Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?
Esiste la psiche (l'accento grammaticale e semantico mettetelo voi) che è un luogo con una sua particolare relatività in cui c è la velocità del pensiero che viaggiando più veloce della sua gemella fisica produce molta più energia a partire dalla piccola massa del nostro cervello. Le manifestazioni fenomeniche di quell'energia parallela realizzano un universo antropologico fatto di oggetti immateriali che interagiscono dialetticamente, retroattivamente, tra loro e con l'universo fisico da cui sono emersi.
Secondo me esistono sensazioni materiali (misurabili quantitativamente; in maniera diretta per quanto riguarda le loro "qualità primarie", indiretta per le "secondarie; es.: lunghezze d' onda come misura dei colori, concentrazioni molecolari per odori e sapori, ecc. Inoltre postulabili essere intersoggettive); e sensazioni mentali o di pensiero (sentimenti, ragionamenti, immaginazioni, ecc.; non misurabili, e non postulabili essere intersoggettive).
Queste sono tutto ciò di cui si può essere certi (allorché accadono).
Se la memoria è "normalmente" veritiera e comunque i suoi errori in linea di principio sono correggibili (cosa in linea di principio non certa, dubitabile), esistono innanzitutto due "mondi fenomenici": uno materiale (postulabile essere) intersoggettive quantificabile-misurabile, e dunque scientificamente conoscibile (in senso stretto o forte, quello delle "scienze naturali"); e l' altro mentale, meramente soggettivo e non quantificabile-misurabile, e dunque non conoscibile scientificamente, per lo meno in senso stretto.
Un' imprescindibile conditio sine qua non della conoscenza scientifica (in senso stretto) è la "chiusura causale" del mondo fisico che ne è (l' unico) possibile oggetto: se esistessero miracoli o libero arbitrio, se da un momento all' altro il divenire naturale potesse "derogare" da leggi universali e costanti (non dimostrabili: Hume!- ma che è necessario postulare perché possa darsene conoscenza scientifica), non avrebbe senso sottoporre a verifica empirica qualsiasi teoria ipotizzabile, dal momento che se rilevata essere congruente con le osservazioni sperimentali (non falsificata), potrebbe sempre esserlo per "miracolo" o per "libero arbitrio" e ciò non consentire alcuna affidabile inferenza su (o estensione a) analoghi casi futuri.
Le scienze naturali (compresa la neurologia), essendo possibili del solo mondo fenomenico materiale, su quello si concentrano.
E in esso non possono trovare fenomeni mentali, ma solo materiali.
Per esempio, nei cervelli trovano, neuroni, nevroglia, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc.: tutt' altro che pensieri, sentimenti, ricordi, immaginazioni; anche se questi ultimi fenomeni -mentali- non possono darsi in assenza di determinati corrispondenti fenomeni neurofisiologici cerebrali; e viceversa.
Dunque, anche se ben diversa da un' "anima" immortale esistente anche indipendentemente dall' esistenza e dal buon funzionamento di un cervello materiale, una realtà fenomenica mentale è reale, malgrado non sia indagabile scientificamente (per lo meno in senso stretto).
MI permetto di segnalare, per eventuali interessati (meglio se forniti di un po' di pazienza) una più dettagliata mia trattazione della questione:
https://www.riflessioni.it/lettereonline/paradosso-moderne-neuroscienze.htm
Citazione di: Ipazia il 24 Gennaio 2019, 10:21:00 AM
Esiste la psiche (l'accento grammaticale e semantico mettetelo voi) che è un luogo con una sua particolare relatività in cui c è la velocità del pensiero che viaggiando più veloce della sua gemella fisica produce molta più energia a partire dalla piccola massa del nostro cervello. Le manifestazioni fenomeniche di quell'energia parallela realizzano un universo antropologico fatto di oggetti immateriali che interagiscono dialetticamente, retroattivamente, tra loro e con l'universo fisico da cui sono emersi.
Quindi l'immateriale come conseguenza dei fenomeni. Ma l'immateriale non è manifesto come i fenomeni, quindi usando una logica degli insiemi si può contraddire che la categoria 'fenomenico' viene usata per spiegare ciò che non rientra in questa categoria. Ossia l'immateriale. Come può l'immateriale essere conseguenza dei fenomeni se non rientrano nella stessa categoria? Si può considerare le relazioni che ci sono fra questi due gruppi. Cosa c'è di fenomenico nell'immateriale e viceversa. Oppure riflettere su cosa ci sia di più immateriale del tempo. Intangibile, eppure ci riesce difficile se non impossibile negare che esista, nonostante tutte le considerazioni einsteniane. O dire con Descartes che sono le due facce della stessa medaglia. Il cuore sono pochi etti di materia organica grondante sangue, ma ben altro universo ci si spalanca quando recepiamo la parola cuore. Ciò che da un lato ha valore realistico e concreto, dall'altro ha una funzione puramente simbolica. Quindi la manifestazione fenomenica dell'immateriale avviene tramite simboli. Gli orologi e il cuore rappresentano il tempo e i sentimenti. Anche l'anima si rappresenta con dei simboli. Ad esempio col più rarefatto degli elementi: l'aria. Il soffio vitale che esala dal morente. L'immateriale e l'anima esistono solo se si è disposti ad osservarli attraverso i simboli che li rappresentano. Non in modo preciso e inequivocabile come i simboli matematici, ma in modo direi trascendente. Il passaggio da una realtà ad un'altra. Che poi altro non sono che le due facce della stessa medaglia.
Secondo me invece potrebbero esistere solo fenomeni immateriali basati sulle percezioni autocostruite dalla mente. Essendo 'materiale' una semplice definizione 'di lavoro' mentale senza corrispettivo reale. Essendo la coscienza non-duale, ciò permette l'illusione della conoscenza (essendo questa già da sempre presente nella coscienza stessa) e quindi quello che la coscienza stessa chiama "l'intersoggettiva esperienza percettiva comune" di questi 'fenomeni' immateriali (mentali) scambiati per 'reali' (come, nella penombra, si scambia una corda per un serpente...). Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc. nello stesso modo con cui nel sogno immagina e costruisce mondi e persone, li fa parlare, interagire, ecc....Così nello stesso modo 'misura' l'universo da se stessa immaginato esistere, gli dà nome e forma (nama-rupa), lo definisce e chiama questo misurare "scienza"...
Non se ne può dimostrare l'esistenza perché essa non può 'vedere' se stessa...la sua natura essendo "coscienza di..." come una lama affilata non può tagliare se stessa.
(Questa è una posizione direi Cittamatra... "Solo Mente").
Lo Stato è un fenomeno immateriale dell'universo antropologico.
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 11:28:30 AM
Secondo me invece potrebbero esistere solo fenomeni immateriali basati sulle percezioni autocostruite dalla mente. Essendo 'materiale' una semplice definizione 'di lavoro' mentale senza corrispettivo reale. Essendo la coscienza non-duale, ciò permette l'illusione della conoscenza (essendo questa già da sempre presente nella coscienza stessa) e quindi quello che la coscienza stessa chiama "l'intersoggettiva esperienza percettiva comune" di questi 'fenomeni' immateriali (mentali) scambiati per 'reali' (come, nella penombra, si scambia una corda per un serpente...). Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc. nello stesso modo con cui nel sogno immagina e costruisce mondi e persone, li fa parlare, interagire, ecc....Così nello stesso modo 'misura' l'universo da se stessa immaginato esistere, gli dà nome e forma (nama-rupa), lo definisce e chiama questo misurare "scienza"...
Non se ne può dimostrare l'esistenza perché essa non può 'vedere' se stessa...la sua natura essendo "coscienza di..." come una lama affilata non può tagliare se stessa.
(Questa è una posizione direi Cittamatra... "Solo Mente").
Risponderò appena avrò tempo (stasera o domani).
Per ora ti ringrazio perché sono l' unico a cui hai negato l' esistenza individuale chiedendogli scusa, sei proprio un amico!
(Che indelicato però con gli altri! Va beh che non esistono...).
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 11:28:30 AM
Secondo me invece potrebbero esistere solo fenomeni immateriali basati sulle percezioni autocostruite dalla mente. Essendo 'materiale' una semplice definizione 'di lavoro' mentale senza corrispettivo reale. Essendo la coscienza non-duale, ciò permette l'illusione della conoscenza (essendo questa già da sempre presente nella coscienza stessa) e quindi quello che la coscienza stessa chiama "l'intersoggettiva esperienza percettiva comune" di questi 'fenomeni' immateriali (mentali) scambiati per 'reali' (come, nella penombra, si scambia una corda per un serpente...). Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc. nello stesso modo con cui nel sogno immagina e costruisce mondi e persone, li fa parlare, interagire, ecc....Così nello stesso modo 'misura' l'universo da se stessa immaginato esistere, gli dà nome e forma (nama-rupa), lo definisce e chiama questo misurare "scienza"...
Non se ne può dimostrare l'esistenza perché essa non può 'vedere' se stessa...la sua natura essendo "coscienza di..." come una lama affilata non può tagliare se stessa.
(Questa è una posizione direi Cittamatra... "Solo Mente").
Potrebbe esserci questa sorta di coscienza universale che incorpora le nostre esperienze apparentemente soggettive. Ma non mi spiego il perché di questo equivoco. La soggettività che noi viviamo sarebbe un autoinganno di questa mente universale oppure esiste una qualche altra entità antagonista?
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?
In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale?
Evidentemente no...basta guardarsi intorno e constatare un impermeabilita,una chiusura che si fa sempre più ermetica..(se ci fai caso persino lo spazio intorno a noi si va sempre più riducendo) ..una "solidificazione" che non a caso e' la stessa che fa appunto riferimento alla materia e che esula da qualsiasi altra influenza che non sia soltanto relativa ai nostri sensi o al nostro raziocinio calcolante, che tende per sua natura a catalogare,dividere,frammentare,ridurre... e in ultima analisi a separare..Hai accennato ai Simboli...quella e' la chiave,perche il Simbolo e' cio che permette questa apertura..il significato etimologico del Simbolo e' mettere insieme, congiungere, unire...d'altro canto ne esiste un altro dal significato opposto che e' quello di diabbalon (diavolo) ed il suo etimo e' quello di dividere, separare...e che qui non vuole avere nessun riferimento di tipo religioso (o superstizioso come credono i veri ingenui) ma solo di senso, di pura conoscenza, di realtà effettiva
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?
L'immaterialismo berkeliano postula l'unica realtà percettiva della sostanza spirituale-universale: teoria accettabile per chi si attiene a un criterio teologico -mistico.
Le scienze naturali opererebbero sulle percezioni trasmesse all'uomo da Dio. Ricadiamo in un criterio spiritualistico-metafisico da discutere - a parer mio - , in altro settore.: l'argomento è consideraato molto marginale in filosofia contemporanea: decade dal ruolo tradizionale religioso per cui non esisterebbe il supporto della materia, che si trasforma in cose sensibili garantite da Dio.
L'anima secondo me non è stata sostituita col virtuale, casomai si trasforma nel campo delle neuroscienze: problema della coscienza, dilemma del rapporto mente-cervello, ecc.. In Occidente ha acquisito il significato di attività psichiche. A parte la religione per cui è sempre il soffio vitale infuso nell'uomo da Dio.
Saluti
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento.
Che strano......questo ragionamento, che ritengo corretto, l'ho proposto nella sezione "Spiritualità" per spingere gli amici atei ad interrogarsi su come sia possibile che una reazione chimica, che degli enzimi e dei catalizzatori possano produrre pensieri, emozioni, addirittura l'amore! Senza l'aggiunta di uno spirito, un'anima, insomma di qualcosa.......
Intuizione che, per quello che vale, ebbero gli antichi alchimisti.
A te invece, appare riduttivo......
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo.
Interessante prospettiva. Non solo, è vero anche il contrario: tutto il mondo creato dall'uomo deriva da pensieri e immaginazioni.
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?
