D )...il processo va avanti da solo. Mi stavo giusto preoccupando di non essere d'ostacolo all'incedere dell'evoluzione della Coscienza. Se poi parliamo che ci vogliono decine di milioni di anni per verificare la teoria, direi che ho giusto il tempo per farmi un goccetto... :)
Non hai bisogno di aspettare i 4 miliardi di anni davanti a noi. Per verificare la teoria è sufficiente che tu guardi ai 4 miliardi di anni che ci hanno preceduto. Dai sassi siamo arrivati all'homo. Cosa vuoi che conti la tua e mia inconsapevolezza davanti al processo evolutivo che si misura in milioni di anni? ZERO. Per cui puoi continuare a stare sereno. Per quanto possa essere dura la tua inconsapevolezza, non sarà mai dura quanto quella di un sasso. L'evoluzione ha superato il sasso...vuoi che non superi la tua inconsapevolezza? Stai sereno. ;)
Bene, dai!...L'importante è che il "processo" continui...
Una curiosità, se ti va di togliermela ovviamente...ma quell'immagine spaventosa di quella specie di stregone incappucciato che posti sotto il tuo nick, serve per atterrire gli esseri involuti, tipo il sottoscritto per intenderci, che tentano di opporsi inconsapevolmente alle sorti progressive dell'energia? Ogni volta che visualizzo un tuo post, per prima cosa, faccio un sobbalzo alla vista dell'incappucciato e mi sfugge pure una "ahhh...che è?" :o Pensa che, stanotte, dopo una lauta e poco ascetica cena a base di uova e asparagi sono stato visitato in sogno da un essere che somigliava molto all'immagine che posti. Ma non ricordo che mi avesse parlato di Coscienza Cosmica...forse dimentico però...fatto sta che mi sono svegliato tutto sudato e sono corso ad accendere il Pc per vedere...se si trovava ancora lì...C'era infatti.
Euti non ti preoccupare, ammetto che si trattava di un incubo... ;D ;D
Perdona il mio maldestro scherzare, non lo faccio apposta è che...inadeguato e involuto come sono...non riesco proprio a trattenermi. Sapessi quante ne ho prese in vita mia per questa brutta abitudine che ho contratto... :(
Ciao e buona domenica
Quell'immagine è un omaggio ai sacerdoti del darwinismo.
E' un omaggio e un monito.
Loro hanno il "grande occhio". Noi ne abbiamo due. ;)
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PM
Vai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico.
Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;)
LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono
le sue verità. :)
E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 17:30:58 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PM
Vai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico.
Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;)
LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono le sue verità. :)
E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Errore.
Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità.
Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità.
Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà.
Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità.
Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PMCitazione di: maral il 24 Aprile 2017, 17:30:58 PMCitazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PMVai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico. Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;) LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono le sue verità. :) E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Errore. Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità. Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità. Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà. Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità. Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Praticamente propugni una sorta di "integralismo dogmatico scientifico assolutista".
Ma sarebbe il credo di questi "Sacerdoti del darwinismo" di cui scrivi e che ammetto, nella mia ignoranza, di non averne nemmeno mai sentito parlare?...
Giusto per 'inquadrare' il discorso e comprendere il "monito"...
Ma la spiritualità che c'entra ? ???
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PM
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 17:30:58 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PM
Vai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico.
Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;)
LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono le sue verità. :)
E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Errore.
Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità.
Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità.
Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà.
Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità.
Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
però non si capisce che vuoi dire,
LA verità è aderenza alla Realtà o LA Realtà è LA verità o LA verità è LA Realtà dell'aderenza? O tutte quante?
A me pare che dato che le prescrizioni del medico funzionano meglio e sono più efficaci e utili nella cura della febbre delle pratiche sciamaniche tu ne riconosca una maggior verità. (Funzionano meglio, sono più efficaci rispetto allo sciamano, allora son più LA verità.) Ora, è con il metro della efficacia che si misura LA verità? Sempre che non sia questa tua famigerata LA verità a misurarci.
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PM
Errore.
Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità.
Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità.
Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà.
Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità.
Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Chi cerca la verità tende verso la realtà, ma non la raggiunge mai (quindi non sempre più, né meno, ma sempre parimenti distante), perché la ricerca è possibile solo nel un continuo errore della verità e pure la scienza, per quanto insostituibile nel mondo in cui viviamo essendo scienza del mondo in cui viviamo, non è che un modo di errare, proprio in ragione della sua verità, proprio perché è vera si muove in errore.
Se tu e io andiamo dal medico ci andiamo non perché la scienza medica è aderente alla realtà, ma perché vediamo (ossia conosciamo) la scienza medica come verità e partecipiamo, sia io che te, del medesimo contesto di prassi condivise e condivisibili che ce la manifesta e ce la conferma come tale (e in virtù di questa condivisibilità ci fidiamo a priori del suo saper funzionare che sarà pubblicamente confermato). Per questo è necessario che andiamo dal medico, non in virtù di una pretesa di aderenza realistica allo stato delle cose, che è sempre ben oltre ogni scienza e ogni conoscenza, sempre in fuga al di là del suo orlo estremo.
Citazione di: Sariputra il 24 Aprile 2017, 18:51:55 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PM
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 17:30:58 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PMVai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico. Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;) LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono le sue verità. :) E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Errore. Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità. Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità. Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà. Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità. Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Praticamente propugni una sorta di "integralismo dogmatico scientifico assolutista".
Ma sarebbe il credo di questi "Sacerdoti del darwinismo" di cui scrivi e che ammetto, nella mia ignoranza, di non averne nemmeno mai sentito parlare?...
Giusto per 'inquadrare' il discorso e comprendere il "monito"...
Ma la spiritualità che c'entra ? ???
Sari...abbiamo già parlato di questo.
La scienza non è una fede.
La scienza è uno strumento di indagine della Realtà e di comprensione della Realtà.
E la scienza è uno strumento assolutamente indispensabile.
Perchè la "consacrazione alla verità" è il metodo insostituibile di qualunque percorso spirituale.
Piccolo koan Zen:
"Un sacerdote, incontrò un giorno, un maestro zen, e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò "Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos'è la realtà?". Il maestro gli diede un pugno in faccia."La scienza, spesso, è un pugno in faccia. Quello che scopriamo grazie alla scienza è, spesso, shockkante come un pugno in faccia.
Ma qualunque percorso spirituale non può prescindere dalla Realtà. E la scienza è l'unico strumento che abbiamo per indagare la Realtà.
Non fede. Ma strumento. La scienza è come una torcia che ci fa luce nell'insidioso cammino nella Realtà.
E ci fa luce proprio perchè ci aiuta a scoprire gli inganni e gli autoinganni della mente.
LA verità è ciò che è. E siccome la Realtà (ciò che è) è UNA, esiste UNA verità.
Il cammino spirituale è diventare consapevoli di ciò che è.
Il monito è per i "sacerdoti del darwinismo" che partono da una loro fede e costruiscono una pseudo-scienza che serve unicamente a propagandare la loro fede. Per questi signori la scienza non è uno strumento per indagare la Realtà, ma è l'ideologia attraverso la quale veicolare la loro fede.
Questi signori vorrebbero farci credere che l'homo è frutto del caso e che l'evoluzione si basa esclusivamente sulla competizione e sulla lotta e che solo il più forte si evolve. E su questa fede hanno costruito la teoria neo-darwinista che viene spacciata per scienza e verità scientifica. Cioè questi signori teorizzano una fede e hanno inventato una pseudo-teoria-scientifica (spacciata per scienza) per veicolare la loro fede.
Questi signori hanno "un occhio che guarda".
Noi, ne abbiamo due. :D
Chiunque dice o crede di avere la scienza de LA verità mente agli altri e a se stesso, ma mentendo dice comunque un modo della verità che apre a un altro modo di dirla.
La menzogna che resta nella menzogna è dunque solo quella che ritiene che non ci sia altra verità al di fuori di quella che è stata detta ed è una menzogna che inebria di potenza chi la pronuncia, è hybris nel senso più radicale del termine.
@maral
Che la scienza sia continuamente alla ricerca è vero. Questo è dovuto alla complessità della Realtà e alla pochezza dei nostri strumenti.
Ma questo non significa che la scienza non sia già approdata a delle verità.
I pianeti girano attorno al sole è una verità, che non richiede ulteriori approfondimenti o correzioni. E' una verità definitiva e immutabile.
Che le infezioni siano prodotte da batteri e per curarle servono gli antibiotici è una verità e non richiede uteriori approfondimenti o correzioni. E' una verità definitiva e immutabile.
Dire come dici tu che la scienza è in perenne correzione dei propri errori dà l'idea che non esistano verità. E invece le verità ci sono. I pianeti e le infezioni batteriche sono solo due esempi.
Altro esempio: se quando giri la chiave la macchina si accende, significa che esistono verità definitivamente appurate e portate alla luce. Se non fosse così non avresti la certezza che la tua macchina si accende.
Altro esempio: Secondo il primo principio della termodinamica, l'energia non si crea e non si distrugge, ma cambia forma.
Questa è un'altra verità.
Eppure c'è chi ancora pensa che la morte sia la distruzione della vita, la fine della vita.
Questa è una fede assai diffusa che si perpetua nell'ignoranza e nella inconsapevolezza senza tener conto del fatto che la scienza l'ha ormai smentita da decenni. ;)
Ma come ben sappiamo le fedi sono dure a morire...anche quando è del tutto evidente che sono FALSE. Ma per chi ci crede, una fede, è più vera della Realtà stessa. :D Non c'è niente da fare. Anche se gli metti sotto gli occhi l'evidenza che si tratta di una fede falsa, chi ci crede continuerà a crederci. E' un po' come quelli che vanno dagli sciamani per farsi curare con gli amuleti una infezione batterica. :D
@Lou
Efficacia? Cosa c'entra l'efficacia?
L'efficacia non c'entra nulla.
La scienza ha appurato che le infezioni nascono a causa dei batteri. E per distruggere i batteri esistono gli antibiotici. E, una volta distrutti i batteri, l'infezione passa.
Questa non è efficacia. Questa è descrizione della Realtà. E quindi è verità.
E' come se tu dicessi che la legge di gravità di Newton è efficace. O che l'equazione E=MC^2 è efficace.
Non sono efficaci. Ma descrivono la Realtà per ciò che essa oggettivamente è. Quindi sono verità.
Se non ti è chiaro questo semplice concetto dubito che riuscirai a comprendere concetti appena un pochino più complessi. ;)
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 19:59:27 PM
@maral
Che la scienza sia continuamente alla ricerca è vero. Questo è dovuto alla complessità della Realtà e alla pochezza dei nostri strumenti.
Ma questo non significa che la scienza non sia già approdata a delle verità.
I pianeti girano attorno al sole è una verità, che non richiede ulteriori approfondimenti o correzioni. E' una verità definitiva e immutabile.
Che le infezioni siano prodotte da batteri e per curarle servono gli antibiotici è una verità e non richiede uteriori approfondimenti o correzioni. E' una verità definitiva e immutabile.
Dire come dici tu che la scienza è in perenne correzione dei propri errori dà l'idea che non esistano verità. E invece le verità ci sono. I pianeti e le infezioni batteriche sono solo due esempi.
Altro esempio: se quando giri la chiave la macchina si accende, significa che esistono verità definitivamente appurate e portate alla luce. Se non fosse così non avresti la certezza che la tua macchina si accende.
Secondo il primo principio della termodinamica, l'energia non si crea e non si distrugge, ma cambia forma.
Questa è un'altra verità.
Eppure c'è chi ancora pensa che la morte sia la distruzione della vita, la fine della vita.
Questa è una fede assai diffusa che si perpetua nell'ignoranza e nella inconsapevolezza senza tener conto del fatto che la scienza l'ha ormai smentita da decenni. ;)
No Myfriend, quelli che citi sono solo verità (al plurale) che presentano mappandoli, modi di manifestarsi parziali della realtà, tradotte in elementi di mappature. In
"fogli mondo" che non sono il mondo. Non c'è nessuna verità portata definitivamente alla luce, ci sono solo punti sulle nostre mappe in cui per un po' possiamo ancorarci per muovere i nostri passi, ma quei punti già si dileguano.
Questo non vuol dire che premendo l'interruttore non si accenda la lampadina, ma che vivo in un mondo dove è possibile intendere segni come "interruttore" e "lampadina" secondo un modo di significare che è proprio solo di questo
foglio-mondo a fronte di innumerevoli altri tracciati e tracciabili.
CitazioneLa scienza ha appurato che le infezioni nascono a causa dei batteri. E per distruggere i batteri esistono gli antibiotici. E, una volta distrutti i batteri, l'infezione passa.
Questa non è efficacia. Questa è descrizione della Realtà. E quindi è verità.
Proprio perché è descrizione non è realtà, c'è sempre uno scarto rispetto alla realtà, c'è sempre l'errore, altrimenti non ci sarebbe descrizione.
@maral
Sciocchezze.
Il fatto che i pianeti ruotano attorno al sole è una VERITA'. Ed è una VERITA' che fa parte dell'unica e grande VERITA' che abbraccia tutta la Realtà.
E' pur vero che l'unica VERITA' è la somma di tante piccole VERITA'.
Quella di Einstein è un'altra piccola verità.
LA Verità è come un grande puzzle. E' fatta da tante piccole tessere, le piccole verità, che messe insieme danno il quadro di insieme che è LA Verità.
Se non ti è chiara questa semplice verità, non ti è chiaro nulla. :D
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 20:08:32 PM
@Lou
Efficacia? Cosa c'entra l'efficacia?
L'efficacia non c'entra nulla.
La scienza ha appurato che le infezioni nascono a causa dei batteri. E per distruggere i batteri esistono gli antibiotici. E, una volta distrutti i batteri, l'infezione passa.
Questa non è efficacia. Questa è descrizione della Realtà. E quindi è verità.
E' come se tu dicessi che la legge di gravità di Newton è efficace. O che l'equazione E=MC^2 è efficace.
Non sono efficaci. Ma descrivono la Realtà per ciò che essa oggettivamente è. Quindi sono verità.
Se non ti è chiaro questo semplice concetto dubito che riuscirai a comprendere concetti appena un pochino più complessi. ;)
Ma se non accetti in più di una occasione alcun processo distruttivo/creativo come puoi adesso propormi descrizioni e successive distruzioni come LA verità gurico_scientific_oriented,? suvvia. Di mio comincio a dubitare della tua autoconsapevolezza date le contraddizioni che proponi (condite del jolly formula Einstein:P), della mia ci dubito già da un tot. ;)
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 19:48:36 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Aprile 2017, 18:51:55 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PM
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 17:30:58 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 15:24:56 PMVai dal medico perchè il medico ti dice che la febbre è dovuta a una infezione batterica e ti dà un antibiotico. Perchè questa è LA verità, cioè LA realtà....che con il concetto di "affidamento sensato nel contesto in cui vivi" non c'azzecca niente. ;) LA verità è UNA perchè la Realtà è UNA.
La realtà è una, ma appare in molti modi e questi modi sono le sue verità. :) E infatti la mia verità non è la tua (ed è bene che sia così), mentre la realtà è la stessa per entrambi e sottende entrambe le nostre diverse verità.
Errore. Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità. Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità. Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà. Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità. Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Praticamente propugni una sorta di "integralismo dogmatico scientifico assolutista". Ma sarebbe il credo di questi "Sacerdoti del darwinismo" di cui scrivi e che ammetto, nella mia ignoranza, di non averne nemmeno mai sentito parlare?... Giusto per 'inquadrare' il discorso e comprendere il "monito"... Ma la spiritualità che c'entra ? ???
Sari...abbiamo già parlato di questo. La scienza non è una fede. La scienza è uno strumento di indagine della Realtà e di comprensione della Realtà. E la scienza è uno strumento assolutamente indispensabile. Perchè la "consacrazione alla verità" è il metodo insostituibile di qualunque percorso spirituale. Piccolo koan Zen: "Un sacerdote, incontrò un giorno, un maestro zen, e, volendo metterlo in imbarazzo, gli domandò "Senza parole e senza silenzio, sai dirmi che cos'è la realtà?". Il maestro gli diede un pugno in faccia." La scienza, spesso, è un pugno in faccia. Quello che scopriamo grazie alla scienza è, spesso, shockkante come un pugno in faccia. Ma qualunque percorso spirituale non può prescindere dalla Realtà. E la scienza è l'unico strumento che abbiamo per indagare la Realtà. Non fede. Ma strumento. La scienza è come una torcia che ci fa luce nell'insidioso cammino nella Realtà. E ci fa luce proprio perchè ci aiuta a scoprire gli inganni e gli autoinganni della mente. LA verità è ciò che è. E siccome la Realtà (ciò che è) è UNA, esiste UNA verità. Il cammino spirituale è diventare consapevoli di ciò che è. Il monito è per i "sacerdoti del darwinismo" che partono da una loro fede e costruiscono una pseudo-scienza che serve unicamente a propagandare la loro fede. Per questi signori la scienza non è uno strumento per indagare la Realtà, ma è l'ideologia attraverso la quale veicolare la loro fede. Questi signori vorrebbero farci credere che l'homo è frutto del caso e che l'evoluzione si basa esclusivamente sulla competizione e sulla lotta e che solo il più forte si evolve. E su questa fede hanno costruito la teoria neo-darwinista che viene spacciata per scienza e verità scientifica. Cioè questi signori teorizzano una fede e hanno inventato una pseudo-teoria-scientifica (spacciata per scienza) per veicolare la loro fede. Questi signori hanno "un occhio che guarda". Noi, ne abbiamo due. :D
E' molto difficile discutere con te perché tendi a "imporre" le tue opinioni ( per me sono solo opinioni, mentre per te sono addirittura LA VERITA'... ti faccio notare 'en passant' che è lo stesso atteggiamento proprio dei dogmatici religiosi che tanto disprezzi :)). La 'fede' non riguarda solamente una data tradizione o esperienza religiosa ma investe tutte le idee o opinioni in cui l'essere umano ripone la sua fiducia, per l'appunto. Quindi la tua è una vera e propria "fede assoluta" ( fiducia assoluta e dogmatica in quanto non ammette obiezioni) nello strumento di investigazione della realtà chiamato scienza. E' una fede perché lo accetti acriticamente e non ne vedi i limiti e dai per definitivo e assodato ciò che è in divenire, che potrà essere confutato o perfezionato in futuro. Dire che la Realtà è LA VERITA' non significa nulla, in quanto non sappiamo cos'è in definitiva la realtà, e quindi non sapendolo non possiamo certo dire di sapere cos'è LA VERITA', logicamente . Abbiamo delle teorie in costruzione su come 'funzionano" i fenomeni di cui possiamo avere percezione, ma certo non il 'perchè' funzionano. Sappiamo che i fenomeni ci appaiono in presenza di cause e condizioni appropriate e ci sembra ci sia una logica in questo apparire, ma non comprendiamo l'origine di queste cause e condizioni e il loro significato, se c'è o non c'è, per l'essere umano.
Non mi avventuro oltre perché non sono uno scienziato. Ad ognuno il suo... ;)
Il caso del koan che citi è esemplare per spiegare, o tentare di spiegare, meglio cosa si intende per 'insegnamento'. Un maestro zen rapporta le sue risposte allo stato mentale e all'attitudine della persona che ha di fronte. Come un vero insegnante dovrebbe sempre fare.
Per quell'uomo particolare che ha formulato la domanda , il maestro zen ha ritenuto che la risposta appropriata fosse un bel pugno sul naso. Quella era esattamete la risposta giusta 'in quel momento' per quell'individuo. Però , lo stesso maestro. davanti ad un altra persona che gli formulasse la stessa identica domanda potrebbe benissimo rispondere: "Vai a pelare le patate!" E sarebbe anche questa la risposta giusta 'in quel momento' per quell'individuo. Questo perché non si somministra la stessa medicina a tutti gli ammalati, ma la medicina va somministrata caso per caso in relazione ad ogni specifica e diversa 'malattia' ( ovviamente nel caso di un maestro zen si tratterà di 'malattia spirituale'...).
Se myfriend , per fare un esempio, ponesse questa domanda al maestro zen: "E' vero che la scienza è lo strumento assoluto e perfetto per realizzare LA VERITA'"? Il maestro potrebbe rispondere: "E' assolutamente vero!". Poi però se il Sari , accompagnatore di myfriend, obiettassse :" Ma è vero che la scienza non può essere lo strumento assoluto e perfetto?" lo stesso maestro risponderebbe:" E' assolutamente vero!"... Al che noi due esclameremmo: "Ma che diavolo sta a dì...?"
Questo invece sarebbe un insegnamento appropriato per chi ha la tendenza a troppo teorizzare e a ritenere la fantomatica 'verità' una formula verbale...e in ogni caso si deve intendere sempre come un insegnamento di natura spirituale ( o umana che dir si voglia...) che non afferma o confuta nessuna teoria scientifica...né ha alcun interesse a farlo. Sono ambiti diversi.
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 20:18:56 PMLA Verità è come un grande puzzle. E' fatta da tante piccole tessere, le piccole verità, che messe insieme danno il quadro di insieme che è LA Verità.
Sarebbe oltremodo divertente vederti alle prese con qualche miliardo di "piccole tessere" di verità e tentare di metterle insieme senza avere a disposizione il coperchio della scatola su cui è riprodotta la visione d'insieme, ovvero tutta la verità.
Attraverso prove ed errori e con un tempo infinito a disposizione forse sarebbe fattibile, a meno che la figura non si contorni strada facendo senza una figura aprioristicamente definita a riferimento è da inventarsi, come in realtà mi piace pensare "che cos'è l'uomo". Un puzzle senza scatola prestampata.
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 20:18:56 PM
@maral
Sciocchezze.
Il fatto che i pianeti ruotano attorno al sole è una VERITA'. Ed è una VERITA' che fa parte dell'unica e grande VERITA' che abbraccia tutta la Realtà.
E' pur vero che l'unica VERITA' è la somma di tante piccole VERITA'.
Quella di Einstein è un'altra piccola verità.
LA Verità è come un grande puzzle. E' fatta da tante piccole tessere, le piccole verità, che messe insieme danno il quadro di insieme che è LA Verità.
Se non ti è chiara questa semplice verità, non ti è chiaro nulla. :D
Ok, lasciamo perdere dato che a te è tutto chiaro, ti lascio alla tua VERITA' ontologica tutta maiuscola. Goditela pure.
Citazione di: Lou il 24 Aprile 2017, 21:40:06 PMAttraverso prove ed errori e con un tempo infinito a disposizione forse sarebbe fattibile, a meno che la figura non si contorni strada facendo senza una figura aprioristicamente definita a riferimento è da inventarsi, come in realtà mi piace pensare "che cos'è l'uomo". Un puzzle senza scatola prestampata.
Credo che senza conoscere ciò che è giusto sia piuttosto difficile capire quando si sta facendo un errore, e se l'uomo è un puzzle senza scatola e quindi le tessere si possono mettere insieme più o meno a caso allora, come diceva Dostoevskij, "tutto è permesso", nulla sarà giusto oppure sbagliato (o, in altri termini, vero o falso) e ognuno avrà il diritto di affermare se stesso e il suo potere nei termini in cui predicava Stirner che diceva "Tu hai il diritto di essere ciò che hai il potere di essere!"o, detto diversamente, "Diventa ciò che puoi!".
Citazione di: donquixote il 24 Aprile 2017, 21:20:35 PM
Sarebbe oltremodo divertente vederti alle prese con qualche miliardo di "piccole tessere" di verità e tentare di metterle insieme senza avere a disposizione il coperchio della scatola su cui è riprodotta la visione d'insieme, ovvero tutta la verità.
Ma anche se si riuscisse a mettere insieme tutte le infinite tessere per costuire una mappa grande quanto l'universo intero per riprodurne analiticamente ogni minimo dettaglio quella mappa resterebbe sempre una mappa e non la realtà e lo scarto dalla realtà riprodurrebbe ancora l'errore. E questo per il semplice fatto che proprio quella mappa nel suo determinarsi muta la realtà mentre la rappresenta. Conoscere la realtà non è come incartare un monumento che se ne sta lì bello fermo sotto la carta con cui lo si impacchetta.
@doxi
Il vincolo della compatibilità tra i pezzi resta, la composizione non priva di regole è assurda, non ci si può comporre nell'impossibile: anche un puzzle per farsi ha dei limiti costitutivi per essere tale.
Citazione di: Lou il 24 Aprile 2017, 22:31:22 PM@doxi Il vincolo della compatibilità tra i pezzi resta, la composizione non priva di regole è assurda, non ci si può comporre nell'impossibile: anche un puzzle per farsi ha dei limiti costitutivi per essere tale.
Ogni pezzo può essere compatibile con un numero indefinito di altri pezzi, e la compatibilità non è affatto sinonimo di verità. Tu puoi costruire una parte del puzzle perfettamente compatibile e apparentemente sensata ma nello stesso momento anche perfettamente falsa, come dimostrano ad esempio la maggior parte dei sistemi filosofici che sono stati elaborati negli ultimi secoli, che sono "composizioni" parziali che pur dimostrando una perfetta coerenza interna mostrano contestualmente una errata rappresentazione della realtà. Leibniz diceva che ogni sistema filosofico è vero in ciò che afferma e falso in ciò che nega, perché per loro natura i sistemi trascurano la gran parte della realtà e ne racchiudono solo una piccola parte. Se metti insieme diecimila pezzi compatibili fra loro del miliardo iniziale e trascuri tutti gli altri perchè non sai dove metterli non puoi dire di aver affermato una verità più grande di quella costituita da ogni singolo pezzo, perché è molto probabile che tanti altri pezzi si potrebbero inserire nella figura che hai formato in modo da cambiarne completamente i contorni, oppure che molti dei diecimila già posizionati, pur compatibili fra loro, siano nel posto sbagliato. Lo stesso ragionamento vale, a maggior ragione, per la scienza che mette insieme delle "verità" che oltre ad essere per costituzione potenzialmente false (come insegna Popper) vanno a formare delle teorie che quanto più saranno costituite da un ampio numero di frammenti tanto più avranno una maggiore probabilità di essere false. Inoltre essendo la scienza applicata per definizione alla materia ovvero al divenire è del tutto possibile che una volta giunti ad una visione cosiddetta "ampia" ci si renda conto che nel frattempo le condizioni iniziali sono variate e bisogna ricominciare tutto daccapo. Per fare un esempio attinente all'argomento possiamo giungere fra un secolo a definire perfettamente cos'è l'uomo ma se nel frattempo questo è cambiato (come è del tutto probabile che accada) allora il lavoro di un secolo sarà stato inutile e bisognerà ricominciare daccapo con grande frustrazione.
Citazione di: donquixote il 24 Aprile 2017, 23:43:19 PM
Citazione di: Lou il 24 Aprile 2017, 22:31:22 PM@doxi Il vincolo della compatibilità tra i pezzi resta, la composizione non priva di regole è assurda, non ci si può comporre nell'impossibile: anche un puzzle per farsi ha dei limiti costitutivi per essere tale.
Ogni pezzo può essere compatibile con un numero indefinito di altri pezzi, e la compatibilità non è affatto sinonimo di verità.
(Scusami che non mi ero riletta e c'è un "non" di troppo, doveva essere: "la composizione priva di regole è assurda.")
Venendo al tuo commento, sottoscrivo che la compatibilità non sia affatto sinonimo di verità, ma il punto che volevo chiarire è che pur non essendoci la scatola con tanto di figura prestampata sopra a riferimento non implica che il gioco del puzzle, stando alla metafora, non abbia regole e vincoli e condizioni per esser giocato. Questo perchè avevo a mio modo capito che la tua replica volesse dire che il problema del'impossibilità di mettere insieme i pezzi si risolvesse nel fatto di non avere una figura di riferimento predata, tutto qui. In ogni caso il discorso successivo mi ha chiarito e su molti punti è per me condivisibile, soprattutto nella parte finale, ma n'attimo che ci arrivo spezzettando i punti.
CitazioneTu puoi costruire una parte del puzzle perfettamente compatibile e apparentemente sensata ma nello stesso momento anche perfettamente falsa, come dimostrano ad esempio la maggior parte dei sistemi filosofici che sono stati elaborati negli ultimi secoli, che sono "composizioni" parziali che pur dimostrando una perfetta coerenza interna mostrano contestualmente una errata rappresentazione della realtà.
Che la teoria della verità "coerentista" abbia i suoi limiti ok, tuttavia anche teoria della rappresentazione andrebbe soppesata, che la verità si risolva in una rappresentazione fedele e aderente alla realtà è una visione tradizionale, ma non escludo la possibilità che una dinamica arappresentativa possa competere all'accadere della verità. Penso, ovviamente alla verità intesa aletheia che nel suo accadere gratuito è immune dai metodi che mettiamo in atto per rappresentarla, figurarla e dirla, sebbene non si parli d'altro, come si dica credo proprio non lo sappiamo.
CitazioneLeibniz diceva che ogni sistema filosofico è vero in ciò che afferma e falso in ciò che nega, perché per loro natura i sistemi trascurano la gran parte della realtà e ne racchiudono solo una piccola parte. Se metti insieme diecimila pezzi compatibili fra loro del miliardo iniziale e trascuri tutti gli altri perchè non sai dove metterli non puoi dire di aver affermato una verità più grande di quella costituita da ogni singolo pezzo, perché è molto probabile che tanti altri pezzi si potrebbero inserire nella figura che hai formato in modo da cambiarne completamente i contorni, oppure che molti dei diecimila già posizionati, pur compatibili fra loro, siano nel posto sbagliato.
Ok, che ci compete una visione parziale ma, ammesso che ogni ogni pezzo abbia molteplici possibilità di compatibilità con più e più pezzi e che può pure essere posizionato in molteplici posizioni, ecco io questo processo di prove, errori, riposizionamenti e via dicendo, che mi fai giustamente notare, lo vedo come un cammino di inveramento se penso che la veritá sia non una cosa da cui ci si allontana o a cui ci si avvicina ma lo svolgersi del costituirsi via via di figure differenti, parziali, erronee quel che vuoi, ma la ricerca non è proprio questo? Se so in anticipo il posto e il pezzo giusto che ricerca sarebbe?
CitazioneLo stesso ragionamento vale, a maggior ragione, per la scienza che mette insieme delle "verità" che oltre ad essere per costituzione potenzialmente false (come insegna Popper) vanno a formare delle teorie che quanto più saranno costituite da un ampio numero di frammenti tanto più avranno una maggiore probabilità di essere false. Inoltre essendo la scienza applicata per definizione alla materia ovvero al divenire è del tutto possibile che una volta giunti ad una visione cosiddetta "ampia" ci si renda conto che nel frattempo le condizioni iniziali sono variate e bisogna ricominciare tutto daccapo.
Appunto, che senso avrebbe avere una scatola con già stampicciata sopra la figura di "cos'è l'uomo" se quel cos'è è in divenire? per diventare, ogni volta, ciò che sei l'unica strada è aderire alla permanenza del cambiamento.
CitazionePer fare un esempio attinente all'argomento possiamo giungere fra un secolo a definire perfettamente cos'è l'uomo ma se nel frattempo questo è cambiato (come è del tutto probabile che accada) allora il lavoro di un secolo sarà stato inutile e bisognerà ricominciare daccapo con grande frustrazione.
Quoto, tranne sulla frustrazione, l'avventura del rinnovamento e della trasformazione è una grande occasione.
Va beh sono considerazioni ancora parecchio sparse, le mie.
Citazione di: Lou il 24 Aprile 2017, 20:47:09 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 20:08:32 PM
@Lou
Efficacia? Cosa c'entra l'efficacia?
L'efficacia non c'entra nulla.
La scienza ha appurato che le infezioni nascono a causa dei batteri. E per distruggere i batteri esistono gli antibiotici. E, una volta distrutti i batteri, l'infezione passa.
Questa non è efficacia. Questa è descrizione della Realtà. E quindi è verità.
E' come se tu dicessi che la legge di gravità di Newton è efficace. O che l'equazione E=MC^2 è efficace.
Non sono efficaci. Ma descrivono la Realtà per ciò che essa oggettivamente è. Quindi sono verità.
Se non ti è chiaro questo semplice concetto dubito che riuscirai a comprendere concetti appena un pochino più complessi. ;)
Ma se non accetti in più di una occasione alcun processo distruttivo/creativo come puoi adesso propormi descrizioni e successive distruzioni come LA verità gurico_scientific_oriented,? suvvia. Di mio comincio a dubitare della tua autoconsapevolezza date le contraddizioni che proponi (condite del jolly formula Einstein:P), della mia ci dubito già da un tot. ;)
Lou...stai giocando con le parole giusto per allenare i ditini sulla tastiera?
E' chiaro che se prendo una pistola e sparo a un ladro lo ammazzo.
Come è chiaro che un antibiotico ammazza i batteri.
Quando uso il termine "distruggo" non intendo dire che li elimino dall'universo. Provocandone la morte, ne cambio la "forma" di esistenza. Li trasformo in una forma di esistenza nella quale non possono fare più danni a questo livello della Realtà. E non possono fare più danni in questa Realtà perchè "escono" da questa Realtà e continuano a esistere a un altro livello della Realtà che non so quale sia, ma so per certo che esiste. PErchè l'energia non si crea e non si distrugge, ma cambia forma.
Le mie non sono constraddizioni. Sei tu che non fai nessuno sforzo per voler capire. :D
@sari
La 'fede' non riguarda solamente una data tradizione o esperienza religiosa ma investe tutte le idee o opinioni in cui l'essere umano ripone la sua fiducia, per l'appunto. Quindi la tua è una vera e propria "fede assoluta" ( fiducia assoluta e dogmatica in quanto non ammette obiezioni) nello strumento di investigazione della realtà chiamato scienza.
Vedi Sari che non ci arrivi?
LA Verità non è una opinione nè una idea. LA Verità è la Realtà. :D
Vedo che questo semplice concetto continua a sfuggirti.
La Realtà non è una idea o una opnione. Ma è ciò che è. E LA verità è la Realtà. Cioè ciò che è.
E' per questo che la scienza è lo strumento fondamentale.
Perchè la scienza è un metodo e uno strumento che ci aiuta a percepire ciò che è. Cioè la Realtà. Cioè la verità. :D
Come ho già detto altrove, il fatto che la scienza sia perfettibile non significa per niente che non sia giuntà a delle verità.
Il fatto di dire che la scienza è limitata vuole spacciare per vera l'idea che la scienza non sia già arrivata in molti campi a stabilire ciò che è e quindi la verità.
La verità è ciò che è. Ad esempio l'evoluzione è verità perchè descrive ed esprime ciò che è. Cioè come funziona la Realtà
Poi tu dici: la scienza ci dice ciò che è ma non sa spiegare perchè è così.
Non è compito della scienza spiegare perchè è così. La risposta al perchè è così esula dalla scienza. ;)
Citazione di: donquixote il 24 Aprile 2017, 23:43:19 PM
.. Inoltre essendo la scienza applicata per definizione alla materia ovvero al divenire è del tutto possibile che una volta giunti ad una visione cosiddetta "ampia" ci si renda conto che nel frattempo le condizioni iniziali sono variate e bisogna ricominciare tutto daccapo. Per fare un esempio attinente all'argomento possiamo giungere fra un secolo a definire perfettamente cos'è l'uomo ma se nel frattempo questo è cambiato (come è del tutto probabile che accada) allora il lavoro di un secolo sarà stato inutile e bisognerà ricominciare daccapo con grande frustrazione.
Questo problema non sembra particolarmente difficoltoso da superare, basta definire verità indifferenti rispetto al tempo, o la cui evoluzione nel tempo sia determinata.
Citazione di: maral il 24 Aprile 2017, 19:32:25 PM
Citazione di: myfriend il 24 Aprile 2017, 17:54:00 PM
Errore.
Se tu ed io, in caso di febbre, andiamo da un medico è perchè riconosciamo che il medico è aderente alla Realtà. E che quell'aderenza alla Realtà è LA verità.
Certo...c'è anche chi, avendo la febbre, va dallo stregone per farsi curare con gli amuleti. Quella è la "sua" verità. Ma non ha nulla a che vedere con LA Realtà oggettiva e, quindi, con LA verità.
Chi cerca LA verità, tende sempre più verso LA Realtà. Poichè LA Realtà è LA verità. E LA verità è LA Realtà.
Ed è per questo che la scienza è il metodo insostituibile per chi cerca LA verità.
Chi cerca seriamente LA verità non può prescindere dal metodo scientifico. E dalle scoperte della scienza.
Chi cerca la verità tende verso la realtà, ma non la raggiunge mai (quindi non sempre più, né meno, ma sempre parimenti distante), perché la ricerca è possibile solo nel un continuo errore della verità e pure la scienza, per quanto insostituibile nel mondo in cui viviamo essendo scienza del mondo in cui viviamo, non è che un modo di errare, proprio in ragione della sua verità, proprio perché è vera si muove in errore.
Se tu e io andiamo dal medico ci andiamo non perché la scienza medica è aderente alla realtà, ma perché vediamo (ossia conosciamo) la scienza medica come verità e partecipiamo, sia io che te, del medesimo contesto di prassi condivise e condivisibili che ce la manifesta e ce la conferma come tale (e in virtù di questa condivisibilità ci fidiamo a priori del suo saper funzionare che sarà pubblicamente confermato). Per questo è necessario che andiamo dal medico, non in virtù di una pretesa di aderenza realistica allo stato delle cose, che è sempre ben oltre ogni scienza e ogni conoscenza, sempre in fuga al di là del suo orlo estremo.
CitazionePiccolo particolare:
La durata media della vita delle popolazioni che credevano nell' animismo e andavano a farsi curare dagli stregoni era circa un quarto di quella delle popolazioni che credono (prevalentemente) nella medicina scientifica e con questa si fanno curare dai medici (malgrado vivessero in un ambiente molto meno inquinato; e malgrado nell' ambito delle culture animistiche le rispettive credenze fossero incomparabilmente più unanimemente, universalmente e acriticamente accettate, condivise, ecc. di quanto non siano quelle scientifiche oggi in Occidente).
Che di tratti di "puro culo" non mi sembra un' ipotesi minimamente attendibile.
Non sarà per caso che la scienza é molto più vera (nella sua conoscenza pur sempre limitata e relativa della realtà) dell' animismo?
E questo non sarà per caso perché la realtà é una e la sua parte materiale naturale é scientificamente conoscibile molto meglio (più veracemente, più integralmente, anche se ovviamente sempre in modo relativo, limitato) che attraverso irrazionalismi e superstizioni?
Citazione di: maral il 22 Aprile 2017, 22:16:19 PM
Citazione di: sgiombo il 22 Aprile 2017, 10:26:02 AM
Non vedo perché mai non si debba poter distinguere fra sensazioni immediate (che magari "passanoinosservate", alle quali non si "fa attenzione") e (ulteriori sensazioni interiori di) considerazioni, pensieri, valutazioni su di esse.
Perché le sensazioni immediate a cui non si fa caso, non sono immediate, ma appaiono a posteriori dopo essere state mediate. Le sensazioni immediate che ho seduto alla scrivania non sono per nulla macchie di colori, rumori o percezioni tattili. Queste sono modi di dire e di spiegare, mediate dalla nostra conoscenza fisiologica che definisce culturalmente il processo percettivo. Le percezioni immediate appaiono subito nel loro significato immediato: il tavolo è un tavolo, la sedia una sedia e così via.
Certo, in esse appare oggi anche quello che ho imparato a scuola, ma non è che per questo quello che ho imparato a scuola abbia una maggiore rilevanza oggettiva, è piuttosto qualcosa che si sovrappone ulteriormente. Quello che vedo e sento immediatamente è uno stare fermo e, se sono in un prato di notte, vedo il cielo tutto attorno a me con una certa impressione di sgomento. Poi posso anche pensare, sulla base di quello che ho imparato a scuola che non è così. Ma sfido chiunque a ritenere che un essere umano che non sia mai stato in una nostra scuola e non partecipa della nostra pluri secolare tradizione culturale (ad esempio un indigeno della foresta amazzonica appunto) possa normalmente pensare che non sia così. E non è che noi vediamo le cose come stanno, mentre lui no. Tutti vedono le cose come stanno, nel diverso modo di stare per ciascuno (e in cui comunque possono apparire e di fatto appaiono supersizioni, anche se li leggiamo nei termini della cultura condivisa a cui apparteniamo).
CitazioneNo, "a posteriori" appare (accade l' insieme di sensazioni mentali costituente) il pensiero che si sono avute tali sensazioni, la conoscenza (più o meno vera a seconda dei casi) del loro essere accadute (se e quando appare) e non le sensazioni stesse.
Le sensazioni che hai nello stare seduto al computer sono qualia (dati fenomenici di coscienza) costituiti da macchie di colore, sensazioni tattili-propiocettive, rumori, ecc.; la fisiologia non c' entra nulla: potresti anche ignorarla completamente e i tuoi qualia fenomenici coscienti non cambierebbero "di una virgola" (N. B.: questa è una metafora!).
La visione del tavolo e della sedia è altra cosa da- (-le -eventuali- ben diverse sensazioni mentali costituenti) -la consapevolezza che si tratti di un tavolo o di una sedia a seconda dei casi (compreso il caso in cui capita di confondere un tavolo con una sedia e viceversa, giudicando erroneamente le sensazioni per l' appunto distinte dai giudizi su di esse, dalla loro eventuale conoscenza: se non fossero distinte non si potrebbe mai errare e confondersi).
(secondo il dizionario della lingua italiana) Un significato non ce l' hanno necessariamente tutti gli oggetti materiali in generale (per esempio generalmente non i tavoli e le sedie), ma solo taluni molto peculiari di essi che sono "simboli" per arbitraria deliberazione umana: non ne esistono in natura se per "natura" si intende il mondo minerale, vegetale e animale a prescindere dalla cultura umana).
Quello che hai imparato a scuola è (relativamente) ben più vero che quello che pensavi ingenuamente nella tua spontaneità di bambino.
E infatti un essere umano che non sia mai stato in una nostra scuola e non partecipa della nostra plurisecolare tradizione culturale (ad esempio un indigeno della foresta amazzonica appunto) circa l' astronomia pensa molto più errato di te e di me (ben poco di vero e tantissimo di falso).
Tutti vediamo le cose come stanno (nell' ambito della nostra esperienza fenomenica cosciente -esse est percipi!- della quale possiamo assumere (non dimostrare!) che la componente materiale-naturale sia intersoggettiva, ma non tutti le pensano allo steso modo, le si può pensare (conoscere più o meno veracemente a seconda dei casi).
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CitazioneMa le credenze animistiche (generalmente parlando; ed essendo tutto relativo) non possiedono nemmeno questa intersoggettività, o al massimo ne potrebbero avere in "misura" notevolissimamente minore, molto più limitatamente, (come ne ha anche solo il "senso comune") nonostante anch' esse siano il risultato di un modo comune di praticare il mondo tra soggetti che vivono nella medesima parzialità prospettica condivisa nelle esperienze attuali e nella storia immensa di tracce di esperienze che risalgono molto indietro nel tempo, agli albori della conoscenza umana.
Dipende cosa intendi per "senso comune", su cui peraltro anche la cultura scientifica si basa e poi lo modifica. Io lo intendo come una sorta di grande sintesi culturale frutto di millenni di percorsi condivisi di conoscenza. Quanto alle concezioni animistiche sappiamo che l'animismo dei cacciatori del paleolitico era del tutto condiviso (lo testimoniano le pitture rupestri), le differenze culturali sono intervenute con la stanzialità nei diversi luoghi, stanzialità richiesta dalle pratiche agricole che vennero a prevalere.
Vedi, Sgiombo, i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una lettura del mondo che prende se stessa a riferimento e non da una realtà oggettiva rispetto alla quale una cultura si trova in errore e un'altra (che per ciascuno è sempre la propria avendola inconsciamente assunta come metro di valore universale) no. I confini tra fantasia e realtà sono sempre assai sfumati, realtà e fantasia esistono l'una per l'altra e sono solo le sfumature degli intrecci a fare le differenze.
Succede (e normalmente succede) che siano proprio gli indigeni che vengono a contatto con la nostra cultura a uscirne pazzi. Basta vedere quello che accade ad esempio a tanti indigeni australiani (ma non solo) inurbati nelle metropoli occidentali. Perdono radicalmente il senso della loro esistenza. Può succedere anche a noi se entriamo nella loro cultura, ma più raramente, probabilmente proprio perché dopotutto la loro resta più accogliente, proprio per la sua primordialità. D'altra parte certi ritorni all'animismo vengono sempre di più di moda pure in Occidente, in strani ibridi con i culti pervasivi e feticistici del consumismo e del mercato.
CitazioneCerto che la scienza si basa sul senso comune e poi lo modifica, criticandolo razionalmente.
Esso si può definire come un insieme minimo di conoscenze indimostrabili dato per scontato (più o meno consapevolmente e criticamente; più nel caso dei filosofi, meno nel caso di chi si lasci vivere passivamente e conformisticamente) da tutte le persone comunemente considerate sane di mente.
E' perfettamente ovvio (e banalissimo) che i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una determinata "lettura del mondo"; ma c' è lettura del mondo e lettura del mondo, le une più vere, le altre meno: non è che si equivalgono tutte essendo ciascuna autoreferenziale, dal momento che invece intendono riferirsi al mondo fenomenico che nella sua componente materiale può ritenersi (non dimostrarsi) intersoggettivo (nell' ambito di molte è ritenuto erroneamente oggettivo); e le une ci riescono più e meglio, le altre meno e peggio.
I confini tra fantasia e realtà sono generalmente piuttosto precisi, raramente sfumati (per fortuna!); infatti le cure degli stregoni erano incomparabilmente meno efficaci di quelle della medicina scientifica, malgrado nell' ambito delle rispettive culture le prime fossero incomparabilmente più unanimemente e universalmente (e acriticamente) accettate, condivise, ecc. di quanto non siano le seconde.
Non so bene di cosa parli a proposito degli aborigeni australiani, anche se conosco bene le angherie e i genocidi cui sono stati sottoposti dall' imperialismo occidentale.
Ma vi sono certamente molti indiani nati in ambiente decisamente rurale e pre-industriale (culturalmente dominato dalla superstizione religiosa, vitalistica e "spiritistica" in senso lato) che sono diventati valentissimi ricercatori ed è del tutto possibile per lo meno in linea teorica che ciò accada (purché si diano le circostanze appropriate) anche a individui nati in società di cacciatori-raccoglitori; mentre non conosco casi di ricercatori scientifici sani di mente che abbiano abbracciato l' animismo.
Che pure nelle società occidentali si diffonda in misura tendenzialmente crescente, in questa epoca di profonda reazione e decadenza, l' irrazionalismo è verissimo (e per un marxista come me alquanto ovvio), ma ciò non scalfisce minimamente la netta maggiore adeguatezza alla ricerca della verità del razionalismo (e, nell' ambito di sua competenza, della scienza).
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CitazioneInfatti, come dici anche tu "ovviamente", non è il mondo, bensì la conoscenza del mondo a differire fra i due diversi gruppi di soggetti di conoscenza (e "il modo in cui sono diversamente in qualche misura veri e in qualche misura falsi fa la differenza"; e che differenza ! ! !); ma questo non fa affatto di quest'unico mondo in sé due mondi diversi (patente autocontraddizione!), ecc.
I mondi diversi convivono nello stesso mondo come modalità del suo manifestarsi ai soggetti che lo conoscono. Il mondo unico appare solo nel diverso manifestarsi di relazioni cognitive che ne sono parti diverse e in questo esserne parti richiamano l'intero che le comprende insieme, non c'è nessuna contraddizione nel fatto che il mondo sia uno, ma appare solo come molteplice.
CitazioneChe l' unico "mondo" possa apparire in diversi modi non implica affatto che qualsiasi predicazione su di esso sia equivalente quanto a verità: c' è modo e modo di rapportarsi alle apparenze immediate, più o meno criticamente e veracemente a seconda dei casi: non è che ciascuno possa "costruirsi un mondo a suo piacimento"!
