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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Carlo Pierini il 26 Maggio 2019, 22:08:24 PM

Titolo: Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 26 Maggio 2019, 22:08:24 PM
Ogni tanto provo a leggere qualche libro di "neuroscienze", ma ogni volta mi trovo di fronte alla solita spudorata ambiguità tipica dei neuroscienziati materialisti, riconoscibile da un miglio di distanza. L'ultimo, dal titolo accattivante di "Neuroscienze ed etica", di Alberto Oliverio, non mi ha permesso di superare nemmeno le prime venti pagine, trovandomi per l'ennesima volta spiattellato sotto il naso il solito paradigma "double face".
Un double face che si esprime, come consueto, da un lato in una dichiarata consapevolezza dell'immiserimento e del degrado dell'immagine dell'uomo che deriverebbe da una interpretazione riduzionistica, e dall'altro lato dal solito servilismo di sempre nei confronti del sacro dogma dell'identità cervello-mente, cioè nei confronti del riduzionismo. Infatti, a delle affermazioni ANTI-RIDUZIONISTE come questa:

"Sono stati sottolineati i pericoli che derivano da un'interpretazione banalmente riduzionistica o meccanicistica. Nel caso delle conoscenze neuroscientifiche, quale può essere l'impatto sull'immagine degli esseri umani di una semplificante riduzione della mente alle sue basi fisiche?"

...si alternano, con spudorata non-chalance, delle affermazioni RIDUZIONISTE come questa:

"Non si intende affatto auspicare una separazione tra mente e cervello o mettere in dubbio le conoscenze che emergono dagli studi delle neuroscienze..."

...come se riconoscere alla mente una propria sostanzialità significasse separarla dal cervello! ...O come se per uscire dai "...pericoli che derivano da un'interpretazione banalmente riduzionistica o meccanicistica..." esistesse una via di mezzo tra monismo e dualismo, una sorta di "monismo e mezzo", come ha proposto sfacciatamente Popper.
Mi consola soltanto che lo stessoOliverio riconosca indirettamente che le osservazioni scientifiche delle attività neuronali non provano affatto l'identità cervello-mente in quanto esse prescindono dalla causa o dal "meccanismo" che innesca quelle attività:

"Spesso i risultati di numerose ricerche, anche se stupefacenti, ci dicono DOVE nel cervello si è verificato qualcosa, non QUALI siano i meccanismi del riconoscimento della memoria, le motivazioni alla base di una scelta, lo strutturarsi di un'emozione".

"Lo studio dei rapporti tra cervello e scelte morali sottolinea ancora una volta che, anche se siamo sempre più in grado di descrivere il cervello e di comprenderne i meccanismi, SIAMO ANCORA LONTANI (...) dal comprendere come (...) dalla materialità dei circuiti cerebrali possa scaturire quel mondo dei significati e dei valori che ci guida in ogni azione, anche la più banale, della vita quotidiana".  

Insomma, Eccles a parte, non c'è niente di nuovo sotto il sole delle neuroscienze. Nonostante la crescente consapevolezza della grave insufficienza del paradigma materialista, tutti genuflessi e obbedienti alla parola d'ordine: <<Non aprite quella porta, ...la porta che dà sull'abisso della rinnegatissima dualità anima-corpo!!! Lasciate ogni speranza o voi che entrate in quella porta!!>>.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 26 Maggio 2019, 22:16:37 PM
Un consiglio amichevole: se posti le tue discussioni nella sezione spirituale forse trovi qualche interlocutore in più. Ma se non lo trovi neppure lì, qualche domanda alla tua anima dovresti porla.  E attendere la risposta.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 26 Maggio 2019, 22:31:50 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Maggio 2019, 22:16:37 PM
Un consiglio amichevole: se posti le tue discussioni nella sezione spirituale forse trovi qualche interlocutore in più. Ma se non lo trovi neppure lì, qualche domanda alla tua anima dovresti porla.  E attendere la risposta.
CARLO
Questi argomenti appartengono propriamente alla filosofia, non alla spiritualità. E il fatto che in questa sezione non ci siano (tanti) interlocutori, è già una risposta molto eloquente. Ma non è quella che credi tu.  :)
Insomma, io non cerco adepti, ma critiche serie. Se non ne trovo, è un indizio in più che ...sto andando per il verso giusto.
Comunque non preoccuparti: come sempre, terminata la mia breve incursione (o escursione), me ne tornerò tranquillamente a studiare e voi starete tutti più tranquilli.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 26 Maggio 2019, 23:00:11 PM
Appoggio l'obiezione di Ipazia. Se ti interessa la dualità anima-corpo o scrivi nella sezione spiritualità, oppure sei in ritardo rispetto all'evoluzione della filosofia di almeno un secolo. I tuoi toni ed espressioni misticheggianti sono realmente fuori da ogni modello di discussione filosofica. Ti dirò come la penso. La mente è nel cervello. Non può esistere la mente senza il nostro raffinatissimo SNC ed altre amenità connesse, come lo sguardo stereoscopico, la postura eretta, la laringe. Ma non basta. La nostra mente è il prodotto del nostro essere sociale. E' nella nostra capacità di progettare il nostro futuro, di interrogarci sul mondo e sul rapporto fra noi e gli altri. La nostra mente si sviluppa anche in questo forum, molto banalmente. Il nostro cervello in questo non può essere confuso con un computer. Ci sono programmi che ci aiutano nella vita quotidiana, come la memoria procedurale, che meravigliosamente continua ad operare anche nei malati di demenza senile.
La mente non è cervello ma non è pensabile senza cervello. Questo è il modello necessario per superare vetuste considerazioni sia nel senso di mente scissa dal cervello, sia di mente esclusivamente compresa nei neuroni. La mente nasce dalla cultura, dalla storia, dal processo di civilizzazione e dalla sua interazione con il nostro SNC. Se pensate che già quello che state leggendo sta modificando, vostro malgrado, la struttura del vostro cervello, immaginate quello che accade ed è accaduto nel corso dei millenni fra l'interazione SNC e nostro processo di civilizzazione. La mente non è altro che questo e non è poco, perchè non è altro che un cervello riflessivo, che supera sè stesso nella sua materialità ma superandosi crea un nuovo tipo di cervello, che è a sua volta un organo materiale fatto di neuroni e sinapsi. Il primo uomo che ha scritto un graffito in una roccia di Lascaux ha creato la mente ed ora dobbiamo farci i conti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 26 Maggio 2019, 23:59:29 PM
Citazione di: Jacopus il 26 Maggio 2019, 23:00:11 PM
Appoggio l'obiezione di Ipazia. Se ti interessa la dualità anima-corpo o scrivi nella sezione spiritualità, oppure sei in ritardo rispetto all'evoluzione della filosofia di almeno un secolo.
CARLO
...Insomma, non vedete l'ora di sbolognarmi, eh?  :)
Vorrei informarti che il "dualismo anima-corpo" di Eccles è una teoria del 1975 e fa parte delle neuroscienze, non della teologia. E anche che il termine "anima" è solo un sinonimo di "psiche" e di "mente" e che dunque il suo uso non ha niente a che vedere col "misticheggiare".

JACOPUS
I tuoi toni ed espressioni misticheggianti sono realmente fuori da ogni modello di discussione filosofica.

CARLO
...Ma stai scherzando, o dici sul serio? Vuoi dire che i filosofi che ammettono l'esistenza di Dio non sono filosofi? Dovremmo espellere dalla storia della Filosofia tutti i pensatori che includono il concetto di Dio nella loro visione del mondo?

JACOPUS
Ti dirò come la penso. La mente è nel cervello. Non può esistere la mente senza il nostro raffinatissimo SNC ed altre amenità connesse, come lo sguardo stereoscopico, la postura eretta, la laringe. Ma non basta. La nostra mente è il prodotto del nostro essere sociale. E' nella nostra capacità di progettare il nostro futuro, di interrogarci sul mondo e sul rapporto fra noi e gli altri. La nostra mente si sviluppa anche in questo forum, molto banalmente. Il nostro cervello in questo non può essere confuso con un computer. Ci sono programmi che ci aiutano nella vita quotidiana, come la memoria procedurale, che meravigliosamente continua ad operare anche nei malati di demenza senile.
La mente non è cervello ma non è pensabile senza cervello. Questo è il modello necessario per superare vetuste considerazioni sia nel senso di mente scissa dal cervello, sia di mente esclusivamente compresa nei neuroni. La mente nasce dalla cultura, dalla storia, dal processo di civilizzazione e dalla sua interazione con il nostro SNC. Se pensate che già quello che state leggendo sta modificando, vostro malgrado, la struttura del vostro cervello, immaginate quello che accade ed è accaduto nel corso dei millenni fra l'interazione SNC e nostro processo di civilizzazione.

CARLO
Sono pienamente d'accordo, anche sulle virgole.

JACOPUS
La mente non è altro che questo e non è poco,

CARLO
Su questo punto, invece, non sono d'accordo, perché non ritengo affatto che la mente sia solo questo. Hai taciuto sulle esperienze spirituali e sulle profonde  ricadute che esse comportano sul piano della filosofia. Sebbene non si tratti di eventi quotidiani, sono quelli che hanno maggior influenza sullo sviluppo, sulla trasformazione della mente e sulla visione filosofica del mondo. Quindi si tratta di questioni importanti, ancora più importanti di quelle da te accennate.

Ma con questo non voglio nemmeno lontanamente scalfire il tuo pieno diritto di disinteressarti totalmente di ciò che scrivo. Però, dal disinteressarti all'invitarmi ad andarmene perché le mie idee sono diverse dalle tue, ce ne corre un bel po'! ...Non è nemmeno gentile da parte tua!  :)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 27 Maggio 2019, 00:31:51 AM
Citazione di: Jacopus il 26 Maggio 2019, 23:00:11 PMAppoggio l'obiezione di Ipazia. Se ti interessa la dualità anima-corpo o scrivi nella sezione spiritualità, oppure sei in ritardo rispetto all'evoluzione della filosofia di almeno un secolo. I tuoi toni ed espressioni misticheggianti sono realmente fuori da ogni modello di discussione filosofica. Ti dirò come la penso. La mente è nel cervello. Non può esistere la mente senza il nostro raffinatissimo SNC ed altre amenità connesse, come lo sguardo stereoscopico, la postura eretta, la laringe. Ma non basta. La nostra mente è il prodotto del nostro essere sociale. E' nella nostra capacità di progettare il nostro futuro, di interrogarci sul mondo e sul rapporto fra noi e gli altri. La nostra mente si sviluppa anche in questo forum, molto banalmente. Il nostro cervello in questo non può essere confuso con un computer. Ci sono programmi che ci aiutano nella vita quotidiana, come la memoria procedurale, che meravigliosamente continua ad operare anche nei malati di demenza senile. La mente non è cervello ma non è pensabile senza cervello. Questo è il modello necessario per superare vetuste considerazioni sia nel senso di mente scissa dal cervello, sia di mente esclusivamente compresa nei neuroni. La mente nasce dalla cultura, dalla storia, dal processo di civilizzazione e dalla sua interazione con il nostro SNC. Se pensate che già quello che state leggendo sta modificando, vostro malgrado, la struttura del vostro cervello, immaginate quello che accade ed è accaduto nel corso dei millenni fra l'interazione SNC e nostro processo di civilizzazione. La mente non è altro che questo e non è poco, perchè non è altro che un cervello riflessivo, che supera sè stesso nella sua materialità ma superandosi crea un nuovo tipo di cervello, che è a sua volta un organo materiale fatto di neuroni e sinapsi. Il primo uomo che ha scritto un graffito in una roccia di Lascaux ha creato la mente ed ora dobbiamo farci i conti.

all'idea per cui qualunque posizione tenda a riconoscere l'autonomia della mente (o coscienza, i due concetti sono necessariamente sinonimi? Personalmente ho dubbi) dal cervello, o più in generale dalla realtà materiale, dovrebbe essere discussa in uno spazio dedicato alla spiritualità, e non alla filosofia, si potrebbe più validamente opporre l'idea per cui tesi basate sui risultati delle neuroscienze andrebbero discussi in uno spazio circoscritto alle scienze naturali, distinto dalla filosofia L'idea per cui in sede filosofica ogni discorso teso al riconoscimento dell'autonomia del piano metafisico e spirituale rispetto a quello materiale considerato dalle scienze sperimentali, dovrebbe essere assente, è frutto di una visione positivista per la quale in realtà la filosofia stessa non avrebbe alcuna ragion d'essere, in assenza di un proprio oggetto d'indagine distinto da quelle di cui si occupano le scienze naturali. In questa visione la negazione dell'autonomia della filosofia riguardo le altre scienze conduce anche alla sua morte: o si pensa che la filosofia sappia dirci sul reale qualcosa di diverso dagli altri saperi, e allora si dovrà necessariamente riconoscere l'esistenza di un livello di realtà ulteriore rispetto a quello materiale, e anche l'autonomia di una apposita metodologia adeguata a tale ulteriorità, che svincolerebbe il filosofo dal dover far coincidere i limiti della sua ricerca con quelli delle scienze naturali, dal dover evitare di parlare di "anima" o "spirito", oppure vincoliamo la filosofia alla prospettiva delle neuroscienze, e allora le neghiamo la possibilità di tematizzare oggetti che fuoriescono dal raggio d'azione di queste ultime, e in questo caso torniamo alla visione per cui la filosofia non ha un proprio peculiare oggetto di ricerca, e diviene ricerca insensata, perché non avrebbe nulla di particolare da dirci. Insomma condizione indispensabile per cui avrebbe senso fare filosofia è riconoscere la possibilità di una tematizzazione razionale della spiritualità, di ciò che è al di là dell'esperienza sensibile, implicante un modello di razionalità alternativo rispetto a quello poggiante sull'esperienza sensibile, correlata al livello materiale della realtà, un modello che non ha nulla di fideistico, mistico, o sentimentale, che si rifà alle speculazioni, del tutto razionali, della metafisica tradizionale, del metodo cartesiano, della fenomenologia husserliana, tutte impostazioni, dove non erano i sensi la base epistemica, ma la deduzione logica discendente dai principi di verità autoevidenti, e non per questo dovrebbero essere relegati all'ambito di un misticismo irrazionale. La fenomenologia ha il suo fondamento nell'epoche, cioè la messa tra parentesi di ogni presunzione di verità derivante dall'esperienza dei sensi, l'ambito in cui anche le neuroscienze rientrano, per evidenziare un punto di vista trascendentale, squisitamente filosofico, cioè la certezza della presenza dei vissuti coscienti nella loro essenza, rivendica l'idea di una filosofia del tutto libera di indagare il suo ambito con la propria specifica metodologia, dovremmo forse etichettare un rigoroso matematico come Husserl come un mistico spirituale, non filosofo? Personalmente l'idea che lo spazio della filosofia debba riservarsi a un approccio positivista per cui la filosofia trae i suoi presupposti di ricerca da altre scienze mi inquieta, perché la negazione della sua autonomia coincide con la negazione della sua ragion d'essere
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 01:10:29 AM
Citazione di: davintro il 27 Maggio 2019, 00:31:51 AM
Citazione di: Jacopus il 26 Maggio 2019, 23:00:11 PMAppoggio l'obiezione di Ipazia. Se ti interessa la dualità anima-corpo o scrivi nella sezione spiritualità, oppure sei in ritardo rispetto all'evoluzione della filosofia di almeno un secolo. I tuoi toni ed espressioni misticheggianti sono realmente fuori da ogni modello di discussione filosofica. Ti dirò come la penso. La mente è nel cervello. Non può esistere la mente senza il nostro raffinatissimo SNC ed altre amenità connesse, come lo sguardo stereoscopico, la postura eretta, la laringe. Ma non basta. La nostra mente è il prodotto del nostro essere sociale. E' nella nostra capacità di progettare il nostro futuro, di interrogarci sul mondo e sul rapporto fra noi e gli altri. La nostra mente si sviluppa anche in questo forum, molto banalmente. Il nostro cervello in questo non può essere confuso con un computer. Ci sono programmi che ci aiutano nella vita quotidiana, come la memoria procedurale, che meravigliosamente continua ad operare anche nei malati di demenza senile. La mente non è cervello ma non è pensabile senza cervello. Questo è il modello necessario per superare vetuste considerazioni sia nel senso di mente scissa dal cervello, sia di mente esclusivamente compresa nei neuroni. La mente nasce dalla cultura, dalla storia, dal processo di civilizzazione e dalla sua interazione con il nostro SNC. Se pensate che già quello che state leggendo sta modificando, vostro malgrado, la struttura del vostro cervello, immaginate quello che accade ed è accaduto nel corso dei millenni fra l'interazione SNC e nostro processo di civilizzazione. La mente non è altro che questo e non è poco, perchè non è altro che un cervello riflessivo, che supera sè stesso nella sua materialità ma superandosi crea un nuovo tipo di cervello, che è a sua volta un organo materiale fatto di neuroni e sinapsi. Il primo uomo che ha scritto un graffito in una roccia di Lascaux ha creato la mente ed ora dobbiamo farci i conti.

