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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM

Titolo: Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.
La complessità degli elaboratori è molto aumentata dai tempi delle riflessioni su questa tesi ma di coscienza non se ne vede affiorare neppure un'ombra.
Un anno fa un primo software "Eugene Goostman" ha superato il test di Turing, sebbene in modo non cristallino.
Poco tempo fa il campione del mondo di Go è stato superato da un programma. Quando venne superato Kasparov, il campione del mondo degli scacchi, si disse che la complessità del Go sarebbe stata ardua da raggiungere.
Nessuno però è giustamente disposto a considerare queste segnali di un avvicinamento significativo verso una qualche forma di coscienza.
Anche per il più radicale materialista il fenomeno della coscienza e dell'autocoscienza è collegato ad un incredibile numero di funzioni apparentemente semplici legate alla sensibilità e alla reazione dell'essere all'ambiente, queste funzioni sono lontane dall'essere implementate in un unico organismo sintetico in grado di coordinarne la relazione e l'uso.
Voglio però provare ad affrontare questi temi da un punto di vista molto diverso, ricordando un principio che mi piacerebbe riuscire a dimostrare razionalmente contraddittorio, così per puro spirito di contraddizione, un po' per gioco e un po' come simpatica provocazione.  :)
Il principio è che "il tutto è più delle singole parti"!
Ebbene si questo  principio, sintesi del pensiero della Psicologia della Gestalt è in realtà il cuore della tesi forte dell'IA.
Mi aiutate a dimostrare che è falso?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 27 Aprile 2016, 06:12:22 AM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Voglio però provare ad affrontare questi temi da un punto di vista molto diverso, ricordando un principio che mi piacerebbe riuscire a dimostrare razionalmente contraddittorio, così per puro spirito di contraddizione, un po' per gioco e un po' come simpatica provocazione.  :)
Il principio è che "il tutto è più delle singole parti"!
Ebbene si questo  principio, sintesi del pensiero della Psicologia della Gestalt è in realtà il cuore della tesi forte dell'IA.
Mi aiutate a dimostrare che è falso?
a me e' venuta un immagine..
quella di un corpo intero di una persona viva da una parte
e sempre lo stesso corpo,stavolta fatto a pezzi con parti e organi distinti e separati dall'altra.
secondo me il tutto non e' solo più delle singole parti,ma non esisterebbero nemmeno le parti senza il tutto.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 27 Aprile 2016, 08:45:27 AM

L' esistenza di altre coscenze non si può dimostrare logicamente in alcun modo (non c' è nulla di autocontraddittorio o assurdo nell' ipotesi che ogni altro uomo e animale sia uno zombi che parla e agisce ***come se*** fosse cosciente ma in realtà privo di cosacienza), né tantomeno mostrare, constatare empiricamente (ciò che si constata per definizione é parte della coscienza "propria").

Lo si può solo credere immotivatamente, letteralmente "per fede".

Ciò non toglie che in linea puramente teorica, di principio, artefatti cui corrispoonda (inidmostrabilmente tanto quanto negli altri uomini e aimali) una coscienza potrebbero essere costruiti (ma personalmente lo ritengo impossibile di fatto).


Il tutto é =  la somma delle parti (e ovviamente dlle relazioni fra le parti).

Per esempio un uomo vivo intero é = la somma delle sue membra, ovviamente nelle relazioni (spaziali, fisiche, chimiche, funzionali) che ne consentono il regolare funzionamento (non tagliate le une dalle altre e semplicemente accostate: queste sono = un cadavere).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 27 Aprile 2016, 10:13:51 AM
Potremmo accontentarci del "penso, dunque sono" cartesiano. Però da questa rivelazione non scaturiscono corollari. Cartesio ha tentato, partendo da questo punto, di dimostrare l'esistenza di Dio e del mondo, ma tali ulteriori argomentazioni gli vennero confutate a differenza della prima. Quindi dove ci porterebbe la dimostrazione rigorosa e formale dell'esistenza della coscienza? E poi, lo sappiamo già, almeno per absurdum. Un essere senza coscienza non si interrogherebbe sulla coscienza. Anzi, un essere senza coscienza non potrebbe interrogarsi su nulla, a meno che si pensi che un computer che rovista nella sua memoria si stia interrogando. Allora si potrebbe pensare che anche un sasso che cade si stia interrogando se continuare a cadere o no. Agire secondo necessità non significa avere coscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 27 Aprile 2016, 10:39:46 AM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PMUna delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza. La complessità degli elaboratori è molto aumentata dai tempi delle riflessioni su questa tesi ma di coscienza non se ne vede affiorare neppure un'ombra. Un anno fa un primo software "Eugene Goostman" ha superato il test di Turing, sebbene in modo non cristallino. Poco tempo fa il campione del mondo di Go è stato superato da un programma. Quando venne superato Kasparov, il campione del mondo degli scacchi, si disse che la complessità del Go sarebbe stata ardua da raggiungere. Nessuno però è giustamente disposto a considerare queste segnali di un avvicinamento significativo verso una qualche forma di coscienza. Anche per il più radicale materialista il fenomeno della coscienza e dell'autocoscienza è collegato ad un incredibile numero di funzioni apparentemente semplici legate alla sensibilità e alla reazione dell'essere all'ambiente, queste funzioni sono lontane dall'essere implementate in un unico organismo sintetico in grado di coordinarne la relazione e l'uso. Voglio però provare ad affrontare questi temi da un punto di vista molto diverso, ricordando un principio che mi piacerebbe riuscire a dimostrare razionalmente contraddittorio, così per puro spirito di contraddizione, un po' per gioco e un po' come simpatica provocazione. :) Il principio è che "il tutto è più delle singole parti"! Ebbene si questo principio, sintesi del pensiero della Psicologia della Gestalt è in realtà il cuore della tesi forte dell'IA. Mi aiutate a dimostrare che è falso?

Dal punto di vista logico formale non ha senso: il risultato non sarebbe la somma, ma andrebbe oltre, quindi quel tutto non corrisponderebbe  ad un risultato.Quindi si potrebbe paradossalmente ancora scrivere" Il tutto è MENO  delle singole parti".

Se soprassediamo al formalismo, allora il tutto è più delle singole parte è un concetto olistico, e se il tutto fosse meno delle singole parti forse potremmo dire che un processo sincretico per sottrazione.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AM
Io riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale?
Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:

CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
[il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà

Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo":

1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza;
2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia;
3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari.

La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano.
La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé.

In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AMIo riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale? Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:
CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante. [il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto. La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo": 1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza; 2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia; 3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari. La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano. La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé. In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?


Trovo che si possa formulare un'ulteriore ipotesi:
4) Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
Coscienza senza materia non può essere data. Materia senza coscienza non può essere esperita. Ergo nessuna delle due è fondata in se stessa. Quindi nessuna delle due è la realtà ultima. Che cosa le accomuna? Proprio l'essere Vuote di esistenza in se stesse e per se stesse.
Coscienza non esiste senza linguaggio. Linguaggio è dato dall'esperienza della materia. Se fosse prodotto dalla coscienza stessa non si spiegherebbe perchè ha bisogno di essere imparato.
Materia può esistere senza coscienza, ma senza alcuno che la esperisce di fatto sarebbe come non esistesse.
Coscienza e Materia sono interdipendenti. Non sono Uno e non sono nemmeno Due. Materia è il contenuto della coscienza, la coscienza è contenuta nella materia. Nessuna fusione tra i due. Cielo e Terra soltanto. Nient'altro. Un grande vuoto. Uno spazio illimitato.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 11:40:19 AM
Credo che la questione non sia così semplice.
Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale.
Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio.
Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze.
Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 02 Maggio 2016, 11:52:16 AM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 11:40:19 AMCredo che la questione non sia così semplice. Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale. Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio. Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze. Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.

E' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 02 Maggio 2016, 11:56:54 AM
Loris Bagnara ha scritto:

Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo":

1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza;
2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia;
3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari.

La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano.
La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero".
In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé.

Rispondo:

Concordo tranne che a proposito delle "difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente": io non ci trovo difficoltà insormontabili (il termine "promanare" non mi piace troppo trovandolo un po' vago e oscuro; preferirei parlare di "dualismo dei fenomeni, monismo del nuomeno"; esiste anche un dualismo "interazionista", quello proprio di Cartesio, che prevede appunto interazioni, causazioni reciproche fra materia e pensiero, che però gode oggi di scarsissima considerazione perché inconciliabile con la conoscenza scientifica; mi scuso per la pignoleria).



*******


Loris Bagnara ha scritto:

In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?

Rispondo:

Secondo me tanto il mondo mentale quanto il mondo materiale si constatano empiricamente: si danno tanto sensazioni di ragionamenti, sentimenti, stati d' anoimo, quanto di cose materiali come il nostro corpo e quelli di altre persone e animali, muri, edifici, mobili e soprammobili, montagne, fiumi, ecc.

La "valenza ontologica", se così la vogliamo chiamare, o il "grado di realtà" di ciascuno dei due ambiti esperibili dell' esistete (o dei due tipi di oggetti percepiti) é esattamente lo stesso: fenomenico, ovvero apparente, costituito unicamente da insiemi e/o successioni di sensazioni (le une mentali, le altre materiali) reali unicamente in quanto tali e finatanto  che accadono in quanto tali.

Ciò vale per le cose materiali: quando non guardo verso il giardino del mio vicino di casa lo splendido e maestoso cedro del Libano che comunemente sia io che lui tendiamo a considerarvi presente  in realtà non esiste.

Ma vale esattamente allo stesso modo anche per le cose mentali: quando non avverto i miei ragionamenti, pensieri, sentimenti, ecc. essi non esistono.

E se qualcosa esiste anche allora (io, come soggetto-oggetto di essi) non può identificarsi con essi, pena la caduta in una palese contraddizione, ma per definizione deve (devo) essere qualcosa di non apparente (non sensibile), alla greca non "fenomenico", ma comunque qualcosa di congetturabile (esistere), alla greca "noumeno".
Esattamente come gli oggetti delle mie sensazioni materiali quando esse non avvengono.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 12:46:42 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 11:52:16 AM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 11:40:19 AMCredo che la questione non sia così semplice. Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale. Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio. Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze. Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.

E' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.

Ho citato apposta dei pensatori piuttosto noti ed importanti proprio per far capire che quando si parla di queste cose la semplicità non è Regina. Cerchiamo di entrare nel merito e poi giudicare e non giudicare senza entrare nel merito. Grazie
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 02 Maggio 2016, 13:05:48 PM
penso che la coscienza non sia qualcosa di rigidamente definibile,ad ogni modo a me viene da dire che capitano momenti in cui si suol dire (o avvertire) di aver avuto una presa di coscienza..ma che significa?
per come lo intendo io e' quando cio che hai dentro coincide perfettamente con cio che e' fuori e allora spariscono tutte le distinzioni e tu "sai" che non sei ne il tuo corpo ne la tua mente,allora forse la coscienza e' il tramite per la conoscenza (non formale,cioè quella che non si può esprimere)

quindi la coscienza potrebbe essere analogamente la traduzione (o la sua trasposizione) manifesta della conoscenza (come spiegata sopra) che e' immanifesta

riflettendo su quanto mi e' venuto da dire sopra,chissa se le parole coscienza e conoscenza abbiano infatti una stretta relazione anche etimologica,a prima vista sembrerebbe..  
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 02 Maggio 2016, 13:49:19 PM
Dipende da cosa si intende per coscienza, come la si vuole definire.
E' la mente e quindi è  assimilabile alla semplice  ragione?
E' mente, ma anche intesa  psiche e quindi è ciò che spesso si definisce razionale+ irrazionale?
E' mente+psiche+spirito? Allora è qualcosa che potrebbe appartenere ad un dualismo materia + spirito.

Personalmente ritengo che lo spirito non appartenga all'universo "fisico".

Ma la coscienza intesa come mente e psiche vi appartengano come energia/materia all'universo e forse alla stessa energia fisica, ma non ancora scoperta. In quanto se la vita, come la coscienza emergono dal mondo naturale, ma non come materia, vale adire c'è necessità di un cervello affinchè vi sia coscienza e di una complessità organica funzionale affinchè emerga la vita.
La mente comunque è impossibile che sia esclusivamente ragione, la mente non è solo calcolo meccanico, ha qualità e requisiti anche intuitivi, capacità di andare oltre il calcolo e di relazionare domini diversi(es. il reale e l'immaginario").
Rispondendo all' ultima domanda, la logica intesa come formalizzazione di un linguaggio non può essere soggettivabile, perderebbe la comunicazione convenzionale e sarebbe incapace di dare giudizi di verità e falsità. quindi descrive e relaziona la materia.Ma la logica in sè e per sè non è ontologia , è uno strumento epistemico.
Il problema rimane sempre come si costruiscono le gerarchie  le relazioni fra ontologia, epistemologia e fenomenologia
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 02 Maggio 2016, 14:15:52 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.

e se fosse proprio quel "vuoto" ad essere Tutto?
come potremmo mai anche solo immaginarlo il nulla se fosse nulla?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 12:46:42 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 11:52:16 AM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 11:40:19 AMCredo che la questione non sia così semplice. Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale. Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio. Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze. Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
E' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.
Ho citato apposta dei pensatori piuttosto noti ed importanti proprio per far capire che quando si parla di queste cose la semplicità non è Regina. Cerchiamo di entrare nel merito e poi giudicare e non giudicare senza entrare nel merito. Grazie

Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:20:23 PM
Citazione di: acquario69 il 02 Maggio 2016, 14:15:52 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AMNessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
e se fosse proprio quel "vuoto" ad essere Tutto? come potremmo mai anche solo immaginarlo il nulla se fosse nulla?

Proprio così, proprio così. Solo un Vuoto illimitato può contenere l'illimitato Tutto. 
La rana salta nello stagno e fa plop! ;)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 16:04:19 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 10:47:46 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AMIo riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale? Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:
CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante. [il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto. La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo": 1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza; 2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia; 3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari. La seconda premessa è quella apparentemente più naturale, ma la prima è quella più logica come dimostra il dubbio radicale cartesiano. La terza, invece, a mio avviso, presenta difficoltà insormontabili nel problema dei rapporti fra le due realtà, concepite come reciprocamente trascendenti, tanto da dover postulare una terza realtà noumenica da cui quelle due dipenderebbero. In questo mondo il dualismo si rivela solo apparente: in definitiva ci si riconduce ad una impostazione monista dove vi è una realtà in sé da cui promanano due realtà contingenti, la cui reciproca coerenza è garantita appunto dalla realtà in sé. In conclusione, ripeto la mia domanda: possiamo logicamente dimostrare l'esistenza del mondo materiale?


Trovo che si possa formulare un'ulteriore ipotesi:
4) Nessuna posizione: Non vi è coscienza nè materia ma solo un grande Vuoto.
Coscienza senza materia non può essere data. Materia senza coscienza non può essere esperita. Ergo nessuna delle due è fondata in se stessa. Quindi nessuna delle due è la realtà ultima. Che cosa le accomuna? Proprio l'essere Vuote di esistenza in se stesse e per se stesse.
Coscienza non esiste senza linguaggio. Linguaggio è dato dall'esperienza della materia. Se fosse prodotto dalla coscienza stessa non si spiegherebbe perchè ha bisogno di essere imparato.
Materia può esistere senza coscienza, ma senza alcuno che la esperisce di fatto sarebbe come non esistesse.
Coscienza e Materia sono interdipendenti. Non sono Uno e non sono nemmeno Due. Materia è il contenuto della coscienza, la coscienza è contenuta nella materia. Nessuna fusione tra i due. Cielo e Terra soltanto. Nient'altro. Un grande vuoto. Uno spazio illimitato.
Certamente: vuoto, o sunyata, o parabrahman che dir si voglia: l'Assoluto immanifesto e inconoscibile che precede ogni manifestazione.
Ma la mia riflessione, naturalmente, si colloca già all'interno della manifestazione (e non può essere diversamente...).
Il riconoscimento di se stesso come essere cosciente è la premessa di ogni atto conoscitivo.
Questo, in risposta anche a HollyFabius:
CitazioneCredo che la questione non sia così semplice.
Schopenhauer potrebbe obiettare che sia coscienza che materia sono in realtà manifestazioni della volontà irrazionale.
Nietzsche potrebbe sostenere che la coscienza è in realtà il fantasma di dio.
Severino ci direbbe probabilmente che la materia è illusoria perché entra ed esce dal nulla ma che non possiamo supporre che esista una coscienza quanto piuttosto una infinità di coscienze.
Sull'esistenza della realtà materiale tocco il tavolo e rifletto sulla possibilità che il mio trisnonno o il mio pronipote possono avere una reazione sensibile nella loro coscienza.
Quel che tu dici è certamente vero, sono tutte possibili concezioni, ma che vengono dopo il riconoscimento di se stesso come essere cosciente. E' su questo primo atto che intendevo focalizzare l'attenzione.
E dopo questo primo atto può seguire quel che dice giustamente Sariputra:
CitazioneE' la giungla del teorizzare. Il groviglio delle teorie. Il rendere complesse le cose semplici. Il discutere sulla pennellata e non vedere l'opera. L'autoerotismo del pensiero. Il compiacersi di se stesso.
Dopo, solo dopo il primo atto conoscitivo può seguire "l'autoerotismo del pensiero", che ciascuno di noi soddisfa come crede: con Schopenhauer, con Nietzsche, con Severino...

Purtroppo però, è vero che il pensiero occidentale tende a complicare le cose, a compiere analisi dove sarebbe meglio fare sintesi, a vedere distinzioni dove si potrebbe cogliere l'unità, a vedere difficili cose che sono semplici.
Dice Acquario69:
Citazionepenso che la coscienza non sia qualcosa di rigidamente definibile
E sembra ribadire paul11
CitazioneDipende da cosa si intende per coscienza, come la si vuole definire.
In realtà non c'è nulla da definire, perché non c'è nulla di più semplice della coscienza, come ben sa chi pratica appena un po' di meditazione.
La coscienza è un atomo irriducibile, a cui si può arrivare per sottrazione, non per addizione.
La coscienza è il silente testimone dei mutevoli processi psichici che attraversano la nostra mente.
La coscienza è il silente spettatore di un film, dove le immagini del film corrispondono ai processi psichici e lo schermo al cervello.
La coscienza non ha alcun attributo che la possa qualificare come mia o tua o di chiunque altro. Essendo priva di contenuti e fuori dal tempo, è uguale per tutti e uguale alla sorgente della coscienza da cui è derivata. Un elettrone è indistinguibile da un altro. Una coscienza è indistinguibile dall'altra; quel che cambia, è il film a cui assiste.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 17:30:29 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AM
Io riparto dalla domanda iniziale, il titolo di questo 3D, e la ribalto: come dimostrare logicamente l'esistenza del mondo materiale?
Riporto quel che ho scritto io stesso in un altro 3D:

CitazioneSi cita spesso Cartesio, ma quanto pare ci si dimentica l'origine del suo pensiero: il dubbio radicale. Posso dubitare di tutto tranne che della mia esistenza come essere pensante.
[il nostro io-sono] è' l'unica cosa di cui possiamo con assoluta certezza affermare la realtà oggettiva, perché è l'unica cosa che sperimentiamo realmente. Tutto il resto potrebbe essere solo un sogno creato in noi da un demone malvagio, come dice Cartesio appunto.
La premessa più logica sarebbe quella di porre la coscienza come realtà.
[...]
Sulla base della riflessione sopra riportata, ritengo si possa affermare quanto segue:
1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.
Vorrei ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni.

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Ma se questa è la caratteristica fondamentale del cosiddetto mondo materiale, cioè di costituire il limite al libero volere dell'io-sono, non è indispensabile attribuire al mondo materiale un piano ontologico diverso da quello dell'io-sono: si può infatti pensare all'esistenza di un'altra realtà di natura mentale che sia tale da condizionare e limitare l'io-sono.
Per fare un esempio, si può immaginare la realtà virtuale di Matrix: il mondo virtuale creato da Matrix si presenta agli individui con il carattere della necessità, benché sia semplicemente una rappresentazione mentale.

Matrix, naturalmente, equivale al demone malvagio e ingannatore di Cartesio.
In India per la stessa cosa si usa il termine di maya, ad indicare che la realtà è illusione, ma senza alcuna connotazione negativa o malvagia, come invece l'immagine del demone cartesiano potrebbe far pensare.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 17:54:45 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?

Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 02 Maggio 2016, 18:10:42 PM
Per quanto mi riguarda va abbastanza bene ciò che scrivi Loris B., ma farei più attenzione, questo è il mio parere,  a definire la coscienza in rapporto al cervello, così come la dinamica fra oggettività e soggettività.
Il problema è che sono interfacce, Intendo dire che la realtà percettiva che arriva attraverso i sensi non è mai oggettiva, è già mediazione con la soggettività nel momento in cui entra nei data base degli archivi, cioè nelle memorie fisiche del cervello, che sono anche emotive come l'amigdala da cui passa il nervo ottico
Per questo sostengo che è impossibile dire oggettività come se fosse un compartimento stagno dalla soggettività, o cervello umano  separarlo nettamente dalla coscienza.La coscienza ha impulsi che partono da se stessa a prescindere dal mondo esterno, è già predisposta dalla nascita a recepire e rappresentare il mondo "esterno" e la mediazione con il proprio IO.
Il nostro IO può anche tradirci ,nel senso che può deformare il reale inteso come mondo esterno, può costruire in noi una "credenza" su cui la nostra esperienza di vissuto ha instaurato delle sicurezze cognitive.

Per ora mi fermerei quì....
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 02 Maggio 2016, 21:35:34 PM
CitazioneLoris Bagnara ha scritto:

Sulla base della riflessione sopra riportata, ritengo si possa affermare quanto segue:
1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.

Rispondo:

Non sono d' accordo: se si deve assumere la realtà dell' "io sono" (pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), allora allo stesso identico modo si deve assumere anche la realtà degli oggetti materiali (il nostro corpo, altri corpi umani e animali, oggetti materiali naturali o più o meno artificialmente realizzati.
Infatti l' uno e gli altri sono esattamente allo stesso modo, con lo stesso grado di certezza sentiti, avvertiti nell' ambito della propria esperienza cosciente.
 
 
 


Loris Bagnara ha scritto:

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Rispondo:

Secondo la mia interpretazione è possibile essere assolutamente sicuri della realtà unicamente dell' esperienza cosciente immediatamente, direttamente vissuta o avvertita o percepita: dal solipsismo si può uscire, verso la credenza nell' esistenza di altre più o meno simili o analoghe esperienze coscienti oltre la "propria" immediatamente vissuta o avvertita unicamente mediante un atto di fere indimostrabile essere veritiero.


Se si ammette per fede l' esistenza (anche) di altre esperienze coscienti corrispondenti ai corpi (e più precisamente ai cervelli o loro parti in determinati stati funzionali) degli altri uomini e animali di cui si hanno sensazioni (i cui "contenuti sensibili" nel caso dei primi ci vengono anche in parte descritti verbalmente da loro stessi), allora si può constatare attraverso la comunicazione verbale che i "contenuti coscienti caratterizzati da necessità" che chiami "percezioni" (gli oggetti di coscienza materiali), sono intersoggettivi, cioè avvertiti sensibilmente in maniera puntualmente e univocamente corrispondente (purché ci si collochi "dallo stesso punto di sensazione") fra le diverse esperienze coscienti (per lo meno umane): se io e te andiamo a Zermatt ed entrambi guardiamo circa verso ovest-sud-ovest (e se non ci sono in quella direzione nuvole o nebbia) vediamo entrambi lo splendido monte Cervino 

Invece i "contenuti coscienti caratterizzati da libertà" (invero relativa, limitata: spesso non riusciamo a ricordare quel che vorremmo o a liberarci da ricordi, sentimenti, pensieri più o meno sgraditi), cioè gli oggetti di coscienza mentali (comprendenti quelli che chiami "volizioni") non lo sono; sono invece soggettivi: possiamo reciprocamente cercare più o meno fedelmente di di descriverceli reciprocamente, di comunicarceli verbalmente ma non "mostrarceli direttamente" nel modo in cui ci possiamo reciprocamente mostrare il Cervino).

Ma gli uni e gli altri, esattamente allo stesso modo,  non sono che sensazioni o insiemi di sensazioni o apparenze coscienti (alla greca e a la Kant: "fenomeni"), facenti parte della nostra esperienza cosciente, reali unicamente in quanto tali (sensazioni o insiemi di sensazioni) e unicamente allorché accadono (ovvero vengono avvertiti, sentiti, percepiti, se ne ha coscienza) come tali (mere sensazioni o insiemi di sensazioni).

 

Ora si può ipotizzare che qualcosa esista anche allorché le sensazioni fenomeniche non accadono, se non altro per spiegarsi come mai ogni volta che si va a Zermatt (o a Valtournenche) e si guarda nella giusta direzione si vede il Cervino (gli oggetti materiali sembrerebbero avere una certa  relativa costanza o continuità anche negli intervalli di tempo in cui non sono percepiti) e del tutto patimenti, allo stesso identico modo, come mai dopo periodi in cui non esistono sensazioni interiori o mentali (relativamente volontarie), riferibili a noi stessi sia come soggetti che come oggetti, dopo periodi di tempo nei quali non esiste l' "io sono" (per esempio durante il sonno senza sogni), esse possono nuovamente accadere e come mai di molte di quelle accadute ne passato resta memoria (se alla memoria si decide, anche in questo caso indimostrabilmente, per fede, di credere).

Ma per definizione e per non cadere in una palese contraddizione questo ipotetico "qualche cosa" reale anche allorché non sono reali (non accadono realmente) le sensazioni (tanto quelle materiali quanto quelle mentali) delle quali spiegherebbe la "relativa costanza nella discontinuità" non può essere costituito da apparenze sensibili (fenomeni), ma solo da qualcosa per l' appunto di unicamente congetturabile (alla greca e a la Kant: "noumeno").

E ripeto che questo vale tanto per le sensazioni materiali "involontarie" quanto per quelle mentali "libere": se oltre al loro accadere e anche allorché non accadono (e in condizioni diverse da quando accadono) vi è qualcosa di reale ad esse corrispondente, allora questo "qualcosa", sia nel caso si tratti dell' "io" (oggetto, oltre che soggetto, di quelle mentali o interiori), sia nel caso si tratti delle "cose del mondo" (oggetto di quelle materiali o esteriori), non è (costituito da) sensazioni (fenomeni) ma "cosa in sé (noumeno).

 

In conclusione: anche l' "io sono" si sente, é sensazione (-i), appare alla coscienza, anche le sensazioni mentali, non solo quelle materiali e altrettanto che queste, del tutto esattamente come queste, sono reali solo in quanto sensazioni; e se l' "io" ad esse corrispondente esiste anche allorché le sensazioni mentali non esistono (come loro oggetto, oltre che soggetto, in sé, congetturabile e non sensibile), allora non vedo perché mai non debbano esistere anche le "cose" corrispondenti alle sensazioni materiali (come loro oggetto in sé, congetturabile e non sensibile).

 

Grazie per l' attenzione.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 02 Maggio 2016, 21:49:55 PM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 17:54:45 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PM
Non c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?

Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.
CitazionePer parte mia credo inoltre che, ammesso un minimo di assunti indimostrabili (alla condizione ipotetica, indimostrabile, che questi siano veri), alcune concezioni sono vere (o per lo meno non falsificate, seppur falsificabili), altre false; e altre ancora ipotetiche (potrebbero essere vere oppure essere false senza che sia possibile stabilirlo).

P.S.: sarò anche diventato "utente esperto", ma imbranato telematico resterò fin che campo e fin che campo continuerò inesorabilmente a far casino con la grafica del forum!
(Abbiate pazienza).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 22:31:43 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneNon sono d' accordo: se si deve assumere la realtà dell' "io sono" (pensieri, ragionamenti, sentimenti, ecc.), allora allo stesso identico modo si deve assumere anche la realtà degli oggetti materiali (il nostro corpo, altri corpi umani e animali, oggetti materiali naturali o più o meno artificialmente realizzati.
Infatti l' uno e gli altri sono esattamente allo stesso modo, con lo stesso grado di certezza sentiti, avvertiti nell' ambito della propria esperienza cosciente.
Io credo invece che ci sia una differenza.

Innanzitutto l'io-sono (nel significato che gli ho dato io) non è da intendersi come pensieri, ragionamenti etc: quelli sono i contenuti, che ho chiamato soggettivi, e che tu giustamente definisci fenomeni al pari di quelli percettivi oggettivi (e anche i contenuti soggettivi potrebbero essere illusori).
L'io-sono per come l'ho voluto definire è, ribadisco, il puro osservatore: cioè quel che resta quando hai del tutto svuotato la mente (ci si riesce, in meditazione) e che ti fa dire, appunto, io-sono. Null'altro.
Questo io-sono, così inteso, è "atomico", irriducibile, inosservabile.
E' e basta, perché se fosse osservabile dovremmo ammettere un altro osservatore, più profondo, che osserva il primo.

Ma c'è un altro motivo per cui insisto sulla differenza.
Io posso avere, per una sorta di sogno o allucinazione, la visione di un tavolo che non esiste: il tavolo allora sarebbe nella mia mente, ma non avrebbe un'esistenza oggettiva.
Invece, io non posso avere l'allucinazione di esistere: il fatto stesso di avere un'allucinazione implica l'esistere come io-sono. Se non esistessi come io-sono, è ovvio, non potrei nemmeno avere alcuna allucinazione, tanto meno quella di esistere.

Il fatto è che quel chiamiamo spazio, tempo, ricordi etc, può essere tutta un'allucinazione: possiamo spingere il dubbio radicale all'estremo e pensare che in effetti potremmo non avere un passato. Potrei addirittura essere stato creato nel preciso istante in cui digito questa parola, con un bagaglio di falsi ricordi che mi danno l'illusione di avere un passato. Ogni secondo che mi sembra passare, potrebbe essere un'illusione, perché in effetti io potrei essere stato creato adesso, oppure adesso, oppure ancora adesso, no adesso, adesso... e così via. Che fine fanno, allora, il tempo, lo spazio, gli oggetti che vedo? Tutto potrebbe essere falso, ma veramente tutto. Tranne l'io-sono, unica cosa certa in mezzo ad un oceano di realtà incerte.

Non voglio dire che tutto sia falso. E' solo per rimarcare quella sottile differenza...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PM
Citazione di: HollyFabius il 02 Maggio 2016, 17:54:45 PM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 14:17:16 PMNon c'è alcun merito in cui entrare. Sono tutte teorie indimostrabili. Una vale l'altra. Le scegli solo in base a quello che tu stesso credi vero e che senti più vicino al tuo modo di concepire il reale. Ma quello che è vicino a te è lontano da un altro sentire. Come giudicare se non c'è alcun riferimento sicuro? Non si riesce nemmeno a definire cos'è la coscienza o la materia...perchè parteggiare per l'una o per l'altra?
Non è così, esistono delle visione coerenti e delle visioni incoerenti. La riflessione tende ad escludere queste ultime. Per esempio "Nessuna posizione: Non vi è coscienza né materia ma solo un grande Vuoto." è equivalente a sostenere che visto che non riusciamo a concordare su cosa sia la morte siamo immortali.


Visioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse  una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 03 Maggio 2016, 01:10:22 AM
Per Loris Bagnara:

"1) la realtà dell'io-sono si deve assumere;
2) la realtà del mondo materiale si può assumere.
Vorrei ora sviluppare alcune ulteriori considerazioni.

Come si presentano i contenuti mentali all'osservazione dell'io-sono?
Direi che possiamo distinguere tali contenuti in due categorie.
La prima categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, liberamente determinati da se stesso (ad esempio, quelle che definiamo volizioni).
La seconda categoria è quella dei contenuti che appaiono, all'io-sono, non determinati da se stesso e con la caratteristica della necessità (ad esempio, quelle che definiamo "percezioni").
Il senso comune definisce soggettivi i contenuti della prima categoria, e oggettivi quelli della seconda categoria. Cioè, il carattere di necessità (ossia di ineluttabilità) con cui questi ultimi si presentano, induce l'io-sono a proiettare quei contenuti all'esterno da sé, o meglio, induce l'io-sono a postulare una realtà esterna che, interagendo con se stesso, produrrebbe quei contenuti.

Cosa esattamente sia questa realtà esterna l'io-sono non ha alcun modo di stabilirlo, poiché egli come detto non ne viene a diretto contatto: l'io-sono ha solo esperienza delle rappresentazioni mentali che tale realtà produce in lui.
Il senso comune chiama questa realtà esterna "mondo materiale", ma il significato di questa espressione non è ulteriormente definibile. L'unica cosa che si può dire è che il cosiddetto mondo materiale rappresenta i limiti al libero volere dell'io-sono: l'io-sono non può riempirsi di contenuti a piacere, ma ve ne sono alcuni che egli deve necessariamente accettare senza poterli respingere.

Ma se questa è la caratteristica fondamentale del cosiddetto mondo materiale, cioè di costituire il limite al libero volere dell'io-sono, non è indispensabile attribuire al mondo materiale un piano ontologico diverso da quello dell'io-sono: si può infatti pensare all'esistenza di un'altra realtà di natura mentale che sia tale da condizionare e limitare l'io-sono.
Per fare un esempio, si può immaginare la realtà virtuale di Matrix: il mondo virtuale creato da Matrix si presenta agli individui con il carattere della necessità, benché sia semplicemente una rappresentazione mentale.

Matrix, naturalmente, equivale al demone malvagio e ingannatore di Cartesio.
In India per la stessa cosa si usa il termine di maya, ad indicare che la realtà è illusione, ma senza alcuna connotazione negativa o malvagia, come invece l'immagine del demone cartesiano potrebbe far pensare."


Complessivamente molto d'accordo con questo post... aggiungo solo che la libertà a mio avviso non è del tutto restringibile alla sfera della volontà. La volontà è certamente l'ambito nel quale libertà del soggetto si esprime in modo pieno, paradigmatico, in quanto l'oggetto della volontà l'io se lo pone indipedentemente dal fatto che tale oggetto sia più o meno reale. Tuttavia la libertà è a differenti livelli presente anche negli atti più propriamente cognitivi dell'Io, il giudicare, e il percepire. Il giudizio non è mai necessitato dalle modalità del darsi percettivo dell'oggetto. Se la percezione mi offre una visione delle cose come fossero qui e ora presenti in carne e ossa, effettivamente esistenti, esiste per l'io la possibilità di mettere in discussione la pretesa di identificare il contenuto della percezione come qualcosa di reale, lasciando in sospensione il giudizio su di esso. La messa in sospensione del giudizio in quanto è qualcosa che l'io pone in atto NONOSTANTE lo stimolo percettivo proveniente da una trascendenza che di per sè trascinerebbe l'io a formulare un certo tipo di giudizio, è un atto libero. Tutto ciò implica una sorta di "resistenza" del soggetto nei confronti dell'oggetto, dunque una libertà del soggetto. Seppur a livello minimale, un certo livello di autonomia del soggetto è presente anche nella percezione, nella misura in cui non si intenda questa come sinonimo di "sensazione". Ciò in quanto la percezione, se a livello contenutistico è  qualcosa che la coscienza può solo ricevere dalle sensazioni causate dal contatto fisico corpo-oggetti, formalmente è sintesi e ordine di tale complesso di sensazioni, sintesi che non sarebbe possibile se non per l'opera di una coscienza soggettiva.

Molto d'accordo anche con  il tuo ultimo post, in cui mi sembra che riecheggi evidentemente l'idea del dubbio metodico cartesiano che giunge a rilevare in conclusione la certezza dell'esistenza del soggetto pensante. Ma io ci vedo anche la, fondamentale, distinzione tra io empirico ( i miei pensieri, sentimenti, vissuti considerati come solo miei, nella mia singolarità) che è parte del mondo naturale e che quindi rientra ciò di cui posso dubitare, e l'io trascendentale (o io puro nella fenomenologia husserliana) che è l'io inteso come puro soggetto, considerato astrattamente e separatamente da tutto ciò che differenzia il mio io dall'altro, quindi un residuo indubitabile, un'idea di soggettività universale, che riconosce se stesso (autocosciente) e che si pone come punto di partenza per ogni discorso che vuole essere razionale sul rapporto coscienza-realtà. Porre questa idea di soggettività non porta al solipsismo, perchè questo punto di partenza di per sè essendo di per sè un'astrazione (seppur metodologicamente fondamentale) richiede di essere integrato da delle concretezze reali che giustifichino il porsi in atto di tale generica soggettività. Concretezza interiore (la mia realtà personale empirica, psicofisica) ed esteriore, il mondo esterno che non scompare ma resta considerato come causa delle nostre sensazioni che costituiscono il il livello basico della coscienza e conoscenza umana
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 09:21:10 AM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PM
Visioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse  una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.

Anche il nulla è una dualità. Il nulla vive nella negazione del tutto.
Puoi sederti davanti ad uno specchio e interrogarti sul nulla, facendolo cadi dalla tua assenza di posizione. Non hai bisogno di venire contraddetto, non hai bisogno di essere contraddetto. La non opinione non si può contraddire ma il nulla è assenza di sapore, di tatto, di vista, di suono, di gusto, di cuore. Guardati allo specchio e questo rifletterà il nulla. Il nulla funziona come il tutto, manca la meraviglia del capire.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AM
Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 09:21:10 AM
Citazione di: Sariputra il 02 Maggio 2016, 23:13:59 PMVisioni coerenti e visioni incoerenti sono una dualità. Mortalità e immortalità sono una dualità. Coscienza e materia sembrano anch'esse una dualità. Solo se non prendiamo posizione per una o per l'altra possiamo sedere sulla sedia vuota del senza-posizione. Da un grande vuoto non si può cadere. Senza opinione non si può essere contraddetti. Posso riempire la casa di tutto, c'è un grande spazio. Tutto funziona a meraviglia. Niente da capire.
Anche il nulla è una dualità. Il nulla vive nella negazione del tutto. Puoi sederti davanti ad uno specchio e interrogarti sul nulla, facendolo cadi dalla tua assenza di posizione. Non hai bisogno di venire contraddetto, non hai bisogno di essere contraddetto. La non opinione non si può contraddire ma il nulla è assenza di sapore, di tatto, di vista, di suono, di gusto, di cuore. Guardati allo specchio e questo rifletterà il nulla. Il nulla funziona come il tutto, manca la meraviglia del capire.


Io parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 03 Maggio 2016, 12:10:58 PM
Rispondo a Loris Bagnara e a Davintro:


Perché non dovrebbero potere accadere realmente i soli eventi "sensazioni" (le uniche cose certe, se accadono) senza alcunché d' altro, in particolare senza alcun osservatore?
Quando ho del tutto svuotato la mente di sensazioni fenomeniche (comprese quella del pensiero "io sono" e quella del solo concetto di "io", senza verbo "essere", a giudizio sospeso) non rimane nulla.
Potrebbe anche accadere che adesso, adesso, adesso accadano unicamente le sensazioni costituenti il pensiero "io sono" (ma anche altre sensazioni mentali o materiali) e basta.
Per così dire "Tutto potrebbe essere falso, ma veramente tutto, compreso l' io", tranne le sensazioni "io sono" (ma anche qualsiasi altra sensazione mentale o meteriale) mentre accadono, non prima e non dopo: uniche cose (eventi) certe in mezzo ad un oceano di realtà incerte.


Ciò di cui c' è immediata certezza empirica, che si constata, non é alcun "io" persistente anche allorché non si danno sensazioni o percezioni (di "cose materiali" o di pensieri ovvero "cose mentali"; compresa la sensazione del pensiero "penso") ma sono le sensazioni stesse (questo vale per le sensazioni costituenti il pensiero "io penso", esattamente come per tutte le altre).
Volendo portare alle estreme conseguenze lo scetticismo metodico cartesiano (lo stesso Descartes non fu del tutto conseguente in questo), la realtà potebbe benissimo essere limitata alle sole sensazioni materiali e mentali in quanto "eventi fenomenici" (apparenze) "e basta".
Dalla sensazione "cogito" non segue necessariamente l' "ergo sum": tutto ciò che é reale potrebbe anche essere costituito da questa sensazione mentale (allorché accade, non prima e non dopo che accada, anche se accade ripetutamente); ed eventualmente anche da altre.
Ma ciò vale esattamente anche per le sensazioni degli oggetti materiali.
Ammettere l' esistenza di un' entità "io" reale anche allorché le sensazioni (e in particolare quelle mentali, come il pensiero "io sono", non accadono (dunque reale in sé, congetturabile ma non costituito da sensazioni o apparenze coscienti di alcun genere, pena la caduta in una patente contraddizione) e soggetto delle sensazioni (tutte; nonché oggetto di quelle mentali, come "io penso") si può, ma non si deve; esattamente come ammettere l' esistenza di entità reali anche allochè le sensazioni (e in particolare quelle materiali) non accadono (dunque reali in sé, congetturabili ma non costituite da sensazioni o apparenze coscienti di alcun genere, pena la caduta in una patente contraddizione) e oggetti delle sensazioni materiali.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 13:07:47 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AM
Io parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.

Nel tuo discorso si parla di non essere e di divenire. Il tuo vuoto è il non essere Parmenideo. Mi sembra che sia ben lontano dal non prendere posizione.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 03 Maggio 2016, 15:45:57 PM
Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 13:07:47 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 11:43:01 AMIo parlo di Vuoto e non di Nulla. Sono cose diverse. Proprio perchè vuota una bottiglia può contenere il vino. Il vuoto della bottiglia però non è nulla: è uno spazio, una possibilità, una utilità. Ora questo vuoto è grande e il reale vi trova casa. Il vuoto non è una cosa, ma tutte le cose necessitano del vuoto per essere. Come potrebbe darsi altrimenti? Proprio perchè intrinsecamente vuote tutte le cose possono cambiare, trasformarsi, nascere e perire. Se la loro natura non fosse vuota come potrebbero divenire? Se la loro natura fosse in se stessa data, non necessiterebbe di alcun mutamento. Tutto resterebbe fisso e immutabile. Però, visto che non è dato trovare nessuna cosa, nè interiore nè esteriore, che esista indipendentemente da altre si parla di vuoto. Vuoto di esistenza inerente alla cosa in sé. La vacuità delle cose è la porta dell'Infinito.
Nel tuo discorso si parla di non essere e di divenire. Il tuo vuoto è il non essere Parmenideo. Mi sembra che sia ben lontano dal non prendere posizione.

"L'essere è e non può non essere" e "il non-essere non è, e non può essere".  (Parmenide)
Niente di più lontano da quello che maldestramente intendo dire. L'essere, nel mio intendere, è reale ma vuoto di esistenza intrinseca, in quanto dipendente da una moltitudine di fattori che sono non-essere. Di più, al di là di  questa moltitudine di fattori di non-essere non è dato trovare alcun essere. "L'essere è " dice Parmenide al che mi vien da domandargli "Sì...ma dov'è?" E per spiegarmi cosa intende per essere sarà costretto ad usare termini che sono non-essere. E "il non-essere non è" al che di nuovo verrebbe da dirgli:" Ma guardati intorno...è dappertutto!". Essere e non essere sono una dualità necessaria al pensiero.  Il reale trascende entrambi. Il reale è non-duale ed è vuoto di essere e di non-essere. Nessuna posizione. Aria libera. Finestrini abbassati.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 03 Maggio 2016, 15:50:42 PM
Rispondo a Sgiombo:

Le sensazioni e i pensieri è tutto ciò che costituisce la conoscenza della realtà ma non sono di per sè cose reali, ma solo eventi che accadono a partire da una reale causalità psicofisica. Se le sensazioni e i pensieri potessero identificarsi con la realtà non sarebbe possibile valutarne il livello di aderenza e corrispondenza con un'oggettività, giacchè sarebbero essi stessi la verità. La nostra stessa discussione non sarebbe possibile, in quanto per poter giudicare che io avrei torto occorre necessariamente ammettere una realtà oggettiva distinta dalle nostre opinioni (cioè dai nostri pensieri) da usare come criterio per valutare i torti e le ragioni di ogni singolo pensiero. Dunque il pensiero è soggettività non oggettività e dunque non reale (anche se come intenzionalità, il pensiero è sempre rivolto alla rappresentazione di una realtà oggettiva, altra da sè, si rivolge a un trascendente e per questo alcuni pensieri sono più veri di altri). Per quanto riguarda le sensazioni, essendo queste al di fuori di una dubitabilità, non costituiscono un mondo oggettivo, cioè un mondo per il quale posso prendere una posizione, verificare, smentire, dubitare, dunque esse non sono oggetti reali ma soggettivi eventi che costituiscono il livello basico dell'esperienza e della conoscenza soggettiva. Infatti, posso dubitare che la sensazione che percepisco corrisponda a un oggetto reale, ma non che in questo momento abbia un certo tipo di sensazione. Questa è un fenomeno soggettivo della coscienza e dalla certezza di avere sensazioni, e di stare riflettendo e dubitando su di esse, si deduce l'esistenza di un io reale, pensante e senziente, che pone in atto pensieri e, con l'urto con reali oggetti esterni, sensazioni. Se queste fossero di per sè realtà, non sarebbe possibile distinguere l'indubitabilità della loro presenza nella mia coscienza con la possibilità dell'errore nei confronti della mia posizione riguardo il mondo oggettivo, perchè allora oggettività e soggettività finirebbero assurdamente per confondersi
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 03 Maggio 2016, 18:30:02 PM
...se lo statuto ontologico lo portasse l'IO come coscienza ,ha necessità di relazionrare con il mondo esterno e con la comunità di altre persone e anche relazionare se stesso, vale a dire come consapevolezza di sè come autocoscienza.

Sgiombo, se ho capito bene, ha ragione nel sistema di relazione fra l'Io e il mondo percepito.
Deve necessariamente formalizzarsi un linguaggio che in qualche modo parametrizzi la realtà se vuole renderla conoscenza per sè e comunicare con gli altri della comunità, diversamente le soggettivazioni di tutti non formulano una conoscenza "esterna" del mondo, ma addirittura il visionario immaginativo e l'osservativo del reale non sarebbero possibili discriminarli. Vale a dire che senza una logica formale che tenta di togliere la soggettività sarebbe impossibile verificare la verità o falsità di una predicazione o proposizione. E quella veridicità nel mondo reale a sua volta garantisce l'agente conoscitivo con una sua coscienza.

Il paradosso, se si può  dire, dell'ontologia sulla coscienza è l'impossibilità a relazionarla "oggettivamente", nessuno può dire della nostra soggettività come coscienza, può solo fermarsi alla descrizione  ancora una volta esteriore dei comportamenti, atteggiamenti nostri iin funzione ancora una volta di una convenzione sociale.

In altri termini, i sistemi formali, descrivono e formalizzano il fenomeno fisico e il comportamento umano non come dati ontologici ,ma come espressione fenomenica.
Tant' è che noi potremmo essere con un "cervello in una vasca" o in una Matrix senza potercene accorgere, perchè le nostre verità o falsità descrittive sono dal di dentro del sistema, quindi noi descriviamo ciò che il fenomenico reitera como conoscenza scientifica in leggi, ma non siamo in grado di poter andare oltre lo statuto ontologico della coscienza descrivendola fattualmente, ma solo come presenza esperienziale e origine del movimento del conoscere.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 18:39:08 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 15:45:57 PM"L'essere è e non può non essere" e "il non-essere non è, e non può essere". (Parmenide)
Niente di più lontano da quello che maldestramente intendo dire. L'essere, nel mio intendere, è reale ma vuoto di esistenza intrinseca, in quanto dipendente da una moltitudine di fattori che sono non-essere. Di più, al di là di  questa moltitudine di fattori di non-essere non è dato trovare alcun essere. "L'essere è " dice Parmenide al che mi vien da domandargli "Sì...ma dov'è?" E per spiegarmi cosa intende per essere sarà costretto ad usare termini che sono non-essere. E "il non-essere non è" al che di nuovo verrebbe da dirgli:" Ma guardati intorno...è dappertutto!". Essere e non essere sono una dualità necessaria al pensiero.  Il reale trascende entrambi. Il reale è non-duale ed è vuoto di essere e di non-essere. Nessuna posizione. Aria libera. Finestrini abbassati.

Dobbiamo considerare il fatto che la riflessione ontologica di Parmenide è precristiana, non esistono per lui la categoria del fenomeno e del noumeno, non esiste il divenire. Il suo interrogarsi sull'essere è interrogarsi sul essere tavolo del tavolo, sull'essere uno dell'uno, sull'essere cento del cento e contemporaneamente è interrogarsi sul non-essere del tavolo prima che sia tavolo in assenza di un chiara esposizione del divenire, probabilmente anche un interrogarsi sulla essenza del cento in un contesto immanente. Per questo sospetto che la tua esposizione della negazione dell'essere sia vicina alla sua. Tu stesso infatti parli di essere e di non essere come dualità interna al pensiero ma poi usi il vuoto nel reale che assomiglia tanto al non essere nel mondo del pensiero precristiano. La tua convinzione che la realtà non sia duale e che non possa riprodursi nel pensiero in un modello duale fallisce quando tu stesso parli di vuoto e di reale (non è un parlare di vuoto contrapposto al reale?). Per quanto tu voglia togliere al reale ogni categoria del pensiero è un fatto evidente che nel reale esistano delle 'qualità', delle 'cose', delle 'essenze', delle 'non-essenze' differenti da luogo a luogo o da tempo a tempo. Il tuo reale diventa nulla, illusione, solo nel pensiero. Il nulla non esiste, non è, non ha consistenza nella realtà.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 03 Maggio 2016, 22:09:30 PM
Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 18:39:08 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 15:45:57 PM"L'essere è e non può non essere" e "il non-essere non è, e non può essere". (Parmenide) Niente di più lontano da quello che maldestramente intendo dire. L'essere, nel mio intendere, è reale ma vuoto di esistenza intrinseca, in quanto dipendente da una moltitudine di fattori che sono non-essere. Di più, al di là di questa moltitudine di fattori di non-essere non è dato trovare alcun essere. "L'essere è " dice Parmenide al che mi vien da domandargli "Sì...ma dov'è?" E per spiegarmi cosa intende per essere sarà costretto ad usare termini che sono non-essere. E "il non-essere non è" al che di nuovo verrebbe da dirgli:" Ma guardati intorno...è dappertutto!". Essere e non essere sono una dualità necessaria al pensiero. Il reale trascende entrambi. Il reale è non-duale ed è vuoto di essere e di non-essere. Nessuna posizione. Aria libera. Finestrini abbassati.
Dobbiamo considerare il fatto che la riflessione ontologica di Parmenide è precristiana, non esistono per lui la categoria del fenomeno e del noumeno, non esiste il divenire. Il suo interrogarsi sull'essere è interrogarsi sul essere tavolo del tavolo, sull'essere uno dell'uno, sull'essere cento del cento e contemporaneamente è interrogarsi sul non-essere del tavolo prima che sia tavolo in assenza di un chiara esposizione del divenire, probabilmente anche un interrogarsi sulla essenza del cento in un contesto immanente. Per questo sospetto che la tua esposizione della negazione dell'essere sia vicina alla sua. Tu stesso infatti parli di essere e di non essere come dualità interna al pensiero ma poi usi il vuoto nel reale che assomiglia tanto al non essere nel mondo del pensiero precristiano. La tua convinzione che la realtà non sia duale e che non possa riprodursi nel pensiero in un modello duale fallisce quando tu stesso parli di vuoto e di reale (non è un parlare di vuoto contrapposto al reale?). Per quanto tu voglia togliere al reale ogni categoria del pensiero è un fatto evidente che nel reale esistano delle 'qualità', delle 'cose', delle 'essenze', delle 'non-essenze' differenti da luogo a luogo o da tempo a tempo. Il tuo reale diventa nulla, illusione, solo nel pensiero. Il nulla non esiste, non è, non ha consistenza nella realtà.


Non essendo un concetto della mente come potrei  definire il vuoto ? La vacuità delle cose è essenzialmente un'esperienza intuitiva, non riproducibile in una frase, in un concetto, in un'idea. E' come voler descrivere un leone ad una persona che non l'ha mai visto e che conosce solo cavalli e tartarughe. Come puoi fare se non dire  "non è questo e non è neppure quello"? Non è un essere e neppure un non-essere. Il pensiero occidentale è profondamento influenzato dall'idea dell'essere e dall'idea della sua negazione e dal pensiero cristiano, che è l'apoteosi, a mio modesto parere, del concetto di essere.
Se osservo un tavolo, per usare l'es., noto che è composto da un'infinità di elementi non-tavolo (il legno, la colla, la vernice,il lavoro del falegname, i feltrini,ecc.). Ora l'essere (tavolo) si può definire o no la somma di infiniti elementi di non-tavolo? E senza gli elementi non-tavolo dove possiamo trovare l'essenza del tavolo? E' la sua funzione, il suo utilizzo l'essenza del tavolo? Ma qual'è la sua funzione che ne può definire l'essenza? Può servire per mangiare , ma me lo posso mettere sopra la testa per proteggermi dalla pioggia. Analizzando così ogni cosa, la troviamo dipendente da un'infinità di altre cose. Ora convenzionalmente si parla di tavolo, ma analizzandolo in profondità vediamo che è composto da non-tavolo. E così ogni cosa. Ma non è un'illusione nel senso che tu intendi o un nulla. C'è ben presente la funzione tavolo, l'idea di tavolo, il concetto di tavolo e l'immagine di tavolo. Infatti se tu e io parliamo di un tavolo, immaginiamo entrambi, con variazioni personali, un bel tavolo con quattro gambe. In questo senso il tavolo esiste. Ora estendo lo stesso vedere alla coscienza. Se abbiamo un pò di pratica introspettiva osserviamo che quello che definiamo" Io sono" è composto da un'infinità di stati mentali che appaiono e scompaiono incessantemente, di pensieri che sorgono e, prima ancora di svanire, sorgono nuovamente, di pulsioni e desideri consci e inconsci. Qual'è l'essere o essenza di questo processo ? L'esser consapevoli di questo andirivieni ? Nemmeno la consapevolezza è stabile; sorge e svanisce di continuo, esattamente come tutti gli altri stati mentali. Quando sorge diciamo "Ecco, io sono", ma poi svanisce e allora non siamo più consapevoli di tutti i nostri processi interiori ( per es. agiamo d'istinto, inconsapevolmente, svaniamo nel sonno profondo,ecc.). 
Assumere l'idea che la somma di infiniti non tavolo sia veramente un tavolo è, sempre a mio modesto parere, un errore del pensiero. Assumere l'idea che la somma di infiniti non-coscienza sia una coscienza è ancora un errore del pensiero. Per questo si parla di vacuità di ogni cosa. Nessuna essenza da trovare quindi nessuna illusione che ci sia un'essenza da trovare.
Proprio perchè non c'è un "tavolo" costruiamo tavoli meravigliosi.
Attenzione però a voler trascendere con il pensare questo semplice, veramente semplice, ordinario "vedere" le cose.  La vacuità ( o vuoto) non va intesa come l'assoluto, il Reale o l'essenza ultima di ogni cosa. Così facendo ripiombiamo di nuovo nel concetto di essere o in quello di non-essere. Il reale trascende il pensiero? Per essere coerente dovrei rispondere: "Al mattino bevo il caffè...".
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 23:20:50 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 22:09:30 PM
Non essendo un concetto della mente come potrei  definire il vuoto ? La vacuità delle cose è essenzialmente un'esperienza intuitiva, non riproducibile in una frase, in un concetto, in un'idea. E' come voler descrivere un leone ad una persona che non l'ha mai visto e che conosce solo cavalli e tartarughe. Come puoi fare se non dire  "non è questo e non è neppure quello"? Non è un essere e neppure un non-essere. Il pensiero occidentale è profondamento influenzato dall'idea dell'essere e dall'idea della sua negazione e dal pensiero cristiano, che è l'apoteosi, a mio modesto parere, del concetto di essere.
Se osservo un tavolo, per usare l'es., noto che è composto da un'infinità di elementi non-tavolo (il legno, la colla, la vernice,il lavoro del falegname, i feltrini,ecc.). Ora l'essere (tavolo) si può definire o no la somma di infiniti elementi di non-tavolo? E senza gli elementi non-tavolo dove possiamo trovare l'essenza del tavolo? E' la sua funzione, il suo utilizzo l'essenza del tavolo? Ma qual'è la sua funzione che ne può definire l'essenza? Può servire per mangiare , ma me lo posso mettere sopra la testa per proteggermi dalla pioggia. Analizzando così ogni cosa, la troviamo dipendente da un'infinità di altre cose. Ora convenzionalmente si parla di tavolo, ma analizzandolo in profondità vediamo che è composto da non-tavolo. E così ogni cosa. Ma non è un'illusione nel senso che tu intendi o un nulla. C'è ben presente la funzione tavolo, l'idea di tavolo, il concetto di tavolo e l'immagine di tavolo. Infatti se tu e io parliamo di un tavolo, immaginiamo entrambi, con variazioni personali, un bel tavolo con quattro gambe. In questo senso il tavolo esiste. Ora estendo lo stesso vedere alla coscienza. Se abbiamo un pò di pratica introspettiva osserviamo che quello che definiamo" Io sono" è composto da un'infinità di stati mentali che appaiono e scompaiono incessantemente, di pensieri che sorgono e, prima ancora di svanire, sorgono nuovamente, di pulsioni e desideri consci e inconsci. Qual'è l'essere o essenza di questo processo ? L'esser consapevoli di questo andirivieni ? Nemmeno la consapevolezza è stabile; sorge e svanisce di continuo, esattamente come tutti gli altri stati mentali. Quando sorge diciamo "Ecco, io sono", ma poi svanisce e allora non siamo più consapevoli di tutti i nostri processi interiori ( per es. agiamo d'istinto, inconsapevolmente, svaniamo nel sonno profondo,ecc.).
Assumere l'idea che la somma di infiniti non tavolo sia veramente un tavolo è, sempre a mio modesto parere, un errore del pensiero. Assumere l'idea che la somma di infiniti non-coscienza sia una coscienza è ancora un errore del pensiero. Per questo si parla di vacuità di ogni cosa. Nessuna essenza da trovare quindi nessuna illusione che ci sia un'essenza da trovare.
Proprio perchè non c'è un "tavolo" costruiamo tavoli meravigliosi.
Attenzione però a voler trascendere con il pensare questo semplice, veramente semplice, ordinario "vedere" le cose.  La vacuità ( o vuoto) non va intesa come l'assoluto, il Reale o l'essenza ultima di ogni cosa. Così facendo ripiombiamo di nuovo nel concetto di essere o in quello di non-essere. Il reale trascende il pensiero? Per essere coerente dovrei rispondere: "Al mattino bevo il caffè...".
La cosa che non mi convince è proprio nella premessa, io vedo il vuoto come un concetto della mente.
Un primo punto di riflessione credo che sia su come considerare l'intuizione, essa anticipa la ragione o viene dopo un minimo di processo sensibile e quindi derivato dal fenomeno?  L'idea intuitiva del vuoto prescinde dalla conoscenza sensoriale della realtà? Io credo di no, viene dopo, come assenza di questa conoscenza.
Tu hai esemplificato su l'essere tavolo, ovvero usando un 'oggetto' esperienziale del quale abbiamo una esperienza sensoriale (tattile, visiva, ecc.) ma la stessa cosa non potresti farla con il numero 5, o con la cosa ancora più astratta del numero x. In questo caso l'essere numero x del numero x non dipende da altro che da se stesso. L'intuizione mentale pura (di un generico numero non definito) non è liberata dall'esperienza dei sensi perché nella nostra mente sappiamo che esiste una relazione fenomenica tra questa immagine e (per esempio) l'atto del contare sino a x, ma sappiamo decidere se l'intuizione del generico numero x è derivata, razionale o immediata, irrazionale?
La vacuità delle cose è un concetto utilizzabile per il numero x?
L'infinito è un concetto di cui ho intuizione, ma ho certezza della sua esistenza? Posso veramente realizzare una elaborazione intellettuale in grado di dare ragione all'infinito? Non è esso stesso nulla? Oppure posso considerare il nulla una infinita sottrazione di oggettualità? Ma in questo caso come mi pongo con la constatazione che non sono in condizione di dare ragione all'infinito?
Insomma attorno al nulla dovrò pur costruire un sistema di categorie che ne diano valenza intuitiva. L'assenza di questo sistema, di qualunque sistema non realizza il nulla, lo nega.


Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 04 Maggio 2016, 00:51:19 AM
Citazione di: HollyFabius il 03 Maggio 2016, 23:20:50 PM
Citazione di: Sariputra il 03 Maggio 2016, 22:09:30 PMNon essendo un concetto della mente come potrei definire il vuoto ? La vacuità delle cose è essenzialmente un'esperienza intuitiva, non riproducibile in una frase, in un concetto, in un'idea. E' come voler descrivere un leone ad una persona che non l'ha mai visto e che conosce solo cavalli e tartarughe. Come puoi fare se non dire "non è questo e non è neppure quello"? Non è un essere e neppure un non-essere. Il pensiero occidentale è profondamento influenzato dall'idea dell'essere e dall'idea della sua negazione e dal pensiero cristiano, che è l'apoteosi, a mio modesto parere, del concetto di essere. Se osservo un tavolo, per usare l'es., noto che è composto da un'infinità di elementi non-tavolo (il legno, la colla, la vernice,il lavoro del falegname, i feltrini,ecc.). Ora l'essere (tavolo) si può definire o no la somma di infiniti elementi di non-tavolo? E senza gli elementi non-tavolo dove possiamo trovare l'essenza del tavolo? E' la sua funzione, il suo utilizzo l'essenza del tavolo? Ma qual'è la sua funzione che ne può definire l'essenza? Può servire per mangiare , ma me lo posso mettere sopra la testa per proteggermi dalla pioggia. Analizzando così ogni cosa, la troviamo dipendente da un'infinità di altre cose. Ora convenzionalmente si parla di tavolo, ma analizzandolo in profondità vediamo che è composto da non-tavolo. E così ogni cosa. Ma non è un'illusione nel senso che tu intendi o un nulla. C'è ben presente la funzione tavolo, l'idea di tavolo, il concetto di tavolo e l'immagine di tavolo. Infatti se tu e io parliamo di un tavolo, immaginiamo entrambi, con variazioni personali, un bel tavolo con quattro gambe. In questo senso il tavolo esiste. Ora estendo lo stesso vedere alla coscienza. Se abbiamo un pò di pratica introspettiva osserviamo che quello che definiamo" Io sono" è composto da un'infinità di stati mentali che appaiono e scompaiono incessantemente, di pensieri che sorgono e, prima ancora di svanire, sorgono nuovamente, di pulsioni e desideri consci e inconsci. Qual'è l'essere o essenza di questo processo ? L'esser consapevoli di questo andirivieni ? Nemmeno la consapevolezza è stabile; sorge e svanisce di continuo, esattamente come tutti gli altri stati mentali. Quando sorge diciamo "Ecco, io sono", ma poi svanisce e allora non siamo più consapevoli di tutti i nostri processi interiori ( per es. agiamo d'istinto, inconsapevolmente, svaniamo nel sonno profondo,ecc.). Assumere l'idea che la somma di infiniti non tavolo sia veramente un tavolo è, sempre a mio modesto parere, un errore del pensiero. Assumere l'idea che la somma di infiniti non-coscienza sia una coscienza è ancora un errore del pensiero. Per questo si parla di vacuità di ogni cosa. Nessuna essenza da trovare quindi nessuna illusione che ci sia un'essenza da trovare. Proprio perchè non c'è un "tavolo" costruiamo tavoli meravigliosi. Attenzione però a voler trascendere con il pensare questo semplice, veramente semplice, ordinario "vedere" le cose. La vacuità ( o vuoto) non va intesa come l'assoluto, il Reale o l'essenza ultima di ogni cosa. Così facendo ripiombiamo di nuovo nel concetto di essere o in quello di non-essere. Il reale trascende il pensiero? Per essere coerente dovrei rispondere: "Al mattino bevo il caffè...".
La cosa che non mi convince è proprio nella premessa, io vedo il vuoto come un concetto della mente. Un primo punto di riflessione credo che sia su come considerare l'intuizione, essa anticipa la ragione o viene dopo un minimo di processo sensibile e quindi derivato dal fenomeno? L'idea intuitiva del vuoto prescinde dalla conoscenza sensoriale della realtà? Io credo di no, viene dopo, come assenza di questa conoscenza. Tu hai esemplificato su l'essere tavolo, ovvero usando un 'oggetto' esperienziale del quale abbiamo una esperienza sensoriale (tattile, visiva, ecc.) ma la stessa cosa non potresti farla con il numero 5, o con la cosa ancora più astratta del numero x. In questo caso l'essere numero x del numero x non dipende da altro che da se stesso. L'intuizione mentale pura (di un generico numero non definito) non è liberata dall'esperienza dei sensi perché nella nostra mente sappiamo che esiste una relazione fenomenica tra questa immagine e (per esempio) l'atto del contare sino a x, ma sappiamo decidere se l'intuizione del generico numero x è derivata, razionale o immediata, irrazionale? La vacuità delle cose è un concetto utilizzabile per il numero x? L'infinito è un concetto di cui ho intuizione, ma ho certezza della sua esistenza? Posso veramente realizzare una elaborazione intellettuale in grado di dare ragione all'infinito? Non è esso stesso nulla? Oppure posso considerare il nulla una infinita sottrazione di oggettualità? Ma in questo caso come mi pongo con la constatazione che non sono in condizione di dare ragione all'infinito? Insomma attorno al nulla dovrò pur costruire un sistema di categorie che ne diano valenza intuitiva. L'assenza di questo sistema, di qualunque sistema non realizza il nulla, lo nega.

Ma il concetto del numero X  non dipende dall'altro concetto di tutti i numeri non X ? Che significato ha , da solo, il numero X in assenza dei numeri non-X ?  E poi , il numeroX non è un essere, è semplicemente la somma di altri numeri X o è un semplice X che ha bisogno di qualcuno che lo pensi come X. Dire Uno senza riferirlo a niente serve solo a far di conto, ma in natura qualunque uno è la somma di infiniti non-uno. A ritroso forse troveremo una particella o atomo singolo, ma bisognerà vedere se la sua esistenza non dipende da leggi e necessità che non le appartengono, ma la determinano  E' proprio la ragione che vede il fatto evidente che non vi è un tavolo separato da tutti i non-tavolo che lo formano. La ragione applica la critica al concetto di tavolo. Allo stesso modo la ragione applica la critica al concetto di assenza di tavolo. Con la critica la ragione asserisce la mancanza di un'essenza "tavolo" ma allo stesso tempo la ragione conosce l'utilità e la funzione convenzionale del concetto tavolo.
Non trovo ci sia alcuna necessità di costruire un'elaborazione mentale per dare ragione al concetto di infinito. La sua stessa costruzione mi appare come una negazione del concetto stesso di infinità., in quanto un'elaborazione è di per se stessa una cosa finita. Pure la somma di infinite elaborazioni del concetto di infinito sono vuote di infinità.
Mi sembra che continui ad usare il termine Vuoto come sinonimo di Nulla. Ma il vuoto non è il nulla delle cose, ma la loro possibilità di venire ad esistere e trasformarsi. Tutti i non-tavolo che formano il "tavolo" non sono nulla, sono qualcosa, sono non-tavolo , a loro volta formati da infiniti non-non tavolo e così via...
La ragione però non può applicare parzialmente questa critica, ossia solamente rivolta a quello che immagina esterno a sè (il mondo). La deve usare per tutta l'esperienza che fa e quindi rivolgerla anche verso se stessa. Essendo però impossibile per la ragione sfuggire alle dualità ogni concetto espresso da questa sul Vuoto ( del tutto pieno di cose) appare contraddittorio, per questo si preferisce usare il termine "vedere". Parlare di vacuità non è la  vacuità delle cose.Vedere questo vuoto è l'attività della mente, il suo naturale conoscere quando non osserva partendo da categorie del pensiero. Il problema è che la nostra testa dà un nome ad ogni cosa. Il fatto di nominare, dare un'identità, è la base del concetto errato di essenza.  Io vedo un essere che nomino Flavia. Con il fatto di darle un nome ,istintivamente sono portato, erroneamente, a ritenere che esista un'essenza "Flavia". Purtroppo la testa funziona così. Ma "Flavia" è formata da un'infinità di cose che prese singolarmente non sono "Flavia".
Questo non significa che non ci sia nulla, anzi...la vera Flavia è una meraviglia dell'esistenza proprio perchè un'infinità la forma e, a sua volta, partecipa di altre infinità. La vera Flavia è semplicemente  vuota del concetto di "essenza Flavia", per così dire, che la limita artificiosamente, che la pone in una ben delimitata gabbia concettuale. Nominare e individualizzare è necessario in senso convenzionale. Non dovremmo però. a parer mio, applicarlo in senso ultimo.
Questo significa negare un'"anima" alle cose e a noi stessi ? Anima inteso nel senso comune, del termine ? Sì...purtroppo...o per fortuna...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 04 Maggio 2016, 01:13:54 AM
io credo che finche si ritiene (ovviamente parlo in generale) che noi siamo un semplice corpo con un cervello dentro la scatola cranica (che ragiona e pensa) non se ne esce.
a mio avviso il primo passo fondamentale e' quello di (almeno farsi venire il dubbio!) essere ben altra cosa ancora (che non significa per questo e affatto trascurare di essere anche "materia",anzi!)
e cioè che siamo anche anima e spirito.

prendere consapevolezza di questo permette di aprire un varco che altrimenti resterà sempre chiuso e circoscritto...dopodiché seguirebbe tutto il resto
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 04 Maggio 2016, 08:27:50 AM
Citazione di: davintro il 03 Maggio 2016, 15:50:42 PM
Rispondo a Sgiombo:

Le sensazioni e i pensieri è tutto ciò che costituisce la conoscenza della realtà ma non sono di per sè cose reali, ma solo eventi che accadono a partire da una reale causalità psicofisica. Se le sensazioni e i pensieri potessero identificarsi con la realtà non sarebbe possibile valutarne il livello di aderenza e corrispondenza con un'oggettività, giacchè sarebbero essi stessi la verità. La nostra stessa discussione non sarebbe possibile, in quanto per poter giudicare che io avrei torto occorre necessariamente ammettere una realtà oggettiva distinta dalle nostre opinioni (cioè dai nostri pensieri) da usare come criterio per valutare i torti e le ragioni di ogni singolo pensiero. Dunque il pensiero è soggettività non oggettività e dunque non reale (anche se come intenzionalità, il pensiero è sempre rivolto alla rappresentazione di una realtà oggettiva, altra da sè, si rivolge a un trascendente e per questo alcuni pensieri sono più veri di altri). Per quanto riguarda le sensazioni, essendo queste al di fuori di una dubitabilità, non costituiscono un mondo oggettivo, cioè un mondo per il quale posso prendere una posizione, verificare, smentire, dubitare, dunque esse non sono oggetti reali ma soggettivi eventi che costituiscono il livello basico dell'esperienza e della conoscenza soggettiva. Infatti, posso dubitare che la sensazione che percepisco corrisponda a un oggetto reale, ma non che in questo momento abbia un certo tipo di sensazione. Questa è un fenomeno soggettivo della coscienza e dalla certezza di avere sensazioni, e di stare riflettendo e dubitando su di esse, si deduce l'esistenza di un io reale, pensante e senziente, che pone in atto pensieri e, con l'urto con reali oggetti esterni, sensazioni. Se queste fossero di per sè realtà, non sarebbe possibile distinguere l'indubitabilità della loro presenza nella mia coscienza con la possibilità dell'errore nei confronti della mia posizione riguardo il mondo oggettivo, perchè allora oggettività e soggettività finirebbero assurdamente per confondersi


Sensazioni (materiali) e (sensazioni mentalli o di) pensieri  (se e quando accadono realmente) in quanto tali (in quanto accadimenti di sensazioni e pensieri) sono reali.
Questa é una semplice tautologia: bisogna vedere in che senso sono reali, che significa "accadere realmente in quanto sensazioni e pensieri".