Sarebbe troppo bello!
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Solo l' uomo (a quanto pare) conosce (salvo forse qualche altra specie animale in misura notevolissimamente più limitata).
I pipistrelli unicamente sentono (anche sensazioni che noi uomini non sentiamo ma indirettamente arriviamo a conoscere che essi le sentono); i licheni (e gli altri vegetali) con ogni verosimiglianza (per quanto è ragionevole pensare) vegetano e non sentono nulla (altrimenti poveri vegani, costretti a morire di fame!).
E tutto questo comunque solo l'uomo lo sa e lo dice, non i pipistrelli, non i licheni. Il mondo che incontriamo è sempre e solo il mondo del soggetto umano, l'unico soggetto che lo rappresenta con il suo saper dire e saper fare è l'uomo e il mondo è solo lui a produrlo e riprodurlo in segni.
Citazione(Se sono veri alcuni assunti indimostrabili tali che chiunque non sia considerabile insano di mete per lo meno si comporta come se vi credesse, allora) Il mondo naturale materiale umano è esattamente lo stesso dei pipistrelli e degli altri animali: di ben diverso c'è invece la conoscenza che ne hanno uomini e altri animali.
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CitazioneRendersi conto che il mondo non è semplicemente quello che i nostri mezzi e i nostri linguaggi, per come li sappiamo usare ci consentono di capire ("ci sono più cose in terra e in cielo che in qualsiasi filosofia"- Shakespeare) non è affatto la stessa cosa che pretendere che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio.
Nessuno lo ha mai preteso, salvo nella follia del solipsismo che è risultato recente del nostro mondo attuale, post illusioni di oggettività, non certo dell'animismo preistorico che non ha nessunissima pretesa soggettiva.
L'interpretazione scientifica è umana e, nella sua pretesa di essere l'unica possibile, mette l'umano al centro del mondo, facendo finta del contrario e per questo assai più potentemente di qualsiasi altra interpretazione che non ha questa pretesa di oggettività.
Essa non dice come divengono i fenomeni, ma fornisce mappe di previsione e stabilisce i contesti in cui tali previsioni possono intersoggettivamente avverarsi (tra soggetti che partecipano della medesima cultura che consente di tracciare quelle mappe). Ma purtroppo molti scienziati prendono ancora quelle mappe per l'oggettività stessa dei fenomeni che tentano di rappresentare.
CitazioneMi era proprio sembrato (anche in questo intervento) che tu invece sostenga che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio (sia pure "condiviso nell' ambito di culture secolari").
Copio-incollo:
"Vedi, Sgiombo, i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una lettura del mondo che prende se stessa a riferimento e non da una realtà oggettiva [invero secondo me intersoggettiva, N.d.R.] rispetto alla quale una cultura si trova in errore e un'altra (che per ciascuno è sempre la propria avendola inconsciamente assunta come metro di valore universale) no."
"Il mondo di una tribù di indigeni della foresta amazzonica non è letteralmente lo stesso mondo di un gruppo di fisici che lavora al CERN di Ginevra".
"non c'è un modo più vero e uno più falso rispetto all'altro, sono tra loro incommensurabili. Ovviamente il mondo in sé è lo stesso per entrambi i gruppi, ma è il cosa esso sia, la sua conoscenza, il suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi [contraddizione, N.d.R.], in cui si manifestano significati diversi, due mondi che non sono uno vero e uno falso, ma diversamente condivisi":
Beh, il mistero della santissima trinità è solo "quantitativamente" (non qualitativamente) meno assurdo (2<3; ma 1=3 e 1=2 sono qualitativamente contraddizioni altrettanto illogiche e assurde)!.
L' interpretazione scientifica (correttamente intesa, non scientisticamente, cioè irrazionalisticamente, deformata) della natura materiale – naturale che ne è oggetto di ricerca (e non di ciò che da questa esula, come pure irrazionalisticamente pretende lo scientismo) pretende giustamente solo di essere (relativamente) più vera, meno limitata, più completa di qualunque altra meno criticamente vagliata e fondata (non è l' unica, ma è di gran lunga la migliore se per "criterio di bontà" si prende la verità.
Essa cerca di rilevare la posizione effettiva dell' uomo nel mondo fenomenico materiale senza pretendere aprioristicamente che sia centrale (e di fatto la riconosce periferica da almeno 3 - 400 anni).
Ci dice (fallibilmente, com' è ovvio; ma comunque molto meno di qualunque alternativa meno rigorosamente razionale) come divengono i fenomeni; è proprio per questo che le sue previsioni sono generalmente esatte (incomparabilmente più spesso e più completamente di qualsiasi alternativa meno razionalmente fondata), salvo ovvi errori ed omissioni.
E questo del tutto indipendentemente, del tutto a prescindere dalle incomprensioni e anche dalle (di fatto non infrequenti) castronerie filosofiche di questo o quello scienziato (a proposito voglio proprio leggere l' ultimo libro di Roger Penrose, uno scienziati relativamente più razionalista di tanti altri che vanno per la maggiore, che a quanto pare, almeno stando ad alcune recensioni, ne sputtana non poche per benino!).
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 19:18:13 PM
Piccolo particolare:
La durata media della vita delle popolazioni che credevano nell' animismo e andavano a farsi curare dagli stregoni era circa un quarto di quella delle popolazioni che credono (prevalentemente) nella medicina scientifica e con questa si fanno curare dai medici (malgrado vivessero in un ambiente molto meno inquinato)
Che di tratti di "puro culo" non mi sembra un' ipotesi minimamente attendibile.
Non sarà per caso che la scienza é molto più vera (nella sua conoscenza pur sempre limitata e relativa della realtà) dell' animismo?
E questo non sarà per caso perché la realtà é una e la sua parte materiale naturale é scientificamente conoscibile molto meglio (più veracemente, più integralmente, anche se ovviamente sempre in modo relativo, limitato) che attraverso irrazionalismi e superstizioni?
Sgiombo. la tua affermazione rientra nel discorso che ci facciamo noi, adesso, non in una presunta oggettività delle cose, oggettive perché misurate dalle nostre statistiche, perché i nostri discorsi hanno senso di verità ormai solo se espressi in termini statistici e l'interpretazione statistica sta solo nel nostro attuale modo di vivere. Non si tratta per niente di culo o della Verità con la maiuscola che veniamo ad approssimare sempre più alla Realtà grazie alla Scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state in sé, bensì di un mutare di pratiche che istituiscono nuovi contesti di funzionamento, ma in cui ogni confronto con contesti precedenti non ha assolutamente nessun senso e non può pretendere nessuna verità oggettiva. Quello che possiamo
dire (e sottolineo dire, perché anche qui stiamo
solo facendo discorsi che risultano da ciò che oggi siamo, dunque non assoluti nella loro verità) è che, alla luce dei linguaggi che
oggi pratichiamo, e quindi alla luce dei discorsi che
oggi facciamo perché
oggi li troviamo sensati, vediamo, secondo procedure di calcolo che sono ancora linguaggi che
oggi pratichiamo, che la pratica medica scientifica attuale riduce soprattutto la mortalità infantile e dunque ha allungato la vita media nella definizione astratta che il calcolo (e non la realtà) le dà, essendo "vita media" ancora un concetto, un segno di una mappa e non una vita, né una pluralità di vite reali. E appunto questo è il nostro discorso sulla realtà, che ha una verità a noi relativa, ma che non è né
LA Verità, né, men che meno,
LA Realtà e questo, lo ripeto ancora per chi non ci crede, proprio perché
noi non siamo fuori dalla Realtà per poter dire come essa è, non siamo Dei, ma uomini e, come uomini siamo attuale parte della Realtà (anche se vorremmo tanto essere come Dei, sopra il mondo, padroni de LA Verità di tutto, o almeno fiduciosi di venire a essere sempre più prossimi ad essa).
Citazione di: maral il 25 Aprile 2017, 21:40:19 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 19:18:13 PM
Piccolo particolare:
La durata media della vita delle popolazioni che credevano nell' animismo e andavano a farsi curare dagli stregoni era circa un quarto di quella delle popolazioni che credono (prevalentemente) nella medicina scientifica e con questa si fanno curare dai medici (malgrado vivessero in un ambiente molto meno inquinato)
Che di tratti di "puro culo" non mi sembra un' ipotesi minimamente attendibile.
Non sarà per caso che la scienza é molto più vera (nella sua conoscenza pur sempre limitata e relativa della realtà) dell' animismo?
E questo non sarà per caso perché la realtà é una e la sua parte materiale naturale é scientificamente conoscibile molto meglio (più veracemente, più integralmente, anche se ovviamente sempre in modo relativo, limitato) che attraverso irrazionalismi e superstizioni?
Sgiombo. la tua affermazione rientra nel discorso che ci facciamo noi, adesso, non in una presunta oggettività delle cose, oggettive perché misurate dalle nostre statistiche, perché i nostri discorsi hanno senso di verità ormai solo se espressi in termini statistici e l'interpretazione statistica sta solo nel nostro attuale modo di vivere. Non si tratta per niente di culo o della Verità con la maiuscola che veniamo ad approssimare sempre più alla Realtà grazie alla Scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state in sé, bensì di un mutare di pratiche che istituiscono nuovi contesti di funzionamento, ma in cui ogni confronto con contesti precedenti non ha assolutamente nessun senso e non può pretendere nessuna verità oggettiva. Quello che possiamo dire (e sottolineo dire, perché anche qui stiamo solo facendo discorsi che risultano da ciò che oggi siamo, dunque non assoluti nella loro verità) è che, alla luce dei linguaggi che oggi pratichiamo, e quindi alla luce dei discorsi che oggi facciamo perché oggi li troviamo sensati, vediamo, secondo procedure di calcolo che sono ancora linguaggi che oggi pratichiamo, che la pratica medica scientifica attuale riduce soprattutto la mortalità infantile e dunque ha allungato la vita media nella definizione astratta che il calcolo (e non la realtà) le dà, essendo "vita media" ancora un concetto, un segno di una mappa e non una vita, né una pluralità di vite reali. E appunto questo è il nostro discorso sulla realtà, che ha una verità a noi relativa, ma che non è né LA Verità, né, men che meno, LA Realtà e questo, lo ripeto ancora per chi non ci crede, proprio perché noi non siamo fuori dalla Realtà per poter dire come essa è, non siamo Dei, ma uomini e, come uomini siamo attuale parte della Realtà (anche se vorremmo tanto essere come Dei, sopra il mondo, padroni de LA Verità di tutto, o almeno fiduciosi di venire a essere sempre più prossimi ad essa).
CitazioneNo, guarda che il fatto che la durata media della vita dove si pratica la medicina (e in particolare l' igiene) scientifica é di molto maggiore che presso le tribù animiste non é un' opinione che rientra solo nel discorso che (arbitrariamente) facciamo noi adesso, ma un fatto reale.
Scusa, ma non mi sembra proprio di avere usato a vanvera iniziali maiuscole.
Si tratta proprio del fatto che veniamo ad approssimare sempre più la conoscenza della realtà grazie alla scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state (e attribuirmi indebitamente iniziali maiuscole a mo di pretese "soprannaturalizzazioni" della realtà e della scienza non mi sembra proprio un modo corretto di polemizzare).
Se fosse solo fatto di un mutazioni di pratiche e di contesti, se ogni confronto con contesti precedenti non avesse assolutamente nessun senso e non potesse pretendere nessuna verità oggettiva, allora basterebbe praticare in modo unanime (per così dire "universalmente limitatamente a un certo contesto culturale") la credenza che non si muore mai per divenire ipso facto eterni:
troppo comodo!
Quello di "vita media" é un concetto, ma il suo allungamento grazie alla medicina scientifica é un fatto.
Non vedo perché mai per il fatto che siamo uomini e non dei e che non siamo fuori dalla realtà (ma anche se fossimo -realmente- dei ne faremmo comunque parte, non ne saremmo affatto fuori!) non dovremmo per forza conoscerla veracemente; mentre addirittura potremmo (come se invece fossimo proprio dei!) far sì che sia come noi arbitrariamente (sia pure nel contesto di una cultura più o meno antica e diffusa) vorremmo che sia.
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 21:18:21 PM
No, "a posteriori" appare (accade l' insieme di sensazioni mentali costituente) il pensiero che si sono avute tali sensazioni, la conoscenza (più o meno vera a seconda dei casi) del loro essere accadute (se e quando appare) e non le sensazioni stesse.
Le sensazioni che hai nello stare seduto al computer sono qualia (dati fenomenici di coscienza) costituiti da macchie di colore, sensazioni tattili-propiocettive, rumori, ecc.; la fisiologia non c' entra nulla: potresti anche ignorarla completamente e i tuoi qualia fenomenici coscienti non cambierebbero "di una virgola" (N. B.: questa è una metafora!).
E tutto questo come fai a dirlo? quali percezioni te lo dicono? "Esse est percipi" ricordi?
La percezione di un tavolo può benissimo avere in sé sia la certezza di cos'è, sia il dubbio, oppure il dubbio può entrare in gioco in una successiva percezione del medesimo oggetto, ma anche il dubbio è presente nel significato di ciò che percepisco soggettivamente o relativamente a un'altra percezione. Non è data nessuna percezione senza significato, semplicemente non c'è e se mi invento che ci sia, posso farlo solo in quanto ho già dato un significato a quello che dico essere senza significato. Gliel'ho già dato, per questo dico, a posteriori,
dopo averglielo dato, che non aveva significato.
CitazioneQuello che hai imparato a scuola è (relativamente) ben più vero che quello che pensavi ingenuamente nella tua spontaneità di bambino.
E' più vero perché mi fa partecipare di un modo di pensare collettivo (con la sua millenaria ascendenza), mi consente una soggettività condivisa, ma non perché è vero in sé. E' vero perché in questo mondo in cui esisto mi permette di vivere meglio. E questo vale anche per l'indigeno che si mantiene fedele al suo mondo in cui vive e si affida alla cultura del mondo in cui vive. Il problema, per l'indigeno, è che è costretto a vivere nel nostro mondo senza avere i millenni di tradizione culturale che gliene restituiscono il senso e quindi la sua vita perde di senso e quasi sempre finisce emarginato in preda all'alcol e alle droghe (hai mai visitato una riserva indiana? io sì, dei Moicani, vai a vedere come si riducono nel nostro mondo del benessere, con tutta la nostra medicina scientifica e la nostra astronomia).
CitazioneCerto che la scienza si basa sul senso comune e poi lo modifica, criticandolo razionalmente.
Esso si può definire come un insieme minimo di conoscenze indimostrabili dato per scontato (più o meno consapevolmente e criticamente; più nel caso dei filosofi, meno nel caso di chi si lasci vivere passivamente e conformisticamente) da tutte le persone comunemente considerate sane di mente.
Il senso comune non è un insieme minimo, ma è l'insieme che contiene ogni ulteriore specifica conoscenza che da esso si sviluppa per astrazioni per poi tornare a istituire un nuovo senso comune comunque legato al precedente. Il senso comune ha in se stesso la propria eccezione che lo nega ed è da questa che si rinnova.
CitazioneE' perfettamente ovvio (e banalissimo) che i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una determinata "lettura del mondo"; ma c' è lettura del mondo e lettura del mondo, le une più vere, le altre meno: non è che si equivalgono tutte essendo ciascuna autoreferenziale, dal momento che invece intendono riferirsi al mondo fenomenico che nella sua componente materiale può ritenersi (non dimostrarsi) intersoggettivo (nell' ambito di molte è ritenuto erroneamente oggettivo); e le une ci riescono più e meglio, le altre meno e peggio.
Non so come farti capire che qualsiasi differenza di valore di fondatezza si istituisca tra le culture è sempre pronunciata
da una cultura, non può essere in alcun modo reale in senso oggettivo. Questa pretesa di giudicare al di fuori della propria cultura cosa è vero e reale per tutti è una palese assurdità. Il mondo fenomenico, se è fenomenico, è sempre soggettivo, perché solo soggettivamente può apparire e il giudizio di fondatezza sta tutto e solo nell'ambito culturale in cui si vive, rispettando i propri termini di contesto. Se finalmente imparassimo a farlo quanto dolore e catastrofi risparmieremmo alle nostre esistenze! Quanta follia nel dover convertire a LA Verità oggettiva per tutti! Cercate di vivere bene con la vostra verità minuscola, non con la nostra ugualmente minuscola! Questa è la sola verità.
E, nota bene: nessuna verità è equivalente a un altra, perché ogni verità rappresenta un aspetto diverso della realtà, ma, per la medesima ragione,
nessuna cultura può valutare la fondatezza reale di un'altra cultura. Può invece (e sempre lo fa), incontrandola modificarla e modificarsi a causa del nuovo contesto che l'incontro inevitabilmente produce su entrambe.
E nessuno si è mai costruito il mondo a piacimento, poiché è il mondo in cui vive che costruisce lui per quello che è.
CitazioneChe pure nelle società occidentali si diffonda in misura tendenzialmente crescente, in questa epoca di profonda reazione e decadenza, l' irrazionalismo è verissimo (e per un marxista come me alquanto ovvio), ma ciò non scalfisce minimamente la netta maggiore adeguatezza alla ricerca della verità del razionalismo (e, nell' ambito di sua competenza, della scienza).
E si diffonde proprio come effetto del voler costruire un mondo razionale oggettivo che si rivela una gabbia ancora peggiore di quella da cui voleva liberarci.
Citazione(Se sono veri alcuni assunti indimostrabili tali che chiunque non sia considerabile insano di mete per lo meno si comporta come se vi credesse, allora) Il mondo naturale materiale umano è esattamente lo stesso dei pipistrelli e degli altri animali: di ben diverso c'è invece la conoscenza che ne hanno uomini e altri animali.
Vabbèm se vuoi crederci, credici. Ma quali sono questi assunti? Il "mondo" in generale è uno e lo stesso per tutti, ma il mondo che è lo stesso per tutti, resta diverso per ciascuno e nessuno può dire com'è per tutti, scienza e filosofia comprese che sono solo nel mondo umano. Poi figuriamoci, il mondo è già diverso per me e per te, figuriamoci quanto può essere diverso per me e per un pippistrello o per me e un Cedro del Libano.
CitazioneMi era proprio sembrato (anche in questo intervento) che tu invece sostenga che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio (sia pure "condiviso nell' ambito di culture secolari").
E continui a fraintendermi completamente. Non c'è nessun soggettivo arbitrio, non in questi termini. Il mondo soggettivo non ha nulla di arbitrario. Non so quante volte ancora dovrò ripeterlo per farmi capire. Le culture, pur essendo autoreferenti nella loro validità, non decidono niente in merito al mondo, essendo anch'esse prodotte dal mondo e nel mondo. Vale per gli indigeni della Amazzonia quanto per i ricercatori del CERN. Entrambi parti del mondo, entrambi soggetti del mondo e soggetti al mondo. Entrambi senza pretese di conoscenze oggettive, proprio perché parti del mondo.
Copio-incollo:
Citazioneil suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi [contraddizione, N.d.R.]
Bon c'è nessuna contraddizione, perché il mondo può benissimo essere uno, ma mostrarsi solo secondo modalità diverse, perché diversi sono i soggetti che lo vedono e lo abitano. (e ringraziamo che sia così). Illogico e assurdo è invece pensare che c'è un mondo oggettivo che tutti i soggetti vedono com'è allo stesso modo e qualcuno (sempre noi) nell'unico modo giusto.
CitazioneL' interpretazione scientifica (correttamente intesa, non scientisticamente, cioè irrazionalisticamente, deformata) della natura materiale – naturale che ne è oggetto di ricerca (e non di ciò che da questa esula, come pure irrazionalisticamente pretende lo scientismo) pretende giustamente solo di essere (relativamente) più vera, meno limitata, più completa di qualunque altra meno criticamente vagliata e fondata (non è l' unica, ma è di gran lunga la migliore se per "criterio di bontà" si prende la verità.
Credo che, volendo proprio un criterio, valga il contrario: ossia che il criterio di verità sia la bontà dell'effetto che questa verità produce, ovviamente nell'ambito in cui si vive, non per tutti in assoluto.
CitazioneEssa cerca di rilevare la posizione effettiva dell' uomo nel mondo fenomenico materiale senza pretendere aprioristicamente che sia centrale (e di fatto la riconosce periferica da almeno 3 - 400 anni).
E chiaramente non ci riesce peché mette di nuovo al centro un'interpretazione del mondo che è quella di un particolare tipo di essere umano, tra l'altro molto minoritario.
CitazioneCi dice (fallibilmente, com' è ovvio; ma comunque molto meno di qualunque alternativa meno rigorosamente razionale) come divengono i fenomeni; è proprio per questo che le sue previsioni sono generalmente esatte (incomparabilmente più spesso e più completamente di qualsiasi alternativa meno razionalmente fondata), salvo ovvi errori ed omissioni.
Ci dice a noi che, sulla base di una tradizione culturale, possiamo crederci. In realtà sa assai poco e praticamente nulla di come evolvano i fenomeni, tant'è che il mondo, dominato dalla visione scientifica, non si è mai sentito tanto vicino alla catastrofe finale e tanto lontano al riuscire a porvi rimedio, fermo restando che anche nella ragione scientifica la discordia impera e ogni corrente si ritiene più oggettiva dell'altra. Ah, questa benedetta oggettività! :)
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 22:17:36 PM
No, guarda che il fatto che la durata media della vita dove si pratica la medicina (e in particolare l' igiene) scientifica é di molto maggiore che presso le tribù animiste non é un' opinione che rientra solo nel discorso che (arbitrariamente) facciamo noi adesso, ma un fatto reale.
Scusa, ma non mi sembra proprio di avere usato a vanvera iniziali maiuscole.
Si tratta proprio del fatto che veniamo ad approssimare sempre più la conoscenza della realtà grazie alla scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state (e attribuirmi indebitamente iniziali maiuscole a mo di pretese "soprannaturalizzazioni" della realtà e della scienza non mi sembra proprio un modo corretto di polemizzare).
Se fosse solo fatto di un mutazioni di pratiche e di contesti, se ogni confronto con contesti precedenti non avesse assolutamente nessun senso e non potesse pretendere nessuna verità oggettiva, allora basterebbe praticare in modo unanime (per così dire "universalmente limitatamente a un certo contesto culturale") la credenza che non si muore mai per divenire ipso facto eterni:
troppo comodo!
Sgiombo, non ho attribuito a te le maiuscole, è qualcun altro che ce le mette, ma mi servivano per rendere più chiaro il discorso.
Il successo della medicina soprattutto in merito alla mortalità infantile, resta un successo misurato da noi con le nostre pratiche di conoscenza, dunque è ancora soggettivo. Che non vuol dire né arbitrario, né falso, è vero nel contesto interpretativo che definisce cosa si deve intendere per vita media e come la si calcola e la si misura. E' vero nella nostra mappa del mondo che non è il mondo, ma ne dà un'interpretazione.
Continui ad attribuirmi assurdità fraintendendo: non ho mai detto ed è assurdo dedurlo da quanto dico che si possa non morire mai decidendo di credere tutti insieme di non morire mai. Ho detto e sopra l'ho pure stra evidenziato che
la nostra soggettività non siamo noi a deciderla,
dunque non siamo noi a decidere della verità che questa soggettività determina sulla conoscenza che abbiamo delle cose , conoscenza che a sua volta non è la cosa, né vi aderisce identica.
Citazione Non vedo perché mai per il fatto che siamo uomini e non dei e che non siamo fuori dalla realtà (ma anche se fossimo -realmente- dei ne faremmo comunque parte, non ne saremmo affatto fuori!) non dovremmo per forza conoscerla veracemente; mentre addirittura potremmo (come se invece fossimo proprio dei!) far sì che sia come noi arbitrariamente (sia pure nel contesto di una cultura più o meno antica e diffusa) vorremmo che sia.
Perché il Dio a cui mi riferivo ha detto Lui di non essere di questo mondo. E, lo ripeto ancora, noi non decidiamo cosa siamo, veniamo a esserlo, quindi non decidiamo nemmeno della nostra soggettività.
A questo punto credo di aver ripetuto a sufficienza il concetto che
ciò che è soggettivo non è per nulla il risultato di una scelta o di una volontà, né implica che lo sia, anzi vale l'esatto contrario.
@Maral scrive:
Il successo della medicina soprattutto in merito alla mortalità infantile, resta un successo misurato da noi con le nostre pratiche di conoscenza, dunque è ancora soggettivo. Che non vuol dire né arbitrario, né falso, è vero nel contesto interpretativo che definisce cosa si deve intendere per vita media e come la si calcola e la si misura. E' vero nella nostra mappa del mondo che non è il mondo, ma ne dà un'interpretazione.
Infatti la valutazione che la mortalità infantile è molto diminuita è un "successo" solo se consideramo un "valore" che la mortalità infantile diminuisca. E questo valore è stabilito da una soggettiva interpretazione etica e morale dell'essere umano, non è certo qualcosa che ha a che fare con la realtà, la quale appare del tutto indifferente che gli infanti vivano più o meno a lungo o che i farmaci prolunghino di molto la durata della senescenza.
L'utilizzo del termine 'razionalità' va inserito e inquadrato nel contesto. Per un uomo del 2017 è sicuramente razionale affidarsi ad un urologo per curare una calcolosi renali e non ad uno sciamano. ma per un primitivo è razionale affidarsi ad uno sciamano ( che magari qualche volta riesce a curare la calcolosi usando appositi preparati di erbe medicinali) piuttosto che...appendersi a testa in giù sperando che i calcoli se ne escano dalla bocca!... ;D. Se poi il Sari si trovasse sperduto nella giungla amazzonica riterrebbe più razionale affidarsi ad uno sciamano per uscirne e ritrovare la "civiltà", mentre sarebbe del tutto irrazionale affidarsi ad un urologo per ritrovare la via... :) Se poi il povero Sari venisse pure morso da un serpente nell'intrico della giungla ( e succederebbe senz'altro vista la fortuna del soggetto...) sarebbe veramente nel dubbio se farsi curare dall'urologo presente o dallo sciamano che cura morsi di serpenti velenosi da sempre...mah! In quel frangente la razionalità sarebbe in difficoltà...( se l'urologo ha un ospedale vicino sembra convenire questi, se non ce l'ha ...conviene affidarsi allo sciamano ;) ).
Sì...sono tutte ovvietà naturalmente, ma il "successo" della razionalità è sempre inquadrabile a riguardo del soggetto umano. Se il Sari viene guarito dal morso del serpente è un "successo" per lo stesso e la medicina umana , ma è nello stesso tempo un "insuccesso" per tutti quegli esseri che avrebbero potuto cibarsi e sopravvivere "più a lungo" divorando la carcassa del Sari nel folto della giungla...
Perché e "più giusto" che sopravviva il Sari e non invece tutte quelle creature?... :-\
"Mors-o tuo vita mea"?
@sgiombo
Non sarà per caso che la scienza é molto più vera (nella sua conoscenza pur sempre limitata e relativa della realtà) dell' animismo?
E questo non sarà per caso perché la realtà é una e la sua parte materiale naturale é scientificamente conoscibile molto meglio (più veracemente, più integralmente, anche se ovviamente sempre in modo relativo, limitato) che attraverso irrazionalismi e superstizioni?
Sottoscrivo al 100%.
Se la realtà è una, se ne deduce che la verità è una.
E si può scoprire la verità solo indagando la realtà per ciò che oggettivamente è.
E la scienza è uno strumento indispensabile nella ricerca della verità.
@sariputra
E questo valore è stabilito da una soggettiva interpretazione etica e morale dell'essere umano, non è certo qualcosa che ha a che fare con la realtà, la quale appare del tutto indifferente che gli infanti vivano più o meno a lungo o che i farmaci prolunghino di molto la durata della senescenza.
Quattro sono i fattori che caratterizzano la Realtà "inconsapevole" o la "natura inferiore" (che appartiene a tutti gli individui di tutte le specie) o "il ciò che è":
1- la sopravvivenza personale
2- la riproduzione
3- la protezione dei cuccioli o della prole
4- l'individuazione; cioè diventare individui autonomi dotati di una nostra specificità
la quale appare del tutto indifferente che gli infanti vivano più o meno a lungo
E' talmente falso quello che dici che uno dei quattro elementi della Realtà, che ha preso forma grazie all'evoluzione, è la protezione dei cuccioli. Oltre alla sopravvivenza personale, ovviamente.
Questa dinamica appartiene al "ciò che è" e quindi fa parte della Realtà. E, quindi, fa parte de LA VERITA'.
A volte mi chiedo dove tu viva. Sicuramente fuori dalla Realtà, visto che ignori completamente cosa essa sia e come funziona. ;)
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 11:40:23 AM
Sottoscrivo al 100%.
Se la realtà è una, se ne deduce che la verità è una.
Quale?
CitazioneE si può scoprire la verità solo indagando la realtà per ciò che oggettivamente è.
Dunque senza soggetto che la indaghi
CitazioneE la scienza [è uno degli] strumenti indispensabile nella ricerca della verità.
Per questo restano non esclusi altri strumenti di conoscenza, come l'arte, il mito, l'esplorazione etica, parimenti necessari, di fondamentale importanza, ma, come la scienza attuale non indispensabili.
@maral
Tu confondi la scienza (che descrive ciò che oggettivamente è), con l'arte-il mito-l'etica (che descrive ciò che io penso che sia o ciò che io vorrei che fosse o ciò che io penso debba essere) :D
Sei così fuori strada e hai una tale confusuione di concetti in testa, che mai potrai capire ciò che sto dicendo.
A volte mi chiedo dove tu viva...
A Villa Sariputra, sotto il Monte, di là della Contea. Ma non è necessario che passi a trovarmi... ;D Ho già le botti occupate e una "piena di sé" come la tua non saprei proprio dove sistemarla...
Caro Myfriend, nulla si può conoscere per ciò che è, né con la scienza, né con altro.
Quanto alla confusione delle idee comincia a guardare le contraddizioni in cui ti muovi, come sempre a ognuno conviene fare :) . Le pretese di conoscenza de "LA Verità" sono sempre sintomo assai preoccupante, in ogni termine di conoscenza la si voglia leggere (etico, mitico o scientifico che dir si voglia).
Avviso ai naviganti: ogni ulteriore riferimento o commento di contorno alle persone interloquenti verrà rimosso dal dialogo.
Che vuoi farci, è noto che la sempre presunta "LA Verità" provoca sempre, ahimè, questi risultati. E comunque non ho ancora capito quale sarebbe questa unica Verità. attendo il Lume portentoso.
Citazione di: Sariputra il 26 Aprile 2017, 12:07:04 PM
A volte mi chiedo dove tu viva...
A Villa Sariputra, sotto il Monte, di là della Contea. Ma non è necessario che passi a trovarmi... ;D Ho già le botti occupate e una "piena di sé" come la tua non saprei proprio dove sistemarla...
Ma dai Sari.....affermi che alla Realtà non interessa nulla la salvaguardia degli infanti quando tutti sanno che ogni specie, nel proprio percorso evolutivo, ha escogitato mille modi proprio per salvaguardare i cuccioli o la prole.
LA savaguardia dei cuccioli e della prole è uno dei fattori centrali della Realtà. ;)
Citazione di: Sariputra il 26 Aprile 2017, 09:15:02 AM
Infatti la valutazione che la mortalità infantile è molto diminuita è un "successo" solo se consideramo un "valore" che la mortalità infantile diminuisca. E questo valore è stabilito da una soggettiva interpretazione etica e morale dell'essere umano, non è certo qualcosa che ha a che fare con la realtà, la quale appare del tutto indifferente che gli infanti vivano più o meno a lungo o che i farmaci prolunghino di molto la durata della senescenza.
L'utilizzo del termine 'razionalità' va inserito e inquadrato nel contesto. Per un uomo del 2017 è sicuramente razionale affidarsi ad un urologo per curare una calcolosi renali e non ad uno sciamano. ma per un primitivo è razionale affidarsi ad uno sciamano ( che magari qualche volta riesce a curare la calcolosi usando appositi preparati di erbe medicinali) piuttosto che...appendersi a testa in giù sperando che i calcoli se ne escano dalla bocca!... ;D. Se poi il Sari si trovasse sperduto nella giungla amazzonica riterrebbe più razionale affidarsi ad uno sciamano per uscirne e ritrovare la "civiltà", mentre sarebbe del tutto irrazionale affidarsi ad un urologo per ritrovare la via... :) Se poi il povero Sari venisse pure morso da un serpente nell'intrico della giungla ( e succederebbe senz'altro vista la fortuna del soggetto...) sarebbe veramente nel dubbio se farsi curare dall'urologo presente o dallo sciamano che cura morsi di serpenti velenosi da sempre...mah! In quel frangente la razionalità sarebbe in difficoltà...( se l'urologo ha un ospedale vicino sembra convenire questi, se non ce l'ha ...conviene affidarsi allo sciamano ;) ).
Sì...sono tutte ovvietà naturalmente, ma il "successo" della razionalità è sempre inquadrabile a riguardo del soggetto umano. Se il Sari viene guarito dal morso del serpente è un "successo" per lo stesso e la medicina umana , ma è nello stesso tempo un "insuccesso" per tutti quegli esseri che avrebbero potuto cibarsi e sopravvivere "più a lungo" divorando la carcassa del Sari nel folto della giungla...
Perché e "più giusto" che sopravviva il Sari e non invece tutte quelle creature?... :-\
"Mors-o tuo vita mea"?
Sari, complimenti, trovo tu abbia fatto centro in due punti.
Il primo è che la diminuzione della mortalità infantile non è un valore assoluto, ma determinato da considerazioni etiche di riferimento (come diceva Peirce vero è ciò che è logico, ma logico è ciò che è etico).
Il secondo, punto ancora più fondamentale, è che non c'è nulla di più razionale dell'imparare a muoversi e a pensare giusto per il contesto in cui ci si trova e questo sapersi muovere è l'unica verità, sempre inevitabilmente mutevole in ciò che esprime. La verità (minuscola) non è quindi che continuo esercizio per poter stare in piedi.
@maral
LA verità è un puzzle maestoso e magnifico. Un puzzle che si basa su "ciò che oggettivamente è".
Vuoi sapere qual è LA verità?
Visto che è un puzzle te ne illustro, per ora, tre piccole tessere.
(http://www.azquotes.com/picture-quotes/quote-matter-is-energy-energy-is-light-we-are-all-light-beings-albert-einstein-119-5-0501.jpg)
Diceva Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica:
- "Riguardo alla materia, abbiamo sbagliato tutto. Quella che abbiamo chiamato materia è energia, la cui vibrazione è talmente abbassata da essere percepibile ai sensi. La materia in sè non esiste."
- "La materia è energia. L'energia è luce. Noi tutti siamo esseri di luce."
- "Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonìzzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c'è altra via. Questa non è filosofia, questa è fisica."
Queste sono solo 3 piccole tessere del merviglioso puzzle de LA verità. ;)
Ah...dimenticavo. Un'altra tessera del puzzle è il Primo principio della Termodinamica: L'energia non si crea e non si distrugge, ma cambia forma. ;)
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 11:40:23 AM
@sgiombo
Non sarà per caso che la scienza é molto più vera (nella sua conoscenza pur sempre limitata e relativa della realtà) dell' animismo?
E questo non sarà per caso perché la realtà é una e la sua parte materiale naturale é scientificamente conoscibile molto meglio (più veracemente, più integralmente, anche se ovviamente sempre in modo relativo, limitato) che attraverso irrazionalismi e superstizioni?
Sottoscrivo al 100%.
Se la realtà è una, se ne deduce che la verità è una.
E si può scoprire la verità solo indagando la realtà per ciò che oggettivamente è.
E la scienza è uno strumento indispensabile nella ricerca della verità.
CitazionePreciserei per parte mia: nell' ambito fenomenico materiale - naturale della realtà (non in quello mentale, che alla materia non é riducibile né ne emerge, almeno per quanto riguarda la scienza in senso stretto: le scienze naturali).
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 11:47:33 AM
la quale appare del tutto indifferente che gli infanti vivano più o meno a lungo
E' talmente falso quello che dici che uno dei quattro elementi della Realtà, che ha preso forma grazie all'evoluzione, è la protezione dei cuccioli. Oltre alla sopravvivenza personale, ovviamente.
Questa dinamica appartiene al "ciò che è" e quindi fa parte della Realtà. E, quindi, fa parte de LA VERITA'.
A volte mi chiedo dove tu viva. Sicuramente fuori dalla Realtà, visto che ignori completamente cosa essa sia e come funziona. ;)
CitazioneNon vedo alcun problema per quanto ha affermato il sempre argutissimo Sari:
La cura e la protezione dei cuccioli é un aspetto del comportamento innanzitutto dei genitori e poi di altri animali, soprattutto se umani.
Ma certamente é del tutto indifferente alla natura in generale, che infatti ne prevede il continuo sterminio indiscriminato, anche perché allorché la leonessa non uccide i cuccioli della giraffa (la natura non li condanna a morte), allora la natura stessa condanna comunque a morte (forse anche più atrocemente, penosamente, dolorosamente per fame prolungata) i cuccioli della leonessa.
Citazione di: maral il 26 Aprile 2017, 11:52:39 AM
CitazioneE si può scoprire la verità solo indagando la realtà per ciò che oggettivamente è.
Dunque senza soggetto che la indaghi
CitazioneNon capisco proprio questa "soggettofobia"!
La realtà é quella che é anche con il soggetto che la indaga e la conosce, e che ne é parte.
Perché mai non si potrebbe indagare e conoscere (ovviamente limitatamente, relativamente; e limitatamente alla sua componente materiale naturale assolutamente in nessun modo minimamente paragonabile per efficacia -efficacia conoscitiva = verità- a quello proprio della scienza) se non pretendendo un' impossibile eliminazione del soggetto di conoscenza?
Perché mai non sarebbe possibile per lo meno in linea di principio una conocenza riflessiva da parte di un soggetto di se stesso (in quanto anche oggetto, fra gli eventuali altri oggetti)?
Se un soggetto di conoscenza esiste e se dice "io esisto", allora per definizione si ha (accade realmente) autocoscienza riflessiva (di se stesso da parte del soggetto-oggetto): che ci sarebbe mai in ciò di autocontraddittorio, assurdo, tale da renderlo impossibile?
@sgiombo
No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.
C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.
Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri. :D
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 12:53:45 PM
@maral
LA verità è un puzzle maestoso e magnifico. Un puzzle che si basa su "ciò che oggettivamente è".
Vuoi sapere qual è LA verità?
Visto che è un puzzle te ne illustro, per ora, tre piccole tessere.
(http://www.azquotes.com/picture-quotes/quote-matter-is-energy-energy-is-light-we-are-all-light-beings-albert-einstein-119-5-0501.jpg)
Diceva Albert Einstein, premio Nobel per la Fisica:
- "Riguardo alla materia, abbiamo sbagliato tutto. Quella che abbiamo chiamato materia è energia, la cui vibrazione è talmente abbassata da essere percepibile ai sensi. La materia in sè non esiste."
- "La materia è energia. L'energia è luce. Noi tutti siamo esseri di luce."
- "Tutto è energia e questo è tutto quello che esiste. Sintonìzzati alla frequenza della realtà che desideri e non potrai fare a meno di ottenere quella realtà. Non c'è altra via. Questa non è filosofia, questa è fisica."
Queste sono solo 3 piccole tessere del merviglioso puzzle de LA verità. ;)
Ah...dimenticavo. Un'altra tessera del puzzle è il Primo principio della Termodinamica: L'energia non si crea e non si distrugge, ma cambia forma. ;)
Infatti, lo dicevano Albert Einstein e Clausius. Le tre piccole tessere sono mappe, sono fogli mondo, non sono e non potranno mai essere il mondo. Il puzzle è un puzzle cognitivo in continuo mutamento, non ontologico e noi inevitabilmente abbiamo in mano solo una tessera per volta, per questo anche quelle tre piccole tessere contengono l'errore, sono momenti del nostro errare.
Confondere la mappa con il territorio è propriamente fare confusione. E di mappe ce ne sono tante, ciascuna valida nel suo ambito, non una sola. Di territorio invece ce n'è uno solo, che vediamo solo nelle mappe che qualcuno traccia insieme ad altri a una certa distanza dal territorio.
CitazioneC'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
Veramente in natura c'è pure il leone che ammazza i propri cuccioli pur di tornare ad accoppiarsi con la madre mandando al diavolo la cura per la prole. E c'è pure l'insetto, l'ameba, la tartaruga e la vipera che lasciano quanto prima possibile i propri "cuccioli" al caso sterminatore di cuccioli, non tutti siamo mammiferi. :)
@maral
MA quale mappe? Quale errore? :D
Su ciò che dice Einstein hanno costruito le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E non c'è nessun errore, perchè funzionano.
Quanto ha scoperto Einstein (e cioè che la materia è energia) è Realtà e infatti su questa Realtà si costruiscono le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E funzionano. :D
Ciò significa che questo è effettivamente "ciò che è". Cioè la "materia è energia" non è una mappa o un errore, ma è una VERITA'.
Esattamente come VERITA' è il fatto che i pianeti ruotano attorno al sole e che le infezioni sono causate dai batteri. :D
Queste per te sono mappe?
Ok. Se ti piace chiamarle mappe, chiamiamole mappe. :D
Per me puoi chiamarle come vuoi.
Io li chiamo tasselli del puzzle. :D
Veramente in natura c'è pure il leone che ammazza i propri cuccioli pur di tornare ad accoppiarsi con la madre mandando al diavolo la cura per la prole. E c'è pure l'insetto, l'ameba, la tartaruga e la vipera
Varamente, in natura, (per quanto riguarda i leoni) la cura per i cuccioli è incarnata nella leonessa madre e non nel leone maschio.
E veramente in natura, coloro che depongono le uova le depongono in modo tale da dargli una protezione. Vedi le tartarughe che le sotterrano sotto la sabbia. A livello degli ovipari la cura per i cuccioli si manifesta nella cura delle uova per consentire la maggior sopravvivenza possibile. Non esiste nessuna specie che non abbia escogitato uno stratagemma per proteggere i propri cuccioli o le proprie uova dai predatori.
Veramente eh. :D
Citazione di: maral il 25 Aprile 2017, 23:16:20 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 21:18:21 PM
No, "a posteriori" appare (accade l' insieme di sensazioni mentali costituente) il pensiero che si sono avute tali sensazioni, la conoscenza (più o meno vera a seconda dei casi) del loro essere accadute (se e quando appare) e non le sensazioni stesse.
Le sensazioni che hai nello stare seduto al computer sono qualia (dati fenomenici di coscienza) costituiti da macchie di colore, sensazioni tattili-propiocettive, rumori, ecc.; la fisiologia non c' entra nulla: potresti anche ignorarla completamente e i tuoi qualia fenomenici coscienti non cambierebbero "di una virgola" (N. B.: questa è una metafora!).
E tutto questo come fai a dirlo? quali percezioni te lo dicono? "Esse est percipi" ricordi?
La percezione di un tavolo può benissimo avere in sé sia la certezza di cos'è, sia il dubbio, oppure il dubbio può entrare in gioco in una successiva percezione del medesimo oggetto, ma anche il dubbio è presente nel significato di ciò che percepisco soggettivamente o relativamente a un'altra percezione. Non è data nessuna percezione senza significato, semplicemente non c'è e se mi invento che ci sia, posso farlo solo in quanto ho già dato un significato a quello che dico essere senza significato. Gliel'ho già dato, per questo dico, a posteriori, dopo averglielo dato, che non aveva significato.
CitazioneLo si constata empiricamente (appunto: "esse est percipi"!).
La visione del tavolo ("quella roba lì") è una serie di sensazioni (esterne materiali); invece il pensiero della certezza che sia un tavolo e quello del dubbio in proposito sono altre, diverse serie di sensazioni (interne mentali), che possono:
a) non accadere, oltre le sensazioni esterne, "accanto ad esse", "in aggiunta ad esse";
b) accadervi insieme da subito, immediatamente, appena scorta quella roba lì";
c) accadervi dopo un po' che la si vede,
d) accadere dopo, allorché non la si vede più, riferendosi più precisamente in questo caso al ricordo di "quella cosa lì".
Se non è data nessuna sensazione senza significato, allora che cosa significano le sensazioni di un tavolo (per esempio quello che presumibilmente hai nella sala da pranzo) da parte di chi e a chi?
(Quelle che costituiscono) Il tavolo nella mia sala da pranzo è stato fatto da un falegname che producendolo non intendeva comunicare alcun significato a nessuno ma solo procurarsi onestamente da vivere producendo un oggetto utile.
Tu confondi le sensazioni (l' oggetto costituito dal tavolo) con le (sensazioni delle) parole con le quali le si pensa e se ne parla (la parola "tavolo"): sono le seconde ad avere significati (il tavolo esiste anche quado nessuno lo vede e inoltre pensa: "ecco un tavolo", avendo un significato questa parola e non quella cosa).
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CitazioneQuello che hai imparato a scuola è (relativamente) ben più vero che quello che pensavi ingenuamente nella tua spontaneità di bambino.
E' più vero perché mi fa partecipare di un modo di pensare collettivo (con la sua millenaria ascendenza), mi consente una soggettività condivisa, ma non perché è vero in sé. E' vero perché in questo mondo in cui esisto mi permette di vivere meglio. E questo vale anche per l'indigeno che si mantiene fedele al suo mondo in cui vive e si affida alla cultura del mondo in cui vive. Il problema, per l'indigeno, è che è costretto a vivere nel nostro mondo senza avere i millenni di tradizione culturale che gliene restituiscono il senso e quindi la sua vita perde di senso e quasi sempre finisce emarginato in preda all'alcol e alle droghe (hai mai visitato una riserva indiana? io sì, dei Moicani, vai a vedere come si riducono nel nostro mondo del benessere, con tutta la nostra medicina scientifica e la nostra astronomia).
CitazioneLa verità maggiore di quello che hai imparato a scuola non centra punto con la numerosità di chi la conosce, né con la sua antichità.
Può anche darsi (e di fatto non di rado accade) che una stragrande maggioranza pensi cose false e una piccola minoranza pensi cose vere.
C' è stato un periodo nel quale il solo Copernico sapeva che la terra gira intorno al sole e tutti gli altri pensavano il contrario, ma ciononostante Copernico conosceva il vero e tutti gli altri pensavano il falso; e fra l' altro allora questa verità non consentiva a nessuno, nemmeno a Copernico di vivere meglio; anzi pochi anni dopo qualcuno (Galileo) l' ha fatto vivere alquanto peggio!
Ma che c' entrano i Moicani, purtroppo vittime dell' imperialismo (anche perché purtroppo l' imperialismo dispone di molte più conoscenze vere di loro)?
Le loro sofferenze non sono provocate dalla medicina scientifica, ecc., bensì (e non è affatto la stessa cosa!) da come le conoscenze scientifiche sono applicate praticamente da chi ne dispone e dispone in generale del potere!.
Se un moicano affetto da polmonite si fa curare dallo stregone rischia fortemente di schiattare e se guerisce è "per puro culo", mentre se si fa curare da un medico -ammesso che ne abbia la possibilità effettiva, cosa di cui dubito assai, anche in presenza della colossale bufala dell' "obamacare"- ha buone probabilità di guarire, esattamente come un wasp (in linea puramente teorica, ripeto: ammesso che...).
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CitazioneCerto che la scienza si basa sul senso comune e poi lo modifica, criticandolo razionalmente.
Esso si può definire come un insieme minimo di conoscenze indimostrabili dato per scontato (più o meno consapevolmente e criticamente; più nel caso dei filosofi, meno nel caso di chi si lasci vivere passivamente e conformisticamente) da tutte le persone comunemente considerate sane di mente.
Il senso comune non è un insieme minimo, ma è l'insieme che contiene ogni ulteriore specifica conoscenza che da esso si sviluppa per astrazioni per poi tornare a istituire un nuovo senso comune comunque legato al precedente. Il senso comune ha in se stesso la propria eccezione che lo nega ed è da questa che si rinnova.
CitazioneE cche vvorr dì ? ? ?
