Citazione di: Jacopus il 06 Novembre 2018, 00:26:13 AMNietzsche, da qualche parte, sosteneva che l'epoca moderna è l'epoca in cui si è persa la stessa idea di verità, conformemente a quanto sostenuto da Bobomax in una recente discussione. Ma cos'è filosoficamente "verità"?
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 08:50:41 AMCARLO
La verità è una chimera filosofica (cosa in sè, noumeno, nirvana,...) nascosta sotto i veli di Maya.
Citazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 13:05:30 PMCitazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 08:50:41 AMCARLO
La verità è una chimera filosofica (cosa in sè, noumeno, nirvana,...) nascosta sotto i veli di Maya.
Ciò che hai scritto è la verità, o una chimera filosofica?
Citazione di: Jacopus il 06 Novembre 2018, 00:26:13 AMcos'è filosoficamente "verità"?Per me è un concetto piuttosto generico, quindi sia problematico che versatile (come dimostrano i post precedenti ;) ).
Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 12:58:05 PM
Salve. Repetita non iuvant. Già alcune volte - qui e là e nel mio piccolo - mi è capitato di affermare che la verità è solamente ciò in cui decidiamo di credere.
Ciò mostrando e dimostrando la inesorabile supremazia del sentire (crediamo in ciò che sentiamo) sul sapere e sul capire.
Scusate, ma voi conoscete qualcuno che trovi non vero ciò in cui crede ?. Saluti.
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 13:30:09 PMCitazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 13:05:30 PMIPAZIACitazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 08:50:41 AMCARLO
La verità è una chimera filosofica (cosa in sè, noumeno, nirvana,...) nascosta sotto i veli di Maya.
Ciò che hai scritto è la verità, o una chimera filosofica?
E' un tertium (che, contrariamente al motto, si dà quasi sempre): un'opinione.
Citazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 13:48:28 PM
...E, di fronte a due opinioni conflittuali, non ti poni alcun problema epistemico
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 14:52:34 PMCitazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 13:48:28 PMIPAZIA
...E, di fronte a due opinioni conflittuali, non ti poni alcun problema epistemico?
Certamente. Ma assai spesso il risultato di accurata indagine epistemica è che sono entrambe sbajate ;D
Citazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 15:48:37 PM
Ma non avevi detto che <<la velocità della luce non si stabilisce con un referendum>>? Che volevi dire?
Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 18:03:38 PM
Salve Ipazia. Tu e Pascal avete rigorosamente ragione ma non avete comunque colto la verità.
Io intanto parlavo di ciò che la gente in genere fa (il credere), non di ciò che secondo Pascal, te e me dovrebbe fare.
Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 18:03:38 PM
Ma Battista il Sofista mi dice che il decidere di scommettere è conseguenza dell'aversi formata la convinzione (credere) che tale sia il sistema più "conveniente". Salutoni.
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 19:17:28 PMQuesto perchè per verità scientifica si intende ciò che funziona.Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 18:03:38 PM
Salve Ipazia. Tu e Pascal avete rigorosamente ragione ma non avete comunque colto la verità.
Io intanto parlavo di ciò che la gente in genere fa (il credere), non di ciò che secondo Pascal, te e me dovrebbe fare.
Credere è parola grossa. Io "credo" che molti tra noi scommettano piuttosto che credere e che qualcuno sia pure convinto di non credere a nulla. Che, rivoltando metafisicamente la frittata, è un credere pure quello. Poi ci sono quelli che credono a due mondi reali, facendo scommesse incrociate. Personalmento credo più al dubbio che alla fede. E anche in questo "credere" siamo in molti.Citazione di: viator il 06 Novembre 2018, 18:03:38 PM
Ma Battista il Sofista mi dice che il decidere di scommettere è conseguenza dell'aversi formata la convinzione (credere) che tale sia il sistema più "conveniente". Salutoni.
Certo. Scommettere sulla scienza è molto più conveniente che scommettere sulla preghiera quando si ha un cancro. Io "credo" lo credano anche gran parte dei credenti della doppia verità.
Citazione di: baylham il 06 Novembre 2018, 15:08:41 PM
Inizierei dalla premessa che la verità ha a che fare con la semiotica, col linguaggio.
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 17:41:09 PMCitazione di: Carlo Pierini il 06 Novembre 2018, 15:48:37 PMIPAZIA
Ma non avevi detto che <<la velocità della luce non si stabilisce con un referendum>>? Che volevi dire?
Lo ha detto Piero Angela. Ma si riferiva alla verità scientifica, rispetto ad un sistema fisico determinato, non alla Verità dei filosofi.
T. Kuhn ci spiega, invece, che anche le verità scientifiche si decidono per referendum, da parte di un selezionatissimo gruppo di elettori.
Citazione di: Ipazia il 06 Novembre 2018, 20:15:34 PMCitazione di: InVerno il 06 Novembre 2018, 18:47:12 PM
Se non esiste la verità, di che discutere?
Se esistesse la verità, di che discutere ?
Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Novembre 2018, 19:53:00 PM
La verità è per me (come per Kant) la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la "regola" che un certo linguaggio
(cioè un certo "segno") ha posto come criterio di verità.
CitazioneUn'idea un concetto un'idea finché resta un'idea è soltanto un'astrazione se potessi mangiare un'idea avrei fatto la mia rivoluzione
Citazione di: Ipazia il 07 Novembre 2018, 09:21:01 AMBeh, diciamo che secondo la visione kantiana (che ho fatto mia) la verità "oggettiva" è la cosa in sè, che è inconoscibile.Citazione di: 0xdeadbeef il 06 Novembre 2018, 19:53:00 PM
La verità è per me (come per Kant) la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la "regola" che un certo linguaggio
(cioè un certo "segno") ha posto come criterio di verità.
La "regola" può essere costituita anche da elementi molto "materiali", come il codice penale, in cui il "segno" lascia indubbiamente un segno.
Passando dall'estensione fenomenica delle verità alle loro caratteristiche intensive comuni si distinguono altre pluralità:
In conclusione, la verità, come ente unico, ha poche possibilità di sopravvivenza. Rimane una cosa molto seria, a prova di banalizzazioni individualistico-miliardarie, ma è plurale e contestuale (come l'etica). La verità può essere unificata solo nel sancta sanctorum semantico del "concetto". Ma, come rammenta il filosofo che scrisse le canzoni a Gaber:
Citazione di: Sariputra il 07 Novembre 2018, 15:19:40 PM
La verità è ciò che è vero indipendentemente da un soggetto che lo pensa. Esempio terra terra: Se Dio esiste è vero sia per me che per un pinguino del Polo Sud: se non-esiste è vero sia per me che per un pinguino del Polo Sud.
Citazione di: 0xdeadbeef il 07 Novembre 2018, 16:15:28 PMCitazione di: Sariputra il 07 Novembre 2018, 15:19:40 PMLa verità è ciò che è vero indipendentemente da un soggetto che lo pensa. Esempio terra terra: Se Dio esiste è vero sia per me che per un pinguino del Polo Sud: se non-esiste è vero sia per me che per un pinguino del Polo Sud.Ciao Sariputra Con il termine "segno" (linguistico o meno) io intendo un "contesto". Nell'esempio che ho fatto, all'interno di un certo contesto l'azione di Mimmo Lucano è stata illegittima (non lo è stata all'interno di un altro contesto). Mi sembra tu dica: "se Dio esiste, esiste sia per me che per un pinguino del polo sud" (e viceversa). Ma con questo tu non stai affermando un qualcosa di vero o di falso, ma stai facendo soltanto una implicazione logica del tipo: "se... allora". Nel momento che passassi ad una proposizione (ad esempio: "Dio esiste, dunque esiste sia per me che per un pinguino del polo sud"), automaticamente rientreresti in un contesto, o segno linguistico che dir si voglia (il contesto di coloro che ritengono vera l'esistenza di Dio). saluti
Citazione di: Sariputra il 07 Novembre 2018, 15:19:40 PMMa questo è o non è un "pensato"?
La verità è ciò che è vero indipendentemente da un soggetto che lo pensa.
Citazione di: Lou il 07 Novembre 2018, 19:41:25 PMCitazione di: Sariputra il 07 Novembre 2018, 15:19:40 PMLa verità è ciò che è vero indipendentemente da un soggetto che lo pensa.Ma questo è o non è un "pensato"?
Citazione di: Ipazia il 08 Novembre 2018, 16:08:02 PM
A me pare però che nel forum vaghi una altro ente fantasmatico cui viene appiccicato il nome di Verità. Esso nasce dal concetto di verità, trasposto in una realtà virtuale. Questo è un fenomeno assai frequente (Marx la chiamava reificazione) : trasformare in enti reali quelli che sono solo enti immaginari, allegorie di concetti. Storia antica, la cui invenzione viene universalmente attribuita a Platone e al suo mondo delle idee.
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:07:14 PM
A Sariputra a Lou
Come può essere, la verità, indipendente dal pensato se anch'essa è un pensato (e lo è necessariamente)?
Bisognerebbe allora almeno dire qualcosa sul rapporto che lega la verità al soggetto che la pensa, e
magari arrivare a dire il "perchè" un pensato non equivale all'altro (cioè perchè un pensato è vero e un
altro è falso).
Ma non si può prescindere dal fatto, inoppugnabile, che la verità è un pensato.
Proprio Kant, ritengo, può dirci qualcosa su questo "perchè" un pensato non equivale all'altro, e ce lo
dice con il concetto di "cosa in sè" (che non so se coincida con l'"essere" affermato da Lou...)
La cosa in sè è per Kant la verità oggettiva; è quel qualcosa che, pur pensato, "esiste" anche senza il
pensiero che lo pensa.
Proprio tale mera "esistenza" fa sì che quel "qualcosa" (la cui affermazione è affermazione di verità) non
sia una costruzione del soggetto che lo pensa (come sarà per l'Idealismo), ma sia qualcosa che "è".
Pur nella radicale inconoscibilità ultima di questo qualcosa (in quanto pensato), rimane però un residuo
di conoscibilità nella "catena segnica" degli interpretanti che hanno pensato questo qualcosa.
Questo vuol dire che la "catena segnica" può essere "percorsa", cioè vuol dire che della verità è possibile
conoscere almeno la "direzione".
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:29:45 PM
Ma la verità mica è un ente. Non essendo un ente, né reale né immaginario, non c'è nessuna "reificazione".
saluti
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 07:52:12 AM
... Trovandoci noi in un "sistema", essendo noi parte di questo sistema, non abbiamo alcuna speranza di uscirne. In quanto nessun sistema può uscire da se stesso.
Di modo che il "vero" all'interno del sistema può essere solo un concetto in se stesso vuoto...
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 07:52:12 AMLa matematica descrive bene il mondo perché è lei stessa a costruirlo con vari gradi di libertà,seppur non in modo del tutto gratuito.Diversi racconti sono possibili , ma non tutti.E quelli possibili sono alternativi e non possono essere posti in una serie che approssima una metà ,una verità.
Sì, la matematica è l'unica verità per il pensiero razionale.
E non dovrebbe sorprendere quanto bene la matematica riesca a rappresentare il mondo fisico, e addirittura ad anticipare le scoperte scientifiche!
La matematica è infatti espressione del pensiero razionale che deriva a sua volta proprio dallo stesso mondo fisico.
Sarebbe perciò assurdo l'opposto, ossia che la matematica potesse descrivere una realtà che non avesse nulla a che fare con il nostro mondo. Come potrebbe?
Trovandoci noi in un "sistema", essendo noi parte di questo sistema, non abbiamo alcuna speranza di uscirne. In quanto nessun sistema può uscire da se stesso.
Di modo che il "vero" all'interno del sistema può essere solo un concetto in se stesso vuoto.
Tuttavia, vi è la possibilità di aprire il sistema, relativizzandolo davvero, e non per finta, come quando si proclama l'inesistenza della verità.
Questa rottura ha un prezzo: noi stessi.
In nome di che cosa?
Della Verità!
Citazione di: iano il 09 Novembre 2018, 11:40:28 AM
La matematica descrive bene il mondo perché è lei stessa a costruirlo con vari gradi di libertà,seppur non in modo del tutto gratuito.Diversi racconti sono possibili , ma non tutti.E quelli possibili sono alternativi e non possono essere posti in una serie che approssima una metà ,una verità.
Ciò non appare nella misura in cui non abbiamo la coscienza/ memoria di tale costruzione.La scienza moderna è in controtendenza un accumulo di memoria diffusa con uso massiccio di coscienza.
La natura non persegue alcuna verità,e noi che ne facciamo parte lavoriamo allo stesso modo in parte .Per il resto lavoriamo in coscienza e per questo tipo di lavoro alternativo abbiamo costruito la verità.La verità di un oggetto ad esempio , cioè la verità di un oggetto che in se' non esiste,se non come costruzione , che però come detto non è del tuttto gratuita.
Quando cerchiamo di indagare l'oggetto nei dettagli , sondandone i confini allora questo mostra la sua natura virtuale diventando sempre più sfuggente, o frantumandosi in costruzioni altre varie e alternative.
Eppure quando si parla di verità la verità di un oggetto è presa ad esempio.
Questo tavolo è vero , esiste.
Il mondo è fatto di materia vivente e non,e il rapporto fra questi richiede la costruzione di un mondo virtuale che intermedi fra i DUE regni , e col due inizia in effetti la storia della matematica , essendo l'uno e lo zero costruzioni recenti.Lo zero in particolare. Come dire che il nulla nasce a fatica e non nasce dal nulla.
Questo mondo di intermediazione, questo mondo di mezzo , fa' parte esso stesso del mondo.E' un mondo di avventura, meraviglioso , dove tutto sembra possibile ,anche se non tutto è possibile, e il suo confine sfugge come l'orizzonte che noi chiamiamo verità.
Citazione di: iano il 09 Novembre 2018, 12:25:28 PM
Che una regola interna al sistema lo costruisca non è impossibile , ma poco plausibile.
La regola fa' certo parte del sistema, è vera in se' , ma come verità matematica , ma non è univoca .
Essa fa' parte del sistema e ci dice del sistema quanto a noi basta , e deve bastarci perché anche noi siamo parte del sistema e non il sistema.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 09:28:42 AM
Esserci, voler che basti l'esserci, è volere il nulla.
Ma non il Nulla fonte d'infinite possibilità, in cui ha fede chi ricerca la Verità.
No, voler fare bastare l'esserci, è desiderio del nulla assoluto.
«I've seen things you people wouldn't believe, attack ships on fire off the shoulder of Orion, I watched c-beams glitter in the dark near the Tannhäuser Gates. All those moments will be lost in time, like tears in rain. Time to die.» | «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi C balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire.» |
Citazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PM
Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.
La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.
La Verità, infatti, è la negazione della negazione.
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 07:40:49 AMDa un punto di vista kantiano, la "cosa in sè" non è la verità, ma è l'oggetto di conoscenza cui il linguaggio siCitazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:29:45 PM
Ma la verità mica è un ente. Non essendo un ente, né reale né immaginario, non c'è nessuna "reificazione".
saluti
Da Platone in poi è stata reificata, costituita come ente. Immaginario ovviamente, ma a insaputa dei filosofi, che hanno continuato a cercarlo nella cosa-in-sè, nell'Essere. Ente su cui gli unici ad aver pascolato alla grande sono stati i preti di tutte le religioni. Coi filosofi al seguito.
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:31:37 PMCitazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PMConcordo con la prima parte (in effetti il "vero" ha senso solo in opposizione al "falso").
Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.
La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.
La Verità, infatti, è la negazione della negazione.
Non concordo affatto con la seconda parte, che reputo "hegelianissima" e davvero molto, molto carica di
"metafisicità" (in sostanza la reputo un articolo di fede).
La verità non è un ente (dunque nemmeno l'"essere", che è da te entificato - oltre che identificato con la verità),
ma è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo linguaggio ha posto come criterio
di verità (la verità cioè è nel linguaggio).
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:44:17 PMPosto che la cosa in sè non è oggetto di conoscenza, oggetto di conoscenza sono i fenomeni, la verità kantiana a lato formale è l'accordo tra tra i principi universali e necessari dell'intelletto ("terra della verità", il fondamento saldo delle nostre conoscenze, qui kant è epistemologo, cerca le fondamenta per una conoscenza certa, la scienza) e le conoscenze, a lato materiale nell'accordo tra conoscenze e oggetti. La verità o falsità e quindi l'errore certamente non sono negli oggetti, essendo degli intuiti (le intuizioni sensibili, in senso kantiano, per l'appunto non giudicano affatto), ma in ultima analisi, nei giudizi che ne diamo.Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 07:40:49 AMDa un punto di vista kantiano, la "cosa in sè" non è la verità, ma è l'oggetto di conoscenza cui il linguaggio siCitazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:29:45 PM
Ma la verità mica è un ente. Non essendo un ente, né reale né immaginario, non c'è nessuna "reificazione".
saluti
Da Platone in poi è stata reificata, costituita come ente. Immaginario ovviamente, ma a insaputa dei filosofi, che hanno continuato a cercarlo nella cosa-in-sè, nell'Essere. Ente su cui gli unici ad aver pascolato alla grande sono stati i preti di tutte le religioni. Coi filosofi al seguito.
rapporta per esprimere la verità (o la falsità) su di esso.
La verità è cioè nel linguaggio, non nell'oggetto di conoscenza (che è, allo stesso tempo, sia fenomeno che cosa
in sè).
Naturalmente la "cosa in sè" non ha nulla a che vedere con l'"Essere" della tradizione filosofica (quello, per
intenderci, che si scrive con la maiuscola...).
Laddove l'Essere è rigorosamente singolare (coincidendo con il "Tutto"; con l'Assoluto; con il "sostanziale" -
e in definitiva con il Dio della religione), la "cosa in sè" è plurale, e viene espressa al singolare solo
per sottolinearne il concetto - in realtà dovremmo parlare di "cose in sè".
saluti
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 07:40:49 AMCitazione di: 0xdeadbeef il 08 Novembre 2018, 20:29:45 PM
Ma la verità mica è un ente. Non essendo un ente, né reale né immaginario, non c'è nessuna "reificazione".
saluti
Da Platone in poi è stata reificata, costituita come ente. Immaginario ovviamente, ma a insaputa dei filosofi, che hanno continuato a cercarlo nella cosa-in-sè, nell'Essere. Ente su cui gli unici ad aver pascolato alla grande sono stati i preti di tutte le religioni. Coi filosofi al seguito.Citazione
Stavolta concordo con l' amico Mauro (Oxdeadbeef).
Cara Ipazia, la filosofia non si esaurisce affatto nel platonismo - eraclitismo - idealismi vari -heideggerismo - severinismo e così via farneticando di Essere (notare l' iniziale maiuscola) aprioristicamente postulato in barba a quanto empiricamente evidente (e col quale il razionalistico noumeno kantiano non ha nulla a che fare): é molto di più e di (anche) diverso (oltre che in altra parte di uguale).
Molti filosofi (e non mi ferisco al pessimo Nietzche; ma per esempio al buon Feuerbach all' ottimo Engels, oltre che a tantissimi altri) non sono affatto "al seguito dei preti", anzi! I preti, che spesso non sono affatto stupidi, li vedono come il fumo negli occhi in quanto si rendono conto che sono i loro principali e più pericolosi nemici (a mio parere molto più degli scienziati, in generale; che infatti non affatto di rado sono credenti ...chissà perché?*); i quali invece non poco si giovano di fatto a parer mio delle superficiali pretese positivistiche e scientistiche di liquidare la filosofia (col risultato di lasciare campo libero, presso gli ingenui, alle loro filosofie irrazionalistiche).
___________________
* Il buon vecchio Friederich (quell' altro, connazionale e ampiamente contemporaneo del proclamatore della "morte di Dio"), secondo me ' aveva ben capito il perché:
«Gli scienziati credono di liberarsi dalla filosofia ignorandola o insultandola. Ma poiché senza pensiero non vanno avanti e per pensare hanno bisogno di determinazioni di pensiero e accolgono però queste categorie, senza accorgersene, dal senso comune delle cosiddette persone colte dominato dai residui di una filosofia da gran tempo tramontata, o da quel po' di filosofia che hanno ascoltato obbligatoriamente all' università, o dalla lettura acritica e asistematica di scritti filosofici di ogni specie, non sono affatto meno schiavi della filosofia, ma lo sono il più delle volte purtroppo della peggiore; e quelli che insultano di più la filosofia sono schiavi proprio dei peggiori residui volgarizzati della peggiore filosofia». (Dialettica della natura, fine'800)
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 14:04:26 PMCiao Bobmax
Ciao Oxdeadbeaf
L'Essere non è "entificato" essendo il Tutto.
Questo è il grosso equivoco in cui è facile cadere: che il Tutto sia un qualcosa.
Inoltre l'Essere è senz'altro la Verità: Essere == Essere Vero.
Secondo me, scusami, ma dai troppa importanza al linguaggio, al punto da far dipendere da esso la Verità!
Ma è proprio il contrario!
Il linguaggio è uno strumento, come d'altronde lo è lo stesso pensiero razionale, che sottostà inevitabilmente alla Verità. E non è esso stesso fonte di Verità. Come potrebbe?
Il timore di autoingannarci è legittimo, oltre che doveroso, ma un'occhiata oltre il nostro sistema logico/razionale dobbiamo pur darla...
Citazione di: iano il 09 Novembre 2018, 11:40:28 AMCitazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 07:52:12 AMLa matematica descrive bene il mondo perché è lei stessa a costruirlo con vari gradi di libertà,seppur non in modo del tutto gratuito.Diversi racconti sono possibili , ma non tutti.E quelli possibili sono alternativi e non possono essere posti in una serie che approssima una metà ,una verità.
Sì, la matematica è l'unica verità per il pensiero razionale.
E non dovrebbe sorprendere quanto bene la matematica riesca a rappresentare il mondo fisico, e addirittura ad anticipare le scoperte scientifiche!
La matematica è infatti espressione del pensiero razionale che deriva a sua volta proprio dallo stesso mondo fisico.
Sarebbe perciò assurdo l'opposto, ossia che la matematica potesse descrivere una realtà che non avesse nulla a che fare con il nostro mondo. Come potrebbe?
Trovandoci noi in un "sistema", essendo noi parte di questo sistema, non abbiamo alcuna speranza di uscirne. In quanto nessun sistema può uscire da se stesso.
Di modo che il "vero" all'interno del sistema può essere solo un concetto in se stesso vuoto.
Tuttavia, vi è la possibilità di aprire il sistema, relativizzandolo davvero, e non per finta, come quando si proclama l'inesistenza della verità.
Questa rottura ha un prezzo: noi stessi.
In nome di che cosa?
Della Verità!
Ciò non appare nella misura in cui non abbiamo la coscienza/ memoria di tale costruzione.La scienza moderna è in controtendenza un accumulo di memoria diffusa con uso massiccio di coscienza.
La natura non persegue alcuna verità,e noi che ne facciamo parte lavoriamo allo stesso modo in parte .Per il resto lavoriamo in coscienza e per questo tipo di lavoro alternativo abbiamo costruito la verità.La verità di un oggetto ad esempio , cioè la verità di un oggetto che in se' non esiste,se non come costruzione , che però come detto non è del tuttto gratuita.
Quando cerchiamo di indagare l'oggetto nei dettagli , sondandone i confini allora questo mostra la sua natura virtuale diventando sempre più sfuggente, o frantumandosi in costruzioni altre varie e alternative.Ma ciò che si frantuma è la "verità" di una costruzione non univoca e non necessaria in se'.
Perché quando indaghiamo la "verità" di una costruzione di fatto la stiamo ridefinendo spinti dalla necessità di ricostruirla , perciò,se tale processo non è del tutto conscio , tale verità appare sfuggente.
Quando si parla di verità la verità di un oggetto è presa ad esempio.
Questo tavolo è vero , esiste.Citazione
Verità =/= realtà.
Questo tavolo é (eventualmente) reale, non vero; come lo é (eventualmente) qualsiasi costrutto meramente teorico, immaginario, qualsiasi pensiero a prescindere dal fatto che possa eventualmente riferirsi a qualcosa di (oltre che pensato, anche) reale (o meno) .
Vero potrà casomai essere (o meno a seconda di come é la realtà) il predicato "c ' é (realmente) questo tavolo (o anche questo pensiero di un ente puramente immaginario)".
Il mondo è fatto di materia vivente e non,e il rapporto fra questi richiede la costruzione di un mondo virtuale che intermedi fra i DUE regni , e col due inizia in effetti la storia della matematica , essendo l'uno e lo zero costruzioni recenti.Lo zero in particolare. Come dire che il nulla nasce a fatica e non nasce dal nulla.
Questo mondo di intermediazione, questo mondo di mezzo , fa' parte esso stesso del mondo.E' un mondo di avventura, meraviglioso , dove tutto sembra possibile ,anche se non tutto è possibile, e il suo confine sfugge come l'orizzonte che noi chiamiamo verità.Citazione
Considerazioni che trovo alquanto vaghe e oscure.
Comunque di certo c' é una bella differenza fra "cose" meramente pensate (senza riferimento reale) e "cose" reali (indipendentemente dall' eventuale fatto che inoltre possano essere pure pensate o meno).
Da nulla di reale possono tranquillamente nascere ad libitum solo "cose" immaginarie la cui realtà si esaurisce nel (non eccede il) fatto di essere pensate (immaginate); invece le cose reali (indipendentemente dall' eventuale fatto che siano pur pensate o meno) non nascono ad libitum dal mero fatto di pensarle (sarebbe troppo comodo... Quante donne avrei avuto, se bastasse pensare di essere con esse in più o meno intime relazioni perché vi ci fosse realmente!).
Citazione di: acquario69 il 09 Novembre 2018, 12:56:15 PM
l'esserci non potrebbe nemmeno sussistere senza il suo stesso Essere, il che equivale ad una allucinazione, alla perdita dell'autocoscenza (nichilismo come giustamente dice bobmax)..e non e' casuale il fatto che all'abbandono dell'essere (quindi dell'autocoscenza) questa venga sempre più sostituita da qualcosa che sta agli antipodi e ne prende il posto, come lo e' quello della "macchina" priva appunto di coscienza e di cui, ovvia conseguenza anche questa,ne rimane totalmente asservita...e i fatti lo stanno sempre più a dimostrare
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:31:37 PMCitazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PM
Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.
La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.
La Verità, infatti, è la negazione della negazione.
Ciao Bobmax
Concordo con la prima parte (in effetti il "vero" ha senso solo in opposizione al "falso").
Non concordo affatto con la seconda parte, che reputo "hegelianissima" e davvero molto, molto carica di
"metafisicità" (in sostanza la reputo un articolo di fede).
La verità non è un ente (dunque nemmeno l'"essere", che è da te entificato - oltre che identificato con la verità),
ma è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo linguaggio ha posto come criterio
di verità (la verità cioè è nel linguaggio).
saluti
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 14:12:14 PM
@ Ox
Prendo atto della precisazione. Rimane comunque quello kantiano della cosa-in-sè un terreno sdrucciolevole non totalmente a prova di strumentalizzazioni metafisiche. Posso accettarlo solo come incentivo ad un dubbio metodologico, un vaccino teorico contro le verità assolute della metafisica idealista o scientista. La ricerca scientifica e filosofica (della prassi) già da molto tempo l'ha accantonata come postulato ontologico, concentrando l'attenzione su quello che Lenin, rifacendosi a Marx, definì cosa-per-noi.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 14:04:26 PMCitazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 13:31:37 PMCitazione di: bobmax il 08 Novembre 2018, 20:32:55 PMConcordo con la prima parte (in effetti il "vero" ha senso solo in opposizione al "falso").
Un pensato è vero solo in virtù del suo opporsi ad ogni altro possibile pensato che lo negherebbe.
Un pensato non è mai vero di per sé, di per sé non avrebbe infatti alcun senso, esso è vero solo per il suo opporsi a ogni possibile sua falsificazione.
La Verità, tuttavia, è e basta.
Essendo il Tutto, non lascia fuori niente da se stessa.
Non vi è cioè alcuna possibile falsità che la Verità sia costretta a negare, per esistere.
La Verità, infatti, è la negazione della negazione.
Non concordo affatto con la seconda parte, che reputo "hegelianissima" e davvero molto, molto carica di
"metafisicità" (in sostanza la reputo un articolo di fede).
La verità non è un ente (dunque nemmeno l'"essere", che è da te entificato - oltre che identificato con la verità),
ma è la corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo linguaggio ha posto come criterio
di verità (la verità cioè è nel linguaggio).
saluti
Ciao Oxdeadbeaf
L'Essere non è "entificato" essendo il Tutto.
Questo è il grosso equivoco in cui è facile cadere: che il Tutto sia un qualcosa.
Inoltre l'Essere è senz'altro la Verità: Essere == Essere Vero.Citazione
Dunque per te l' essere del personaggio evangelico "Giuda Iscariota" (nel caso sia realmente esistito così come descritto nei vangeli, con la conseguenza che é diventato una sorta di popolare paradigma del traditore e del mentitore) non é semplicemete reale, ma anche vero; e l' essere di ciò che Giuda fa baciando Cristo (esprimendogli amore e fedeltà) non semplicemente é un fatto reale (per ipotesi), ma é anche una verità: Giuda Iscariota veramente amava ed era un discepolo fedelissimo di Gesù Cristo!
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 18:14:46 PM
Ciao Bobmax
Beh, tu certo non intendi l'Essere come un ente, ma quel che io mi chiedo è se esso, l'Essere, non segua
lo stesso "destino" che in Platone (e Severino lo fa notare) segue il Nulla, cioè che viene entificato al
di là delle intenzioni...
Mi chiedo in altre parole se l'Essere, o Tutto, "esista" (consapevole che è su questo verbo che, per così
dire, si gioca la partita)...
Se io affermo che l'oggetto su cui sto adesso scrivendo queste parole è una "tastiera" io affermo il vero
(viceversa, se dicessi che è una "pianta" affermerei il falso). Ma ciò non vuol forse dire che la verità
non è nell'oggetto su cui sto scrivendo, ma nella mia affermazione su di esso?
Come può, la verità, risiedere nell'oggetto (in questo caso quello su cui sto scrivendo)? Ma è chiaro che
queste mie considerazioni hanno un senso soltanto laddove si ammetta la "non esistenza" dell'Essere in
senso parmenideo (un Essere che, trovo, in "quel" senso coincide sicuramente con la Verità).
saluti
Citazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 14:12:14 PM
@ Ox
Prendo atto della precisazione. Rimane comunque quello kantiano della cosa-in-sè un terreno sdrucciolevole non totalmente a prova di strumentalizzazioni metafisiche. Posso accettarlo solo come incentivo ad un dubbio metodologico, un vaccino teorico contro le verità assolute della metafisica idealista o scientista. La ricerca scientifica e filosofica (della prassi) già da molto tempo l'ha accantonata come postulato ontologico, concentrando l'attenzione su quello che Lenin, rifacendosi a Marx, definì cosa-per-noi.