Anche "che avvengono a partire da una reale causalità psicofisica" bisogna vedere cosa significa.
Dalla realtà psicofisica costituita da un cervello osservato (cioé dalle sensazioni materiali accadenti nell' ambito delle esperienze coscienti di potenziali o attuali "osservatori" di tale cervello) possono derivare e derivano (nel senso di "essere causate") unicamente le azioni del corpo al quale appartiene quel cervello: contrazioni di muscoli, al limite anche secrezioni di ghiandole.
Invece le senzazioni (materiali) e (sensazioni mentalli o de-) i pensieri  dell' esperienza cosciente che a tale cervello si assume corrispondere (conformemente a quanto asseriscono sempre più convincentemente le neuroscienze), le sensazioni e pensieri dell' "osservato", che tale cervello non "conprendono" essendo invece esso compreso (come determinato insieme di sensazioni materiali) in quelle degli "osservatori", non ne sono causati (fisicamente, nel nodo in cui sono causati e scientificamente studiati gli eventi fisici), né causano gli eventi ad esso intrinseci (i suoi processi neurofisiologici): per quanto riguarda il mondo materiale di cui tale cervello (dell' "osservato") fa parte (nell' ambito delle esperienze cosciennti degli "osservatori") la sua coscienza potrebbe anche benissimo non accadere realmente che nulla cambierebbe: in conseguenza (per effetto) della fisiologia del suo cervello il comportamento del corpo cui questo appartiene (tutte "cose" fenomeniche appartenenti alle, facenti parte delle, esperienze coscienti degli "osservatori") avverrebbe esattamente così come avviene assumendosi che sia reale anche la sua propria esperienza cosciente (ma con esso non assolutamente interferente, ad esso trascendente).

Sensazioni e pensieri sono reali in quanto tali e ciò che non si può valutare (probabilmete ciò che intendi con "il livello di aderenza e corrispondenza con un'oggettività") é la realtà in sé che si può assumere (non dimostrare) ad essi corrisponda (comprendente il loro soggetto, lo stesso del loro oggetto nel caso delle sensazioni mentali, e i loro oggetti, diversi da loro soggetto nel caso di quelle materiali).

Ma ciò che possiamo valutare nelle nostre discussioni (se ciascuno di noi ammette la -indimostrabile; e men che meno mostrabile- realtà di altre esperienze coscienti delle quali ci parlano gli interlocutori; e la verità della conoscenza scientifica) sono le corrispondenze o meno delle rispettive sensazioni materiali: questa é in sostanza (secondo la mia personale filosofia) l' intersoggettività degli oggetti materiali (fenomenici, costituiti unicamente da mere sensazioni: "esse est percipi"!); che é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica.
La maggiore o minore verità della conoscenza del mondo fenomenico materiale (della sua conoscenza in generale e in particolare della conoscenza scientifica) non é data (non può essere data) dalla conformità dei predicati che lo riguardano alle cose in sé (noumeno), ma dalla loro conformità alle sensazioni fenomeniche materiali (e al loro divenire) accadenti (separatamente, in modo reciprocamente trascendente) nelle varie esperienze fenomeniche coscienti e reciprocamente corrispondenti in modo biunivoco (cosa indimostrabile, ma da credere se si vuole uscire dal solipsismo e accettare la conoscenza scientifica).

Dunque il pensiero (e la conoscenza; in particolare scientifica) non é e non può essere pensiero (e conoscenza) delle cose in sé (conoscenza letteralmente "oggettiva", cioé degli oggetti -in sé- delle sensazioni) ma al massimo (nel caso di quella del modo materiale) pensiero delle corrispondenze intersoggettive fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti (conoscenza intersoggettiva).

In generale le sensazioni sono soggettive (appartengono alla realtà fenomenica), ma non per questo non sono reali (se e quando realmente accadono); e quelle materiali si può (e si deve se la conoscenza scientifica é vera)  assumere che siano intersoggettive o "reciprocamente corrispondenti fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti" (soggettive) di cui fanno parte.

Dalla certezza di avere sensazioni, e di stare riflettendo e dubitando su di esse, non si può dedurre necessariamente (dimostrare) l'esistenza di un io reale, pensante e senziente, che pone in atto pensieri e, con l'urto con reali oggetti esterni (nemmeno l' esistenza reale questi si può dimostrare), sensazioni: la realtà potrebbe benissimo limitarsi a queste sensazioni e basta; l' esistenza reale anche di altro (altre esperirenze fenomeniche coscienti oltre a quella immediatamente constatata, vissuta, cose in sé esistenti anche allorché non si percepisce nulla, ivi compreso l' "io" soggetto di tutte le sensazioni e oggetto di quelle mentali, gli oggetti di quelle materiali, ecc) si può credere (dal solipsismo si può uscire) solo per fede, come credenze indimostrabili
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Duc in altum! il 04 Maggio 2016, 12:17:17 PM
Stamane leggendo questo passo ho pensato potesse alimentare, produttivamente, la discussione.

Tratto dal n° 10 della collana: Scoprire la filosofia - Rousseau.

<< Per noi - scrive ancora Rosseau nelle Lettere Morali -, esistere equivale a sentire; e la nostra sensibilità è incontestabilmente anteriore alla nostra ragione.
Non crediate che sia impossibile spiegare il principio attivo della coscienza prescindendo dalla ragione. E nel caso fosse impossibile, allora tale spiegazione non sarebbe necessaria. Perché i filosofi che combattono questo principio non ne provano l'inesistenza in assoluto, ma si limitano ad affermarla; quando invece sosteniamo che esiste, contiamo su tutta la forza della testimonianza interiore e sulla voce della coscienza che depone a favore di se stessa.
Quanta pena suscitano questi tristi ragionatori!
Cancellando in se stessi i sentimenti della natura, distruggono la fonte di tutti i loro piaceri e per sfuggire al peso della coscienza sono capai solo di rendersi insensibili.
Limitiamoci in tutto ai primi sentimenti che troviamo dentro noi stessi>>.
[continua il redattore]: Tutto il pensiero rousseniano ruota intorno a una coppia di sentimenti che ne costituiscono gli assi portanti: l'amore verso se stessi e il sentimento che ne deriva nei confronti degli altri, cioè la pietà. A suo modo (di Rosseau) di vedere: <<mediante la sola ragione, indipendentemente dalla coscienza, non è possibile stabilire alcuna legge naturale (quindi, aggiungo io, @Duc, neanche l'esistenza della coscienza attraverso una dimostrazione logica); e tutto  il diritto di natura non è altro che una chimera se non è fondato su una necessità naturale del cuore umano.
Superflui i trattati di metafisica e morale; basta osservare l'ordine e il progresso dei nostri sentimenti>>. come leggiamo nell'Emilio.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 05 Maggio 2016, 07:48:08 AM
Citazione di: Duc in altum! il 04 Maggio 2016, 12:17:17 PM
Stamane leggendo questo passo ho pensato potesse alimentare, produttivamente, la discussione.

Tratto dal n° 10 della collana: Scoprire la filosofia - Rousseau.

<< Per noi - scrive ancora Rosseau nelle Lettere Morali -, esistere equivale a sentire; e la nostra sensibilità è incontestabilmente anteriore alla nostra ragione.
Non crediate che sia impossibile spiegare il principio attivo della coscienza prescindendo dalla ragione. E nel caso fosse impossibile, allora tale spiegazione non sarebbe necessaria. Perché i filosofi che combattono questo principio non ne provano l'inesistenza in assoluto, ma si limitano ad affermarla; quando invece sosteniamo che esiste, contiamo su tutta la forza della testimonianza interiore e sulla voce della coscienza che depone a favore di se stessa.
Quanta pena suscitano questi tristi ragionatori!
Cancellando in se stessi i sentimenti della natura, distruggono la fonte di tutti i loro piaceri e per sfuggire al peso della coscienza sono capai solo di rendersi insensibili.
Limitiamoci in tutto ai primi sentimenti che troviamo dentro noi stessi>>.
[continua il redattore]: Tutto il pensiero rousseniano ruota intorno a una coppia di sentimenti che ne costituiscono gli assi portanti: l'amore verso se stessi e il sentimento che ne deriva nei confronti degli altri, cioè la pietà. A suo modo (di Rosseau) di vedere: <<mediante la sola ragione, indipendentemente dalla coscienza, non è possibile stabilire alcuna legge naturale (quindi, aggiungo io, @Duc, neanche l'esistenza della coscienza attraverso una dimostrazione logica); e tutto  il diritto di natura non è altro che una chimera se non è fondato su una necessità naturale del cuore umano.
Superflui i trattati di metafisica e morale; basta osservare l'ordine e il progresso dei nostri sentimenti>>. come leggiamo nell'Emilio.

Ma si può ben essere "ragionatori allegri", che portano alegria a chi é in loro compagnia!
(E pure irrazionalisti tristi che fanno anche più pena dei razionalisti sentimentalmente aridi).

Si può beissimo ragionare (essere estremamente razionalisti), evitare di Limitiarsi in tutto ai primi sentimenti che si trovano dentro se stessi, senza per questo Cancellare affatto in se stessi i sentimenti della natura, senza distruggere la fonte di tutti i propri piaceri e sfuggire al peso della coscienza rendendosi insensibili.

Si, mediante la sola ragione, indipendentemente dalla coscienza, non è possibile stabilire alcuna legge naturale (fin qui concordo con Rousseau); ma aggiungo per parte mia: nemmeno mediante i soli sentimenti senza ragione e razionalità.
Che sono qualità umane non affatto reciprocamente escludentisi, bensì compolementari!
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 05 Maggio 2016, 11:24:10 AM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM[...]
Il principio è che "il tutto è più delle singole parti"!
Ebbene si questo  principio, sintesi del pensiero della Psicologia della Gestalt è in realtà il cuore della tesi forte dell'IA.
Mi aiutate a dimostrare che è falso?
Purtroppo non posso aiutarti, perché sono convinto che il tutto sia davvero più delle singole parti. :)

Prendiamo ad esempio il principio cosciente, quello che in altri post ho chiamato io-sono (l'osservatore): anche nella concezione più riduttivista (che non mi appartiene) non si può certo sostenere che l'io-sono sia l'insieme dei fenomeni mentali che attraversano la mente dell'individuo; né che sorga come risultato della giustapposizione dei fenomeni mentali.
L'io-sono e i fenomeni mentali costituiscono l'io-empirico, senza che lo si possa scomporre in parti costituenti come si potrebbe fare con una macchina.

Del resto anche l'universo è un tutto. Non esistono fenomeni singoli, se non come frutto d'un'astrazione/approssimazione che ci è utile a fini pratici e di studio. I fenomeni sono tutti interrelati fra loro, e la quantistica ci dice che anche l'osservatore è parte del fenomeno che osserva.
Due particelle elementari che sono state "a contatto" restano per sempre collegate anche quando si allontanano l'una dall'altra, in virtù del noto fenomeno dell'entanglement. Ora, se è vero che ad un certo punto della storia dell'universo vi è stata quella singolarità che chiamiamo Big Bang, ciò significa che tutte le particelle che compongono l'universo sono in uno stato "entangled"...

Non esistono le parti, esiste solo il tutto: il tutto che si manifesta in illusioni chiamate dall'osservatore "fenomeni".
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 05 Maggio 2016, 15:58:45 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Maggio 2016, 08:27:50 AM
Citazione di: davintro il 03 Maggio 2016, 15:50:42 PMRispondo a Sgiombo: Le sensazioni e i pensieri è tutto ciò che costituisce la conoscenza della realtà ma non sono di per sè cose reali, ma solo eventi che accadono a partire da una reale causalità psicofisica. Se le sensazioni e i pensieri potessero identificarsi con la realtà non sarebbe possibile valutarne il livello di aderenza e corrispondenza con un'oggettività, giacchè sarebbero essi stessi la verità. La nostra stessa discussione non sarebbe possibile, in quanto per poter giudicare che io avrei torto occorre necessariamente ammettere una realtà oggettiva distinta dalle nostre opinioni (cioè dai nostri pensieri) da usare come criterio per valutare i torti e le ragioni di ogni singolo pensiero. Dunque il pensiero è soggettività non oggettività e dunque non reale (anche se come intenzionalità, il pensiero è sempre rivolto alla rappresentazione di una realtà oggettiva, altra da sè, si rivolge a un trascendente e per questo alcuni pensieri sono più veri di altri). Per quanto riguarda le sensazioni, essendo queste al di fuori di una dubitabilità, non costituiscono un mondo oggettivo, cioè un mondo per il quale posso prendere una posizione, verificare, smentire, dubitare, dunque esse non sono oggetti reali ma soggettivi eventi che costituiscono il livello basico dell'esperienza e della conoscenza soggettiva. Infatti, posso dubitare che la sensazione che percepisco corrisponda a un oggetto reale, ma non che in questo momento abbia un certo tipo di sensazione. Questa è un fenomeno soggettivo della coscienza e dalla certezza di avere sensazioni, e di stare riflettendo e dubitando su di esse, si deduce l'esistenza di un io reale, pensante e senziente, che pone in atto pensieri e, con l'urto con reali oggetti esterni, sensazioni. Se queste fossero di per sè realtà, non sarebbe possibile distinguere l'indubitabilità della loro presenza nella mia coscienza con la possibilità dell'errore nei confronti della mia posizione riguardo il mondo oggettivo, perchè allora oggettività e soggettività finirebbero assurdamente per confondersi
Sensazioni (materiali) e (sensazioni mentalli o di) pensieri (se e quando accadono realmente) in quanto tali (in quanto accadimenti di sensazioni e pensieri) sono reali. Questa é una semplice tautologia: bisogna vedere in che senso sono reali, che significa "accadere realmente in quanto sensazioni e pensieri". Anche "che avvengono a partire da una reale causalità psicofisica" bisogna vedere cosa significa. Dalla realtà psicofisica costituita da un cervello osservato (cioé dalle sensazioni materiali accadenti nell' ambito delle esperienze coscienti di potenziali o attuali "osservatori" di tale cervello) possono derivare e derivano (nel senso di "essere causate") unicamente le azioni del corpo al quale appartiene quel cervello: contrazioni di muscoli, al limite anche secrezioni di ghiandole. Invece le senzazioni (materiali) e (sensazioni mentalli o de-) i pensieri dell' esperienza cosciente che a tale cervello si assume corrispondere (conformemente a quanto asseriscono sempre più convincentemente le neuroscienze), le sensazioni e pensieri dell' "osservato", che tale cervello non "conprendono" essendo invece esso compreso (come determinato insieme di sensazioni materiali) in quelle degli "osservatori", non ne sono causati (fisicamente, nel nodo in cui sono causati e scientificamente studiati gli eventi fisici), né causano gli eventi ad esso intrinseci (i suoi processi neurofisiologici): per quanto riguarda il mondo materiale di cui tale cervello (dell' "osservato") fa parte (nell' ambito delle esperienze cosciennti degli "osservatori") la sua coscienza potrebbe anche benissimo non accadere realmente che nulla cambierebbe: in conseguenza (per effetto) della fisiologia del suo cervello il comportamento del corpo cui questo appartiene (tutte "cose" fenomeniche appartenenti alle, facenti parte delle, esperienze coscienti degli "osservatori") avverrebbe esattamente così come avviene assumendosi che sia reale anche la sua propria esperienza cosciente (ma con esso non assolutamente interferente, ad esso trascendente). Sensazioni e pensieri sono reali in quanto tali e ciò che non si può valutare (probabilmete ciò che intendi con "il livello di aderenza e corrispondenza con un'oggettività") é la realtà in sé che si può assumere (non dimostrare) ad essi corrisponda (comprendente il loro soggetto, lo stesso del loro oggetto nel caso delle sensazioni mentali, e i loro oggetti, diversi da loro soggetto nel caso di quelle materiali). Ma ciò che possiamo valutare nelle nostre discussioni (se ciascuno di noi ammette la -indimostrabile; e men che meno mostrabile- realtà di altre esperienze coscienti delle quali ci parlano gli interlocutori; e la verità della conoscenza scientifica) sono le corrispondenze o meno delle rispettive sensazioni materiali: questa é in sostanza (secondo la mia personale filosofia) l' intersoggettività degli oggetti materiali (fenomenici, costituiti unicamente da mere sensazioni: "esse est percipi"!); che é una conditio sine qua non della conoscenza scientifica. La maggiore o minore verità della conoscenza del mondo fenomenico materiale (della sua conoscenza in generale e in particolare della conoscenza scientifica) non é data (non può essere data) dalla conformità dei predicati che lo riguardano alle cose in sé (noumeno), ma dalla loro conformità alle sensazioni fenomeniche materiali (e al loro divenire) accadenti (separatamente, in modo reciprocamente trascendente) nelle varie esperienze fenomeniche coscienti e reciprocamente corrispondenti in modo biunivoco (cosa indimostrabile, ma da credere se si vuole uscire dal solipsismo e accettare la conoscenza scientifica). Dunque il pensiero (e la conoscenza; in particolare scientifica) non é e non può essere pensiero (e conoscenza) delle cose in sé (conoscenza letteralmente "oggettiva", cioé degli oggetti -in sé- delle sensazioni) ma al massimo (nel caso di quella del modo materiale) pensiero delle corrispondenze intersoggettive fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti (conoscenza intersoggettiva). In generale le sensazioni sono soggettive (appartengono alla realtà fenomenica), ma non per questo non sono reali (se e quando realmente accadono); e quelle materiali si può (e si deve se la conoscenza scientifica é vera) assumere che siano intersoggettive o "reciprocamente corrispondenti fra le diverse esperienze fenomeniche coscienti" (soggettive) di cui fanno parte. Dalla certezza di avere sensazioni, e di stare riflettendo e dubitando su di esse, non si può dedurre necessariamente (dimostrare) l'esistenza di un io reale, pensante e senziente, che pone in atto pensieri e, con l'urto con reali oggetti esterni (nemmeno l' esistenza reale questi si può dimostrare), sensazioni: la realtà potrebbe benissimo limitarsi a queste sensazioni e basta; l' esistenza reale anche di altro (altre esperirenze fenomeniche coscienti oltre a quella immediatamente constatata, vissuta, cose in sé esistenti anche allorché non si percepisce nulla, ivi compreso l' "io" soggetto di tutte le sensazioni e oggetto di quelle mentali, gli oggetti di quelle materiali, ecc) si può credere (dal solipsismo si può uscire) solo per fede, come credenze indimostrabili

Se l'intersoggettività fosse il criterio regolativo della verità che si discute e il fine della conoscenza scientifica (conclusione necessaria dell' "esse est percipi", il tuo discorso mi sembra internamente coerente) andrebbe di fatto persa l'idea di un progresso di tale conoscenza mediante nuove scoperte. L'idea dell'oggettività di un mondo trascendente è la condizione necessaria della scoperta. Fondando epistemologicamente la verità scientifica sull'intersoggettività delle sensazioni si arriverebbe secondo me all'assurdo di sostenere che in un mondo ipotetico nel quale la stragrande maggioranza delle persone subisse una malattia, una disfuzione, dei campi percettivi e cominciasse a percepire la neve che cade di colore rosso la neve cambierebbe effettivamente colore diventando effettivamente rossa, oppure che prima delle scoperte di Galilei e Copernico, quando la credenza dell'intersoggettività era costituita dal geocentrismo e dalla staticità della Terra, la Terra  fosse effettivamente ferma e al centro dell'Universo per poi cominciare magicamente a muoversi e a decentrarsi dal sistema solare con l'avvento di una nuova credenza intersoggettiva fenomenica prodotta da nuove scoperte. La scienza si ridurebbe al conformismo appiattito sull'aderenza al complesso dell'immagine sensibile del mondo culturalmente e socialmente strutturata storicamente. Ma la scienza non è democrazia. La possibilità di modificare, mediante nuove scoperte, l'immagine scientifica del mondo, modificarla rispetto a un'interpretazione in un certo periodo storico più o meno dominante a livello intersoggettivo, implica necessariamente una "via di uscita" dall'arbitrarietà dei fenomeni soggettivi e dall'intersoggettività, che non è mai superamento di tale arbitrarietà, ma solo suo allargamento quantitativo. La vera via di uscita a cui le nostre scoperte tendono è rivolta alle "cose in sè". Indentificare le "cose in sè" con l'accezione del noumeno (inconoscibile) che ne dava Kant porta a equivoci. Ovvio che partendo dalla premessa di definire la distinzione fenomeno-noumeno con quella esperibile-inesperibile si arrivi per forza a pensare che la conoscenza del noumeno sia una pretesa irrazionale. Tautologico: dell'inesperibile non abbiamo esperienza (dunque è assurdo pensare di conoscerlo). Ma è una conclusione che è già presente nella premessa, nella premessa di definire il nuomeno come assoluto inesperibile , dunque pregiudiziale, non il risultato di una critica. Se si intende invece la "cosa in sè" come causalità reale che produce i fenomeni, le sensazioni della nostra coscienza rendendo questa coscienza di un soggetto effettivamente e attualmente esistente, allora recuperare il discorso su ciò che è "transfenomenico" non è più dogmatismo ma esigenza svolta a partire dal dato stesso della presenza dei fenomeni della coscienza, residuo del dubbio cartesiano, dunque punto di partenza solido per un argomentare razionale. Sono cioè i fenomeni stessi (sensazioni e pensieri) che richiedono l'ammissione di un loro superamento, sebbene, come è chiaro, la trascendenza (le cose in sè) che ne deriva sarà necessariamente una trascendenza relativa e condizionata in un certo senso dal punto di partenza da cui è stata riconosciuta (la soggettività)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 05 Maggio 2016, 22:30:31 PM
in questo forum ho visto citato più volte George Berkeley e il suo "esse est percipi", e quasi sempre mi è sembrato che lasciasse intendere una comprensione del pensiero berkeleyano diversa dalla mia.
Può anche darsi che fosse solo un'impressione. In ogni caso, per stabilire una base comune su cui poterci intendere senza rischio di equivoci, mi sembra utile riportare la seguente sintesi del pensiero berkeleyano che si trova su Wikipedia, e che corrisponde alla comprensione che mi ero fatta sin dai tempi del liceo (ahimé, lontani...).

Citazioni da https://it.wikipedia.org/wiki/George_Berkeley:
Citazione[...]
Nei Commentari filosofici scrive che, se l'estensione esistesse al di fuori della mente, o si avrebbe a che fare con un Dio esteso, oppure si dovrebbe riconoscere un essere eterno e infinito accanto a Dio. Berkeley aderisce quindi all'immaterialismo ovvero alla dottrina per cui nulla esiste al di fuori della mente: non esiste la materia, ma solo Dio e gli spiriti umani.
[...]
Ma anche gli oggetti che noi crediamo esistere sono in realtà delle astrazioni ingiustificate; non esistono oggetti corporei, ma soltanto collezioni di idee che ci danno una falsa impressione di materialità e sussistenza complessiva.[1] Infatti noi conosciamo soltanto le idee che coincidono con le impressioni dei sensi. Proprio come in un sogno, noi abbiamo percezioni spazio-temporali relative ad oggetti materiali senza che questi esistano.
[...]
La celebre formula che riassume la filosofia di Berkeley, «Esse est percipi», vuol dire "l'essere significa essere percepito", ossia: tutto l'essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito e nient'altro. La teoria immaterialistica così enunciata sentenzia che la realtà si risolve in una serie di idee che esistono solo quando vengono percepite da uno spirito umano. È Dio, spirito infinito, che ci fa percepire sotto forma di cose e fatti le sue idee calate nel mondo. Idee, in un certo senso, "umanizzate", e in quanto tali "percepibili".
La dottrina di Berkeley esclude in virtù di questo principio l'esistenza assoluta dei corpi. Secondo il teologo irlandese tutto ciò che esiste è idea o spirito, quindi la realtà oggettiva non è che un'impressione data dalle idee.[2] Berkeley nega la distinzione fra qualità primarie e secondarie, propria di John Locke, sostenendo che tutte le qualità sono secondarie, cioè soggettive, e rigetta anche l'idea di substrato, ovvero di materia. Se esistesse una materia, essa sarebbe soltanto un limite alla perfezione divina. In questo senso anche la scienza di Newton non ha altro valore che quello di una mera ipotesi, che ci aiuta a fare previsioni per il futuro, ma non ha alcun riferimento con la realtà materiale, che non solo non è conoscibile, ma non esiste affatto. Le idee, secondo Berkeley, vengono impresse nell'uomo da uno spirito infinito, cioè Dio. Lo stesso Dio si configura come la Mente infinita grazie a cui le idee esistono anche quando non vengono percepite.
Berkeley porta quindi alle estreme conseguenze l'empirismo di Locke, giungendo a negare l'esistenza di una sostanza materiale perché non ricavabile dall'esperienza, e recidendo così ogni possibile legame tra le nostre idee e una realtà esterna. Egli anticipa lo scetticismo di David Hume, ma se ne mette al riparo ammettendo una presenza spirituale che spieghi l'insorgere di simili idee dentro di noi, rendendocele vive e attuali, sebbene prive ormai di un fondamento oggettivo.
[...]

Questo è il pensiero di Berkeley. I passi che ho evidenziato in grassetto parlano chiaro: dal dubbio cartesiano, attraverso l'empirismo di Locke, si giunge all'idealismo assoluto di Berkeley, secondo il quale nulla esiste al di fuori della mente. Uno sviluppo perfettamente coerente e, direi, inevitabile a quel punto.

Se cambiamo la terminologia propria del pensiero occidentale e sostituiamo il Dio personale con qualcos'altro di più "raffinato" siamo ad un passo dal concetto di maya dell'induismo. Insomma, quello che ho sostenuto io in questo 3D, quando ho parlato del primato dell'io-sono nei confronti di un'ipotetica realtà esterna oggettiva.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 06 Maggio 2016, 00:20:12 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 05 Maggio 2016, 22:30:31 PMin questo forum ho visto citato più volte George Berkeley e il suo "esse est percipi", e quasi sempre mi è sembrato che lasciasse intendere una comprensione del pensiero berkeleyano diversa dalla mia. Può anche darsi che fosse solo un'impressione. In ogni caso, per stabilire una base comune su cui poterci intendere senza rischio di equivoci, mi sembra utile riportare la seguente sintesi del pensiero berkeleyano che si trova su Wikipedia, e che corrisponde alla comprensione che mi ero fatta sin dai tempi del liceo (ahimé, lontani...). Citazioni da https://it.wikipedia.org/wiki/George_Berkeley:
Citazione[...] Nei Commentari filosofici scrive che, se l'estensione esistesse al di fuori della mente, o si avrebbe a che fare con un Dio esteso, oppure si dovrebbe riconoscere un essere eterno e infinito accanto a Dio. Berkeley aderisce quindi all'immaterialismo ovvero alla dottrina per cui nulla esiste al di fuori della mente: non esiste la materia, ma solo Dio e gli spiriti umani. [...] Ma anche gli oggetti che noi crediamo esistere sono in realtà delle astrazioni ingiustificate; non esistono oggetti corporei, ma soltanto collezioni di idee che ci danno una falsa impressione di materialità e sussistenza complessiva.[1] Infatti noi conosciamo soltanto le idee che coincidono con le impressioni dei sensi. Proprio come in un sogno, noi abbiamo percezioni spazio-temporali relative ad oggetti materiali senza che questi esistano. [...] La celebre formula che riassume la filosofia di Berkeley, «Esse est percipi», vuol dire "l'essere significa essere percepito", ossia: tutto l'essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito e nient'altro. La teoria immaterialistica così enunciata sentenzia che la realtà si risolve in una serie di idee che esistono solo quando vengono percepite da uno spirito umano. È Dio, spirito infinito, che ci fa percepire sotto forma di cose e fatti le sue idee calate nel mondo. Idee, in un certo senso, "umanizzate", e in quanto tali "percepibili". La dottrina di Berkeley esclude in virtù di questo principio l'esistenza assoluta dei corpi. Secondo il teologo irlandese tutto ciò che esiste è idea o spirito, quindi la realtà oggettiva non è che un'impressione data dalle idee.[2] Berkeley nega la distinzione fra qualità primarie e secondarie, propria di John Locke, sostenendo che tutte le qualità sono secondarie, cioè soggettive, e rigetta anche l'idea di substrato, ovvero di materia. Se esistesse una materia, essa sarebbe soltanto un limite alla perfezione divina. In questo senso anche la scienza di Newton non ha altro valore che quello di una mera ipotesi, che ci aiuta a fare previsioni per il futuro, ma non ha alcun riferimento con la realtà materiale, che non solo non è conoscibile, ma non esiste affatto. Le idee, secondo Berkeley, vengono impresse nell'uomo da uno spirito infinito, cioè Dio. Lo stesso Dio si configura come la Mente infinita grazie a cui le idee esistono anche quando non vengono percepite. Berkeley porta quindi alle estreme conseguenze l'empirismo di Locke, giungendo a negare l'esistenza di una sostanza materiale perché non ricavabile dall'esperienza, e recidendo così ogni possibile legame tra le nostre idee e una realtà esterna. Egli anticipa lo scetticismo di David Hume, ma se ne mette al riparo ammettendo una presenza spirituale che spieghi l'insorgere di simili idee dentro di noi, rendendocele vive e attuali, sebbene prive ormai di un fondamento oggettivo. [...]
Questo è il pensiero di Berkeley. I passi che ho evidenziato in grassetto parlano chiaro: dal dubbio cartesiano, attraverso l'empirismo di Locke, si giunge all'idealismo assoluto di Berkeley, secondo il quale nulla esiste al di fuori della mente. Uno sviluppo perfettamente coerente e, direi, inevitabile a quel punto. Se cambiamo la terminologia propria del pensiero occidentale e sostituiamo il Dio personale con qualcos'altro di più "raffinato" siamo ad un passo dal concetto di maya dell'induismo. Insomma, quello che ho sostenuto io in questo 3D, quando ho parlato del primato dell'io-sono nei confronti di un'ipotetica realtà esterna oggettiva.


Una critica profonda a questa teoria di "Solo-mente" viene portata da Candrakirti e poi da Santideva. Se non ricordo male la scuola Vijnanavada sosteneva questa teoria.Secondo questa scuola la coscienza può esistere di per sè senza l'oggetto, come effettivamente avviene negli stati onirici e nelle altre illusioni.. La coscienza va considerata originatrice dei vari contenuti dei suoi stati grazie alla sua potenzialità intrinseca; essa è autodeterminante ed è governata da sue proprie leggi di sviluppo; crea l'oggetto. Inoltre, la Coscienza è autoluminosa ed è autoconosciuta come una lampada.
La critica principale di Candrakirti è che senza l'oggetto la coscienza conoscitrice non può funzionare. Se l'oggetto fosse irreale cosa si può conoscere? La mente è vuota e non può conoscere se stessa. Deve lavorare su qualcosa; una semplice forma non può fornire il contenuto."Neppure la spada più affilata può tagliare se stessa; le punte delle dita non possono essere toccate dalle stesse punte delle dita. La mente non conosce se stessa" dice il filosofo buddhista. Come può qualcosa essere allo stesso tempo il conoscitore e il conosciuto, senza dividersi in due? Se è conosciuto da un altro atto di conoscenza, quest'ultima conoscenza sarà conosciuta da un'altra, ciò che conduce ad un regresso all'infinito. Le semplici categorie, o anche l'Io trascendentale, sono del tutto vuoti. Non appare possibile avere alcuna conoscenza di sè senza la conoscenza degli oggetti. Il tutto si risolve, per Candrakirti, fedele alla posizione del Buddha di negazione dei punti di vista dell'"è" e del "non è",in un disturbo dei modi comuni di conoscenza dell'esistenza oggettiva senza alcun vantaggio compensatorio. In quanto reciprocamente dipendenti, né il soggetto puro né l'oggetto puro (la cosa in sè e il dato sensoriale) sono  incondizionatamente reali.
E' vero che , nella costruzione per es.del Vedanta, il mondo costruito del soggetto-oggetto è irreale (maya) ma questo non rende irreale il suo sub-strato (brahman) che però è non-concettuale. Se fosse l'oggetto dell'ideazione sarebbe irreale  come qualsiasi altro oggetto sovraimposto.L'Assoluto appare del tutto privo della dualità soggetto-oggetto.
Candrakirti però amplia la Critica anche a questo supposto substrato assoluto  in quanto , necessitando per apparire del dualismo soggetto-oggetto, non può dirsi incondizionatamente reale in quanto dipendente dalle forme del suo apparire. Per Candrakirti non si può avere Brahman senza maya, cosa in sè e ideazione costruttiva sono relative l'una all'altra. Come tali esse sono entrambe condizionate, e quindi vuote (shunya). Il discepolo di Nagarjuna non esita quindi a considerare sia la cosa in sè che le categorie della ragione pura come costruzioni concettuali. E queste costruzioni concettuali (vikalpa) sono l'oscuramento dell'Intuizione  che è il Reale.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 06 Maggio 2016, 12:10:35 PM
Citazione di: davintro il 05 Maggio 2016, 15:58:45 PM

Se l'intersoggettività fosse il criterio regolativo della verità che si discute e il fine della conoscenza scientifica (conclusione necessaria dell' "esse est percipi", il tuo discorso mi sembra internamente coerente) andrebbe di fatto persa l'idea di un progresso di tale conoscenza mediante nuove scoperte. L'idea dell'oggettività di un mondo trascendente è la condizione necessaria della scoperta. Fondando epistemologicamente la verità scientifica sull'intersoggettività delle sensazioni si arriverebbe secondo me all'assurdo di sostenere che in un mondo ipotetico nel quale la stragrande maggioranza delle persone subisse una malattia, una disfuzione, dei campi percettivi e cominciasse a percepire la neve che cade di colore rosso la neve cambierebbe effettivamente colore diventando effettivamente rossa, oppure che prima delle scoperte di Galilei e Copernico, quando la credenza dell'intersoggettività era costituita dal geocentrismo e dalla staticità della Terra, la Terra  fosse effettivamente ferma e al centro dell'Universo per poi cominciare magicamente a muoversi e a decentrarsi dal sistema solare con l'avvento di una nuova credenza intersoggettiva fenomenica prodotta da nuove scoperte. La scienza si ridurebbe al conformismo appiattito sull'aderenza al complesso dell'immagine sensibile del mondo culturalmente e socialmente strutturata storicamente. Ma la scienza non è democrazia. La possibilità di modificare, mediante nuove scoperte, l'immagine scientifica del mondo, modificarla rispetto a un'interpretazione in un certo periodo storico più o meno dominante a livello intersoggettivo, implica necessariamente una "via di uscita" dall'arbitrarietà dei fenomeni soggettivi e dall'intersoggettività, che non è mai superamento di tale arbitrarietà, ma solo suo allargamento quantitativo. La vera via di uscita a cui le nostre scoperte tendono è rivolta alle "cose in sè". Indentificare le "cose in sè" con l'accezione del noumeno (inconoscibile) che ne dava Kant porta a equivoci. Ovvio che partendo dalla premessa di definire la distinzione fenomeno-noumeno con quella esperibile-inesperibile si arrivi per forza a pensare che la conoscenza del noumeno sia una pretesa irrazionale. Tautologico: dell'inesperibile non abbiamo esperienza (dunque è assurdo pensare di conoscerlo). Ma è una conclusione che è già presente nella premessa, nella premessa di definire il nuomeno come assoluto inesperibile , dunque pregiudiziale, non il risultato di una critica. Se si intende invece la "cosa in sè" come causalità reale che produce i fenomeni, le sensazioni della nostra coscienza rendendo questa coscienza di un soggetto effettivamente e attualmente esistente, allora recuperare il discorso su ciò che è "transfenomenico" non è più dogmatismo ma esigenza svolta a partire dal dato stesso della presenza dei fenomeni della coscienza, residuo del dubbio cartesiano, dunque punto di partenza solido per un argomentare razionale. Sono cioè i fenomeni stessi (sensazioni e pensieri) che richiedono l'ammissione di un loro superamento, sebbene, come è chiaro, la trascendenza (le cose in sè) che ne deriva sarà necessariamente una trascendenza relativa e condizionata in un certo senso dal punto di partenza da cui è stata riconosciuta (la soggettività)

Rispondo:

A me pare che perché posa darsi conoscenza scientifica (e progresso storico della stessa) basti postulare che il monodo fenomenico materiale sia intersoggettivo, cioé che siano reciprocamente corrispondenti le sensazioni e il divenire delle sensazioni che lo costituiscono nell' ambito delle varie esperienze fenomiche coscienti.
Un' oggettività vera e propria (la conoscenza della cosa in sé o noumeno reale  indipendentememnte dall' accadere eventualmente anche di manifestazioni fenomeniche ad essa corrispondenti, a parte il fatto che é impossibile per definizione (se non in termini etremamente vaghi e oscuri, non nel suo determinato e per cos' dire "dettagliato" divenire), non mi sembra comunque necessaria: "la conoscenza scientifica funziona (si spiega)" benissimo anche senza.

La neve non é altro che insieme di sensazioni (un' entità puramente fenomenica) e in quanto tale può esere assunta (non dimostrata) come intersoggettivamente constatabile. Se un' alterazione fisiologica (o patologica) la facesse diventare rossa sarebbe rossa; casomai immutata sarebbe l' "entità in sé" ad essa corrispondente.

Diverso é il discorso circa il sistema tolemaico: esso era semplicemente una credenza ritenuta vera e poi falsificata scientificamente; in questo caso si tratta non della realtà dei fenomeni, come la neve con il suo colore bianco oppure rosso, ma delle credenze (vere o false) circa la realtà dei fenomeni.

La scienza é conoscenza dei fenomeni materiali intersoggettivamente verificabile/falsificabile (postulato peraltro indimostrabile; anche se di fatto ritenuto vero da tutte le persone comunemente ritenute sane di mente); e l' opinione sul mondo culturalmente e socialmente strutturata (e più o meno generalmente "dominante") in una determinata epoca storica (non: la sua "immagine" sensibile, se non in senso metaforico) può essere scientificamente più o meno vera o più o meno falsa, e questo in linea di principio può essere intersoggettivamente verificato (se é vera la conoscenza scientifica).

Tutto ciò di cui si ha coscienza é per definizione apparenza, fenomeno, (insieme di) sensazioni; e di questo (o meglio: della sua componente materiale) e di nient' altro si può avere conoscenza scientifica per il semplice fatto che solo i fenomeni materiali possono essere assunti accadere intersoggettivamente (in modo biunivocamente corrispondente nelle diverse esperienze coscienti) e misurati: se esiste realmente una realtà "in sé" ad essi corrispondente, allora per definizione non la si percepisce; e dunque:
a) non si può assumere che sia intersoggettivamente corrirpondente fra le varie esperinze coscienti che unicamente di percezioni fenomeniche e di nent' altro constano per definizione;
b) non si può misurare onde ricavare ipotesi sul suo divenire verificabili/falsificabili con uteriori misurazioni sperimentali (di fenomeni ovviamente).

Del noumeno (inaccessibile alla coscienza sensiblile per definizione) si può solo postulare (non dimostrabilmente; nè tantomeno mostrabilmente, per definizione) che sia in corrispondenza biunivoca con i fenomeni, onde spiegare:
a) la relativa costanza di essi: ogni volta che qualcuno va a Courtmaieur e guarda verso nordovest vede il monte Bianco); ogni volta che ripenso alla mia vita mi sovvengo sostanzialmente dello stesso complesso di ricordi con eventuali varianti reciprocamente congrue (salvo evidenti errori di memoria, amnesie e/o ricordi distorti o illusori, in linea di pìrincipio riconoscibili, spiegabili e correggibili);
b) l' intersoggettività dei fenomeni materiali (ogni volta che qualcuno vede il monte Bianco, allora nell' ambito del noumeno le entità in sé "soggetti" di tale visione (per esempio "io" o "tu" se andiamo a Courtmaieur e guardiamo verso nordovest) si trovano in rapporti simili o (corrispondenti) con la medesima entità in sé che di tale visione in ciascuna delle loro esperienze coscienti é l' oggetto (e che non potendo essere sentita non può essere misurata e scientificamente conosciuta: la si può solo congetturare esistere appunto anche per spiegare in questo modo che sto illustrando l' intersoggettività della conoscenza scientifica).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 06 Maggio 2016, 13:05:41 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 05 Maggio 2016, 22:30:31 PM
in questo forum ho visto citato più volte George Berkeley e il suo "esse est percipi", e quasi sempre mi è sembrato che lasciasse intendere una comprensione del pensiero berkeleyano diversa dalla mia.
Può anche darsi che fosse solo un'impressione. In ogni caso, per stabilire una base comune su cui poterci intendere senza rischio di equivoci, mi sembra utile riportare la seguente sintesi del pensiero berkeleyano che si trova su Wikipedia, e che corrisponde alla comprensione che mi ero fatta sin dai tempi del liceo (ahimé, lontani...).

Citazioni da https://it.wikipedia.org/wiki/George_Berkeley:
Citazione[...]
Nei Commentari filosofici scrive che, se l'estensione esistesse al di fuori della mente, o si avrebbe a che fare con un Dio esteso, oppure si dovrebbe riconoscere un essere eterno e infinito accanto a Dio. Berkeley aderisce quindi all'immaterialismo ovvero alla dottrina per cui nulla esiste al di fuori della mente: non esiste la materia, ma solo Dio e gli spiriti umani.
[...]
Ma anche gli oggetti che noi crediamo esistere sono in realtà delle astrazioni ingiustificate; non esistono oggetti corporei, ma soltanto collezioni di idee che ci danno una falsa impressione di materialità e sussistenza complessiva.[1] Infatti noi conosciamo soltanto le idee che coincidono con le impressioni dei sensi. Proprio come in un sogno, noi abbiamo percezioni spazio-temporali relative ad oggetti materiali senza che questi esistano.
[...]
La celebre formula che riassume la filosofia di Berkeley, «Esse est percipi», vuol dire "l'essere significa essere percepito", ossia: tutto l'essere di un oggetto consiste nel suo venir percepito e nient'altro. La teoria immaterialistica così enunciata sentenzia che la realtà si risolve in una serie di idee che esistono solo quando vengono percepite da uno spirito umano. È Dio, spirito infinito, che ci fa percepire sotto forma di cose e fatti le sue idee calate nel mondo. Idee, in un certo senso, "umanizzate", e in quanto tali "percepibili".
La dottrina di Berkeley esclude in virtù di questo principio l'esistenza assoluta dei corpi. Secondo il teologo irlandese tutto ciò che esiste è idea o spirito, quindi la realtà oggettiva non è che un'impressione data dalle idee.[2] Berkeley nega la distinzione fra qualità primarie e secondarie, propria di John Locke, sostenendo che tutte le qualità sono secondarie, cioè soggettive, e rigetta anche l'idea di substrato, ovvero di materia. Se esistesse una materia, essa sarebbe soltanto un limite alla perfezione divina. In questo senso anche la scienza di Newton non ha altro valore che quello di una mera ipotesi, che ci aiuta a fare previsioni per il futuro, ma non ha alcun riferimento con la realtà materiale, che non solo non è conoscibile, ma non esiste affatto. Le idee, secondo Berkeley, vengono impresse nell'uomo da uno spirito infinito, cioè Dio. Lo stesso Dio si configura come la Mente infinita grazie a cui le idee esistono anche quando non vengono percepite.
Berkeley porta quindi alle estreme conseguenze l'empirismo di Locke, giungendo a negare l'esistenza di una sostanza materiale perché non ricavabile dall'esperienza, e recidendo così ogni possibile legame tra le nostre idee e una realtà esterna. Egli anticipa lo scetticismo di David Hume, ma se ne mette al riparo ammettendo una presenza spirituale che spieghi l'insorgere di simili idee dentro di noi, rendendocele vive e attuali, sebbene prive ormai di un fondamento oggettivo.
[...]

Questo è il pensiero di Berkeley. I passi che ho evidenziato in grassetto parlano chiaro: dal dubbio cartesiano, attraverso l'empirismo di Locke, si giunge all'idealismo assoluto di Berkeley, secondo il quale nulla esiste al di fuori della mente. Uno sviluppo perfettamente coerente e, direi, inevitabile a quel punto.

Se cambiamo la terminologia propria del pensiero occidentale e sostituiamo il Dio personale con qualcos'altro di più "raffinato" siamo ad un passo dal concetto di maya dell'induismo. Insomma, quello che ho sostenuto io in questo 3D, quando ho parlato del primato dell'io-sono nei confronti di un'ipotetica realtà esterna oggettiva.

Rispondo:

Concordo con questa esposizione di Wikipedia, salvo che nell' afermazione:

"In questo senso anche la scienza di Newton non ha altro valore che quello di una mera ipotesi, che ci aiuta a fare previsioni per il futuro, ma non ha alcun riferimento con la realtà materiale, che non solo non è conoscibile, ma NON ESISTE AFATTO. Le idee, secondo Berkeley, vengono impresse nell'uomo da uno spirito infinito, cioè Dio. Lo stesso Dio si configura come la Mente infinita grazie a cui le idee esistono anche quando non vengono percepite.

Secondo me per Berkeley la scienza newtoniana ci dà una conoscenza vera della materia; solo che quest' ultima é costituita puramemnte e semplicemente da un insieme in divenire di sensazioni REALI UNICAMENTE IN QUANTO, SE E QUANDO ACCADONO e COME TALI (= SONO COSCIENTEMENTE AVVERTITE); E DUNQUE NON E' VERO CHE NON ESISTE AFFATTO: ESISTE COME INSIEME DI SENSAZIONI.

Fra l' altro personalmente (per quel che può valere la mia mia opinione) fin qui sono perefettamente d' accordo col vescovo irlandese; non concordo con la parte letteralmente "metafisica" delle sue argomentazioni, ma piuttosto con Hume in proposito (che a mio avviso lo ha decisamente superato: Berkeley non si mette affatto anticipatamente al riparo dallo scetticismo di Hume!
Di Hume condivido anche l' applicazione (portando conseguentemente fino in fondo la critica berkeleyana) dell' "esse est percipi" pure alle sensazioni coscienti interiori o di pensiero: potrebbe non esistere nemmeno alcun io soggetto-oggetto delle sensazioni interiori (e da esse distinto, ulteriore rispetto ad esse) e soggetto delle esteriori, in aggiunta alle sole sensazioni coscienti, oltre che (con Berkeley) alcun oggetto materiale di quelle esterne (ulteriore ad esse, da esse distinto, in aggiunta ad esse).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 06 Maggio 2016, 13:29:34 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Maggio 2016, 00:20:12 AMLa critica principale di Candrakirti è che senza l'oggetto la coscienza conoscitrice non può funzionare. Se l'oggetto fosse irreale cosa si può conoscere? La mente è vuota e non può conoscere se stessa. Deve lavorare su qualcosa; una semplice forma non può fornire il contenuto."Neppure la spada più affilata può tagliare se stessa; le punte delle dita non possono essere toccate dalle stesse punte delle dita. La mente non conosce se stessa" dice il filosofo buddhista. Come può qualcosa essere allo stesso tempo il conoscitore e il conosciuto, senza dividersi in due? Se è conosciuto da un altro atto di conoscenza, quest'ultima conoscenza sarà conosciuta da un'altra, ciò che conduce ad un regresso all'infinito. Le semplici categorie, o anche l'Io trascendentale, sono del tutto vuoti. Non appare possibile avere alcuna conoscenza di sè senza la conoscenza degli oggetti. Il tutto si risolve, per Candrakirti, fedele alla posizione del Buddha di negazione dei punti di vista dell'"è" e del "non è",in un disturbo dei modi comuni di conoscenza dell'esistenza oggettiva senza alcun vantaggio compensatorio. In quanto reciprocamente dipendenti, né il soggetto puro né l'oggetto puro (la cosa in sè e il dato sensoriale) sono  incondizionatamente reali.
E' vero che , nella costruzione per es.del Vedanta, il mondo costruito del soggetto-oggetto è irreale (maya) ma questo non rende irreale il suo sub-strato (brahman) che però è non-concettuale. Se fosse l'oggetto dell'ideazione sarebbe irreale  come qualsiasi altro oggetto sovraimposto.L'Assoluto appare del tutto privo della dualità soggetto-oggetto.
Candrakirti però amplia la Critica anche a questo supposto substrato assoluto  in quanto , necessitando per apparire del dualismo soggetto-oggetto, non può dirsi incondizionatamente reale in quanto dipendente dalle forme del suo apparire. Per Candrakirti non si può avere Brahman senza maya, cosa in sè e ideazione costruttiva sono relative l'una all'altra. Come tali esse sono entrambe condizionate, e quindi vuote (shunya). Il discepolo di Nagarjuna non esita quindi a considerare sia la cosa in sè che le categorie della ragione pura come costruzioni concettuali. E queste costruzioni concettuali (vikalpa) sono l'oscuramento dell'Intuizione  che è il Reale.

Mi pare che il portare conseguentemente fino in fondo la critica berkeleyana dell' "esse est percipi", oltre che a quelle esteriori o materiali anche alle sensazioni interiori o mentali, come fece Hume, superi queste critiche:

ciò che é immediatamente evidente, di cui può aversi assolutamente certezza (se accade) sono le sensazioni (sia materiali sia mentali: la totalità della realtà potrebbe limitarsi ad esse, senza implicare, "in aggiunta", né oggetti in sé, né un soggetto in sé, che non sono logicamente necessari).

L' esistenza di una realtà in sé o noumeno (per dirlo a la Kant), oltre alle sensazioni, non può essere dimostrata: sono d' accordo con Nagarjuna che si tratta di una "costruzione concettuale"; ma non che questete costruzioni concettuali "sono l'oscuramento dell'Intuizione  che è il Reale", anzi!.
Rilevo innanzitutto che nemmeno se ne può dimostare l' inesistenza.
E inoltre che, lungi dall' "oscurare il reale", vi getta una certa luce, lo illumina alquanto, spiegando molte cose altrimenti incomprensibili del divenire delle sensazioni fenomeniche coscienti (sia materiali che mentali, nonché dei rispettivi rapporti).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 06 Maggio 2016, 15:30:45 PM
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2016, 13:29:34 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Maggio 2016, 00:20:12 AMLa critica principale di Candrakirti è che senza l'oggetto la coscienza conoscitrice non può funzionare. Se l'oggetto fosse irreale cosa si può conoscere? La mente è vuota e non può conoscere se stessa. Deve lavorare su qualcosa; una semplice forma non può fornire il contenuto."Neppure la spada più affilata può tagliare se stessa; le punte delle dita non possono essere toccate dalle stesse punte delle dita. La mente non conosce se stessa" dice il filosofo buddhista. Come può qualcosa essere allo stesso tempo il conoscitore e il conosciuto, senza dividersi in due? Se è conosciuto da un altro atto di conoscenza, quest'ultima conoscenza sarà conosciuta da un'altra, ciò che conduce ad un regresso all'infinito. Le semplici categorie, o anche l'Io trascendentale, sono del tutto vuoti. Non appare possibile avere alcuna conoscenza di sè senza la conoscenza degli oggetti. Il tutto si risolve, per Candrakirti, fedele alla posizione del Buddha di negazione dei punti di vista dell'"è" e del "non è",in un disturbo dei modi comuni di conoscenza dell'esistenza oggettiva senza alcun vantaggio compensatorio. In quanto reciprocamente dipendenti, né il soggetto puro né l'oggetto puro (la cosa in sè e il dato sensoriale) sono incondizionatamente reali. E' vero che , nella costruzione per es.del Vedanta, il mondo costruito del soggetto-oggetto è irreale (maya) ma questo non rende irreale il suo sub-strato (brahman) che però è non-concettuale. Se fosse l'oggetto dell'ideazione sarebbe irreale come qualsiasi altro oggetto sovraimposto.L'Assoluto appare del tutto privo della dualità soggetto-oggetto. Candrakirti però amplia la Critica anche a questo supposto substrato assoluto in quanto , necessitando per apparire del dualismo soggetto-oggetto, non può dirsi incondizionatamente reale in quanto dipendente dalle forme del suo apparire. Per Candrakirti non si può avere Brahman senza maya, cosa in sè e ideazione costruttiva sono relative l'una all'altra. Come tali esse sono entrambe condizionate, e quindi vuote (shunya). Il discepolo di Nagarjuna non esita quindi a considerare sia la cosa in sè che le categorie della ragione pura come costruzioni concettuali. E queste costruzioni concettuali (vikalpa) sono l'oscuramento dell'Intuizione che è il Reale.
Mi pare che il portare conseguentemente fino in fondo la critica berkeleyana dell' "esse est percipi", oltre che a quelle esteriori o materiali anche alle sensazioni interiori o mentali, come fece Hume, superi queste critiche: ciò che é immediatamente evidente, di cui può aversi assolutamente certezza (se accade) sono le sensazioni (sia materiali sia mentali: la totalità della realtà potrebbe limitarsi ad esse, senza implicare, "in aggiunta", né oggetti in sé, né un soggetto in sé, che non sono logicamente necessari). L' esistenza di una realtà in sé o noumeno (per dirlo a la Kant), oltre alle sensazioni, non può essere dimostrata: sono d' accordo con Nagarjuna che si tratta di una "costruzione concettuale"; ma non che questete costruzioni concettuali "sono l'oscuramento dell'Intuizione che è il Reale", anzi!. Rilevo innanzitutto che nemmeno se ne può dimostare l' inesistenza. E inoltre che, lungi dall' "oscurare il reale", vi getta una certa luce, lo illumina alquanto, spiegando molte cose altrimenti incomprensibili del divenire delle sensazioni fenomeniche coscienti (sia materiali che mentali, nonché dei rispettivi rapporti).

E' evidente che ,come non se ne può affermare l'esistenza, nemmeno se ne può dimostrare l'inesistenza ( del noumeno kantiano). Pertanto per il pensiero buddhista, che è essenzialmente e intrinsecamente "pratico", appare ininfluente, come mettersi a discutere di farfalle immaginarie. Tu sostieni che, in definitiva, l'unica cosa di cui possiamo esser certi sono le sensazioni. Questo mi sembra un assolutizzare il fenomeno "sensazione" ( in pali ditthi, tendenza dogmatica della mente a formulare opinioni assolute). Portando all'estremo questa teoria non si può che aderire al solipsismo a parer mio. Affermare la supremazia dell'Intuizione risolve implicitamente questa "deriva" del concettualizzare il reale. E' infatti l'Intuizione che ti fa "intuire" l'esistenza dei fenomeni altri da sè e dalla sensazione, non certo il ragionamento. L'intuizione viene prima del ragionamento che mi appare come uno sviluppo dell'intuizione stessa. L'intuizione "vede" la catena formata da contatto-sensazione-volizione-coscienza, elementi tutti interdipendenti fra loro e quindi vuoti di un sè. Questa è la capacità naturale della mente non concettualizzante, chiamiamola istintiva, intuitiva, mente reale, non è importante, sono solo termini.
Sono d'accordo con te che i concetti sono assai importanti. Infatti le due facoltà, intuizione e ragione, DEVONO lavorare insieme. Anche solo per dimostrare l'importanza del fattore "mente intuitiva" devo servirmi della ragione e dei concetti da essa espressi. La critica di Candrakirti, secondo il mio comprendere, mi appare rivolta alle "costruzioni concettuali" che pretendono di spiegare ed esaurire il reale e piegarlo ai concetti stessi. Se il reale sfugge alla concettualizzazione ( che è strumento di investigazione di una parte del reale e che permette la nostra sopravvivenza NEL reale) lo strumento Intuizione, secondo il pensiero madhyamika, appare più adeguato per investigarlo nel suo complesso interdipendente e vuoto di un sè.
Per questo Candrakirti parla di "oscuramento". Se la mente è dominata da costruzioni concettuali che spazio rimane per la pura intuizione?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 06 Maggio 2016, 16:56:02 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Maggio 2016, 15:30:45 PM
E' evidente che ,come non se ne può affermare l'esistenza, nemmeno se ne può dimostrare l'inesistenza ( del noumeno kantiano). Pertanto per il pensiero buddhista, che è essenzialmente e intrinsecamente "pratico", appare ininfluente, come mettersi a discutere di farfalle immaginarie. Tu sostieni che, in definitiva, l'unica cosa di cui possiamo esser certi sono le sensazioni. Questo mi sembra un assolutizzare il fenomeno "sensazione" ( in pali ditthi, tendenza dogmatica della mente a formulare opinioni assolute). Portando all'estremo questa teoria non si può che aderire al solipsismo a parer mio. Affermare la supremazia dell'Intuizione risolve implicitamente questa "deriva" del concettualizzare il reale. E' infatti l'Intuizione che ti fa "intuire" l'esistenza dei fenomeni altri da sè e dalla sensazione, non certo il ragionamento. L'intuizione viene prima del ragionamento che mi appare come uno sviluppo dell'intuizione stessa. L'intuizione "vede" la catena formata da contatto-sensazione-volizione-coscienza, elementi tutti interdipendenti fra loro e quindi vuoti di un sè. Questa è la capacità naturale della mente non concettualizzante, chiamiamola istintiva, intuitiva, mente reale, non è importante, sono solo termini.
Sono d'accordo con te che i concetti sono assai importanti. Infatti le due facoltà, intuizione e ragione, DEVONO lavorare insieme. Anche solo per dimostrare l'importanza del fattore "mente intuitiva" devo servirmi della ragione e dei concetti da essa espressi. La critica di Candrakirti, secondo il mio comprendere, mi appare rivolta alle "costruzioni concettuali" che pretendono di spiegare ed esaurire il reale e piegarlo ai concetti stessi. Se il reale sfugge alla concettualizzazione ( che è strumento di investigazione di una parte del reale e che permette la nostra sopravvivenza NEL reale) lo strumento Intuizione, secondo il pensiero madhyamika, appare più adeguato per investigarlo nel suo complesso interdipendente e vuoto di un sè.
Per questo Candrakirti parla di "oscuramento". Se la mente è dominata da costruzioni concettuali che spazio rimane per la pura intuizione?

Rispondo:

Mettersi a discutere di farfalle può essere un inutile (per quanto interssante) perdita di tempo.
Invece credo che l' esistenza del noumeno spieghi molte e importanti cose dell' esperienza sensibile, come l' intersoggettività della sua componente materiale (indispensabile al superamento del solipsismo e necessariamente postulata dalla conoscenza scientifica).

Sostenere che, in definitiva, l'unica cosa di cui possiamo esser certi sono le sensazioni non mi sembra un assolutizzare il fenomeno "sensazione" ma semplicemente constatare la realtà dei fatti; e porta all' indimostrabilità della superabilità del solipsismo (di cui si deve essere consapevoli se si vuole guardare in faccia la realtà e non coltivare illusioni non razionalmente fondate); solipsismo che può comunque essere superato "per fede", essendo ben consapevoli di questo carattere non razionalmemte dimostrabile e certo del superamento stesso.

L' "intuizione" non riesco proprio a capire in che cosa possa consistere (se non in questa "fuoriuscita consepevolmente irrazionalistica dal solipsismo", espressa con altre parole).
Per me "intuizione" ha sempre significato "credenza acritica, infondata nella prima ipotesi che ci viene casualmente in mente", che nulla garantisce essere veritiera. E mi sembra che sia un concetto ben applicabile all' "intuizione" che ""vede" la catena formata da contatto-sensazione-volizione-coscienza, elementi tutti interdipendenti fra loro e quindi vuoti di un sè" (effettivamente un parto della mente non concettualizzante, chiamiamola istintiva, intuitiva, arbitraiamente, infondatamente, acriticamente fantasticheggiante).

Non vedo comunque come si possa spiegare il reale altrimenti che con "costruzioni concettuali", cioé sottoponendo ad analisi critica razionale ciò di cui abbiamo coscienza.
Ciò che nel reale sfuggisse alla concettualizzazione e critica razionale non potrebbe essere conosciuto fondatamente (non potrebbe nemmeno essere pensato razionalmente, ma casomai soltanto "immaginato arbitrariamente, fantasiosamente", senza fondamenti su cui poggiare il giudizo che sia reale nei fatti -oltre che fantasticamente immaginato, nel pensiero- o meno).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 06 Maggio 2016, 18:49:17 PM
Ricordo che ai tempi del liceo il pensiero di Hume non mi prese più di tanto, e tornandoci sopra ora devo confermare la mia prima impressione...

Riporto alcuni passi da Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/David_Hume)
CitazionePer Hume la sostanza non era altro che una "collezione di qualità particolari" ovvero un insieme di stimoli e di sensazioni empiriche provenienti dall'esterno cementate dal nostro intelletto fino a creare un'idea di ciò che stiamo analizzando, creandoci l'impressione che ciò esista anche nel momento in cui noi non lo percepiamo.
Nel suo iter filosofico Hume fece rientrare in questo ragionamento anche l'"io". Egli cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno.
Ne concluse che anche la sostanza dell'"io" era soltanto un amalgama di sensazioni. Infatti, ogni volta che ci addentriamo nel nostro io, incontriamo sempre una qualche particolare sensazione (piacere, dolore, caldo, freddo) e se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla.
Il pensiero di Hume mi sembra un chiaro esempio di come lo scetticismo, spinto ai suoi estremi, divenga sterile e insensato, trasformando ragionamenti in sofismi.

Per Hume, "se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla".
Quest'affermazione farebbe come minimo sorridere un orientale (come pure qualunque occidentale dedito a un minimo di meditazione), perché a una mente attenta e lucida appare chiara la presenza dell'Osservatore dietro il flusso delle sensazioni, Osservatore che permane anche quando nella mente si riesce a fare il vuoto, anche solo per brevi momenti. I grandi meditatori orientali poi vedono anche l'Osservatore dell'Osservatore, e l'Osservatore dell'Osservatore dell'Osservatore; ma non è necessario spingersi così oltre per capire che parlare di sensazioni senza un senziente è un'insensatezza.

Per definizione, una sensazione richiede un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto.

Se no chi le sente le sensazioni? Si sentono da sole? Ogni sensazione è autosensibile?
Supponiamo di sì: ogni sensazione è autosensibile. Ma se l'io, come dice Hume, è solo "un'amalgama di sensazioni" autosensibili, chi o che cos'è a realizzare l'amalgama, appunto? Come avviene che un fascio di sensazioni autosensibili si aggregano in un'unico amalgama che produce l'impressione (non importa se reale o illusoria) di un soggetto unico?
Se è vero che Hume "cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno" (bellissima domanda che anch'io mi sono sempre fatto), qual è poi la sua risposta? Nulla. Bella domanda inevasa.

Per non dire del fatto che anche solo a esporre quel che Hume vuol dire non si riesce ad evitare l'incoerenza e il non senso. 
Hume infatti dice: "se ci addentriamo nel nostro io, se eliminiamo ogni singola sensazione etc"... Ma chi è il soggetto grammaticale di questi verbi? Noi. Chi è dunque che compie le azioni di "addentrarsi" ed "eliminare"? Noi.
Ma noi chi, se non il soggetto senziente, l'io-sono?

Sarà anche vero che Hume è all'origine di quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna, ma per quanto riguarda la filosofia, ne faccio tranquillamente a meno.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 06 Maggio 2016, 21:47:43 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 06 Maggio 2016, 18:49:17 PM
Ricordo che ai tempi del liceo il pensiero di Hume non mi prese più di tanto, e tornandoci sopra ora devo confermare la mia prima impressione...

Riporto alcuni passi da Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/David_Hume)
CitazionePer Hume la sostanza non era altro che una "collezione di qualità particolari" ovvero un insieme di stimoli e di sensazioni empiriche provenienti dall'esterno cementate dal nostro intelletto fino a creare un'idea di ciò che stiamo analizzando, creandoci l'impressione che ciò esista anche nel momento in cui noi non lo percepiamo.
Nel suo iter filosofico Hume fece rientrare in questo ragionamento anche l'"io". Egli cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno.
Ne concluse che anche la sostanza dell'"io" era soltanto un amalgama di sensazioni. Infatti, ogni volta che ci addentriamo nel nostro io, incontriamo sempre una qualche particolare sensazione (piacere, dolore, caldo, freddo) e se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla.
Il pensiero di Hume mi sembra un chiaro esempio di come lo scetticismo, spinto ai suoi estremi, divenga sterile e insensato, trasformando ragionamenti in sofismi.

Per Hume, "se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla".
Quest'affermazione farebbe come minimo sorridere un orientale (come pure qualunque occidentale dedito a un minimo di meditazione), perché a una mente attenta e lucida appare chiara la presenza dell'Osservatore dietro il flusso delle sensazioni, Osservatore che permane anche quando nella mente si riesce a fare il vuoto, anche solo per brevi momenti. I grandi meditatori orientali poi vedono anche l'Osservatore dell'Osservatore, e l'Osservatore dell'Osservatore dell'Osservatore; ma non è necessario spingersi così oltre per capire che parlare di sensazioni senza un senziente è un'insensatezza.

Per definizione, una sensazione richiede un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto.

Se no chi le sente le sensazioni? Si sentono da sole? Ogni sensazione è autosensibile?
Supponiamo di sì: ogni sensazione è autosensibile. Ma se l'io, come dice Hume, è solo "un'amalgama di sensazioni" autosensibili, chi o che cos'è a realizzare l'amalgama, appunto? Come avviene che un fascio di sensazioni autosensibili si aggregano in un'unico amalgama che produce l'impressione (non importa se reale o illusoria) di un soggetto unico?
Se è vero che Hume "cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno" (bellissima domanda che anch'io mi sono sempre fatto), qual è poi la sua risposta? Nulla. Bella domanda inevasa.

Per non dire del fatto che anche solo a esporre quel che Hume vuol dire non si riesce ad evitare l'incoerenza e il non senso.
Hume infatti dice: "se ci addentriamo nel nostro io, se eliminiamo ogni singola sensazione etc"... Ma chi è il soggetto grammaticale di questi verbi? Noi. Chi è dunque che compie le azioni di "addentrarsi" ed "eliminare"? Noi.
Ma noi chi, se non il soggetto senziente, l'io-sono?

Sarà anche vero che Hume è all'origine di quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna, ma per quanto riguarda la filosofia, ne faccio tranquillamente a meno.


Rispondo:

No, scusa, ma l' affermazione che la filosofia di David Hume sia insensata e costituita da sofismi andrebbe dimostrata.


Orientali e occidentali dediti alla "meditazione" (perché David Hume non "meditava" ovvero pensava, ragionava, e anche molto finemente?!?!?!) possono sorridere fin che vogliono (buon per loro: fa buon sangue!), ma "la presenza dell'Osservatore dietro il flusso delle sensazioni, Osservatore che permane anche quando nella mente si riesce a fare il vuoto, anche solo per brevi momenti" non è affatto logicamente necessaria, né dimostrabile (e men che meno mostrabile) in alcun modo; e inoltre "parlare di sensazioni senza un senzienteè sensatissimo, cose giustamente rilevato da David Hume.
I sorrisi non sono argomenti e non dimostrano né confutano alcunché (casomai possono esprimere un atteggiamento di pretesa, presuntuosa e saccente "superiorità intellettuale" preconcetta).

Una sensazione non richiede affatto necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione: necessariamente è unicamente un apparenza sensibile, un evento di coscienza. Punto e basta.
Soggetti e oggetti, reali anche allorché non accadono le sensazioni (= apparenze sensibili, eventi di coscienza), non la accompagnano necessariamente: non si può dimostrare né tantomeno mostrare che siano reali ma li si può (e si deve: di fatto lo fanno o per lo meno si comportano come se lo facessero tutti i sani di mente) credere esistere soltanto infondatamente, arbitrariamente, letteralmente "per fede".

Pretendere che
Una sensazione richieda necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione sarebbe come pretendere che l' esistenza della realtà richieda necessariamente per definizione un creatore o che l' esistenza dell' evoluzione biologica (o magari solo della diversità biologica esistente) richieda necessariamente un "disegno intelligente".

Domanda di Loris Bagnara: "Se no chi le sente le sensazioni? Si sentono da sole? Ogni sensazione è autosensibile?
Supponiamo di sì: ogni sensazione è autosensibile. Ma se l'io, come dice Hume, è solo "un'amalgama di sensazioni" autosensibili, chi o che cos'è a realizzare l'amalgama, appunto? Come avviene che un fascio di sensazioni autosensibili si aggregano in un'unico amalgama che produce l'impressione (non importa se reale o illusoria [SIC!, N.d.R.]) di un soggetto unico?"

Risposta: Se no semplicemente accadono ("aggregate in un amalgama o in un fascio unico", se così vogliamo esprimerci, che tende ad indurre la convinzione –indimostrabile, né tantomeno empiricamente constatabile, verificabile- dell' esistenza di un soggetto unico). Punto e Basta.

E se si appura, come David Hume genialmente appurò, che non esiste una risposta dimostrabile né tantomeno mostrabile alla domanda su "quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno" questa è proprio la giusta, la vera risposta.

Della frase "se ci addentriamo nel nostro io, se eliminiamo ogni singola sensazione etc" il soggetto puramente grammaticale (ma la filosofia non è certo banale analisi grammaticale da terza elementare!) è "noi", prima persona plurale; ma i fatti certi, indubitabili sono solo e unicamente che accadono le sensazioni interiori o mentali dell' analisi del presunto proprio io e dell' eliminazione di ogni singola sensazione, senza inoltre alcun necessario soggetto senziente o io-sono?

Hume non è affatto all'origine di "quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna" (-?- Casomai Galileo e Newton!), ma per quanto riguarda la filosofia, non è stato superato o confutato da nessuno (in Oriente, Occidente, Settentrione o Meridione); e personalmente non posso assolutamente farne a meno.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 06 Maggio 2016, 22:11:09 PM
Per Sgiombo:

che un certo stato di cose sia reale o non sia reale, ciò costituisce un'alternativa in cui il realizzarsi dello stato di cose implica una distinzione qualitativa rispetto al non-realizzarsi di essa. Nel senso che non esistono situazioni intermedie, non esistono livelli in cui un evento è "più o meno" reale. O è reale o non lo è. Una distinzione discreta. Invece il concetto di costanza intersoggettiva dei fenomeni va pensato come qualcosa di continuo, indiscreto, la costanza delle esperienze, delle sensazioni ha un valore quantitativo, esistono infiniti (perchè infiniti sono i numeri) livelli di conformità intersoggettiva. Cioè, c'è un'infinita quantità di situazioni in cui un complesso di sensazioni può essere più o meno condiviso da una serie di coscienze senzienti.  Uno stesso complesso sensitivo può essere sentito da più o meno soggetti senzienti. Possiamo ipotizzare un infinito numero di soggetti senzienti ed infiniti gradi di intensità delle sensazioni. Ora, come è possibile isolare un momento di questo ipotetico continuum per porlo come criterio discriminante in base al quale stabilire quando uno stato di cose diverrebbe reale? Qual'è la quantità di conformità intersoggettiva oltre il quale le sensazioni corrispondono a un oggetto reale? La maggioranza assoluta delle coscienze attualmenti presenti nel mondo? Se di uno stesso evento abbiamo 4 miliardi di soggetti che hanno dello stesso oggetto un'immagine sensitiva e 3 miliardi che ne hanno una contrastante possiamo ritenere sufficiente il livello di conformità intersoggettiva per accettare che la realtà sia ciò che sostengono i 4?  Oppure la selezione del criterio è totalmente arbitraria... e in questo caso come può fondare la conoscenza e la verità scientifica? Come può un criterio quantitativo (la conformità intersoggettiva delle sensazioni) determinare qualcosa di qualitativo come il carattere di esistenza di uno stato di cose?

Non mi sembra abbia molto senso in questo contesto la distinzione tra la sensazione della neve rossa e la credenza nel sistema tolemaico. Verissima l'idea della distinzione tra un'immagine percettiva e una presa di posizione giudicativa, ma le credenze scientifiche nascono dall'osservazione sensibile e quindi una volta identificata la realtà con le sensazioni soggettive le credenze dovrebbero seguire lo stesso destino dell'immagine della neve. Quando ho fatto l'esempio della neve ho dato per scontato che l'immagine della neve rossa avrebbe condotto le persone a modificare la credenza. Del resto, starebbe proprio nella distinzione tra il piano dell'immagine percettiva e quello dei giudizi l'ammissione implicita di una realtà oggettiva, a cui i nostri giudizi sono riferiti distinta dalle sensazioni soggettive. Altrimenti, in cosa consisterebbe la differenza di senso del nostro rapporto con la realtà che si ha quando la si giudica rispetto a quando ci si limiterebbe a percepirla?