Apparentemente che il senso comune è l' intera conoscenza umana ("l'insieme che contiene ogni ulteriore specifica conoscenza che da esso si sviluppa per astrazioni per poi tornare a istituire un nuovo senso comune comunque legato al precedente" (evidenziazione in grassetto mia).
Ma (anche se non mi stupisco più di niente) dubito assai che intendessi affermare questo.
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CitazioneE' perfettamente ovvio (e banalissimo) che i giudizi di fondatezza rispetto alle diverse letture del mondo partono sempre da una determinata "lettura del mondo"; ma c' è lettura del mondo e lettura del mondo, le une più vere, le altre meno: non è che si equivalgono tutte essendo ciascuna autoreferenziale, dal momento che invece intendono riferirsi al mondo fenomenico che nella sua componente materiale può ritenersi (non dimostrarsi) intersoggettivo (nell' ambito di molte è ritenuto erroneamente oggettivo); e le une ci riescono più e meglio, le altre meno e peggio.
Non so come farti capire che qualsiasi differenza di valore di fondatezza si istituisca tra le culture è sempre pronunciata da una cultura, non può essere in alcun modo reale in senso oggettivo. Questa pretesa di giudicare al di fuori della propria cultura cosa è vero e reale per tutti è una palese assurdità. Il mondo fenomenico, se è fenomenico, è sempre soggettivo, perché solo soggettivamente può apparire e il giudizio di fondatezza sta tutto e solo nell'ambito culturale in cui si vive, rispettando i propri termini di contesto. Se finalmente imparassimo a farlo quanto dolore e catastrofi risparmieremmo alle nostre esistenze! Quanta follia nel dover convertire a LA Verità oggettiva per tutti! Cercate di vivere bene con la vostra verità minuscola, non con la nostra ugualmente minuscola! Questa è la sola verità.
E, nota bene: nessuna verità è equivalente a un altra, perché ogni verità rappresenta un aspetto diverso della realtà, ma, per la medesima ragione, nessuna cultura può valutare la fondatezza reale di un'altra cultura. Può invece (e sempre lo fa), incontrandola modificarla e modificarsi a causa del nuovo contesto che l'incontro inevitabilmente produce su entrambe.
E nessuno si è mai costruito il mondo a piacimento, poiché è il mondo in cui vive che costruisce lui per quello che è.
CitazioneE chissenefrega se (del tutto ovviamente) qualsiasi valutazione circa differenze di valore di fondatezza si istituisca tra le culture è sempre pronunciata da una cultura ? ? ?
Ciò non toglie affatto che vi siano culture complessivamente più fondate, portatrici di maggior verità e altre meno.
Sarebbe come dire che poiché comunque ogni credenza creduta vera è creduta vera, allora sono tutte ugualmente vere, anche se reciprocamente contrarie e anche se per definizione:
a) la realtà (complessivamente intesa (il tutto reale) è una sola;
b) conoscere = predicare che é/accade realmente ciò che é/accade realmente e/o che non é/accade realmente ciò che non é/accade realmente;
E dunque se si fanno predicati reciprocamente contraddittori sulla realtà (o meno) si predicano congiuntamente cose reciprocamente incompatibili, che dunque non possono essere tutte congiuntamente conoscenze vere, dell' unica realtà,
Il mondo fenomenico è per definizione sempre e comunque necessariamente soggettivo (i fenomeni accadono nell' ambito di esperienze coscienti, e se ve ne sono più di una e se ciascuna di esse ha un soggetto -affermazioni indimostrabili- allora sono tutte -ciascuna la è- relative a soggetti reciprocamente diversi).
Ma ciò non toglie che (in particolare per quanto riguarda le loro componenti materiali – naturali) possano essere reciprocamente corrispondenti, nel loro divenire, in modo puntuale ed e univoco (= intersoggettive).
Scusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
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CitazioneChe pure nelle società occidentali si diffonda in misura tendenzialmente crescente, in questa epoca di profonda reazione e decadenza, l' irrazionalismo è verissimo (e per un marxista come me alquanto ovvio), ma ciò non scalfisce minimamente la netta maggiore adeguatezza alla ricerca della verità del razionalismo (e, nell' ambito di sua competenza, della scienza).
E si diffonde proprio come effetto del voler costruire un mondo razionale oggettivo che si rivela una gabbia ancora peggiore di quella da cui voleva liberarci.
CitazioneInterpretazione del tutto fantasiosa, secondo me infondata e non esente da contraddizioni.
Da seguace del materialismo storico ne do una ben diversa spiegazione relativa alle relazioni fra (oggettivamente superatissimi) rapporti di produzione e sviluppo delle forze produttive (ma non è questa la sede per discuterne).
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Citazione(Se sono veri alcuni assunti indimostrabili tali che chiunque non sia considerabile insano di mete per lo meno si comporta come se vi credesse, allora) Il mondo naturale materiale umano è esattamente lo stesso dei pipistrelli e degli altri animali: di ben diverso c'è invece la conoscenza che ne hanno uomini e altri animali.
Vabbèm se vuoi crederci, credici. Ma quali sono questi assunti? Il "mondo" in generale è uno e lo stesso per tutti, ma il mondo che è lo stesso per tutti, resta diverso per ciascuno e nessuno può dire com'è per tutti, scienza e filosofia comprese che sono solo nel mondo umano. Poi figuriamoci, il mondo è già diverso per me e per te, figuriamoci quanto può essere diverso per me e per un pippistrello o per me e un Cedro del Libano.
CitazioneSe tu non cuoi crederci, non crederci (ma lascia che dubiti assai che tu non viva per lo meno come se ci credessi; anche perché credo tu sia sano di mente).
Questi assunti sono:
a) la realtà di altre esperienze fenomeniche coscienti, oltre al "propria" immediatamente esperita (accadente):
b) la realtà di oggetti e soggetti in sè (noumena) delle esperienze fenomeniche coscienti;
c) la corrispondenza puntuale e univoca (o "poliunivoca") fra le componenti materiali – naturaie delle varie esperienze fenomeniche coscienti.
Che nessuno possa sapere ciò che sanno e anche che solo credono di sapere tutti gli altri è ovvio.
Ma ciò non fa di certo dell' unica realtà complessivamente intesa più diverse realtà ciascuna delle quali (autocontraddittoriamente) intesa come la totalità (per definizione unica) di ciò che é/accade realmente.
Il mondo come appare al pipistrello e come appare a me =/= il mondo come è (che io e/o il pipistrello ce ne rendiamo conto o meno).
I primi sono cose diverse, il secondo un' unica cosa (non conoscibile integralmente e assolutamente da nessuno; ma che c' entra ? ? ?).
CONTINUA
CitazioneCONTINUAZIONE
Sgiombo:
Mi era proprio sembrato (anche in questo intervento) che tu invece sostenga che il mondo sia quello che ci pare e piace secondo il nostro soggettivo arbitrio (sia pure "condiviso nell' ambito di culture secolari").
Maral:
E continui a fraintendermi completamente. Non c'è nessun soggettivo arbitrio, non in questi termini. Il mondo soggettivo non ha nulla di arbitrario.[/glow] Non so quante volte ancora dovrò ripeterlo per farmi capire. Le culture, pur essendo autoreferenti nella loro validità, non decidono niente in merito al mondo, essendo anch'esse prodotte dal mondo e nel mondo. Vale per gli indigeni della Amazzonia quanto per i ricercatori del CERN. Entrambi parti del mondo, entrambi soggetti del mondo e soggetti al mondo. Entrambi senza pretese di conoscenze oggettive, proprio perché parti del mondo.
Copio-incollo:
Citazioneil suo mostrarsi che è molto diverso ed è questo che fa di quest'unico mondo in sé due mondi diversi [contraddizione, N.d.R.]
Bon c'è nessuna contraddizione, perché il mondo può benissimo essere uno, ma mostrarsi solo secondo modalità diverse, perché diversi sono i soggetti che lo vedono e lo abitano. (e ringraziamo che sia così). Illogico e assurdo è invece pensare che c'è un mondo oggettivo che tutti i soggetti vedono com'è allo stesso modo e qualcuno (sempre noi) nell'unico modo giusto.
Sgiombo:
E' del tutto ovvio che le credenze sul mondo possano essere diverse (e nella di fatto notevole misura in cui sono reciprocamente incompatibili non sono tutte vere e fondate, e men che meno ugualmente vere e fondate).Ma (se si ammettono le suddette verità indimostrabili "di senso comune" tali che chiunque sia comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se le credesse, allora) le culture, pur essendo ovviamente tutte prodotte dal mondo e nel mondo, non sono affatto solo per questo autoreferenti ma si riferiscono a un mondo reale intersoggettivo; e infatti, come dimostrano il differente stato di salute medio e la differente durata media della vita nelle diverse culture, differiscono assi nella loro validità: non decidono niente in merito al mondo, essendo anch'esse prodotte dal mondo e nel mondo, ma sono prodotti ben diversi fra loro quanto a verità.
Non per fare il pignolo, ma"un unico mondo in sé" =/= "due mondi diversi"e identificarli è una contraddizione (ma ho capito che in questo caso semplicemente avevi espresso male ciò che pensavi, che se ben espresso e dunque ben inteso, non era contraddittorio).
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Sgiombo:
L' interpretazione scientifica (correttamente intesa, non scientisticamente, cioè irrazionalisticamente, deformata) della natura materiale – naturale che ne è oggetto di ricerca (e non di ciò che da questa esula, come pure irrazionalisticamente pretende lo scientismo) pretende giustamente solo di essere (relativamente) più vera, meno limitata, più completa di qualunque altra meno criticamente vagliata e fondata (non è l' unica, ma è di gran lunga la migliore se per "criterio di bontà" si prende la verità.
Maral:
Credo che, volendo proprio un criterio, valga il contrario: ossia che il criterio di verità sia la bontà dell'effetto che questa verità produce, ovviamente nell'ambito in cui si vive, non per tutti in assoluto.
Sgiombo:
La dipendenza fra verità teorica e (tendenziale) efficacia pratica è reciproca: ciò che la scienza dice (sa teoricamente) del mondo materiale - naturale è più vero di ciò che ne dice qualsiasi altra pretesa conoscenza, e dunque applicarlo praticamente comporta (in generale e ceteris paribus) maggiori successi nel conseguimento di scopi che qualsiasi pretesa conoscenza alternativa; e allo stesso tempo il superamento (pratico) di prove sperimentali da parte di ciò che dice la scienza (e non di ciò che pretendono pseudoconoscenze alternative) ne conferma la verità teorica. Unica alternativa per spiegarsi ciò che è quotidianamente sotto gli occhi di tutti (non allo stesso identico modo) sarebbe il "puro culo".
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Sgiombo:
Essa cerca di rilevare la posizione effettiva dell' uomo nel mondo fenomenico materiale senza pretendere aprioristicamente che sia centrale (e di fatto la riconosce periferica da almeno 3 - 400 anni).
Maral:
E chiaramente non ci riesce peché mette di nuovo al centro un'interpretazione del mondo che è quella di un particolare tipo di essere umano, tra l'altro molto minoritario.
Sgiombo:
Le interpretazioni scientifiche del mondo non sono messe dalla scienza al centro di alcunché (casomai sono messe nei libri e files dei computer e chiavette che son ritenuti decisamente periferici nel mondo materiale naturale; secondo me erroneamente poiché credo che non abbia centro né periferia essendo infinito).Ma non sono arbitrariamente o comunque infondatamente stabilite (contrariamente a pretesi modi alternativi di conoscere il mondo materiale – naturale), bensì sono confermate empiricamente (ovviamente alla condizione che le indimostrabili -Hume!- conditiones sine qua non della conoscenza scientifica siano vere).
Sgiombo:
Ci dice (fallibilmente, com' è ovvio; ma comunque molto meno di qualunque alternativa meno rigorosamente razionale) come divengono i fenomeni; è proprio per questo che le sue previsioni sono generalmente esatte (incomparabilmente più spesso e più completamente di qualsiasi alternativa meno razionalmente fondata), salvo ovvi errori ed omissioni.
Maral:
Ci dice a noi che, sulla base di una tradizione culturale, possiamo crederci. In realtà sa assai poco e praticamente nulla di come evolvano i fenomeni, tant'è che il mondo, dominato dalla visione scientifica, non si è mai sentito tanto vicino alla catastrofe finale e tanto lontano al riuscire a porvi rimedio, fermo restando che anche nella ragione scientifica la discordia impera e ogni corrente si ritiene più oggettiva dell'altra. Ah, questa benedetta oggettività!
Sgiombo:
Ma che c' entra la vicinanza alla catastrofe finale ? ? ? Le conoscenze vere (non quelle non scientifiche, per quanto riguarda il mondo materiale – naturale!) possono ovviamente essere usate tanto a scopo costruttivo quanto a scopo distruttivo! Sono efficacissime, essendo vere, in entrambi i casi! A parte il fatto che non concordo per nulla che il mondo (e in particolare l' Occidente dominante) sia "dominato dalla visione scientiica, anzi: tutt' altro!Ed è anche per questo che tende a usare la scienza (efficacissima perché verissima; N. B.: qui il grado assoluto dei superlativi è meramente metaforico: nessuna "iniziale maiuscola o affini" per favore ! ! !) a scopi distruttivi. La discordia impera fra gli scienziati (soprattutto "grazie" al capitalismo).Ma la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa,ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
Citazione di: maral il 25 Aprile 2017, 23:40:05 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Aprile 2017, 22:17:36 PM
No, guarda che il fatto che la durata media della vita dove si pratica la medicina (e in particolare l' igiene) scientifica é di molto maggiore che presso le tribù animiste non é un' opinione che rientra solo nel discorso che (arbitrariamente) facciamo noi adesso, ma un fatto reale.
Scusa, ma non mi sembra proprio di avere usato a vanvera iniziali maiuscole.
Si tratta proprio del fatto che veniamo ad approssimare sempre più la conoscenza della realtà grazie alla scienza che finalmente ci dice le cose come sono sempre state (e attribuirmi indebitamente iniziali maiuscole a mo di pretese "soprannaturalizzazioni" della realtà e della scienza non mi sembra proprio un modo corretto di polemizzare).
Se fosse solo fatto di un mutazioni di pratiche e di contesti, se ogni confronto con contesti precedenti non avesse assolutamente nessun senso e non potesse pretendere nessuna verità oggettiva, allora basterebbe praticare in modo unanime (per così dire "universalmente limitatamente a un certo contesto culturale") la credenza che non si muore mai per divenire ipso facto eterni:
troppo comodo!
Sgiombo, non ho attribuito a te le maiuscole, è qualcun altro che ce le mette, ma mi servivano per rendere più chiaro il discorso.
Il successo della medicina soprattutto in merito alla mortalità infantile, resta un successo misurato da noi con le nostre pratiche di conoscenza, dunque è ancora soggettivo.
CitazioneMa per carità!
In che mondo vivi?
Ti sconsiglio comunque vivamente di dire queste cose ai genitori dei tanti bimbi che in Africa e parte dell' Asia e America Latina (ma sempre più anche qui in Occidente) muoiono per malattie curabilissime dalla medicina scientifica; specialmente se quei genitori avessero a portata di mano qualche corpo contundente!
Che non vuol dire né arbitrario, né falso, è vero nel contesto interpretativo che definisce cosa si deve intendere per vita media e come la si calcola e la si misura. E' vero nella nostra mappa del mondo che non è il mondo, ma ne dà un'interpretazione.
Continui ad attribuirmi assurdità fraintendendo: non ho mai detto ed è assurdo dedurlo da quanto dico che si possa non morire mai decidendo di credere tutti insieme di non morire mai. Ho detto e sopra l'ho pure stra evidenziato che la nostra soggettività non siamo noi a deciderla, dunque non siamo noi a decidere della verità che questa soggettività determina sulla conoscenza che abbiamo delle cose , conoscenza che a sua volta non è la cosa, né vi aderisce identica.
CitazioneMa hai anche detto che ciò che è condiviso da una qualsiasi cultura è solo per questo altrettanto valido e vero che ciò che dice la scienza.
Ergo: perché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Chi ce lo vieta?
Te lo dico io: il fatto che non sono vere le premesse del ragionamento!
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Citazione Non vedo perché mai per il fatto che siamo uomini e non dei e che non siamo fuori dalla realtà (ma anche se fossimo -realmente- dei ne faremmo comunque parte, non ne saremmo affatto fuori!) non dovremmo per forza conoscerla veracemente; mentre addirittura potremmo (come se invece fossimo proprio dei!) far sì che sia come noi arbitrariamente (sia pure nel contesto di una cultura più o meno antica e diffusa) vorremmo che sia.
Perché il Dio a cui mi riferivo ha detto Lui di non essere di questo mondo. E, lo ripeto ancora, noi non decidiamo cosa siamo, veniamo a esserlo, quindi non decidiamo nemmeno della nostra soggettività.
CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
A questo punto credo di aver ripetuto a sufficienza il concetto che ciò che è soggettivo non è per nulla il risultato di una scelta o di una volontà, né implica che lo sia, anzi vale l'esatto contrario.
Citazione Se vale l' esatto contrario allora inevitabilmente è (ciò che è), per lo meno anche (per quanto riguarda certi aspetti di esso; potendovene pure essere anche, ma non solo di soggettivi) indipendentemente dal soggetto (-i) della sua credenza (che lo crede o credono essere in certi modi, più o meno veracemente a seconda dei casi).
Ergo: è ciò che é dipendentemente da qualcosa (di reale) diverso dal soggetto della conoscenza, dalla realtà per come è indipendentemente dagli (eventuali) soggetti che la conoscono.
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo
No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.
C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.
Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri. :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....
Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.
...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 14:21:37 PM
Su ciò che dice Einstein hanno costruito le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E non c'è nessun errore, perchè funzionano.
Quanto ha scoperto Einstein (e cioè che la materia è energia) è Realtà e infatti su questa Realtà si costruiscono le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E funzionano. :D
Ciò significa che questo è effettivamente "ciò che è". Cioè la "materia è energia" non è una mappa o un errore, ma è una VERITA'.
Tanto per muovere i miei ditini e incozzarmi nel non voler capire ;) mi spiace ridirtelo ma non ero troppo fuor dal vero quando ti scrissi che consideri Verità ciò che dice Einstein perchè funziona.
Citazione di: Lou il 25 Aprile 2017, 12:12:49 PMSe so in anticipo il posto e il pezzo giusto che ricerca sarebbe?
Anzitutto va precisato che l'esempio del puzzle è una mera analogia (per quanto adatta allo scopo). Detto ciò bisogna considerare che, trasponendo l'esempio nella realtà:
1) tu non potrai mai sapere il posto giusto per ogni pezzo, ma potrai invece sapere con certezza che, essendo il puzzle formato da un miliardo di pezzi, TUTTI saranno necessari alla ricostruzione dell'immagine completa, e l'arbitraria esclusione di alcuni o molti di quei pezzi significherà la falsificazione dell'immagine. Ogni ricostruzione parziale sarà dunque una ricostruzione falsa.
2) Se l'immagine completa è quella dell'universo (o della "realtà") l'uomo, essendone solo un minuscolo "pezzo", ha una visione di questa realtà necessariamente limitata, e non può certo conoscere il posto degli altri pezzi, ma può però cercare e trovare il proprio posto nel mondo per poi occuparlo, e questa mi sembra l'unica ricerca sensata, necessaria e doverosa, oltre che assai difficile e impegnativa.
3) Nondimeno l'osservazione del mondo permette di rendersi conto che, in generale, tutti gli enti non umani intorno a noi sanno bene qual è il loro posto nel mondo, dal che dovrebbe essere facile dedurre che ogni "ordine" diverso da quello dato e osservabile, peggio ancora se elaborato dalla mente umana che non sa nemmeno riconoscere il proprio posto nel mondo, è sicuramente un ordine sbagliato poichè partorito da una mente che si può certamente definire, da questo punto di vista, miope e ignorante.
(https://ae01.alicdn.com/kf/HTB1NQ7mNXXXXXXHaXXXq6xXFXXXs/Blank-magnetic-font-b-A3-b-font-font-b-puzzle-b-font-thermal-transfer-custom-26.jpg)
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 14:21:37 PM
@maral
MA quale mappe? Quale errore? :D
Su ciò che dice Einstein hanno costruito le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E non c'è nessun errore, perchè funzionano...
Le bombe atomiche funzionano solo finché non vengono fatte funzionare. Quanto alle centrali nucleari è molto controverso se in concreto funzionino o meno (puoi avere tanta energia, ma poi come la gestisci, come gestisci le scorie, la sicurezza e via dicendo). Il punto è qui, myfriend: come non esistono verità assolute (nemmeno quella di Einstein), così non esistono nemmeno funzionamenti assoluti. proprio perché tutti i progetti si muovono a partire da mappature che solo rappresentano la realtà, non sono la realtà che è sempre molto più complessa, mutevole e quindi non suddivisibile in tessere.
Quanto alla cura della prole, evidentemente la tartaruga non ne ha, visto che oltre il 90% dei piccoli muore entro poche ore dalla nascita. Non ce l'hanno nemmeno i protozoi o gli organismi monocellulari che costituiscono la stragrande maggioranza delle forme viventi, non ce l'ha il leone maschio e diversi altri mammiferi maschi, in compenso ce l'hanno i pinguini imperatore maschi, ma non le femmine, i cavallucci marini maschi, ma non le femmine. Quindi, di nuovo, come vedi la cosa è molto complessa e qualsiasi legge che si enunci in merito è un'astrazione generale, un segno di mappatura valida solo per noi esseri umani, in astratto.
Diavolo di uno Sgiombo, tu mi sommergi ;)
Ci vorrebbero delle giornate a risponderti. Dammi il tempo di raccapezzarmi nel tuo discorso, poi vedrò come e dove posso risponderti.
Citazione di: maral il 26 Aprile 2017, 21:54:51 PM
Diavolo di uno Sgiombo, tu mi sommergi ;)
Ci vorrebbero delle giornate a risponderti. Dammi il tempo di raccapezzarmi nel tuo discorso, poi vedrò come e dove posso risponderti.
CitazioneEh, si vede che sono andato in pensione (da poco) e ho molto tempo!
Comunque cercherò di non esagerare (anche perché scrivere troppo scoraggia chiunque a leggere).
x maral
Ovviamente il discorso leopardiano è un discorso poetico, allegorico.
Non è un discorso episitemico.
cit maral
"Il male è nel sapere separato del bene e del male, dunque non c'è un Dio del Male (e nemmeno del Bene), c'è la vita umana che conosce. La zoè, la vita primordiale e indistinta che sa vivere e non conosce morte non è né bene né male, bene e male è come risuona la propria esistenza che si conosce in rapporto ad essa, mentre se ne fa immagine. Sotto c'è sempre un discorso di posture solo umane. L'inno di Leopardi al Dio del Male in realtà canta l'uomo e per questo all'uomo risuona, non la natura, non la zoé, ma la natura umana che cerca sempre invano nella zoé una nicchia ove trovare riparo all'esserci che non è una luminosa radura (immagine istantanea di un sogno), ma un immane fluire ove ogni riparo si rivela prima o poi illusorio. L'unico rimedio è danzare bene al ritmo oscillante che distrugge ogni riparo sul cammino che torna sempre su se stesso, oltre le distinzioni che vorrebbero neutralizzare le antinomie, godendo delle epifanie consentite e delle tracce che, per un po', lasciano come rovinosi resti sul cammino a indicare un percorso da condividere insieme, tra noi viandanti, affinché ognuno trovi errando la sua strada che ritorna."
Sì e no. Sì perchè ovviamente anche per me il percorso individuale che seguiamo è un percorso immanente, e dentro ai suoi costrutti mentali. No perchè la danza come la chiami tu, è tutt'altro che una danza. (sì lo so che è una citazione di Nietzche)
E'invece il dramma dello scontro individuo-stato. Non è, voglio dire, come vorrebbe Sini solo una questione di "mera descrizione" seppure critica, è una questione di scontri che impegna non solo il lato conoscitivo, ma anche quello sentimentale.
Anzi a mio avviso è più la questione sentimentale che caratterizza l'uomo, che quella conoscitiva.
Insomma in questo tuo passaggio (nonostante i nostri cari richiami a Sini e Severino) mancherebbe la questione di cosa è l'uomo.
Per me è sentimento più che ragione.
Fondamentale ad ogni conoscenza che accompagna l'agire politico (che poi una riesca addirittura a danzare in tutto questo, mi ha sempre fatto capire, che nietzche non lo raggiungerò mai. D'altronde sono uno spirito greve!)
cit maral (in risposta a Garbino)
"Questa è la devastazione a cui giunge il pensiero filosofico e a cui Nietzsche, con la volontà di potenza tenta di porre rimedio, ma a cui non può porre rimedio, poiché la volontà di potenza per assurgere ad assoluto deve farsi eterno ritorno dell'identico, deve volere la sua stessa estrema contraddizione"
Ma perchè deve farsi assoluto? Io non ridurrei Nietzche a quello che dice Severino, che ha chiaramente poco inteso il maestro.
Mi sembra una operazione alla heideger, prendere un autore e fargli dire quello che pensa lui.
Non mi torna nemmeno come mai Heideger veda la tecnica assunta nella categoria dell'eterno ritorno.
La tecnica è volta alla accumulazione di cose, l'eterno ritorno no.
Sarebbe come a dire che l'eterno ritorno è un feticcio???
cit maral (in risposta a Garbino)
"o non ci resta che fare un balletto insieme senza prenderci troppo sul serio, come recentemente ha detto Sini? "
Ma è proprio quello il problema di Sini, che non tiene MAI conto che possa esistere uno Scontro, una Guerra.
D'altronde lui è figlio di una fare politico del tutto politically correct.
E profondamente dentro il discorso paranoico, quello che rimane sulla linea, senza mai attraversarla.
(e questo nonostante nella sua stessa teoria ipotizzi che la soglia sia un continuo entrare e uscire dalla stessa)
Ma è proprio nel non detto, nei lapsus che si rivela completamente una personalità.
Sini ha una sua personalissima bizzarra cosmogonia, quindi l'uomo non è qualcosa, ma parte di qualcosa. Anche lui è ai confini con il naturalismo. E questo l'ho sempre pensato.
x anthonyi
cit anthonyi
"Rispondo a #green demetr risposta 91
Hai detto: "e invece anche oggi continuano a fare lo stesso errore "a sinistra", negare la psicologia, bollandola di psicologismo. ..."
Ma non è che il pensiero di destra non abbia gli stessi limiti, con l'individualismo metodologico esso
elimina ogni forma di interazione sociale, per cui la psicologia che propugna è veramente povera."
Ho detto a sinistra perchè culturalmente nella mia giovinezza mi riferivo a quella "ideologicamente".
Questo prima di conoscere cosa sia l'"ideologia". Per capire cosa sia uno perde i propri 20 anni. :(
Uno dei caratteri della ideologia è ovviamente l'individualismo, quindi anche a destra c'è lo stesso problema.
Ciò detto i caratteri della destra italiana sono sempre stati legati ad un socialismo di stato, più che ad un liberalismo puro, che è invece frutto del pensiero anglo-americano.
Lo stesso fascismo è lì a testimoniarlo, e in generale le destre continentali.
Persino il nazismo è in realtà un nazional-SOCIALISMO. (poi degenerato)
Il punto è invece, scusa l'approfondimento, che il socialismo ha perso la sua vocazione "sociale".
Sia a sinistra che a destra. :(
Perciò negli ultimi anni, sopratutto in Francia e Germania, dove c'è l'elite filosofica, si è detto che non ha più senso parlare di destra e sinistra.
Non è una sorpresa che uno come Preve e tantissimi intellettuali di sinistra erano a favore del programma della le-pen, destra demagogica, ma con un programma all'altezza, semplicemente perchè è un programma sociale.
Una volta venute meno le ideologie di una volta, una volta smascherate cioè, si è visto che esistono problemi reali di ordine sociale, più che di scontro di classe e di partito.
La Le Pen era all'epoca e lo è tutt'ora (credo, non mi sono informato se è cambiata in questi ultimi 10 anni) l'unica con un programma sociale specifico (il 5stelle per forze di cose, essendo movimento, è generico).
Per quanto riguarda l'individualismo sistemico di cui parli, e con cui sono d'accordo che esista, bisogna invece andare a guardare quelle alleanze coatte che addirittura in francia da destra e a sinistra si sono coalizzate per far fronte alle istanze sociali della Le Pen.
E ovviamente se siamo ben consapevoli, succederà anche in Italia contro il movimento.
Qui non è tanto se la Le Pen e i 5stelle siano populisti o demagoghi, quanto nel fatto di vedere come degli interessi privati possano ricattare addirittura posizioni politiche completamente separate.
Ma ripeto non è tanto del ricatto in sè, quanto che le posizioni politiche in potenza, in partenza, sono già sbagliate. Completamente ignare dei fenomeni storici che le hanno sorpassate. (in italia sia a destra che a sinistra, cosa che ha permesso l'emergenza di un terzo polo). Certo ci sarebbe da pensare che quelle stesse posizioni non siano del tutto meri errori, ma veri e propri mezzi per ottenere l'immobilismo sociale.(e quindi una nuova ideologia all'interno delle spoglie della defunta). Mi fermerei comunque al momento positivo e quindi alla proposta di nuove forme ideologiche sia a destra che a sinistra che abbiano però a che fare di nuovo col sociale.
Non mi sembra che sia chiedere la luna.
x paul
cit paul
"se non c'è un inizio, un origine, che sai filosofica, teologica o scientifica, dimmi come faremmo a "leggere" il mondo?"
Se provi a leggere i post scambiati con Sgiombo, con cui concordo in linea di massima, la lettura del mondo si può dare come descrizione fenomenica, senza dover aggiungere altro.
Ovviamente è una lettura riduzionista, che non tiene conto della trascendenza e della possibilità razionale di indagarla.
Ma questo non cambia che sia una lettura assolutamente legittima e ragionevole.
cit paul
"Senza un ordine che è necessariamente un "in sè" tutto sarebbe randomizzato. Oggi la gravità funzionerebbe con i piedi per terra e domani la testa. Ogni cosa che oggi è, domani non sarebbe ,e domani ancora diversamente da prima.
Questa è una contraddizione in termini. Ma addirittura che se fossimo un cervello in una vasca" o tutto fosse una matrix o un'illusione, perchè comunque ha un ordine intellegibile analogicamente al nostro cervello che è infatti parte."
oscuro questo passaggio, spero vivamente che non tu non mi stia propinando le barzellette dell'analitica americana come confutazione di un ordine (supposto) vigente in sè (Che ripeto non so cosa voglia dire detto così senza specifiche. Così detto sembra una condizione divina, condizione che prima avevi negato, quindi c'è di nuovo un problema con la significazione delle parole)
cit paul
"L'intuizione, ma è una mia semplice considerazione, è proprio perchè siamo parte di un origine comune, veniamo tutti e tutto da unico punto, così come è nato l'uomo così come nacque la Terra .così come nacque l'universo., sia che lo inseriamo i nquadro rappresentativo scientifico naturale, filosfiico o teologico."
E' una supposizione che fai invece! sarebbe considerazione se esistesse un ente divino (che produce un mondo, come nella vecchia religione cattolica).
cit paul
"La trascendenza, non necessariamente per me è spirituale, forse la utilizzo impropriamente, ma per me signiifca spostare da un dominio all'altro un segno. Un albero, un fiore, un pianeta, comunque tutto ciò che appartiene al dominio naturale, attraverso il linguaggi o lo sposto nel dominio dell'asrtatto e diviene conoscenza."
Il punto della impropriatezza è che pur essendo una astrazione (e quindi contenendo in sè un linguaggio, segnico-simbolico) si tratterebbe del particolare caso in cui il simbolico rende il segnico sostanzialmente formale, una variabile sconosciuta.
Si tratterebbe quindi di controllare quella variabile, ed è lì che interviene il discorso sul fondamento, l'originario e ogni tentativo di "nuova metafisica".
Certo questa variabile non può (essendo formale) essere intensa come naturale. E questo per ri-sottolineare la distanza che ci divide.
cit paul
"Ad esempio, se osservo e analizzo il cilo planetario di un pianeta attorno al sole e vedo che è regolare(ecco il principio ordinativo e leggibile all mente umana) posso spostare i lsuo movimento dentro l'astratto con il linguaggio logico materiale in una equazione."
Se applico quell'equazione a tutti i pianeti e vedo che i valori segnici dati corrispondono all'osservazione fisica, allora quella legge vale per tutti i pianeti. Quindi il concetto è la formulazione razionale che permette i passaggi dei domini attraverso i linguaggi e permette il doppio passaggio ,come in questo esempio per verificare la formalità logico-matematica, quindi è razionale."
Sì certo, ma la formalità (segnico-simbolica) in questo caso si riferisce a dei fenomeni, conoscibili sensibilmente, e quindi passibili di una sperimentazione empirica.
Fenomeno e trascendenza non sono cioè la stessa cosa.
cit paul
"La coscienza avendo un'intuito quest'ultimo, a mio modesto parere, lega la coscienza direi come un eco profondo metaforicamente all'origine. Come dire.......qualcosa mi dice che quella cosa è relazionata a quella'ltra in un certo modo...poi agisce la ragione, la razionalità i linguaggi...... ma quell'intuito è come un'apripista."
Vedo che nonostante tutto però intendi benissimo che vi è una eco, ovviamente quella sì dell'intuito, ma meglio ancora come dice Hegel dell'immediatezza, pur essendo noi immersi nel presente, noi viviamo come di rimbalzo del passato. E in quel rimbalzo di cui arriva a noi l'informazione sensibile, si apre anche la certezza che qualcosa viene perso nel frattempo, quel qualcosa si intende solo come DOMANDA. Che poi sarebbe la domanda filosofica, ossia il fondamento è l'apertura all'originario. In Heideger sarebbe "la radura".
cit paul
"Green, quel Tutto qualcuno lo definisce punto zero della teoria del big bang e quindi teoria scientif1ca cosmologica, per altri è Dio, per altri è L'uno, per altri è il principio di identità, per altri è lo Spirito, per altri coscienza cosmica o universale,ecc.
Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"
Caro Paul la psico-analisi o la psichiatria fenomenologica sa benissimo che ogni cosmologia è una rivelazione, una mimesi del discorso sul tempo. Ossia è sempre una forma del discorso paranoico.
Si tenta di iscrivere il tempo, di dominarlo, nascondendo come ben sai il tabù della morte.("se domino il tempo non muoio" sarebbe il discorso nascosto delirante).
Non vi è domanda filosofica nelle teorie fisiche, nè in Dio, nè nella coscienza cosmica etc...perchè essi suppongono che esistano come origine. Ma quella supposizione è solo una volgare arronganza direbbe un Nietzche.
cit paul
"Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"
Certo, ma come lo risolvi concettualemte se riguarda una intuizione, senza darla per scontata quantomeno?Altrimenti sarebbe una cosmologia.
cit paul
"E' il nostro personale piccolo specchio che rispecchia l'universo, passando per il contraddittorio mondo dell'esistenza nel divenire. Direi è l'essere che esiste e quindi contraddizione e verità, velament oe svelamento. razionalità ed emotività. E' il luogo della nostra rappresentazione contraddittoria, dell'inquietudine ,del tormento esistenziale umano. ma appunto come Davintro ritengo che la razionalità= libertà. Perchè il punto centrale della contraddittorietà umana, la coscienza è il luogo in cui avviene dialetticamente il contraddittorio i umano e solo la razionalità vincendo le contraddizioni con la razionalità possono liberarlo Vinco una paura ,quando la razionalizzo e allora l'irrazionale lo faccio entrare nel logico: questo è il movimento storico dellla cultura, togliere lo sconosciuto, svelare l'ignoto, affinchè conoscendo lo comprenda, lo faccia mio.
ma il fare mio signiifica interiorizzare nella coscienza la conoscenza dirimendo il contraddittorio fra il fenomeno fisico e l'astrazione del segno linguistico"
Certo che è uno specchio. Posso venire incontro a te e Davintro se vedete il naturale come l'atto della potenza originaria.
E quindi della possibilità della libertà umana di passare da potenza in atto.
Il punto è che per me ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è iscritta. E quindi è sospetta in massimo grado.
cit paul
Guarda che è simile alla psicoterapia. Tutti i domini alla fine si correlano negli identici processi, negli dentici movimenti e dinamiche : perchè c'è un unico principio ordinativo.
Esatto un principio ordinativo, con il piccolo problema che è un principio ordinativo criminale. >:(
Pensiamo anche solo all'autismo e al diritto dell'individuo di sottrarsi al discorso generale ideologico. Nemmeno più quella fortezza nascosta (Come veniva chiamata) è esente dalla sua cosificazione, dalla feticizzazione umana medica.
Anche l'autismo viene considerata malattia. :'(
Diversa cosa la psicoanalisi, che è invece sempre una analisi del discorso, un tentativo di comprensione, e di decifrazione del linguaggio (che la psico-analisi ritiene il vero originario, non io per inciso).
Nessuna pretesa di ordinazione medica. Dal dominio del discorso al dominio della zoe.
Caro Paul sono in pochi a capire questo incubo contemporaneo. :(
Per favore ricordatelo! io parlo di psicanalisi non di psichiatria! (quella di freud e lacan non quelle comportamentali e dinamiche) :'(
cit paul
"Sini è un pragmatico di ascendenza fenomenologica: non mi dice molto.
Come ho scritto in tutte le salse il rapporto è sempre cultura/natura, come soggetto/oggetto, come osservato/osservatore. ma semplicemente perchè noi non siamo fuori dall'universo, noi siamo "dentro" e questo cambia notevolmente.
E' solo una comodità conoscitiva costruire artificialmente la soggettività e dividerla totalmente dall'oggettività"
La prospettiva fenomenologica e quella naturalista infatti sono opposte. E proprio a partire dalla definizione di soggetto.
Per la fenomenologia il soggetto è un costrutto (e in base alle modalità della costruzione, esistono infinite fenomenologie) per il naturalista è un dato di fatto.
cit paul
"Oltretutto i nostri apparati sensoriali sono ridicoli rispetto al mondo animale e sarà sempre peggio, perchè noi sopperiamo con l'artefatto culturale, con la tecnica e la tecnologia, l'ambiente naturale dove l'animale deve sopravvivere difendendosi e cacciando.
Noi saremo sempre più il prodotto di una nostra cultura,se si vuole, delle nostre contraddizioni"
Certo il nostro mondo (rappresentativo e non naturale) sta diventando sempre più una costruzione culturale.
Nel senso che le prassi hanno raggiunto per qualità e quantità una dimensione che soverchia il singolo individuo, completamente.
Ponendolo in una situazione di angoscia sempre più crescente (nichilismo).
cit paul
La coscienza sociiale in Hegel, perchè la definisce proprio così, è il procedimento dialettico e quindi fenomenologico del contraddittorio fra l'egoismo individualista e il far parte della comunità.C'entra poco con Marx che "copierà" la dialettica hegeliana nell'analisi del materialismo storico per cui ne scaturirà la "coscienza di classe"
Se Marx copia, perchè centra poco con Hegel? ;D
cit paul
"Dove deduci che per me l'etica equivale a natura? Tutt'altro è un procedimento della nostra coscienza e non può essere slegata dal principio ordinativo e originario e quindi storicizzata e quindi relativa solo ad un tempo ed un luogo. esiste un'etica universale oppuure non esiste affatto."
Equivale a natura perchè qualcuno (la chiesa) ha deciso di sana pianta che le cose DEVONO stare così. E che cioè esiste una etica universale.
Ovviamente per me non esiste affatto qualcosa come una "etica universale", la nuova etica sarà il frutto della indagine futura, come dirà nietzche, della società fatta da uomini liberi da qualsiai preconcetto, e dominati dalla voglia di confronto nello scontro.
Cioè esisterà prima uno scontro fra individui, nell'era in cui la cultura fa da cuscinetto (la legge NON UCCIDERE) la guerra intellettuale deve prima nascere, l'etica sarà solo una conseguenza di quella guerra.
Certo per capire cosa sia quella guerra abbiamo bisogno di intendere ancora Nietzche. E non vedo orizzonte prossimo.
Quindi mi sottraggo a dire cosa sia l'etica. Posso solo dare orizzonti di senso nell'agire politico, ma sarà sempre un senso più potenziale che attuale, infatti, come detto prima, l'angoscia sta afferrando l'intero mondo occidentale, impedendogli qualsiasi azione valoriale, che sia in vista di un fine, che non sia la sua mera sopravvivenza. (e che appunto essendo il discorso del morto, è il discorso paranoico, aggiungo discorso paranoico in una sociatà schizoide: come fa ad esistere una etica anche seppur lontamente credibile in un simile contesto?).
Detto per inciso l'etica cattolica sta facendo solo danni, perchè rinnega cosa sia l'uomo per davvero.(non cè amore là fuori!).
E l'ordinativo è più simile ad un prescrittivo che ad un equilibrativo. Specchio innegabile dell'angoscia che si riverbera nel burocratico come bulimia della amministrazione (dello status quo, vedi ancora le elezioni francesi, dove addirittura centro-destra e sinistra si alleano contro il partito populista di turno, affinchè niente cambi, tutto deve essere ingessato, appesantito, obnubilato).
In questo panorama sconsolante parlare di etica universale mi sembra uno scherzo.
cit paul
"Ciao Green, sei un "casinista" ,ma hai alcuni spunti di perspicacia che fanno riflettere"
Caro Paul anche per me sei un casinista! ma dimostri una intelligenza pratica che mi ispira simpatia e quindi stima! ;) :D
Citazione di: donquixote il 26 Aprile 2017, 19:20:58 PM
Citazione di: Lou il 25 Aprile 2017, 12:12:49 PMSe so in anticipo il posto e il pezzo giusto che ricerca sarebbe?
Anzitutto va precisato che l'esempio del puzzle è una mera analogia (per quanto adatta allo scopo). Detto ciò bisogna considerare che, trasponendo l'esempio nella realtà:
questo è pacifico.
Citazione
1) tu non potrai mai sapere il posto giusto per ogni pezzo, ma potrai invece sapere con certezza che, essendo il puzzle formato da un miliardo di pezzi, TUTTI saranno necessari alla ricostruzione dell'immagine completa, e l'arbitraria esclusione di alcuni o molti di quei pezzi significherà la falsificazione dell'immagine. Ogni ricostruzione parziale sarà dunque una ricostruzione falsa.
D'accordissimo sulle premesse, ma non sulle conclusioni. Innanzitutto il fatto che che arbitrariamente si abbia da "escludere" dei pezzi e lasciarli "esclusi" va chiarito: sebbene per comporre il puzzle passerò uno, duo o tre pezzi alla volta, non potendo abbracciare millemila tessere a mucchio in una volta sola e sperare di poter comporre d'amblè con uno sguardo e una mossa tutto il puzzle, direi che parte dei pezzi può esser detta
momentaneamente "esclusa" dalla figura che stiamo sviluppando, ma progressivamente aggiunta, pezzo per pezzo, alcuni sostituiti, spostati. Perciò ogni ricostruzione parziale non è affatto detto che sia falsa, ma appunto parziale, un momento del farsi dell'interezza, sulla falsità della parzialità ci sarebbe da accertarsene:
falso, ad esempio, per me sarebbe ritenere la parzialità della figura che va componendosi l'intera figura nella sua totalità e completezza, ma non trovo riscontrabile di default la falsità nel solo fatto di essere parziale.Non vedo proprio perchè cogliere anche solo un aspetto di un intero oggetto sia sinonimo di falsità: posso cogliere solo l'altezza della tua figura e non vedere il tuo volto, il colore degli occhi etc, ma non per questo dire che l'aspetto che ho colto, che mi fa dire, deve essere supe giù alto x, deve essere una falsificazione della tua figura e non piuttosto un aspetto veritiero della stessa.
Citazione2) Se l'immagine completa è quella dell'universo (o della "realtà") l'uomo, essendone solo un minuscolo "pezzo", ha una visione di questa realtà necessariamente limitata, e non può certo conoscere il posto degli altri pezzi, ma può però cercare e trovare il proprio posto nel mondo per poi occuparlo, e questa mi sembra l'unica ricerca sensata, necessaria e doverosa, oltre che assai difficile e impegnativa.
Certamente concordo, pur annotando a margine che pure è proprio dell'uomo la tendenza a farsi una idea diciamo panoramica dell'intero puzzle, un po' la mania del cosmoteoreta nell'uomo è osservabile, e pur con i suoi limiti di mero pezzo tra i pezzi alla ricerca del propria posizione ha nella testa un ideale chiamiamolo regolativo di mondo per cui gli è possibile pensare, anche se forse non lo può conoscere l'evento del mondo nella sua interezza, l'idea che il puzzle abbia una sua completezza seppur attingibile solo come parzialità, ma che l'abbia.
Citazione3) Nondimeno l'osservazione del mondo permette di rendersi conto che, in generale, tutti gli enti non umani intorno a noi sanno bene qual è il loro posto nel mondo, dal che dovrebbe essere facile dedurre che ogni "ordine" diverso da quello dato e osservabile, peggio ancora se elaborato dalla mente umana che non sa nemmeno riconoscere il proprio posto nel mondo, è sicuramente un ordine sbagliato poichè partorito da una mente che si può certamente definire, da questo punto di vista, miope e ignorante.
Su questo punto non so se gli enti non umani sappiano più o meno bene qual è il loro posto nel mondo, né che la distinzione tra bene e male, giusto o sbagliato, vero o falso siano approcci propri di alberi, pietre, nuvole, gatti e insetti, ma questo è un discorso entro il quale si rischia di proiettare ed estendere agli enti che dall'umano diciamo essere non umani dinamiche proprie di una tassello tra i tasselli, che come ben dici ha già parecchio da pensare per sé. (parlo per me ovviamente)
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo
No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.
C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.
Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri. :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....
Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.
...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Ho dato dimostrazione scientifica della natura inferiore e superiore quando ho parlato del cervello umano e della sua struttura a strati.
Non posso ogni volta ripetere le stesse cose.
mentre invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti
Questo non solo è sbagliato, ma è falso.
Come ti ho già dimostrato, l'evoluzione, per quanto riguarda la vita animale, ha sviluppato quattro caratteristiche nella "natura inferiore":
- la sopravvivenza personale
- la procreazione
- la protezione dei cuccioli
- l'inidividuazione
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.Tu metti insieme la vita animale con i terremoti e le alluvioni.
Non sai che la Realtà è costituita da "sistemi" e ogni sistema si muove e si sviluppa secondo le proprie regole.
Le regole del sistema "vita animale" sono fatte per preservare la vita individuale e di specie.
Le regole del sistema "crosta terrestre" sono fatte pre creare un ambiente che sia favorevole alla vita. Se non ci fosse la "tettonica a zolle" che crea terremoti e alluvioni, non ci sarebbero le montagne, non ci sarebbero i fiumi e non ci sarebbero le pianure. In poche parole il nostro pianeta sarebbe inospitale e disabitato gà da qualche miliardo di anni.
E' proprio la tettonica a zolle (che causa terremoti e alluvioni) che consente al nostro pianeta di essere "vivo" e di poter ospitare la vita.
Poi..è chiaro che se stai facendo un picnic su una pianura alluvionale e ti becchi una alluvione e crepi, questo non vuol dire che la Realtà se ne frega della tua vita. Significa che ogni sistema segue le sue regole.
La stessa cosa accade se ti avventuri nella savana a piedi. Se incontri una leonessa ti sbrana. Perchè queste sono le sue regole.
La stessa cosa accade se bevi acqua che contiene dei batteri. I batteri ti sbranano e muori. Perchè queste sono le sue regole.
La Realtà è fatta a livelli e ogni livello è costuituito dai propri sistemi. E ogni sistema ha le sue regole, tutte indirizzate a preservare e continuare la vita nel suo complesso.
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.La frase che hai scritto e che io ho riportato è una tua fede.
Ed è la prova provata del fatto che le fedi, tutte le fedi, nascono dalla inconsapevolezza.