Come prova non credo. Ma come pista di indagine penso proprio che sia interessante. E' quantomeno curioso osservare, per chi lo percepisce (non credo tutti) l'immutabilità della nostra percezione dell'io.
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 13:05:37 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 11:28:30 AMSecondo me invece potrebbero esistere solo fenomeni immateriali basati sulle percezioni autocostruite dalla mente. Essendo 'materiale' una semplice definizione 'di lavoro' mentale senza corrispettivo reale. Essendo la coscienza non-duale, ciò permette l'illusione della conoscenza (essendo questa già da sempre presente nella coscienza stessa) e quindi quello che la coscienza stessa chiama "l'intersoggettiva esperienza percettiva comune" di questi 'fenomeni' immateriali (mentali) scambiati per 'reali' (come, nella penombra, si scambia una corda per un serpente...). Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc. nello stesso modo con cui nel sogno immagina e costruisce mondi e persone, li fa parlare, interagire, ecc....Così nello stesso modo 'misura' l'universo da se stessa immaginato esistere, gli dà nome e forma (nama-rupa), lo definisce e chiama questo misurare "scienza"... Non se ne può dimostrare l'esistenza perché essa non può 'vedere' se stessa...la sua natura essendo "coscienza di..." come una lama affilata non può tagliare se stessa. (Questa è una posizione direi Cittamatra... "Solo Mente").
Potrebbe esserci questa sorta di coscienza universale che incorpora le nostre esperienze apparentemente soggettive. Ma non mi spiego il perché di questo equivoco. La soggettività che noi viviamo sarebbe un autoinganno di questa mente universale oppure esiste una qualche altra entità antagonista?
A mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"...Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà.Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
@Sariputra
ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
In che senso dici "solo mente" ? ....spiega meglio :)
Tutto si risolve in energia, non solo fisica.
La materia è condensazione, densità ,concentrazione che le forze interagenti condizionando l'energia, la concentra .
Quindi sono i legami energetici che condensano la materia.
Analogamente ciò che quì viene definito immateriale al posto del legame chimico fisico materiale crea le relazioni: linguistiche, affettivo-sentimentali, psichiche, spirituali.
Tutta l'energia complessiva universale, materiale e immateriale ,era già al tempo zero e nello spazio originario, come nella teoria cosmologica fisica del big bang , e tutto è destinato a ri-tornarvi.
L'espansione dello spazio e il tempo sono convenzioni create dai legami fisici delle forze interazionali ,creando materia, modificando gli stati energetici; così come le relazioni immateriali espandono e contraggono il pensiero che si esprime linguisticamente ., le emozioni, lo spirito.
Così come un tempo l'etere era l'immateriale, aria, in quanto invisibile ritenuto immateriale,
ancora oggi ingenuamente non vedendo come ciechi, ciò che invece esiste come evidenza ; il pensiero, le emozioni,l'autoconsapevolezza e quindi il sè, anch'essi ontologicamente non possono che esistere
ed interagire con la materia ed energia fisica.
Citazione di: acquario69 il 24 Gennaio 2019, 15:16:51 PM@Sariputra ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D In che senso dici "solo mente" ? ....spiega meglio :)
Beh!...seguendo questa ipotesi, se tutto (proprio tutto) è solo creazione di una "mente" (anche l'idea di 'mente' è però creazione di questa 'mente', che ho chiamato "Solo-Mente") questa fase in cui prevale l'attaccamento al nome-forma ( che "Solo-Mente" ha definito materialismo) è necessariamente una fase stessa di questa...L'attaccamento e il distacco da nome-forma quindi come semplice movimento interno ad essa...L'ignoranza dell'uomo fa sì che egli creda non solo che questa sua coscienza sia un "soggetto" ovvero che abbia una sua identità permanente ma che esistano, con la stessa qualità, anche gli oggetti percepiti.
Due estremi: A- esiste solo la materia.
B- esiste solo l'immateriale (che ho definito 'Solo mente' per necessità di comprensibilità).
Cit. Sgiombo ( se non l'ho mal compreso) che si rifà a D.Hume sia un estremo che l'altro non possono essere dimostrati ma solo assunti per 'fede'...
Dando io preminenza al fattore coscienza ritengo probabile la seconda (forse alcuni fisici cominciano pure a pensarlo anche loro...ho letto qualcosa al riguardo ma non sono esperto e quindi MI TACCIO...)
Ciao
Salve cvc. Bene hai fatto ad anteporre il concetto di immaterialità a quelli di ciò che l'immateriale contiene (anima, spirito, pensiero etc.).
Parto, come spesso faccio, con la definizione (mia, ovviamente) di immateriale : "Ciò che è in modo non percepibile (neppure potenzialmente) dai nostri sensi".
Ovviamente, se una tua od altrui definizione in proposito risulti diversa, tutto quanto sto per dire perderà il suo senso.
Dicendo che l'immateriale "è" (in questo caso quindi esiste fuori di noi ed insiste dentro di noi) affermo quindi appunto il suo sussistere.
Ora si tratta di stabilire in cosa l'immateriale possa consistere (cos'è).
Esiste una dimensione che si chiama SOSTANZA (delle cose). La sostanza è un ente od aspetto materiale.
Esiste poi, per ciascuna cosa e per l'insieme delle cose, un'altra dimensione che a tutti gli effetti è legata alla materia e risulta perfettamente ed universalmente complementare alla materia stessa. Si chiama FORMA.
Tutta la materia esiste e svolge una funzione grazia alla propria forma. La quale non è tanto l'apparenza geometrica od il profilo esteriore degli oggetti, ma va più profondamente definita come "l'insieme delle relazioni INTRINSECHE tra le parti di quell'oggetto, cioè la struttura specifica che permette a quell'oggetto di essere ciò che è in modo distinguibile e che permette ad esso di svolgere la propria FUNZIONE".
L'immateriale consiste quindi nella FORMA di qualcosa.
Prendiamo il pensiero. Il pensiero non è altro che una FUNZIONE resa possibile dalla particolare FORMA (cioè dalla particolare rete e struttura dei tessuti cerebrali) la quale opera e vive grazie a ciò che è anch'esso intrinsecamente immateriale : l'ENERGIA.
Ma come, direte, voi, siamo impazziti ? l'energia solare scalda, la luce viene vista, la corrente elettrica dà la scossa. L'energia è percepibilissima !
Il concetto non è intuitivo ma secondo me va inteso nel modo seguente : materiali e percebibili sono gli effetti dell'energia, non l'energia in sè. L'energia è radiazione consistente in unità (quanti?) privi sia di massa che di consistenza materiale (diversamente non potrebbero muoversi alla velocità della luce). La radiazione è prodotta dalla materia attraverso la nota conversione einsteniana (E=mc^2), si propaga attraverso quello che noi chiamiamo spazio e viene assorbita (o riflessa) una volta che incontri della materia.
E' come se l'energia fosse il messaggero ed i suoi effetti il messaggio, no? Son bene due diverse figure, no?.
Quindi la scossa elettrica produce una percezione solo perchè gli elettroni (la corrente) vengono mossi da un impulso in sè a loro estraneo (l'energia) a formare un flusso che incontra le nostre cellule, urtandole e facendole vibrare (effetto della trasmissione dell'energia dalla quale sono animati gli elettroni materiali).
Ogni altra modalità di percezione "energetica" è riconducibile a questo genere di relazione tra l'energia e le particelle atomiche materiali che essa convolge ed "anima" (ecco qui il termine fatale che cvc voleva introdurre !).
Tornando al pensiero, abbiamo dunque un organo (l'encefalo) consistente in materiale chimico (guarda caso, i legami chimici sono di natura elettrochimica) in sè banale (un certo assortimento di elementi e composti chimici in una certa quantità) che però, strutturati secondo una certa forma ed alimentati da un'energia, svolgono una funzione (la fisiologia cerebrale) consistente nel produrre pensiero, concetti, sintesi astratte etc.
Mancando l'energia (immateriale) cessa la produzione immateriale, e l'encefalo diventa materia prima non più vivente, dopo un poco non più organica, dopo altro in un cumulo del tutto indifferenziato di sostanze minerali.
Infatti ciò che ho detto a proposito del pensiero vale anche nei confronti della vita stessa in generale. Anch'essa è un principio immateriale espresso dall'energia che anima la materia strutturandola in FORME sempre più variegate e complesse a comporre delle STRUTTURE sempre più variegate e complesse, allo scopo di poter svolgere FUNZIONI sempre più variegate e complesse. Saluti.
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 11:08:41 AM
Quindi l'immateriale come conseguenza dei fenomeni. Ma l'immateriale non è manifesto come i fenomeni, quindi usando una logica degli insiemi si può contraddire che la categoria 'fenomenico' viene usata per spiegare ciò che non rientra in questa categoria. Ossia l'immateriale. Come può l'immateriale essere conseguenza dei fenomeni se non rientrano nella stessa categoria? Si può considerare le relazioni che ci sono fra questi due gruppi. Cosa c'è di fenomenico nell'immateriale e viceversa.
Citazione
IL pensiero immateriale é altrettanto manifesto alla coscienza (o meglio costituente la coscienza) che la materia (entrambi sono insiemi e successioni di percezioni coscienti).
O credi che l' amore per una donna (spero sarai stato innamorato qualche volta), o il dolore per un grave lutto (che invece spero non ti abbia -finora- toccato, ma puoi probabilmente aver constatato in qualcunaltro) o l' indignazione per qualche stronzo che si vanta della sua scelleratezza, o anche i ragionamenti coi quali a scuola hai pensato alle dimostrazioni dei teoremi della geometria sarebbero meno manifesti alla coscienza di qualsiasi pur massiccio ed enorme oggetto materiale?
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 11:28:30 AM
Secondo me invece potrebbero esistere solo fenomeni immateriali basati sulle percezioni autocostruite dalla mente. Essendo 'materiale' una semplice definizione 'di lavoro' mentale senza corrispettivo reale. Essendo la coscienza non-duale, ciò permette l'illusione della conoscenza (essendo questa già da sempre presente nella coscienza stessa) e quindi quello che la coscienza stessa chiama "l'intersoggettiva esperienza percettiva comune" di questi 'fenomeni' immateriali (mentali) scambiati per 'reali' (come, nella penombra, si scambia una corda per un serpente...). Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc. nello stesso modo con cui nel sogno immagina e costruisce mondi e persone, li fa parlare, interagire, ecc....Così nello stesso modo 'misura' l'universo da se stessa immaginato esistere, gli dà nome e forma (nama-rupa), lo definisce e chiama questo misurare "scienza"...
Non se ne può dimostrare l'esistenza perché essa non può 'vedere' se stessa...la sua natura essendo "coscienza di..." come una lama affilata non può tagliare se stessa.
(Questa è una posizione direi Cittamatra... "Solo Mente").
Citazione
In che senso la coscienza é non duale?
SEcondo me sono distinguibili in essa le sensazioni materiali, misurabili e ipotizzabili essere condivisibili da tutti (intersoggettive) e quelle mentali, non misurabili e meramente soggettive (avvertite unicamente da parte di ciascuno le sue proprie).
Tutte queste indistintamente sono fenomeni, reali unicamente in quanto apparenze sensibili (coscienti) e fintanto che accadono in quanto tali.
NOn sono "cose in sé" reali anche se e quando non coscientemente avvertite.
Non capisco in che senso l' illusione della coscienza sarebbe già da sempre presente nella coscienza stessa.
Se la coscienza, per quanto mera apparenza (fenomeni), accade, allora in quanto tale é reale.
In che senso non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... :( ), né Ipazia?
Per ciascuno di noi di assolutamente indubitabile esiste la sua propria coscienza, certo.
E potrebbe anche non esistere altro, per quel che ne sappiamo; né il soggetto di essa, né suoi oggetti, oltre ad essa come mera sequenza di sensazioni materiali e mentali.