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 18:44:39 PMCitazione di: Ipazia il 09 Novembre 2018, 14:12:14 PM
@ Ox
Prendo atto della precisazione. Rimane comunque quello kantiano della cosa-in-sè un terreno sdrucciolevole non totalmente a prova di strumentalizzazioni metafisiche. Posso accettarlo solo come incentivo ad un dubbio metodologico, un vaccino teorico contro le verità assolute della metafisica idealista o scientista. La ricerca scientifica e filosofica (della prassi) già da molto tempo l'ha accantonata come postulato ontologico, concentrando l'attenzione su quello che Lenin, rifacendosi a Marx, definì cosa-per-noi.
Beh, diciamo che la "cosa per noi" Kant l'ha già teorizzata nel "fenomeno", non credi?
Una volta, su un altro forum, discussi a lungo sulla cosa in sè al singolare, come sosteneva il mio
interlocutore, e sulle cose in sè, al plurale, come sostenevo io (affermando che questa era l'originaria
intenzione di Kant).
Ma, dico io, è persino banale dirlo: a molteplici fenomeni di molteplici oggetti corrispondono molteplici
cose in sè
E altrettanto banale è dire che a molteplici fenomeni di molteplici oggetti corrispondono molteplici
cose in sè.
La cosa in sè diventa "terreno di strumentalizzazioni metafisiche" quando, appunto, è intesa erroneamente
al singolare...
saluti
Citazione di: Lou il 09 Novembre 2018, 15:17:28 PMPosto che la cosa in sè non è oggetto di conoscenza, oggetto di conoscenza sono i fenomeni, la verità kantiana a lato formale è l'accordo tra tra i principi universali e necessari dell'intelletto ("terra della verità", il fondamento saldo delle nostre conoscenze, qui kant è epistemologo, cerca le fondamenta per una conoscenza certa, la scienza) e le conoscenze, a lato materiale nell'accordo tra conoscenze e oggetti. La verità o falsità e quindi l'errore certamente non sono negli oggetti, essendo degli intuiti (le intuizioni sensibili, in senso kantiano, per l'appunto non giudicano affatto), ma in ultima analisi, nei giudizi che ne diamo.
Citazione di: sgiombo il 09 Novembre 2018, 18:37:55 PM
Ma fra i criteri che i linguaggi di fatto correnti pongono alla verità (ciò che comunemente si intende per "verità") sta quello della "conformità" alla realtà (indipendente dal fatto di essere pure oggetto di pensiero o meno): la verità é propria di un predicato ("interno al linguaggio"), ma dipende (anche) "in maniera decisiva" da come é o meno la realtà indipendentemente dal linguaggio (da qualsiasi linguaggio).
Citazione di: Lou il 09 Novembre 2018, 19:20:01 PM
Allora, ci ritorno più tardi, è una prospettiva più peirciana la tua che kantiana, pur riconoscendone una genealogia, occorrerebbe un attimo di chiarezza, lo dico per me, non per voi - leggendovi mi trovo un tantino confusa e disorientata. La carne al fuoco è parecchia. Ci devo pensare.
Citazione di: bobmax il 09 Novembre 2018, 18:48:29 PMCiao Bobmax
Ciao 0xDeadbeef
Indubbiamente il pensiero razionale ha bisogno degli enti per poter lavorare.
Ciò che non è ente non è pensabile. Così ci ritroviamo a entificare persino l'Essere e il Nulla, nella speranza illusoria per poterli trattare.
Di fatti il pensiero o è determinato o non è.
Se rimaniamo nell'ambito logico/razionale non vi è modo di superare l'impasse.
Tuttavia, la questione riguardo alla Verità non appartiene alla logica. Perché la Verità è il fondamento di ogni possibile logica!
Per convincersene, è sufficiente che interroghiamo noi stessi su cosa davvero vale.
E la logica, in quanto tale, non vale assolutamente niente!
(Forse strano detto da me dopo aver lavorato una vita in informatica, ma è così)
Ciò che conta è il Bene!
Ora, se noi teniamo fermo il Bene, come assoluto a cui tutto il resto si deve assoggettare... ebbene l'Essere di Parmenide rifulge come non mai.
Ma allora la verità della tastiera va necessariamente in secondo piano. La tastiera sfuma, così come il nostro pensiero di essa. E noi, il nostro io, svaniamo con essi.
Ciò che trapela è solo ed esclusivamente l'amore infinito del Nulla/Essere.
Citazione di: sgiombo il 09 Novembre 2018, 18:30:35 PM
Un' allucinazione (se c'é) consiste nell' esserci reale di una sensazione senza oggetto (in sé) reale distinto dal soggetto nella cui esperienza cosciente realmente essa accade.
L' assenza di autocoscienza non si identifica affatto con un' allucinazione: quante volte vediamo e sentiamo cose reali (e non allucinatorie) senza renderci conto che le stiamo vedendo o sentendo?
Per esempio quando camminiamo su un cammino o guidiamo su una strada abituali con la mente immersa nei più disparati pensieri.
D' altra parte mi sembra molto ragionevole credere che gli altri animali diversi dal' uomo siano coscienti e solo molto raramente subiscano allucinazioni (anche più raramente degli uomini; se non altro di solito questi ultimi sono molto più frequenti utilizzatori di droghe allucinogene), ma invece non siano autocoscienti.
Che molti subiscano una sorta di asservimento alle macchine (ma in realtà secondo me piuttosto ai possessori-utilizzatori delle e -non utilizzati dalle- macchine non dipende (per lo meno non affatto necessariamente; di fatto per lo meno non in molti casi) dall' abbandono di una concezione idealistica della realtà.
Citazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 08:23:30 AMCiao IpaziaCitazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).
Anche se dico keyboard dico il vero. Il vero non sta nel significante (segno), ma nel significato (concetto) e qui si riaprono le danze. E si riducono anche le illusioni di una conoscenza tutta per via linguistica.
Citazione di: bobmax il 10 Novembre 2018, 12:47:14 PMCiao Bobmax
Ciao 0xDeadbeef
Certo che è una questione di fede. Ciò che conta è sempre un questione di fede.
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 13:31:06 PMCitazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 08:23:30 AMCiao IpaziaCitazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).
Anche se dico keyboard dico il vero. Il vero non sta nel significante (segno), ma nel significato (concetto) e qui si riaprono le danze. E si riducono anche le illusioni di una conoscenza tutta per via linguistica.
Ritengo capzioso distinguere fra la parola propriamente detta e il concetto, o immagine mentale. Perchè
con il termine "segno" (semioticamente inteso) li intendiamo entrambi.
Da questo punto di vista, se dico "keyboard" dico il vero adesso, cioè in una società nella quale la
terminologia è mutata nel tempo assumendo nuovi ed inediti significati. Ma non sarei stato nel vero ieri,
cioè in una società nella quale l'uso di termini informatici e della lingua inglese non aveva ancora avuto
luogo.
In altre parole oggi è mutato il "segno", per cui la validità della definizione di "verità" che ho dato ("la
corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo segno linguistico ha posto come
criterio di verità") ritengo resti immutata pure chiamando la tastiera "keyboard".
saluti
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 14:55:50 PM
ci vuole fede e ragione
I linguaggi seguono regole sintattiche in cui vi sono le semantiche, così la semiologia dei token e type.
La logica che vi sussiste è il sistema di regole che ci permette di descrivere correttamente il passaggio, il processo, di una percezione al concetto e stabilirne regole, leggi che ora sono concettuali.
Ma la verità non è la veridicità di un sillogismo, di un'argomentazione semiologica,di un'inferenza,ecc.
La verità filosofica è incontrovertibile,dove i linguaggi possono aiutare a seguirne il processo razionale.
Incontrovertible per la filosofia è il vero che non può mutare nel relativo fino a diventare "la verità è a misura di uomo", scadere nell'opinione. Per cui una verità non può che essere eterna e non in ciò che diviene.
Per questo la filosofia cerca l'essenza degli enti, intese in cose, eventi che ci vengono incontro nell'esistenza.
Dalla torre di Babele dei linguaggi, dagli infiniti enti che appaiono e scompaiono, gli enti ci vengono incontro e si dis-velano nella conoscenza.Ma gli innumerevoli enti devono rispondere a loro volta ad una unica regola che le essenze degli enti portano all'Essere
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 14:55:50 PMCiao Paul
ci vuole fede e ragione
I linguaggi seguono regole sintattiche in cui vi sono le semantiche, così la semiologia dei token e type.
La logica che vi sussiste è il sistema di regole che ci permette di descrivere correttamente il passaggio, il processo, di una percezione al concetto e stabilirne regole, leggi che ora sono concettuali.
Ma la verità non è la veridicità di un sillogismo, di un'argomentazione semiologica,di un'inferenza,ecc.
La verità filosofica è incontrovertibile,dove i linguaggi possono aiutare a seguirne il processo razionale.
Incontrovertible per la filosofia è il vero che non può mutare nel relativo fino a diventare "la verità è a misura di uomo", scadere nell'opinione. Per cui una verità non può che essere eterna e non in ciò che diviene.
Per questo la filosofia cerca l'essenza degli enti, intese in cose, eventi che ci vengono incontro nell'esistenza.
Dalla torre di Babele dei linguaggi, dagli infiniti enti che appaiono e scompaiono, gli enti ci vengono incontro e si dis-velano nella conoscenza.Ma gli innumerevoli enti devono rispondere a loro volta ad una unica regola che le essenze degli enti portano all'Essere
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 13:31:06 PMCitazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 08:23:30 AMCiao IpaziaCitazione di: 0xdeadbeef il 09 Novembre 2018, 19:06:14 PM
Se chiamo questo oggetto "tastiera" dico il vero, mentre se lo chiamo "pianta" dico il falso.Questo vuol dire che la verità non risiede nell'oggetto con cui scrivo, ma nel termine linguistico (segno) che uso per designare tale oggetto. Perchè è esso, il segno linguistico, che pone il criteriodi verità (cioè è esso che dice che "tastiera" è il vero e "pianta" è il falso).
Anche se dico keyboard dico il vero. Il vero non sta nel significante (segno), ma nel significato (concetto) e qui si riaprono le danze. E si riducono anche le illusioni di una conoscenza tutta per via linguistica.
Ritengo capzioso distinguere fra la parola propriamente detta e il concetto, o immagine mentale. Perchè
con il termine "segno" (semioticamente inteso) li intendiamo entrambi.
Da questo punto di vista, se dico "keyboard" dico il vero adesso, cioè in una società nella quale la
terminologia è mutata nel tempo assumendo nuovi ed inediti significati. Ma non sarei stato nel vero ieri,
cioè in una società nella quale l'uso di termini informatici e della lingua inglese non aveva ancora avuto
luogo.
In altre parole oggi è mutato il "segno", per cui la validità della definizione di "verità" che ho dato ("la
corrispondenza dell'oggetto di conoscenza con la regola che un certo segno linguistico ha posto come
criterio di verità") ritengo resti immutata pure chiamando la tastiera "keyboard".
saluti
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano. Per cui, ripeto, la verità per via linguistica si riduce ad un corretto uso della grammatica. Insomma è meramente formale, convenzionale. Cercare la verità nel concetto è impresa assai più ardua e riesce bene solo laddove vi è una relazione biunivoca rigorosa tra significato e significante, ovvero nel linguaggio tecnicoscientifico (inclusa la matematica e le sue appendici applicative). Invece nel linguaggio etico filosofico si apre il vaso di Pandora: giustizia, libertà, bene, male, altruismo, egoismo, amore... Apriti cielo :-\ : il linguaggio segna il passo col cerino in mano.
Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 19:31:34 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.
E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?Citazione
Ovviamente sì che lo facevano (e lo fanno)
Ma secondo me sbagliano e si illudono nella ricerca della verità se pretendono che le verità siano tutte necessariamente (pena il non essere "verità") incontrovertibili: a rigore lo sono solo quelle matematiche, e logiche, i giudizi analitici a priori, che non dicono nulla su come é o meno la realtà, ma solo qualcosa sulle conseguenze che si possono e/o si devono trarre da delle premesse (sulle quali é sempre lecito il dubbio, a meno che si tratti di mere definizioni arbitrarie, puri e semplici giochi di parole).
Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.Citazione
Francamente non vedo il nesso fra essere sostenitori di verità metafisiche incontrovertibili (o meno) ed essere filocapitalistici (o meno): l' esperienza ci insegna (con tutti gli inevitabili limiti di "controvertibilità" che sono propri dei giudizi sintetici a posteriori) che sono esistiti ed esistono atei reazionarissimi e fascistissimi e atei democraticissimi e comunistissimi, preti reazionarissimi e fascistissimi e preti democraticissimi e comunistissimi.
Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere.CitazioneScusa, ma se questo non significa che molte importanti verità sono controvetritbilissime non capisco più che cosa intenda per "controvertibilità.
Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.Citazione
Un significato ce l' hanno i concetti (definiti arbitrariamente, dotati sempre per definizione di una connotazione o intensione "cogitataiva" ed eventualmente anche di una denotazione o estensione reale; ed eventualmente indicati, "simboleggiati" da parole).
Enti ed eventi diversi dai concetti del pensiero ed eventualmente del linguaggio non hanno alcun significato ("essenza" non capisco che cosa possa significare): semplicemente sono ed accadono.
La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.Citazione
Ma perché mai?
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
Citazione di: Jean il 10 Novembre 2018, 17:52:40 PMBuonasera Oxdeadbeaf,Ciao Jean
se invece di "tastiera" o Keybord" la chiamassi "convertitore", parola di ieri e di oggi?
Ossia, quanto si può tollerare l'approssimazione nella definizione?
Se "abbastanza" allora tutti i contributi in questa discussione solo per il fatto d'esser presenti e di cercar di descriverla, in linguaggio o altrimenti, van nella direzione giusta, appunto la ricerca del significato reale.
Se non "abbastanza" allora quanto?
Un cordiale saluto
Jean
Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 21:49:13 PMInfatti non era questo. Ma ripristinare il giusto rapporto tra significante e significato, tra segno e concetto. Ripristinato il quale le pretese conoscitive e asseverative del linguaggio mostrano tutti i loro limiti. Spostare la verità dal mondo delle idee al mondo dei segni è il solito vicolo cieco platonico. La conoscenza, intesa come ricerca della verità, sta altrove.
Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano.
Citazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 22:12:18 PMil problema è la verità in questa discussione.Citazione di: paul11 il 10 Novembre 2018, 19:31:34 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef) e ciao Sgiombo,
il problema quì posto è la verità: o è incontrovertibile o è opinione.
Non si tratta di dire se una filosofia è più degna di un'altra o un filosofo, o un uomo più degno di un altro filosofo o uomo.
Si tratta di capire quale siano le vie giuste e quelle errate.
E' un errore pensare che chi ha argomentato in filosofia, sapendo che la verità non può che essere incontrovertibile, si sia fermato
agli eterni, agli assoluti, agli enti, all'essere. Ha solo interpretato e interpreta, in maniera diversa, le modalità del conoscere.
Di come si dis-vela(aletheia) la storia, la natura; non solo un cercare, ci vengono incontro.
Forse che coloro che ritengono incontrovertibile la verità, non mangiavano, non vivevano e anche morivano?Citazione
Ovviamente sì che lo facevano (e lo fanno)
Ma secondo me sbagliano e si illudono nella ricerca della verità se pretendono che le verità siano tutte necessariamente (pena il non essere "verità") incontrovertibili: a rigore lo sono solo quelle matematiche, e logiche, i giudizi analitici a priori, che non dicono nulla su come é o meno la realtà, ma solo qualcosa sulle conseguenze che si possono e/o si devono trarre da delle premesse (sulle quali é sempre lecito il dubbio, a meno che si tratti di mere definizioni arbitrarie, puri e semplici giochi di parole).
Secondo voi, faccio un esempio pratico, i filosofi che credevano la verità incontrovertible sarebbero filo capitalisti?
Benedirebbero questo tempo umano?
Un esempio, la creamatistica nel trattato della politica e nell'etica nicomachea è un termine economico in cui Aristotele dice chiaramente che è giusta e felice per l'economia famigliare, ma non deve creare accumulazione.Credeva nel valore d'uso, e non di scambio, e secoli e secoli, molto prima degli economisti.Citazione
Francamente non vedo il nesso fra essere sostenitori di verità metafisiche incontrovertibili (o meno) ed essere filocapitalistici (o meno): l' esperienza ci insegna (con tutti gli inevitabili limiti di "controvertibilità" che sono propri dei giudizi sintetici a posteriori) che sono esistiti ed esistono atei reazionarissimi e fascistissimi e atei democraticissimi e comunistissimi, preti reazionarissimi e fascistissimi e preti democraticissimi e comunistissimi.
Questo per dire che si interpreta il mondo, la propria esistenza, la nostra società, in modo diverso, a cominciare dai predicati del conoscere, del'esistere.CitazioneScusa, ma se questo non significa che molte importanti verità sono controvetritbilissime non capisco più che cosa intenda per "controvertibilità.
Perchè poi tutti gli enti devono avere un essenza comune, un unico significato.Citazione
Un significato ce l' hanno i concetti (definiti arbitrariamente, dotati sempre per definizione di una connotazione o intensione "cogitataiva" ed eventualmente anche di una denotazione o estensione reale; ed eventualmente indicati, "simboleggiati" da parole).
Enti ed eventi diversi dai concetti del pensiero ed eventualmente del linguaggio non hanno alcun significato ("essenza" non capisco che cosa possa significare): semplicemente sono ed accadono.
La filosofia del linguaggio, va bene, la scienza moderna va bene, è giusto anche cercare il vero e il falso, su piani, ordini, domini diversi. Ma alla fine tutto deve ricondursi ad una estrema sintesi affinchè gli infiniti ragionamenti, quanti sono gli enti ,siano coerenti, rispecchino appunto una filosofia. che permea una cultura, o avrete tante culture e tanti uomini che riterranno "la verità a misura d'uomo", con tanti umani e tante verità. e allora non ci sarà più nè cultura, nè filosofia.Citazione
Ma perché mai?
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PM
A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato all'interno di una certa catena segnica.
Citazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 22:43:11 PMCitazione di: sgiombo il 10 Novembre 2018, 21:49:13 PMInfatti non era questo. Ma ripristinare il giusto rapporto tra significante e significato, tra segno e concetto. Ripristinato il quale le pretese conoscitive e asseverative del linguaggio mostrano tutti i loro limiti. Spostare la verità dal mondo delle idee al mondo dei segni è il solito vicolo cieco platonico. La conoscenza, intesa come ricerca della verità, sta altrove.
Ma ho qualche dubbio che fosse questo che intendevi dire.
Citazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PMCitazione di: Ipazia il 10 Novembre 2018, 19:20:46 PM
Mi spiace Ox ma il segno è segno e il concetto è concetto. Il concetto (significato) viene prima del segno ed è univoco rispetto ai molteplici segni (significanti) che lo indicano.
Ciao Ipazia
Vuoi forse dire di conoscere l'oggetto "ab-soluto" (la cosa in sè)?
Mi risulta sia molto, molto difficile, dal momento che anche il concetto è un interpretato, cioè è un "fenomeno".
A parer mio è necessario tenere presente quanto sostiene Peirce: già il pensarlo è inserire l'oggetto pensato
all'interno di una certa catena segnica.Citazione
Però noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.
E pensare (linguisticamente o meno) la realtà (per conoscerla; prescindendo dal pensare in maniera deliberatamente "immaginativa", per esempio nella letteratura e nella poesia) non é far diventare l' oggetto (fenomenico nel senso -peraltro kantiano- di "apparente alla coscienza") interno al pensiero (o al linguaggio nel caso d pensiero linguistico: non é "letteralmente "inserire" l' oggetto nel pensiero e/o nel linguaggio), ma "intendere", alludere a, "intenzionare", mediante i concetti, qualcosa di diverso dai e letteralmente esterno ai concetti stessi: la loro denotazione o estensione reale (di fatto inevitabilmente fenomenica nel senso di "apparente", di presentare un "esse" che é meramente un "percipi").
Notazione "di colore":
Discussioni come queste nelle quali personalmente concordo per certi versi con Ipazia per altri con Ox, mi sembrano le più interessanti e proficue: lasciatemi esprimere la mia soddisfazione!
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AM
il problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.CitazioneBisogna intendersi sui termini usati.
La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.
Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.
citazione Sgiombo
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
Infatti: questo è relativismo.Citazione
NO!
Sarebbe relativismo affermare che tutte queste filosofie "per me pari sono".
Invece é realismo (e tolleranza) ammettere che ciò che di esse si ritiene vero non é l' unica e sola possibilità di risolvere i problemi trattati, obbligatoria o comunque oggettivamente inevitabile per tutti (ammettendo che esistono anche risposte che si ritengono sbagliate e false ma non per questo necessariamente -come per esempio é di fatto il caso di quelle Nietzchiane, per quanto mi riguarda) non interessanti, degne di considerazione, "istruttive").
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:22:41 AM
La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.
Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 08:39:56 AM
Secondo me Peirce si limita ad affermare, ma da qui a dimostrare il passo è lungo. Io posso "segnare" un leone in molteplici modi: fonetici, grafici, rappresentativi, artistici. Ma l'esperienza di fronte ad un leone in carne ed ossa è tutt'altra cosa e accade "a priori" di qualsiasi speculazione semiologica. Ancor più se non so cosa sia un leone e me lo trovo davanti.
Chissà nel mondo delle idee semiologiche feline qual'è la differenza di segno tra topi e cani ? ;D
O, in quello umano, il "segno concettuale" di giustizia ?
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:12:11 AMCitazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PMCitazionePerò noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.Ciao Paul
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:22:41 AME' quando sostieni "PER ME peggiori.............." PER ME migliori" che cadi in contraddizione.Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AM
il problema è la verità in questa discussione.
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.CitazioneBisogna intendersi sui termini usati.
La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.
Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.
citazione Sgiombo
Io vedo intorno a me parecchie culture e parecchie filosofie reciprocamente diverse, talune più razionalistiche (per me migliori) talaltre più irrazionalistiche (per me peggiori), talune più coerenti, talaltre meno, talune più vicine al "senso comune o alle apparenze più immediate, talaltre più sofisticate, talune più conservatrici o magari reazionarie, talatre più progressive o magari rivoluzionarie, ecc., ecc. ecc.
Infatti: questo è relativismo.Citazione
NO!
Sarebbe relativismo affermare che tutte queste filosofie "per me pari sono".
Invece é realismo (e tolleranza) ammettere che ciò che di esse si ritiene vero non é l' unica e sola possibilità di risolvere i problemi trattati, obbligatoria o comunque oggettivamente inevitabile per tutti (ammettendo che esistono anche risposte che si ritengono sbagliate e false ma non per questo necessariamente -come per esempio é di fatto il caso di quelle Nietzchiane, per quanto mi riguarda) non interessanti, degne di considerazione, "istruttive").
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AMciao Mauro(Oxdeadbeef),Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.Ciao Paul
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.
Non la verità è incontrovertibile, ma è il "più o meno" del "luogo" dove la verità si trova ad esserlo.
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Questo non ritengo sia relativismo; che è semmai esattamente quello descritto dalla celebre: "non esistono
fatti, ma solo interpretazioni" (che ancora devo capire se l'ha detta Nietzsche o mo).
Quindi, io dico, esistono i fatti, sono lì da quella parte, ma non sappiamo esattamente dove.
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AMCitazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.Ciao Paul
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.
Non la verità è incontrovertibile, ma è il "più o meno" del "luogo" dove la verità si trova ad esserlo.
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Questo non ritengo sia relativismo; che è semmai esattamente quello descritto dalla celebre: "non esistono
fatti, ma solo interpretazioni" (che ancora devo capire se l'ha detta Nietzsche o mo).
Quindi, io dico, esistono i fatti, sono lì da quella parte, ma non sappiamo esattamente dove.
saluti
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 12:09:52 PMCiao Paul
ciao Mauro(Oxdeadbeef),
il tuo problema è Kant, come quello di Sgiombo è Hume.
Dovrei "smontare" il loro apparato di pensiero per far capire che com l'empirismo si passò alla soggettivazione del pensiero, perdendo le caratteristiche ontologiche della verità.Mi manca il tempo fisico.
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 09:37:34 AMCitazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:22:41 AM
La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.
Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.
Il focus del problema è la verità a una dimensione della tradizione filosofica. Già con 2 dimensioni, una superficie di pari area ammette infinite forme, un'equazione di secondo grado suddivide il mitico segno della tautologia tra due soluzioni possibili. Il bailamme aumenta a 3 dimensioni e ancor più alle 4 spaziotemporali (... il divenire, che nega il presente consegnandolo al passato). Insomma la realtà è decisamente più complessa delle ingenue soluzioni degli olistici Tuttofili della veterofilosofia consolatoria.
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:39:10 AMCitazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 09:12:11 AMCitazione di: 0xdeadbeef il 10 Novembre 2018, 22:45:15 PMCitazionePerò noi constatiamo (e possiamo pensare) fenomeni nel senso di "contenuti di coscienza" e non cose in sé reali indipendentemente dalle nostre esperienze coscienti.
Ciao Sgiombo
Come già ho avuto modo di dirti, ti confesso che ho non poche difficoltà a seguirti su questi ragionamenti
(probabilmente per una mia mancanza, intendiamoci).
Dunque, a me sembra che tu tenda a distinguere "troppo" fra la cosa materiale e quella immateriale ("troppo"
all'interno di questo ragionamento, non certo in generale, intendiamoci).
Come chiedeva Platone: "cosa c'è di comune fra le cose materiali e quelle immateriali, visto che di entrambe
si dice che sono?"
Riprendo degli esempi qui fatti: cosa c'è di comune fra la tastiera del pc e la giustizia, visto che di
entrambe si dice che "sono"?
Beh, oltre chiaramente ad una estensione spaziale che la giustizia non possiede, io dico che c'è molto in
comune, visto che entrambe le cose sono degli interpretati (seppur l'interpretazione della giustizia è
molto più complessa, ma qui non ci interessa).
Questo vuol dire che Berkeley ha ragione quando dice che "tutto è percepito"; perchè "percepiti" sono
senz'altro sia la tastiera del pc che la giustizia.
Da un punto di vista kantiano, che come ben sai è il mio punto di vista, sia la tastiera del pc che la
giustizia sono dei "fenomeni", cioè sono dei "percepiti" (o "segni" da un punto di vista semiotico).
Il fatto se essi esistano o meno "realmente" sarà semmai oggetto di una successiva discussione, ma non di
questa...
saluti
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 11:56:13 AM
E' quando sostieni "PER ME peggiori.............." PER ME migliori" che cadi in contraddizione.Citazione
NOn vedo alcuna contraddizione nel fatto di preferire determinate tradizioni culturali o filosofiche a determinate altre (sarebbe casomai contraddittorio s e le preferissi ciascuna a se stessa o la tradizione "A" alla tradizione "B" e contemporaneamente la tradizione "B" alla tradizione "A").
Questa é semplicemente (e del tutto coerentemente da un punto di vista logico) negazione del relativismo.
La verità è incontrovertibile, prescinde da paul e sgiombo e da chicchessia.
La verità " E' " e non è soggettivazione di punti di vista, è ontologia e come ci si arrivi è epistemologia.Citazione
A questo proposito non posso che ribadire che:
La verità é incontrovertibile astrattamente, nel senso che una proposizione non può essere vera e contemporaneamente falsa (il falso "controventirebbe" il vero) e viceversa per definizione.
Ma ciò non toglie che su molte questioni di fatto non si raggiunge e su molte altre non si può raggiungere il linea di principio alcuna conoscenza sulla cui "incontrovertibilità" si possa mettere la mano sul fuoco.
Secondo me la verità é questione di gnoseologia (accade che la si conosca; o meno).
Invece la realtà é questione di ontologia (semplicemente accade che sia in un certo modo; o meno).
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 12:09:52 PMCitazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AMciao Mauro(Oxdeadbeef),Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 00:03:36 AMil problema è la verità in questa discussione.Ciao Paul
La verità è incontrovertibile, ribadisco. Pensare al controvertibile significa relativizzarla a misura d'uomo, ed è la cultura contemporanea.
Non la verità è incontrovertibile, ma è il "più o meno" del "luogo" dove la verità si trova ad esserlo.
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Questo non ritengo sia relativismo; che è semmai esattamente quello descritto dalla celebre: "non esistono
fatti, ma solo interpretazioni" (che ancora devo capire se l'ha detta Nietzsche o mo).
Quindi, io dico, esistono i fatti, sono lì da quella parte, ma non sappiamo esattamente dove.
saluti
il tuo problema è Kant, come quello di Sgiombo è Hume.
Dovrei "smontare" il loro apparato di pensiero per far capire che com l'empirismo si passò alla soggettivazione del pensiero, perdendo le caratteristiche ontologiche della verità.Mi manca il tempo fisico.
Quando si passò con l'empirismo dalla sostanza e causazione alla percezione e sensazione si è passati dall'oggettivazione della realtà alla soggettivazione,Il vero scopo di Hume è "mentale", e l'errore culturale fu di pensare che le scienze sperimentali potessero "oggettivare" la realtà.
La storia ha dimostrato il contrario, mostrando la contraddizione. Perchè l'epistemologia di Popper quando celebra sull'altare della verità la falsificazione ha soggettivato di fatto la verità, o meglio lo ha annichilita, ponendo tutto nella dimensione dell'opinione .
Non capire i passaggi è con capire cosa sta in origine alla contraddizione del pensiero moderno.
La famosa assiomatizzazione delle scienze significa manipolare i fondamenti delle matematiche, geometrie, nella logica costruire sottologiche paraconsistenti e utilizzare il termine meta (metalinguaggio, metalogica).
La verità è semplicemente incontrovertibile, la doppiezza è nel nostro tempo
Non mi interessa aver ragione ma far riflettere.Tutto questo ha agevolato o complicato l'umana visione del mondo?
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
c
Dove sta allora la verità quando un teorico della conoscenza del Novecento riducendo la gnoseologia che era la totalità della conoscenza all'epistemologo come teorico solo della conoscenza cosiddetta scientifica? E il resto delle forme della conoscenza?
Indimostrabili.Questo fu l'attributo iniziale di Hume, il noumeno kantiano è un ?CitazioneSE é per questo, a rigore sono indimostrabili (Hume!) anche quelle scientifiche di conoscenze.
Su cosa poggia allora la scienza moderna, quando non è più chiaro cosa sia oggetto e soggetto, e si è pure illuso che il linguaggio chiarisse la relazione fra uomo e mondo?
Quando Frege, maestro di B Russell, ripropone la logica proposizionale, che ricordo fu originata dalla scuola della Stoà, dagli stoici, e si illude che desoggettivando la persona, togliendoli la psiche ,un linguaggio possa funzionare, in realtà descrive allora solo parole privo del soggetto conoscitivo, dell'agente conoscitivo.