Personalmente non ce la faccio a concepire realtà senza causalità... e allora se le sensazioni costituissero la realtà dovrebbero essere causa di loro stesse. Se le sensazioni e i pensieri che nascono da esse avessero un potere causale, non porterebbe tutto ciò a una sorta di concezione magica nella quale il pensiero e la sensibilità creerebbero i loro oggetti  invece che limitarsi a rappresentarli? E tornando all'esempio della neve: la modifica dei campi sensoriali che porterebbe a un certo momento le persone a vedere la neve rossa invece che bianca da cosa sarebbe causata? Sono le sensazioni stesse che a un certo punto, non si sa perchè, modificherebbero il loro contenuto qualitativo? io credo che la causa debba essere una "cosa stessa" e che va distinta nettamente l'idea che "conosciamo solo fenomeni" da quella "conosciamo solo ATTRAVERSO i fenomeni". La prima opzione porterebbe allo scetticismo assoluto e dunque alla fine di ogni razionalità possibile, scientifica e filosofica, la seconda, su cui sono pienamente d'accordo, porrebbe i fenomeni, a partire dalle sensazioni, come un'inaggirabile via che però porterebbe necessariamente a riconoscere l'esigenza di un'oggettività, di una cosa in sè che determina la manifestazione dei fenomeni stessi e dunque la possibilità di una coscienza.


Sgiombo scrive:
"Fra l' altro personalmente (per quel che può valere la mia mia opinione) fin qui sono perefettamente d' accordo col vescovo irlandese; non concordo con la parte letteralmente "metafisica" delle sue argomentazioni, ma piuttosto con Hume in proposito (che a mio avviso lo ha decisamente superato: Berkeley non si mette affatto anticipatamente al riparo dallo scetticismo di Hume!
Di Hume condivido anche l' applicazione (portando conseguentemente fino in fondo la critica berkeleyana) dell' "esse est percipi" pure alle sensazioni coscienti interiori o di pensiero: potrebbe non esistere nemmeno alcun io soggetto-oggetto delle sensazioni interiori (e da esse distinto, ulteriore rispetto ad esse) e soggetto delle esteriori, in aggiunta alle sole sensazioni coscienti, oltre che (con Berkeley) alcun oggetto materiale di quelle esterne (ulteriore ad esse, da esse distinto, in aggiunta ad esse)."

Invece secondo me l' "esse est percipi" non potrebbe in alcun modo prescindere dalla visione metafisica, che per quel che ricordo, Berkeley sosteneva, per cui anche se tutti gli uomini smettessere di ossrvare l'albero questo continuerebbe a esistere dato che ci sarebbe ancora Dio che lo osserva. Perchè, se rigettiamo l'idea di un Dio osservatore eterno, o dovremmo concepire l'idea di un' "Umanità primordiale" da sempre soggetto delle percezioni sensibili, oppure dovremmo accettare che se l'uomo,insieme agli animali preistorici, dinosauri ecc., e in generale la vita di esseri senzienti ha cominciato a esistere successivamente rispetto ad uno sviluppo meramente fisico dell'Universo, allora in questo in caso dovremmo ammettere l'esistenza per un larghissimo lasso di tempo di una realtà che nessuna coscienza senziente osservava... Dall'impasse si esce solo pensando che tale realtà, seppur non ancora attualmente sentita era già costituita in modo da essere POTENZIALMENTE sentita e manifestabile ad una coscienza che sarebbe poi in futuro venuta ad esistere. La soluzione mi sembra convincente, ma certo il principio dell' "esse est percipi" uscirebbe di molto depotenziato, le sensazioni verrebbero degradate a puro principio gnoseoloegico del reale, ma non più fondamento esistenziale del reale. Per questo penso che il solispismo, nel senso forte ed estremo del termine, non possa che porsi come "iperspiritualismo"

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: memento il 06 Maggio 2016, 22:56:24 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 06 Maggio 2016, 18:49:17 PM
Ricordo che ai tempi del liceo il pensiero di Hume non mi prese più di tanto, e tornandoci sopra ora devo confermare la mia prima impressione...

Riporto alcuni passi da Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/David_Hume)
CitazionePer Hume la sostanza non era altro che una "collezione di qualità particolari" ovvero un insieme di stimoli e di sensazioni empiriche provenienti dall'esterno cementate dal nostro intelletto fino a creare un'idea di ciò che stiamo analizzando, creandoci l'impressione che ciò esista anche nel momento in cui noi non lo percepiamo.
Nel suo iter filosofico Hume fece rientrare in questo ragionamento anche l'"io". Egli cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno.
Ne concluse che anche la sostanza dell'"io" era soltanto un amalgama di sensazioni. Infatti, ogni volta che ci addentriamo nel nostro io, incontriamo sempre una qualche particolare sensazione (piacere, dolore, caldo, freddo) e se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla.
Il pensiero di Hume mi sembra un chiaro esempio di come lo scetticismo, spinto ai suoi estremi, divenga sterile e insensato, trasformando ragionamenti in sofismi.

Per Hume, "se riuscissimo ad eliminare ogni singola sensazione del nostro io non resterebbe nulla".
Quest'affermazione farebbe come minimo sorridere un orientale (come pure qualunque occidentale dedito a un minimo di meditazione), perché a una mente attenta e lucida appare chiara la presenza dell'Osservatore dietro il flusso delle sensazioni, Osservatore che permane anche quando nella mente si riesce a fare il vuoto, anche solo per brevi momenti. I grandi meditatori orientali poi vedono anche l'Osservatore dell'Osservatore, e l'Osservatore dell'Osservatore dell'Osservatore; ma non è necessario spingersi così oltre per capire che parlare di sensazioni senza un senziente è un'insensatezza.

Per definizione, una sensazione richiede un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto.

Se no chi le sente le sensazioni? Si sentono da sole? Ogni sensazione è autosensibile?
Supponiamo di sì: ogni sensazione è autosensibile. Ma se l'io, come dice Hume, è solo "un'amalgama di sensazioni" autosensibili, chi o che cos'è a realizzare l'amalgama, appunto? Come avviene che un fascio di sensazioni autosensibili si aggregano in un'unico amalgama che produce l'impressione (non importa se reale o illusoria) di un soggetto unico?
Se è vero che Hume "cercava infatti di scoprire quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno" (bellissima domanda che anch'io mi sono sempre fatto), qual è poi la sua risposta? Nulla. Bella domanda inevasa.

Per non dire del fatto che anche solo a esporre quel che Hume vuol dire non si riesce ad evitare l'incoerenza e il non senso.
Hume infatti dice: "se ci addentriamo nel nostro io, se eliminiamo ogni singola sensazione etc"... Ma chi è il soggetto grammaticale di questi verbi? Noi. Chi è dunque che compie le azioni di "addentrarsi" ed "eliminare"? Noi.
Ma noi chi, se non il soggetto senziente, l'io-sono?

Sarà anche vero che Hume è all'origine di quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna, ma per quanto riguarda la filosofia, ne faccio tranquillamente a meno.

Provo a prendere le difese del buon Hume (non credo che ne abbia bisogno,ma ci provo).
L'errore che spesso il senso comune ci spinge a fare,e contro cui la filosofia scettica di Hume si è sempre scagliata,è quello di porre l'io ad occupare il ruolo di soggetto senziente. Ma l'equivalenza tra Io e soggetto senziente non è affatto da dare per ovvia.
Chi sente le sensazioni? In primis,gli organi ricettivi,i 5 sensi. Secondariamente il cervello che elabora le informazioni ricevute dalle proprie diramazioni nervose. Se volessimo sintetizzare in un solo concetto,il nostro corpo. Il processo che si svolge all'interno del nostro organismo e ci consente di recepire segnali dall'ambiente esterno è precosciente,nel senso che avviene prima della supervisione della coscienza; e non potrebbe essere altrimenti perché la coscienza non può operare in mancanza di altri elementi da riflettere. 
Quindi,per rispondere alla tua seconda domanda, è la coscienza a realizzare,attraverso la sua azione di controllo, l'amalgama fra le sensazioni,ossia ad "incaricarsi" di costruire un senso coerente e unico,un Io.
Non è necessario pensare che vi sia un autore che,da dietro le quinte,manovri il meccanismo. Accade tutto in maniera perfettamente naturale e spontanea (e sai che fatica se non lo fosse!). Pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto,cosi come che ad ogni effetto corrisponda una causa (un altro punto cardine della filosofia humiana),è un preconcetto illogico,e che pure fonda la logica stessa. Io ad esempio ho appena parlato di sensi e coscienza come fossero soggetti che agiscono, quando in realtà sono solo concetti di cui mi sono servito per necessità di spiegazione.

P.S. se Hume fosse stato preso sul serio anche all'epoca, probabilmente la Scienza avrebbe aspirato a ben altri successi.
Vedo che Sgiombo mi ha preceduto :)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 07 Maggio 2016, 00:54:26 AM
Citazione di: sgiombo il 06 Maggio 2016, 16:56:02 PM
Citazione di: Sariputra il 06 Maggio 2016, 15:30:45 PME' evidente che ,come non se ne può affermare l'esistenza, nemmeno se ne può dimostrare l'inesistenza ( del noumeno kantiano). Pertanto per il pensiero buddhista, che è essenzialmente e intrinsecamente "pratico", appare ininfluente, come mettersi a discutere di farfalle immaginarie. Tu sostieni che, in definitiva, l'unica cosa di cui possiamo esser certi sono le sensazioni. Questo mi sembra un assolutizzare il fenomeno "sensazione" ( in pali ditthi, tendenza dogmatica della mente a formulare opinioni assolute). Portando all'estremo questa teoria non si può che aderire al solipsismo a parer mio. Affermare la supremazia dell'Intuizione risolve implicitamente questa "deriva" del concettualizzare il reale. E' infatti l'Intuizione che ti fa "intuire" l'esistenza dei fenomeni altri da sè e dalla sensazione, non certo il ragionamento. L'intuizione viene prima del ragionamento che mi appare come uno sviluppo dell'intuizione stessa. L'intuizione "vede" la catena formata da contatto-sensazione-volizione-coscienza, elementi tutti interdipendenti fra loro e quindi vuoti di un sè. Questa è la capacità naturale della mente non concettualizzante, chiamiamola istintiva, intuitiva, mente reale, non è importante, sono solo termini. Sono d'accordo con te che i concetti sono assai importanti. Infatti le due facoltà, intuizione e ragione, DEVONO lavorare insieme. Anche solo per dimostrare l'importanza del fattore "mente intuitiva" devo servirmi della ragione e dei concetti da essa espressi. La critica di Candrakirti, secondo il mio comprendere, mi appare rivolta alle "costruzioni concettuali" che pretendono di spiegare ed esaurire il reale e piegarlo ai concetti stessi. Se il reale sfugge alla concettualizzazione ( che è strumento di investigazione di una parte del reale e che permette la nostra sopravvivenza NEL reale) lo strumento Intuizione, secondo il pensiero madhyamika, appare più adeguato per investigarlo nel suo complesso interdipendente e vuoto di un sè. Per questo Candrakirti parla di "oscuramento". Se la mente è dominata da costruzioni concettuali che spazio rimane per la pura intuizione?
Rispondo: Mettersi a discutere di farfalle può essere un inutile (per quanto interssante) perdita di tempo. Invece credo che l' esistenza del noumeno spieghi molte e importanti cose dell' esperienza sensibile, come l' intersoggettività della sua componente materiale (indispensabile al superamento del solipsismo e necessariamente postulata dalla conoscenza scientifica). Sostenere che, in definitiva, l'unica cosa di cui possiamo esser certi sono le sensazioni non mi sembra un assolutizzare il fenomeno "sensazione" ma semplicemente constatare la realtà dei fatti; e porta all' indimostrabilità della superabilità del solipsismo (di cui si deve essere consapevoli se si vuole guardare in faccia la realtà e non coltivare illusioni non razionalmente fondate); solipsismo che può comunque essere superato "per fede", essendo ben consapevoli di questo carattere non razionalmemte dimostrabile e certo del superamento stesso. L' "intuizione" non riesco proprio a capire in che cosa possa consistere (se non in questa "fuoriuscita consepevolmente irrazionalistica dal solipsismo", espressa con altre parole). Per me "intuizione" ha sempre significato "credenza acritica, infondata nella prima ipotesi che ci viene casualmente in mente", che nulla garantisce essere veritiera. E mi sembra che sia un concetto ben applicabile all' "intuizione" che ""vede" la catena formata da contatto-sensazione-volizione-coscienza, elementi tutti interdipendenti fra loro e quindi vuoti di un sè" (effettivamente un parto della mente non concettualizzante, chiamiamola istintiva, intuitiva, arbitraiamente, infondatamente, acriticamente fantasticheggiante). Non vedo comunque come si possa spiegare il reale altrimenti che con "costruzioni concettuali", cioé sottoponendo ad analisi critica razionale ciò di cui abbiamo coscienza. Ciò che nel reale sfuggisse alla concettualizzazione e critica razionale non potrebbe essere conosciuto fondatamente (non potrebbe nemmeno essere pensato razionalmente, ma casomai soltanto "immaginato arbitrariamente, fantasiosamente", senza fondamenti su cui poggiare il giudizo che sia reale nei fatti -oltre che fantasticamente immaginato, nel pensiero- o meno).

Bisogna considerare la traduzione del termine "prajna", che ha un significato più vasto del termine intuizione .Non vedo però la comunanza della "saggezza intuitiva" o "visione intuitiva" ( non saprei come meglio tradurre) con le fantasticherie, le immaginazioni, ecc. che mi sembrano più inerenti il campo della volontà e del desiderio. La visione intuitiva è , se così posso esprimerla, quella potenzialità della mente a cogliere non l'essere ma l'esser-ci delle cose. La trovo pure una cosa molto ordinaria  consueta. Se incontro una tigre...fuggo. Fuggire è l'atto appropriato da fare ed è prajna. Sono presenti sia l'istinto che la ragione e lavorano all'unisono e di fatto, in quel preciso istante dell'incontro con la tigre, sono una cosa sola e realizzano l'esser-ci. Sto dipingendo una parete e il colore sta gocciolando, istintivamente e con ragione distendo le gocce passando il pennello, sono mentalmente presente, non fantastico, sono prajna. Questa consapevolezza è meditazione. Meditazione non è stare con le gambe incrociate. Se bevo un bicchiere di buon vino e, semplicemente, gusto il vino questo è prajna. Nessuna  fantasticheria, nessun giudizio arbitrario, nessuna immaginazione, nessuna costruzione concettuale, semplicemente esser-ci. Sembra semplice ma, di fatto, non lo è. E' molto più semplice fantasticare o immaginare. Quando prajna viene rivolta verso il proprio interno osserva il sorgere e svanire di tutti gli stati mentali. Non formula giudizi (da dove vengono, dove vanno, sono sostanziali o insostanziali, ecc.). Potrebbe dirsi l'Osservatore dell'Io sono, oppure l'osservatore dell'Io-non sono (non sono gli stati mentali, le sensazioni, ecc.) ma intesa così crea una dualità . In realtà questa visione intuitiva intuisce "non come il mondo è, ma che esso è" (Wittgenstein).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 07 Maggio 2016, 10:41:13 AM
Citazione di: Sariputra il 07 Maggio 2016, 00:54:26 AM

1 La visione intuitiva è , se così posso esprimerla, quella potenzialità della mente a cogliere non l'essere ma l'esser-ci delle cose.
La trovo pure una cosa molto ordinaria  consueta. Se incontro una tigre...fuggo. Fuggire è l'atto appropriato da fare ed è prajna. Sono presenti sia l'istinto che la ragione e lavorano all'unisono e di fatto, in quel preciso istante dell'incontro con la tigre, sono una cosa sola e realizzano l'esser-ci.

2 Quando prajna viene rivolta verso il proprio interno osserva il sorgere e svanire di tutti gli stati mentali. Non formula giudizi (da dove vengono, dove vanno, sono sostanziali o insostanziali, ecc.). Potrebbe dirsi l'Osservatore dell'Io sono, oppure l'osservatore dell'Io-non sono (non sono gli stati mentali, le sensazioni, ecc.) ma intesa così crea una dualità . In realtà questa visione intuitiva intuisce "non come il mondo è, ma che esso è" (Wittgenstein).

Rispondo:

1 Ma allora se ho capito per "intuizione" si intende una semplice immediata percezione (o insieme di percezioni) cosciente.
La fuga dalla tigre é una reazione immediata a un gravissimo pericolo che vi consegue (per fortuna, se tutto va bene rapidissimamente).
La conoscenza teorica delle esperienze coscienti e della loro natura (fenomenica o in sé, di oggetto immediato in sé o meno dei suoi "contenuti", la loro attribuibilità o meno a un soggetto in sè, ecc.) mi sembra invece tutt' altra cosa: non richiede reazioni pratiche immediate e velocissime, ma invece ragionamenti pacati, calmi, ponderati, criticamente analizzati e "sviscerati" con la dovuta tranquillità e lentezza, senza fretta, e non la rapidissima adesione acritica al primo impulso (teorico in questo caso) immediato.

2 A quanto mi par di capire questa ("Prajna") mi sembra una semplice sospensione del giudizio circa la realtà (la "natura ontologica") delle esperienze fenomeniche coscienti (un viverle in quanto) immediatamente esperite; e non l' affermazione (e men che meno la dimostrazione; peraltro secondo me impossibilile) dell' esistenza di un soggetto e di oggeti "in sé" da esse distinti; e reali anche allorché esse non accadono.




Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 12:46:15 PM
Citazioni da Sgiombo e repliche:
CitazioneNo, scusa, ma l' affermazione che la filosofia di David Hume sia insensata e costituita da sofismi andrebbe dimostrata.
E' precisamente quel che ho fatto nel seguito del post.

CitazioneHume non è affatto all'origine di "quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna".
Non l'ho detto io, lo dice Wikipedia: "Quel che è certo è che ebbe una decisiva influenza sullo sviluppo della scienza e della filosofia moderna."
Per me in realtà è irrilevante, che lo sia o non lo sia.

Citazione[...] perché David Hume non "meditava" ovvero pensava, ragionava, e anche molto finemente [...]
Pensare e ragionare NON sono meditare: meditare significa NON percepire, NON pensare, NON ragionare. E' solo così che si può INTUIRE l'Osservatore che sta "dietro". Più pensi e ragioni, meno sei in grado di cogliere l'Osservatore.

Citazione"la presenza dell'Osservatore dietro il flusso delle sensazioni, Osservatore che permane anche quando nella mente si riesce a fare il vuoto, anche solo per brevi momenti" non è affatto logicamente necessaria, né dimostrabile (e men che meno mostrabile) in alcun modo;
L'Osservatore, prima ancora che dimostrarlo, lo si intuisce, lo si sente con assoluta evidenza (vedi sopra). Dovrei forse dimostrarti che il rosso è rosso? No, perché tu puoi vederlo con la stessa evidenza con cui lo vedo io. Si tratta innanzitutto di esperienza interiore, non di dimostrazione logica.

Tuttavia, per quanto sia vero ciò che ho appena detto, anche qualche ragionamento logico può portare i suoi frutti.
Consideriamo questa affermazione:
CitazioneUna sensazione non richiede affatto necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione: necessariamente è unicamente un apparenza sensibile, un evento di coscienza. Punto e basta.
Come si fa a non vedere che sono proprio le parole stesse che non stanno logicamente in piedi?
Da una parte si vuol dire che la coscienza è solo "un amalgama di sensazioni". Bene, dico io, e chiedo allora: cosa sono le "sensazioni"? E mi si risponde che le sensazioni non richiedono un soggetto e un oggetto, ma che sono semplicemente "eventi di coscienza"...
Un momento: siamo partiti col definire la coscienza attraverso le sensazioni, e poi definiamo le sensazioni attraverso la coscienza...
Ma com'è possibile non rendersi conto della circolarità del ragionamento?
Non è solo una questione linguistica o grammaticale, questa semmai è solo il segno di una carenza del ragionamento. Che non è nemmeno un ragionamento, ma solo un sofisma per depistare la mente, un circolo vizioso di parole che non costruiscono alcun senso.
Ma davvero non ci si rende conto di quanto queste parole si rincorrono l'una l'altra senza produrre senso?

CitazionePretendere che Una sensazione richieda necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione sarebbe come pretendere che l' esistenza della realtà richieda necessariamente per definizione un creatore o che l' esistenza dell' evoluzione biologica (o magari solo della diversità biologica esistente) richieda necessariamente un "disegno intelligente".
Questa obiezione mi sembra semplicemente fuori luogo: non capisco cosa c'entri il "creatore" col soggetto della sensazione. Il soggetto della sensazione non crea nulla, è l'osservatore che assiste al fenomeno percettivo o al flusso interiore. L'osservatore non crea nulla, esattamente come lo spettatore al cinema non crea il film: lo vede.

Cos'è una sensazione? Se pretendiamo di fare a meno del soggetto, la sensazione resta solo un fenomeno fisico, elettrico, chimico. Esattamente come un'infinità di altri fenomeni fisici, elettrici e chimici dell'universo.
Quindi volete dire che i fenomeni fisici, elettrici e fisici si sentono da soli?
Perché allora ogni essere umano non sente tutti i fenomeni dell'universo?
Perché io invece avverto un limite a ciò che posso sentire?
Cos'è che costruisce quell'"amalgama", quel "fascio" che rappresenta il mio limite percettivo rispetto a quello di un altro?
Risposta:
CitazioneRisposta: Se no semplicemente accadono [...]
Grande risposta, che fa il pari con la "geniale" risposta di Hume:
CitazioneE se si appura, come David Hume genialmente appurò, che non esiste una risposta dimostrabile né tantomeno mostrabile alla domanda su "quale fosse quell'elemento che ci fa essere noi stessi quando tutto il nostro corpo cambia incessantemente giorno dopo giorno" questa è proprio la giusta, la vera risposta.
Anche ammesso che non esista una risposta dimostrabile alla domanda, resta l'evidenza del fatto: ognuno di noi sente (intuisce) con certezza la propria costanza come io-sono aldilà della mutevolezza del corpo, delle sensazioni e dei pensieri.
Questo dato empirico resta, ben chiaro in ciascuno di noi: che poi la risposta non si riesca a dimostrare, o a trovare, non fa sparire l'evidenza del fatto.
Sarebbe bello poter far sparire le questioni di cui non si conosce la risposta. A quanto pare Hume ce l'ha fatta. Davvero geniale!
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 07 Maggio 2016, 13:09:55 PM
Citazione di: sgiombo il 07 Maggio 2016, 10:41:13 AM
Citazione di: Sariputra il 07 Maggio 2016, 00:54:26 AM1 La visione intuitiva è , se così posso esprimerla, quella potenzialità della mente a cogliere non l'essere ma l'esser-ci delle cose. La trovo pure una cosa molto ordinaria consueta. Se incontro una tigre...fuggo. Fuggire è l'atto appropriato da fare ed è prajna. Sono presenti sia l'istinto che la ragione e lavorano all'unisono e di fatto, in quel preciso istante dell'incontro con la tigre, sono una cosa sola e realizzano l'esser-ci. 2 Quando prajna viene rivolta verso il proprio interno osserva il sorgere e svanire di tutti gli stati mentali. Non formula giudizi (da dove vengono, dove vanno, sono sostanziali o insostanziali, ecc.). Potrebbe dirsi l'Osservatore dell'Io sono, oppure l'osservatore dell'Io-non sono (non sono gli stati mentali, le sensazioni, ecc.) ma intesa così crea una dualità . In realtà questa visione intuitiva intuisce "non come il mondo è, ma che esso è" (Wittgenstein). Rispondo: 1 Ma allora se ho capito per "intuizione" si intende una semplice immediata percezione (o insieme di percezioni) cosciente. La fuga dalla tigre é una reazione immediata a un gravissimo pericolo che vi consegue (per fortuna, se tutto va bene rapidissimamente). La conoscenza teorica delle esperienze coscienti e della loro natura (fenomenica o in sé, di oggetto immediato in sé o meno dei suoi "contenuti", la loro attribuibilità o meno a un soggetto in sè, ecc.) mi sembra invece tutt' altra cosa: non richiede reazioni pratiche immediate e velocissime, ma invece ragionamenti pacati, calmi, ponderati, criticamente analizzati e "sviscerati" con la dovuta tranquillità e lentezza, senza fretta, e non la rapidissima adesione acritica al primo impulso (teorico in questo caso) immediato. 2 A quanto mi par di capire questa ("Prajna") mi sembra una semplice sospensione del giudizio circa la realtà (la "natura ontologica") delle esperienze fenomeniche coscienti (un viverle in quanto) immediatamente esperite; e non l' affermazione (e men che meno la dimostrazione; peraltro secondo me impossibilile) dell' esistenza di un soggetto e di oggeti "in sé" da esse distinti; e reali anche allorché esse non accadono.

Sì...è esatto. Nessuna conoscenza teorica ( e come potrebbe?) e nessun giudizio circa la realtà, ma esperienza con tutto l'esser-ci della realtà. E' una capacità che abbiamo, ma che non viene insegnata nè coltivata ( non veniamo educati praticamente a nulla a parte il ragionamento logico-discorsivo e l'adeguamento interiore al principio di autorità...). Per semplificare con un esempio: possiamo decidere , con la ragione, di credere o no all'esistenza reale del soggetto o dell'oggetto ma questa posizione non tocca l'opera di prajna che non si pone su questo livello ma su quello esperienziale. E di cosa può fare esperienza prajna? Dell'impermanenza, del carattere insoddisfacente e della vacuità di ogni fenomeno, sia "interiore" che "esteriore". Questa esperienza però non la porta a formulare teorie sul perchè del divenire  e del carattere insoddisfacente del reale essendo un'attività propria della ragione.
Che poi la ragione sia in grado di trovare risposte soddisfacenti...beh...è un altro discorso ::)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 14:56:34 PM
Citazioni da memento:
CitazioneL'errore che spesso il senso comune ci spinge a fare,e contro cui la filosofia scettica di Hume si è sempre scagliata,è quello di porre l'io ad occupare il ruolo di soggetto senziente. Ma l'equivalenza tra Io e soggetto senziente non è affatto da dare per ovvia.
Chi sente le sensazioni? In primis,gli organi ricettivi,i 5 sensi. Secondariamente il cervello che elabora le informazioni ricevute dalle proprie diramazioni nervose. Se volessimo sintetizzare in un solo concetto,il nostro corpo.
Forse con una metafora riesco a farmi capire.

Immaginiamo un'installazione, ad esempio una base militare, sorvegliata in tutto il suo perimetro e anche all'interno da videocamere, sensori etc di ogni tipo. Un sistema di cablaggi e wi-fi trasmette i dati grezzi dai "captatori" fino ad una stazione di controllo, dove dei computer elaborano i diversi segnali convertendoli in formati leggibili e interpretabili, inviandoli poi a dei monitor, a dispositivi di riproduzione audio, indicatori etc. Nella stazione di controllo, una quantità enorme di questi dati primari, ad ogni istante, entra per essere singolarmente elaborata, esaminando ogni dato in sé ed integrandolo con gli altri, il tutto al fine di ricavarne istruzioni operative: tutto a posto? C'è una minaccia? Bisogna inviare una squadra in qualche posto per un qualche problema? etc.
E' evidente allora che occorre una seconda elaborazione di tutti i dati primari, che vanno letti e interpretati nel loro insieme. Ad esempio potrebbero esserci degli esseri umani che li interpretano e prendono decisioni; oppure potrebbe anche esserci solo un computer fornito di algoritmi decisionali.
In ogni caso, è evidente che i soli dati primari provenienti dai diversi captatori non sono sufficienti: occorre una funzione che li integri tutti e li interpreti nel loro insieme.

Credo che la metafora sia chiara: la base militare è il corpo umano, i captatori sono i canali percettivi e la stazione di controllo è il cervello.
Quel che arriva al cervello non sono sensazioni, perché ancora non dicono nulla: sono solo segnali elettrochimici che giunti al cervello hanno bisogno di una funzione che li integri in una percezione sintetica. Questa sintesi avviene nella coscienza, e la coscienza non può essere il risultato di ciò che arriva dall'esterno, ma dev'essere qualcosa che è dato, che esiste anche in assenza di segnale.

Tu, memento, hai detto la stessa cosa:
CitazioneQuindi,per rispondere alla tua seconda domanda, è la coscienza a realizzare,attraverso la sua azione di controllo, l'amalgama fra le sensazioni,ossia ad "incaricarsi" di costruire un senso coerente e unico,un Io.
Appunto, è la coscienza a realizzare la sintesi dei diversi segnali e a creare quelle che appaiono come sensazioni: senza coscienza non ci sono sensazioni, ma solo segnali (esattamente come sono un segnale, non sensazione, i dati che passano in un cavo telefonico).
E la coscienza non è altro che quell'io-sono, quell'osservatore che rappresenta il soggetto senziente di tutte le sensazioni.

CitazioneNon è necessario pensare che vi sia un autore che,da dietro le quinte,manovri il meccanismo. Accade tutto in maniera perfettamente naturale e spontanea (e sai che fatica se non lo fosse!). Pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto,cosi come che ad ogni effetto corrisponda una causa (un altro punto cardine della filosofia humiana),è un preconcetto illogico,e che pure fonda la logica stessa. Io ad esempio ho appena parlato di sensi e coscienza come fossero soggetti che agiscono, quando in realtà sono solo concetti di cui mi sono servito per necessità di spiegazione.
Qui non capisco bene cosa intendi per "autore" e per "dietro le quinte", e neanche capisco bene cosa voglia dire "pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto". Io dico semplicemente che una coscienza, un soggetto, un io-sono è l'osservatore di ogni sensazione. Quanto alle azioni, possono essere in parte consapevoli (e quindi partono dal soggetto) oppure inconsapevoli (istintive, inconsce etc).

Sensazioni, sensi e coscienza non sono concetti, sono esperienze empiriche. Al contrario, sono i concetti ad avere bisogno di una mente che li formuli. Se ammettessimo che la coscienza è un concetto, dovremmo dire più correttamente e paradossalmente che "la coscienza è un concetto, ossia un concetto formulato da un concetto". Il che non ha palesemente senso.

Infine, osservo per inciso che il rifiuto del principio di causalità spazza via alla radice ogni tentativo di fare scienza, e in generale qualunque tentativo di dare un senso alle cose. Se non si postula la validità del principio di causalità (sia sul piano fisico, che su quello metafisico), tanto vale concludere che le cose sono come sono, non si sa come né perché e punto e basta.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: and1972rea il 07 Maggio 2016, 20:14:48 PM
D'accordo con Loris, ne consegue che ,se il tutto emerge non mediatamente dalla relazione fra ogni parte con ogni altra sua parte, anche la nostra coscienza non può limitarsi e ridursi ad un ristretto numero di relazioni fra un altrettanto piccolo numero di particelle materiali. Vuol dire che la nostra coscienza é messa in relazione con il Tutto e non solamente con una piccola parte di esso costituita dal nostro cervello, vuol dire che il nostro sentire non finisce con un pizzicotto sul braccio, ma in linea di principio si potrebbe estendere a tutto l'essere universale. La struttura della nostra coscienza potrebbe emergere da una materialità molto più estesa e più profonda rispetto a quella che vediamo nascere ed incenerirsi in un pugnetto di molecole.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 07 Maggio 2016, 23:02:47 PM
CitazioneDavintro ha scritto:
Uno stesso complesso sensitivo può essere sentito da più o meno soggetti senzienti. Possiamo ipotizzare un infinito numero di soggetti senzienti ed infiniti gradi di intensità delle sensazioni. Ora, come è possibile isolare un momento di questo ipotetico continuum per porlo come criterio discriminante in base al quale stabilire quando uno stato di cose diverrebbe reale? Qual'è la quantità di conformità intersoggettiva oltre il quale le sensazioni corrispondono a un oggetto reale? La maggioranza assoluta delle coscienze attualmenti presenti nel mondo? Se di uno stesso evento abbiamo 4 miliardi di soggetti che hanno dello stesso oggetto un'immagine sensitiva e 3 miliardi che ne hanno una contrastante possiamo ritenere sufficiente il livello di conformità intersoggettiva per accettare che la realtà sia ciò che sostengono i 4?  Oppure la selezione del criterio è totalmente arbitraria... e in questo caso come può fondare la conoscenza e la verità scientifica? Come può un criterio quantitativo (la conformità intersoggettiva delle sensazioni) determinare qualcosa di qualitativo come il carattere di esistenza di uno stato di cose?

Rispondo:
A parte l' indimostrabilità né tantomeno mostrabilità dei soggetti delle sensazioni, dire che Uno stesso complesso sensitivo può essere sentito da più o meno soggetti senzienti (cioè appartenere a due o più diverse esperienze coscienti) non ha senso a causa delle reciproca trascendenza fra le diverse esperienze coscienti stesse: se (come credo ma non è dimostrabile) ne esistono altre oltre alla propria immediatamente esperita, allora non è però possibile "sbirciare" nelle altre in modo da verificare se i loro contenuti, anche materiali, sono uguali a quelli della propria o meno: quel che si può ammettere (credere ma non dimostrare) é che quelli materiali fra di essi siano reciprocamente corrispondenti in maniera biunivoca, ovvero intersoggettivi).

Ciò posto (non: dimostrato; né tantomeno: mostrato), le diverse sensazioni (postulabili essere corrispondenti, intersoggettive nel caso di quelle materiali) costituenti le diverse reciprocamente trascendenti esperienze fenomeniche coscienti sono ben reali, per quanto unicamente in quanto fenomeniche.
I loro comuni "oggetti" (gli stessi per tutte), se reali, non potrebbero che essere "cose in sé" tali che allorché diversi soggetti (altre cose in sé) sono in rapporti con esse simili, allora nell' ambito delle rispettive esperienze fenomeniche coscienti appaiano sensazioni materiali "similmente corrispondenti" (e non: simili o uguali, che non avrebbe senso per la "non sbirciabilità nelle coscienze altrui").

Sulle differenze nelle sensazioni materiali (in realtà "discorrispondenze") dovuti a illusioni ottiche (o di altre modalità percettive) o altre "distorsioni" più o meno patologiche o strumentali in linea di principio (e solitamente anche di fatto) è sempre possibile darne una spiegazione scientifica –tutt' altro che arbitraria- e arrivare ad un accordo generale su quelle che sono le corrispondenze intersoggettive (fra "cose fenomeniche") ottenibili eliminando le patologie o le distorsioni strumentali e interpretando correttamente le illusioni sensitive.



Davintro ha scritto:
le credenze scientifiche nascono dall'osservazione sensibile e quindi una volta identificata la realtà con le sensazioni soggettive

Rispondo:
Perché possa darsi conoscenza scientifica si deve postulare necessariamente l' (indimostrabile) intersoggettività delle sensazioni materiali nell' ambito delle diverse esperienze fenomeniche coscienti, cioè la loro corrispondenza biunivoca (o forse è meglio dire: "poliunivoca").



Davintro ha scritto:
Del resto, starebbe proprio nella distinzione tra il piano dell'immagine percettiva e quello dei giudizi l'ammissione implicita di una realtà oggettiva, a cui i nostri giudizi sono riferiti distinta dalle sensazioni soggettive. Altrimenti, in cosa consisterebbe la differenza di senso del nostro rapporto con la realtà che si ha quando la si giudica rispetto a quando ci si limiterebbe a percepirla?

Rispondo:
Possiamo giudicare unicamente di "cose " costituite da sensazioni fenomeniche (eventi che accadono separatamente in ciascuna coscienza); nel caso di quelle materiali è possibile postularne la corrispondenza o intersoggettività.
E i nostri giudizi possono coglierne (se veritieri) solo l' intersoggettività, non l' oggettività, cioè il loro essere reciprocamente corrispondenti, e non la stessa cosa od "oggetto"; questa, se c' è, è realtà in sé non fenomenica, non percepita ma congetturabile (come ottima spiegazione fra l' altro di tale intersoggettività): nelle nostre due distinte esperienze coscienti (mia e tua) accadono le visioni sufficientemente corrispondenti di quello che comunemente (ma impropriamente) chiamiamo "lo stesso oggetto (materiale)" allorché noi due (entità in sé "soggetti", ciascuno di un' esperienza cosciente) siamo in rapporti sufficientemente simili con la stessa entità in sé "oggetto" di ciascuna delle nostre esperienze fenomeniche coscienti.



Davintro ha scritto:

Personalmente non ce la faccio a concepire realtà senza causalità... e allora se le sensazioni costituissero la realtà dovrebbero essere causa di loro stesse. Se le sensazioni e i pensieri che nascono da esse avessero un potere causale, non porterebbe tutto ciò a una sorta di concezione magica nella quale il pensiero e la sensibilità creerebbero i loro oggetti  invece che limitarsi a rappresentarli?

Rispondo:
Bisogna distinguere le "cose" percepite sensibilmente in quanto contenuti fenomenici delle nostre esperienze coscienti, che non sono create da- (-le sensazioni mentali de-) –i pensieri di esse dagli (indimostrabili) enti ed eventi "in sé" (noumenici) che in un certo senso si potrebbero considerare "causare" tali "cose fenomeniche"; nel senso che si può ipotizzare, spiegando egregiamente tante cose, che ogni volta che un determinato soggetto in sé (noumeno) è in determinati rapporti con determinati oggetti in sé (noumeno), allora nella esperienza fenomenica "propria di tale soggetto" accadono proprio certe determinate sensazioni di "cose fenomeniche" (reciprocamente corrispondenti fra le diverse esperienze fenomeniche dei diversi soggetti –noumeno- proprio in quanto ciascuna corrispondente alla stessa cosa in sé oggettiva –noumeno-) e non altre.



Davintro ha scritto:
va distinta nettamente l'idea che "conosciamo solo fenomeni" da quella "conosciamo solo ATTRAVERSO i fenomeni". La prima opzione porterebbe allo scetticismo assoluto e dunque alla fine di ogni razionalità possibile, scientifica e filosofica, la seconda, su cui sono pienamente d'accordo, porrebbe i fenomeni, a partire dalle sensazioni, come un'inaggirabile via che però porterebbe necessariamente a riconoscere l'esigenza di un'oggettività, di una cosa in sè che determina la manifestazione dei fenomeni stessi e dunque la possibilità di una coscienza.

Rispondo:
Sentiamo, percepiamo solo fenomeni.
Attraverso i fenomeni possiamo solo congetturare, arguire, ipotizzare l' esistenza di enti ed eventi in sé.
Solo di questi si può ipotizzare l' oggettività.
Ma assumendo l' intersoggettività (cioè la reciproca corrispondenza) delle "cose fenomeniche materiali" si può superare lo scetticismo e ammettere la conoscenza scientifica (e l' ipotesi del noumeno né è un' ottima spiegazione).



Davintro ha scritto:

Invece secondo me l' "esse est percipi" non potrebbe in alcun modo prescindere dalla visione metafisica, che per quel che ricordo, Berkeley sosteneva, per cui anche se tutti gli uomini smettessere di ossrvare l'albero questo continuerebbe a esistere dato che ci sarebbe ancora Dio che lo osserva. Perchè, se rigettiamo l'idea di un Dio osservatore eterno, o dovremmo concepire l'idea di un' "Umanità primordiale" da sempre soggetto delle percezioni sensibili, oppure dovremmo accettare che se l'uomo,insieme agli animali preistorici, dinosauri ecc., e in generale la vita di esseri senzienti ha cominciato a esistere successivamente rispetto ad uno sviluppo meramente fisico dell'Universo, allora in questo in caso dovremmo ammettere l'esistenza per un larghissimo lasso di tempo di una realtà che nessuna coscienza senziente osservava... Dall'impasse si esce solo pensando che tale realtà, seppur non ancora attualmente sentita era già costituita in modo da essere POTENZIALMENTE sentita e manifestabile ad una coscienza che sarebbe poi in futuro venuta ad esistere. La soluzione mi sembra convincente, ma certo il principio dell' "esse est percipi" uscirebbe di molto depotenziato, le sensazioni verrebbero degradate a puro principio gnoseoloegico del reale, ma non più fondamento esistenziale del reale. Per questo penso che il solispismo, nel senso forte ed estremo del termine, non possa che porsi come "iperspiritualismo"


Rispondo:
In alternativa alla soluzione "teistica" Berkeleyana si può secondo me più razionalisticamente postulate l' esistenza di una realtà in sé trascendente le esperienze fenomeniche coscienti in divenire e tale che di tanto in tanto in essa (nel suo "divenire") vengono a costituirsi certe determinate, peculiarissime "entità soggetti di coscienza", corrispondentemente alle quali accadono esperienze fenomeniche coscienti reciprocamente e dalla realtà in sé trascendenti e biunivocamente (o poliunivocamente) corrispondenti: nel noumeno starebbe la continuità reale necessaria a "colmare gli abissi spaziotemporali" senza "cervelli e affini" (nell' ambito delle componenti materiali delle esperienze coscienti) cui siano appunto correlate, coesistenti (seppur trascendentemente) esperienze fenomeniche coscienti.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 07 Maggio 2016, 23:15:06 PM
CitazioneLoris Bagnara ha scritto:
[Che l' affermazione che la filosofia di David Hume sia insensata e costituita da sofismi andrebbe dimostrata] E' precisamente quel che ho fatto nel seguito del post.
 
Rispondo:
Non mi pare proprio!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
[Che all'origine di "quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna" si collochi David Hume] Non l'ho detto io, lo dice Wikipedia: "Quel che è certo è che ebbe una decisiva influenza sullo sviluppo della scienza e della filosofia moderna."
Per me in realtà è irrilevante, che lo sia o non lo sia.

 
Rispondo:
Anche per me è irrilevante; ma ciò non toglie che sia una sciocchezza (una mezza sciocchezza di Wikipedia che per lo meno parla anche di "filosofia moderna"; intera nella tua versione secondo la quale "Sarà anche vero che Hume è all'origine di quella corrente di pensiero che ha portato agli spettacolari successi della scienza moderna" [e basta, N.d.R.]).
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Pensare e ragionare NON sono meditare: meditare significa NON percepire, NON pensare, NON ragionare. E' solo così che si può INTUIRE l'Osservatore che sta "dietro". Più pensi e ragioni, meno sei in grado di cogliere l'Osservatore.
 
Rispondo:
Buono a sapersi: essendo razionalista e ritenendo che per avere opinioni fondate e a determinate condizioni possibilmente vere, ad eventuali altre condizioni certamente vere bisogna percepire, pensare e ragionare, mi guarderò bene dal "meditare" inteso in questo senso irrazionalistico!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
L'Osservatore, prima ancora che dimostrarlo, lo si intuisce, lo si sente con assoluta evidenza (vedi sopra). Dovrei forse dimostrarti che il rosso è rosso? No, perché tu puoi vederlo con la stessa evidenza con cui lo vedo io. Si tratta innanzitutto di esperienza interiore, non di dimostrazione logica.
 
Rispondo:
Il rosso lo percepisco.
L' esistenza di un "io" soggetto delle sensazioni, reale oltre ad esse (fra le altre di quella del rosso) no; e nemmeno si può dimostrare, ma solo credere infondatamente, letteralmente "per fede".
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
"Una sensazione non richiede affatto necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione: necessariamente è unicamente un apparenza sensibile, un evento di coscienza. Punto e basta" (Sgiombo).
Come si fa a non vedere che sono proprio le parole stesse che non stanno logicamente in piedi?
Da una parte si vuol dire che la coscienza è solo "un amalgama di sensazioni". Bene, dico io, e chiedo allora: cosa sono le "sensazioni"? E mi si risponde che le sensazioni non richiedono un soggetto e un oggetto, ma che sono semplicemente "eventi di coscienza"...
Un momento: siamo partiti col definire la coscienza attraverso le sensazioni, e poi definiamo le sensazioni attraverso la coscienza...
Ma com'è possibile non rendersi conto della circolarità del ragionamento?
Non è solo una questione linguistica o grammaticale, questa semmai è solo il segno di una carenza del ragionamento. Che non è nemmeno un ragionamento, ma solo un sofisma per depistare la mente, un circolo vizioso di parole che non costruiscono alcun senso.
Ma davvero non ci si rende conto di quanto queste parole si rincorrono l'una l'altra senza produrre senso?

 
Rispondo:
Ma Come si fa a non vedere che sono proprio le parole stesse che stanno logicamente in piedi perfettamente?

Non c'è proprio nessun circolo vizioso: le sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente (se e quando ciò accade) e non si pretende affatto di "dimostrarle" circolarmente a partire dalla coscienza a sua volta dimostrata a partire dalle sensazioni stesse!!!

Respingo dunque fondatamente al mittente proprio l' accusa di fare pseudoragionamenti che non sono nemmeno tali ma solo sofismi (anche particolarmente maldestri!) per depistare la mente, circoli viziosi di parole che non costruiscono alcun senso (attribuendole indebitamente all' interlocutore), parole che si rincorrono l'una l'altra senza produrre senso.
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
"Pretendere che Una sensazione richieda necessariamente un senziente: un soggetto, oltre che un oggetto per definizione sarebbe come pretendere che l' esistenza della realtà richieda necessariamente per definizione un creatore o che l' esistenza dell' evoluzione biologica (o magari solo della diversità biologica esistente) richieda necessariamente un "disegno intelligente" (Sgiombo)
Questa obiezione mi sembra semplicemente fuori luogo: non capisco cosa c'entri il "creatore" col soggetto della sensazione. Il soggetto della sensazione non crea nulla, è l'osservatore che assiste al fenomeno percettivo o al flusso interiore. L'osservatore non crea nulla, esattamente come lo spettatore al cinema non crea il film: lo vede.
 
Rispondo:
Cerca almeno di leggere quel che scrivo.

Non ho mai scritto che un creatore crea le sensazioni (mi guarderei bene dal farlo!), ma solo –e lo ribadisco!- che la pretesa che l' esistenza di un soggetto delle sensazioni sia implicita nella definizione (del concetto) di "sensazione" è altrettanto infondata di quella che l' esistenza di un creatore sarebbe implicita nella definizione (del concetto) di "realtà" (e di quella che l' esistenza di un "disegno intelligente" in quella del concetto di "diversità biologica").
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Cos'è una sensazione? Se pretendiamo di fare a meno del soggetto, la sensazione resta solo un fenomeno fisico, elettrico, chimico. Esattamente come un'infinità di altri fenomeni fisici, elettrici e chimici dell'universo.
Quindi volete dire che i fenomeni fisici, elettrici e fisici si sentono da soli?

Perché allora ogni essere umano non sente tutti i fenomeni dell'universo?
Perché io invece avverto un limite a ciò che posso sentire?
Cos'è che costruisce quell'"amalgama", quel "fascio" che rappresenta il mio limite percettivo rispetto a quello di un altro?

 
Rispondo:
Le sensazioni sono eventi di coscienza e non affatto "fenomeni fisici, elettrici, chimici", i quali sono costituiti unicamente da sensazioni: "esse est percipi" (Berkeley).

Sono i fenomeni fisici, elettrici, chimici a essere sensazioni, non le sensazioni a essere fenomeni fisici, elettrici, chimici!!!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
Grande risposta, che fa il pari con la "geniale" risposta di Hume:
 
Rispondo:
Certo, per l' appunto! (E sono onoratissimo dell' accostamento al gradissimo David Hume!!!
 
 
 
Loris Bagnara ha scritto:
[font='Times New Roman', serif]Anche ammesso che non esista una risposta dimostrabile alla domanda, resta l'evidenza del fatto: ognuno di noi sente (intuisce) con certezza la propria costanza come io-sono aldilà della mutevolezza del corpo, delle sensazioni e dei pensieri.
Questo dato empirico resta, ben chiaro in ciascuno di noi: che poi la risposta non si riesca a dimostrare, o a trovare, non fa sparire l'evidenza del fatto.
Sarebbe bello poter far sparire le questioni di cui non si conosce la risposta. A quanto pare Hume ce l'ha fatta. Davvero geniale![/font]

 
Rispondo:
Complimenti: questa miserrima deformazione caricaturale del suo pensiero dimostra solo che non hai capito proprio un bel nulla (anche, fra l' altro) di David Hume!!!

Chiunque conosca un poco il grandissimo scozzese lo constaterà immediatamente.

(E purtroppo non ho tempo per tentare ulteriormente l' impresa disperata di aiutarti a cercare di farlo).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 23:52:34 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneLe sensazioni sono eventi di coscienza
Hai ripetuto quest'affermazione, ma non hai ancora risposto alla domanda: se le sensazioni sono eventi di coscienza, che cos'è allora la coscienza?

E poi hai scritto:
Citazionele sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente
Che significa "si percepiscono", che si percepiscono da sole?
Neanche a questa domanda hai risposto: è così per te, le sensazioni si percepiscono da sole?
Oppure non intendi il "si" in senso riflessivo, ma intendi dire "la mente, la coscienza percepisce le sensazioni".
Ma allora, torna la domanda di prima: che cos'è la mente, che cos'è la coscienza?
Non mi dirai che è "un'amalgama di sensazioni", vero?

Facciamo così: prova a definire la coscienza senza usare la parola sensazione (o sinonimi) e a definire la sensazione senza usare la parola coscienza (o sinonimi).
Cioè, almeno una delle due definizioni non può dipendere dall'altra.
Se ce la fai, mi convinci.
Sto qui ad aspettare.

P.S. Ovviamente la soluzione più semplice sarebbe quella di postulare la coscienza come principio irriducibile, cioè giocare subito la carta della res cogitans. Ma poiché sembra che, per qualche motivo a me oscuro, tu non voglia attribuire una sorta di primato alla coscienza, il consiglio che ti do è di definire la coscienza come amalgama di sensazioni (cosa che finora non hai contestato) per poi definire le sensazioni in qualche modo che non sia riconducibile alla coscienza (e affini). Altrimenti, come evidenziavo, si tratta di un ovvio circolo vizioso.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: memento il 08 Maggio 2016, 00:38:39 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 14:56:34 PMCredo che la metafora sia chiara: la base militare è il corpo umano, i captatori sono i canali percettivi e la stazione di controllo è il cervello.
Quel che arriva al cervello non sono sensazioni, perché ancora non dicono nulla: sono solo segnali elettrochimici che giunti al cervello hanno bisogno di una funzione che li integri in una percezione sintetica. Questa sintesi avviene nella coscienza, e la coscienza non può essere il risultato di ciò che arriva dall'esterno, ma dev'essere qualcosa che è dato, che esiste anche in assenza di segnale.

Tu, memento, hai detto la stessa cosa:
CitazioneQuindi,per rispondere alla tua seconda domanda, è la coscienza a realizzare,attraverso la sua azione di controllo, l'amalgama fra le sensazioni,ossia ad "incaricarsi" di costruire un senso coerente e unico,un Io.
Appunto, è la coscienza a realizzare la sintesi dei diversi segnali e a creare quelle che appaiono come sensazioni: senza coscienza non ci sono sensazioni, ma solo segnali (esattamente come sono un segnale, non sensazione, i dati che passano in un cavo telefonico).
E la coscienza non è altro che quell'io-sono, quell'osservatore che rappresenta il soggetto senziente di tutte le sensazioni.

Assolutamente non ho detto questo,devi aver frainteso. In ogni caso,tendi a sopravvalutare il ruolo della coscienza nella sintesi degli stimoli nervosi che avviene nell'SNC,processo al quale non partecipa in nessun caso.

A questo punto faccio presente la differenza che separa una sensazione dalla sua percezione/comprensione. Non è infatti necessario,nè auspicabile,che qualsivoglia sensazione debba passare nella coscienza per poter essere esperita (e sai che mal di testa altrimenti!). Esattamente come il sentire non implica l'ascoltare,o il vedere l'osservare.La coscienza concentra la propria azione sulle sensazioni sulle quali porre un'attenzione particolare, che non sono che una piccola percentuale rispetto alla totalità di quelle elaborate dal cervello.

Non mi risulta che i telefoni abbiano integrato un encefalo artificiale (e con tutte le funzioni che sono in grado di effettuare oggi non mi stupirei).

Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 14:56:34 PM
CitazioneNon è necessario pensare che no sia un autore che,da dietro le quinte,manovri il meccanismo. Accade tutto in maniera perfettamente naturale e spontanea (e sai che fatica se non lo fosse!). Pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto,cosi come che ad ogni effetto corrisponda una causa (un altro punto cardine della filosofia humiana),è un preconcetto illogico,e che pure fonda la logica stessa. Io ad esempio ho appena parlato di sensi e coscienza come fossero soggetti che agiscono, quando in realtà sono solo concetti di cui mi sono servito per necessità di spiegazione.

Qui non capisco bene cosa intendi per "autore" e per "dietro le quinte", e neanche capisco bene cosa voglia dire "pensare che ad ogni azione corrisponda un soggetto". Io dico semplicemente che una coscienza, un soggetto, un io-sono è l'osservatore di ogni sensazione. Quanto alle azioni, possono essere in parte consapevoli (e quindi partono dal soggetto) oppure inconsapevoli (istintive, inconsce etc).

Sensazioni, sensi e coscienza non sono concetti, sono esperienze empiriche. Al contrario, sono i concetti ad avere bisogno di una mente che li formuli. Se ammettessimo che la coscienza è un concetto, dovremmo dire più correttamente e paradossalmente che "la coscienza è un concetto, ossia un concetto formulato da un concetto". Il che non ha palesemente senso.

Infine, osservo per inciso che il rifiuto del principio di causalità spazza via alla radice ogni tentativo di fare scienza, e in generale qualunque tentativo di dare un senso alle cose. Se non si postula la validità del principio di causalità (sia sul piano fisico, che su quello metafisico), tanto vale concludere che le cose sono come sono, non si sa come né perché e punto e basta.

L'autore dietro le quinte è l'osservatore o "io sono" di cui tu parli.
Sensi e coscienza sono ingranaggi di un meccanismo da cui non avrebbe senso intenderli separati. Per questo motivo affermo che siano costruzioni teoriche che facilitano la spiegazione del fenomeno,ma che non costituiscono il fenomeno stesso, che è un tutt'uno.

La validità del principio di causalità sarebbe un ottimo argomento su cui discutere in un topic a parte. Se postulare la sua veritá ci è utile per sistemare i dati sperimentali,d'altra parte questa ristretta prospettiva ci esclude soluzioni ben più ricche a livello di contenuti. Se considerassimo valida la possibilità che ad ogni causa corrispondono una varietà di effetti, e ad un singolo effetto una concatenazione di cause,questo ci garantirebbe di avvicinarci maggiormente al carattere multiforme e irregolare della realtà,che invece categoricamente escludiamo.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 08 Maggio 2016, 09:10:56 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 07 Maggio 2016, 23:52:34 PM
Sgiombo ha scritto:
CitazioneLe sensazioni sono eventi di coscienza
Hai ripetuto quest'affermazione, ma non hai ancora risposto alla domanda: se le sensazioni sono eventi di coscienza, che cos'è allora la coscienza?

E poi hai scritto:
Citazionele sensazioni (più o meno "amalgamate") si percepiscono immediatamente
Che significa "si percepiscono", che si percepiscono da sole?
Neanche a questa domanda hai risposto: è così per te, le sensazioni si percepiscono da sole?
Oppure non intendi il "si" in senso riflessivo, ma intendi dire "la mente, la coscienza percepisce le sensazioni".
Ma allora, torna la domanda di prima: che cos'è la mente, che cos'è la coscienza?
Non mi dirai che è "un'amalgama di sensazioni", vero?

Facciamo così: prova a definire la coscienza senza usare la parola sensazione (o sinonimi) e a definire la sensazione senza usare la parola coscienza (o sinonimi).
Se ce la fai, mi convinci.
Sto qui ad aspettare.
CitazioneHo già risposto (e qui pazientemente ripeto) che la coscienza é l' insieme delle sensazioni.

(Oso sperare che non ripeterai la colossale sciocchezza del presunto "circolo vizioso": qui non si tratta di dimostrazioni, ma di definizioni di eventi constatabili e constatati); come nel fatto che "foresta" si definisce come l' insieme degli alberi e "albero" come il costituente della foresta: tutte le parole dei vocabolari si definiscono reciprocamente -o per dirlo malamente, impropriamente "circolarmente"- l' una con l' altra).



Che "si percepiscono" le sensazioni significa che accadono, che si constatano nel loro apparire. Punto e basta.

E allora tornano le definizioni: la coscienza é l' insieme delle sensazioni e la mente un suo sottoinsieme.



Facciamo così: prova a definire una qualsiasi parola (del lessico dell' italiano o di una qualunque altra lingua) senza usare nessun altra parola.

Se lo fai divento irrazionalista olista "meditatore"!

(Non sto qui ad aspettare (invano) perché la (mia)  vita é breve (potrei farlo forse se fosse eterna).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 08 Maggio 2016, 09:56:29 AM
Metto insieme le definizioni date da Sgiombo per farne una completa:
Citazione"La coscienza é l'insieme delle sensazioni" + "che accadono, che si constatano nel loro apparire"
La frase, benché grammaticalmente corretta, non ha alcun significato.

Cosa vuol dire "insieme delle sensazioni"? Dove c'è un insieme, esiste qualcosa che definisce i limiti di tale insieme.
Ebbene, qual è questo limite, nel caso della coscienza individuale? Cos'è che raduna le sensazioni in un insieme?

Cosa vuol dire che una sensazione "accade"? Accade dove? Forse nella mente? Allora c'è una mente, e se c'è una mente c'è una coscienza.
Quindi, la definizione corretta sarebbe: la coscienza è l'insieme delle sensazioni che accadono nella mente (coscienza).
Non è un circolo vizioso?

Cosa vuol dire "che si constatano"? Altro esempio di trucco linguistico e di depistaggio, sostituendo il "percepire" con il più innocuo "constatare". Ma la questione non si sposta di una virgola: si constatano da sole le sensazioni? Se no, chi o che cos'è che compie la funzione di constatare?

Che significa "al loro apparire"? Apparire a chi? Difficile pensare a qualcosa che appare se non a qualche soggetto. Oppure si intende "apparire a se stesse"? Ancora più oscuro. E poi "apparire" significa giungere in un "luogo" provenendo da un altro "luogo", oppure comparire dal "nulla" in un certo "luogo". Trascuriamo pure la provenienza. Ma il "luogo" dove le sensazioni appaiono, dov'è, se non si ammette l'esistenza di un soggetto?

Infine, tale definizione non dice nulla su due questioni basilari:
1) l'impressione di permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni;
2) l'individualità della coscienza.

Ripeto la "sciocchezza", che però sta tutta in questa tua vuota definizione, che è solo un circolo vizioso di parole che si rincorrono. E implicitamente lo ammetti anche tu quando dici che per definire una parola occorrono sempre altre parole. Quando fai l'esempio dell'albero e della foresta. Ciò indubbiamente si deve all'aspetto olistico della realtà. Resta il fatto però che se è comprensibile definire la foresta come "insieme di alberi", vi sono definizioni di albero ben più ricche di significato, che non "unità costituente della foresta"... e infatti questa definizione di albero non la trovi da nessuna parte.
Ma appare ormai evidente che il senso delle cose non è fra i tuoi interessi.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 08 Maggio 2016, 10:16:16 AM
Mi rendo conto che con memento c'è un problema di comprensione linguistica riguardo alla parola "sensazione".
Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo - (di qualunque tipo: percezione esteriore, emozione, pensiero astratto etc).
Invece memento chiama sensazione qualunque segnale elaborato dal sistema nervoso.
Io, quel che dice memento, preferisco chiamarlo appunto "segnale" o "dato percettivo" o altro, perché può sussistere anche in una entità sprovvista di coscienza: ad esempio un robot biologico identico ad un essere umano, se non per il fatto di essere appunto sprovvisto di coscienza. In questo caso non userei il termine "sensazione", perché mi pare più legato al "sentire" e alla coscienza.
Altrimenti potremmo chiamare sensazione anche il segnale trasmesso da un cavo telefonico, come dicevo, ma non mi pare opportuno. Il segnale telefonico diventa comunicazione (sensazione) solo quando c'è un soggetto cosciente che lo recepisce.

Il problema che io ponevo era quello del rapporto fra coscienza e sensazione: che giustamente è un insieme inscindibile (almeno in prima approssimazione) ma in cui si possono e si devono riconoscere degli aspetti differenti. Non fosse altro che per il fatto che io posso passare da una sensazione all'altra, ma resto pur sempre io.

Si tratta in definitiva di una sorta di esperimento mentale in cui si immagina di "aprire gli occhi" in questo istante, senza alcuna conoscenza di alcun genere, ma con i sensi attivi e con tutte le facoltà mentali pure attive. In questa condizione, ci troviamo con la nostra coscienza e con i suoi contenuti (chiamiamole come ci pare).
Il problema è: come si esce da questa condizione di solipsismo?
Qual è il primo atto conoscitivo che posso porre?
Postulo la res cogitans oppure la res extensa?
Oppure tutte e due?
Oppure nessuna delle due?

Io sostengo che il primo atto conoscitivo che posso compiere con certezza è postulare la realtà dell'io-sono.
Il resto viene in seguito.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 08 Maggio 2016, 18:57:19 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 08 Maggio 2016, 09:56:29 AM
Metto insieme le definizioni date da Sgiombo per farne una completa:
Citazione"La coscienza é l'insieme delle sensazioni" + "che accadono, che si constatano nel loro apparire"
La frase, benché grammaticalmente corretta, non ha alcun significato.

Cosa vuol dire "insieme delle sensazioni"? Dove c'è un insieme, esiste qualcosa che definisce i limiti di tale insieme.
Ebbene, qual è questo limite, nel caso della coscienza individuale? Cos'è che raduna le sensazioni in un insieme?

Cosa vuol dire che una sensazione "accade"? Accade dove? Forse nella mente? Allora c'è una mente, e se c'è una mente c'è una coscienza.
Quindi, la definizione corretta sarebbe: la coscienza è l'insieme delle sensazioni che accadono nella mente (coscienza).
Non è un circolo vizioso?

Cosa vuol dire "che si constatano"? Altro esempio di trucco linguistico e di depistaggio, sostituendo il "percepire" con il più innocuo "constatare". Ma la questione non si sposta di una virgola: si constatano da sole le sensazioni? Se no, chi o che cos'è che compie la funzione di constatare?

Che significa "al loro apparire"? Apparire a chi? Difficile pensare a qualcosa che appare se non a qualche soggetto. Oppure si intende "apparire a se stesse"? Ancora più oscuro. E poi "apparire" significa giungere in un "luogo" provenendo da un altro "luogo", oppure comparire dal "nulla" in un certo "luogo". Trascuriamo pure la provenienza. Ma il "luogo" dove le sensazioni appaiono, dov'è, se non si ammette l'esistenza di un soggetto?

Infine, tale definizione non dice nulla su due questioni basilari:
1) l'impressione di permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni;
2) l'individualità della coscienza.

Ripeto la "sciocchezza", che però sta tutta in questa tua vuota definizione, che è solo un circolo vizioso di parole che si rincorrono. E implicitamente lo ammetti anche tu quando dici che per definire una parola occorrono sempre altre parole. Quando fai l'esempio dell'albero e della foresta. Ciò indubbiamente si deve all'aspetto olistico della realtà. Resta il fatto però che se è comprensibile definire la foresta come "insieme di alberi", vi sono definizioni di albero ben più ricche di significato, che non "unità costituente della foresta"... e infatti questa definizione di albero non la trovi da nessuna parte.
Ma appare ormai evidente che il senso delle cose non è fra i tuoi interessi.



Rispondo (per l' ultima volta):

Premetto che questa è l' ultima riposta che do a Loris Bagnara perché è del tutto evidente che non gli interessa discutere ma vuole solo menare il can per l' aia (e la mia pazienza ha un limite).
Alla sua probabile replica con le solite infondatissime accuse di pretesa "circolarità" e altrettanto pretesa "mancanza di spiegazioni" da parte mia non risponderò a mia volta in quanto avere letteralmente l' ultima parola in una polemica, tanto più se inconcludente come questa, non è fra i miei interessi; eviterò anzi senz' altro di leggerla per non essere indotto nella tentazione di perdere altro tempo (a ogni sua obiezione ho peraltro già esaurientemente risposto negli interventi precedenti malgrado lui si ostini pervicacemente a negarlo, e dunque é del tutto ragionevole pensare che qualsiasi mio sforzo ulteriore non potrebbe che essere inutile).



Le sensazioni considerate nel loro insieme costituiscono l' esperienza fenomenica cosciente.

Noto fra l' altro che dopo avermi subissato, a proposito del mio modo di intendere le sensazioni, di infondate accuse di "circolarità", "disinteresse per il senso delle cose (casomai delle parole, N.d.R.)", "trucchi linguistici", "depistaggi" e forse altro che in questo momento non ricordo, nella risposta a Memento immediatamente successiva (sic!) a questa cui replico per l' ultima volta, "riguardo alla parola "sensazione"" dici testualmente "Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo - (di qualunque tipo: percezione esteriore, emozione, pensiero astratto etc)" [la sola evidenziazione in grassetto, e nient' altro, è mia, N.d.R]:

ti porgo i miei più sinceri complimenti per la tua "buona fede"!

Tanto di cappello!.

I limiti degli insiemi di enti ed eventi sono stabiliti arbitrariamente dal pensiero (posso considerare l' insieme degli Europei oppure quello degli Italiani, o quello degli Italiani che pesano 80 chili o più, o quello degli Italiani + i Francesi e così via ad libitum).

Dunque per definizione le sensazioni accadono nell' ambito dell' esperienza fenomenica cosciente; e nella mente che ne è una parte (un sotto-insieme) accadono quelle interiori o "res cogitans".
Noto in proposito che sempre nel tuo intervento immediatamente successivo scrivi testualmente: "Il problema che io ponevo era quello del rapporto fra coscienza e sensazione: che giustamente è un insieme inscindibile (almeno in prima approssimazione)":

a-ri-complimenti (come direbbero a Roma)!!!

Delle sensazioni si può dire indifferentemente che "accadono", "si sentono", "si percepiscono", "si avvertono", "si constatano" ecc., ecc., ecc.: sono tutti sinonimi e per trovare nell' uso da parte mia del termine "constatarsi" un "trucco linguistico" o un "depistaggio" ci vuole proprio una notevolissima coda di paglia.

Non sono le sensazioni ad essere in un luogo fisico, bensì i luoghi ad essere nella (= far parte della) esperienza fenomenica cosciente, in particolare nella sua componente materiale, la "res extensa".
Le sensazioni sono nella (fanno parte della) esperienza fenomenica cosciente

Dell' esperienza fanno parte (le sensazioni mentali de-) -i ricordi, che testimoniano la permanenza della coscienza, pur nel fluire mutevole delle sensazioni che la costituiscono.

La coscienza immediatamente esperita è una (presenta un' individualità), anche se si può ammettere (credere, ma non dimostrare e men che meno constatare) che per ogni uomo (che ce ne può parlare) e per lo meno per gran parte degli animali (vivi, ovviamente) ne esista realmente una.

Comprendo bene il tuo aggrapparti all' esempio delle definizioni semplificate di albero e foresta che ho proposto nell' inane sforzo di farti capire la tua colossale sciocchezza della presunta "circolarità" nelle mie argomentazioni, evitando di prendere in considerazione la mia affermazione che "tutte le parole dei vocabolari si definiscono reciprocamente -o per dirlo malamente, impropriamente "circolarmente"- l' una con l' altra": se non si hanno argomenti e non si vuole ammetterlo bisogna pur cercare di aggrapparsi a qualcosa!

Ancora una volta mi vedo dunque costretto a rispedire al mittente l' insinuazione che apparirebbe ormai evidente che il senso delle cose non sia fra i miei interessi (da parte di uno che pochi minuti dopo, per illustrare la sua concezione delle sensazioni, dice testualmente "Il significato che gli do io è di "evento della coscienza" - come dice anche Sgiombo –". SIC!!!

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 08 Maggio 2016, 20:35:30 PM
Ho riscritto questo post perché ora ho capito cos'ha fatto indignare Sgiombo per il fatto che io abbia usato l'espressione "evento di coscienza" per definire le sensazioni. Sgiombo sta pensando che sto facendo polemica gratuita. Non è così.
A me la definizione delle sensazioni come "eventi di coscienza" mi sta bene, perché io postulo la coscienza come principio irriducibile.
Ma se si nega la realtà della coscienza come principio, allora non si può definire la coscienza utilizzando le sensazioni ("amalgama di sensazioni"), perché si crea un circolo vizioso con la precedente definizione. A meno che non si torni a modificare, appunto, la precedente definizione. E' solo questo che ho cercato di far capire a Sgiombo.
La soluzione del problema è semplicissima: basta postulare la coscienza individuale come principio, e definire le sensazioni come eventi di coscienza. Punto. Fine del problema.
Negare la realtà in sé della coscienza individuale porta solo ad un'infinità di problemi, come ho cercato di mostrare. Inutilmente, perché forse questo genere di problemi più che dimostrarli devi intuirli: si deve intuire che esiste un problema, e se non lo intuisci nessuno riuscirà a fartelo capire.
Con l'intuizione e l'osservazione interiore, tradizioni millenarie in oriente hanno sviluppato una conoscenza empirica, esperienziale della coscienza che noi purtroppo in occidente ci sogniamo. E purtroppo, però, l'intuizione è una facoltà che Sgiombo non ha coltivato e non ha intenzione di coltivare (parole sue): forse per questo non sente alcun io quando elimina ad una ad una le sensazioni (parole sue).

Leggendo l'ultimo post di Sgiombo, trovo solo le stesse cose ribadite in parole leggermente diverse.
Anzi, ancora più ingarbugliate, ancora meno comprensibili, come quando si ascoltano i politici che non hanno nulla di concreto da dire: un "filosofese", come c'è il politichese.
Ma ribadire le stesse cose non dà ad esse maggior senso. Il senso è quello di prima: nessuno.
Il fatto è che un tempo, da adolescente, anch'io la pensavo così, anch'io ero pervaso di scetticismo. Poi ho capito che non funzionava. Quindi io so esattamente come pensa Sgiombo; Sgiombo, invece, non sa come penso io ora.