Citazione di: Lou il 26 Aprile 2017, 17:32:14 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 14:21:37 PM
Su ciò che dice Einstein hanno costruito le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E non c'è nessun errore, perchè funzionano.
Quanto ha scoperto Einstein (e cioè che la materia è energia) è Realtà e infatti su questa Realtà si costruiscono le bombe atomiche e le centrali elettronucleari. E funzionano. :D
Ciò significa che questo è effettivamente "ciò che è". Cioè la "materia è energia" non è una mappa o un errore, ma è una VERITA'.
Tanto per muovere i miei ditini e incozzarmi nel non voler capire ;) mi spiace ridirtelo ma non ero troppo fuor dal vero quando ti scrissi che consideri Verità ciò che dice Einstein perchè funziona.
Maddai Lou.
Il fatto che "funziona" indica che da una affermazione scientifica si può creare una tecnologia che funziona. E che tale tecnologia si basa proprio su una affermazione scientifica.
Il fatto che tale tecnologia "funziona" è una prova del fatto che l'affermazione scientifica è VERA.
In questo senso va intesa la tecnologia che "funziona". E cioè come l'ennesima prova del fatto che una affermazione scientifica è VERA ed è VERITA'.
Se così non fosse, infatti, non sarebbe possibile creare, a partire da una affermazione scientifica, una tecnologia che funziona.
Qui siamo proprio all'ABC.
Cioè si tratta di conoscere la differenza tra scienza e tecnologia e di sapere che la tecnologia esiste proprio perchè la scienza afferma delle VERITA'. Se non fossero VERITA' non sarebbe possibile creare, a partire da una affermazione scientifica, una tecnologia che funziona.
Ossignur!
E' proprio l'ABC!
CitazioneIl fatto che tale tecnologia "funziona" è una prova del fatto che l'affermazione scientifica è VERA.
Appunto.
Rispondo in modo abbozzato alle precedenti osservazioni di Sgiombo. Mettendo qualche titolo qua e là per cercare di rendere l'ammasso un po' più leggibile a tutti.
1-TAVOLI E SENSAZIONI
La sensazione per l'essere umano non significa altro che il presentarsi di una domanda: "C'è qualcosa, che cosa è?" E questo è già un significato: ogni sensazione significa precisamente questo.
Il falegname che ha fatto il tavolo della tua sala da pranzo, sapeva benissimo il significato di quello che faceva e perché lo andava fare e il suo fare aveva per lui un significato che richiedeva una risposta condivisa da altri soggetti sempre nell'ambito dei significati: "questo è un tavolo ben fatto", di modo che il suo progetto si realizzasse come un ulteriore significato (questo tavolo significa qualcosa di utile che mi dà da vivere) in cui convenire pubblicamente. Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa "C'è qualcosa, che cosa è?"
2- LE VERITA' E LE SCIENZE
Non ci sono verità tra loro maggiori e minori, semplicemente perché noi ci troviamo sempre nel senso tra noi comune di una sola di queste verità (e questo è il punto fondamentale, per il quale non è possibile nessun "chissenefrega", perché è da qui che si istituisce la prospettiva a cui ci affidiamo). E' da questa verità comune che culturalmente condividiamo che andiamo a misurare tutte le altre e la prendiamo come unità di misura per tutte, il nostro punto di osservazione è sempre al centro ogni volta che giudichiamo del vero o del falso, che lo si voglia o no è il pregiudizio a noi comune. E certo che la scienza istituisce un punto assolutamente centrale in una particolare forma del pensare umano che vuole valere per l'universo intero e poi verifica secondo le condizioni poste da questo stesso modo di pensare che non si verifica, ma è il metro pregiudiziale per ogni verifica. Noi partiamo da questo centro, dove stiamo noi anche quando diciamo che l'universo è infinito e non ha centro, perché qui è centrata la prospettiva del mondo, ma da qui possiamo però riconoscere che ogni prospettiva del mondo è un centro ed è vera nell'ambito della prospettiva da cui è prodotta. Per ogni centro si mostra una verità diversa, quindi la irriducibile pluralità delle verità, tutte fra loro diverse che si rispecchiano e rimandano reciprocamente, tutte in qualche misura in errore, quindi anche la nostra, quindi anche quella scientifica, ma ognuna in errore in modo diverso.
Non ha nessun senso dire che la medicina scientifica è oggettivamente e in assoluto la più vera pratica di cura rispetto a ogni altra mai praticata. E' la più vera per chi abita in questa prospettiva del mondo istituita da un certo modo di fare le cose, di dirle, di pensarle, di utilizzare certi strumenti cognitivi (e questa prospettiva ormai è ovunque nel senso comune di riferimento, anche se, come sempre, ripresenta a se stessa le proprie dirompenti contraddizioni). La nostra prospettiva non ha migliorato per nulla la vita di chi non conosceva o ancora non conosce questa prospettiva di esistenza, questo contesto in cui risulta utile e vera, ma diventa indispensabile quando instaura il suo doversi adeguare ad essa. Il fatto è piuttosto che questa prospettiva è la più potente, non perché è più vera (la potenza non ha nulla a che fare con la verità), ma perché è quella che meglio riesce a illudere chi la adotta di un controllo assoluto sul reale, essa trasforma il reale in un mosaico di tessere, lo smembra con un pensiero analitico che fa a pezzi la realtà. Il problema è che questo stesso pensiero analitico, proprio come una macchina impazzita, si perde sempre di più nei suoi pezzi e viene smembrato dal suo medesimo procedere.
Citazioneperché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Mi sembra chiaro a questo punto: è impossibile in quanto non siamo noi a decidere di fondare culture, noi ne siamo i prodotti e non i fondatori e in questo esserne prodotti troviamo verità che poi contribuiamo a cambiare. Non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, non li scegliamo noi.
CitazioneMa la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa, ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
No, questo è il trucco, ormai svelato da molto tempo. La scienza parte sempre da una prevalutazione dei dati, quindi non si pone per nulla di fronte al mondo in maniera avalutativa, ma al contrario comincia sempre con una valutazione dei dati da considerare in base a presupposti procedurali prefissati che sono dati e accettati prima di qualsiasi altro dato. Chiunque pratica la scienza, soprattutto se "dura", quantificata e oggettiva, fa sempre valutazioni a priori, anche se poi rimuove questo fatto.
3- IL SENSO COMUNE E LA REALTA'
Il senso comune è davvero matrice ed espressione dell'intera conoscenza umana, qualsiasi cosa si dica e comunque la si dica riferisce ad esso, ma il senso comune non è né semplicemente definito, né definitivo, è invece una pluralità di sensi che nella storia umana si presenta continuamente in modo diverso: rilegge se stesso, si capovolge e cambia di significati, ritorna sui propri resti e sulle proprie tracce fissate in memoria, ne produce di nuovi che poi re-ingloba e dimentica mutando continuamente i significati per quanto li si voglia fissare con linguaggi astrattamente oggettivi. E' un magma sempre in movimento da cui esalano astrazioni, definizioni, sogni, immagini di grande potenza, scienze, filosofie, miti, superstizioni che continuamente si intrecciano nel loro significare, ossia nel fare segno della cosa per poter dire che cosa è senza mai poterla dire, proprio perché è necessario dirla e dirla di nuovo diversamente, perché è la cosa stessa a chiedere il suo nome che non è la cosa.
E per questo motivo nessun senso particolare è più fondato di un altro, nessuna conoscenza che può solo essere parziale, ma ogni conoscenza è fondata e vera nel contesto di pratiche in cui è prodotta, quando non è fondata si disintegra con grande angoscia di chi vi faceva affidamento. Lo stiamo vivendo oggi, è la nostra catastrofe, che è catastrofe di segni e significati, è catastrofe della nostra conoscenza, non della "realtà".
Sì, la realtà è una sola, ma conoscere non è predicare ciò che realmente accade, perché ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato, non la realtà in-predicata. E ogni predicare, proprio perché predica, è sempre contraddittorio, ha comunque in sé ciò che lo contraddice, il proprio "non (essere così)". Vale anche per quello che sto dicendo, che non è altro che un dire, come non è altro che un dire il tuo che mi contraddice, come non è altro che un dire quello che dice la scienza, ogni filosofia, ogni religione, senza che nessuna di queste forme di conoscenza abbia uno statuto privilegiato di verità rispetto alle altre, perché ognuna presenta la propria verità e il proprio errore cercando di dire meglio che può.
Anche le "componenti materiali" sono un dire, un voler significare. La realtà non ha né componenti materiali né spirituali che sono solo predicati, non conosce né soggetto né oggetto né relazione tra questi, ma continuamente li genera come significati e nomi da poter un po' trattenere qualcosa, dei resti da condividere su cui fissare dei punti di orientamento.
4- TOLLERANZA E ONNISCIENZA
CitazioneScusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
No, ogni contesto genera del tutto lecitamente delle convinzioni certe e deve farlo, non si può essere né indifferenti alla verità, anche se si sa che in qualche misura è sempre in errore, né comunque tolleranti. Perché è solo in questa nostra prospettiva relativa che noi viviamo che troviamo senso, non certo nella "realtà" assoluta, quindi si tratta di difendere quello che siamo, quello in cui possiamo vivere propriamente noi stessi.
Anche se nessuna verità può coincidere con la realtà, poiché riguarda il suo significato e non il suo essere, pur tuttavia ogni verità è reale parte della realtà e quindi non può essere scelta come si vuole (nessuna), essa è ciò a partire dalla quale riusciamo a riconoscerci e quindi umanamente a vivere. Non possiamo rinunciarvi, ma proporla agli altri, affinché negli altri ci si possa riconoscere (e non c'è altro modo di conoscersi se non negli altri, per questo non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta che non ha altro da sé, qualcosa che le rimandi l'immagine di se stessa).
La fondatezza vera delle nostre convinzioni e conoscenze la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, non certo in generale, non certo nell'universo mondo e per tutti, pipistrelli compresi. Il problema sorge invece quando due culture si incontrano, ma questo è un discorso da affrontare a parte.
CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
Parlavo di Dio filosoficamente, non certo religiosamente. Il Dio onnisciente è un Dio che gode la panoramica trascendente su tutto l'universo, quindi deve essere fuori da esso e infatti lo crea dal nulla e così lo conosce. Credo che il tecnico scienziato (ma non solo, anche un certo tipo di filosofi), abbia inconsciamente ereditato dalla religione questa immagine così suggestiva. D'altro canto è più allettante cercare di assomigliare a Dio che a un pipistrello, soprattutto dopo che la scienza spiega cosa sono "oggettivamente" i pipistrelli mostrandoci che solo dei selvaggi o dei matti possono vederci degli Dei.
Citazione di: myfriend il 27 Aprile 2017, 11:09:14 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Aprile 2017, 16:18:29 PM
Citazione di: myfriend il 26 Aprile 2017, 13:53:41 PM
@sgiombo
No no.
Nella natura ci sono entrambe queste Realtà.
C'è la Realtà della sopravvivenza, che spinge il leone a uccidere i cuccioli della giraffa per sfamarsi e per sfamare i propri cuccioli.
E c'è la Realtà della salvaguardia dei piccoli che spinge la giraffa a proteggere i propri cuccioli dal pericolo dei leoni e spinge la leonessa a trovare cibo per sfamare i propri cuccioli.
Entrambe questi aspetti (sopravvivenza personale e protezione dei cuccioli) fanno parte della Realtà della "natura inferiore". Anche se a volte sono in competizione.
Affermare che la Realtà non tiene conto dei cuccioli è falso come una banconota da 300 euri. :D
CitazioneDi natura "inferiore" e "superiore" dovresti dare dimostrazione....
Ma comunque nella natura vi sono soggetti (individui) che hanno a cuore altri individui, mente invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti (ogni e ciascun individuo; a meno che non sia frutto della provvidenza divina, cosa pure da dimostrarsi e comunque palesemente confutata dai fatti quoitidianamente osservabili).
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.
...Ma mi raccomando: prima assicurati che non abbia a portata di mano un corpo contundente!
Ho dato dimostrazione scientifica della natura inferiore e superiore quando ho parlato del cervello umano e della sua struttura a strati.
Non posso ogni volta ripetere le stesse cose.
mentre invece nel suo complesso la natura é indifferente alla sorte di tutti
Questo non solo è sbagliato, ma è falso.
Come ti ho già dimostrato, l'evoluzione, per quanto riguarda la vita animale, ha sviluppato quattro caratteristiche nella "natura inferiore":
- la sopravvivenza personale
- la procreazione
- la protezione dei cuccioli
- l'inidividuazione
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.
Tu metti insieme la vita animale con i terremoti e le alluvioni.
Non sai che la Realtà è costituita da "sistemi" e ogni sistema si muove e si sviluppa secondo le proprie regole.
Le regole del sistema "vita animale" sono fatte per preservare la vita individuale e di specie.
Le regole del sistema "crosta terrestre" sono fatte pre creare un ambiente che sia favorevole alla vita. Se non ci fosse la "tettonica a zolle" che crea terremoti e alluvioni, non ci sarebbero le montagne, non ci sarebbero i fiumi e non ci sarebbero le pianure. In poche parole il nostro pianeta sarebbe inospitale e disabitato gà da qualche miliardo di anni.
E' proprio la tettonica a zolle (che causa terremoti e alluvioni) che consente al nostro pianeta di essere "vivo" e di poter ospitare la vita.
Poi..è chiaro che se stai facendo un picnic su una pianura alluvionale e ti becchi una alluvione e crepi, questo non vuol dire che la Realtà se ne frega della tua vita. Significa che ogni sistema segue le sue regole.
La stessa cosa accade se ti avventuri nella savana a piedi. Se incontri una leonessa ti sbrana. Perchè queste sono le sue regole.
La stessa cosa accade se bevi acqua che contiene dei batteri. I batteri ti sbranano e muori. Perchè queste sono le sue regole.
La Realtà è fatta a livelli e ogni livello è costuituito dai propri sistemi. E ogni sistema ha le sue regole, tutte indirizzate a preservare e continuare la vita nel suo complesso.
Prova ad andare a raccontare la storia della banconota da 300 euri al padre di uno dei tantissimi bimbi morti per malattie e/o fame o per terremoti, alluvioni, incidenti stradali, ecc., ecc., ecc.
La frase che hai scritto e che io ho riportato è una tua fede.
Ed è la prova provata del fatto che le fedi, tutte le fedi, nascono dalla inconsapevolezza.
CitazioneQui di inconsapevolezza c' é solo la tua circa l' infondatezza delle sciocchezze che sciorini con sicumera pari solo alla loro infondatezza stessa, dispensando a vanvera giudizi infondati e falsi circa la presunta altrui ignoranza delle scienze naturali e pretesi atteggiamenti fideistici.
Citazione di: maral il 27 Aprile 2017, 14:05:54 PM
Rispondo in modo abbozzato alle precedenti osservazioni di Sgiombo. Mettendo qualche titolo qua e là per cercare di rendere l'ammasso un po' più leggibile a tutti.
1-TAVOLI E SENSAZIONI
La sensazione per l'essere umano non significa altro che il presentarsi di una domanda: "C'è qualcosa, che cosa è?" E questo è già un significato: ogni sensazione significa precisamente questo.
Il falegname che ha fatto il tavolo della tua sala da pranzo, sapeva benissimo il significato di quello che faceva e perché lo andava fare e il suo fare aveva per lui un significato che richiedeva una risposta condivisa da altri soggetti sempre nell'ambito dei significati: "questo è un tavolo ben fatto", di modo che il suo progetto si realizzasse come un ulteriore significato (questo tavolo significa qualcosa di utile che mi dà da vivere) in cui convenire pubblicamente. Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa "C'è qualcosa, che cosa è?"
CitazioneQuel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.
2- LE VERITA' E LE SCIENZE
Non ci sono verità tra loro maggiori e minori, semplicemente perché noi ci troviamo sempre nel senso tra noi comune di una sola di queste verità (e questo è il punto fondamentale, per il quale non è possibile nessun "chissenefrega", perché è da qui che si istituisce la prospettiva a cui ci affidiamo). E' da questa verità comune che culturalmente condividiamo che andiamo a misurare tutte le altre e la prendiamo come unità di misura per tutte, il nostro punto di osservazione è sempre al centro ogni volta che giudichiamo del vero o del falso, che lo si voglia o no è il pregiudizio a noi comune. E certo che la scienza istituisce un punto assolutamente centrale in una particolare forma del pensare umano che vuole valere per l'universo intero e poi verifica secondo le condizioni poste da questo stesso modo di pensare che non si verifica, ma è il metro pregiudiziale per ogni verifica. Noi partiamo da questo centro, dove stiamo noi anche quando diciamo che l'universo è infinito e non ha centro, perché qui è centrata la prospettiva del mondo, ma da qui possiamo però riconoscere che ogni prospettiva del mondo è un centro ed è vera nell'ambito della prospettiva da cui è prodotta. Per ogni centro si mostra una verità diversa, quindi la irriducibile pluralità delle verità, tutte fra loro diverse che si rispecchiano e rimandano reciprocamente, tutte in qualche misura in errore, quindi anche la nostra, quindi anche quella scientifica, ma ognuna in errore in modo diverso.
CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Molte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.
Non ha nessun senso dire che la medicina scientifica è oggettivamente e in assoluto la più vera pratica di cura rispetto a ogni altra mai praticata. E' la più vera per chi abita in questa prospettiva del mondo istituita da un certo modo di fare le cose, di dirle, di pensarle, di utilizzare certi strumenti cognitivi (e questa prospettiva ormai è ovunque nel senso comune di riferimento, anche se, come sempre, ripresenta a se stessa le proprie dirompenti contraddizioni). La nostra prospettiva non ha migliorato per nulla la vita di chi non conosceva o ancora non conosce questa prospettiva di esistenza, questo contesto in cui risulta utile e vera, ma diventa indispensabile quando instaura il suo doversi adeguare ad essa. Il fatto è piuttosto che questa prospettiva è la più potente, non perché è più vera (la potenza non ha nulla a che fare con la verità), ma perché è quella che meglio riesce a illudere chi la adotta di un controllo assoluto sul reale, essa trasforma il reale in un mosaico di tessere, lo smembra con un pensiero analitico che fa a pezzi la realtà. Il problema è che questo stesso pensiero analitico, proprio come una macchina impazzita, si perde sempre di più nei suoi pezzi e viene smembrato dal suo medesimo procedere.
CitazioneTi sbagli di grosso (ritenendo in pratica che in terapia esista unicamente l' effetto placebo, che invece è qualcosa di molto limitato e marginale!): indipendentemente da ciò che ne sanno o meno, le cure scientifiche curano allo stesso modo (molto efficace e non infallibile) tutti: noi occidentali, aborigeni australiani e amazzonici, ecc.
E, a parte effetti placebo, molto limitati, la stessa indiscriminatezza e indipendenza dalle opinioni di chi se ne serve è propria anche dell' efficacia (incomparabilmente minore e dipendente: o da quel poco di verità empiriche pre-scientifiche o al massimo prortoscientifiche che ne sono alla base, o dell' effetto placebo, oppure del "puro culo") delle medicine degli stregoni.
Citazioneperché non fondare una cultura che affermi l' immortalità umana con la stessa validità e verità (secondo le tue pretese) delle teorie scientifiche (efficaci, che curano efficacemente esattamente come affermano di fare -cioè non in assoluto, non infallibilmente- tantissime malattie)?
Mi sembra chiaro a questo punto: è impossibile in quanto non siamo noi a decidere di fondare culture, noi ne siamo i prodotti e non i fondatori e in questo esserne prodotti troviamo verità che poi contribuiamo a cambiare. Non siamo noi gli autori dei nostri pensieri, non li scegliamo noi.
CitazioneSe così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?
CitazioneMa la scienza (le scienze naturali), astrattamente intesa, si pone (di fatto, se e quando correttamente praticata, tende a porsi) di fronte al mondo in maniera avalutativa, ha per scopo il cercare ciò che é/accade realmente e non ciò che è bene che sia/accada realmente.
No, questo è il trucco, ormai svelato da molto tempo. La scienza parte sempre da una prevalutazione dei dati, quindi non si pone per nulla di fronte al mondo in maniera avalutativa, ma al contrario comincia sempre con una valutazione dei dati da considerare in base a presupposti procedurali prefissati che sono dati e accettati prima di qualsiasi altro dato. Chiunque pratica la scienza, soprattutto se "dura", quantificata e oggettiva, fa sempre valutazioni a priori, anche se poi rimuove questo fatto.
CitazioneNon confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!
Come mi sembra fosse del tutto inequivocabile dal contesto della discussione, per "avalutatività" scientifica non intendevo l' acritica accettazione delle prime ipotesi che "capita di partorire", che è casomai il contrario di ciò che fa la scienza, ma la il non far dipendere le tesi teoriche da proporre da valutazioni deontologiche.
Circa la non dimostrabilità (l' essere "a priori") di importanti conditiones sine qua non della conoscenza scientifica (rilevate per primo da genio di David Hume!) chi fa scienza (e non filosofia) può ben non esserne consapevole ("rimuovere questo fatto"): sbaglia, in campo filosofico, ma non è detto che per questo la conoscenza scientifica sia altrettanto arbitraria di qualsiasi altro sistema di teorie irrazionalistiche (superstiziose, religiose, new age, olistiche, ecc.).
3- IL SENSO COMUNE E LA REALTA'
Il senso comune è davvero matrice ed espressione dell'intera conoscenza umana, qualsiasi cosa si dica e comunque la si dica riferisce ad esso, ma il senso comune non è né semplicemente definito, né definitivo, è invece una pluralità di sensi che nella storia umana si presenta continuamente in modo diverso: rilegge se stesso, si capovolge e cambia di significati, ritorna sui propri resti e sulle proprie tracce fissate in memoria, ne produce di nuovi che poi re-ingloba e dimentica mutando continuamente i significati per quanto li si voglia fissare con linguaggi astrattamente oggettivi. E' un magma sempre in movimento da cui esalano astrazioni, definizioni, sogni, immagini di grande potenza, scienze, filosofie, miti, superstizioni che continuamente si intrecciano nel loro significare, ossia nel fare segno della cosa per poter dire che cosa è senza mai poterla dire, proprio perché è necessario dirla e dirla di nuovo diversamente, perché è la cosa stessa a chiedere il suo nome che non è la cosa.
E per questo motivo nessun senso particolare è più fondato di un altro, nessuna conoscenza che può solo essere parziale, ma ogni conoscenza è fondata e vera nel contesto di pratiche in cui è prodotta, quando non è fondata si disintegra con grande angoscia di chi vi faceva affidamento. Lo stiamo vivendo oggi, è la nostra catastrofe, che è catastrofe di segni e significati, è catastrofe della nostra conoscenza, non della "realtà".
CitazioneE' vero che il senso comune è abbastanza difficile da definire e può essere inteso anche diversamente (più "largamente") di quanto da me proposto in questa discussione.
Ma ciò non toglie che implica comunque un "minimo comun denominatore" comprendente il superamento del solipsismo, l' intersoggettività e il divenire ordinato secondo modalità generali-astratte universali e costanti dei fenomeni materiali -la tendenza a "fare induzioni"- tale che chiunque è comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se vi credesse; e a questo "minimo comun denominatore del senso comune" sui limitano gli assunti indimostrabili della conoscenza scientifica (mentre qualsiasi altro meno razionalistico sistema teorico accetta acriticamente a man bassa una gran quantità di ulteriori credenze infondate).
Sì, la realtà è una sola, ma conoscere non è predicare ciò che realmente accade, perché ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato, non la realtà in-predicata. E ogni predicare, proprio perché predica, è sempre contraddittorio, ha comunque in sé ciò che lo contraddice, il proprio "non (essere così)". Vale anche per quello che sto dicendo, che non è altro che un dire, come non è altro che un dire il tuo che mi contraddice, come non è altro che un dire quello che dice la scienza, ogni filosofia, ogni religione, senza che nessuna di queste forme di conoscenza abbia uno statuto privilegiato di verità rispetto alle altre, perché ognuna presenta la propria verità e il proprio errore cercando di dire meglio che può.
Anche le "componenti materiali" sono un dire, un voler significare. La realtà non ha né componenti materiali né spirituali che sono solo predicati, non conosce né soggetto né oggetto né relazione tra questi, ma continuamente li genera come significati e nomi da poter un po' trattenere qualcosa, dei resti da condividere su cui fissare dei punti di orientamento.
CitazioneChe ciò che si dice che realmente accade è ancora un predicato è un' ovvia tautologia: come dire conoscere è ancora conoscere.
Contraddittorio non è affatto ogni predicare per il fatto che la stessa cosa potrebbe predicarsi in linea di principio anche in forma negativa: dire "l' Everest é più alto di tutti gli altri monti della terra" e "tutti gli altri monti della terra sono più bassi dell' Everest" non sono affatto predicati reciprocamente contraddittori; anzi, sono sostanzialmente identici.
Se il mio dire contraddice il tuo, come in effetti accade, non per questo il mio dire (né il tuo) è un dire intrinsecamente contraddittorio.
E non per questo, quanto a verità, l' uno vale l' altro.
Il dire è una cosa, la realtà (in generale) è un' altra.
Ma non per questo non si può veracemente dire qualcosa (molto? Poco? Valutazioni meramente soggettive e opinabili) della realtà.
4- TOLLERANZA E ONNISCIENZA
CitazioneScusa eh, ma a parte la reiterazione veramente fastidiosissima (al limite dell' offensivo) della Verità con l' iniziale maiuscola riferita del tutto indebitamente a me, qui cadi nella stessa fallacia di Angelo Cannata consistente nell' identificare del tutto indebitamente "convinzione ritenuta certa" con intolleranza delle convinzioni altrui" e "indifferenza" con "tolleranza"!
No, ogni contesto genera del tutto lecitamente delle convinzioni certe e deve farlo, non si può essere né indifferenti alla verità, anche se si sa che in qualche misura è sempre in errore, né comunque tolleranti. Perché è solo in questa nostra prospettiva relativa che noi viviamo che troviamo senso, non certo nella "realtà" assoluta, quindi si tratta di difendere quello che siamo, quello in cui possiamo vivere propriamente noi stessi.
CitazioneSe ben capisco, così dicendo semplicemente ammetti che tolleranza e relativismo non sno la stessa cosa e che si può essere sostenitori convinti e perfino dogmatici delle proprie credenze senza per questo necessariamente imporle con la forza e l' intolleranza agli altri.
Anche se nessuna verità può coincidere con la realtà, poiché riguarda il suo significato e non il suo essere, pur tuttavia ogni verità è reale parte della realtà e quindi non può essere scelta come si vuole (nessuna), essa è ciò a partire dalla quale riusciamo a riconoscerci e quindi umanamente a vivere. Non possiamo rinunciarvi, ma proporla agli altri, affinché negli altri ci si possa riconoscere (e non c'è altro modo di conoscersi se non negli altri, per questo non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta che non ha altro da sé, qualcosa che le rimandi l'immagine di se stessa).
La fondatezza vera delle nostre convinzioni e conoscenze la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, non certo in generale, non certo nell'universo mondo e per tutti, pipistrelli compresi. Il problema sorge invece quando due culture si incontrano, ma questo è un discorso da affrontare a parte.
CitazioneChe la realtà è una cosa e la conoscenza un' altra (è infatti il predicare vero circa la realtà) è pacifico.
Cos' come che ogni verità reale è parte della realtà.
Ma ciò non significa certo che, come sembrerebbe di capire dall' espressione "non può esserci alcuna coscienza unica e assoluta", ogni predicato o teoria valga l' altro –a indifferentemente quanto a verità.
Purtroppo per noi innocenti, per i pipistrelli e per ogni altra cosa, animale o persona, e contrariamente a quanto pretenderesti tu, la fondatezza vera delle conoscenze (scientifiche) in base alle quali si sono prodotte le bombe atomiche (e tanti altri artefatti dannosissimi) non la si può misurare solo negli effetti che producono nell'ambito culturale che li produce, ma in qualsiasi altro ambito materiale, culturale e pure naturale (quello dei chirotteri compreso).
CitazioneBeh, se invece di filosofia, come mi era sempre parso, intendi discutere di religione, la cosa non mi interessa (più).
E comunque non mi pare che quel Dio (se è quello cui credo tu alluda), per il fatto di non essere di questo mondo, abbia mai negato di poterlo conoscere.
Moltissimi teologi che vanno per la maggiore gli attribuiscono anzi l' "onniscienza"!
Sempre se ho inteso bene a quale Dio alluda (ma a me risulta un solo Dio che abbia affermato che il suo regno -e dunque anche lui in esso- non è di questo mondo).
Parlavo di Dio filosoficamente, non certo religiosamente. Il Dio onnisciente è un Dio che gode la panoramica trascendente su tutto l'universo, quindi deve essere fuori da esso e infatti lo crea dal nulla e così lo conosce. Credo che il tecnico scienziato (ma non solo, anche un certo tipo di filosofi), abbia inconsciamente ereditato dalla religione questa immagine così suggestiva. D'altro canto è più allettante cercare di assomigliare a Dio che a un pipistrello, soprattutto dopo che la scienza spiega cosa sono "oggettivamente" i pipistrelli mostrandoci che solo dei selvaggi o dei matti possono vederci degli Dei.
CitazioneScusa, ma questa tua credenza mi sembra proprio un pregiudizio infondato.
So di molti scienziati e qualche filosofo che sono pessimi filosofi e pretendono ridicolmente l' onniscienza, ma di nessuno scienziato che pretenda che la realtà venga creata dal nulla o e in questo modo conosciuta da parte della scienza.
Per credere (giustamente) che solo dei selvaggi incivili o dei matti possono ritenere i pipistrelli degli dei non è necessaria la scienza: basta molto meno!
Citazione di: green demetr il 27 Aprile 2017, 05:51:09 AM
x paul
cit paul
"se non c'è un inizio, un origine, che sai filosofica, teologica o scientifica, dimmi come faremmo a "leggere" il mondo?"
Se provi a leggere i post scambiati con Sgiombo, con cui concordo in linea di massima, la lettura del mondo si può dare come descrizione fenomenica, senza dover aggiungere altro.
Ovviamente è una lettura riduzionista, che non tiene conto della trascendenza e della possibilità razionale di indagarla.
Ma questo non cambia che sia una lettura assolutamente legittima e ragionevole.
cit paul
"Senza un ordine che è necessariamente un "in sè" tutto sarebbe randomizzato. Oggi la gravità funzionerebbe con i piedi per terra e domani la testa. Ogni cosa che oggi è, domani non sarebbe ,e domani ancora diversamente da prima.
Questa è una contraddizione in termini. Ma addirittura che se fossimo un cervello in una vasca" o tutto fosse una matrix o un'illusione, perchè comunque ha un ordine intellegibile analogicamente al nostro cervello che è infatti parte."
oscuro questo passaggio, spero vivamente che non tu non mi stia propinando le barzellette dell'analitica americana come confutazione di un ordine (supposto) vigente in sè (Che ripeto non so cosa voglia dire detto così senza specifiche. Così detto sembra una condizione divina, condizione che prima avevi negato, quindi c'è di nuovo un problema con la significazione delle parole)
cit paul
"L'intuizione, ma è una mia semplice considerazione, è proprio perchè siamo parte di un origine comune, veniamo tutti e tutto da unico punto, così come è nato l'uomo così come nacque la Terra .così come nacque l'universo., sia che lo inseriamo i nquadro rappresentativo scientifico naturale, filosfiico o teologico."
E' una supposizione che fai invece! sarebbe considerazione se esistesse un ente divino (che produce un mondo, come nella vecchia religione cattolica).
cit paul
"La trascendenza, non necessariamente per me è spirituale, forse la utilizzo impropriamente, ma per me signiifca spostare da un dominio all'altro un segno. Un albero, un fiore, un pianeta, comunque tutto ciò che appartiene al dominio naturale, attraverso il linguaggi o lo sposto nel dominio dell'asrtatto e diviene conoscenza."
Il punto della impropriatezza è che pur essendo una astrazione (e quindi contenendo in sè un linguaggio, segnico-simbolico) si tratterebbe del particolare caso in cui il simbolico rende il segnico sostanzialmente formale, una variabile sconosciuta.
Si tratterebbe quindi di controllare quella variabile, ed è lì che interviene il discorso sul fondamento, l'originario e ogni tentativo di "nuova metafisica".
Certo questa variabile non può (essendo formale) essere intensa come naturale. E questo per ri-sottolineare la distanza che ci divide.
cit paul
"Ad esempio, se osservo e analizzo il cilo planetario di un pianeta attorno al sole e vedo che è regolare(ecco il principio ordinativo e leggibile all mente umana) posso spostare i lsuo movimento dentro l'astratto con il linguaggio logico materiale in una equazione."
Se applico quell'equazione a tutti i pianeti e vedo che i valori segnici dati corrispondono all'osservazione fisica, allora quella legge vale per tutti i pianeti. Quindi il concetto è la formulazione razionale che permette i passaggi dei domini attraverso i linguaggi e permette il doppio passaggio ,come in questo esempio per verificare la formalità logico-matematica, quindi è razionale."
Sì certo, ma la formalità (segnico-simbolica) in questo caso si riferisce a dei fenomeni, conoscibili sensibilmente, e quindi passibili di una sperimentazione empirica.
Fenomeno e trascendenza non sono cioè la stessa cosa.
cit paul
"La coscienza avendo un'intuito quest'ultimo, a mio modesto parere, lega la coscienza direi come un eco profondo metaforicamente all'origine. Come dire.......qualcosa mi dice che quella cosa è relazionata a quella'ltra in un certo modo...poi agisce la ragione, la razionalità i linguaggi...... ma quell'intuito è come un'apripista."
Vedo che nonostante tutto però intendi benissimo che vi è una eco, ovviamente quella sì dell'intuito, ma meglio ancora come dice Hegel dell'immediatezza, pur essendo noi immersi nel presente, noi viviamo come di rimbalzo del passato. E in quel rimbalzo di cui arriva a noi l'informazione sensibile, si apre anche la certezza che qualcosa viene perso nel frattempo, quel qualcosa si intende solo come DOMANDA. Che poi sarebbe la domanda filosofica, ossia il fondamento è l'apertura all'originario. In Heideger sarebbe "la radura".
cit paul
"Green, quel Tutto qualcuno lo definisce punto zero della teoria del big bang e quindi teoria scientif1ca cosmologica, per altri è Dio, per altri è L'uno, per altri è il principio di identità, per altri è lo Spirito, per altri coscienza cosmica o universale,ecc.
Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"
Caro Paul la psico-analisi o la psichiatria fenomenologica sa benissimo che ogni cosmologia è una rivelazione, una mimesi del discorso sul tempo. Ossia è sempre una forma del discorso paranoico.
Si tenta di iscrivere il tempo, di dominarlo, nascondendo come ben sai il tabù della morte.("se domino il tempo non muoio" sarebbe il discorso nascosto delirante).
Non vi è domanda filosofica nelle teorie fisiche, nè in Dio, nè nella coscienza cosmica etc...perchè essi suppongono che esistano come origine. Ma quella supposizione è solo una volgare arronganza direbbe un Nietzche.
cit paul
"Il problema è come concettualmente, in modo razionale il movimento della coscienza muova il procedimento conoscitivo quindi i domini in maniera coerente e non contraddittoria :questo è il problema razionale"
Certo, ma come lo risolvi concettualemte se riguarda una intuizione, senza darla per scontata quantomeno?Altrimenti sarebbe una cosmologia.
cit paul
"E' il nostro personale piccolo specchio che rispecchia l'universo, passando per il contraddittorio mondo dell'esistenza nel divenire. Direi è l'essere che esiste e quindi contraddizione e verità, velament oe svelamento. razionalità ed emotività. E' il luogo della nostra rappresentazione contraddittoria, dell'inquietudine ,del tormento esistenziale umano. ma appunto come Davintro ritengo che la razionalità= libertà. Perchè il punto centrale della contraddittorietà umana, la coscienza è il luogo in cui avviene dialetticamente il contraddittorio i umano e solo la razionalità vincendo le contraddizioni con la razionalità possono liberarlo Vinco una paura ,quando la razionalizzo e allora l'irrazionale lo faccio entrare nel logico: questo è il movimento storico dellla cultura, togliere lo sconosciuto, svelare l'ignoto, affinchè conoscendo lo comprenda, lo faccia mio.
ma il fare mio signiifica interiorizzare nella coscienza la conoscenza dirimendo il contraddittorio fra il fenomeno fisico e l'astrazione del segno linguistico"
Certo che è uno specchio. Posso venire incontro a te e Davintro se vedete il naturale come l'atto della potenza originaria.
E quindi della possibilità della libertà umana di passare da potenza in atto.
Il punto è che per me ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è iscritta. E quindi è sospetta in massimo grado.
cit paul
Guarda che è simile alla psicoterapia. Tutti i domini alla fine si correlano negli identici processi, negli dentici movimenti e dinamiche : perchè c'è un unico principio ordinativo.
Esatto un principio ordinativo, con il piccolo problema che è un principio ordinativo criminale. >:(
Pensiamo anche solo all'autismo e al diritto dell'individuo di sottrarsi al discorso generale ideologico. Nemmeno più quella fortezza nascosta (Come veniva chiamata) è esente dalla sua cosificazione, dalla feticizzazione umana medica.
Anche l'autismo viene considerata malattia. :'(
Diversa cosa la psicoanalisi, che è invece sempre una analisi del discorso, un tentativo di comprensione, e di decifrazione del linguaggio (che la psico-analisi ritiene il vero originario, non io per inciso).
Nessuna pretesa di ordinazione medica. Dal dominio del discorso al dominio della zoe.
Caro Paul sono in pochi a capire questo incubo contemporaneo. :(
Per favore ricordatelo! io parlo di psicanalisi non di psichiatria! (quella di freud e lacan non quelle comportamentali e dinamiche) :'(
cit paul
"Sini è un pragmatico di ascendenza fenomenologica: non mi dice molto.
Come ho scritto in tutte le salse il rapporto è sempre cultura/natura, come soggetto/oggetto, come osservato/osservatore. ma semplicemente perchè noi non siamo fuori dall'universo, noi siamo "dentro" e questo cambia notevolmente.
E' solo una comodità conoscitiva costruire artificialmente la soggettività e dividerla totalmente dall'oggettività"
La prospettiva fenomenologica e quella naturalista infatti sono opposte. E proprio a partire dalla definizione di soggetto.
Per la fenomenologia il soggetto è un costrutto (e in base alle modalità della costruzione, esistono infinite fenomenologie) per il naturalista è un dato di fatto.
cit paul
"Oltretutto i nostri apparati sensoriali sono ridicoli rispetto al mondo animale e sarà sempre peggio, perchè noi sopperiamo con l'artefatto culturale, con la tecnica e la tecnologia, l'ambiente naturale dove l'animale deve sopravvivere difendendosi e cacciando.
Noi saremo sempre più il prodotto di una nostra cultura,se si vuole, delle nostre contraddizioni"
Certo il nostro mondo (rappresentativo e non naturale) sta diventando sempre più una costruzione culturale.
Nel senso che le prassi hanno raggiunto per qualità e quantità una dimensione che soverchia il singolo individuo, completamente.
Ponendolo in una situazione di angoscia sempre più crescente (nichilismo).
cit paul
La coscienza sociiale in Hegel, perchè la definisce proprio così, è il procedimento dialettico e quindi fenomenologico del contraddittorio fra l'egoismo individualista e il far parte della comunità.C'entra poco con Marx che "copierà" la dialettica hegeliana nell'analisi del materialismo storico per cui ne scaturirà la "coscienza di classe"
Se Marx copia, perchè centra poco con Hegel? ;D
cit paul
"Dove deduci che per me l'etica equivale a natura? Tutt'altro è un procedimento della nostra coscienza e non può essere slegata dal principio ordinativo e originario e quindi storicizzata e quindi relativa solo ad un tempo ed un luogo. esiste un'etica universale oppuure non esiste affatto."
Equivale a natura perchè qualcuno (la chiesa) ha deciso di sana pianta che le cose DEVONO stare così. E che cioè esiste una etica universale.
Ovviamente per me non esiste affatto qualcosa come una "etica universale", la nuova etica sarà il frutto della indagine futura, come dirà nietzche, della società fatta da uomini liberi da qualsiai preconcetto, e dominati dalla voglia di confronto nello scontro.
Cioè esisterà prima uno scontro fra individui, nell'era in cui la cultura fa da cuscinetto (la legge NON UCCIDERE) la guerra intellettuale deve prima nascere, l'etica sarà solo una conseguenza di quella guerra.
Certo per capire cosa sia quella guerra abbiamo bisogno di intendere ancora Nietzche. E non vedo orizzonte prossimo.
Quindi mi sottraggo a dire cosa sia l'etica. Posso solo dare orizzonti di senso nell'agire politico, ma sarà sempre un senso più potenziale che attuale, infatti, come detto prima, l'angoscia sta afferrando l'intero mondo occidentale, impedendogli qualsiasi azione valoriale, che sia in vista di un fine, che non sia la sua mera sopravvivenza. (e che appunto essendo il discorso del morto, è il discorso paranoico, aggiungo discorso paranoico in una sociatà schizoide: come fa ad esistere una etica anche seppur lontamente credibile in un simile contesto?).
Detto per inciso l'etica cattolica sta facendo solo danni, perchè rinnega cosa sia l'uomo per davvero.(non cè amore là fuori!).
E l'ordinativo è più simile ad un prescrittivo che ad un equilibrativo. Specchio innegabile dell'angoscia che si riverbera nel burocratico come bulimia della amministrazione (dello status quo, vedi ancora le elezioni francesi, dove addirittura centro-destra e sinistra si alleano contro il partito populista di turno, affinchè niente cambi, tutto deve essere ingessato, appesantito, obnubilato).
In questo panorama sconsolante parlare di etica universale mi sembra uno scherzo.
cit paul
"Ciao Green, sei un "casinista" ,ma hai alcuni spunti di perspicacia che fanno riflettere"
Caro Paul anche per me sei un casinista! ma dimostri una intelligenza pratica che mi ispira simpatia e quindi stima! ;) :D
Ciao green, cerco di sintetizzare cronologicamente in riferimento al tuo scritto.
Il fenomenico è un dominio e non è il solo e unico dominio,E' il determinato dell'ente ed è nel divenire.
In sè e per sè è solo le infinite descrizioni di vettori spazio temporali con caratteristiche e proprietà tipiche di materia ed energie manifestate. E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto.
E' importante, ma non preso d solo, è veritativo se non dentro il proprio dominio .
Cosa vuol dire legittima se non semplicemente convenzionale? Se fosse vera perchè allora si evolvono modelli e rappresentazioni in continuazione? E semplicemente relativismo.
Un ordine significa che ogni ente, ogni cosa, risponde a denominatori comuni che la nostra mente ha costruito nel segno logico.Senza un ordine non esisterebbero leggi, nè fisiche neppure nelle organizzazioni umane, laddove in
quest'ultime vi è sia biologia che cultura..
C'è un ordine discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo.
sarebbe impossibile dedurre qualcosa se i fenomeni non fossero reiterati, se non vi fossero ciclicità, persino il divenire e tutto ciò mostra che c'è un ordine che noi possiamo leggere razionalmente e trasporlo(se non piace il termine trascendere che fa venire l'orticaria a più di uno.......) nell'ordine dell'astratto, del segno simbolo senso ,significato dentro i linguaggi più o meno codificati.
Non saremmo spinti a cercare un origine a domandarci da dove veniamo e dove andremp, senza una motivazione che quì chiamo intuitiva che è ancor prima del razionale.
Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario.
Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale. ed è quello che facciamo tutti.
Io non ti mostro il sole se scrivo semanticamente il termine sole, ma sai quale sia l'immagine, il significato corrispondente e le descrizioni e definizioni. Questo è spostare un dominio fisico fenomenico dentro un linguaggi segnico che non è più natura,siamo già dentro un altro dominio. quello dell'astratto.
Per Hegel quel mio "eco" profondo originario è lo spirito e per arrivarvi nella "Fenomenologia dello Spirito" descrive la dinamica, appunto l fenomenologia del movimento della conoscenza che confronta nel contraddittorio dialettico il mondo del fenomeno ,del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto.
Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............
L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio.
E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente.
Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche.
Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero,
Un'altro ragionamento è dire che noi siamo "condannati" cosmologicamente a cercare una verità che comunqueè lì è già da sempre, diversamente non ci sarebbero ordini, domini.Quello che muta e ci muta è la conoscenza che si fa cultura e che costruisce ,ma può anche de-costruire una coscienza, quello che si dice interpretare, ermeneutica.
Ma una ed è da sempre la verità, là, nell'origine.
L'angoscia nasce dalla difficoltà. che appartiene al razionale, ma ancor più al disagio, che è coscienza.
Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità
E' stato un piacere green, ciao
x paul
piccole note a margine :)
"E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto."
Certamente, per questo pur cercando di restare all'interno del rappresentazionalismo, mi ritengo un metafisico, se vogliamo un rappresentazionalista trascendente.
"C'è un ordine discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo."
Certamente, io lo affianco al metodo induttivo che ha Hume arriva a Peirce, e che appunto aiuterebbe a capire il trascendente.
"Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario."
Preferisco la teoria cosmologica della materia oscura, mi riesce difficile pensare un centro dell'universo, visto che l'universo non lo conosciamo tutto. Preferisco pensare l'universo infinito e perciò increato, dove tutte le categorie logiche umane falliscono a comprenderlo.
"Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale"
A me pare la significazione, comunque ci può stare (nel senso che cercherò di ricordare come intendi il trascendente, non te lo garantisco perchè è un accezione molto distante dalla mia, proverò ;)).
"del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto."
Pur essendomi limitato a leggere l'inizio della fds, mi sono fatto una idea simile alla tua per quanto riguarda lo spirito, che quindi è indagabile razionalmente come concetto.
"Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............"
Sono d'accordo che c'è sempe un origine, non riesco a vederla come una cosmologia, ma capisco che per te esista, o debba esistere.
Forse sei più hegeliano di me, e fai della frase "tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", un tuo mantra personale. ;)
"L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio."
Quindi l'intuizione come riformulazione del dentro e fuori della coscienza, che si da storicamente come addizione, come crescita personale: interessante.
"E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente."
Ma sicuramente non volevo certo ridurre il compito critico della razionalità, dico solo di non abbassare la guardia per così dire.
"Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche."
Certo ognuno si riferisce al suo lato esperienzale, di crescita personale. Se poi lo coniughiamo con la ragione, che intellige, che lega le varie esperienze, avremo diverse dialettiche, diverse storie per ciascuno.
"Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero"
Certamente, sia a occidente che a oriente, l'unica etica del punto zero, è quella della esistenza in sè.
Ossia la vita stessa. L'essere vivi. Come dici tu, la sofferenza è solo uno dei modi di presentarsi dell'esistenza stessa.
Ma ovviamente io mi riferivo alle etiche politiche della prassi, del rapporto comunitario fra uomini, non a qualcosa di così originario, comunque capisco a cosa ti riferisci.
"Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità"
Molto ben scritto, ovviamente approvo tutto. E alla fine abbiamo una definizione della libertà, che ci verrà comoda in futuro.
Citazione di: green demetr il 27 Aprile 2017, 05:33:33 AM
Ovviamente il discorso leopardiano è un discorso poetico, allegorico.
Non è un discorso episitemico.
Forse non è epistemico, ma di si sicuro è ontologico. Non sottovaluterei Leopardi come filosofo. Come sai Severino lo considera come uno dei maggiori protagonisti del panorama filosofico dell'800-900 (gli altri due sono Nietzsche e Gentile, ma considera Leopardi su una posizione ancora più radicale di Nietzsche).
CitazioneSì e no. Sì perchè ovviamente anche per me il percorso individuale che seguiamo è un percorso immanente, e dentro ai suoi costrutti mentali. No perchè la danza come la chiami tu, è tutt'altro che una danza...(sì lo so che è una citazione di Nietzche)
E'invece il dramma dello scontro individuo-stato.