all'idea per cui qualunque posizione tenda a riconoscere l'autonomia della mente (o coscienza, i due concetti sono necessariamente sinonimi? Personalmente ho dubbi) dal cervello, o più in generale dalla realtà materiale, dovrebbe essere discussa in uno spazio dedicato alla spiritualità, e non alla filosofia, si potrebbe più validamente opporre l'idea per cui tesi basate sui risultati delle neuroscienze andrebbero discussi in uno spazio circoscritto alle scienze naturali, distinto dalla filosofia L'idea per cui in sede filosofica ogni discorso teso al riconoscimento dell'autonomia del piano metafisico e spirituale rispetto a quello materiale considerato dalle scienze sperimentali, dovrebbe essere assente, è frutto di una visione positivista per la quale in realtà la filosofia stessa non avrebbe alcuna ragion d'essere, in assenza di un proprio oggetto d'indagine distinto da quelle di cui si occupano le scienze naturali. In questa visione la negazione dell'autonomia della filosofia riguardo le altre scienze conduce anche alla sua morte: o si pensa che la filosofia sappia dirci sul reale qualcosa di diverso dagli altri saperi, e allora si dovrà necessariamente riconoscere l'esistenza di un livello di realtà ulteriore rispetto a quello materiale, e anche l'autonomia di una apposita metodologia adeguata a tale ulteriorità, che svincolerebbe il filosofo dal dover far coincidere i limiti della sua ricerca con quelli delle scienze naturali, dal dover evitare di parlare di "anima" o "spirito", oppure vincoliamo la filosofia alla prospettiva delle neuroscienze, e allora le neghiamo la possibilità di tematizzare oggetti che fuoriescono dal raggio d'azione di queste ultime, e in questo caso torniamo alla visione per cui la filosofia non ha un proprio peculiare oggetto di ricerca, e diviene ricerca insensata, perché non avrebbe nulla di particolare da dirci. Insomma condizione indispensabile per cui avrebbe senso fare filosofia è riconoscere la possibilità di una tematizzazione razionale della spiritualità, di ciò che è al di là dell'esperienza sensibile, implicante un modello di razionalità alternativo rispetto a quello poggiante sull'esperienza sensibile, correlata al livello materiale della realtà, un modello che non ha nulla di fideistico, mistico, o sentimentale, che si rifà alle speculazioni, del tutto razionali, della metafisica tradizionale, del metodo cartesiano, della fenomenologia husserliana, tutte impostazioni, dove non erano i sensi la base epistemica, ma la deduzione logica discendente dai principi di verità autoevidenti, e non per questo dovrebbero essere relegati all'ambito di un misticismo irrazionale. La fenomenologia ha il suo fondamento nell'epoche, cioè la messa tra parentesi di ogni presunzione di verità derivante dall'esperienza dei sensi, l'ambito in cui anche le neuroscienze rientrano, per evidenziare un punto di vista trascendentale, squisitamente filosofico, cioè la certezza della presenza dei vissuti coscienti nella loro essenza, rivendica l'idea di una filosofia del tutto libera di indagare il suo ambito con la propria specifica metodologia, dovremmo forse etichettare un rigoroso matematico come Husserl come un mistico spirituale, non filosofo? Personalmente l'idea che lo spazio della filosofia debba riservarsi a un approccio positivista per cui la filosofia trae i suoi presupposti di ricerca da altre scienze mi inquieta, perché la negazione della sua autonomia coincide con la negazione della sua ragion d'essere
CARLO
Non esistono territori preclusi alla filosofia. Essa è chiamata a riflettere sull'intero scibile. Tutti i filosofi concordano su questo.
Le ragioni per le quali mi si vuole sbolognare dal forum  sono ben altre. Io, che sono stato un ateo-agnostico, le conosco molto bene. Se vuoi te le dico. Ma preferirei che me le dicessi tu, con sincerità, senza ricorrere a pretesti che non stanno né in cielo né in terra.
Qualcun altro è interessato a sapere, o a dire, quali sono le ragioni del fastidio che procura la mia presenza?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 27 Maggio 2019, 01:46:40 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 01:10:29 AM
Citazione di: davintro il 27 Maggio 2019, 00:31:51 AM
Citazione di: Jacopus il 26 Maggio 2019, 23:00:11 PMAppoggio l'obiezione di Ipazia. Se ti interessa la dualità anima-corpo o scrivi nella sezione spiritualità, oppure sei in ritardo rispetto all'evoluzione della filosofia di almeno un secolo. I tuoi toni ed espressioni misticheggianti sono realmente fuori da ogni modello di discussione filosofica. Ti dirò come la penso. La mente è nel cervello. Non può esistere la mente senza il nostro raffinatissimo SNC ed altre amenità connesse, come lo sguardo stereoscopico, la postura eretta, la laringe. Ma non basta. La nostra mente è il prodotto del nostro essere sociale. E' nella nostra capacità di progettare il nostro futuro, di interrogarci sul mondo e sul rapporto fra noi e gli altri. La nostra mente si sviluppa anche in questo forum, molto banalmente. Il nostro cervello in questo non può essere confuso con un computer. Ci sono programmi che ci aiutano nella vita quotidiana, come la memoria procedurale, che meravigliosamente continua ad operare anche nei malati di demenza senile. La mente non è cervello ma non è pensabile senza cervello. Questo è il modello necessario per superare vetuste considerazioni sia nel senso di mente scissa dal cervello, sia di mente esclusivamente compresa nei neuroni. La mente nasce dalla cultura, dalla storia, dal processo di civilizzazione e dalla sua interazione con il nostro SNC. Se pensate che già quello che state leggendo sta modificando, vostro malgrado, la struttura del vostro cervello, immaginate quello che accade ed è accaduto nel corso dei millenni fra l'interazione SNC e nostro processo di civilizzazione. La mente non è altro che questo e non è poco, perchè non è altro che un cervello riflessivo, che supera sè stesso nella sua materialità ma superandosi crea un nuovo tipo di cervello, che è a sua volta un organo materiale fatto di neuroni e sinapsi. Il primo uomo che ha scritto un graffito in una roccia di Lascaux ha creato la mente ed ora dobbiamo farci i conti.
all'idea per cui qualunque posizione tenda a riconoscere l'autonomia della mente (o coscienza, i due concetti sono necessariamente sinonimi? Personalmente ho dubbi) dal cervello, o più in generale dalla realtà materiale, dovrebbe essere discussa in uno spazio dedicato alla spiritualità, e non alla filosofia, si potrebbe più validamente opporre l'idea per cui tesi basate sui risultati delle neuroscienze andrebbero discussi in uno spazio circoscritto alle scienze naturali, distinto dalla filosofia L'idea per cui in sede filosofica ogni discorso teso al riconoscimento dell'autonomia del piano metafisico e spirituale rispetto a quello materiale considerato dalle scienze sperimentali, dovrebbe essere assente, è frutto di una visione positivista per la quale in realtà la filosofia stessa non avrebbe alcuna ragion d'essere, in assenza di un proprio oggetto d'indagine distinto da quelle di cui si occupano le scienze naturali. In questa visione la negazione dell'autonomia della filosofia riguardo le altre scienze conduce anche alla sua morte: o si pensa che la filosofia sappia dirci sul reale qualcosa di diverso dagli altri saperi, e allora si dovrà necessariamente riconoscere l'esistenza di un livello di realtà ulteriore rispetto a quello materiale, e anche l'autonomia di una apposita metodologia adeguata a tale ulteriorità, che svincolerebbe il filosofo dal dover far coincidere i limiti della sua ricerca con quelli delle scienze naturali, dal dover evitare di parlare di "anima" o "spirito", oppure vincoliamo la filosofia alla prospettiva delle neuroscienze, e allora le neghiamo la possibilità di tematizzare oggetti che fuoriescono dal raggio d'azione di queste ultime, e in questo caso torniamo alla visione per cui la filosofia non ha un proprio peculiare oggetto di ricerca, e diviene ricerca insensata, perché non avrebbe nulla di particolare da dirci. Insomma condizione indispensabile per cui avrebbe senso fare filosofia è riconoscere la possibilità di una tematizzazione razionale della spiritualità, di ciò che è al di là dell'esperienza sensibile, implicante un modello di razionalità alternativo rispetto a quello poggiante sull'esperienza sensibile, correlata al livello materiale della realtà, un modello che non ha nulla di fideistico, mistico, o sentimentale, che si rifà alle speculazioni, del tutto razionali, della metafisica tradizionale, del metodo cartesiano, della fenomenologia husserliana, tutte impostazioni, dove non erano i sensi la base epistemica, ma la deduzione logica discendente dai principi di verità autoevidenti, e non per questo dovrebbero essere relegati all'ambito di un misticismo irrazionale. La fenomenologia ha il suo fondamento nell'epoche, cioè la messa tra parentesi di ogni presunzione di verità derivante dall'esperienza dei sensi, l'ambito in cui anche le neuroscienze rientrano, per evidenziare un punto di vista trascendentale, squisitamente filosofico, cioè la certezza della presenza dei vissuti coscienti nella loro essenza, rivendica l'idea di una filosofia del tutto libera di indagare il suo ambito con la propria specifica metodologia, dovremmo forse etichettare un rigoroso matematico come Husserl come un mistico spirituale, non filosofo? Personalmente l'idea che lo spazio della filosofia debba riservarsi a un approccio positivista per cui la filosofia trae i suoi presupposti di ricerca da altre scienze mi inquieta, perché la negazione della sua autonomia coincide con la negazione della sua ragion d'essere
CARLO Non esistono territori preclusi alla filosofia. Essa è chiamata a riflettere sull'intero scibile. Tutti i filosofi concordano su questo. Le ragioni per le quali mi si vuole sbolognare dal forum sono ben altre. Io, che sono stato un ateo-agnostico, le conosco molto bene. Se vuoi te le dico. Ma preferirei che me le dicessi tu, con sincerità, senza ricorrere a pretesti che non stanno né in cielo né in terra. Qualcun altro è interessato a sapere, o a dire, quali sono le ragioni del fastidio che procura la mia presenza?

per quanto mi riguarda, i miei non intendevano in alcun modo essere pretesti riguardo eventuali volontà di contestare la presenza di alcuno nel forum, personalmente considero prezioso ogni punto di vista, al di là di dissensi. Erano solo in funzione di rimarcare il mio pensiero riguardo la non riducibilità di un sapere non fondato sull'esperienza sensibile all'ambito di una "spiritualità" non indagabile razionalmente e filosoficamente, nulla di personale contro nessuno
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 02:48:00 AM
CitazioneCARLO Non esistono territori preclusi alla filosofia. Essa è chiamata a riflettere sull'intero scibile. Tutti i filosofi concordano su questo. Le ragioni per le quali mi si vuole sbolognare dal forum sono ben altre. Io, che sono stato un ateo-agnostico, le conosco molto bene. Se vuoi te le dico. Ma preferirei che me le dicessi tu, con sincerità, senza ricorrere a pretesti che non stanno né in cielo né in terra. Qualcun altro è interessato a sapere, o a dire, quali sono le ragioni del fastidio che procura la mia presenza?

DAVINTRO
per quanto mi riguarda, i miei non intendevano in alcun modo essere pretesti riguardo eventuali volontà di contestare la presenza di alcuno nel forum, personalmente considero prezioso ogni punto di vista, al di là di dissensi. Erano solo in funzione di rimarcare il mio pensiero riguardo la non riducibilità di un sapere non fondato sull'esperienza sensibile all'ambito di una "spiritualità" non indagabile razionalmente e filosoficamente, nulla di personale contro nessuno.

CARLO
E chi l'ha detto che le esperienze spirituali non sono indagabili? Io ho portato due o tre testimonianze di questo tipo proprio perché, non solo sono indagabili, ma i risultati dell'indagine sono rivoluzionari; o almeno sono tali per chi crede pregiudizialmente che lo "spirito" sia una questione di fede, cioè, in definitiva, di superstizione. E non è un caso, infatti, che nessuno abbia commentato quelle testimonianze: proprio perché lasciano intuire l'esatto contrario della non-conoscibilità; e questo mette in pericolo le comode (ma anche fragili) credenze nella necessità di una separazione assoluta tra conoscenza - destinata ai grandi intelletti - e spiritualità - destinata agli sciocchi, agli sprovveduti, ai poveri di ...spirito (paradossalmente). Ed è proprio in virtù di questa necessità di separazione che mi viene chiesto di separarmi da questo forum per andare a giocare con ...gli altri bambini!   :)  
Questa è la ragione vera, non la mia presunta inconformità <<con i modelli di discussione filosofica>>. Quali sarebbero questi modelli? Chi li ha stabiliti?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 27 Maggio 2019, 08:05:02 AM
Per Davintro. Lungi da me l'idea che la filosofia non si possa occupare di neuroscienze ( tra l'altro vi è un fiorire di discipline specialistiche che dicono proprio il contrario come la neuro-etica).
Ma di fronte ad una posizione così nettamente schierata come quella di Carlo (Jung come verità assoluta, necessità di andare a leggere i post di Carlo Pierini come se fossero la dimostrazione della verità) ribadisco quello che ho detto: si tratta di una filosofia un po' demode' per essere chiari. Non mi risulta inoltre che l'attuale filosofia, specialmente quella che si occupa di neuroscienze, e che è riconosciuta come prevalente, parli di anima distinta dal corpo.
Per Carlo: ti prego ti indicarmi dove ti ho detto di andartene dal forum. Grazie.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 27 Maggio 2019, 08:19:57 AM
... e lungi da me estromettere qualcuno dalla sezione filosofica. La filosofia è la madre di tutti i saperi e di tutte le corbellerie per cui nessuno può esservi escluso. La libertà di pensiero è la grande conquista philosophisch dell'Illuminismo, più autentica radice dell'Europa reale, e non sarà certo un'atea sopravvissuta ad un apartheid millenario a metterla in discussione. Il mio era un consiglio "utilitarista" del tutto amichevole basato sull'idea che piuttosto che polemizzare tra sordi è meglio portare il focus del proprio interesse esistenziale laddove vi possono essere antenne riceventi sintonizzate su di esso, ma non al punto da escludere un'accesa e succulenta dialettica. I fedeli di tutti gli Spiriti rivendicano una realtà immanente della loro fede, una loro scientificità (teologia) per cui, caro Carlo, il tuo Jung spiritualista ma scientifico, penso si troverebbe più a suo agio in una sezione mentalmente aperta allo spirituale, esoterico, mistico, come da confinamento topico prestabilito. Laddove neppure l'ateo avventuroso e polemizzante è escluso, ma che troppo immanentemente cade nel tranello dell'OT, rimarcato da solerti moderatori. O del dialogo tra sordi.