Ma allora sarebbe una coscienza che si immagina di essere se stessa, dell' eventuale proprio soggetto e non universalmente di tutti i diversi possibili soggetti: si tratterebbe del solipsismo, non di un a sorta di coscienza impersonale trascendente il solipsismo e comprendete le cosciente mia, tua, di Ipazia, CVC, ecc.
Malgrado tutto ciò un mio istinto irrazionalmente mi spinge a dar credito a quanto gli altri uomini mi raccontano e a pensare che esistono più coscienze distinte con una parte (materiale) intersoggettiva, conoscibile scientificamente.
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 15:33:35 PM
Citazione di: acquario69 il 24 Gennaio 2019, 15:16:51 PM@Sariputra ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D In che senso dici "solo mente" ? ....spiega meglio :)
Beh!...seguendo questa ipotesi, se tutto (proprio tutto) è solo creazione di una "mente" (anche l'idea di 'mente' è però creazione di questa 'mente', che ho chiamato "Solo-Mente") questa fase in cui prevale l'attaccamento al nome-forma ( che "Solo-Mente" ha definito materialismo) è necessariamente una fase stessa di questa...L'attaccamento e il distacco da nome-forma quindi come semplice movimento interno ad essa...L'ignoranza dell'uomo fa sì che egli creda non solo che questa sua coscienza sia un "soggetto" ovvero che abbia una sua identità permanente ma che esistano, con la stessa qualità, anche gli oggetti percepiti.
Due estremi: A- esiste solo la materia.
B- esiste solo l'immateriale (che ho definito 'Solo mente' per necessità di comprensibilità).
Cit. Sgiombo ( se non l'ho mal compreso) che si rifà a D.Hume sia un estremo che l'altro non possono essere dimostrati ma solo assunti per 'fede'...
Dando io preminenza al fattore coscienza ritengo probabile la seconda (forse alcuni fisici cominciano pure a pensarlo anche loro...ho letto qualcosa al riguardo ma non sono esperto e quindi MI TACCIO...)
Ciao
Per Hume (e per me) materia e pensiero sono reali (come fenomeni, apparenze coscienti) e si constatano empiricamente, si percepiscono coscientemente, non si credono per fede.
Per fede credo (io; Hume sospende il giudizio, non andando oltre le sensazioni coscienti) che oltre ad esse (materia e pensiero fenomenici) esistano anche i loro soggetti e oggetti in sé, non sensibili, non apparenti (fenomeni) ma invece solo congetturabili (noumeno), con esse in rapporti di corrispondenza biunivoca: un certo determinato soggetto in sé (e non altri), e un certo determinato oggetto in sè (e non altri; che nel caso dei fenomeni mentali col soggetto stesso riflessivamente si identifica), certe determinate relazioni fra loro (e non altre), e certe determinate sensazioni fenomeniche nell' ambito di una certa determinata esperienza cosciente (e non altre).
Citazione di: viator il 24 Gennaio 2019, 16:01:53 PM
Tornando al pensiero, abbiamo dunque un organo (l'encefalo) consistente in materiale chimico (guarda caso, i legami chimici sono di natura elettrochimica) in sè banale (un certo assortimento di elementi e composti chimici in una certa quantità) che però, strutturati secondo una certa forma ed alimentati da un'energia, svolgono una funzione (la fisiologia cerebrale) consistente nel produrre pensiero, concetti, sintesi astratte etc.
La funzione fisiologica cerebrale non é di produrre
pensiero, concetti, sintesi astratte etc., bensì di produrre movimenti (o astensioni da movimenti) in seguito ad afferenze nervose dagli organi di senso stimolati dall' ambiente "al presente" e di informazioni di precedenti afferenze sensoriali immagazzinate come modificazioni cerebrali (sinaptiche) in passato.Tutto ciò, pur accadendo contemporaneamente al pensiero, é ben altra cosa che il pensiero (che la accompagna, vi coesiste).Tant' é vero che il pensiero tuo, contrariamente al cervello tuo, é presente nell' ambito della tua coscienza e solo in quella; in nessun altra); mentre il cervello tuo mentre stai pensando é presente (di solito indirettamente, per il tramite dell' imaging neurologico) in una (o più altre) diversa coscienza, quella di un altro (un osservatore; che ad esempio potrei essere io).
Salve Sgiombo. Noto : "Tutto ciò, pur accadendo contemporaneamente al pensiero, é ben altra cosa che il pensiero (che la accompagna, vi coesiste)".
Quindi il pensiero - secondo te fenomeno e concetto completamente diverso da quello del metabolismo neurale, coesiste con il suddetto metabolismo. Il fatto - ad esempio - che durante la veglia l'attività elettrochimica cerebrale risulti (rilievi strumentali) più vivace naturalmente rappresenta una pura coincidenza.
Ma guarda tu quale sorprendente, inspiegabile sincronicità ........sarà certo appunto una coincidenza che si verifica solamente durante i rilievi neurologici!. Infatti io considero coincidenti il metabolismo neurale e la produzione di pensieri.
Sorvolo sull'ultimo periodo che fai poi seguire. Saluti.
condivido l'idea che la ricerca di una realtà immateriale debba avere come punto di partenza la percezione dell'immutabilità dell'Io, l'avvertire la continuità dell'identità attraverso il divenire e il tempo. La materia è indice di spazialità, di divisione, frammentazione, come ben fatto notare da Viator, per esistere come realtà determinata necessita di una componente immateriale, cioè la forma, che delimita la materia come unità dandogli una determinazione specifica, differenziandola in cose aventi un distinto significato, di fatto, consentendo l'esistenza delle cose materiali. Senza tale componente immateriale la realtà resterebbe a livello di pura e totale indeterminazione, solo astratta potenzialità, in quanto gli assiomi logici del terzo escluso e del principio di non contraddizione ci dicono che una cosa non può essere al contempo A e non-A, dunque le cose esistono solo come aventi un senso determinato, cioè la loro materia necessita di essere strutturata in modo da essere (nel caso della materia vivente, anche muoversi) sulla base di una determinata modalità, che le delimita, anche solo spazialmente, sulla base di una forma, cioè di un principio immateriale, che spezza l'indistinzione della "materia pura", che dunque non potrebbe in alcun modo esistere. Partire dalla costanza dell'Io è fondamentale a livello metodologico, in quanto a livello razionale ogni argomentazione implica la fondazione in un ambito indubitabile, privo di oscurità e incertezze, il cogito: anche se dubitassi di tutto, resterebbe il mio Io con i suoi vissuti tramite cui abbiamo una certa esperienza del mondo e di noi stessi. Una ricerca dell'immateriale che non parta dal dato indubitabile di essere un Io, cade necessariamente già in partenza nel dogmatismo. Ma perché l'immateriale che cerchiamo abbia una consistenza non solo logica-concettuale, ma anche reale, l'Io come semplice autocoscienza non basta. Un materialista, pur accettando cartesianamente l'indubitabilità dell'Io, potrebbe ridurre l'autocoscienza a mera conseguenza secondaria di cause fisiche, cioè riscontrabili sulla base dell'esperienza sensibile (anche se supportata tecnologicamente da strumenti di osservazione progettati ad hoc). Di fronte a questo si può però riconoscere che la percezione, da parte del proprio Io, della propria costante presenza al di là del divenire, richiederebbe di essere giustificata individuando un atto di esperienza adeguato a cogliere il concetto di "unità" o "permanenza" "immutabilità", e dunque un esperienza che non può avere come contenuto una realtà materiale, per definizione, divisibile, transeunte, diveniente, ma di tipo opposta, immateriale, il cui contenuto reale corrisponda al significato dei concetti. Categorie come "unità" o "immutabilità" sono gli schemi tramite cui l'Io, a questo punto non più solo pensiero, ma agente reale, interviene sulla psiche ordinando la molteplicità dei fenomeni sensibili, ricavati mero contatto fisico tra corpo percepiente e mondo esterno, operando delle sintesi. L'immateriale (ma penso si potrebbe anche andare fino in fondo e parlare di "spirito" senza timore di apparire come arretrati e superstiziosi) è ciò che rende possibile alla mente rielaborare fenomeni, sia analiticamente che sinteticamente, operando un salto di qualità rispetto alla condizione in cui tali fenomeni si manifesterebbero sulla base di una causalità meramente materiale. E non c'è bisogno di arrivare ai livelli delle grandi universalizzazioni etiche o teoretiche, e nemmeno al livello della formazione dei giudizi, già al livello basico della percezione di entità sensibili è riconoscibile l'attività immateriale per cui l'Io agisce sulla base di criteri preesistenti al materiale sensibile su cui l'elaborazione viene attuata. Già nella semplice percezione dell'albero come unità dei singoli lati sensibili nei quali si offre ai nostri occhi, l'immateriale è all'opera, nella capacità di trattenere nella memoria i lati attualmente nascosti, al di fuori del contatto fisico con i sensi corporei. La capacità di conservare lati dell'oggetto non più fisicamente a contatto dimostra la trascendenza del pensiero sui sensi, la capacità della mente, sulla base di questa tendenza unificatrice spirituale, di comprendere fenomeni che dal punto di vista della mera sensibilità sarebbero dovuti annientarsi, sostituiti continuamente da nuovi stimoli sensitivi. Senza questa tendenza immateriale, i fenomeni sensibili si sostituirebbero gli uni agli altri senza alcuna possibilità di sintesi temporali, per i quali accanto alla sensazione presente il pensiero trattiene il passato nella memoria e ha un'aspettativa per il futuro, e questa tendenza non è un'astrazione concettuale, ma concreta attività nella realtà psichica
Citazione di: viator il 24 Gennaio 2019, 22:53:34 PM
Salve Sgiombo. Noto : "Tutto ciò, pur accadendo contemporaneamente al pensiero, é ben altra cosa che il pensiero (che la accompagna, vi coesiste)".
Quindi il pensiero - secondo te fenomeno e concetto completamente diverso da quello del metabolismo neurale, coesiste con il suddetto metabolismo. Il fatto - ad esempio - che durante la veglia l'attività elettrochimica cerebrale risulti (rilievi strumentali) più vivace naturalmente rappresenta una pura coincidenza.
Ma guarda tu quale sorprendente, inspiegabile sincronicità ........sarà certo appunto una coincidenza che si verifica solamente durante i rilievi neurologici!. Infatti io considero coincidenti il metabolismo neurale e la produzione di pensieri.
Citazione
Infatti l' attività elettrochimica cerebrale che risulta (rilievi strumentali) più vivace naturalmente durante la veglia che nel sonno é una serie di altri eventi (fenomenici) presenti nelle coscienze di osservatori diverse da quella dell' osservato in stato di veglia; eventi ben diversi da ciò che l' osservato stesso in stato di veglia esperisce: due diverse "cose" (serie di sensazioni coscienti) che necessariamente coesistono appunto nella reciproca diversità; e non affatto coincidenti.
Coesistenza (necessaria) =/= identità.
Per esempio il polo positivo di un magnete coesiste (necessariamente) con il polo negativo, ma non per questo essi coincidono: (anch' essi, come cervelli e coscienze) sono due ben diverse "cose"!
Sorvolo sull'ultimo periodo che fai poi seguire. Saluti.
Citazione
Avrei preferito che lo criticassi.
Salve.