Bè, non trovo che lotta e danza siano così discoste. Nella danza ci metterei anche lo scontro, compreso quello tra individuo e stato da leggersi a mio avviso nel rapporto tra vita e conoscenza nella dimensione individuale soggettiva e in quella pubblica oggettiva.
La dimensione dell' "stare a vedere", come si sa, venne espressa da Hegel come la più filosoficamente pertinente. Non so in realtà fino a che punto Sini sia effettivamente d'accordo (partecipando ai suoi incontri lo ho trovato sempre più interessato alla dimensione didattico performativa dell'esistenza). Di sicuro comunque la nostra vita non si riduce alla filosofia, dunque, in ogni caso sarebbe assurdo pensare di poter incarnare qualsiasi posizione perfettamente asettica, come se si fosse la filosofia stessa (come diceva Hegel di essere, anche se di sicuro nemmeno lui lo era). Anche perché credo che oggi sia assai difficile dire di preciso in che cosa consista ancora la filosofia, se ancora sia possibile trovare un denominatore comune tra pratiche che la smembrano.
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Citazione di: green demetr il 28 Aprile 2017, 07:55:35 AM
x paul
piccole note a margine :)
"E' importante, ma la razionalità precede e va oltre i fenomeni in sè e per sè.perchè esce dallo spazio/tempo senza cui sarebbe impossibile stabilire prima del fenomeno l'origine di tutti i fenomeni e lo scopo dei fenomeni. Se ci si limta al fenomenico sarebbe un'enorme diagramma di vettori causa/effetto."
Certamente, per questo pur cercando di restare all'interno del rappresentazionalismo, mi ritengo un metafisico, se vogliamo un rappresentazionalista trascendente.
"C'è un ordine discendere nelle teologie, nelle filosofie e persino nelle scienze, è il sistema del deduttivo."
Certamente, io lo affianco al metodo induttivo che ha Hume arriva a Peirce, e che appunto aiuterebbe a capire il trascendente.
"Leggiti la teoria cosmologica del big bang che è scienza moderna che dice che veniamo tutti e tutto d un unico punto originario."
Preferisco la teoria cosmologica della materia oscura, mi riesce difficile pensare un centro dell'universo, visto che l'universo non lo conosciamo tutto. Preferisco pensare l'universo infinito e perciò increato, dove tutte le categorie logiche umane falliscono a comprenderlo.
"Il trascendere(attenzione all'orticaria......) è semplicemente spostare il fenomenico del sensibile dentro il linguaggio razionale che è logico concettuale"
A me pare la significazione, comunque ci può stare (nel senso che cercherò di ricordare come intendi il trascendente, non te lo garantisco perchè è un accezione molto distante dalla mia, proverò ;)).
"del concreto fisico e dall'altro dominio dell'astratto dentro la coscienza per arrivare alla verità razionale concettuale che è lo spirito appunto."
Pur essendomi limitato a leggere l'inizio della fds, mi sono fatto una idea simile alla tua per quanto riguarda lo spirito, che quindi è indagabile razionalmente come concetto.
"Ribadisco, allora si studi la teoria cosmologica che è scienza fisica moderna che spiega l'universo fisico.la sua dilatazione ,le forze, tendo conto del modello standard delle microparticelle.
C'è sempre un origine............"
Sono d'accordo che c'è sempe un origine, non riesco a vederla come una cosmologia, ma capisco che per te esista, o debba esistere.
Forse sei più hegeliano di me, e fai della frase "tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è reale", un tuo mantra personale. ;)
"L'intuizione è una spinta motivazionale ad esplorare a conoscere, ma nasce dalla coscienza. che si esplica nella conoscenza che ritorna alla coscienza; le tue convinzioni sono coscienza date da tue conoscenze, così è per ognuno di noi. E' la consapevolezza di sè che costruisce una nuova forma relazionale che altri enti, fenomeni, animali, non hanno.Loro reagiscono più dentro il dominio delle cause/effetto, noi abbiamo gradi di volizione, di volontà,di scelte, di arbitrio."
Quindi l'intuizione come riformulazione del dentro e fuori della coscienza, che si da storicamente come addizione, come crescita personale: interessante.
"E' profondo quando scrivi che"...ogni discorso sulla libertà risente di una "cosmologia" in cui è inscritta. e' quindi sospetta in massimo grado".
E' vero.ma non dimenticare che dal come rappresentiamo una cosmologia noi la metabolizziamo mentalmente e ci comportiamo relazionandoci a quella rappresentazione, se è credibile e genera in noi fiducia o meno .Ma daccapo è la razionalità che a sua volta vaglia la veridicità o falsità, riconfronta continuamente."
Ma sicuramente non volevo certo ridurre il compito critico della razionalità, dico solo di non abbassare la guardia per così dire.
"Non basta dire che la dialettica hegeliana, che a sua volta viene da una dialettica greca e direi anche orientale, perchè diventa logica dialettica in severino o dialettica materialista in Marx, la pensano tutti uguale anzi.
Dopo Hegel un gran numero di filosofi e pensatori vi si rifanno, ma ognuno con una sua originalità.
Ad esempio l'attualismo di Gentile, l'idealismo di Croce e il comunismo di Gramsci: origine comune,diversità di vedute politiche."
Certo ognuno si riferisce al suo lato esperienzale, di crescita personale. Se poi lo coniughiamo con la ragione, che intellige, che lega le varie esperienze, avremo diverse dialettiche, diverse storie per ciascuno.
"Ammettendo che un'etica "vera" sia ancora da venire, cadiamo ancora in contraddizione. o esiste un'etica vera da sempre o non esiste.Esiste nel senso che "è". La verità se è ,è già nell'origine. nel punto zero"
Certamente, sia a occidente che a oriente, l'unica etica del punto zero, è quella della esistenza in sè.
Ossia la vita stessa. L'essere vivi. Come dici tu, la sofferenza è solo uno dei modi di presentarsi dell'esistenza stessa.
Ma ovviamente io mi riferivo alle etiche politiche della prassi, del rapporto comunitario fra uomini, non a qualcosa di così originario, comunque capisco a cosa ti riferisci.
"Ecco perchè trovo giusto dire che la razionalità della conoscenza è libertà quando diventa coscienza che toglie il disagio e la difficoltà dell'angoscia dell'esistere. Io accetto la morte, se capisco la morte, se la comprendo e la faccio mia,ma non basta conoscerla nel manifesto, bisogna che la conoscenza entri nella coscienza Quindi che la morte non sia un fenomeno in sè e per sè, ma dentro il Tutto dell'origine, vale a dire la significazione del morire deve ricondurmi razionalmente ad un origine del perchè la morte come manifestazione di una fine, che non può essere definitiva se razionalmente riconduco il dominio della natura nella razionalità.I fenomeni sono e non sono, vengono e vanno come le nostre esistenze. ma l'essere era già originario con la sua verità"
Molto ben scritto, ovviamente approvo tutto. E alla fine abbiamo una definizione della libertà, che ci verrà comoda in futuro.
Ciao green,
non c'è un centro nell'universo, un principio spaziale, c' è semmai un origine temporale,
Il tempo zero è il momento in cui tutto era energia e non si erano ancora manifestate le forze, quest'ultime responsabili della creazione dello spazio in quanto dilatano l'energia che si condensa con la forza della gravità.
Le antiche cosmogonie sapevano.......avevano solo trasposto nei simboli .
C' una profonda origine comune nelle scienze antiche e nelle scienze fisiche moderne e fa parte della ciclicità umana della conoscenza; tutto torna e si ripete.
L'universo è energia, fra cui energia e materia oscura,ancora ci sarà da svelare.Le forze "stirano" e condensano energia costituendo materia e intanto l'universo si espande.
Il termine trascendere è fin troppo inculcato dentro il dominio del sacro, forse è meglio dire trasporre.
L'importante è capire che noi percepiamo attraverso i sensi i fenomeni fisico naturali dentro un tempo in divenire che manifesta la possibilità analogica di un cervello umano di poterlo analizzare spazio/temporalmente: questo è la potenza e il limite del nostro cervello fisico.ma è il passaggio dal fisco dei neuroni-sinapsi al mentale che è il trasporre. Il poter spostare da un dominio fisico a quello astratto analizzandolo attraverso i linguaggi formali e informali,codificando segni analogici fra il fisico e l'astratto.
La nostra forma linguistica ordinaria della comunicazione informale è nei convenevoli, è nella socializzazione della conoscenza: è il convenzionale. Quest'ultimo è legato a tutti gli eventi fenomenici e forme sociali ad esse referenti.
L'identità sociale e la stessa cultura convenzionale essendo legata agli innumerevoli eventi e fenomeni isolati cerca leggi che legano le frammentazioni categorizzandoli. Ma il risultato è necessariamente leggi interne alle singole discipline categoriche autoreferenti e chiuse.Essendo l'uomo un'unità vive l'asincronia di una conoscenza disposta in frammentazioni.L'accetta per convenienza, perchè la forza del convenzionale è che comunque forma una identità sociale e culturale dove la conoscenza è una forma, ma l'altra è sono i sentimenti, l'emotività.
Questo è il motivo per cui tutte le culture tendono alla conformità e si chiudono nel conformismo ,in una autodifesa.per quanto il singolo possa vivere il disagio percependolo intimamente .per questo la cultura ha bisogno per fare salti di un parricidio simbolico, di un coraggio che superi i legami che sono le condizioni affettive.
Non sono legato ad una particolare filosofia o filosofo, tutti i grandi pensatori hanno delle loro originalità che fanno riflettere. Direi che Hegel è importante soprattutto per la dinamica fra conoscenza e coscienza.
Nelle organizzazioni sociali umane il cuore del problema è sempre la contraddittoria antitesi che paradossalmente la costituisce, la relazione fra le due spinte motivazionali avverse: egoismo e comunità.Se l'asse dell 'organizzazione è spostata sull'egoismo, la comunità diventa una menzogna e i rapporti sono necessariamente ipocriti.Se l'asse è spostato sulla comunità il rischio è perdere le qualità individuali.
Citazione di: sgiombo il 27 Aprile 2017, 16:46:23 PM
Quel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non l'ho capita: cos'è che non significa nulla?
CitazioneNon ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.
Mi fai disperare Sgiombo ;): come fai a sostenere che la conoscenza della cosa la confondo con la cosa, quando non ho fatto altro che dire il perfetto contrario? Quello che sostengo e mi pare evidentissimo è che ogni cosa nell'uomo richiede parole per conoscerla, dunque parola e cosa sono sempre legate, altrimenti come faccio a dire cos'è, ove il dire cos'è si richiede con il manifestarsi stesso della cosa. Ma nessuna parola può dire la cosa come davvero è, solo la indica proprio come se alzo un dito e indico la luna. La parola e tutte le scienze che non sono che discorsi sono come quel dito che indica la luna e tali restano. La parola che sentiamo di usare però non siamo noi a sceglierla, come potremmo mai? Sono le parole che ci parlano da dentro e accompagnano la cosa nel suo apparire (proprio come il bambino comincia a balbettare in un certo modo vedendo sua madre), pur non essendo mai la cosa stessa.
E per il linguaggio scientifico vale il medesimo, perché anch'esso si basa sul senso del linguaggio comune. Le verifiche che la scienza dispone per comprovare l'oggettività di un suo dire, sono regole in base alle quali si prestabilisce cosa va considerato o meno, come per dire cose scientificamente ci si deve porre di fronte ai fenomeni di modo che ci sia un senso scientifico che però non è l'unico senso possibile e non ha primati assoluti sulla realtà. In laboratorio io non mi avvicino per niente di più all'essenza delle cose che verifico, ma semplicemente seguo un modo di fare codificato precisamente secondo procedura scritta (a fronte di infiniti altri modi di considerare le cose). La verifica è sempre relativa al contesto in cui mi pongo per verificare, alle regole che adotto, agli strumenti che ho a disposizione, ai significati che con quegli strumenti e con le conoscenze che ho mi appaiono. Si è sempre solo nell'ambito dei discorsi e non delle cose in sé, della realtà. E=mc(2) è un discorso, è il segno di una mappa, non la realtà.
CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Non occorre essere scettici, non si può essere scettici, è un'altra forma di assolutismo essere sempre scettici e quindi è una contraddizione. Basta ammettere che non c'è mai una identità tra quello che diciamo e quello che c'è e quindi siamo costretti ad accontentarci di quello che ci diciamo per poi vedere fin dove riusciamo insieme a condividerlo e trovare una strada comune su cui arrivare insieme senza farci troppo male, perché nessuno conosce la verità, ma ognuno un po', diversamente, la sa vivendola. Non è essere scettici questo, è solo un essere ragionevoli insieme. C'è verità nella scienza, c'è verità nei miti, nelle filosofie, ci sono verità che altri vedono e noi no, verità che si vedevano in passato e ora non più e non perché in passato fossero assolutamente in errore, e verità che si vedranno in futuro e ora no, ma non perché ora siamo assolutamente in errore. Tutti ci si muove sempre a tentoni nella realtà, come ciechi, e i discorsi che ci facciamo sono un po' come i nostri bastoni, i primi bastoni.
CitazioneMolte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.
Nella nostra prospettiva teorica, solo nella nostra è così. E ti assicuro che un abitante della Papuasia, del tutto estraneo al nostro sistema teorico, avrebbe del tutto il diritto di dire la stessa cosa con riferimento al suo sistema teorico, nato dalla sua storia e dalla sua cultura e sicuramente più adatto a vivere nel suo ambiente. Il problema è che noi andiamo là, trasformiamo sempre il suo ambiente di riferimento in cui il suo sistema era valido, mentre ovviamente ora non lo è più e prendiamo questo a dimostrazione che il nostro è più valido del suo.
"L'effetto placebo" è anch'esso una definizione che nasce nel nostro modo di pensare, è una parola nostra. Vai a raccontare a uno stregone che lui pratica l'effetto placebo... penserà che vaneggi e sei matto. Ma è così difficile rendersi conto che ognuno vede le cose non per come sono, ma per come il contesto culturale glielo consente? e che questo vale
per tutti, noi compresi? Che non abbiamo inventato proprio nulla di così super oggettivo rispetto a tutti gli altri? Non riusciremo mai a liberarci di questa maledetta presunzione che ha fatto e continua a fare catastrofi ovunque, illudendoci di fare tutto al meglio, ossia proprio come la pensiamo noi, così evoluti?
CitazioneSe così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?
La cultura umana c'è da quando è comparso l'uomo, perché l'uomo non esiste senza una cultura di riferimento. Gli ominidi che scheggiavano la pietra, quasi un milione di anni fa, già avevano un forma di cultura. E' come se mi chiedessi come si spiega che gli uccelli hanno cominciato a volare e i pesci a nuotare?
Un'ipotesi che vale quello che vale ed è sempre in termini relativi (relativi a noi che la pensiamo così) è che la cosa sia collegata con l'assunzione della posizione eretta da parte di alcuni primati usciti nella Savana. La posizione eretta ha liberato gli arti anteriori con i quali si è potuto cominciare a fare e rappresentare delle cose. Ha liberato la bocca dalla sua funzione prensile e con la bocca libera si è potuto cominciare a parlare. Nessun animale si prende cura dei morti con riti funerari, al massimo li custodisce, nessun animale conserva degli attrezzi per un futuro utilizzo, nessun animale si riveste delle pelli di altri animali o si decora e si manipola il proprio corpo, nessun animale prima di andare a caccia scende in fondo a una caverna buia e comincia a pitturare gli animali che andrà a cacciare, nessun animale alza le braccia e prega e nessun animale parla e propriamente danza. E tutto questo è solo in virtù del significare per noi del mondo ed è solo nel significare che viviamo.
CitazioneNon confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!
Come diavolo fai la valutazione dei "fatti constatati" se non hai un metodo di valutazione che stabilisca come procedere, rispetto a cosa valutarli e un metro di misura? E quale metodo valuta il metodo di valutazione dei fatti constatati? E quale constatazione li dichiara constatati?
Ogni sistema di conoscenza, funzionando, dimostra la sua ragionevolezza.
Il minimo comune denominatore richiesto dal senso comune, c'è nella misura in cui il senso comune di una certa cultura sociale funziona nel contesto in cui si esprime, quando non funziona quella cultura e quella società inevitabilmente si disintegra. La nostra cultura è stato un fattore disintegrante per molte altre, ormai lo è diventata anche per se stessa.
La sanità mentale la si misura nella misura in cui un individuo non si disintegra psicologicamente, una società non si disintegra culturalmente. L'individuo normalmente sano di mente non è quello che crede nella scienza piuttosto che nei racconti dei miti, ma è quello che vive in consonanza con il contesto culturale in cui si trova, ove il contesto culturale non sia a sua volta in disintegrazione. Quando questo accade, l'individuo, salve rare eccezioni, non ha speranza, muore mentre muore la sua cultura.
Non è folle ritenere i pipistrelli degli dei: l'uomo ha visto Dei in tantissimi animali, gli animali sono state le sue prime divinità e fin qui è sopravvissuto moltiplicandosi a dismisura e producendo arte, scienza, tecnologie e filosofie. Forse il problema della sanità mentale non è mai stato vedere un Dio in un pipistrello ... o forse sì e in qualche modo siamo sempre alla ricerca di quel pipistrello.
la difficoltà maggiore insita in ogni tentativo di considerare l'uomo sta nel porre come punto di partenza della riflessione un'idea dell'uomo inteso come unità che emerge dall'esperienza immediata, che non considera l'uomo come realtà semanticamente complessa, quale è, ma come una semplicità che non tiene conto delle singole componenti che costituiscono il suo essere. E questa semplificazione conduce ad un'immagine dell'uomo confusa che dà il destro ai tentativi dei vari dogmatismi, delle varie ideologie, di interpretarlo non alla luce di una critica razionale, ma esasperando l'importanza di certi aspetti a scapito di altri, a seconda della visione ideologica che si vuole sostenere. Così avremo il materialismo che esaspera la centralità del corpo a discapito dell'autonomia della dimensione psichica e spirituale, o all'opposto, posizioni che tenderanno a sminuire il corpo, e ad offrire un'immagine dell'uomo eccessivamente "angelicata". La complessità semantica del concetto "uomo" richiede che la domanda "che è l'uomo" non possa essere la domanda inziale e fondativa dell'indagine, ma debba essere fondata e preceduta dalle domande riguardanti l'essenza delle singole componenti dell'uomo: "che è la coscienza", "che è il corpo", "che è la psiche", "che è la percezione". "che è la volontà", "che è la razionalità", "che è lo spirito". Cioè occorre proceduralmente "scomporre" la complessità dell'uomo negli elementi primitivi e semplici che lo compongono, questo non per spirito pedante analitico, per poi ricomporre i singoli elementi, una volta chiaritone il senso, nell'unità dell'idea di "uomo", a questo punto nitida nella sua immagine. Fondamentale è che l'evidenziazione dei singoli aspetti (non uso mai il termine "parte", dato che rimanda ad una divisione spaziale, mentre qua si sta parlando di entità, che seppur necessitate ad essere isolate concettualmente, si relazionano e si compenetrano in un'unità organica) comporta il loro essere considerati al di là della contingenze del loro esistenziarsi fattuale in una certa realtà, compresa l'uomo. Occorre cioè applicare la riduzione fenomenologica, che considera i fenomeni nella loro essenza, non limitando le loro possibilità d'essere a quelle di cui ne abbiamo una certa esperienza spazio-temporale in un certa realtà, compresa la realtà umana. L'uomo cioè va posto non come punto di partenza dell'indagine su di esso, ma come l'unità conclusiva di un processo di analisi nel quale ogni sua componente va studiata al di là dei modi in cui agisce nella realtà umana, che non è mai il solo teorico contesto esistenziale in cui tali componenti agiscono. La coscienza ad esempio non va considerata come "coscienza umana", ma coscienza in generale, ciò che della coscienza è affermabile in qualunque realtà si trovi ad essere presente, indipendentemente se tali realtà esistano effettivamente o meno, è sufficiente che possano esistere in linea teorica, dato che alla riduzione fenomenologica non interessa la posizione di esistenza, ma l'essenza che comprende ogni possibilità, anche ciò che di fatto non esiste, ma in linea teorica potrebbe esistere. La sintesi conclusiva produrrà un'idea di essere umano più razionalmente fondata, perché ogni elemento che la compone viene riconosciuto come un proprio senso, un'invariante valida in ogni possibile modo d'essere, e tali possibili modi d'essere sono ora presi in considerazione, e l'uomo stesso potrà, in relazione a tutti i possibili modi d'essere dei suoi elementi, a sua volta essere visto come aperto a delle possibilità, che nell'esperienza immediata, ancora gravata dalle contingenze empiriche, sembrano essergli precluse.
L'uomo non deve essere più concepito come il primario metro di giudizio delle possibilità ontologiche degli elementi che lo compongono, la sua unità sintetica deve essere posta al termine della ricerca, non all'inizio.
Sembra aprirsi una singolare dialettica tra filosofia e antropologia. Da un lato una filosofia critica, intenzionata a superare il realismo ingenuo, che accetta come reale e oggettivo il contenuto dell'esperienza percettiva immediata, chiaramente necessita di analizzare la prospettiva soggettiva della mente che conosce la realtà, valutare i limiti e le possibilità delle nostre strutture soggettive mentali, pena il non tener conto del fondamentale incidere della nostra soggettiva sulla rappresentazione delle cose oggettive. Dunque sembra che la filosofia debba porre l'antropologia come suo momento metodologicamente primario e fondamentale, dato che le nostre strutture mentali sono sempre schemi di una mente umana. Tuttavia, come provato a spiegare sopra, occorre porre non l'uomo inteso nella sua complessità concettuale come punto di partenza, ma le singole funzioni e dimensioni conoscitive, intese al di là del loro realizzarsi nell'uomo, in una visione trascendentale. Si potrebbe cioè sciogliere la problematicità di tale dialettica distinguendo un'accezione di antropologia analitica e trascendentale, che studia gli aspetti dell'umano al di là del loro umanità, che va posta come fondazione critica e metodologica di ogni filosofia, e l'antropologia nel senso più comune del termine, discorso sull'uomo inteso come tutt'uno, sintesi complessiva, che va posa come conclusione critica della ricerca filosofica. Tutto sta nella distinzione tra un livello di esperienza ingenua, allo stadio grezzo e ancora gravato dalle contingenze della nostra posizione storica, e un'esperienza vissuta su cui si applica la razionalità, che cerca di isolare gli aspetti necessari ed essenziali nei fenomeni dell'esperienza, portando la conoscenza umana ad un livello il più possibile trascendentale
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a paul e davintro
davintro non ho tempo per considerazioni più ampie (per questo fine settimana) le rimando in settimana.
Ma volevo chiedere a entrambi: ovviamente anch'io penso che l'uomo è il frutto delle sue parti (siano esse fenomenologiche, o cosmologiche rispettivamente).
Ma non c'è traccia in voi della trascendenza, ossia di quel rapporto che la storia della filosofia ha chiamato essere-ente.
Non Intendo quindi le vostre soluzioni, di coincidenza analogica (paul) e di coincidenza ontologica (davintro).
(posto che comunque ne stiamo parlando da tempo, e che apprezzo molto)
Intendo proprio del rapporto metafisico, se vogliamo semplificare molto del rapporto DIO-Uomo.
Ma voi cosa ne pensate? (nel senso vi è spazio per un simile approccio, o ragionamento?)
Citazione di: maral il 29 Aprile 2017, 00:38:10 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Aprile 2017, 16:46:23 PM
Quel falegname sapeva bene ciò che faceva; e ciò che faceva (il tavolo), contrariamente ad esempio alla scritta "vernice fresca" che ha apposto al tavolo dopo averlo verniciato o la sua probabile frase "questo è un tavolo ben fatto" (che è tutt' altro che il tavolo stesso!), non significava proprio nulla.
Non l'ho capita: cos'è che non significa nulla?
CitazioneNon significa nulla il tavolo, contrariamente alla scritta (su un cartello appostovi dal falegname dopo averlo verniciato) "vernice fresca" e alla proposizione "questo è un tavolo ben fatto".
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CitazioneNon ogni cosa, ma casomai il pensiero, la conoscenza (verbale) di ogni cosa richiede parole (delle quali le cose stesse sono i rispettivi significati, nel senso di denotazioni, e non viceversa), e tu continui proprio imperterrito a confondere questi due ben diversi casi.
Mi fai disperare Sgiombo ;): come fai a sostenere che la conoscenza della cosa la confondo con la cosa, quando non ho fatto altro che dire il perfetto contrario? Quello che sostengo e mi pare evidentissimo è che ogni cosa nell'uomo richiede parole per conoscerla, dunque parola e cosa sono sempre legate, altrimenti come faccio a dire cos'è, ove il dire cos'è si richiede con il manifestarsi stesso della cosa. Ma nessuna parola può dire la cosa come davvero è, solo la indica proprio come se alzo un dito e indico la luna. La parola e tutte le scienze che non sono che discorsi sono come quel dito che indica la luna e tali restano. La parola che sentiamo di usare però non siamo noi a sceglierla, come potremmo mai? Sono le parole che ci parlano da dentro e accompagnano la cosa nel suo apparire (proprio come il bambino comincia a balbettare in un certo modo vedendo sua madre), pur non essendo mai la cosa stessa.
E per il linguaggio scientifico vale il medesimo, perché anch'esso si basa sul senso del linguaggio comune. Le verifiche che la scienza dispone per comprovare l'oggettività di un suo dire, sono regole in base alle quali si prestabilisce cosa va considerato o meno, come per dire cose scientificamente ci si deve porre di fronte ai fenomeni di modo che ci sia un senso scientifico che però non è l'unico senso possibile e non ha primati assoluti sulla realtà. In laboratorio io non mi avvicino per niente di più all'essenza delle cose che verifico, ma semplicemente seguo un modo di fare codificato precisamente secondo procedura scritta (a fronte di infiniti altri modi di considerare le cose). La verifica è sempre relativa al contesto in cui mi pongo per verificare, alle regole che adotto, agli strumenti che ho a disposizione, ai significati che con quegli strumenti e con le conoscenze che ho mi appaiono. Si è sempre solo nell'ambito dei discorsi e non delle cose in sé, della realtà. E=mc(2) è un discorso, è il segno di una mappa, non la realtà.
CitazioneLa disperazione è reciproca. Infatti a me risulta che tu abbia scritto (copio-incollo):
"Tutto questo è nel mondo delle parole (la nostra vita stessa è nel mondo delle parole e dunque dei significati), non delle cose e io non confondo le cose con le parole, proprio per questo so che "tavolo" è una parola e non una cosa, ma so anche che ogni cosa richiede la parola, un nome che le dà significato di modo da poter apparire chiamandola. In quel nome che però non è e non sarà mai, la cosa è sempre chiamata a partire dalla sensazione che significa "C'è qualcosa, che cosa è?
Cos' è questo se non proprio per l' appunto confondere le parole che costituiscono la conoscenza della vita (la quale accade indipendentemente dalle parole con le quali -eventualmente- la si consce) con il fatto della vita?
Ogni cosa (per essere ciò che è) richiede necessariamente, contrariamente a quanto continui a pretendere, solo e unicamente di essere tale cosa (fra l' altro della realtà del fatto di esistere/accadere realmente, se si tratta di una cosa reale; oppure della realtà del mero essere pensata, se si tratta di un oggetto di fantasia e non della realtà); ma invece non richiede affatto la parola che la denota, mediante la quale è (eventualmente!) pensata (ed eventualmente veracemente conosciuta), che è invece richiesta dal pensiero (eventualmente la conoscenza vera) della cosa.
"ogni cosa nell'uomo richiede parole per conoscerla [evidenziazione in grassetto mia]", ma non certo per essere reale (accadere realmente).
Che le parole di fatto nascano spesso spontaneamente nella nostra mente non toglie affatto che ("di diritto") possiamo decidere ad libitum di utilizzarle o meno (cioè di scartarle e impiegarne invece altre; accordandoci convenzionalmente con gli altri parlanti la nostra stessa lingua, naturale oppure artificiale): le parole che usiamo le "confezioniamo" e scegliamo noi!
(e se no chi ce le suggerirebbe o imporrebbe? Dio?).
La scienza ovviamente non è l' unica attività umana (e come tutte le altre stabilisce arbitrariamente che cosa essere: è ciò che intende essere). Esistono anche le arti, la politica, la superstizioni, le religioni e infinite altre attività umane (tutte ovviamente scelte ad libitum nel loro essere quel che sono da chi intende praticarle).
Ma nessuna ha nemmeno lontanamente (e molte delle più serie e rispettabili giustamente non se lo propongono nemmeno, anzi direi che si guardano bene dal farlo: poesia, prosa letteraria, musica, teatro, cinema, ecc.) le garanzie razionalmente fondate di conoscenza del mondo materiale – naturale che sono proprie della scienza, la quale di dubitabile in linea di principio assume unicamente un minimo di credenze proprie anche del senso comune, tali che inevitabilmente chiunque è comunemente considerato sano di mente (tutti coloro che lo sono) per lo meno si comporta (-no) come se vi credesse (-ro).
E=mc(2), se la realtà diviene ordinatamente in una concatenazione causale (cosa indimostrabile: Hume!), allora è un discorso confermato da tutte le osservazioni empiriche finora effettuate: fino a eventuale falsificazione empirica futura può essere considerato vero (e di fatto funziona, ragion per cui presenta comunque certamente per lo meno tratti di verità, a meno di credere che funzioni per il solito "puro culo"), al contrario di qualsiasi altra pretesa di conoscenza del mondo materiale – naturale, per larghissimamente condivisa che sia nell' ambito di tradizioni culturali, per antiche e "venerabilissime" che siano, le cui affermazioni sono platealmente falsificate dall' esperienza e in molti casi anche aprioristicamente confutabili per via logica in quanto autocontraddittorie.
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CitazionePosto che lo scetticismo non è razionalmente superabile e allora se si vuole essere razionalisti del tutto conseguenti bisogna limitarsi a dubitare di tutto, sospendere il giudizio su tutto (anche sulla non superabilità dello scetticismo, e allora la discussione è "morta lì"; se invece si assume un minimo di credenze indimostrabili proprie del cosiddetto "senso comune" e tali che chiunque è correntemente considerato sano di mente per lo meno agisce come se vi credesse, allora è falso che qualsiasi credenza su qualsiasi cosa è vera.
Non occorre essere scettici, non si può essere scettici, è un'altra forma di assolutismo essere sempre scettici e quindi è una contraddizione. Basta ammettere che non c'è mai una identità tra quello che diciamo e quello che c'è e quindi siamo costretti ad accontentarci di quello che ci diciamo per poi vedere fin dove riusciamo insieme a condividerlo e trovare una strada comune su cui arrivare insieme senza farci troppo male, perché nessuno conosce la verità, ma ognuno un po', diversamente, la sa vivendola. Non è essere scettici questo, è solo un essere ragionevoli insieme. C'è verità nella scienza, c'è verità nei miti, nelle filosofie, ci sono verità che altri vedono e noi no, verità che si vedevano in passato e ora non più e non perché in passato fossero assolutamente in errore, e verità che si vedranno in futuro e ora no, ma non perché ora siamo assolutamente in errore. Tutti ci si muove sempre a tentoni nella realtà, come ciechi, e i discorsi che ci facciamo sono un po' come i nostri bastoni, i primi bastoni.
CitazioneLo scetticismo, essendo sospensione del giudizio, non è e non può essere autocontraddittorio (per un' impossibilità logica).
Che quello che diciamo e quello che é/accade sono diverse (e non un' identica) cose non implica affatto necessariamente (sempre e comunque, inevitabilmente) che quello che diciamo di ciò che é/accade sia falso, potendone invece anche essere (per o meno in linea di principio) conoscenza vera.
Non è possibile alcuna onniscienza, ma possiamo accontentarci (e chi si accontenta gode).
Nei miti (nella misura in cui pretendono di descrivere la realtà naturale – materiale) ci può al massimo essere qualche limitata verità empirica elementare "da senso comune" (o in alternativa qualche verità "per puro culo"): non pretenderai mica di paragonarli (quanto a conoscenza del mondo naturale) materiale alla scienza?
Te lo sconsiglio vivamente anche perché, onde essere coerente in patica con una simile pretesa, potresti esserti curato, anziché con la medicina scientfica, con la medicina degli sciamani della foresta amazzonica o della Siberia (e avresti "ottime" probabilità di essere già morto da tempo).
La filosofia è altra cosa (per me personalmente più interessante), con altri intenti.
Concordo che la conoscenza scientifica è relativa e limitata (per esempio c' era qualche elemento di conoscenza vera anche nella teoria tolemaica, come ce n' è nella cosmologia copernicana, e questo sarebbe vero anche se in futuro venisse superata da teorie -ancora- più vere); questo l' ho imparato da Lenin (Materialismo ed empiriocriticismo).
CONTINUA
CitazioneCitazioneTaglio una erronea ripetizione di cose già inviate (già i miei interventi sono lunghissimi, se poi li ripeto...
CONTINUAZIONE
Sgiombo:
Molte sono false e per quanto riguarda la conoscenza del solo mondo materiale che ne è oggetto nessun sistema teorico è neanche minimamente paragonabile per quantità di verità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di meno) e per quantità di falsità affermate (tutti gli altri ne affermano di gran lunga di più) alle scienze, grazie alla critica razionale cui si servono di osservazioni empiriche e ipotesi teoriche.
Maral:
Nella nostra prospettiva teorica, solo nella nostra è così. E ti assicuro che un abitante della Papuasia, del tutto estraneo al nostro sistema teorico, avrebbe del tutto il diritto di dire la stessa cosa con riferimento al suo sistema teorico, nato dalla sua storia e dalla sua cultura e sicuramente più adatto a vivere nel suo ambiente. Il problema è che noi andiamo là, trasformiamo sempre il suo ambiente di riferimento in cui il suo sistema era valido, mentre ovviamente ora non lo è più e prendiamo questo a dimostrazione che il nostro è più valido del suo.
"L'effetto placebo" è anch'esso una definizione che nasce nel nostro modo di pensare, è una parola nostra. Vai a raccontare a uno stregone che lui pratica l'effetto placebo... penserà che vaneggi e sei matto. Ma è così difficile rendersi conto che ognuno vede le cose non per come sono, ma per come il contesto culturale glielo consente? e che questo vale per tutti, noi compresi? Che non abbiamo inventato proprio nulla di così super oggettivo rispetto a tutti gli altri? Non riusciremo mai a liberarci di questa maledetta presunzione che ha fatto e continua a fare catastrofi ovunque, illudendoci di fare tutto al meglio, ossia proprio come la pensiamo noi, così evoluti?
Sgiombo:
Chiunque, anche un abitante della Papuasia ha il diritto dire ciò che vuole, ovviamente.
Ma ciò non toglie che le sue conoscenze del mondo materiale naturale (se sono quelle tradizionali della sua cultura e non della scienza moderna, cosa peraltro ben possibile e di fatto reale almeno per parte di loro) presentano solo minimi semplicissimi elementi di conoscenza vera e molte "scorie" false, al contrario di quelle della scienza moderna.
L' imperialismo occidentale e i suoi orrendi crimini non scalfiscono minimamente questa verità (ma fanno ben altri danni!).
Lo stregone può pensare quel che vuole, ma l'eventuale efficacia delle sue cure può dipendere solo da tre fattori:
a) conoscenze empiriche di tipo pre- o proto- scientifico;
b) l' effetto pacebo;
c) il solito "puro culo".
Ma è così difficile rendersi conto che i diversi contesti culturali vedono le cose diversamente, alcuni più conformemente a come sono (=più veracemente) alcuni meno (o al limite, per lo meno limitatamente a talune loro credenze, per nulla)?
La presunzione, che è irrazionale e non scientifica, può fare sempre grossi danni; tendenzialmente tanto più quanto più si associa a maggiori conoscenze scientifiche proprio per la maggiore verità delle conoscenze scientifiche e conseguente maggiore efficacia delle loro applicazioni rispetto a qualsiasi altra pretesa forma di conoscenza del mondo fisico – naturale!.
****************
Sgiombo:
Se così fosse non si spiegherebbe come sia nata naturalmente (cioè in un mondo naturale nel quale prima non c' era) la cultura umana: poiché per lo meno prima della comparsa dei primati (a voler essere molto prudenti in proposito) non esisteva cultura, come potrebbe essere sorta? Forse perché Dio avrebbe insegnato agli uomini le prime verità, i primi elementi di cultura, le prime conoscenze vere ("pensieri veri") di cui non potevano essere rispettivamente "gli autori" e "i fondatori" per lo meno quanto non potremmo esserli noi dei nostri?
Maral:
La cultura umana c'è da quando è comparso l'uomo, perché l'uomo non esiste senza una cultura di riferimento. Gli ominidi che scheggiavano la pietra, quasi un milione di anni fa, già avevano un forma di cultura. E' come se mi chiedessi come si spiega che gli uccelli hanno cominciato a volare e i pesci a nuotare?
Un'ipotesi che vale quello che vale ed è sempre in termini relativi (relativi a noi che la pensiamo così) è che la cosa sia collegata con l'assunzione della posizione eretta da parte di alcuni primati usciti nella Savana. La posizione eretta ha liberato gli arti anteriori con i quali si è potuto cominciare a fare e rappresentare delle cose. Ha liberato la bocca dalla sua funzione prensile e con la bocca libera si è potuto cominciare a parlare. Nessun animale si prende cura dei morti con riti funerari, al massimo li custodisce, nessun animale conserva degli attrezzi per un futuro utilizzo, nessun animale si riveste delle pelli di altri animali o si decora e si manipola il proprio corpo, nessun animale prima di andare a caccia scende in fondo a una caverna buia e comincia a pitturare gli animali che andrà a cacciare, nessun animale alza le braccia e prega e nessun animale parla e propriamente danza. E tutto questo è solo in virtù del significare per noi del mondo ed è solo nel significare che viviamo.
Sgiombo:
Dissento: l' uomo (le prime specie del genere "homo"; ed eventualmente qualche "precursore di" altri generi di scimmie antropomorfe) si è evoluto da specie precedenti come evento naturale, senza alcuna cultura "innata"; ed ha sviluppato (epigeneticamente, come comportamento acquisito -"ha inventato"- e non geneticamente, come istinto comportamentale innato) la cultura (le culture); è nato con "la capacità potenziale" di fare cultura", non "dotato di cultura in atto".
La cultura delle specie del genere "homo" (ed eventualmente e alquanto limitatamente di qualche specie di scimmia antropomorfa "precorritrice" delle specie "homo") é nata ben diversamente dai comportamenti delle atre specie (come il volo degli uccelli e il nuoto dei pesci): proprio in questo passaggio da un comportamento istintivo stereotipato e uniforme a un comportamento creativo, variabile al variare delle circostanze, sta il "salto di qualità" (un "superamento dialettico" e non una "negazione assoluta") dalla natura alla cultura.
Ti faccio notare che vivono (realmente) anche gli altri animali che non hanno cultura e pensiero simbolico: essere reale (anche il nostro, di uomini dotati di pensiero simbolico e cultura) =/= significare!.
**************
Sgiombo:
Non confondiamo valutazione di fatti constatati con valutazione di giustezza o doverosità di azioni!
Maral:
Come diavolo fai la valutazione dei "fatti constatati" se non hai un metodo di valutazione che stabilisca come procedere, rispetto a cosa valutarli e un metro di misura? E quale metodo valuta il metodo di valutazione dei fatti constatati? E quale constatazione li dichiara constatati?
Ogni sistema di conoscenza, funzionando, dimostra la sua ragionevolezza.
Il minimo comune denominatore richiesto dal senso comune, c'è nella misura in cui il senso comune di una certa cultura sociale funziona nel contesto in cui si esprime, quando non funziona quella cultura e quella società inevitabilmente si disintegra. La nostra cultura è stato un fattore disintegrante per molte altre, ormai lo è diventata anche per se stessa.
La sanità mentale la si misura nella misura in cui un individuo non si disintegra psicologicamente, una società non si disintegra culturalmente. L'individuo normalmente sano di mente non è quello che crede nella scienza piuttosto che nei racconti dei miti, ma è quello che vive in consonanza con il contesto culturale in cui si trova, ove il contesto culturale non sia a sua volta in disintegrazione. Quando questo accade, l'individuo, salve rare eccezioni, non ha speranza, muore mentre muore la sua cultura.
Non è folle ritenere i pipistrelli degli dei: l'uomo ha visto Dei in tantissimi animali, gli animali sono state le sue prime divinità e fin qui è sopravvissuto moltiplicandosi a dismisura e producendo arte, scienza, tecnologie e filosofie. Forse il problema della sanità mentale non è mai stato vedere un Dio in un pipistrello ... o forse sì e in qualche modo siamo sempre alla ricerca di quel pipistrello.
Sgiombo:
Constatare significa semplicemente osservare empiricamente.
Questo è il metodi di valutazione (falsificazione o conferma) del senso comune e, a un livello molto più sofisticato e sottoposto a critica razionale, delle scienze.
Ma non vorrai mica equiparare il "funzionamento" (e dunque la ragionevolezza e la verità teorica) delle medicine empiriche primitive con quello della medicina scientifica ? ! ? ! ? !
La nostra cultura è diventata un fattore potenzialmente (e probabilmente di fatto; anche se l' ottimismo della volontà mi fa sperare che così non sia) distruttivo anche per se stessa non affatto per le verità scientifiche di cui dispone, bensì per l' irrazionalità estrinseca degli assetti sociali capitalistici che condizionano gli impieghi tecnici – pratici distruttivi delle conoscenze scientifiche.
Mai scritto che L'individuo normalmente sano di mente è [solo e unicamente] quello che crede nella scienza, ma invece che la scienza ammette di indimostrabile unicamente quello che inevitabilmente ogni individuo comunemente ritenuto sano di mente (tutti) per lo meno si comporta come se ci credesse.
E' per lo meno folle oggi, per chi disponga delle conoscenza ormai appartenenti al senso comune di quasi tutte le popolazioni del mondo, ritenere che i pipistrelli siano dei (ma non mi pare che di fatto lo sano sati creduti in passato, contrariamente ad altri animali; ma su questo potrei non essere adeguatamente informato).
Citazione di: sgiombo il 29 Aprile 2017, 12:07:00 PM
Non significa nulla il tavolo, contrariamente alla scritta (su un cartello appostovi dal falegname dopo averlo verniciato) "vernice fresca" e alla proposizione "questo è un tavolo ben fatto".[/font][/size][/color]
E' appunto questo che non capisco. Il tavolo ha un significato, proprio come il cartello e la proposizione. Noi vediamo e intendiamo dei significati. Cos'altro mai? Anche ciò di cui si dice che non significa nulla significa.
CitazioneCos' è questo se non proprio per l' appunto confondere le parole che costituiscono la conoscenza della vita (la quale accade indipendentemente dalle parole con le quali -eventualmente- la si consce) con il fatto della vita?
Non confondo proprio nulla: il significato de "il fatto della vita" non è il fatto della vita, anche se è ancora un fatto della vita che non accade arbitrariamente. Il pensare qualcosa, pur non essendo quel qualcosa, non se ne sta per conto suo, staccato da ciò che si presenta, che appunto si presenta chiedendo di essere vissuto secondo significato, dunque chiede un segno, un nome che lo chiami e lo richiami facendone segno. Non certo chiede di essere quello che è, lo è sempre quello che è, ma cosa è, ossia il significato per dire la cosa.
Questo nome non ce lo suggerisce Dio, ma il nostro modo di vivere, di fare, di vedere e di conoscere nel mondo in cui siamo che è il risultato di una lunga storia di conoscenza sempre in marcia, con noi dentro. E in questa marcia appaiono miti, arti, filosofie e scienze che danno luogo a sempre diversi modi di significare, ossia di fare segno delle cose. Noi non scegliamo proprio nulla, viviamo tutto questo nei nostri modi di pensare, di parlarci l'un l'altro, di progettare e costruire.
La scienza non è affatto un modo privilegiato per conoscere (dire e nominare) il mondo per come è, proprio perché è parte del mondo e quindi ne partecipa insieme alle altre parti e dunque, essendone parte, ne ha una visione parziale, appropriata entro un contorno definito, che non è il contorno del mondo intero. In questa parte il mondo descritto dalla scienza i discorsi scientifici indicano in modo appropriato, ma pur tuttavia richiamano altri modi di dire e di pensare dai quali potranno svilupparsi nuove scienze, nuove arti, persino nuovi miti. Tutti i confini sono permeabili e ciò che oggi significa "un sistema sano di mente", ossia un sistema di riferimento realistico, era follia ieri e sarà follia domani, se non se ne vedrà la contiguità.
Le osservazioni empiriche non sono separate dal contesto di significato in cui si fanno, non c'è nessuna osservazione né falsificazione empirica che non partecipi di un contesto di prassi e modi di intendere (comprendenti miti, superstizioni ecc.) che la rendono possibile. La "falsificazione plateale" è plateale solo rispetto a una platea di contesto e non certo in assoluto. E le platee cambiano continuamente, sono le stesse osservazioni con le loro conseguenze a farle cambiare.
CitazioneLo scetticismo, essendo sospensione del giudizio, non è e non può essere autocontraddittorio (per un' impossibilità logica).
Ma lo scetticismo non è sospensione del giudizio, al contrario giudica che nulla è vero, giudica tutto falso e dire che nulla è vero è un'autocontraddizione.
Nei miti c'è il fondamento dei nostri modi di dare significato alle cose, compresa la nostra scientificità attuale. Il motivo per cui non è oggi opportuno andare dallo stregone per farsi curare è che il mondo in cui viviamo non ci restituisce il significato di "cura" in quello che lui fa, non può in linea di massima restituircelo. E poiché questo mondo è quello in cui viviamo è opportuno attenersi ai significati da esso istituiti per viverci, sapendo bene comunque che non sono assoluti.
CitazioneLa filosofia è altra cosa (per me personalmente più interessante), con altri intenti.
Cos'è per te la filosofia e che intenti ha?
CitazioneConcordo che la conoscenza scientifica è relativa e limitata (per esempio c' era qualche elemento di conoscenza vera anche nella teoria tolemaica, come ce n' è nella cosmologia copernicana, e questo sarebbe vero anche se in futuro venisse superata da teorie -ancora- più vere); questo l' ho imparato da Lenin (Materialismo ed empiriocriticismo).
Non ci saranno teorie più vere in futuro, ci saranno teorie diverse, ma che trarranno i loro nuovi significati dai nostri spostando le visuali di senso, proprio come noi abbiamo tratto le nostre dalle conoscenze del nostro passato. E tutto questo non sarà a nostro arbitrio, perché le panoramiche cambiano in continuazione, mentre si conosce e nessuna panoramica del tutto è possibile, ne siamo parte.
Citazione di: sgiombo il 29 Aprile 2017, 12:13:08 PM
Chiunque, anche un abitante della Papuasia ha il diritto dire ciò che vuole, ovviamente.
Ma ciò non toglie che le sue conoscenze del mondo materiale naturale (se sono quelle tradizionali della sua cultura e non della scienza moderna, cosa peraltro ben possibile e di fatto reale almeno per parte di loro) presentano solo minimi semplicissimi elementi di conoscenza vera e molte "scorie" false, al contrario di quelle della scienza moderna.
L' imperialismo occidentale e i suoi orrendi crimini non scalfiscono minimamente questa verità (ma fanno ben altri danni!).
Penso invece che le conoscenze della sua cultura siano perfettamente adeguate alla vita che vive variando in rapporto a questa (altrimenti gli abitanti della Papuasia verrebbero a estinguersi)- Il problema è quando una cultura con il significato che essa traduce del mondo in cui si vive, si scontra con un'altra. Allora la più potente può sterminare la prima. Ma "più potente" non significa più vera, la potenza non è un fatto di verità. Accade come quando si introduce un bacillo nuovo in una popolazione che non ne ha le difese immunitarie, solo che in questo caso si verifica uno sterminio culturale che porta a uno sterminio biologico.
La nostra razionalità è tale solo in relazione al nostro modo di vivere nel mondo, non è assoluta.