@davintro

Come al solito preciso e accurato nel far valere le proprie ragioni, riuscendo ad interagire nella differenza individuando una grammatica comune capace di superare la soglia ipoacusica dell'ideologia. Ottimo esempio di stile comunicativo, vero Carlo  ;)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 11:37:54 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2019, 08:19:57 AM
... e lungi da me estromettere qualcuno dalla sezione filosofica. La filosofia è la madre di tutti i saperi e di tutte le corbellerie per cui nessuno può esservi escluso. La libertà di pensiero è la grande conquista philosophisch dell'Illuminismo, più autentica radice dell'Europa reale, e non sarà certo un'atea sopravvissuta ad un apartheid millenario a metterla in discussione. Il mio era un consiglio "utilitarista" del tutto amichevole basato sull'idea che piuttosto che polemizzare tra sordi è meglio portare il focus del proprio interesse esistenziale laddove vi possono essere antenne riceventi sintonizzate su di esso, ma non al punto da escludere un'accesa e succulenta dialettica. I fedeli di tutti gli Spiriti rivendicano una realtà immanente della loro fede, una loro scientificità (teologia) per cui, caro Carlo, il tuo Jung spiritualista ma scientifico, penso si troverebbe più a suo agio in una sezione mentalmente aperta allo spirituale, esoterico, mistico, come da confinamento topico prestabilito. Laddove neppure l'ateo avventuroso e polemizzante è escluso, ma che troppo immanentemente cade nel tranello dell'OT, rimarcato da solerti moderatori. O del dialogo tra sordi.
CARLO
Diversi anni fa, quando vivevo ancora in Sud America, ho frequentato un forum di "fedeli dello Spirito", ma la diffidenza era esattamente la stessa, se pur di segno contrario. La separazione tra fede e scienza, tra spirito e materia è un pre-giudizio che accomuna laici e religiosi. L'intrusione della ragione nelle questioni di fede è osteggiata dai "mistici" quanto l'intrusione dello "spirito" nelle questioni di conoscenza è osteggiata dai laici. Là hanno valore le verità del cuore, del sentimento e della fede, anche se offendono vergognosamente le esigenze più elementari della ragione; qui hanno valore le verità della ragione e della "scienza" anche se offendono sfrontatamente quelle dello "spirito". La mi si ricordava che <<...chi sa non parla, chi parla non sa>> e che Dio non può essere oggetto di conoscenza; qui ...la stessa cosa. I mistici mi accusano di voler "psicologizzare Dio", di degradare Dio a fattore psicologico; i laici mi rimproverano di misticizzare indebitamente la psicologia. Se dici a un cristiano che il Vangelo è un mito, e non un evento storico reale, ti dà del blasfemo e continua a pensare che Gesù camminava davvero sulle acque, trasformava davvero l'acqua in vino, e che la scienza non ha l'autorità per negare queste cose. Se invece dici a un laico che il materialismo, il casualismo darwiniano, il monismo neurobiologico non sono scienza, ti dà del "misticheggiante" e continua a credere che davvero la psiche è una proprietà emergente della materia, ...che davvero le specie biologiche si sono evolute per mutazioni casuali, che davvero il nostro comportamento è dettato esclusivamente dal nostro DNA e dal condizionamento ambientale.
...E se poi ho la sfacciataggine di proporre l'ipotesi di un Principio universale di validità dimostrabile e che corrisponde con ciò che la tradizione religiosa nei millenni ha chiamato "Dio", ...allora sì che il coro dei "vaffanculo" è unanime e in versione stereofonica!
Insomma, cara Ipazia, l'isola felice in cui non esistono sordi e in cui poter accendere una "succulenta dialettica" è questa qui:

https://youtu.be/HypyE4wHGgY
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: InVerno il 27 Maggio 2019, 11:53:54 AM
Io non sento nessun fastidio alla tua presenza, e neanche ne ho sentito parlare da altri, credimi ti stai facendo una piccola paranoia. Intervengo poco nei tuoi topic perchè non dai l'impressione di essere molto interessato all'opinione degli altri, quanto esporre le tue tesi che a volte tendono ad essere un tantino autoreferenziali\apodittiche. Io ti consiglierei solamente di costruire topic più corposi anzichè frammentare così tanto il Pierini-pensiero (es. i due topic su Escher) e di mettere a disposizione un pò di terra di nessuno ove incontrare gli altri.. E' vero che alcuni tuoi argomenti sfociano più nel misticisimo\esoterismo ma che c'è di male? Spiritualità mica è una sezione di serie B.. Tutto è filosofia, ma la sezione forse si riferisce più ad argomenti classici secondo il moderno concetto di essa, ed è semplicemente un modo per tenere in ordine e rendere fruibili trentamila discussioni..
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 27 Maggio 2019, 12:52:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 11:37:54 AM
Insomma, cara Ipazia, l'isola felice in cui non esistono sordi e in cui poter accendere una "succulenta dialettica" è questa qui:

https://youtu.be/HypyE4wHGgY

Insomma, caro Carlo, ti trovi malgrado la tua idiosincrasia per le situazioni mediane a dover vivere in una terra di mezzo, che per coerenza metafisica, non c'è. C'è molto Jung in questo tuo destino. O predestinazione.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 27 Maggio 2019, 15:40:26 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 02:48:00 AM

Questa è la ragione vera, non la mia presunta inconformità <<con i modelli di discussione filosofica>>. Quali sarebbero questi modelli? Chi li ha stabiliti?

E chi te l' avrebbe mai chiesto (può essermi sfuggito)?

Come sai, personalmente trovo non poco ridicole molte tue pretese di liquidare sommariamente come volgari imbroglioni vari grandi filosofi, ma non ti ho mai invitato ad andartene dal forum.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 16:14:02 PM
Citazione di: InVerno il 27 Maggio 2019, 11:53:54 AM
Io non sento nessun fastidio alla tua presenza, e neanche ne ho sentito parlare da altri, credimi ti stai facendo una piccola paranoia.
CARLO
Una paranoia moooolto piccola, perché capisco perfettamente le difficoltà degli atei di accettare certi discorsi, essendo stato io stesso un teorico dell'ateismo-materialismo-scientismo. Anzi, mi sorprenderebbe il contrario; se le mie tesi fossero ben accette, avrei dei forti dubbi di aver scritto quello che realmente intendevo scrivere.
Comunque, sì, non stento a credere che non ti infastidiscano affatto i miei interventi. La mia era una valutazione generale, poi ognuno è diverso da tutti gli altri.

INVERNO
Intervengo poco nei tuoi topic perchè non dai l'impressione di essere molto interessato all'opinione degli altri,

CARLO
Più che rispondere a tutti punto per punto, che altro dovrei fare per dimostrare il mio interesse per l'opinione altrui. Se invece vuoi dire che la maggior parte delle volte mostro di non essere d'accordo con l'opinione degli altri, questo è vero; ma in realtà sono gli altri a non essere quasi mai d'accordo con me!!   ;D

INVERNO
quanto esporre le tue tesi che a volte tendono ad essere un tantino autoreferenziali\apodittiche.

CARLO
La forte componente di autoreferenzialità è d'obbligo, se presento alcune delle mie esperienze personali come prova della correttezza del paradigma Junghiano. Anche Keplero era autereferenziale nel mostrare la concordanza del paradigma eliocentrico con le sue osservazioni personali del cielo; l'unica differenza sta nel tipo di cielo che osserviamo: lui osservava il cielo astronomico, io il cielo "iperuranico" degli archetipi. Ma se tu non tieni conto di quelle osservazioni, è naturale che scambi per autoreferenziale qualcosa che invece si riferisce ad esperienze "oggettive" reali.

INVERNO
Io ti consiglierei solamente di costruire topic più corposi anzichè frammentare così tanto il Pierini-pensiero (es. i due topic su Escher) e di mettere a disposizione un pò di terra di nessuno ove incontrare gli altri..

CARLO
Per esaurire il Pierini-pensiero ci vorranno centinaia di ricercatori e decine di migliaia di pagine, perché si riferisce ad un argomento colossale come un Principio universale, che non ho inventato io, ma che ho semplicemente scoperto e che ha bisogno di essere sviluppato e ampliato in TUTTI i campi del sapere. Per cui, tutto ciò che una sola persona può scrivere sull'argomento non può essere niente di più che un insieme di "frammenti".
Ma chi è curioso e non dogmaticamente chiuso alla novità potrà comunque rendersi facilmente conto chei quei "frammenti" sono tutti rigorosamente complementari tra loro e convergenti alla tesi della Complementarità degli opposti.

INVERNO
E' vero che alcuni tuoi argomenti sfociano più nel misticisimo\esoterismo ma che c'è di male? Spiritualità mica è una sezione di serie B.. Tutto è filosofia, ma la sezione forse si riferisce più ad argomenti classici secondo il moderno concetto di essa, ed è semplicemente un modo per tenere in ordine e rendere fruibili trentamila discussioni.

CARLO
Infatti, almeno i tre quarti dei miei interventi parlano di scienza, di epistemologia, di psicologia, di neurobiologia, di filosofia classica, e non di "misticismo".  E i forum di tematiche spirituali in genere sono noiosi, perché l'aspetto conoscitivo-razionale non interessa quasi nessuno. Invece con gli agnostici e con gli atei la discussione è sicuramente più vivace, ...come puoi vedere.  :)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 17:41:26 PM
DAVINTRO
La fenomenologia ha il suo fondamento nell'epoche, cioè la messa tra parentesi di ogni presunzione di verità derivante dall'esperienza dei sensi

CARLO
La sospensione di giudizio può riguardare la verità sull'oggetto dell'esperienza, ma non sull'esistenza dell'oggetto percepito, qualunque cosa esso sia.
E questo vale anche per l'esperienza spirituale: non posso fare affermazioni assolute sull'oggetto percepito, ma posso non dubitare di aver percepito un oggetto.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 27 Maggio 2019, 21:43:36 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 17:41:26 PMDAVINTRO La fenomenologia ha il suo fondamento nell'epoche, cioè la messa tra parentesi di ogni presunzione di verità derivante dall'esperienza dei sensi CARLO La sospensione di giudizio può riguardare la verità sull'oggetto dell'esperienza, ma non sull'esistenza dell'oggetto percepito, qualunque cosa esso sia. E questo vale anche per l'esperienza spirituale: non posso fare affermazioni assolute sull'oggetto percepito, ma posso nondubitare di aver percepito un oggetto.


perfettamente d'accordo, l'attestazione di evidenza dei nostri atti soggettivi di coscienza, una volta "purificati" dalla pretesa di associarli a delle verità presuntemente oggettive riguardo il mondo oggettivo, rappresenta la base più solida possibile a partire da cui poi recuperare un livello di verità oggettive, nella misura in cui discendono necessariamente da quel livello di evidenza. Ed è a mio avviso anche ciò che rende la filosofia la scienza più rigorosa possibile, proprio alla luce di questa capacità di autocoscienza per cui l'Io riflettendo su se stesso parte perviene a una base al di fuori di ogni dubitabilità, la coscienza, proprio perché evidenziata al culmine della radicalizzazione del dubbio, al contrario delle scienze sperimentali, per le quali la corrispondenza delle percezioni sensibili soggettive con la realtà oggettiva non può che essere data per scontata, pena l'invalidazione del metodo sperimentale, e resta così un pregiudizio fideistico, che la concordanza intersoggettiva delle percezioni può al massimo confermare, ma non legittimare razionalmente
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 22:53:14 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Maggio 2019, 15:40:26 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 02:48:00 AM

Questa è la ragione vera, non la mia presunta inconformità <<con i modelli di discussione filosofica>>. Quali sarebbero questi modelli? Chi li ha stabiliti?

E chi te l' avrebbe mai chiesto (può essermi sfuggito)?

Come sai, personalmente trovo non poco ridicole molte tue pretese di liquidare sommariamente come volgari imbroglioni vari grandi filosofi, ma non ti ho mai invitato ad andartene dal forum.
CARLO
Jacopus, ieri, nella risposta #3 di questo stesso thread, mi ha detto che "misticheggio" e che i miei interventi non sono conformi... ecc. ecc..
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 23:03:09 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Maggio 2019, 12:52:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 11:37:54 AM
Insomma, cara Ipazia, l'isola felice in cui non esistono sordi e in cui poter accendere una "succulenta dialettica" è questa qui:

https://youtu.be/HypyE4wHGgY
IPAZIA
Insomma, caro Carlo, ti trovi malgrado la tua idiosincrasia per le situazioni mediane a dover vivere in una terra di mezzo, che per coerenza metafisica, non c'è. C'è molto Jung in questo tuo destino. O predestinazione.
CARLO
Non è <<una terra che non c'è>>, come la famosa isola di Peter Pan. Quella terra c'è, ma si trova tra due opposti, quindi il suo ingresso è stretto come la lama di un rasoio: è difficile scorgerlo:

"Le dualità, in fondo, indicano il "sí" e il "no", gli inconciliabili opposti che "devono" essere conciliati perché l'equilibrio della vita non vada perduto. Ciò può verificarsi soltanto se ci si attiene saldamente al centro, là dove si bilanciano agire e patire. Una strada questa che corre sul filo del rasoio. E proprio nel momento culminante, quando gli opposti universali si scontrano, si apre non di rado un'ampia prospettiva che abbraccia passato e futuro". [JUNG: Archetipi e inconscio collettivo - pg.334]
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 27 Maggio 2019, 23:41:47 PM
Citazioneal contrario delle scienze sperimentali, per le quali la corrispondenza delle percezioni sensibili soggettive con la realtà oggettiva non può che essere data per scontata, pena l'invalidazione del metodo sperimentale, e resta così un pregiudizio fideistico, che la concordanza intersoggettiva delle percezioni può al massimo confermare, ma non legittimare razionalmente
<percepisco soggettivamente che il sole al  mattino è a est e alla sera è a ovest. La percezione è condivisa fra tutti gli appartenenti al mio gruppo. Scientificamente confermo che il sole gira intorno alla terra? Se si dovesse dare corso alla tua affermazione, questa sarebbe la conclusione."
Dove sta scritto che la percezione sensibile soggettiva equivale a scienza, pena l'invalidazione del metodo sperimentale?
Einstein ha "inventato" la sua teoria, che guarda caso è stata verificata solo parecchi anni dopo. La scienza è spesso un arte, nasce da intuizioni, collegamenti e non necessariamente da una immediata verifica empirica, che tra l'altro, come nell'esempio del sole, non necessariamente comporta la scoperta della verità. Inoltre questa continua accusa nei confronti della scienza come fideistica è davvero stancante. La scienza non è una fede perchè se fatta onestamente è in grado di ricusare i suoi stessi principi, se ne trova di più  validi. Citatemi una fede che è pronta a tradire sè stessa perchè ha trovato una fede migliore. Di solito costoro sono chiamati come minimo rinnegati, mentre uno scienziato è premiato con il nobel.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 28 Maggio 2019, 00:27:13 AM
per Jacopus


resta il fatto che le verifiche sperimentali tese a legittimare scientificamente la verità delle intuizioni o ragionamenti pre-empirici poggiano sui sensi (per quanto supportati dalla tecnologia degli strumenti di osservazione), e sono dunque vincolate alla convinzione della corrispondenza fra percezione sensibile e realtà oggettiva transfenomenica. So che il metodo scientifico non si limita all'osservazione sensibile, ma non è necessario che tale osservazione sia l'unica fase del metodo perché sia determinante per la sua validità. Quindi, se i nostri sensi fossero inadeguati a rispecchiare le cose stesse, sarebbe tutto il metodo a dover essere squalificato, nell'invalidarsi di una sua componente parziale, ma pur sempre indispensabile, in quanto funzionale al raccoglimento dei dati materiali su cui esso viene ad applicarsi, Per quanto riguarda l' "essere in grado di ricusare i suoi stessi principi, se ne trova di più validi", (ma forse in questo contesto, sarebbe meglio parlare di "risultati" che di "princìpi", dato che trovo illogico che un sapere sia capace di mettere in discussione i propri stessi principi, in quanto l'atto di messa in discussione dovrebbe pur sempre essere operato a partire dai presupposti stessi del tipo di sapere in questione, che a questo punto però dovrebbe accettarli come aprioristicamente validi, e quindi trovarsi impossibilitato a smentirli. La critica circa i principi di una certa scienza non potrebbe che essere effettuata a partire da una diversa tipologia di sapere utilizzante principi diversi. Si esce dalla contraddizione solo se a essere criticati fossero non i principi, ma i risultati, in questo caso una migliore applicazione dello stesso metodo, a partire dagli stessi fondamenti, che lo definiscono, può risultare un sensato automiglioramento, chiedo scusa per la pedanteria terminologica), direi che è soprattutto appannaggio della razionalità, quindi la questione a questo punto è: "scienza" coincide pienamente con "razionalità"? Penso dipenda dai paradigmi considerati, intesa la scienza in un'accezione classica, pregalileiana, allora la coincidenza tra scienza e razionalità sarebbe perfetta, perché in assenza della credenza nell'efficacia dei sensi, la scienza consisterebbe in una pura deduzione e speculazione logica, quindi capace di render conto dei passaggi logici delle dimostrazioni e di correggere gli eventuali errori argomentativi. Ma questo tipo di scienza comprende a tutti gli effetti la metafisica (e quindi il riferimento alla spiritualità...), mentre escluderebbe le scienze naturali, per come oggi le intendiamo alla luce del metodo sperimentale. In quest'ultimo ambito la coincidenza tra scienza e ragionamento invece salta, in quanto la logica si unisce all'empiria, e dunque la razionalità autocorrettiva, pur continuando a essere presente, diviene elemento parziale, "mescolato" all'esperienza sensibile, di per sé incapace di alcun tipo di messa in discussione, dato che per definizione, i sensi non riflettono su se stessi. Ricordiamo sempre che l'autocritica rientra nell'astrazione, nella facoltà del soggetto di staccarsi, astrarsi dal flusso dell'esperienza immediata del mondo per valutarlo da un punto di vista distinto, in cui considerare il proprio vissuto, e la propria sensibilità "dall'alto", oggettivandola, distinguendosi da essa. E se la distinzione dai sensi vuol dire assumere il punto di vista dello spirituale, dell' "astratto" se si vuole, e proprio questo elemento spirituale quello che consente alla scienza di essere razionale, riflessiva e autocritica
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 28 Maggio 2019, 00:45:25 AM
Davintro. Intanto mi complimento anch'io per il tuo modo di esporre le tue idee. Preciso, corretto, mai polemico. Rispetto al tuo post ti lancio solo una suggestione sulla quale ti chiedo di soffermarti. La distinzione che fai fra scienza pregalileiana e postgalileiana è interessante e ad essa può essere facilmente sovrapposta la distinzione fra otium e negotium. Non a caso la scienza galileiana era fortemente connessa con lo sviluppo della società borghese, intimamente connessa con il fare, con la tecnica. Chi meglio di Leonardo rappresenta questo spirito? La scienza prometeica dell'homo faber, contrapposta alla scienza inerte dell'homo contemplans.
A proposito della domanda se la scienza sia sovrapponibile alla razionalità, invece condivido i tuoi dubbi, ma come ben facilmente puoi intuire, non per mettere la scienza sotto la tutela provvidenziale della metafisica, ma sotto quella più terrena dell'etica intersoggettiva. Gli scopi della scienza non dovrebbero "razionalmente" essere sviluppati contro l'umanità, come invece accade di norma. Il controllo dovrebbe avvenire in questi termini. Non che sia facile, ma neppure la metafisica, a giudicare dalla storia, ha ottenuto migliori risultati in termini di "reificazione"  e di dominio dell'uomo sull'uomo.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 28 Maggio 2019, 07:24:21 AM
@davintro

Direi che la verifica empirica sia un valore aggiunto al sapere meramente deduttivo, non uno scadimento. L'affinarsi del metodo empirico con strumenti che hanno oltrepassato i limiti della pura sensorialità ha pure arricchito il ragionamento deduttivo di elementi su cui fare le sue astrazioni. Finchè l'astronomia era astrologia e si pensava che i fossili fossero sculture la genesi poteva anche stare in piedi; l'affinamento della datazione della terra e dell'universo ha messo in discussione quella mitologia, falsificandola. E il sapere astratto filosofico non ha potuto far altro che prenderne atto. E visto che siamo in argomento, le scoperte delle neuroscienze non possono essere ignorate dalla filosofia della coscienza e possono migliorare i nostri metodi educativi e di welfare. Come giustamente dice jacopus possono anche peggiorarli. Per cui al sapere deduttivo astratto che non concede nulla al "secolo" rimane il sommo compito di:

Citazione di: davintroastrarsi dal flusso dell'esperienza immediata del mondo per valutarlo da un punto di vista distinto, in cui considerare il proprio vissuto, e la propria sensibilità "dall'alto", oggettivandola, distinguendosi da essa. E se la distinzione dai sensi vuol dire assumere il punto di vista dello spirituale, dell' "astratto" se si vuole, e proprio questo elemento spirituale quello che consente alla scienza di essere razionale, riflessiva e autocritica

che è lo spirituale umano (umanesimo) di cui parlavo altrove. Senza ipostatizzare metafisicamente il tutto, ma con umiltà sapiente, che si addice ad un ambito del reale in cui non sono più in gioco le cose, ma i valori.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 28 Maggio 2019, 08:12:28 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 22:53:14 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Maggio 2019, 15:40:26 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 02:48:00 AM

Questa è la ragione vera, non la mia presunta inconformità <<con i modelli di discussione filosofica>>. Quali sarebbero questi modelli? Chi li ha stabiliti?

E chi te l' avrebbe mai chiesto (può essermi sfuggito)?

Come sai, personalmente trovo non poco ridicole molte tue pretese di liquidare sommariamente come volgari imbroglioni vari grandi filosofi, ma non ti ho mai invitato ad andartene dal forum.
CARLO
Jacopus, ieri, nella risposta #3 di questo stesso thread, mi ha detto che "misticheggio" e che i miei interventi non sono conformi... ecc. ecc..

Sempre più delicato che attribuire (a Kant!) "truffe a scopo di lucro" o (a Popper!) "inganni" in malafede.

Comunque: e allora?

Per te subire critiche equivale ad essere inviato ad andartene?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 28 Maggio 2019, 13:11:01 PM
Citazione di: davintro il 28 Maggio 2019, 00:27:13 AM
per Jacopus


resta il fatto che le verifiche sperimentali tese a legittimare scientificamente la verità delle intuizioni o ragionamenti pre-empirici poggiano sui sensi (per quanto supportati dalla tecnologia degli strumenti di osservazione), e sono dunque vincolate alla convinzione della corrispondenza fra percezione sensibile e realtà oggettiva transfenomenica.
Citazione
Non sono d' accordo.
 
Secondo me, al di là delle radicate convinzioni "da senso comune" proprie di fatto di tantissimi scienziati (scarsamente ferrati filosoficamente) ma, proprio per il fatto di essere suffragate acriticamente dal senso comune, proprie di "tantissimi in generale", in realtà le verifiche sperimentali tese a legittimare scientificamente la verità delle intuizioni o ragionamenti pre-empirici poggianti direttamente o sempre più spesso indirettamente sui sensi non sono vincolate alla convinzione della corrispondenza fra percezione sensibile e realtà oggettiva transfenomenica; ma invece sono vincolate alla realtà fenomenica materiale postulabile e postulata (ma non dimostrabile) essere intersoggettiva.
La scienza conosce i fenomeni (naturali materiali), non le cose in sé.




So che il metodo scientifico non si limita all'osservazione sensibile, ma non è necessario che tale osservazione sia l'unica fase del metodo perché sia determinante per la sua validità. Quindi, se i nostri sensi fossero inadeguati a rispecchiare le cose stesse, sarebbe tutto il metodo a dover essere squalificato, nell'invalidarsi di una sua componente parziale, ma pur sempre indispensabile, in quanto funzionale al raccoglimento dei dati materiali su cui esso viene ad applicarsi,
Citazione
I nostri sensi sono certamente inadeguati per definizione a rispecchiare le cose stesse in sé oggettive o noumeno kantiano (per come lo intendo io e non Oxdeadbeef).
Perché ci forniscono unicamente percezioni fenomeniche (il cui "esse" berkeleyanamente e Humeianamente "est" un mero "percipi").
E nemmeno é dimostrabile logicamente e men che meno per definizione!) provabile empiricamente che tali percezioni materiali forniteci dai sensi siano intersoggettive, né che divengano ordinatamente in concatenazioni causali (Hume!).
Delle conoscenze scientifiche in ultima analisi non può dunque aversi certezza (ed esserne consapevoli significa essere più conseguentemente razionalisti che ignorarlo coltivando pie illusioni in proposito). Però sta di fatto che chiunque sia comunemente considerato sano di mente per lo meno si comporta come se credesse nelle suddette indimostrabili conditiones sine qua non della conoscenza scientifica (e in qualche misura anche del senso comune): nessuno che non sia pazzo, trovandosi al centesimo piano di un grattacielo, si getterebbe dalla finestra nella convinzione (non dimostrabile essere falsa) che da un momento all' altro la forza di gravità potrebbe mutare di segno (perché no?) e conseguentemente evitando di farlo rischierebbe si sfracellarsi contro il soffitto.




Per quanto riguarda l' "essere in grado di ricusare i suoi stessi principi, se ne trova di più validi", (ma forse in questo contesto, sarebbe meglio parlare di "risultati" che di "princìpi", dato che trovo illogico che un sapere sia capace di mettere in discussione i propri stessi principi, in quanto l'atto di messa in discussione dovrebbe pur sempre essere operato a partire dai presupposti stessi del tipo di sapere in questione, che a questo punto però dovrebbe accettarli come aprioristicamente validi, e quindi trovarsi impossibilitato a smentirli. La critica circa i principi di una certa scienza non potrebbe che essere effettuata a partire da una diversa tipologia di sapere utilizzante principi diversi. Si esce dalla contraddizione solo se a essere criticati fossero non i principi, ma i risultati, in questo caso una migliore applicazione dello stesso metodo, a partire dagli stessi fondamenti, che lo definiscono, può risultare un sensato automiglioramento, chiedo scusa per la pedanteria terminologica), direi che è soprattutto appannaggio della razionalità,
Citazione
Conseguentemente con quanto appena affermato concordo: la scienza si basa su imprescindibili (indiscutibili; pena l' abbandono della scienza stessa) principi (indimostrabili).
E non lo ritengo pedanteria terminologica ma interessantissima critica razionale (filosofica) della conoscenza scientifica.




quindi la questione a questo punto è: "scienza" coincide pienamente con "razionalità"? Penso dipenda dai paradigmi considerati, intesa la scienza in un'accezione classica, pregalileiana, allora la coincidenza tra scienza e razionalità sarebbe perfetta, perché in assenza della credenza nell'efficacia dei sensi, la scienza consisterebbe in una pura deduzione e speculazione logica, quindi capace di render conto dei passaggi logici delle dimostrazioni e di correggere gli eventuali errori argomentativi. Ma questo tipo di scienza comprende a tutti gli effetti la metafisica (e quindi il riferimento alla spiritualità...), mentre escluderebbe le scienze naturali, per come oggi le intendiamo alla luce del metodo sperimentale. In quest'ultimo ambito la coincidenza tra scienza e ragionamento invece salta, in quanto la logica si unisce all'empiria, e dunque la razionalità autocorrettiva, pur continuando a essere presente, diviene elemento parziale, "mescolato" all'esperienza sensibile, di per sé incapace di alcun tipo di messa in discussione, dato che per definizione, i sensi non riflettono su se stessi.
Citazione
Questo "tipo di scienza" non é che comprenda la metafisica, piuttosto é filosofia.
E in quanto tale non é affatto incompatibile o inconciliabile (anzi!) con la scienza (vera e propria: le scienze naturali) che la razionalità, per il fatto d applicarla all' empiria, non la ignora, men che meno la nega, e neppure si limita a snobbarla, ma la impiega proficuamente "valorizzandola" non poco.
 
La razionalità comprende la filosofia e le scienze naturali, per come oggi le intendiamo alla luce del metodo sperimentale (la coincidenza tra scienza e ragionamento non salta affatto, in quanto la logica si unisce all'empiria, e dunque la razionalità autocorrettiva continua benissimo a essere presente, diviene elemento parziale, "mescolato" all'esperienza sensibile, di per sé incapace di alcun tipo di messa in discussione, dato che per definizione, i sensi non riflettono su se stessi: certo, ma il fatto, da parte della scienza, di integrare con la ragione anche i dati sensibili non é per niente logicamente contraddittorio, non nega affatto la ragione stessa.
 
Qui tu cadi in un palese paralogismo consistente nel confondere una congiunzione possibilissima fra due concetti non reciprocamente contraddittori (ragione + empiria) con una pretesa necessaria disgiunzione fra due concetti reciprocamente contraddittori, quali ragione ed empiria non sono, essendo invece perfettamente compatibili complementarmente fra di loro.




Ricordiamo sempre che l'autocritica rientra nell'astrazione, nella facoltà del soggetto di staccarsi, astrarsi dal flusso dell'esperienza immediata del mondo per valutarlo da un punto di vista distinto, in cui considerare il proprio vissuto, e la propria sensibilità "dall'alto", oggettivandola, distinguendosi da essa. E se la distinzione dai sensi vuol dire assumere il punto di vista dello spirituale, dell' "astratto" se si vuole, e proprio questo elemento spirituale quello che consente alla scienza di essere razionale, riflessiva e autocritica
Citazione
Ma operare una distinzione dai sensi non vuol dire necessariamente assumere il punto di vista dello spirituale, ma può invece anche consistere coerentemente, come fa la scienza, nel criticare razionalmente i dati sensibili e "applicarvi" inferenze logiche come induzione, deduzione, abduzione, ecc."
 