Citazione di: acquario69 il 24 Gennaio 2019, 13:20:22 PM
Citazione di: cvc il 24 Gennaio 2019, 08:53:04 AM
Avrei voluto aprire un 3d sull'anima, ma poi ho pensato che forse bisognerebbe prima interrogarsi sulle premesse su cui poggia l'argomento. In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale? La deriva, se così si può dire, scientifico tecnologica, e ancor più quella informatica, ha portato il mondo ha ragionare sul discreto più che sul continuo. Voglio dire che ragioniamo sempre più nei termini di un mondo composto da un numero finito di elementi, dove un corretto ragionamento, un giusto calcolo o la formula adatta ci portano a prendere la decisione corretta. In tutto questo l'immaginazione ha un ruolo marginale, ci si basa sul concreto e non è nemmeno pensabile che si possa fare diversamente. Il pensiero ha una libertà sempre più ridotta, si può spaziare un po di qua e di la ma poi ci si ricongiunge sempre inevitabilmente sui binari di un mondo tecnologico globalizzato organizzato in modo da poter essere sempre più assimilato dai sistemi informatici. I quali perseguendo lo scopo di renderci più facile la vita e di risolverci i problemi, finiscono col privarci anche delle risorse per risolvere i problemi. Risorse che albergano nella nostra immaginazione. Siamo nel puro materialismo che ha sostituito l'anima col virtuale. L'anima, già! Ma prima di parlare di questo bisogna chiedersi se ha ancora senso parlare dell'immateriale. Perché la mia sensazione è che il ragionamento scientifico porti ad identificare sempre più l'immateriale con la funzionalità del nostro sistema nervoso. In altre parole ciò che è immateriale come i pensieri, le rappresentazioni, l'immaginazione è qualcosa che viene prodotto dai nostri organi in conseguenza del loro funzionamento. Nessuno pensa che i nostri organi esistono in conseguenza di un qualcosa di immateriale, come ad esempio il pensiero del concepimento, più o meno razionale o istintivo. Come ho detto il virtuale ha sostituito l'anima. Perciò se parli di cose immateriali pensi ai copyright, ai software. C'è il fatto che io percepisco un Io che in qualche modo rimane sempre uguale a me stesso nel tempo. O almeno lo percepisco come tale. Se ciò non muta nel tempo mentre nel mondo materiale tutto muta nel tempo, allora l'immateriale esiste. Perciò può esistere anche l'anima. Basterà come prova?
In breve, nel dialogo contemporaneo si crede ancora che possa esistere qualcosa di immateriale?
Evidentemente no...basta guardarsi intorno e constatare un impermeabilita,una chiusura che si fa sempre più ermetica..(se ci fai caso persino lo spazio intorno a noi si va sempre più riducendo) ..una "solidificazione" che non a caso e' la stessa che fa appunto riferimento alla materia e che esula da qualsiasi altra influenza che non sia soltanto relativa ai nostri sensi o al nostro raziocinio calcolante, che tende per sua natura a catalogare,dividere,frammentare,ridurre... e in ultima analisi a separare..
Hai accennato ai Simboli...quella e' la chiave,perche il Simbolo e' cio che permette questa apertura..il significato etimologico del Simbolo e' mettere insieme, congiungere, unire...d'altro canto ne esiste un altro dal significato opposto che e' quello di diabbalon (diavolo) ed il suo etimo e' quello di dividere, separare...e che qui non vuole avere nessun riferimento di tipo religioso (o superstizioso come credono i veri ingenui) ma solo di senso, di pura conoscenza, di realtà effettiva
Il simbolo è la chiave per accedere al profondo. Mentre il mondo si concentra srmpre più sulla superficie. Perché si va in dettaglio quando si dovrebbe andare in profondità .
Citazione di: sileno il 24 Gennaio 2019, 13:42:04 PM
L'immaterialismo berkeliano postula l'unica realtà percettiva della sostanza spirituale-universale: teoria accettabile per chi si attiene a un criterio teologico -mistico.
Le scienze naturali opererebbero sulle percezioni trasmesse all'uomo da Dio. Ricadiamo in un criterio spiritualistico-metafisico da discutere - a parer mio - , in altro settore.: l'argomento è consideraato molto marginale in filosofia contemporanea: decade dal ruolo tradizionale religioso per cui non esisterebbe il supporto della materia, che si trasforma in cose sensibili garantite da Dio.
L'anima secondo me non è stata sostituita col virtuale, casomai si trasforma nel campo delle neuroscienze: problema della coscienza, dilemma del rapporto mente-cervello, ecc.. In Occidente ha acquisito il significato di attività psichiche. A parte la religione per cui è sempre il soffio vitale infuso nell'uomo da Dio.
Saluti
Infatti ci si dimentica che il concetto di anima la religione l'ha preso in prestito (e non restituito) dalla filosofia, e non viceversa. Le neuroscienze si concentrano sulla macchina-uomo, non sul guidatore. Dicevo che il virtuale sostituisce l'anima in quanto tanto più ci si concentra sul virtuale e tanto meno ci si interessa dell'anima.
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 08:36:40 AM
Citazione di: sileno il 24 Gennaio 2019, 13:42:04 PM
L'anima secondo me non è stata sostituita col virtuale, casomai si trasforma nel campo delle neuroscienze: problema della coscienza, dilemma del rapporto mente-cervello, ecc.. In Occidente ha acquisito il significato di attività psichiche. A parte la religione per cui è sempre il soffio vitale infuso nell'uomo da Dio.
Infatti ci si dimentica che il concetto di anima la religione l'ha preso in prestito (e non restituito) dalla filosofia, e non viceversa. Le neuroscienze si concentrano sulla macchina-uomo, non sul guidatore. Dicevo che il virtuale sostituisce l'anima in quanto tanto più ci si concentra sul virtuale e tanto meno ci si interessa dell'anima.
Sì, ma solo a questo livello:
Citazione di: F.Nietzsche - la gaia scienza
Oh questi Greci! Loro sì sapevano vivere; per vivere occorre arrestarsi animosamente alla superficie, all'increspatura, alla scorza, adorare l'apparenza, credere a forme, suoni, parole, all'intero olimpo dell'apparenza! Questi Greci erano superficiali – per profondità!
Il virtuale è l'anima in superficie. Il problema della profondità permane e il ritorno alla grande dell'irrazionalismo lo testimonia. Quindi il problema anima rimane irrisolto ed esige risposte che il virtuale non sa dare. Ridurre l'immateriale al virtuale è un suicidio della ragione. Il territorio immateriale, da dissodare e coltivare nella profondità necessaria e possibile, è quello dei valori.
Citazione di: davintro il 25 Gennaio 2019, 00:57:13 AM
... Già nella semplice percezione dell'albero come unità dei singoli lati sensibili nei quali si offre ai nostri occhi, l'immateriale è all'opera, nella capacità di trattenere nella memoria i lati attualmente nascosti, al di fuori del contatto fisico con i sensi corporei. La capacità di conservare lati dell'oggetto non più fisicamente a contatto dimostra la trascendenza del pensiero sui sensi, la capacità della mente, sulla base di questa tendenza unificatrice spirituale, di comprendere fenomeni che dal punto di vista della mera sensibilità sarebbero dovuti annientarsi, sostituiti continuamente da nuovi stimoli sensitivi. Senza questa tendenza immateriale, i fenomeni sensibili si sostituirebbero gli uni agli altri senza alcuna possibilità di sintesi temporali, per i quali accanto alla sensazione presente il pensiero trattiene il passato nella memoria e ha un'aspettativa per il futuro, e questa tendenza non è un'astrazione concettuale, ma concreta attività nella realtà psichica
Questo, e i passaggi che precedono, concordano esattamente con la mia idea di trascendenza umana, con la specificità dell'
emergenza antropologica. Tale processo di astrazione e concettualizzazione trova negli universali platonici una sua prima sintesi compiuta, che l'evoluzione tecnoscientifica ha reso effettuale, concreta, parallelamente, ma anche in antitesi, alle speculazioni ultramondane che sulla stessa intuizione sono proliferate, dilatando sempre più l'ambito della realtà e irrealtà immateriale.
Citazione di: Freedom il 24 Gennaio 2019, 14:26:58 PMInteressante prospettiva. Non solo, è vero anche il contrario: tutto il mondo creato dall'uomo deriva da pensieri e immaginazioni.
I quali pensieri ed immaginazioni vengono fatti a loro volta derivare dal mondo fisico. Ed è ancora il solito problema delle due nature contenute in un'unica realtà . Secondo la scienza c'è un prima e un dopo. Stranamente la stessa scienza che relativizza il tempo, per spiegare l'origine dell'uomo deve mettere i fenomeni in sequenza. La materia energia è sempre esistita mentre la natura umana si colloca in un certo segmento spazio temporale dell'universo. Però il tempo (e quindi la conseguenzialità) ha senso solo in una ptospettiva umana. Se togli l'uomo dall'universo, che significato ha il tempo?
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"...
Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà.
Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.
Citazione di: paul11 il 24 Gennaio 2019, 15:30:10 PM
Tutto si risolve in energia, non solo fisica.
La materia è condensazione, densità ,concentrazione che le forze interagenti condizionando l'energia, la concentra .
Quindi sono i legami energetici che condensano la materia.
Analogamente ciò che quì viene definito immateriale al posto del legame chimico fisico materiale crea le relazioni: linguistiche, affettivo-sentimentali, psichiche, spirituali.
Tutta l'energia complessiva universale, materiale e immateriale ,era già al tempo zero e nello spazio originario, come nella teoria cosmologica fisica del big bang , e tutto è destinato a ri-tornarvi.
L'espansione dello spazio e il tempo sono convenzioni create dai legami fisici delle forze interazionali ,creando materia, modificando gli stati energetici; così come le relazioni immateriali espandono e contraggono il pensiero che si esprime linguisticamente ., le emozioni, lo spirito.
Così come un tempo l'etere era l'immateriale, aria, in quanto invisibile ritenuto immateriale,
ancora oggi ingenuamente non vedendo come ciechi, ciò che invece esiste come evidenza ; il pensiero, le emozioni,l'autoconsapevolezza e quindi il sè, anch'essi ontologicamente non possono che esistere
ed interagire con la materia ed energia fisica.
Questo però perdonami ma spiega assai poco delle differenze fra organismi viventi e non, anzi non spiega come sia possibile che esistano degli organismi, il quale discorso precede di gran lunga quello sulla natura dei pensieri, emozioni, sentimenti, coscienza. Tutto è energia mi pare una condizione necessaria ma non sufficiente per spiegare il fenomeno dell'umanità. A me pare evidente che oltre all'energia debba esserci qualcos'altro. Pur essendo ben lungi dal poter dire cosa effettivamente sia quel qualcos'altro. Ma la scissione cartesiana - pur se indimostrabile scientificamente e discutibile - secondo me dal punto di vista pratico continua a funzionare benissimo.
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.
Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:( Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)
A Davintro
ho due obiezioni da muovere.
1 Con David Hume rilevo che la deduzione cartesiana "cogito ergo sum" non ha certezza indubitabile: la realtà potrebbe limitarsi al solo "cogito", all' accadere di tale pensiero (e degli altri pensieri o sensazioni mentali, e delle sensazioni corporee) in assenza di qualsiasi altra realtà permanente (in qualità di loro soggetto e/o oggetti) se e quando tali sensazioni (compreso il pensiero "cogito") non accadono realmente.
2 Trovo cervellotica e irrilevante, superata dalla scienza moderna la distinzione aristotelica fra "materia" e "forma": il mondo materiale é costituito puramente e semplicemente da enti ed eventi misurabili, (postulabili essere) intersoggettivi e divenienti secondo modalità universali e costanti calcolabili (distinguere una pretesa materia inerte e informe e un preteso principio dinamico che la determini nelle sue differenti componenti mi sembra un' inutile "cattiva" astrazione di concetti del tutto inutili a conoscere il mondo fisico materiale).
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 08:36:40 AM
Infatti ci si dimentica che il concetto di anima la religione l'ha preso in prestito (e non restituito) dalla filosofia, e non viceversa. Le neuroscienze si concentrano sulla macchina-uomo, non sul guidatore. Dicevo che il virtuale sostituisce l'anima in quanto tanto più ci si concentra sul virtuale e tanto meno ci si interessa dell'anima.
Il guidatore é il corpo umano (che potrebbe anche essere un robot privo di coscienza; putroppo, per i motociclisti e amanti della guida sportiva come me stanno già cominciando a cercare di realizzarne).
Ciò che é da distinguere da esso é la coscienza, e nel suo ambito il pensiero, del guidatore.
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 14:11:46 PM
Citazione di: paul11 il 24 Gennaio 2019, 15:30:10 PM
Tutto si risolve in energia, non solo fisica.