E' come dire che non conoscendo di persona Oxdeadbeef, lo conosco nella sua interezza dalle parole che fuoriescono in uno schermo? Io posso farmi un'idea di te, ma non potrò mai conoscere la tua vera identità che è intima, e già sarebbe difficile farlo di persona, "de visu". Dove è finita l'autenticità umana?
La modernità ha alterato completamente le forme della conoscenza. illudendosi che andando incontro alle cose, agli enti, sezionandoli, categorizzandoli, facendo tassonomie, classificando, noi abbiamo"preso" il mondo a nostra umana somiglianza.
Qualunque saggio di qualunque cultura ti direbbe che il mondo è dis-velamento, non è violentarlo, ma mi viene incontro, non ho bisogno di corrergli dietro per possederlo, ma mi si para davanti .Abbiamo perso l'incanto dell'incontro.Per questo ci stordisce
la verità è incontrovertibileCitazione
Per quanto mi riguarda, sono proprio molto ben contento di aver perso l' incanto della stregoneria, delle superstizioni, dell' astrologia, delle religioni, della filosofie irrazionalistiche e idealistiche, ecc. e di avere acquisito il disincanto costituito dalla razionalistica consapevolezza dei limiti insuperabili della (possibile) conoscenza umana (grazie soprattutto a David Hume)!
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 14:08:03 PM
"Tradizione filosofica" ???
Quale???
Citazione
Inoltre ritengo che non esista realmente solo la res extensa, con più dimensioni spaziali (e una temporale): la realtà é decisamente ancor più complessa di quanto sembreresti credere tu, implicando anche la res cogitans (che di dimensione ha solo quella temporale, e nemmeno quantificabile matematicamente, nemmeno misurabile, se non "indirettamente", riferendosi alla "contemporanea" res extensa).
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 16:07:47 PM
Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una?
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?Citazione
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.
Per non incorrere nel circolo vizioso in cui postuliamo a priori la verità come unica e poi speculiamo sulle conseguenze di tale premessa, anziché (di)mostrarla valida, mi viene da chiedere se tale necessità ("la verità deve essere una") è in fondo tale:
- per definizione (tautologica); allora si resta in ostaggio del piano linguistico-semantico, per cui, ad esempio, definendo sulla carta Demiurgo come "il solo creatore del mondo", costatando l'esistenza del mondo, ottengo la conclusione (apparentemente)dimostrativa che Demiurgo esiste; giro di giostra fallace con cui si può dimostrare di tutto...
- per tradizione storica; riscontrare che la verità sia sempre stata ritenuta unica da molte tradizioni, è un po' come ricordare che molte tradizioni stabiliscono (dogmaticamente) una vita dopo la morte o altri palliativi esistenziali... rintracciare denominatori comuni interculturali è attività squisitamente filologica, tuttavia non proficuamente filosofica
- per una (pseudo)logica secondo cui tutte le verità sono emanazioni dell'unica Verità; questo plotinismo mistico ci riporta alla differenza semiologica fra concetto-definizione (uno) e i suoi casi estensivi e concreti: ad esempio, il concetto-definizione di "peso" è uno, e tutti i pesi rilevati (interpretati come tali) rimandano a tale astrazione, sebbene non sia un rimando ontologico (emanazione dall'uno) ma semplicemente semantico (arbitrario e convenzionale)
- per fede; e qui non muovo obiezioni...Citazione
Per definizione.
Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente: in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.
La definizione di verità come (per dirlo un po' grossolanamente )"adeguatezza di un predicato a qualcosa della realtà quale é/diviene anche indipendentemente dall' esserci di tale predicato; oppure come condizione della proposizione "esiste x", intendendosi per "x" un qualsiasi ente o evento reale, nel caso in cui realmente esista x (anche indipendentemente dall' esistenza della proposizione stessa o meno: come denotazione o estensione reale del concetto di "x" di cui si predica l' esistenza reale e non solo come sua connotazione o intensione "cogitativa"; e corrispondentemente per quanto riguarda i predicati negativi, dell' inesistenza reale di enti o eventi) può piacere o meno (di fatto mi sembra piaccia moltissimo, essendo ciò che correntemente si intende di fatto per "verità"), ma non essere tautologica o meno (e nemmeno vera o meno) non essendo un predicato.
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 18:43:31 PMCitazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 14:08:03 PM
"Tradizione filosofica" ???
Quale???
Quella sillogistica del tertium non datur. Essere-Nulla. E via cantando. Su cui si avvita tutta la veterometafisicaCitazione
Quindi ammetti che esistono anche ben altre tradizioni (magari meno "avvitate" e/o meno "vetero": aggettivo che peraltro mi si confà molto -e ne sono assai fiero- in politica)!
Comunque "tertium non datur" non mi pare essere il "nocciolo teorico" di alcuna filosofia, ma solo una locuzione che sta a significare i casi nei quali una terza soluzione (una terza via, o possibilità) non esiste rispetto a una situazione che paia prefigurarne soltanto due (come nel caso della verità o falsità di un' affermazione semplice e inequivoca; oppure, come si soleva dire in altri tempi, non si può essere "quasi incinta", ma solo o incinta).
(Come metafora più che a qualsiasi filosofia mi sembra calzante a proposito della matematica intesa come sistema assiomatico formalizzato alla Hilbert-Peano-Russell; almeno prima dei teoremi di Goedel).Citazione
Inoltre ritengo che non esista realmente solo la res extensa, con più dimensioni spaziali (e una temporale): la realtà é decisamente ancor più complessa di quanto sembreresti credere tu, implicando anche la res cogitans (che di dimensione ha solo quella temporale, e nemmeno quantificabile matematicamente, nemmeno misurabile, se non "indirettamente", riferendosi alla "contemporanea" res extensa).
Mi sono fermata alle 4 dimensioni fisiche. Ma poi c'è la quinta indotta dalla volontà autocosciente e ... mi fermo qui perchè ce n'è abbastanza per l'episteme, col suo riverbero di soggetti e oggetti che si scambiano continuamente la parte, come l'onda-corpuscolo dell'infinitamente piccolo.Citazione
Ma la volontà autocosciente non é (né credo possa indurre; qualsiasi cosa questo termine possa significare in questo contesto) una quinta dimensione dello spaziotempo.
Mi sembra di comprendere che tu sei monista materialista e non credi esistano-accadano altre cose che enti ed eventi fisici dotati di dimensioni spaziali e temporale.
Benissimo. Invece per quanto mi riguarda io sono dualista (relativamente ai fenomeni): era semplicemente questo che intendevo affermare; e che ribadisco senza particolari -pretese- "sfumature sentimentali o valoriali").
Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?
Citazione
Dove sta il protocollo scientifico sperimentale che dovrebbe processare gli step della conoscenza? Ogni scienziato è un pensiero che si discosta da un altro e questo in tutte le discipline che si autodefiniscono scientifiche.
Citazione
Dove sta allora la verità quando un teorico della conoscenza del Novecento riducendo la gnoseologia che era la totalità della conoscenza all'epistemologo come teorico solo della conoscenza cosiddetta scientifica? E il resto delle forme della conoscenza?
Citazione
Su cosa poggia allora la scienza moderna, quando non è più chiaro cosa sia oggetto e soggetto,
Citazione
e si è pure illuso che il linguaggio chiarisse la relazione fra uomo e mondo? Quando Frege, maestro di B Russell, ripropone la logica proposizionale, che ricordo fu originata dalla scuola della Stoà, dagli stoici, e si illude che desoggettivando la persona, togliendoli la psiche ,un linguaggio possa funzionare, in realtà descrive allora solo parole privo del soggetto conoscitivo, dell'agente conoscitivo.
Citazione
La modernità ha alterato completamente le forme della conoscenza. illudendosi che andando incontro alle cose, agli enti, sezionandoli, categorizzandoli, facendo tassonomie, classificando, noi abbiamo"preso" il mondo a nostra umana somiglianza.
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 16:07:47 PM
Come/perché affermare che, pur non sapendola identificare, la verità sia una, o meglio debba essere una?
Se le nubi coprono davvero la vista, l'esistenza di una cima è solo una supposizione; come escludere che, al diradarsi delle nubi, non si veda alcuna cima perché semplicemente la montagna finisce appena al di sotto (non dietro) le nubi (e quindi la montagna è già tutta visibile)?
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 20:21:16 PM
@ sgiompo
a te il manicheismo iperuranico delle antinomie metafisiche (soggetto-oggetto, bene-male, essere-nulla, vero-falso), decrepite ma tuttora imperanti, ti fa un baffo.CitazioneIn che senso "mi fa un baffo"?
Cerchiamo di limitare l' uso delle metafore e delle espressioni colorite ma non rigorose al minimo indispensabile per cercare di venire incontro alle legittime esigenze di comprensione degli interlocutori.
Innanzitutto bisognerebbe dimostrare che le antinomie soggetto-oggetto, bene-male, essere-nulla, vero-falso sono:
a) Manicheistiche iperuraniche (ma non mi pare che il manicheismo parli di "ipeuranio"):
b) Metafisiche;
c) Decrepite;
d) Tuttora imperanti.
Poi mi sembra che in questo forum le mie considerazioni critiche razionali su tali questioni abbondino.
Sulle dimensioni del reale, altri molto più titolati di me, individuano la comunicazione come una quinto vettore dello spaziotempo (quindi sarei una pentista dialettica ;D ). Che poi ci siano mondi paralleli e dimensioni a gogò è fuori dalla mia portata e anche ci fossero li riterrei del tutto trascurabili.Citazione
MI sembra poco o punto razionale (e dunque é il tipo di considerazioni che personalmente non mi interessa affatto) fidarsi ciecamente su quanto affermano altri ritenuti a torto o a ragione "più titolati di noi" .
Non vedo che c' entrino le fantasticherie su presunti mondi paralleli e dimensioni a gogò fuori dalla tua portata con le mie obiezioni.
Citazione di: bobmax il 11 Novembre 2018, 18:32:52 PMOk, allora rientra di ciò di cui parlavo nel P.s. :)
La Verità è la montagna e pure chi la osserva. E, appunto per questo, è anche Nulla.
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PMPer comprendere il mio discorso da "alpinista", bisogna tener presente che non mi riferivo a una montagna in generale, ma a quella citata da 0xdeadbeef:
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PMPer definizione tautologica intend(ev)o che se definiamo la verità come "x" (a piacere), la frase "la verità è x" sarà sempre vera, ma, appunto, solo circolarmente e per definizione (non per dimostrazione); non è quindi una verità in senso ontologico, ma solo, tautologicamente, semantico.
Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente: in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 19:52:09 PMNiente strali, solo banali domande da "uomo della strada".
Ora, in questa indubbia "relatività" della verità, dicevo, è possibile però individuare non la verità
"ab-soluta" (cioè non interpretata da un interpretante), ma la direzione verso tale verità ("ab-soluta").
E riportavo a tal proposito la celebre metafora della montagna, di Popper.
[...] In sostanza, dal mio punto di vista è da stabilire se i tuoi "strali" vanno contro un concetto della
verità, diciamo, universalmente univoco, oppure se vanno contro un concetto della verità (o delle
verità) come "ab-soluto" (se il termine disturba possiamo usare "oggettivo", ma è la stessa cosa).
Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 15:28:44 PMciao Mauro(Oxdeadbef)Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?
Ciao Paul
Potrei risponderti che la realtà ontologica, cioè la verità, sta da quella parte, non da quell'altra...
Ti pare poco? Io non direi sia poco. Ma cos'è che ci permette di dire il "dove", il "luogo" della verità?
Per la mia pratica discorsiva (direbbero i semiologi) la risposta è molto semplice: ciò che ci permette di
sapere "dove", e di saperlo incontrovertibilmente, è il concetto di "cosa in sè", che è quel concetto che
permette di mantenere l'oggettività in un mondo fatto di soggetti.
Il "noumeno" kantiano non è dunque un punto interrogativo; ma è un qualcosa che "c'è" allo stesso modo con
cui un grande filosofo del 900, E.Levinas, afferma esserci qualcosa anche senza un soggetto interpretante
(mi riferisco qui al'"l'y'a", il "ronzio cosmico" che avrebbe luogo anche in un'ipotetico "nulla").
Come faccio a sapere che il noumeno "ex-siste" (e a saperlo incontrovertibilmente)?
Allo stesso modo cui so esserci una betulla lì fuori, in giardino, pur se in questo momento non la vedo...
Il noumeno esiste semplicemente perchè esiste il fenomeno, la qual cosa è esattamente speculare che dire:
il fatto esiste perchè esiste l'interpretazione.
Ma se il noumeno, il fatto, l'oggetto, "esiste", allora ciò vuol dire che il soggetto non ha piena potenza
su di esso (come ha pensato l'Idealismo); che come non lo crea non lo può distruggere (come l'Occidente
pensa all'interno del suo "destino").
Ciò che chiami "verità incontrovertibile" non può essere un essente univocamente inteso. La verità
incontrovertibile è la biunivocità dell'essente (cioè la direzione di verità).
saluti
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 21:13:59 PMCitazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PMPer comprendere il mio discorso da "alpinista", bisogna tener presente che non mi riferivo a una montagna in generale, ma a quella citata da 0xdeadbeef:
Ma che ci sia la vetta o ci sia qualcos' altro (o anche nulla) può essere vera solo una delle ipotesi reciprocamente non identiche (non "sinonimiche", non traduzioni fedeli in diverse lingue della medesima, stessa proposizione): é vero unicamente o che c'é la cima, oppure c' é un' altra cosa reale, oppure ancora che non c' é nulla.Citazione di: 0xdeadbeef il 11 Novembre 2018, 10:53:46 AM
Mi sembra che Popper abbia descritto in maniera meravigliosa questo concetto: "la verità è la cima di una
montagna coperta di nubi. Sai che la vetta è lì, da quella parte, ma non sai esattamente dove..".Codice SelezionaAppunto!
E infatti la ia obiezione era rivolta alla tua critica al passo su Popper e la montagna metaforica.Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 18:49:22 PMPer definizione tautologica intend(ev)o che se definiamo la verità come "x" (a piacere), la frase "la verità è x" sarà sempre vera, ma, appunto, solo circolarmente e per definizione (non per dimostrazione); non è quindi una verità in senso ontologico, ma solo, tautologicamente, semantico.
Ma una definizione, essendo l' arbitrario stabilirsi del significato di un concetto e non una proposizione o predicato, non può essere "tautologica": non ha senso parlare di eventuale "affermazione identica (o meglio, non letteralmente: in cui il predicato si limita a ripetere il soggetto)" che a proposito di un' affermazione e non di una mera definizione di un concetto.Citazione
Appunto: non é una tauto-logia non essendo una "logia" (affermazione, predicato, "dicitura").
Ma se vogliamo parlare di qualcosa (verità o altro) dobbiamo pur stabilire (arbitrariamente; accordandoci) il significato dei concetti che impieghiamo.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 00:48:30 AM
@Lou
Non necessariamente: (proprio come accade con ilrelativismopluralismo) affermare che ci siano tante verità non comporta per forza intendere tale affermazione come l'unica (meta)verità, bensì diventano possibili sia la verità delle molteplici verità che la verità dell'unica verità, che la verità dell'assenza di Verità, etc. e tutte queste verità sono constatazioni "incarnate" dai sostenitori delle rispettive posizioni filosofiche. Difficile disconoscere tale pluralità (basta leggere le differenti verità già emerse in questa stessa discussione... ;) ).
Detto in altro modo, chi crede in più verità non sostiene necessariamente che chi non concorda con lui (ovvero chi crede in una sola verità) si sbagli, anzi costui è proprio ulteriore dimostrazione/conferma di come ci siano molte verità: se "mister x" non concorda con chi sostiene la plurivocità delle verità, anziché confutarlo, "mister x" (suo malgrado) lo corrobora, proprio perché alla verità del pluralista aggiunge la sua verità (di "mister x"), moltiplicando le verità possibili, esattamente come il pluralista afferma.
Se "mister x" sostiene che la verità è una sola dovrebbe poi dimostrarlo e, se non erro, non c'è sempre1 constatazione fattuale a cui possa appellarsi; è anzi per coerenza costretto a sostenere che chi non concorda con lui si sbaglia, sebbene "mister x" non possa poi fornire evidenze incontrovertibili per la sua posizione "monista" (ironico che sia comunque l'altro ad essere tacciato di pensiero "debole" ;D ).
1In caso di verità scientifiche, è da notare come, ad esempio, di fronte alla spiegazione di cosa sia il sole e come funzioni, un aborigeno potrebbe continuare imperterrito a sostenere la sua verità (il sole è un dio) e ciò segnerebbe di fatto l'esistenza di (almeno)due verità, poiché la nostra verità non è in grado di dimostrare inconfutabilmente che il sole non sia un'immensa forma di vita infuocata che dorme, assecondando le leggi fisiche che potrebbe nondimeno violare se volesse, andandosene poi gaiamente a dormire in un'altra galassia...
Citazione di: paul11 il 12 Novembre 2018, 01:02:27 AM
Ma è chiaro che esiste una realtà indipendentemente da noi anche perchè noi interagiamo in quella realtà ci viviamo spaziotemporalmente.
Il noumeno kantiano è una sua invenzione per non allontanarsi dall'empirismo.Ma capisco l'errore e il tempo in cui Kant è vissuto e poteva maturare l'empirismo.La fede illuminista verso la ragione umana, sospinta dal vento della tecnica, il vedere le prima macchina a vapore, le prime forme industriali, l'avvento della borghesia,insomma una rivoluzione non solo quella francese, fa degli empiristi i padri dei positivisti e i nonni dei relativisti.CitazioneFigli e nipoti illegittimi, a parer mio, bastardi.
Perché contraddicono, anziché sviluppare, la fondamentale ispirazione razionalistica dell' illuminismo.
Trovo peraltro semplicistico e caricaturale (il materialismo storico deformato caricaturalmente) spiegare Kant immediatamente (poi é chiaro che "tutto si tiene" e relazioni più o meno mediate si possono trovare dovunque) con il vento della tecnica, il vedere le prima macchina a vapore, le prime forme industriali, l'avvento della borghesia, ecc.
In mezzo ci stanno gli illusi, i pragmatisti americani, la filosofia analitica del linguaggio.
Grazie a tutti loro oggi c'è solo gran confusione, appunto la nebbia metropolitana, non so se naturale o per inquinamento umano delle menti.
Quindi mi chiedo: chi sono veramente gli illusi?I cercatori di verità nei meta-meta- meta- linguaggi, o in tutte le logiche da paragnosti che si sono formate, o nelle matematiche delle quantistica a dodici dimensioni fisiche con universi paralleli? Questo è il prodotto della modernità.CitazioneBisogna avere il coraggio intellettuale per affrontare nebbie e confusioni.
Per me il discorso sull' utilità e interesse malgrado gli errori delle filosofie idealistiche vale anche per la filosofia analitica (nella per me limitata misura in cui erra; molto meno degli idealismi a mio parere).
E con questo credo di avere risposto (non argomentando; non ho tempo di farlo) anche a quanto segue (che pure é affermato ma non argomentato).
Se ci si fida dei propri occhi e dei propri sensi si sopravvive come fanno gli animali, se si vuol conoscere non è
in ciò che appare e scompare che si trova la verità, ma infinite piccole verità relative che durano il tempo che trovano e intanto il tempo fa tic e toc e la vita scorre. Quale è l'essenza della vita? Cosa ci facciamo al mondo?
Obnulare le domande fondamentali dicendo che sono indimostrabili e ridursi a cercare le piccole verità perche il laboratorio del piccolo chimico o del fisico dimostrano, significa che siamo già perduti e il destino è segnato.
Questo è il tempo di mediocri umani decadenti nello spirito e nella conoscenza.Spero velocemente che questa cultura a sua volta venga obnulata.
Senza fatti e senza mondo noi interpreteremmo un bel niente.E adatto che siamo nel mondo e anche questo è un fatto, ci dobbiamo chiedere se la relazione fra noi e il mondo ha un senso.
Ma ciò che scrivo non è assolutamente nuovo. lo scrivevano già i greci.
Ma i moderniti e post modernisti tronfi della loro tecnica da suicidi, ritengono superate e vecchia qualunque cultura che la storia ha stritolato nel divenire temporale.Come se una verità seguisse un tempo.
Per fare serie analisi si deve rivedere se e dove il pensiero greco ha sbagliato e cominciare ad ammettere che anche nella modernità soprattutto ci sono errori madornali che hanno portato a nessuna verità e un formicaio chiamato umanità che sussiste camminando sul filo di contraddizioni continue che esplicano nella pratica e parlo soprattutto di economia e politica .
La verità incontrovertibile non può avere una doppiezza, ma può sussistere una negatività, può assumere la contraddizione e farla vivere :l'uomo.
Citazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 20:58:32 PM
MI sembra poco o punto razionale (e dunque é il tipo di considerazioni che personalmente non mi interessa affatto) fidarsi ciecamente su quanto affermano altri ritenuti a torto o a ragione "più titolati di noi" .
Citazione di: Phil il 11 Novembre 2018, 22:25:31 PM
Niente strali, solo banali domande da "uomo della strada".
Anche quando parliamo di "ab-solutus/a", di "oggettività", di "noumeno", etc. siamo pur sempre a bordo del linguaggio, anche se cerchiamo di sbirciarne fuori... il discorso sul noumeno (o sulla verità) è pur sempre un discorso: linguistico, logico, concettuale, etc. e bisogna ammettere che ci possono essere anche discorsi fallimentari che, seppur in buona fede, indicano "a vuoto"...
Che il linguaggio e il suo utilizzo siano una "funivia" che porta dritti alla cima della "montagna Verità" è una legittima ipotesi; tuttavia, finché ci sono le nubi, è una scommessa azzardare il numero delle vette nascoste e, come dicevo, persino il pensare che ci sia davvero qualcosa di nascosto: siamo certi della direzione, ma dove essa porti è solo un'antica profezia ;)
Citazione di: paul11 il 12 Novembre 2018, 01:02:27 AMMa ci vuol davvero tanto a capire che esiste solo una unica verità?
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Novembre 2018, 19:48:21 PMciao Mauro(Oxdeadbeef),Citazione di: paul11 il 12 Novembre 2018, 01:02:27 AMMa ci vuol davvero tanto a capire che esiste solo una unica verità?
Ciao Paul
Ma certo che esiste solo un'unica verità, è ovvio. Ma noi, ed è altrettanto ovvio, non possiamo conoscerla.
Ciò che possiamo conoscere è la direzione della verità, cioè il fatto se la verità si trovi lì oppure di là...
Come si arriva alla "verità" (per me come direzione)? Dicevo che ci si arriva "risalendo la catena segnica",
che evidentemente vuol dire: "bisogna conoscere l'essenza stessa del pensiero dei filosofi, di tutta la storia
della filosofia e saperli confrontare sui primitivi, sui fondativi del loro pensiero e come arrivano a
costruire le loro asserzioni", come molto saggiamente affermi.
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 12 Novembre 2018, 19:33:41 PMAllora la verità incontrovertibile è la direzione, non il punto d'arrivo? O siamo già al cospetto di due verità incontrovertibili? ;)
Ma la consapevolezza di essere "a bordo" è la consapevolezza che esiste anche un "fuori" bordo, non credi?
[...] l'universo è "esistito" anche prima che un qualunque interprete lo interpretasse.
E se è così, allora che la verità sia "da quella parte" (e non da quell'altra) è essa stessa una verità
incontrovertibile...
Citazione di: Ipazia il 12 Novembre 2018, 19:02:40 PMCitazione di: sgiombo il 11 Novembre 2018, 20:58:32 PM
MI sembra poco o punto razionale (e dunque é il tipo di considerazioni che personalmente non mi interessa affatto) fidarsi ciecamente su quanto affermano altri ritenuti a torto o a ragione "più titolati di noi" .
Il passaggio da una dimensione all'altra si ottiene muovendo la dimensione inferiore. Noi riusciamo a rappresentarci l'area come movimento di una retta e un solido come movimento di un'area. Il tempo mette in movimento lo spazio, e tutto ciò che vi è compreso, realizzando il divenire, la cui rappresentazione grafica è un filmato. La comunicazione anima quel filmato che altrimenti sarebbe muto e imperscrutabile. Io condivido l'idea, indipendentemente da chi l'abbia avuta prima di me, della comunicazione come quinta dimensione del reale.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 20:29:13 PMCitazione
MI scuso con l' amico Mauro (Ox) se pi permetto di obiettare anch' io.
Allora la verità incontrovertibile è la direzione, non il punto d'arrivo? O siamo già al cospetto di due verità incontrovertibili? ;)
Da qualunque parte sia la verità è sempre dentro il linguaggio (l'unica cornice che possa darle un senso), esattamente come tutti i concetti astratti.CitazioneLa verità (se e quando c' é) é dei predicati ("dentro il linguaggio") ma non dipende ad libitum dal capriccio di chi predica (sarebbe troppo comodo!), bensì c' é solo alla condizione che il linguaggio (i predicati) si adeguino alla realtà esterna al linguaggio.
Anche se ciò può essere problematico, e in molti casi é dubbio.
L'universo è ontologicamente "là fuori", la verità è semanticamente "qui dentro" (nel discorso linguistico).CitazioneDipendentemente da come é il discorso e da come é la realtà "là fuori".
Pensare ad una verità "topograficamente" ubicata, significa entificarla, il che comporta smettere di parlarne come concetto e iniziare a parlare di relazione di enti, ma ciò è pur sempre un parlarne, per cui non si esce mai "fuori bordo" (proprio come i cartelli che indicano l'uscita di emergenza sono sempre dentro, pur indicando il fuori...).CitazioneMa é proprio dei concetti poter avere (o meno; ma basta la possibilità perché possa darsi verità circa il mondo "là fuori") denotazioni o estensioni reali da essi stessi diversi (come un segnale di "animali selvatici sulla carreggiata" indica animali che non di rado sono nella carreggiata, magari dietro una curva, comunque "là fuori" dal segnale e non certo nel triangolo di latta bianco con contorno rosso stesso.
(Spero proprio per te che ci creda, dato che altrimenti trovandoti a percorrere una strada con un simile segnale correresti seri rischi per la tua salute e la tua vita stessa).
Il pre-linguistico, o meglio, il non-linguistico è ciò che ci fa rivolgere alla verita senza porci il problema (tutto concettuale) di segnificarla e significarla come "verità" (per affrontare il "fuori bordo", bisogna abbandonare il linguaggio, lasciando il problema della verità, inevitabilmente, a bordo... forse un esempio potrebbe essere l'esperienza estetica).CitazioneNon vedo come il linguaggio che esprime e comunica il pensiero possa togliere al pensiero stesso (se questo ce l' ha) la caratteristica (dipendente dalla realtà "là fuori non meno che dal pensiero stesso) di essere vero.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 00:48:30 AMSì Phil, però concedimi una lieve obiezione, il pluralista vanta certamente una posizione privilegiata, una posizione capace di ricomprendere ogni verità sotto l'egidia di un pluralismo delle verità e ti dice "beh dai guarda quante ce ne stanno, i fatti lo dimostrano - constatiamo!" Il che è affascinante, non fosse che assume una ben precisa teoria della verità a monte o montagna o valle o "meta-" che sia :P , e trovo che sia un po' un escamotage quello di dire che la concezione plurale sia l'unica ( toh a proposito di debolezza ) atta a dar cittadinanza a un monismo duro e puro della verità o V maiuscola o al solo articolo "La", a mo' di tomba dei filosofi.
@Lou
Non necessariamente: (proprio come accade con ilrelativismopluralismo) affermare che ci siano tante verità non comporta per forza intendere tale affermazione come l'unica (meta)verità, bensì diventano possibili sia la verità delle molteplici verità che la verità dell'unica verità, che la verità dell'assenza di Verità, etc. e tutte queste verità sono constatazioni "incarnate" dai sostenitori delle rispettive posizioni filosofiche. Difficile disconoscere tale pluralità (basta leggere le differenti verità già emerse in questa stessa discussione... ;) ).
Detto in altro modo, chi crede in più verità non sostiene necessariamente che chi non concorda con lui (ovvero chi crede in una sola verità) si sbagli, anzi costui è proprio ulteriore dimostrazione/conferma di come ci siano molte verità: se "mister x" non concorda con chi sostiene la plurivocità delle verità, anziché confutarlo, "mister x" (suo malgrado) lo corrobora, proprio perché alla verità del pluralista aggiunge la sua verità (di "mister x"), moltiplicando le verità possibili, esattamente come il pluralista afferma.
Se "mister x" sostiene che la verità è una sola dovrebbe poi dimostrarlo e, se non erro, non c'è sempre1 constatazione fattuale a cui possa appellarsi; è anzi per coerenza costretto a sostenere che chi non concorda con lui si sbaglia, sebbene "mister x" non possa poi fornire evidenze incontrovertibili per la sua posizione "monista" (ironico che sia comunque l'altro ad essere tacciato di pensiero "debole" ;D ).
1In caso di verità scientifiche, è da notare come, ad esempio, di fronte alla spiegazione di cosa sia il sole e come funzioni, un aborigeno potrebbe continuare imperterrito a sostenere la sua verità (il sole è un dio) e ciò segnerebbe di fatto l'esistenza di (almeno) due verità, poiché la nostra verità non è in grado di dimostrare inconfutabilmente che il sole non sia un'immensa forma di vita infuocata che dorme, assecondando le leggi fisiche che potrebbe nondimeno violare se volesse, andandosene poi gaiamente a dormire in un'altra galassia...
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 21:32:57 PM
@sgiombo
Ovviamente il discorso si riferisce (spesso) al mondo "là fuori" e l'attributo di "vero" non appartiene quindi ad ogni discorso (per quanto ne so, non c'è nessuna posizione filosofica che sostenga questa indifferenza indiscriminata rispetto alla verità...). Mai avuto dubbi in merito.
Sottolineavo la necessità (onto)logica di distinguere il piano linguistico-concettuale da quello empirico, il discorso dall'oggetto del discorso, il darsi della verità e il dirsi della verità, la verità e la verita.
Citazione di: Jacopus il 06 Novembre 2018, 00:26:13 AMMa cos'è filosoficamente "verità"?Il sapere come stanno le cose cioè il funzionamento di questo Universo e di eventuali, ipotetici, altri Universi. Ma soprattutto la risposta alle domande classiche: "chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo."
Citazione di: Lou il 12 Novembre 2018, 21:36:46 PMEppure, senza una "teoria della verità" (a scelta) può poi darsi-ops!-dirsi una qualunque forma di verità?
non fosse che assume una ben precisa teoria della verità a monte o montagna o valle o "meta-" che sia :P
Citazione di: Lou il 12 Novembre 2018, 21:36:46 PMLa prospettiva pluralista non è l'unica a dare cittadinanza al "monoteismo veritativo": lo stesso monismo della verità unica è esso stesso la prima e più autorevole "anagrafe" della cittadinanza dei "monoveritofili".
trovo che sia un po' un escamotage quello di dire che la concezione plurale sia l'unica ( toh a proposito di debolezza ) atta a dar cittadinanza a un monismo duro e puro della verità o V maiuscola o al solo articolo "La",
Citazione di: Lou il 12 Novembre 2018, 21:36:46 PMSuvvia, "tomba" è troppo, semmai "ospizio" ;D
a mo' di tomba dei filosofi.