Ha ragione Sgiombo, non è il caso di continuare questo scambio. Finiamola qui.
Sarà un mio limite: purtroppo non ho ancora imparato a comprendere le cose senza senso.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Mario Barbella il 08 Maggio 2016, 22:40:43 PM
Citazione di: cvc il 27 Aprile 2016, 10:13:51 AM
Potremmo accontentarci del "penso, dunque sono" cartesiano. Però da questa rivelazione non scaturiscono corollari. Cartesio ha tentato, partendo da questo punto, di dimostrare l'esistenza di Dio e del mondo, ma tali ulteriori argomentazioni gli vennero confutate a differenza della prima. Quindi dove ci porterebbe la dimostrazione rigorosa e formale dell'esistenza della coscienza? E poi, lo sappiamo già, almeno per absurdum. Un essere senza coscienza non si interrogherebbe sulla coscienza. Anzi, un essere senza coscienza non potrebbe interrogarsi su nulla, a meno che si pensi che un computer che rovista nella sua memoria si stia interrogando. Allora si potrebbe pensare che anche un sasso che cade si stia interrogando se continuare a cadere o no. Agire secondo necessità non significa avere coscienza.
.
La coscienza è il primo "sentito"  dell'"Osservatore" -cioè dell'IO cosciente-  che, come tutti i sentiti, per esempio, il tempo, è indimostrabile e se si  tenta di farlo, come accadde a S. Agostino,  si incorrere inevitabilmente in tautologie.  Concludo che l'IO, coscienza osservante è riferimento assoluto nell'universo, dichiara quali oggetti logici dell'Universo (che poi, quest'ultimo, altro non è che l'altra faccia dell'IO stesso) debbano essere i mattoni irriducibili del Suo universo ed accettati come tali. Per esempio Euclide dichiarò (e non definì, nonostante i suoi sforzi) la linea retta, più precisamente, non proprio la linea retta ma la proprietà di essere retta
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? Eccoli, non capisco bene se mi sono utili per soddisfarmi o se mi sono dolorosi, li lascio da una parte (inconscio) e poi me li trasformo per rendermeli di soddisfazione o per lasciarli andare. Tutto parte da una tetta signori, sì proprio da una bella tetta, quanto è importante la tetta nell'universo ancora non si è capito bene :) L'Io-sono nasce dal succhiare avidamente una tetta, sia naturale che di silicone.  In quella tetta che riempie la nostra piccola boccuccia c'è l'embrione del nostro Possessore che prenderà il comando un pò più avanti quando, con lo sviluppo del primo linguaggio, urlerà "IO-sono quello che vuole succhiare quella maledetta tetta!"
E' poco poetico signori? Non è spirituale che l'IO-sono non desideri altro che riempirsi in eterno la bocca di un tenero capezzolo e succhiare latte a più non posso? Quando nasci ti danno un punteggio,da uno a cinque su di una insulsa scala che manco ricordo come si chiama. E' la scala della vitalità. Se sei uno, sei più nato morto che vivo, se sei cinque sprizzi vitalità da ogni poro. E cos'è che determina la scala della vitalità ? Ma da quanto urli perchè vuoi la tetta di tua madre ( o di chiunque altro basta che sprizzi latte buono): Allora sei un cinque e tutti sono felici, sei pienamente vivo, presto un gigantesco Io-sono pretenderà di succhiare senza posa. Poi tua madre si stufa di farsi martirizzare la povera tetta  dalla tua vitalità e non te la dà proprio sempre, quando urli. Da quel rifiuto nasce tutto l'odio dell'universo, un'odio terribile, una rabbia infinita. Molti uccideranno un giorno perchè una povera madre stanca non gli ha dato la tetta quando hanno urlato come forsennati. L'Io-sono, mio Dio, ora lo vedo chiaramente, nasce dalla Fame. Non è così forse? Che dite? Gli animali hanno fame ma sono privi di Io-sono? E noi che ne sappiamo...che ne sappiamo? Ci sembrano un pò più scemi di noi,( forse non di tutti noi...)e non portano occhiali da sole ma...io ho visto con questi occhi una povera cerva morire per difendere il suo cucciolo da un lupo sull'altopiano d'Asiago...mio Dio, che ne sappiamo di quello che sentono?
Signori, la Vita è solamente un gigantesco organismo che si mantiene autodivorandosi e l'Io-sono è il coltello da macellaio che usa per tagliarsi le carni...
Parliamo di coscienza? Ma coscienza di che? Di quanto è gustosa la carne ?
Oggi ho passato la giornata in un ristorante ( Si capisce da questo pseudo-filosofare forse?). Una di quelle giornate da cerimonia vuota, da rito che non è rito senza riempirsi la panza. Osservavo la frenetica masticazione della torma di commensali. Dopo ore di libagione ...eravamo ancora lì, con il cibo che ci usciva dagli orecchi...masticavamo senza più fame , ma non cedevamo, dovevamo assaggiare tutto, fino in fondo. La panza scoppiava ma...niente, avanti ancora, arriva il dolce. Sgiombo ! Ascoltami...è proprio prajna osservare tutti quei teschi masticare senza tregua, senza farsi teorie strane, solo vedendo una grande Fame. La coscienza è coscienza di aver fame. Quando inizia la tua vita? Quando urli di volerti saziare. Quando termina la tua vita? Quando il tuo corpo inizia a rifiutare il cibo e urli , con quel poco di voce che ti resta, che se lo sbattano in quel posto...
La vita si regge sul nutrimento, è così signori. E voi pensate che la coscienza non sia strumento per il nutrimento? Pensate che l'IO-sono sia una farfallina pura e candida che non si lorda del grasso che cola ? E' Lui che vuole mangiare...proprio Lui. E' lui il Nemico.
Che difficile digestione, questa sera. Che pensieri oscuri...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 09 Maggio 2016, 01:09:45 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PMUna delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.
Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale. Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico. Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

La Fame abbiamo ...la fame e la coscienza di aver sempre fame (di tutto, non solo di cibo...). Se un giorno saranno coscienti di aver fame di tutto saranno come noi. E noi avremo pietà di loro...come spesso l'abbiamo di noi stessi...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 09 Maggio 2016, 01:26:58 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

la differenza sta nel fatto che noi abbiamo una coscienza che e' una facoltà dell'anima (per chi ancora e' in grado di avvertirla,cioè molto pochi e da come si evince saranno sempre di meno)

comunque puoi stare tranquillo,le mie sono solo visioni anacronistiche,quanto mai surreali e del tutto inconsistenti
il futuro sarà (ma e' già presente in atto) delle macchine con annessa avanguardista coscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?


RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:37:38 AM
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? Eccoli, non capisco bene se mi sono utili per soddisfarmi o se mi sono dolorosi, li lascio da una parte (inconscio) e poi me li trasformo per rendermeli di soddisfazione o per lasciarli andare. Tutto parte da una tetta signori, sì proprio da una bella tetta, quanto è importante la tetta nell'universo ancora non si è capito bene :) L'Io-sono nasce dal succhiare avidamente una tetta, sia naturale che di silicone.  In quella tetta che riempie la nostra piccola boccuccia c'è l'embrione del nostro Possessore che prenderà il comando un pò più avanti quando, con lo sviluppo del primo linguaggio, urlerà "IO-sono quello che vuole succhiare quella maledetta tetta!"
E' poco poetico signori? Non è spirituale che l'IO-sono non desideri altro che riempirsi in eterno la bocca di un tenero capezzolo e succhiare latte a più non posso? Quando nasci ti danno un punteggio,da uno a cinque su di una insulsa scala che manco ricordo come si chiama. E' la scala della vitalità. Se sei uno, sei più nato morto che vivo, se sei cinque sprizzi vitalità da ogni poro. E cos'è che determina la scala della vitalità ? Ma da quanto urli perchè vuoi la tetta di tua madre ( o di chiunque altro basta che sprizzi latte buono): Allora sei un cinque e tutti sono felici, sei pienamente vivo, presto un gigantesco Io-sono pretenderà di succhiare senza posa. Poi tua madre si stufa di farsi martirizzare la povera tetta  dalla tua vitalità e non te la dà proprio sempre, quando urli. Da quel rifiuto nasce tutto l'odio dell'universo, un'odio terribile, una rabbia infinita. Molti uccideranno un giorno perchè una povera madre stanca non gli ha dato la tetta quando hanno urlato come forsennati. L'Io-sono, mio Dio, ora lo vedo chiaramente, nasce dalla Fame. Non è così forse? Che dite? Gli animali hanno fame ma sono privi di Io-sono? E noi che ne sappiamo...che ne sappiamo? Ci sembrano un pò più scemi di noi,( forse non di tutti noi...)e non portano occhiali da sole ma...io ho visto con questi occhi una povera cerva morire per difendere il suo cucciolo da un lupo sull'altopiano d'Asiago...mio Dio, che ne sappiamo di quello che sentono?
Signori, la Vita è solamente un gigantesco organismo che si mantiene autodivorandosi e l'Io-sono è il coltello da macellaio che usa per tagliarsi le carni...
Parliamo di coscienza? Ma coscienza di che? Di quanto è gustosa la carne ?
Oggi ho passato la giornata in un ristorante ( Si capisce da questo pseudo-filosofare forse?). Una di quelle giornate da cerimonia vuota, da rito che non è rito senza riempirsi la panza. Osservavo la frenetica masticazione della torma di commensali. Dopo ore di libagione ...eravamo ancora lì, con il cibo che ci usciva dagli orecchi...masticavamo senza più fame , ma non cedevamo, dovevamo assaggiare tutto, fino in fondo. La panza scoppiava ma...niente, avanti ancora, arriva il dolce. Sgiombo ! Ascoltami...è proprio prajna osservare tutti quei teschi masticare senza tregua, senza farsi teorie strane, solo vedendo una grande Fame. La coscienza è coscienza di aver fame. Quando inizia la tua vita? Quando urli di volerti saziare. Quando termina la tua vita? Quando il tuo corpo inizia a rifiutare il cibo e urli , con quel poco di voce che ti resta, che se lo sbattano in quel posto...
La vita si regge sul nutrimento, è così signori. E voi pensate che la coscienza non sia strumento per il nutrimento? Pensate che l'IO-sono sia una farfallina pura e candida che non si lorda del grasso che cola ? E' Lui che vuole mangiare...proprio Lui. E' lui il Nemico.
Che difficile digestione, questa sera. Che pensieri oscuri...

Beh devo dire, da buongustaio quale sono, che mi fa proprio piacere che mi abbia citato in questo fantastico, simpaticissimo e pieno di buon senso unoversale (presente da est a ovest, da nord a sud) elogio della tetta, e dell' appetito in generale (che -aggiungerei- comprende, oltre a che ciò che serve a mantenere in vita l' individuo anche ciò che serve alla sopravvivenza della specie, cioé il sesso; che DEL TUTTO ANALOGAMENTE ALL' APPETITO ALIMENTARE -vedi il pranzo pantagruelico a cui hai da poco partecipato- può anche, peculiarmente nell' uomo, eccedere lo "stretto necessario" ed essere declinato più o meno "creativamente" e in un certo senso "innaturalmente", o meglio artificialmente; ma sono al' antica e senza alcuna omofobia ma soltanto per puro amore disinteressato di verità ci tengo ad evitare di essere frainteso come omosessuale, non essendolo).

Grazie, Sari!
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:17:04 AM
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AM
L'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli  che mi danno soddisfazione?  Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente? <CUT>

Questa correlazione tra io-sono e linguaggio è estremamente falsa.
Esiste una fase pre-linguaggio in ognuno di noi, è per esempio esistita quando da bambini incapaci ancora di parlare abbiamo cominciato a riconoscere noi stessi davanti ad uno specchio. Ma anche quando abbiamo cominciato a sondare ciò che ci stava attorno attraverso i sensi. La consapevolezza di sé arriva PRIMA del linguaggio.
Peraltro anche quando dobbiamo formulare un'idea, una sensazione, un'opinione non sempre questa è già definita nel linguaggio anzi probabilmente mai lo è, viene prima un impatto immediato che poi solo in seguito 'vestiamo' attraverso il linguaggio. Prima viene la nostra natura animale e poi la nostra natura sviluppata nel logos.
Questa cosa diventa evidente quando si parla di Arte come costruzione di linguaggio, l'Artista prima rappresenta in sé e nelle proprie opere osservazioni sulla realtà o sulla propria esperienza di realtà e poi costruisce su questo un linguaggio artistico.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:30:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM

RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Non esistono domande alle quale non si può rispondere per principio e infatti anche tu parli di non impossibilità in linea teorica e di principio. Pensi che 300 anni fa qualcuno avrebbe risposto positivamente alle domande:
Pensi che l'uomo riuscirà a volare? A navigare sotti i mari? Andremo sulla luna? Illumineremo le nostre notti con luce costante ed artificiale? Ci muoveremo in scatole chiamate automobili che ci permetteranno di andare da Milano a Bologna in due ore? Altre macchine su strade di ferro correranno velocissime da città a città? Scriveremo cose che viaggeranno appena scritte dall'altra parte del mondo?
Il punto è proprio quello legato alla possibilità o impossibilità teorica basata su riflessioni coerenti. Esiste una qualità umana non riproducibile neppure teoricamente in una macchina creata dall'uomo usando materiali inermi? Di fronte a questo possiamo solo schierarci tra chi pensa di si e chi pensa di no? L'unica strada è quella fattuale, ovvero per chi pensa di si lavorare in quella direzione e dimostrare creando?
Esiste anche la possibile negazione teorica, basata sul principio di non contraddizione, di sapore Popperiano?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 09 Maggio 2016, 10:40:49 AM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:17:04 AM
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 00:41:14 AML'Io-sono si formula solamente quando si apprende un linguaggio. Senza un linguaggio appreso Cartesio non poteva formulare il suo famoso "Cogito ergo sum". La coscienza è pensiero? O la coscienza è puro sentire? Un'infinità di stimoli arrivano al puro sentire e il pensiero comincia a dire : questi mi servono, questi no. Quali sono quelli che mi danno soddisfazione? Eccoli, li trattengo e poi li cerco ancora. Quali sono quelli dolorosi? Eccoli, li sfuggo e non li cerco più. Quali sono quelli che mi lasciano indifferente?
Questa correlazione tra io-sono e linguaggio è estremamente falsa. Esiste una fase pre-linguaggio in ognuno di noi, è per esempio esistita quando da bambini incapaci ancora di parlare abbiamo cominciato a riconoscere noi stessi davanti ad uno specchio. Ma anche quando abbiamo cominciato a sondare ciò che ci stava attorno attraverso i sensi. La consapevolezza di sé arriva PRIMA del linguaggio. Peraltro anche quando dobbiamo formulare un'idea, una sensazione, un'opinione non sempre questa è già definita nel linguaggio anzi probabilmente mai lo è, viene prima un impatto immediato che poi solo in seguito 'vestiamo' attraverso il linguaggio. Prima viene la nostra natura animale e poi la nostra natura sviluppata nel logos. Questa cosa diventa evidente quando si parla di Arte come costruzione di linguaggio, l'Artista prima rappresenta in sé e nelle proprie opere osservazioni sulla realtà o sulla propria esperienza di realtà e poi costruisce su questo un linguaggio artistico.


Sì...è così. Ma io intendevo il formulare proprio il pensiero "Io-sono" che mi sembra la fase successiva alla pura consapevolezza della fame, che viene prima. Ma non era questo lo spirito del mio intervento. la prima cosa di cui possiamo aver consapevolezza è: "datemi 'sto capezzolo accidenti..." ;)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 09:30:00 AM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 08:07:48 AM

RISPONDO:

A questa domanda non si può rispondere per il semplice fatto che nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita (sentita) si può sapere con certezza (non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE).

Secondo me IN LINEA TEORICA, DI PRINCIPIO non é impossibile costruire un congegno artificiale che si comporta esattamemnte come un uomo (un "perfetto robot" o "perfetto uomo artificiale") dal momento che le leggi di natura sono sempre le stesse e valgono per il "naturale" quanto per l' "artiìficiale".

Stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Non esistono domande alle quale non si può rispondere per principio e infatti anche tu parli di non impossibilità in linea teorica e di principio. Pensi che 300 anni fa qualcuno avrebbe risposto positivamente alle domande:
Pensi che l'uomo riuscirà a volare? A navigare sotti i mari? Andremo sulla luna? Illumineremo le nostre notti con luce costante ed artificiale? Ci muoveremo in scatole chiamate automobili che ci permetteranno di andare da Milano a Bologna in due ore? Altre macchine su strade di ferro correranno velocissime da città a città? Scriveremo cose che viaggeranno appena scritte dall'altra parte del mondo?
Il punto è proprio quello legato alla possibilità o impossibilità teorica basata su riflessioni coerenti. Esiste una qualità umana non riproducibile neppure teoricamente in una macchina creata dall'uomo usando materiali inermi? Di fronte a questo possiamo solo schierarci tra chi pensa di si e chi pensa di no? L'unica strada è quella fattuale, ovvero per chi pensa di si lavorare in quella direzione e dimostrare creando?
Esiste anche la possibile negazione teorica, basata sul principio di non contraddizione, di sapore Popperiano?

RISPONDO:

(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).


Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").

Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 14:02:15 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.

C'è un aspetto del tuo discorso che non capisco.
Mi pare che tu sia dell'opinione che se si generasse una macchina in grado di comportarsi come un uomo, questo tu lo vedresti come, parafrasando in direzione opposta la frase che ho evidenziato, una "salita della materia verso lo spirito", cosa che ritieni impossibile, aggiungi infatti che "Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo".
Questo implica che la tua prima frase è un travisamento del mio pensiero, parti dicendo "anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile" ma in realtà ti riferisci a qualcosa di diverso da quello che vedo io.
Se creo una macchina in grado di comportarsi in tutto e per tutto come un uomo, io intendo che questa macchina si comporta in tutto e per tutto come un uomo.
Il significato del "tutto e per tutto" non può essere ambigua. Implica tutte le funzioni dell'uomo, comprese le più astratte di creazione artistica, di razionalizzazione degli eventi (fenomeni esterni) alla macchina. Questo tutto e per tutto dovrà includere anche le funzioni di riproduzione, di crescita del materiale organico e della difesa della specie. Certo quest'ultima potrebbe diventare un serio problema per la nostra specie se la macchina che riproduce tutti i comportamenti di un uomo dovesse sentirsi appartenente ad una specie diversa.
Questo significa il "tutto e per tutto", non il riproduce esteriormente le funzioni di uomo.
Il senso del mio post iniziale è anche quello di inquadrare razionalmente il concetto del "tutto maggiore dell'insieme delle parti" perché una macchina di questo tipo è proprio un "insieme" maggiore della somma delle sue parti.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 14:16:20 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).

Certo, non ho incluso la creazione della potenza atomica, di esempi avrei potuto aggiungerne a decine.
Peraltro ritengo che l'autodistruzione della specie sia una possibilità come le altre, in fondo siamo poco più che microbi in confronto alle dimensioni e complessità dell'universo.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").
Sinceramente non credo di appartenere al positivismo acritico. Peraltro è proprio il positivismo acritico che evita di rispondere a domande sulla base di alcuni principi, io ne sono veramente lontano.
Il tuo esempio sugli zombie è assolutamente pertinente e anzi, da questo punto di vista ti direi proprio che siamo tutti zombie. Però lo stesso Hume, padre dello scetticismo sosteneva di non poter arrivare a dimostrare l'esistenza della realtà ma contemporaneamente anche di credere nella stessa esistenza della realtà. Se stai leggendo questo mio post puoi credere di leggerlo nella tua mente ma ti assicuro che non sono nella tua mente. Comunque se vuoi, puoi continuare a credere che io sia lì, la cosa non mi disturba affatto.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
A questa frase potrei rispondere esattamente come ho risposta 10 minuti fa a Loris.
Attenzione che non si può nello stesso discorso dire "il linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai", è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa. Peraltro perché evidenziare il DI FATTO e il SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO? Boh!

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 14:19:28 PM
HollyFabius ha scritto:
CitazioneIl significato del "tutto e per tutto" non può essere ambigua. Implica tutte le funzioni dell'uomo, comprese le più astratte di creazione artistica, di razionalizzazione degli eventi (fenomeni esterni) alla macchina.
Ho inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Duc in altum! il 09 Maggio 2016, 14:54:37 PM
**  scritto da HollyFabius:

CitazioneCosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?

Il libero arbitrio di amare, oltre alla speranza.
La Speranza sarebbe difficile da riadattare in laboratorio, visto che quella essenziale emerge soprattutto quando non c'è più speranza
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PM
Parto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere.  La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza  della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:12:10 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 14:19:28 PM

Ho inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...

Si però la questione che ponevo io era leggermente più complessa. Certo che non hai la possibilità di verificare che io sia un essere autocosciente, nel tuo mondo tu potresti essere l'unica mente autocosciente e il resto del mondo un teatrino di fantasmi creati dalla tua mente a tuo uso e consumo. Io volevo partire come minimo dal superamento di questa posizione, peraltro espressa anche  Sgiombo. Non ho la superbia di pensare di essere unico oggetto e soggetto della mia mente, chiaro se chi dialoga con me pone questa come la sola possibilità che renderebbe vana l'indagine intellettuale comune direi che posso concludere qui le mie riflessioni.
Ovviamente il dialogo non è per me interessante, io ho già dato per scontata l'idea di vivere in un mondo di vivi.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:43:16 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PM
Parto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere.  La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza  della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro.
Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine.
Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali.

Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 09 Maggio 2016, 19:44:50 PM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:43:16 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PMParto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere. La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro. Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine. Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali. Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.

Perdona se sono duro di cervice ma...sopra hai scritto che la coscienza non è una forma di linguaggio. Ora dici che un algoritmo, una statistica o un sistema binario possono dare risultati inaspettati. Ma non sono una forma di linguaggio, di programmazione?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:43:16 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 15:47:30 PMParto dall'idea, tipica della fenomenologia, che la coscienza è essenzialmente intenzionalità, è un tendere, un rivolgersi che va da un soggetto cosciente verso degli oggetti che divengono contenuti di coscienza. La coscienza implica l'oggettivazione dei propri contenuti. Ma questa oggettivazione implica una condizione di distanza, e dunque di autonomia, del soggetto cosciente nei confronti dei propri oggetti di coscienza. Questo tendere implica un attribuzione di un significato, di un valore che il soggetto cosciente attribuisce agli oggetti. La coscienza non è una tecnica, non è un certo tipo di intelligenza, non è una speciale abilità cognitiva che un soggetto potrebbe insegnare a un altro al punto che questo potrebbe acquisirla allo stesso modo di colui dal quale l'ha appresa. La coscienza è un modo d'essere, una tipologia complessiva di relazione dell'uomo col mondo. L'intelligenza artificiale, i computer sono mezzi creati dall'uomo per eseguire operazioni, operazioni che per l'uomo hanno un senso, appunto in relazione ad un fine. Ora, l'incremento quantitativo di efficienza e raffinatezza che nel tempo potrebbe riguardare un computer è irrilevante nei confronti della sua connotazione, qualitativa, di mezzo al servizio dell'uomo. Per quanto potente un computer resterà sempre un mezzo, un programma che ha un senso solo in relazione ad una finalità stabilita dalla coscienza umana. L'intelligenza artificiale è un programma di decodificazione di un linguaggio, decodificazione che è indifferente al valore semantico del linguaggio stesso cioè della corrispondenza delle parole a degli oggetti. Se scrivo su una tastiera il nome di una persona che conosco il computer si limiterà ad eseguire l'operazione di trascrizione su un documento web senza riconoscere la correlazione tra quella parola, di per sè solo una somma insensata di segni e un senso dato dal fatto che quella parola è per la mia coscienza il nome di battesimo di una persona a me cara. E questo perchè l'intelligenza artificiale non è coscienza, per essa il compito da svolgere non ha un senso, un valore, perchè il compito è il suo stesso essere. La coscienza implica un aspetto di dualità tra soggetto cosciente (colui che si rivolge all'oggetto dandogli un significato) e un oggetto contenuto di coscienza (ricevente il significato datogli da un io). Ragion per cui un computer non potrebbe ribellarsi ad un input operazionale umano. Per farlo il computer dovrebbe essere una soggettività distinta rispetto al programma oggettivo per cui è stato progettato, cioè dovrebbe avere in sè qualcosa di naturale, non artificiale, non creato dall'uomo come mezzo per un suo fine. Il che è assurdo. Il computer potrebbe non eseguire un'operazione, certo. Ma ciò non è certo coscienza, ma è inefficienza, mancanza della sua essenza, cioè dell'utilità per cui è stato progettato. Un computer che non esegue un ordine mostra la mancanza della sua intelligenza, all'opposto un uomo che rifiuta di eseguire un'ordine si riconosce e si afferma come vero soggetto cosciente, avente cioè l'autonomia (intesa come il distanza dell'Io da sè e dal mondo) della sua soggettività nei confronti dell'oggettività dell'ordine. Posso ribellarmi solo nei confronti di ciò che è distinto da me, ciò che posso oggettivare, ciò di cui posso aver coscienza. Il nome che ascolto porta la mia coscienza a produrre l'immagine mentale della persona che porta quel nome, in virtù della mia storia interiore di cui quella persona fa parte. Ma quell'immagine non è strumentale ad un compito, ha per me un fine, un valore, in se stessa. Lo stesso nome, digitato su una tastiera è solo per il computer un insieme di stimoli correlati a un'operazione prestabilita, non è legato a nulla al di là del necessario sufficiente per il corretto svolgimento dell'operazione. Perchè l'essere del computer coincide pienamente con la funzione che la coscienza umana gli attribuisce
Ecco, l'idea che gli elaboratori, che oggi effettivamente elaborano, non possano in un futuro utilizzare logiche 'altre' mi pare un tradizionale atto pre-copernicano. Confondiamo il centro dell'universo con il nostro centro. Già oggi le macchine effettuano delle valutazione migliori di quelle umane in molti ambiti, il punto sta nel riconoscere ed esplicitare dei limiti reali, usiamo il termine coscienza, autocoscienza ma non riusciamo a dare questi termini dei significati esterni ad un processo di evoluzione delle macchine. Anni fa si parlava di intelligenza come qualità umana, oggi che le macchine realizzano cose sempre più intelligenti abbiamo spostato il confine non del significato di intelligenza verso la coscienza, che però non abbiamo ancora universalmente condiviso in tutte le sue ramificazioni concettuali. Peraltro il vincolo della rigidità di calcolo degli elaboratori è concettualmente e banalmente superabile. Basterebbe pensare ad un procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante) basato sulla statistica e sulla interazione con l'esterno che ecco: la macchina può realizzare cose inaspettate.

A mio avviso sussiste tra il concetto di "coscienza" e quello di "intelligenza" una distinzione qualitativa, non quantitativa. Non esiste cioè un certo grado di intelligenza oltre il quale si diverrebbe coscienti. Certamente la coscienza comprende tra le sue ramificazioni l'intelligenza, ma non viceversa. L'intelligenza è un'abilità, una capacità che permette di svolgere prestazioni. Il computer che batte a scacchi l'uomo utilizza intelligenza matematica e spaziale ma la coscienza non si riduce a ciò. Come detto prima, la coscienza non è una tecnica o un'abilità, non è "utile", non mi serve a nulla. La coscienza è una condizione generale dell'esistenza nel mondo a partire dal quale il mondo cessa di essere pura fattualità, ma realtà dotata di valore e significato. Si può pensare ad un computer che mentre gioca a scacchi si interroghi sulle motivazioni con cui sta giocando a scacchi, sulle motivazioni che hanno spinto il suo avversario umano a giocare con lui? Che sappia che il re, la regina, i cavalli che sta muovendo sono finzioni immaginative corrispondenti a reali re, regine e cavalli presenti nel mondo al di fuori del proprio software? Il fatto, innegabile, che i computer già oggi valutino, calcolino meglio dell'uomo non può farmi pensare ad una coscienza più di quanto mi farebbe pensare ad una coscienza dell'automobile che è molto più veloce di un uomo che corre a piedi o di una calcolatrice che calcola molto più velocemente di un uomo che calcola a mente. Siamo sempre interni ad una razionalità strumentale, progettata in vista di scopi e fini il cui senso e valore non è dato dall'efficienza dei mezzi ma dall'intenzionalità di una coscienza soggettiva. Intenzionalità che non comprende in sè non solo calcoli, ma sentimenti, volizioni, tutto ciò a partire da cui il mondo e noi stesso diveniamo oggetti di una qualunque presa di posizione. Anzi, da un certo punto di vista, la presenza dell'aspetto sentimentale fà sì che in molti casi la "coscienza" non sia fattore di efficienza delle nostre attività pratiche del mondo, ma "ostacolo", in quanto il valore affettivo che diamo coscienzialmente a un certo oggetto ci impedisce di sfruttarlo pragmaticamente in vista di un obiettivo...

Queste "logiche altre" utilizzabili in futuro, in quanto progettate per i computer dall'uomo per degli obiettivi posti dall'uomo, resteranno pienamente interne all'ambito della razionalità strumentale e utilitarista, e quindi non costituenti una coscienza. Il giorno in cui un computer comincierà a svolgere delle funzioni totalmente estranee, inaspettate e imprevedibili rispetto al programma che un progettatore umano aveva inserito nel suo software allora credo potremmo parlare davvero di un soggetto cosciente e dunque libero e responsabile. Ma tutto ciò non sarà un incremento quantitativo di efficienza, ma un autentico salto qualitativo e ontologico.

Non credo che la mia visione sia precopernicana, antropocentrica o romantica, anche perchè il concetto di "coscienza" a mio avviso non si identifica essenzialmente con il concetto di "coscienza umana", ma in linea di principio può essere riferito anche ad un'ipotetica coscienza divina o angelica. Infatti la premessa era l'identificazione della coscienza con il concetto di "intenzionalità", non necessariamente unicamente umana. Poi è evidente che se si parla dell'ipotesi di coscienza applicata all'intelligenza artificiale il termine di paragone che viene spontaneo fare per definire la coscienza è l'accezione umana del concetto, progettatrice dei computer stessi
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: and1972rea il 09 Maggio 2016, 20:54:22 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 09:45:32 AM
Citazione di: HollyFabius il 08 Maggio 2016, 23:30:40 PM
Citazione di: HollyFabius il 26 Aprile 2016, 20:12:25 PM
Una delle tesi forti dell'intelligenza artificiale era (o forse è ancora) che continuando ad aumentare complessità negli algoritmi, oltre ad un certo grado di complessità, si sarebbe "rivelata" una sorta di coscienza o auto-coscienza.

Provo a riportare la discussione su temi a me noti e sulla domanda iniziale.
Nessuno dei filosofi dei quali abbiamo parlato nel 3D ha visto gli sviluppi dell'intelligenza artificiale degli ultimi anni. Questo fatto dovrà venire assimilato dai pensatori. Torno a chiedere più chiaramente: è possibile lo sviluppo di una intelligenza artificiale che arrivi alla coscienza e all'autocoscienza? Per quanto io mi sforzi non riesco a capire perché questo non possa generarsi, magari tra 200, 300 o magari 1000 anni di sviluppo tecnologico.
Cosa abbiamo noi, come qualità, che le macchine del futuro non potranno mai avere e per farci mantenere un'idea di un qualche tipo di coscienza a noi soli accessibile?
Anch'io non vedo perché non possa essere tecnicamente possibile, in un futuro più o meno lontano, costruire delle macchine in grado di agire in modo tale da risultare indistinguibili da un essere umano.
Detto questo, sarà comunque impossibile accertare se quelle macchine siano effettivamente autocoscienti: potrebbero semplicemente simulare di esserlo, potrebbero simulare libero arbitrio pur essendo condizionate da algoritmi estremamente complessi. Peraltro, il libero arbitrio presente negli stessi esseri umani è, sappiamo bene, limitatissimo (c'è chi dice nullo: io dico molto limitato).
In ogni caso, per come la vedo io, la vita è una discesa dello Spirito nella Materia, della Coscienza in un Corpo, dell'Informale in una Forma. Non il contrario. Non si costruisce la coscienza partendo dal corpo, ma è la coscienza a costruirsi un corpo (anzi, vari corpi, "uno dentro all'altro", per così dire) per fare esperienze ed evolvere. Vera e divertente la metafora della tetta suggerita da Sariputra.
Si potrebbe razionalmente pensare di arrivare a replicare qualcosa di più di una generica entità dotata di IA, potremmo pensare di replicare identicamente nella res extensa ogni nostro neurone e ogni relazione che ciascuno dei nostri neuroni allaccia con ciascun altro, potremmo , cioè,  pensare di replicare , almeno sul piano del tutto logico, la nostra presunta (almeno presunta dai riduzionisti e dagli olisti) coscienza materiale; ebbene, rimanendo sul piano logico, come si potrebbe spiegare  che due entità materialmente, "essenzialmente" e cartesianamente identicamente estese rimangano fra loro diversamente coscienti? Perché potrebbero darsi logicamente solo due casi : Io rimarrei solo e soltanto me stesso a prescindere dall 'esistenza materiale della mia copia ,cartesianamente estesa ,identica alla mia essenza materiale, ma distinta da me in una altrettanto possibile distinta autocoscienza.  Oppure, io e la mia copia materiale avremmo una unica autocoscienza , e Io sarei l'Io della mia stessa copia. Due cose identiche ma distinte ,che sentono sé  stesse nella medesima coscienza d'essere,un unico Io in due cose distinte,  e allora l'Io non risiederebbe nelle cose in sé,  ma sarebbe altro da esse; oppure, io e la mia copia materiale avremmo coscienze distinte , e allora , da cose identiche emergerebbero coscienze diverse, ed anche in questo caso L'IO parrebbe non nascere dalle cose in sé  per essere,  invece, autosussistente rispetto ad esse. Sembra che sul piano della logica, quindi, l'autocoscienza non possa mescolarsi alla materia, sembra che l'Io che pensa non possa definirsi come una cosa che pensa.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 21:38:46 PM
Citazione di: Sariputra il 09 Maggio 2016, 19:44:50 PM
Perdona se sono duro di cervice ma...sopra hai scritto che la coscienza non è una forma di linguaggio. Ora dici che un algoritmo, una statistica o un sistema binario possono dare risultati inaspettati. Ma non sono una forma di linguaggio, di programmazione?
Scusa ma dove hai letto algoritmo?
Io ho scritto: "procedimento decisionale (scriverei algoritmo ma l'etimologia del termine è fuorviante)" proprio per rimarcare la differenza tra un metodo decisionale basato su un linguaggio codificato e un procedimento decisionale basato su altro non pienamente codifica. Certo io non posso credere che chi è in possesso di coscienza (te e me per esempio) prenda delle decisioni basate puramente sul caso e senza un minimo di regole imposte e/o autoimposte.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 09 Maggio 2016, 21:45:43 PM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 14:16:20 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
(Noto en passant che trecento anni fa nessuno avrebbe risposto positivamente nemmeno alla domanda: "potrà l' umanità determinare di sua propria mano la propria "prematura" estinzione?", condizione -questa di possibilità di distruggere irreversibilmente, "artificialmente" e "precocemente rispetto ai tempi della biologia naturale", l' umanità-  oggi assolutamente reale).

Certo, non ho incluso la creazione della potenza atomica, di esempi avrei potuto aggiungerne a decine.
Peraltro ritengo che l'autodistruzione della specie sia una possibilità come le altre, in fondo siamo poco più che microbi in confronto alle dimensioni e complessità dell'universo.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mi dispiace per il positivismo acritico (e di solito irresponsabilmente ottimista sulle possibili conseguenze della conoscenza scientifica e delle sue applicazioni tecniche per il futuro dell' umanità), ma esistono proprio per davvero domande alle quale non si può rispondere per principio; e infatti quella (filosofica, non scientifica o tecnologica) sull' eventuale esistenza di altre esperienze coscienti oltre alla "propria" immediatamente percepita é una "esistente" domanda alla quale non si può proprio dare una risposta certa (sono costretto a ripetere l' argomentazione: nemmeno se agli altri uomini e animali di cui abbiamo esperienza corrisponda un' esperienza cosciente analoga alla "nostra" immediatamente avvertita -sentita- si può sapere con certezza: non si può con nessun ragionamento e tantomeno con alcuna osservazine stabilire, dimostrare che non siano zombi che si comportano COME SE fossero coscienti, MA SENZA ESSERLO REALMENTE; e questo vale pari pari anche per il fantascientifico "uomo artificiale").
Sinceramente non credo di appartenere al positivismo acritico. Peraltro è proprio il positivismo acritico che evita di rispondere a domande sulla base di alcuni principi, io ne sono veramente lontano.
Il tuo esempio sugli zombie è assolutamente pertinente e anzi, da questo punto di vista ti direi proprio che siamo tutti zombie. Però lo stesso Hume, padre dello scetticismo sosteneva di non poter arrivare a dimostrare l'esistenza della realtà ma contemporaneamente anche di credere nella stessa esistenza della realtà. Se stai leggendo questo mio post puoi credere di leggerlo nella tua mente ma ti assicuro che non sono nella tua mente. Comunque se vuoi, puoi continuare a credere che io sia lì, la cosa non mi disturba affatto.

Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
Mentre alla ben diversa domanda (tecnica) sulla possibilità di realizzare artificialmente un meccanismo in grado di comportarsi esattamemnte come un uomo (il cui comportamento fosse indistinguibile da quello di un uomo) ho già dato una chiarissima, inequivocabile risposta (che ripeto):

In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.
A questa frase potrei rispondere esattamente come ho risposta 10 minuti fa a Loris.
Attenzione che non si può nello stesso discorso dire "il linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai", è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa. Peraltro perché evidenziare il DI FATTO e il SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO? Boh!

Rispondo:

Anch' io ritengo che l'autodistruzione della nostra specie sia una possibilità come le altre, in fondo siamo poco più che microbi in confronto alle dimensioni e complessità dell'universo; ma la cosa non mi lascia per niente indifferente, anzi mi preme tantissimo: vorrei fare il possibile per evitarlo e se si verificasse la considererei di gran lunga la peggior tragedia immaginabile e possibile.
 
Mi compiaccio del fatto che non credi di appartenere al positivismo acritico (non cambio di una virgola le mie considerazioni in proposito in quanto non davo per scontato che vi appartenessi: la cosa era ed è per me irrilevante).
 
Mi sembra semplicistica la definizione di Hume come "padre dello scetticismo" (certamente non dello scetticismo antico, e dunque non "padre dello scetticismo in assoluto"; ma anche a prescindere da questo mi sembra una definizione decisamente riduttiva, che non ne coglie che in infima misura la straordinaria grandezza filosofica. Ma queste sono considerazioni e valutazioni per lo meno in gran parte soggettive: può darsi benissimo che tu e tanti altri del tutto lecitamente la pensiate anche molto diversamente in proposito).
Come Hume e come tutte le persone sane di mente non sono solipsista; ma come Hume e (credo) non troppi altri razionalisti conseguenti sono anche consapevole che la credenza nell' esistenza del mio "io" e anche di altri analoghi soggetti di esperienza è arbitraria, non dimostrabile né tantomeno mostrabile.
Quindi, tranquillo: ci credo che esisti anche indipendentemente dalla mia esperienza cosciente.
Però se non è dimostrabile che esistono altre esperienze coscienti (oltre la "propria" immediatamente esperita o vissuta) corrispondentemente ai cervelli vivi e funzionanti degli altri uomini e animali, come infatti non è dimostrabile, allora mi sembra evidente che per lo meno allo stesso modo (se non anche più, ovvero a maggior ragione) non possa dimostrarsi né tantomeno mostrarsi che vi sarebbero corrispondentemente a fantascientifici marchingegni in grado di comportarsi in tutto e per tutto come uomini.
 
No, guarda che si può benissimo in maniera del tutto logicamente coerente nello stesso discorso affermare che qualcosa "in linea teorica, di principio si può fare ma anche "stimare (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (che è quanto ho affermato; E CHE TI PREGHEREI VIVAMENTE DI NON DISTORCERE!).
L' evidenziazione (ovviamente la precedente, non questa della preghiera di non distorcere le mie affermazioni) cercava proprio di fare risaltare la differenza fra possibilità puramente teorica, in linea di principio e la mia opinione circa ciò che effettivamente, praticamente si potrebbe realizzare.
Per aiutarti a capire farò un esempio.
Non ho mai acquistato un biglietto della lotteria (e nemmeno un "gratta e perdi"), ma se qualcuno me ne regalasse uno non lo getterei via prima dell' estrazione in quanto, pur essendo convinto che sia praticamente impossibile trattarsi di quello vincente, tuttavia in linea puramente teorica, di principio non sarebbe così. Ma appunto per questo (perché si tratta di una possibilità puramente teorica, in linea di principio) lo scambierei in linea teorica, di principio con qualsiasi cosa avesse un ben che minimo valore venale, anche con una monetina da un centesimo (ma probabilmente, data la diffusione della stupida propensione al gioco d' azzardo, riuscirei di fatto a venderlo spuntando un prezzo ben maggiore; e considerando la diffusione della superstizione con qualche trucchetto da poco potrei anche ricavarne un bel gruzzolo).
 
Ci terrei a non essere accomunato con Loris Bagnara.
Comunque se la tua risposta (anche a me) é "Se creo una macchina in grado di comportarsi in tutto e per tutto come un uomo, io intendo che questa macchina si comporta in tutto e per tutto come un uomo", allora manca completamente il bersaglio in quanto ripeto che il problema non è nel "comportarsi in tutto e per tutto come un uomo" da parte della macchina, bensì nell' essere dotata di coscienza (e poiché un uomo "naturale" potrebbe benissimo essere uno zombi privo di coscienza, anche se non lo credo, a maggior ragione potrebbe esserlo un "uomo meccanico artificiale" che si comportasse in tutto e per tutto come un uomo naturale; e in proposito, poiché non mi si pone alcun problema etico, non mi spremo inutilmente le meningi e sospendo il giudizio).
Concordo con Davintro che "sussiste tra il concetto di "coscienza" e quello di "intelligenza" una distinzione qualitativa, non quantitativa. Non esiste cioè un certo grado di intelligenza oltre il quale si diverrebbe coscienti".
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 22:05:58 PM
Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
A mio avviso sussiste tra il concetto di "coscienza" e quello di "intelligenza" una distinzione qualitativa, non quantitativa. Non esiste cioè un certo grado di intelligenza oltre il quale si diverrebbe coscienti. Certamente la coscienza comprende tra le sue ramificazioni l'intelligenza, ma non viceversa.

Beh ho detto le stesse identiche cose, il punto è che questa distinzione qualitativa è una acquisizione recente.

Ho anche aggiunto che questa distinzione non esisteva nel passato ed è sorta proprio per una esigenza umana di rimarcare delle differenze qualitative rispetto alle macchine. E ho pure aggiunto che se le macchine (diciamo tra 1000 anni?) dovessero mostrare comportamenti assimilabili alla coscienza umana ci inventeremmo una nuova distinzione (magari di natura divina) che differenzia la nostra coscienza dalle altre eventuali 'forme' di coscienza artificiali.

Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
<CUT> Anzi, da un certo punto di vista, la presenza dell'aspetto sentimentale fà sì che in molti casi la "coscienza" non sia fattore di efficienza delle nostre attività pratiche del mondo, ma "ostacolo", in quanto il valore affettivo che diamo coscienzialmente a un certo oggetto ci impedisce di sfruttarlo pragmaticamente in vista di un obiettivo...


Rimarco anche questo passaggio che soffre delle stesse debolezze logiche sopra esposte, introducendo però l'elemento 'sentimento' perché anche su questo si potrebbe disquisire. In effetti l'acquisizione di proprietà legate al 'sentimento' richiederebbe disquisizioni separate piuttosto elaborate.

Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
Queste "logiche altre" utilizzabili in futuro, in quanto progettate per i computer dall'uomo per degli obiettivi posti dall'uomo, resteranno pienamente interne all'ambito della razionalità strumentale e utilitarista, e quindi non costituenti una coscienza. Il giorno in cui un computer comincierà a svolgere delle funzioni totalmente estranee, inaspettate e imprevedibili rispetto al programma che un progettatore umano aveva inserito nel suo software allora credo potremmo parlare davvero di un soggetto cosciente e dunque libero e responsabile. Ma tutto ciò non sarà un incremento quantitativo di efficienza, ma un autentico salto qualitativo e ontologico.

Certo, infatti io non ho mai parlato di incremento quantitativo di efficienza. Io parlo di un vero e proprio salto qualitativo.


Citazione di: davintro il 09 Maggio 2016, 20:27:18 PM
Non credo che la mia visione sia precopernicana, antropocentrica o romantica, anche perchè il concetto di "coscienza" a mio avviso non si identifica essenzialmente con il concetto di "coscienza umana", ma in linea di principio può essere riferito anche ad un'ipotetica coscienza divina o angelica. Infatti la premessa era l'identificazione della coscienza con il concetto di "intenzionalità", non necessariamente unicamente umana. Poi è evidente che se si parla dell'ipotesi di coscienza applicata all'intelligenza artificiale il paragone che viene spontaneo fare per definire la coscienza è l'accezione umana del concetto, progettatrice dei computer stessi


Certo non si può di negare che l'idea di una ipotetica coscienza divina non sia precopernicana, antropocentrica o tradizionale (non ho scritto romantica). Se avessi voluto parlare della filosofia greca avrei parlato di precristiana, non precopernicana.

Per inciso precopernicana, antropocentrica e tradizionale sono proprio le caratteristiche del pensiero dominante occidentale.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 22:07:10 PM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 17:12:10 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 14:19:28 PMHo inteso perfettamente quel che intendevi con "tutto e per tutto", e quando ho scritto il mio post intendevo dire la stessa cosa, non una cosa diversa.
Ma come ha detto anche Sgiombo, se anche esistesse una IA capace di riprodurre in tutto e per tutto ogni cosa che l'uomo è in grado di fare, anche quelle artisticamente e intellettualmente più sublimi, come si fa dall'esterno a giudicare che quell'intelligenza possiede la luce dell'autocoscienza?
Io, per me, so di essere autocosciente: di un altro, non posso saperlo con certezza. Posso ritenerlo probabile, se si tratta di un essere umano biologico come me; ma se si tratta di una IA, che si può dire? Io non conosco un modo per accertare l'autocoscienza altrui.

Se uno parte da una visione riduttivista, secondo cui la coscienza umana è il risultato dell'attività neuronale, allora può anche ragionevolmente ammettere che una IA, raggiunto un certo grado di complessità, possa divenire autocosciente. Ma la visione riduttivista non è la mia...

Si però la questione che ponevo io era leggermente più complessa. Certo che non hai la possibilità di verificare che io sia un essere autocosciente, nel tuo mondo tu potresti essere l'unica mente autocosciente e il resto del mondo un teatrino di fantasmi creati dalla tua mente a tuo uso e consumo. Io volevo partire come minimo dal superamento di questa posizione, peraltro espressa anche  Sgiombo. Non ho la superbia di pensare di essere unico oggetto e soggetto della mia mente, chiaro se chi dialoga con me pone questa come la sola possibilità che renderebbe vana l'indagine intellettuale comune direi che posso concludere qui le mie riflessioni.
Ovviamente il dialogo non è per me interessante, io ho già dato per scontata l'idea di vivere in un mondo di vivi.
Capisco il tuo disappunto, ma hai posto una questione talmente complessa che è difficile dare risposte costruttive...
Però ci provo a fare un passo avanti. Premetto che parto da una concezione molto particolare, ma non mia personale, perché è quella propria della teosofia e condivisa, in generale, dall'esoterismo (o anche occultismo, purché non lo si intenda in senso "nero").

Cominciamo col dire che la complessità dell'essere umano, già sbalorditiva sul piano fisico, lo è forse ancora di più sui piani sottili. 
Esiste innanzitutto la monade, o "scintilla divina", cioè il principio di autocoscienza nella sua manifestazione non ulteriormente riducibile (diciamo quindi "atomica").
Preciso che non vi è differenza sostanziale fra materia e spirito: si tratta solo di due poli estremi di una scala infinita di gradazioni di densità, dal più sottile al più denso.
Ad un certo punto dell'evoluzione della vita sul piano materiale, la monade è scesa nelle forme umane, dando così il via all'essere umano vero e proprio e all'evoluzione del regno umano che essenzialmente consiste nel fare esperienze sul piano fisico, esperienze che servono, vita dopo vita (reincarnazione), a costruire e perfezionare i "veicoli superiori" della coscienza, quel che si dice il "corpo causale". Esaurita la necessità di fare ulteriori esperienze, il corpo causale abbandona definitivamente il piano fisico e passa ad esperienze ancora più elevate, sul piano nirvanico, delle quali nulla si può dire perché inimmaginabili per noi ora. Oltre il piano nirvanico, l'individuo ritorna al piano divino con tutto il bagaglio di esperienza accumulato. Detto così sembra che ci sia un inizio e una fine, ma è una limitazione della nostra visione umana.

Perché tutto questo, se parliamo di IA? Perché, quel che intendo dire, è che lo sviluppo ingegneristico sul piano fisico non potrà bastare per creare IA autocoscienti. L'umanità dovrà sviluppare anche l'ingegneria dei piani sottili, cioè giungere ad una conoscenza approfondita e a un perfetto dominio di tutti i nostri corpi sottili: il corpo eterico, poi quello astrale, poi quello mentale, poi quello buddico e così via..
La naturale evoluzione del regno umano porterà ad un livello del genere. A quel punto l'umanità avrà anche sviluppato una sorta di coscienza collettiva e sarà in grado di muoversi sui pani sottili con la stessa facilità con cui si muove sul piano fisico.
E a quel punto, col raggiunto dominio dell'ingegneria sottile, potremo pensare di creare a nostra volta entità autocoscienti: prendere cioè forme fisiche ed innestarvi il principio autocosciente, dando il via ad un nuovo processo evolutivo che porterà allo sviluppo di un nuovo essere.
Il nuovo essere magari potrà anche non avere base biologica, ma tecnologica, come diremmo noi oggi.

Per quanto possa sembrarvi incredibile (e sono sicuro che ve lo sembrerà) questo è esattamente ciò che sarebbe accaduto all'essere umano: la tradizione occulta dice che milioni d'anni fa, esseri già evoluti (non sto parlando di dischi volanti, sia chiaro) avrebbero insediato il principio cosciente nelle forme antropoidi allora esistenti, creando i primi esseri umani, i nostri antenati. In altre parole, a nostra volta noi saremmo in qualche modo intelligenze artificiali su base materiale biologica. La creatura diventa a sua volta creatrice.

Vi lascio immaginare quali siano le implicazioni etiche in tutto ciò. Quando l'umanità farà questo, lo farà con la piena consapevolezza di dare il via ad un processo che porterà miliardi di individui ad affacciarsi alla vita cosciente, con tutto ciò che ne consegue...

Chiedo anticipatamente scusa a chi, non conoscendo questa concezione, potrà trovarla follemente arbitraria (non lo è), e chiedo scusa anche a chi già la conosce, per la rozzezza con cui ho dovuto condensarla in poche righe.

P.S. Estremamente acuto l'ultimo post di And1972rea, concordo. (Se non sembrasse un autoelogio, direi che è un esperimento mentale che avevo concepito anch'io... ;))

P.P.S. Hollyfabius, mi raccomando, non accomunarmi a Sgiombo: lui non ha piacere. A me invece non me ne frega niente.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 22:14:13 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 21:45:43 PM
No, guarda che si può benissimo in maniera del tutto logicamente coerente nello stesso discorso affermare che qualcosa "in linea teorica, di principio si può fare ma anche "stimare (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (che è quanto ho affermato; E CHE TI PREGHEREI VIVAMENTE DI NON DISTORCERE!).

Tralascio il resto che non aggiunge nulla alle rispettive posizioni, vorresti però per cortesia chiarire con precisione dove e come avrei distorto il tuo scritto? Grazie
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 22:23:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 22:07:10 PM


Capisco il tuo disappunto, ma hai posto una questione talmente complessa che è difficile dare risposte costruttive...
Però ci provo a fare un passo avanti. Premetto che parto da una concezione molto particolare, ma non mia personale, perché è quella propria della teosofia e condivisa, in generale, dall'esoterismo (o anche occultismo, purché non lo si intenda in senso "nero").

Cominciamo col dire che la complessità dell'essere umano, già sbalorditiva sul piano fisico, lo è forse ancora di più sui piani sottili.
Esiste innanzitutto la monade, o "scintilla divina", cioè il principio di autocoscienza nella sua manifestazione non ulteriormente riducibile (diciamo quindi "atomica").
Preciso che non vi è differenza sostanziale fra materia e spirito: si tratta solo di due poli estremi di una scala infinita di gradazioni di densità, dal più sottile al più denso.
Ad un certo punto dell'evoluzione della vita sul piano materiale, la monade è scesa nelle forme umane, dando così il via all'essere umano vero e proprio e all'evoluzione del regno umano che essenzialmente consiste nel fare esperienze sul piano fisico, esperienze che servono, vita dopo vita (reincarnazione), a costruire e perfezionare i "veicoli superiori" della coscienza, quel che si dice il "corpo causale". Esaurita la necessità di fare ulteriori esperienze, il corpo causale abbandona definitivamente il piano fisico e passa ad esperienze ancora più elevate, sul piano nirvanico, delle quali nulla si può dire perché inimmaginabili per noi ora. Oltre il piano nirvanico, l'individuo ritorna al piano divino con tutto il bagaglio di esperienza accumulato. Detto così sembra che ci sia un inizio e una fine, ma è una limitazione della nostra visione umana.

Perché tutto questo, se parliamo di IA? Perché, quel che intendo dire, è che lo sviluppo ingegneristico sul piano fisico non potrà bastare per creare IA autocoscienti. L'umanità dovrà sviluppare anche l'ingegneria dei piani sottili, cioè giungere ad una conoscenza approfondita e a un perfetto dominio di tutti i nostri corpi sottili: il corpo eterico, poi quello astrale, poi quello mentale, poi quello buddico e così via..
La naturale evoluzione del regno umano porterà ad un livello del genere. A quel punto l'umanità avrà anche sviluppato una sorta di coscienza collettiva e sarà in grado di muoversi sui pani sottili con la stessa facilità con cui si muove sul piano fisico.
E a quel punto, col raggiunto dominio dell'ingegneria sottile, potremo pensare di creare a nostra volta entità autocoscienti: prendere cioè forme fisiche ed innestarvi il principio autocosciente, dando il via ad un nuovo processo evolutivo che porterà allo sviluppo di un nuovo essere.
Il nuovo essere magari potrà anche non avere base biologica, ma tecnologica, come diremmo noi oggi.

Per quanto possa sembrarvi incredibile (e sono sicuro che ve lo sembrerà) questo è esattamente ciò che sarebbe accaduto all'essere umano: la tradizione occulta dice che milioni d'anni fa, esseri già evoluti (non sto parlando di dischi volanti, sia chiaro) avrebbero insediato il principio cosciente nelle forme antropoidi allora esistenti, creando i primi esseri umani, i nostri antenati. In altre parole, a nostra volta noi saremmo in qualche modo intelligenze artificiali su base materiale biologica. La creatura diventa a sua volta creatrice.

Vi lascio immaginare quali siano le implicazioni etiche in tutto ciò. Quando l'umanità farà questo, lo farà con la piena consapevolezza di dare il via ad un processo che porterà miliardi di individui ad affacciarsi alla vita cosciente, con tutto ciò che ne consegue...

Chiedo anticipatamente scusa a chi, non conoscendo questa concezione, potrà trovarla follemente arbitraria (non lo è), e chiedo scusa anche a chi già la conosce, per la rozzezza con cui ho dovuto condensarla in poche righe.

P.S. Estremamente acuto l'ultimo post di And1972rea, concordo. (Se non sembrasse un autoelogio, direi che è un esperimento mentale che avevo concepito anch'io... ;))

P.P.S. Hollyfabius, mi raccomando, non accomunarmi a Sgiombo: lui non ha piacere. A me invece non me ne frega niente.

Mi scuserai ma mi sono perso. Se già non trovo giustificazioni alla mitologia cristiana ammetterò che la mitologia che tu presenti mi pare ancora più soggetta ad elementi indimostrabili.
Ne cito uno su tutti, io ho difficoltà a rappresentarmi un essere divino superiore che non dia spazio ad una fase precedente alla sua esistenza, come faccio a rappresentarmi una civiltà divina superiore che abbia lo stesso difetto logico? Banalizzando: cosa c'era prima? Chi ha creato il creatore o i creatori?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 10 Maggio 2016, 08:21:03 AM
Hollyfabius ha scritto:

Ho anche aggiunto che questa distinzione non esisteva nel passato ed è sorta proprio per una esigenza umana di rimarcare delle differenze qualitative rispetto alle macchine. E ho pure aggiunto che se le macchine (diciamo tra 1000 anni?) dovessero mostrare comportamenti assimilabili alla coscienza umana ci inventeremmo una nuova distinzione (magari di natura divina) che differenzia la nostra coscienza dalle altre eventuali 'forme' di coscienza artificiali.




Rispondo:

A parte il fatto che per parte mia ritengo che né fra 1000 (se ancora ci saremo!), né fra 10000000 anni si otterrà di fatto un tale risultato (per la limitatezza delle risorse naturali realisticamente e non fantascientificamente disponibili che con ogni probabilità non lo consente; anche se ripeto ciò che ho sempre sostenuto: in linea teorica, di principio sarebbe certamente possibile; e aggiungo che secondo il mio soggettivo parere sarebbe anche abbastanza banale), non c' é bisogno di alcun dio: la coscienza (se reale) di ciacuna di tali macchine fantascientifiche, e così pure quella di ciascun uomo e animale "naturale", sarebbe "altra cosa", trascendente da quelle di ciascun altra macchina e di ciascun altro uomo o animale; e dunque non avrebbe senso la domanda su una loro uguaglianza (o anche su una loro maggiore o minore somiglianza) o meno, dal momento che si possono paragonare, confrontare fra loro, onde coglierne eventuali uguaglianze, somiglianze e/o differenze, unicamente i "contenuti sensibili", gli insiemi di sensazioni di una stessa, unica esperienza cosciente e non per esempio quelli della mia con quelli della tua. Casomai gli aspetti materiali di tali coscienze (tutte) potrebbero essere (indimostratamente e men che meno "mostratamente") ritenuti fra loro pliunivocamente corrispondenti.
Ma resterebbe il dubbio (l' indimostrabilità, per rispondere alla domanda da te formulata all' inizio di questa discussione, cioé l' impossibilità di rispndervi con certezza) sull' esistenza reale delle esperienze coscienti di tali artefatti fantascientifici.


Hollyfabius ha scritto:

Tralascio il resto che non aggiunge nulla alle rispettive posizioni, vorresti però per cortesia chiarire con precisione dove e come avrei distorto il tuo scritto? Grazie

Rispondo:

Mi sembra che ci sia una bella differenza fra scrivere "stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (Sgiombo) e scrivere "dire "in linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai", è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa" (risposta di Hollyfabius alla precedente affermazione di Sgiombo); l' attibuzione distorsiva della certazza assoluta, categorica (dunque anche in linea teorica, di princio) all' affermazione che "non succederà, non ci si giungerà mai" in luogo dell' incertezza (dunque relatività a determinati dati di fatto) inequivocabilmente e quasi enfaticamente, ridondantemente presente nell' originale non distorto serve proprio ad attribuire falsamente la presunta contraddittorietà alla tesi: scusa se é poco!
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 10 Maggio 2016, 09:32:57 AM
Citazione di: HollyFabius il 09 Maggio 2016, 22:23:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 09 Maggio 2016, 22:07:10 PM


Capisco il tuo disappunto, ma hai posto una questione talmente complessa che è difficile dare risposte costruttive...
Però ci provo a fare un passo avanti. Premetto che parto da una concezione molto particolare, ma non mia personale, perché è quella propria della teosofia e condivisa, in generale, dall'esoterismo (o anche occultismo, purché non lo si intenda in senso "nero").

Cominciamo col dire che la complessità dell'essere umano, già sbalorditiva sul piano fisico, lo è forse ancora di più sui piani sottili.
Esiste innanzitutto la monade, o "scintilla divina", cioè il principio di autocoscienza nella sua manifestazione non ulteriormente riducibile (diciamo quindi "atomica").
Preciso che non vi è differenza sostanziale fra materia e spirito: si tratta solo di due poli estremi di una scala infinita di gradazioni di densità, dal più sottile al più denso.
Ad un certo punto dell'evoluzione della vita sul piano materiale, la monade è scesa nelle forme umane, dando così il via all'essere umano vero e proprio e all'evoluzione del regno umano che essenzialmente consiste nel fare esperienze sul piano fisico, esperienze che servono, vita dopo vita (reincarnazione), a costruire e perfezionare i "veicoli superiori" della coscienza, quel che si dice il "corpo causale". Esaurita la necessità di fare ulteriori esperienze, il corpo causale abbandona definitivamente il piano fisico e passa ad esperienze ancora più elevate, sul piano nirvanico, delle quali nulla si può dire perché inimmaginabili per noi ora. Oltre il piano nirvanico, l'individuo ritorna al piano divino con tutto il bagaglio di esperienza accumulato. Detto così sembra che ci sia un inizio e una fine, ma è una limitazione della nostra visione umana.

Perché tutto questo, se parliamo di IA? Perché, quel che intendo dire, è che lo sviluppo ingegneristico sul piano fisico non potrà bastare per creare IA autocoscienti. L'umanità dovrà sviluppare anche l'ingegneria dei piani sottili, cioè giungere ad una conoscenza approfondita e a un perfetto dominio di tutti i nostri corpi sottili: il corpo eterico, poi quello astrale, poi quello mentale, poi quello buddico e così via..
La naturale evoluzione del regno umano porterà ad un livello del genere. A quel punto l'umanità avrà anche sviluppato una sorta di coscienza collettiva e sarà in grado di muoversi sui pani sottili con la stessa facilità con cui si muove sul piano fisico.
E a quel punto, col raggiunto dominio dell'ingegneria sottile, potremo pensare di creare a nostra volta entità autocoscienti: prendere cioè forme fisiche ed innestarvi il principio autocosciente, dando il via ad un nuovo processo evolutivo che porterà allo sviluppo di un nuovo essere.
Il nuovo essere magari potrà anche non avere base biologica, ma tecnologica, come diremmo noi oggi.

Per quanto possa sembrarvi incredibile (e sono sicuro che ve lo sembrerà) questo è esattamente ciò che sarebbe accaduto all'essere umano: la tradizione occulta dice che milioni d'anni fa, esseri già evoluti (non sto parlando di dischi volanti, sia chiaro) avrebbero insediato il principio cosciente nelle forme antropoidi allora esistenti, creando i primi esseri umani, i nostri antenati. In altre parole, a nostra volta noi saremmo in qualche modo intelligenze artificiali su base materiale biologica. La creatura diventa a sua volta creatrice.

Vi lascio immaginare quali siano le implicazioni etiche in tutto ciò. Quando l'umanità farà questo, lo farà con la piena consapevolezza di dare il via ad un processo che porterà miliardi di individui ad affacciarsi alla vita cosciente, con tutto ciò che ne consegue...

Chiedo anticipatamente scusa a chi, non conoscendo questa concezione, potrà trovarla follemente arbitraria (non lo è), e chiedo scusa anche a chi già la conosce, per la rozzezza con cui ho dovuto condensarla in poche righe.

P.S. Estremamente acuto l'ultimo post di And1972rea, concordo. (Se non sembrasse un autoelogio, direi che è un esperimento mentale che avevo concepito anch'io... ;))

P.P.S. Hollyfabius, mi raccomando, non accomunarmi a Sgiombo: lui non ha piacere. A me invece non me ne frega niente.

Mi scuserai ma mi sono perso. Se già non trovo giustificazioni alla mitologia cristiana ammetterò che la mitologia che tu presenti mi pare ancora più soggetta ad elementi indimostrabili.
Ne cito uno su tutti, io ho difficoltà a rappresentarmi un essere divino superiore che non dia spazio ad una fase precedente alla sua esistenza, come faccio a rappresentarmi una civiltà divina superiore che abbia lo stesso difetto logico? Banalizzando: cosa c'era prima? Chi ha creato il creatore o i creatori?
Ti comprendo perfettamente, ma occorrerebbero molti libri e anni di riflessioni su questi argomenti prima di cominciare a digerirli, e qui non possiamo farlo. Rispondo solo brevemente ad alcune cose, senza pretendere di essere esaustivo.

Quella che ho descritto non è propriamente una mitologia; o meglio, vi sono anche elementi mitologici, che però sono solo la veste che ricopre un nucleo di eventi da intendersi come reale, diciamo pure storici.

Non si tratta di una civiltà divina superiore. Quello è il normale stadio finale di ogni ciclo evolutivo, che porta una monade ad evolvere fino a quel punto in cui è in grado di dare il via a sua volta ad un nuovo ciclo evolutivo.

Il tempo è una pura illusione che "vale" solo all'interno della manifestazione. Nell'Assoluto non manifestato non esistono né lo spazio né il tempo e vi è già "contenuto" ogni possibile evento in ogni possibile concatenazione di causa ed effetto. In un certo senso, dal punto di vista dell'Assoluto tutto è già accaduto/accade/accadrà. Non esiste un prima e un dopo.
Il nostro universo, ogni possibile universo non è che uno degli infiniti modi in cui si possono percorrere e conoscere gli infiniti eventi già contenuti nell'Assoluto.

E' ovvio che una cosa del genere non la si può dimostrare, la si può solo intuire, e arrivi a intuirla solo quando realizzi che ogni altra sluzione non fornisce altrettante spiegazioni.

La chiave è preoccuparsi meno di dimostrare, e più di cercare soluzioni che diano un senso alle cose.
Non esistono domande che non hanno risposta.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 10 Maggio 2016, 10:33:07 AM
La questione credo sia quella di indagare se l'intelligenza artificiale possa diventare una forma di coscienza. Lo scopo dell'IA è quello di creare sistemi che siano in grado di apprendere da soli nuovi concetti senza bisogno di un ulteriore intervento umano. L'auto apprendimento richiede una forma di coscienza. Ora si tratta di stabilire se la coscienza possa sorgere da un progressivo passaggio dal semplice al complesso e dal complesso al via via più complesso, oppure se esista una struttura originaria che sia già data e che non sia sorta da una sintesi di elementi. Mi pare tuttavia un pò curioso che l'uomo, anziché accontentarsi di costruire macchine che obbediscono ai suoi ordini, voglia addirittura crearne di autonome, con una propria coscienza. Che abbiamo un'utilità non lo metto in dubbio, ma col 64% delle acque contaminate dai pesticidi le priorità non dovrebbero essere altre? Che ce ne facciamo delle macchine intelligenti se poi manca l'acqua?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 10 Maggio 2016, 10:45:09 AM
Citazione di: cvc il 10 Maggio 2016, 10:33:07 AM
La questione credo sia quella di indagare se l'intelligenza artificiale possa diventare una forma di coscienza. Lo scopo dell'IA è quello di creare sistemi che siano in grado di apprendere da soli nuovi concetti senza bisogno di un ulteriore intervento umano. L'auto apprendimento richiede una forma di coscienza. Ora si tratta di stabilire se la coscienza possa sorgere da un progressivo passaggio dal semplice al complesso e dal complesso al via via più complesso, oppure se esista una struttura originaria che sia già data e che non sia sorta da una sintesi di elementi. Mi pare tuttavia un pò curioso che l'uomo, anziché accontentarsi di costruire macchine che obbediscono ai suoi ordini, voglia addirittura crearne di autonome, con una propria coscienza. Che abbiamo un'utilità non lo metto in dubbio, ma col 64% delle acque contaminate dai pesticidi le priorità non dovrebbero essere altre? Che ce ne facciamo delle macchine intelligenti se poi manca l'acqua?

Secondo me L'auto apprendimento non richiede necessariamente una forma di coscienza: anche qualcuno degli altri uomini o animali "naturali" potrebbe in teoria essere uno zombi che si comporta COME SE avesse una cosicenza ma ESSENDONE PRIVO, e se così fosse non sarebbe possibile accrgersene.

Perfettamente d' accordo con le considerazioni finali.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 20:05:32 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 08:21:03 AM
Mi sembra che ci sia una bella differenza fra scrivere "stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (Sgiombo) e scrivere "dire "in linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai"(, è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa" (risposta di Hollyfabius alla precedente affermazione di Sgiombo); l' attibuzione distorsiva della certazza assoluta, categorica (dunque anche in linea teorica, di princio) all' affermazione che "non succederà, non ci si giungerà mai" in luogo dell' incertezza (dunque relatività a determinati dati di fatto) inequivocabilmente e quasi enfaticamente, ridondantemente presente nell' originale non distorto serve proprio ad attribuire falsamente la presunta contraddittorietà alla tesi: scusa se é poco!

Continuo a non rilevare differenze tra quello che hai scritto e nella sintesi che io ho riportato.
Nel mio discorso è evidente che le due parti in neretto e in rosso sono i due concetti alla base della contraddizione che io ho notato e che ho cercato di evidenziare. Il "ma stimo ecc." non aggiunge nulla e non toglie nulla alla conclusione cui tu arrivi nel 'DI FATTO' ecc. E' chiaro che il senso della frase 'DI FATTO, ecc.' è una tua valutazione, una tua stima. Questo però non apporta nulla alla logica espressa dalle due frasi evidenziate. E' chiaro che la mia era una sintesi estrema del discorso ma ripeto la parte tagliata non cambia affatto la semantica del discorso.
Se io scrivo la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa ma di fatto è verde' e la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa, ma dopo avere effettuato delle profonde riflessioni e delle precise misurazione, di fatto è verde' sono semanticamente rispetto al rosso teorico e al verde rilevato identiche. Infatti io la sintetizzerei proprio con 'la palla teoricamente rossa in realtà è verde' senza togliere assolutamente nulla al valore semantico del discorso.
Se poi si afferra che il senso del mio riportare 'la palla teoricamente è rossa' e 'in realtà è verde' all'interno del mio discorso è funzionale alla critica relativa alla contraddizione sinceramente non capisco. Noto però che nella tua reazione piuttosto scomposta hai tolto il pezzo iniziale relativo al 'in linea teorica'. Per me 'in linea teorica' ha un significato preciso ma probabilmente per te era un semplice intercalare.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 21:05:51 PM
Citazione di: cvc il 10 Maggio 2016, 10:33:07 AM
La questione credo sia quella di indagare se l'intelligenza artificiale possa diventare una forma di coscienza. Lo scopo dell'IA è quello di creare sistemi che siano in grado di apprendere da soli nuovi concetti senza bisogno di un ulteriore intervento umano. L'auto apprendimento richiede una forma di coscienza. Ora si tratta di stabilire se la coscienza possa sorgere da un progressivo passaggio dal semplice al complesso e dal complesso al via via più complesso, oppure se esista una struttura originaria che sia già data e che non sia sorta da una sintesi di elementi. Mi pare tuttavia un pò curioso che l'uomo, anziché accontentarsi di costruire macchine che obbediscono ai suoi ordini, voglia addirittura crearne di autonome, con una propria coscienza. Che abbiamo un'utilità non lo metto in dubbio, ma col 64% delle acque contaminate dai pesticidi le priorità non dovrebbero essere altre? Che ce ne facciamo delle macchine intelligenti se poi manca l'acqua?
Direi che nel panorama filosofico contemporaneo uno dei filosofi che più ha affrontato il tema sia anni fa Hofstadter, ricordo di aver letto anni fa un paio di suoi testi sull'argomento.
Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:21:09 PM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 20:05:32 PM
Citazione di: sgiombo il 09 Maggio 2016, 10:59:42 AM
In inea teorica, di princpio, si può; ma stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO.

Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 08:21:03 AM
Mi sembra che ci sia una bella differenza fra scrivere "stimo (alquanto infondatamente, cercando di applicare il semplice buon senso, "andando un po' a lume di naso", come si può unicamente fare circa possibili fatti di un futuro non troppo prossimo) che DI FATTO non succederà e non si giungerà mai (col progresso tecnico) a creare le condizioni per le quali SIA EFFETTIVAMENTE, DI FATTO POSSIBILE FARLO" (Sgiombo) e scrivere "dire "in linea teorica, di principio si può" ma "di fatto non succederà e non si giungerà mai"(, è una frase contradditoria e dalla contraddizione si può arrivare ad affermare qualunque cosa" (risposta di Hollyfabius alla precedente affermazione di Sgiombo); l' attibuzione distorsiva della certazza assoluta, categorica (dunque anche in linea teorica, di princio) all' affermazione che "non succederà, non ci si giungerà mai" in luogo dell' incertezza (dunque relatività a determinati dati di fatto) inequivocabilmente e quasi enfaticamente, ridondantemente presente nell' originale non distorto serve proprio ad attribuire falsamente la presunta contraddittorietà alla tesi: scusa se é poco!