CitazioneDissento: l' uomo (le prime specie del genere "homo"; ed eventualmente qualche "precursore di" altri generi di scimmie antropomorfe) si è evoluto da specie precedenti come evento naturale, senza alcuna cultura "innata"; ed ha sviluppato (epigeneticamente, come comportamento acquisito -"ha inventato"- e non geneticamente, come istinto comportamentale innato) la cultura (le culture); è nato con "la capacità potenziale" di fare cultura", non "dotato di cultura in atto".
La cultura delle specie del genere "homo" (ed eventualmente e alquanto limitatamente di qualche specie di scimmia antropomorfa "precorritrice" delle specie "homo") é nata ben diversamente dai comportamenti delle atre specie (come il volo degli uccelli e il nuoto dei pesci): proprio in questo passaggio da un comportamento istintivo stereotipato e uniforme a un comportamento creativo, variabile al variare delle circostanze, sta il "salto di qualità" (un "superamento dialettico" e non una "negazione assoluta") dalla natura alla cultura.
Sì, ma questo non spiega per nulla come è avvenuto questo passaggio da un comportamento istintivo a uno creativo. Come da una pre-scimmia si arrivi all'uomo. Non credo comunque lo si possa spiegare. Io ti ho presentato un'ipotesi che sta nell'acquisizione della posizione eretta (ipotesi che rientra in un ambito di interpretazione scientifica attuale), ma anche questa resta solo un'ipotesi a cui si può credere o meno, come a una favola.
CitazioneTi faccio notare che vivono (realmente) anche gli altri animali che non hanno cultura e pensiero simbolico: essere reale (anche il nostro, di uomini dotati di pensiero simbolico e cultura) =/= significare!.
Certo che vivono e probabilmente meglio di noi! Il significare è una complicazione per vivere. I batteri sono le forme di vita di gran lunga più diffuse e di più lunga esistenza. Non credo che pensino al significato del mondo, ma ci possono far pensare che forse l'evoluzione andrebbe letta alla rovescia.
CitazioneConstatare significa semplicemente osservare empiricamente.
Questo è il metodi di valutazione (falsificazione o conferma) del senso comune e, a un livello molto più sofisticato e sottoposto a critica razionale, delle scienze.
E' vero: "constatare
significa osservare empiricamente" (ho sottolineato la parola chiave). Ma osservare empiricamente cosa significa? Se per te significa vedere le cose come sono non sono d'accordo, questo non è possibile. Quanto alla critica razionale delle scienze, va benissimo, ma non per questo la si può intendere come un procedimento che purifichi nel nome della verità in sé il materiale grezzo dell'osservazione.
CitazioneMa non vorrai mica equiparare il "funzionamento" (e dunque la ragionevolezza e la verità teorica) delle medicine empiriche primitive con quello della medicina scientifica ? ! ? ! ? !
Certo che no, vivo nel mondo in cui vivo e vivendoci partecipo della sua ragionevolezza. Non saprei né potrei vivere in un mondo diverso da questo, nemmeno se fosse quello dei miei nonni o trisnonni, non vivo nella foresta amazzonica e se dovessi andarci a vivere dovrei portare con me molte cose del mio mondo per sopravvivere, prendere un pezzettino della foresta e trasformarla in un pezzetto del mio mondo, con le mie medicine, i miei strumenti e via dicendo. Noi siamo i prodotti di contesti e in ragione i questi esistiamo.
CitazioneLa nostra cultura è diventata un fattore potenzialmente (e probabilmente di fatto; anche se l' ottimismo della volontà mi fa sperare che così non sia) distruttivo anche per se stessa non affatto per le verità scientifiche di cui dispone, bensì per l' irrazionalità estrinseca degli assetti sociali capitalistici che condizionano gli impieghi tecnici – pratici distruttivi delle conoscenze scientifiche.
La nostra cultura scientifica non è assisa su un trono separato dalla nostra cultura, dal nostro modo di vivere e di intendere l'esistenza. Modo di intendere che include pure il capitalismo e la necessità di correggerlo, dato che così non funziona, ma non si può credere che la scienza sia separata e a sé stante dal capitalismo, anche il capitalismo ha contribuito a svilupparla proprio nei modi di pensare scientificamente, che infatti sono fondamentalmente quantitativi e relazionali in termini economici che si pretendono oggettivi in quanto esattamente misurabili e valutabili secondo unità di misura.
CitazioneMai scritto che L'individuo normalmente sano di mente è [solo e unicamente] quello che crede nella scienza, ma invece che la scienza ammette di indimostrabile unicamente quello che inevitabilmente ogni individuo comunemente ritenuto sano di mente (tutti) per lo meno si comporta come se ci credesse.
Eh, ma quello che la scienza ha per indimostrabile è il fondamento della scienza stessa (che non è l'osservazione empirica, ma l'osservazione empirica scientificamente considerata e rielaborata, falsificazione compresa). Questo ovviamente non implica non credere nella scienza, è del tutto opportuno credere nei suoi dettami, anche se su molti aspetti si presentano contraddittori, nell'ambito degli stessi specialisti ognuno dei quali si crede il portatore della vera unica scienza oggettiva. Ma questo, come sempre e fin dall'epoca dei miti, è umano, troppo umano.
X Maral
La questione è sempre quella:
Noi vediamo e intendiamo dei significati, conosciamo la realtà pensandola tramite concetti che la significano.
Ma invece, indipendentemente da ciò, la realtà (in generale; in particolare il tavolo) puramente e semplicemente è/diviene; ciò che nel suo ambito significa qualcosa sono solo i nostri pensieri, concetti (o meglio le parole con le quali li intendiamo; o per l' appunto che li significano; in generale e in particolare la scritta sul cartello "vernice fresca").
E infatti continui a confondere il fatto della vita con il pensiero, la (eventuale) conoscenza (vera) del "fatto della vita".
Il pensare qualcosa, non essendo quel qualcosa, è "tutt' altra cosa" da quel "qualcosa" che si presenta alla coscienza e può venire (eventualmente!) pensato (o meno!), che appunto non si presenta affatto chiedendo di essere vissuto secondo significato, non chiede affatto un segno, un nome che lo chiami e lo richiami facendone segno; siamo invece noi (possibili) soggetti di esperienza e di conoscenza eventualmente, non necessariamente a pensarlo e denominarlo attraverso un nome significante o meno.
Non vedo proprio come mai la scienza, per essere parte del mondo e quindi parteciparne insieme alle altre parti e per il fatto di esserne ovviamente una conoscenza limitata, relativa, parziale, non possa averne conoscenza vera, anche se alla condizione della verità indimostrabile di alcune tesi proprie del senso comune e tali che chiunque in qualsiasi epoca possa essere ed essere stato comunemente considerato sano di mente si comporta per lo meno come vi credesse, per un istinto comportamentale innato universalmente nell' uomo (salvo gravi patologie mentali).
E questo, salvo (rari) casi di "puro culo" o (questi relativamente non infrequenti) di mero senso comune o di "pre-" o "proto-" scientificità, al contrario di qualsiasi altra concezione non altrettanto razionalmente critica ed empiricamente testata con rigore, per diffusa, lunga, "gloriosa" sia la tradizione cultuale di cui faccia parte.
Mi dispiace sinceramente che per te la falsificazione della concezione tolemaica non sia plateale che nell' opinione di chi ci crede (alla falsificazione), la quale sarebbe altrettanto valida e vera di quella di chi invece pensa che la terra sia al centro dell' universo: ti sbagli di grosso (e per fortuna che questo errore non ha conseguenze pratiche, contrariamente a quello di seguire le medicine degli sciamani, cosa che oso sperare per la tua salute e sopravvivenza tu non faccia).
A me risulta che lo scetticismo non sia affatto la (autocontraddittoria, paradossale) affermazione (predicato, giudizio) che nulla è vero, tutto é falso, bensì il dubbio circa la verità di qualsiasi affermazione, ovvero la sospensione (epoché) del giudizio.
Che la conoscenza scientifica non sia assoluta ma relativa e limitata l' ho sempre affermato a chiare lettere.
Ma ciò non significa affatto che sua verità sia dipendente dal contesto esattamente come quella di qualsiasi altra credenza: infatti purtroppo i bambini curati dagli stregoni (nella misura in cui ancora ciò avviene da qualche parte) o non curati affatto o non adeguatamente (come purtroppo di fatto accade non di rado) hanno vita media molto più breve di quella dei bambini curati con la medicina scientifica, pur vivendo in un contesto culturale che crede alla verità ed efficacia della stregoneria.
Per me la filosofia è (anche) critica razionale di qualsiasi credenza (anche quelle della scienza), valutazione del loro grado di certezza, del loro effettivo significato, delle loro condizioni di verità; nonché -per lo meno- considerazione della realtà fisica ed eventualmente non fisica (la realtà in toto) nelle sue caratteristiche e aspetti più generali, complessivi, e critica razionale del come dover agire (del "che fare?").
Poiché ripeti che non ci sono teorie più vere di altre e non ce ne saranno mai in futuro, e in particolare che per te la concezione copernicana del sistema solare è altrettanto vera di quella tolemaica (e di qualsiasi altra esista in un qualsiasi cultura presente o passata; e pure futura), non posso che ribadire quanto già affermato in proposito, che ti sbagli di grosso, per tua fortuna (il solito "puro culo") senza conseguenze pratiche.
Non basta certo il fatto di non estinguersi per dimostrare che ciò che si crede è altrettanto vero di ciò che dice la scienza moderna: se così paradossalmente fosse, l' umanità si sarebbe già estinta da un bel pezzo, anziché essere oggi a rischio di estinzione per le irrazionalistici impieghi pratici delle conoscenze scientifiche.
La razionalità non è mai assoluta per definizione.
Come è avvenuto il passaggio da un comportamento istintivo a uno creativo, come da una pre-scimmia si arrivi all'uomo lo spiega a mio avviso in maniera soddisfacientissima la teoria scientifica dell' evoluzione biologica (ovviamente si tratta di una valutazione del tutto arbitraria, soggettiva: c' è anche chi non riesce ad essere soddisfatto di una spiegazione che non sia teologica o per lo meno teleologica; comunque scusa ma, per essere sincero e senza intenzioni offensive, non posso non esimermi dal dire che metterla sullo stesso piano delle favole mi sembra decisamente penoso).
Dunque, se Il significare è una complicazione per vivere e i batteri sono le forme di vita di gran lunga più diffuse e di più lunga esistenza e se Non credi che pensino al significato del mondo, allora come da me sostenuto:
essere reale (in generale; e in particolare vivere realmente) =/= significare.
Constatare significa (banalmente!) vedere le cose come appaiono (come sono in quanto fenomeni).
Ho sempre sostenuto a chiare lettere che vedere (e percepire sensibilmente in generale) le cose in sé non è possibile (è anzi insensato, autocontradddittorio) e che le scienze non possono conoscere e non conoscono le cose in sé ma solo i fenomeni.
Poiché affermi "Non saprei né potrei vivere in un mondo diverso da questo, nemmeno se fosse quello dei miei nonni o trisnonni, non vivo nella foresta amazzonica e se dovessi andarci a vivere dovrei portare con me molte cose del mio mondo per sopravvivere, prendere un pezzettino della foresta e trasformarla in un pezzetto del mio mondo" constato che per lo meno vivi come se credessi che la scienza moderna è molto più vera delle credenze animistiche degli indigeni dell' Amazzonia anche nell' Amazzonia; ma lo è anche a proposito degli indigeni dell' Amazzonia, in barba alle credenze degli indigeni stessi.
Ho mai preteso da qualche parte di "porre su un trono" la conoscenza scientifca" ? ! ? ! ? !
Né di scriverla con l' iniziale maiuscola ! ? ! ? ! ?
O che la scienza sia di fatto separata e a se stante dal capitalismo ? ! ? ! ? !
Ma ciò non toglie che sia teoricamente distinguibile da esso e praticamente impiegabile (e impieganda) al di fuori e anche contro di esso ! ! !
E da marxista credo che il capitalismo abbia avuto in passato una sua importante fase progressiva e anche rivoluzionaria, nella quale ha potentemente contribuito (fra l' altro) allo sviluppo della scienza e all' estensione e approfondimento delle sue conoscenze vere (anche grazie alla considerazione quantitativa e alle misurazioni della realtà naturale – materiale).
Ed ho anche sempre affermato (e ascritto a merito imperituro del mio grande a veneratissimo maestro David Hume questa scoperta) che la scienza ha come conditiones sine qua non (delle propria possibilità e della propria verità) alcune tesi indimostrabili né empiricamente constatabili ma credibili solo per fede.
Non la scienza si (auto-) contraddice, ma invece reciprocamente varie ipotesi scientifiche ...in attesa di falsificazione delle une/conferma della altre empirica.
Sgiombo,
rigetto di nuovo totalmente l'imputazione che mi fai di confondere la vita con la conoscenza, non avendo nei miei interventi ribadito altro che la loro sostanziale e irriducibile differenza. I nostri discorsi, le parole, i nomi con i loro significati, rientrano nel mondo della conoscenza e non sono la vita in sé, ma la significano, la rappresentano. Semmai chi fa confusione è chi crede che ci sia o sia possibile arrivare a un discorso (filosofico, scientifico o religioso) capace di aderire sempre più alla essenza reale del mondo, fino a essere lo stesso con essa.
Ciononostante che mi è assolutamente chiaro e non ho fatto altro che dirlo, ritengo che tutti i discorsi mostrino aspetti del reale parimenti significativi, anch'essi sono fatti reali e veri nel loro diverso modo di indicare cosa accade: lo sono i miti dei popoli primitivi quanto le teorie astrofisiche più avanzate e comprovate. Sono veri nei termini di contesto prospettico che li esprimono e determinano i nostri modi di vedere e di pensare secondo le nostre sempre parziali prospettive. Questo è il motivo per cui ritengo assurdo credere che la terra sia un piatto immobile al centro dell'universo, ritengo assurdo credere che il faraone sia morto per una maledizione del Dio e non per una infezione batterica, ma lo ritengo assurdo in quanto so che il mio ritenerlo assurdo è il pensiero condiviso di un contesto che è il contesto in cui vivo e che mi esprime, non perché è così. Il perché è così in sé è irraggiungibile ed è irraggiungibile proprio in quanto non faccio alcuna confusione tra ciò che si dice essere e accadere e ciò che è e accade: il primo mostra necessariamente in modo parziale e relativo, il secondo è in modo assoluto e irraggiungibile a ogni conoscenza e l'unica follia è pensare di poter dire questo assoluto come è, sia che lo si intenda esprimere scientificamente, filosoficamente o religiosamente.
Per questo so perfettamente che come per me è assurdo pensare che il faraone sia morto per la maledizione di un Dio, per chi viveva in quella cultura sarebbe stato completamente assurdo pensare che fosse morto per infezione batterica e non posso essere certo io, espressione della mia cultura, a insegnargli ciò che realmente accade, perché io, come lui, non so cosa accade, ma io, come lui, con i miei discorsi lo rappresento in relazione ai contesti in cui vivo e non posso fare altro che questo. Questo significa per me dire (e ti prego di notare che anche questo è solo un dire) che non c'è alcun sapere gerarchico in termini assoluti, mentre vi sono saperi più o meno appropriati per stare meglio nel mondo in cui si vive.
La filosofia (e ce ne sono tante) non può e non deve porsi come discriminante tra i saperi, in nome di una verità filosofica oggettiva che non esiste, essendo pure ogni filosofia solo un discorso e non l'unità di misura di ogni discorso. La filosofia ha senso solo come continua critica verso chi pensa che vi sia un solo modo di dire valido per tutti e per sempre. Per questo la vera filosofia dà fastidio, ha sempre dato fastidio (e oggi in misura massima, tanto da proclamarla futile e inutile) e deve dare fastidio: essa mette continuamente in discussione quello che si deve prendere per buono, perché così si è "normalmente sani di mente". La filosofia ha senso se mette in discussione tutti i "normalmente sani di mente" e fa vedere quanto poco lo siano, quanto poco lo siamo.
Il filosofo però non è uno scettico assoluto, né è uno che si astiene, vivendo, dal giudicare di fatto, ma sa che ogni presa di posizione cognitiva ha una sua verità e un suo errore, per cui non è superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi e proprio perché è capace di non fare nessuna confusione tra il significato con cui la realtà si mostra sempre in modo prospettico e parziale e la realtà stessa che, al di fuori del suo significare parziale, quindi in qualche misura sempre errato, nessuno vede, ma non può evidentemente non esserci.
In questo ambito (che è cognitivo), esiste pure il fantasticare come gioco dei significati, perché ogni significato rimanda a un altro significato, ogni significato a sua volta significa richiamando la sua negazione che si può presentare, in relazione al nostro esistere, come il significato desiderabile che non c'è. Ed è allora che il significato originario appare come se fosse la cosa reale che c'è, mentre è solo una parola che si dà significando e rimbalza, da un significato all'altro, spostata dal desiderio.
L'essere umano in conclusione non è, né potrà mai essere colui che sa la realtà (gli animali, le piante, le rocce la sanno ben più di lui), ma è colui che continuamente la sogna e la immagina per evocarsela. in altre parole è colui che desiderando parla e conosce e anche questo è solo un modo di dire, lo so.
Citazione di: maral il 04 Maggio 2017, 13:13:24 PM
Sgiombo,
rigetto di nuovo totalmente l'imputazione che mi fai di confondere la vita con la conoscenza, non avendo nei miei interventi ribadito altro che la loro sostanziale e irriducibile differenza. I nostri discorsi, le parole, i nomi con i loro significati, rientrano nel mondo della conoscenza e non sono la vita in sé, ma la significano, la rappresentano. Semmai chi fa confusione è chi crede che ci sia o sia possibile arrivare a un discorso (filosofico, scientifico o religioso) capace di aderire sempre più alla essenza reale del mondo, fino a essere lo stesso con essa.
Ciononostante che mi è assolutamente chiaro e non ho fatto altro che dirlo, ritengo che tutti i discorsi mostrino aspetti del reale parimenti significativi, anch'essi sono fatti reali e veri nel loro diverso modo di indicare cosa accade: lo sono i miti dei popoli primitivi quanto le teorie astrofisiche più avanzate e comprovate. Sono veri nei termini di contesto prospettico che li esprimono e determinano i nostri modi di vedere e di pensare secondo le nostre sempre parziali prospettive. Questo è il motivo per cui ritengo assurdo credere che la terra sia un piatto immobile al centro dell'universo, ritengo assurdo credere che il faraone sia morto per una maledizione del Dio e non per una infezione batterica, ma lo ritengo assurdo in quanto so che il mio ritenerlo assurdo è il pensiero condiviso di un contesto che è il contesto in cui vivo e che mi esprime, non perché è così. Il perché è così in sé è irraggiungibile ed è irraggiungibile proprio in quanto non faccio alcuna confusione tra ciò che si dice essere e accadere e ciò che è e accade: il primo mostra necessariamente in modo parziale e relativo, il secondo è in modo assoluto e irraggiungibile a ogni conoscenza e l'unica follia è pensare di poter dire questo assoluto come è, sia che lo si intenda esprimere scientificamente, filosoficamente o religiosamente.
Per questo so perfettamente che come per me è assurdo pensare che il faraone sia morto per la maledizione di un Dio, per chi viveva in quella cultura sarebbe stato completamente assurdo pensare che fosse morto per infezione batterica e non posso essere certo io, espressione della mia cultura, a insegnargli ciò che realmente accade, perché io, come lui, non so cosa accade, ma io, come lui, con i miei discorsi lo rappresento in relazione ai contesti in cui vivo e non posso fare altro che questo. Questo significa per me dire (e ti prego di notare che anche questo è solo un dire) che non c'è alcun sapere gerarchico in termini assoluti, mentre vi sono saperi più o meno appropriati per stare meglio nel mondo in cui si vive.
La filosofia (e ce ne sono tante) non può e non deve porsi come discriminante tra i saperi, in nome di una verità filosofica oggettiva che non esiste, essendo pure ogni filosofia solo un discorso e non l'unità di misura di ogni discorso. La filosofia ha senso solo come continua critica verso chi pensa che vi sia un solo modo di dire valido per tutti e per sempre. Per questo la vera filosofia dà fastidio, ha sempre dato fastidio (e oggi in misura massima, tanto da proclamarla futile e inutile) e deve dare fastidio: essa mette continuamente in discussione quello che si deve prendere per buono, perché così si è "normalmente sani di mente". La filosofia ha senso se mette in discussione tutti i "normalmente sani di mente" e fa vedere quanto poco lo siano, quanto poco lo siamo.
Il filosofo però non è uno scettico assoluto, né è uno che si astiene, vivendo, dal giudicare di fatto, ma sa che ogni presa di posizione cognitiva ha una sua verità e un suo errore, per cui non è superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi e proprio perché è capace di non fare nessuna confusione tra il significato con cui la realtà si mostra sempre in modo prospettico e parziale e la realtà stessa che, al di fuori del suo significare parziale, quindi in qualche misura sempre errato, nessuno vede, ma non può evidentemente non esserci.
In questo ambito (che è cognitivo), esiste pure il fantasticare come gioco dei significati, perché ogni significato rimanda a un altro significato, ogni significato a sua volta significa richiamando la sua negazione che si può presentare, in relazione al nostro esistere, come il significato desiderabile che non c'è. Ed è allora che il significato originario appare come se fosse la cosa reale che c'è, mentre è solo una parola che si dà significando e rimbalza, da un significato all'altro, spostata dal desiderio.
L'essere umano in conclusione non è, né potrà mai essere colui che sa la realtà (gli animali, le piante, le rocce la sanno ben più di lui), ma è colui che continuamente la sogna e la immagina per evocarsela. in altre parole è colui che desiderando parla e conosce e anche questo è solo un modo di dire, lo so.
Mi permetto brevemente, come un pic indolor,
All'inizio fu l'analisi dell'essere o se si vuole degli enti, ed era l'ontologia.
Poi ci rese conto che il soggetto conoscitivo era l'uomo, quindi viene la gnoseologia o epistemologia.
Ancora, quando si cercò di formalizzare i fenomeni naturali, gli eventi ,le manifestazioni analizzate dalla scienza galileana, nasce il rapporto soggetto/oggetto, che porterà alle fenomenologie dove si dedurrà che è impossibile scindere l'osservato dall'osservatore.
Intanto con le nuove formulazioni logiche proposizionali nasceranno i paradossi moderni all'interno dei sistemi.
L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche.
perchè è dentro il sistema degli enti metafisici, è dentro il sistema e dominio della natura fisica, perchè è lui l'agente che traspone in schemi logici il mondo della natura nelle formulazioni dei calcoli matematici ,degli algoritmi scientifici.
L'interpretazione del destino umano fece guardare inizialmente il cielo, bandendo la terra; nella modernità si volse alla terra bandendo il cielo. perchè l'uomo è teoretica e pratica e tende a focalizzare e concentrarsi solo un punto dimenticando la totalità
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.
il paradosso del disagio e della difficoltà umana sta proprio in questo.
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane.
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Pensateci bene e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Ma il paradosso è credere che sia materiale, oggettivante la realtà, che vi sia una realtà più realistica della visione umana.
Ma il vero, il verosimile, il falso, la verità e la menzogna, il bianco il nero, la luce e il buio, il bene e il male, che siano reali o irreali non è tanto questo in sè e per sè che sia contato storicamente.
Ma iil fatto di aver praticato una metafisica anche se non si credeva o non si crede alla metafisica :questo è il paradosso umano della postmodernità.
Non si crede alla metafisica, va bene ,allora come si creano immagini e schemi mentali, a meno che nell'analisi del sangue sorge un algoritmo, un diagramma, un postulato:da: dove vengono? Siamo noi stessi traslatori, codificatori e intepreti di un'onda elettromagnetica che spostiamo dal dominio fisico allo schema rappresentazionale mentale. Non è vero?Non c si crede?
Ma comì'è che ognuno ha una idea di sè, e del mondo, com'è che ognuno sosteine dei suoi principi, ma com'è che quello che si crede in quegli schemi mentali che ci appartengono diventano le pratiche convenzionali umane, i linguaggi, persino le stesse condizioni esistenziali.
Noi pratichiamo ciò che ci dettano quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, e non ne è esente nè il fisico e neppure il metafisco, perchè come ho scritto inizialmente è l'uomo che sta nella centralità dell'atto del conoscere è l'uomo che ha definito ontologie ed epistemologie.E per quanto la sua mente sia straordinaria, ma limitata, seppur cercando continuamente una via della verità, pratica comunque nell'obliquità della sua fallibilità in questo cammino chiamato storia proprio la sua straordinarietà e la sua limitatezza, semplicemente vivendo, banalmente esistendo.
Quando al crepuscolo, l'uomo volgendosi alle spalle vedrà la sua storia, saprà di andare oltre la notte senza aver conosciuto la verità
Ma ci ha provato, ci ha tentato ,ha barcollato si è ripreso e poi caduto, ma è andato avanti............
P.S. scusa Maral se ho preso a pretesto il tuo scritto, ma voleva esser e solo una breve riflessione, niente più
"Semmai chi fa confusione è chi crede che ci sia o sia possibile arrivare a un discorso (filosofico, scientifico o religioso) capace di aderire sempre più alla essenza reale del mondo, fino a essere lo stesso con essa. "
Però maral in quanto appartenenti al mondo pur ognuno di noi partecipa di questa supposta essenza reale dello stesso, ergo (almeno un po') non vedo perchè non dire che siamo parte di questa famigerata essenza reale e, in più, non vedo perchè pensare che sia inintelligibile d'amblè ?
Condivido paul11 la tua riflessione e particolarmente la conclusione, non si può fare a meno di continuare sulla strada della conoscenza e proprio perché la conoscenza non è aderenza al reale è un cammino sempre in corso.
Citazione di: Lou il 04 Maggio 2017, 17:50:34 PM
Però maral in quanto appartenenti al mondo pur ognuno di noi partecipa di questa supposta essenza reale dello stesso, ergo (almeno un po') non vedo perchè non dire che siamo parte di questa famigerata essenza reale e, in più, non vedo perchè pensare che sia inintelligibile d'amblè ?
Certo, come si potrebbe mai negare che ne siamo parte e perciò
in parte il reale è intellegibile, ossia nel contesto della parte in cui ci si trova posti. Per questo concordo perfettamente con la necessità di Sini di porre la domanda: "dove sei (e dove sono) per affermare quello che stai (sto) dicendo?" e il "dove sei", dal suo punto di vista, lui lo propone riferito alle prassi che si praticano e si condividono, con tutta l'esplorazione antropologica che ne consegue. Non basta affermare E=mc(2), ma occorre in primo luogo chiarire quale contesto di pratiche conferisce a questa formula uno specifico significato di verità.
In fondo il nostro cammino di conoscenza è un errare (nel doppio senso di errore e di cammino) che è sempre in qualche modo diversamente nella verità.
Risposta a Maral:
Non era un' imputazione ma un' obiezione.
Comunque chi, facendo confusione, crede che ci sia o sia possibile arrivare a un discorso (filosofico, scientifico o religioso) capace di aderire sempre più alla essenza reale del mondo, fino a essere lo stesso con essa [evidenziazione mia, N.d.R.] non sono di certo io, che invece insisto noiosissimamente a mettere in guardia dal fare questa identificazione.
Tutti i discorsi sono ovviamente (se realmente accadono) fatti reali.
Ma non invece sono parimenti veri: i miti dei popoli primitivi lo sono molto, ma molto diversamente (in minor misura) della scienza moderna in generale (ma non credo invece in particolare delle teorie astrofisiche più accreditate; che peraltro a mio parere hanno ben poco di scientifico, e ancor meno di comprovato).
Possono al massimo (e spesso lo sono di fatto) essere ritenuti veri parimenti (o anche maggiormente) in modo fortemente convinto e generalizzato nelle rispettive culture.
Se ritieni assurdo credere che il faraone sia morto per una maledizione del Dio e non per una infezione batterica, ma lo ritieni assurdo in quanto sai che il tuo ritenerlo assurdo è il pensiero condiviso di un contesto che è il contesto in cui vivi e che ti esprime, e non perché è così, allora é altrettanto assurdo del credere che sia morto per un' infezione batterica da parte dei suoi sudditi non perché sia così ma perché era il pensiero condiviso di un contesto che era il contesto in cui vivevano e che li esprimeva.
Il che è per così dire "assurdo al quadrato"!
Il sapere è sempre limitato, relativo (ma non per questo pari fra tutte le possibili e di fatto reali teorie o credenze: scientifiche, filosofiche, religiose, ecc.): l' ho sempre sostenuto a chiarissime lettere!
Il reale (in generale; non in particolare la conoscenza nel suo ambito) puramente e semplicemente é/accade realmente.
Non so cosa possa essere una "gerarchia di saperi", ma so che vi sono saperi più veri (ovvero meno falsi) e saperi meno veri (ovvero più falsi).
E la scienza moderna si è sviluppata, anche con salti rivoluzionari", ma in continuità, senza "iati ontologici" o "discontinuità (soprannaturali?) nel divenire storico" dalle credenze antiche; il che significa che, più o meno indirettamente (attraverso percorsi di crescita e miglioramento delle conoscenze più o meno lunghi e accidentati) da parte di moltissimi si è imparato di fatto che i faraoni non sono morti per il malocchio ma per cause naturali scientificamente riconoscibili e descrivibili).
D' altra parte ci sono stati (di fatto soprattutto in Cina; e in India, ove ancora presentemente ce n' è qualcuno) non pochi casi di bimbi nati in campagna e formatisi in una cultura sostanzialmente animistica nella prima infanzia, o per lo meno politeistica, poi scolarizzati, che hanno capito e imparato benone che le credenze trasmesse loro dai genitori erano piene di falsità e hanno acquisito conoscenze scientifiche anche avanzatissime; addirittura che hanno dato rilevanti contributi al progresso scientifico.
In generale se non si potessero criticare razionalmente e superare le credenze più primitive e rozze, avvicinandosi maggiormente alla conoscenza vera della realtà (di "ciò che realmente accade"), saremmo ancora all' età della pietra o a prima ancora.
Che tutti i filosofi possano sbagliare mi pare ovvio, ma non significa certo che tutte le filosofie siano ugualmente errate e non si dia verità filosofica!
Credo che La filosofia sia anche (non solo) continua critica verso chi pensa che vi sia un solo modo di dire valido per tutti e per sempre. Per questo la vera filosofia dà fastidio, ha sempre dato fastidio (e oggi in misura massima, tanto da proclamarla futile e inutile) e deve dare fastidio: essa mette continuamente in discussione quello che si deve prendere per buono, perché così le ideologie dominanti pretendono che si sia "normalmente sani di mente".
Il che non toglie che tutti i sani di mente seguono indimostratamente certe limitate credenze (non di tutto di più, non necessariamente tutto quanto pretendono e millantano le ideologie dominanti! Comprese quelle reazionarie, new age, ecc.) e chi non le crede o per lo meno non si comporta come se le credesse non è (normalmente considerato) sano di mente.
Il filosofo non è necessariamente scettico assoluto (mai sostenuto), ma ancor di più non é necessariamente relativista!
Ancor più non ritiene necessariamente che ogni presa di posizione cognitiva abbia una sua verità e un suo errore, per cui non sarebbe superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi; per lo meno nei casi in cui è capace di non fare nessuna confusione tra realtà e pensiero della realtà.
Non pretenderai mica di "scomunicare" (negare che siano filosofi rispettabili) tutti i filosofi non relativisti?
No, perché dall' affermazione:
"Il filosofo [articolo determinativo; letteralmente: non qualche filosofo, taluni fra gli altri altrettanto rispettabili in quanto tali, N.d.R.] però (omissis) sa che ogni presa di posizione cognitiva ha una sua verità e un suo errore, per cui non è superiore o inferiore rispetto a un altra che partecipi di contesti di significato diversi e proprio perché è capace di non fare nessuna confusione tra il significato con cui la realtà si mostra sempre in modo prospettico e parziale e la realtà stessa che, al di fuori del suo significare parziale, quindi in qualche misura sempre errato, nessuno vede, ma non può evidentemente non esserci"
Sembrerebbe quasi!
L' essere umano vive la sua vita reale altrettanto (non certo di meno!) di qualsiasi altro animale.
Ma incomparabilmente più e meglio di qualsiasi altro animale (attraverso un vero e proprio "salto di qualità" ha conoscenza della realtà (non indiscriminatamente altrettanto vera in tutti i casi, ma ben diversamene da caso a caso).
E questo non è un modo di dire.
*********************
A Paul11:
Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).
Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.
Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).
Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).
Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.
Citazione
L'uomo è un pezzo di universo, ma vi appare anche come una singolarità unica nella sua specificità cosciente e questo pianeta, per quanto finora ne sappiamo, è l'unico punto di tutto l'immenso universo in cui l'universo va conoscendo se stesso e questo non è affatto indifferente.
Dunque esiste un punto nell'universo in cui si esprime una disomogeneità radicale e centrale e di questo la fisica e la cosmologia (che restano in ogni caso prodotti del pensiero del soggetto umano) non possono in alcun modo darne conto, probabilmente nessuna forma di conoscenza può darne conto, solo si può dare rappresentazione a noi stessi della nostra fondamentale anomalia, viverla tenendone conto.
Ora la domanda è: cosa implica questo viverla e come possiamo tenerne conto per una corretta conoscenza? Quale posizione estetica, etica ed epistemica è necessario assumere a fronte dell'assoluta discontinuitàche la "natura" va rappresentando in ogni singola e diversa esistenza umana per come si svolge? Come possiamo trovare posto e quale scienza e filosofia si rendono necessarie?
Maral
Non comprendo bene.. Tu ravvisi una sorta di "discontinuità" laddove io vedo semplice differenziazione.
Sembra tu voglia affermare che il pensiero (umano) sia in virtù della soggettività discontinuo.
Se sostituisci "pensiero (umano)" con "coscienza del pensare (o coscienza di essere -che è lo stesso a mio avviso)"
la situazione non cambia e continuo a non comprendere la discontinuità/disomogeneità di cui parli.
Mi sembra ingenuo non ravvisare nelle pur differenti coscienze lo sviluppo stesso di un pensiero intrinsecamente
unitario in quanto strettamente correlato alla sua stessa funzione.
Che l'uomo sia 'un pezzo di universo' ..non saprei.
Sarei comunque più propensa ad affermare che l'universo sia "un pezzo di uomo" in quanto rappresentazione sensoriale
di una qualche -altrettanto rappresentativa- risultanza relazionale.
Quale filosofia e quale scienza si renderebbero necessarie? Quelle medesime che partono dalla consapevolezza
di dover fare i conti con questa dimensione sensoriale esperienziale. Questa è l'unica oggettività cui dobbiamo
in un certo senso rendere conto: l'unicità del nostro sentire nella sua veste di pluralità di individui e coscienze.
La risposta tangibile è una sola: l'appartenenza ad una determinata cultura (modalità mediamente uniformata del pensare)
ne determina filosofia e scienza. Se intendiamo con "necessità" l'imprescindibile.
Possiamo contarcela come meglio ci piace ma oltre l'esperienza che è significato nulla possiamo dire se non riferendoci esclusivamente a quel significare che individuiamo come oggettivo e che perciò identifichiamo in qualità di reale. In questa modalità dell'essere la mappa rappresentativa diviene in un certo senso la realtà medesima ed in assenza di quella il significato stesso cesserebbe di sussistere assieme -immagino- alla capacità di reggere all'esperienza della coscienza.
Probabilmente ciò che supponiamo essere l'inconscio ha la sua funzione proprio nel delimitare la nostra capacità percettiva al fine di rendere l'esperienza singolare. In virtù di questa singolarità allora possiamo concepire quella modalità relazionale che determina ciò che intendiamo come reale.
Forse cercare un significato al significato è come dimostrare un assioma, forse gli assiomi come i significati sono il pacchetto completo
che questa dimensione ci consegna inseparabile all'esperienza.
Sono d'accordo con paul11 quando senza mezzi termini afferma che non solo la fisica modernama la nostra stessa quotidianità è intrisa di metafisica che di pragmatico tangibile –dico io- forse resta ben poco
(o più probabilmente e sottilmente è sempre stato così).
Citazione Se non avessi imparato a scuola che non è così, ti assicuro Sgiombo che la mia normale sensazione immediata è proprio quella di trovarmi su una terra piatta (salvo monti e colline) e ben ferma (eccetto in caso di terremoto che non è piacevole) e non su una palla che gira vorticosamente su se stessa come una trottola velocissima nel cosmo, di questo non ho proprio nessuna sensazione immediata e ringrazio che sia così, mi gira la testa solo a pensarci a una cosa simile. E ti dirò di più, la mia sensazione immediata, se sono in campagna e vedo il cielo notturno con tutte le sue lucine, è proprio quella di trovarmi al centro di uno spettacolo tutto intorno a me. Poi lo so, mi si è spiegato che non è così, che non ci si deve fidare delle prime sensazioni, le prove ci sono e ci se ne può accorgere (beninteso, quello che si impara è che l'universo non ha centro, non è un grande pallone sferico, quindi il centro può benissimo essere assunto, virtualmente, proprio dove ci si trova, come peraltro sempre facciamo). Questo per dire che, a quanto mi risulta, la conoscenza non è per nulla confermata dall'esperienza sensibile immediata
Questo non è vero. Le tue percezioni sono esatte, non siamo noi a girare come trottole (rispetto alla terra siamo "ben" ancorati) e rispetto a quel cielo stellato che vediamo, noi ne assistiamo lo spettacolo al centro. E' semplice prospettiva. Forse sarebbe da chiedersi dove -ammesso vi sia un dove- è situata la nostra coscienza visto che nemmeno risente di trottole quantistiche.
CitazioneI concetti, leggi di gravitazione compresa restano solo mappe, segni, come il colore blu che indica il mare su una carta geografica, ma non è il mare, sono indispensabili per muoverci, agire e orientarci, ma niente di più.
Forse.. qualcosa di più..
Forse l'inconscio sta all'individuo quanto la presunta materia oscura sta al presunto conclamato universo visibile
pur restando ancora una volta entrambi confinati a quel linguaggio dal quale non possiamo prescindere
se non tramite segni ed esclusioni eppure percependo nella coscienza il presagire di una zona nascosta, una realtà, una terra inesplorata che sembra eludere l'usuale linguaggio di senso (forse il confine fra intelligenza e ragione).
Però, no, l'etica.. non ce la mettiamo in questo calderone, tanto sappiamo benissimo che è inderogabilmente
la risultanza di ciò che pensiamo essere plausibile, anche laddove risulta essere figlia di lotte e rivoluzioni sofferte, giustamente fronteggiate, magari pure vinte come coscienza sociale.
Cos'è l'uomo?
L'uomo è quel "luogo" dove tutto (o quasi?) è possibile.
Sta a chi legge gioire o.. rattristarsi. ;)
Di sicuro il "luogo" dove si sperimenta l'arte dello sbilanciamento.. come prassi del reggersi in piedi.
Sta nuovamente a chi legge cogliere o meno tra le righe: i pragmatici (cioè coloro che credono di attenersi al reale!)riferiranno al concetto di baricentro meramente fisico, i meno pragmatici (cioè coloro che credono di non riuscir bene ad attenersi al reale) coglieranno il più fumoso ed intossicante concetto di compromesso politico e/o esistenziale.
Un saluto a tutti, vecchi e "nuovi".
Gyta
Innanzitutto un bentornata a Guta, che è un piacere avere di nuovo con noi e alla cui interessante riflessione mi premurerò di dare risposta.
Comincio con Sgiombo, primo in ordine di tempo.
Certamente i miti dei popoli primitivi sono molto diversamente veri dalla scienza moderna, ma in minor misura solo dal punto di vista della scienza moderna appunto, che, come tu stesso dici, non aderisce alla realtà delle cose fino ad essere lo stesso con esse, con la realtà stessa. Se tu ammetti questo (e mi pare che lo ammetti), puoi anche vedere che miti e scienza moderna sono due modi diversi con cui la realtà risuona in noi facendosi discorsi diversamente significanti, ma senza preminenze (quello che ho indicato come "gerarchie"), perché se collochiamo la scienza moderna in una posizione preminente sul significato delle cose, dovremmo essere in una posizione neutra rispetto sia al mito che alla scienza, ma così non è, l'osservatore è sempre in una posizione, dunque gode di una prospettiva di parte e la parte in cui ci troviamo oggi è quella della scienza, non perché siamo tutti scienziati, lo sono pochissimi e anche quei pochissimi lo sono in termini estremamente limitati e specialistici, ma perché il nostro modo di cogliere le cose è nel significato di questa prospettiva che vanifica quella del mito.
In altre parole e come dici, ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa, ma noi non siamo sempre in una forma di sapere che è una visione del mondo ed è a partire da questa che giudichiamo le altre rispetto alla nostra che assumiamo come unità di misura valida per tutti, poiché si dà tra noi come condivisibile. E solo in questa condivisibilità soggettiva e delimitata sta ciò che ritieniamo oggettivamente valido, dunque "normale" (ossia secondo norma, ove la "norma" un tempo indicava una specie di squadra che serviva a misurare se l'angolo di costruzione era o meno retto).
Per questo non è che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà secondo una visione positivistica e a mio avviso molto ingenua del sapere, ma piuttosto che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo) e in quelle esperienze si stabilisce un senso retto (quindi normale) prt quel contesto. E proprio perché vivo in questo contesto posso dire pure queste cose, non potrei dirle se vivessi nell'Egitto dei Faraoni o ai tempi di Carlo Magno o in un villaggio del Neolitico. E' la lunga esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere, per come oggi lo percepisco che mi dice questo e mi permette di vedere che ogni preminenza gerarchica di una forma di sapere sull'altra è solo una superstizione. Ma nello stesso tempo mi permette di pensare che ogni sapere nel suo errare è sempre in un cammino di verità, nel suo errare è sempre una parzialità in atto della realtà.
Se è così allora la verità non sta nell'avvicinarsi fino ad aderire alla realtà in sé delle cose, ma nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità e riconosce se stessa vera in ciò che concretamente sa fare, pensare e dire e misura la propria giustezza nella propria postura lungo il percorso che la trasforma. E questo significa a mio avviso oggi farsi filosofi: trovare se stessi nel mondo e in rapporto al mondo in cui si esiste facendo e pensando insieme con i suoi co-abitanti e per come le nostre pratiche ci permettono di fare e pensare. Sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente, come da sopra.
Nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno.
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 22:54:11 PM
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A Paul11:
Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).
Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.
Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).
Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).
Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.
Hai semplicemente dichiarato l'ambivalenza umana, una sua soggettività dettata da una autoconsapevolezza grazie a sue facoltà , soggetta ad una oggettività delle condizioni naturali fisiche delle regole dell'universo e del pianeta ospitante.
Quale sarebbe una realtà più vera della visione umana, visto che è il soggetto umano che descrive il mondo e non il mondo che si autodescrive o il mondo che descrive l'uomo?
Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.[...]
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane. [...]
Pensateci bene e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Sul rapporto metafisica/attualità sarei cauto e disambiguerei cosa si intende per "metafisica": in senso filosofico, correggetemi se sbaglio, la meta-fisica non è banalmente
tutto ciò che è oltre il mondo fisico, come una semplice astrazione (non a caso, la filosofia del linguaggio, che si nutre di astrazioni, tassonomie e immaterialità, non è generalmente considerata una forma di metafisica); solitamente la metafisica, in senso classico, è intesa, se non erro, come la ricerca/studio di ciò che fonda/governa il mondo fisico, la posta in gioco non è quindi solo staccarsi dal reale (e qui entrano in gioco le categorie, le essenze, i trascendentali, la "differenza ontologica" più altre parole con iniziali maiuscole...). Per cui, oggi, la metafisica filosoficamente intesa, non mi sembra sia pervasiva e pulsante come nel millennio scorso, perchè i dizionari dei filosofi (e, con il consueto ritardo storico, quelli del senso comune) stanno ancora (da sempre) cambiando, alcune parole diventano desuete, altre se ne aggiungono, altre diventano più problematiche, etc..
Se invece intendiamo la metafisica semplicisticamente come "tutto ciò che non è fisico", prescindendo dal suo posizionamento in una ricerca al contempo "
archè-ologica" e teleologica, allora nel momento in cui penso alla lista della spesa sto facendo metafisica, ma credo che Aristotele non sarebbe troppo d'accordo ;D
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Anche per quanto riguarda l'intangibile evanescenza del virtuale informatico non lo accosterei alla metafisica, né per portata filosofica (non c'è minima ambizione veritativa/ermeneutica, ma solo tecnologia finalizzata ad intrattenimento, condizionamento o marketing), né per superamento della fisicità: l'ancora del virtuale è saldamente incastonata nella materialità, nella sua stessa condizione di possibilità "fungente", ovvero nella materia tangibile dei server, delle antenne, dei computer, dei cavi etc. ciò che questa tecnologia
proietta sembra essere intangibile e letteralmente mata-fisico, ma solo perché viene
visualizzato su quella "retina secondaria" che ormai sono i monitor (si potrebbe quasi riattualizzare la famigerata caverna platonica sostituendola con un maxischermo computerizzato, e forse il succo del discorso non cambierebbe di molto... magari si (r)aggiungerebbe un effetto ottico di
mise-en-abime).
Con ciò non voglio affatto sostenere che la metafisica sia
oggettivamente "scaduta": oggi si può
anche essere metafisici, ma direi che prima del novecento era difficile non esserlo...
Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Penso anch'io che non sia tanto una questione di razionalità in sé, ma delle (talvolta) contrastanti finalità a cui le differenti razionalità (al plurale) vengono rivolte... la differenza fra la razionalità del calcolo matematico (universalmente accettata) e quella del ragionamento umano (fatto da mille prospettive/finalità differenti, ma non per questo irrazionali) direi che viene a galla proprio pensando alla storia dell'uomo, all'etica, etc.
Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
per quanto si possa soggiogare un popolo seppur per uno scopo umanitario come la pace e l'amore con l'irrazionalità emergerà pur sempre una contraddizione logica a cui l'ìuomo razionale tende, .
Comunque ,per chiarire, non è che la razionalità sia di per sè vincente, se lo fosse non esisterebbe ad esempio la pubblicità . il populismo sciatto e meschino, che mirano più che alla ragione ad aspetti emotivi,ma penso che ciò che è Cultura debba necessariamente avere un fondo razionale.
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.
la conflittualità vive sempre su un momento contraddittorio, dove il contenzioso è "forzato" razionalmente, perchè non è possible che entrambi i contendenti abbiano ragione .Un giudice non può mai dichiarare una "patta".
Citazione di: Phil il 06 Maggio 2017, 19:26:01 PM
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
In questo tempo che si dichiara materiale, non c'è mai stata più metafisica dal Novecento in poi più ancora dell'antichità.[...]
In questo tempo nulla è più immaginifico e privo di materialità come oggetti, nomi, definizioni che sono invenzioni tipicamente e solo umane. [...]
Pensateci bene e riflettete, la storia dell'uomo non è mai stata così metafisica come oggi. Perchè persino denaro, bancomat, bonifico, Stato, sovranità, sono tutti termini metafisici,non appartengono alla fisicità,alla natura tanto da essere convenzioni e quindi linguistiche, comunicative.
Sul rapporto metafisica/attualità sarei cauto e disambiguerei cosa si intende per "metafisica": in senso filosofico, correggetemi se sbaglio, la meta-fisica non è banalmente tutto ciò che è oltre il mondo fisico, come una semplice astrazione (non a caso, la filosofia del linguaggio, che si nutre di astrazioni, tassonomie e immaterialità, non è generalmente considerata una forma di metafisica); solitamente la metafisica, in senso classico, è intesa, se non erro, come la ricerca/studio di ciò che fonda/governa il mondo fisico, la posta in gioco non è quindi solo staccarsi dal reale (e qui entrano in gioco le categorie, le essenze, i trascendentali, la "differenza ontologica" più altre parole con iniziali maiuscole...). Per cui, oggi, la metafisica filosoficamente intesa, non mi sembra sia pervasiva e pulsante come nel millennio scorso, perchè i dizionari dei filosofi (e, con il consueto ritardo storico, quelli del senso comune) stanno ancora (da sempre) cambiando, alcune parole diventano desuete, altre se ne aggiungono, altre diventano più problematiche, etc..