La materia è condensazione, densità ,concentrazione che le forze interagenti condizionando l'energia, la concentra .
Quindi sono i legami energetici che condensano la materia.
Analogamente ciò che quì viene definito immateriale al posto del legame chimico fisico materiale crea le relazioni: linguistiche, affettivo-sentimentali, psichiche, spirituali.
Tutta l'energia complessiva universale, materiale e immateriale ,era già al tempo zero e nello spazio originario, come nella teoria cosmologica fisica del big bang , e tutto è destinato a ri-tornarvi.
L'espansione dello spazio e il tempo sono convenzioni create dai legami fisici delle forze interazionali ,creando materia, modificando gli stati energetici; così come le relazioni immateriali espandono e contraggono il pensiero che si esprime linguisticamente ., le emozioni, lo spirito.
Così come un tempo l'etere era l'immateriale, aria, in quanto invisibile ritenuto immateriale,
ancora oggi ingenuamente non vedendo come ciechi, ciò che invece esiste come evidenza ; il pensiero, le emozioni,l'autoconsapevolezza e quindi il sè, anch'essi ontologicamente non possono che esistere
ed interagire con la materia ed energia fisica.
Questo però perdonami ma spiega assai poco delle differenze fra organismi viventi e non, anzi non spiega come sia possibile che esistano degli organismi, il quale discorso precede di gran lunga quello sulla natura dei pensieri, emozioni, sentimenti, coscienza. Tutto è energia mi pare una condizione necessaria ma non sufficiente per spiegare il fenomeno dell'umanità. A me pare evidente che oltre all'energia debba esserci qualcos'altro. Pur essendo ben lungi dal poter dire cosa effettivamente sia quel qualcos'altro. Ma la scissione cartesiana - pur se indimostrabile scientificamente e discutibile - secondo me dal punto di vista pratico continua a funzionare benissimo.
se si inizia dall'Io a fare argomentazioni si cade nel soggettivismo.
la dualità Cartesaina ha fatto più danni, vedi l'empirismo che non accetta causalità e quindi sostanza è come dire :...ma Hume sapeva di esistere o era un ectoplasma?
Sono un monista convinto perchè all'inizio dell'universo non poteva che essercene uno e non universi paralleli a diecimila dimensioni, per cui quell' Io umano non poteva che essere già lì.Il mio pensiero combacia abbastanza con la fisca della cosmologia.
L'energia che osserva il fisico segue il metodo sperimentale per dimostrare e giustificare,anche se non è più oggi proprio così.
Il mio Io ontologico adesso del quì e ora non può quindi avere un tempo in divenire.
L'argomentanzione di davintro è interessante, ma mi pare, dovrei studiarci sopra, un poco contraddittoria.
E' il nostro linguaggio che costruisce la forma sintattica e la semantica della sostanza, o se si vuole è la proprietà intellettiva di una coscienza del sè che può rompere la barriera temporale anadare a ritroso temporalmente o avanti, vale a dire qu' e adesso posso comunque ragionare sul presente, sul passato e sul futuro.
Ma proprio perchè sarebbe contraddittorio un IO che appare solo alla nascita e quindi in divenire ( e daccapo da dove verrebbe mai se non dal nulla, sparisce con il corpo fisico ancora nel nulla? La chiusura causale sbandierata da Sgiombo è da porre su ttuta l'energia, compresa quella vitale, quela spirtuale, oltre a quella fisca.
la contraddizione è dire che se penso non produco energia, ma se scrivo quello che penso ,poichè appare materialmente allora esiste: semplicemnte illogico e ridicolo.Tutta l'energia quindi era già in origine e così come il big bang espande l'energia condensandosi in materia grazie alle quattro forze interagenti, la stessa cosa avviene all'uomo fisico e al materiale organico, con l'energia vitale, ma nell'uomo esiste anche lo spirito che torna dopo la fine del corpo fisico all'origine.
Il divenire è la manifestazione affinchè vi sia la scansione temporale e spaziale che permette la narrazione fra passato presente futuro.
il senso e i signifcati del divenire, ed è quello che serve, è cogliere le essenze universali, nel percorso della conoscenza, da quela fsica a quella spirtuale,psichica, ecc. E la nostra vita, la nostra essenza narrativa torna con lo spirito all'origine.
Così come le quattro forze interagenti creano l ospazio e il tempo modellando l'energia, le nostre condizioni umane di vita e di essitenza sono oltre che nelel condizioni fische naturali a cui soggiaciamo fiscamente corpo, dentro le condizioni costruite dal nostro intelletto.
Noi interagiamo quindi sempre con il materiale e l'immateriale dove quest'ultimo crea la cultura,intesa come rappresentazione linguistica.
Il come interpretiamo il tutto, il come ciascun Io del singolo individuo calato nel divenire dallo spazio tempo, interagisce con il mondo è il senso e i significati che quell'Io vuol dare alla propria esistenza.
Cit. @Sgiombo Le scienze naturali (compresa la neurologia), essendo possibili del solo mondo fenomenico materiale, su quello si concentrano.E in esso non possono trovare fenomeni mentali, ma solo materiali.Per esempio, nei cervelli trovano... neuroni, nevroglia, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc.: tutt' altro che pensieri, sentimenti, ricordi, immaginazioni; anche se questi ultimi fenomeni -mentali- non possono darsi in assenza di determinati corrispondenti fenomeni neurofisiologici cerebrali; e viceversa.
In questo tuo passo si può sostituire COMPUTER a cervello e proseguire il parallelismo (alimentatore, scheda madre, processore, scheda video e audio, sistemi di raffreddamento, memoria ram, hard disk o ssd, scheda di rete... software ...< > neuroni, nevroglia, assoni, sinapsi, potenziali d' azione, eccitazioni e inibizioni trans-sinaptiche, ecc. ). È un dato di fatto che grandi risultati in campo tecnologico si sono ottenuti copiando (...IMPARANDO) l'esistente, così oggi il vertice di tutte le realizzazioni umane è rappresentato dal computer e dall'intelligenza (detta) artificiale che sempre più vi opera... ma questo è argomento in altra sezione.Negli anni che seguo il tuo pensiero (sarà anche immateriale ma ha prodotto un incredibile numero di post per i quali senza alcuna invidia mi complimento, essendo la linfa del forum...) complice una certa pignoleria di cui talora fai ammenda e una periodica riproposizione dei tuoi punti cardine, me ne son impratichito notando come sia rimasto coerente e pressoché immutato. A significare che l'impostazione che ti sei dato è per te la migliore in ordine alle domande cui risponde.Se per te la coscienza individuale che percepisce i fenomeni appartiene ad un dominio differente da quelli, mi trovi d'accordo e per continuare il parallelismo si potrebbe dire che la coscienza sia l'interfaccia tra il fenomenico e il noumenico (che per me è l'al di là dell'aldilà, non necessariamente collegato alla morte fisica). In altre occasioni ti ho posto la domanda che ora ti ripropongo (e a chi volesse affrontarla), a mio avviso non avendo ottenuto una risposta esauriente (relativamente alle mie possibilità di comprenderla, sperando in miglior esito nell'occasione presente): se come affermi: "La funzione fisiologica cerebrale non é di produrre pensiero, concetti, sintesi astratte etc..." da dove vengono i pensieri? O almeno come si formano?Una interpretazione è che analogamente ad un apparecchio ricevitore il cervello "sintonizzato" sul proprio "canale" li riceva bell'è fatti, azione e pensiero corrispondente (e viceversa) accadono in tempo percettivo reale. (Un po' OT... come forse sai con l'avvento del prossimo 5G - telefonia ma non solo - i tempi di latenza saranno praticamente azzerati, essendo 500x più veloce del 4G... al prezzo delle conseguenze -da verificare- di una notevolmente incrementata esposizione elettromagnetica che tu come radiologo conosci bene.)L'origine del pensiero è per me una questione fondamentale stante che ci identifichiamo con esso per gran parte del nostro tempo, pensiero che ci distingue da ogni altro essere e della cui importanza @Davintro scrive:"Senza questa tendenza immateriale, i fenomeni sensibili si sostituirebbero gli uni agli altri senza alcuna possibilità di sintesi temporali, per i quali accanto alla sensazione presente il pensiero trattiene il passato nella memoria e ha un'aspettativa per il futuro, e questa tendenza non è un'astrazione concettuale, ma concreta attività nella realtà psichica."seppur non concordo sul pensiero quale soggetto in grado di trattenere il passato ecc.. in quantoove risieda la memoria e la sua relazione col pensiero è a mio avviso faccenda lungi dall'esser chiarita (e tremendamente affascinante). P.S. - nell'esempio di @sgiombo del motociclista mi chiedo chi guidi la moto, se il corpo come affermi o il pensiero che accade nel corpo, in analogia con chi fa girare-funzionare il computer, l'hardware o il software?Non è stata una precedente sequenza di pensieri (istruzioni) che man mano ha addestrato il corpo al punto che in seguito non occorre più che accada il "pensare" a tutti gli atti inerenti la guida? J4Y
Citazione di: sgiombo il 25 Gennaio 2019, 16:48:51 PM A Davintro ho due obiezioni da muovere. 1 Con David Hume rilevo che la deduzione cartesiana "cogito ergo sum" non ha certezza indubitabile: la realtà potrebbe limitarsi al solo "cogito", all' accadere di tale pensiero (e degli altri pensieri o sensazioni mentali, e delle sensazioni corporee) in assenza di qualsiasi altra realtà permanente (in qualità di loro soggetto e/o oggetti) se e quando tali sensazioni (compreso il pensiero "cogito") non accadono realmente. 2 Trovo cervellotica e irrilevante, superata dalla scienza moderna la distinzione aristotelica fra "materia" e "forma": il mondo materiale é costituito puramente e semplicemente da enti ed eventi misurabili, (postulabili essere) intersoggettivi e divenienti secondo modalità universali e costanti calcolabili (distinguere una pretesa materia inerte e informe e un preteso principio dinamico che la determini nelle sue differenti componenti mi sembra un' inutile "cattiva" astrazione di concetti del tutto inutili a conoscere il mondo fisico materiale).