Continuo a non rilevare differenze tra quello che hai scritto e nella sintesi che io ho riportato.
Nel mio discorso è evidente che le due parti in neretto e in rosso sono i due concetti alla base della contraddizione che io ho notato e che ho cercato di evidenziare. Il "ma stimo ecc." non aggiunge nulla e non toglie nulla alla conclusione cui tu arrivi nel 'DI FATTO' ecc. E' chiaro che il senso della frase 'DI FATTO, ecc.' è una tua valutazione, una tua stima. Questo però non apporta nulla alla logica espressa dalle due frasi evidenziate. E' chiaro che la mia era una sintesi estrema del discorso ma ripeto la parte tagliata non cambia affatto la semantica del discorso.
Se io scrivo la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa ma di fatto è verde' e la frase 'la palla teoricamente sarebbe rossa, ma dopo avere effettuato delle profonde riflessioni e delle precise misurazione, di fatto è verde' sono semanticamente rispetto al rosso teorico e al verde rilevato identiche. Infatti io la sintetizzerei proprio con 'la palla teoricamente rossa in realtà è verde' senza togliere assolutamente nulla al valore semantico del discorso.
Se poi si afferra che il senso del mio riportare 'la palla teoricamente è rossa' e 'in realtà è verde' all'interno del mio discorso è funzionale alla critica relativa alla contraddizione sinceramente non capisco. Noto però che nella tua reazione piuttosto scomposta hai tolto il pezzo iniziale relativo al 'in linea teorica'. Per me 'in linea teorica' ha un significato preciso ma probabilmente per te era un semplice intercalare.

Rispondo:

(Non mi pare proprio di avere avuto reazioni "scomposte"; comunque cercherò pazientemente di essere quanto più "soft" mi sarà possibile in questa ulteriore risposta).

L' esempio del colore della palla non é pertinente perché parla di cose reali (a la Aristotele "in atto") e non di eventi possibili (a la Aristotele "in potenza"), come é invece la realizzazione di un uomo artificiale dal comportamento indistinguibile da quello degli uomini naturali: nel primo caso é ovvio che non può darsi  non contraddittoriamente una differenza (reciproca negazione) fra realtà in linea di principio e realtà in linea di fatto, mentre nel secondo può darsi benissimo fra possibilità in linea di principio e possibilità in linea di fatto (per dirla a la Aristotele, tanto per -cercare disperatamente di-  intenderci: ciò che é in potenza può attuarsi oppure no a seconda delle circostanze, mentre ciò che é in atto non può non essere in atto e ciò che non é in atto non può essere in atto).

Comunque se per te dire "in linea teorica ritengo possibile costruire un uomo artificiale indistinguibile nel suo comportamento dall' uomo naturale, ma stimo  che di fatto (per quel che é ragionevolmente possibile cercare di prevedere) non succederà mai" é una contraddizione, allora:

a) non insito a cercare di ottenere da te che non distorca le mia affermazioni (in proposito); é impossibile ottenerlo dal momento che nemmeno ti rendi conto di distorcerle: lo sopporterò pazientemente, che tanto non me ne verrà alcun danno;

b) evidentemente parliamo lingue diverse e non riusciamo a "tradurcele reciprocamente": sopporterò pazientemente anche questo, che tanto nemmeno da questo me ne verrà alcun danno.



Estremo tentativo di" tradurre":

Nel XIV secolo i Cinesi avevano una flotta molto efficiente con la quale esplorarono le coste meridionali dell' Asia e orientali dell' Africa giungendo fino al capo di Buona Speranza (così chiamato successivamente dai Portoghesi).

In linea di principio avrebbero potuto scoprire loro l' America al posto degli Europei (esattamente come é in linea di principio possibile la realizzazione di un "perfetto uomo artificiale"); ma di fatto ciò non accadde in quanto smobilitarono la loro efficiente flotta e si astennero dall ' impresa (così come credo che di fatto non verrà mai realizzato il "perfetto uomo artificiale").
Se continui a vederci una contraddizione, pazienza (per me non é certo un dramma; come suppongo non lo sia per te il fatto che per me non sussista proprio per nulla). Non insisterò ulteriormente negli sforzi perché ritengo non ne valga la pena.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:34:15 PM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 21:05:51 PM

Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?


Rispondo:

Invece per me (oltre che suppongo ovviamente per CVC e per tanti altri) la questione delle priorità negli interessi teorici e  pratici é sensatissima; e in particolare quella circa l' interesse per la salvaguardia di un ambiente naturale compatibile con la buona salute e qualità della vita e per la sopravvivenza stessa dell' umanità é di grandissima importanza.

Si tratta ovviamente di valutazioni del tutto soggettive, sia nel caso del nostro estremo interesse (che peraltro non ci impedisce, come vedi, di parlare anche di filosofia) sia nel caso  del tuo (si direbbe, salvo involontari fraintendimenti da parte mia) "olimpico disinteresse da speculatore teorico puro").
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:24:14 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:21:09 PM
Rispondo:

(Non mi pare proprio di avere avuto reazioni "scomposte"; comunque cercherò pazientemente di essere quanto più "soft" mi sarà possibile in questa ulteriore risposta).

L' esempio del colore della palla non é pertinente perché parla di cose reali (a la Aristotele "in atto") e non di eventi possibili (a la Aristotele "in potenza"), come é invece la realizzazione di un uomo artificiale dal comportamento indistinguibile da quello degli uomini naturali: nel primo caso é ovvio che non può darsi  non contraddittoriamente una differenza (reciproca negazione) fra realtà in linea di principio e realtà in linea di fatto, mentre nel secondo può darsi benissimo fra possibilità in linea di principio e possibilità in linea di fatto (per dirla a la Aristotele, tanto per -cercare disperatamente di-  intenderci: ciò che é in potenza può attuarsi oppure no a seconda delle circostanze, mentre ciò che é in atto non può non essere in atto e ciò che non é in atto non può essere in atto).

Comunque se per te dire "in linea teorica ritengo possibile costruire un uomo artificiale indistinguibile nel suo comportamento dall' uomo naturale, ma stimo  che di fatto (per quel che é ragionevolmente possibile cercare di prevedere) non succederà mai" é una contraddizione, allora:

a) non insito a cercare di ottenere da te che non distorca le mia affermazioni (in proposito); é impossibile ottenerlo dal momento che nemmeno ti rendi conto di distorcerle: lo sopporterò pazientemente, che tanto non me ne verrà alcun danno;

b) evidentemente parliamo lingue diverse e non riusciamo a "tradurcele reciprocamente": sopporterò pazientemente anche questo, che tanto nemmeno da questo me ne verrà alcun danno.



Estremo tentativo di" tradurre":

Nel XIV secolo i Cinesi avevano una flotta molto efficiente con la quale esplorarono le coste meridionali dell' Asia e orientali dell' Africa giungendo fino al capo di Buona Speranza (così chiamato successivamente dai Portoghesi).

In linea di principio avrebbero potuto scoprire loro l' America al posto degli Europei (esattamente come é in linea di principio possibile la realizzazione di un "perfetto uomo artificiale"); ma di fatto ciò non accadde in quanto smobilitarono la loro efficiente flotta e si astennero dall ' impresa (così come credo che di fatto non verrà mai realizzato il "perfetto uomo artificiale").
Se continui a vederci una contraddizione, pazienza (per me non é certo un dramma; come suppongo non lo sia per te il fatto che per me non sussista proprio per nulla). Non insisterò ulteriormente negli sforzi perché ritengo non ne valga la pena.


Rinuncio, saluti.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:33:00 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:34:15 PM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 21:05:51 PM

Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?


Rispondo:

Invece per me (oltre che suppongo ovviamente per CVC e per tanti altri) la questione delle priorità negli interessi teorici e  pratici é sensatissima; e in particolare quella circa l' interesse per la salvaguardia di un ambiente naturale compatibile con la buona salute e qualità della vita e per la sopravvivenza stessa dell' umanità é di grandissima importanza.

Si tratta ovviamente di valutazioni del tutto soggettive, sia nel caso del nostro estremo interesse (che peraltro non ci impedisce, come vedi, di parlare anche di filosofia) sia nel caso  del tuo (si direbbe, salvo involontari fraintendimenti da parte mia) "olimpico disinteresse da speculatore teorico puro").

Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 11 Maggio 2016, 00:08:34 AM
HollyFabius scrive:
"Beh ho detto le stesse identiche cose, il punto è che questa distinzione qualitativa è una acquisizione recente.

Ho anche aggiunto che questa distinzione non esisteva nel passato ed è sorta proprio per una esigenza umana di rimarcare delle differenze qualitative rispetto alle macchine. E ho pure aggiunto che se le macchine (diciamo tra 1000 anni?) dovessero mostrare comportamenti assimilabili alla coscienza umana ci inventeremmo una nuova distinzione (magari di natura divina) che differenzia la nostra coscienza dalle altre eventuali 'forme' di coscienza artificiali."

Non direi che la distinzione qualitativa tra coscienza e intelligenza sia un'acquisizione recente e legata al bisogno di rimarcare le differenze con i computer. Già nei primi decenni del 900, prima dell'avvento della cibernetica, la coscienza si concepiva nella fenomenologia di Husserl come una generale "intenzionalità", in Heidegger e in Sartre come una complessiva modalità esistenziale dell'uomo, Sartre parlava di coscienza come "per sè" opposto all' "in-sè", tutte accezioni dal significato molto più ampio ristretto all'intelligenza calcolante tipica delle macchine. Anzi, al contrario direi che è la sovrapposizione tra coscienza e intelligenza ad essere un portato dell'attuale mentalità materialista e utilitarista, tipica in particolar modo della cultura anglosassone, proprio quella cultura da cui mi pare, guardacaso, nasce la questione della coscienza dei computer. Comunque, lungi dall'essere una fuga dalla realtà, o una scappatoia intellettuale, l'esigenza di rimarcare la differenza della coscienza dall'intelligenza delle macchine è proprio un'ulteriore conferma della realtà di tale differenza. Perchè proprio nella percezione, magari confusa e non senza un sottofondo narcisistico, della propria coscienza come qualcosa di cui rivendicare il valore di un'appartenenza esclusiva a noi, questo orgoglio della nostra differenza, in tutto questo si manifesta una relazione col mondo e con noi stessi improntata ad un senso della dignità che non ha nulla a che fare con una semplice intelligenza strumentale. Il computer è orgoglioso di essere un computer e rivendica la sua peculiarità di computer come un valore? Comunque tutto questo discorso legato alla storicità dell'esigenza umana di conservare l'idea della differenza dalle macchine è certamente una questione importante dal punto di vista sociologico e psicologico ma serve in modo secondario a stabilire se la distinzione tra coscienza e intelligenza ha una reale ragion d'essere. La realtà della distinzione tra coscienza e intelligenza è indifferente al fatto che sia o meno riconosciuta o se questo riconoscimento sia recente o meno. Tale riconoscimento sarebbe recente? Meglio tardi che mai...

Certamente un computer con una coscienza umana costituirebbe un salto qualitativo. Ma sarebbe un salto talmente radicale da snaturare totalmente la nozione originaria di computer, strumento progettato per fini umani. Un computer cosciente, capace cioè di ergersi al di sopra della funzionalità, dare di questa guidizi di valore, positivi o negativi, riflettere sul senso di tale funzione, metterla in discussione, addirittura ribellarsi, condurrebbe ad un completo superamento dell'idea di macchina come mero strumento. Diverrebbe persona, persona artificiale creata da altre persone. Non a caso avevo aggiunto a "salto qualitativo" "ontologico", si parla di un mutamento di essenza! Non avrebbe più senso definirlo computer perchè avrebbe perso l'accezione originaria di mera strumentalità che lo definiva e costituiva come tale. Un computer che diviene cosciente non come è un gatto che accidentalmente si mette ad abbiare, è come un gatto che diventa cane

"Rimarco anche questo passaggio che soffre delle stesse debolezze logiche sopra esposte, introducendo però l'elemento 'sentimento' perché anche su questo si potrebbe disquisire. In effetti l'acquisizione di proprietà legate al 'sentimento' richiederebbe disquisizioni separate piuttosto elaborate."

Il mio passaggio sul sentimento era una notazione, a latere, sull'idea che, intendendo la coscienza come l'insieme degli atti intenzionali compresi gli atti sentimentali attraverso i quali attribuisco un valore affettivo agli oggetti del mondo, si riconosce come questo valore affettivo è in molti casi disfunzionale rispetto all'efficienza tecnica di una razionalità mirante a ottenere un certo tipo di risultati o di prestazioni. Qualcosa che mette ancor più in evidenza la differenza tra una relazione di coscienza tra uomo e mondo e una relazione puramente "intelligente", di un'intelligenza del tipo che si attribuisce alle macchine. A differenza dell'intelligenza la coscienza comprende anche i sentimenti e i giudizi di valore, non solo calcoli. Un computer con una coscienza umana, potrebbe avere più problemi a battere a scacchi un uomo, perchè se sviluppasse per lui un affetto, potrebbe provare il desiderio di non impegnarsi a fondo per sconfiggerlo col rischio di fargli un dispiacere. Da qui l'assurdità di considerare come fattibile una futura coscienzialità delle macchine sulla base della loro superiore e crescente efficenza. La coscienza  ha ben poco a che fare con l'efficienza. Se vogliamo, un'osservazione banale, ma sinceramente non capisco le "debolezze logiche"
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 11 Maggio 2016, 08:24:47 AM
Citazione di: davintro il 11 Maggio 2016, 00:08:34 AM


Certamente un computer con una coscienza umana costituirebbe un salto qualitativo. Ma sarebbe un salto talmente radicale da snaturare totalmente la nozione originaria di computer, strumento progettato per fini umani. Un computer cosciente, capace cioè di ergersi al di sopra della funzionalità, dare di questa guidizi di valore, positivi o negativi, riflettere sul senso di tale funzione, metterla in discussione, addirittura ribellarsi, condurrebbe ad un completo superamento dell'idea di macchina come mero strumento. Diverrebbe persona, persona artificiale creata da altre persone. Non a caso avevo aggiunto a "salto qualitativo" "ontologico", si parla di un mutamento di essenza! Non avrebbe più senso definirlo computer perchè avrebbe perso l'accezione originaria di mera strumentalità che lo definiva e costituiva come tale. Un computer che diviene cosciente non come è un gatto che accidentalmente si mette ad abbiare, è come un gatto che diventa cane

A differenza dell'intelligenza la coscienza comprende anche i sentimenti e i giudizi di valore, non solo calcoli.

Da qui l'assurdità di considerare come fattibile una futura coscienzialità delle macchine sulla base della loro superiore e crescente efficenza. La coscienza  ha ben poco a che fare con l'efficienza.

Concordo convintamente.

E questo mi induce a precisare da parte mia che qualora, data la possibilità in linea di principio della realizzazione di una macchina dal comportamento non distinguibile da quello umano, essa venisse realizzata anche di fatto (malgrado faccia questa ipotesi "per assurdo", essendo convinto che questa realizzazione pratica di fatto non accadrà mai), anch' io converrei che NON PIU' DI MACCHINA BENSI' DI PERSONA UMANA, PER QUANTO ARTIFICIALMENTE PRODOTTA, SI TRATTEREBBE.
E pur non essendo dimostrabile con certezza che a tale "macchina personale umana" si accompagni un' esperienza cosciente (per lo meno allo stesso modo, se non anche a maggior ragione che agli uomini naturali), IL FONDAMENTALE PRINCIPIO ETICO DI PRUDENZA imporrebbe di trattarla esattamente come una persona umana (naturale): meglio rischiare di errare rispettando come persona umana qualcosa che non la é che rischiare di errare non rispettando come persona umana una reale persona umana.

Considero quest' ipotesi, per quanto "per assurdo", proprio per il medesimo principio etico di prudenza: credo non succederà mai, ma é comunque meglio rischiare di prepararsi inutilmente a un' eventualità eticamente rilevante che non si realizzarà che rischiare (per quanto con infime possibilità che accada, per quanto soggettivamente convinti che non accadrà mai) di trovarcisi di fronte impreparati (e comunque il tutto potrebbe essere considerato una sorta di "esperimento mentale" per illustrare il principio etico di prudenza).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 11 Maggio 2016, 08:33:44 AM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:33:00 PM
Citazione di: sgiombo il 10 Maggio 2016, 21:34:15 PM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 21:05:51 PM

Quanto al commento sulle priorità mi pare una riflessione senza senso, che c'entrano le priorità nelle riflessioni di questo tipo? Vogliamo riparlare di questi temi quando le priorità (la cui valutazione di merito è peraltro sempre soggettiva) saranno state risolte? Quindi mai?


Rispondo:

Invece per me (oltre che suppongo ovviamente per CVC e per tanti altri) la questione delle priorità negli interessi teorici e  pratici é sensatissima; e in particolare quella circa l' interesse per la salvaguardia di un ambiente naturale compatibile con la buona salute e qualità della vita e per la sopravvivenza stessa dell' umanità é di grandissima importanza.

Si tratta ovviamente di valutazioni del tutto soggettive, sia nel caso del nostro estremo interesse (che peraltro non ci impedisce, come vedi, di parlare anche di filosofia) sia nel caso  del tuo (si direbbe, salvo involontari fraintendimenti da parte mia) "olimpico disinteresse da speculatore teorico puro").

Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
In un certo senso hai ragione tu dato che hai proposto questa discussione e il discorso è rivolto a chi è interessato. La mia intrusione è dovuta al fatto che per me questa è appunto un saltar di pane in frasca da un esigenza, che magari avverto solo io, di trattare temi più interessanti a mio modo di vedere. Ma ripeto l'intrusione è mia ed è giusto che ognuno tratti ciò che è interessante per sé e per chi la pensa come lui. E dato che oramai ci sono aggiungo anche che credo che la coscienza agisca in un contesto di interdipendenza con le forze inconsce. Parlare di conscio o inconscio separatamente non è che abbia molto senso in quanto sono uno il complemento dell'altro. Difatti un individuo non è mai del tutto cosciente o incosciente, lo è relativamente a qualcosa ma non rispetto ad altro. Esistono poi diversi gradi di coscienza o incoscienza. La questione è infinitamente più complessa che programmare una coscienza da applicare ad una macchina che sia in grado di interagire come dotata di una propria individualità.

Quoto gli ultimi interventi di Sgiombo e Davintro
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 11 Maggio 2016, 19:18:09 PM
Dagli interventi che leggo, in generale, mi sembra di cogliere che si tende ad identificare la coscienza con l'ampiezza dell'esperienza cosciente dell'essere umano: sensazioni, pensieri, emozioni, intelligenza astratta, creatività etc.
Io credo sia necessario dare della coscienza una definizione più tecnica e generale.
Propongo la seguente:

La (auto)coscienza è un principio (irriducibile) che si manifesta come una funzione di grado di osservare se stessa nell'atto di osservare dei contenuti.

Questa definizione ci dice una prima cosa: è impossibile pensare di riprodurre la coscienza su base strettamente materiale.
Infatti, la coscienza sarebbe una funzione che ha come input se stessa e come output se stessa. Nessuna funzione del mondo fisico può funzionare con un loop del genere. Questo è uno dei motivi per cui ritengo la coscienza un principio irriducibile.

Poi ne derivano altre cose.
Non ha importanza quali siano i contenuti, se quelli del'esperienza umana oppure altri che non sappiamo nemmeno immaginare.
In altre parole, potrebbero essere autocoscienti anche esseri con capacità molto inferiori e diverse da quelle degli uomini: gli animali ad esempio, come io credo, e in generale tutto ciò che esiste conterrebbe in latenza il principio cosciente.
Oppure potrebbero essere autocoscienti entità che non penseremmo neppure di associare alla vita intelligente: una particolare nebulosa, ad esempio, come si vede in certi film di fantascienza.

C'è poi il problema dell'ampiezza dell'individualità cosciente. Noi abbiamo esperienza del tipo umano di individualità cosciente, ma gli animali hanno probabilmente una coscienza individuale più attenuata in favore di una coscienza di gruppo più forte (e questo sarebbe tanto più vero quanto più si scende nella gerarchia animale).
Ma anche gli stessi esseri umani potrebbero giungere, in un lontano futuro evolutivo, ad una sorta di coscienza collettiva, dove l'individuo non sparisce, ma può integrarsi in una coscienza più vasta. Qualcosa ora di inimmaginabile.

Insomma, il problema così si presenta ancora più complesso...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 12 Maggio 2016, 02:09:31 AM
ma secondo voi si può arrivare a perdere la coscienza?

prendiamo ad esempio casi di questo genere qui sotto;


http://www.oggi.it/attualita/notizie/2015/04/21/strage-di-motta-visconti-la-nuova-confessione-choc-di-carlo-lissi-cosi-ho-ucciso-mia-moglie-e-i-miei-figli/?refresh_ce-cp

http://www.panorama.it/news/cronaca/omicidio-di-roma-volevamo-uccidere-per-vedere-leffetto-che-fa/

http://www.leggo.it/news/esteri/elena_smocot_uccide_figlio-1576789.html

si può ancora dire che queste persone avevano ancora una coscienza?
se la risposta e' si (secondo me lo e' nonostante si possa arrivare a tanto) come mai hanno agito come se non l'avessero?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 12 Maggio 2016, 07:33:42 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 11 Maggio 2016, 19:18:09 PM
Poi ne derivano altre cose.
Non ha importanza quali siano i contenuti, se quelli del'esperienza umana oppure altri che non sappiamo nemmeno immaginare.
In altre parole, potrebbero essere autocoscienti anche esseri con capacità molto inferiori e diverse da quelle degli uomini: gli animali ad esempio, come io credo, e in generale tutto ciò che esiste conterrebbe in latenza il principio cosciente.
Oppure potrebbero essere autocoscienti entità che non penseremmo neppure di associare alla vita intelligente: una particolare nebulosa, ad esempio, come si vede in certi film di fantascienza.

C'è poi il problema dell'ampiezza dell'individualità cosciente. Noi abbiamo esperienza del tipo umano di individualità cosciente, ma gli animali hanno probabilmente una coscienza individuale più attenuata in favore di una coscienza di gruppo più forte (e questo sarebbe tanto più vero quanto più si scende nella gerarchia animale).
Ma anche gli stessi esseri umani potrebbero giungere, in un lontano futuro evolutivo, ad una sorta di coscienza collettiva, dove l'individuo non sparisce, ma può integrarsi in una coscienza più vasta. Qualcosa ora di inimmaginabile.

secondo me gli esempi in questo senso possono essere numerosi.
le termiti che agiscono all'unisono in un "progetto" comune,come se il singolo sapesse già perfettamente cosa fare,in sincronia con le altre
credo lo stesso avviene per le formiche e le api e sicuramente penso anche per altre specie,non solo insetti sociali
se proviamo a dare fastidio ad una sola formica anche relativamente lontana dal suo formicaio,ci si può accorgere che istantaneamente tutte le altre si mettono in allarme...

oppure che dire di uno stormo di uccelli che mentre virano lo fanno,anche in questo caso,tutti istantaneamente e in perfetta sincronia!
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 09:19:25 AM
Citazione di: cvc il 11 Maggio 2016, 08:33:44 AM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:33:00 PM
Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
In un certo senso hai ragione tu dato che hai proposto questa discussione e il discorso è rivolto a chi è interessato. La mia intrusione è dovuta al fatto che per me questa è appunto un saltar di pane in frasca da un esigenza, che magari avverto solo io, di trattare temi più interessanti a mio modo di vedere. Ma ripeto l'intrusione è mia ed è giusto che ognuno tratti ciò che è interessante per sé e per chi la pensa come lui. E dato che oramai ci sono aggiungo anche che credo che la coscienza agisca in un contesto di interdipendenza con le forze inconsce. Parlare di conscio o inconscio separatamente non è che abbia molto senso in quanto sono uno il complemento dell'altro. Difatti un individuo non è mai del tutto cosciente o incosciente, lo è relativamente a qualcosa ma non rispetto ad altro. Esistono poi diversi gradi di coscienza o incoscienza. La questione è infinitamente più complessa che programmare una coscienza da applicare ad una macchina che sia in grado di interagire come dotata di una propria individualità.

Quoto gli ultimi interventi di Sgiombo e Davintro
Spero di non essere stato frainteso, il mio non era un commento critico verso una supporta invasione di campo, in un forum non penso esista una 'proprietà' legata alle discussione. Insomma non era una sorta di 'questa discussione l'ho proposta io, di altro vai a parlare altrove'. Il punto è che esistono sempre argomenti più importanti ma questo non può e non deve impedirci di disquisire anche di cose di minore importanza, la discussione e la proposizione di temi non può seguire il criterio della importanza morale, altrimenti finiremmo per non parlare mai che dei due o tre temi ritenuti fondamentali.
Avrei potuto aggiungere al raccontino un finale nel quale Roberto e Francesco si sono guardati in faccia tra loro in modo stralunato, commentando: 'ma che vuole questo? Qui si gioca a scacchi, se vuoi fare cose serie impegnati altrove'.
8)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 09:26:08 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 07:33:42 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 11 Maggio 2016, 19:18:09 PM
Poi ne derivano altre cose.
Non ha importanza quali siano i contenuti, se quelli del'esperienza umana oppure altri che non sappiamo nemmeno immaginare.
In altre parole, potrebbero essere autocoscienti anche esseri con capacità molto inferiori e diverse da quelle degli uomini: gli animali ad esempio, come io credo, e in generale tutto ciò che esiste conterrebbe in latenza il principio cosciente.
Oppure potrebbero essere autocoscienti entità che non penseremmo neppure di associare alla vita intelligente: una particolare nebulosa, ad esempio, come si vede in certi film di fantascienza.

C'è poi il problema dell'ampiezza dell'individualità cosciente. Noi abbiamo esperienza del tipo umano di individualità cosciente, ma gli animali hanno probabilmente una coscienza individuale più attenuata in favore di una coscienza di gruppo più forte (e questo sarebbe tanto più vero quanto più si scende nella gerarchia animale).
Ma anche gli stessi esseri umani potrebbero giungere, in un lontano futuro evolutivo, ad una sorta di coscienza collettiva, dove l'individuo non sparisce, ma può integrarsi in una coscienza più vasta. Qualcosa ora di inimmaginabile.

secondo me gli esempi in questo senso possono essere numerosi.
le termiti che agiscono all'unisono in un "progetto" comune,come se il singolo sapesse già perfettamente cosa fare,in sincronia con le altre
credo lo stesso avviene per le formiche e le api e sicuramente penso anche per altre specie,non solo insetti sociali
se proviamo a dare fastidio ad una sola formica anche relativamente lontana dal suo formicaio,ci si può accorgere che istantaneamente tutte le altre si mettono in allarme...

oppure che dire di uno stormo di uccelli che mentre virano lo fanno,anche in questo caso,tutti istantaneamente e in perfetta sincronia!

Separiamo il discorso sulla coscienza da quello sulla morale. Certo spesso si usa il termine coscienza al posto di 'atteggiamento moralmente positivo' ma sono cose diverse.
Altrimenti in una discussione sul caffè, citando quello espresso possiamo aprire discussioni sulla lentezza delle ferrovie e i suoi treni espressi, o potremmo iniziare a criticare la nota rivista periodica.
Ehm, spero di essermi espresso in modo comprensibile.  :)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 12 Maggio 2016, 09:35:39 AM
Citazione di: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 09:19:25 AM
Citazione di: cvc il 11 Maggio 2016, 08:33:44 AM
Citazione di: HollyFabius il 10 Maggio 2016, 23:33:00 PM
Ieri sera al circolo degli scacchi Roberto sosteneva che nella difesa siciliana è preferibile spingere con il nero in d5 prima possibile, Francesco invece argomentava che ci sono alcune varianti specifiche dove il pericolo di questa spinta viene reso evidente, io ricordando questa conversazione ho commentato che ci sono bambini che muoiono di fame e che non era il caso di argomentare sulla spinta di un legnetto. Tutti gli astanti mi hanno dato ragione tra gli applausi.
Saltare di pane in frasca è una interessante arte, ogni tanto sostituisce le barzellette.  :)
In un certo senso hai ragione tu dato che hai proposto questa discussione e il discorso è rivolto a chi è interessato. La mia intrusione è dovuta al fatto che per me questa è appunto un saltar di pane in frasca da un esigenza, che magari avverto solo io, di trattare temi più interessanti a mio modo di vedere. Ma ripeto l'intrusione è mia ed è giusto che ognuno tratti ciò che è interessante per sé e per chi la pensa come lui. E dato che oramai ci sono aggiungo anche che credo che la coscienza agisca in un contesto di interdipendenza con le forze inconsce. Parlare di conscio o inconscio separatamente non è che abbia molto senso in quanto sono uno il complemento dell'altro. Difatti un individuo non è mai del tutto cosciente o incosciente, lo è relativamente a qualcosa ma non rispetto ad altro. Esistono poi diversi gradi di coscienza o incoscienza. La questione è infinitamente più complessa che programmare una coscienza da applicare ad una macchina che sia in grado di interagire come dotata di una propria individualità.

Quoto gli ultimi interventi di Sgiombo e Davintro
Spero di non essere stato frainteso, il mio non era un commento critico verso una supporta invasione di campo, in un forum non penso esista una 'proprietà' legata alle discussione. Insomma non era una sorta di 'questa discussione l'ho proposta io, di altro vai a parlare altrove'. Il punto è che esistono sempre argomenti più importanti ma questo non può e non deve impedirci di disquisire anche di cose di minore importanza, la discussione e la proposizione di temi non può seguire il criterio della importanza morale, altrimenti finiremmo per non parlare mai che dei due o tre temi ritenuti fondamentali.
Avrei potuto aggiungere al raccontino un finale nel quale Roberto e Francesco si sono guardati in faccia tra loro in modo stralunato, commentando: 'ma che vuole questo? Qui si gioca a scacchi, se vuoi fare cose serie impegnati altrove'.
8)
Non sono tanto orgoglioso da non ammettere una stecca. È stata un'uscita infelice, per me la questione può finire qua.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:01:44 AM
Citazione di: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 09:26:08 AM
Separiamo il discorso sulla coscienza da quello sulla morale. Certo spesso si usa il termine coscienza al posto di 'atteggiamento moralmente positivo' ma sono cose diverse.
Altrimenti in una discussione sul caffè, citando quello espresso possiamo aprire discussioni sulla lentezza delle ferrovie e i suoi treni espressi, o potremmo iniziare a criticare la nota rivista periodica.
Ehm, spero di essermi espresso in modo comprensibile.  :)

perché pensi che riguarderebbe la morale e non la coscienza?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 10:18:16 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:01:44 AM

perché pensi che riguarderebbe la morale e non la coscienza?

Scusami, ho citato il messaggio sbagliato, questo era quello che intendevo citare:
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 02:09:31 AM
ma secondo voi si può arrivare a perdere la coscienza?

prendiamo ad esempio casi di questo genere qui sotto;


http://www.oggi.it/attualita/notizie/2015/04/21/strage-di-motta-visconti-la-nuova-confessione-choc-di-carlo-lissi-cosi-ho-ucciso-mia-moglie-e-i-miei-figli/?refresh_ce-cp

http://www.panorama.it/news/cronaca/omicidio-di-roma-volevamo-uccidere-per-vedere-leffetto-che-fa/

http://www.leggo.it/news/esteri/elena_smocot_uccide_figlio-1576789.html

si può ancora dire che queste persone avevano ancora una coscienza?
se la risposta e' si (secondo me lo e' nonostante si possa arrivare a tanto) come mai hanno agito come se non l'avessero?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:39:57 AM
Citazione di: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 10:18:16 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:01:44 AM

perché pensi che riguarderebbe la morale e non la coscienza?

Scusami, ho citato il messaggio sbagliato, questo era quello che intendevo citare:
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 02:09:31 AM
ma secondo voi si può arrivare a perdere la coscienza?

prendiamo ad esempio casi di questo genere qui sotto;


http://www.oggi.it/attualita/notizie/2015/04/21/strage-di-motta-visconti-la-nuova-confessione-choc-di-carlo-lissi-cosi-ho-ucciso-mia-moglie-e-i-miei-figli/?refresh_ce-cp

http://www.panorama.it/news/cronaca/omicidio-di-roma-volevamo-uccidere-per-vedere-leffetto-che-fa/

http://www.leggo.it/news/esteri/elena_smocot_uccide_figlio-1576789.html

si può ancora dire che queste persone avevano ancora una coscienza?
se la risposta e' si (secondo me lo e' nonostante si possa arrivare a tanto) come mai hanno agito come se non l'avessero?




Si avevo Capito Che il riferimento era al post precedente ,quindi la Mia domanda rimane,se hai voglia di spiegarmi meglio il motivo per cui ritieni Che centri la morale e non la coscienza
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 11:50:34 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:39:57 AM
Si avevo Capito Che il riferimento era al post precedente ,quindi la Mia domanda rimane,se hai voglia di spiegarmi meglio il motivo per cui ritieni Che centri la morale e non la coscienza

Il termine coscienza deriva da conscire (cum e scire).
Scire ha il significato di sapere, conoscere; cum quello di "quando -nel senso di nel tempo di-, oppure insieme, unitamente".  Ovvero il termine "coscienza" ha il significato di possedere il sapere, la conoscenza.
Esiste anche l'uso inteso come consapevolezza che è stato introdotto più di recente, nel medioevo.
La consapevolezza è anch'essa una forma di sapere, ed è quel sapere che dà forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina; rendendole autentiche. La relazione tra coscienza e consapevolezza non è biiettiva, la consapevolezza presuppone la coscienza mentre la coscienza può essere data senza consapevolezza (per esempio delle conseguenze delle azioni).

Quanto tu citi gli articoli sull'omicidio intendi che le persone possono momentaneamente perdere consapevolezza di quello che fanno, questa valutazione estremamente negativa (che ovviamente condivido) è per l'appunto 'valutata', basta su un sistema di valori, ovvero basata sulla morale.
Il senso di coscienza del quale stiamo discutendo è invece la coscienza nella sua accezione più pura e originale, ovvero quella di sapere, conoscere. Se vuoi ci stiamo interrogando su cosa sia il sapere o la conoscenza.

 
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 13 Maggio 2016, 02:46:47 AM
Citazione di: HollyFabius il 12 Maggio 2016, 11:50:34 AM
Citazione di: acquario69 il 12 Maggio 2016, 10:39:57 AM
Si avevo Capito Che il riferimento era al post precedente ,quindi la Mia domanda rimane,se hai voglia di spiegarmi meglio il motivo per cui ritieni Che centri la morale e non la coscienza

Il termine coscienza deriva da conscire (cum e scire).
Scire ha il significato di sapere, conoscere; cum quello di "quando -nel senso di nel tempo di-, oppure insieme, unitamente".  Ovvero il termine "coscienza" ha il significato di possedere il sapere, la conoscenza.
Esiste anche l'uso inteso come consapevolezza che è stato introdotto più di recente, nel medioevo.
La consapevolezza è anch'essa una forma di sapere, ed è quel sapere che dà forma all'etica, alla condotta di vita, alla disciplina; rendendole autentiche. La relazione tra coscienza e consapevolezza non è biiettiva, la consapevolezza presuppone la coscienza mentre la coscienza può essere data senza consapevolezza (per esempio delle conseguenze delle azioni).

Quanto tu citi gli articoli sull'omicidio intendi che le persone possono momentaneamente perdere consapevolezza di quello che fanno, questa valutazione estremamente negativa (che ovviamente condivido) è per l'appunto 'valutata', basta su un sistema di valori, ovvero basata sulla morale.
Il senso di coscienza del quale stiamo discutendo è invece la coscienza nella sua accezione più pura e originale, ovvero quella di sapere, conoscere. Se vuoi ci stiamo interrogando su cosa sia il sapere o la conoscenza.

grazie per i chiarimenti.
ad ogni modo quel sapere-insieme della coscienza non credo che sia qualcosa di localizzato,(magari nel cervello),così come la conoscenza.
per me sarebbe da riconsiderare il concetto di anima che non ha nulla a che fare con la morale come invece viene spesso male interpretata.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 13 Maggio 2016, 22:29:58 PM
 "Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?" magari proprio con questa domanda (ossia dopotutto si potrebbe rispondere che se esiste questa domanda, essa è la prova logica che la coscienza esiste).
Scusate se mi intrometto tardi in questa discussione molto interessante per tornare alla domanda iniziale che, per demolire la tesi forte dell'IA (quella che considera la coscienza uh fenomeno emergente dalla complessità), chiede di dimostrare che il tutto non è maggiore della somma delle parti. Io direi piuttosto che il tutto è certamente diverso dalla somma delle parti, che sia maggiore o minore dipende dai punti di vista. Infatti , se le parti si trovano tra loro in una qualsiasi forma di relazione (se non lo sono non credo abbia il minimo senso parlare di tutto e di parti), alla somma delle parti intese come elementi, va aggiunta la somma delle loro relazioni che determina quella totalità intera che sarà a sua volta in relazione reciproca con le singole parti e questa relazione del tutto con le sue parti è proprio ciò che esorbita continuamente all'infinito dalla somma delle parti. D'altra parte però se ogni parte è solo una parte dell'intero e quindi è ad esso minore (e pure la somma delle parti è parte dell'intero), è anche vero che proprio poiché l'intero non è parte ad esso manca questa proprietà che ogni parte possiede in modo specifico e diverso per cui, in questo senso, l'intero è minore della somma delle sue parti per ogni parte che gli è propria.
La coscienza comunque non la vedo proprio come una sorta di misterioso flusso insufflato nel tutto dal di fuori per fare della somma un intero (e come potrebbe? fuori dal tutto ci sta solo il niente, non certo un insufflatore o programmatore di coscienze), ma è proprio quel gioco di relazioni tra le parti e il loro intero e tra l'intero e le sue parti, un gioco mai perfettamente definibile se non come un continuo reciproco rimando come in un gioco di specchi che si riflettono l'un l'altro costantemente all'infinito, finché uno specchio non si rompe. Sì, penso che pensare la coscienza è entrare in una vertigine infinita che non ha in origine nulla di trascendente, ma genera proprio dal suo abisso infinito ogni trascendenza.
Infine la domanda che sempre più appassiona (sia i cultori dell'IA, sia coloro che negano che dall'IA possa mai venire tratta una coscienza): è possibile costruire macchine coscienti? Personalmente penso che nulla fondamentalmente lo vieti, il problema è semmai come accorgersene, fermo restando che la coscienza non è un problema di intelligenza. La macchina che batte il maestro umano di Go o di scacchi non è per questo più cosciente di un qualsiasi distributore automatico di bevande. Magari se si mostrasse inaspettatamente euforica per la sua vittoria (quanto il maestro umano appariva abbattuto) forse dimostrerebbe una coscienza, ma non lo ha fatto e se  fosse stata programmata per farlo non avrebbe dimostrato nulla. Ma questo non significa che un giorno, senza che sia stato progettato, un sistema algoritmico che opera in modo continuamente reiterativo su se stesso non arrivi a tanto che poi a chi è cosciente sembra così elementare e banale (ma elementare e banale non lo è per nulla): riconoscere se stesso nell'immagine di se stesso, cosicché quel "me stesso" abbia proprio il senso di me stesso. Ma allora, come è stato detto, non avremmo più una macchina, ma un essere umano vivente e qualcuno (magari la stessa ex macchina) si chiederà se ne è valsa la pena.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 11:18:55 AM
Citazione di: maral il 13 Maggio 2016, 22:29:58 PM[...]
La coscienza comunque non la vedo proprio come una sorta di misterioso flusso insufflato nel tutto dal di fuori per fare della somma un intero (e come potrebbe? fuori dal tutto ci sta solo il niente, non certo un insufflatore o programmatore di coscienze), ma è proprio quel gioco di relazioni tra le parti e il loro intero e tra l'intero e le sue parti, un gioco mai perfettamente definibile se non come un continuo reciproco rimando come in un gioco di specchi che si riflettono l'un l'altro costantemente all'infinito, finché uno specchio non si rompe. Sì, penso che pensare la coscienza è entrare in una vertigine infinita che non ha in origine nulla di trascendente, ma genera proprio dal suo abisso infinito ogni trascendenza.
[...]
Infatti la coscienza non ha nulla di misterioso... si fa per dire, nel senso che non viene dall'esterno. Giustamente, nulla può essere esterno al tutto.
Quindi la coscienza c'è già, è già all'interno della manifestazione, è corrisponde proprio "all'intero" (al tutto) che organizza la materia (le parti) per potersi manifestare come vita cosciente e intelligente, a vari livelli di complessità, fino all'uomo.

La stessa fisica c'insegna che nulla sorge dal nulla e sparisce nel nulla, e quindi perché mai la coscienza dovrebbe sorgere dal nulla e sparire nel nulla?

Le "relazioni fra le parti e l'intero" non possono spiegare l'emergere della coscienza, per il semplice motivo che le relazioni non hanno una realtà fisica, sono solo concetti che l'intelligenza autocosciente umana formula come atti conoscitivi della realtà in cui è immersa.
Ma se le relazioni sono concetti formulati dalla coscienza, affermare che la coscienza emerge come risultato delle "relazioni fra le parti e l'intero" equivale a dire che la coscienza emerge da concetti che sono formulati dalla coscienza: una tautologia.

Come ho già scritto, esiste realmente solo il tutto, e le parti sono solo visioni parziali, concettualizzazioni create da individui pensanti.
L'universo è un tutto, come suggerisce la fisica quantistica: dall'evento che chiamiamo Big Bang, tutte le particelle dell'universo si trovano in uno stato entangled, cioè in una condizione di interdipendenza inestricabile e non-locale (peraltro come intuito dal Budda 2500 anni fa).
E si può allora pensare che l'universo stesso costituisca la base materiale di un'intelligenza cosmica: anche questo, concetto intuito già migliaia di anni fa e che ritroviamo, a esempio, nel Corpus Hermeticum.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 14 Maggio 2016, 12:28:08 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 11:18:55 AM
"relazioni fra le parti e l'intero" non possono spiegare l'emergere della coscienza, per il semplice motivo che le relazioni non hanno una realtà fisica, sono solo concetti che l'intelligenza autocosciente umana formula come atti conoscitivi della realtà in cui è immersa.
Ma se le relazioni sono concetti formulati dalla coscienza, affermare che la coscienza emerge come risultato delle "relazioni fra le parti e l'intero" equivale a dire che la coscienza emerge da concetti che sono formulati dalla coscienza: una tautologia.
Come no, le relazioni hanno una realtà fisica eccome: la legge di gravitazione è appunto una relazione e il camp gravitazionale è un campo relazionale interpretato erroneamente come una cosa. Si può benissimo partire dalla relazione come ente primario privo di reificazioni e pensare le cose come concettualizzazioni create dalla relazione. La coscienza ad esempio è assai più facilmente comprensibile non come una cosa, ma come una relazione tra cose. Come ho già avuto modo di dire comunque preferisco pensare che la relazione e le cose siano del tutto contemporanee e coesistenti come la materia e l'energia e che sia solo un punto di vista cognitivo di comodo che le separa immaginando cose originarie prive di relazioni o relazioni primarie prive di cose. Se la cosa è, è già in relazione, quindi può apparire. 
CitazioneCome ho già scritto, esiste realmente solo il tutto, e le parti sono solo visioni parziali, concettualizzazioni create da individui pensanti.
Ma si può pensarla del tutto logicamente anche in modo opposto, ossia che sia proprio la totalità che non esiste e non esiste in quanto non ha un limite che possa darne ragione, continuamente si accresce oltre ogni de-finizione. Dunque il tutto non esiste, ma esistono solo le parti che non potranno mai esprimere, messe insieme, alcuna totalità. O forse, si potrebbe anche dire (concettualizzando) che il tutto non è una cosa che è, ma un continuo divenire, un puro dinamismo.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 13:36:05 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 12:28:08 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 11:18:55 AM
"relazioni fra le parti e l'intero" non possono spiegare l'emergere della coscienza, per il semplice motivo che le relazioni non hanno una realtà fisica, sono solo concetti che l'intelligenza autocosciente umana formula come atti conoscitivi della realtà in cui è immersa.
Ma se le relazioni sono concetti formulati dalla coscienza, affermare che la coscienza emerge come risultato delle "relazioni fra le parti e l'intero" equivale a dire che la coscienza emerge da concetti che sono formulati dalla coscienza: una tautologia.
Come no, le relazioni hanno una realtà fisica eccome: la legge di gravitazione è appunto una relazione e il camp gravitazionale è un campo relazionale interpretato erroneamente come una cosa. Si può benissimo partire dalla relazione come ente primario privo di reificazioni e pensare le cose come concettualizzazioni create dalla relazione. La coscienza ad esempio è assai più facilmente comprensibile non come una cosa, ma come una relazione tra cose. Come ho già avuto modo di dire comunque preferisco pensare che la relazione e le cose siano del tutto contemporanee e coesistenti come la materia e l'energia e che sia solo un punto di vista cognitivo di comodo che le separa immaginando cose originarie prive di relazioni o relazioni primarie prive di cose. Se la cosa è, è già in relazione, quindi può apparire.  
CitazioneCome ho già scritto, esiste realmente solo il tutto, e le parti sono solo visioni parziali, concettualizzazioni create da individui pensanti.
Ma si può pensarla del tutto logicamente anche in modo opposto, ossia che sia proprio la totalità che non esiste e non esiste in quanto non ha un limite che possa darne ragione, continuamente si accresce oltre ogni de-finizione. Dunque il tutto non esiste, ma esistono solo le parti che non potranno mai esprimere, messe insieme, alcuna totalità. O forse, si potrebbe anche dire (concettualizzando) che il tutto non è una cosa che è, ma un continuo divenire, un puro dinamismo.
Non riesco a immaginare cosa sia una "relazione" senza pensare a "fenomeni" che siano appunto in relazione.
Da solo, "relazione" non significa nulla: implica l'esistenza di fenomeni da mettere in relazione.
Ma questi fenomeni devono avere una "base" comune (una "sostanza" comune) per poter essere messi in relazione: due fenomeni reciprocamente trascendenti, per definizione, non possono relazionarsi in alcun modo.
Ma se due fenomeni non sono reciprocamente trascendenti, allora hanno una sostanza in comune, il che significa che essi sono, ad un livello più profondo, un solo fenomeno che si differenzia in due. La differenza, appunto, è la relazione.
In questo modo, riassorbendo di livello in livello le relazioni (differenze) fra i fenomeni, si arriva ad una realtà unica: il tutto.
E' il concetto stesso di relazione a implicare il tutto.

La legge di gravitazione esprime sì una relazione quantitativa fra le masse, ma è una relazione tutta concettuale (matematica, peraltro necessariamente approssimata), che non ha nulla a che fare con l'essenza della gravitazione. Nessuno sa cosa sia la gravitazione, né cosa siano materia ed energia e tempo. Non sappiamo nulla riguardo all'essenza dei fenomeni che osserviamo; sappiamo solo stabilire "come" e "quanto", ma non "essenza" e "perché" dei fenomeni. Questi sono i limiti invalicabili delle relazioni (puramente esteriori e a posteriori) che la scienza stabilisce fra i fenomeni.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 14 Maggio 2016, 13:47:27 PM
è anche vero che proprio poiché l'intero non è parte ad esso manca questa proprietà che ogni parte possiede in modo specifico e diverso per cui, in questo senso, l'intero è minore della somma delle sue parti per ogni parte che gli è propria.

e se gli e' propria tale proprietà specifica e' sempre e solo il tutto a comprenderla a se',a contenerla (anche nella sue relative proprietà specifiche delle parti) ...e' la parte che proviene dal tutto e non il contrario

fuori dal tutto ci sta solo il niente 
anche qui vale la stessa cosa,come può il tutto avere qualcosa fuori di se?,e a mio avviso se ne deduce pure che il niente e' solo un elaborazione mentale.

il tutto essendo tutto non può avere distinzioni,percio parti.
quindi ce solo il tutto e non le parti..la distinzione delle parti e' illusoria
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
Perdonate l'intrusione...
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 14 Maggio 2016, 17:34:23 PM
Io credo, sperando di non saltare ancora di pan in frasca con la discussione, che siamo di fronte ad un ricorrente malinteso. Leggendo gli ultimi interventi ho sentito dire che si dovrebbe definire la coscienza, definire l'autocoscienza, definire il tutto, il nulla e così via. Ma chi ha detto che le parole identifichino con precisione l'oggetto? Il linguaggio scientifico si serve del numero e di una simbologia rigorosa per supplire alla necessità di espressione senza ambiguità alcuna. Ma chi ha mai detto che ciò possa avvenire anche nel linguaggio discorsivo? Il linguaggio è ambiguo, impreciso e a volte paradossale per natura. Quando si trasferisce l'induzione dalla matematica al linguaggio parlato si generano i paradossi russelliani e altre aporie. La domanda del topic è se si può esprimere formalmente (questo dovrebbe significare dimostrarne l'esistenza) la coscienza per poi trapiantarla sui robot attraverso il linguaggio informatico. Mi sembra evidente che ciò che chiamiamo coscienza è frutto del nostro linguaggio discorsivo, quindi un'identificazione assai astratta e imprecisa. Quindi io non vedo proprio il passaggio che porterebbe da questa astrattezza e imprecisione alla rigorosa formulazione matematica della coscienza. Senza dire che si tratta anche di un salto dal meccanico al biologico, dato che, a mio modo di vedere, la coscienza è una funzionalità vitale rispondente alle esigenze di organizzazione e adattamento del vivente. Come puo un qualcosa di non-vivo avere una coscienza?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 14 Maggio 2016, 17:38:51 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 13:36:05 PM
Non riesco a immaginare cosa sia una "relazione" senza pensare a "fenomeni" che siano appunto in relazione.
Da solo, "relazione" non significa nulla: implica l'esistenza di fenomeni da mettere in relazione.
Si può tuttavia pensare la relazione come ciò che determina i suoi oggetti, ad esempio l'amore (come relazione) che crea enti amanti. D'altra parte anche la cosa in sé, priva di relazioni, non significa nulla, essendo il significato posto sempre dalle nostre relazioni con essa.
Se parti dalla relazione essa definisce sia la base comune che la differenza dei fenomeni, che non saranno mai del tutto reciprocamente trascendenti e quindi hai ragione nel sostenere, a partire dalla relazione, anziché dalle cose, che proprio questo implica il tutto come tutto relazionale e immanente. In tal caso il tutto non è più una somma di tutte le cose, ma l prodotto di tutte le relazioni che continuamente si produce, dunque non è mai definibile, non è il contenitore di tutte le cose, poiché anch'esso è continuamente in relazione con ogni sua parte.
Ma questi fenomeni devono avere una "base" comune (una "sostanza" comune) per poter essere messi in relazione: due fenomeni reciprocamente trascendenti, per definizione, non possono relazionarsi in alcun modo.
Ma se due fenomeni non sono reciprocamente trascendenti, allora hanno una sostanza in comune, il che significa che essi sono, ad un livello più profondo, un solo fenomeno che si differenzia in due. La differenza, appunto, è la relazione.
In questo modo, riassorbendo di livello in livello le relazioni (differenze) fra i fenomeni, si arriva ad una realtà unica: il tutto.
E' il concetto stesso di relazione a implicare il tutto.

CitazioneLa legge di gravitazione esprime sì una relazione quantitativa fra le masse, ma è una relazione tutta concettuale (matematica, peraltro necessariamente approssimata), che non ha nulla a che fare con l'essenza della gravitazione. Nessuno sa cosa sia la gravitazione, né cosa siano materia ed energia e tempo. Non sappiamo nulla riguardo all'essenza dei fenomeni che osserviamo; sappiamo solo stabilire "come" e "quanto", ma non "essenza" e "perché" dei fenomeni. Questi sono i limiti invalicabili delle relazioni (puramente esteriori e a posteriori) che la scienza stabilisce fra i fenomeni.
Qui tu sostieni che vi è un'essenza della gravitazione che nessuno sa, oltre la legge della gravitazione che esprime una particolare relazione (il fatto che sia concettuale non la nega, è comunque relazione). Ti si potrebbe allora chiedere come fai a saperlo.
Non sappiamo infatti nulla dei fenomeni se non ciò che ci appare dal loro relazionarsi, a qualsiasi livello li consideri, da quello sensitivo e concreto a quello più astratto e concettuale.

Citazione di: acquario69 il 14 Maggio 2016, 13:47:27 PM
è anche vero che proprio poiché l'intero non è parte ad esso manca questa proprietà che ogni parte possiede in modo specifico e diverso per cui, in questo senso, l'intero è minore della somma delle sue parti per ogni parte che gli è propria.

e se gli e' propria tale proprietà specifica e' sempre e solo il tutto a comprenderla a se',a contenerla (anche nella sue relative proprietà specifiche delle parti) ...e' la parte che proviene dal tutto e non il contrario
Dipende sempre dalla prospettiva che assumi. Ciò di cui possiamo fare esperienza cosciente sono solo le parti, ossia la loro specificità. Yu dici che il tutto contiene le specificità di tutte le parti, quindi non gli manca nulla, ma proprio poiché contiene tutte le specificità gli manca una sua specificità, dunque a qualcosa di meno di ogni singola parte che invece ha la sua specificità.
Il niente è sì un'elaborazione mentale (quindi è qualcosa, non è niente, a meno di non sostenere che le elaborazioni mentali siano niente, che mi pare assurdo) ed è quell'elaborazione mentale indispensabile per concepire il tutto. Il tutto e il niente si implicano così strettamente da arrivare a coincidere, pur nella loro assoluta opposizione concettuale che continuamente li esige separati intendendo il primo come assolta affermazione e il secondo come assoluta negazione.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza)  

Citazione di: cvc il 14 Maggio 2016, 17:34:23 PM
Io credo, sperando di non saltare ancora di pan in frasca con la discussione, che siamo di fronte ad un ricorrente malinteso. Leggendo gli ultimi interventi ho sentito dire che si dovrebbe definire la coscienza, definire l'autocoscienza, definire il tutto, il nulla e così via. Ma chi ha detto che le parole identifichino con precisione l'oggetto? Il linguaggio scientifico si serve del numero e di una simbologia rigorosa per supplire alla necessità di espressione senza ambiguità alcuna. Ma chi ha mai detto che ciò possa avvenire anche nel linguaggio discorsivo? Il linguaggio è ambiguo, impreciso e a volte paradossale per natura. Quando si trasferisce l'induzione dalla matematica al linguaggio parlato si generano i paradossi russelliani e altre aporie. La domanda del topic è se si può esprimere formalmente (questo dovrebbe significare dimostrarne l'esistenza) la coscienza per poi trapiantarla sui robot attraverso il linguaggio informatico. Mi sembra evidente che ciò che chiamiamo coscienza è frutto del nostro linguaggio discorsivo, quindi un'identificazione assai astratta e imprecisa. Quindi io non vedo proprio il passaggio che porterebbe da questa astrattezza e imprecisione alla rigorosa formulazione matematica della coscienza. Senza dire che si tratta anche di un salto dal meccanico al biologico, dato che, a mio modo di vedere, la coscienza è una funzionalità vitale rispondente alle esigenze di organizzazione e adattamento del vivente. Come puo un qualcosa di non-vivo avere una coscienza?
Sì, ma anche il linguaggio matematico è un linguaggio e, nonostante il suo rigore astratto, non è detto che per questo riesca a cogliere appropriatamente la coscienza (e men che meno l'autocoscienza). I paradossi russelliani tra l'altro sono propri dell'ambito del linguaggio matematico, non del linguaggio comune (in cui non valgono) e risultano dal punto di vista logico formale. Si può anche dubitare che siano stati logicamente mai davvero risolti (la trattazione di Severino in merito è molto significativa, ma questo è un discorso che deborda dal tema).
Il problema comunque è proprio questo: si può dare una formulazione algoritmica alla coscienza? Una matematica puramente formale è un linguaggio adeguato per dare conto del fenomeno o non finisce per annegare nei paradossi? E anche ammesso che sia possibile, come si può verificare se il tentativo è riuscito?
C'è un film che ho trovato molto interessante in merito: "Lei"  (se non lo avete già visto lo potete scaricare in streaming da internet, preferibilmente nella versione inglese "Her", non doppiata). "Lei" è un sistema operativo in grado di implementarsi su se stesso, progettato dai programmatori del futuro per dare risposte significative a livello emotivo agli utenti che dialogano con lei. Forse è proprio l'aspetto emotivo ciò che più riguarda il riconoscimento di un soggetto cosciente e le cose possono complicarsi enormemente quando, come nel film, il protagonista umano finisce per innamorarsi di un software che si autoevolve continuamente su base emotiva, fino ad accedere a un grado di coscienza che va ben oltre quello umano.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 14 Maggio 2016, 18:49:50 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza) 

Citazione di: cvc il 14 Maggio 2016, 17:34:23 PM
Io credo, sperando di non saltare ancora di pan in frasca con la discussione, che siamo di fronte ad un ricorrente malinteso. Leggendo gli ultimi interventi ho sentito dire che si dovrebbe definire la coscienza, definire l'autocoscienza, definire il tutto, il nulla e così via. Ma chi ha detto che le parole identifichino con precisione l'oggetto? Il linguaggio scientifico si serve del numero e di una simbologia rigorosa per supplire alla necessità di espressione senza ambiguità alcuna. Ma chi ha mai detto che ciò possa avvenire anche nel linguaggio discorsivo? Il linguaggio è ambiguo, impreciso e a volte paradossale per natura. Quando si trasferisce l'induzione dalla matematica al linguaggio parlato si generano i paradossi russelliani e altre aporie. La domanda del topic è se si può esprimere formalmente (questo dovrebbe significare dimostrarne l'esistenza) la coscienza per poi trapiantarla sui robot attraverso il linguaggio informatico. Mi sembra evidente che ciò che chiamiamo coscienza è frutto del nostro linguaggio discorsivo, quindi un'identificazione assai astratta e imprecisa. Quindi io non vedo proprio il passaggio che porterebbe da questa astrattezza e imprecisione alla rigorosa formulazione matematica della coscienza. Senza dire che si tratta anche di un salto dal meccanico al biologico, dato che, a mio modo di vedere, la coscienza è una funzionalità vitale rispondente alle esigenze di organizzazione e adattamento del vivente. Come puo un qualcosa di non-vivo avere una coscienza?
Sì, ma anche il linguaggio matematico è un linguaggio e, nonostante il suo rigore astratto, non è detto che per questo riesca a cogliere appropriatamente la coscienza (e men che meno l'autocoscienza). I paradossi russelliani tra l'altro sono propri dell'ambito del linguaggio matematico, non del linguaggio comune (in cui non valgono) e risultano dal punto di vista logico formale. Si può anche dubitare che siano stati logicamente mai davvero risolti (la trattazione di Severino in merito è molto significativa, ma questo è un discorso che deborda dal tema).
Il problema comunque è proprio questo: si può dare una formulazione algoritmica alla coscienza? Una matematica puramente formale è un linguaggio adeguato per dare conto del fenomeno o non finisce per annegare nei paradossi? E anche ammesso che sia possibile, come si può verificare se il tentativo è riuscito?
C'è un film che ho trovato molto interessante in merito: "Lei"  (se non lo avete già visto lo potete scaricare in streaming da internet, preferibilmente nella versione inglese "Her", non doppiata). "Lei" è un sistema operativo in grado di implementarsi su se stesso, progettato dai programmatori del futuro per dare risposte significative a livello emotivo agli utenti che dialogano con lei. Forse è proprio l'aspetto emotivo ciò che più riguarda il riconoscimento di un soggetto cosciente e le cose possono complicarsi enormemente quando, come nel film, il protagonista umano finisce per innamorarsi di un software che si autoevolve continuamente su base emotiva, fino ad accedere a un grado di coscienza che va ben oltre quello umano.
Mi pare siamo fondamentalmente d'accordo  anche se a me  sembra  che i celebri paradossi di russel fossero espressi proprio in linguaggio discorsivo, cone quello del tacchino induttivista. La sua opera maggiore è stato un tentativo di dare al linguaggio discorsivo un formalismo logico matematico, presumibilmente proprio per rimediare a tali paradossi, fondando la matematica sulla logica e cercando poi di traferire tale formalismo anche al linguaggio parlato. In "Introduzione alla filosofia matematica" fa l'esempio di come le relazioni possono applicarsi anche al linguaggio. Ad esempio "padre" è una funzione uno-molti, "figlio" è molti-uno. Ma in caso di figlio unico diventerebbe uno-uno. Appare (almeno a me) evidente come il linguaggio non  possa prestarsi a tale formalismo, e la difficoltà nello stabilire relazioni non ambigue. Ad esempio la dialettica hegeliana era ispirata alla teoria dei contrari di Eraclito. Ad Hegel fu però contestato come certe antitesi da lui identificate non fossero proprio tali, non fossero ciò precisamente degli opposti.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 18:59:11 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 17:38:51 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 13:36:05 PM[...]
CitazioneLa legge di gravitazione esprime sì una relazione quantitativa fra le masse, ma è una relazione tutta concettuale (matematica, peraltro necessariamente approssimata), che non ha nulla a che fare con l'essenza della gravitazione. Nessuno sa cosa sia la gravitazione, né cosa siano materia ed energia e tempo. Non sappiamo nulla riguardo all'essenza dei fenomeni che osserviamo; sappiamo solo stabilire "come" e "quanto", ma non "essenza" e "perché" dei fenomeni. Questi sono i limiti invalicabili delle relazioni (puramente esteriori e a posteriori) che la scienza stabilisce fra i fenomeni.
Qui tu sostieni che vi è un'essenza della gravitazione che nessuno sa, oltre la legge della gravitazione che esprime una particolare relazione (il fatto che sia concettuale non la nega, è comunque relazione). Ti si potrebbe allora chiedere come fai a saperlo.
Non sappiamo infatti nulla dei fenomeni se non ciò che ci appare dal loro relazionarsi, a qualsiasi livello li consideri, da quello sensitivo e concreto a quello più astratto e concettuale.
[...]
Mi riferisco al fatto che, mi risulta, lo stesso Newton fosse sconcertato dalla sua scoperta. Cioè, aveva trovato il modo di collegare matematicamente il moto dei corpi celesti, ma si rendeva conto di non avere la più pallida idea di cosa fosse quella forza che li teneva legati insieme. Newton non poteva ammettere un'azione a distanza, attraverso il vuoto.
La cosa non è che sia cambiata gran che, oggi. Anche oggi si rifiuta l'idea dell'azione a distanza, e si è giunti a supporre che le interazioni (gravitazione, elettromagnetismo, interazione forte, interazione debole) avvengano attraverso lo scambio di particelle ad hoc: il gravitone per la gravitazione, il fotone per l'elettromagnetismo e così via. Non che sia molto soddisfacente neanche così, dal punto di vista ontologico, perché posso sempre chiedermi che cosa siano a loro volta i quanti delle interazioni, e come facciano a trasmettere la loro azione...

In definitiva, la scienza costruisce relazioni matematiche fra i fenomeni, e indubbiamente funziona a livello pratico, ma non abbiamo la più pallida idea di quale sia la realtà in sé dei fenomeni, né se vi sia una realtà in sé oggettiva. Se quelle che noi chiamiamo relazioni fra fenomeni, non corrispondessero a una realtà oggettiva, ma ad una realtà mentale, e quindi le relazioni suddette fossero solo relazioni fra idee (come nel pensiero di Berkeley)? Non possiamo saperlo, possiamo solo congetturare che ci sia una realtà di relazioni oggettive. Questo intendevo dire.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: jeangene il 14 Maggio 2016, 21:43:45 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza)  

Quindi, semplificando (in questo contesto), possiamo considerare "sentire" sinonimo di "esperire" e di "coscienza".

Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AM
Perché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti?
Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter.
Questo testo, di solo apparente semplice lettura, affrontava il tema della coscienza da un punto di vista e con uno stile piuttosto interessante; nella ristampa di venti anni dopo in una introduzione aggiunta Hofstadter chiarì che il testo "rappresentava il tentativo di mostrare come entità animate potessero derivare da materia inanimata."
In realtà non ricordo precisamente il testo in tutti i suoi dettagli (credo che dovrò rileggerlo) ma ricordo piuttosto vagamente che il testo affrontava il tema dell'autoreferenza logica, ipotizzando che proprio dall'autoreferenzialità possa emergere la coscienza.
L'intuizione base di questa sua convinzione era legata al 'processo del saltar fuori' dall'autoreferenzialità.
In fondo, spostandoci su un piano matematico astratto, questo è un concetto abbastanza noto ed espresso prima (mi pare) da Cantor e descritto formalmente da Godel, in termini un po' imprecisi possiamo descriverlo come "usando un linguaggio non è possibile descrivere il linguaggio stesso", pena la contraddizione interna fonte logica di qualunque conclusione.
Per analizzare un linguaggio occorre, infatti, usare un meta-linguaggio che usi gli elementi del linguaggio stesso come 'oggetti'.
Questo giocare sui livelli di meta-linguaggio è il 'saltar fuori' e per ogni nuovo livello si aggiunge semantica.
Il meccanismo astratto del saltar fuori e del indagare logicamente il livello inferiore è visto come se fosse quasi la fonte, 'quasi un atomo' di coscienza. Pensiamo ad infiniti livello di meta-linguaggio con aumento di potenza descrittiva ad ogni livello.
Ecco che ritorna e assume una forma più concreta il mio 'la somma è più dell'unione delle singole parti'.

Una nota anche sull'approccio e sull'impostazione di questo mio discorso.
E' chiaro che se la coscienza viene vista come un principio, un elemento creatore da cui discende la realtà, tutto questo ragionare sulla coscienza appare un contenitore vuoto.
Solo se la coscienza viene vista come un elemento della realtà in mezzo ad altri elementi, se viene vista come un oggetto di realtà e non come principio di realtà ha senso cercare di riflettere sulla possibilità di trovare una strada in grado di raggiungere (in un futuro ipotetico) la coscienza 'artificiale'.
L'approccio è prettamente scientifico, anche se non necessariamente materialista, e corrisponde al vedere la coscienza come un oggetto misurabile e conseguentemente studiare i modi per inquadrarlo e 'misurarlo'.
Contemporaneamente però è anche un approccio prettamente ideologico. E già! Perché occorre essere consapevoli che l'approccio scientifico non è immune dalla ideologia, direi affatto.
Con questo 3D però non voglio dichiarare una convinzione positiva o negativa rispetto alla coscienza vista come principio, anzi forse sono propenso a considerare principi di realtà immateriali e ne parlerò in futuro.
Vorrei però avere le idee chiare rispetto alle prospettive metalogiche e metafisiche della AI.
In fondo trovandomi di fronte ad una macchina che superi il test di Turing vorrei, con ragionevole serenità, semplicemente credere che sia il test concettualmente sbagliato.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 15 Maggio 2016, 01:55:53 AM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AMPerché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti? Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter. Questo testo, di solo apparente semplice lettura, affrontava il tema della coscienza da un punto di vista e con uno stile piuttosto interessante; nella ristampa di venti anni dopo in una introduzione aggiunta Hofstadter chiarì che il testo "rappresentava il tentativo di mostrare come entità animate potessero derivare da materia inanimata." In realtà non ricordo precisamente il testo in tutti i suoi dettagli (credo che dovrò rileggerlo) ma ricordo piuttosto vagamente che il testo affrontava il tema dell'autoreferenza logica, ipotizzando che proprio dall'autoreferenzialità possa emergere la coscienza. L'intuizione base di questa sua convinzione era legata al 'processo del saltar fuori' dall'autoreferenzialità. In fondo, spostandoci su un piano matematico astratto, questo è un concetto abbastanza noto ed espresso prima (mi pare) da Cantor e descritto formalmente da Godel, in termini un po' imprecisi possiamo descriverlo come "usando un linguaggio non è possibile descrivere il linguaggio stesso", pena la contraddizione interna fonte logica di qualunque conclusione. Per analizzare un linguaggio occorre, infatti, usare un meta-linguaggio che usi gli elementi del linguaggio stesso come 'oggetti'. Questo giocare sui livelli di meta-linguaggio è il 'saltar fuori' e per ogni nuovo livello si aggiunge semantica. Il meccanismo astratto del saltar fuori e del indagare logicamente il livello inferiore è visto come se fosse quasi la fonte, 'quasi un atomo' di coscienza. Pensiamo ad infiniti livello di meta-linguaggio con aumento di potenza descrittiva ad ogni livello. Ecco che ritorna e assume una forma più concreta il mio 'la somma è più dell'unione delle singole parti'. Una nota anche sull'approccio e sull'impostazione di questo mio discorso. E' chiaro che se la coscienza viene vista come un principio, un elemento creatore da cui discende la realtà, tutto questo ragionare sulla coscienza appare un contenitore vuoto. Solo se la coscienza viene vista come un elemento della realtà in mezzo ad altri elementi, se viene vista come un oggetto di realtà e non come principio di realtà ha senso cercare di riflettere sulla possibilità di trovare una strada in grado di raggiungere (in un futuro ipotetico) la coscienza 'artificiale'. L'approccio è prettamente scientifico, anche se non necessariamente materialista, e corrisponde al vedere la coscienza come un oggetto misurabile e conseguentemente studiare i modi per inquadrarlo e 'misurarlo'. Contemporaneamente però è anche un approccio prettamente ideologico. E già! Perché occorre essere consapevoli che l'approccio scientifico non è immune dalla ideologia, direi affatto. Con questo 3D però non voglio dichiarare una convinzione positiva o negativa rispetto alla coscienza vista come principio, anzi forse sono propenso a considerare principi di realtà immateriali e ne parlerò in futuro. Vorrei però avere le idee chiare rispetto alle prospettive metalogiche e metafisiche della AI. In fondo trovandomi di fronte ad una macchina che superi il test di Turing vorrei, con ragionevole serenità, semplicemente credere che sia il test concettualmente sbagliato.

Adesso è più chiaro quello che cerchi.
La chiave è la sintassi e la semantica nel linguaggio.
Come dici giustamente uno dei più grandi problemi, anzi IL problema, fu cercare di togliere l'ambiguità al linguaggio naturale, da questa la necessità di un linguaggio formale e simbolico.
Ma questo limita la macchina. Quell'ambiguità linguistica probabilmente potrebbe aver spinto l'uomo a cercare vie diverse per raggiungere la verità, mentre la macchina ha solo una sintassi e semantica non può esplorare oltre quel linguaggio perchè non può autogenerare altri linguaggi.Dovrebbe avere capacità di creazione, intesa come costruzione di forme linguistiche.
Noi utilizziamo moltissime forme di algoritmi e formulazioni euristiche, arrivo a dire  che persino l'irrazionalità oltre l'ambiguità amplificano il limite umano, perchè gli permettono di esplorare metodiche diverse (deduzione, induzione, intuizione, ecc.).
Il secondo aspetto è che non ha psiche e con esso emozioni, se non come un derivato algoritmico creato come ordine prestabilito che potrebbe sorgere in determinati ambiti (es. dò un ordine ad un automa che se viene accarezzato i sensori trasmettono l'input ad un algoritmo che si attiva e fa cambiare,che ne so, l'espressione facciale,ecc).
Ritengo che la coscienza emerga con la psiche e i mammiferi "superiori" sembra abbiano degli abbozzi, c'è già un'espressività del corpo , una movenza, un comportamento che forse lo indica.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 15 Maggio 2016, 03:51:14 AM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 17:38:51 PM

Citazione di: acquario69 il 14 Maggio 2016, 13:47:27 PM
è anche vero che proprio poiché l'intero non è parte ad esso manca questa proprietà che ogni parte possiede in modo specifico e diverso per cui, in questo senso, l'intero è minore della somma delle sue parti per ogni parte che gli è propria.

e se gli e' propria tale proprietà specifica e' sempre e solo il tutto a comprenderla a se',a contenerla (anche nella sue relative proprietà specifiche delle parti) ...e' la parte che proviene dal tutto e non il contrario

Dipende sempre dalla prospettiva che assumi. Ciò di cui possiamo fare esperienza cosciente sono solo le parti, ossia la loro specificità. Yu dici che il tutto contiene le specificità di tutte le parti, quindi non gli manca nulla, ma proprio poiché contiene tutte le specificità gli manca una sua specificità, dunque a qualcosa di meno di ogni singola parte che invece ha la sua specificità.
Il niente è sì un'elaborazione mentale (quindi è qualcosa, non è niente, a meno di non sostenere che le elaborazioni mentali siano niente, che mi pare assurdo) ed è quell'elaborazione mentale indispensabile per concepire il tutto. Il tutto e il niente si implicano così strettamente da arrivare a coincidere, pur nella loro assoluta opposizione concettuale che continuamente li esige separati intendendo il primo come assolta affermazione e il secondo come assoluta negazione.

pero se per tutto si intende tutto vuol dire che non può escludere "a se medesimo" nulla,comprese le singole (od ogni singola) specificità delle parti e in questo senso si potrebbe anche dire che talune singole specificità delle parti siano solo il suo riflesso molteplice manifesto...e questo e' quello Che forse intendi anche tu quando accenni Che sono Le relazioni - tra Le parti - ad implicare il tutto... MA ...Che e' comunque solo un riflesso.

le elaborazioni mentali sono già qualcosa ma non sono il Reale.
il Reale (almeno dal mio punto di vista) trascende la mente e le sue elaborazioni formali...tu dici che l'elaborazione mentale diventa indispensabile per concepire il tutto ma io credo appunto che non sia così perché il Reale e' un tutt'uno assoluto indivisibile non formale e di conseguenza non può essere de-finito
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: cvc il 15 Maggio 2016, 09:34:55 AM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AM
Perché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti?
Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter.
Questo testo, di solo apparente semplice lettura, affrontava il tema della coscienza da un punto di vista e con uno stile piuttosto interessante; nella ristampa di venti anni dopo in una introduzione aggiunta Hofstadter chiarì che il testo "rappresentava il tentativo di mostrare come entità animate potessero derivare da materia inanimata."
In realtà non ricordo precisamente il testo in tutti i suoi dettagli (credo che dovrò rileggerlo) ma ricordo piuttosto vagamente che il testo affrontava il tema dell'autoreferenza logica, ipotizzando che proprio dall'autoreferenzialità possa emergere la coscienza.
L'intuizione base di questa sua convinzione era legata al 'processo del saltar fuori' dall'autoreferenzialità.
In fondo, spostandoci su un piano matematico astratto, questo è un concetto abbastanza noto ed espresso prima (mi pare) da Cantor e descritto formalmente da Godel, in termini un po' imprecisi possiamo descriverlo come "usando un linguaggio non è possibile descrivere il linguaggio stesso", pena la contraddizione interna fonte logica di qualunque conclusione.
Per analizzare un linguaggio occorre, infatti, usare un meta-linguaggio che usi gli elementi del linguaggio stesso come 'oggetti'.
Questo giocare sui livelli di meta-linguaggio è il 'saltar fuori' e per ogni nuovo livello si aggiunge semantica.
Il meccanismo astratto del saltar fuori e del indagare logicamente il livello inferiore è visto come se fosse quasi la fonte, 'quasi un atomo' di coscienza. Pensiamo ad infiniti livello di meta-linguaggio con aumento di potenza descrittiva ad ogni livello.
Ecco che ritorna e assume una forma più concreta il mio 'la somma è più dell'unione delle singole parti'.