Razionalità =/= spiritualità.
 
In conclusione: la scienza non é alternativa alla razionalità (umana), ma insieme alla filosofia (purché razionalistica: certe determinate filosofie! E almeno in qualche misura ad altro, come la politica, l' estetica, ecc.) ne é una specie (nell' ambito del genere dalla razionalità stessa costituito).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 20:05:43 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Maggio 2019, 08:12:28 AM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 22:53:14 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Maggio 2019, 15:40:26 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 27 Maggio 2019, 02:48:00 AM

Questa è la ragione vera, non la mia presunta inconformità <<con i modelli di discussione filosofica>>. Quali sarebbero questi modelli? Chi li ha stabiliti?

E chi te l' avrebbe mai chiesto (può essermi sfuggito)?

Come sai, personalmente trovo non poco ridicole molte tue pretese di liquidare sommariamente come volgari imbroglioni vari grandi filosofi, ma non ti ho mai invitato ad andartene dal forum.
CARLO
Jacopus, ieri, nella risposta #3 di questo stesso thread, mi ha detto che "misticheggio" e che i miei interventi non sono conformi... ecc. ecc..
SGIOMBO
Sempre più delicato che attribuire (a Kant!) "truffe a scopo di lucro" o (a Popper!) "inganni" in malafede.
CARLO
I miei giudizi sono argomentati, al contrario delle tue sentenze prive di giustificazione. Infatti ho scritto:

Kant, invece, non si espone direttamente ad alcuna contraddizione palese, limitandosi a tacere riguardo alla natura ontologica del suo "trascendentale" lasciando che venga inteso come una realtà trascendente o come una realtà immanente a seconda che il lettore sia un materialista oppure uno spiritualista. La sua filosofia, cioè, grazie all'astuta manipolazione dei concetti che ne sono alla base (noumeno, trascendentale, e trascendente), si concede a tutti: agli atei, agli agnostici, ai religiosi, ai monisti, ai dualisti, ai taoisti; come una "escort" professionale, per non usare termini più espliciti. Questo è il motivo del successo di Kant: un filosofo dai facili costumi.

Come altro vuoi definire chi eleva a principio la propria aridità spirituale e la propria ignoranza affermando che l'idea di Dio vale quanto l'idea di avere 100 talleri in tasca, che ci siano o che non ci siano?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 28 Maggio 2019, 20:23:20 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 20:05:43 PM

CARLO
I miei giudizi sono argomentati, al contrario delle tue sentenze prive di giustificazione. Infatti ho scritto:

Kant, invece, non si espone direttamente ad alcuna contraddizione palese, limitandosi a tacere riguardo alla natura ontologica del suo "trascendentale" lasciando che venga inteso come una realtà trascendente o come una realtà immanente a seconda che il lettore sia un materialista oppure uno spiritualista. La sua filosofia, cioè, grazie all'astuta manipolazione dei concetti che ne sono alla base (noumeno, trascendentale, e trascendente), si concede a tutti: agli atei, agli agnostici, ai religiosi, ai monisti, ai dualisti, ai taoisti; come una "escort" professionale, per non usare termini più espliciti. Questo è il motivo del successo di Kant: un filosofo dai facili costumi.

Come altro vuoi definire chi eleva a principio la propria aridità spirituale e la propria ignoranza affermando che l'idea di Dio vale quanto l'idea di avere 100 talleri in tasca, che ci siano o che non ci siano?

Ho letto solo la prima riga di questo intervento e mi é bastato (sono un po' pigro).

MI basta rammentarti che hai lanciato una discussione nel fourm dal titolo "Il noumeno kantiano: una truffa a scopo di lucro" (Sic! Cito a memoria ma posso solo sbagliare qualche insignificante dettaglio).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 22:14:28 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Maggio 2019, 20:23:20 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 20:05:43 PM

CARLO
I miei giudizi sono argomentati, al contrario delle tue sentenze prive di giustificazione. Infatti ho scritto:

Kant, invece, non si espone direttamente ad alcuna contraddizione palese, limitandosi a tacere riguardo alla natura ontologica del suo "trascendentale" lasciando che venga inteso come una realtà trascendente o come una realtà immanente a seconda che il lettore sia un materialista oppure uno spiritualista. La sua filosofia, cioè, grazie all'astuta manipolazione dei concetti che ne sono alla base (noumeno, trascendentale, e trascendente), si concede a tutti: agli atei, agli agnostici, ai religiosi, ai monisti, ai dualisti, ai taoisti; come una "escort" professionale, per non usare termini più espliciti. Questo è il motivo del successo di Kant: un filosofo dai facili costumi.

Come altro vuoi definire chi eleva a principio la propria aridità spirituale e la propria ignoranza affermando che l'idea di Dio vale quanto l'idea di avere 100 talleri in tasca, che ci siano o che non ci siano?

Ho letto solo la prima riga di questo intervento e mi é bastato (sono un po' pigro).
CARLO
Naturalmente, come sempre: esprimi giudizi su ciò che non sai.

SGIOMBO
MI basta rammentarti che hai lanciato una discussione nel fourm dal titolo "Il noumeno kantiano: una truffa a scopo di lucro" (Sic! Cito a memoria ma posso solo sbagliare qualche insignificante dettaglio).

CARLO
...E magari non ne hai letto il contenuto, o non ne hai tenuto conto. Niente di nuovo sotto il sole!
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 29 Maggio 2019, 02:59:56 AM
la validità del metodo empirico è relativo alla conoscenza del livello della realtà corrispondente, cioè il complesso degli oggetti fisici, di cui i nostri sensi hanno esperienza nella contingenza spaziotemporale, livello che però non è quello di cui si occupa la filosofia, che invece si occupa del sapere dei principi primi dell'essere, la cui valenza universale la rende irriducibile rispetto alle possibilità di ricezione dei sensi. Appunto per questo non vedo razionalità ed empiria come in contraddizione, ma complementari, ma la complementarietà è data dalla differenza di ambiti della realtà a cui si occupano. La razionalità pura indaga un livello di realtà consistente nel complesso delle relazioni logiche, aprioriste, degli enti, non si fonda sull'esperienza dei sensi e non ne ha bisogno, mentre necessita dei sensi nel momento in applica le sue pretese conoscitive alla realtà materiale. In quest'ultimo senso non c'è contraddizione ma complementarietà dei ruoli: i sensi trasmettono la materia del conoscere, la ragione lo organizza logicamente, ma sull'altro livello, quello propriamente filosofico, i sensi non sono rilevanti, in quanto lo "spirito" non è per esso solo forma vuota, ma anche l'oggetto specifico del sapere. Al filosofo, in quanto tale, non interessano i risultati delle neuroscienze, lo interessano in quanto studioso desideroso per motivi di cultura personale, di completare la sua visione riguardo il tema della mente, unendo al lato filosofico e trascendentale, evidenziato dalla fenomenologia, la componente fisica, e quindi ricavando un'immagine più completa del soggetto umano, unità di spirito e materia. Quindi la filosofia è sempre un punto di vista parziale, ma comunque autosufficiente, non può conoscere tutta la realtà, avendo la realtà una componente materiale che richiede di essere indagata empiricamente, ma restando all'interno della sua parzialità, è pur sempre padrona a casa sua, e non è vincolata a rendere conto di conoscenze extrafilosofiche per legittimare le sue verità, pena negare l'autonomia del suo oggetto di indagine. Il filosofo non ha bisogno per fare filosofia di utilizzare i sensi, che ovviamente, come ricorda Sgiombo, gli sono necessari per vivere (e quindi, ma solo indirettamente, anche per fare filosofia, dato che filosofare occorre vivere), Quindi nessuna contraddizione a dare retta alle percezioni sensibili se si tratta di scegliere il momento giusto per attraversare la strada, o più scientificamente, per dar credito a studi di medicina rispetto ad altri che possono contare su un numero minore di verifiche empiriche, fermo restando il riconoscimento del valore probabilistico e non certo delle visioni che su queste percezioni di reggono, distintamente dall'esigenza di certezza assoluta che invece la filosofia richiede, certezza assoluta come connessa al carattere di necessità dei principi universali, non contingenti, che costituiscono il suo ambito di indagine, irraggiungibile per l'empiria
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 29 Maggio 2019, 08:01:57 AM
Citazione di: davintro il 29 Maggio 2019, 02:59:56 AM
la validità del metodo empirico è relativo alla conoscenza del livello della realtà corrispondente, cioè il complesso degli oggetti fisici, di cui i nostri sensi hanno esperienza nella contingenza spaziotemporale, livello che però non è quello di cui si occupa la filosofia, che invece si occupa del sapere dei principi primi dell'essere, la cui valenza universale la rende irriducibile rispetto alle possibilità di ricezione dei sensi.

Ammesso e non concesso che esista l'essere coi suoi principi primi. Come osservato da odradek, l'essere copula, e copulando genera tanti esserini con tanti loro principini primini che saranno certamente irriducibili alla possibilità di ricezione dei sensi ma mandano pure in un tilt di loop infiniti la filosofia. Non è un caso se essa, dopo millenni di loop, ha dovuto rinunciare ad una definizione univoca dell'Essere buttandosi sull'Esistente, gestibile tanto dal ragionamento astratto filosofico che da quello empirico dei sensi. Solo così è possibile la convergenza parallela, la complementarietà, tra razionale e reale:

CitazioneAppunto per questo non vedo razionalità ed empiria come in contraddizione, ma complementari, ma la complementarietà è data dalla differenza di ambiti della realtà a cui si occupano. La razionalità pura indaga un livello di realtà consistente nel complesso delle relazioni logiche, aprioriste, degli enti, non si fonda sull'esperienza dei sensi e non ne ha bisogno, mentre necessita dei sensi nel momento in applica le sue pretese conoscitive alla realtà materiale. In quest'ultimo senso non c'è contraddizione ma complementarietà dei ruoli: i sensi trasmettono la materia del conoscere, la ragione lo organizza logicamente, ma sull'altro livello, quello propriamente filosofico, i sensi non sono rilevanti, in quanto lo "spirito" non è per esso solo forma vuota, ma anche l'oggetto specifico del sapere.

Noto una certa titubanza in quelle "". Un'epochè più che giustificata. Che poi cerca un'acrobatica risoluzione in:

CitazioneAl filosofo, in quanto tale, non interessano i risultati delle neuroscienze, lo interessano in quanto studioso desideroso per motivi di cultura personale, di completare la sua visione riguardo il tema della mente, unendo al lato filosofico e trascendentale, evidenziato dalla fenomenologia, la componente fisica, e quindi ricavando un'immagine più completa del soggetto umano, unità di spirito e materia.

Ovvero alla fine "lo interessano". Perchè altrimenti farebbe solo teologia - o teosofia - basata su qualche principio primo che non sta nè in cielo nè in terra. Mentre sull'unità psicosomatica, peraltro molto wissenschaftlich, ci stiamo tutti.

CitazioneQuindi la filosofia è sempre un punto di vista parziale, ma comunque autosufficiente, non può conoscere tutta la realtà, avendo la realtà una componente materiale che richiede di essere indagata empiricamente, ma restando all'interno della sua parzialità, è pur sempre padrona a casa sua, e non è vincolata a rendere conto di conoscenze extrafilosofiche per legittimare le sue verità, pena negare l'autonomia del suo oggetto di indagine.
Il filosofo non ha bisogno per fare filosofia di utilizzare i sensi, che ovviamente, come ricorda Sgiombo, gli sono necessari per vivere (e quindi, ma solo indirettamente, anche per fare filosofia, dato che filosofare occorre vivere), Quindi nessuna contraddizione a dare retta alle percezioni sensibili se si tratta di scegliere il momento giusto per attraversare la strada, o più scientificamente, per dar credito a studi di medicina rispetto ad altri che possono contare su un numero minore di verifiche empiriche, fermo restando il riconoscimento del valore probabilistico e non certo delle visioni che su queste percezioni di reggono, distintamente dall'esigenza di certezza assoluta che invece la filosofia richiede, certezza assoluta come connessa al carattere di necessità dei principi universali, non contingenti, che costituiscono il suo ambito di indagine, irraggiungibile per l'empiria

Sì ma così restiamo a livello dei massimi sistemi, alla metafilosofia. Non si capisce ancora qual'è il suo oggetto d'indagine. La logica ? L'etica ? Una ontologia "assoluta" parallela a quella scientifica, da quest'ultima postulata (e sarebbe da giustificare perchè) irraggiungibile ?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 08:47:09 AM
Per Davintro. Non concordo. La filosofia a mio parere non é un campo separato dalla scienza, neppure di quella empirica. La filosofia, se non vuole essere metafisica, deve/può occuparsi di qualsiasi oggetto e a maggior ragione della scienza empirica, un sapere che ha modificato più di ogni altro sapere, la posizione dell'uomo nel mondo. La filosofia anzi è fondamentale perché potrebbe essere definita come la <riflessivita'> di ogni sapere, che altrimenti potrebbe in modo autoreferenziale, pensare di poter modellare il mondo nell'unico modo possibile. Insomma la filosofia come funzione critica, onde evitare che la ricerca del bene non sia il perseguimento del male. Solo in questo modo si tengono insieme teoria e prassi ed in questo, lo ammetto, sono profondamente debitore di Karl Marx.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 12:10:30 PM
DAVINTRO
Appunto per questo non vedo razionalità ed empiria come in contraddizione, ma complementari, ma la complementarietà è data dalla differenza di ambiti della realtà a cui si occupano. La razionalità pura indaga un livello di realtà consistente nel complesso delle relazioni logiche, aprioriste, degli enti, non si fonda sull'esperienza dei sensi e non ne ha bisogno, mentre necessita dei sensi nel momento in applica le sue pretese conoscitive alla realtà materiale. In quest'ultimo senso non c'è contraddizione ma complementarietà dei ruoli: i sensi trasmettono la materia del conoscere, la ragione lo organizza logicamente, ma sull'altro livello, quello propriamente filosofico, i sensi non sono rilevanti, in quanto lo "spirito" non è per esso solo forma vuota, ma anche l'oggetto specifico del sapere.