nel procedimento metodico con cui scopro il Cogito come indubitabile è già compresa anche la necessità di connetterlo a un soggetto esistente individuale. Il procedimento proviene dall'ammettere la possibilità di illudersi riguardo la verità sulle cose oggettive, illusione che però lascerebbe intatto il residuo della certezza che se anche mi illudessi starei comunque pensando. Ma a me pare che la possibilità di illudersi e di errare per il pensiero sia sempre dovuta a un condizionamento della volontà o del sentimento che spingono un soggetto a non accettare, a livello più o meno conscio, alcune verità oggettive, così come, al contrario, la possibilità di rispecchiare tali verità è dovuta allo sviluppo di adeguate capacità intellettuali, derivante da un talendo innata o comunque da un impegno per cui sono motivato a rafforzare le mie doti razionali. In ogni caso, l'efficienza del pensiero è sempre connessa a tutto il resto del complesso di qualità che caratterizzano ogni persona come singolo individuo. L'idea di un cogito slegato dall'appartenenza a un "sum", da un soggetto esistente pensante è un concetto astratto, ma non può essere una realtà, in quanto il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro e ciò che dirige il pensiero verso determinati pensati anziché altri esprime gli interessi, le motivazioni inerenti la personalità di un singolo individuo. Il pensiero è un'attività intenzionale, non è che "mi capita" di pensare a qualcosa, come se la mia individualità fosse solo contenitore accidentale di un flusso sovrapersonale del pensiero. Oriento il mio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita. E questa unità indissolubile tra pensiero, volontà e sentimento costituisce l'unità della struttura personale, quel "sum" da cui Cartesio fa, secondo me correttamente, discendere dal cogito (al di là delle distorsioni consistenti in un dualismo troppo esasperato fra anima e corpo in cui egli cade, che non condivido)
La misurabilità implica la delimitazione dell'oggetto che si misura, Misurare vuol dire fissare una quantità interna a un limite, e la limitatezza è data alla materia dalla forma, che appunto la delimita, dandole una determinata spazialità e una determinato modo d'essere. La misurazione implica la forma sia dal punto di vista della misurazione dello spazio di un singolo oggetto, sia come misurazione della molteplicità di enti, che possono costituire un'unità, un insieme misurabile, nella misura in cui singoli membri condividono la stessa forma, la stessa essenza. Non potrei in alcun modo contare una decina di cavalli di fronte a me, senza individuare la qualità formale dell' "essere cavallo" come categoria comune a tutti singoli cavalli la cui quantità misuro. L' "essere cavallo" non è un numero, una quantità, ma una qualità, la quantificazione presuppone dunque l'intuizione della qualità. E non è necessario aderire a un realismo estremo nella questione degli universali, per cui penso che la "cavallinità", sia platonicamente, una cosa reale, non condivido questa visione, anche ammettendo che i cavalli esistono solo come cavalli individuali di cui ho un'esperienza sensibile, la forma "cavallo" non è una totale astrazione, ma comunque fattore di realtà in quanto principio che interviene sulla materia passiva, per svilupparla sulla base del modo d'essere del concetto di "cavallo". L'idea di cavallo è un'astrazione, ma non lo è il principio formale che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita. Quindi non trovo come la misurabilità della materia smentisca la necessità per le cose materiali di esistere sempre come materie formate. La materia senza forme sarebbe materia infinita e indeterminata, e proprio queste caratteristiche la renderebbero impossibile da misurare. Non si può misurare l'infinito, altrimenti i numeri non sarebbero infiniti, ne esisterebbe uno che non può concepirne alcuno superiore ad esso. Tutto questo del resto conferma il rapporto epistemologico tra filosofia e scienze sperimentali, la scienza moderna sperimentale misura, ma per farlo deve implicitamente ammettere (senza però poterlo tematizzare) i principio metafisico e ontologico della forma e dell'immateriale come condizione necessaria dell'esistenza della materia, nonché della sua misurabilità: le "cause seconde", fisica, discendono da quelle "prime", metafisica, senza alcun conflitto
L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.
Risposta a Jean
Grazie, ma sei troppo buono (e rischi di fomentare la mia deplorevole mancanza di modestia) nel definirmi "la linfa del forum".
E complimenti (oltre al ringraziamento; anche) per la straordinaria pazienza che ti consente di prendere sul serio e seguire con una certa assiduità le mie elucubrazioni.
Credo che in linea di principio, ma non di fatto sia possibile costruire macchine che si comportano come uomini.
M se per assurdo dovesse effettivamente accadere -ammesso e non concesso da parte mia- non sarebbe possibile stabilire se sarebbero pure dotate di coscienza o meno (se la coscienza fosse necessariamente coesistente anche all' "hardware" materiale neurologico -fatto di proteine, ecc,- o invece solo al "software comportamentale similumano" indipendentemente dall' hardware -per esempio anche di silicio- su cui fosse implementato).
E allora quello stesso eticamente fondamentale "principio prudenza" che ci impone di rischiare di vietare di uccidere un' entità meramente animale non autocosciente (e probabilmente nemmeno cosciente, propriamente nemmeno animale ma vegetale) impedendo l' aborto oltre i tre mesi di gravidanza piuttosto di correre il rischio di consentire un omicidio ci imporrebbe di trattare tali macchine come se di coscienza e autocoscienza del tutto simile al quelle umane fossero sicuramente dotate.
Per me la coscienza é costituita dai fenomeni (gli insiemi - successioni delle percezioni per l' appunto coscienti) materiali e mentali o "di pensiero".
Quindi ritengo sia meglio definire la coscienza come l' interfaccia fra il noumenico oggettivo e il noumenico soggettivo (i fenomeni materiali come coesistenti-corrispondenti a determinati rapporti fra le entità noumeniche "soggetto" e "oggetti", reciprocamente diversi; quelli mentali come coesistenti-corrispondenti a determinati rapporti fra le entità noumeniche "soggetto" e, riflessivamente se stessa in qualità di "oggetto" delle sensazioni.
Secondo me sia la materia (per esempio cerebrale), sia il pensiero sono fenomeni costituenti il "flusso" degli eventi di coscienza.
Ipotizzo che accadano allorché determinate entità in sé (soggetti delle esperienze coscienti stesse) siano in determinati rapporti con determinate entità in sé (oggetti delle esperienze coscienti stesse), coi soggetti stessi coincidenti nel caso dei fenomeni mentali, da essi diverse nel caso di quelli materiali.
La differenza fra il motociclista umano e il computer che guida la moto é che il primo, contrariamente al secondo non é stato intenzionalmente programmato nel suo agire da un soggetto di pensiero (non c' é alcun omuncolo" o "fantasma nella macchina" nel suo cervello che a sua volta lo guidi, lo utilizzi, gli dia degli input e ne riceva degli output), ma invece é direttamente coesistente con una coscienza.
Nel mono fisico materiale (fenomenico -postulabile essere- intersoggettivo, constatabile a chiunque in linea di principio) ciò che di neurofisiologico accade nel cervello del motociclista causa, determina la guida della moto.
"Parallelamente a ciò" nella coscienza del motociclista (in maniera meramente soggettiva, constatabile solo da lui stesso) accadono i pensieri e le decisioni ("ammazza che disgraziato he non mi dà la precedenza!", "freniamo di brutto e strombazziamo sperando che il servofreno ci assista! E che Dio ce la mandi buona!") che sono il suo "vissuto" del guidare.
P. S.: inserzione grettamente (auto)promozionale:
Proprio in questi giorni in questo stesso sito "Riflessioni" che comprende il nostro magnifico forum é stato pubblicato un altro mio (ahimè un po' lungo) scritto su questo argomento.
Chi fosse interessato (e dotato di discreta pazienza), mi farebbe un enorme piacer aprendo questo link:
Con tante scuse per il disturbi agli altri
https://www.riflessioni.it/angolo_filosofico/ancora-sui-rapporti-cervello-coscienza.htm
Risposta a Davintro
Di indubitabile mi sembra evidente ci sia solo l' accadere del pensiero "io penso" (se e quando accade), e basta.
Nient' altro che questi fenomeni (percezioni) mentali.
E' la cartesiana critica razionale che induce a porsi il "dubbio metodico" circa qualsiasi credenza; compresa (se portata alle estreme conseguenze, con Hume) quella che oltre all' accadere dei fenomeni mentali "io penso" debba per forza realmente esistere anche qualcosa di da esse diverso, realmente persistente anche prima e dopo che essere accadano, che ne sia il soggetto (e anche riflessivamente l' oggetto), denominato "io".
Il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro, nel senso che é un certo determinato pensiero (per esempio: "cogito"; reale) anziché un certo determinato altro pensiero (per esempio "sum"; reale, ma non necessariamente vero): non può esistere il pensiero " " (il nulla di pensato non esiste come pensato) ma solo il pensiero di "qualcosa" (il qualcosa pensato può esistere come pensato).
Tutto ciò di cui può darsi certezza "al di là di ogni possibile dubbio" é che se si pensa, allora "capita" di pensare a qualcosa, come se la
La sensazioni fenomenica dell' orientamento del ("proprio") pensiero sulla base di ciò a cui si VUOLE pensare di ciò che SI SENTE importante per la "propria" vita ( e non anche, inoltre: l' esistenza di me che oriento il mio proprio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita), se accade, é tutto ciò di cui non può aversi dubbio.
Non ho mai affermato che la misurabilità dei fenomeni materiali ne escluda le qualità.
Comprendo l' affermazione che o' idea di cavallo è un'astrazione, ma non quella che non lo è il principio formale (?) che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita (?): il cavallo non ha alcun bisogno di "essere reso" cavallo: é già un cavallo "di per sé".
Non seguo il tuo aristotelismo.
Secondo perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri.
Pienamente d' accordo con Ipazia (di cui reitero la meritoria esortazione) che:
L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.
@cvc,ritengo che l'immateriale (inteso come ciò che 'non è fisico') esista. E che la 'prova' che qualcosa di 'immateriale' esista è semplice. Abbiamo un'esperienza soggettiva. Ovvero, 'proviamo' qualcosa. Dunque, almeno la nostra coscienza esiste e quindi almeno una 'cosa' è 'immateriale'.
A meno che non si accetti l'elimativismo (alla Dennet, se non erro) per il quale la coscienza semplicemente non esiste e che quindi l'unica cosa da scoprire sono i comportamenti che possono essere descritti 'oggettivamente', c'è il cosiddetto problema difficile della coscienza ("hard problem of consciousness", espressione introdotta, se non ricordo male, da Chalmers). In pratica, come si spiega che si 'provi qualcosa' scientificamente se la scienza si occupa di qualcosa che è 'oggettivo' (o almeno, 'inter-soggettivo')? In sostanza, il problema difficile della coscienza sembra indicare che non è possibile spiegare la coscienza (il fatto che 'si provi' qualcosa) in termini puramente oggettivi.
Personalmente, ritengo che l'eliminativismo sia una posizione assurda. Infatti, se conosciamo una 'realtà oggettiva' la conosciamo, appunto, tramite la nostra esperienza soggettiva. Dunque, se è illusoria la nostra esperienza soggettiva deve essere anche illusoria la conoscenza di una tale 'realtà oggettiva'. Quindi, quello che sostiene l'eliminativismo mi sembra una completa assurdità.
Una domanda però: perché ritieni che ciò che non è 'materiale', debba essere immutabile? Secondo me non è necessario che sia così. Infatti, personalmente, non credo che la 'mente' sia qualcosa di immutabile (non dico che non ci possa essere qualcosa di immutabile ed immateriale, ma non capisco perché ciò che è immateriale deve essere immutabile).
Citazione di: Sariputra il 25 Gennaio 2019, 14:38:02 PM
Citazione di: cvc il 25 Gennaio 2019, 13:50:35 PM
Citazione di: Sariputra il 24 Gennaio 2019, 14:44:20 PMA mio modesto parere sarebbe improprio parlare di 'autoinganno' di questa "Solo-mente", in quanto non è possibile per essa 'osservarsi', e quindi discernere l'inganno. Nel momento che "si muove" crea nome-forma e quindi la 'realtà' fenomenica. Nel momento in cui cessa di 'muoversi' scompare nome-forma e la realtà fenomenica cessa d'esistere. Ciò che noi percepiamo come soggettivo non è auto-inganno, se non nella misura in cui e per cui non è "nostro" ma di essa. Il mio 'sentirmi' soggetto è del tutto identico al 'tuo' sentirti soggetto. Non abbiamo 'proprietà' nostre essendo queste 'proprietà' che riteniamo nostre solo increspature, onde sul mare della "Solo-mente"... Non è una visione teistica. In quanto , nella comune accezione, per Dio s'intende un essere/persona dotato di autocoscienza e volontà. "Solo-mente" non ha alcuna volontà ma potenzialità d'azione...pertanto anche l'idea di Dio è una creatura di "Solo-mente" che ne assegna le proprietà. Concordo con @acquario sul discorso della chiusura, sulla "solidificazione", ma il movimento può invertirsi...dipenderà dal movimento della 'solo-mente-...Può darsi che siamo in una fase di 'riposo'... ;D ;D
È un discorso interessante che però mi pare necessiti di un po' di linguaggio tecnico del Buddismo che non possiedo. Tuttavia il fatto stesso di essere buddista è un particolare tratto che caratterizza una personalità, una individualità.