Citazione di: sgiombo il 12 Novembre 2018, 22:10:51 PMintendi che per il relativismo non esista la falsità, sicuramente non mi definirei relativista (d'altronde, non ho mai conosciuto qualcuno che rinneghi il concetto di falsità... tu? ;) ).
Il relativismo é la posizione filosofica (probabilmente ne esistono diverse varianti) che sostiene l' indifferenza indiscriminata rispetto alla verità di qualsiasi tesi (chiama infatti ogni e qualsiasi tesi "una verità").
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 23:53:10 PMCitazione di: Lou il 12 Novembre 2018, 21:36:46 PMSuvvia, "tomba" è troppo, semmai "ospizio" ;D
a mo' di tomba dei filosofi.
Scherzi a parte, il pluralismo tutela (e incita persino a studiare!) la tradizione (monista) spesso più di quanto faccia magari un monismo (frammento della tradizione) che si (auto)elegge custode della verità.Citazione
Ma esistono anche monismi che tutelano e incitano a studiare le tradizioni pluralistiche (se più o meno spesso che viceversa é decisamente discutibile).
@sgiombo
Se conCitazione di: sgiombo il 12 Novembre 2018, 22:10:51 PMintendi che per il relativismo non esista la falsità, sicuramente non mi definirei relativista (d'altronde, non ho mai conosciuto qualcuno che rinneghi il concetto di falsità... tu? ;) ).
Il relativismo é la posizione filosofica (probabilmente ne esistono diverse varianti) che sostiene l' indifferenza indiscriminata rispetto alla verità di qualsiasi tesi (chiama infatti ogni e qualsiasi tesi "una verità").CitazioneInfatti avevo scritto che mi eri sembrato relativista e che ero ben contento di ricredermi.
Forse hai commesso un lapsus per "qualcuno che rinneghi il concetto di verità... ".
Ma io ho conosciuto (anche in questo forum) chi afferma (pretende erroneamente, falsamente) che ci sono infinite verità (anche reciprocamente contraddittorie) tutte ugualmente vere (Se non hai commesso un lapsus questo potrebbe essere "rinnegare il concetto di falsità"; ed é ciò che comunemente si intende per "relativismo).
Citazione di: Jacopus il 13 Novembre 2018, 00:20:17 AM
Scrivo di getto, senza aver letto attentamente i precedenti interventi e consapevole di iniziare un nuovo filo del discorso.
Il mio interesse per la verità discende dalla possibilità che essa orienti la "buona azione". La verità, linguisticamente, è imparentata con il termine vir, che in sanscrito significa fede. Un residuo di tale nesso esiste ancor oggi, la vera e la fede sono due modi per indicare l'anello nuziale. La vita di coppia, ratificata dalla comunità, unisce quindi il significato di fede e verità.
Ma fede e verità sono anche alla base della legittimazione del potere. Chi possiede la verità ha lo strumento per agire politicamente senza bisogno di contraddittorio.
Questa è la mia prospettiva del problema verità ed è per questo che non posso fare altro che relativizzarla. Ogni epoca ha le sue verità, che orientano l'azione. Verità più o meno granitiche ma pur sempre necessarie alla praxis. Senza una verità, sia pure temporanea, la praxis umana tornerebbe allo stato di natura.
Allora la sfida potrebbe essere accettare una verità procedurale piuttosto che materiale. Sono i parlanti di una comunità a decidere la verità, consapevoli che domani quella verità sarà diversa, perché, conformemente alla teoria evoluzionistica, anche i parlanti saranno differenti.
La verità allora, piuttosto che una via maestra che tutti i parlanti devono seguire, diventa un problema di scelta, poiché è possibile sempre scegliere verità alternative.
In questo quadro però sarebbe fondamentale trovare un principio "esterno al quadro" e questo principio potrebbe essere quello della responsabilità di ognuno di noi verso tutti gli altri, la capacita' di prenderci cura del mondo: questa é la verità delle verità.
Citazione di: Jacopus il 13 Novembre 2018, 00:20:17 AM
Scrivo di getto, senza aver letto attentamente i precedenti interventi e consapevole di iniziare un nuovo filo del discorso.
Il mio interesse per la verità discende dalla possibilità che essa orienti la "buona azione". La verità, linguisticamente, è imparentata con il termine vir, che in sanscrito significa fede. Un residuo di tale nesso esiste ancor oggi, la vera e la fede sono due modi per indicare l'anello nuziale. La vita di coppia, ratificata dalla comunità, unisce quindi il significato di fede e verità.
Ma fede e verità sono anche alla base della legittimazione del potere. Chi possiede la verità ha lo strumento per agire politicamente senza bisogno di contraddittorio.
Questa è la mia prospettiva del problema verità ed è per questo che non posso fare altro che relativizzarla. Ogni epoca ha le sue verità, che orientano l'azione. Verità più o meno granitiche ma pur sempre necessarie alla praxis. Senza una verità, sia pure temporanea, la praxis umana tornerebbe allo stato di natura.
Allora la sfida potrebbe essere accettare una verità procedurale piuttosto che materiale. Sono i parlanti di una comunità a decidere la verità, consapevoli che domani quella verità sarà diversa, perché, conformemente alla teoria evoluzionistica, anche i parlanti saranno differenti.
La verità allora, piuttosto che una via maestra che tutti i parlanti devono seguire, diventa un problema di scelta, poiché è possibile sempre scegliere verità alternative.
In questo quadro però sarebbe fondamentale trovare un principio "esterno al quadro" e questo principio potrebbe essere quello della responsabilità di ognuno di noi verso tutti gli altri, la capacita' di prenderci cura del mondo: questa é la verità delle verità.
Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AMNon credo abbia avuto un lapsus, volevo distinguere fra "ci sono molte verità" e "tutte le posizioni sono verità": la prima non implica l'assenza di falsità (molte verità non escludono molte falsità), la seconda comporta che nulla sia falso (se tutto è vero...).
Forse hai commesso un lapsus per "qualcuno che rinneghi il concetto di verità... ".
Ma io ho conosciuto (anche in questo forum) chi afferma (pretende erroneamente, falsamente) che ci sono infinite verità (anche reciprocamente contraddittorie) tutte ugualmente vere
Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AMSe il relativismo comunemente inteso rinnega il concetto di falsità, è una fortuna che ci sia anche il relativismo filosoficamente inteso (da wikipedia in su...) ;)
(Se non hai commesso un lapsus questo potrebbe essere "rinnegare il concetto di falsità"; ed é ciò che comunemente si intende per "relativismo).
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 09:58:35 AMConcordo che oggi la filosofia trovi più terreno fertile se si rivolge "etologicamente" (oltre che eticamente) all'uomo, piuttosto che all'Essere e all'essere-dell'-uomo-in-quanto-ente (lasciamolo a biologi, genetisti, neurologi, etc.).
Se c'è una cosa che non serve a nulla nella ricerca della verità è sparare a zero sulla modernità nel suo complesso [...] Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica.
Citazione di: Phil il 12 Novembre 2018, 20:29:13 PMCiao Phil
Allora la verità incontrovertibile è la direzione, non il punto d'arrivo? O siamo già al cospetto di due verità incontrovertibili? ;)
Da qualunque parte sia la verità è sempre dentro il linguaggio (l'unica cornice che possa darle un senso), esattamente come tutti i concetti astratti.
L'universo è ontologicamente "là fuori", la verità è semanticamente "qui dentro" (nel discorso linguistico).
Pensare ad una verità "topograficamente" ubicata, significa entificarla, il che comporta smettere di parlarne come concetto e iniziare a parlare di relazione di enti, ma ciò è pur sempre un parlarne, per cui non si esce mai "fuori bordo" (proprio come i cartelli che indicano l'uscita di emergenza sono sempre dentro, pur indicando il fuori...).
Il pre-linguistico, o meglio, il non-linguistico è ciò che ci fa rivolgere alla verita senza porci il problema (tutto concettuale) di segnificarla e significarla come "verità" (per affrontare il "fuori bordo", bisogna abbandonare il linguaggio, lasciando il problema della verità, inevitabilmente, a bordo... forse un esempio potrebbe essere l'esperienza estetica).
Citazione di: Ipazia il 11 Novembre 2018, 19:41:15 PMPer andare su Marte c'è la teoria della relatività, per andare al supermercato basta Newton e Galileo e per trovare il bosone di Higgs ci vuole la meccanica quantistica.Citazione di: paul11 il 11 Novembre 2018, 13:55:57 PM
D'altra parte dove sta la realtà ontologica con la relatività e la quantistica?
Nel fatto che per mandare una sonda su Marte devi calcolare i tempi in maniera relativistica altrimenti toppi il bersaglio. Il tempo fisico dipende dall'attrazione di gravità e dalla velocità, che sulle lunge distanze e gradienti gravitazionali variabili pesano. Il postulato quantistico è che natura facit saltus e nel farlo accadono tutta una serie di altre cose rilevabili strumentalmente. Ontologia purissima.Citazione
Dove sta il protocollo scientifico sperimentale che dovrebbe processare gli step della conoscenza? Ogni scienziato è un pensiero che si discosta da un altro e questo in tutte le discipline che si autodefiniscono scientifiche.
Ma il dato sperimentale mette tutti in riga. Fino alla prossima falsificazione, che non è un nulla metafisico ma una teoria di maggiore potenza esplicativa.Citazione
Dove sta allora la verità quando un teorico della conoscenza del Novecento riducendo la gnoseologia che era la totalità della conoscenza all'epistemologo come teorico solo della conoscenza cosiddetta scientifica? E il resto delle forme della conoscenza?
Filosofi, se ci siete battete un colpo. E' materia vostra. Marx ci aveva provato con la filosofia della prassi, che purtroppo aveva il difetto di non moltiplicare le cattedre universitarie.Citazione
Su cosa poggia allora la scienza moderna, quando non è più chiaro cosa sia oggetto e soggetto,
Azzardo un'ipotesi: la conoscenza funziona anche senza la vexata questio soggetto-oggettoCitazione
e si è pure illuso che il linguaggio chiarisse la relazione fra uomo e mondo? Quando Frege, maestro di B Russell, ripropone la logica proposizionale, che ricordo fu originata dalla scuola della Stoà, dagli stoici, e si illude che desoggettivando la persona, togliendoli la psiche ,un linguaggio possa funzionare, in realtà descrive allora solo parole privo del soggetto conoscitivo, dell'agente conoscitivo.
In realtà la linguistica ha diradato molte nebbie e, cosa altrettanto importante, ha mostrato la nebulosità di tante ipotesi ontologico-epistemiche caricate fraudolentemente su di essa.Citazione
La modernità ha alterato completamente le forme della conoscenza. illudendosi che andando incontro alle cose, agli enti, sezionandoli, categorizzandoli, facendo tassonomie, classificando, noi abbiamo"preso" il mondo a nostra umana somiglianza.
La modernità, ma anche l'antichità di un Archimede, ci ha reso il mondo fruibile fisicamente, non metafisicamente. Il che ha arrecato grandi vantaggi alla nostra specie. Se i metafisici non sono stati parimenti bravi nel renderci fruibile il mondo di loro competenza è colpa dei metafisici, non della modernità.
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 09:58:35 AMNon hai capito la differenza fra filosofia e scienza sperimentale.
@ paul11
Se c'è una cosa che non serve a nulla nella ricerca della verità è sparare a zero sulla modernità nel suo complesso, confondendo le teorie con i dati acquisiti. I quali ultimi sono senz'altro superiori, in campo scientifico, a quanto prodotto dall'antichità. Semmai, dove il discorso langue, è in campo filosofico. Comprensibile, dopo essersi visto scippato il tormentone ontologico da chi dell'essere ha dimostrato di capirci di più. Parentesi: troppo comodo ironizzare sulle stringhe, ignorando le difficoltà dell'infinitamente piccolo, grande e lontano, da parte di chi non è andato oltre la masturbazione sull'Essere (senza con ciò escludere l'autoerotismo della comunità scientifica, soprattutto quando esso ha il sospirato lieto/a fine in una carica accademica). Chiusa parentesi.
Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica. Saprà colonizzarle senza ennesime, ma a questo punto della sua storia infinitamente più ridicole, millenarie masturbazioni meta-meta-meta-fisiche. Ai posteri l'ardua sentenza.
Citazione di: Lou il 13 Novembre 2018, 13:04:56 PMNon a caso l'ho citato fra coloro che ci invitano a rivolgerci all'uomo non come ente ontologico, ma come essere vivente (per non dire "animale").
Proprio Socrate @.@ per cui la ricerca della verità è l'anticamera necessaria per l'etica, anzi è la prima mossa etica par excellence dell'uomo, la conoscenza!
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 13:37:17 PMNon colgo la (possibile) contraddizione nel/del dire ciò che è "fuori": questa è la funzione principale del linguaggio (metalinguaggio a parte ;) ), ovvero creare un "mondo" linguistico (dicibile, ma prima ancora pensabile) ispirato e possibilmente conforme a quello non-linguistico, in una sorta di appropriazione/traduzione semantica che rende "ragionabile" il reale (non linguistico).
Quindi anche il "fuori bordo", essendo prima pensato poi detto, è inequivocabilmente un "dentro il bordo".
Però, ti chiedevo appunto se trovi contraddittorio questo "dire", o pensare, il "fuori bordo" (e pur
con la consapevolezza dell'intima contraddizione che vi è insita)...
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 14:43:11 PMIl tuo problema è la quantità di vita, il mio la qualità e infatti questa è cultura estensiva e quantitativa con infinite verità senza la verità incontrovertible.e questo conduce alle contraddizioni sul piano delle prassi: non ci potrete capire di economia e politica,dove si fanno chiacchiere a quantità e dove la legge non è più giustizia e l'etica è decaduta a utilitarismo.
Nella scienza c'è tutta l'ontologia possibile e dimostrabile. (Al supermercato si va anche con Einstein, avendo un orologio così sensibile da autocorreggersi quando sali dal primo al secondo piano). La quantistica non è incompatibile con la relatività e il modello dei campi sta mettendo tutti d'accordo. Ma non è questo il problema. Il problema è che l'ontologia scientifica, con tutte le sue approssimazioni, ha allungato la vita anche ai filosofi, mentre con l'Essere non si sopravvive nemmeno da mattina a sera. Veridicamente almeno, perchè sulla finzione si può anche campare mille e più anni. Ma non diventa per questo verità.
Esiste pure un'ontologia degli enti immateriali, dei valori, propria della filosofia. Uno di questi è la verità. E' in nome di tale valore che si è dovuto consegnare l'Essere alla casa di riposo della filosofia e cominciare a ragionare sugli esseri della realtà empirica.
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 16:04:50 PMCiao PhilCitazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 13:37:17 PMNon colgo la (possibile) contraddizione nel/del dire ciò che è "fuori": questa è la funzione principale del linguaggio (metalinguaggio a parte ;) ), ovvero creare un "mondo" linguistico (dicibile, ma prima ancora pensabile) ispirato e possibilmente conforme a quello non-linguistico, in una sorta di appropriazione/traduzione semantica che rende "ragionabile" il reale (non linguistico).
Quindi anche il "fuori bordo", essendo prima pensato poi detto, è inequivocabilmente un "dentro il bordo".
Però, ti chiedevo appunto se trovi contraddittorio questo "dire", o pensare, il "fuori bordo" (e pur
con la consapevolezza dell'intima contraddizione che vi è insita)...
Che il linguaggio (i concetti, la logica, etc.) non possa uscire da se stesso (nel dire ciò che è fuori), non mi pare contraddittorio, piuttosto è una questione di limite strutturale (che non ne inficia il funzionamento... anzi, è il "senso" dell'esistenza del linguaggio).
Sarebbe contraddittorio se l'indicazione per l'uscita di emergenza fosse posta fuori dall'edificio, ma finché è dentro fa egregiamente la sua funzione (indicando l'altro da sé).
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 16:04:50 PMGuarda io non sottovaluto nessuna prospettiva, però mi son sentita di esprimere, con quel "proprio" un anelito di ricerca verso l'universalità e l'oggettività della verità portata avanti da Socrate medesimo, un invito rinnovato nel titolo di questo topic, roba per cui ci ha lasciato le penne, non perché ne fu in possesso, nè custode, ma, da posseduto alla ricerca, non la tradì e la difese non cercando compromessi. Forse, perchè in antichità, fu etico e virtuoso un margine di coerenza tra pensare, dire e fare.Citazione di: Lou il 13 Novembre 2018, 13:04:56 PMNon a caso l'ho citato fra coloro che ci invitano a rivolgerci all'uomo non come ente ontologico, ma come essere vivente (per non dire "animale").
Proprio Socrate @.@ per cui la ricerca della verità è l'anticamera necessaria per l'etica, anzi è la prima mossa etica par excellence dell'uomo, la conoscenza!
Secondo me, la necessità di un'etica pur senza il possesso della verità è un'istanza da non sottovalutare... il che non svaluta certo il programma della ricerca socratica :)
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 19:47:28 PM
Ridurre il fenomeno a segno linguistico, il concetto a segno concettuale, e il linguaggio ad unico strumento cognitivo, è quantomeno azzardato. I primi a non esserne così convinti sono proprio linguisti e cognitivisti le cui scuole proliferano assai, l'una contro l'altra armate da posizioni teoriche assai lontane tra loro:
TEORIA DEI LINGUAGGI
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 12:45:27 PMCitazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AMNon credo abbia avuto un lapsus, volevo distinguere fra "ci sono molte verità" e "tutte le posizioni sono verità": la prima non implica l'assenza di falsità (molte verità non escludono molte falsità), la seconda comporta che nulla sia falso (se tutto è vero...).
Forse hai commesso un lapsus per "qualcuno che rinneghi il concetto di verità... ".
Ma io ho conosciuto (anche in questo forum) chi afferma (pretende erroneamente, falsamente) che ci sono infinite verità (anche reciprocamente contraddittorie) tutte ugualmente vereCitazione
"Tutte le posizioni sono verità" é una quasi-definizione del relativismo.
Se per "verità" si intende "predicato vero (conoscenza vera)", allora "ci sono molte verità" (oltre a moltissime falsità) mi sembra una cosa ovvia e banale.
Se nell ' universo infinito ci sono e ci saranno sempre infiniti pianeti abitati da animali coscienti e intelligenti (come sono propenso a credere), allora non ci sono solo "molte" "bensì "infinite" verità (in quel senso).Citazione di: sgiombo il 13 Novembre 2018, 07:58:48 AMSe il relativismo comunemente inteso rinnega il concetto di falsità, è una fortuna che ci sia anche il relativismo filosoficamente inteso (da wikipedia in su...) ;)
(Se non hai commesso un lapsus questo potrebbe essere "rinnegare il concetto di falsità"; ed é ciò che comunemente si intende per "relativismo).CitazioneMa allora per farmi capire cosa pensi (ed eventualmente fare apprezzare anche a me il relativismo filosoficamente inteso) dovresti spiegarmi che cosa é il relativismo filosoficamente inteso e in che cosa differisce dal relativismo comunemente inteso (quello per il quale su qualsiasi questione ci sono tante (forse infinite) verità, anche reciprocamente contraddittorie (ovvero non ci sono cose ma interpretazioni).
Tornando più in temaCitazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 09:58:35 AM
Se c'è una cosa che non serve a nulla nella ricerca della verità è sparare a zero sulla modernità nel suo complesso [...] Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica.
Concordo che oggi la filosofia trovi più terreno fertile se si rivolge "etologicamente" (oltre che eticamente) all'uomo, piuttosto che all'Essere e all'essere-dell'-uomo-in-quanto-ente (lasciamolo a biologi, genetisti, neurologi, etc.).
In fondo è il consiglio che ci diedero già i primi pensatori non-troppo-metafisici: Socrate, i sofisti, gli epicurei, i cinici, gli scettici, etc. (a cui aggiungerei il recente "quintuplice sentiero" di Sariputra :) ), tuttavia la storia occidentale premiò (non troppo ingiustamente) Platone e Cristo, così ora, per chi vuole, se ne può affrontare il suddetto gramo "lutto" (anche se preferisco, come detto, parlare di meritato "pensionamento" nell'"ospizio" dei libri di storia, sempre aperti a proficue "visite"...).Citazione
Concordo che sparare a zero acriticamente sulla modernità (ma anche sull' antichità) non serve a nulla nella ricerca della verità (non così criticare la modernità, non accettarla acriticamente; e anche l' antichità).
La filosofia oggi e sempre ha tanti terreni fertili, utilissimi e interessantissimi da coltivare, oltre a quello dell' etica: per esempio la critica razionale della conoscenza in generale e della conoscenza scientifica in particolare e l' ontologia (lo studio della realtà, che non è limitata alla materia scientificamente conoscibile, nella sia accezione più generale, astratta, complessiva; e fra l' altro la natura delle relazioni fra materia, in particolare cerebrale, e coscienza, che sono ben altro della banale constatazione scientifica, già rilevabile ai tempi di Broca e di Wernicke, che ad ogni determinato stato di coscienza necessariamente coesiste un un determinato stato neurofisiologico di un determinato cervello e viceversa).
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 17:11:40 PMEppure non se ne può non parlare :)
La contraddizione consiste nel parlare di "fatti"; di "oggetti" e via discorrendo senza aver la consapevolezza
che laddove non si ipotizzi una "posizione privilegiata" non se ne dovrebbe parlare.
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 17:11:40 PMSulla manifestazione sensibile (non-linguistica: vedo una sedia, sento un suono, etc.) o la sua narrazione (linguistica: mi si dice che c'è una grossa muraglia in Cina o che se mi butto dal decimo piano muoio), ovvero sull'esperienza diretta, la mediazione della logica (e dell'interpretazione individuale) e la (eventuale) accettazione/mediazione da parte della comunità dei parlanti e del suo vocabolario.
Perchè il problema non è la verità, o per meglio dire il "criterio di verità" (che risiede nel linguaggio), ma
la corrispondenza di questo con l'oggetto di cui si sta affermando qualcosa.
E allora, a me pare, la domanda diventa: su cosa ci basiamo per affermare tale corrispondenza?
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 17:11:40 PMLa corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica è convenzionale, si basa su una definizione arbitraria e sulla sua appartenenza al vocabolario di una certa comunità di parlanti (v. molteplicità delle lingue, aspetto diacronico delle lingue, etc.).
Cosa, ovvero, conosciamo dell'oggetto per poter affermare che vi è corrispondenza fra questo e il segno linguistico
con cui lo nominiamo?
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 17:11:40 PMNon direi: il mondo non-linguistico ci è noto attraverso i sensi che colgono gli eventi (o attraverso il suddetto tipo di narrazione che presuppone, in buona fede, che il narratore possa riferirsi ad esperienze sensibili... altrui, possibilmente, se si parla del decimo piano ;D ).
Come facciamo, per usar le tue parole, a "creare un mondo linguistico ispirato e possibilmente
conforme a quello non linguistico" se tale mondo non linguistico ci è noto solo attraverso il segno linguistico?
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 17:11:40 PM
come "fenomeno", ovvero come segno linguistico
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 20:24:39 PMCome anticipato da Ipazia, non ridurrei il fenomeno al linguaggio, il fenomeno linguistico è un tipo di fenomeno, ma ci sono anche fenomeni non linguistici, se per fenomeno intendiamo (etimologicamente) ciò che appare, ciò che si manifesta (è, come dicevo, una questione di vocabolario e definizioni che non sono la realtà, ma la indicano/esprimono, come dicevano già Husserl, Derrida, etc.).
Il fenomeno è senz'altro corrispondente al segno (linguistico o meno ) e al concetto. Trovo, anzi, che questi tre
termini siano in un certo qual modo semiologicamente equivalenti.
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 20:24:39 PM
Il fenomeno è senz'altro corrispondente al segno (linguistico o meno ) e al concetto.
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 20:24:39 PM
Trovo, anzi, che questi tre
termini siano in un certo qual modo semiologicamente equivalenti.
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 20:24:39 PM
Il linguaggio non è l'unico strumento cognitivo.
Citazione di: 0xdeadbeef il 13 Novembre 2018, 20:24:39 PM
L'intelletto può rendersi consapevole che vi è una realtà ad esso esterna, estranea ed irriducibile; quindi può, attraverso il linguaggio, esprimere un qualcosa che va "oltre" il linguaggio.
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 14:43:11 PM
Nella scienza c'è tutta l'ontologia possibile e dimostrabile.CitazioneLe qualità fenomeniche dell' esperienza esistono eccome nelle coscienze (anche se non sono intersoggettive; ma intersoggettivo =/= reale e meramente soggettivo ovvero non intersoggetivo =/= non reale) e la scienza non ci capisce (non può capirci) nulla.
(Al supermercato si va anche con Einstein, avendo un orologio così sensibile da autocorreggersi quando sali dal primo al secondo piano). La quantistica non è incompatibile con la relatività e il modello dei campi sta mettendo tutti d'accordoCitazioneA me non pare proprio (ma qui si tratta semplicemente di essere più o meno ottimisti).
. Ma non è questo il problema. Il problema è che l'ontologia scientifica, con tutte le sue approssimazioni, ha allungato la vita anche ai filosofi, mentre con l'Essere non si sopravvive nemmeno da mattina a sera. Veridicamente almeno, perchè sulla finzione si può anche campare mille e più anni. Ma non diventa per questo verità.Citazione(A parte il fatto che l' "ontologia scientifica", oltre che per allungare la vita, é stata applicata anche per distruggerla fino a perpetrare genocidi; e rischia fortemente di essere applicata all' umanicidio) i filosofi, senza negare l' importanza delle produzioni materiali (se non nelle maligne e false deformazioni caricaturali di scientisti e positivisti), generalmente non hanno mai preteso di spacciarsi per agricoltori, artigiani o produttori di altri beni e servizi materiali.
Ma non di solo pane vive l' uomo (per lo meno ad un elevato grado di civiltà), ma fra l' altro anche di conoscenza (e non solo di conoscenza pratica strumentale ma pure di consocenza come fine a se stessa).
Esiste pure un'ontologia degli enti immateriali, dei valori, propria della filosofia. Uno di questi è la verità. E' in nome di tale valore che si è dovuto consegnare l'Essere alla casa di riposo della filosofia e cominciare a ragionare sugli esseri della realtà empirica.CitazioneNoto per la cronaca che la scienza, non meno della filosofia, ha enormi ospizi pieni di bavosi anziani rincoglioniti col pannolone e delle rispettive teorie da gran tempo tramontate.
A parte il fatto che la realtà materiale scientificamente conoscibile non esaurisce affatto la realtà in toto, la ricerca scientifica empirica (scopre molte verità particolari, ma) é costretta a ricorrere alla critica razionale filosofica per comprendere natura, significato, limiti, condizioni di verità della della conoscenza in generale e della stessa sua propria conoscenza (scientifica).
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMLa corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica è convenzionale, si basa su una definizione arbitraria e sulla sua appartenenza al vocabolario di una certa comunità di parlanti (v. molteplicità delle lingue, aspetto diacronico delle lingue, etc.).Ciao Phil
Citazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMSulla manifestazione sensibile (non-linguistica: vedo una sedia, sento un suono, etc.) o la sua narrazione (linguistica: mi si dice che c'è una grossa muraglia in Cina o che se mi butto dal decimo piano muoio), ovvero sull'esperienza diretta, la mediazione della logica (e dell'interpretazione individuale) e la (eventuale) accettazione/mediazione da parte della comunità dei parlanti e del suo vocabolario.
Come anticipato da Ipazia, non ridurrei il fenomeno al linguaggio, il fenomeno linguistico è un tipo di fenomeno, ma ci sono anche fenomeni non linguistici, se per fenomeno intendiamo (etimologicamente) ciò che appare, ciò che si manifesta (è, come dicevo, una questione di vocabolario e definizioni che non sono la realtà, ma la indicano/esprimono, come dicevano già Husserl, Derrida, etc.).
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMCitazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMLa corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica è convenzionale, si basa su una definizione arbitraria e sulla sua appartenenza al vocabolario di una certa comunità di parlanti (v. molteplicità delle lingue, aspetto diacronico delle lingue, etc.).Ciao Phil
Se, come dici, la corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica (nei miei termini:
la corripondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa) è convenzionale etc.(vedi sopra), allora questo vuol
semplicemente dire che una convenzione vale l'altra, visto che non possediamo nessun "metro" per misurare la
oggettività, il "valore", di una convenzione rispetto ad una qualsiasi altra.
Posizione rispettabilissima, per carità, ma è bene essere consapevoli che con un tale punto di vista ogni convenzione
(basandosi, secondo le tue stesse parole, su una definizione arbitraria) linguistica può aspirare ad arrogarsi il
diritto di rappresentare il "vero".
Chi o che cosa, infatti, stabilisce cos'è "una certa comunità di parlanti"?
Può essere questa di questo forum; può essere quella dei contrari ai vaccini o quella di coloro che sostengono che la
terra è piatta: tutto quello che all'interno di queste "comunità di parlanti" viene detto ha, secondo il tuo
ragionamento, il medesimo valore veritativo.
Ma poi perchè mai, se il principio viene accettato, "limitarci" alla comunità? Vi è forse un motivo per non restringere
il campo all'individuo? Se c'è io non lo vedo, perchè se la base del ragionamento è la "definizione arbitraria" (pur
se della comunità) allora chi lo dice all'individuo che la sua, di definizione arbitraria, è meno valida di quella
di una comunità qualsiasi?
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 04:04:22 AMCitazione di: Phil il 13 Novembre 2018, 21:19:13 PMSulla manifestazione sensibile (non-linguistica: vedo una sedia, sento un suono, etc.) o la sua narrazione (linguistica: mi si dice che c'è una grossa muraglia in Cina o che se mi butto dal decimo piano muoio), ovvero sull'esperienza diretta, la mediazione della logica (e dell'interpretazione individuale) e la (eventuale) accettazione/mediazione da parte della comunità dei parlanti e del suo vocabolario.
Come anticipato da Ipazia, non ridurrei il fenomeno al linguaggio, il fenomeno linguistico è un tipo di fenomeno, ma ci sono anche fenomeni non linguistici, se per fenomeno intendiamo (etimologicamente) ciò che appare, ciò che si manifesta (è, come dicevo, una questione di vocabolario e definizioni che non sono la realtà, ma la indicano/esprimono, come dicevano già Husserl, Derrida, etc.).
Ciao Phil (e scusami se rispondo in due tempi...)
Su quest'altra questione occorre che io ti chiarisca un attimo il mio punto di vista (che poco distingue fra segno
linguistico e non-linguistico).