Una nota anche sull'approccio e sull'impostazione di questo mio discorso.
E' chiaro che se la coscienza viene vista come un principio, un elemento creatore da cui discende la realtà, tutto questo ragionare sulla coscienza appare un contenitore vuoto.
Solo se la coscienza viene vista come un elemento della realtà in mezzo ad altri elementi, se viene vista come un oggetto di realtà e non come principio di realtà ha senso cercare di riflettere sulla possibilità di trovare una strada in grado di raggiungere (in un futuro ipotetico) la coscienza 'artificiale'.
L'approccio è prettamente scientifico, anche se non necessariamente materialista, e corrisponde al vedere la coscienza come un oggetto misurabile e conseguentemente studiare i modi per inquadrarlo e 'misurarlo'.
Contemporaneamente però è anche un approccio prettamente ideologico. E già! Perché occorre essere consapevoli che l'approccio scientifico non è immune dalla ideologia, direi affatto.
Con questo 3D però non voglio dichiarare una convinzione positiva o negativa rispetto alla coscienza vista come principio, anzi forse sono propenso a considerare principi di realtà immateriali e ne parlerò in futuro.
Vorrei però avere le idee chiare rispetto alle prospettive metalogiche e metafisiche della AI.
In fondo trovandomi di fronte ad una macchina che superi il test di Turing vorrei, con ragionevole serenità, semplicemente credere che sia il test concettualmente sbagliato.
La scienza costruisce modelli basati su previsioni fatte a priori. Ad esempio ci sono aerei che possono compiere voli di linea senza l'intervento del pilota. Ma che succede se nel viaggio capita qualcosa che non rientra nei possibili imprevisti contemplati dal programma? Che succede se deve prendere una decisione immediata su ciò per cui non è stato impostato? In una condizione del genere un uomo che non si fa prendere dal panico inizierebbe a pensare sulle varie alternative. Una macchina si bloccherebbe e basta.
Non capisco come la coscienza potrebbe saltar fuori da un linguaggio o meta linguaggio mentre è proprio l'inverso, è il linguaggio che deriva dalla coscienza, dal ragionamento cosciente in cui si comprende che una tal cosa può essere sostituita da un simbolo, e un simbolo da un suono. Per cui se dico "pietra" il cervello umano sa perfettamente ciò cui mi riferisco, proprio come se stessi mostrando una pietra. Come potrebbe verificarsi  il processo inverso, dal linguaggio alla coscienza, proprio non lo capisco.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 12:10:10 PM
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 01:55:53 AM
Adesso è più chiaro quello che cerchi.
La chiave è la sintassi e la semantica nel linguaggio.
Come dici giustamente uno dei più grandi problemi, anzi IL problema, fu cercare di togliere l'ambiguità al linguaggio naturale, da questa la necessità di un linguaggio formale e simbolico.
Ma questo limita la macchina. Quell'ambiguità linguistica probabilmente potrebbe aver spinto l'uomo a cercare vie diverse per raggiungere la verità, mentre la macchina ha solo una sintassi e semantica non può esplorare oltre quel linguaggio perchè non può autogenerare altri linguaggi.Dovrebbe avere capacità di creazione, intesa come costruzione di forme linguistiche.
Noi utilizziamo moltissime forme di algoritmi e formulazioni euristiche, arrivo a dire  che persino l'irrazionalità oltre l'ambiguità amplificano il limite umano, perchè gli permettono di esplorare metodiche diverse (deduzione, induzione, intuizione, ecc.).
Il secondo aspetto è che non ha psiche e con esso emozioni, se non come un derivato algoritmico creato come ordine prestabilito che potrebbe sorgere in determinati ambiti (es. dò un ordine ad un automa che se viene accarezzato i sensori trasmettono l'input ad un algoritmo che si attiva e fa cambiare,che ne so, l'espressione facciale,ecc).
Ritengo che la coscienza emerga con la psiche e i mammiferi "superiori" sembra abbiano degli abbozzi, c'è già un'espressività del corpo , una movenza, un comportamento che forse lo indica.
L'ambiguità linguistica è uno degli aspetti, che riguardano l'interpretazione del contenuto del linguaggio. Il linguaggio matematico pone a suo fondamento la coerenza interna e con questo l'eliminazione delle ambiguità.
Il 'mondo' del linguaggio sembra vivere in una realtà separata dal mondo reale, libero dei vincoli naturali ed è proprio la relazione tra il mondo del linguaggio e il mondo naturale la fonte di molte riflessioni.
Nel mondo del linguaggio, del logos la divisione tra sintassi e semantica è chiara, nel senso che penso si possa condividere l'opinione espressa implicitamente da Hofstadter che la sintassi di un livello è la semantica del livello superiore.
La sua ulteriore opinione è che si possa riportare questa logica relazionale nel mondo naturale, dove esisterebbe una analoga costruzione possibile tra 'linguaggio' e 'meta-linguaggio', intendendo con 'linguaggio' gli oggetti reali e 'meta-linguaggio' unioni di questi oggetti; nel testo per esempio parlava di formiche (o forse termiti, non ricordo con precisione) e di colonie di formiche. Ragionando al livello della colonia di formiche, le configurazioni possibili delle formiche vengono viste come potenziale semantica. Sarebbe interessante ragionare sul fatto che sia lecito e ragionevole spostare queste riflessioni, come fatto dall'autore, dall'ambito del linguaggio all'ambito della natura. E' chiaro che da questo può derivare la possibilità di vedere sorgere della 'semantica naturale' dall'insieme dei neuroni o di derivare riflessioni simili.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 15 Maggio 2016, 12:14:08 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 21:43:45 PM
Citazione di: maral il 14 Maggio 2016, 18:23:02 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 16:47:28 PM
In questa e in altre discussioni si fa spesso uso dei termini: "sentire"/"esperire" (in questo contesto, per me, sinonimi), "coscienza" e "autocoscienza".
Vi chiedo: che definizioni attribuireste a questi termini e in che modo li mettereste in relazione fra loro?
Dare risposta a questa domanda mi sembra tutt'altro che semplice perché, ad esempio, quando sento/esperisco qualcosa in qualche modo ne prendo coscienza (non si da mai un sentire/esperire qualcosa senza che qualcuno ne prenda, in qualche modo, coscienza), quindi "sentire"/"esperire" e "prendere coscienza" fanno in qualche modo riferimento allo stesso processo?
"Autocoscienza" poi cosa significherebbe? Il processo di prendere coscienza del del fatto di stare sentendo/esperendo qualcosa?

Grazie per l' attenzione,
jeangene
In questo contesto sentire ed esperire si potrebbero, per quanto mi riguarda considerare sinonimi, salvo diversa specificazione che potrebbe in linea di massima essere ricondotta a un'esternalità dell'esperire rispetto all'interiorità del sentire (ma in tal caso andrebbe chiarito cosa è interno e cosa esterno, cosa tutt'altro che facile e ovvia).
La differenza tra coscienza e autocoscienza mi sembra invece evidente, la coscienza riguarda il fenomeno. l'autocoscienza è invece la coscienza della coscienza del fenomeno, ossia prende la coscienza del fenomeno come fenomeno esso stesso e questo fa emergere l'esistenza di un soggetto. Per semplificare: la coscienza dice che ad esempio c'è la presenza di un albero, l'autocoscienza dice che c'è la presenza della presenza dell'albero e dunque c'è un soggetto che si rende conto di questa presenza e quel soggetto sono io. Si è spesso discusso ad esempio di quanto gli animali possano essere solo coscienti o anche autocoscienti (pare che i cani, i delfini e i corvi raggiungano un certo livello di autocoscienza)  

Quindi, semplificando (in questo contesto), possiamo considerare "sentire" sinonimo di "esperire" e di "coscienza".

Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.


Rispondo:

Concordo che "sentire" é sinonimo di "esperire" e di "coscienza" (aggiungerei: e di "fenomenicità", realtà apparente o "fenomenica").

Si può sapere circa la coscienza (cioé predicare che accade realmente la coscienza, la qual accade realmente) solo come atto di autocoscienza (per definizione).
Ma può ben darsi coscienza (anche) senza (inoltre coscienza del) pensiero del suo darsi, senza conoscenza dl suo darsi, id est: senza autocoscienza (credo sia il caso degli animali non umani, che il solo uomo, grazie al pensiero linguistico e astratto, possa essere anche autocosciente oltre che cosciente).



Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 13:20:14 PM
Citazione di: cvc il 15 Maggio 2016, 09:34:55 AM
La scienza costruisce modelli basati su previsioni fatte a priori. Ad esempio ci sono aerei che possono compiere voli di linea senza l'intervento del pilota. Ma che succede se nel viaggio capita qualcosa che non rientra nei possibili imprevisti contemplati dal programma? Che succede se deve prendere una decisione immediata su ciò per cui non è stato impostato? In una condizione del genere un uomo che non si fa prendere dal panico inizierebbe a pensare sulle varie alternative. Una macchina si bloccherebbe e basta.
Non capisco come la coscienza potrebbe saltar fuori da un linguaggio o meta linguaggio mentre è proprio l'inverso, è il linguaggio che deriva dalla coscienza, dal ragionamento cosciente in cui si comprende che una tal cosa può essere sostituita da un simbolo, e un simbolo da un suono. Per cui se dico "pietra" il cervello umano sa perfettamente ciò cui mi riferisco, proprio come se stessi mostrando una pietra. Come potrebbe verificarsi  il processo inverso, dal linguaggio alla coscienza, proprio non lo capisco.
In realtà la scienza costruisce modelli basati sulla prevedibilità della realtà, non su previsioni che nelle intenzioni non sono mai fatte a priori. La previsione è lo scopo della scienza, per esempio previsione per sottoporre a controllo la realtà e rendere meno incerto il comportamento della natura. Questo aspetto è ben chiarito da Severino e penso sia logicamente e non solo logicamente inattaccabile.
Il testo 'EGB' non propone come ipotesi il saltar fuori della coscienza dal meta-linguaggio ma intende fare un parallelo tra linguaggio/logos e natura, probabilmente per la natura non abbiamo nel nostro linguaggio naturale un termine che identifica il meta-linguaggio degli oggetti. Come ho citato nel post precedente questo sono, nelle intenzioni dell'autore, le colonie di formiche rispetto alle formiche.
Peraltro se dico 'pietra' il cervello umano si forma un modello diverso da persona a persona anche se abbiamo una attendibile alta probabilità di intenderci dicendo 'pietra'.
Concordo sul fatto che la direzione dal linguaggio alla coscienza sembra essere inversa rispetto alla direzione tra coscienza e linguaggio, poiché il linguaggio (e il 'mondo' del linguaggio) nasce in presenza di coscienza.
Il punto sta probabilmente tutto lì, è evidente che RGB parla sia del linguaggio verbale, del logos che anche di un livello di realtà diverso dove linguaggio e meta-linguaggio vivono all'interno di una dimensione diversa da quella del linguaggio verbale, e si interroga sul fatto che sia lecito parlare della natura e di una dimensione possibile, per un 'linguaggio' naturale, che ha come parole le cose, come sintassi delle frasi o le relazione tra le cose e come semantica il significato su un livello diverso. Ho scritto in fretta perché devo uscire, rileggerò e tornerò eventualmente sull'argomento in serata. Ciao
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 15 Maggio 2016, 16:47:03 PM
Citazione di: cvc il 14 Maggio 2016, 18:49:50 PM
Mi pare siamo fondamentalmente d'accordo  anche se a me  sembra  che i celebri paradossi di russel fossero espressi proprio in linguaggio discorsivo, cone quello del tacchino induttivista. La sua opera maggiore è stato un tentativo di dare al linguaggio discorsivo un formalismo logico matematico, presumibilmente proprio per rimediare a tali paradossi, fondando la matematica sulla logica e cercando poi di traferire tale formalismo anche al linguaggio parlato. In "Introduzione alla filosofia matematica" fa l'esempio di come le relazioni possono applicarsi anche al linguaggio. Ad esempio "padre" è una funzione uno-molti, "figlio" è molti-uno. Ma in caso di figlio unico diventerebbe uno-uno. Appare (almeno a me) evidente come il linguaggio non  possa prestarsi a tale formalismo, e la difficoltà nello stabilire relazioni non ambigue. Ad esempio la dialettica hegeliana era ispirata alla teoria dei contrari di Eraclito. Ad Hegel fu però contestato come certe antitesi da lui identificate non fossero proprio tali, non fossero ciò precisamente degli opposti.
No, il paradosso di Russell è un paradosso logico dell'insiemistica matematica sviluppata da Cantor, che si può enunciare in questi termini (logicamente formalizzabili): l'insieme a cui appartengono tutti gli insiemi normali (definiti come quegli insiemi che non contengono se stessi) è normale? Si dimostra che la risposta è logicamente paradossale. Si tratta di un paradosso fondamentale poiché mise in crisi il progetto di Hilbert di una formalizzazione completa dell'aritmetica (poi definitivamente dimostrata irrealizzabile da Godel) https://it.wikipedia.org/wiki/Paradosso_di_Russell.
E' stato esemplificato in termini di linguaggio comune in molti modi (il paradosso del barbiere, il paradosso del catalogo ecc.), ma non è per nulla un problema del linguaggio comune.

Citazione di: Loris Bagnara il 14 Maggio 2016, 18:59:11 PM
Mi riferisco al fatto che, mi risulta, lo stesso Newton fosse sconcertato dalla sua scoperta. Cioè, aveva trovato il modo di collegare matematicamente il moto dei corpi celesti, ma si rendeva conto di non avere la più pallida idea di cosa fosse quella forza che li teneva legati insieme. Newton non poteva ammettere un'azione a distanza, attraverso il vuoto.
La cosa non è che sia cambiata gran che, oggi. Anche oggi si rifiuta l'idea dell'azione a distanza, e si è giunti a supporre che le interazioni (gravitazione, elettromagnetismo, interazione forte, interazione debole) avvengano attraverso lo scambio di particelle ad hoc: il gravitone per la gravitazione, il fotone per l'elettromagnetismo e così via. Non che sia molto soddisfacente neanche così, dal punto di vista ontologico, perché posso sempre chiedermi che cosa siano a loro volta i quanti delle interazioni, e come facciano a trasmettere la loro azione...
Ma mi pare che l'entanglement quantistico abbia però rimesso in discussione il discorso dell'azione a distanza.

CitazioneIn definitiva, la scienza costruisce relazioni matematiche fra i fenomeni, e indubbiamente funziona a livello pratico, ma non abbiamo la più pallida idea di quale sia la realtà in sé dei fenomeni, né se vi sia una realtà in sé oggettiva. Se quelle che noi chiamiamo relazioni fra fenomeni, non corrispondessero a una realtà oggettiva, ma ad una realtà mentale, e quindi le relazioni suddette fossero solo relazioni fra idee (come nel pensiero di Berkeley)? Non possiamo saperlo, possiamo solo congetturare che ci sia una realtà di relazioni oggettive. Questo intendevo dire.
Proprio per questo, su cui concordo, mi pare che si possa affermare che la relazione c'è sempre, ossia qualsiasi cosa è detta da un osservatore, il suo significato è essenzialmente l'espressione di un rapporto tra osservatore e osservato. Il problema è che quando si parla delle cose in sé, l'osservatore lo si nasconde, si fa finta che non ci sia, dunque che si stia parlando dell'osservato come  autosussistente.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 15 Maggio 2016, 17:11:49 PM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 00:19:31 AM
Perché ho aperto questo 3D e perché l'ho fatto con la citazione della AI e con l'esempio della somma di parti?
Una delle mie letture giovanili trattava proprio questo argomento, la coscienza; il testo era "Godel, Escher, Bach (GEB) un'eterna ghirlanda brillante" di D. Hofstadter.
Se ti interessa il discorso che fa Hofstdter sulla coscienza, ti suggerisco la lettura di "Gli anelli dell'io" ove la coscienza è vista appunto come un meccanismo continuamente reiterativo in modo speculare.
Personalmente penso che non si possa considerare la coscienza se non come  un dato reale della realtà fenomenologica. Che poi la realtà fenomenologica possa contraddire quella logica è un enorme problema, dato che la realtà è di per se stessa una sola.
Il suo essere comunque reale non implica che sia un fenomeno trattabile in modo matematico, dunque algoritmicamente calcolabile, tanto più che la matematica determina paradossi che solo una coscienza non algoritmica può decidere. C'è anche chi ha supposto che la coscienza sia un fenomeno indispensabile per evitare che un universo puramente meccanicistico collassi subito su se stesso, nei propri inevitabili paradossi.
Il test di Turing mi pare piuttosto banale: asserisce in sostanza che una macchina è cosciente se appare all'osservatore (cosciente) indistinguibile da un soggetto cosciente e, come sappiamo, Searle lo ha messo in dubbio (anche se in un modo non per tutti convincente) con l'esperimento ipotetico della stanza cinese.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 15 Maggio 2016, 17:26:32 PM
Citazione di: jeangene il 14 Maggio 2016, 21:43:45 PM
Spesso però la coscienza viene presentata come qualcosa di indipendente dalla autocoscienza. Questo però, a mio avviso, non è del tutto corretto in quanto nessuno può testimoniare il verificarsi del sentire/esperire in assenza di autocoscienza perché se c'è testimonianza c'è autocoscienza.
Diciamo che la coscienza non è ritenuta un elemento sufficiente per dimostrare l'autocoscienza, anche se nel discorso si avverte una certa arbitrarietà. Un animale (ad esempio un coniglio) potrebbe essere perfettamente cosciente di ciò che osserva, senza essere cosciente del suo esserne cosciente, ossia senza essere cosciente di se stesso come osservatore. Ma forse questo capita normalmente anche a noi, guardando la penna sul tavolo normalmente non ho bisogno per accorgermi che c'è di considerare che sono cosciente della sua presenza, ossia del fatto che ci sono io che la guardo, semplicemente essa c'è. In genere il test che si propone agli animali per valutare l'esistenza dell'autocoscienza è quello del riconoscimento di se stessi in una propria immagine riflessa. (e si può notare che ancora tornano in ballo gli specchi)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 15 Maggio 2016, 18:05:18 PM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 12:10:10 PM
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 01:55:53 AMAdesso è più chiaro quello che cerchi. La chiave è la sintassi e la semantica nel linguaggio. Come dici giustamente uno dei più grandi problemi, anzi IL problema, fu cercare di togliere l'ambiguità al linguaggio naturale, da questa la necessità di un linguaggio formale e simbolico. Ma questo limita la macchina. Quell'ambiguità linguistica probabilmente potrebbe aver spinto l'uomo a cercare vie diverse per raggiungere la verità, mentre la macchina ha solo una sintassi e semantica non può esplorare oltre quel linguaggio perchè non può autogenerare altri linguaggi.Dovrebbe avere capacità di creazione, intesa come costruzione di forme linguistiche. Noi utilizziamo moltissime forme di algoritmi e formulazioni euristiche, arrivo a dire che persino l'irrazionalità oltre l'ambiguità amplificano il limite umano, perchè gli permettono di esplorare metodiche diverse (deduzione, induzione, intuizione, ecc.). Il secondo aspetto è che non ha psiche e con esso emozioni, se non come un derivato algoritmico creato come ordine prestabilito che potrebbe sorgere in determinati ambiti (es. dò un ordine ad un automa che se viene accarezzato i sensori trasmettono l'input ad un algoritmo che si attiva e fa cambiare,che ne so, l'espressione facciale,ecc). Ritengo che la coscienza emerga con la psiche e i mammiferi "superiori" sembra abbiano degli abbozzi, c'è già un'espressività del corpo , una movenza, un comportamento che forse lo indica.
L'ambiguità linguistica è uno degli aspetti, che riguardano l'interpretazione del contenuto del linguaggio. Il linguaggio matematico pone a suo fondamento la coerenza interna e con questo l'eliminazione delle ambiguità. Il 'mondo' del linguaggio sembra vivere in una realtà separata dal mondo reale, libero dei vincoli naturali ed è proprio la relazione tra il mondo del linguaggio e il mondo naturale la fonte di molte riflessioni. Nel mondo del linguaggio, del logos la divisione tra sintassi e semantica è chiara, nel senso che penso si possa condividere l'opinione espressa implicitamente da Hofstadter che la sintassi di un livello è la semantica del livello superiore. La sua ulteriore opinione è che si possa riportare questa logica relazionale nel mondo naturale, dove esisterebbe una analoga costruzione possibile tra 'linguaggio' e 'meta-linguaggio', intendendo con 'linguaggio' gli oggetti reali e 'meta-linguaggio' unioni di questi oggetti; nel testo per esempio parlava di formiche (o forse termiti, non ricordo con precisione) e di colonie di formiche. Ragionando al livello della colonia di formiche, le configurazioni possibili delle formiche vengono viste come potenziale semantica. Sarebbe interessante ragionare sul fatto che sia lecito e ragionevole spostare queste riflessioni, come fatto dall'autore, dall'ambito del linguaggio all'ambito della natura. E' chiaro che da questo può derivare la possibilità di vedere sorgere della 'semantica naturale' dall'insieme dei neuroni o di derivare riflessioni simili.

Il grande errore è di ridurre l'uomo linguisticamente al linguaggio binario di una macchina o con simboli chiusi.
Perchè il problema non è il software, ma l'hardware,
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 15 Maggio 2016, 19:02:50 PM
Citazione di: maral il 15 Maggio 2016, 17:26:32 PMDiciamo che la coscienza non è ritenuta un elemento sufficiente per dimostrare l'autocoscienza, anche se nel discorso si avverte una certa arbitrarietà. Un animale (ad esempio un coniglio) potrebbe essere perfettamente cosciente di ciò che osserva, senza essere cosciente del suo esserne cosciente, ossia senza essere cosciente di se stesso come osservatore. Ma forse questo capita normalmente anche a noi, guardando la penna sul tavolo normalmente non ho bisogno per accorgermi che c'è di considerare che sono cosciente della sua presenza, ossia del fatto che ci sono io che la guardo, semplicemente essa c'è. In genere il test che si propone agli animali per valutare l'esistenza dell'autocoscienza è quello del riconoscimento di se stessi in una propria immagine riflessa. (e si può notare che ancora tornano in ballo gli specchi)
CitazioneConcordo, ma rilevo che il "test del riconoscimento allo specchio" non é unanimemente accettato dagli etologi; c' é chi, a mio parere a ragione, non lo ritiene probante dell' autocoscienza



Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 15 Maggio 2016, 19:14:39 PM
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 18:05:18 PM
Citazione di: HollyFabius il 15 Maggio 2016, 12:10:10 PM

Il grande errore è di ridurre l'uomo linguisticamente al linguaggio binario di una macchina o con simboli chiusi.
Perchè il problema non è il software, ma l'hardware,
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.


CitazioneMi scuso perché non ho tempo di argomentare ma mi limito ad affermare il mio dissenso: per me in linea puramente teorica é possibile realizzare un meccanismo inorganico tale che possa comportarsi esattamente come un uomo cosciente. Determinante é il modo in cui funziona e interagisce con l' ambiente il meccanismo, non il materiale di cui é fatto.
Per dirlo con Putnam, (in linea di principio, teorica) una persona cosciente potrebbe benissimo anche essere fatta di formaggio svizzero (io però avrei proposto gli esempi degli italianissimi e di gran lunga migliori provolone piccante o grana).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 15 Maggio 2016, 19:19:56 PM
Citazione di: paul11 il 15 Maggio 2016, 18:05:18 PM
Quando si riuscirà a passare dal materiale inorganico a quello organico nei computer , si aprirà una nuova era, perchè l'automa potrà acquisire coscienza.,potrà essere in grado di rielaborare il codice sorgente.
Non penso che la soluzione del problema sia legata al materiale (o almeno non è sufficiente il materiale). Una singola cellula è costituita dal medesimo materiale di coloro che riconosciamo coscienti, ma mi pare difficile  pensare che sia cosciente, così come qualsiasi complesso di cellule organizzato, ad esempio una pianta.
La coscienza corrisponde a un particolare tipo di organizzazione comunicativa (un tipo di relazioni probabilmente reiterative) che non è detto che si possa raggiungere con materiali diversi. Il problema è quale e in che modo poterla riconoscere con sufficiente evidenza negli effetti che produce.
Citazione di: sgiombo il 15 Maggio 2016, 19:02:50 PM
Concordo, ma rilevo che il "test del riconoscimento allo specchio" non é unanimemente accettato dagli etologi; c' é chi, a mio parere a ragione, non lo ritiene probante dell' autocoscienza
Infatti, il riconoscimento dell'autocoscienza, essendo un fenomeno intrinsecamente soggettivo, è sempre discutibile
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AM
Non credo che coscienza ed autocoscienza possano sussistere una senza l'altra. Sono certamente distinguibili dal punto di vista concettuale, ma co-implicate nell'attualità concreta del loro porsi in atto. La coscienza che ho di questa penna, il sapere di avere di fronte a me una penna per stare all'esempio di Maral, presuppone il darle una forma percettiva, cioè un'attività ordinatrice che unisce i vari stimoli sensitivi in una forma (la forma della penna che ha per me un senso riconoscibile), una forma che corrisponde al concetto di penna, senza la quale non avrei alcuna coscienza della penna, ma solo di un caotico miscuglio di parti della penna impossibile da ricondurre all'unità del "concetto penna". Ma questo "concetto penna" deve essere presente alla mia mente come idea regolativa della sintesi percettiva, schema ordinatore che io ho in mente ancor prima di iniziare la sintesi. Io ce l'ho già in mente perchè ne ho un'esperienza mnemonica. Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire. Senza autocoscienza, non si sarebbe continuità mnomenica passato-presente, senza questa continuità non potrei compiere associazioni percettive dei fenomeni sensibili, senza percezione non c'è coscienza. La coscienza "nasce" nel passaggio dalla sensazione alla percezione. Con la percezione per me il mondo comincia ad avere un senso, io divengo soggetto dotato di intenzionalità.

Le cose cambiano se invece si prende "autocoscienza" come riflessione tematizzante, attenzione rivolta a se stessi come soggetti coscienti. Considerata in questo modo l'autocoscienza è un fattore accidentale. Che la coscienza divenga oggetto di attenzione, come sta ora accedendo mentre scrivo e rifletto sul concetto di "autocoscienza", questo è irrilevante perchè ci sia una coscienza. La coscienza può esistere rivolgendo la sua attenzione agli oggetti del mondo esterno senza focalizzarsi su se stessa, perchè magari non le interessa come argomento (come magari accade per la maggior parte delle persone al mondo, escludendo filosofi, psicologi, noi del forum...). Invece, considerando l''autocoscienza come ho provato a fare sopra, essa svolge un "lavoro oscuro" fondante il darsi di qualunque coscienza. Basta non confondere "autocoscienza" da "attenzione rivolta alla coscienza", così come distinguiamo nella visuale sul mondo, il punto focale dell'attenzione su cui soffermiamo lo sguardo e lo sfondo, che non tematizziamo eppure è la condizione imprescindibile del costituirsi di qualunque punto di vista. L'autocoscienza è lo "sfondo" trascendentale, cioè necessario, della coscienza, sfondo che si riempie della molteplicità dei vari oggetti verso cui la coscienza si dirige
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 16 Maggio 2016, 05:37:56 AM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AM
Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire.

anche secondo me l'aver coscienza non puo non prescindere dal senso del tempo...e pensare che nel nostro di tempo,nella nostra epoca attuale si fa di tutto perché del passato non venga coltivata nessuna memoria,nella scuola esistono ancora le materie formative in tal senso? non mi sembra.
tutto e' indirizzato ad un indottrinamento iper specialistico adatto per forgiare atomi tecnologici idonei al mercato,iperflessibile quanto precario,perché cio che si vuole e' appunto un uomo sradicato,senza identità e per l'appunto privo di coscienza.
ma non solo la scuola...tutto e' ormai vissuto e concepito all'insegna dell'istante.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 16 Maggio 2016, 05:40:04 AM
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico


il cervello potrebbe benissimo (e secondo me lo e') essere solo un decodificatore di informazioni a lui "esterne"
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 16 Maggio 2016, 09:43:29 AM
Citazione di: acquario69 il 16 Maggio 2016, 05:40:04 AM
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AMSe siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello . Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti? Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico
il cervello potrebbe benissimo (e secondo me lo e') essere solo un decodificatore di informazioni a lui "esterne"

Il cervello è un decodificatore di un segnale che informa esterno , ma è anche ricodificatore e di nuovo decodificatore, insomma il loop è continuo diversamente non emergerebbe una coscienza.

Il segnale che arriva alla retina come onda elettromagnetica è gia selezionato in ingresso come percezione possible di un arealtà esterna,
cioè l aretina "vede" solo una parte dello spettro elettromagnetico, quindi già quì l'uomo  NON PERCEPISCE LA VERA REALTA' ESTERNA , gli manca l'infrarosso e l'ultravioletto.
Il secondo aspetto è che il nervo ottico che riceve dalla retina l'immagine capovolta  passa per una memoria che è anche emotiva che è l'amigdala e arriva in fondo al cranio, quindi percorre una bella strada. Ma il cervello non immagazzina affatto ciò che ha visto la retina, media già quì l'ingresso in memoria. Noi vediamo di una intera immagine non tutti i particolari nonostante la retina lo abbia impresso e i test di memoria visiva lo dimostrano, perchè concentriamo l'attenzione solo su cui il cervello ha deciso di porre l'attenzione.
Quindi il segnale che informa con input in ingresso  non è la realtà vera esterna, bensì una mediazione fra ciò che il cervello (se vogliamo intenderlo come coscienza che si è costruito man mano delle credenze). Ina ltri termini il cevello decide cosa selezionare come informazione importante e cosa togliere .
La coscienza è quando il cervello rielabora senza segnali in ingresso , quindi pensa o riflette l'informazione esistente senza bisogna di input esterni. E quì riattinge dalle memorie e breve e lungo termine, costruisce o decostruisce sinapsi fra neuroni, in altre prole è l'analisi e sintesi dell'informazione esistente come confronto di antecedenti informazioni; indi è un riaggiornare continuamente gli archivi delle memoria.

Ergo: 1) la realtà vera non esiste per l'uomo se non attraverso uno spettrometro , cioè strumento oltre la percezione sensoriale umana. Per cui l'idea di mondo che si fa l'uomo con la percezione è limitata
2) La nostra coscienza è il prodotto del sistema esperienziale, che si è costruito background e feedback , su un substrato, il cervello che è atto ad essere "plasmato" dal sistema neurale e sinaptico
3) la coscienza non è solo ragione, l'uomo non è solo calcolo , ma è anche almeno pscihe (io aggiungerei qualcos'altro)
4) quello che ogni vostro cervello/mente/ coscienza è adesso e si differenzia dagli altri è connaturato alla sua storia personale e quindi alle informazioni avute durante la propria storia .Siete ciascuno di voi che ha deciso cosa sia stato importante trattenere od omettere da ciascuna informazione che vi è arrivata in input. Avete costruito delle  convinzioni(o credenze) e il vostro cervello seleziona in ingresso l'informazione attraverso le vostre sedimentate convinzioni . Per cui ogni segnale esterno si misura con ciò che voi oggi credete sia importante o meno, selezionando e deselezionando  così come la vostra coscienza continua a selezionare i dati informativi, riordinando, riarmonizzando le sinapsi
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 16 Maggio 2016, 10:32:35 AM
maral ha scritto
CitazioneMa mi pare che l'entanglement quantistico abbia però rimesso in discussione il discorso dell'azione a distanza.
No, il punto è proprio quello: l'entanglement è un fenomeno non locale, in virtù del quale gli stati di due particelle distanti sono istantaneamente connessi senza alcuna azione a distanza, poiché ciò violerebbe il principio relativistico dell'invalicabilità della velocità della luce.
Einstein inizialmente non poteva credere al fenomeno dell'entanglement, perché appariva come una violazione della sua teoria. Eppure fu poi provato che era davvero così, il che ci ha obbligato a rivedere il nostro concetto di realtà.
Forse la cosa più corretta è vedere le due particelle entangled come un solo fenomeno, benché ci appaia spazialmente separato in due.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 16 Maggio 2016, 11:53:29 AM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AM
Non credo che coscienza ed autocoscienza possano sussistere una senza l'altra. Sono certamente distinguibili dal punto di vista concettuale, ma co-implicate nell'attualità concreta del loro porsi in atto. La coscienza che ho di questa penna, il sapere di avere di fronte a me una penna per stare all'esempio di Maral, presuppone il darle una forma percettiva, cioè un'attività ordinatrice che unisce i vari stimoli sensitivi in una forma (la forma della penna che ha per me un senso riconoscibile), una forma che corrisponde al concetto di penna, senza la quale non avrei alcuna coscienza della penna, ma solo di un caotico miscuglio di parti della penna impossibile da ricondurre all'unità del "concetto penna". Ma questo "concetto penna" deve essere presente alla mia mente come idea regolativa della sintesi percettiva, schema ordinatore che io ho in mente ancor prima di iniziare la sintesi. Io ce l'ho già in mente perchè ne ho un'esperienza mnemonica. Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire. Senza autocoscienza, non si sarebbe continuità mnomenica passato-presente, senza questa continuità non potrei compiere associazioni percettive dei fenomeni sensibili, senza percezione non c'è coscienza. La coscienza "nasce" nel passaggio dalla sensazione alla percezione. Con la percezione per me il mondo comincia ad avere un senso, io divengo soggetto dotato di intenzionalità.


Obiezione:

Però si può concettualmente distinguere (prendere separatamente in considerazione) la coscienza in generale dalla coscienza (in particolare) della coscienza (autocoscienza).

Inltre si danno momenti nei quali si hanno sensazioni coscienti senza pensare alle proprie esperienze coscienti passate (né alle presenti).
E credo sia ragionevole pensare che gli animali non umani siano dotati solo coscienza e non di autocoscienza (se non forse di "barlumi molto limitati", ben diversamente da quanto può accadere e di fatto spesso accade all' uomo.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 16 Maggio 2016, 12:23:56 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Maggio 2016, 11:53:29 AM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AMNon credo che coscienza ed autocoscienza possano sussistere una senza l'altra. Sono certamente distinguibili dal punto di vista concettuale, ma co-implicate nell'attualità concreta del loro porsi in atto. La coscienza che ho di questa penna, il sapere di avere di fronte a me una penna per stare all'esempio di Maral, presuppone il darle una forma percettiva, cioè un'attività ordinatrice che unisce i vari stimoli sensitivi in una forma (la forma della penna che ha per me un senso riconoscibile), una forma che corrisponde al concetto di penna, senza la quale non avrei alcuna coscienza della penna, ma solo di un caotico miscuglio di parti della penna impossibile da ricondurre all'unità del "concetto penna". Ma questo "concetto penna" deve essere presente alla mia mente come idea regolativa della sintesi percettiva, schema ordinatore che io ho in mente ancor prima di iniziare la sintesi. Io ce l'ho già in mente perchè ne ho un'esperienza mnemonica. Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire. Senza autocoscienza, non si sarebbe continuità mnomenica passato-presente, senza questa continuità non potrei compiere associazioni percettive dei fenomeni sensibili, senza percezione non c'è coscienza. La coscienza "nasce" nel passaggio dalla sensazione alla percezione. Con la percezione per me il mondo comincia ad avere un senso, io divengo soggetto dotato di intenzionalità.
Obiezione: Però si può concettualmente distinguere (prendere separatamente in considerazione) la coscienza in generale dalla coscienza (in particolare) della coscienza (autocoscienza). Inltre si danno momenti nei quali si hanno sensazioni coscienti senza pensare alle proprie esperienze coscienti passate (né alle presenti). E credo sia ragionevole pensare che gli animali non umani siano dotati solo coscienza e non di autocoscienza (se non forse di "barlumi molto limitati", ben diversamente da quanto può accadere e di fatto spesso accade all' uomo.

E se la differenza tra la coscienza animale e quella umana fosse solo di quantità e non di qualità? La complessità del ragionare e delle possibilità umane molto superiori "analizzano" il proprio sentimento di essere coscienti. L'autocoscienza come "pensare di essere coscienti" ?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 16 Maggio 2016, 15:34:52 PM
Citazione di: sgiombo il 16 Maggio 2016, 11:53:29 AM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 00:46:57 AMNon credo che coscienza ed autocoscienza possano sussistere una senza l'altra. Sono certamente distinguibili dal punto di vista concettuale, ma co-implicate nell'attualità concreta del loro porsi in atto. La coscienza che ho di questa penna, il sapere di avere di fronte a me una penna per stare all'esempio di Maral, presuppone il darle una forma percettiva, cioè un'attività ordinatrice che unisce i vari stimoli sensitivi in una forma (la forma della penna che ha per me un senso riconoscibile), una forma che corrisponde al concetto di penna, senza la quale non avrei alcuna coscienza della penna, ma solo di un caotico miscuglio di parti della penna impossibile da ricondurre all'unità del "concetto penna". Ma questo "concetto penna" deve essere presente alla mia mente come idea regolativa della sintesi percettiva, schema ordinatore che io ho in mente ancor prima di iniziare la sintesi. Io ce l'ho già in mente perchè ne ho un'esperienza mnemonica. Per me il concetto di penna ha un senso perchè già in passato l'ho riconosciuto, perchè, ad esempio, quella penna mi è servita da piccolo per cominciare a scrivere, dunque il collegamento tra le sensazioni della penna unifica tali sensazioni nell'unità del concetto-penna perchè tale concetto ha un senso che riconosco perchè nel passato ho avuto esperienze di penne che per me hanno avuto un valore e un senso. E la continuità temporale passato-presente che determina la memoria implica l'autocoscienza, la coscienza presente si serve della coscienza passato per dare un senso al proprio mondo, e può farlo perchè il mondo presente che ha di fronte viene riconosciuto come lo stesso mondo che aveva di fronte nel passato, il passato mi offre gli schemi e i modelli concettuali per interpretare i fenomeni e ordinarli in forme percettive. E quando ricordo non posso fare a meno di riconoscermi come Io, l'Io è l'elemento che unifica il mio presente e il mio passato, tutto ciò è "autocoscienza". Senza autocoscienza il mio passato sarebbe solo un'immagine sbiadita senza nessun legame col presente, impossibilitato a dare un senso a quest'ultimo, invece il mio passato agisce sul presente perchè io lo riconosco come il MIO passato, il mio passato mi porta ad interpretare il mondo attuale perchè riconosco qualcosa che unifica passato e presente, cioè il mio permanere come soggetto cosciente di questo mondo, testimone del suo divenire. Senza autocoscienza, non si sarebbe continuità mnomenica passato-presente, senza questa continuità non potrei compiere associazioni percettive dei fenomeni sensibili, senza percezione non c'è coscienza. La coscienza "nasce" nel passaggio dalla sensazione alla percezione. Con la percezione per me il mondo comincia ad avere un senso, io divengo soggetto dotato di intenzionalità.
Obiezione: Però si può concettualmente distinguere (prendere separatamente in considerazione) la coscienza in generale dalla coscienza (in particolare) della coscienza (autocoscienza). Inltre si danno momenti nei quali si hanno sensazioni coscienti senza pensare alle proprie esperienze coscienti passate (né alle presenti). E credo sia ragionevole pensare che gli animali non umani siano dotati solo coscienza e non di autocoscienza (se non forse di "barlumi molto limitati", ben diversamente da quanto può accadere e di fatto spesso accade all' uomo.

Avevo premesso in partenza che tra coscienza e autocoscienza ci fosse, come evidente, una distinzione concettuale, semantica, e non si può non tenerne conto. Ma per il fatto che il piano concettuale e il piano della realtà non sono sovrapponibili, non si può dedurre da una distinzione concettuale l'assenza di un legame reale.

L'espressione "sensazioni coscienti" la trovo ambigua ed equivoca. A livello di sensazioni non si può ancora parlare di una coscienza, il soggetto di fronte alla sensazione è ancora passivo, riceve lo stimolo sensitivo così come è nel suo darsi all' "urto" con il corpo senziente. La coscienza, il tendere intenzionale del soggetto rivolto a dare un senso agli oggetti del mondo, comincia con la percezione, nella quale il materiale della sensazione viene lavorato, interpretato dandogli una forma concettuale. Un senso, appunto. Ho di fronte a me un mazzo di carte, sono cosciente della sua presenza. La prima carta (il 2 di coppe) mi si dà come immediatamente visibile, la mia coscienza non si ferma qui ma opera una sintesi che unifica l'immagine della prima carta con il resto delle carte e e tale sintesi è la percezione del "mazzo" come unità. Ma come faccio a sapere che le carte sottostanti, che non vedo, raffigurano il resto delle carte da gioco e non invece semplici fogli plastificati completamente bianchi? Per percepire l'insieme dei fogli come "mazzo di carte" io mi rivolgo al mio passato, agli schemi associativi che si formano per il fatto che il mazzo che attualmente ora percepisco rimanda analogicamente a percezioni di mazzi che la mia coscienza ha posto in atto nel passato. L'insieme di carte che vedo è lo stesso insieme con cui in passato ho giocato a carte e per questo ora lo percepisco non come un insensato ammasso di fogli, ma come un sensato concetto, il concetto di "mazzo di carte da gioco". Ora sto pensando a me, al mio io, sto operando un collegamento tra la mia coscienza presente, che vede un insieme di fogli, e la coscienza passata che aveva dato allo stesso insieme un senso compiuto, utilizzandolo per giocare. Sono autocosciente, sono cosciente della mia coscienza come unità tra passato e presente. Come si può avere ricordi senza riferirsi a sè stessi come soggetto che aveva avuto un'esperienza di ciò che ora ricordo? Percepire è RI-conoscere, mentre per ricevere stimoli sensitivi non ho alcun bisogno di memoria, dunque non ha senso parlare di coscienza e autocoscienza

"pensare alle proprie esperienze coscienti passate" è un'espressione troppo generica. Che si intende per "pensare"? Rivolgere l'attenzione, tematizzare un contenuto di pensiero? In quel caso avresti ragione, non ho alcun bisogno di pensare al mio passato per avere una coscienza di ciò che ho attualmente di fronte. Se invece diamo al "pensare" un'accezione più ampia, non solo l'attenzione, ma anche un"essere consapevole", un "tenere conto" di ciò a cui non prestiamo un'attenzione riflessiva eppure è presente nella mia coscienza condizionando la sua attività allora le cose cambiano. Chiedo un favore a un amico e lo faccio perchè lo riconosco come tale, come un amico. Ma perchè lo riconosco come amico? Evidentemente perchè ho memoria delle esperienze passate per cui quella persona ha dimostrato con i fatti di essere mia amica. Tutto ciò però non è tematizzato. Il tema è la richiesta da fare al mio amico. Ma il ricordo di quelle esperienze resta presente alla mia coscienza, senza tale presenza non ci sarebbe alcun riconoscimento della persona come "amico", di conseguenza nessuna richiesta di favori.  Io credo che la dinamica sfondo-punto focale d'attenzione che ho provato a descrivere prima sia piuttosto risolutiva del problema. In questo caso il ricordo delle esperienze passate con il mio amico (implicante il riconoscimento della mia coscienza passata, dunque l'autocoscienza) resta sullo sfondo, non tematizzato eppure presente come una latente consapevolezza" (possiamo chiamarla "pensiero"? Questione terminologica), mentre la richiesta è posizionata al centro della visuale. La coscienza è questo orizzonte, questa visuale all'interno della quale ovviamente io sono libero di "spostare" oggetti da una posizione a un'altra. Potrei sentire il bisogno di rifettere sulle ragioni per cui quella persona la considero amica, mettere in dubbio la sua amicizia. Allora il complesso delle esperienze passate passa dallo sfondo al punto centrale della visuale mentre la richiesta passa, momentaneamente, sullo sfondo. In questo momento l'autocoscienza è passata al centro della visuale, perchè sto riflettendo su essa, mentre gli oggetti presenti nella mia stanza restano sullo sfondo, eppure restano presenti alla mia coscienza, se qualcuno aprisse la porta me ne accorgerei
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 16 Maggio 2016, 16:36:20 PM
davintro, tutta l'implicazione che trovi tra coscienza e autocoscienza non è fenomenologicamente data, ma è una costruzione a posteriori di qualcuno che è attualmente autocosciente di se stesso e, alla luce di questa autocoscienza, interpreta a posteriori la coscienza della cosa come cosa propria, come il risultato di un suo apprendimento.
Questo è evidente nel fatto che nell'istante del riconoscimento dell'oggetto, il suo significato ci appare del tutto immediato e solo dopo, riflettendoci sopra in modo mediato, possiamo, e solo in determinate circostanze, intendere questo significato come acquisito, come qualcosa che si è formato in noi stessi. E' possibile fermarsi solo alla fenomenologia di ciò che ci appare? Certo, è accaduto per migliaia di anni ed è ciò che, se non interponiamo la riflessione, ci appare del tutto evidente anche nel presente ed è probabilmente quello che accade praticamente alla quasi totalità delle specie animali che sono coscienti delle cose che stanno loro intorno, ma non sono coscienti di questa coscienza, ossia che sono coscienti del mondo, ma questo mondo non riflette alcuna coscienza di questa coscienza, ossia non riflette l'unità di un soggetto che lo osserva e che ha imparato a riconoscerlo come tale. 
 
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 16 Maggio 2016, 16:51:15 PM
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico
Mi pare ovvio che prima di capire quale materiale serve, occorrerebbe capire di cosa si tratta e come si fa a riconoscere dal di fuori la coscienza, se mai è possibile averne la certezza, e mi sa che su entrambe le cose si abbiano ancora idee assai poco chiare.
Lo studio dell'utilizzo di materiale organico ha lo scopo di aumentare la capacità elaborativa dei computer, ma questo non implica di per sé l'acquisizione di alcuna coscienza, tanto più che la stragrande maggioranza degli esseri viventi, pur essendo tutti costituiti da materiale organico, non ci appare né cosciente né tanto meno autocosciente.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 16 Maggio 2016, 20:48:26 PM
Citazione di: maral il 16 Maggio 2016, 16:51:15 PM
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico
Mi pare ovvio che prima di capire quale materiale serve, occorrerebbe capire di cosa si tratta e come si fa a riconoscere dal di fuori la coscienza, se mai è possibile averne la certezza, e mi sa che su entrambe le cose si abbiano ancora idee assai poco chiare.
Lo studio dell'utilizzo di materiale organico ha lo scopo di aumentare la capacità elaborativa dei computer, ma questo non implica di per sé l'acquisizione di alcuna coscienza, tanto più che la stragrande maggioranza degli esseri viventi, pur essendo tutti costituiti da materiale organico, non ci appare né cosciente né tanto meno autocosciente.

Peraltro la suddivisione tra organico e inorganico a me è poco chiara.
Ogni classificazione dipende dal livello di analisi con il quale si guarda la realtà. Tutto ciò che noi vediamo sembra composto dagli stessi elementi della tavola periodica, sia il materiale inorganico che quello organico. Qualcuno mi chiarisce qual è la discriminante forte, il muro insuperabile tra organico e inorganico che non sia nella nostra mente?
Cito da Pellegrinaggi verso il vuoto di A.Sabbadini:
"Alcune ricerche significative in questo senso sono state fatte negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci si è resi conto che la materia inorganica in certe circostanze è capace di produrre spontaneamente organizzazione e struttura, cose che in passato si riteneva prerogativa dei sistemi viventi(..). Ciononostante questa emergenza mostra che non esiste una barriera insuperabile tra l'inorganico e l'organico, fra il non vivente e il vivente."



Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 01:59:14 AM
Con rispetto, ma sorrido a come si intellettualizza una coscienza, è già evidente aldilà del contenuto di cosa scrivete, ma il fatto che lo pensate e lo riflettete.Ci sono altri organismi capacità di astrarsi temporalmente, di sedersi davanti ad un computer di comporre dei simboli linguistici e di comunicarli linguisticamente?
Eppure mentre siete assorti il vostro cuore pompa sangue,, i vostri polmoni assorbono ossigeno e innumerevoli attività biochimiche si esplicano contemporaneamente ma voi siete "fuori" da atti metabolici, avete una volontà.
Siete in una sospensione temporale, ma siete fisicamente dentro un tempo .
Utilizzate la logica? Induttiva,deduttiva e magari immaginazione e intuizione, perchè potete spostare le vostre angolazioni, prospettive per relazionarvi, C'è psiche, c'è una motivazione per cui siete lui a scrivere, a pensare, riflettere?
Potete avere attenzione, concentrazione, meditazione  e pur anche contemplazione.E chi altri ha queste possibilità di porsi alfi fuori di sè e relazionarsi a sua volta con se stesso, con il mondo con il divenire o l'eterno.La capacità di problematizzarsi, di ingaggiare una relazione di puro pensiero?

Il cervello deve per forza essere adattato per permettere tutto questo, e a sua volta è stato spinto da una complessità organica..
E' evidente che complessità significa maggiore organizzazione, con differenziazioni specialistiche, interagenti funzioni, ma con centrali decisionali e operative separate ma intimamente connesse. Il corpo deve innanzitutto sopravvivere e lo fa con automatismi ,poi è separata la sfera della volontà. Se la complessità non avesse generato specificità funzionali e spinto a formazioni superiori di sovraintendere i meccanismi noi non ci saremmo.

Un silicio drogato, germanio o chi per esso  che lavora solo con due colori (sistema binario)è meno potente di avere a disposizione l'intero spettro elettromagnetico. I sistemi organici hanno requisiti di plasticità, reattività, capacità di interazione fra loro che avrà permesso i primi abbozzi di autoregolazione.Una cellula è già un'organizzazione di energia e il suo codice sorgente o è un RNA o evolutivamente è un DNA. Il giorbo in cui il substrato hardware sarò organico sarà possibile amplificare notevolmente quella potenza che il bit con i pacchetti di Byte da quattro, otto, dodici, ecc, sposta con velocità e quantità attraverso scambi energetici sapientemente regolati da istruzioni esterne, Il limite attuale è l'elettronica a stato solido, dove le architetture degli hardware, le miniaturizzazioni, le applicazioni delle nanotecnologie potranno ancora potenziare. Si può simulare una coscienza con un computer ,ma non è un organismo autoregolativo e autocodifcativo in grado di automodificare con mutazioni ed espandere le sue possibilità.
E' la plasticità organica che permette di generare coscienza, per le proprietà fisiche e chimiche che hanno i composti organici come le ossidoriduzioni.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 17 Maggio 2016, 08:11:51 AM
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2016, 20:48:26 PM
Citazione di: maral il 16 Maggio 2016, 16:51:15 PM
Citazione di: paul11 il 16 Maggio 2016, 01:20:26 AM
Se siete riusciti a costruire decine di post senza riuscire a evidenziare che prima sorge la vita da materiale organico e una coscienza nasce da materiale organico tramite un cervello  ,a meno che dimostrate che siete sassi che parlano e si ha coscienza senza un cervello .
Sbaglio o i chip elettronici di un computer sono materiale inorganico che utilizzano costruzioni topologiche per creare porte in cui passa (1) o non passa(0) la corrente per cui la matematica binaria è necessaria di base per poi codificare linguaggi più evoluti?

Informatevi, perchè da qualche anno sperimentano materiale organico
Mi pare ovvio che prima di capire quale materiale serve, occorrerebbe capire di cosa si tratta e come si fa a riconoscere dal di fuori la coscienza, se mai è possibile averne la certezza, e mi sa che su entrambe le cose si abbiano ancora idee assai poco chiare.
Lo studio dell'utilizzo di materiale organico ha lo scopo di aumentare la capacità elaborativa dei computer, ma questo non implica di per sé l'acquisizione di alcuna coscienza, tanto più che la stragrande maggioranza degli esseri viventi, pur essendo tutti costituiti da materiale organico, non ci appare né cosciente né tanto meno autocosciente.

Peraltro la suddivisione tra organico e inorganico a me è poco chiara.
Ogni classificazione dipende dal livello di analisi con il quale si guarda la realtà. Tutto ciò che noi vediamo sembra composto dagli stessi elementi della tavola periodica, sia il materiale inorganico che quello organico. Qualcuno mi chiarisce qual è la discriminante forte, il muro insuperabile tra organico e inorganico che non sia nella nostra mente?
Cito da Pellegrinaggi verso il vuoto di A.Sabbadini:
"Alcune ricerche significative in questo senso sono state fatte negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci si è resi conto che la materia inorganica in certe circostanze è capace di produrre spontaneamente organizzazione e struttura, cose che in passato si riteneva prerogativa dei sistemi viventi(..). Ciononostante questa emergenza mostra che non esiste una barriera insuperabile tra l'inorganico e l'organico, fra il non vivente e il vivente."
CitazioneCondivido.

La materia vivente é "perfettamente" riducibile alla materia inorganica, la biologia é in linea di principio "perfettamente" riducibile alla fisica - chimica, senza alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" che ecceda le fondamentali entità e leggi del divenire fisiche, senza che nella "somma" biologica (vivente) vi sia alcunché in più delle sue "parti" fisiche (minerali; ovviamente poste nelle rispettive relazioni fra di esse).

Non così il pensiero alla materia, la mente al cervelo.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:20:21 AM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 01:59:14 AM
Con rispetto, ma sorrido a come si intellettualizza una coscienza, è già evidente aldilà del contenuto di cosa scrivete, ma il fatto che lo pensate e lo riflettete.Ci sono altri organismi capacità di astrarsi temporalmente, di sedersi davanti ad un computer di comporre dei simboli linguistici e di comunicarli linguisticamente?
Eppure mentre siete assorti il vostro cuore pompa sangue,, i vostri polmoni assorbono ossigeno e innumerevoli attività biochimiche si esplicano contemporaneamente ma voi siete "fuori" da atti metabolici, avete una volontà.
Siete in una sospensione temporale, ma siete fisicamente dentro un tempo .
Utilizzate la logica? Induttiva,deduttiva e magari immaginazione e intuizione, perchè potete spostare le vostre angolazioni, prospettive per relazionarvi, C'è psiche, c'è una motivazione per cui siete lui a scrivere, a pensare, riflettere?
Potete avere attenzione, concentrazione, meditazione  e pur anche contemplazione.E chi altri ha queste possibilità di porsi alfi fuori di sè e relazionarsi a sua volta con se stesso, con il mondo con il divenire o l'eterno.La capacità di problematizzarsi, di ingaggiare una relazione di puro pensiero?

Il cervello deve per forza essere adattato per permettere tutto questo, e a sua volta è stato spinto da una complessità organica..
E' evidente che complessità significa maggiore organizzazione, con differenziazioni specialistiche, interagenti funzioni, ma con centrali decisionali e operative separate ma intimamente connesse. Il corpo deve innanzitutto sopravvivere e lo fa con automatismi ,poi è separata la sfera della volontà. Se la complessità non avesse generato specificità funzionali e spinto a formazioni superiori di sovraintendere i meccanismi noi non ci saremmo.

Un silicio drogato, germanio o chi per esso  che lavora solo con due colori (sistema binario)è meno potente di avere a disposizione l'intero spettro elettromagnetico. I sistemi organici hanno requisiti di plasticità, reattività, capacità di interazione fra loro che avrà permesso i primi abbozzi di autoregolazione.Una cellula è già un'organizzazione di energia e il suo codice sorgente o è un RNA o evolutivamente è un DNA. Il giorbo in cui il substrato hardware sarò organico sarà possibile amplificare notevolmente quella potenza che il bit con i pacchetti di Byte da quattro, otto, dodici, ecc, sposta con velocità e quantità attraverso scambi energetici sapientemente regolati da istruzioni esterne, Il limite attuale è l'elettronica a stato solido, dove le architetture degli hardware, le miniaturizzazioni, le applicazioni delle nanotecnologie potranno ancora potenziare. Si può simulare una coscienza con un computer ,ma non è un organismo autoregolativo e autocodifcativo in grado di automodificare con mutazioni ed espandere le sue possibilità.
E' la plasticità organica che permette di generare coscienza, per le proprietà fisiche e chimiche che hanno i composti organici come le ossidoriduzioni.
Un primo punto credo che sia che la riflessione su livelli diversi ma presenti simultaneamente. L'attenzione si sposta da un livello all'altro ma la semantica, la conoscenza, il contenuto non stanno in uno solo dei livelli che sono, in fondo, puramente una astrazione dell'osservatore (e quindi della coscienza stessa).
Il codice binario di un elaboratore non deve trarre in inganno, allo stato attuale della teoria matematica le operazione che fai con un sistema decimale, o con un sistema esadecimale, o con un sistema basato sul 60 o 6000 segni è equipollente a quello binario. Un elaboratore organico con un sistema di calcolo basato su 100mila milioni di cellule è equipollente al sistema binario, la cosa è dimostrabile e la dimostrazione è comprensibile con un bagaglio non troppo complesso di competenze matematiche.
Il fatto è che in realtà il materiale organico di un animale e a maggior ragione quello dell'animale più complesso (l'uomo) opera qualitativamente in modalità differente di un ipotetico elaboratore organico. Non è cambiando il supporto che si varia la potenzialità elaborativa ma è operando sul livelli astratti diversi. La questione è come questo sia possibile senza introdurre qualità innate quali lo spirito, l'anima e cose del genere. La sfida è comprendere se questo sia possibile senza introdurre queste qualità. E' una possibilità che si debba inventare matematica qualitativamente diversa da quella attuale.
Dal mio punto di vista fermarsi ad una spiegazione del tipo, si esiste una entità superiore razionale che ha creato l'anima e la coscienza così come sono è una banalità, una ingenuità, una ipotesi irrazionale che l'uomo supererà nel suo processo evolutivo. Il mio spirito non è soddisfatto di queste spiegazioni.
Per dare un senso all'esistenza della coscienza non ci sono molte alternative logiche ma qualcuna esiste, si tratta di esporle, valutare quali siano effettivamente possibili e magari associare degli scopi utili all'umanità per le varie alternative. Ma qui il discorso si sposterebbe su un piano morale o utilitaristico, non puramente intellettuale. Lasciando la riflessione attorno alla coscienza sul piano puramente astratto (comunque lecito), qualcosa di intellettualmente interessante si può comunque costruire, ecco perché il mio intento in questo 3D è riflettere su come può sorgere coscienza. Fai bene a sorridere perché anch'io sorrido, è chiaro penso a tutti che non bisogna prendere troppo sul serio queste riflessioni ma si possono fare se, ovviamente, divertono.
A questo punto dei nostri giochetti riflessivi mi pare di capire che le possibilità logiche siano poste su strade piuttosto delineate.
Per la strada perseguita dalla AI si può produrre coscienza e in questo caso occorre spiegare come la complessità e l'organizzazione su livelli diversi aggiunga all'operare dell'entità (artificiale o naturale) elementi che vengono riconosciuti poi, per l'appunto, come coscienza..
oppure si possono presupporre delle qualità preesistenti.
In questo secondo caso vi sono livelli di spiegazione diversi e non ci si può accontentare delle attuali banalità espresse dalle religioni, si possono costruire fantasie spirituali alternative da sottoporre al vaglio filologico (e magari osservativo).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
Citazione di: sgiombo il 17 Maggio 2016, 08:11:51 AM
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2016, 20:48:26 PM
Peraltro la suddivisione tra organico e inorganico a me è poco chiara.
Ogni classificazione dipende dal livello di analisi con il quale si guarda la realtà. Tutto ciò che noi vediamo sembra composto dagli stessi elementi della tavola periodica, sia il materiale inorganico che quello organico. Qualcuno mi chiarisce qual è la discriminante forte, il muro insuperabile tra organico e inorganico che non sia nella nostra mente?
Cito da Pellegrinaggi verso il vuoto di A.Sabbadini:
"Alcune ricerche significative in questo senso sono state fatte negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci si è resi conto che la materia inorganica in certe circostanze è capace di produrre spontaneamente organizzazione e struttura, cose che in passato si riteneva prerogativa dei sistemi viventi(..). Ciononostante questa emergenza mostra che non esiste una barriera insuperabile tra l'inorganico e l'organico, fra il non vivente e il vivente."
CitazioneCondivido.

La materia vivente é "perfettamente" riducibile alla materia inorganica, la biologia é in linea di principio "perfettamente" riducibile alla fisica - chimica, senza alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" che ecceda le fondamentali entità e leggi del divenire fisiche, senza che nella "somma" biologica (vivente) vi sia alcunché in più delle sue "parti" fisiche (minerali; ovviamente poste nelle rispettive relazioni fra di esse).

Non così il pensiero alla materia, la mente al cervelo.
Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: jeangene il 17 Maggio 2016, 08:51:13 AM
Citazione di: davintro il 16 Maggio 2016, 15:34:52 PM
L'espressione "sensazioni coscienti" la trovo ambigua ed equivoca. A livello di sensazioni non si può ancora parlare di una coscienza, il soggetto di fronte alla sensazione è ancora passivo, riceve lo stimolo sensitivo così come è nel suo darsi all' "urto" con il corpo senziente. La coscienza, il tendere intenzionale del soggetto rivolto a dare un senso agli oggetti del mondo, comincia con la percezione, nella quale il materiale della sensazione viene lavorato, interpretato dandogli una forma concettuale. Un senso, appunto.

Percepire è RI-conoscere, mentre per ricevere stimoli sensitivi non ho alcun bisogno di memoria, dunque non ha senso parlare di coscienza e autocoscienza.

Ecco saltare la sinonimia (relativa a questo contesto) tra "sentire", "esperire" e "coscienza".
Mi sembra che davintro intenda l' essere coscienti di qualcosa come un processo molto più complesso del semplice sentirlo.

Citazione di: maral il 16 Maggio 2016, 16:36:20 PM
Questo è evidente nel fatto che nell'istante del riconoscimento dell'oggetto, il suo significato ci appare del tutto immediato e solo dopo, riflettendoci sopra in modo mediato, possiamo, e solo in determinate circostanze, intendere questo significato come acquisito, come qualcosa che si è formato in noi stessi. E' possibile fermarsi solo alla fenomenologia di ciò che ci appare? Certo, è accaduto per migliaia di anni ed è ciò che, se non interponiamo la riflessione, ci appare del tutto evidente anche nel presente

Cosa intendi con "fenomenologia di ciò che appare" ? Intendi forse l' "immagine sensoriale" ?
Solitamente non ho nemmeno il tempo di accorgermi di stare percependo qualcosa che subito questo qualcosa viene sommerso da una marea di significati.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 11:34:56 AM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
Citazione di: sgiombo il 17 Maggio 2016, 08:11:51 AM
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2016, 20:48:26 PM
Peraltro la suddivisione tra organico e inorganico a me è poco chiara.
Ogni classificazione dipende dal livello di analisi con il quale si guarda la realtà. Tutto ciò che noi vediamo sembra composto dagli stessi elementi della tavola periodica, sia il materiale inorganico che quello organico. Qualcuno mi chiarisce qual è la discriminante forte, il muro insuperabile tra organico e inorganico che non sia nella nostra mente?
Cito da Pellegrinaggi verso il vuoto di A.Sabbadini:
"Alcune ricerche significative in questo senso sono state fatte negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci si è resi conto che la materia inorganica in certe circostanze è capace di produrre spontaneamente organizzazione e struttura, cose che in passato si riteneva prerogativa dei sistemi viventi(..). Ciononostante questa emergenza mostra che non esiste una barriera insuperabile tra l'inorganico e l'organico, fra il non vivente e il vivente."
CitazioneCondivido.

La materia vivente é "perfettamente" riducibile alla materia inorganica, la biologia é in linea di principio "perfettamente" riducibile alla fisica - chimica, senza alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" che ecceda le fondamentali entità e leggi del divenire fisiche, senza che nella "somma" biologica (vivente) vi sia alcunché in più delle sue "parti" fisiche (minerali; ovviamente poste nelle rispettive relazioni fra di esse).

Non così il pensiero alla materia, la mente al cervelo.
Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.
Trovo singolare come quasi nessuno si chieda che cosa siano in realtà la materia, l'energia, le leggi fisiche, perché esista l'universo, e perché esistendo si è manifestato proprio così come appare e non altrimenti.
Tutte queste cose (che ci sono essenzialmente sconosciute) vengono prese per buone, per scontate, con la massima tranquillità, senza discussioni, senza sentire alcuna esigenza di spingere lo sguardo ancora più in là. Anzi, se si fanno domande del genere, di solito si risponde che "la domanda è mal posta", o "che non ha senso".

Invece, quando si parla di coscienza, l'atteggiamento è completamente diverso. Pur di evitare, a tutti i costi, di assumere la coscienza come un principio irriducibile (cioè quel che si fa tranquillamente con materia ed energia etc), si compiono tutti gli sforzi possibili per ricondurre la coscienza alla materia. Ecco allora il riduzionismo su base strettamente materiale (la coscienza è un'espressione dell'attività neuronale) oppure il riduzionismo su base logico-relazionale (la coscienza sorge come conseguenza dell'autoreferenzialità del linguaggio con cui opera la coscienza stessa).

Qualcuno ha già fatto notare la demenzialità dell riduzionismo logico-relazionale (che semplicemente ribalta i termini della questione), e quindi su questo sorvolo.
Concludo invece riproponendo un'argomentazione contro il riduzionismo materiale, a cui nessuno ancora ha dato una risposta.

Ogni con di noi sperimenta la stabilità nel tempo della propria percezione di sé, o autocoscienza. Ha poca importanza ora stabilire se questo io-sono sia reale o illusorio. Mettiamo pure che sia illusorio: sta di fatto che questa illusione ciascuno di noi la percepisce costantemente, stabilmente, continuamente uguale a se stessa. Ripeto, parlo della percezione di sé, non dei contenuti mentali, che ovviamente cambiano ad ogni istante. Parlo dell'osservatore, come l'ho più volte chiamato.
Nell'ipotesi riduzionista, l'osservatore dev'essere necessariamente il risultato dell'attività della base materiale, cioè del corpo, e in particolare del cervello. Quindi, per spiegare la stabilità dell'osservatore è necessario individuare qualcosa che sia altrettanto stabile nella base materiale.
Purtroppo, nella base materiale non c'è nulla di stabile, né nel corpo né nel cervello...

Il riduzionismo materiale non sta chiaramente in piedi, eppure molti continuano a preferirlo, inorridendo all'idea di dover postulare la coscienza come principio primo e irriducibile. Forse perché sa troppo di anima, e l'anima sa troppo di Dio.
Semplicemente un pregiudizio, perché la coscienza come principio primo non significa necessariamente mettere la religione davanti alla scienza...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 11:37:14 AM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
Citazione di: sgiombo il 17 Maggio 2016, 08:11:51 AM
Citazione di: HollyFabius il 16 Maggio 2016, 20:48:26 PMPeraltro la suddivisione tra organico e inorganico a me è poco chiara. Ogni classificazione dipende dal livello di analisi con il quale si guarda la realtà. Tutto ciò che noi vediamo sembra composto dagli stessi elementi della tavola periodica, sia il materiale inorganico che quello organico. Qualcuno mi chiarisce qual è la discriminante forte, il muro insuperabile tra organico e inorganico che non sia nella nostra mente? Cito da Pellegrinaggi verso il vuoto di A.Sabbadini: "Alcune ricerche significative in questo senso sono state fatte negli ultimi decenni del secolo scorso. Ci si è resi conto che la materia inorganica in certe circostanze è capace di produrre spontaneamente organizzazione e struttura, cose che in passato si riteneva prerogativa dei sistemi viventi(..). Ciononostante questa emergenza mostra che non esiste una barriera insuperabile tra l'inorganico e l'organico, fra il non vivente e il vivente."
CitazioneCondivido. La materia vivente é "perfettamente" riducibile alla materia inorganica, la biologia é in linea di principio "perfettamente" riducibile alla fisica - chimica, senza alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" che ecceda le fondamentali entità e leggi del divenire fisiche, senza che nella "somma" biologica (vivente) vi sia alcunché in più delle sue "parti" fisiche (minerali; ovviamente poste nelle rispettive relazioni fra di esse). Non così il pensiero alla materia, la mente al cervelo.
Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.

La  semantica e la sintassi è in qualunque tipo di linguaggio ed è, di nuovo torno a dire, il nostro cervello che ha parti linguistiche come l'area del Broca e Werniche che comandano la fonazione fino alla laringe. Sottolineo che solo l'uomo ha in natura.
Ma anche un computer ha semantica e sintassi ,ma elabora grazie a programmi con algoritmi ed euristici , vale a dire deve essere istruito a compiere l'elaborazione, non è un organismo che si autodetermina, se posso utilizzare questo termine..

L'elettronica a stato solido che utilizza materiale inorganico deve costruire architetture complesse e miniaturizzate per dare potenza e velocità che significa quantità di elaborazione nell'unità di tempo. Un computer che lavora in seriale non è la stessa cosa di quello che lavora in parallelo . L'esponente di un base 2 non è la stessa potenza delo stesso 'esponente a base 10.

Se ,come penso, la complessità ha spinto l'organismo biologico ha superare  con una organizzazione gerarco funzionale a far emergere forme di comunicazione non più solo gestuale, ma con aree e strutture nervose e muscolari atte a modulare la laringe, quì avvine un salto colossale ,se voliamo entrare in una logica evolutiva biologica.
Più un animale è complesso e più diventa individuo identitario : non c'è umano con lo stesso cervello e non c'è umano nemmeno morfologicamente identico all'altro se non nei gemelli omozigoti, ovvero ognuno è riconoscibilissimo.