Sì, hai ragione. Per questo ho lasciato da parte il discorso, perché mi rendo conto che necessiterei di usare termini tecnici della filosofia Cittamatra (vijnanavada o Wéishì zōng in cinese) buddhista che sarebbe veramente lungo e difficile (e probabilmente noioso per chi non è interessato...) poi rendere in modo coerente e accessibile nel nostro linguaggio comune. O almeno dubito di averne la capacità ... avendo pochissima preparazione a riguardo della filosofia dell'Occidente per trovare analogie..:( Quindi è meglio non 'incartarsi' troppo... :)
@Sari,posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: "
Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif)
), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento
#4). Ci sono due possibili interpretazioni:
- Che esiste un'unica Coscienza comune a tutti noi. La molteplicità è illusoria, data dall'immaginazione di tale Coscienza;
- Che tutte le coscienze abbiano la stessa natura. In questo caso, c'è un solo 'tipo' (in un certo senso) di coscienza. Tuttavia, le coscienze (o magari le 'correnti di coscienza' ;D ) di Sari, cvc ecc sono 'entità diverse' che però non riconosco di avere la stessa natura e si immaginano di essere diversi.
In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).
Intendevi dire la (1) o la (2)? :)
Ciao!
@Sari,
posso chiederti un chiarimento. Dicevi ad esempio: " Quindi non esiste Sari, né Cvc, né Sgiombo (scusa... (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/sad.gif) ), né Ipazia ma un'unica coscienza che s'immagina d'essere Sari, Cvc, Sgiombo, Ipazia,ecc." (intervento #4). Ci sono due possibili interpretazioni:
In ambo i casi il 'materiale' non esisterebbe ma sarebbe solo una sorta di 'prodotto dell'immaginazione' della coscienza (quindi, 'immaterialismo'). Tuttavia, la (1) mi sembra più filosofia Vedanta che quella Cittamatra. Mi sembra che (almeno certe versione de) la Cittamatra siano più simili alla (2) che la (1) e che si dica che esista 'una mente' perché esiste solo una 'tipologia' (in un certo senso) di mente, ovvero che le menti condividano la stessa 'natura' (luminosità, consapevolezza ecc).
Intendevi dire la (1) o la (2)?
Una formulazione strettamente Cittamatra è la (2), ma come hai giustamente rilevato (e si vede che conosci bene l'argomento... ;) ) nel momento in cui la differenziazione tra Sari,cvc,Apeiron,ecc. viene a cessare perché cessa l'accumulazione karmica che determina l'illusione della dualità e della personalità vi può essere ancora un criterio di differenziazione? La differenza che vedo rispetto al Vedanta è che questa/e coscienza è auto luminosa e 'vuota' (non è satchitananda per intenderci...). Cittamatra sorge, come ben sai perché ne abbiamo già discusso tra noi, in opposizione all'interpretazione madhyamika del Nibbana, posto in 'shunya', e che Cittamatra considera un pericoloso avvicinamente all'estremo del nichilismo perché secondo i fratelli Asanga e Vasubandhu un Nibbana senza coscienza del Nibbana è di fatto 'nulla' ossia nichilismo (errore commesso da Schopenhauer nella sua scorretta interpretazione del Buddhismo...) alla cui obiezione il Madhyamika oppone la sua: ossia che postulare il "solo-mente" (come l'ho chiamato...) viceversa avvicina il nibbana all'estremo positivo dell'eternalismo, sostanziando la coscienza stessa e quindi non conforme alla "via di mezzo" insegnata dal Buddha storico. Come sai il 'duello' interno a queste due scuole è durato sette anni, tra Chandrakirti e Chandragomin, in un memorabile e infinito dibattito all'Università di Nalanda e, da quanto riferiscono le cronache e la tradizione, senza che nessuno dei due prevalesse. Nota che entrambe queste scuole speculative sono strettamente buddhiste, né mai vi fu scomunica reciproca e che ambedue ebbero seguito profondissimo (tra lo zen e il Cittamatra l'influenza è palpabile...).
Però, come sai, io sono uno "della foresta" e quindi, seguendo il maestro, mi tengo lontano dal parteggiare per l'una o per l'altra... ;D
E' comunque un dibattito interessantissimo e, quando mi ci metto, a volte propendo da una parte e altre dall'altra... :(
Accettare una o l'altra però non fa essere più o meno "buddhisti". :)
Ciao
In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).
Citazione di: Apeiron il 27 Gennaio 2019, 12:13:32 PM
@cvc,
ritengo che l'immateriale (inteso come ciò che 'non è fisico') esista. E che la 'prova' che qualcosa di 'immateriale' esista è semplice. Abbiamo un'esperienza soggettiva. Ovvero, 'proviamo' qualcosa. Dunque, almeno la nostra coscienza esiste e quindi almeno una 'cosa' è 'immateriale'.
A meno che non si accetti l'elimativismo (alla Dennet, se non erro) per il quale la coscienza semplicemente non esiste e che quindi l'unica cosa da scoprire sono i comportamenti che possono essere descritti 'oggettivamente', c'è il cosiddetto problema difficile della coscienza ("hard problem of consciousness", espressione introdotta, se non ricordo male, da Chalmers). In pratica, come si spiega che si 'provi qualcosa' scientificamente se la scienza si occupa di qualcosa che è 'oggettivo' (o almeno, 'inter-soggettivo')? In sostanza, il problema difficile della coscienza sembra indicare che non è possibile spiegare la coscienza (il fatto che 'si provi' qualcosa) in termini puramente oggettivi.
Personalmente, ritengo che l'eliminativismo sia una posizione assurda. Infatti, se conosciamo una 'realtà oggettiva' la conosciamo, appunto, tramite la nostra esperienza soggettiva. Dunque, se è illusoria la nostra esperienza soggettiva deve essere anche illusoria la conoscenza di una tale 'realtà oggettiva'. Quindi, quello che sostiene l'eliminativismo mi sembra una completa assurdità.
Una domanda però: perché ritieni che ciò che non è 'materiale', debba essere immutabile? Secondo me non è necessario che sia così. Infatti, personalmente, non credo che la 'mente' sia qualcosa di immutabile (non dico che non ci possa essere qualcosa di immutabile ed immateriale, ma non capisco perché ciò che è immateriale deve essere immutabile).
Concordo.E, se posso permettermi, confermo circa l' eliminativismo di Dennett (e dei Churchland) e il problema difficile di Chalmers (che apprezzo molto).Per risponderti nell' altra discussione anche a me, pur essendo pensionato (alla faccia dei governi e dell' EurOOOOOOOOOOpa!) serve tempo.Ciao!
Ciao Sari,
grazie per il chiarimento :)
Due cose...
Prima:
Citazione
In questo augusto consesso del forum volevo presentare la posizione Cittamatra ( che ho ribattezzato Solo-Mente) perché fautrice dell'esistenza del solo immateriale...posizione originale rispetto alla tradizione occidentale (almeno mi pare...vista la mia poca conoscenza in materia).
Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.
C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!
Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.
Riguardo a Schopenhauer, la sua posizione è più sottile di quello che viene generalmente detto di lui. Per esempio, nel 'Mondo come Volontà e Rappresentazione' scrive (fonte
nilalienum):
CitazioneA questo proposito devo in primo luogo osservare, che il concetto del nulla è essenzialmente relativo, e si riferisce sempre ad alcunché di determinato, ch'esso nega. Codesta relatività fu attribuita (specie da Kant) soltanto al nihil privativum, indicato col segno – in opposizione al segno +; il qual segno –, capovolgendo il punto di vista, poteva diventare +; e in contrasto con quel nihil privativum, si stabilì un nihil negativum, che fosse il nulla sotto tutti i rapporti, per esempio, del quale si cita la contraddizione logica, distruggente se stessa. Ma, guardando più da vicino, un nulla assoluto, un vero e proprio nihil negativum non si può neppure immaginare: ogni nihil negativum, guardato più dall'alto o sussunto ad un più ampio concetto, rimane pur sempre un nihil privativum. Ciascun nulla è pensato come tale solo in rapporto a qualche cosa, e presuppone codesto rapporto, ossia quella cosa. Perfino una contraddizione logica è un nulla relativo. Non è un pensiero della ragione: ma non perciò è un nulla assoluto.
...
Davanti a noi non resta invero che il nulla. Ma quel che si ribella contro codesto dissolvimento nel nulla, la nostra natura, è anch'essa nient'altro che la volontà di vivere. Volontà di vivere siamo noi stessi, volontà di vivere è il nostro mondo. L'aver noi tanto orrore del nulla, non è se non un'altra manifestazione del come avidamente vogliamo la vita, e niente siamo se non questa volontà, e niente conosciamo se non lei ...Noi vogliamo piuttosto liberamente dichiarare: quel che rimane dopo la soppressione completa della volontà è invero, per tutti coloro che della volontà ancora son pieni, il nulla. Ma viceversa per gli altri, in cui la volontà si è rivolta da se stessa e rinnegata, questo nostro universo tanto reale, con tutti i suoi soli e le sue vie lattee, è – il nulla.
Ovviamente, una forte differenza tra la filosofia di Schopenhauer e quella buddhista è che S. propone l'ascetismo estremo. Però l'obbiettivo per S. non era il 'nulla' nichilistico ma il nulla 'per tutti coloro che della volontà ancor son pieni'. Una precisazione interessante :)
P.S. Molto belle le parole su Dostoevskij che hai scritto nell'altra discussione ;)
@sgiombo,mi fa piacere che concordiamo! Per l'altra discussione, prenditi il tempo che ti serve (anche perché io stesso ci metterò un po' di tempo a rispondere di nuovo...)! ;)
Ciao!
cit. Apeiron:Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.
C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!
Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.
Grazie Apeiron,
non si finisce mai d'imparare ( e scoprire i propri limiti ..e questo è buono!").
Ti chiederei di accettarmi come tuo discepolo...se non mi fossi già offerto ad Eutidemo! :(
Non vorrei esser preso per un...poco di buono! Un baldracco filosofico... :-[ :-[
Citazione di: sgiombo il 26 Gennaio 2019, 12:15:00 PMRisposta a Davintro Di indubitabile mi sembra evidente ci sia solo l' accadere del pensiero "io penso" (se e quando accade), e basta. Nient' altro che questi fenomeni (percezioni) mentali. E' la cartesiana critica razionale che induce a porsi il "dubbio metodico" circa qualsiasi credenza; compresa (se portata alle estreme conseguenze, con Hume) quella che oltre all' accadere dei fenomeni mentali "io penso" debba per forza realmente esistere anche qualcosa di da esse diverso, realmente persistente anche prima e dopo che essere accadano, che ne sia il soggetto (e anche riflessivamente l' oggetto), denominato "io". Il pensare si da sempre come pensiero "di qualcosa" anziché di qualcos'altro, nel senso che é un certo determinato pensiero (per esempio: "cogito"; reale) anziché un certo determinato altro pensiero (per esempio "sum"; reale, ma non necessariamente vero): non può esistere il pensiero " " (il nulla di pensato non esiste come pensato) ma solo il pensiero di "qualcosa" (il qualcosa pensato può esistere come pensato). Tutto ciò di cui può darsi certezza "al di là di ogni possibile dubbio" é che se si pensa, allora "capita" di pensare a qualcosa, come se la La sensazioni fenomenica dell' orientamento del ("proprio") pensiero sulla base di ciò a cui si VUOLE pensare di ciò che SI SENTE importante per la "propria" vita ( e non anche, inoltre: l' esistenza di me che oriento il mio proprio pensiero sulla base di ciò a cui VOGLIO pensare di ciò che SENTO importante per la mia vita), se accade, é tutto ciò di cui non può aversi dubbio. Non ho mai affermato che la misurabilità dei fenomeni materiali ne escluda le qualità. Comprendo l' affermazione che o' idea di cavallo è un'astrazione, ma non quella che non lo è il principio formale (?) che rende il cavallo "cavallo", operando realmente per tutto il corso della vita (?): il cavallo non ha alcun bisogno di "essere reso" cavallo: é già un cavallo "di per sé". Non seguo il tuo aristotelismo. Secondo perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri. Pienamente d' accordo con Ipazia (di cui reitero la meritoria esortazione) che: L'immateriale è immateriale. L'energia lasciatela ai fisici che ci fanno già abbastanza meta-fisica sopra da soli, ma almeno ci capiscono qualcosa. L'energia vitale è metabolismo. L'energia psichica è una metafora, un'analogia.