Per me esiste soprattutto (cioè è determinante) il "segno", e basta. Nel modo cui lo intendeva Peirce (già il
pensarlo è inserire il pensato all'interno di una catena segnica).
Non che, naturalmente, non vi sia differenza fra segno linguistico e non-linguistico; ma mi pare, appunto, che
determinante sia il "segno", soprattutto laddove questo va ad interpretare l'oggetto "primo" (e la prima
interpretazione di questo è senza dubbio un pensiero).
E' solo a seguito di questo primo e determinante momento che comincia la sequela dei significanti e dei
significati (e con essi comincia il segno linguistico).
Da questo punto di vista, la sedia, il suono o la muraglia Cinese sono sì eventi del sensibile, ma sono anche e
soprattutto dei già interpretati, cioè dei segni (lungo questa discussione abbiamo fatto gli esempi di una
tastiera di pc, di un leone e della giustizia; di come essi cambiano a seconda delle varie interpretazioni).
saluti
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2018, 06:30:01 AM
@sgiompo
Dal mio commento risultava che:
1) non riduco tutta l'ontologia all'ambito scientifico, ma solo quella degli oggetti materiali (e stranezze ibride postulate da altri saperi come esistenti, su cui aiuta a fare chiarezza e verità)Citazione
Non mi era sembrato ("Nella scienza c'è tutta l'ontologia possibile e dimostrabile", tuo intervento #146 in questa discussione).
2) lascio alla filosofia il dominio importantissimo dell'ontologia degli oggetti immateriali derivanti dall'operari umano, compresa la scienza nei suoi aspetti metafisici ed etologici (epistemologia, non surrogati metafisici pseudoscientifici)Citazione
Anche questo non mi era sembrato ("Esiste pure un'ontologia degli enti immateriali, dei valori, propria della filosofia. Uno di questi è la verità. E' in nome di tale valore che si è dovuto consegnare l'Essere alla casa di riposo della filosofia e cominciare a ragionare sugli esseri della realtà empirica" -ibidem-; "Semmai, dove il discorso langue, è in campo filosofico. Comprensibile, dopo essersi visto scippato il tormentone ontologico da chi dell'essere ha dimostrato di capirci di più. [omissis] Elaborato il lutto, alla filosofia restano aperte le sconfinate praterie dell'etica. Saprà colonizzarle senza ennesime, ma a questo punto della sua storia infinitamente più ridicole, millenarie masturbazioni meta-meta-meta-fisiche. Ai posteri l'ardua sentenza" -intervento # 139-
Comunque sono ben contento di ricredermi:
Viva la filosofia!
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 04:04:22 AMNon vi è differenza, a mio parere, in quanto, se parliamo della semiotica peirciana che è acclaratamente anti-intuizionista , il segno (sia icona, che indice che simbolo - che sono i principali, che hanno la stessa funzione mediatrice, in questo senso non vi è differenza) è il mediatore tra oggetto e interpretante, che sono i tre poli della struttura triadica, dove certamente è il segno a determinare la mediazione perchè si dia interpretazione, ma il il motore che innesca il circuito delle interpretazioni è l'oggetto.
Non che, naturalmente, non vi sia differenza fra segno linguistico e non-linguistico; ma mi pare, appunto, che
determinante sia il "segno", soprattutto laddove questo va ad interpretare l'oggetto "primo" (e la prima
interpretazione di questo è senza dubbio un pensiero).
E' solo a seguito di questo primo e determinante momento che comincia la sequela dei significanti e dei
significati (e con essi comincia il segno linguistico).
Da questo punto di vista, la sedia, il suono o la muraglia Cinese sono sì eventi del sensibile, ma sono anche e
soprattutto dei già interpretati, cioè dei segni (lungo questa discussione abbiamo fatto gli esempi di una
tastiera di pc, di un leone e della giustizia; di come essi cambiano a seconda delle varie interpretazioni).
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMCredo si possa ben affermare che ogni linguaggio, o meglio, lingua, una volta decontestualizzata, "vale" un'altra: «sedia» o «chair» o «chaise», l'importante è che sia chiaro per chi si esprime, ed eventualmente per chi ascolta, l'oggetto (o meglio l'identità) di cui si parla; altrimenti il linguaggio non comunica e dunque non funziona.
Se, come dici, la corrispondenza fra l'identità dell'oggetto e la sua identità logico-linguistica (nei miei termini:
la corripondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa) è convenzionale etc.(vedi sopra), allora questo vuol
semplicemente dire che una convenzione vale l'altra, visto che non possediamo nessun "metro" per misurare la
oggettività, il "valore", di una convenzione rispetto ad una qualsiasi altra.
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMCerto: «la sedia è rossa», «the chair is red», «la chaise est rouge», non si riferiscono a tre realtà differenti e nemmeno direi che solo una frase vera e le altre due false.
con un tale punto di vista ogni convenzione
(basandosi, secondo le tue stesse parole, su una definizione arbitraria) linguistica può aspirare ad arrogarsi il
diritto di rappresentare il "vero".
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMUna lingua può delineare una comunità di parlanti (per esempio, tutti coloro che parlano italiano), ma anche i dialetti, i sotto-linguaggi settoriali, etc. anche il concetto stesso di «comunità di parlanti» è, in quanto linguistico, inevitabilmente, arbitrario.
Chi o che cosa, infatti, stabilisce cos'è "una certa comunità di parlanti"?
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMPurtroppo non è così facile :)
Può essere questa di questo forum; può essere quella dei contrari ai vaccini o quella di coloro che sostengono che la
terra è piatta: tutto quello che all'interno di queste "comunità di parlanti" viene detto ha, secondo il tuo
ragionamento, il medesimo valore veritativo.
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 01:25:11 AMInfatti ogni individuo può forgiare i suoi neologismi, le sue definizioni (e questo forum è ricco di esempi di polisemia ;) ) e persino la sua grammatica; si tratta poi di affrontare i problemi di comunicazione se si usa tale linguaggio con altri che ne parlano uno differente (come quando si va all'estero).
Ma poi perchè mai, se il principio viene accettato, "limitarci" alla comunità? Vi è forse un motivo per non restringere
il campo all'individuo? Se c'è io non lo vedo, perchè se la base del ragionamento è la "definizione arbitraria" (pur
se della comunità) allora chi lo dice all'individuo che la sua, di definizione arbitraria, è meno valida di quella
di una comunità qualsiasi?
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 04:04:22 AMConcordo, per questo tali identità logico-linguistiche («sedia», «suono», «muraglia», etc.) non sono l'oggetto a cui si riferiscono, ma la sua identificazione linguistica (loro sono dentro il linguaggio, l'"oggetto" corrispondente è postulato come "fuori").
Da questo punto di vista, la sedia, il suono o la muraglia Cinese sono sì eventi del sensibile, ma sono anche e
soprattutto dei già interpretati, cioè dei segni (lungo questa discussione abbiamo fatto gli esempi di una
tastiera di pc, di un leone e della giustizia; di come essi cambiano a seconda delle varie interpretazioni).
Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 10:00:36 AM
Non vi è differenza, a mio parere, in quanto, se parliamo della semiotica peirciana che è acclaratamente anti-intuizionista , il segno (sia icona, che indice che simbolo - che sono i principali, che hanno la stessa funzione mediatrice, in questo senso non vi è differenza) è il mediatore tra oggetto e interpretante, che sono i tre poli della struttura triadica, dove certamente è il segno a determinare la mediazione perchè si dia interpretazione, ma il il motore che innesca il circuito delle interpretazioni è l'oggetto.
"pc" è un segno (simbolo, in quanto è un segno linguistico) che sta per l'oggetto dinamico, la realtà esterna (o "cosa in sè) in tutta la sua complessità reale di cui attraverso la semiosi illimitata ne cogliamo alcuni aspetti/proprietà, dando approssimazioni di essa.
Citazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 21:27:07 PM
Ma anche no. Il fenomeno di un'eruzione vulcanica può corrispondere al segno e al concetto di una forza tellurica o di una manifestazione divina in base alle credenze dell'osservatore.
E meno male. Quindi esiste anche una conoscenza extralinguistica.
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AMCredo si possa ben affermare che ogni linguaggio, o meglio, lingua, una volta decontestualizzata, "vale" un'altra: «sedia» o «chair» o «chaise», l'importante è che sia chiaro per chi si esprime, ed eventualmente per chi ascolta, l'oggetto (o meglio l'identità) di cui si parla; altrimenti il linguaggio non comunica e dunque non funziona.E' un po troppo facile chiudendo il cerchio alle lingue indoeuropee, che sono pressochè identiche. Se prendo la parola "tempo" per esempio, anche decontestualizzata, ha un diverso significato a seconda di ceppi linguistici. Alcuni indicano il progredire del tempo "in avanti" rispetto al soggetto (come noi europei), altri indietro, altri verso l'alto.. In alcune lingue della Nuova Guinea non esiste il saluto, e ciò che tradurresti come "parola di saluto" è invece la domanda "dove stai andando?" cosicchè tutta la tribù ha accesso ad un sistema di georeferenziazione linguistica ogniqualvolta si saluta. La stessa "verità" in molte lingue ha diverse varianti senza complemento (oggettiva, relativa etc) che indicano concetti completamente diversi, e non concetti che si differenziano attraverso un complemento, il che fa una grande differenza con o senza contesto.
Citazione di: InVerno il 14 Novembre 2018, 13:38:30 PMQueste diversità di concettualizzazione, di prassi comunicativa e di semantica, ribadiscono che il rapporto linguaggio/senso/verità è sempre contestuale alla comunità di parlanti (grazie per il bell'esempio della Nuova Guinea).
E' un po troppo facile chiudendo il cerchio alle lingue indoeuropee, che sono pressochè identiche. Se prendo la parola "tempo" per esempio, anche decontestualizzata, ha un diverso significato a seconda di ceppi linguistici. [...] La stessa "verità" in molte lingue ha diverse varianti senza complemento (oggettiva, relativa etc) che indicano concetti completamente diversi, e non concetti che si differenziano attraverso un complemento, il che fa una grande differenza con o senza contesto.
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 13:36:44 PMNon riesco ancora a comprendere tale contraddizione: se tocco una bottiglia d'acqua e mi accorgo che è fredda, acquisisco un'informazione non linguistica che mi fa conoscere meglio la bottiglia e l'acqua; se osservo che per impastare il pane sono necessari alcuni tipi di movimento e riesco ad imitarli con successo, ho imparato ad impastare (ne conosco la tecnica) senza usare il linguaggio; e si potrebbero fare altri esempi... dove si pone la contraddizione in queste forme di conoscenza?
Come ho avuto modo di dire molte volte, è bene essere consapevoli che la conoscenza extra-linguistica "esiste",
ma presenta la forma della contraddizione.
Citazione di: sgiombo il 14 Novembre 2018, 08:49:40 AM
La corrispondenza fra l'oggetto e il segno che lo designa è convenzionale.
Quello che non é convenzionale ma dipende dalla realtà quale é del tutto indipendente dal linguaggio, nonché dai rapporti fra questa e il linguaggio stesso, é la verità delle proposizioni attraverso il linguaggio espresse;
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 14:10:12 PMScusa avevo letto al contrario il tuo ragionamento, ora ho capito, forse mi sono fatto fuorviare da quel "comunità parlanti" con cui ho inteso solamente le persone fisiche attuali senza il loro "bagaglio culturale". E 'abbastanza difficile capirsi in Italiano!
Queste diversità di concettualizzazione, di prassi comunicativa e di semantica, ribadiscono che il rapporto linguaggio/senso/verità è sempre contestuale alla comunità di parlanti (grazie per il bell'esempio della Nuova Guinea).
Quando scrivo che «ogni lingua, una volta decontestualizzata, "vale" l'altra» intendo che il valore dipende appunto dal contesto: in Italia la lingua che "vale" di più è l'italiano perché è quella che consente di parlare con gran parte della popolazione, comprendere comunicazioni scritte, etc. ma il suo "valore d'uso" (à la Marx) è vincolato al contesto e alla comunità di parlanti con cui si ha a che fare.
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 14:24:56 PMLa conoscenza dell'oggetto eccede e travalica la singola comunità di parlanti poiché non è una questione linguistica (d'altronde anche l'esistenza dell'oggetto vale fuori dai confini della comunità linguistica): il linguaggio identifica (e mai univocamente, come ricordava Ipazia), non conosce.
Non vi è nulla di problematico, senonchè la tesi del convenzionalismo mette al centro della riflessione la "comunità
dei parlanti e il suo vocabolario" (come nella parole dell'amico Phil), riferendo a questa la stessa possibilità
di conoscenza dell'oggetto.
Ma questo, nel nostro esempio, può forse voler dire altro che il giudizio sull'oggetto-vaccini è demandato alla
"comunità dei parlanti e al loro vocabolario?
E questo può forse voler dire altro se non l'indistinzione fra ciò che è oggettivo e ciò che è soggettivo?
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AM
Senza lingua non si dà il concetto di "verità" (e tutte le sue estensioni), ma solo percezioni, eventi, azioni e reazioni della verita biologica.
Citazione di: Ipazia il 14 Novembre 2018, 13:21:45 PMCitazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 10:00:36 AM
Non vi è differenza, a mio parere, in quanto, se parliamo della semiotica peirciana che è acclaratamente anti-intuizionista , il segno (sia icona, che indice che simbolo - che sono i principali, che hanno la stessa funzione mediatrice, in questo senso non vi è differenza) è il mediatore tra oggetto e interpretante, che sono i tre poli della struttura triadica, dove certamente è il segno a determinare la mediazione perchè si dia interpretazione, ma il il motore che innesca il circuito delle interpretazioni è l'oggetto.
"pc" è un segno (simbolo, in quanto è un segno linguistico) che sta per l'oggetto dinamico, la realtà esterna (o "cosa in sè) in tutta la sua complessità reale di cui attraverso la semiosi illimitata ne cogliamo alcuni aspetti/proprietà, dando approssimazioni di essa.
Pare proprio, secondo le neuroscienze (che tu hai dimostrato di apprezzare), che il mediatore tra l'oggetto e l'interprete siano fotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori. Tutta roba che nessuno si sogna di chiamare segno. Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. Vedo che i commenti si soffermano sul linguaggio, dove effettivamente l'ontologia del segno e del simbolo è più cristallina. Incluso il segno concettuale che si riscontra in ogni simbolo logico. Ma lì rimane. Come lo interpreta e rimasterizza la cpu umana non è proprio alla portata della triade. Pretendere che lo possa fare sarebbe come attribuire vita propria ai byte e bit del linguaggio informatico, glissando sul fatto che sono solo sequenze di interruttori elettrici aperti e chiusi la cui combinazione opera su una cpu del cui funzionamento, a differenza del cervello umano, sappiamo tutto.
Citazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 13:36:44 PMCitazione di: Ipazia il 13 Novembre 2018, 21:27:07 PM
Ma anche no. Il fenomeno di un'eruzione vulcanica può corrispondere al segno e al concetto di una forza tellurica o di una manifestazione divina in base alle credenze dell'osservatore.
E meno male. Quindi esiste anche una conoscenza extralinguistica.
Ciao Ipazia
C'è evidentemente stato un momento in cui un interprete ha prima pensato, poi detto, questa è una "eruzione
vulcanica". Successivamente, altri interpreti hanno preso quel significato e, sulla base delle loro credenze,
hanno formulato altri significati.
Secondo la mia opinione non è importante (non è importante in questo contesto, non in generale) conoscere
il "punto" della catena segnica ove si trova quella o quell'altra interpretazione, bensì sapere che
tutte queste interpretazioni sono tali in quanto "fenomeni" (kantianamente intesi, naturalmente).
Se poi linguisti e cognitivisti fanno certe distinzioni beh, le faranno certamente con delle ragioni (io
qui mi limito a "coniugare" la semiotica con il kantismo, e a cercare di vedere se ne può scaturire
qualcosa di interessante).
Come ho avuto modo di dire molte volte, è bene essere consapevoli che la conoscenza extra-linguistica "esiste",
ma presenta la forma della contraddizione.
Ad esempio, non ritengo sia immaginazione il pensare ad un universo preesistente a qualsiasi interprete (o ad uno
sperduto pianeta fuori dalla portata di qualunque telescopio). Eppure, queste realtà si "danno" alla nostra
conoscenza solo nel momento in cui divengono "fenomeni" per degli interpretanti che li "nominano"
inserendoli in una precisa catena linguistica.
saluti
Citazione di: InVerno il 14 Novembre 2018, 13:38:30 PMCitazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AMCredo si possa ben affermare che ogni linguaggio, o meglio, lingua, una volta decontestualizzata, "vale" un'altra: «sedia» o «chair» o «chaise», l'importante è che sia chiaro per chi si esprime, ed eventualmente per chi ascolta, l'oggetto (o meglio l'identità) di cui si parla; altrimenti il linguaggio non comunica e dunque non funziona.E' un po troppo facile chiudendo il cerchio alle lingue indoeuropee, che sono pressochè identiche. Se prendo la parola "tempo" per esempio, anche decontestualizzata, ha un diverso significato a seconda di ceppi linguistici. Alcuni indicano il progredire del tempo "in avanti" rispetto al soggetto (come noi europei), altri indietro, altri verso l'alto.. In alcune lingue della Nuova Guinea non esiste il saluto, e ciò che tradurresti come "parola di saluto" è invece la domanda "dove stai andando?" cosicchè tutta la tribù ha accesso ad un sistema di georeferenziazione linguistica ogniqualvolta si saluta. La stessa "verità" in molte lingue ha diverse varianti senza complemento (oggettiva, relativa etc) che indicano concetti completamente diversi, e non concetti che si differenziano attraverso un complemento, il che fa una grande differenza con o senza contesto.
Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 17:39:23 PM
@Ipazia
"Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. "
Non troppo, una ontologia che non ricade in questo processo, che non si fa a sua volta segno, sarebbe del tutto muta, sine "logia", detto banalmente, non sarebbe tale. Ma le neuroscienze di discorsi e narrazioni ne fanno assai..:) che poi se nel loro a(m)bito di pertinenza non si sognano che un fotone possa esser segno, beh su questo aspetto, chissà.
Citazione di: sgiombo il 14 Novembre 2018, 19:44:23 PM
Quello di cui parli qui non sono "le neuroscienze" ma invece l' interpretazione (filosofica) monistica materialistica di quanto le neuroscienze ci insegnano (cioé, per dirlo in due parole, che non si dà alcuna determinata esperienza cosciente in generale, e in particolare alcun determinato pensiero, e più in particolare ancora alcun determinato pensiero simbolico - linguistico senza un determinato processo neurofisiologico in un determinato cervello; e viceversa. Punto e basta).
Citazione
Fotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori non sono affatto il mediatore tra l'oggetto e l'interprete del linguaggio; sono soltanto ciò che al linguaggio pensato o parlato dal parlante (interprete), che é interno alla (accade nella) esperienza cosciente* del parlante stesso corrisponde inevitabilmente (se si danno le "opportune condizioni di recezione sensibile - osservazione") all' interno di ben altre esperienze coscienti** (non ciò che pensa -e dice- il parlante ma ciò che altri possono vedere se osservano il cervello del parlante).
Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 08:04:23 AMCitazione di: sgiombo il 14 Novembre 2018, 19:44:23 PM
Quello di cui parli qui non sono "le neuroscienze" ma invece l' interpretazione (filosofica) monistica materialistica di quanto le neuroscienze ci insegnano (cioé, per dirlo in due parole, che non si dà alcuna determinata esperienza cosciente in generale, e in particolare alcun determinato pensiero, e più in particolare ancora alcun determinato pensiero simbolico - linguistico senza un determinato processo neurofisiologico in un determinato cervello; e viceversa. Punto e basta).
Il supporto "fisico" è una parte non trascurabile della comunicazione.Citazione
Non vedo il nesso con il fatto della diversità della filosofia monistica materialistica dalle neuroscienze.
La comunicazione come fatto fisico di trasmissione di informazioni é altro che (benché ovviamente correlato a) la neurofisiologia (cerebrale) e che la coscienza (due cose a loro volta ulteriormente reciprocamente altre fra loro).CitazioneFotoni, elettroni e sostanze chimiche denominate mediatori, recettori, neurotrasmettitori non sono affatto il mediatore tra l'oggetto e l'interprete del linguaggio; sono soltanto ciò che al linguaggio pensato o parlato dal parlante (interprete), che é interno alla (accade nella) esperienza cosciente* del parlante stesso corrisponde inevitabilmente (se si danno le "opportune condizioni di recezione sensibile - osservazione") all' interno di ben altre esperienze coscienti** (non ciò che pensa -e dice- il parlante ma ciò che altri possono vedere se osservano il cervello del parlante).
Le neuroscienze trattano il supporto fisico della comunicazione umana, la linguistica il suo strumentario di cui il segno è lo strumento principale. Entrambi i punti di vista sono necessari, finchè non si unificheranno in un sapere unificato, che corrisponderebbe ad una perfetta conoscenza dell'universo cognitivo. Nel frattempo eviterei di fisicizzare il segno, come di metafisicizzare i mediatori fisicochimicobiologici della comunicazione.Citazione
Non le neuroscienze ma le scienze della comunicazione e dell' informatica trattano (fra l' altro) dei supporti fisici della comunicazione umana.
La neurofisiologia tratta delle entità fisiche (biologiche cerebrali perfettamente riducibili alla fisica - chimica) implicate nella (e necessariamente coesistenti alla) esperienza cosciente. Ivi compreso ovviamente il linguaggio umano attraverso il quale (oltre che pensare) si comunica; ma che non ha un "supporto" nel senso in cui un software é supportato o implementato su un hardware o un discorso scritto é supportato su carta o altro materiale o la registrazione sonora di un discorso la é in una chiavetta USB, un CD o un nastro magnetico: tutti supporti materiali sui quali una mente cosciente può leggere o sentire e decodificare messaggi simbolici (ovvero "tradurre" simboli verbali scritti o pronunciati nei rispettivi significati) che vi sono stati codificati (ovvero "tradotti" in simboli dai rispettivi significati) da un' altra mente cosciente.
Non così i correlati neurologici del pensiero e della coscienza in generale (e in particolare del linguaggio), i quali non sono affatto "supporti materiali" di informazioni comunicate mediante simboli linguistici da qualche "omuncolo" emittente a (da leggersi e da decodificarsi da parte di) nessun altro "omuncolo" ricevente o "spettro nella macchina cerebrale"; ma invece meri eventi fisici non simbolici che divengono "parallelamente senza interferenze reciproche" con la coscienza cui sono per l' appunto correlati, nell' ambito della quale soltanto accadono simbolizzazioni linquistiche (poi decodificate nei loro significati in altre coscienze, corrispondenti ad altri cervelli: quelle e quelli dei lettori o ascoltatori della comunucazione stessa).
A parte il fatto che la perfezione non esisterà mai, non vedo come si possano unificare (ma casomai reciprocamente integrare nella complementare diversità ontologica dei rispettivi oggetti o argomenti di indagine) lo studio della neurofisiologia del (corrispondente al) linguaggio e quello della semantica e della sintassi, cioé delle caratteristiche proprie del linguaggio stesso come tecnica di comunicazione e di pensiero simbolico (sarebbe come pretendere di unificare cose diverse come la neurofisiologia del pensiero razionale in generale e la logica pretendendo di sostituire lo studio della logica formale -inferenze deduttive, induttive, modus ponens, modus tollens, ecc.- con quello della neurofisiologia degli eventi cerebrali che accadono quando si ragiona logicamente facendo deduzioni e altri calcoli logici).
I segni mi sembrano con ogni evidenza fisici (anche se i loro significati sono mentali), e dunque non possono essere "fisicizzati".
I mediatori neurofisiologici ("fisicochimicobiologici") dell' attività cerebrale e i (diversi!) mediatori fisici della comunicazione non li ho mai "metafisicizzati" (= identificati con la cosa in sé o nuomeno, la quale "sta oltre la materia fisica"; e anche il pensiero mentale: é anche metapsichica) e men che meno "mentalizzati" (= identificati col pensiero).
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 11:17:20 AMCredo si possa ben affermare che ogni linguaggio, o meglio, lingua, una volta decontestualizzata, "vale" un'altra: «sedia» o «chair» o «chaise», l'importante è che sia chiaro per chi si esprime, ed eventualmente per chi ascolta, l'oggetto (o meglio l'identità) di cui si parla; altrimenti il linguaggio non comunica e dunque non funziona.
Purtroppo non è così facile :)
Come anticipato già da sgiombo, va distinta la comunicazione dalla verifica del contenuto della comunicazione: se dico «la sedia è rossa» e tu affermi «la sedia non è rossa», usiamo lo stesso linguaggio, apparteniamo alla stessa comunità di parlanti, ma uno di noi due si sbaglia (senza voler qui cavillare su daltonismi, etc.).
Citazione di: sgiombo il 14 Novembre 2018, 20:39:44 PM
Risposta a Oxdeadbeef (intervento #172 )
Ma dove avresti mai trovato la ben che minima "traccia di relativismo" nei miei interventi (nei quali il relativismo é sempre puntualmente stato bollato e stigmatizzato come falso e insensato (pretesa che tutte le affermazione -comprese quelle fra loro contraddittorie- sarebbero "verità", che non esistano "fatti" ma solo "interpretazioni" delle quali l' una vale l' altra) ? ? ?
O sono io che non comprendo, e quanto affermi in quell' intervento non é un' obiezione ma invece un' espressione di concordanza con quanto da me sostenuto, magari "calcando anche la mano"?
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMCerto, il cosiddetto "significato" è diverso in ciascun caso, ma il referente empirico è il medesimo (l'animale leone).
Con l'amica Ipazia facevamo l'esempio del leone (per me, dicevo, il termine "leone" assume significati diversi
a seconda che l'interprete sia una donna africana intenta a raccogliere frutta selvatica; un guerriero armato
di frecce e lancia o un cacciatore bianco impegnato in un safari),
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMIn teoria, infinite, anche composte da un solo individuo; tuttavia, come sopra, il referente empirico resterebbe il medesimo...
In questo caso abbiamo individuato tre "comunità di parlanti"; ma quante altre se ne potrebbero individuare
(potenzialmente per quanti individui pensano il leone)?
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMNon c'è criterio dirimente applicabile, perché la verifica non ha un referente empirico (quindi intersoggettivo, studiabile, etc.) a cui rivolgersi; per quanto possa risultare sconsolante, è solo una questione di definizioni e visione del mondo. Per questo motivo un'etica non può falsificare "oggettivamente" un'altra etica.
Figuriamoci poi quando si passa a definire concetti fondamentali come, si diceva, è quello di "giustizia"...
Ritengo qui emerga chiaramente tutta la "debolezza" del concetto di verità per convenzione.
Se, per fare un esempio, io dico che la giustizia è "l'utile del più debole" mentre tu dici che è "l'utile
del più forte" (come nel celebre dialogo platonico...) su quale criterio stabiliamo chi ha ragione e chi torto?
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMTrattandosi di un concetto, consiste nella definizione (convenzionale, quindi interpretabile e mutevole) che se ne dà (e nella più o meno coerente interazione con altri concetti pertinenti).
In altre parole, di cosa pensiamo consista l'oggetto-giustizia per dire di essa se è l'utile del più forte o
quello del più debole?
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMSolo se l'"oggetto" del discorso è un concetto (come quello del "significato" del leone), ovvero un elemento culturale non empirico, il cui senso cambia geograficamente, temporalmente, culturalmente, etc.
che laddove si assuma la corrispondenza fra l'oggetto e il segno come convenzione, l'esito non può essere
altro che il relativismo;
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMNé il convenzionalismo, né il relativismo, né il pluralismo sono un "qualunquismo" (come vengono spesso stereotipati).
dove qualunque cosa si dica ha sempre il
medesimo valore.
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMAd ogni contesto segnico (semantico, pragmatico, etc.) la sua verifica: per verificare il leone-trofeo o il leone-minaccia serviranno magari procedure differenti... una verifica che mette in comunicazione i due contesti è quella empirica, ovvero verificare che si tratti davvero di un leone; poi ognuno dei due contesti, procederà secondo la sua direzione.
Affermi infatti che va distinta la comunicazione dalla verifica del contenuto della comunicazione. Ma quale
verifica sarà mai possibile fra "segni" diversi (ad esempio fra le donne africane e i cacciatori bianchi)?
Citazione di: 0xdeadbeef il 15 Novembre 2018, 15:30:32 PMInfatti il medesimo leone (unico referente empirico) può assumere il "significato" (seguo il tuo linguaggio) di minaccia, preda, soggetto fotografico, animale da studiare, o altro, e la verità di tali significati (inevitabilmente plurali) dipende da chi ne parla e dal contesto. Di (inters)oggettivo (denominatore comune) a tutte le suddette verità c'è solo l'esistenza dell'animale con le sue proprietà fisiche e biologiche.
Una verifica, al limite, sarà possibile solo all'interno dello stesso gruppo (cioè dello stesso "segno" semiotico);
ma anche all'interno di questo l'individuo potrà sempre dire che, nell'inesistenza di qualsiasi criterio oggettivo,
la sua difforme opinione non è un "errore", ma una diversa e legittima prospettiva.
Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 07:41:41 AMVedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 17:39:23 PM
@Ipazia
"Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. "
Non troppo, una ontologia che non ricade in questo processo, che non si fa a sua volta segno, sarebbe del tutto muta, sine "logia", detto banalmente, non sarebbe tale. Ma le neuroscienze di discorsi e narrazioni ne fanno assai..:) che poi se nel loro a(m)bito di pertinenza non si sognano che un fotone possa esser segno, beh su questo aspetto, chissà.
Confutazione ineccepibile dal punto di vista del logos (linguistica), incluso il logos scientifico (ontologia). Un po' meno dal punto di vista delle neuroscienze che studiano l'essere (ta onta) a prescindere dall'osservatore.
Citazione di: Phil il 14 Novembre 2018, 14:10:12 PMCitazione di: 0xdeadbeef il 14 Novembre 2018, 13:36:44 PMCome ho avuto modo di dire molte volte, è bene essere consapevoli che la conoscenza extra-linguistica "esiste",Non riesco ancora a comprendere tale contraddizione: se tocco una bottiglia d'acqua e mi accorgo che è fredda, acquisisco un'informazione non linguistica che mi fa conoscere meglio la bottiglia e l'acqua; se osservo che per impastare il pane sono necessari alcuni tipi di movimento e riesco ad imitarli con successo, ho imparato ad impastare (ne conosco la tecnica) senza usare il linguaggio; e si potrebbero fare altri esempi... dove si pone la contraddizione in queste forme di conoscenza?
ma presenta la forma della contraddizione.
Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PM
Vedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.
Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PMogni tanto una corrente d'aria in un forum che è diventato antifilosofico e pochezza scientifico linguistica.Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 07:41:41 AMVedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 17:39:23 PM
@Ipazia
"Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. "
Non troppo, una ontologia che non ricade in questo processo, che non si fa a sua volta segno, sarebbe del tutto muta, sine "logia", detto banalmente, non sarebbe tale. Ma le neuroscienze di discorsi e narrazioni ne fanno assai..:) che poi se nel loro a(m)bito di pertinenza non si sognano che un fotone possa esser segno, beh su questo aspetto, chissà.
Confutazione ineccepibile dal punto di vista del logos (linguistica), incluso il logos scientifico (ontologia). Un po' meno dal punto di vista delle neuroscienze che studiano l'essere (ta onta) a prescindere dall'osservatore.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 09:01:21 AMLasciamo pure al linguaggio scientifico, che è una modalita epistemologica importante, "calcolare" e "quantifcare" pensare che la verità venga riscontrata in beute e apparati di laboratori,, ma non può qualificare il sistema relazionale fra essenze degli universali e l'Essere.
Le domande poste dalla scienza e direi almeno in parte dai linguaggi (Wittgenstein filosoficamente dice scempiaggini, nemmeno Godel lo sopportava)sono diverse dalle modalità filosofiche
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 09:14:52 AMfrancamente mi spiace constatare che nulla capisci di filosofia e forse qualcosa di scienze.Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 09:01:21 AMLasciamo pure al linguaggio scientifico, che è una modalita epistemologica importante, "calcolare" e "quantifcare" pensare che la verità venga riscontrata in beute e apparati di laboratori,, ma non può qualificare il sistema relazionale fra essenze degli universali e l'Essere.
Le domande poste dalla scienza e direi almeno in parte dai linguaggi (Wittgenstein filosoficamente dice scempiaggini, nemmeno Godel lo sopportava)sono diverse dalle modalità filosofiche
Meno male che la scienza "non può qualificare il sistema relazionale fra essenze degli universali e l'Essere", altrimenti saremmo fermi alle sciempiaggini di 2500 anni fa. (Con attese e qualità della vita di allora) Rispetto alle quali siamo già arrivati sulla luna, qui:
"Non come il mondo è, è il mistico, ma che esso è" (TLPh 6.44).
"Noi sentiamo che, anche una volta che tutte le possibili domande scientifiche hanno avuto risposta, i nostri problemi vitali non sono ancora neppur toccati. Certo allora non resta più domanda alcuna; e appunto questa è la risposta" (TLPh 6.52).
Citazione di: sgiombo il 16 Novembre 2018, 10:45:28 AMdove deduci che sarei idealista?
Anch' io cerco di coltivare sia interessi scientifici che filosofici (questi ultimi li sento maggiormente).
Concordo con il giudizio di Paul11 sulle infondate, pregiudiziali invettive antifilosofiche non infrequenti (perfino) in questo forum e sul fatto che chi le lancia non coglie importanti questioni filosofiche poste dalla vita reale e che la scienza non può per sua natura risolvere (anche perché generalmente compie l' errore opposto al suo, quello di ignorare le numerose e interessantissime filosofie non idealistiche).
Dissento invece, per l' appunto, con quella che mi sembra da parte sua un errata limitazione della filosofia alle sue correnti idealistiche (a parere mio ne esistono di ben più valide e attuali, maggiormente razionalistiche).
Citazione di: Phil il 15 Novembre 2018, 17:52:13 PMCerto, il cosiddetto "significato" è diverso in ciascun caso, ma il referente empirico è il medesimo (l'animale leone).
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 08:20:29 AML'applicazione di un metodo ne comporta l'assunzione e questa assunzione è una assunzione prescientifica (azzardando e sbilanciandomi, è una assunzione di senso a dirne l'estrema ratio), cioè affonda le sue radici nel mondo della vita, illudersi di indagare senza presupporre un cogito indagatore equivale ad asserire che la scienza non sia una delle avventure umane volte all'impresa conoscitiva, quando proprio le scoperte scientifiche sono tra le più grandi conquiste conoscitive. In forza delle ragioni che tento di descrivere, la storia dell' "a prescindere dall'osservatore" mostra, a mio parere, tutta la sua inconsistenza, la possibilità di conoscere implica l'impegno dell'osservatore, assunzione di metodi e codificazioni di linguaggi che sono elementi fondativi e costitutivi degli stessi risultati conseguiti.Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PM
Vedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.
Infatti io non ne sostengo alcuna in particolare, bensì auspico come il principe, un'unificazione, anche federativa, dei saperi sulla cognitività umana. Il metodo scientifico è perfettamente consapevole di quanto difficile sia prescindere dall'osservatore, ma nelle sue dimostrazioni sperimentali e applicazioni pratiche si sforza di farlo. Un pace-maker, progettato e impiantato correttamente, funziona a prescindere da qualsiasi osservatore e nel farlo afferma un principio di verità, ovvero di corrispondenza del fatto alla narrazione. Altrettanto bene funziona l'organo, qualunque ne sia la narrazione e il presidio antropico, che la natura ha predisposto al medesimo scopo.
Che le facoltà cognitive richiedano un mediatore logico, talvolta logorroico, per esplicitarsi e svolgere il processo cognitivo non significa che tale mediatore debba essere sempre presente all'interno del mondo che il processo modifica. Se tale processo ha un carattere effettuale, il suo risultato si limiterà, per dirla con Wittgenstein, a mostrarsi, senza più alcun bisogno di un supporto logico o narrante (se non ai margini del suo mostrarsi). Il logos in tal caso diviene la scala, per dirla sempre con LW, che possiamo lasciarci alle spalle una volta oltrepassato l'ostacolo.
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 09:01:21 AMLa dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.Citazione di: Lou il 15 Novembre 2018, 18:24:43 PMogni tanto una corrente d'aria in un forum che è diventato antifilosofico e pochezza scientifico linguistica.Citazione di: Ipazia il 15 Novembre 2018, 07:41:41 AMVedi, questo "a prescindere dall'osservatore" lo trovo poco convincente, visto e considerato che lo sguardo dell'osservatore "intenziona" in un certo qual modo l'emergere dell'aspetto tra gli aspetti del ta onta indagato. Io, ad esempio, ritengo che Husserl in queste analisi sia ammirabile. Ma la "cosa stessa" a cui tornare non è riducibile alla narrazione neuroscientifica e, più in generale, scientifica. Questo è il punto. Il biologico, il neuroscientifico, il fisico sono un modo in cui si dice l'essere e la sua verità, sostituire una narrazione dell'essere all'essere stesso è una operazione che io trovo fraudolenta. Per questo sostengo che ci sia una verità dell'essere che si dice in molti modi, ma è il modo di dirla che è plurale, non la verità. E pure le neuroscienze se vogliono dire al dire sono piegate. E perciò rientrano a pieno titolo alle regole dei segni e tutto l'ambaradan del caso.Citazione di: Lou il 14 Novembre 2018, 17:39:23 PM
@Ipazia
"Quindi la struttura triadica peirciana può essere un bel modellino rappresentativo di un processo, ma da qui all'ontologia il passo è mooolto lungo. "
Non troppo, una ontologia che non ricade in questo processo, che non si fa a sua volta segno, sarebbe del tutto muta, sine "logia", detto banalmente, non sarebbe tale. Ma le neuroscienze di discorsi e narrazioni ne fanno assai..:) che poi se nel loro a(m)bito di pertinenza non si sognano che un fotone possa esser segno, beh su questo aspetto, chissà.
Confutazione ineccepibile dal punto di vista del logos (linguistica), incluso il logos scientifico (ontologia). Un po' meno dal punto di vista delle neuroscienze che studiano l'essere (ta onta) a prescindere dall'osservatore.
Ci sono una o più immagini on-line che si riferiscono a questo busillis, ispirate alla celebre favola dell'elefante e del saggio cieco.
Due almeno sono gli aspetti essenziali nel criticismo kantiano e nella fenomenologia husserliana:
universali e trascendenza.
Perchè il nocciolo del problema non è la cosa in-sè-e-per- sè, ma la trascendenza concettuale dell'essenza dell'ente
L'errore fu nel separare il soggetto dall'oggetto e pensare di oggettivare L'Essere, quando non sappiamo nemmeno oggettivare un sasso.
Lasciamo pure al linguaggio scientifico, che è una modalita epistemologica importante, "calcolare" e "quantifcare" pensare che la verità venga riscontrata in beute e apparati di laboratori,, ma non può qualificare il sistema relazionale fra essenze degli universali e l'Essere.
Le domande poste dalla scienza e direi almeno in parte dai linguaggi (Wittgenstein filosoficamente dice scempiaggini, nemmeno Godel lo sopportava)sono diverse dalle modalità filosofiche
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona, allora è vero".
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PM
La dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggettivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.
Citazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 18:51:24 PMSì molto bello, ma il "se"? Tu l'hai risolto?Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona, allora è vero".
Se la verità di un pacemaker sta nel suo funzionare, e non può stare in nient'altro, se funziona allora è vero (se non funziona è falso). Ma lo stesso discorso vale per un ente immateriale afferente alla morale e per la sua esplicitazione in norma giuridica.
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PMSecondo me, la differenza fra la verificabilità intersoggettiva di un oggetto empirico e la pura teoreticità di un concetto (magari infalsificabile) è una discriminante cruciale, specialmente se si parla di "verità" (e quindi la veri-ficazione non sarebbe attività facoltativa); ma provo a stare al gioco senza fare troppo il guastafeste...
Allo stesso modo, non ritengo indispensabile (dunque lo ritengo inutile fonte di complicazioni) distinguere fra
un oggetto e un concetto. Questo perchè, per la tesi circa la necessaria assolutezza del linguaggio che ti
dicevo altrove, siamo in un certo qual modo "obbligati" a riferirci sempre e soltanto ad un qualcosa di assunto
come un oggetto (e quindi come un oggetto conoscibile in senso appunto "oggettivo" - cioè non in senso convenzionale).
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PMCome dicevo con altri esempi, una convenzione non vale l'altra, perché al banco di prova dell'applicazione pragmatica, la differenza la fa il contesto d'applicazione; è partendo da ciò che affermavo che «Né il convenzionalismo, né il relativismo, né il pluralismo sono un "qualunquismo" (come vengono spesso stereotipati)». Come antidoto alla paventata «equivalenza» bisognerebbe ricorrere alla differenza fra oggetti empirici e concetti (ma non insisto), declinare il pluralismo in "contestualismo", distinguere fra "verità" e "realtà", fare una fenomenologia dei concetti (giustizia, verità, etc.) sospendendo l'adesione al loro impiego, etc.
Ad esempio, proprio sulla giustizia, dobbiamo riferirci ad essa come se essa presentasse "effettivamente" delle
caratteristiche di oggettività. Perchè? Semplicemente perchè se ci riferissimo ad essa come ad una convenzione
saremmo costretti ad ammettere la perfetta equivalenza di ogni convenzione su di essa.
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PMNon è tanto il «sottosuolo filosofico», ma la "superficie storica" a sancire il valore di una gerarchia: in ambito concettuale-culturale (non empirico), chi vince non detta la verità, ma solo la convenzione dominante.
E dunque saremmo costretti ad ammettere, che so, che il senso della giustizia dei nazisti vale il nostro (se
non che essi hanno perso la guerra...).
Saremmo in altre parole costretti ad ammettere quello che il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" (per
usare un'espressione di Severino) afferma, e cioè che non vi è altra discriminante che la "potenza".
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 15:14:59 PMPiacere mio.
PS
Volevo in ogni caso ringraziarti degli interessanti e per me proficui scambi di opinione. E' sempre un piacere
discutere con persone come te.
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PMLa dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 19:15:57 PMTi ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PMLa dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggetivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.Ti ringrazio per questa domanda. No, trovo una tendenza a considerare i soggetti pietre rotolanti sen'arte nè parte. A rotolare, funzionano bene.
Scusami se mi intrometto Lou, ma non hai l'impressione sia piuttosto il soggetto ad annichilire l'oggetto?
A me sembra che questo emerga, e fin da quando Kant non fu compreso dai primi Idealisti.
E l'Idealismo in effetti fu proprio questo: la sintesi di soggetto e oggetto che si risolve in un "assorbimento"
dell'oggetto da parte di un soggetto che diventa in tal modo "creatore".
Non mi sembra sia cambiato granchè da quando l'Idealismo entrò in crisi. La crisi dell'Idealismo si risolse infatti
non in un recupero della dimensione oggettiva, ma piuttosto in una ulteriore esaltazione del soggetto e della sua
volontà (come già evidente in Schopenhauer). La qual cosa portò, attraverso il fondamentale pensiero di Nietzsche,
al nichilismo e all'esistenzialismo. Che durano tutt'ora...
saluti
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PMPermettimi di insistere (l'argomento è per me molto interessante in quanto concetto-chiave), io non credo sia come dici.
Ti ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.
Citazione di: bobmax il 16 Novembre 2018, 19:01:29 PMcondivido.Rispondendo anche a Lou (dovresti essere meno timida nell'esporre le tue argomentazioni, hai delle basi intuitive di fondo.........), il linguaggio prescientifico e la potenza data alle scienze con il metodo sperimentale è stata delegata dalla filosofia.Il res cogitans ed extensa è stata la prima divisone fra soggetto, inteso come agente conoscitivo che aveva già perso l'Essere e in quanto tale già oggettuale e l'oggetto della relazione conoscitiva.Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 18:29:55 PM
La dico spiccia -il mio timore attuale è l'oggettivizzazione del soggetto: non vorrei che in quell'abbraccio (mortale), tra soggetto e oggetto, il secondo annichilisca il primo.
L'annichilimento sta già avvenendo. Anche se magari non se ne è del tutto consapevoli, è diffuso il convincimento che il soggetto altro non sia che un oggetto.
Penso che questo sia un processo inevitabile, e direi anche necessario. Ci porterà infatti nella perfetta crisi esistenziale. Dove il nichilismo, che da tempo alligna nei nostri cuori, smetterà di camuffarsi con finti ideali, per mostrarsi in tutto il suo orrore.
Quando tutto sarà oggetto, ogni rimedio all'angoscia esistenziale si rivelerà inefficace.
Allora, forse, se ancora ci saremo, cercheremo finalmente dentro di noi la risposta.
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:06:14 PMCitazione di: Ipazia il 16 Novembre 2018, 18:51:24 PMSì molto bello, ma il "se"? Tu l'hai risolto?Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 17:59:55 PM
Resta in ogni caso irrisolta, questa tua tacita assunzione, che prende per mostrarsi della verità o in qualche modo la correla, un principio del tipo " funziona, allora è vero".
Se la verità di un pacemaker sta nel suo funzionare, e non può stare in nient'altro, se funziona allora è vero (se non funziona è falso). Ma lo stesso discorso vale per un ente immateriale afferente alla morale e per la sua esplicitazione in norma giuridica.
CitazioneOppure èsoloun'altra occasione per riscrivere la definizione di "oggettività" (sempre alla luce del soggetto)?
Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PM
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 11:31:01 AMNella filosofia continentale, per quel che so, «trascendere» (trascendenza, etc.) non è semplicemente sinonimo di «astrarre» (come magari è per il linguaggio comune); altrimenti la "trascendenza divina" («Dio trascende il mondo», «la sapienza di Dio trascende quella umana», etc.) sarebbe pura blasfemia teologica oppure mero nominalismo.
Trascendere o trascendentalità significa prelevare dal dominio reale fisco e trasportarlo nel dominio del pensiero .
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 00:46:30 AMIn questo articolo, viene spiegato come «deinon» più che «violento», sia "tremendo-potente", con un significato che spazia dal sublime naturalistico fino alla numinosita degli dei (deinon). Se così fosse, almeno per stavolta, il nichilismo sarebbe "estraneo ai fatti"...
L'oggettivazione dell'essere accade quando l'uomo che per Aristotele era anche definito "zoon logon ekhon", ma più antica era un'altra definizione "deinon"( "deinos"nel coro di Antigone di Sofocle) che è un essere violento fino al "to deinotaton" il più violento,; vive per-la-morte, detto in termini heideggeriani,diventa nichilista.
Citazione di: Ipazia il 17 Novembre 2018, 09:03:08 AMConcordo; ma era interessante chiederlo, per avere più "carne al fuoco" (o più "verdura alla griglia", a scelta...).CitazioneOppure èsoloun'altra occasione per riscrivere la definizione di "oggettività" (sempre alla luce del soggetto)?
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 19:56:42 PMCitazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PMPermettimi di insistere (l'argomento è per me molto interessante in quanto concetto-chiave), io non credo sia come dici.
Ti ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.
Tutto ci dice dell'obliarsi dell'oggetto. Anche nell'arte, con la trasformazione del "bello" oggettivo in "bello"
soggettivo (dicevo in un altro post che Michelangelo era apprezzato non perchè era Michelangelo, ma perchè faceva
opere considerate belle - a diferenza di oggi, che anche uno scarabocchio vale milioni solo perchè l'ha fatto il
tal artista).
Anche nell'economia, con il fondamentale passaggio fra un criterio di "valore" economico come valore dato dalla
quantità di lavoro (quindi un valore oggettivo) ad un criterio del valore come valore di scambio fra venditore
e compratore (quindi un valore soggettivo).
Guarda anche ad esempi terra-terra, come certe cose che vengono dette ai bambini ("con la volontà si ottiene tutto"),
o a certi motti come "volere è potere" (per non parlare della volontà di potenza nietzschiana). Ti sembrerebbe plausibile dire questo della volontà se alla base non ci
fosse la convinzione che l'oggetto sia quanto meno "plasmabile" da parte del soggetto?
saluti
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 11:47:09 AMdipende in quale contesto inserisci il termine trascendenza. E questo dimostra l'ambiguità delle parole,motivo per cui non sopravvaluto il linguaggio, seppure ritengo importantissimo come strumento relazionale oltre che comunicativo e informativo.
Visto che si parla (anche) di linguaggio e verità, ecco qualche considerazione (meta)linguistica:Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 11:31:01 AMNella filosofia continentale, per quel che so, «trascendere» (trascendenza, etc.) non è semplicemente sinonimo di «astrarre» (come magari è per il linguaggio comune); altrimenti la "trascendenza divina" («Dio trascende il mondo», «la sapienza di Dio trascende quella umana», etc.) sarebbe pura blasfemia teologica oppure mero nominalismo.
Trascendere o trascendentalità significa prelevare dal dominio reale fisco e trasportarlo nel dominio del pensiero .
Sarebbe come pensare che «metafisico» significhi (al di là della scaffalatura aristotelica) semplicemente «oltre il fisico», tralasciando tutto il "plus valore semantico" che tale termine ha sedimentato in millenni di storia (e quindi «approccio metafisico» a un tema filosofico, diventa banalmente «approccio non fisico»).
Questo almeno finché si decide di restare dentro l'alveo ontometafisico classico; se poi (v. Rorty e altri) si sceglie una lettura esterna alla metafisica, allora l'esegesi (di stampo analitico) consente di svalutare pesantemente il senso "letterario" in favore di quello più letterale...Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 00:46:30 AMIn questo articolo, viene spiegato come «deinon» più che «violento», sia "tremendo-potente", con un significato che spazia dal sublime naturalistico fino alla numinosita degli dei (deinon). Se così fosse, almeno per stavolta, il nichilismo sarebbe "estraneo ai fatti"...
L'oggettivazione dell'essere accade quando l'uomo che per Aristotele era anche definito "zoon logon ekhon", ma più antica era un'altra definizione "deinon"( "deinos"nel coro di Antigone di Sofocle) che è un essere violento fino al "to deinotaton" il più violento,; vive per-la-morte, detto in termini heideggeriani,diventa nichilista.Citazione di: Ipazia il 17 Novembre 2018, 09:03:08 AMConcordo; ma era interessante chiederlo, per avere più "carne al fuoco" (o più "verdura alla griglia", a scelta...).CitazioneOppure èsoloun'altra occasione per riscrivere la definizione di "oggettività" (sempre alla luce del soggetto)?
Per quanto riguarda il «poiché funziona allora è vero» (cit.), credo si stia camminando su un affilato crinale semantico fra «verità» e «realtà», non necessariamente sinonimi, seppur affini...
P.s.
Tutta questione di linguaggio e vocabolari, c.v.d. ;D
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 14:43:04 PMPerché togliere/risolvere tale ambiguità?
In questo tuo link indicato c' è anche scritto "violenza dell'essere"............. vai avanti tu a togliere l'ambiguità del termine
Citazione di: Phil il 16 Novembre 2018, 19:13:01 PMSecondo me, la differenza fra la verificabilità intersoggettiva di un oggetto empirico e la pura teoreticità di un concetto (magari infalsificabile) è una discriminante cruciale, specialmente se si parla di "verità" (e quindi la veri-ficazione non sarebbe attività facoltativa); ma provo a stare al gioco senza fare troppo il guastafeste...
Non è tanto il «sottosuolo filosofico», ma la "superficie storica" a sancire il valore di una gerarchia: in ambito concettuale-culturale (non empirico), chi vince non detta la verità, ma solo la convenzione dominante.
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 16:16:30 PMSe grattandoti la testa non trovi prova evidente nel toccare i tuoi pensieri, nemmeno di questi riuscirai a fartene una ragioneCitazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 14:43:04 PMPerché togliere/risolvere tale ambiguità?
In questo tuo link indicato c' è anche scritto "violenza dell'essere"............. vai avanti tu a togliere l'ambiguità del termine
Come dico, anzi scrivo, sempre (citando Marleau Ponty) «il filosofo ha, inseparabilmente, il gusto dell'evidenza e il senso dell'ambiguità».
Secondo me è un'ispirazione calzante (evidenza) e proficua (ambiguità): chi ha solo evidenza senza ambiguità, è la scienza (presumibilmente); chi ha solo ambiguità senza evidenza è la metafisica (e non vuole essere un'offesa); la filosofia oggi può essere anche un interessante tentativo di interazione dialettica fra le due (non senza fatica ed esitazioni...).
P.s.
Riguardo al link: la «violenza» ha lì l'evidenza del naturale e dell'impatto dell'Essere (non si parla quindi di violenza dell'uomo e solo dell'analitica dell'esserci), ma anche l'ambiguità della potenza incombente e non curante di ciò che "trascende" l'uomo...
Citazione di: bobmax il 17 Novembre 2018, 12:14:01 PMCiao Bobmax
Mentre oggettivo è ciò che risulta generalmente "vero" a prescindere da uno specifico individuo. E soggettivo ciò che pare non essere generalizzabile, ma tipico dell'individuo.
Viceversa, oggetto è tutto ciò di cui si può avere coscienza, a prescindere se oggettivo o meno.
Quindi non soltanto il mondo fisico, ma pure tutto quello che compare nel mondo mentale. Ogni pensiero, emozione, sentimento, è sempre e solo oggetto.
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Novembre 2018, 18:51:05 PMCitazione di: bobmax il 17 Novembre 2018, 12:14:01 PMCiao Bobmax
Mentre oggettivo è ciò che risulta generalmente "vero" a prescindere da uno specifico individuo. E soggettivo ciò che pare non essere generalizzabile, ma tipico dell'individuo.
Viceversa, oggetto è tutto ciò di cui si può avere coscienza, a prescindere se oggettivo o meno.
Quindi non soltanto il mondo fisico, ma pure tutto quello che compare nel mondo mentale. Ogni pensiero, emozione, sentimento, è sempre e solo oggetto.
Al contrario, ritengo fuorviante separare nettamente il sostantivo dall'aggettivo...
Nella mia ultima risposta all'amico Phil gli chiedo: "trovami qualcuno che non affermi convintamente che il nostro
concetto di giustizia è oggettivamente migliore di quello che fu dei nazisti o che è dei fondamentalisti islamici".
E' cioè chiaro che la giustizia, essendo un concetto (cioè non essendo un oggetto), non può avere alcuna "oggettività".
Se non, ed è questo il punto, per "estensione" di un concetto relativo agli oggetti propriamente detti; una "estensione"
che serve (a chi serve...) per affermarne il carattere di verità (un carattere che non può aver luogo, in quanto la
"verità oggettiva" di un concetto è data dalla convenzione che, all'interno di un certo contesto linguistico o segnico,
afferma tale oggettività).
In altre parole, l'oggettività di un concetto è stabilita dalla potenza egemone (che controlla il linguaggio)...
Che dunque, comunemente, si affermi l'oggettività di un concetto è una cosa che rimanda al "come se" kantiano (cioè
"come se" fosse individuabile una oggettività che, realmente, non esiste).
saluti
Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Novembre 2018, 16:51:05 PMCerto; mi pare che la cruda realtà fattuale sia che abbiamo convenzioni e tradizioni a tenere in piedi (inevitabili) culture e visioni del mondo, e più ci "allontaniamo" dall'empirico, più diventa una questione di interpretazioni, gerarchia storicizzata e adesione comunitaria.
Ed è proprio la potenza effettiva, o dominante, a cancellare la sua "natura fattuale" e a voler in un certo qual
modo "obliare" se stessa obliando, tra le tante cose, anche la natura convenzionale dei concetti, che adesso essa
ha tutto l'interesse a far passare per oggetti.
Le tue parole sull'argomento (per quanto ricche di "abbellimenti") mi sembra concordino con questa "crudezza".
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 18:47:08 PMalmeno finché si riesce a chiedersi
Se grattandoti la testa non trovi prova evidente nel toccare i tuoi pensieri, nemmeno di questi riuscirai a fartene una ragione
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 16:16:30 PMsuggerendo dunque di coltivare la fertilità teoretica del potenziale semantico («ambiguità») di alcuni concetti, senza ridurre tutto a una questione di evidenza (altrimenti sarebbe quantomeno insolito parlare, come ho fatto, di convenzionalismo, pluralismo, di dialettica fra evidenza e ambiguità, etc.).
Perché togliere/risolvere tale ambiguità?
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 23:03:31 PMMi pare che sia tu a utilizzare molto i termini "evidenza" ed "empirico".Mi pare, e la mia vuole essere una riflessione, quindi un interrogarsi, cosa significa evidenza,?Perchè quì si esplica anche come possiamo intendere giustizia(visto che ne parla Mauro(Oxdeadbeef), che è anche una forma pratica di "accertamento della verità" nelle prassi.Citazione di: 0xdeadbeef il 17 Novembre 2018, 16:51:05 PMCerto; mi pare che la cruda realtà fattuale sia che abbiamo convenzioni e tradizioni a tenere in piedi (inevitabili) culture e visioni del mondo, e più ci "allontaniamo" dall'empirico, più diventa una questione di interpretazioni, gerarchia storicizzata e adesione comunitaria.
Ed è proprio la potenza effettiva, o dominante, a cancellare la sua "natura fattuale" e a voler in un certo qual
modo "obliare" se stessa obliando, tra le tante cose, anche la natura convenzionale dei concetti, che adesso essa
ha tutto l'interesse a far passare per oggetti.
Le tue parole sull'argomento (per quanto ricche di "abbellimenti") mi sembra concordino con questa "crudezza".
Il che, @paul11, per me non comporta cheCitazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 18:47:08 PMalmeno finché si riesce a chiedersi
Se grattandoti la testa non trovi prova evidente nel toccare i tuoi pensieri, nemmeno di questi riuscirai a fartene una ragioneCitazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 16:16:30 PMsuggerendo dunque di coltivare la fertilità teoretica del potenziale semantico («ambiguità») di alcuni concetti, senza ridurre tutto a una questione di evidenza (altrimenti sarebbe quantomeno insolito parlare, come ho fatto, di convenzionalismo, pluralismo, di dialettica fra evidenza e ambiguità, etc.).
Perché togliere/risolvere tale ambiguità?
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PML'evidenza empirica ha la sua funzione come verifica di fatti che coinvolgono enti empirici (ecco una prima forma del tautos). Per questioni etiche o puramente concettuali, non c'è una Verità fondante (oggettiva, verificabile, etc.), ma solo la verità conforme a quanto preimpostato dai suoi stessi assiomi (ecco un'altra forma del tautos), siano essi assiomi etici o matematici o esistenziali o altro (inevitabilmente arbitrari, culturali, personali, etc.).
Cosa è l'intuizione del tautos a cui persino Pierce e Wittgenstein, stremati dalle loro contorsioni , chi semiologiche e chi linguistiche,, dissero che alla fine..............è quello il motore del pensiero.
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM«Evidente», nel senso empirico con cui lo intendo in queste conversazioni, è etimologicamente «e-video», ovvero «ciò che si dà alla vista», che si manifesta percepibilmente ed è verificabile intersoggettivamente (per cui l'«incapacità di intendere e di volere» durante un fatto delittuoso, non rientra, secondo me, nelle evidenze, semmai nelle interpretazioni dei fatti, seppur corroborate magari da prove degne di valutazione).
Allora cosa vuol dire evidente, che S.Tommaso ha bisogna di toccare con mano?
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PMSe proprio dovessi scommettere sul «dove», direi (per adesso e fino a prova contraria) nella scatola cranica, perché è lì che mi pare di percepirli...
Ma tu sai dove albergano i tuoi pensieri?
Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PMPer me, nelle cose fisiche si possono trovare (più o meno agevolmente) solo verità fisiche (e riecco il suddetto tautos).
E se i convinto, forse se non mi sbaglio, che i pensieri necessariamente trovino le verità nelle cose fisiche?
Citazione di: viator il 17 Novembre 2018, 23:02:03 PM
Salve. Sono abbastanza costernato. Il soggetto è ciò che soggiace, che risulta cioè esposto all'esistere ad all'influenza dell'oggetto, cioè di ciò che giace.
Questo è il significato letterale dei due termini, che però noi utilizziamo unicamente all'interno del mondo inanimato.
Senza rendercene conto, all'interno invece del mondo animato noi capovolgiamo tali significati.
Infatti chiamiamo soggetto (vivente) la parte attiva, quella che agisce, ed oggetto quella che subisce.
Citazione
Purtroppo lo scambio di ruolo tra soggetti ed oggetti avviene, intorno a noi e persino dentro di noi, imprevedibilmente, continuamente ed alla velocità della luce.
Da qui è ugualmente lecito considerare che i soggetti umani, ad esempio, possano inopinatamente essere oggetto di...... (ridicolo?) oppure risultare soggetti a ..... (raffreddore ?).
Come mai ? Perché il trattare di soggetti ed oggetti è null'altro che trattare di cause ed effetti.
Citazione
Certo, se si vuol fare confusione basterà poi introdurre il concetto di "concetto" il quale (originale conclusione) non è un "oggetto" (materialmente inteso). Saluti.
Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2018, 09:30:00 AM
Avete compilato 15 pagine per non farmi capire cos'è secondo voi la verità, in dieci parole ! Ma vi sembra normale ?
Citazione di: bobmax il 17 Novembre 2018, 19:45:26 PMCiao Bobmax
Il concetto è un oggetto, che altro potrebbe essere?
Non vi è nulla, nè fisico nè mentale, che non sia oggetto.
Ciò che non è oggetto, propriamente non esiste, in nessuna forma.