Se invece intendiamo la metafisica semplicisticamente come "tutto ciò che non è fisico", prescindendo dal suo posizionamento in una ricerca al contempo "archè-ologica" e teleologica, allora nel momento in cui penso alla lista della spesa sto facendo metafisica, ma credo che Aristotele non sarebbe troppo d'accordo ;D
Citazione di: paul11 il 04 Maggio 2017, 14:25:09 PM
Dalle scienze naturali e fisiche che sono andate oltre il limite del dimostrabile rappresentando e modellando le forme della conoscenza negli schemi logici, nei calcoli, nei diagrammi, dalle comunicazioni all'informatica fino al cyber spazio, il mondo è bit, è pixel, è olistico, è persin globale.
Anche per quanto riguarda l'intangibile evanescenza del virtuale informatico non lo accosterei alla metafisica, né per portata filosofica (non c'è minima ambizione veritativa/ermeneutica, ma solo tecnologia finalizzata ad intrattenimento, condizionamento o marketing), né per superamento della fisicità: l'ancora del virtuale è saldamente incastonata nella materialità, nella sua stessa condizione di possibilità "fungente", ovvero nella materia tangibile dei server, delle antenne, dei computer, dei cavi etc. ciò che questa tecnologia proietta sembra essere intangibile e letteralmente mata-fisico, ma solo perché viene visualizzato su quella "retina secondaria" che ormai sono i monitor (si potrebbe quasi riattualizzare la famigerata caverna platonica sostituendola con un maxischermo computerizzato, e forse il succo del discorso non cambierebbe di molto... magari si (r)aggiungerebbe un effetto ottico di mise-en-abime).
Con ciò non voglio affatto sostenere che la metafisica sia oggettivamente "scaduta": oggi si può anche essere metafisici, ma direi che prima del novecento era difficile non esserlo...
Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Penso anch'io che non sia tanto una questione di razionalità in sé, ma delle (talvolta) contrastanti finalità a cui le differenti razionalità (al plurale) vengono rivolte... la differenza fra la razionalità del calcolo matematico (universalmente accettata) e quella del ragionamento umano (fatto da mille prospettive/finalità differenti, ma non per questo irrazionali) direi che viene a galla proprio pensando alla storia dell'uomo, all'etica, etc.
Se Platone fu un metafisica si dimentica allora che pone una soggettiva.Significa che la metafisica non è solo ontologia, non sono solo oggetti degli enti, ma pone il soggetto agente conoscitivo:l'uomo.
E' l'uomo il mediatore fra natura e cultura, fra razionale e irrazionale e su se stessoo che esercita la contraddizione di una ricerca di una verità, ribadisco fattibile o utopistica, dipende dal proprio punto di vista, dalle proprie forme gerarchico-concettuali.
La civiltà ,se ne vediamo il cammino se vediamo le metropoli moderne è sempre più artefatto, artificiale, produzione dell'uomo e sempre meno della natura. Noi alteriamo i cili della natura dentro una serra, l'industria è tutto arteficio, i concetti giuridici sono tutti artetefatti.
Ora se il "concreto" o "reale" fosse il mondo naturale e fiscio noi ci allontaniamo sempre più pur facendo parte biologicamente, ma noi alteriamo il bios, lavoriamo sul dna, parliamo di eutanasia, perchè vogliamo uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine. E' accaduto quindi che a differenza di quanto si creda, i concetti astratti hanno modificato la realtà del concreto, sono entrati nel governo della civiltà e questo pardossalmente è compiuto tanto più si è "materialisti".
Mia nonna guardò il cielo stellato in un agosto di parecchi anni fa e disse che non era possible che l'uomo fosse andato sulla Luna.
Lo scopritore dei buchi neri in una intervista di parecchi anni fa, che penso sia negli archivi Rai,, disse che inon era più concepile l'astrofisica secondo il metro del sensibile, dell percezioni sensitive, perchè quella realtà fisca andava oltre il senso comune di come funzionano le cose, di una fenomenologia, diciamo così convenzionale.. Significa perdere il "metro". Il denaro elettronico fa perdere il metro del rapporto .natura/moneta. Tutto questo disorienta l'uomo nella postmodernità, si perde in una complessità specialistica basata sulla divisione della conoscenza oltre a quella del lavoro, per cui abbiamo e avremo sempre più bisogno di specialisti per ogni tipo di problema, ma ancora porterà a sempre più individualizzazione dove la comunicazione sarà sempre più difficoltosa e piena di luoghi comuni emotivi.
Perchè sarà sempre più difficile codiifcare e decodificare l'astratto dal reale per il non specialista, che invece sono connaturali negli oggetti, nelle parole della civiltà.
La dimostrazione è che un tempo l'esperienza era tutto, oggi la conoscenza è obsoleta senza continui aggiornamenti.
L'uomo anziano era la sedimentazione della saggezza e quindi del rispetto, oggi è un peso oggi è un "vecchio".
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.
Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)
L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)
Citazione di: maral il 06 Maggio 2017, 14:37:28 PM
Certamente i miti dei popoli primitivi sono molto diversamente veri dalla scienza moderna, ma in minor misura solo dal punto di vista della scienza moderna appunto, che, come tu stesso dici, non aderisce alla realtà delle cose fino ad essere lo stesso con esse, con la realtà stessa. Se tu ammetti questo (e mi pare che lo ammetti), puoi anche vedere che miti e scienza moderna sono due modi diversi con cui la realtà risuona in noi facendosi discorsi diversamente significanti, ma senza preminenze (quello che ho indicato come "gerarchie"), perché se collochiamo la scienza moderna in una posizione preminente sul significato delle cose, dovremmo essere in una posizione neutra rispetto sia al mito che alla scienza, ma così non è, l'osservatore è sempre in una posizione, dunque gode di una prospettiva di parte e la parte in cui ci troviamo oggi è quella della scienza, non perché siamo tutti scienziati, lo sono pochissimi e anche quei pochissimi lo sono in termini estremamente limitati e specialistici, ma perché il nostro modo di cogliere le cose è nel significato di questa prospettiva che vanifica quella del mito.
In altre parole e come dici, ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa, ma noi non siamo sempre in una forma di sapere che è una visione del mondo ed è a partire da questa che giudichiamo le altre rispetto alla nostra che assumiamo come unità di misura valida per tutti, poiché si dà tra noi come condivisibile. E solo in questa condivisibilità soggettiva e delimitata sta ciò che ritieniamo oggettivamente valido, dunque "normale" (ossia secondo norma, ove la "norma" un tempo indicava una specie di squadra che serviva a misurare se l'angolo di costruzione era o meno retto).
Per questo non è che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà secondo una visione positivistica e a mio avviso molto ingenua del sapere, ma piuttosto che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo) e in quelle esperienze si stabilisce un senso retto (quindi normale) prt quel contesto. E proprio perché vivo in questo contesto posso dire pure queste cose, non potrei dirle se vivessi nell'Egitto dei Faraoni o ai tempi di Carlo Magno o in un villaggio del Neolitico. E' la lunga esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere, per come oggi lo percepisco che mi dice questo e mi permette di vedere che ogni preminenza gerarchica di una forma di sapere sull'altra è solo una superstizione. Ma nello stesso tempo mi permette di pensare che ogni sapere nel suo errare è sempre in un cammino di verità, nel suo errare è sempre una parzialità in atto della realtà.
Se è così allora la verità non sta nell'avvicinarsi fino ad aderire alla realtà in sé delle cose, ma nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità e riconosce se stessa vera in ciò che concretamente sa fare, pensare e dire e misura la propria giustezza nella propria postura lungo il percorso che la trasforma. E questo significa a mio avviso oggi farsi filosofi: trovare se stessi nel mondo e in rapporto al mondo in cui si esiste facendo e pensando insieme con i suoi co-abitanti e per come le nostre pratiche ci permettono di fare e pensare. Sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente, come da sopra.
Nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno.
CitazioneIl fatto che la conoscenza scientifica propria della scienza moderna si "altra cosa" alla realtà materiale naturale che né oggetto (cosa che non ammetto affatto, ma ho sempre sostenuto a chiarissime lettere!) non significa affatto che sia equiparabile alle antiche mitologia quanto a verità:
conoscenza vera =/= onniscienza
e a maggior ragione:
conoscenza vera =/= realtà veracemente conosciuta.
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
Un conto è vedere una montagna in una giornata nuvolosa in cui è in gran parte coperta da ammassi di vapore acqueo, un conto è vederla in una giornata luminosa e serena; un conto è vedere il Monte Bianco dalla cima del Gran Paradiso, un conto vederlo da Aosta.
Che (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà (tendenzialmente e considerando periodi abbastanza lunghi, non in maniera lineare costante: la storia in generale, e anche la storia della scienze in particolare, conosce anche fasi di stagnazione e di regresso) non è affatto una visione positivistica molto ingenua del sapere, bensì un dato di fatto.
Anche se è pur vero (ma non v' è alcuna contraddizione in questo!) che in ogni tempo si praticano le esperienze di quel tempo ("Esse est percipi", ma ancor più l'essere è fare, ossia ci -per dirlo metaforicamente- rimbalza come significato dal diverso fare proprio di ogni tempo.
Non vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Nessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Ritengo assolutamente necessaria la critica filosofica razionale di tutto, comprese le scienza, ovviamente.
Le affermazioni che sono le cose stesse che maneggiamo che ci parlano e ci ispirano i significati con cui evocarle, non siamo noi ad attribuirglieli ad esse arbitrariamente o casualmente (omissis), e che nulla è un puro oggetto passivo che assume forma secondo il nostro progetto, è esso stesso a determinare, con il significato, il nostro stesso progetto, ma un significato è solo un modo della cosa per farci segno e lasciare un segno le posso intendere e condividere solo nel senso che non è la nostra conoscenza a plasmare ad libitum la realtà, ma la realtà a condizionare (la verità della) nostra conoscenza.
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2017, 22:54:11 PM
...............
A Paul11:
Mi permetto brevemente come una pozioncina da stregone animista (mi scuso per l' ironia intenzionalmente, ma non malignamente, provocatoria).
Per me L'uomo è centrale anche quando si cerca o si vuole esautorarlo dalle forme ontologiche, epistemologiche e fenomenologiche, ma "solo" soggettivamente, arbitrariamente per se stesso, nei suoi pensieri (per altri uomini che continuano comunque a ritenerlo centrale e probabilmente di fatto, poco o punto consapevolmente, anche per molti di quelli che vorrebbero decentrarlo o del tutto ignorarlo); invece oggettivamente, nella realtà è pari a qualsiasi altro ente/evento.
Credo che vi sia una realtà "più realistica" della visione umana (o meglio: di qualsiasi visione umana; e che non tutte le visioni umane siano ugualmente realistiche, talune avvicinandosi di più, talaltre di meno al "realismo della realtà"; credo che non esista un' unica "visione umana" della realtà).
Credo che chiunque, pur essendo più o meno gravemente limitato per intelligenza e cultura, possa sottoporre a critica razionale quegli schemi mentali accettati dalla comunità e divenuti convenzioni, linguaggi culture, ideologie (anche se di fatto ciò, oggi più o meno come ieri, non accade di frequente).
Sul resto delle tue considerazioni mi trovo sostanzialmente d' accordo.
Hai semplicemente dichiarato l'ambivalenza umana, una sua soggettività dettata da una autoconsapevolezza grazie a sue facoltà , soggetta ad una oggettività delle condizioni naturali fisiche delle regole dell'universo e del pianeta ospitante.
Quale sarebbe una realtà più vera della visione umana, visto che è il soggetto umano che descrive il mondo e non il mondo che si autodescrive o il mondo che descrive l'uomo?
Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
CitazioneHo affermato la soggettività arbitrarietà (e non oggettività) del fatto che (giustamente) l' uomo si pone "al centro dell' universo" (o meglio della propria attenzione).
Già anticamente Senofane notava se i buoi, i cavalli, i leoni avessero le mani, o potessero disegnare e costruire monumenti alla maniera degli uomini, I cavalli rappresenterebbero gli dei come cavalli e i buoi come buoi, i leoni come leoni e raffigurerebbero i loro corpi simili al proprio.
Un predicato o un discorso può essere più o meno vero di altri predicati o discorsi.
Ma la realtà non può essere più o meno vera, semplicemente realmente è, accade (ho messo fra virgolette il concetto di "realtà realistica", seguendo le tue parole per criticarle, intendendolo in senso metaforico, improprio, volendo significare solo che il "realismo" (propriamente la "verità") delle varie forme di conoscenza umana non è affatto pari fra tutte, ma nelle une è maggiore che nelle altre, dipendentemente dal come è la realtà e non dai rispettivi contesti culturali o dalle mere preferenze soggettive di chi vi crede.
La razionalità coesiste con l' irrazionalità nell' uomo, ma sono sue caratterist5iche complementari, che a seconda dei casi si armonizzano più o meno bene fra loro (a volte anche malissimo o quasi per niente, ma non è destino ineluttabile che la seconda domini sulla prima).
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 00:32:28 AM
La civiltà ,se ne vediamo il cammino se vediamo le metropoli moderne è sempre più artefatto, artificiale, produzione dell'uomo e sempre meno della natura. Noi alteriamo i cili della natura dentro una serra, l'industria è tutto arteficio, i concetti giuridici sono tutti artetefatti.
Ora se il "concreto" o "reale" fosse il mondo naturale e fiscio noi ci allontaniamo sempre più pur facendo parte biologicamente, ma noi alteriamo il bios, lavoriamo sul dna, parliamo di eutanasia, perchè vogliamo uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine. E' accaduto quindi che a differenza di quanto si creda, i concetti astratti hanno modificato la realtà del concreto, sono entrati nel governo della civiltà e questo pardossalmente è compiuto tanto più si è "materialisti".
CitazioneMa la cultura, l' artificio nasce nella e dalla natura e non la trascende (data la mia idiosincrasia per Hegel non vorrei dire uno strafalcione, ma credo si possa parlare a proposito di "superamento dialettico", cioé non di negazione-alterità assoluta o annullamento totale, ma invece di cambiamento in cui il conseguente sviluppa il precedente, sia pure in una sorta di "salto diqualità).
Pretendere di uscire dalla schiavitù temporale del ciclo della vita, non accettando la condizione di un inizio e di una fine, anche se attraverso la cultura, l' artificio di tipo razionale - scientifico - tecnico é irrazonalistissmo delirio di onnipotenza (di fatto propalato dall' ideologia dominante).
Che è l' uomo?
X Gyta
A quanto poare sei una vecchia conoscenza del sito e perciò non ti do il benvenuto ma semmai il bentornato. Da come ti esprimi ti presenti come un' appartenente al sesso femminile e ciò veramente non può che essere positivo. Per altro Maral tarda a risponderti, impegnato com' è, ed allora provo a darti la mia risposta, visto che avevo considerato il discorso accettabile, e a cui poi Maral potrà aggiungere le sue opinioni personali.
E' ovvio che lo status dell' uomo possa essere considerato anche come una differenza in rapporto a tutto ciò che vive. Ma è una differenza che oltre alla sua fisicità inerisce anche a qualcos' altro, e cioè ad una capacità intellettiva che lo rende cosciente di quel che è, o almeno di quel che pensa di essere. E gli dà anche la possibilità di guardarsi attorno e di cercare di capire cosa lo circonda e determinarlo. E a questo punto la parola differenza mi sembra che non sia più sufficiente a stabilire il suo status. Ed è per questo che la parola disomogeneità e discontinuità possono descriverlo in un modo, sempre a mio avviso, più calzante. Qui si è di fronte infatti ad una condizione inquadrabile come un Dio minore ( quello maggiore è quello Metafisico ) che però non può abbandonare la sua fisicità e non può essere senza la fisicità. Come Nietzsche afferma ironicamente: l' animale impossibile.
Il vocabolo discontinuità si riferisce ad una particolarità a volte sottovalutata del crescere intellettivo umano, e cioè che essa può svilupparsi soltanto in un ambiente umano completo. ( questo caro Green era il motivo per cui ti avevo indicato Il Signore delle Mosche di Goodwin ) perché in assenza di esso, mentre le caratteristiche istintuali, bene o male raggiungono comunque un certo livello, a livello intellettivo si può registrare addirittura un regresso, e non solo in un ambiente povero di adulti ma anche in un ambiente ( naturale-sociale ) in cui sia accaduto qualcosa che lo abbia alterato in modo significativo.
Per quanto riguarda la sensazione che tu ritieni vera, essa lo è soltanto soggettivamente, ma noi sappiamo che essa è falsa. E come giustamente afferma Maral lo sappiamo non per esperienza diretta, a meno che non prendiamo un aereo o un missile interstellare, ma perché ci viene insegnato fin da piccoli.
L' uomo che tu poni come essere quel luogo dove tutto ( o quasi ) è possibile, posso accettarlo soltanto se ti riferisci alla sua inventiva e fantasia, perché a livello fisico-intellettivo è possibile soltanto ciò che l' uomo ha in potenza di essere e nient' altro. Ha in potenza nel senso aristotelico del termine, naturalmente. Il resto mi sembra che riguardi più direttamente Maral e perciò lascio a lui risponderti. Se in caso interverrò in seguito su tali argomenti.
A presto Gyta e grazie di Esser-ci. E non nel senso heideggerriano del termine.
Garbino Vento di Tempesta.
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.
E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.
La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO la metafisica così come utilizzasse SOLO la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I due momenti essere ed esistenza sia aprono nel contraddittorio logico umano in maniera dialettica:questo è il mio parere, ma entrambi sono necessari, il primo per logica, il secondo per natura fisica per ciò che siamo come manifestazione esistenziale.
Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.
Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,
L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 02:16:07 AM
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.
Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)
L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)
Siamo pieni di folli socializzatori, il problema non è nella relazione sociale, ma il
come costruiscono le relazioni sociali e i il dialogo.
Sono d'accordo che purtroppo c'è molta ipocrisia, ma bisognerebbe andare a fondo anche come giustamente indichi nelle nostre paure, nelle nostre irrazionalità .Io non mi sento al di sopra, tanto per essere chiari, vivo come tutti nella contraddizione ,difficoltà e disagi esistenziali. Perchè la contraddizione può essere in buona fede oppure voluta ,cercata e cinicamente perpetrata dietro parole come pace e amore:Bisogna allora analizzare andando " a fondo" nell'umano e nella cultura. che Nietzsche a suo modo ha compiuto.
I
Citazione di: Gyta il 06 Maggio 2017, 01:42:27 AM
Cos'è l'uomo?
L'uomo è quel "luogo" dove tutto (o quasi?) è possibile.
Sta a chi legge gioire o.. rattristarsi. ;)
Di sicuro il "luogo" dove si sperimenta l'arte dello sbilanciamento.. come prassi del reggersi in piedi.
Riprendo da questa considerazione di Gyta che penso dica qualcosa di fondamentale. Sì l'uomo è il luogo dove si sperimenta l'arte dello sbilanciamento come prassi per reggersi in piedi, ma varierei leggermente l'asserzione che afferma che "l'uomo è quel luogo dove tutto (o quasi?) è possibile" dicendo che è il solo luogo dove il possibile appare e apparendo chiede di essere fatto. Non so se Gyta concordi su questo modo di pensarla.
Il fatto di essere l'uomo il solo luogo in cui la realtà può apparire come possibilità (ed è quello che Severino considera follia assoluta, dunque l'uomo sarebbe innanzitutto la sua dolorosa follia), penso mi consenta di dire che l'uomo è diverso in modo radicale da ogni altro ente, per come ogni altro ente gli appare rispetto a lui, ed essendo esseri umani non ci è dato altro modo di sapere. L'essere umano è l'unico vivente di cui come esseri umani possiamo dire che il fluire delle immagini si trattiene ripetendosi in un rappresentarsi significando, cosicché nell'uomo il mondo viene messo in scena per essere tradotto in un altro mondo possibile ove le immagini tornano con altri significati e l'immaginare acquista la prospettiva di un senso.
In questo modo intendo l'essere umano come un unicum anche se, ripeto, non è separato dal mondo, ossia dalla totalità del reale così da poterla definire innanzi a sé come realtà, ma fa parte del mondo, fa parte della realtà, non la controlla, non la comprende, ma costantemente tenta di controllarla e comprenderla e a volte gli pare pure di esserci per un istante riuscito, finché l'istante successivo rimette tutto in dubbio. La nostra conoscenza non è in un altro mondo sovrastante il mondo, è sempre nello stesso mondo dell'animale, della pianta e del sasso e come loro (sasso compreso) si sa vivere, ma in questo mondo a cui tutti apparteniamo l'uomo si trova e vi si riconosce in un modo diverso che lo decentra mentre per la sua unicità ne è posto al centro. Non è un caso che i primi Dei che gli esseri umani invocarono si mostrassero appunto in forma di animali, piante e rocce e che in essi l'uomo abbia sentito originariamente risuonare il divino, l'Altro che manca, che non si vede, e per questo è da evocare per chiamarlo a rendersi presente attraverso il suono, il canto, il gesto ritmato.
Non è quindi la dimensione sensoriale dell'esperienza con cui dobbiamo fare i conti, ma con lo iato tra la dimensione sensoriale in cui come ogni altra forma di esistenza semplicemente si vive senza sapere di nulla e la dimensione del significato che da essa promana per poter sapere di essa, così che possa presentarsi in scena, davanti a tutti noi, così che tutti possano insieme parteciparvi e dunque continuare a vivere, non come singoli, non come bios individuali che sgomitano sperando di evitare il loro inevitabile morire, ma come vita condivisa che insieme ci sottende.
E' questa la frattura che continuamente ci decentra e, in bilico su di essa, danziamo insieme per poterci mantenere in equilibrio. Il canto, la musica e la danza sono le forme ancestrali che l'essere umano adotta per mantenersi in precario equilibrio in bilico sull'abisso, sono il suo primo linguaggio gestuale e il primo uomo nasce con la musica, il canto e la danza. Anche la meccanica quantistica viene da lì, da una danza ancestrale, dal ritmo di oggetti percossi con altri strumenti, fossero pure mani umane, un canto per richiamare gli antenati morti, affinché tornassero a danzare con noi nella festa che celebrava il loro sacrificio. La festa riproponeva l'ebbrezza del sacrificio affinché la vita venisse a mostrarsi nella sua primordiale eternità.
Per quello che ne sappiamo in tutto l'universo, solo nell'uomo la danza può accadere ed è questo che lo pone al centro e insieme torna a decentrarlo, non è una questione di fisica, né di biologia ma sta sotto a ogni fisica o biologia possibile.
Credo allora che conoscere bene abbia lo stesso senso da sempre, si tratta di ritrovarci nella comunità umana per poter fare festa insieme, ossia per poter ancora insieme vivere meglio restando in bilico.
P.S. sul ruolo fondante dell'etica rispetto a qualsiasi ontologia (di cui qualche traccia si può dedurre già da quel "vivere meglio") sarò più esplicito in altra occasione.
Citazione di: anthonyi il 06 Maggio 2017, 18:58:24 PM
Citazione di: paul11 il 06 Maggio 2017, 17:21:27 PM
....Se la razionalità vincesse, non avremmo un mondo diviso, uomini divisi, guerre economiche ,militari e politiche.
E' l'irrazionalità che ci governa la cui fonte è la contraddizione umana
p.s. bentornata Gyta
Ne sei proprio convinto? Secondo me può essere l'esatto contrario. Supponi un mondo dove tutti gli individui hanno irrazionalmente fede in un'unica religione che parla di pace e di amore, sarebbe un mondo irrazionalmente pacifico e unito.
Supponi un mondo di individui perfettamente razionali ma con obiettivi conflittuali l'uno con l'altro, sarebbe un mondo di continue guerre.
Ma il primo mondo non c'è, né per quanto ne sappiamo c'è mai stato se non nei sogni del secondo: è solo un mondo di guerre che genera il sogno di un mondo di pace, ma la razionalità non fonda né l'uno né l'altro, ha sempre bisogno di partire dall'irrazionale per trovare la sua ragione e poi tornare a demolirla proprio in quanto prima o poi la scopre fondata sull'irrazionale.
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
E sia pure, ma quale osservatore (dato che è sempre un osservatore che mappa, prospetta e verifica) può stabilire quale prospettiva vale di più?
CitazioneChe (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Dalla condivisibilità soggettivamente stabilita dall'epoca in cui ci si trova. Da cos'altro altrimenti? Da come stanno le cose in sé, ossia in assoluto? Come sarà mai possibile se nessuno lo sa?
Che "con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà " è un dato di fatto solo in relazione alla nostra fiducia che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà.
CitazioneNon vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Bè la conscenza degli antichi egizi è franata, ogni pretesa filosoficamente epistemica è franata, franerà pure quella delle scienze esatte, proprio perché la tecnologia avanza.
CitazioneNessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Se la nostra visione (compresa quella scientifica) è sempre parziale come possiamo dire, da questa parzialità, che le altre visioni sono più parziali delle nostre? Le abbiamo forse comprese nella nostra visione facendone parte di essa? Non mi pare, anzi.
In realtà poi tutto quello che diciamo fa sempre riferimento al senso e alle costruzioni del linguaggio comune, anche tra chimici non si parla solo con formule chimiche per capirsi.
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 18:54:41 PM
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.
E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.
La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO la metafisica così come utilizzasse SOLO la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I
CitazioneA parte la confusione da parte tua di Senofane con Senofonte, non capisco proprio che cosa tu intenda obiettarmi.
Di empirismo e di "armamentario e degli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica" non ho proprio parlato nelle mie precedenti risposte cui qui obietti.
Anch' io ho sempre sostenuto che non ci basta la scienza ma occorra anche la filosofia (e anche la metafisica).
E infatti:
Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.
Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,
L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
CitazioneNon é delirio di onnipotenza, se l' uomo si rende conto dei suoi limiti e in particolare che può "sottomettere la natura all' artifizio" solo adeguandosi alle leggi del divenire naturale per applicarle al conseguimento di scopi realistici a partire dalle condizioni date.
Citazione di: maral il 07 Maggio 2017, 20:49:46 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 10:40:24 AM
L' osservatore è sempre in una determinata posizione, ma ciò non implica che una prospettiva vale l' altra!
E sia pure, ma quale osservatore (dato che è sempre un osservatore che mappa, prospetta e verifica) può stabilire quale prospettiva vale di più?
CitazioneIn linea teorica chiunque, sottoponendo a critica razionale le varie "prospettive" (ovviamente non in maniera infallibile ma "salvo errori od omissioni").
CitazioneChe (ovviamente!) ogni forma di sapere è sempre limitata e relativa non significa, non implica affatto che la credibilità, e men che meno la verità (limitata e relativa) di ciascuna di esse dipenda dalla sua condivisibilità soggettiva, né che sia pari fra tutte.
Dalla condivisibilità soggettivamente stabilita dall'epoca in cui ci si trova. Da cos'altro altrimenti? Da come stanno le cose in sé, ossia in assoluto? Come sarà mai possibile se nessuno lo sa?
CitazioneDal confronto con argomentazioni razionali e osservazioni empiriche.
Ma perché mi chiedi "come stanno le cose in sé, ossia in assoluto" quando ho sempre affermato a chiare lettere che non lo si può sapere???
Che "con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà " è un dato di fatto solo in relazione alla nostra fiducia che con il tempo si impari qualcosa di più sulla realtà.
No, é una constatazione empirica incontrovertibile.
CitazioneNon vedo alcuna "esperienza storica del franare di ogni disegno globale del sapere" scientifico, ma invece periodi di aumento del sapere alternati a periodi di stasi e a periodi di diminuzione (perdita di conoscenze), e in tempi lunghi una tendenza complessiva all' incremento.
Bè la conscenza degli antichi egizi è franata, ogni pretesa filosoficamente epistemica è franata, franerà pure quella delle scienze esatte, proprio perché la tecnologia avanza.
CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
CitazioneNessun razionalista ha mai preteso che la verità circa la realtà possa avvicinarsi fino ad aderire alla (confondersi con la) realtà in sé delle cose, ma invece nel procedere di una parzialità di visione che riconosce la propria parzialità (e non è affatto dipendete da soggettivi consensi, né equivalente nei casi del mero senso comune, delle concezioni pre- e proto- -scientifiche e nelle varie fasi della storia della scienza; e magari perfino, come sembreresti suggerire, nei casi delle più disparate religioni e superstizioni di tutti i tempi).
Se la nostra visione (compresa quella scientifica) è sempre parziale come possiamo dire, da questa parzialità, che le altre visioni sono più parziali delle nostre? Le abbiamo forse comprese nella nostra visione facendone parte di essa? Non mi pare, anzi.
In realtà poi tutto quello che diciamo fa sempre riferimento al senso e alle costruzioni del linguaggio comune, anche tra chimici non si parla solo con formule chimiche per capirsi.
CitazioneLo si fa confrontandole di volta in volta criticamente, razionalmente fra loro e con i dati di fatto empiricamente constatabili, come fa ordinariamente la scienza.
Ovviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 21:39:04 PM
Citazione di: paul11 il 07 Maggio 2017, 18:54:41 PM
Sgiombo, prendo due piccioni con una fava, vale adire i tuoi due post con una risposta.
al tempo di Senofonte, lo ribadisco, credevano nella terra piatta e che finisse alle Colonne d?Ercole,,l'attuale Gibilterra: ci credevano e vivevano.
Se c'è una una disciplina che muta è proprio il concetto di empirico e le sue derivazioni, il che significa che non sarà mai definitivo, nè certo e quindi tanto meno verità.
Se vuoi dire che l'empirico è ciò che a "misura d'uomo" ci permette di sopravvivere, questo lo si faceva dalla preistoria ad oggi senza necessità di una scienza naturale e fisica.
E ribadisco pure che l'armamentario, gli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica per costruire nozioni, postulazioni, enunciati derivano dalla metafisica antica. Ribadisco la logica non è un animale, non è un minerale e nemmeno un vegetale.
La mia non è un'apologia della metafisica, se l'uomo utilizzasse SOLO la metafisica così come utilizzasse SOLO la fisica naturale in tutte e due casi sbaglia. la coscienza deve mediare attraverso la conoscenza i due domini che per me equivalgono al rapporto fra ESSERE ed ESISTENZA, in quanto il primo è deduttivo logicamente, i l secondo è oltre che percezione del sensibile induttivo logicamente.
Se esisite una verità quella non può che essere eterna ed appartiene all'Essere, mentre l'esistenza è iil divenire temporale, ciò che appare e muta, è la nostra condizione fisica/naturale, I
CitazioneA parte la confusione da parte tua di Senofane con Senofonte, non capisco proprio che cosa tu intenda obiettarmi.
Di empirismo e di "armamentario e degli strumenti che utilizza la scienza naturale/fisica" non ho proprio parlato nelle mie precedenti risposte cui qui obietti.
Anch' io ho sempre sostenuto che non ci basta la scienza ma occorra anche la filosofia (e anche la metafisica).
E infatti:
Ma non siamo così distanti, Sgiombo, perchè alcune tue specificazioni rientrano in quello che penso.
Vale quello che ho scritto con Green, forse ci sono malintesi e punti da chiarire.
La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza, nel contraddittorio dialettico della coscienza che ribadisco vive la difficoltà in termini logici razionali e dall'altra il disagio come difficoltà emotiva.
Hegel nella famosa " Fenomenologia dello spirito" applica il metodo dialettico mediato dalla coscienza, che nella storia diventa o meglio può diventare coscienza sociale. La contraddizione per Hegel è prendere un pensiero astratto, o un fenomeno naturale, e ritenerlo veritativo IN SE' E PER SE',vale adire che un pensiero non è mai verità concettuale se non è relazionato ad esempio a quel fenomeno, e quindi il fenomeno non èmai verità concettuale se preso in sè e per sè senza una logica razionale che lo analizzi.
Quindi quel trasporre per me signifca quando un fenomeno diventa segnico nel linguaggio logico razionale, tutto quì.
Quando avevamo il problemino alle elementari di Pierino che comprava con i soldini, noi trasformavamo un discorso di parole in segni matematici, questo è trasporre. persino un artista, un pittore traspone una osservazione fisica in impressioni oggetti artistici mediati da una sua tecnica e dalla sua coscienza,
L'uomo prende dalla natura, la usa e la sottomette all'arteficio. Certo che è delirio di onnipotenza, ma le cause sono la contraddizione di cui dicevo prima
CitazioneNon é delirio di onnipotenza, se l' uomo si rende conto dei suoi limiti e in particolare che può "sottomettere la natura all' artifizio" solo adeguandosi alle leggi del divenire naturale per applicarle al conseguimento di scopi realistici a partire dalle condizioni date.
Appunto, Sgiombo, non siamo distanti su questo argomento, quindi non obbietto, sono solo considerazioni come le tue.
Per me il delirio di onnipotenza nasce da due presupposti, o si è ignoranti da non capire i limiti umani, oppure si è consapevoli dei limiti umani. Il primo ha una buona fede perchè è proprio ignorante, non sa di avere dei limiti; il secondo invece è tipico di coloro che "forzano" la storia, che cinicamente costruiscono culture di costrizioni e sudditanze perchè sanno che l'uomo è limitato, compreso loro ,ma
applicano la posizione "naturale" della forza, imponendo il loro modello, prima con le convenzioni intese come sedimentazioni culturali contraddittorie, secondo quando non sono sufficienti con la costrizione della sanzione e della pena, costringendo le vite altrui alla sudditanza, terzo se ancora non servisse con le armi.
Quindi chi non sa di avere dei limiti è in buona fede per ignoranza; chi sa di avere dei limiti e persegue un piano cinico di dominio è un delirante onnipotente perchè vuol sottomettere per i propri privilegi e scopi che non sono certamente umanitari.
Spiego meglio il sottolineato, così chiarisco il rapporto fra natura e cultura, fra natura e fisicità e diciamo astrazione metafisica.
La cultura non ha superato le regole e i rapporti di forza che governano le regole ecologiche, i rapporti fra predatori e predati, lo ha semplicemente trasposta, lo ha spostato dentro gli oggetti culturali , i segni i simboli i significati.
Vuol dire ,tanto per essere chiari che lo Stato è un'invenzione a doppio scambio, uno è protettivo come comunità rispetto ad altre comunità, secondo la regola interna è la sublimazione dei rapporti di forza, soprattutto economici, vale a dire la sua base fondatiiva è la pacificazione della conflittualità disarmando il singolo per armare se stesso come Stato e applicare la regola / pena/sanzione.
Tutte le forme culturali e quì sono d'accordo con Green presuppongono la paura di fondo umana, il despota deve imporre la sua forza imponendosi con la paura. La democrazia moderna è l'ipocrisia di illudere che si possano cambiare le regole del gioco pacificamente.Nessuna democrazia è mai riuscita a cambiare la forma dei rapporti di forza ad esempio capitalistici ,tanto per essere chiari, perchè i contratti le negoziazioni che vanno dai privati ai trattati internazionali rientrano nella grande regola che le strutture mutano storicamente ma sempre dentro la stessa forma culturale.
Quindi i rapporti di forza animali e le gerarchie dei predatori / predati sono dentro le sublimazioni culturali "pacificate" delle organizzazioni umane:, la trasposizione delle relazioni dal dominio della natura dentro il dominio della cultura.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 09:27:12 AM
Appunto, Sgiombo, non siamo distanti su questo argomento, quindi non obbietto, sono solo considerazioni come le tue.
Per me il delirio di onnipotenza nasce da due presupposti, o si è ignoranti da non capire i limiti umani, oppure si è consapevoli dei limiti umani. Il primo ha una buona fede perchè è proprio ignorante, non sa di avere dei limiti; il secondo invece è tipico di coloro che "forzano" la storia, che cinicamente costruiscono culture di costrizioni e sudditanze perchè sanno che l'uomo è limitato, compreso loro ,ma applicano la posizione "naturale" della forza, imponendo il loro modello, prima con le convenzioni intese come sedimentazioni culturali contraddittorie, secondo quando non sono sufficienti con la costrizione della sanzione e della pena, costringendo le vite altrui alla sudditanza, terzo se ancora non servisse con le armi.
Quindi chi non sa di avere dei limiti è in buona fede per ignoranza; chi sa di avere dei limiti e persegue un piano cinico di dominio è un delirante onnipotente perchè vuol sottomettere per i propri privilegi e scopi che non sono certamente umanitari.
Spiego meglio il sottolineato, così chiarisco il rapporto fra natura e cultura, fra natura e fisicità e diciamo astrazione metafisica.
La cultura non ha superato le regole e i rapporti di forza che governano le regole ecologiche, i rapporti fra predatori e predati, lo ha semplicemente trasposta, lo ha spostato dentro gli oggetti culturali , i segni i simboli i significati.
Vuol dire ,tanto per essere chiari che lo Stato è un'invenzione a doppio scambio, uno è protettivo come comunità rispetto ad altre comunità, secondo la regola interna è la sublimazione dei rapporti di forza, soprattutto economici, vale a dire la sua base fondatiiva è la pacificazione della conflittualità disarmando il singolo per armare se stesso come Stato e applicare la regola / pena/sanzione.
Tutte le forme culturali e quì sono d'accordo con Green presuppongono la paura di fondo umana, il despota deve imporre la sua forza imponendosi con la paura. La democrazia moderna è l'ipocrisia di illudere che si possano cambiare le regole del gioco pacificamente.Nessuna democrazia è mai riuscita a cambiare la forma dei rapporti di forza ad esempio capitalistici ,tanto per essere chiari, perchè i contratti le negoziazioni che vanno dai privati ai trattati internazionali rientrano nella grande regola che le strutture mutano storicamente ma sempre dentro la stessa forma culturale.
Quindi i rapporti di forza animali e le gerarchie dei predatori / predati sono dentro le sublimazioni culturali "pacificate" delle organizzazioni umane:, la trasposizione delle relazioni dal dominio della natura dentro il dominio della cultura.
CitazioneHo capito e sono d' accordo.
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).
Sgiombo scrive:
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).
Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando il sociale annichilisce il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 13:33:32 PM
Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando il sociale annichilisce il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.
Ma appunto Paul! Ha ragione Sgiombo, è ragionevole pensare che il cambiamento possa esserci.
Sul fatto che sia difficile (o addirittura catastrofico se non rimediato come dice Sgiombo) non deve poi condurre alla posizione paranoica, di accettazione del reale.
(ma poi appunto mica sarà quello il reale!)
A mio parere è vitale conoscere che siamo all'interno del discorso paranoico del nostro tempo.
E quindi dovremo sempre controllare i nostri momenti "down". Perchè ce ne saranno tanti.
Pensiamo a poco dopo l'introduzione delle televisioni, quanto Pasolini fosse disperato.
Ed era solo l'inizio del dominio ideologico contemporaneo....
Appunto armiamoci di coraggio! (almeno intellettuale! ;) )
Citazione di: green demetr il 07 Maggio 2017, 02:16:07 AM
cit paul
L'irrazionalità è legata più alla parte psico-emotiva, la razionalità alla ragione all'intellegibilità, al confronto a vivere consapevolmente la contraddizione di una ricerca di una verità, fattibile o utopistica che sia.
Sono d'accordo con quanto scrivi Paul.
Anche se la provocazione di Antony mi è piaciuta.(c'è del vero in quel che dice)
L'unica cosa che correggerei è forse che l'irrazionalità è legata alla parte psicoemotiva che non ha feed-back. Ossia a quell'incapacità di relazione (e quindi di confronto razionale) con un altro essere umano.
Fin tanto che ne facciamo una questione di soli mezzi, e non di sentimenti, non andremo mai oltre la soglia delle semplice promesse.
E quindi la provocazione di Antony sarebbe assai attuale.
La nostra è un epoca che in nome della pace e dell'amore, fa guerra continua e serrata.
(tutto rigorosamente dimostrato).
Poi certo che il papa Francesco mi piace quando comincia a essere scorretto (la critica alla bomba madre americana). 8)
La mia non è una provocazione ma è l'evidenziazione di una semplificazione del ragionamento che porta a rappresentazioni errate. Io la rappresenterei con un'equivalenza:
Razionalità:Irrazionalità=Bene:Male
che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:
Ordine:Caos
Per evidenziare i limiti di questa semplificazione basta notare che la razionalità è uno strumento, il bene è un fine.
Citazione di: paul11 il 08 Maggio 2017, 13:33:32 PM
Sgiombo scrive:
Ma il delirio di onnipotenza é superabile da parte dell' umanità?
Da parte di singoli uomini mi sembra pacifico, "sotto gli occhi di tutti".
Da parte dell' umanità complessivamente (cioé in sostanza da parte del potere) é molto più dubbio.
Per parte mia lo ritengo senz' altro possibile in linea di principio: in teoria se é stato possibile a tanti stoici ed epicurei nell' antichità, a San Francesco (per citare un esempio paradigmatico e piuttosto popolare) e a tanti altri più o meno noti più recentemente, allora é possibile per chiunque.
Di fatto mi sembra improbabile (pessimismo della ragione); e comunque é una conditio sìine qua non per la sopravvivenza umana, per evitare la nostra estinzione "prematura e di nostra propria mano" (donde la necessità di aggrapparsi con tute le forze all' ottimismo della volontà e di lottare: fin che c'é vita c'é speranza).
Il delirio di onnipotenza a mio parere è superabile solo se l'individuo nella sua singolarità non si individualizza, quindi solo se si sente parte di un insieme sociale, per cui la coscienza individuale diventa sociale.
L'errore è quando il sociale annichilisce il singolo individuale e dall'altra quando l'individuo crede solo in se stesso.
In tutte e due casi è contraddittorio perchè sono solo in sè e per sè , l'individuo e la comunità, non sono in relazione.
Invece la mediazione è proprio nell'individuo singolo umano che utilizza le sue facoltà per la comunità e la comunità rende a lui ciò di cui bisogna in senso emotivo, affettivo e materiale. Il sentirsi parte e l'essere gratificati sono nella sfera insopprimibile della nostra umanità.
CitazioneSecondo me (da convinto seguace del materialismo storico) tutto ciò é realizzabile alla condizione di socializzare la proprietà dei mezzi di produzione.
Citazione di: anthonyi il 08 Maggio 2017, 16:05:01 PM
La mia non è una provocazione ma è l'evidenziazione di una semplificazione del ragionamento che porta a rappresentazioni errate. Io la rappresenterei con un'equivalenza:
Razionalità:Irrazionalità=Bene:Male
che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:
Ordine:Caos
Per evidenziare i limiti di questa semplificazione basta notare che la razionalità è uno strumento, il bene è un fine.
CitazioneConcordo.
Secondo me razionalità e pulsioni irrazionali sono complementari.
E bene e male sono quanto irrazionalmente vine avvertito essere tale (buono o cattivo).
La razionalità può essere considerata "bene" non in assoluto, bensì unicamente in quanto capace di aiutarci a valutare quali insiemi intrinsecamente compatibili di desideri e aspirazioni irrazionali, cioé di scopi, in alternativa a quali altri insiemi intrinsecamente compatibili (essendo invece reciprocamente incompatibili gli uni insiemi complessivi di scopi rispetto agli altri) e attraverso quali mezzi nelle circostanze di fatto date.
Può quindi essere usata per conseguire il massimo bene ovvero il minimo male possibile (ma in teoria anche per evitare il bene e fare del male).
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2017, 21:59:07 PM
In linea teorica chiunque, sottoponendo a critica razionale le varie "prospettive" (ovviamente non in maniera infallibile ma "salvo errori od omissioni").
Sgiombo, la critica razionale si colloca anch'essa in una visione prospettica, altrimenti non può andare oltre la tautologia, come tu stesso hai in passato osservato. l'ente è sempre l'ente che è, ma cosa è l'ente?
Il confronto con argomentazioni razionale e osservazioni empiriche secondo te è solo della scienza moderna? Prima della visione scientifica l'uomo dunque brancolava nel buio assoluto con qualche rara e del tutto casuale illuminazione? Bè se è così, bisogna dire che queste casuali illuminazioni nelle tenebre onnipervasive della conoscenza hanno funzionato egregiamente dato che l'essere umano è comunque sopravvissuto moltiplicandosi anche a dismisura.
E come si fanno a prendere le osservazioni empiriche senza che esse si presentino come significati? E non è proprio solo quei significati che tra loro si verificano, fissandone alcuni come unità di misura per gli altri? Cos'altro si va a verificare se non l'appropriatezza di un significato rispetto a un modo prestabilito e condiviso di significare? Anche chi contraddice il modo comune di pensare non può farlo in altro modo se non a partire da quel modo comune di pensare.
Sinceramente non ho proprio nessuna constatazione empirica che noi abbiamo imparato di più sulla realtà delle cose, quindi trovo assolutamente controvertibile affermarlo. Abbiamo imparato invece qualcosa di diverso che ha sostituito quello che si pensava prima e ci consente ora di vivere, al netto delle evidenti inadeguatezze che mostra la nostra attuale visione del mondo, ma non penso affatto che siamo più "realistici" rispetto ai tempi passati o che la sappiamo molto più lunga sulla realtà. Ognuno sa nella misura in cui sa vivere nei significati che gli presenta il suo mondo, secondo i modi in cui agisce e gli strumenti che usa e in rapporto a questo mondo verifica gli effetti del suo fare nei significati che facendo gli si presentano. Vale per noi come per gli antichi Egizi o per un indigeno che sa vivere perfettamente nel suo mondo con tutte le prospettive che gli sono necessarie per starci, finché non arriviamo noi a distruggerglielo per trasformarlo, bypassando tranquillamente millenni di storia, nel nostro mondo, a cui lui ovviamente non è per nulla adeguato. Questo saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a mio avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare. Poi tutti più o meno sogniamo e pensiamo che i nostri sogni siano la realtà, l'importante è che i sogni possano funzionare. Quelli attuali funzionano? Temo, nonostante tutta la scienza, tragicamente poco. Non sarà che siamo poco realistici?
CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
Quali sono gli "elementi di verità"? C'è una tavola come per gli elementi chimici?
I dati di fatto? Ma i dati di fatto non sono altro che qualcosa che significa "dato di fatto" alla luce delle nostre mappature procedurali prestabilite e che variano da epoca a epoca, senza che vi sia un'epoca che stia sopra a tutte le altre a guardarle dall'alto in basso in nome della sua superiore conoscenza e scienza.
CitazioneOvviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Sì ma anche una formula chimica non significa nulla se non passa attraverso un senso comune, magari finendo poi con il modificarlo, è nel linguaggio comune che va cercato il mistero del significato con cui le cose vengono a rappresentarsi rappresentandoci a noi stessi.
Citazione di: paul11La razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza
Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.
Citazione di: anthonyiRazionalità:Irrazionalità=Bene:Male
che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:
Ordine:Caos
Non direi che la razionalità o l'irrazionalità siano da leggere in termini di proporzionalità con bene e male. Direi piuttosto che il bene accade quando si sa dosare in modo appropriato la razionalità con l'irrazionalità che ne è alla radice, quando la razionalità riesce a comprendere l'irrazionalità e riesce a salvaguardarla secondo equilibrio.
Lo stesso vale per ordine e caos, in fondo è il caos la matrice di ogni ordine ed è dove ogni ordine, anche il più rigoroso, inevitabilmente finisce.