CARLO
Sono pienamente d'accordo. E sono d'accordo con te anche Spinoza, che definisce la conoscenza come una complementarità tra <<ordo et connexio idearum>> e <<ordo et connexio rerum>>; Leibniz, che parla di una <<armonia prestabilita>> tra idee e realtà esperita; e Poincaré, quando scrive:

<<La scienza è fatta di dati come una casa di pietre. Ma un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa>>. [H. Poincaré: La scienza e l'ipotesi]

Quindi la conoscenza non è né una costruzione soggettiva, né una trascrizione passiva dei fatti; ...né una <<adaequatio rei ad intellectum>>, né una <<adaequatio intellectus ad rem>>, ma semplicemente una <<adaequatio intellectus et rei>>


In altre parole la conoscenza è una complementarità di opposti realizzata, una "pietra filosofale" della cultura, un accordo tra "filosofia" ed esperienza. La Scienza, infatti, non è che Filosofia della Natura (Newton), mentre la Teologia è Filosofia dello Spirito
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 12:29:43 PM
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2019, 08:47:09 AM
Per Davintro. Non concordo. La filosofia a mio parere non é un campo separato dalla scienza, neppure di quella empirica. La filosofia, se non vuole essere metafisica, deve/può occuparsi di qualsiasi oggetto e a maggior ragione della scienza empirica, un sapere che ha modificato più di ogni altro sapere, la posizione dell'uomo nel mondo. La filosofia anzi è fondamentale perché potrebbe essere definita come la <riflessivita'> di ogni sapere, che altrimenti potrebbe in modo autoreferenziale, pensare di poter modellare il mondo nell'unico modo possibile. Insomma la filosofia come funzione critica, onde evitare che la ricerca del bene non sia il perseguimento del male. Solo in questo modo si tengono insieme teoria e prassi ed in questo, lo ammetto, sono profondamente debitore di Karl Marx.
CARLO
Filosofia, metafisica e conoscenza nella loro accezione più generale sono sinonimi. Se per "metafisica" si intende il significato originario ("oltre la fisica") TUTTA la cultura umana è metafisica, dalla matematica alla mitologia e persino la Fisica intesa come scienza.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 13:59:30 PM
Per Carlo. In una accezione etimologica certo. In una accezione leonardesca anche. Ma lo sviluppo della conoscenza e della complessità della conoscenza di fatto ha reso vetusto il modello del trivium e del quadrivium. Ed ecco che la filosofia ha iniziato a cercarsi una nuova identità, più astratta, o comunque diversa dal dire che è sinonimo di conoscenza, altrimenti anche il meccanico, dotato di una sua conoscenza specialistica, fa filosofia (Il che potrebbe anche essere vero ma per ragioni diverse dalla sua capacità tecnica, la quale è anch'essa conoscenza).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 14:29:10 PM
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2019, 13:59:30 PM
Per Carlo. In una accezione etimologica certo. In una accezione leonardesca anche. Ma lo sviluppo della conoscenza e della complessità della conoscenza di fatto ha reso vetusto il modello del trivium e del quadrivium. Ed ecco che la filosofia ha iniziato a cercarsi una nuova identità, più astratta, o comunque diversa dal dire che è sinonimo di conoscenza,

CARLO
E chi ha deciso che la filosofia ha bisogno di una nuova identità? E' nata come ricerca della verità e dei metodi che sono necessari a questo scopo; e tale è tutt'ora. Solo chi non crede nell'esistenza della verità cerca "un'altra identità". Ma chi non crede nella verità, l'unica identità che può riconoscere alla filosofia è la sua assoluta nullità. 
La verità è per la filosofia ciò che Dio è per la teologia: se Dio non esiste, la teologia serve solo ad esercitare i muscoli della lingua.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 14:34:55 PM
Se la verità la intendi come unica e indiscutibile, un po' come Dio, allora è così come dici tu. Io penso invece che anche le discipline modificano i loro paradigmi in relazione alle società e alla storia, che é anche storia delle discipline, così come insegna Kuhn. Non c'è nulla di indiscutibilmente fisso neppure la verità è neppure la filosofia, che in realtà etimologicamente non ha a che fare con la verità. Inoltre vi sono settori della filosofia, come l'etica, che non possono essere ricondotti alla verità, pena lo scadere in sistemi assolutistici, dove la giustizia è esercitata tirannicamente.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 14:43:46 PM
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2019, 14:34:55 PM
Se la verità la intendi come unica e indiscutibile, un po' come Dio, allora è così come dici tu. Io penso invece che anche le discipline modificano i loro paradigmi in relazione alle società e alla storia, che é anche storia delle discipline, così come insegna Kuhn. Non c'è nulla di indiscutibilmente fisso neppure la verità è neppure la filosofia, che in realtà etimologicamente non ha a che fare con la verità. Inoltre vi sono settori della filosofia, come l'etica, che non possono essere ricondotti alla verità, pena lo scadere in sistemi assolutistici, dove la giustizia è esercitata tirannicamente.
CARLO
Quello che hai appena scritto è verità "unica e indiscutibile"?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 29 Maggio 2019, 14:46:40 PM
Carlo:
In altre parole la conoscenza è una complementarità di opposti realizzata, una "pietra filosofale" della cultura, un accordo tra "filosofia" ed esperienza. La Scienza, infatti, non è che Filosofia della Natura (Newton), mentre la Teologia è Filosofia dello Spirito

E questo andrebbe anche bene.
Il problema è che tu ti appoggi a concezioni scientifiche che non sono riconosciute tali e su questo basi la tua filosofia. E' questo il problema. Oltre che il fatto che la Teologia con lo Spirito c'entri come io con il rugby.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 14:49:40 PM
La tua obiezione è un po' come quella degli "intolleranti" che protestano contro coloro che li attaccano per la loro intolleranza: " ma allora non siete tolleranti".
Quindi sì è la mia visione del mondo e della relazione fra me e il mondo. Sulla discutibilita' invece sono aperto alle visioni altrui. Io dico la mia e voi dite la vostra. Non esiste indiscutibilita' in un mondo dove le verità sono declinate al plurale, compresa la discutibilita' delle verità declinate al plurale.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 14:58:11 PM
Citazione di: odradek il 29 Maggio 2019, 14:46:40 PM
Carlo:
In altre parole la conoscenza è una complementarità di opposti realizzata, una "pietra filosofale" della cultura, un accordo tra "filosofia" ed esperienza. La Scienza, infatti, non è che Filosofia della Natura (Newton), mentre la Teologia è Filosofia dello Spirito

E questo andrebbe anche bene.
Il problema è che tu ti appoggi a concezioni scientifiche che non sono riconosciute tali e su questo basi la tua filosofia. E' questo il problema.
CARLO
Non riconosciute da chi? E su quali criteri di "riconoscimento"? I miei sono criteri conformi alla scienza (o compatibili con essa); i criteri materialisti, invece, non lo sono.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 15:03:58 PM
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2019, 14:49:40 PM
La tua obiezione è un po' come quella degli "intolleranti" che protestano contro coloro che li attaccano per la loro intolleranza: " ma allora non siete tolleranti".
Quindi sì è la mia visione del mondo e della relazione fra me e il mondo. Sulla discutibilita' invece sono aperto alle visioni altrui. Io dico la mia e voi dite la vostra. Non esiste indiscutibilita' in un mondo dove le verità sono declinate al plurale, compresa la discutibilita' delle verità declinate al plurale.
CARLO
"Verità declinate al plurale" sono ammissibili dalla logica solo se si tratta di verità complementari tra loro; se, invece, sono verità contraddittorie, non sono ammissibili. Lo prescrive l'unico principio valido in filosofia: il principio di non contraddizione.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 29 Maggio 2019, 15:07:29 PM
Carlo:
Non riconosciute da chi? E su quali criteri di "riconoscimento"? I miei sono criteri conformi alla scienza (o compatibili con essa); i criteri materialisti, invece, non lo sono.

o:
non riconosciute dai comitati editoriali delle riviste scientifiche
non riconosciute dai laboratori di ricerca di tutto il mondo
non riconosciute dagli indirizzi di ricerca che vengono stabiliti nel mondo intero

Tu continui a far la stessa domanda e si è obbligati a darti la stessa risposta.

In laboratorio, sulle pubblicazioni scientifiche le tue posizioni sono equivalenti a quelle di chi cerca il moto perpetuo e bislaccherie varie. Ci sono sempre stati gli "originali" che propongono teorie del tutto basate su quattro frasi.
Attualmente esistono i comitati editoriali delle riviste scientifiche. Si legge, si cestina e si passa oltre.
Fine della storia.
Per il resto si può solo strepitare su vari forum, ma questo non cambia la "sostanza".
Richiesta di pubblicazione Articolo, peer per review, cestino spazzatura.  Fine scientificità.

Proponi le tue verità a qualche comitato editoriale di una rivista scientifica e poi vedi che ti consigliano di fare, non essendo loro legati a norme e convenzioni che regolano la nostra conversazione.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 15:19:39 PM
Il principio di non contraddizione non tiene conto di sfere della conoscenza dove non entra in gioco la giustizia dei comportamenti umani, che é quella parte della filosofia che più mi interessa e che ha diritto di residenza in questo post che hai intitolato tu stesso etica e neuroscienze, a meno che tu non voglia dichiarare che l'etica è una forma di verità.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 15:47:02 PM
Citazione di: Jacopus il 29 Maggio 2019, 15:19:39 PM
Il principio di non contraddizione non tiene conto di sfere della conoscenza dove non entra in gioco la giustizia dei comportamenti umani, che é quella parte della filosofia che più mi interessa e che ha diritto di residenza in questo post che hai intitolato tu stesso etica e neuroscienze, a meno che tu non voglia dichiarare che l'etica è una forma di verità.
CARLO
1 - L'etica è solo una porzione della filosofia, e per la parte restante, la verità non è contrattabile: se tu dici x e io dico non-x, uno dei due ha sicuramente torto.
In poche parole, se fosse impossibile stabilire cos'è vero e cos'è falso, chi ha ragione e chi ha torto, ogni discussione filosofica non sarebbe altro che un inutile spreco di tempo.

2 - Non è affatto certo che l'etica sia totalmente indipendente dalla verità; anzi, essa è legata alla nostra visione del mondo, e tutti sappiamo che esistono visioni del mondo false, cioè legate a false conoscenze, a superstizioni.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 16:05:15 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 22:14:28 PM
Citazione di: sgiombo il 28 Maggio 2019, 20:23:20 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 28 Maggio 2019, 20:05:43 PM

CARLO
I miei giudizi sono argomentati, al contrario delle tue sentenze prive di giustificazione. Infatti ho scritto:



Ho letto solo la prima riga di questo intervento e mi é bastato (sono un po' pigro).
CARLO
Naturalmente, come sempre: esprimi giudizi su ciò che non sai.
Citazione
Che  ti sei ridicolizzato intitolando in quella penosa maniera una discussione da te proposta nel forum lo so benissimo (per averlo empiricamente constatato).














SGIOMBO
MI basta rammentarti che hai lanciato una discussione nel fourm dal titolo "Il noumeno kantiano: una truffa a scopo di lucro" (Sic! Cito a memoria ma posso solo sbagliare qualche insignificante dettaglio).

CARLO
...E magari non ne hai letto il contenuto, o non ne hai tenuto conto. Niente di nuovo sotto il sole!
Citazione
All' inizio leggevo tutti i tuoi interventi tranne quelli antidarwiniani perché ritengo tempo perso tentare di far comprendere la biologia moderna agli antidarwiniani (per lo meno in un forum come questo: dovrebbero leggere e soprattutto prendere in considerazione e capire pagine e pagine di scienza).

Poi ho capito che tantissimi che parlano di archetipi e di Jung sono certamente del tutto al di fuori dei miei interessi e per economia di tempo (non sono eterno) evito di leggerli (mi sembra del tutto ragionevole e naturale; tu per esempio impiegheresti il tuo tempo a leggere una biografia di Stalin o magari i suoi per me interessantissimi scritti?).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ivo Nardi il 29 Maggio 2019, 16:25:24 PM
A nessuno interessano i vostri "duelli".
Vi prego di attenervi alle tematiche proposte nelle discussioni o saremo costretti a chiuderle a causa vostra e di chi si comporterà come voi!
Vi prego di rispettare gli altri fruitori del forum e questo spazio che vi ricordo essere gratuito e privato!
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 16:35:37 PM
Citazione di: davintro il 29 Maggio 2019, 02:59:56 AM
la validità del metodo empirico è relativo alla conoscenza del livello della realtà corrispondente, cioè il complesso degli oggetti fisici, di cui i nostri sensi hanno esperienza nella contingenza spaziotemporale, livello che però non è quello di cui si occupa la filosofia, che invece si occupa del sapere dei principi primi dell'essere, la cui valenza universale la rende irriducibile rispetto alle possibilità di ricezione dei sensi. Appunto per questo non vedo razionalità ed empiria come in contraddizione, ma complementari, ma la complementarietà è data dalla differenza di ambiti della realtà a cui si occupano. La razionalità pura indaga un livello di realtà consistente nel complesso delle relazioni logiche, aprioriste, degli enti, non si fonda sull'esperienza dei sensi e non ne ha bisogno, mentre necessita dei sensi nel momento in applica le sue pretese conoscitive alla realtà materiale. In quest'ultimo senso non c'è contraddizione ma complementarietà dei ruoli: i sensi trasmettono la materia del conoscere, la ragione lo organizza logicamente,
Citazione
Fin qui concordo.
ma sull'altro livello, quello propriamente filosofico, i sensi non sono rilevanti, in quanto lo "spirito" non è per esso solo forma vuota, ma anche l'oggetto specifico del sapere. Al filosofo, in quanto tale, non interessano i risultati delle neuroscienze, lo interessano in quanto studioso desideroso per motivi di cultura personale, di completare la sua visione riguardo il tema della mente, unendo al lato filosofico e trascendentale, evidenziato dalla fenomenologia, la componente fisica, e quindi ricavando un'immagine più completa del soggetto umano, unità di spirito e materia.
Citazione
Ma cos' é questo "spirito"?
Secondo me ciò che si constata empiricamente sono o fenomeni materiali o fenomeni mentali.
La scienza é un modalità potentissima praticamente e anche interessantissima teoricamente di conoscenza dei primi (vera alle condizioni -indimostrabili, come ci insegna la razionalità filosofica, principalmente e innanzitutto nella fattispecie delle riflessioni di David Hume- della loro intersoggetività e del loro divenire ordinato causalmente).
L' ontologia generale (filosofica; é parte della filosofia) si occupa di entrambi e delle rispettive relazioni (e per far questo in maniera fondata non può prescindere dalle acquisizioni di conoscenza delle scienze naturali, e in particolare della neurologia).
Inoltre della filosofia fa parte anche la gnoseologia, cioè la critica razionale delle conoscenze (in generale; e scientifiche in particolare: epistemologia), dei loro criteri di validità e di verità, della loro fondatezza, grado, condizioni e significato della loro eventuale certezza (o meno), ecc.





Quindi la filosofia è sempre un punto di vista parziale, ma comunque autosufficiente, non può conoscere tutta la realtà, avendo la realtà una componente materiale che richiede di essere indagata empiricamente, ma restando all'interno della sua parzialità, è pur sempre padrona a casa sua, e non è vincolata a rendere conto di conoscenze extrafilosofiche per legittimare le sue verità, pena negare l'autonomia del suo oggetto di indagine. Il filosofo non ha bisogno per fare filosofia di utilizzare i sensi, che ovviamente, come ricorda Sgiombo, gli sono necessari per vivere (e quindi, ma solo indirettamente, anche per fare filosofia, dato che filosofare occorre vivere), Quindi nessuna contraddizione a dare retta alle percezioni sensibili se si tratta di scegliere il momento giusto per attraversare la strada, o più scientificamente, per dar credito a studi di medicina rispetto ad altri che possono contare su un numero minore di verifiche empiriche, fermo restando il riconoscimento del valore probabilistico e non certo delle visioni che su queste percezioni di reggono,
Citazione
Ribadisco che secondo me l' ontologia (filosofica), occupandosi sia dei fenomeni materiali che di quelli mentali che delle loro relazioni, non può prescindere dalle acquisizioni di conoscenza delle scienze naturali, e in particolare della neurologia, ma anche di altro, come le scienze cognitive e la cosiddetta intelligenza artificiale (per poterlo fare in maniera fondata, "con cognizione di causa").





distintamente dall'esigenza di certezza assoluta che invece la filosofia richiede, certezza assoluta come connessa al carattere di necessità dei principi universali, non contingenti, che costituiscono il suo ambito di indagine, irraggiungibile per l'empiria
Citazione
Secondo me tanto la scienza quanto la filosofia aspirano alla certezza assoluta come meta ideale.
Che però è per entrambe irraggiungibile, essendo propria unicamente dei giudizi analitici a priori (quelli della "razionalità pura" logica e matematica), che inesorabilmente "pagano" questa loro certezza assoluta con una totale "sterilità conoscitiva" (circa come é o non é la realtà; in generale -ontologia filosofica- e in particolare scientifica -scienze naturali-).
Mentre i giudizi sintetici a posteriori (propri tanto delle scienze naturali -circa i fenomeni materiali- quanto della conoscenza non scientifica dei fenomeni mentali, quanto della conoscenza filosofica dell' ontologia generale) sono "conoscitivamente fecondi", ma al "prezzo" inesorabile di una insuperabile incertezza.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 16:58:51 PM
SGIOMBO
Ma cos' é questo "spirito"?