Ed è perciò solo riguardo a degli oggetti che si può parlare di oggettività o soggettività.
Sarei curioso di sapere se per te può esservi qualcosa che non sia oggetto...
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 23:03:31 PMCiao PhilCitazione di: 0xdeadbeef il 17 Novembre 2018, 16:51:05 PMCerto; mi pare che la cruda realtà fattuale sia che abbiamo convenzioni e tradizioni a tenere in piedi (inevitabili) culture e visioni del mondo, e più ci "allontaniamo" dall'empirico, più diventa una questione di interpretazioni, gerarchia storicizzata e adesione comunitaria.
Ed è proprio la potenza effettiva, o dominante, a cancellare la sua "natura fattuale" e a voler in un certo qual
modo "obliare" se stessa obliando, tra le tante cose, anche la natura convenzionale dei concetti, che adesso essa
ha tutto l'interesse a far passare per oggetti.
Le tue parole sull'argomento (per quanto ricche di "abbellimenti") mi sembra concordino con questa "crudezza".
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2018, 00:53:17 AMIl problema filosofico Phil è il perchè di certe scelte diciamo culturali. Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PML'evidenza empirica ha la sua funzione come verifica di fatti che coinvolgono enti empirici (ecco una prima forma del tautos). Per questioni etiche o puramente concettuali, non c'è una Verità fondante (oggettiva, verificabile, etc.), ma solo la verità conforme a quanto preimpostato dai suoi stessi assiomi (ecco un'altra forma del tautos), siano essi assiomi etici o matematici o esistenziali o altro (inevitabilmente arbitrari, culturali, personali, etc.).
Cosa è l'intuizione del tautos a cui persino Pierce e Wittgenstein, stremati dalle loro contorsioni , chi semiologiche e chi linguistiche,, dissero che alla fine..............è quello il motore del pensiero.
Per questo distinguevo (ma senza proporre una separazione "a tenuta stagna") l'oggetto empirico (e la sua possibile verifica interpersonale) dal concetto (e la sua frequente infalsificabile autoreferenza à la Godel), l'evidenza dalla ambiguità, la scienza dalla metafisica, etc.Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PM«Evidente», nel senso empirico con cui lo intendo in queste conversazioni, è etimologicamente «e-video», ovvero «ciò che si dà alla vista», che si manifesta percepibilmente ed è verificabile intersoggettivamente (per cui l'«incapacità di intendere e di volere» durante un fatto delittuoso, non rientra, secondo me, nelle evidenze, semmai nelle interpretazioni dei fatti, seppur corroborate magari da prove degne di valutazione).
Allora cosa vuol dire evidente, che S.Tommaso ha bisogna di toccare con mano?Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PMSe proprio dovessi scommettere sul «dove», direi (per adesso e fino a prova contraria) nella scatola cranica, perché è lì che mi pare di percepirli...
Ma tu sai dove albergano i tuoi pensieri?Citazione di: paul11 il 17 Novembre 2018, 23:44:31 PMPer me, nelle cose fisiche si possono trovare (più o meno agevolmente) solo verità fisiche (e riecco il suddetto tautos).
E se i convinto, forse se non mi sbaglio, che i pensieri necessariamente trovino le verità nelle cose fisiche?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
C' è un limite umano, ma è il pensiero e non la cosa-in sè del mondo fisico, che decide dove e come rivolgere lo sguardo, per cui è nel pensiero che necessita trovare la verità e non nelle multiforme "cose" del mondo che vengono dal "nulla" e "muoiono nel nulla". Dove sta il senso e i significati?
Citazione di: altamarea il 18 Novembre 2018, 09:30:00 AM
Avete compilato 15 pagine per non farmi capire cos'è secondo voi la verità, in dieci parole ! Ma vi sembra normale ?
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 12:54:41 PMciao Mauro(Oxdeadbeef),Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PM
C' è un limite umano, ma è il pensiero e non la cosa-in sè del mondo fisico, che decide dove e come rivolgere lo sguardo, per cui è nel pensiero che necessita trovare la verità e non nelle multiforme "cose" del mondo che vengono dal "nulla" e "muoiono nel nulla". Dove sta il senso e i significati?
Ciao Paul
Te la dico in maniera spiccia e "politicamente scorrettissima" (...): vedi tu altro senso e significato se non la speranza
che esista un "dio" che ci salvi dalla morte e dal nulla?
Ah certo, potremmo per così dire "tornare a Parmenide"; ad un tempo in cui l'Essere "era e non poteva non essere"; ad un
tempo in cui il "divenire" non aveva ancora inghiottito tutto e tutti, ma per fare cosa? Per ipotizzare, con Severino,
l'eternità di ogni istante (un'eternità che, ancora, ci salverebbe dal nulla e dalla morte)?
Perchè non chiamare questa speranza di senso e significato col suo vero nome? Di cosa abbiamo paura?
saluti
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 14:12:44 PM
Non è obliando le domande, che si risolvono i quesiti, semplicemente li si fugge, ma rimangono a chiederci il senso della vita e quali significati sono importanti in essa?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMDomandone... semplificando brutalmente risponderei: perché c'erano le condizioni di possibilità per compierlo (e riecco il tautos del logos) e perché un immane ed immanente effetto domino (causa/effetto) l'ha spinto in quella direzione.
Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMPer me l'uomo-teoreta (dall'asceta al filosofo passando per l'esteta) vuole disvelarlo, l'uomo-tecnico mira a mano-metterlo per dominarlo, l'uomo-utente tende ad usarlo. Ogni epoca ha avuto i suoi teoreti, tecnici e utenti; la nostra non fa eccezione.
Noi utilizziamo altri domini, il pensiero con le sue sintassi logiche e appunto il linguaggio per capire e carpire dal dominio naturale.Ma noi vogliamo disvelarlo o "possederlo"?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMNon mi pare ci sia altra scelta (suicidio per inedia a parte). L'animalità è il substrato umano più inalienabile, a prescindere dallo sviluppo tecnico, dalla fede, dalla storia e persino dal linguaggio.
Come è possibile che pensiero e linguaggio che non appartengono al dominio naturale si debbano conformare e piegarsi come un animale alla necessità del sopravviere solo per trasformare "le cose" del mondo?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMSecondo me, nell'uso concettuale del linguaggio (e quindi in numerose narrazioni possibili, anche in quelle che sembrano proiettare l'ombra ontologica di tale senso...).
Dove sta il senso e i significati?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMPer giudicare questo capovolgimento di paradigmi serve un meta-paradigma (un paradigma che valuti altri paradigmi) e se ne possono edificare/scegliere di differenti; così come per parlare di miglioramento o peggioramento storico, oppure decidere «ciò che conta»... sono i criteri di lettura a dare valore ("ambiguo") alle evidenze.
Ma lo vediamo che si sono capovolti i paradigmi? Siamo altrettanto sicuri, non dico certi, che la storia della cultura è sempre un passo in avanti, per cui oggi siamo migliori di ieri?
Ma siamo davvero sicuri che l'uomo,al netto del benessere materiale, sia migliore?O è solo il benessere materiale ciò che conta?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMDomanda che presuppone una definizione di «verità»; e qui il cerchio si chiude riportandoci alla prima pagina del topic (e/o ognuno al suo "vocabolario").
Ci interessa davvero la verità, o ci nascondiamo dalla verità?
Citazione di: Phil il 17 Novembre 2018, 11:47:09 AMMa anche no. E' "vero" proprio nel senso di veridico, non di reale (che essendo affine certamente lo accompagna). Nel senso di causa finale, non di causa materiale, usando il vocabolario aristotelico. La verità di un artefatto sta nel suo funzionamento secondo progetto. E questo vale anche in campo etico.
Per quanto riguarda il «poiché funziona allora è vero» (cit.), credo si stia camminando su un affilato crinale semantico fra «verità» e «realtà», non necessariamente sinonimi, seppur affini...
P.s.
Tutta questione di linguaggio e vocabolari, c.v.d. ;D
Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 14:45:36 PMInfatti la technè nulla rientra nell'iperuranio. Ma soprattutto le scienze antropologiche, di cui Nietzsche ha detto "peste e corna" è un tentativo di dare spiegazione alle scienze ,all'evoluzione culturale e umana, come se continuamente l'uomo migliorasse a tutto i livelli.E' antropomorfismo culturale che giustifica scelte culturali.
Technè non viene dall'iperuranio ma è necessità, destino antropologico. E' grazie ad essa che siamo diventati quello che siamo. Non è nemmeno espressione di una fantomatica e strumentalizzante volontà di potenza, ma piuttosto volontà di sopravvivenza. I greci ne avevano così rispetto e alta opinione da considerare technè anche la morale: tecnica del vivere e dell'abitare (etica). Technè è arte di governo della polis. Technè estetica è la creazione artistica. Technè era il dono sottratto agli dei dal titano Prometeo.
Senza technè cala il sipario. Anche sulla filosofia.
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 15:12:02 PM
Sono anch'io convinto di un "archè" che unisca i sensi e i significati, e sono pure convinto di averlo individuato. Ma esso non è un "qualcosa"; un oggetto; un concetto; ma è una domanda: "uomo, cosa sei?" (e per estensione: "universo, cosa sei?"). E dunque qual'è l'Essere dell'uomo, la "sostanza" unitaria e privilegiata che lega tutti gli esseri umani? E' forse esso la natura, la "physis" come ipotizza Heidegger dopo la "svolta"? O forse esso è Dio come "comunione"? Per me questa non è "una" domanda, ma l'unica ipotesi capace di fondare un senso ed un significato delle cose. E non c'è "rimedio", a meno che con questa parola non intendessimo l'accontentarci di questo terribile e capitale dilemma.
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 15:12:02 PMCitazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 14:12:44 PM
Non è obliando le domande, che si risolvono i quesiti, semplicemente li si fugge, ma rimangono a chiederci il senso della vita e quali significati sono importanti in essa?
Ciao Paul
C'è un aneddoto di Camus che mi è sempre sembrato bellissimo: "è meraviglioso vedere un'intelligenza alle prese con
cose che non può capire...".
Ecco dunque un tipico tratto camusiano: l'essere umano, finito, che però anela all'infinito; che contraddizione; che
"assurdità". Ecco dunque, dice Camus, che l'autentico tratto distintivo dell'essere umano diventa la "rivolta". Una
rivolta che non è la "rivoluzione" (ad es. di Sartre), ma la rivolta contro l'ingiustizia rappresentata dall'anelare
all'infinito da parte di un essere finito: "mi rivolto, dunque sono" è l'interpretazione di Camus del celebre detto
cartesiano.
E dunque no, non è obliando le domande che si risolvono i quesiti; ma, ritengo, è anche cosa "buona e giusta" non
obliare a noi stessi ciò che siamo...
Sono anch'io convinto di un "archè" che unisca i sensi e i significati, e sono pure convinto di averlo individuato.
Ma esso non è un "qualcosa"; un oggetto; un concetto; ma è una domanda: "uomo, cosa sei?" (e per estensione: "universo,
cosa sei?").
E dunque qual'è l'Essere dell'uomo, la "sostanza" unitaria e privilegiata che lega tutti gli esseri umani?
E' forse esso la natura, la "physis" come ipotizza Heidegger dopo la "svolta"? O forse esso è Dio come "comunione"?
Per me questa non è "una" domanda, ma l'unica ipotesi capace di fondare un senso ed un significato delle cose.
E non c'è "rimedio", a meno che con questa parola non intendessimo l'accontentarci di questo terribile e capitale
dilemma.
saluti
Citazione di: Phil il 18 Novembre 2018, 16:41:25 PMA mio parere non si riesce a capire bene cosa sia una certa interpretazione della tecnica che è stata analizzata dai filosofi, anche se a partire da argomentazioni diverse.Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMDomandone... semplificando brutalmente risponderei: perché c'erano le condizioni di possibilità per compierlo (e riecco il tautos del logos) e perché un immane ed immanente effetto domino (causa/effetto) l'ha spinto in quella direzione.
Perchè l' occidentale ha compiuto un certo cammino?Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMPer me l'uomo-teoreta (dall'asceta al filosofo passando per l'esteta) vuole disvelarlo, l'uomo-tecnico mira a mano-metterlo per dominarlo, l'uomo-utente tende ad usarlo. Ogni epoca ha avuto i suoi teoreti, tecnici e utenti; la nostra non fa eccezione.
Noi utilizziamo altri domini, il pensiero con le sue sintassi logiche e appunto il linguaggio per capire e carpire dal dominio naturale.Ma noi vogliamo disvelarlo o "possederlo"?Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMNon mi pare ci sia altra scelta (suicidio per inedia a parte). L'animalità è il substrato umano più inalienabile, a prescindere dallo sviluppo tecnico, dalla fede, dalla storia e persino dal linguaggio.
Come è possibile che pensiero e linguaggio che non appartengono al dominio naturale si debbano conformare e piegarsi come un animale alla necessità del sopravviere solo per trasformare "le cose" del mondo?Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMSecondo me, nell'uso concettuale del linguaggio (e quindi in numerose narrazioni possibili, anche in quelle che sembrano proiettare l'ombra ontologica di tale senso...).
Dove sta il senso e i significati?Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMPer giudicare questo capovolgimento di paradigmi serve un meta-paradigma (un paradigma che valuti altri paradigmi) e se ne possono edificare/scegliere di differenti; così come per parlare di miglioramento o peggioramento storico, oppure decidere «ciò che conta»... sono i criteri di lettura a dare valore ("ambiguo") alle evidenze.
Ma lo vediamo che si sono capovolti i paradigmi? Siamo altrettanto sicuri, non dico certi, che la storia della cultura è sempre un passo in avanti, per cui oggi siamo migliori di ieri?
Ma siamo davvero sicuri che l'uomo,al netto del benessere materiale, sia migliore?O è solo il benessere materiale ciò che conta?Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 12:23:57 PMDomanda che presuppone una definizione di «verità»; e qui il cerchio si chiude riportandoci alla prima pagina del topic (e/o ognuno al suo "vocabolario").
Ci interessa davvero la verità, o ci nascondiamo dalla verità?
Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 18:32:45 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef)
potrei chiederti, ma cosa cerchi nella filosofia? Sul mio epitaffio "cercò la verità, andandosene dal mondo senza trovarla" così accontento Camus.
Non anelo affatto all'infinito, siamo ancora nel consolatorio che proprio non mi i"tocca",semmai interessa a chi teme il "nulla".
Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 18:07:38 PM
Attenzione però, perchè tra com'è il mondo e cos'è il mondo si spalanca un abisso che LW chiama "mistico". E FN mette in guardia dal guardare troppo a lungo nell'abisso, perchè finisce che l'abisso guarderà dentro di te. Lui credo l'abbia sperimentato di persona cosa succede quando l'abisso ti guarda dentro.
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 19:32:06 PMCitazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 18:07:38 PM
Attenzione però, perchè tra com'è il mondo e cos'è il mondo si spalanca un abisso che LW chiama "mistico". E FN mette in guardia dal guardare troppo a lungo nell'abisso, perchè finisce che l'abisso guarderà dentro di te. Lui credo l'abbia sperimentato di persona cosa succede quando l'abisso ti guarda dentro.
Ciao Ipazia
E come si fa ad avere un abisso davanti e non guardarci dentro? Tu con cosa la controlleresti la curiosità?
Quanto a Wittgenstein, lui credeva di poter non guardare (forse credeva nemmeno vi fosse, l'abisso...), finchè non
scoprì che le cose che davvero contano sono lì dentro (o non ci sono, che è lo stesso).
Tocchiamo ferro per quanto riguarda la sorte del povero Nietzsche...
saluti
Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 17:48:36 PMIntendi che una pistola inceppata e/o rotta non è una pistola vera (o una vera pistola), perché non «funziona secondo progetto»? Non è dunque vero/veridico chiamarla «pistola»?
La verità di un artefatto sta nel suo funzionamento secondo progetto.
Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 17:48:36 PMIntendi che ogni progettualità etica sancisce la propria veridicità? Se è così, correggimi se sbaglio, ogni etica ha la sua verità autoreferenziale e quindi restiamo nel girotondo del tautos intorno al logos, dei sistemi chiusi che si (auto)definiscono "aperti alla Verità", etc.
E questo vale anche in campo etico.
Citazione di: 0xdeadbeef il 18 Novembre 2018, 19:25:06 PMciao Mauro(Oxdeadbeef),Citazione di: paul11 il 18 Novembre 2018, 18:32:45 PM
ciao Mauro(Oxdeadbeef)
potrei chiederti, ma cosa cerchi nella filosofia? Sul mio epitaffio "cercò la verità, andandosene dal mondo senza trovarla" così accontento Camus.
Non anelo affatto all'infinito, siamo ancora nel consolatorio che proprio non mi i"tocca",semmai interessa a chi teme il "nulla".
Ciao Paul
Nietzsche non diceva forse che la filosofia nasce proprio come "consolazione razionale"? E non hanno forse almeno
un pò di ragione coloro che, con Averroè (o era Avicenna?), dicono che la religione non è altro che la filosofia
spiegata ai "semplici"?
Affermi di cercare un senso, un significato, una ragione, un "perchè"; ma sei davvero tanto sicuro di cercarlo così,
solo per amor di razionalità e conoscenza? E cosa rispondi a coloro che, a mio parere giustamente, ti dicono che
nel senso, nel significato, nel perchè come in qualsiasi domanda "ultima" non vi è alcuna razionalità (la razionalità,
dice l'amica Ipazia qui sopra, è nel "come", non nel "cosa")?
Affermi di non cercare il dio delle religioni, ma a mio parere cerchi qualcosa che gli assomiglia molto...
saluti
PS
Quanto a me io neppure so bene quel che cerco nella filosofia (il mio interesse era originariamente dettato da curiosità
sul "come" va il mondo). Credo che la filosofia mi abbia non dico avvicinato alla "fede" (mi ritengo tutt'ora non-credente),
ma certamente mi ha fatto vedere le religioni sotto una diversa luce.
E comunque ritengo perfettamente razionale, anzi il massimo della razionalità, lo "sperare" ("quia absurdum", naturalmente)
vi sia una dimensione infinita, eterna.
saluti
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 00:43:13 AMUna pistola inceppata non dice la verità. Usando una tua bella espressione può ancora semanticamente proiettare l'immagine ontologica di tal senso, ma la sua ontologia reale ha perso un pezzo essenziale per strada.Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 17:48:36 PMIntendi che una pistola inceppata e/o rotta non è una pistola vera (o una vera pistola), perché non «funziona secondo progetto»? Non è dunque vero/veridico chiamarla «pistola»?
La verità di un artefatto sta nel suo funzionamento secondo progetto.
Il rapporto che proponi fra veridicità e funzionamento/teleologia non è una questione di vocabolario/definizione/concetto, prima ancora che di verifica empirica?
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 00:43:13 AMVale lo stesso discorso della pistola. Un'etica inceppata - non più sincronizzata con le mutate condizioni etologiche - va messa fuori uso e sostituita con una che funziona. La veridicità di una progettualità etica non può essere autoreferenziale, ma, come ogni buona tecnica, va testata sul campo. Spesso i risultati sono imprevedibili.Citazione di: Ipazia il 18 Novembre 2018, 17:48:36 PMIntendi che ogni progettualità etica sancisce la propria veridicità? Se è così, correggimi se sbaglio, ogni etica ha la sua verità autoreferenziale e quindi restiamo nel girotondo del tautos intorno al logos, dei sistemi chiusi che si (auto)definiscono "aperti alla Verità", etc.
E questo vale anche in campo etico.
Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 11:31:01 AMCitazione di: sgiombo il 16 Novembre 2018, 10:45:28 AMdove deduci che sarei idealista?
Anch' io cerco di coltivare sia interessi scientifici che filosofici (questi ultimi li sento maggiormente).
Concordo con il giudizio di Paul11 sulle infondate, pregiudiziali invettive antifilosofiche non infrequenti (perfino) in questo forum e sul fatto che chi le lancia non coglie importanti questioni filosofiche poste dalla vita reale e che la scienza non può per sua natura risolvere (anche perché generalmente compie l' errore opposto al suo, quello di ignorare le numerose e interessantissime filosofie non idealistiche).
Dissento invece, per l' appunto, con quella che mi sembra da parte sua un errata limitazione della filosofia alle sue correnti idealistiche (a parere mio ne esistono di ben più valide e attuali, maggiormente razionalistiche).
Ci sono dei luoghi comuni, dei termini che aprioristicamente vengono mal interpretati.
Trascendere o trascendentalità significa prelevare dal dominio reale fisco e trasportarlo nel dominio del pensiero .Quindi saremmo tutti idealisti?
Adatto che hai comunque capito che la scienza non può fisicamente vedere ,dimostrare, il pensiero dentro la biochimica dei neuroni e sinapsi, questo è appunto il limite scientifico, che non limita l'importanza della scienza, semplicemente appartiene ad un dominio
che non può essere verità incontrovertibile.
Le scienze dimostrative sperimentali ci aiutano a riposizionare il pensiero filosofico, a "limarlo", io non vedo l'antitesi ,semmai è una dialettica, un dialogo di scambi di pensiero che dovrebbero aiutare sia filosofia che scienza, ma sono su domini diversi.
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2018, 01:32:38 AMCHIEDO SCUSA: QUESTO POST ANDAVA NELLA DISCUSSIONE "L'ILLUSIONE DEL LIBERO ARBITRIO"
ciao Bobmax,
penso che nella griglia causa/effetti vi debbano essere delle condizioni e dei gradi di libertà per quanto riguarda soprattutto l'uomo.
Ad esempio:
i governi dicono: "tutti devono pagare le tasse".
entrano in gioco termini come "è necessario che si paghi le tasse", "è obbligatorio che si paghino le tasse".
ma c'è anche "è possible che qualcuno non paghi le tasse".
a prescindere dale teoretiche, le prassi indicano dei gradi di libertà, intesa come scelta.
Il grado, il livello di libertà a sua volta è condizionato da gradi di impedimento.
L'uomo sarebbe totalmente prevedibile nella griglia causa/effetto, ma non mi pare.
Citazione di: sgiombo il 19 Novembre 2018, 10:40:13 AMprova a leggerti anche post successivi, quando vuoi o hai tempo, se sussistono ancora le stesse perplessità.Citazione di: paul11 il 16 Novembre 2018, 11:31:01 AMCitazione di: sgiombo il 16 Novembre 2018, 10:45:28 AMdove deduci che sarei idealista?
Anch' io cerco di coltivare sia interessi scientifici che filosofici (questi ultimi li sento maggiormente).
Concordo con il giudizio di Paul11 sulle infondate, pregiudiziali invettive antifilosofiche non infrequenti (perfino) in questo forum e sul fatto che chi le lancia non coglie importanti questioni filosofiche poste dalla vita reale e che la scienza non può per sua natura risolvere (anche perché generalmente compie l' errore opposto al suo, quello di ignorare le numerose e interessantissime filosofie non idealistiche).
Dissento invece, per l' appunto, con quella che mi sembra da parte sua un errata limitazione della filosofia alle sue correnti idealistiche (a parere mio ne esistono di ben più valide e attuali, maggiormente razionalistiche).
Ci sono dei luoghi comuni, dei termini che aprioristicamente vengono mal interpretati.
Trascendere o trascendentalità significa prelevare dal dominio reale fisco e trasportarlo nel dominio del pensiero .Quindi saremmo tutti idealisti?
Adatto che hai comunque capito che la scienza non può fisicamente vedere ,dimostrare, il pensiero dentro la biochimica dei neuroni e sinapsi, questo è appunto il limite scientifico, che non limita l'importanza della scienza, semplicemente appartiene ad un dominio
che non può essere verità incontrovertibile.
Le scienze dimostrative sperimentali ci aiutano a riposizionare il pensiero filosofico, a "limarlo", io non vedo l'antitesi ,semmai è una dialettica, un dialogo di scambi di pensiero che dovrebbero aiutare sia filosofia che scienza, ma sono su domini diversi.
Mi scuso per il ritardo della risposta (la linea telefonica interrotta e sto usando un computer al lavoro negli scarsi ritagli di tempo).
Difficilmente riuscirò a seguire adeguatamente questa interessante discussione: mannaggia!
Concordo con tutto quanto qui affermato salvo che per la filosofia da te seguita (che in questo intervento non descrivi), che a mio modesto avviso é irrazionalistica, fondata su assunzioni aprioristiche indimostrate, "idealistica" nel senso di considerare la realtà come stabilita da definizioni arbitrarie di concetti (fra l' altro per me scarsamente comprensibili, come "essenza", "ente", "essenza dell'ente", "Essere" -con l' iniziale maiuscola-, "oggettivare L'Essere") indipendentemente da qualsiasi constatazione e riscontro empirico.
Citazione di: paul11 il 19 Novembre 2018, 10:55:32 AMCitazione di: paul11 il 19 Novembre 2018, 01:32:38 AMCHIEDO SCUSA: QUESTO POST ANDAVA NELLA DISCUSSIONE "L'ILLUSIONE DEL LIBERO ARBITRIO"
ciao Bobmax,
penso che nella griglia causa/effetti vi debbano essere delle condizioni e dei gradi di libertà per quanto riguarda soprattutto l'uomo.
Ad esempio:
i governi dicono: "tutti devono pagare le tasse".
entrano in gioco termini come "è necessario che si paghi le tasse", "è obbligatorio che si paghino le tasse".
ma c'è anche "è possible che qualcuno non paghi le tasse".
a prescindere dale teoretiche, le prassi indicano dei gradi di libertà, intesa come scelta.
Il grado, il livello di libertà a sua volta è condizionato da gradi di impedimento.
L'uomo sarebbe totalmente prevedibile nella griglia causa/effetto, ma non mi pare.
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 10:01:05 AMProporrei di riporre la pistola poiché, seppur inceppata, qualcuno potrebbe farsi male cercando di (sovra)caricare la causa finale senza passare per quella formale (per dirlo con Aristotele, ma soprattutto con Bacone), il che rischia di far esplodere in mano il concetto primario di identità (persino della propria, in quanto umano...).
Una pistola inceppata non dice la verità. Usando una tua bella espressione può ancora semanticamente proiettare l'immagine ontologica di tal senso, ma la sua ontologia reale ha perso un pezzo essenziale per strada.
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 10:01:05 AMProvo a parafrasare: un'etica «funziona» quando è «sincronizzata con le condizioni etologiche». Anche qui (come sopra), a parer mio, si inverte una gerarchia, quella (crono)logica fra l'etica che (per definizione) dovrebbe guidare l'agire, e l'agire etologico (altro tautos: etologia e etica sono "sorelle etimologiche" in ethos) che si trova a dettare il tempo della sincronia dell'etica (e se lei va fuori tempo, viene eliminata dal televoto ;D ).
Un'etica inceppata - non più sincronizzata con le mutate condizioni etologiche - va messa fuori uso e sostituita con una che funziona. La veridicità di una progettualità etica non può essere autoreferenziale, ma, come ogni buona tecnica, va testata sul campo. Spesso i risultati sono imprevedibili.
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 11:48:01 AMSe ci limitiamo agli apprendisti stregoni funziona così. Ma tenendo conto che ogni semantica richiede un interprete sapiente, si rimuove l'inceppamento e si riporta la pistola alla sua piena veridica forma. Senza che nessuno si faccia male.Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 10:01:05 AMProporrei di riporre la pistola poiché, seppur inceppata, qualcuno potrebbe farsi male cercando di (sovra)caricare la causa finale senza passare per quella formale (per dirlo con Aristotele, ma soprattutto con Bacone), il che rischia di far esplodere in mano il concetto primario di identità (persino della propria, in quanto umano...).
Una pistola inceppata non dice la verità. Usando una tua bella espressione può ancora semanticamente proiettare l'immagine ontologica di tal senso, ma la sua ontologia reale ha perso un pezzo essenziale per strada.
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 11:48:01 AMUna gerarchia, a parer tuo, molto parziale, o nominalistica: l'etica non viene dal nulla. Essa guida l'agire nell'ethos solo dopo che l'ethos ha dato le dritte. E' questa la gerarchia reale. Solo dopo l'etica retro-agisce sull'ethos norma-lizzandolo.Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 10:01:05 AMProvo a parafrasare: un'etica «funziona» quando è «sincronizzata con le condizioni etologiche». Anche qui (come sopra), a parer mio, si inverte una gerarchia, quella (crono)logica fra l'etica che (per definizione) dovrebbe guidare l'agire, e l'agire etologico
Un'etica inceppata - non più sincronizzata con le mutate condizioni etologiche - va messa fuori uso e sostituita con una che funziona. La veridicità di una progettualità etica non può essere autoreferenziale, ma, come ogni buona tecnica, va testata sul campo. Spesso i risultati sono imprevedibili.
CitazioneHo usato volutamente "etologia", piuttosto che "ambiente" per sottolineare la sorellanza o come dici tu il tautos. Il tautos è semplificazione apparente nel segno di uguale di un'equazione pur sempre da risolvere. Soluzione tutt'altro che a portata di mano, ad esempio nel rapporta tra etica ed etologia (umana) che ridefinisce continuamente il concetto di bene, non certo omologandosi, ma superando la prassi comune quando questa viene intersoggettivamente falsificata:
(altro tautos: etologia e etica sono "sorelle etimologiche" in ethos) che si trova a dettare il tempo della sincronia dell'etica (e se lei va fuori tempo, viene eliminata dal televoto ;D ).
L'etica è quindi mansueta amanuense delle vicende umane (e non più ambiziosa bussola che indica il bene) che è veridica se (de)scrive le abitudini, non più veridica se suggerisce altro dalla prassi comune?
CitazioneNon necessariamente così brutale e totalizzante. Vi è molto spazio per un'etica di libertà negli ambiti non (più) socialmente vitali e paradigmatici. Anche i manuali etici hanno una loro testabile
Proporre che una teoria etica possa essere verificata funzionalisticamente come si verifica un meccanismo (e quindi si può prospettare persino un falsificazionismo etico) significa ridefinire (e rieccoci alla centralità concettuale del linguaggio) il concetto di «bene», tratteggiando una "etica 2.0" (più affine al percorso, o meglio, al binario di un'A.I.: funziona=1, non funziona=0).
Gesto teoretico certamente possibile, in cui il reale ("test lab" di ogni techné) viene invitato a sottomettere le aspirazioni trascendenti della storia del pensiero etico, rimpiazzando gli immutabili comandamenti religiosi con gli aggiornabili trattati di sociologia, psicologia delle masse, etc. Proposta squisitamente postmoderna (che quindi non mi lascia indifferente),
CitazioneFinchè il concetto di eresia e gli ordini autoritari rimarranno nei manuali etici e nei loro derivati giuridici, certamente.
ma che consiglierei di esporre con cautela e solo in circoli di fidati "carbonari"; l'imputazione di eretica empietà e di destabilizzazione dell'ordine verrebbe probabilmente testata come veridica e "funzionante" ;)
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMDunque la sua «piena veridica forma»(cit.), quella che la identifica, è quella della causa formale o finale?Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 11:48:01 AMSe ci limitiamo agli apprendisti stregoni funziona così. Ma tenendo conto che ogni semantica richiede un interprete sapiente, si rimuove l'inceppamento e si riporta la pistola alla sua piena veridica forma. Senza che nessuno si faccia male.Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 10:01:05 AMProporrei di riporre la pistola poiché, seppur inceppata, qualcuno potrebbe farsi male cercando di (sovra)caricare la causa finale senza passare per quella formale (per dirlo con Aristotele, ma soprattutto con Bacone), il che rischia di far esplodere in mano il concetto primario di identità (persino della propria, in quanto umano...).