Una cellula sai quante porte ha con l'esterno? Sai che i farmaci agiscono sui neuroni ad esempio con antidolorifici, chiudendo il segnale?  Se tutta l'attività biochimica fosse vista come una unità con infinite porte, a quel punto il computer non copia più la struttura umana con materiale inorganico e quindi poco plastico, ma diventa simile all'uomo come struttura e non come imitazione.di funzioni.

Stiamo dimenticando che l'elettromagnetismo è fondamentale come base energetica, è elettro+magnetismo e questi nella complessità di scambi energetici che equivalgono ad informazioni possono generare ulteriori complessità .
Non dimentichiamo che non sono le potenze in assoluto a costruire elaborazioni, vale adire non è necessario 220 volt di una corrente alternata, ma di poco voltaggio e di una corrente continua per alimentare tutte le parti fisiched ell'elettronica che a loro volta gnerano tutta la parte el aborativa.
Si sta  sottovalutando che anche nel computer non si vede e  non appare palese l'elaborazione, ma dentro ci sono algoritmi che si innescano con l'attività fisica. Forse si è ancora  ancora catalizzati sull'apparenza e il computer dimostra la similitudine fin quì con i cervello, vale  a dire, apro il computer e vedo i componenti suddivisi localmente ognuno con delle piste elettroniche, chip, condensatori, resistenze, ecc, ma tutti collegati fra loro da fasci di fili che interconnettono. vale a dire che l astruttura fisica è determinate per la strutturazione di una complessità linguistica , ma non emerge "fisicamente" il momento elaborativo, pur sapendo dove sono le memorie e dov'è il coprrocessore logico fino alla mother board ,ROM,, porte in ingresso e uscita,ecc.
Se ci pensiamo bene è la stessa cosa.  Fisica dell'hardware come un cervello , è lì da vedere; ma la parte elaborativa è " invisibile", se non come attività l'una con un oscilloscopio, l'altra con l'imaging. Questo è lo stato "fisico" osservabile.

Ma come agisce il computer? Non fa altro che manipolare l'onda elettro-magnetica . E come arrivano le percezioni sensoriali al cervello ? Da altrettante onde elettromagnetiche . Ma attenzione il magnetismo genera un "campo"..... ma non voglio andare oltre quì.

Francamente , mi si deve spiegare perchè la vita non nasce da materiale inorganico.
Non è riducendo tutto al quark che troverete le soluzioni.
Se non si capiscono che gli stati energetici di ogni elemento della tavola periodica sono diversi  l'una dall'latra è che legami chimici come il covalente o lo ionico sono compatibilità degli strati elettronici, che il bios esiste grazie a caratteristiche di soluzione di una molecola chimata acqua e formata da ossigeno e idrogeno ecc. ecc. ecc... cosa devo spiegare come funziona l'idrolisi e tutte l eattività chimico fische dei materiali organici come gl iacidi nucleici e le basi amminiche del leproteine e di come si forma il ponte d'idrogeno nell'acqua costruendo una tensioattività? ecc. ecc
Gli elementi più importanti dell'organico corrispondono guarda caso ai componenti più importanti dell'atmosfera terrestre.

Noi non nasciamo già coscienti e con una coscienza, ma abbiamo una dotazione innata fisica che permette durante la crescita e la nostra esperienza, che vuol dire essere informati dal mondo e dai nostri simili , di far emergere da quella tabula rasa iniziale man mano una coscienza. Questi sono sicuramente pre requisiti.

Se la mia mente è allenata continuativamente ad esempio a meditare, io attivo il cervello in determinate modalità, quindi spingo i collegamenti fisici di certe aree , se invece lo alleno al semplice calcolo attivo continuamente soprattutto certe aree.
In altre parole l'attività mentale e di conseguenza della coscienza spinge la fisica elettromagnetica del cervello ad attivare aree neurali e sinapsi invece di altre.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 12:14:03 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 11:34:56 AM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.
Trovo singolare come quasi nessuno si chieda che cosa siano in realtà la materia, l'energia, le leggi fisiche, perché esista l'universo, e perché esistendo si è manifestato proprio così come appare e non altrimenti.
Tutte queste cose (che ci sono essenzialmente sconosciute) vengono prese per buone, per scontate, con la massima tranquillità, senza discussioni, senza sentire alcuna esigenza di spingere lo sguardo ancora più in là. Anzi, se si fanno domande del genere, di solito si risponde che "la domanda è mal posta", o "che non ha senso".

Invece, quando si parla di coscienza, l'atteggiamento è completamente diverso. Pur di evitare, a tutti i costi, di assumere la coscienza come un principio irriducibile (cioè quel che si fa tranquillamente con materia ed energia etc), si compiono tutti gli sforzi possibili per ricondurre la coscienza alla materia. Ecco allora il riduzionismo su base strettamente materiale (la coscienza è un'espressione dell'attività neuronale) oppure il riduzionismo su base logico-relazionale (la coscienza sorge come conseguenza dell'autoreferenzialità del linguaggio con cui opera la coscienza stessa).

Qualcuno ha già fatto notare la demenzialità dell riduzionismo logico-relazionale (che semplicemente ribalta i termini della questione), e quindi su questo sorvolo.
Concludo invece riproponendo un'argomentazione contro il riduzionismo materiale, a cui nessuno ancora ha dato una risposta.

Ogni con di noi sperimenta la stabilità nel tempo della propria percezione di sé, o autocoscienza. Ha poca importanza ora stabilire se questo io-sono sia reale o illusorio. Mettiamo pure che sia illusorio: sta di fatto che questa illusione ciascuno di noi la percepisce costantemente, stabilmente, continuamente uguale a se stessa. Ripeto, parlo della percezione di sé, non dei contenuti mentali, che ovviamente cambiano ad ogni istante. Parlo dell'osservatore, come l'ho più volte chiamato.
Nell'ipotesi riduzionista, l'osservatore dev'essere necessariamente il risultato dell'attività della base materiale, cioè del corpo, e in particolare del cervello. Quindi, per spiegare la stabilità dell'osservatore è necessario individuare qualcosa che sia altrettanto stabile nella base materiale.
Purtroppo, nella base materiale non c'è nulla di stabile, né nel corpo né nel cervello...

Il riduzionismo materiale non sta chiaramente in piedi, eppure molti continuano a preferirlo, inorridendo all'idea di dover postulare la coscienza come principio primo e irriducibile. Forse perché sa troppo di anima, e l'anima sa troppo di Dio.
Semplicemente un pregiudizio, perché la coscienza come principio primo non significa necessariamente mettere la religione davanti alla scienza...

Ti stai confondendo, la mia non è una posizione riduzionista e la tua esposizione pecca di superficialità.

Se in un discorso logiche le possibilità sono A,B,C,D posso operare affermando A oppure negando B,C,D e lasciando A come unica alternativa valida.
In entrambi gli approcci non hai la certezza che A sia la corretta posizione.
La posizione che tende ad affermare A lo fa con un atto di fede, non attraverso un processo cognitivo.
Chi afferma A lo ritiene principio base e non accetta di porlo in discussione.

Tu affermi A, ovvero che la coscienza sia un principio primo e irriducibile e poi da questo partono tutte le tue osservazioni.
Io cerco di negare B,C,D affermandoli e cercando di trovare contraddizione nella loro affermazione. Sono fedele solo al principio di non contraddizione.
Io non ho mai espresso in questo 3D supposizioni sui principi primi dai quali discendere il resto ma ti assicuro che ho delle mie idee e che queste non contemplano la sola materia. Purtroppo sono agnostico anche su questo, ci sono alcune posizioni che mi piacciono (per esempio tra i pensatori noti la posizione di Schopenhauer ma anche altre di cui magari in futuro se ci sarà occasioni proverò ad esporre).
Ma sulla coscienza la posizione piena di pregiudizio è purtroppo per te la tua, sei tu che la presupponi acriticamente data, sei tu che la usi come principio: questa è la vera fonte del pregiudizio. Peraltro visto che la citi, queste tue forme di pregiudizio sono ai miei occhi le vere fonti della demenzialità.

Le riflessioni su religione, scienza, dio non sono necessarie parlando di coscienza. Non ci sono timori a trattare questi temi, semplicemente sono strampalati, dal mio punto di vista argomentare usando questi argomenti è semplicemente evitare di riflettere e trovare una comoda scorciatoia che tutto spiega. Il mio atteggiamento su questo è ben lontano dal pregiudizio. Certo non posso negare di avere i miei pregiudizi, averne è connaturato al pensiero. La crescita spirituale è proprio un processo di liberazione dei pregiudizi, per farlo occorre allontanare ogni fede e guardare con gli occhi del bambino, della curiosa esplorazione, ogni cosa.


Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 12:37:33 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 11:37:14 AM

La  semantica e la sintassi è in qualunque tipo di linguaggio ed è, di nuovo torno a dire, il nostro cervello che ha parti linguistiche come l'area del Broca e Werniche che comandano la fonazione fino alla laringe. Sottolineo che solo l'uomo ha in natura.
Ma anche un computer ha semantica e sintassi ,ma elabora grazie a programmi con algoritmi ed euristici , vale a dire deve essere istruito a compiere l'elaborazione, non è un organismo che si autodetermina, se posso utilizzare questo termine..

L'elettronica a stato solido che utilizza materiale inorganico deve costruire architetture complesse e miniaturizzate per dare potenza e velocità che significa quantità di elaborazione nell'unità di tempo. Un computer che lavora in seriale non è la stessa cosa di quello che lavora in parallelo . L'esponente di un base 2 non è la stessa potenza delo stesso 'esponente a base 10.

Se ,come penso, la complessità ha spinto l'organismo biologico ha superare  con una organizzazione gerarco funzionale a far emergere forme di comunicazione non più solo gestuale, ma con aree e strutture nervose e muscolari atte a modulare la laringe, quì avvine un salto colossale ,se voliamo entrare in una logica evolutiva biologica.
Più un animale è complesso e più diventa individuo identitario : non c'è umano con lo stesso cervello e non c'è umano nemmeno morfologicamente identico all'altro se non nei gemelli omozigoti, ovvero ognuno è riconoscibilissimo.

Una cellula sai quante porte ha con l'esterno? Sai che i farmaci agiscono sui neuroni ad esempio con antidolorifici, chiudendo il segnale?  Se tutta l'attività biochimica fosse vista come una unità con infinite porte, a quel punto il computer non copia più la struttura umana con materiale inorganico e quindi poco plastico, ma diventa simile all'uomo come struttura e non come imitazione.di funzioni.

Stiamo dimenticando che l'elettromagnetismo è fondamentale come base energetica, è elettro+magnetismo e questi nella complessità di scambi energetici che equivalgono ad informazioni possono generare ulteriori complessità .
Non dimentichiamo che non sono le potenze in assoluto a costruire elaborazioni, vale adire non è necessario 220 volt di una corrente alternata, ma di poco voltaggio e di una corrente continua per alimentare tutte le parti fisiched ell'elettronica che a loro volta gnerano tutta la parte el aborativa.
Si sta  sottovalutando che anche nel computer non si vede e  non appare palese l'elaborazione, ma dentro ci sono algoritmi che si innescano con l'attività fisica. Forse si è ancora  ancora catalizzati sull'apparenza e il computer dimostra la similitudine fin quì con i cervello, vale  a dire, apro il computer e vedo i componenti suddivisi localmente ognuno con delle piste elettroniche, chip, condensatori, resistenze, ecc, ma tutti collegati fra loro da fasci di fili che interconnettono. vale a dire che l astruttura fisica è determinate per la strutturazione di una complessità linguistica , ma non emerge "fisicamente" il momento elaborativo, pur sapendo dove sono le memorie e dov'è il coprrocessore logico fino alla mother board ,ROM,, porte in ingresso e uscita,ecc.
Se ci pensiamo bene è la stessa cosa.  Fisica dell'hardware come un cervello , è lì da vedere; ma la parte elaborativa è " invisibile", se non come attività l'una con un oscilloscopio, l'altra con l'imaging. Questo è lo stato "fisico" osservabile.

Ma come agisce il computer? Non fa altro che manipolare l'onda elettro-magnetica . E come arrivano le percezioni sensoriali al cervello ? Da altrettante onde elettromagnetiche . Ma attenzione il magnetismo genera un "campo"..... ma non voglio andare oltre quì.

Francamente , mi si deve spiegare perchè la vita non nasce da materiale inorganico.
Non è riducendo tutto al quark che troverete le soluzioni.
Se non si capiscono che gli stati energetici di ogni elemento della tavola periodica sono diversi  l'una dall'latra è che legami chimici come il covalente o lo ionico sono compatibilità degli strati elettronici, che il bios esiste grazie a caratteristiche di soluzione di una molecola chimata acqua e formata da ossigeno e idrogeno ecc. ecc. ecc... cosa devo spiegare come funziona l'idrolisi e tutte l eattività chimico fische dei materiali organici come gl iacidi nucleici e le basi amminiche del leproteine e di come si forma il ponte d'idrogeno nell'acqua costruendo una tensioattività? ecc. ecc
Gli elementi più importanti dell'organico corrispondono guarda caso ai componenti più importanti dell'atmosfera terrestre.

Noi non nasciamo già coscienti e con una coscienza, ma abbiamo una dotazione innata fisica che permette durante la crescita e la nostra esperienza, che vuol dire essere informati dal mondo e dai nostri simili , di far emergere da quella tabula rasa iniziale man mano una coscienza. Questi sono sicuramente pre requisiti.

Se la mia mente è allenata continuativamente ad esempio a meditare, io attivo il cervello in determinate modalità, quindi spingo i collegamenti fisici di certe aree , se invece lo alleno al semplice calcolo attivo continuamente soprattutto certe aree.
In altre parole l'attività mentale e di conseguenza della coscienza spinge la fisica elettromagnetica del cervello ad attivare aree neurali e sinapsi invece di altre.

parlando del mondo dei numeri, la base 2 e la base 10 o la base 60 sono equipollenti, ovvero puoi usarle indifferentemente per ottenere le stesse cose. Le base di rappresentazione dei numeri è indifferente alla potenza elaborativa pura, atemporale. Se vuoi possiamo aprire un 3D su questo ma tutto ciò non è solo opinione, è opinione supportata da dimostrazioni di biiettività delle operazioni, è supportata dal modello condiviso e attualmente accettato universalmente del modello attuale dei numeri.
Introducendo l'elemento tempo di calcolo le cose si fanno più complicate, ma occorre veramente capire se l'aumento di velocità nella effettuazione delle operazioni, ovvero l'aumento della potenza di calcolo sia effettivamente oltre che necessaria anche sufficiente per arrivare ad un salto qualitativo, non ci sono dimostrazioni su questo e non ci possono essere dimostrazioni se non si comprendono appieno i meccanismi della formazione di 'sapere' passando tra un livello di realtà e un altro livello di realtà.
Arrivare al mare in due ore e tornare alla montagna in altre due è agli occhi di un uomo di due secoli fa un viaggiare nel tempo. Noi sappiamo che è solo un aumento di velocità nello spostamento superiore alle possibilità da lui immaginabili.

Anch'io sono propenso a credere che la vita nasca da materiale inorganico, così come credo che la coscienza nasca dalla vita però ammetto che molte delle tue critiche mi sfuggono. Io ho una conoscenza piuttosto approfondita di cosa è un elaboratore ma molte tue osservazioni non le capisco. Le concettualità legate alla elaborazione si fanno anche solo con carta e penna, il livello fisico, elettromagnetico sono solo un accidente, potrebbero variare le componenti di un elaboratore, anzi lo faranno sicuramente ma le riflessioni su dove sia posizionata la conoscenza e dove la coscienza vanno tenute separate, hanno implicazioni e complessità molto diverse.

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 17 Maggio 2016, 12:45:38 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
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La materia vivente é "perfettamente" riducibile alla materia inorganica, la biologia é in linea di principio "perfettamente" riducibile alla fisica - chimica, senza alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" che ecceda le fondamentali entità e leggi del divenire fisiche, senza che nella "somma" biologica (vivente) vi sia alcunché in più delle sue "parti" fisiche (minerali; ovviamente poste nelle rispettive relazioni fra di esse).

Non così il pensiero alla materia, la mente al cervelo.


Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.
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Rispondo:

Sta di fatto che si può cercare fin che si vuole nel cervello di chiunque ma vi si troveranno sempre e soltanto neuroni, celule gliali, assoni, sinapsi, potenziali d' azione e stimolazioni o inibizioni trans-sinaptiche, ecc., a loro volta costituiti di molecole, atomi, particelle/onde subatomiche, campi di forza ecc.
E mai le esperienze coscienti che a tale o tali cervelli si possono ritenere "correlate" (mai visioni di verdi foreste se il tizio di cui si osserva il cervello sta guardando una verde foresta, né ragionamenti se sta mentalmente dimostrando un teorema di geometria, né sentimeti se si sente immamorato o odia qualcuno, ecc.).

L' esperienza cosciente non sta in alcun modo, in alcun senso nel cervello.
Né é dal cervello causata, prodotta, e nemmeno "gli sopravviene" o "ne emerge" (qualsiasi cosa MATERIALE, statica o "dinamica" o "relazionale", ecc. si possa intendere con questi concetti) in alcun modo: ai processi neurofisiologici nel cervello conseguono (causalmente) SOLO ED UNICAMENTE contrazioni di muscoli o al limite secrezioni di ghiandole.
Sono invece i cervelli ad essere "contenuti ne-" o a "far parte de-" -le esperienze fenomeniche coscienti (nell' ambito delle quali sono per lo meno potenzialmente, e se attualmente di solito indirettamente, per il tramite dell' imaging neurologico funzionale, percepiti sensibilmente).

E analogammente in un fantascientifico futuribile "cervello artificiale" si troverebbero solo ed unicamente elaborazioni algoritmiche implementate su su un hardware di silicio, di "materiale organico artificiale" o qualcosaltro di materiale, e non certo le sensazioni, i pensieri, gli eventuali sentimenti che ad esso si potrebbero ritenete correlati.

Non posso argomentare ulteriormente in maniera adeguata qui (fra l' altro l' ho fatto più volte nel vecchio forum e non voglio tediare i più "incalliti" o meglio "fedeli da antica data" frequentatori).
Mi permetterei di invitarti a leggere la "lettera on line" sull' argomento che ho inviato a questo stesso sito "Riflessioni" (é la n° 175: "I paradossi delle moderne neuroscienze").
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 13:03:30 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 12:14:03 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 11:34:56 AM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:30:10 AM
Si mi è chiara questa tua posizione, però non sono soddisfatto dell'idea che pensiero e mente siano 'altro', siano principi operanti su un livello realmente separato dal resto della realtà materica. E' una ipotesi ma senza una spiegazione convincente. Accetto e mi pare naturale farlo che esistano dei principi, il rifiuto di principi porta a evidenti contraddizioni, ma mi aspetto che la natura i questi principi sia intellettualmente più chiara (in realtà più astratta) rispetto al pensiero e mente. Vedo pensiero e mente derivati non principi.
Trovo singolare come quasi nessuno si chieda che cosa siano in realtà la materia, l'energia, le leggi fisiche, perché esista l'universo, e perché esistendo si è manifestato proprio così come appare e non altrimenti.
Tutte queste cose (che ci sono essenzialmente sconosciute) vengono prese per buone, per scontate, con la massima tranquillità, senza discussioni, senza sentire alcuna esigenza di spingere lo sguardo ancora più in là. Anzi, se si fanno domande del genere, di solito si risponde che "la domanda è mal posta", o "che non ha senso".

Invece, quando si parla di coscienza, l'atteggiamento è completamente diverso. Pur di evitare, a tutti i costi, di assumere la coscienza come un principio irriducibile (cioè quel che si fa tranquillamente con materia ed energia etc), si compiono tutti gli sforzi possibili per ricondurre la coscienza alla materia. Ecco allora il riduzionismo su base strettamente materiale (la coscienza è un'espressione dell'attività neuronale) oppure il riduzionismo su base logico-relazionale (la coscienza sorge come conseguenza dell'autoreferenzialità del linguaggio con cui opera la coscienza stessa).

Qualcuno ha già fatto notare la demenzialità dell riduzionismo logico-relazionale (che semplicemente ribalta i termini della questione), e quindi su questo sorvolo.
Concludo invece riproponendo un'argomentazione contro il riduzionismo materiale, a cui nessuno ancora ha dato una risposta.

Ogni con di noi sperimenta la stabilità nel tempo della propria percezione di sé, o autocoscienza. Ha poca importanza ora stabilire se questo io-sono sia reale o illusorio. Mettiamo pure che sia illusorio: sta di fatto che questa illusione ciascuno di noi la percepisce costantemente, stabilmente, continuamente uguale a se stessa. Ripeto, parlo della percezione di sé, non dei contenuti mentali, che ovviamente cambiano ad ogni istante. Parlo dell'osservatore, come l'ho più volte chiamato.
Nell'ipotesi riduzionista, l'osservatore dev'essere necessariamente il risultato dell'attività della base materiale, cioè del corpo, e in particolare del cervello. Quindi, per spiegare la stabilità dell'osservatore è necessario individuare qualcosa che sia altrettanto stabile nella base materiale.
Purtroppo, nella base materiale non c'è nulla di stabile, né nel corpo né nel cervello...

Il riduzionismo materiale non sta chiaramente in piedi, eppure molti continuano a preferirlo, inorridendo all'idea di dover postulare la coscienza come principio primo e irriducibile. Forse perché sa troppo di anima, e l'anima sa troppo di Dio.
Semplicemente un pregiudizio, perché la coscienza come principio primo non significa necessariamente mettere la religione davanti alla scienza...

Ti stai confondendo, la mia non è una posizione riduzionista e la tua esposizione pecca di superficialità.

Se in un discorso logiche le possibilità sono A,B,C,D posso operare affermando A oppure negando B,C,D e lasciando A come unica alternativa valida.
In entrambi gli approcci non hai la certezza che A sia la corretta posizione.
La posizione che tende ad affermare A lo fa con un atto di fede, non attraverso un processo cognitivo.
Chi afferma A lo ritiene principio base e non accetta di porlo in discussione.

Tu affermi A, ovvero che la coscienza sia un principio primo e irriducibile e poi da questo partono tutte le tue osservazioni.
Io cerco di negare B,C,D affermandoli e cercando di trovare contraddizione nella loro affermazione. Sono fedele solo al principio di non contraddizione.
Io non ho mai espresso in questo 3D supposizioni sui principi primi dai quali discendere il resto ma ti assicuro che ho delle mie idee e che queste non contemplano la sola materia. Purtroppo sono agnostico anche su questo, ci sono alcune posizioni che mi piacciono (per esempio tra i pensatori noti la posizione di Schopenhauer ma anche altre di cui magari in futuro se ci sarà occasioni proverò ad esporre).
Ma sulla coscienza la posizione piena di pregiudizio è purtroppo per te la tua, sei tu che la presupponi acriticamente data, sei tu che la usi come principio: questa è la vera fonte del pregiudizio. Peraltro visto che la citi, queste tue forme di pregiudizio sono ai miei occhi le vere fonti della demenzialità.

Le riflessioni su religione, scienza, dio non sono necessarie parlando di coscienza. Non ci sono timori a trattare questi temi, semplicemente sono strampalati, dal mio punto di vista argomentare usando questi argomenti è semplicemente evitare di riflettere e trovare una comoda scorciatoia che tutto spiega. Il mio atteggiamento su questo è ben lontano dal pregiudizio. Certo non posso negare di avere i miei pregiudizi, averne è connaturato al pensiero. La crescita spirituale è proprio un processo di liberazione dei pregiudizi, per farlo occorre allontanare ogni fede e guardare con gli occhi del bambino, della curiosa esplorazione, ogni cosa.
Io non sono partito con l'affermare la coscienza come principio primo, per fede, come lasci intendere tu ad una lettura disattenta del mio post.
Ci sono arrivato dopo averci ragionato e dopo aver escluso la ragionevolezza delle altre posizioni, esattamente come dici di voler fare tu. E se davvero lo vuoi fare, dovresti rispondere alla questione che pongo in conclusione del mio post precedente: cosa che né tu né altri hanno ancora fatto, nonostante l'abbia già posta in precedenza, più volte.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM
... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro.
Comunque:....
Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2  due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0)
hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro materiale ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.

La cosa strana è che essendo credente ho dovuto, anche con la discussione altrove con Sgiombo fare a meno di inserire spirito+anima+psiche e parlare solo di materia.
ma inaspettatamente coloro che teoricamente dovrebbero essere più ferrati di me sulla materialità......?

Allora:
ritengo che vi siano relazioni fra materia e trascendenza persino biunivoche. Se uno stato psichico e spirituale  può alterare fisicamente lo stato materiale di un corpo, , se uno yogi, riesce a gestire persino i metabolismi,
così come :
se malattie cerebrali e danni da traumi possono alterare la fisicità del cervello impedendo parti (non tutte) della  coscienza , e infine se una morte del cervello toglie lo stato di coscienza, ...
Significa che vi è molto di più di una correlazione fra materia e coscienza e  fra materia e trascendenza ed è solo pensando  prima sugli stati energetici che si intuiscono gli stati di coscienza  , perchè ritengo che la coscienza sia energia e ritengo elettro- ..... magnetica soprattutto.

La coscienza ha requisiti ,caratteristiche ,proprietà che ho già elencato nei post precedenti  e il suo linguaggio non è SOLO  razionale in termine logico scientifico , è molto di più.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 14:33:45 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 13:03:30 PM
Io non sono partito con l'affermare la coscienza come principio primo, per fede, come lasci intendere tu ad una lettura disattenta del mio post.
Ci sono arrivato dopo averci ragionato e dopo aver escluso la ragionevolezza delle altre posizioni, esattamente come dici di voler fare tu. E se davvero lo vuoi fare, dovresti rispondere alla questione che pongo in conclusione del mio post precedente: cosa che né tu né altri hanno ancora fatto, nonostante l'abbia già posta in precedenza, più volte.
Io ho risposto solo al tuo ultimo post, dove non hai un atteggiamento dialettico e dove hai un evidente tono affermativo, privo di qualunque forma di analisi del discorso altrui. Non importa, mia mancanza non aver letto i tuoi post precedenti dove evidentemente avrai parlato di quello che mancava in questo.
Ti rispondo sull'ultima frase che tra l'altro non è posta in forma di questione come qui dici ma in forma di convinto giudizio, è normale non rispondere perché è evidente la mancanza di un dialogo possibile.
In ogni caso, visto che qui lo richiedi direttamente posso dirti che quando parliamo di 'coscienza' stiamo parlando di due cose completamente diverse, usiamo lo stesso termine, la stessa parola ma l'ambito, le motivazioni, le implicazioni, le conseguenze sono completamente diverse. Dovremmo usare parole diverse ed evitare questa ambiguità.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 14:50:14 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM
... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro.
Comunque:....
Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2 possibilità, due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0)
hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro material ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.

paul rispondo solo su questo perché mi pare evidente che esista sull'argomento un gap informativo.

1+1=2
1+1=10

sono la stessa operazione rappresentate la prima in una base decimale e la seconda in base binaria (il 2 e il 10 rappresentano lo stesso numero).
Se hai un materiale con 2 possibilità, due stati per rappresentare il numero 57 (che in decimale richiede due simboli) in binario richiede 6 simboli 111001 ma dal punto di vista delle operazioni che puoi compiere con 2 sole possibilità o con 10 possibilità (quelle del sistema decimale) sono esattamente le stesse, con una differenza insignificante per quanto riguarda i tempi di elaborazione. Non è usando 50 simboli per contare che si aumenta potenza all'atto di realizzare operazioni numeriche. Con un materiale di due possibilità ne usi due al posto di uno e le possibilità diventano, usando la tua notazione (2^2)^(2^2) 16 possibilità, basta usarne 4 dove per superare in potenza il materiale con 10 possibilità.
L'uso di elaboratori organici in realtà implica l'introduzione di nuove forme di elaborazione, di nuova matematica non della stessa matematica con più simboli a disposizione. Spero di aver afferrato le tue perplessità e aver risposto in modo comprensibile.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 17 Maggio 2016, 15:19:55 PM
Rispondo a Maral:

Non direi che la riflessione a posteriori "costruisca" alcunchè. La riflessione non produce i propri oggetti ma scopre qualcosa che gia c'è, mette in evidenza ciò che prima era latente. L'autocoscienza è questo sapere latente della coscienza che ha di sè, latente perchè nell'atteggiamento naturale (dominante nella nostra quotidianità) l'attenzione della coscienza è rivolta non su di sè ma sugli oggetti del mondo esterno che percepisce. L'atto di attribuzione di significati ad un oggetto ci appare come immediata perchè nell'atto percettivo, come è ovvio che sia, sono rivolto alla scoperta dei lati dell'oggetto sensibile e non sul processo cognitivo che in quel momento sta operando la sintesi percettiva. Non va confusa l'immediatezza con l'instantaneità. La percezione è effettivamente istantanea perchè gli schemi associativi del passato attraverso cui l'oggetto che ho di fronte assume un significato perchè associato con l'attribuzione di significato che oggetti simili hanno avuto per me nel passato, è già collegato con l'atto presente in virtu della continuità del flusso di coscienza, continuità data dal permanere nel flusso di un soggetto, di un Io genericamente inteso. Non c'è bisogno di un sforzo di regressione verso il passato, il passato è già qua. Ma non si può parlare di "immediatezza", perchè la percezione, seppur frutto della continuità passato-presente, è pur sempre sintesi, sintesi tra i lati dell'oggetto che si danno come fenomeni alla coscienza. La riflessione a posteriori, che può attuarsi o meno, scopre tale continuità tra la coscienza del passato e la coscienza del presente come condizione della mediazione percettiva ed in questo senso trova l'autocoscienza come già data, presente come latente ed ora la mette solo in evidenza ma non se la "inventa". Se se la inventasse, come in una sorta di autoillusione, non avrebbe senso parlare di riflessione come un atto teoretico, ma più come una sorta di atto volontario che "vuole" vedere ciò che magari non c'è. Chiaro che stiamo uscendo dall'accezione naturale del concetto di riflessione. Pensare che l'autocoscienza sia solo una costruzione a-posteriori della riflessione è possibile solo confondendo "autocoscienza" con "attenzione della coscienza su di sè". In realtà l'autocoscienza per essere non ha bisogno di essere tematizzata. la riflessione sposta l'autocoscienza dallo sfondo al punto focale dell'attenzione dello sguardo, ma anche fintanto che resta sullo sfondo se ne ha un livello di consapevolezza che condiziona lo stesso darsi del fenomeno presente nel punto centrale della visuale come ho provato a descrivere nei miei esempi.

Sul tema del riduzionismo credo di essere d'accordo con i post di Loris Bagnara. Anch'io credo che non bisogna cadere nel dogma del riduzionismo materialista che considera il riferirsi a realtà come "anima" "spirito" nel fondare la coscienza come un cedimento a fideismi religiosi. Per me è proprio la razionalità che vede la coscienza come testimonianza di una dimensione spirituale della persona irriducibile alle leggi che governano la materia. Ma è un tema amplissimo e personalmente preferirei per ora tornarci più tardi con più calma per approfondire. Per ora mi limito a constatare come lo stesso sforzo di comprendere la coscienza in un'ottica filosofica porti con sè come implicita l'idea che tale tema presenti degli aspetti irriducibili ai concetti con cui esso viene studiato dalle altre scienze. Se la coscienza fosse veramente riducibile a cervello o neuroni quale potrebbe essere il guadagno conoscitivo di una prospettiva filosofica che non sia ottenibile restando nell'ambito della fisiologia, della biologia o della neurologia? Questo è pur sempre uno spazio di discussione filosofica, non di biologia o neurologia... (se così non fosse certamente non parteciparei, non, ci mancherebbe, per disprezzo di tale discipline, ma per la mia totale ignoranza su di esse, avendo una "formazione" diversa)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 17 Maggio 2016, 15:21:52 PM
cancellata la copia del mio precedente post inviato per errore, chiedo scusa
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 14:33:45 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 13:03:30 PM
Io non sono partito con l'affermare la coscienza come principio primo, per fede, come lasci intendere tu ad una lettura disattenta del mio post.
Ci sono arrivato dopo averci ragionato e dopo aver escluso la ragionevolezza delle altre posizioni, esattamente come dici di voler fare tu. E se davvero lo vuoi fare, dovresti rispondere alla questione che pongo in conclusione del mio post precedente: cosa che né tu né altri hanno ancora fatto, nonostante l'abbia già posta in precedenza, più volte.
Io ho risposto solo al tuo ultimo post, dove non hai un atteggiamento dialettico e dove hai un evidente tono affermativo, privo di qualunque forma di analisi del discorso altrui. Non importa, mia mancanza non aver letto i tuoi post precedenti dove evidentemente avrai parlato di quello che mancava in questo.
Ti rispondo sull'ultima frase che tra l'altro non è posta in forma di questione come qui dici ma in forma di convinto giudizio, è normale non rispondere perché è evidente la mancanza di un dialogo possibile.
In ogni caso, visto che qui lo richiedi direttamente posso dirti che quando parliamo di 'coscienza' stiamo parlando di due cose completamente diverse, usiamo lo stesso termine, la stessa parola ma l'ambito, le motivazioni, le implicazioni, le conseguenze sono completamente diverse. Dovremmo usare parole diverse ed evitare questa ambiguità.
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 15:43:52 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 14:50:14 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro. Comunque:.... Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2 possibilità, due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0) hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro material ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.
paul rispondo solo su questo perché mi pare evidente che esista sull'argomento un gap informativo. 1+1=2 1+1=10 sono la stessa operazione rappresentate la prima in una base decimale e la seconda in base binaria (il 2 e il 10 rappresentano lo stesso numero). Se hai un materiale con 2 possibilità, due stati per rappresentare il numero 57 (che in decimale richiede due simboli) in binario richiede 6 simboli 111001 ma dal punto di vista delle operazioni che puoi compiere con 2 sole possibilità o con 10 possibilità (quelle del sistema decimale) sono esattamente le stesse, con una differenza insignificante per quanto riguarda i tempi di elaborazione. Non è usando 50 simboli per contare che si aumenta potenza all'atto di realizzare operazioni numeriche. Con un materiale di due possibilità ne usi due al posto di uno e le possibilità diventano, usando la tua notazione (2^2)^(2^2) 16 possibilità, basta usarne 4 dove per superare in potenza il materiale con 10 possibilità. L'uso di elaboratori organici in realtà implica l'introduzione di nuove forme di elaborazione, di nuova matematica non della stessa matematica con più simboli a disposizione. Spero di aver afferrato le tue perplessità e aver risposto in modo comprensibile.


vale quanto scrivi alla fine, io intendo non più matematica binaria. perfetto nuovo hardwar nuove possibilità di costruzioni algoritmiche ed euristiche , alla fine ci siamo capiti.

Volevo aggiungere....
la coscienza è la base per cui l'uomo diventa CULTURA .Tutti i post precedenti volevano evidenziare la differenza di stato animale o naturale e stato culturale., non dimentichiamoci che siamo natura e cultura. Ma affinchè v isia quella coscienza c'è necessità di una nuova forma materiale, ovvero di un cervello "fisico" atto a far emergere quella coscienza e le aree linguistiche  nel cervello sono l'hardware per il software .
Forse ora diventa più chiara tutta la'argomentazione fra cervello umano, cibernetica, computer,  IA, manoi siamo bios, organicità da cui emerge la vita. Tutti queste "emergere" indicano il passaggi energetici che non sono solo materia, anche l'enenrgia elettrica di chi per primo accese una lampadina doveva avere il medesimo effetto.

Il passaggio successivo è l'emergere di simboli e signiificati che permettono sistemi di relazione . Non sono altro che codificazioni di informazione, vale a dire che la percezione elettromagnetica che arriva ad una retina può essere codificata in simboli, in segni, ovvero in stati energetici dei neuroni con sinapsi. Quando il la nostra coscienza da neonati è tabula rasa quella percezione non è filtrata da un codificatore interpretativo che si costituisce ,man ma no che quella coscienza continua a reinterpretare i segnali esterni sempre più in simboli segni e significati che non appartengono più alla natura del mondo "reale" ,ma sempre più alla  cultura .
Questa prima codificazione interpretata  che è coscienza , quando comincia a relazionare se stessa problematizzando la nostra esistenza diventa consapevolezza. A mio parere l'autocoscienza è quindi un ulteriore emergere della coscienza è utilizzare i simboli della realtà linguistica ,l'interpretazione delle percezioni sensoriali mediata da questa prima coscienza e rielaborate nella problematizzaione di quell'IO (se così possiamo dire) che si relaziona con Dio, con la psiche, con la realtà, con il passato, con il futuro, con il  divenire, con l'eternità , ovvero è cultura indipendentemente da cosa e come crediamo e quindi interpretiamo .

La prova logica di una coscienza è quindi semplicemente: " io credo in DIo" indipendentemente da un giudizio di giusto o sbagliato , vero o falso, perchè quel credere proietta i miei simboli e significati dentro la realtà diventando cultura.vale a dire io comunico a me stesso e al mondo, compreso i mie simili in cosa risolvo i significati simbolici di una coscienza che si costituisce in autocoscienza e posso fare diventare prassi ciò che la mia autocoscienza ha  elaborato nei simboli, segni e significati .

... non so se mi sono spiegato
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 15:45:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Mi spiace ma tu relazioni il tuo io-sono all'anima, la tua coscienza vive in un mondo del quale non ho esperienza.
La mia coscienza finirà con la mia dipartita.
Tu colleghi questa 'anima' che io ignoro ad un Dio che suppongo razionale. Io non credo a nessuna entità razionale intellegibile collegata alla coscienza.Stiamo parlando di cose diverse.
Ps ho letto solo ora la modifica. Dopo rispondo
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 16:19:44 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 15:45:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Mi spiace ma tu relazioni il tuo io-sono all'anima, la tua coscienza vive in un mondo del quale non ho esperienza.
La mia coscienza finirà con la mia dipartita.
Tu colleghi questa 'anima' che io ignoro ad un Dio che suppongo razionale. Io non credo a nessuna entità razionale intellegibile collegata alla coscienza.Stiamo parlando di cose diverse.
Ps ho letto solo ora la modifica. Dopo rispondo
In attesa della tua risposta, noto solo che mi attribuisci pensieri che non ho mai espresso: non ho mai parlato di Dio né di anima, ma ho solo inteso porre un altro punto di vista sulla coscienza, che io ritengo altrettanto razionale (anzi, più razionale) di quelli main stream, diciamo così.
E' un chiaro esempio di quel pregiudizio a cui accennavo: non appena uno parla della coscienza in termini non riduttivisti, scatta automaticamente l'attribuzione di quel pensiero al mondo dell'irrazionale e della fede.

E io non posso fare altro che ribadire:
- non sto parlando di fede
- non sto parlando di anima
- non sto parlando di Dio
- invece, stiamo proprio parlando della stessa cosa.

Mi sono semplicemente posto, ai fini della discussione, nell'ottica riduttivista, e ho evidenziato un problema che dev'essere risolto se si vuole sostenere quella posizione.
Non sono partito da nulla e non ho collegato nulla a null'altro, men che meno l'io-sono all'anima.

Tu puoi rispondere quello che ti pare, ma non attribuirmi pensieri che non ho espresso, e tanto meno etichette pregiudiziali.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 17:21:05 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 16:19:44 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 15:45:30 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 15:24:00 PM
Mi sto sforzando di capire quale sia la differenza fra il "mio" modo di intendere la coscienza e il "tuo".
Io ho sempre usato questo termine nel senso dell'io-sono, cioè la consapevolezza di esistere come essere pensante individuale, che è proprio il tema che hai introdotto tu ponendo la questione delle intelligenze artificiali, e che è collegato al discorso dell'emergere della coscienza come autoreferenzialità etc etc.
Dov'è la differenza? Se qualcun altro la vede, è pregato di chiarircelo.

E ora che ho chiarito (si fa per dire, era già chiarissimo) il senso del termine coscienza, come lo intendo io,  è possibile avere una risposta in termini riduttivisti al problema che ho posto?
Ossia: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

P.S Quoto l'ultimo post di Davintro, che ha capito benissimo ciò che intendevo.
Mi spiace ma tu relazioni il tuo io-sono all'anima, la tua coscienza vive in un mondo del quale non ho esperienza.
La mia coscienza finirà con la mia dipartita.
Tu colleghi questa 'anima' che io ignoro ad un Dio che suppongo razionale. Io non credo a nessuna entità razionale intellegibile collegata alla coscienza.Stiamo parlando di cose diverse.
Ps ho letto solo ora la modifica. Dopo rispondo
In attesa della tua risposta, noto solo che mi attribuisci pensieri che non ho mai espresso: non ho mai parlato di Dio né di anima, ma ho solo inteso porre un altro punto di vista sulla coscienza, che io ritengo altrettanto razionale (anzi, più razionale) di quelli main stream, diciamo così.
E' un chiaro esempio di quel pregiudizio a cui accennavo: non appena uno parla della coscienza in termini non riduttivisti, scatta automaticamente l'attribuzione di quel pensiero al mondo dell'irrazionale e della fede.

E io non posso fare altro che ribadire:
- non sto parlando di fede
- non sto parlando di anima
- non sto parlando di Dio
- invece, stiamo proprio parlando della stessa cosa.

Mi sono semplicemente posto, ai fini della discussione, nell'ottica riduttivista, e ho evidenziato un problema che dev'essere risolto se si vuole sostenere quella posizione.
Non sono partito da nulla e non ho collegato nulla a null'altro, men che meno l'io-sono all'anima.

Tu puoi rispondere quello che ti pare, ma non attribuirmi pensieri che non ho espresso, e tanto meno etichette pregiudiziali.

Tu hai scritto, testuali parole:
"Il riduzionismo materiale non sta chiaramente in piedi, eppure molti continuano a preferirlo, inorridendo all'idea di dover postulare la coscienza come principio primo e irriducibile. Forse perché sa troppo di anima, e l'anima sa troppo di Dio."
Se le parole hanno un senso questo significa che io dovrei essere inorridito all'idea di veder postulata la coscienza come principio primo e irriducibile perché sa troppo di anima e di Dio. Prendo atto che per te la prima parte (il principio primo e irriducibile) non è connessa alla seconda (il sapere troppo di anima e di Dio). A questo ho risposto.

Rileggendo ciò che hai scritto mi è apparsa chiaro il fraintendimento, ti faccio notare che se rispondendo ad un post dove non si cita ne anima ne dio tu introduci anima e dio come causa di supposti comportamenti altrui il venire frainteso è quasi automatico. O no? In ogni caso mi scuso e passo oltre.

Rispondo alla tua questione, ovvero: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

Ammetto che non mi è perfettamente e completamente chiaro cosa stai chiedendo, reagirei di rimbalzo: c'è qualcosa di stabile nel nostro corpo/cervello umano?
Se per stabile intendi che perdura nel tempo, nulla perdura in noi. Da quando nasciamo a quando moriamo vi è una continua trasformazione sia nel corpo che nel cervello.
Questo però non esclude che per molti periodi quello che osserviamo come 'coscienza' permanga in forme sufficientemente stabili da fornire quella che è la nostra impressione di unità.
Se pensi ad un formicaio, la morte e nascita di formiche è continua ma le funzioni del formicaio permangono. E' un po' come una squadra di calcio dove un componente viene sostituito ma la squadra continua a giocare e dall'esterno continui a vedere la partita.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 18:06:48 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 15:43:52 PM
vale quanto scrivi alla fine, io intendo non più matematica binaria. perfetto nuovo hardwar nuove possibilità di costruzioni algoritmiche ed euristiche , alla fine ci siamo capiti.

Volevo aggiungere....
la coscienza è la base per cui l'uomo diventa CULTURA .Tutti i post precedenti volevano evidenziare la differenza di stato animale o naturale e stato culturale., non dimentichiamoci che siamo natura e cultura. Ma affinchè v isia quella coscienza c'è necessità di una nuova forma materiale, ovvero di un cervello "fisico" atto a far emergere quella coscienza e le aree linguistiche  nel cervello sono l'hardware per il software .
Forse ora diventa più chiara tutta la'argomentazione fra cervello umano, cibernetica, computer,  IA, manoi siamo bios, organicità da cui emerge la vita. Tutti queste "emergere" indicano il passaggi energetici che non sono solo materia, anche l'enenrgia elettrica di chi per primo accese una lampadina doveva avere il medesimo effetto.

Il passaggio successivo è l'emergere di simboli e signiificati che permettono sistemi di relazione . Non sono altro che codificazioni di informazione, vale a dire che la percezione elettromagnetica che arriva ad una retina può essere codificata in simboli, in segni, ovvero in stati energetici dei neuroni con sinapsi. Quando il la nostra coscienza da neonati è tabula rasa quella percezione non è filtrata da un codificatore interpretativo che si costituisce ,man ma no che quella coscienza continua a reinterpretare i segnali esterni sempre più in simboli segni e significati che non appartengono più alla natura del mondo "reale" ,ma sempre più alla  cultura .
Questa prima codificazione interpretata  che è coscienza , quando comincia a relazionare se stessa problematizzando la nostra esistenza diventa consapevolezza. A mio parere l'autocoscienza è quindi un ulteriore emergere della coscienza è utilizzare i simboli della realtà linguistica ,l'interpretazione delle percezioni sensoriali mediata da questa prima coscienza e rielaborate nella problematizzaione di quell'IO (se così possiamo dire) che si relaziona con Dio, con la psiche, con la realtà, con il passato, con il futuro, con il  divenire, con l'eternità , ovvero è cultura indipendentemente da cosa e come crediamo e quindi interpretiamo .

La prova logica di una coscienza è quindi semplicemente: " io credo in DIo" indipendentemente da un giudizio di giusto o sbagliato , vero o falso, perchè quel credere proietta i miei simboli e significati dentro la realtà diventando cultura.vale a dire io comunico a me stesso e al mondo, compreso i mie simili in cosa risolvo i significati simbolici di una coscienza che si costituisce in autocoscienza e posso fare diventare prassi ciò che la mia autocoscienza ha  elaborato nei simboli, segni e significati .

... non so se mi sono spiegato
Condivido quasi tutto di quello che hai scritto con due eccezioni.
La prima è relativa alla relazione temporale tra incoscienza, logos, consapevolezza e autocoscienza.
Mi pare di capire che tu intenda il bimbo appena nato già fornito di potenzialità di coscienza e successivamente mediante la formazione del logos vedi emergere la consapevolezza (e la coscienza) che vedi come codificata in simboli e segni, ovvero razionale.
La seconda è la l'emergere dell'autocoscienza come consapevolezza più indagine della relazione tra l'IO cosciente e dio.

Se non è così correggimi perché ho male interpretato. Io ovviamente qui sotto commenterò quella che è la mia interpretazione del tuo pensiero.

Io credo che lo stato di incoscienza permanga nell'uomo per tutta la vita e lo stato di coscienza sia solo un sofisticato strato superficiale esterno. Nei nostri pensieri anche in età matura vi è una maturazione delle idee prima irrazionale, sotto-coscienza e poi solo per alcune percezioni superiori vi è una comparsa di razionalizzazione.
Molte nostre azioni sono ancora sotto la sfera interna sotto-cosciente, quasi totalmente durante il sonno ma anche in forma preponderante durante la veglia. Solo una piccola parte esterna di noi è logos, razionalità, meditazione consapevole.
Questa per inciso è una prima fondamentale differenza con le macchine, noi forniamo attraverso la programmazione alle macchine parte dello strato esterno convinti che sia la parte significativa della conoscenza. Tutto ciò si sta rivelando un errore, è come dipingere una pietra di verde e pensare che la pietra sia diventata simile ad uno smeraldo, ma lo smeraldo è verde in profondità, lo separi in parti e le parti si mostrano verdi mentre se rompi la pietra dipinta scopri l'inganno.
L'aspetto sociale e quello culturale derivato è importante nell'uomo ma è ancora un aspetto presente in forme meno articolate e complesse anche in altri animali. Su questo aspetto possiamo condividere l'opinione della IA forte che la quantità si trasforma in qualità. Per esempio la nostra società è qualitativamente diversa dalla società degli uomini di centinaia di anni fa. Questa differenza è dovuta ad una quantità rilevante di innovazioni introdotte.

Sulla auto-coscienza come emersione della nostra indagine interna e confronto con dio sono fermamente scettico.
Credo che l'autocoscienza venga maturata prima della riflessione sul sovrannaturale e comunque in forma indipendente.
Peraltro occorre anche essere consapevoli che esiste un uomo pre-cristiano, un uomo orientale e che esistono e sono esistite anche altre forme di umanità. Il sovrannaturale non necessariamente passa per una qualche forma razionale, per grande parte della sua storia per l'uomo il sovrannaturale era irrazionale, oggi è razionale, un domani chissà.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 17 Maggio 2016, 19:07:57 PM
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 15:19:55 PM
Non direi che la riflessione a posteriori "costruisca" alcunchè. La riflessione non produce i propri oggetti ma scopre qualcosa che gia c'è, mette in evidenza ciò che prima era latente. L'autocoscienza è questo sapere latente della coscienza che ha di sè, latente perchè nell'atteggiamento naturale (dominante nella nostra quotidianità) l'attenzione della coscienza è rivolta non su di sè ma sugli oggetti del mondo esterno che percepisce. L'atto di attribuzione di significati ad un oggetto ci appare come immediata perchè nell'atto percettivo, come è ovvio che sia, sono rivolto alla scoperta dei lati dell'oggetto sensibile e non sul processo cognitivo che in quel momento sta operando la sintesi percettiva. Non va confusa l'immediatezza con l'instantaneità. La percezione è effettivamente istantanea perchè gli schemi associativi del passato attraverso cui l'oggetto che ho di fronte assume un significato perchè associato con l'attribuzione di significato che oggetti simili hanno avuto per me nel passato, è già collegato con l'atto presente in virtu della continuità del flusso di coscienza, continuità data dal permanere nel flusso di un soggetto, di un Io genericamente inteso. Non c'è bisogno di un sforzo di regressione verso il passato, il passato è già qua. Ma non si può parlare di "immediatezza", perchè la percezione, seppur frutto della continuità passato-presente, è pur sempre sintesi, sintesi tra i lati dell'oggetto che si danno come fenomeni alla coscienza. La riflessione a posteriori, che può attuarsi o meno, scopre tale continuità tra la coscienza del passato e la coscienza del presente come condizione della mediazione percettiva ed in questo senso trova l'autocoscienza come già data, presente come latente ed ora la mette solo in evidenza ma non se la "inventa". Se se la inventasse, come in una sorta di autoillusione, non avrebbe senso parlare di riflessione come un atto teoretico, ma più come una sorta di atto volontario che "vuole" vedere ciò che magari non c'è. Chiaro che stiamo uscendo dall'accezione naturale del concetto di riflessione. Pensare che l'autocoscienza sia solo una costruzione a-posteriori della riflessione è possibile solo confondendo "autocoscienza" con "attenzione della coscienza su di sè". In realtà l'autocoscienza per essere non ha bisogno di essere tematizzata. la riflessione sposta l'autocoscienza dallo sfondo al punto focale dell'attenzione dello sguardo, ma anche fintanto che resta sullo sfondo se ne ha un livello di consapevolezza che condiziona lo stesso darsi del fenomeno presente nel punto centrale della visuale come ho provato a descrivere nei miei esempi.

CitazionePurtroppo mi é impossibile intenderti.

Per me "autocoscienza" = "coscienza della coscienza" = "coscienza come oggetto di coscienza" = "attenzione della coscienza su di sé".

Quando l' attenzione della coscienza non verte su di sé si ha coscienza di altre cose diverse dalla coscienza; id est: non si ha autocoscienza (ma soltanto coscienza). E questo anche se tali contenuti di coscienza (che non sono autocoscienza) sottintendono in qualche modo, per me alquanto oscuro, o dipendono in qualche modo da (ma comunque non attenzionano, non comprendono o includono attualmente come loro contenuti, cioé come contenuti di coscienza) esperienze coscienti passate (delle quali si ha memoria nel senso che sono potenzialmente evocabili, ma non ricordo ovvero evocazione immaginativa-mnemonica in atto).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 17 Maggio 2016, 19:09:52 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM
... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro.
Comunque:....
Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2  due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0)
hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro materiale ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.
?aul, puoi quanto meno convenire che il materiale organico, pur essendo su base esperenziale (e dunque non assoluta), una condizione che appare necessaria allo svilupparsi di una coscienza non è per nulla una condizione sufficiente? Ossia che quella possibilità di una maggiore interattività biochimica non riesce comunque  a dare ragione sufficiente di per se stessa di una attività cosciente anche elementare, nemmeno a livello di pura emozione? e dunque che la coscienza non sta nella quantità di relazioni che un tipo di materiale consente, ma nella qualità di un tipo di relazione che ancora non riusciamo a definire se non in termini assai vaghi e generali, per lo più basandoci su un'idea di somiglianza?
Il materiale organico è semplicemente un materiale la cui chimica è quella del carbonio, ma di per sé il carbonio è inorganico e ha origine inorganica come elemento. La chimica del carbonio di per sé non spiega proprio nulla della coscienza, non è sufficiente, esattamente come non lo è la meccanica quantistica delle particelle elementari. Questo non significa pensare che la coscienza sia un misterioso flusso spirituale, essa è data dalla materia, ma da una materia intesa come relazione e non come cosa. Una particolare relazione che è già coscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 19:15:45 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 18:06:48 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 15:43:52 PMvale quanto scrivi alla fine, io intendo non più matematica binaria. perfetto nuovo hardwar nuove possibilità di costruzioni algoritmiche ed euristiche , alla fine ci siamo capiti. Volevo aggiungere.... la coscienza è la base per cui l'uomo diventa CULTURA .Tutti i post precedenti volevano evidenziare la differenza di stato animale o naturale e stato culturale., non dimentichiamoci che siamo natura e cultura. Ma affinchè v isia quella coscienza c'è necessità di una nuova forma materiale, ovvero di un cervello "fisico" atto a far emergere quella coscienza e le aree linguistiche nel cervello sono l'hardware per il software . Forse ora diventa più chiara tutta la'argomentazione fra cervello umano, cibernetica, computer, IA, manoi siamo bios, organicità da cui emerge la vita. Tutti queste "emergere" indicano il passaggi energetici che non sono solo materia, anche l'enenrgia elettrica di chi per primo accese una lampadina doveva avere il medesimo effetto. Il passaggio successivo è l'emergere di simboli e signiificati che permettono sistemi di relazione . Non sono altro che codificazioni di informazione, vale a dire che la percezione elettromagnetica che arriva ad una retina può essere codificata in simboli, in segni, ovvero in stati energetici dei neuroni con sinapsi. Quando il la nostra coscienza da neonati è tabula rasa quella percezione non è filtrata da un codificatore interpretativo che si costituisce ,man ma no che quella coscienza continua a reinterpretare i segnali esterni sempre più in simboli segni e significati che non appartengono più alla natura del mondo "reale" ,ma sempre più alla cultura . Questa prima codificazione interpretata che è coscienza , quando comincia a relazionare se stessa problematizzando la nostra esistenza diventa consapevolezza. A mio parere l'autocoscienza è quindi un ulteriore emergere della coscienza è utilizzare i simboli della realtà linguistica ,l'interpretazione delle percezioni sensoriali mediata da questa prima coscienza e rielaborate nella problematizzaione di quell'IO (se così possiamo dire) che si relaziona con Dio, con la psiche, con la realtà, con il passato, con il futuro, con il divenire, con l'eternità , ovvero è cultura indipendentemente da cosa e come crediamo e quindi interpretiamo . La prova logica di una coscienza è quindi semplicemente: " io credo in DIo" indipendentemente da un giudizio di giusto o sbagliato , vero o falso, perchè quel credere proietta i miei simboli e significati dentro la realtà diventando cultura.vale a dire io comunico a me stesso e al mondo, compreso i mie simili in cosa risolvo i significati simbolici di una coscienza che si costituisce in autocoscienza e posso fare diventare prassi ciò che la mia autocoscienza ha elaborato nei simboli, segni e significati . ... non so se mi sono spiegato
Condivido quasi tutto di quello che hai scritto con due eccezioni. La prima è relativa alla relazione temporale tra incoscienza, logos, consapevolezza e autocoscienza. Mi pare di capire che tu intenda il bimbo appena nato già fornito di potenzialità di coscienza e successivamente mediante la formazione del logos vedi emergere la consapevolezza (e la coscienza) che vedi come codificata in simboli e segni, ovvero razionale. La seconda è la l'emergere dell'autocoscienza come consapevolezza più indagine della relazione tra l'IO cosciente e dio. Se non è così correggimi perché ho male interpretato. Io ovviamente qui sotto commenterò quella che è la mia interpretazione del tuo pensiero. Io credo che lo stato di incoscienza permanga nell'uomo per tutta la vita e lo stato di coscienza sia solo un sofisticato strato superficiale esterno. Nei nostri pensieri anche in età matura vi è una maturazione delle idee prima irrazionale, sotto-coscienza e poi solo per alcune percezioni superiori vi è una comparsa di razionalizzazione. Molte nostre azioni sono ancora sotto la sfera interna sotto-cosciente, quasi totalmente durante il sonno ma anche in forma preponderante durante la veglia. Solo una piccola parte esterna di noi è logos, razionalità, meditazione consapevole. Questa per inciso è una prima fondamentale differenza con le macchine, noi forniamo attraverso la programmazione alle macchine parte dello strato esterno convinti che sia la parte significativa della conoscenza. Tutto ciò si sta rivelando un errore, è come dipingere una pietra di verde e pensare che la pietra sia diventata simile ad uno smeraldo, ma lo smeraldo è verde in profondità, lo separi in parti e le parti si mostrano verdi mentre se rompi la pietra dipinta scopri l'inganno. L'aspetto sociale e quello culturale derivato è importante nell'uomo ma è ancora un aspetto presente in forme meno articolate e complesse anche in altri animali. Su questo aspetto possiamo condividere l'opinione della IA forte che la quantità si trasforma in qualità. Per esempio la nostra società è qualitativamente diversa dalla società degli uomini di centinaia di anni fa. Questa differenza è dovuta ad una quantità rilevante di innovazioni introdotte. Sulla auto-coscienza come emersione della nostra indagine interna e confronto con dio sono fermamente scettico. Credo che l'autocoscienza venga maturata prima della riflessione sul sovrannaturale e comunque in forma indipendente. Peraltro occorre anche essere consapevoli che esiste un uomo pre-cristiano, un uomo orientale e che esistono e sono esistite anche altre forme di umanità. Il sovrannaturale non necessariamente passa per una qualche forma razionale, per grande parte della sua storia per l'uomo il sovrannaturale era irrazionale, oggi è razionale, un domani chissà.

..interessante e stimolante .
La sfera del logos emerge con la sfera affettiva della psiche, per questo noi assimiliamo prima i segni della tradizione che i genitori ci fanno interpretare. perchè sono loro i fautori della trasmissione di affetto accompagnata con i simboli culturali. ma teniamo presente che le età di formazione di una vera e propria coscienza che diventerà consapevolezza passa ad esmpio fino ai 5-6 anni con l'incapacità ancora di saper tempificare, che come ha scritto qualcuno nella discussione è molto importante, gli animali non l'hanno, per cui rendono tutto al presente.

L'esempio che ho scritto di "io credo in Dio" è solo un esempio, potrei dire che ne so "io credo nel pensiero di Nietzsche", oppure credo solo nella scienza o ancora sono scettico e interpreto il mondo come tale Intendo dire che noi maturiamo convinzioni nel momento in cui i simboli linguistici si sono relazionati fra loro ,senza necessità di input esterni, ovvero di percezioni sensoriali. Noi ci facciamo un'idea di mondo e di come potrebbe funzionare, in altri termini noi ci autocostruiamo dei paradigmi e assiomi senza accorgercene ,per cui abbiamo stili di vita e facciamo scelte in base a ciò che è "il nocciolo" duro su cui poggia tutto il nostro sistema relazionale. Quando troviamo qualcosa che ci colpisce non facciamo altro che relazionarlo con ciò che noi abbiamo costruito come coscienza, e quindi potremmo "ritarare" la nostra posizione. Sono d'accordo con te comunque, se fossero solo informazioni di conoscenza probabilmente non avremmo coscienza, questa ha necessità di una psiche, di un sommerso, di un inconscio, che contribuisce a rendere simbolo significante il logos.Semplicemente perchè l'IO  emerge prepotentemente nell'adolescenza quando cominciamo ad allargare i nostri orizzonti di confronto, ovvero relazioniamo il nostro "giovane" bagaglio con politica, economi,a Dio, l'arte, il sociale. Quì emerge il potere critico e quindi contestativo sui simboli della tradizione di una cultura. ma non è altro che un'affermazione della nostra coscienza che chiede al mondo di farsi riconoscere. Addirittura sostengo che le crisi dell'IO sono come le metamorfosi per arrivare alla maturità.

Quello che sostenevo quando ponevo l'esempio di "io credo..." è che la coscienza diventa potente, perchè noi siamo ora ,almeno in parte quel logos.Le motivazioni, gli atteggiamenti rispecchiano ora anche nelle prassi, nelle pratica della quotidianità del mondo, con le relazioni personali e sociali, ovvero gli altri ci identificano e ci riconoscono anche per quello che noi crediamo, quindi per la nostra coscienza.

Ritengo l'autocoscienza addirittura una forma intima, mistica,intesa come sacrale per noi ,ma lo intendo in maniera laicissima, o spiritualissima dipende dalla nostra formazione del logos , perchè è lì che sta il recondito logos con domande e relazioni che cercano risposte, quì sta il Graal della verità, l'incondivisibile il difficile da comunicare,ma che richiede il rispetto totale è dove IO e logos combaciano. Noi temiamo di mostrarlo per timore di non essere capiti ,o irrisi, proprio perchè l'identità nostra sta lì.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PM
Ok HollyFabius, lasciamo da parte i reciproci fraintendimenti e andiamo avanti.
Tanto più che tutto è partito da un tuo post che ho ripreso per fare una considerazione generale, e che non riguardava specificamente te, ma una corrente di pensiero...

Ha scritto nel tuo ultimo post:

CitazioneRispondo alla tua questione, ovvero: cosa c'è (se c'è) di stabile nel corpo/cervello umano a cui si possa riferire il senso di permanenza e stabilità del proprio io-sono, che ciascuno di noi sperimenta?

Ammetto che non mi è perfettamente e completamente chiaro cosa stai chiedendo, reagirei di rimbalzo: c'è qualcosa di stabile nel nostro corpo/cervello umano?
Se per stabile intendi che perdura nel tempo, nulla perdura in noi. Da quando nasciamo a quando moriamo vi è una continua trasformazione sia nel corpo che nel cervello. 
Questo però non esclude che per molti periodi quello che osserviamo come 'coscienza' permanga in forme sufficientemente stabili da fornire quella che è la nostra impressione di unità.
Se pensi ad un formicaio, la morte e nascita di formiche è continua ma le funzioni del formicaio permangono. E' un po' come una squadra di calcio dove un componente viene sostituito ma la squadra continua a giocare e dall'esterno continui a vedere la partita.
E' proprio questo il punto da afferrare.
Mi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi.

Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare.

Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale.
Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani?

In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione.

Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 17 Maggio 2016, 20:07:21 PM
Citazione di: maral il 17 Maggio 2016, 19:09:52 PM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 14:26:01 PM... mi arrendo. O si capisce quello che scrivo ,e forse è colpa mia, oppure è è inutile girare in giro. Comunque:.... Se una porta di un materiale ti permette di gestire solo 2 due stati (passa la corrente,1; non passa la corrente 0) hai 2 ^2 = 4 possibilità. Se un'altro materiale ha la possibilità ,per pura ipotesi, di gestire 10 stati , allora hai 10^10=100 : tutto quì.
?aul, puoi quanto meno convenire che il materiale organico, pur essendo su base esperenziale (e dunque non assoluta), una condizione che appare necessaria allo svilupparsi di una coscienza non è per nulla una condizione sufficiente? Ossia che quella possibilità di una maggiore interattività biochimica non riesce comunque a dare ragione sufficiente di per se stessa di una attività cosciente anche elementare, nemmeno a livello di pura emozione? e dunque che la coscienza non sta nella quantità di relazioni che un tipo di materiale consente, ma nella qualità di un tipo di relazione che ancora non riusciamo a definire se non in termini assai vaghi e generali, per lo più basandoci su un'idea di somiglianza? Il materiale organico è semplicemente un materiale la cui chimica è quella del carbonio, ma di per sé il carbonio è inorganico e ha origine inorganica come elemento. La chimica del carbonio di per sé non spiega proprio nulla della coscienza, non è sufficiente, esattamente come non lo è la meccanica quantistica delle particelle elementari. Questo non significa pensare che la coscienza sia un misterioso flusso spirituale, essa è data dalla materia, ma da una materia intesa come relazione e non come cosa. Una particolare relazione che è già coscienza.

Quello che sostengo è che ola complessità è gestita da un "sistema operativo" all'altezza o collassa, vuol dire muore come appare. Il sistema operativo è nel cervello e il codice sorgente è il DNA.
La dimostrazione è che non vedo esseri con coscienza e capacità linguistica come la nostra.
La mia tesi è che la vita, il bios, è il substrato che fa emergere dalla complessità organica, un'otganizazione che deve necessariamente sovraintendere tutte le specializzazioni di apparati, funzioni,ecc.Richiede quindi un cervello potente.
Il salto definitivo è la comparsa nel cervello ,quindi fisicamente, delle aree linguistiche.
Sonon d'accordo con HollyFabius che gli animali più intelligenti hanno un abbozzo di psiche e coscienza, hanno ad esempio ritualità più individualistiche sui corteggiamenti (il cavallo ad esempio).
Sono ancora d'accordo con Hollyfabius quando dice che la complessità genera un salto di qualità.
Se gli animali più semplici non hanno apparati e funzioni ben definite, vedi un'ameba o comunque un protozoo, mentre appaiono in animali più grandi fisicamente e più complessi come quantità di scambi biochimici, trovo una progressione nella complessità proprio intesa come quantità e salto qualitativo.Non dimentichiamo che in natura efficienza energetica ed efficacia organica in rapporto all'ambiente sono la chiave di una continuità di esistenza.

Io non conosco il segreto della vita, oppure da credente potrei dire che "Dio ha soffiato.",ma è evidente che i gruppi carbossilici, gli acidi nucleici  il  DNA e l'RNA sono formati  da determinate molecole con determinati elementi.
Il carbonio è la base energetica, Il petrolio non deriva dal silicio o dall'antimonio, deriva da sostanze di nuovo organiche e sono i soliti elementi.Lamia è semplice  deduzione. D'altra parte la sostanza organica se ha più poteri plastici di trasformazione  e quindi di scambi energetici si degrada facilmente è più labile sotto pressione e temperatura. per questo forse la vita emerge solo in strette condizioni ambientali .

Bisogna fare attenzione a mio parere all'energia elettromagnetica come ho già scritto.Le reti nervose sono reti "elettriche" che generano campi magnetici. Quanti neuroni e sinapsi ci sono in un cervello umano?
Quanti muoiono e rinascono? Se una percezione elettromagnetica come lo spettro visivo impatta una retina e vine trasportato il segnale informativo ad un cervello il cervello per archiviarlo deve mutare gli stati energetici dei neuroni posti e localizzati in determinate aree e a volte anche lontane fisicamente fra loro.

Perchè non pensare che la coscienza sia come una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello? Abbiamo presente gli elettroni e il nucleo atomico? Un campo magnetico non è direttamente e fisicamente corrispondente alla sola area della materia che lo genera, basta vedere la magnetosfera terrestre  e quanto il sole incida con le sue radiazioni a milioni di chilometri di distanza.
E ancora, perchè utilizziamo l'imaging per "vedere" un cervello , se non per impressionare l'elettromagnetismo presente in esso.

Sono ipotesi Maral, ma non credo di essere così distante.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Mario Barbella il 17 Maggio 2016, 22:02:38 PM
Citazione di: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 08:20:21 AM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 01:59:14 AM
Con rispetto, ma sorrido a come si intellettualizza una coscienza, è già evidente aldilà del contenuto di cosa scrivete, ma il fatto che lo pensate e lo riflettete.Ci sono altri organismi capacità di astrarsi temporalmente, di sedersi davanti ad un computer di comporre dei simboli linguistici e di comunicarli linguisticamente?
Eppure mentre siete assorti il vostro cuore pompa sangue,, i vostri polmoni assorbono ossigeno e innumerevoli attività biochimiche si esplicano contemporaneamente ma voi siete "fuori" da atti metabolici, avete una volontà.
Siete in una sospensione temporale, ma siete fisicamente dentro un tempo .
Utilizzate la logica? Induttiva,deduttiva e magari immaginazione e intuizione, perchè potete spostare le vostre angolazioni, prospettive per relazionarvi, C'è psiche, c'è una motivazione per cui siete lui a scrivere, a pensare, riflettere?
Potete avere attenzione, concentrazione, meditazione  e pur anche contemplazione.E chi altri ha queste possibilità di porsi alfi fuori di sè e relazionarsi a sua volta con se stesso, con il mondo con il divenire o l'eterno.La capacità di problematizzarsi, di ingaggiare una relazione di puro pensiero?

Il cervello deve per forza essere adattato per permettere tutto questo, e a sua volta è stato spinto da una complessità organica..
E' evidente che complessità significa maggiore organizzazione, con differenziazioni specialistiche, interagenti funzioni, ma con centrali decisionali e operative separate ma intimamente connesse. Il corpo deve innanzitutto sopravvivere e lo fa con automatismi ,poi è separata la sfera della volontà. Se la complessità non avesse generato specificità funzionali e spinto a formazioni superiori di sovraintendere i meccanismi noi non ci saremmo.

Un silicio drogato, germanio o chi per esso  che lavora solo con due colori (sistema binario)è meno potente di avere a disposizione l'intero spettro elettromagnetico. I sistemi organici hanno requisiti di plasticità, reattività, capacità di interazione fra loro che avrà permesso i primi abbozzi di autoregolazione.Una cellula è già un'organizzazione di energia e il suo codice sorgente o è un RNA o evolutivamente è un DNA. Il giorbo in cui il substrato hardware sarò organico sarà possibile amplificare notevolmente quella potenza che il bit con i pacchetti di Byte da quattro, otto, dodici, ecc, sposta con velocità e quantità attraverso scambi energetici sapientemente regolati da istruzioni esterne, Il limite attuale è l'elettronica a stato solido, dove le architetture degli hardware, le miniaturizzazioni, le applicazioni delle nanotecnologie potranno ancora potenziare. Si può simulare una coscienza con un computer ,ma non è un organismo autoregolativo e autocodifcativo in grado di automodificare con mutazioni ed espandere le sue possibilità.
E' la plasticità organica che permette di generare coscienza, per le proprietà fisiche e chimiche che hanno i composti organici come le ossidoriduzioni.
La coscienza non  si dimostra perché è il primo ed assoluto "sentito"  che sostanzia l'IO  e che sostiene, proprio in quanto riferimento assoluto dell'universo, ogni altro "sentito".  :)
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 17 Maggio 2016, 22:45:21 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PM
E' proprio questo il punto da afferrare.
Mi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi.

Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare.

Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale.
Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani?

In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione.

Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...

Impermanenza e individuazione
Nel mondo del logos, nella tradizione greca che ci accompagna l'identità delle cose è alla base di ogni riflessione.
Possiamo tranquillamente affermare che ogni nostra riflessione si basa sulla creazione di oggetti e sullo studio delle loro relazioni, ontologia, essere sono i concetti fondamenti.
Grandi filosofie si appoggiano al criterio di identità e al principio di non contraddizione, ogni discorso della filosofia occidentale implicitamente o esplicitamente si appoggia su questi principi, almeno questo è quanto io ho percepito.
Impermanenza e indivuduazione sono il tentativo di spostare questi principi sul piano del ragionamento attorno alla coscienza.
L'impermanenza è concettualmente simile alla critica del divenire di Severino, ripresa da Parmenide, se le cose cambiano non rimangono se stesse, quindi o rifiutiamo l'idea che esistano identità nelle cose o rifiutiamo che esista il divenire.
La filosofia occidentale, il nichilismo rifiuta l'identità e forse l'idea stessa delle cose, tutte le cose, Severino rifiuta il divenire.
Mi pare che la tua riflessione, profonda, rivive questo dilemma, spostandolo sul piano della coscienza.
La coscienza, vista come cosa in divenire, che varia e fluttua di secondo in secondo contrasta con la coscienza individuata come essere (oggetto permanente e coerente nel tempo).