CARLO
La stragrande maggioranza degli individui appartenenti alla specie homo sapiens-sapiens concorda con questa definizione generale:

«Spirito: sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere radicalmente diversa dalla materia»

Ma puoi trovare una sintetica storia di questo concetto in wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito_(filosofia)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 17:31:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 16:58:51 PM
SGIOMBO
Ma cos' é questo "spirito"?

CARLO
La stragrande maggioranza degli individui appartenenti alla specie homo sapiens-sapiens concorda con questa definizione generale:

«Spirito: sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere radicalmente diversa dalla materia»

Ma puoi trovare una sintetica storia di questo concetto in wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito_(filosofia)

(Non vorrei cominciare un' altro sterile battibecco, ma) Chi l' ha detto che "la stragrande maggioranza degli uomini" ha una tale concezione dello "spirito"?
Peraltro non scientifica, in quanto la scienza esclude qualsiasi "forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa" (il vitalismo é finito nella pattumiera delle scienze da più di un secolo).
Senza contare il fatto che le verità filosofiche né scientifiche non si stabiliscono "a maggioranza", nemmeno "stragrande".
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 29 Maggio 2019, 17:32:22 PM
Forse se "spirito" lo chiamiamo psiche diventa un tantino più condivisibile. Soprattutto volendoci fare sopra discorsi scientifici. Io uso il termine spirito, ma per me è sinonimo di psiche, mente. Cioè tutto lo psichico non assimilabile al fisiologico. Per ora, ma forse anche in futuro.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 17:41:19 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Maggio 2019, 17:32:22 PM
Forse se "spirito" lo chiamiamo psiche diventa un tantino più condivisibile. Soprattutto volendoci fare sopra discorsi scientifici. Io uso il termine spirito, ma per me è sinonimo di psiche, mente. Cioè tutto lo psichico non assimilabile al fisiologico. Per ora, ma forse anche in futuro.


Però ci sono almeno due ben diversi concetti:

lo "spirito" dei metafisici e teologi (anima immortale, Dio, ecc.)

e la "psiche" degli psicologi (che a me non é troppo chiara; capisco bene cosa sia il pensiero cosciente, i fenomeni mentali, ma non l' "inconscio" con cui spesso gli psicologi lo "integrano" nella psiche, ma) che certamente non é l' anima immortale di metafisici e teologi.

Per me il mentale (la res cogitans) non può essere assimilata al materiale (la res extensa; compreso il neurofisiologico, al quale peraltro necessariamente coesiste: morto il cervello, morta la mente; anzi, "basta" che il cervello vada in coma irreversibile perché la mente -pur essendo tutt' altra cosa- cessi di esistere).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 17:59:11 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Maggio 2019, 17:32:22 PM
Forse se "spirito" lo chiamiamo psiche diventa un tantino più condivisibile. Soprattutto volendoci fare sopra discorsi scientifici. Io uso il termine spirito, ma per me è sinonimo di psiche, mente. Cioè tutto lo psichico non assimilabile al fisiologico. Per ora, ma forse anche in futuro.
CARLO
..."Discorsi scientifici" sulla psiche? Con quali strumenti e unità di misura? Il manometro? L'amperometro? Il microfarad? Il numero di massa?
E' dura doversi staccare dalle gonne di Mamma Scienza, eh?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 18:10:41 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Maggio 2019, 17:31:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 16:58:51 PM
SGIOMBO
Ma cos' é questo "spirito"?

CARLO
La stragrande maggioranza degli individui appartenenti alla specie homo sapiens-sapiens concorda con questa definizione generale:

«Spirito: sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere radicalmente diversa dalla materia»

Ma puoi trovare una sintetica storia di questo concetto in wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito_(filosofia)

(Non vorrei cominciare un' altro sterile battibecco, ma) Chi l' ha detto che "la stragrande maggioranza degli uomini" ha una tale concezione dello "spirito"?
Peraltro non scientifica, in quanto la scienza esclude qualsiasi "forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa" (il vitalismo é finito nella pattumiera delle scienze da più di un secolo).
Senza contare il fatto che le verità filosofiche né scientifiche non si stabiliscono "a maggioranza", nemmeno "stragrande".
CARLO
La Treccani lo definisce così:
<<Principio immateriale di vita che ha la sua manifestazione più pura nella divinità>>
Tu, invece, come lo definisci? "Noumeno kantiano"? Oppure l'equivalente "sarchiapone"?   :)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 29 Maggio 2019, 18:50:12 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 17:59:11 PM
..."Discorsi scientifici" sulla psiche? Con quali strumenti e unità di misura? Il manometro? L'amperometro? Il microfarad? Il numero di massa?
E' dura doversi staccare dalle gonne di Mamma Scienza, eh?

E' dura staccarsi anche dai pantaloni di Papà Jung che ha trasformato la psicologia in una setta di astrologi e alchimisti. Ma le psicoscienze esistono e lavorano alla grande. Con strumentazioni molto sofisticate nell'area neuropsicologica. E pure con metodi antropologici, sociologici, cognitivisti, comportamentisti. Ma se uno si ferma agli archetipi il treno della scienza della psiche l'ha già perso da mò. E dove non arriva la scienza arriva la razionalità filosofica, antidoto pur'essa alla superstizione animistica. Archetipicamente neolitica.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Jacopus il 29 Maggio 2019, 19:07:22 PM
Non seguo la psicologia junghiana tranne per la lettura di alcuni scrittori junghiani come Zoja e Galimberti e quindi su di essa non so dire ma la psicoanalisi da tempo si confronta con la neurobiologia e le neuroscienze, fedele all'insegnamento di Freud secondo il quale le sue intuizioni dovevano sempre essere vagliate e verificate in futuro da qualsivoglia strumento di misurazione scientifico.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 29 Maggio 2019, 19:42:52 PM
per Ipazia

le virgolette su "spirito", erano virgole di timidezza, considerato, senza voler generalizzare, un certo clima di materialismo attualmente dominante nel forum e quindi mi sento un po' condizionato a evitare quando possibile termini troppo "scandalosi" e che rischiano di portare chi legge a squalificare già solo per la terminologia i miei pensieri. Cerco di stabilire un minimo di base terminologica comune con l'interlocutore, ma al di là di ciò non penso si dovrebbe avere alcun problema a parlare di "spirito" come sinonimo di "immateriale", distinguendolo dal materiale, oggetto dell'esperienza dei sensi da  il momento autocritico e riflessivo della scienza deve necessariamente astrarre, senza alcuna necessità di saturare lo spirito con le varie rappresentazioni dogmatiche/mitologiche delle religione storiche, il cui limite può avvertirsi non tanto dal punto di vista materialistico che le squalificherebbe come "troppo spirituali", ma dal verso opposto, da un punto di vista spiritualistico che critica i modi con cui il divino viene  racchiuso nelle rappresentazioni confessionali umane, da elementi sensibili, costantemente condizionate da uno sguardo umano, sintesi di spirito e materia, e non solo spirito


Jacopus dice

"La filosofia, se non vuole essere metafisica, deve/può occuparsi di qualsiasi oggetto e a maggior ragione della scienza empirica,"


"se non vuole essere metafisica", ecco appunto... ma perché la filosofia non dovrebbe voler essere metafisica? In realtà solo identificandosi con la metafisica (che non si riduce affatto a teologia, e tanto meno a fideismo dottrinario), la filosofia preserva la sua ragion d'essere, cioè riconosce l'esistenza di un livello della realtà oltre quello di cui si occupa la fisica e le scienze naturali, che in questo modo non restano le uniche autorizzate a conoscere la realtà. Se la filosofia/metafisica si focalizza su tale livello "altro" rispetto a quello materiale" allora non può temere di subire contestazioni da parte di risultati di scienze che sono adeguate a una tipologia di realtà diversa da quella che ad essa interessa. Ed è proprio in virtù di tale trascendenza, non necessariamente trascendenza di sostanze, ma trascendenza nel senso dell'irriducibilità del proprio punto di vista rispetto agli altri, che la filosofia può esercitare il proprio ruolo critico nei confronti delle scienze, ammonendo le loro pretese di autoreferenzialità e assolutezza. Ogni sapere critico nei confronti di un altro deve necessariamente fondarsi su una prospettiva distinta rispetto quella oggetto della critica, altrimenti come potrebbe rendersi conto dei suoi limiti (e conseguentemente delle sue possibilità)? Quello che delle scienze deve interessare il filosofo delle scienze è la loro forma mentis, il loro metodo, considerare quali modalità di esperienza coscienza-mondo (sensazione, percezione, giudizio) sono interessate dai metodi, per poi, sulla base del senso di tali modalità dedurre la tipologia di oggetti adeguati a essere conosciuti da quel determinato metodo, cioè da quella determinata scienza, delimitandone così il raggio d'azione. Per svolgere questo lavoro al filosofo "basta" (si fa per dire...) un'analisi fenomenologica delle essenze degli atti coscienti che le scienze utilizzano nel loro ambito, e questa evidenziazione delle essenza attiene al piano non empirico, ma universalistico, dunque intelligibile e metafisico. Empiricamente riscontro i risultati delle scienze naturali, ma l'essenza degli atti coscienti tramite cui le scienze lavorano, il giudizio in sé, il ricordo in sé, la percezione in sé sono colti in un'intuizione intellettuale originaria, che solo l'analisi razionale e non l'accumulo di dati empirici mette in evidenza, anzi quest'ultimo ricopre ancora più quel nucleo essenziale con una serie di dati accidentali, rendendola ancora più confusa e nascosta. I risultati empirici delle scienze possono essere un utile o utilissimo stimolo di riflessione per il filosofo nell'orientare le sue speculazioni verso un determinato aspetto del suo ambito, che magari non sarebbe stato considerato, dato che pur sempre il filosofo e l'empirico condividono lo stesso mondo in cui vivere anche se osservato da visuali differenti, ma si tratterà pur sempre di un'utilità accidentale, mai di una fondazione necessitante. Dal punto di vista essenziale l'epistemologia resta un corollario o ramificazione della filosofia/metafisica


Per Sgiombo

l'ontologia, intesa come studio dell'essere "in quanto essere" non comprende i fenomeni materiali, ma la nozione di "essere in quanto tale". Cioè, non l'essere come totalità, sommatorio di tutto ciò che è, compresa la realtà materiale (se così fosse più che di ontologia bisognerebbe parlare di "tuttologia") La nozione di "essere in quanto tale" non la vedo, non la tocco, non la ascolto, non la gusto, e non la annuso, fuoriesce dall'ambito materiale dell'esperienza sensibile, e dunque rientra nella metafisica. Non deve ingannare il fatto che lo studio dei fondamenti dell'Essere si riferisca anche agli enti materiali: ad esempio è vero che quando Aristotele parlava di causa materiale doveva per forza considerare anche l'esperienza sensibile della componente fisica della natura, ma non erano i sensi il fondamento, la garanzia di validità della sua riflessione ontologica. La materia, l'esperienza sensibile erano oggetto di tale riflessione, ma non i presupposti epistemici, il punto di vista formale restava metafisico, razionale-deduttivo, atto a cogliere gli aspetti necessari, essenziali dell'ente, quindi nulla a che vedere con la "fisica" per come oggi la intendiamo. Mentre per le scienze naturali con il loro metodo sperimentale l'esperienza sensibile è il presupposto del loro sapere, per la metafisica e per l'ontologia essa  rientra tra gli oggetti tematizzabili, ma non costituiscono la loro base metodologica, e ciò garantisce la loro indipendenza rispetto ai risultati ricavabili in base a quell'esperienza stessa. Quindi se l'ontologia aristotelica, come ogni possibile ontologia è contestabile, non lo sarà mai dal punto di vista delle scoperte della fisica, ma dal punto di altri modelli ontologici che, utilizzando la stessa impostazione, sono legittimati a entrare nel merito del suo stesso livello di realtà, corrispondente a tale impostazione
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 19:51:47 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 18:10:41 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Maggio 2019, 17:31:14 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 16:58:51 PM
SGIOMBO
Ma cos' é questo "spirito"?

CARLO
La stragrande maggioranza degli individui appartenenti alla specie homo sapiens-sapiens concorda con questa definizione generale:

«Spirito: sinonimo di vita, forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa»; una «forma dell'essere radicalmente diversa dalla materia»

Ma puoi trovare una sintetica storia di questo concetto in wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Spirito_(filosofia)

(Non vorrei cominciare un' altro sterile battibecco, ma) Chi l' ha detto che "la stragrande maggioranza degli uomini" ha una tale concezione dello "spirito"?
Peraltro non scientifica, in quanto la scienza esclude qualsiasi "forza vitale distinta dalla materia e che tuttavia interagisce con essa" (il vitalismo é finito nella pattumiera delle scienze da più di un secolo).
Senza contare il fatto che le verità filosofiche né scientifiche non si stabiliscono "a maggioranza", nemmeno "stragrande".
CARLO
La Treccani lo definisce così:
<<Principio immateriale di vita che ha la sua manifestazione più pura nella divinità>>
Tu, invece, come lo definisci? "Noumeno kantiano"? Oppure l'equivalente "sarchiapone"?   :)

Non mi interessa il lessico dei vocabolari (e in generale la filologia e l' etimologia), ma la verità; in generale e in particolare (anche) quella scientifica; nella quale lo "spirito" non ha diritto di cittadinannza (come anche nelle verità filosofiche razionalistiche da me credute, al contrario della res cogitans: mente, pensieri, sentimenti, "stati d' animo, ecc.).

Se adesso (come presumo) mi vieni a raccontare che "spirito" o magari "finalità" e scopi hanno diritto di cittadinanza nella scienza, beh, allora vuol dire che per "scienza" intendiamo cose completamente diverse l' uno dall' altro.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 20:47:58 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Maggio 2019, 18:50:12 PM
Citazione di: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 17:59:11 PM
..."Discorsi scientifici" sulla psiche? Con quali strumenti e unità di misura? Il manometro? L'amperometro? Il microfarad? Il numero di massa?
E' dura doversi staccare dalle gonne di Mamma Scienza, eh?