quando si dice che il cavallo "necessita di essere reso cavallo" non si deve intendere l'espressione come se l'idea della "cavallinità" intervenisse in un determinato momento successivo all'inizio dell'esistenza del reale cavallo. Quando penso alle forme, alle componenti immateriale, certo non penso a delle specie di spiritelli che a un certo punto entrerebbero in una materia preesisentente, ma in delle condizioni ontologiche fondamentali che risultano necessarie sulla base delle questioni inerenti l'identità di qualcosa. Ma questo proprio perché non esiste alcuna materia prima di essere già configurata formalmente in un certo modo. Sarebbe assurdo pensare che il cavallo sia reso tale dopo aver iniziato a vivere. Ciò che rende un cavallo o qualunque altra cosa determinata sulla base del concetto con cui la identifichiamo è presente in modo originario in essa, il principio formale agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in direzione della progressiva acquisizione delle proprietà insite nel suo concetto (qui era il mio riferimento al "corso della vita" nel precedente messaggio). Il che non esclude che questo processo possa interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne, ma questa possibilità non implica l'assenza della linea originale, della presenza della forma, ma il fatto che non essendo puri spiriti, pure forme, ma sintesi di forma e materia, accanto a una componente di attività data dalla forma, che ci porta a essere sulla base della nostro essere intrinseco, abbiamo anche una forma di passività, data dalla materia, che ci porta subire l'azione di cause esterne che impediscono ad alcune nostre potenzialità naturali di essere attuate."perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri", esattamente, ma proprio questo distinguere presuppone il coglimento di differenze qualitative non dovute all'idea di "materia" in generale, ma al diverso modo in cui viene organizzata in un sistema di relazioni peculiare. Queste differenze qualitative sono date dalle forme. Se la "scienza moderna" si esprime tramite misurazioni, non è che perché la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (a meno di non voler passare dalla scienza allo scientismo, che è in tutto e per tutto un orientamento metafisico e filosofico), ma perché le sue possibilità di conoscenza sono limitate allo studio delle leggi ricavate dall'esperienza sensibile adeguata alla materia spaziale e quantificabile. Ma se la misurabilità implica la distinzione qualitative delle diverse forme, allora essa resta, non il fondamento originario, bensì una conseguenza secondaria di un livello della conoscenza anteriore ad esso, quello nel quale abbiamo un'esperienza intuitiva delle qualità (credo sia questo, detto in modo estremamente grossolano, il succo della critica husserliana, non tanto alla scienza galileiana in generale, ma alla sua assolutizzazione positivista, la critica per cui pretendendo di rimuovere il problema della ricerca del "senso", del "che cosa" in favore dell'assolutizzazione del "quanto", la scienza perde di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo non-quantitativo che a sua volta precede (in senso non tanto cronologico, ma logico) e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile.
Citazione di: Sariputra il 27 Gennaio 2019, 17:57:57 PM
cit. Apeiron:Nel mondo occidentale ci sono alcune filosofie puramente 'immaterialistiche'. Ad esempio, il vescovo irlandese Berkeley riteneva che esistevano solo le coscienze e che l'esistenza dei fenomeni materiali era dovuto al loro fatto di essere percepiti (da cui il suo "esse is percipi" che viene di viene riportato come "esse est percipi"). Il fatto che la Luna non smette di esistere se non viene guardata è dovuto al fatto che Dio 'percepisce' le cose anche quando noi non le percepiamo. Questa posizione è detta 'idealismo soggettivo'.
C'è poi l''idealismo oggettivo' di Hegel secondo cui, invece, tutte le cose sono manifestazioni di uno Spirito, una Coscienza superiore. Il mondo naturale stesso è una sorta di 'proiezione'. Direi che questa posizione è simile a quella Vedanta!
Quindi anche in occidente ci sono posizioni idealistiche.
Grazie Apeiron,
non si finisce mai d'imparare ( e scoprire i propri limiti ..e questo è buono!").
Ti chiederei di accettarmi come tuo discepolo...se non mi fossi già offerto ad Eutidemo! :(
Non vorrei esser preso per un...poco di buono! Un baldracco filosofico... :-[ :-[
Figurati Sari! :)
Grazie per i complimenti! Però, d'altra parte, mi imbarazza un po' il pensiero di essere tuo maestro... visto che tu sei il mio maestro ;D
Ciao!
Citazione di: davintro il 27 Gennaio 2019, 18:36:14 PM
quando si dice che il cavallo "necessita di essere reso cavallo" non si deve intendere l'espressione come se l'idea della "cavallinità" intervenisse in un determinato momento successivo all'inizio dell'esistenza del reale cavallo. Quando penso alle forme, alle componenti immateriale, certo non penso a delle specie di spiritelli che a un certo punto entrerebbero in una materia preesisentente, ma in delle condizioni ontologiche fondamentali che risultano necessarie sulla base delle questioni inerenti l'identità di qualcosa. Ma questo proprio perché non esiste alcuna materia prima di essere già configurata formalmente in un certo modo. Sarebbe assurdo pensare che il cavallo sia reso tale dopo aver iniziato a vivere. Ciò che rende un cavallo o qualunque altra cosa determinata sulla base del concetto con cui la identifichiamo è presente in modo originario in essa,
Citazione
Beh, scusa ma allora questo mi sembra un vaniloquio.
E' ovvio (addirittura tautologico) che qualsiasi determinata materia é configurata formalmente (?) in un certo modo, quello in cui é.
il principio formale agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in direzione della progressiva acquisizione delle proprietà insite nel suo concetto (qui era il mio riferimento al "corso della vita" nel precedente messaggio). Il che non esclude che questo processo possa interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne, ma questa possibilità non implica l'assenza della linea originale, della presenza della forma, ma il fatto che non essendo puri spiriti, pure forme, ma sintesi di forma e materia, accanto a una componente di attività data dalla forma, che ci porta a essere sulla base della nostro essere intrinseco, abbiamo anche una forma di passività, data dalla materia, che ci porta subire l'azione di cause esterne che impediscono ad alcune nostre potenzialità naturali di essere attuate.
Citazione
Io che agisce orientando sin dall'inizio lo sviluppo dell'ente in un processo che può interrompersi o deviare dalla linea originaria sulla base di interferenze esterne conosco solo le leggi di natura scientificamente non falsificate ("confermate") dall' empiria.
Il resto per me é "arabo-cinese" (riesco a capire solo che i viventi attivamente agiscono sull' ambiente e passivamente subiscono dall' ambiente secondo leggi (in parte biologiche comunque riducibili a) fisiche-chimiche.
"perché la scienza possa misurare enti ed eventi materiali, basta che molto banalmente li distingua gli uni dagli altri", esattamente, ma proprio questo distinguere presuppone il coglimento di differenze qualitative non dovute all'idea di "materia" in generale, ma al diverso modo in cui viene organizzata in un sistema di relazioni peculiare. Queste differenze qualitative sono date dalle forme. Se la "scienza moderna" si esprime tramite misurazioni, non è che perché la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (a meno di non voler passare dalla scienza allo scientismo, che è in tutto e per tutto un orientamento metafisico e filosofico), ma perché le sue possibilità di conoscenza sono limitate allo studio delle leggi ricavate dall'esperienza sensibile adeguata alla materia spaziale e quantificabile. Ma se la misurabilità implica la distinzione qualitative delle diverse forme, allora essa resta, non il fondamento originario, bensì una conseguenza secondaria di un livello della conoscenza anteriore ad esso, quello nel quale abbiamo un'esperienza intuitiva delle qualità (credo sia questo, detto in modo estremamente grossolano, il succo della critica husserliana, non tanto alla scienza galileiana in generale, ma alla sua assolutizzazione positivista, la critica per cui pretendendo di rimuovere il problema della ricerca del "senso", del "che cosa" in favore dell'assolutizzazione del "quanto", la scienza perde di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo non-quantitativo che a sua volta precede (in senso non tanto cronologico, ma logico) e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile.
Citazione
Il coglimento di differenze qualitative é ovviamente necessario per compiere misurazioni.
Basta che le differenza qualitative esistano e siano empircamente rilevabili (il resto lo trovo un' inutile elucubrazione deteriormente "metafisica").
Ma non é affatto sufficiente.
Occorre anche stabilire rapporti esprimibili mediante numeri (contare quante volte una caratteristica dell' oggetto "A" sta nell' analoga caratteristica del qualitativamente omogeneo oggetto "B").
E' ovviamente falso che la realtà nel suo complesso debba ridursi a ciò che è misurabile (e chi l' avrebbe mai preteso?)
Ma per essere conosciuta scientificamente deve essere innanzitutto misurata, e dunque considerata nei suoi aspetti quantitativi.
Del "fondamento originario" e delle "conseguenze secondarie" (?) francamente non so che farmene (non riesco nemmeno a capire cosa siano).
MI basta la misurabilità del mondo fisico materiale (ovviamente previa distinzione qualitativa da nessuno negata).
Credo che se pretendesse di non prescindere teoricamente da qualsiasi (reale) "senso",soggettivamente possa (e magari debba, in altre circostanze, e per altri scopi) darsi al "che cosa" in favore dell' arbitraria soggettiva considerazione del "quanto" (postulato essere intersoggettivo), la scienza perderebbe di vista i suoi stessi presupposti epistemologici, un livello di relazione coscienza-mondo di tipo quantitativo ovviamente preceduto da (in senso meramente cronologico non logico) da un processo di distinzione qualitativa che e rende possibile ogni tipo di quantificazione possibile.
Citazione di: paul11 il 24 Gennaio 2019, 15:30:10 PM
Tutto si risolve in energia, non solo fisica.
La materia è condensazione, densità ,concentrazione che le forze interagenti condizionando l'energia, la concentra .
Quindi sono i legami energetici che condensano la materia.
Analogamente ciò che quì viene definito immateriale al posto del legame chimico fisico materiale crea le relazioni: linguistiche, affettivo-sentimentali, psichiche, spirituali.
Tutta l'energia complessiva universale, materiale e immateriale ,era già al tempo zero e nello spazio originario, come nella teoria cosmologica fisica del big bang , e tutto è destinato a ri-tornarvi.
L'espansione dello spazio e il tempo sono convenzioni create dai legami fisici delle forze interazionali ,creando materia, modificando gli stati energetici; così come le relazioni immateriali espandono e contraggono il pensiero che si esprime linguisticamente ., le emozioni, lo spirito.
Così come un tempo l'etere era l'immateriale, aria, in quanto invisibile ritenuto immateriale,
ancora oggi ingenuamente non vedendo come ciechi, ciò che invece esiste come evidenza ; il pensiero, le emozioni,l'autoconsapevolezza e quindi il sè, anch'essi ontologicamente non possono che esistere
ed interagire con la materia ed energia fisica.
Se dovessi riassumere il mio ( umile) pensiero sull'umanità e l'universo tutto, mi rifarei esattamente a queste parole.
Tendenzialmente mi definisco non credente. Ma man mano che "invecchio" divento sempre più "spirituale".
E sempre più distaccato dal materialismo e dalla bieca concezione che la maggior parte degli umani hanno di se stessi e della loro esistenza.
Grazie, Paul11
Citazione di: Iamthedoctor il 30 Gennaio 2019, 23:17:33 PM
Ma man mano che "invecchio" divento sempre più "spirituale".
E sempre più distaccato dal materialismo e dalla bieca concezione che la maggior parte degli umani hanno di se stessi e della loro esistenza.
Non sono materialista, ma conosco materialisti generosi e magnanimi e dotati di ingegno e di estro artistico (oltre che ovviamente altri più o meno gretti e meschini; e lo stesso dicasi dei credenti o comunque a vario titolo idealisti o spiritualisti che conosco).
Perché mai dovrebbero per forza avere una "bieca
concezione di se stessi e della loro esistenza" (fra l' altro non sarei troppo sicuro che rappresentino la maggior parte degli umani).