Il fatto è che esiste una terza via logicamente percorribile. Il mare è in continuo movimento, le acque bagnano la spiaggie e poi la risacca ritira le onde, al suo interno animali nascono, vivono, muoiono. Il mare non è mai uguale a se stesso, non rispetta il principio di specifica identità.
Ogni onda è diversa dall'onda precedente, ogni risacca si ritira diversamente. Il mare si scompone e si ricompone continuamente, sempre diverso da se stesso ma permanentemente sempre se stesso.
Cosa rende il mare sempre costantemente, indiscutibilmente mare? Diresti che non possiamo ridurre il mare ad un insieme di liquido e carne animale, perchè il liquido non è fermo e gli animali contenuti muoiono?
Il vento increspa le onde, le forme delle onde sono tutte diverse tra loro, eppure sono convinto che se ti indico un'onda anche tu vedrai un'onda.
Ma come facciamo a riconoscere le onde se non esiste un'onda uguale ad un'altra onda, cose rende le diverse onde 'onda'?

Io vedo la nostra coscienza come il mare, esiste un mare sommerso, una parte di noi sotto-coscienza, irrazionale, animale che gorgoglia ed esiste una parte di noi sulla superficie, che disegna delle geometrie sempre diverse ma riconoscibili, fluttuanti, quasi come pensieri che sorgono dal nostro mare interno.

Ora io non riesco ad immaginare altri mari su altri pianeti, ma credo che esistano e che questi mari contengano fenomeni ondosi, fenomeni di fluttuazione e di risacca.
Ma non riesco ad immaginare che siano identici al mare terrestre, varieranno per dimensioni, colore, liquidi. Sarà diversa la gravità che li tiene vicini al loro mondo. Conterranno magari animali di cui non immaginiamo la forma, le funzioni, il ciclo naturale di vita.
Anzi escluderei che siano grosso modo identici al nostro mare.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: davintro il 17 Maggio 2016, 23:59:30 PM
Citazione di: sgiombo il 17 Maggio 2016, 19:07:57 PM
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 15:19:55 PMNon direi che la riflessione a posteriori "costruisca" alcunchè. La riflessione non produce i propri oggetti ma scopre qualcosa che gia c'è, mette in evidenza ciò che prima era latente. L'autocoscienza è questo sapere latente della coscienza che ha di sè, latente perchè nell'atteggiamento naturale (dominante nella nostra quotidianità) l'attenzione della coscienza è rivolta non su di sè ma sugli oggetti del mondo esterno che percepisce. L'atto di attribuzione di significati ad un oggetto ci appare come immediata perchè nell'atto percettivo, come è ovvio che sia, sono rivolto alla scoperta dei lati dell'oggetto sensibile e non sul processo cognitivo che in quel momento sta operando la sintesi percettiva. Non va confusa l'immediatezza con l'instantaneità. La percezione è effettivamente istantanea perchè gli schemi associativi del passato attraverso cui l'oggetto che ho di fronte assume un significato perchè associato con l'attribuzione di significato che oggetti simili hanno avuto per me nel passato, è già collegato con l'atto presente in virtu della continuità del flusso di coscienza, continuità data dal permanere nel flusso di un soggetto, di un Io genericamente inteso. Non c'è bisogno di un sforzo di regressione verso il passato, il passato è già qua. Ma non si può parlare di "immediatezza", perchè la percezione, seppur frutto della continuità passato-presente, è pur sempre sintesi, sintesi tra i lati dell'oggetto che si danno come fenomeni alla coscienza. La riflessione a posteriori, che può attuarsi o meno, scopre tale continuità tra la coscienza del passato e la coscienza del presente come condizione della mediazione percettiva ed in questo senso trova l'autocoscienza come già data, presente come latente ed ora la mette solo in evidenza ma non se la "inventa". Se se la inventasse, come in una sorta di autoillusione, non avrebbe senso parlare di riflessione come un atto teoretico, ma più come una sorta di atto volontario che "vuole" vedere ciò che magari non c'è. Chiaro che stiamo uscendo dall'accezione naturale del concetto di riflessione. Pensare che l'autocoscienza sia solo una costruzione a-posteriori della riflessione è possibile solo confondendo "autocoscienza" con "attenzione della coscienza su di sè". In realtà l'autocoscienza per essere non ha bisogno di essere tematizzata. la riflessione sposta l'autocoscienza dallo sfondo al punto focale dell'attenzione dello sguardo, ma anche fintanto che resta sullo sfondo se ne ha un livello di consapevolezza che condiziona lo stesso darsi del fenomeno presente nel punto centrale della visuale come ho provato a descrivere nei miei esempi.
CitazionePurtroppo mi é impossibile intenderti. Per me "autocoscienza" = "coscienza della coscienza" = "coscienza come oggetto di coscienza" = "attenzione della coscienza su di sé". Quando l' attenzione della coscienza non verte su di sé si ha coscienza di altre cose diverse dalla coscienza; id est: non si ha autocoscienza (ma soltanto coscienza). E questo anche se tali contenuti di coscienza (che non sono autocoscienza) sottintendono in qualche modo, per me alquanto oscuro, o dipendono in qualche modo da (ma comunque non attenzionano, non comprendono o includono attualmente come loro contenuti, cioé come contenuti di coscienza) esperienze coscienti passate (delle quali si ha memoria nel senso che sono potenzialmente evocabili, ma non ricordo ovvero evocazione immaginativa-mnemonica in atto).

Che dire... se si accetta la validità della tua equazione, nulla da obiettare, la coscienza può darsi senza autocoscienza. Ma allora proviamo a chiarire un attimo il concetto di "attenzione". L'attenzione non è un atto meramente cognitivo, come il giudizio o la percezione, ma implica la volontà del soggetto e questo la rende un atto distinto rispetto ad altri vissuti (Erlebnisse, dal tedesco) della coscienza. Io volontariamente decido dove dirigere la mia attenzione. In questo momento la sto orientando verso il pc dove sto scrivendo (torno all'esempio di prima, scusa ma per ora non mi viene in mente niente di meglio) mentre il resto dell'ambiente esterno (la mia stanza) e la mia situazione interiore (preoccupazioni, pensieri della mia vita non direttamente legati a ciò su cui sto scrivendo) restano sullo sfondo, sono un "sottofondo". Cosa dovrebbe impedire di definire questo sottofondo come contenuto di coscienza? Stando a ciò che sostieni, l'identità tra contenuto di coscienza e oggetto dell'attenzione, in questo momento, nel quale la mia attenzione è orientata sulla tastiera e sullo schermo del pc, il resto della mia stanza dovrebbe essere fuori della mia coscienza ed allora se qualcuno aprisse la porta non potrei accorgermene. E invece probabilmente me ne accorgerei e me accorgo perchè la porta da dove proviene il rumore era già presente alla mia coscienza, che non si riduce al focus centrale dell'attenzione, così come mentre sto scrivendo un certo concetto potrebbe portarmi, per una serie di collegamenti associativi, a farmi tornare alla mente il pensiero di una certa preoccupazione a cui da un pò di tempo non rivolgevo la mia attenzione. Ma quando mi ritorna in mente la riconosco non come qualcosa di creato dal nulla ma già da prima presente nella mia mente (cioè nella mia coscienza) e solo ora tornata ad essere oggetto d'attenzione. Se la coscienza coincidesse con il "dare attenzione" tutto ciò non sarebbe possibile. L'autocoscienza è questo sottofondo trascendentale garante dell'unità temporale passato-presente attraverso cui il mondo acquisisce un significato dato dalla mia storia personale. La soluzione sarebbe pensare la coscienza come strutturata come un insieme di livelli di maggiore e minore chiarezza, dove l'attenzione è un fattore che determina un incremento di nitidezza di una singola esperienza vissuta, fermo restando che anche i vissuti presenti nei livelli "inferiori", più oscuri restano comunque parte della coscienza ed in qualunque momento possono essere rischiarati
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 18 Maggio 2016, 08:18:54 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PMMi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?[/size]
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi.

Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare.

Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale.
Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani?

In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione.

Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...

Rispondo (anche se non direttamente chiamato in causa; me ne scuso, ma non sono riuscito a trettenermi oltre).

Non vedo alcun problema (dal punto di vista dei monisti materialisti, quale io peraltro non sono).

Tanto dell' esperienza personale cosciente (dell' "io", se così ti piace chiamarla) quanto del cervello (vivo) si può dire tranquillamente che iniziano e finiscono di esistere sostanzialmente insieme (con qualche limitata sfasatura; con buona approssimazione insieme se il cervello si intende in quanto pienamente sviluppato e regolarmente funzionante: non nel feto e primissimi giorni di vita extrauterina, non se in coma); e che si trasformano durante la loro esistenza, cioé che persistono relativamente, parzialmente, per certi aspetti e caratteristiche, continuando ad essere se stessi (ciascuno se stesso), pur mutando relativamente, parzialmente, per certi altri aspetti e caratteristiche (per esempio tu continui ad essere te stesso pur cambiando relativamente: non sei esattamente il bambino che eri qualche anno fa; esattamente come il tuo cervello continua ad essere il tuo cervello e a funzionare in quanto tuo cervello, pur non essendo esattamente quello di quando eri bambino e non funzionando esattamente nello stesso modo):

ma dove starebbe mai il problema?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 18 Maggio 2016, 08:42:47 AM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 20:07:21 PMPerchè non pensare che la coscienza sia come una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello? Abbiamo presente gli elettroni e il nucleo atomico? Un campo magnetico non è direttamente e fisicamente corrispondente alla sola area della materia che lo genera, basta vedere la magnetosfera terrestre  e quanto il sole incida con le sue radiazioni a milioni di chilometri di distanza.

Rispondo:
Ma semplicemente perché si constata che di fatto la coscienza (l' esperienza fenmenica cosciente) é tutt' altra cosa (del tutto diversa) che una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello (la quale al massimo potrebbe costituirne un "minuscolo, occasionale contenuto"; peraltro di fatto non é così): può essere visione di panorami o di oggetti, ascolto di musica, degustazione di cibi, evocazione di ricordi, immaginazione di scene o di eventi irreali, sensazioni interiori di ragionamenti o di sentimenti, ma non una cosa materiale simile a una nuvola elettromagnetica dentro il cranio.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 18 Maggio 2016, 09:02:43 AM
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 23:59:30 PMChe dire... se si accetta la validità della tua equazione, nulla da obiettare, la coscienza può darsi senza autocoscienza. Ma allora proviamo a chiarire un attimo il concetto di "attenzione". L'attenzione non è un atto meramente cognitivo, come il giudizio o la percezione, ma implica la volontà del soggetto e questo la rende un atto distinto rispetto ad altri vissuti (Erlebnisse, dal tedesco) della coscienza. Io volontariamente decido dove dirigere la mia attenzione. In questo momento la sto orientando verso il pc dove sto scrivendo (torno all'esempio di prima, scusa ma per ora non mi viene in mente niente di meglio) mentre il resto dell'ambiente esterno (la mia stanza) e la mia situazione interiore (preoccupazioni, pensieri della mia vita non direttamente legati a ciò su cui sto scrivendo) restano sullo sfondo, sono un "sottofondo". Cosa dovrebbe impedire di definire questo sottofondo come contenuto di coscienza? Stando a ciò che sostieni, l'identità tra contenuto di coscienza e oggetto dell'attenzione, in questo momento, nel quale la mia attenzione è orientata sulla tastiera e sullo schermo del pc, il resto della mia stanza dovrebbe essere fuori della mia coscienza ed allora se qualcuno aprisse la porta non potrei accorgermene. E invece probabilmente me ne accorgerei e me accorgo perchè la porta da dove proviene il rumore era già presente alla mia coscienza, che non si riduce al focus centrale dell'attenzione, così come mentre sto scrivendo un certo concetto potrebbe portarmi, per una serie di collegamenti associativi, a farmi tornare alla mente il pensiero di una certa preoccupazione a cui da un pò di tempo non rivolgevo la mia attenzione. Ma quando mi ritorna in mente la riconosco non come qualcosa di creato dal nulla ma già da prima presente nella mia mente (cioè nella mia coscienza) e solo ora tornata ad essere oggetto d'attenzione. Se la coscienza coincidesse con il "dare attenzione" tutto ciò non sarebbe possibile. L'autocoscienza è questo sottofondo trascendentale garante dell'unità temporale passato-presente attraverso cui il mondo acquisisce un significato dato dalla mia storia personale. La soluzione sarebbe pensare la coscienza come strutturata come un insieme di livelli di maggiore e minore chiarezza, dove l'attenzione è un fattore che determina un incremento di nitidezza di una singola esperienza vissuta, fermo restando che anche i vissuti presenti nei livelli "inferiori", più oscuri restano comunque parte della coscienza ed in qualunque momento possono essere rischiarati

Rispondo:

D' accordo (mi correggo): la coscienza non necessariamente é attenzione (vi sono vari gradi possibili di attenzione ai contenuti di coscenza reciprocamente alternativi, e probabilmete sono infiniti: infinite gradazioni di attenzione più o meno forte).

Ma ciò non toglie che la coscienza in generale, la coscienza di altro dal proprio essere cosciente (quale che sia il grado di attenzione che presenta) é altra cosa dalla coscienza (anche questa più o meno attenta o distratta che sia) della coscienza (dalla sensazione del pensiero del "proprio essere cosciente", del pensiero dei -gli altri- "contenuti di coscienza"); e che solo quest' ultima (diversa dalla coscienza di qualsiasi altra "cosa" o "conteuto esperienziale") costituisca l' "autocoscie4nza".

E continuo a ritenere che solo l' uomo, grazie al linguaggio e alla possibilità di pensiero atratto che ne consegue, sia dotato di piena, autentica autocoscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 18 Maggio 2016, 09:21:55 AM
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 23:59:30 PM

<CUT> Ma allora proviamo a chiarire un attimo il concetto di "attenzione". L'attenzione non è un atto meramente cognitivo, come il giudizio o la percezione, ma implica la volontà del soggetto e questo la rende un atto distinto rispetto ad altri vissuti (Erlebnisse, dal tedesco) della coscienza. Io volontariamente decido dove dirigere la mia attenzione. In questo momento la sto orientando verso il pc dove sto scrivendo (torno all'esempio di prima, scusa ma per ora non mi viene in mente niente di meglio) mentre il resto dell'ambiente esterno (la mia stanza) e la mia situazione interiore (preoccupazioni, pensieri della mia vita non direttamente legati a ciò su cui sto scrivendo) restano sullo sfondo, sono un "sottofondo". Cosa dovrebbe impedire di definire questo sottofondo come contenuto di coscienza? Stando a ciò che sostieni, l'identità tra contenuto di coscienza e oggetto dell'attenzione, in questo momento, nel quale la mia attenzione è orientata sulla tastiera e sullo schermo del pc, il resto della mia stanza dovrebbe essere fuori della mia coscienza ed allora se qualcuno aprisse la porta non potrei accorgermene. E invece probabilmente me ne accorgerei e me accorgo perchè la porta da dove proviene il rumore era già presente alla mia coscienza, che non si riduce al focus centrale dell'attenzione, così come mentre sto scrivendo un certo concetto potrebbe portarmi, per una serie di collegamenti associativi, a farmi tornare alla mente il pensiero di una certa preoccupazione a cui da un pò di tempo non rivolgevo la mia attenzione. Ma quando mi ritorna in mente la riconosco non come qualcosa di creato dal nulla ma già da prima presente nella mia mente (cioè nella mia coscienza) e solo ora tornata ad essere oggetto d'attenzione. Se la coscienza coincidesse con il "dare attenzione" tutto ciò non sarebbe possibile. L'autocoscienza è questo sottofondo trascendentale garante dell'unità temporale passato-presente attraverso cui il mondo acquisisce un significato dato dalla mia storia personale. La soluzione sarebbe pensare la coscienza come strutturata come un insieme di livelli di maggiore e minore chiarezza, dove l'attenzione è un fattore che determina un incremento di nitidezza di una singola esperienza vissuta, fermo restando che anche i vissuti presenti nei livelli "inferiori", più oscuri restano comunque parte della coscienza ed in qualunque momento possono essere rischiarati

Probabilmente esistono due accezioni possibili del concetto di "attenzione".
Esiste una attenzione puramente animale, sotto-cosciente e una attenzione strutturata, sovra-cosciente, tipicamente umana.
La prima attenzione è la stessa che puoi riconoscere nel gatto che si immobilizza all'impressione che sotto le foglie che si muovono possa celarsi un topo. Ogni suo movimento cessa, il suo corpo si contrae pronto a cogliere l'attimo ottimale per l'assalto, il suo sguardo, le pupille dei suoi occhi si muovono nel cercare il movimento impercettibile della foglia. E poi viene lo scatto. Ecco questo è sicuramente una rappresentazione di "attenzione" cui il mondo animale mostra in tutti i predatori. E' indubbio che questo atteggiamento presuppone una capacità "animale" di concentrare se stessi, le proprie forze vitali, in un unico atto o momento topico. Peraltro da una visione comportamentale ed evoluzionista è evidente che l'animale che meglio, nel senso di più efficacemente, riesce ad organizzare e utilizzare questo processo di "attenzione" è favorito nel perdurare esistenziale rispetto all'animale meno efficace, sia esso della stessa specie che di un'altra specie.
Un complementare comportamento di "attenzione" possiamo osservare nella preda, l'antilope si blocca un attimo, tutti i suoi sensi colgono i fruscii, alza la testa per massimizzare la ricezione di onde sonore e contemporaneamente si mette nella posizione dello scatto, con l'occhio scruta davanti a se per osservare i percorsi liberi, poi improvvisamente identificato un fruscio sospetto, scatta la corsa.
Questa forma di attenzione è sotto-coscienza, non immediata perché sfrutta al meglio i sensi (è quindi mediata dai sensi), i sensi, la percezione passano direttamente all'atto volitivo di aggressione o fuga (in dipendenza dei ruoli), la coscienza in questo casa sarebbe un fardello pericolo per la sopravvivenza.
Anche nell'uomo esiste questa forma di "attenzione", che cominciamo ad allenare, come tutti gli animali, dal momento stesso che usciamo dalla madre. A questa forma noi abbiamo aggiunto una "attenzione" consapevole, che è quella di cui parli nel tuo post. Io concentro i miei pensieri su un tema ed escludo ogni altra cosa.
Le due forme di "attenzione" non sono però disgiunte, io credo che esista per l'attenzione un sali-scendi da sopra a sotto la coscienza, l'attenzione cosciente non nasce dalla coscienza bensì dalla attenzione incosciente, dallo strato di "attenzione" animale che sfruttando anche le nostre capacita razionali e di immaginazione superiore ci forniscono lo strato e la situazione di cui stiamo parlando e di cui tutti abbiamo consapevolezza.
Esiste e possiamo riconoscere anche un processo di allenamento per la nostra attenzione, sia animale che sovra-animale, è quel processo che usa, per esempio l'atleta, di ripetizione ossessiva del gesto, allo scopo di renderlo quanto più possibile efficiente ed immediato (rispetto ai sensi). Il calciatore che ripete il gesto del palleggio, nel farlo coscientemente aumenta la sua capacità di farlo in forma automatica, esente poi della riflessione 'cosciente':  'arriva la palla, la vedo avvicinarsi, devi mettere il piede così o cosà per assorbile il colpo, ecco ora devo flettere il muscolo, ecco ora devo irrigidire il muscolo, ecc.'. Il calciatore si allena per portare l'attenzione cosciente razionale sotto la soglia della coscienza, per rendere il processo 'vedo la situazione' 'reagisco alla situazione' esente della parte razionale di attenzione, per comprimere questo processo alla sola parte animale.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 18 Maggio 2016, 10:20:32 AM
La coscienza non  si dimostra perché è il primo ed assoluto "sentito"  che sostanzia l'IO  e che sostiene, proprio in quanto riferimento assoluto dell'universo, ogni altro "sentito".  (Mario Barbella)

Sì può essere, e forse c'è qualcosa di vero. Intuitivamente la nostra cosciente si sente parte intima di un tutto

Citazione di: sgiombo il 18 Maggio 2016, 08:42:47 AM
Citazione di: paul11 il 17 Maggio 2016, 20:07:21 PMPerchè non pensare che la coscienza sia come una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello? Abbiamo presente gli elettroni e il nucleo atomico? Un campo magnetico non è direttamente e fisicamente corrispondente alla sola area della materia che lo genera, basta vedere la magnetosfera terrestre e quanto il sole incida con le sue radiazioni a milioni di chilometri di distanza.

Rispondo: Ma semplicemente perché si constata che di fatto la coscienza (l' esperienza fenmenica cosciente) é tutt' altra cosa (del tutto diversa) che una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello (la quale al massimo potrebbe costituirne un "minuscolo, occasionale contenuto"; peraltro di fatto non é così): può essere visione di panorami o di oggetti, ascolto di musica, degustazione di cibi, evocazione di ricordi, immaginazione di scene o di eventi irreali, sensazioni interiori di ragionamenti o di sentimenti, ma non una cosa materiale simile a una nuvola elettromagnetica dentro il cranio.


Sgiombo o sai cos'è oppure anche tu navighi nelle ipotesi.La mia convinzione è che un qualcosa di fisco, di materiale non può produrre un nulla che esiste, quindi è comunque una forma di energia.Che poi la scienza non riesca a osservarla fors eè questione di attendere nuove tecnologie strumentali, non lo so.

la coscienza non è un gioco linguistico, perchè emerge fisicamente grazie ad aree del cervello atte a far emergere la linguistica
 e linguisticamente, filosoficamente è impossible determinarla e definirla perchè è autoreferenziale riflettere di un  qualcosa che è già in sè ,
Se il sistema di relazione permetterebbe non di definirla, ma almeno di circoscriverla, daccapo non è solo ed essenzialmente con la logica che si potrebbe definirla , perchè non è  solo astrazione o trascendenza se "vive" ed esiste grazie ad un corpo fisico materiale.
Ed essendo il sottoscritto un credente  quello che cerco è il "ponte" per cui un materaiale organico vivente riesce a produrre, a far emergere, uno stato che ritengo ancora fisico , magari di energia non ancora scoperta(ribadisco non lo so), perchè ancora d un livello più alto penso che la coscienza sia ancora un "ponte" successivo ad una coscienza totale, universale, di un'energia spirituale.
Non credo alle favolette del puro spirito , contraddice la materialità di un corpo fisico 
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 18 Maggio 2016, 12:34:32 PM
Citazione di: davintro il 17 Maggio 2016, 15:19:55 PM
Rispondo a Maral:

Non direi che la riflessione a posteriori "costruisca" alcunchè. La riflessione non produce i propri oggetti ma scopre qualcosa che gia c'è, mette in evidenza ciò che prima era latente...
E cos'altro è la coscienza se non coscienza riflessa su se stessa, che talvolta accade, ma ben più spesso non accade (né è necessario che accada)? E' solo nel momento in cui accade che si avverte la presenza del soggetto e quindi di un soggetto in grado di essere cosciente di una coscienza intesa come propria. In questo senso l'autocoscienza appare come uno stato ulteriore della coscienza, come coscienza di quel sentirsi coscienti da cui è necessario partire per interpretare il mondo dal suo darsi "immediato" (che non è da intendersi in senso temporale, ossia istantaneo, ma "non mediato") in cui non c'è soggetto e pertanto nemmeno oggetto, ove non c'è né passato né futuro, ma tutto è qui e ora, nell'atto mediante che istantaneamente li determina. Nello stato di coscienza che non è autocoscienza non sono io a rivolgermi all'oggetto, perché l'immagine virtuale di un io riflessa dal mondo non sussiste ancora, dunque non è questione di un "mio" porre attenzione. In tal senso Sgiombo ha ragione quando dice che la stanza che sta intorno mentre si scrive al computer o si legge un libro, anche se non vi si pone attenzione, c'è, esattamente come c'è il gradino quando scendo le scale preso dai miei pensieri (e tuttavia so che c'è un gradino, so che sto scendendo le scale), la coscienza è lo sfondo opaco (ma di per se stesso lucidissimo) su cui un'autocoscienza può muoversi creando le sue figure di senso che procedono continuamente a un'individuazione soggettiva.
Ciò non toglie che dal momento in cui la coscienza del soggetto emerge riflessa dal mondo in se stessa, non è più negabile ed è solo a partire da essa che trae origine e ragione ogni  ogni discorso, compreso il discorso che  nega finge oggettività astratte da ogni posizione osservativa. E' solo da qui che il significato può essere reso come concatenazione di segni verbali, come simbolo che diventa parola (e parola creatrice).
Il soggetto è tutto e solo nella coscienza che riflette su se stessa ("riflette" nel senso strettamente speculare del termine) e una volta che questo riflesso appare, tutto appare alla luce di un soggetto originario che, anche se si nega (e forse soprattutto quando si nega dubitando di se stesso) c'è sempre, poiché è comunque solo lui che può intendere e pronunciare qualsiasi parola, qualsiasi logos.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 12:51:32 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Maggio 2016, 08:18:54 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PMMi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?[/size]
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi.

Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare.

Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale.
Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani?

In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione.

Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...

Rispondo (anche se non direttamente chiamato in causa; me ne scuso, ma non sono riuscito a trettenermi oltre).

Non vedo alcun problema (dal punto di vista dei monisti materialisti, quale io peraltro non sono).

Tanto dell' esperienza personale cosciente (dell' "io", se così ti piace chiamarla) quanto del cervello (vivo) si può dire tranquillamente che iniziano e finiscono di esistere sostanzialmente insieme (con qualche limitata sfasatura; con buona approssimazione insieme se il cervello si intende in quanto pienamente sviluppato e regolarmente funzionante: non nel feto e primissimi giorni di vita extrauterina, non se in coma); e che si trasformano durante la loro esistenza, cioé che persistono relativamente, parzialmente, per certi aspetti e caratteristiche, continuando ad essere se stessi (ciascuno se stesso), pur mutando relativamente, parzialmente, per certi altri aspetti e caratteristiche (per esempio tu continui ad essere te stesso pur cambiando relativamente: non sei esattamente il bambino che eri qualche anno fa; esattamente come il tuo cervello continua ad essere il tuo cervello e a funzionare in quanto tuo cervello, pur non essendo esattamente quello di quando eri bambino e non funzionando esattamente nello stesso modo):

ma dove starebbe mai il problema?
Ci mancherebbe, non si trattava di una conversazione privata...

Venendo al dunque, il problema lo si può vedere solo se si smette di osservare la realtà con gli stessi occhi di sempre.
Perché è umano dare per scontato ciò che constatiamo tutti i giorni.
Tutti i giorni e per tutta la nostra vita constatiamo quel che dice Sgiombo, e finiamo per darlo per scontato, per ovvio.
Ma è poi così ovvio?

Ho già detto altrove che è più difficile fare intuire l'urgenza di una domanda, che dare una risposta.
Ci provo con una metafora.

In ottica riduzionista, come ho supposto di mettermi, il corpo umano non è altro che la somma delle sue parti, senza un principio che lo renda una unità. Possiamo allora immaginarcelo come una sorta di nube di materia, che fluttua nello spazio e nel tempo.

La stessa cosa può dirsi dell'esperienza cosciente, che in ottica riduzionista è da intendersi come una nube di contenuti mentali, che anch'essa fluttua nel tempo e nello spazio.

Ora, noi abbiamo esperienza di questo fatto: senza che vi sia nulla che colleghi una nube all'altra, le due nubi stanno insieme, fluttuano insieme, vanno di pari passo per tutta la durata della vita.
E' così scontato?

A ciò va aggiunta una considerazione che farò ancora più fatica a far cogliere.
A entrambe quelle nubi sono legato io.
Non un essere umano qualsiasi. Io. Che potevo anche non esserci.
Non c'è nulla che implichi la mia presenza.
Se allora io mi rappresento come un palloncino gonfio d'elio, legato con uno spago, ecco, quel palloncino che sono io appare dal nulla proprio dentro a quelle nubi, e resta legato con il suo spago a quelle due nubi, mentre queste si spostano e fluttuano per tutta la durata della vita...

Non riesco a fare di meglio, per far cogliere il senso del problema.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 18 Maggio 2016, 13:51:42 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 12:51:32 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Maggio 2016, 08:18:54 AM
Citazione di: Loris Bagnara il 17 Maggio 2016, 19:53:56 PMMi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?[/size] La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono. Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi. Non sono affatto convinto che possa risolvere il problema, per due motivi. Il primo è che le funzioni del corpo/cervello in verità variano e fluttuano di secondo in secondo (pensieri, emozioni, desideri, sensazioni etc) e che solo in generale, e facendo una sorta di media di lungo periodo, tali funzioni possono considerarsi più o meno simili. Ma solo più o meno, e solo compiendo un'astrazione a posteriori: insomma, un'operazione inversa, analoga a quella dell'autoreferenzialità, mi pare. Il secondo motivo è che se assumiamo la struttura delle funzioni del corpo/cervello umano nella loro generalità, allora tutti gli uomini sarebbero grosso modo identici. Cioè, se non consideriamo le specifiche differenze di contenuti mentali, ma restiamo sul generale, allora banalmente possiamo dire che tutti gli uomini pensano, sentono, desiderano più o meno allo stesso modo, cioè presentano un'analoga struttura funzionale. Ma allora come fa a sorgere il senso della nostra specifica identità? Come facciamo a sentirci legati ad uno specifico corpo impermanente, se la struttura delle funzioni accomuna tutti gli esseri umani? In conclusione, questi sono i due grandi problemi che il riduzionismo deve risolvere: il problema dell'impermanenza e quello dell'individuazione. Non chiedo altre risposte, ora. Ho chiarito quel che intendevo dire e lascio a ciascuno il tempo e la voglia di rifletterci sopra...
Rispondo (anche se non direttamente chiamato in causa; me ne scuso, ma non sono riuscito a trettenermi oltre). Non vedo alcun problema (dal punto di vista dei monisti materialisti, quale io peraltro non sono). Tanto dell' esperienza personale cosciente (dell' "io", se così ti piace chiamarla) quanto del cervello (vivo) si può dire tranquillamente che iniziano e finiscono di esistere sostanzialmente insieme (con qualche limitata sfasatura; con buona approssimazione insieme se il cervello si intende in quanto pienamente sviluppato e regolarmente funzionante: non nel feto e primissimi giorni di vita extrauterina, non se in coma); e che si trasformano durante la loro esistenza, cioé che persistono relativamente, parzialmente, per certi aspetti e caratteristiche, continuando ad essere se stessi (ciascuno se stesso), pur mutando relativamente, parzialmente, per certi altri aspetti e caratteristiche (per esempio tu continui ad essere te stesso pur cambiando relativamente: non sei esattamente il bambino che eri qualche anno fa; esattamente come il tuo cervello continua ad essere il tuo cervello e a funzionare in quanto tuo cervello, pur non essendo esattamente quello di quando eri bambino e non funzionando esattamente nello stesso modo): ma dove starebbe mai il problema?
Ci mancherebbe, non si trattava di una conversazione privata... Venendo al dunque, il problema lo si può vedere solo se si smette di osservare la realtà con gli stessi occhi di sempre. Perché è umano dare per scontato ciò che constatiamo tutti i giorni. Tutti i giorni e per tutta la nostra vita constatiamo quel che dice Sgiombo, e finiamo per darlo per scontato, per ovvio. Ma è poi così ovvio? Ho già detto altrove che è più difficile fare intuire l'urgenza di una domanda, che dare una risposta. Ci provo con una metafora. In ottica riduzionista, come ho supposto di mettermi, il corpo umano non è altro che la somma delle sue parti, senza un principio che lo renda una unità. Possiamo allora immaginarcelo come una sorta di nube di materia, che fluttua nello spazio e nel tempo. La stessa cosa può dirsi dell'esperienza cosciente, che in ottica riduzionista è da intendersi come una nube di contenuti mentali, che anch'essa fluttua nel tempo e nello spazio. Ora, noi abbiamo esperienza di questo fatto: senza che vi sia nulla che colleghi una nube all'altra, le due nubi stanno insieme, fluttuano insieme, vanno di pari passo per tutta la durata della vita. E' così scontato? A ciò va aggiunta una considerazione che farò ancora più fatica a far cogliere. A entrambe quelle nubi sono legato io. Non un essere umano qualsiasi. Io. Che potevo anche non esserci. Non c'è nulla che implichi la mia presenza. Se allora io mi rappresento come un palloncino gonfio d'elio, legato con uno spago, ecco, quel palloncino che sono io resta legato con il suo spago a quelle due nuvole, mentre queste si spostano e fluttuano per tutta la durata della vita... Non riesco a fare di meglio, per far cogliere il senso del problema.

se è consentito....
E'  proprio la coscienza che è unità del corpo e senza necessità di sobbarcarsi l'onere di correre dietro a tutto ciò che fisicamente il corpo fisco compie per vivere fisicamente  E' proprio la coscienza che mantenendo  un'unità del corpo garantisce l'unità dentro un esperienza nel passaggio dell'attimo dopo attimo. Il nostro corpo garantisce la sostituzione di cellule con altre nuove costruendo la continuità di non perdere la propria vita ed esistenza , ma è la coscienza ancora di più che senza bisogno lei stessa di comandare le sostituzione fisicihe del corpo può spostare la sua volontà e il suo linguaggio in "altro", estranearsi dalla fisicità
Noi siamo l'IO narrante in una storia , la nostra, che contribuisce all'identificazione .

Come siamo noi, paul11,ecc, quando gli altri ci incontrano per strada ,ecc. io non mi presento come stomaco o polmone, ma se ben individuiamo cosa ci identifica è proprio  la coscienza. Comunicano fra loro proprio le coscienze e quì nasce il passaggio da natura a cultura.. La contraddizione della scienza è che comunica ad esempio a paul11 come coscienza, come persona ,come identità ma lo studia come insieme di parti o addirittura come semplici parti.

Il riduzionista non crede nemmeno alla coscienza ,non è dato osservativo e quindi dimostrativo.E qu' l'uomo è contraddittorio perchè quando è fuori dal ruolo di scienziato riduzionista comunica come coscienza e quando entra nel ruolo di scienziato nega la coscienza , questa è la ruolificazione che genera alienazione. Quest'uomo quale coscienza veste e quale identità investe?
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 18 Maggio 2016, 16:10:55 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 12:51:32 PM
Venendo al dunque, il problema lo si può vedere solo se si smette di osservare la realtà con gli stessi occhi di sempre.
Perché è umano dare per scontato ciò che constatiamo tutti i giorni.
Tutti i giorni e per tutta la nostra vita constatiamo quel che dice Sgiombo, e finiamo per darlo per scontato, per ovvio.
Ma è poi così ovvio?

Ho già detto altrove che è più difficile fare intuire l'urgenza di una domanda, che dare una risposta.
Ci provo con una metafora.

In ottica riduzionista, come ho supposto di mettermi, il corpo umano non è altro che la somma delle sue parti, senza un principio che lo renda una unità.
CitazioneNo, scusa, questo non é affatto riduzionismo.

Questo é una banale (e maligna) deformazione caricaturale che con l' autentico riduzionismo non ha nulla a che fare!

Per l' autentico riduzionismo il tutto é uguale alla somma delle parti poste in determinate relazioni reciproche.
La somma degli organi del corpo umano reciprocamente separati (tagliati gli uni dagli altri e semplicemente giustapposti) é complessivamente uguale al "tutto" costituito da un cadavere (sezionato).
Invece la somma degli organi del corpo umano fra loro uniti e funzionanti regolarmente, in rapporti reciproci tali da realizzare un' unità anatomica e fisiologica (funzionante senza l' aggiunta di alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" o "animistico" misteriosamente scaturente dalla loro somma) é complessivamente uguale al ben altro "tutto" costituito dal corpo umano vivente.



Possiamo allora immaginarcelo come una sorta di nube di materia, che fluttua nello spazio e nel tempo.

La stessa cosa può dirsi dell'esperienza cosciente, che in ottica riduzionista è da intendersi come una nube di contenuti mentali, che anch'essa fluttua nel tempo e nello spazio.

Ora, noi abbiamo esperienza di questo fatto: senza che vi sia nulla che colleghi una nube all'altra, le due nubi stanno insieme, fluttuano insieme, vanno di pari passo per tutta la durata della vita.
E' così scontato?

CitazioneA parte la metafora delle "nuvolette" che personalmente trovo alquanto infelice (ma é questione di gusti), a me pare non vi sia nulla di problematico: é ciò che si constata quotidianamente.


A ciò va aggiunta una considerazione che farò ancora più fatica a far cogliere.
A entrambe quelle nubi sono legato io.
Non un essere umano qualsiasi. Io. Che potevo anche non esserci.
Non c'è nulla che implichi la mia presenza.
Se allora io mi rappresento come un palloncino gonfio d'elio, legato con uno spago, ecco, quel palloncino che sono io appare dal nulla proprio dentro a quelle nubi, e resta legato con il suo spago a quelle due nubi, mentre queste si spostano e fluttuano per tutta la durata della vita...

Non riesco a fare di meglio, per far cogliere il senso del problema.

CitazioneE a me non riesci proprio a far comprendere nulla di sensato con questa metafora: io ci sono e il fatto desta meraviglia, d' accordo.
Ma tutta la faccenda delle nuvolette e del palloncino che c' entra?

Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 16:42:18 PM
Citazione di: sgiombo il 18 Maggio 2016, 16:10:55 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 12:51:32 PM
Venendo al dunque, il problema lo si può vedere solo se si smette di osservare la realtà con gli stessi occhi di sempre.
Perché è umano dare per scontato ciò che constatiamo tutti i giorni.
Tutti i giorni e per tutta la nostra vita constatiamo quel che dice Sgiombo, e finiamo per darlo per scontato, per ovvio.
Ma è poi così ovvio?

Ho già detto altrove che è più difficile fare intuire l'urgenza di una domanda, che dare una risposta.
Ci provo con una metafora.

In ottica riduzionista, come ho supposto di mettermi, il corpo umano non è altro che la somma delle sue parti, senza un principio che lo renda una unità.
CitazioneNo, scusa, questo non é affatto riduzionismo.

Questo é una banale (e maligna) deformazione caricaturale che con l' autentico riduzionismo non ha nulla a che fare!

Per l' autentico riduzionismo il tutto é uguale alla somma delle parti poste in determinate relazioni reciproche.
La somma degli organi del corpo umano reciprocamente separati (tagliati gli uni dagli altri e semplicemente giustapposti) é complessivamente uguale al "tutto" costituito da un cadavere (sezionato).
Invece la somma degli organi del corpo umano fra loro uniti e funzionanti regolarmente, in rapporti reciproci tali da realizzare un' unità anatomica e fisiologica (funzionante senza l' aggiunta di alcun ulteriore "ingrediente vitalistico" o "animistico" misteriosamente scaturente dalla loro somma) é complessivamente uguale al ben altro "tutto" costituito dal corpo umano vivente.



Possiamo allora immaginarcelo come una sorta di nube di materia, che fluttua nello spazio e nel tempo.

La stessa cosa può dirsi dell'esperienza cosciente, che in ottica riduzionista è da intendersi come una nube di contenuti mentali, che anch'essa fluttua nel tempo e nello spazio.

Ora, noi abbiamo esperienza di questo fatto: senza che vi sia nulla che colleghi una nube all'altra, le due nubi stanno insieme, fluttuano insieme, vanno di pari passo per tutta la durata della vita.
E' così scontato?

CitazioneA parte la metafora delle "nuvolette" che personalmente trovo alquanto infelice (ma é questione di gusti), a me pare non vi sia nulla di problematico: é ciò che si constata quotidianamente.


A ciò va aggiunta una considerazione che farò ancora più fatica a far cogliere.
A entrambe quelle nubi sono legato io.
Non un essere umano qualsiasi. Io. Che potevo anche non esserci.
Non c'è nulla che implichi la mia presenza.
Se allora io mi rappresento come un palloncino gonfio d'elio, legato con uno spago, ecco, quel palloncino che sono io appare dal nulla proprio dentro a quelle nubi, e resta legato con il suo spago a quelle due nubi, mentre queste si spostano e fluttuano per tutta la durata della vita...

Non riesco a fare di meglio, per far cogliere il senso del problema.

CitazioneE a me non riesci proprio a far comprendere nulla di sensato con questa metafora: io ci sono e il fatto desta meraviglia, d' accordo.
Ma tutta la faccenda delle nuvolette e del palloncino che c' entra?
L'avevo detto che sarebbe stato difficile.

Sgiombo, hai dimostrato ancora una volta di essere totalmente privo d'intuito.
Refrattario al linguaggio simbolico e metaforico, che è l'unico a poterti portare oltre.
E totalmente appagato delle tue risposte, ma soprattutto delle domande che non ti fai.

Sono felice per te.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: sgiombo il 18 Maggio 2016, 19:28:52 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 18 Maggio 2016, 16:42:18 PM


Sgiombo, hai dimostrato ancora una volta di essere totalmente privo d'intuito.
Refrattario al linguaggio simbolico e metaforico, che è l'unico a poterti portare oltre.
E totalmente appagato delle tue risposte, ma soprattutto delle domande che non ti fai.

Sono felice per te.
CitazioneGrazie!
(Per me é semplicemente razionalismo; al quale non rinuncerei per niente al mondo).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 19 Maggio 2016, 09:53:26 AM
Citazione di: Paul11Perchè non pensare che la coscienza sia come una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello? Abbiamo presente gli elettroni e il nucleo atomico? Un campo magnetico non è direttamente e fisicamente corrispondente alla sola area della materia che lo genera, basta vedere la magnetosfera terrestre  e quanto il sole incida con le sue radiazioni a milioni di chilometri di distanza.
E ancora, perchè utilizziamo l'imaging per "vedere" un cervello , se non per impressionare l'elettromagnetismo presente in esso.
Il presupposto di questa ipotesi è: se vediamo il modo di funzionare della coscienza in una mappatura elettromagnetica, in qualche modo il fenomeno elettromagnetico (o elettrochimico) dovrebbe costituire il fondamento della coscienza stessa. L'ipotesi è lecita e interessante, ma il rischio è come sempre quello di ridurre la comprensione effettiva del significare della coscienza a se stessa al suo modo di funzionare per come viene rilevato, fino a identificarla completamente al mezzo con cui la si rileva. La mappa diventa così evidentemente il fenomeno che si intende mappare e i principi che consentono di mappare i principi del fenomeno stesso.

Citazione di: Loris BagnaraMi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Il problema dell'identità permanente è stato affrontato in termini neurologici, ad esempio  da Damasio. La sua ipotesi è che questa identità corrisponde all'immagine che le strutture corticali elaborano a partire dalla biostaticità che l'organismo variando deve mantenere sempre invariata per sopravvivere. Il compendio di tutte le informazioni necessarie a questo mantenimento dell'unità stabile del corpo si trova nel midollo allungato. Il discorso è interessante, come tentativo di dare conto del fenomeno coscienza di sé su base neurologica. Lo introduco nella sezione "Scienza e tecnologia" per chi volesse commentarlo e approfondirlo.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 19 Maggio 2016, 10:21:47 AM
Citazione di: maral il 19 Maggio 2016, 09:53:26 AM
CitazionePerchè non pensare che la coscienza sia come una nuvola elettromagnetica dentro il cranio, ma non perfettamente corrispondente al cervello? Abbiamo presente gli elettroni e il nucleo atomico? Un campo magnetico non è direttamente e fisicamente corrispondente alla sola area della materia che lo genera, basta vedere la magnetosfera terrestre e quanto il sole incida con le sue radiazioni a milioni di chilometri di distanza. E ancora, perchè utilizziamo l'imaging per "vedere" un cervello , se non per impressionare l'elettromagnetismo presente in esso.
Il presupposto di questa ipotesi è: se vediamo il modo di funzionare della coscienza in una mappatura elettromagnetica, in qualche modo il fenomeno elettromagnetico (o elettrochimico) dovrebbe costituire il fondamento della coscienza stessa. L'ipotesi è lecita e interessante, ma il rischio è come sempre quello di ridurre la comprensione effettiva del significare della coscienza a se stessa al suo modo di funzionare per come viene rilevato, fino a identificarla completamente al mezzo con cui la si rileva. La mappa diventa così evidentemente il fenomeno che si intende mappare e i principi che consentono di mappare i principi del fenomeno stesso. 

No, Maral ,tu vai alla conclusione , mentre per me è solo un passaggio questo , perchè la coscienza è qualcosa di dinamico e non di statico risolvibile in una formula filosofica o fisica, per me è molto, ma molto di più.

L'intera discussione di innumerevoli post si è come sezionata, chi pone un'intera teoria teosofica, chi cerca i contenuto relazionali, chi cerca una fisicità.  Il mio parere è che è proprio l sintesi di tutto questo la coscienza: fisica del cervello-filosofia della mente, filosofia morale, mondo reale, sistemi di relazione. Io addirittura ,magari in maniera diversa dalla teosofia, ma come tu sai essendo credente andrei oltre, io credo all'anima come incarnazione in una coscienza che si collega alla morte fisica  allo spirito . 
Forse sono addirittura stato scambiato per un riduzionista, ma perchè ho seguito la domanda del topic e del post di partenza.
Dimostrare una coscienza per via logica è un'autoreferenza.Noi possiamo riempire di contenuti quell'insieme chiamata coscienza e che può crescere di un livello superiore in una autocoscienza , ma implica non solo logica, ma fisica, filosofia, e chi ci crede spirito .

Adatto che tutti sappiamo o comunque avvertiamo come coscienza forse la chiave di lettura fondamentale che appartine singolarmente a noi che può ulteriormente farci domandare ,perchè sia mo quì, che senso ha tutto quanto, le discussioni sulla coscienza sono e saranno sempre infinite, abbiamo avuto esempio anche sul vecchi forum .

Ma va bene così, nel senso che ognuno di noi ha aderito a un compito che apparteneva al suo sapere, alla sua identità oserei dire e lo ha confrontato anche accesamente. ma proprio perchè sappiamo l'importanza della coscienza .

Il mio percorso è stato induttivo finora, perchè non credo alla netta divisione fra fisica e spirito  e a tutte le interpretazioni  filosofiche che ne conseguono . Ritengo che vi siano "ponti", passaggi , dove ad esempio la materia è il terreno, il substrato che permette l'emergere di altro, fra cui la coscienza stessa.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Loris Bagnara il 19 Maggio 2016, 21:34:23 PM
Citazione di: maral il 19 Maggio 2016, 09:53:26 AM


CitazioneMi sto ponendo nei panni di uno che vorrebbe accogliere la tesi che l'autocoscienza emerga dal cervello. Però questo tizio ha un dubbio: se è vero che nulla è permanente nel corpo e nel cervello umano (anche tu l'hai confermato), come è possibile che da una struttura impermanente sorga un'illusione permanente?
La logica riduzionista esigerebbe di individuare una struttura materiale permanente a cui agganciare l'illusione permanente dell'io-sono.

Ora tu proponi che le funzioni svolte dal corpo/cervello possano costituire tale struttura permanente a cui l'io-sono possa agganciarsi.
Il problema dell'identità permanente è stato affrontato in termini neurologici, ad esempio  da Damasio. La sua ipotesi è che questa identità corrisponde all'immagine che le strutture corticali elaborano a partire dalla biostaticità che l'organismo variando deve mantenere sempre invariata per sopravvivere. Il compendio di tutte le informazioni necessarie a questo mantenimento dell'unità stabile del corpo si trova nel midollo allungato. Il discorso è interessante, come tentativo di dare conto del fenomeno coscienza di sé su base neurologica. Lo introduco nella sezione "Scienza e tecnologia" per chi volesse commentarlo e approfondirlo.
Mi fa piacere vedere che anche la scienza riduzionista cerca di dare una soluzione al problema della permanenza dell'identità.
In questo forum c'è chi nemmeno avverte l'esistenza del problema...
E' interessante quel che riporti, maral, ma un po' troppo sintetico :-\ ... Ci sai indicare dove trovare maggiori informazioni sul tema?

P.S. Pardon, come non detto. Ho visto solo ora che hai aperto un altro 3D sul tema. Comincerò col leggere quello. Grazie.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 19 Maggio 2016, 22:28:59 PM
Direi che la permanenza del sé è una problematica molto importante anche in termini neurologici. Nell'altro 3D ho linkato il video di Damasio (che si può sottotitolare, se non si conosce l'inglese), così puoi sentire direttamente dalla sua presentazione, assai più competente di ogni mio discorso. Se poi vuoi approfondire "Emozione e coscienza" dello stesso autore è un testo senz'altro utile e stimolante.
Titolo: uest
Inserito da: davintro il 20 Maggio 2016, 00:28:48 AM
Sgiombo scrive:

"Ma ciò non toglie che la coscienza in generale, la coscienza di altro dal proprio essere cosciente (quale che sia il grado di attenzione che presenta) é altra cosa dalla coscienza (anche questa più o meno attenta o distratta che sia) della coscienza (dalla sensazione del pensiero del "proprio essere cosciente", del pensiero dei -gli altri- "contenuti di coscienza"); e che solo quest' ultima (diversa dalla coscienza di qualsiasi altra "cosa" o "conteuto esperienziale") costituisca l' "autocoscie4nza"."

Assolutamente d'accordo! Non ho mai sostenuto il contrario. Certamente la coscienza degli oggetti del mondo esterno è "altra cosa" rispetto alla coscienza della coscienza. Non ho mai parlato di un rapporto di identità, evidentemente sono due modalità di coscienza aventi una distinta qualità di vissuto. Volevo dire che l'autocoscienza è la condizione necessaria, il termine giusto credo sia "trascendentale", della coscienza in genere. Senza autocoscienza avremmo solo sensazioni senza la possibilità di un intervento ordinatore da parte dell'Io, che presupporrebbe l'associare stimolo a stimolo grazie al ricordo di esperienze passate che forniscono gli schemi associativi da cui nascono percezioni e concetti. E che esista una correlazione fortissima fra senso della propria identità e memoria mi pare sia un dato inoppugnabile (per coincidenza proprio pochi giorni fà leggevo John Searle scrivere riguardo un "senso del sè" che si costituisce temporalmente attraverso la continuità passato-presente che si dà attraverso i ricordi)

Non direi che l'autocoscienza sia un prodotto del linguaggio, direi al contrario che il linguaggio presupponga il pensare in astratto che è dato dal trascendimento dell'immediatezza dell'esperienza sensibile in virtù della mediazione data dalla continuità temporale del flusso di coscienza. Il linguaggio è una generalizzazione, le parole si riferiscono ad una molteplicità di oggetti concreti che vengono unificate attraverso il riscontro di somiglianze che rendono possibile classificare e categorizzare. Il riscontro di somiglianze presuppone la continuità temporale del flusso di coscienza: quel singolo oggetto me ne ricorda uno simile di cui ho avuto esperienza passate e ciò dà un senso alla formazione di una parola che si riferisca a entrambi gli oggetti nonchè tutti gli oggetti passati, presenti e futuri aventi quelle caratteristiche simili. Il linguaggio presuppone cioè la non-immediatezza di una coscienza che si protende verso il passato ed il futuro in un flusso che va al di là della semplice ed immediata coscienza presente. E quest'unità tra il mio passato, il mio presente, il mio futuro è data dall'autocoscienza, dall'idea che questi tre "stati temporali" sono uniti dal fatto di essere i "miei" stati temporali, appartententi ad un unico Io. Il linguaggio non è un apriori, ma la conseguenza di una relazione coscienza-mondo che si manifesta originariamente in forme intuitive e prelinguistiche. Il rosso che percepisco non è ancora una parola, ma un vissuto intuitivo concreto, non ancora un segno grafico, simbolico. Questo verrà "poi"
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Lou il 20 Maggio 2016, 00:49:00 AM
io direi, molto semplicente e intuitivamente, che l'autocoscienza é la presenza della coscienza a sé stessa.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: acquario69 il 20 Maggio 2016, 03:37:40 AM
Citazione di: Lou il 20 Maggio 2016, 00:49:00 AM
io direi, molto semplicente e intuitivamente, che l'autocoscienza é la presenza della coscienza a sé stessa.

Secondo me hai colto in pieno.
Dal mio punto di vista e in altre parole,l'autocoscienza e' la "parte" divina,indivisible,immutabile e perenne Che risiede in noi.(la sua presenza come dici tu)

Allora il pensiero e' coscienza (Cioe coscienza individuale e formale,percio duale)
Quando il pensiero CESSA si SVELA l'autocoscienza (il "vuoto" e il senza forma,Non duale)

Per evitare possibili contraddizioni apparenti,quell'autocoscienza come spiegato sopra e' la STESSA Che COINCIDE (diventa UNO) con LA Coscienza (unica,divina,onnipervadente)
...quindi si potrebbero anche dire Che la coscienza individuale altro non e' Che il riflesso di un unica coscienza universale
Titolo: Re:uest
Inserito da: sgiombo il 20 Maggio 2016, 11:58:10 AM
Citazione di: davintro il 20 Maggio 2016, 00:28:48 AM
Sgiombo scrive:

"Ma ciò non toglie che la coscienza in generale, la coscienza di altro dal proprio essere cosciente (quale che sia il grado di attenzione che presenta) é altra cosa dalla coscienza (anche questa più o meno attenta o distratta che sia) della coscienza (dalla sensazione del pensiero del "proprio essere cosciente", del pensiero dei -gli altri- "contenuti di coscienza"); e che solo quest' ultima (diversa dalla coscienza di qualsiasi altra "cosa" o "conteuto esperienziale") costituisca l' "autocoscie4nza"."

Assolutamente d'accordo! Non ho mai sostenuto il contrario. Certamente la coscienza degli oggetti del mondo esterno è "altra cosa" rispetto alla coscienza della coscienza. Non ho mai parlato di un rapporto di identità, evidentemente sono due modalità di coscienza aventi una distinta qualità di vissuto. Volevo dire che l'autocoscienza è la condizione necessaria, il termine giusto credo sia "trascendentale", della coscienza in genere. Senza autocoscienza avremmo solo sensazioni senza la possibilità di un intervento ordinatore da parte dell'Io, che presupporrebbe l'associare stimolo a stimolo grazie al ricordo di esperienze passate che forniscono gli schemi associativi da cui nascono percezioni e concetti. E che esista una correlazione fortissima fra senso della propria identità e memoria mi pare sia un dato inoppugnabile (per coincidenza proprio pochi giorni fà leggevo John Searle scrivere riguardo un "senso del sè" che si costituisce temporalmente attraverso la continuità passato-presente che si dà attraverso i ricordi)

CitazioneMa se "la coscienza degli oggetti del mondo esterno è "altra cosa" rispetto alla coscienza della coscienza", allora può darsi benissimo che essa si dia e di fatto essa si da anche senza  la "coscienza della coscienza": "sensazioni senza la realtà di fatto di un (soltanto possibilie, potenzale) intervento ordinatore da parte dell' io, che presupporrebbe l'associare stimolo a stimolo grazie al ricordo di esperienze passate che forniscono gli schemi associativi" sono pur sempre senzazioni ovvero "contenuti di coscienza" ovvero "coscienza"; che spesso di fatto accadono.


Non direi che l'autocoscienza sia un prodotto del linguaggio, direi al contrario che il linguaggio presupponga il pensare in astratto che è dato dal trascendimento dell'immediatezza dell'esperienza sensibile in virtù della mediazione data dalla continuità temporale del flusso di coscienza. Il linguaggio è una generalizzazione, le parole si riferiscono ad una molteplicità di oggetti concreti che vengono unificate attraverso il riscontro di somiglianze che rendono possibile classificare e categorizzare. Il riscontro di somiglianze presuppone la continuità temporale del flusso di coscienza: quel singolo oggetto me ne ricorda uno simile di cui ho avuto esperienza passate e ciò dà un senso alla formazione di una parola che si riferisca a entrambi gli oggetti nonchè tutti gli oggetti passati, presenti e futuri aventi quelle caratteristiche simili. Il linguaggio presuppone cioè la non-immediatezza di una coscienza che si protende verso il passato ed il futuro in un flusso che va al di là della semplice ed immediata coscienza presente. E quest'unità tra il mio passato, il mio presente, il mio futuro è data dall'autocoscienza, dall'idea che questi tre "stati temporali" sono uniti dal fatto di essere i "miei" stati temporali, appartententi ad un unico Io. Il linguaggio non è un apriori, ma la conseguenza di una relazione coscienza-mondo che si manifesta originariamente in forme intuitive e prelinguistiche. Il rosso che percepisco non è ancora una parola, ma un vissuto intuitivo concreto, non ancora un segno grafico, simbolico. Questo verrà "poi"
CitazioneNon ho affemato che l'autocoscienza sia puramente e semplicemente, sic et simpliciter un prodotto del linguaggio, ma che il linguaggio, consentendo il pensiero di concetti astratti e non solo l' immaginazione o il ricordo di oggetti di esperienza concreti mi sembra una conditio sine qua non dell' autocoscienza, cioé della coscienza (della sensazione mentale del pensiero) del proprio essere cosciente in generale, astrattamente (e non semplicemente il ricordo di qualche precedente concreto oggetto di esperienza cosciente o l' immaginazione di qualche possibile -o anche impossibile- futuro concreto oggetto di esperienza cosciente; che é ragionevole ritenere accada anche per lo meno a molti aminali non umani).

Non vedo infatti come potrebbe accadere, in assenza di concetti astratti linguisticamente definiti, di trascendere l'immediatezza dell'esperienza sensibile (in virtù della mediazione data dalla continuità temporale del flusso di coscienza).

Per esempio il concetto di "triangolo" non si limita all' immaginazione di un qualcosa di concreto triangolare considerabile "paradigmatico" o "prototipico" di tutte le altre cose triangolari reali e no (anche se ne é inevitabilmente accompagnato di fatto): implica invece nozioni che eccedono l' immaginazione del concreto e che sono esprimibili solo verbalmente, linguisticamente).

Infatti per passare dal rosso che percepisco e che non è ancora una conectto astratto, ma un vissuto intuitivo concreto, ho bisogno di segni verbali, simbolici (in maniera più o meno rudimentale, vaga, imprecisa, quanto é scritto oggi nel vocabolario della lingua italiana come definizione di "rosso").

Mentre non mi sembra particolarmente rilevante il fatto ovvio che per astrarre concetti generali dagli oggetti particolari - concreti (immaginati o direttamente e presentemente esperiti sensorialmente) é necessaria la memoria, dal momento che ben pochi di tali oggetti (o forse di fatto uno solo per volta, almeno nel caso si tratti di oggetti di memoria e immaginazione) possono essere simultaneamente presenti alla coscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Elvio il 21 Maggio 2016, 18:00:34 PM
Citazione di: Loris Bagnara il 02 Maggio 2016, 09:58:31 AM
Dalla riflessione sul rapporto fra coscienza e materia scaturiscono tre possibili posizioni, tre diverse premesse su cui costruire una "visione del mondo":

1) posizione monista: esiste la coscienza e la materia è un contenuto illusorio della coscienza;
2) posizione monista: esiste la materia e la coscienza è un'illusione prodotta dalla materia;
3) posizione dualista: coscienza e materia esistono su piani distinti e paritari.

4) posizione del loto: non esiste né la coscienza né la materia.

Pensa al tuo corpo da vivo e da morto. La materia un attimo prima e un attimo dopo è la stessa (salvo l'ipotesi di Dan Brown di pesare l'anima come differenza tra il prima e il dopo):
Eppure qualcosa cambia, ma non sappiamo come. Conosciamo il prima ma non il dopo. Non sappiamo come si sente un cucchiaino di zucchero prima di entrare nel nostro corpo. Eppure anche i moscerini dormono e i topi sono dotati di autocoscienza.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: maral il 21 Maggio 2016, 23:42:03 PM
Trovo più convincente una posizione che riconosce l'esistenza di materia e coscienza, ma le vede una espressione dell'altra, in un rapporto reciproco che le presenta come originaria unità.
In tal modo il dualismo si risolve nel monismo, poiché né l'una né l'altra possono essere prese originarie e separate.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 22 Maggio 2016, 00:14:19 AM
Citazione di: maral il 21 Maggio 2016, 23:42:03 PMTrovo più convincente una posizione che riconosce l'esistenza di materia e coscienza, ma le vede una espressione dell'altra, in un rapporto reciproco che le presenta come originaria unità. In tal modo il dualismo si risolve nel monismo, poiché né l'una né l'altra possono essere prese originarie e separate.

Soggetto e oggetto appaiono come due, ma sono uno. Sono interdipendenti. Si compenetrano. Non c'è oggetto senza soggetto; non c'è soggetto senza oggetto. L'osservatore è l'osservato. Quando il dritto e l'obliquo si incontrano e si serrano (come le gambe in loto) meravigliosamente ci sono Domanda e Risposta mescolate.
Come contemplandoci nello specchio: la forma e il riflesso si guardano. Non siamo il riflesso, ma il riflesso è noi.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Elvio il 22 Maggio 2016, 07:24:21 AM
Sono in sintonia con le vostre ultime impressioni.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 10:49:09 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 00:14:19 AM
Soggetto e oggetto appaiono come due, ma sono uno. Sono interdipendenti. Si compenetrano. Non c'è oggetto senza soggetto; non c'è soggetto senza oggetto. L'osservatore è l'osservato. Quando il dritto e l'obliquo si incontrano e si serrano (come le gambe in loto) meravigliosamente ci sono Domanda e Risposta mescolate.
Come contemplandoci nello specchio: la forma e il riflesso si guardano. Non siamo il riflesso, ma il riflesso è noi.

Io credo che queste siano simmetrie imperfette. Oggetto e soggetto, osservatore e osservato si compenetrano solo nel soggetto e nell'osservatore. Per arrivare ad una simmetria perfetta occorre presupporre una volontà, una forza vitale, una capacità di farsi soggetto e osservatore che pervade il tutto, cosa non scontata.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 12:36:54 PM
Sulla differenza tra coscienza e autocoscienza è possibile che l'autocoscienza sia soltanto la forma più evoluta di coscienza.
Ripartendo da una interpretazione della visione della AI sulla coscienza, possiamo vedere la coscienza come l'astrazione di servo-meccanismo e l'autocoscienza come quel servomeccanismo che opera sul meccanismo stesso. E' una evidente definizione insoddisfacente da molti punti di vista ma ha un merito. Evita la definizione di coscienza e di auto-coscienza utilizzando altri concetti astratti che hanno a loro volta necessità di definizione. Se definisco la  coscienza usando lo spirito nella definizione avrò poi il problema di definire quest'ultimo.
L'idea del servo-meccanismo è un realtà del testo di Hofstadter (GEB), che lui chiama "Strani anelli" effettivamente mi accorgo che per avere una idea chiara delle idee di Hofstadter in merito a coscienza e autocoscienza bisogna riferirsi al testo gli "Anelli dell'io", testo che non ho ancora leggo ma che mi ripropongo di fare.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 22 Maggio 2016, 14:03:23 PM
Citazione di: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 10:49:09 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 00:14:19 AMSoggetto e oggetto appaiono come due, ma sono uno. Sono interdipendenti. Si compenetrano. Non c'è oggetto senza soggetto; non c'è soggetto senza oggetto. L'osservatore è l'osservato. Quando il dritto e l'obliquo si incontrano e si serrano (come le gambe in loto) meravigliosamente ci sono Domanda e Risposta mescolate. Come contemplandoci nello specchio: la forma e il riflesso si guardano. Non siamo il riflesso, ma il riflesso è noi.
Io credo che queste siano simmetrie imperfette. Oggetto e soggetto, osservatore e osservato si compenetrano solo nel soggetto e nell'osservatore. Per arrivare ad una simmetria perfetta occorre presupporre una volontà, una forza vitale, una capacità di farsi soggetto e osservatore che pervade il tutto, cosa non scontata.

La simmetria appare imperfetta, ma non lo è secondo me, perchè noi abbracciamo giocoforza il punto di vita del soggetto e , identificandoci erroneamente con esso, creiamo la separazione, La conseguenza logica è assolutizzare il soggetto, che invece è sempre relativo all'oggetto. E' nell'identificazione con il soggetto che sorge la volontà di potenza, altrimenti detta "sete d'esistere" (tanha).
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 15:53:12 PM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 14:03:23 PM
Citazione di: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 10:49:09 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 00:14:19 AMSoggetto e oggetto appaiono come due, ma sono uno. Sono interdipendenti. Si compenetrano. Non c'è oggetto senza soggetto; non c'è soggetto senza oggetto. L'osservatore è l'osservato. Quando il dritto e l'obliquo si incontrano e si serrano (come le gambe in loto) meravigliosamente ci sono Domanda e Risposta mescolate. Come contemplandoci nello specchio: la forma e il riflesso si guardano. Non siamo il riflesso, ma il riflesso è noi.
Io credo che queste siano simmetrie imperfette. Oggetto e soggetto, osservatore e osservato si compenetrano solo nel soggetto e nell'osservatore. Per arrivare ad una simmetria perfetta occorre presupporre una volontà, una forza vitale, una capacità di farsi soggetto e osservatore che pervade il tutto, cosa non scontata.

La simmetria appare imperfetta, ma non lo è secondo me, perchè noi abbracciamo giocoforza il punto di vita del soggetto e , identificandoci erroneamente con esso, creiamo la separazione, La conseguenza logica è assolutizzare il soggetto, che invece è sempre relativo all'oggetto. E' nell'identificazione con il soggetto che sorge la volontà di potenza, altrimenti detta "sete d'esistere" (tanha).
Quello che intendo è che vi sono oggetti osservati della realtà, le pietre per esempio, per le quali è negata la possibilità di essere soggetto, osservatore. A meno di non permeare tutto (anche le pietre) di capacità di osservare, di possibilità essere soggetto. Mi piace la visione di Schopenhauer che penso simile a quella espressa da tanha, credo che la sua rappresentazione della realtà come permeata dalla volontà e dalla realtà rappresentata sia sotto molti aspetti corretta. Bisogna però avere una visione della realtà simile a queste per accettare una simmetria perfetta tra oggetto e soggetto, tra osservatore e osservato. Questo intendevo dicendo che questa accettazione non fosse scontata.
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: Sariputra il 22 Maggio 2016, 17:27:49 PM
Citazione di: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 15:53:12 PM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 14:03:23 PM
Citazione di: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 10:49:09 AM
Citazione di: Sariputra il 22 Maggio 2016, 00:14:19 AMSoggetto e oggetto appaiono come due, ma sono uno. Sono interdipendenti. Si compenetrano. Non c'è oggetto senza soggetto; non c'è soggetto senza oggetto. L'osservatore è l'osservato. Quando il dritto e l'obliquo si incontrano e si serrano (come le gambe in loto) meravigliosamente ci sono Domanda e Risposta mescolate. Come contemplandoci nello specchio: la forma e il riflesso si guardano. Non siamo il riflesso, ma il riflesso è noi.
Io credo che queste siano simmetrie imperfette. Oggetto e soggetto, osservatore e osservato si compenetrano solo nel soggetto e nell'osservatore. Per arrivare ad una simmetria perfetta occorre presupporre una volontà, una forza vitale, una capacità di farsi soggetto e osservatore che pervade il tutto, cosa non scontata.
La simmetria appare imperfetta, ma non lo è secondo me, perchè noi abbracciamo giocoforza il punto di vita del soggetto e , identificandoci erroneamente con esso, creiamo la separazione, La conseguenza logica è assolutizzare il soggetto, che invece è sempre relativo all'oggetto. E' nell'identificazione con il soggetto che sorge la volontà di potenza, altrimenti detta "sete d'esistere" (tanha).
Quello che intendo è che vi sono oggetti osservati della realtà, le pietre per esempio, per le quali è negata la possibilità di essere soggetto, osservatore. A meno di non permeare tutto (anche le pietre) di capacità di osservare, di possibilità essere soggetto. Mi piace la visione di Schopenhauer che penso simile a quella espressa da tanha, credo che la sua rappresentazione della realtà come permeata dalla volontà e dalla realtà rappresentata sia sotto molti aspetti corretta. Bisogna però avere una visione della realtà simile a queste per accettare una simmetria perfetta tra oggetto e soggetto, tra osservatore e osservato. Questo intendevo dicendo che questa accettazione non fosse scontata.

Penso che stiamo dicendo la stessa cosa...con parole diverse. La filosofia di Schopenauer è molto vicina a quella buddhista ( hinayana ) ma ci sono anche delle differenze sostanziali. Non c'è, per es., nel buddhismo alcuna volontà di mortificazione del corpo, nessun disprezzo; come altresì nessuna volontà di esaltarlo. Per Shakyamuni entrambe sarebbero forme di attaccamento e pertanto cause di sofferenza (necessità di tagliare le radici della sofferenza come direzione generale, senso unico del buddhismo, che non va mai perso di vista). Poi ci sono differenze profonde sul significato della compassione ( Karuna nel buddhismo, Mitleid in Schopenauer se non ricordo male...). Però è un altro discorso...
Titolo: Re:Come dimostrare logicamente l'esistenza della coscienza?
Inserito da: paul11 il 23 Maggio 2016, 01:36:59 AM
Citazione di: HollyFabius il 22 Maggio 2016, 12:36:54 PMSulla differenza tra coscienza e autocoscienza è possibile che l'autocoscienza sia soltanto la forma più evoluta di coscienza. Ripartendo da una interpretazione della visione della AI sulla coscienza, possiamo vedere la coscienza come l'astrazione di servo-meccanismo e l'autocoscienza come quel servomeccanismo che opera sul meccanismo stesso. E' una evidente definizione insoddisfacente da molti punti di vista ma ha un merito. Evita la definizione di coscienza e di auto-coscienza utilizzando altri concetti astratti che hanno a loro volta necessità di definizione. Se definisco la coscienza usando lo spirito nella definizione avrò poi il problema di definire quest'ultimo. L'idea del servo-meccanismo è un realtà del testo di Hofstadter (GEB), che lui chiama "Strani anelli" effettivamente mi accorgo che per avere una idea chiara delle idee di Hofstadter in merito a coscienza e autocoscienza bisogna riferirsi al testo gli "Anelli dell'io", testo che non ho ancora leggo ma che mi ripropongo di fare.

Non so è simile alla mia ipotesi.
Io sostengo che la coscienza sia innata come nasciamo, ma è una tabula rasa alla nascita  che man mano si forma con le percezioni sensoriali e con la comunicazione dei nostri simili ,quindi i nostri educatori sono coloro che condizionano e formano un inizio di coscienza, perchè ci passano la loro interpretazione di mondo..L'autocoscienza si può formare solo se la coscienza ha raggiunto un determinato livello di elaborazione, di maturità, avviene quando la coscienza si auto problematizza, vale adire "si chiede", riflette su se stessa.Questa riflessione può a sua volta incidere sul livello più basso, vale a dire l'autocoscienza può mutare la coscienza intesa come prima nterfaccia  con  lepercezioni sensoriali. Per esempio prima vediamo con gli occhi, ma man mano che la coscienza che ha in sè ragione pasiche e aggiungo spirtualità può a sua volta essere influita dall'autocoscienza che vedrà non più con gli occhi ma medierà le percezioni del mondo con una coscienza influita  a sua volta dall'autocoscienza.Non so se sono stato chiaro.L'autocoscienza pone domande di ordine superiore non più legate alla sussistenza del copro fisco, vale a dire è oltre il dominio della sopravvivenza fisica.Relaziona il suo esistere agli ordini e domini naturali e costruisce associazioni di relazioni categorizzando il mondo,Quindi è in grado di costruirsi un mondo,  un'idea  di mondo,di formulare le matematiche, logica di "giocare" di immaginazione, fantasia , quindi si astrae.