Citazione da: paul11CitazioneLa razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza
Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.Se devo scegliere chi mi deve estrarre un dente dolorante è razionale servirsi dell'operato di un (bravo) dentista. Se però devo lasciar spazio agli aneliti dell'amore è più opportuno, a volte, lasciar corso ad una certa dose ( non eccessiva) d'irrazionalità. Pertanto noi tutti possiamo, in un certo senso, definirci anche come 'figli dell'irrazionale' e difatti nell'irrazionale albergano i sentimenti poetici e artistici del pensiero umano. L'irrazionale sa essere molto fecondo e vitale. Se potessimo definirlo con una sensazione, potremmo definire l'irrazionale come 'caldo' ( come un utero) e il razionale come 'freddo'. Per comprendere la realtà che ci circonda e chi siamo ci affidiamo al razionale, ma questo bisogno di conoscere è (anche) irrazionale. Infatti, togliendo 'calore' alla vita, mi sembra, consegna la nostra vitalità profonda ad una 'freddezza' istruita ma non scevra di sofferenza, perché la conoscenza razionale non toglie sofferenza all'umana vicenda ( ma certo la toglie alla gengiva priva del dente malato estratto...), cosa che a volte può fare ( temporaneamente) un credo irrazionale. E' tutto da dimostrare che l'uomo 'razionale' sia meno soggetto al dolore e all'insoddisfazione del vivere rispetto all'irrazionale 'credulone'. E siccome il destino per i due tipi è comune ( una fossa e famelici vermi...) ecco che il tipo razionale parrebbe irrazionale nel non cedere alla magia seduttiva dell'irrazionalità e all'oblio che questa può donare, come il piacere che si prova nel gettarsi alle spalle la ragione e sprofondare nel sogno, con la stanchezza della sera...
Eppure, Sariputra, penso che anche l'uomo più irrazionale andrebbe da un bravo dentista (a meno di non essere un masochista naturalmente). Il fatto è che non penso che la scelta di evitare il dolore (e quindi colui che può arrecarlo) sia propriamente razionale o irrazionale, ma piuttosto appartenga alla dimensione primaria della vita, lo si fa comunque. Anche un bruco si ritrae davanti a ciò che lo punge e impara a evitarlo e non per questo lo fa perché considera la cosa razionale. :)
Citazione di: maral il 08 Maggio 2017, 23:41:31 PM
CitazioneLa razionalità e l'irrazionalità più che essere complementari direi che convivono come ignoranza e conoscenza
Direi che sono strettamente necessarie l'una all'altra, come lo sono ignoranza e conoscenza: conosciamo in virtù della nostra ignoranza e ignoriamo in virtù della nostra conoscenza.
CitazioneRazionalità:Irrazionalità=Bene:Male
che ci portiamo indietro dalle origini del pensiero umano, dalla relazione:
Ordine:Caos
Non direi che la razionalità o l'irrazionalità siano da leggere in termini di proporzionalità con bene e male. Direi piuttosto che il bene accade quando si sa dosare in modo appropriato la razionalità con l'irrazionalità che ne è alla radice, quando la razionalità riesce a comprendere l'irrazionalità e riesce a salvaguardarla secondo equilibrio.
Lo stesso vale per ordine e caos, in fondo è il caos la matrice di ogni ordine ed è dove ogni ordine, anche il più rigoroso, inevitabilmente finisce.
Sì, sei vicino a come la penso.
Direi che la razionalità stabilisce una verità logica, l'irrazionale il contrario. Se ne desume che la razionalità è una costruzione di una conoscenza attraverso analisi e sintesi, mentre l'irrazionalità rimane ignoranza, quindi ancora da conoscere.
Non penso che vi sia il caos, penso vi sia un ordine.per cui il caos è ciò che rappresenta ancora la nostra ignoranza da svelare con la conoscenza .
Quindi dedurrei che il caos rappresentando ciò che ignoriamo non siamo ancora riusciti a costruirne un ordine razionale attrraverso un ragionamento logico .
Specifico meglio quando lego l'irrazionalità alla sfera psico emotiva. E' quando pensiamo di aver stabilito una verità seguendo solo l'emotività.
Non considero quindi affatto i sentimenti come irrazionali, ma devono essere guidati dalla ragione, temperati, equilibrati; perchè ila sfera emotiva è quella motivazionale e quindi ci spinge a conoscere. In fondo l'amore è una forma di conoscenza.
C'è del vero Sariputra in quel che scrivi, ma proprio perchè l'amore, che è il sentimento per eccellenza è una forma di com-prensione e noi abbiamo necessità di comprendere e di essere compresi con i nostri simili:è molto importante .
Quindi sono d'accordo nella metafora che la razionalità da sola sarebbe "fredda",ha bisogno a sua volta della sfera emotiva, di calore umano:
un equilibrio.
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 00:48:41 AMEppure, Sariputra, penso che anche l'uomo più irrazionale andrebbe da un bravo dentista (a meno di non essere un masochista naturalmente). Il fatto è che non penso che la scelta di evitare il dolore (e quindi colui che può arrecarlo) sia propriamente razionale o irrazionale, ma piuttosto appartenga alla dimensione primaria della vita, lo si fa comunque. Anche un bruco si ritrae davanti a ciò che lo punge e impara a evitarlo e non per questo lo fa perché considera la cosa razionale. :)
Infatti ho scritto che è razionale affidarsi al dentista. Ma la mia voleva essere una critica alla generale considerazione che la dimensione razionale della mente umana sia 'superiore' a quella irrazionale, quando questo concetto è valido in determinati 'regni' ( come la scelta di un buon dottore) , ma non sempre in altri ( come l'irrazionale preferenza per un amore rispetto ad un altro o in una passione rispetta ad un'altra...). Non si dovrebbe rigettare, a parer mio, nessuna delle due caratteristiche dell'essere umano, avendo ben chiara ( e questa è una valutazione razionale) la rispettiva forza nei rispettivi ambiti ( di conoscenza empirica e non solo la prima , d'abbandono istintivo e amoroso la seconda).
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
Citazione di: maral il 08 Maggio 2017, 23:20:57 PM
Il confronto con argomentazioni razionale e osservazioni empiriche secondo te è solo della scienza moderna? Prima della visione scientifica l'uomo dunque brancolava nel buio assoluto con qualche rara e del tutto casuale illuminazione? Bè se è così, bisogna dire che queste casuali illuminazioni nelle tenebre onnipervasive della conoscenza hanno funzionato egregiamente dato che l'essere umano è comunque sopravvissuto moltiplicandosi anche a dismisura.
CitazioneQuesta domanda (e questa conclusione condizionale) francamente mi stupisce.
Mi sembra infatti del tutto evidente e inequivocabile che ho sempre considerato la razionalità ben più estesa della scienza, comprendendo anche la filosofia, le cosiddette "scienze umane", aspetti del senso comune e delle concezioni pre- e proto- scientifiche (compresi alcuni limitati aspetti più o meno elementarmente empirici delle medicine degli stregoni e degli sciamani e di quelle degli antichi Egizi, nonché probabilmente altro).
E come si fanno a prendere le osservazioni empiriche senza che esse si presentino come significati? E non è proprio solo quei significati che tra loro si verificano, fissandone alcuni come unità di misura per gli altri? Cos'altro si va a verificare se non l'appropriatezza di un significato rispetto a un modo prestabilito e condiviso di significare? Anche chi contraddice il modo comune di pensare non può farlo in altro modo se non a partire da quel modo comune di pensare.
CitazioneAnche tu mi fai veramente disperare (a questo proposito siamo proprio pari)!
Quante volte ho scritto a chiarissime lettere che a significare non sono in generale le osservazioni empiriche bensì (i concetti costituenti i) i pensieri, i predicati circa le osservazioni empiriche (mediante i quali le si conoscono; ivi compresi i predicati delle verifiche empiriche, sperimentali delle scienze)?
Sinceramente non ho proprio nessuna constatazione empirica che noi abbiamo imparato di più sulla realtà delle cose, quindi trovo assolutamente controvertibile affermarlo. Abbiamo imparato invece qualcosa di diverso che ha sostituito quello che si pensava prima e ci consente ora di vivere, al netto delle evidenti inadeguatezze che mostra la nostra attuale visione del mondo, ma non penso affatto che siamo più "realistici" rispetto ai tempi passati o che la sappiamo molto più lunga sulla realtà. Ognuno sa nella misura in cui sa vivere nei significati che gli presenta il suo mondo, secondo i modi in cui agisce e gli strumenti che usa e in rapporto a questo mondo verifica gli effetti del suo fare nei significati che facendo gli si presentano. Vale per noi come per gli antichi Egizi o per un indigeno che sa vivere perfettamente nel suo mondo con tutte le prospettive che gli sono necessarie per starci, finché non arriviamo noi a distruggerglielo per trasformarlo, bypassando tranquillamente millenni di storia, nel nostro mondo, a cui lui ovviamente non è per nulla adeguato. Questo saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a mio avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare. Poi tutti più o meno sogniamo e pensiamo che i nostri sogni siano la realtà, l'importante è che i sogni possano funzionare. Quelli attuali funzionano? Temo, nonostante tutta la scienza, tragicamente poco. Non sarà che siamo poco realistici?
CitazioneIl progresso tendenziale delle conoscenze scientifiche (non lineare e ininterrotto) è un tendenziale miglioramento quantitativo e qualitativo delle nostre conoscenze scientifiche (della loro verità); che implica anche il superamento di credenze errate e false..
Cercare di distinguere in proposito fra qualità e quantità mi sembra decisamente una questione di lana caprina, un ozioso (in senso deteriore) cercare il pelo nell' uovo.
Poiché ancora continui a sostenere che la scienza moderna non ci dice (non consce) più e meglio la verità sul mondo naturale – materiale di quella per esempio degli antichi Egizi (per non parlare di peggio; "peggio" in senso negativo: meno bene di...), che saper funzionare in risonanza significante con il mondo in cui ci si trova a esistere è a tuo avviso l'unico modo di essere realistici, non certo credere di arrivare a poter dire cos'è davvero la realtà, che è invece un sognare, non posso che considerarti un "caso disperato" (dal mio punto di vista, ovviamente) e desistere dal cercare inutilmente di fartelo capire.
Quella delle malefatte e dei crimini contro l' umanità dell' imperialismo occidentale é un' altra questione.
E comunque essi fra l' altro si sono potuti perpetrare proprio anche e soprattutto grazie alla migliore-maggiore conoscenza (scientifica) del mondo materiale naturale di cui l' imperialismo stesso dispone rispetto alle sue vittime, per quanto ineluttabilmente limitata e relativa essa sia.
CitazioneCiò che é "franato" delle conoscenze (pre- e proto-) scientifiche degli antichi Egizi, e ciò che "franerà" delle conoscenze scientifiche attuali sono solo determinati elementi di falsità, superati da maggiori (ma pur sempre relative, limitate) acquisizioni di verità, le quali non negano integralmente e in assoluto le conoscenze scientifiche precedenti, ma le superano dialetticamente, sviluppandone e incrementandone gli elementi di verità.
Quali sono gli "elementi di verità"? C'è una tavola come per gli elementi chimici?
I dati di fatto? Ma i dati di fatto non sono altro che qualcosa che significa "dato di fatto" alla luce delle nostre mappature procedurali prestabilite e che variano da epoca a epoca, senza che vi sia un'epoca che stia sopra a tutte le altre a guardarle dall'alto in basso in nome della sua superiore conoscenza e scienza.
CitazioneNo, c' è una sterminata bibliografia di scritti che parlano veracemente (in misura limitata, relativa) dei dati di fatto, rilevati e sottoposti al cimento sperimentale attraverso le procedure scientifiche, che tendono (non linearmente ed ininterrottamente) a migliorare di epoca in epoca, cosicché in linea di massima (=nel lungo periodo e salvo eccezioni che confermano la regola) le epoche successive tendono a disporre di più conoscenza vera delle precedenti.
CitazioneOvviamente tutto ciò che diciamo lo diciamo mediante il linguaggio (compreso il linguaggio dei chimici, costituito in buona parte di formule chimiche).
Sì ma anche una formula chimica non significa nulla se non passa attraverso un senso comune, magari finendo poi con il modificarlo, è nel linguaggio comune che va cercato il mistero del significato con cui le cose vengono a rappresentarsi rappresentandoci a noi stessi.
CitazioneNon vedo proprio alcun mistero nell' ovvia "continuità semantica" fra linguaggio specialistico scientifico più o meno rigorosamente formalizzato e linguaggio comune, nella traducibilità (e in un certo senso nella necessità di tradurre) l' uno nell' altro.
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
CitazioneSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
..... ed ancora sono d'accordo.
E' proprio l'insieme di più fattori a costituire la complessità umana e forse questa che descrivi Maral è l a più difficoltosa: fare una sorta di oggettivazione della propria soggettività, è l'introspezione per rimodulare se stessi. E quì si aprono difficoltà, perchè al fondo noi ci chiediamo "siamo nel giusto o nello sbagliato, ci stiamo rimodulando bene o male per capire se stessi e il mondo?"
E' questa difficoltà a mio parere ad essere incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo l alogica.
Citazione di: paul11 il 09 Maggio 2017, 13:25:06 PM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
..... ed ancora sono d'accordo.
E' proprio l'insieme di più fattori a costituire la complessità umana e forse questa che descrivi Maral è l a più difficoltosa: fare una sorta di oggettivazione della propria soggettività, è l'introspezione per rimodulare se stessi. E quì si aprono difficoltà, perchè al fondo noi ci chiediamo "siamo nel giusto o nello sbagliato, ci stiamo rimodulando bene o male per capire se stessi e il mondo?"
E' questa difficoltà a mio parere ad essere incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo l alogica.
Il punto non è sulla razionalità, che è sempre presunta, ma sulla soggettività.
Il modello che ne nasceva da questa consapevolezza di fine 800 è la nuova fenomenologia.
Il cui punto focale era la questione dell'intenzionalità.
Poichè anche quella che viene chiamata irrazionalità è invece all'analisi una conseguenza razionale. Un calcolo che avviene eminentemente nella intenzionalità.
Si tratta dunque di de-costruire l'intenzionalità.
Citazione di: green demetr il 09 Maggio 2017, 13:49:47 PM
Citazione di: paul11 il 09 Maggio 2017, 13:25:06 PM
Citazione di: maral il 09 Maggio 2017, 10:25:31 AM
Vedo che tutti siamo più o meno d'accordo sulla necessità di trovare un equilibrio tra razionale e irrazionale. Però da inveterato provocatore mi viene da pensare che questo equilibrio non è semplicemente il razionale a stabilirlo. Ossia non è con un calcolo razionale dei pro e dei contro che lo si riesce a determinare. Credo sia piuttosto attraverso una riflessione su di sé acquisita con un attento e paziente esercizio di automodulazione in cui l'aspetto mentale razionale è solo uno dei fattori in gioco.
Si tratta forse di arrivare a conoscere la propria irrazionalità e quindi a comprenderla razionalmente per vedere come essa alla fine comprenda sempre la razionalità che la conosce.
..... ed ancora sono d'accordo.
E' proprio l'insieme di più fattori a costituire la complessità umana e forse questa che descrivi Maral è l a più difficoltosa: fare una sorta di oggettivazione della propria soggettività, è l'introspezione per rimodulare se stessi. E quì si aprono difficoltà, perchè al fondo noi ci chiediamo "siamo nel giusto o nello sbagliato, ci stiamo rimodulando bene o male per capire se stessi e il mondo?"
E' questa difficoltà a mio parere ad essere incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo l alogica.
Il punto non è sulla razionalità, che è sempre presunta, ma sulla soggettività.
Il modello che ne nasceva da questa consapevolezza di fine 800 è la nuova fenomenologia.
Il cui punto focale era la questione dell'intenzionalità.
Poichè anche quella che viene chiamata irrazionalità è invece all'analisi una conseguenza razionale. Un calcolo che avviene eminentemente nella intenzionalità.
Si tratta dunque di de-costruire l'intenzionalità.
L'intenzionalità, nella fenomenologia di Husserl, se non ricordo male e non dico una castroneria, non separa più l'oggettivo, il fenomeno, con il soggetto uomo, perchè il pensiero è già di per sè intenzione a combinarsi con l'oggetto da conoscere; così come nella fenomenologia di Hegel è la coscienza soggettiva che media il concreto e l'astratto, quindi viene Brentano, maestro di Husserl e Husserl stesso e poi Heidegger e l'ermeneutica di Gadamer..
Questo percorrso diciamo fenomelogico, ha avuto il merito di interrogarsi nel rapporto uomo/soggetto con fenomeno/oggetto e di problematizzarlo in maniera diversa dal passato.Nel passato, ma ancora nel presente l'uomo categorizza per comodità di studio, ma nella realtà non funziona lo specialismo, funziona l'interdisciplinarietà, il che significa che la conoscenza non è fatta di compartimenti stagni o in nette separazioni, ma noi siamo dentro il fenomeno quando lo conosciamo, noi difendiamo passionalmente la nostra conoscenza, vale adire entrano in combinazioni fra loro quegli oggetti ontologici ed enti della metafisica antica che prima erano separati ed ora esistono con noi nell'atto del pensare ,del vivere praticamente.
Non credo alle nette separazioni. Quindi sì c'è del vero in quello che dici, l'irrazionale è lo spurio del razionale, non è tanto un'antitesi, quanto un suo elemento di errore possibile.,da cui nasce la famosa tesi popperiana epistemologica sulla falsificazione
Citazione di: paul11E' questa difficoltà a mio parere ad essere incolmabile: è il limite umano, perchè non basta più solo la logica.
Ma l'umano non sta nella sola logica, anche se la logica fa certamente parte dell'umano.
Scrive Sini in un suo appunto:
"La formazione dell'umano non si esaurisce con il contributo della ragione; essa esige anche una composizione dinamica ed euforica" e allora ci potremmo chiedere in che cosa consiste questa compensazione dinamica ed euforica, propriamente festiva, dove e come si possa oggi trovarla.
Occorre forse "battere i propri saperi come gli sciamani siberiani erano soliti battere i propri tamburi" per trovare nella musica battente il ritmo con cui danzare? Cosa significa battere i saperi per farli risuonare?
Schneider ci dice che gli sciamani tenevano i loro tamburi sollevati in aria, con la pelle rivolta alla terra e la parte cava in alto, rivolta al cielo, poi cominciavano a battere sul tamburo, in modo che tutti gli spiriti della terra (gli spiriti dei morti, le loro voci) entrassero nel cavo del tamburo risuonando. Più battevano e più il tamburo diventava pesante finché era così carico che non lo si poteva più reggere e lo sciamano cadeva a terra e così si faceva sapiente.
Mentre lo si batte ogni sapere, anche quello più razionale, non fa che pregare i morti cosicché la vita possa continuare.
Citazione di: sgiomboSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
Certo, razionalmente si fa il calcolo stabilendo il bilancio (oggettivo) dei pro e dei contro in base al quale ritenere di poter fare con giudizio la miglior scelta tra direzioni che ci si mostrano incompatibili. Ma questo non è mai stato sufficiente, come se il calcolo che misura con la massima esattezza possibile il pro e il contro, fosse sempre affetto in una certa misura da un errore di base. Forse l'errore è proprio quell'incompatibilità escludente. Di sicuro per muovere un passo occorre rivolgersi in una direzione o nell'altra, ma ogni direzione presa poi, entrando nel mondo, non procede mai convenientemente diritta, è come se mantenesse in sé quello che per prenderla era stato escluso.
Citazione di: maral il 10 Maggio 2017, 11:05:13 AM
CitazioneSecondo me la razionalità può (e per quanto mi riguarda deve) cercare di trovare il migliore equilibrio possibile fra i diversi impulsi irrazionali (desideri, aspirazioni, ecc.) onde valutare nella maniera migliore (più vera possibile) quali cercare di soddisfare a scapito di quali altri (e in che misura), potendo essere (e di fatto non di rado essendo) gli impulsi irrazionali stessi incompatibili reciprocamente fra loro e/o con la realtà di fatto in cui si agisce per soddisfarli (= per essere più felici ovvero meno infelici possibile); nonché cercare di valutare mediante quali mezzi si possano conseguire nelle condizioni di fatto date i fini che si preferiscono ad altri con essi ritenuti incompatibili.
Certo, razionalmente si fa il calcolo stabilendo il bilancio (oggettivo) dei pro e dei contro in base al quale ritenere di poter fare con giudizio la miglior scelta tra direzioni che ci si mostrano incompatibili. Ma questo non è mai stato sufficiente, come se il calcolo che misura con la massima esattezza possibile il pro e il contro, fosse sempre affetto in una certa misura da un errore di base. Forse l'errore è proprio quell'incompatibilità escludente. Di sicuro per muovere un passo occorre rivolgersi in una direzione o nell'altra, ma ogni direzione presa poi, entrando nel mondo, non procede mai convenientemente diritta, è come se mantenesse in sé quello che per prenderla era stato escluso.
CitazioneCertamente spesso non é facile mantenere salde le decisioni prese razionalmente: pesano sia la non misurabilità (ma solo vaga "ponderabilità" o "soppesabiltà" non esattamente quantificabile) di desideri e aspirazioni, sia la complessità dei calcoli che sarebbero necessari per una valutazione della realizzabilità degli scopi e dei mezzi a ciò necessari e dunque l' esistenza di insuperabili margini di incertezza in proposito; inoltre sia il mondo sia noi stessi che in esso agiamo possiamo cambiare, e anche notevolmente, "in corso d' opera".
Capita che si sbandi dalle direzioni scelte.
Malgrado questo credo che le maggiori chances di essere felici siano offerte dalla valutazione in più possibile rigorosamente razionale di desideri e aspirazioni e della realtà nella quale si agisce e dunque si devono valutare il realismo o meno dei vari insiemi di aspirazioni ritenuti soddisfacibili e reciprocamente alternativi nonché dei mezzi necessari nelle condizioni date (penso secondo gli insegnamenti soprattutto degli antichi stoici).
cit Paul
"Non credo alle nette separazioni. Quindi sì c'è del vero in quello che dici, l'irrazionale è lo spurio del razionale, non è tanto un'antitesi, quanto un suo elemento di errore possibile.,da cui nasce la famosa tesi popperiana epistemologica sulla falsificazione"
Ma chi parla di nette separazioni?
Quello che dico è che esiste una unità tale che anche l'irrazionale è razionale nelle scelte di vita.
(non vedo cosa c'entri popper)
Quando si parla dell'uomo si parla delle sue relazioni e di quel che decide di fare con esse.
A mio avviso per intender l'uomo bisogna de-costruire la storia delle sue decisioni.
Sto parlando di politica non di altro.
Se invece ci limitiamo alla interdisciplinarità finiamo male. Perchè non è detto che 2 discipline siano complementari.
La salita delle neuroscienze nelle cattedre della statale, ha condotto ad una fuga di massa di filosofi.
(okkei di non conferme di contratto mi dicono dalla regia).
Perchè sono le neuroscienze che decidono delle condizioni di inter-qualcosa, e che finisce sempre come gerarchia-di qualcosa.
Prova anche solo a pensare al rapporto fra economia e politica, con cui concordiamo, dove è questa interdisciplinarietà)
No amico mio. Non è così che funziona!
cit Maral
"Di sicuro per muovere un passo occorre rivolgersi in una direzione o nell'altra, ma ogni direzione presa poi, entrando nel mondo, non procede mai convenientemente diritta, è come se mantenesse in sé quello che per prenderla era stato escluso."
Mi paiono delle posizioni di comodo. :(
Dire che che ogni strada contiene anche il suo opposto.
In cosa si risolverebbe se non in una stagnazione?
E' invece capire la formazione di una intenzione, del suo rapporto soggetto-oggetto, che ci illumina meglio delle scelte effettuate.
(sia di quelle individuali, sia, ben più importante, di quelle collettive).
Ossia illumina sulla gerarchia: tema tabù di tanta filosofia. >:(
Non è una posizione, ma una constatazione alla cui base c'è la necessità dialettica che ripresenta sempre tutta la sua problematicità.
Poi, se questo rasserena, ci si può sempre illudere di sbrogliare a piacimento la relazione soggetto-oggetto, io-altri, per procedere spediti verso un radioso avvenire, di chiare intenzioni realizzate. Di utopie se ne sono sempre fatte tante e troppe, con tutte le loro gerarchie metafisiche sempre franate e le loro tragedie, giacché ogni gerarchia ha in se stessa il germe che poi la ribalta.
Non si può non camminare, comunque si cammina, fosse anche per tentare di restare dove si è (come di solito accade), ma lo si fa a tentoni e quindi occorre imparare a muoversi bene in questo modo, senza pretese di voli per direttissima, razionalmente o meno inspirati.
Poi lo diceva anche Nietzsche che ogni via diritta mente e in questo non aveva proprio torto.
Citazione di: maral il 11 Maggio 2017, 13:54:16 PM
Non è una posizione, ma una constatazione....
Poi lo diceva anche Nietzsche che ogni via diritta mente e in questo non aveva proprio torto.
Si una constatazione tutta tua infatti.
Ma per favore non tiriamo in ballo Nietzche che indica chiaramente una soluzione fatta di superuomini e ASSENZA di gerarchie.Grazie!
Altro che le sciocchezze alla Sini con la pratica delle pratiche, che risulta in una pratica identica a se stessa. Se deve essere come giustamente teorizza una prassi che controlla le prassi, poi deve anche saperle condurre verso nuove prassi, non le solite.
Mi sembra evidente.
Dimmi Green allora che genere di metafisica gerarchia proponi e quanto speri che duri prima che si riveli la solita catastrofica panzana. Oppure credi che sarà eterna?
Quanto al superuomo di Nietzsche è la soluzione? Non sappiamo nemmeno cosa sia questo superuomo, non sappiamo nemmeno se va bene chiamarlo superuomo alla nazista o oltreuomo alla Vattimo. Se è roba di destra o di sinistra (ché ognuno lo tira sempre dalla sua parte, si può star certi, tutti ci sentiamo dalla parte dei superuomini) o è oltre ogni destra e sinistra.
Lo ripeto sottolineandolo, Nietzsche ha detto che ogni via diritta mente e questa è l'intuizione migliore di tutto il suo pensare e non per nulla la via che sempre si ritorce su se stessa è il concetto chiave dell'eterno ritorno dell'identico, il culmine e l'abisso del suo pensiero, dopo di ché si è detto tutto e di meglio resta solo la follia e il silenzio.
Citazione di: green demetr il 10 Maggio 2017, 23:09:39 PM
cit Paul
"Non credo alle nette separazioni. Quindi sì c'è del vero in quello che dici, l'irrazionale è lo spurio del razionale, non è tanto un'antitesi, quanto un suo elemento di errore possibile.,da cui nasce la famosa tesi popperiana epistemologica sulla falsificazione"
Ma chi parla di nette separazioni?
Quello che dico è che esiste una unità tale che anche l'irrazionale è razionale nelle scelte di vita.
(non vedo cosa c'entri popper)
Quando si parla dell'uomo si parla delle sue relazioni e di quel che decide di fare con esse.
A mio avviso per intender l'uomo bisogna de-costruire la storia delle sue decisioni.
Sto parlando di politica non di altro.
Se invece ci limitiamo alla interdisciplinarità finiamo male. Perchè non è detto che 2 discipline siano complementari.
La salita delle neuroscienze nelle cattedre della statale, ha condotto ad una fuga di massa di filosofi.
(okkei di non conferme di contratto mi dicono dalla regia).
Perchè sono le neuroscienze che decidono delle condizioni di inter-qualcosa, e che finisce sempre come gerarchia-di qualcosa.
Prova anche solo a pensare al rapporto fra economia e politica, con cui concordiamo, dove è questa interdisciplinarietà)
No amico mio. Non è così che funziona!
L'irrazionale non è razionale, si fa una cortocircuitazione e non si capisce più nulla.
Quello che decide l'uomo è un processo mentale che a sua volta ha delle credenze più o meno razionali e che nella pratica porta razionalmente o irrazionalemnte a seconda anche, ma non solo(perchè c'è anche psiche, emotività), del suo pensiero. Spesso chi è irrazionale nel pensare porta contraddittoriamente nella pratica quel pensiero.
Decostruire come lo descrivi quì, significa seguire un processo a ritroso:può servire.
L'uomo è unico, sono le discipline che sono tante. ma quelle discipline riflettono quell'unicità umana complessa.La socieità è complessa perchè l'uomo non è così semplice e banale. Può essere che se si procede a ritroso nel processo decostruttivo di una decisione umana, ne troviamo i segni, simboli, significati, che hanno portato il pensiero a praticare una certa decisione.
Il problema non è la neuroscienza, è la filosofia attuale che è carente, si perde nel "minimalismo"
Quando emerge una disciplina non è detta che lo sia per suo merito, magari è per demerito di altre he si sono sottratte.
E'come la metafora dei soldati in linea ,se tutti fanno un passo indietro rimane chi non lo ha fatto e sembra che lui sia avanzato rispetto agli altri.
Citazione di: maral il 11 Maggio 2017, 23:09:59 PM
Dimmi Green allora che genere di metafisica gerarchia proponi e quanto speri che duri prima che si riveli la solita catastrofica panzana. Oppure credi che sarà eterna?
Quanto al superuomo di Nietzsche è la soluzione? Non sappiamo nemmeno cosa sia questo superuomo, non sappiamo nemmeno se va bene chiamarlo superuomo alla nazista o oltreuomo alla Vattimo. Se è roba di destra o di sinistra (ché ognuno lo tira sempre dalla sua parte, si può star certi, tutti ci sentiamo dalla parte dei superuomini) o è oltre ogni destra e sinistra.
Lo ripeto sottolineandolo, Nietzsche ha detto che ogni via diritta mente e questa è l'intuizione migliore di tutto il suo pensare e non per nulla la via che sempre si ritorce su se stessa è il concetto chiave dell'eterno ritorno dell'identico, il culmine e l'abisso del suo pensiero, dopo di ché si è detto tutto e di meglio resta solo la follia e il silenzio.
Maral mi rifiuto d'oggi in poi di parlare ancora dell'eterno ritorno.
Ma poi almeno leggi quello che scrivo :( : la nuova metafisica deve essere
senza gerarchie!
Sini è ovviamente il più grande filosofo italiano, ma l'esito a cui giunge è propriamente l'accettazione delle gerarchie. >:(
Qualcosa nel suo farsi è andato perduto. Gli l'ho pure scritto, ma lui ha deciso di fare lo gnorri, sproloquiando di non so quale dinamismo.(ovviamente intendo benissimo cosa intende, ma non giustifica minimamente il prodotto finale).
Capisco che per te (che hai a cuore Severino) trovi speciale il connubio possibile tra l'immobilismo del secondo, con gli esiti del primo. Ma questo non ti dà diritto di dire che la metafisica è necessariamente gerarchica.
Queste tesi, che per esempio spesso, gente come il Faye addita come cattiva filosofia, a me fanno solo ridere.
Ripeto a mio parere centra molto il tema del naturale.
Qualche giorno fa ho controllato se era stato montesquieu a parlarne, ma ho scoperto che è l'esatto opposto!
Solo negli ultimi anni il fronte anti-naturalista si sta formando, purtroppo sulla wiki, cita solo Bobbio....e Bobbio è un principiante della metafisica, anzi non capisce proprio niente.(Fusaro via Preve qualcosa intende, solo per poi ribaltare in un gesto folle omofobico, tutto quello che ha capito nel suo opposto).
Purtroppo mi capita di ritrovarmi con delle intuizioni che sono troppo avanti nel tempo.
Io le do per scontate, ma non siamo nemmeno all'abc della formulazione.
A questo punto dovrei aprire un altro fronte di guerra filosofica, ma al momento ho già in ballo il fronte nicciano (e in "lavori in corso" Hegel ed Heidegger, inoltre con un caro amico kantiano sto cercando di impostare una filosofia metafisica 2.0 formale)
Per me è fondamentale nietzche, quindi mi perdonerai qualche tono aspro, ho già spiegato a Garbino che dopo l'estate sarò in grado di aprire un 3d importante, perchè documentato.
Purtroppo sono agitato. Vivere in questi tempi non è facile.
Citazione di: paul11 il 12 Maggio 2017, 00:55:05 AM
Citazione di: green demetr il 10 Maggio 2017, 23:09:39 PM
cit Paul
"Non credo alle nette separazioni. Quindi sì c'è del vero in quello che dici, l'irrazionale è lo spurio del razionale, non è tanto un'antitesi, quanto un suo elemento di errore possibile.,da cui nasce la famosa tesi popperiana epistemologica sulla falsificazione"
Ma chi parla di nette separazioni?
Quello che dico è che esiste una unità tale che anche l'irrazionale è razionale nelle scelte di vita.
(non vedo cosa c'entri popper)
Quando si parla dell'uomo si parla delle sue relazioni e di quel che decide di fare con esse.
A mio avviso per intender l'uomo bisogna de-costruire la storia delle sue decisioni.
Sto parlando di politica non di altro.
Se invece ci limitiamo alla interdisciplinarità finiamo male. Perchè non è detto che 2 discipline siano complementari.
La salita delle neuroscienze nelle cattedre della statale, ha condotto ad una fuga di massa di filosofi.
(okkei di non conferme di contratto mi dicono dalla regia).
Perchè sono le neuroscienze che decidono delle condizioni di inter-qualcosa, e che finisce sempre come gerarchia-di qualcosa.
Prova anche solo a pensare al rapporto fra economia e politica, con cui concordiamo, dove è questa interdisciplinarietà)
No amico mio. Non è così che funziona!
L'irrazionale non è razionale, si fa una cortocircuitazione e non si capisce più nulla.
Quello che decide l'uomo è un processo mentale che a sua volta ha delle credenze più o meno razionali e che nella pratica porta razionalmente o irrazionalemnte a seconda anche, ma non solo(perchè c'è anche psiche, emotività), del suo pensiero. Spesso chi è irrazionale nel pensare porta contraddittoriamente nella pratica quel pensiero.
Decostruire come lo descrivi quì, significa seguire un processo a ritroso:può servire.
L'uomo è unico, sono le discipline che sono tante. ma quelle discipline riflettono quell'unicità umana complessa.La socieità è complessa perchè l'uomo non è così semplice e banale. Può essere che se si procede a ritroso nel processo decostruttivo di una decisione umana, ne troviamo i segni, simboli, significati, che hanno portato il pensiero a praticare una certa decisione.
Il problema non è la neuroscienza, è la filosofia attuale che è carente, si perde nel "minimalismo"
Quando emerge una disciplina non è detta che lo sia per suo merito, magari è per demerito di altre he si sono sottratte.
E'come la metafora dei soldati in linea ,se tutti fanno un passo indietro rimane chi non lo ha fatto e sembra che lui sia avanzato rispetto agli altri.
Naturalmente Paul, la filosofia è in grave crisi ideologica, ma questo è risaputo da Nietzche, da Hegel, da Heidegger in poi.
Il formalismo Hegeliano ha fallito. Quello heidegeriano lo intendono in pochi. Nietzche uccide la filosofia come disciplina.
Si tratta di riformulare una logica nuova all'altezza dei tempi.
Mi pare ridicolo che lo dobbiamo fare noi da questo forum, siamo dilettanti, persone che si cimentano a intermittenza, con questi grandi temi.
Eppure non di rado trovo più cose interessanti qui che nelle accademie.
Per continuare la metafora. il soldato della filosofia, non solo non ha fatto alcun passo avanti. ma è fuggito a gambe levate nelle retrovie!
Detto questo però non è che siccome il decostruzionismo ha mostrato l'ipocrisia della filosofia, allora la filosofia debba diventare neo-realismo ingenuo, totalmente Sordo, alle istanze da cui marciava (non si può passare dal marciare davanti ai migliori soldati, e impauriti da un proiettole passatoci vicino, ritirarsi nelle retrovie, e pensare di essere novità in marcia.
Scusa lo sfogo)
Poi è normale che passiamo tutto il tempo a dilettarci, questo è vero, questo è falso.
Questo è razionale, questo no....machissenefrega! quando non riusciamo più a vedere il mondo nel suo orizzonte!
Ormai la filosofia è come un gregario che si è staccato alla prima salita (visto che siamo in tema di giro d'italia).
E' patetico.
Ma va bè ogni tanto qualcuno dà uno "strappo", per ora mi basta.
Citazionela nuova metafisica deve essere senza gerarchie!
Una metafisica senza gerarchie? E come la fai? non porrà forse il suo pensare al vertice assoluto della panoramica sull'esistente? Sinceramente non capisco.
Un metafisica senza gerarchie è un'illusione tra le tante che si sognano pensando.
(o chissà, forse proprio l'eterno ritorno è l'unico meccanismo senza gerarchie e quindi senza metafisica, ma di questo non vuoi più parlare e non insisto :) )
Citazione di: maral il 14 Maggio 2017, 10:44:51 AM
Citazionela nuova metafisica deve essere senza gerarchie!
Una metafisica senza gerarchie? E come la fai? non porrà forse il suo pensare al vertice assoluto della panoramica sull'esistente? Sinceramente non capisco.
Un metafisica senza gerarchie è un'illusione tra le tante che si sognano pensando.
(o chissà, forse proprio l'eterno ritorno è l'unico meccanismo senza gerarchie e quindi senza metafisica, ma di questo non vuoi più parlare e non insisto :) )
Ammetto che è un progetto ambizioso.
La mia intuizione è che per non curvarsi a gerarchia, per non avere deliri di onnipotenza, deve avere un linguaggio di controllo.
In realtà non è una mia intuizione, la mia prof del liceo, diceva che fu per primo nietzche a porre il problema del linguaggio.(tanto per cambiare, ma è un tema che non ho ancora letto, o forse che è tra le righe e ancora non mi sono accorto che vi sia)c
Anche l'ultimo Heidegger si accorge che il linguaggio diventa veramente il punto dove la nave salpa.
Oscilla a lungo se non debba essere l'arte a indicare quel porto.
Ma poi infine intende che l'arte non è per niente una soluzione, e torna a fare della filosofia il luogo dell'invenzione.
La mia intuizione ha luogo nel notare che il pensiero filosofico arranca a seguire la matematica, che già da tempo ha indicato che il principio di non contraddizione, è solo un principio, e non la realtà.
Per questo necessita di un piano formale all'altezza dei tempi.
Pensa anche solo a Severino, ti ricordi i nostri discorsi che partivano da alcune considerazioni di Berto? Ti ricordi come Berto era d'accordo a considerare la metafisica di Severino corretta a livello formale?
Non è infatti la correttezza formale, che rende la filosofia di Severino sulla realtà così Grande??
Certo che è arduo, ma uno ci prova. (sulle spalle dei giganti sia chiaro, in questo senso l'analitica americana può dare una grossa mano, se le togliamo le sue manie di onnipotenza ;) )
Comunque è qualcosa di molto accademico. Preferisco sul forum temi più legati all'uomo in generale :)
Anche se non disdegno affatto se gente come Ceravolo scriva sul forum. (vedei gli ultimi post del 3d sul nulla o l'essere.)
@green
Francamente temo =.= che a porre il problema del linguaggio ci stiano radici assai più antiche di Nietzsche. Difficile esentare, per fare un esempio, i sofisti tutti dal non averlo posto, questo problema.
Citazione di: green demetr il 14 Maggio 2017, 22:04:58 PM
Pensa anche solo a Severino, ti ricordi i nostri discorsi che partivano da alcune considerazioni di Berto? Ti ricordi come Berto era d'accordo a considerare la metafisica di Severino corretta a livello formale?
Non è infatti la correttezza formale, che rende la filosofia di Severino sulla realtà così Grande??
Temo che la correttezza formale non sia sufficiente (a parte che una correttezza formale assoluta si presenta sempre discutibile: quella che Severino chiama la follia dell'autocontraddizione da dove può saltar fuori se non dal principio di non contraddizione stesso che la contiene?)
Ma purtroppo c'è un punto che mi pare sempre più problematico da risolvere nel sistema di Severino che stabilisce su base formale tautologica e dunque incontrovertibile l'eternità dell'ente e il punto è: cos'è questo ente che eternamente è l'ente che è? Cos'è questa lampada accesa? Questo ciocco nel camino? Questo uomo seduto vicino al camino con la lampada accesa? Cos'è ogni ente che mentre lo dico già non è più quell'ente, perché un altro è già sopraggiunto al suo posto? E' qui che non mi ci raccapezzo più con Severino, a meno di non spostarsi dall'ente al significato dell'ente e in questo mi accosto a Sini, ma anche qui poi sorgono altre perplessità per cui trovo comunque estremamente difficile tenersi sul filo di un corretto pensare senza capitombolare e io per primo senza nemmeno accorgermene.
Per quanto riguarda le gerarchie, proprio oggi ho assistito a un incontro con Alessandro Carrera intitolato "Un pensiero non gerarchico" (ho pensato subito, qui dovrebbe esserci Green :) ). Ora Carrera è un filosofo (di scuola siniana), attualmente direttore dell'istituto di italianistica all'università di Huston, davvero un personaggio poliedrico ad alto livello che si è occupato e si occupa di tutto (dalla psicosomatica, a Leopardi, alla musica, alla traduzione dei testi di Bob Dylan di cui è il curatore ufficiale), sempre guidato dal principio che non può esserci gerarchia tra le discipline e che quello che si considera il centro del pensiero è solo un caso particolare della periferia. Però occorre che ogni discorso sia condotto ad alto livello, capisci? Pone una discriminante tecnica! Sono d'accordissimo con lui in merito a una non gerarchia delle discipline, e sono d'accordissimo sulla sola discriminante tecnica che vale in ogni discorso (a perenne gloria della tecnica, sofistica compresa!), ma se la si adotta come si può parlare di un pensiero senza gerarchie? Certo, non saranno più gerarchie che vertono sui temi, ma è comunque una gerarchia che riguarda il modo di pensare, da cui ovviamente conseguono enormi problemi, tipo: come si fa a innalzare propriamente il livello dei discorsi? Come e chi valuta l'innalzamento del livello? Qual è il modello assunto?
E allora perché si parla di un pensiero senza gerarchie, quando semplicemente si stabilisce un altro tipo di gerarchia che si sente giustamente più appropriata?
Nel momento in cui tu proponi e dimostri dopo lungo e attento studio una diversa interpretazione di Nietzsche non hai già posto in essere una gerarchia nell'approccio a Nietzsche? Ed è ovvio che sia così, non può essere altrimenti.
Non vedo proprio come si possa uscire dalle gerarchie, è il pensare stesso che le implica, nel momento stesso in cui si attribuisce un qualsiasi senso al proprio pensare e quindi al proprio significare esistendo. Cosa possiamo mai dire di sensato che non abbia un senso gerarchico?
Che è l' uomo?
Per quanto riguarda il rapporto gerarchico nel discorso non posso che essere d' accordo con Maral, che esprime esaurientemente quanto l' argomento necessita. Pensare cioè di stabilire che non debba esserci gerarchia di sorta non solo è già un aspetto gerarchico di porsi, ma crea anche altri notevoli problemi di carattere logico in relazione alla psiche umana e all' evolversi del pensiero.
E' evidente che Green sia per il pensiero opposto, dal momento che, ancorando il tutto alla politica, si presenterebbe, e certe volte mi sorprende per queste sue non dico ingenuità ma quasi, su un piatto d' argento la possibilità stessa della sua utopia. L' unica scelta è proprio quella a cui si riferisce Carrerra, e cioè ad una scelta razionale ma su cui pesano come un macigno le successive critiche di Maral.
La logica e l' esperienza a me dicono che è il potere politico-economico che di volta in volta si susseguono, se hanno la potenza di farlo, che stabiliscono etiche e morali di riferimento e stabilendo con ciò una gerarchia ben definita di valori che piano piano mutano il linguaggio, e cioè il modo di esprimersi, e creano un fulcro di dominio sia sociale-etico-morale-politico. E ciò avviene sempre nel presente senza soste senza pause se non di carattere di crisi. Uscirne perciò è un vero dilemma, anche perchè la corte dei filistei della cultura fa di tutto per bloccare qualsiasi innovazione appoggiando e appoggiandosi sempre allo status quo.
Garbino Vento di Tempesta.
Citazione di: Lou il 14 Maggio 2017, 23:27:26 PM
@green
Francamente temo =.= che a porre il problema del linguaggio ci stiano radici assai più antiche di Nietzsche. Difficile esentare, per fare un esempio, i sofisti tutti dal non averlo posto, questo problema.
Perchè temi Lou? ;)
Sì è vero anche i greci avevano un tradizione forte sul linguaggio.
Non sono molto ferrato su quella.
Accetto contributi. :)
x maral ti rispondo e apro nuovo thread (3d)
Citazione di: Garbino il 15 Maggio 2017, 11:47:51 AM
Che è l' uomo?
Per quanto riguarda il rapporto gerarchico nel discorso non posso che essere d' accordo con Maral, che esprime esaurientemente quanto l' argomento necessita. Pensare cioè di stabilire che non debba esserci gerarchia di sorta non solo è già un aspetto gerarchico di porsi, ma crea anche altri notevoli problemi di carattere logico in relazione alla psiche umana e all' evolversi del pensiero.
E' evidente che Green sia per il pensiero opposto, dal momento che, ancorando il tutto alla politica, si presenterebbe, e certe volte mi sorprende per queste sue non dico ingenuità ma quasi, su un piatto d' argento la possibilità stessa della sua utopia. L' unica scelta è proprio quella a cui si riferisce Carrerra, e cioè ad una scelta razionale ma su cui pesano come un macigno le successive critiche di Maral.
La logica e l' esperienza a me dicono che è il potere politico-economico che di volta in volta si susseguono, se hanno la potenza di farlo, che stabiliscono etiche e morali di riferimento e stabilendo con ciò una gerarchia ben definita di valori che piano piano mutano il linguaggio, e cioè il modo di esprimersi, e creano un fulcro di dominio sia sociale-etico-morale-politico. E ciò avviene sempre nel presente senza soste senza pause se non di carattere di crisi. Uscirne perciò è un vero dilemma, anche perchè la corte dei filistei della cultura fa di tutto per bloccare qualsiasi innovazione appoggiando e appoggiandosi sempre allo status quo.
Garbino Vento di Tempesta.
Non ho capito perchè hai deciso di dare una connotazione politica. Comunque ci sto.
Se stiamo a quanto dice Maral il politico finirà inevitabilmente nel periferico.
Ma se accettiamo il periferico allora siamo dentro il progetto politico-economico a cui ti riferisci. (e che consiste nel farci credere che non siamo nel periferico, o devo spiegare anche quello?)
E' sul carattere di accettazione che devi porre attenzione, perchè la psicanalisi ci insegna che diventeremmo paranoici. (rendendo la situazione ancora peggiore)
Non ci trovo nulla di ingenuo nel voler uscire dalla paranoia, pensa che la psicanalisi ne fa la sua meta principale!
E' anzi una scienza.
Il progetto sarebbe (come ha detto chiaramente il prof.Martino di Milano, o come recentemente ha detto Agamben) (una volta usciti dalla paranoia) siamo capaci di illustrare una nuovo forma (forma! linguaggio! descrizione!) antropologica?
Qua se ne parla. Credo! dovrei rileggere gli interventi in toto. ;) ;D ;) ;D
Citazione di: green demetr il 15 Maggio 2017, 18:44:06 PM
Sì è vero anche i greci avevano un tradizione forte sul linguaggio.
Non sono molto ferrato su quella.
Accetto contributi. :)
Quando ho letto che Nietzsche fu il primo a porsi in problema del linguaggio l'ho trovata una posizione assai azzardata, io, ad esempio, penso proprio non sia così, anzi direi che molti motivi presenti negli scritti nietzschiani in merito al linguaggio trovino la loro radice e si possano inserire nel confronto antico che risale a Gorgia e Platone, che ritengo sancisca le linee entro cui ogni confronto successivo in merito al linguaggio si sviluppi e, tra l'altro, chiarisca e approfondisca anche aspetti del pensiero nietzschiano: il famosissimo
esercito mobile di metafore e la negazione di una origine pura del linguaggio, la stessa concezione dell'arte e della creazione artistica, della realtà come interpretazione, dell'oltreuomo non più limitato dall'essere, la sua idea di nichilismo attivo ecco, a mio parere, sono aspetti più accessibili ritornando a certe problematiche espresse da Gorgia. (
ovviamente esplicito che sto circoscrivendo alla storia della filosofia di matrice greca senza curarmi di varie ed eventuali prospettive e contaminazioni in merito che fanno a capo a riflessioni proprie di altri stili di pensiero, ergo è sicuramente unaspetto parzialissimo quello che sto esponendo, solo uno spunto.)