Una pistola inceppata non dice la verità. Usando una tua bella espressione può ancora semanticamente proiettare l'immagine ontologica di tal senso, ma la sua ontologia reale ha perso un pezzo essenziale per strada.
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMNon ne sono persuaso; storicamente mi pare siano i modelli etici a dare le direttive che l'ethos talvolta accetta (v. circa tutte le religioni del mondo); l'accettazione "a furor di popolo" è crono-logicamente successiva alla proposta etica. Se mi concedi il ricorso alla mitologia: fu l'ethos a dettare le tavole a Mosè, o fu Mosè a dare le tavole al popolo, impattandone l'ethos? Sono le religioni ad aver plasmato l'ethos dei popoli o viceversa?
l'etica non viene dal nulla. Essa guida l'agire nell'ethos solo dopo che l'ethos ha dato le dritte. E' questa la gerarchia reale. Solo dopo l'etica retro-agisce sull'ethos norma-lizzandolo.
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMChiedo per conferma: inquadri l'etica non come prescrittiva (religiosa), né circoscrittiva (filosofica), bensì come descrittiva (sociologica); ovvero, finché una certa etica "funziona" socialmente (è accettata dalla maggioranza e non porta all'implosione della società), allora è veridica.
[...]rapporta tra etica ed etologia (umana) che ridefinisce continuamente il concetto di bene, non certo omologandosi, ma superando la prassi comune quando questa viene intersoggettivamente falsificata:
[...]Anche i manuali etici hanno una loro testabilefunzionalitàverità. Alcuni principi delle tavole mosaiche sono tuttora perfettamente funzionanti. Il che significa che i fondamenti etici, i valori, sono a priori della technè che agisce sull'ethos.
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMConfermo.
concordo col tuo, mi pare, discorso sulla non equivalenza dei diversi sistemi morali.
Citazione di: 0xdeadbeef il 16 Novembre 2018, 19:56:42 PMPurtroppo non ho letto ancora tutti i successivi interventi, comincio con sviluppare questo invito.Citazione di: Lou il 16 Novembre 2018, 19:31:30 PMPermettimi di insistere (l'argomento è per me molto interessante in quanto concetto-chiave), io non credo sia come dici.
Ti ringrazio per questa domanda, non c'è intromissione alcuna, no, trovo che la tendenza sia a considerare i soggetti sassi rotolanti, sen'arte nè parte, è così che funzionano bene.
E Nietzsche, essendo poliedrico allo stato brado, proprio lui, quando si scaglia contro il positivismo, da un primo avvertimento di ciò. Il nichilismo estremo si risolve in un appiattimento del soggetto sull'oggetto, per quanto di mio riesco intendere.
Tutto ci dice dell'obliarsi dell'oggetto. Anche nell'arte, con la trasformazione del "bello" oggettivo in "bello"
soggettivo (dicevo in un altro post che Michelangelo era apprezzato non perchè era Michelangelo, ma perchè faceva
opere considerate belle - a diferenza di oggi, che anche uno scarabocchio vale milioni solo perchè l'ha fatto il
tal artista).
Anche nell'economia, con il fondamentale passaggio fra un criterio di "valore" economico come valore dato dalla
quantità di lavoro (quindi un valore oggettivo) ad un criterio del valore come valore di scambio fra venditore
e compratore (quindi un valore soggettivo).
Guarda anche ad esempi terra-terra, come certe cose che vengono dette ai bambini ("con la volontà si ottiene tutto"),
o a certi motti come "volere è potere" (per non parlare della volontà di potenza nietzschiana). Ti sembrerebbe plausibile dire questo della volontà se alla base non ci
fosse la convinzione che l'oggetto sia quanto meno "plasmabile" da parte del soggetto?
saluti
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 17:47:13 PM
Dunque la sua «piena veridica forma»(cit.), quella che la identifica, è quella della causa formale o finale?
Come chiedevo, una pistola rotta è una pistola falsa?
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 17:47:13 PMCitazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMNon ne sono persuaso; storicamente mi pare siano i modelli etici a dare le direttive che l'ethos talvolta accetta (v. circa tutte le religioni del mondo); l'accettazione "a furor di popolo" è crono-logicamente successiva alla proposta etica. Se mi concedi il ricorso alla mitologia: fu l'ethos a dettare le tavole a Mosè, o fu Mosè a dare le tavole al popolo, impattandone l'ethos? Sono le religioni ad aver plasmato l'ethos dei popoli o viceversa?
l'etica non viene dal nulla. Essa guida l'agire nell'ethos solo dopo che l'ethos ha dato le dritte. E' questa la gerarchia reale. Solo dopo l'etica retro-agisce sull'ethos norma-lizzandolo.
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 17:47:13 PMCitazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 14:20:04 PMChiedo per conferma: inquadri l'etica non come prescrittiva (religiosa), né circoscrittiva (filosofica), bensì come descrittiva (sociologica); ovvero, finché una certa etica "funziona" socialmente (è accettata dalla maggioranza e non porta all'implosione della società), allora è veridica.
[...]rapporta tra etica ed etologia (umana) che ridefinisce continuamente il concetto di bene, non certo omologandosi, ma superando la prassi comune quando questa viene intersoggettivamente falsificata:
[...]Anche i manuali etici hanno una loro testabilefunzionalitàverità. Alcuni principi delle tavole mosaiche sono tuttora perfettamente funzionanti. Il che significa che i fondamenti etici, i valori, sono a priori della technè che agisce sull'ethos.
Se così fosse, l'unico passaggio che per me è "a vuoto" (forse perché non lo rintraccio nella mia prospettiva) è il nesso con la verità: affermare che l'etica vigente è vera/veridica, mi pare semanticamente ridondante («è vero che è bene lasciar posto agli anziani sul bus»), oppure significa che tale etica è reale, in atto («è vero che solitamente si lascia posto agli anziani sul bus») e qui si torna al funambolico barcamenarsi sul crinale che separa realtà (falsificabile e compilativa) e verità (interpretativa e non sempre falsificabile, nel caso un concetto non si esaurisca nella sua applicazione empirica, come nel caso del Bene di cui si occupa l'etica classica; concordo con te che attualmente l'etica possa avere un "taglio" ben differente).
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 19:51:38 PMAllora chiederei ancora: se una pistola rotta è una «pistola falsa», cos'è veramente una pistola rotta? Qual'è (se c'è) la sua "verità"? O meglio, qual'è la causa finale di una pistola rotta?Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 17:47:13 PMSì, perchè le 4 cause aristoteliche vanno tutte rispettate per un corretto funzionamento.
Dunque la sua «piena veridica forma»(cit.), quella che la identifica, è quella della causa formale o finale?
Come chiedevo, una pistola rotta è una pistola falsa?
Citazione di: Ipazia il 19 Novembre 2018, 19:51:38 PMNon sono sicuro che nella "tessera marxista" sia inclusa anche la licenza per derogare dall'ordine cronologico degli eventi storici :) : non è forse vero che le grandi religioni hanno dettato le loro norme a cui l'ethos di quei popoli si è poi conformato nei secoli, così profondamente che oggi anche il senso etico comune laico ne è ancora impregnato? La religioni rivelate non sono tali proprio per il loro avvento "dall'alto"? Certo, se hanno attecchito, significa che c'erano le condizioni propizie per farlo, tuttavia non è il germoglio a causare la semina; sbaglio?
Da marxista la vedo diversamente. Sono le condizioni storiche determinate, ovvero l'ethos, a dettare le tavole della legge che poi si incarnano nelle norme religiose e civili.
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 21:15:25 PM
Allora chiederei ancora: se una pistola rotta è una «pistola falsa», cos'è veramente una pistola rotta? Qual'è (se c'è) la sua "verità"? O meglio, qual'è la causa finale di una pistola rotta?
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 21:15:25 PM
Non sono sicuro che nella "tessera marxista" sia inclusa anche la licenza per derogare dall'ordine cronologico degli eventi storici :) : non è forse vero che le grandi religioni hanno dettato le loro norme a cui l'ethos di quei popoli si è poi conformato nei secoli, così profondamente che oggi anche il senso etico comune laico ne è ancora impregnato? La religioni rivelate non sono tali proprio per il loro avvento "dall'alto"? Certo, se hanno attecchito, significa che c'erano le condizioni propizie per farlo, tuttavia non è il germoglio a causare la semina; sbaglio?
Ad esempio, l'ethos italiano ha la sua matrice nel cristianesimo, o viceversa?
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 21:15:25 PM
P.s. Spero che questa "maieutica da stagista" non venga presa per "accanimento terapeutico" ;)
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2018, 09:07:25 AM«Rottame», più che la "verità" della pistola rotta, mi sembra la classe di appartenenza di cui la pistola rotta è elemento (e l'elemento va distinto dalla classe, per non mischiare i piani logici...).Citazione di: Phil il 19 Novembre 2018, 21:15:25 PMUn rottame; lo smaltimento
Allora chiederei ancora: se una pistola rotta è una «pistola falsa», cos'è veramente una pistola rotta? Qual'è (se c'è) la sua "verità"? O meglio, qual'è la causa finale di una pistola rotta?
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2018, 09:07:25 AMConcordo che le prime due (sulla terza ho qualche riserva; la quarta appartiene solo alle società post-tribali, romanticismo a parte) siano il collante minimo per una proto-società, tuttavia che i numi siano arrivati dopo, ancora non mi convince: abbiamo tracce di una società arcaica senza numi a legiferare sull'ethos?
Basta applicare l'abc dell'ermeneutica storica e antropologica alle tavole mosaiche e si trovano tutte le risposte. "Non uccidere, non rubare, non mentire, non violentare la donna d'altri" è il minimo sindacale per la sopravvivenza di ogni branco umano di impostazione patriarcale. Dopo sono arrivati i numi.
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2018, 09:07:25 AMPerché sono solo uno stagista, e in fondo lo scopo della maieutica è ricevere spiegazioni, non darle :)
Ma una cosa mi chiedo: com'è possibile che ad un sì acuto maiueuta si debbano spiegare verità così elementari ?
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2018, 09:07:25 AMSolitamente contemplo il cielo non per la metafisica (altrove ho parlato di «bluff metafisico»), ma per predire il raccolto; posso affittare il tuo frantoio? Fammi un buon prezzo, siamo fuori stagione...
Forse che contemplando il cielo della metafisica non si è avveduto della buca ideologica dove i fatti si adeguano alla narrazione ?
Citazione di: Ipazia il 20 Novembre 2018, 09:07:25 AMIntendi oltre a quelle dei supermercati e al postamat? Le altre sono tutte scadute e non rinnovate ;)
O, magari, è solo una questione di tessere non dichiarate ? ;D
Citazione di: Lou il 19 Novembre 2018, 19:08:34 PM
Con calma mi rimando a leggere dal punto in cui ero arrivata @.@
Con ritardo immorale però ci tenevo a rispondere a @Ox
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Novembre 2018, 20:11:13 PM
In particolare ciò è evidente nell'Idealismo, a cominciare con l'"io" fichtiano fino ad arrivare ad Hegel, il quale
sentenziando la sintesi di reale e razionale di fatto sentenzia la sintesi di soggetto e oggetto (una sintesi, in
Hegel, che coincide con il soggetto laddove nel "materialista" Marx, che "rovescia" Hegel, coincide nell'oggetto).
A parte la "corrente" marxista e materialista (ma che presto finirà con la "dialettica" di Lenin), la storia dell'intero
occidente è da allora dominata dal soggetto, a cominciare, dicevo, da Schopenhauer.
...
Come infatti dopo Lutero venne Calvino, dopo Kant vennero Fichte ed Hegel a rendere "funzionale" il nuovo paradigma...
Quindi la risposta alla tua domanda è facile: non ci si avvede della relazione che istituisce soggetto e oggetto perchè
non ce ne se intende avvedere; ovvero non ci si VUOLE avvedere che soggetto E oggetto sono indubitabilmente "relati".
Ma chiaramente molto altro ci sarebbe da dire.
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2018, 12:22:52 PM
Concordo che le prime due (sulla terza ho qualche riserva; la quarta appartiene solo alle società post-tribali, romanticismo a parte) siano il collante minimo per una proto-società, tuttavia che i numi siano arrivati dopo, ancora non mi convince: abbiamo tracce di una società arcaica senza numi a legiferare sull'ethos?
Citazione di: Phil il 20 Novembre 2018, 12:22:52 PM
Non propongo certo di credere oggi che una voce sia davvero scesa dal cielo (sono ateo, se può aiutarti a capirmi), ma sicuramente se le masse dell'epoca non avessero creduto a tale voce, la storia e la cultura che ci hanno portato al "senso etico" attuale, avrebbero forse seguito un altra trama (che, per "eterogenesi dei fini", magari avrebbe portato alla medesima etica comune, non lo escludo...).
Citazione di: Ipazia il 21 Novembre 2018, 14:35:39 PMMagari non «ogni cosa», ma come essere accontentati dalle azioni umane (v. ethos) e cosa potevano dare in cambio, gli dei lo dicevano (o lo dettavano) solitamente «fin dal principio»; l'arte delle promesse elettorali è nata così ;D
Le differenze - e ancor più le analogie di branco - di legificazione rendono fragile tale ipotesi. Molto più coerente l'ipotesi dell'antropologia e del materialismo marxista. O della scuola ionia, che con Senofane afferma:
Non è che fin dal principio gli dèi abbiano svelato ogni cosa ai mortali, ma a poco a poco gli uomini ricercando trovano il meglio.
Citazione di: Ipazia il 21 Novembre 2018, 14:35:39 PMA l'aver ragione, preferisco le informazioni (noi pensatori deboli siam fatti così :) ): oltre al buon Senofane, la massa dell'epoca, la maggioranza, si affidava a quanto dicevano gli dei (o meglio, i portavoce umani degli dei) o ponderavano saggiamente e laicamente il meglio per la polis?
Quindi che fondamento etico poteva istituire una tautologia che partendo dall'uomo tornava all'uomo passando per gli dei, la cui illusorietà era già nota ? ma potresti avere ragione tu ...:
Citazione di: Ipazia il 21 Novembre 2018, 14:35:39 PMIntendevo che, trattandosi di esigenze sociali reali (il non uccidere, non rubare e poco altro), magari anche se gli dei fossero stati screditati e si fosse tutti atei da mille anni, non escludo che ci saremmo potuti ritrovare oggi con una morale affine a quella attuale (ad esempio, evito di ritrovare i punti comuni fra comunismo e cristianesimo, nonostante l'eterogenesi dei fini mancante poiché il paradiso non è il regno del proletariato; tuttavia... ;) ).
Ci vuole tanta ottimistica fantasia per parlare di possibile eterogenesi dei fini, quando bisognerebbe parlare piuttosto di taumaturgia dei fini, alla fine di mille anni di inquisizione ed efferato totalitarismo ideologico che Pol Pot a confronto è un dilettante *. Non funzionò così.
Citazione di: Ipazia il 21 Novembre 2018, 14:35:39 PMSo che sai già che il cristianesimo non è la chiesa (e quanto talvolta la distanza sia stata notevole), per cui non voglio mettere né la dottrina (e il suo impatto storico-culturale) né l'istituzione ecclesiastica (idem) sul banco degli imputati per giocare a "poliziotto buono (io) e poliziotto cattivo (tu)"; in fondo è un topic sulla verità e sappiamo già qual'è quella di ciascuno dei due interrogati e quel'è quella di "noi poliziotti" ;)
L'etica moderna, se è, è malgrado il cristianesimo.
Citazione di: Ipazia il 21 Novembre 2018, 07:06:15 AM
Gia viator aveva osservato l'intercambiabilità del ruolo di soggetto e oggetto, di agente e agito. Altri avevano colto la presenza di altre due dramatis personae: soggettivo e oggettivo, ma senza rispondere alla domanda: Come mai se soggetto vale più di oggetto, un giudizio oggettivo vale più di un giudizio soggettivo ?
Citazione di: 0xdeadbeef il 20 Novembre 2018, 20:11:13 PMMolto altro, poichè occorre annotare che dopo l.'idealismo assistiamo all' esplodere della questione del soggetto, basta pensare ai tempi del maestro del sospetto dove il soggetto, io autocosciente si rivela essere la più illusoria delle chimere, roba da rimanerne traumatizzati, manifestazione evanescente di reali forze magmatiche che emergono da un sottosuolo di cui è schiavo, prodotto di forze materiali ed economiche a cui soggiace senza poter esercitarne controllo alcuno, gettatezza, alienazioni, fino ad arrivare, a una clara e distinta visione biologista, neuroscienze, chimica che ci si assicura di saper spiegare questo soggetto, reti neurali, fotoni, connessioni, giochi di specchi che si agitano in un teatro dove il soggetto precipita su un palcoscenico e, attonito, si accorge di non aver ruolo, nè arte, nè parte, la redazione scenografia racconta di averlo relegato dietro le quinte, o nella botola sotto, lo nasconde. Altra roba agghiacciante da esaurimento nervoso, il fantasma dell'opera è dilettantesco a confronto (fortuna che ci son le pillolone di Matrix o le parole di Prospero, il profumo delle madeleine di Proust, lo zucchero che non si scioglie, la Pietà e il giallo di girasoli)Citazione di: Lou il 19 Novembre 2018, 19:08:34 PM
Con calma mi rimando a leggere dal punto in cui ero arrivata @.@
Con ritardo immorale però ci tenevo a rispondere a @Ox
Ciao Lou
E' da considerare non tanto Kant, nella cui tesi soggetto e oggetto appunto si "relazionano", ma il periodo successivo
a Kant, che di fatto oblia l'oggetto ed istituisce un soggetto "creatore".
In particolare ciò è evidente nell'Idealismo, a cominciare con l'"io" fichtiano fino ad arrivare ad Hegel, il quale
sentenziando la sintesi di reale e razionale di fatto sentenzia la sintesi di soggetto e oggetto (una sintesi, in
Hegel, che coincide con il soggetto laddove nel "materialista" Marx, che "rovescia" Hegel, coincide nell'oggetto).
A parte la "corrente" marxista e materialista (ma che presto finirà con la "dialettica" di Lenin), la storia dell'intero
occidente è da allora dominata dal soggetto, a cominciare, dicevo, da Schopenhauer.
Ritengo che l'individualismo spinto che caratterizza la nostra società sia un riflesso di questo immane processo.
Mi chiedi come si fa a non avvedersi della relazione che "istituisce" (e questo verbo mi sembra significativo) soggetto
e oggetto...
L'emergere dell'individuo è un qualcosa che in occidente comincia millenni orsono. Già Socrate parlava di una "responsabilità"
individuale, poi il Cristianesimo ne farà il fondamento della sua visione "meritocratica". Quanto alla natura (dunque quanto
all'oggetto, potremmo in un certo qual modo dire...), essa viene posta fin dagli albori (ad esempio dalla Bibbia) come un
"a disposizione" dell'uomo (un concetto poi addirittura "amplificato" dalla nascente scienza).
Dunque, presumibilmente l'occidente non aspettava altro che un Kant che venisse a "liberarlo dalla schiavitù dell'oggetto"
in modo del tutto analogo a quello per cui non aspettava altro che un Lutero lo "liberasse" dal concetto peccaminoso dell'
interesse "particulare" e dell'egoismo.
Come infatti dopo Lutero venne Calvino, dopo Kant vennero Fichte ed Hegel a rendere "funzionale" il nuovo paradigma...
Quindi la risposta alla tua domanda è facile: non ci si avvede della relazione che istituisce soggetto e oggetto perchè
non ce ne se intende avvedere; ovvero non ci si VUOLE avvedere che soggetto E oggetto sono indubitabilmente "relati".
Ma chiaramente molto altro ci sarebbe da dire.
saluti
Citazione di: Lou il 21 Novembre 2018, 18:20:37 PMMolto altro, poichè occorre annotare che dopo l.'idealismo assistiamo all' esplodere della questione del soggetto, basta pensare ai tempi del maestro del sospetto dove il soggetto, io autocosciente si rivela essere la più illusoria delle chimere, roba da rimanerne traumatizzati, manifestazione evanescente di reali forze magmatiche che emergono da un sottosuolo di cui è schiavo, prodotto di forze materiali ed economiche a cui soggiace senza poter esercitarne controllo alcuno,
Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Novembre 2018, 17:42:05 PM
A tal proposito, basti l'esempio del dilagante "scientismo", il moderno positivismo che, dimentico
della relatività, sta elevando gli enunciati della scienza a dogmi indiscutibili.Citazione
A mio parere, piuttosto che pretendere di elevare gli enunciati della scienza a dogmi indiscutibili (questo lo fanno solo i più sgangherati, acritici ignoranti degli "scientisti estremi"), pretende che la filosofia (se non anche le "scienze umane", almeno in qualche caso dei peggiori) sia un "cane morto "(una collezione di vecchi pregiudizi infondati per vecchi rincoglioniti o "nostalgici appassionati del vintage"; e che non esistano altre verità (comunque sempre criticabili) che quelle scientifiche, ignorando che vi sono ambiti del reale non materiali - naturali - quantificabili che la scienza non può indagare (e la filosofia sì)
Con quella che a parer mio è una efficace espressione, Severino chiama questa (apparente) contraddizione "ricostituzione
dell'inflessibile" (una ricostituzione inevitabilmente destinata allo scacco).
Ecco quindi spiegato (spiegato per modo di dire, perchè la mia è solo una brevissima sintesi) il motivo per cui un giudizio
inteso come "oggettivo" vale più di un giudizio inteso come soggettivo.Citazione
Secondo me vale di più, del tutto indipendentemente dallo scientismo (oggettivamente: sic!), perché con gli oggetti reali prima o poi ci si scontra di sicuro, e se si sono coltivate troppe illusioni soggettive si rischia di rompersi le corna.
Come sempre Severino spiega, il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" ha demolito (per Severino definitivamente, io
invece non ne sarei così sicuro) qualsiasi "oggettività", cioè qualsiasi "verità" così come intesa dalla tradizione
filosofica. E ciò che rimane non può che essere il "soggetto", la cui volontà, laddove raggiunga la potenza attuale,
decide cosa è oggettivo e cosa non lo è (cioè decide sulla "verità" e sulla "falsità").
salutiCitazioneSecondo me la filosofia moderna non ha affatto "demolito qualsiasi oggettività" (nessuna filosofia moderna, malgrado le illusioni di relativisti e nichilisti) , ma invece (almeno la filosofia moderna migliore dal mio punto di vista) ha sottoposto a feroce critica razionale qualsiasi credenza circa la verità oggettiva per cerare di comprenderne significato autentico, limiti, condizioni di validità.
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Novembre 2018, 10:14:22 AM
Ma poi, alla fin fine, cosa dicono i "maestri del sospetto"? Il materialismo marxiano, a parer mio, è già "annacquato"
in origine da quella aggettivazione di "storico" che la dice lunga (e che alla fine si concretizzerà nel "soggetto
storico" leniniano - e anche gramsciano, per la verità).
Citazione di: 0xdeadbeef il 21 Novembre 2018, 17:42:05 PM
Ciao Ipazia
Non sono convinto di aver colto appieno quel che vuoi dire ma provo ugualmente a rispondere...
E chi dice che soggetto "vale" più di oggetto? A parte il significato del termine "valore", io sto piuttosto dicendo
che il soggetto ha, nella contemporaneità, "assorbito" e ridotto a sè l'oggetto (anche se questo, naturalmente, avviene
più che altro nell'inconscio, nelle "profonde strutture del pensare").
L'oggetto però resta eccome. Anzi, da un certo punto di vista continuiamo tutti a pensare il mondo all'antica, cioè come
un mondo di oggetti. A tal proposito, basti l'esempio del dilagante "scientismo", il moderno positivismo che, dimentico
della relatività, sta elevando gli enunciati della scienza a dogmi indiscutibili.
Con quella che a parer mio è una efficace espressione, Severino chiama questa (apparente) contraddizione "ricostituzione
dell'inflessibile" (una ricostituzione inevitabilmente destinata allo scacco).
Ecco quindi spiegato (spiegato per modo di dire, perchè la mia è solo una brevissima sintesi) il motivo per cui un giudizio
inteso come "oggettivo" vale più di un giudizio inteso come soggettivo.
Come sempre Severino spiega, il "sottosuolo filosofico degli ultimi 200 anni" ha demolito (per Severino definitivamente, io
invece non ne sarei così sicuro) qualsiasi "oggettività", cioè qualsiasi "verità" così come intesa dalla tradizione
filosofica. E ciò che rimane non può che essere il "soggetto", la cui volontà, laddove raggiunga la potenza attuale,
decide cosa è oggettivo e cosa non lo è (cioè decide sulla "verità" e sulla "falsità").
saluti
Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2018, 11:25:09 AM
Tutto questo ragionamento resta fisso alle categorie di soggetto e oggetto, sfiorando appena gli attributi di soggettività e oggettività e inquadrando in un fantomatico, non meglio identificato, oggetto a latere, gli attributi ultraideologici, de-compositivi e mistificanti di soggettivismo (individualismo) e oggettivismo (scientismo), ovvero i pilastri della koinè capitalistica, che trasforma il soggetto in individuo alla mercè di una oggettivistica verità che lo riduce, neutralizzandone ogni elemento soggettivo, a cosa materiale (das Ding) mercificabile e sezionabile.
Il mio richiamo a quella che sarebbe meno arcano chiamare cosificazione, piuttosto che reificazione (Verdinglichung), esprime appunto il richiamo ai diritti del soggetto contro ogni forma di alienazione. Tale prospettiva antropologica, fino allora inedita sul soggetto e l'oggetto, deriva proprio dal materialismo storico che riconduce oggettivamente il divenire ai suoi soggetti reali, mai riconosciuti dalla retorica oggettivistica - cosificante nel concetto di gregge, massa inerme, nell'indifferenziato produttore-consumatore della contemporaneità - dominante nella storia e nella sua versione tecnoscientifica ufficiali. Non capire gli elementi umanistici della concezione materialistica della storia è tipico del misunderstanding strumentale del marxismo di cui anche tu ti fai, non so quanto consapevolmente, interprete.
Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2018, 20:19:06 PM
L'oggetto del contendere è che il materialismo storico non ha nulla da spartire con la cosificazione nichilistica del soggetto sub specie capitalis e con la mimesis della cosa risultate in individuo la cui onnipotenza apparente è solo la mascheratura del nulla. Sulla denuncia di questo nichilismo caratteristico della modernità Marx ha molto da sparire con Nietzsche. I punti di vista sono complementari e l'uno corregge l'altro quando si tratta di approfondire l'eziologia e stabilire la cura per la patologia sociale in cui siamo immersi.
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Novembre 2018, 21:16:33 PMNessuna polemica di bottega. E' che questa sussunzione totale (sintesi) del soggetto all'oggetto in Marx é una lettura sbagliata. La dialettica tra soggettività e oggettività permane ed è coerente con la centralità del soggetto rivoluzionario concretizzato dal leninismo.
"In particolare ciò è evidente nell'Idealismo, a cominciare con l'"io" fichtiano fino ad arrivare ad Hegel, il quale sentenziando la sintesi di reale e razionale di fatto sentenzia la sintesi di soggetto e
oggetto (una sintesi, in Hegel, che coincide con il soggetto laddove nel "materialista" Marx, che "rovescia" Hegel, coincide nell'oggetto).
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Novembre 2018, 21:16:33 PM
...
A mio modo di vedere non c'è traccia alcuna di critica, ma solo una, diciamo, sistemazione concettuale per meglio inquadrare il
discorso dell'evolversi storico dei concetti di soggetto e oggetto.
Se poi uno la prende come uno: "scherza coi fanti e lascia stare i santi" allora beh, è un'altro discorso.
saluti
Citazione di: Lou il 22 Novembre 2018, 18:28:54 PM
Sul materialismo storico, beh per quanto mi riguarda sono anche le idee a fare la storia e Marx tutto sommato è figlio, sebbene edipico :P, dell'idealismo.
Citazione di: Ipazia il 22 Novembre 2018, 21:38:41 PMBeh, come puoi ben capire non posso certo stare ad approfondire ogni singolo passaggio (ammesso e non concesso ne sia inCitazione di: 0xdeadbeef il 22 Novembre 2018, 21:16:33 PMNessuna polemica di bottega. E' che questa sussunzione totale (sintesi) del soggetto all'oggetto in Marx é una lettura sbagliata. La dialettica tra soggettività e oggettività permane ed è coerente con la centralità del soggetto rivoluzionario concretizzato dal leninismo.
"In particolare ciò è evidente nell'Idealismo, a cominciare con l'"io" fichtiano fino ad arrivare ad Hegel, il quale sentenziando la sintesi di reale e razionale di fatto sentenzia la sintesi di soggetto e
oggetto (una sintesi, in Hegel, che coincide con il soggetto laddove nel "materialista" Marx, che "rovescia" Hegel, coincide nell'oggetto).
Citazione di: Tanàzzj il 10 Dicembre 2018, 00:27:06 AM
È la felice nominazione della cosa.
La fuga dal senso invece è l'atteggiamento di chi sia rimasto deluso dalla ricerca dei criteri di quella felicità. Delusione inevitabile del resto, dal momento che una nominazione riesce felice a condizione di aver contatto con la cosa, e non con l'ideale.
Citazione di: Ipazia il 10 Dicembre 2018, 08:37:18 AMNon so come lo intenda quel teologo, ma il rapporto fra teologia e bellezza mi sembra l'essenza delle origini dei culti: se intendiamo la bellezza come sublime (esperienza del limite, a suo modo), il passaggio al mistico (anelito a superare il limite) è un passo breve e quasi conseguenziale. Se le religioni sono nate per dare un senso (secondo la "semiopatia" tipica dell'uomo) allo stupore verso il mondo e le dinamiche umane, siamo adesso alla chiusura del cerchio: dopo aver cercato di trapiantarsi nella ragione (ma, dal medioevo in poi, quel terreno è sempre meno ospitale), la religione torna al sentimento extra-razionale per ritrovare un suolo adatto alle sue radici, e qui ha certamente migliori possibilità di germogliare.
L'ho "ascoltata" anch'io, ieri mattina da Vito Mancuso, teologo errante, su Radio Tre. Malignamente ho pensato: che la teologia si affidi alla bellezza per sparare le sue ultime cartucce porta bene. [...] Rimane solo Dostoevskij: dio salvato dalla bellezza. Che a questo punto diventa verità.