E' dura staccarsi anche dai pantaloni di Papà Jung che ha trasformato la psicologia in una setta di astrologi e alchimisti. Ma le psicoscienze esistono e lavorano alla grande. Con strumentazioni molto sofisticate nell'area neuropsicologica. E pure con metodi antropologici, sociologici, cognitivisti, comportamentisti. Ma se uno si ferma agli archetipi il treno della scienza della psiche l'ha già perso da mò. E dove non arriva la scienza arriva la razionalità filosofica, antidoto pur'essa alla superstizione animistica. Archetipicamente neolitica.
CARLO
Onestà intellettuale, please.
Jung non era né astrologo né alchimista, ma ha studiato entrambe le discipline per approfondire la conoscenza dell'inconscio umano. E io mi affido soprattutto alle mie esperienze REALI, sebbene debba a Jung la mia riconoscenza per avermi aiutato a comprenderle appieno e a fornire loro un paradigma adeguato. Per me Jung ha la stessa importanza che per te hanno Lavoisier, Mendelejev, e Avogadro.

Le psicologie che non si occupano della psicologia del profondo non sono altro che delle zoologie. Ti do un'infarinatura su cosa ne pensano alcuni psichiatri della psichiatria "scientifica":

"La psichiatria non è guidata dalla scienza. Non esiste alcuna base genetica o biologica per queste malattie, ma l'Istituto Nazionale per la Salute Mentale è completamente appiattito sulla terapia farmacologica. C'è una gran quantità di evidenze sperimentali sui danni cerebrali a lungo termine causati dagli stimolanti, mentre non c'è lo straccio di una prova dell'esistenza di tali malattie, come l'ADHD (Disturbo da Deficit dell'Attenzione con Iperattività).
In realtà, la diagnosi psichiatrica è una sorta di etichettatura spirituale: può distruggere la vita e spesso lo fa". [Dr. PETER BREGGIN, Psichiatra]

"La psichiatria non è altro che una scienza per decreto. Dicono che è una scienza, dunque lo è". [Margaret Hagen, psicologa, autrice di: "Whores Of The Court"]

"C'è abbondanza di presunte spiegazioni biochimiche per i disturbi psichiatrici, ma nessuna di esse è mai stata dimostrata. Al contrario, ogni volta che si credeva di aver trovato uno squilibrio, si è poi scoperto che non era vero ... Nessuna pretesa di origine genetica è mai sopravvissuta, nonostante la disinformazione popolare".  [Dr. JOSEPH GLENMULLER, Psichiatra, Università di Harvard]

"La validità solo apparente del DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è potenziata dal fatto che la psichiatria sostiene che le malattie mentali sono malattie del cervello, un'affermazione che si pretende essere comprovata da recenti scoperte radiologiche e farmaceutiche. Ciò non è vero. Non esistono esami del sangue o altri test biologici per accertare la presenza o assenza di una malattia mentale, come vi è per la maggior parte delle malattie fisiche. Se tali test fossero stati sviluppati ...allora la condizione cesserebbe di essere considerata una malattia mentale e sarebbe classificata, invece, come una malattia del corpo". [Dr. THOMAS SZASZ, professore emerito di psichiatria, New York University Medical School, Syracuse]

"Nonostante più di duecento anni d'intense ricerche, nessuno è mai riuscito a dimostrare l'origine genetica o biologica dei disturbi psichiatrici, inclusa la schizofrenia, la depressione maggiore, il disturbo maniaco-depressivo, i vari disturbi d'ansia e disturbi infantili come l'attenzione-iperattività. Al momento non si sono mai riscontrati squilibri biochimici nel cervello di pazienti psichiatrici - finché non vengono somministrati psicofarmaci".  [Dr. PETER BREGGIN, Psichiatra]

"Le teorie (di squilibrio chimico) vengono mantenute in vita non solo perché non ce ne sono di migliori, ma perché si dimostrano molto utili per vendere psicofarmaci".  [Dr. ELLIOT VALENSTEIN, autore di "Blaming the brain" ("Incolpare il cervello")]

"La psichiatria non ha ancora prodotto le prove delle causa genetico/biologica di alcuna malattia mentale. Ai pazienti viene diagnosticato uno squilibrio biochimico nonostante non esista alcun test che lo possa dimostrare ... e non esiste nemmeno un'idea di quale dovrebbe essere l'equilibrio corretto".  [Dr. DAVID KAISER, Psichiatra]

"Nessun marcatore biologico o neurologico e genetico è mai stato trovato per Deficit di Attenzione, Disturbo Oppositivo Provocatorio, Depressione, Schizofrenia, ansia, abuso compulsivo di alcool o droga, bulimia, dedizione al gioco d'azzardo o qualunque altro cosiddetto disturbo mentale". [BRUCE LEVINE, psicologo e autore di "Commonsense rebellion" (la rivolta del buon senso)]

"La psichiatria asserisce - senza dimostrarlo - che depressione, disturbo bipolare, ansia, alcolismo e tanti altri disturbi sono essenzialmente di origine biologica e genetica. Questa fiducia cieca è non solo stupefacente, ma anche ingenua e forse illusoria". [Dr. DAVID KAISER, psichiatra]

"Non esistono prove oggettive in psichiatria - raggi X, test di laboratorio, o esami clinici - per constatare definitivamente se qualcuno abbia o meno un disturbo mentale. Non esiste nemmeno una definizione di un disturbo mentale, non lo si può definire".  [Dr. ALLEN FRANCES, Psichiatra ed ex Presidente del Comitato Editoriale del DSM-IV]

"Non abbiamo un test indipendente e valido per ADHD (Disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività), e non ci sono dati che indichino che esso sia dovuto a un malfunzionamento del cervello".  [Conclusioni del comitato di studio su ADHD dell'Istituto Nazionale USA per la Salute Mentale]

"C'è una caratteristica comune a tutti gli psichiatri. Davanti a un microfono o una telecamera si fanno piccoli e ammettono che non esiste nessuno squilibrio biochimico o test di laboratorio. Nella loro pratica professionale invece mentono ogni volta ai loro pazienti, negando loro il diritto a un consenso informato e avvelenandoli in nome della 'cura', comportamento di fatto criminale". [Dr. FRED BAUGHMAN, Neurologo Infantile]

"Non c'è mai stato un criterio secondo il quale le diagnosi psichiatriche richiedono un'eziologia biologica comprovata (causa)". [Dott. HAROLD PINCUS, Vice Presidente del gruppo di lavoro del DSM-IV]

"Non esiste nessuno squilibrio biochimico. Quando un paziente viene da me dicendo di avere uno squilibrio chimico gli chiedo: 'Mostrami il referto del laboratorio'. Non ce ne sono. Cos'è, allora, lo squilibrio chimico?".  [Dr. RON LEIFER, Psichiatra]

"Il DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è la montatura con cui la psichiatria cerca di essere accettata dalla medicina in generale. Per gli addetti ai lavori è un documento più politico che scientifico, e gli stessi autori lo ammettono candidamente, anche se la sua breve apologia viene spesso ignorata. Il DSM-IV è diventato una bibbia e una gallina dalle uova d'oro, e si chiude un occhio sui suoi difetti. Cosa ci dicono le categorie del DSM? Rappresentano esattamente la persona con un problema? No, e non potrebbe proprio, perché non c'è nessun criterio esterno per convalidare le diagnosi psichiatriche". [Dr. LOREN MOSHER, ex capo del Centro NIMH (Istituto Nazionale di Salute Mentale) per gli Studi sulla Schizofrenia, capo della Schizophrenia Research]

"Il DSM è un capolavoro di manipolazione politica. Ciò che hanno fatto è medicalizzare molti problemi che non hanno cause biologiche dimostrate".  [Dr. Al Parides, psichiatra]

"Il concetto di 'malattia mentale' è terribilmente fuorviante: questi cosiddetti disturbi mentali vengono diagnosticati come si trattasse di malattie, ma in realtà sono solo descrizioni di comportamenti o pensieri (ciò che una persona dice o fa); niente di lontanamente paragonabile con la definizione medica del termine malattia". [Dr. ALLEN FRANCES, Psichiatra ed ex Presidente del Comitato Editoriale del DSM-IV]

"L'ADHD (Disturbo da deficit dell'attenzione con iperattività)è un tipico esempio di malattia fabbricata; la predisposizione genetica è stata sopravvalutata. Gli psichiatri infantili dovrebbero approfondire meglio i motivi che possono portare a problemi psicosociali: i genitori litigano? Vivono insieme? Ci sono problemi in famiglia? Queste domande sono importanti ma richiedono molto tempo - mentre prescrivere una pillola è molto più veloce". [Dr. LEON EISENBERG, padre scientifico dell'ADHD (Disturbo da Deficit dell'Attenzione con Iperattività)]

"Mi sono reso conto, non senza ironia, che gli psichiatri sono letteralmente usciti di testa e, contemporaneamente, hanno fatto uscire di testa gli stessi pazienti che si presume debbano curare". [Dr. DAVID KAISER, Psichiatra]

"Il DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) è stato descritto come una 'Bibbia' nel campo ma, nella migliore delle ipotesi, un dizionario ... La sua debolezza è la mancanza di validità. A differenza delle nostre definizioni di cardiopatia ischemica, linfoma o AIDS, le diagnosi del DSM si basano su un consenso sui gruppi di sintomi, senza alcuna prova oggettiva di laboratorio. Nel resto della medicina, sarebbe come validare dei sistemi diagnostici basati sulla natura del dolore toracico o la qualità della febbre". [Dr. THOMAS INSEL, direttore dell'Istituto Nazionale di Salute Mentale degli Stati Uniti (NIMH)]

"Chiunque, virtualmente, può, in un dato momento, soddisfare i requisiti per una diagnosi di disturbo bipolare o ADHD (Disturbo da Deficit dell'Attenzione con Iperattività). Chiunque. E il problema è che ciascuna di queste diagnosi avvia il distributore di pillole".  [Dr. STEFAN KRUSZEWSKI, Psichiatra]

"Nessun comportamento (buono o cattivo) è una malattia né potrà mai esserlo. Le malattie non consistono di comportamenti. Le malattie sono malfunzionamenti del corpo: cuore, reni, fegato, cervello. La febbre da tifo è una malattia. La febbre del sabato sera non è una malattia, è una metafora. Tutte le malattie mentali sono malattie metaforiche, spacciate per malattie vere".  [Dr. THOMAS SZASZ, professore emerito di psichiatria, New York University Medical School, Syracuse]

"In breve, l'intero business di creare categorie di malattie psichiatriche, formalizzarle con il consenso e attribuire loro dei codici, che poi rendono possibile la prescrizione di farmaci, non è altro che un racket volto a fornire alla psichiatria un'aura scientifica". [Dr. THOMAS DORMAN, internista e membro del Collegio Reale di Medicina del Regno Unito]

"Le etichette del DSM sono non solo inutili in quanto 'diagnosi' mediche, ma sono potenzialmente pericolose, specialmente se usate per negare la libertà personale, o come armi nella mani di psichiatri che forniscono perizie nei tribunali".   [Dr. SYDNEY WALKER III, psichiatra]

"Il modo in cui i disturbi entrano nel DSM non è attraverso radiografie o analisi del sangue. E' basato sulla descrizione del comportamento. Il sistema psichiatrico consiste in questo". [Dr. COLIN ROSS, psichiatra]

"A differenza delle diagnosi mediche, che portano a una possibile causa, una cura appropriata e una probabile prognosi, i disturbi elencati nel DSM sono accordi cui si arriva attraverso il consenso". [TANA DINEEN, psicologa]

"Non e scienza. E' politica e economia. La psichiatria consiste in questo; politica ed economia. I controllo del comportamento non è scienza, e non è medicina".  [Dr. THOMAS SZASZ, professore emerito di psichiatria, New York University Medical School, Syracuse]

"In poche parole, l'intera faccenda del creare categorie di "malattie" psichiatriche, formalizzandole per consenso e in seguito attribuendo loro codici di diagnosi, con il loro conseguente uso per il rimborso da parte degli enti assicurativi, non è altro che un'estorsione diffusa che fornisce un'aura pseudoscientifica alla psichiatria. I responsabili stanno, ovviamente, mungendo quattrini pubblici".  [THOMAS DORMAN, membro dell'Università Reale di Medicina del Regno Unito e Socio dell'Università Reale di Medicina del Canada]

"Se l'inaffidabilità delle diagnosi fosse largamente riconosciuta, anziché mascherata da una patina scientifica, l'utilizzo di comportamenti ordinari come indicatori di disturbi mentali sarebbe contestato dal pubblico in modo più rigoroso".  [HERB KUTCHINS dell'Università Statale della California, Sacramento, e STUART A. KIRK dell' Università di California, Los Angeles, autori di Making Us Crazy: The Psychiatric Bible and the Creation of Mental Disorders]

"[Il DSM] ha indotto a somministrare inutilmente psicofarmaci a milioni di bambini americani che sarebbe stato possibile diagnosticare e curare senza usare medicine tossiche e potenzialmente letali". [Dott. Sydney Walker III, Psichiatra e Neurologo]
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 29 Maggio 2019, 21:21:13 PM
Il solito bias e faziosità. C'è una psichiatria che ha riempito i manicomi e una che li ha svuotati. Una psicologia che ha condizionato i comportamenti e una psicologia che ha studiato il condizionamento dei comportamenti. C'è una psicologia che ha liberato la sessualità dal peccato e l'ha riconsegnata alla natura. Una psicopedagogia che ha insegnato a capire l'età evolutiva e le sue fasi di sviluppo. Troppo comodo vedere il condizionamento e non vedere la ricerca di salute e benessere che accompagna l'evoluzione delle scienze della mente. A che scopo tutto ciò ? Per tirare acqua ad una interpretazione della mente che sprofonda nell'irrazionalità animistica dei visionari, sciamani, stregoni e negromanti   ::)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Carlo Pierini il 29 Maggio 2019, 21:35:09 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Maggio 2019, 21:21:13 PM
Il solito bias e faziosità. C'è una psichiatria che ha riempito i manicomi e una che li ha svuotati. Una psicologia che ha condizionato i comportamenti e una psicologia che ha studiato il condizionamento dei comportamenti. C'è una psicologia che ha liberato la sessualità dal peccato e l'ha riconsegnata alla natura. Una psicopedagogia che ha insegnato a capire l'età evolutiva e le sue fasi di sviluppo. Troppo comodo vedere il condizionamento e non vedere la ricerca di salute e benessere che accompagna l'evoluzione delle scienze della mente. A che scopo tutto ciò ? Per tirare acqua ad una interpretazione della mente che sprofonda nell'irrazionalità animistica dei visionari, sciamani, stregoni e negromanti   ::)
CARLO
Qui non si stanno dando giudizi generici, ma si sta dicendo che non esiste alcuna prova che i disturbi mentali menzionati derivino da patologie cerebrali o da squilibri chimici. Altro che faziosità! Se tu sei in grado di presentare queste prove, puoi star sicura che passerai alla storia come pietra miliare della psichiatria. Ma nel frattempo il riduzionismo è una fede e la psichiatria "scientifica" non è affatto scientifica, ma vale sicuramente meno della psicologia junghiana.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 29 Maggio 2019, 21:38:34 PM
X Davintro
 
Dissento dalla tua risposta a Jacopus circa l' analisi razionale, che non ha senso se intesa come qualcosa di avulso dai dati empirici (che non sono solo quelli materiali ma anche quelli mentali) e che pretenderebbe di svilupparsi autoreferenzialmente su se stesso.
La razionalità é inferenza, deduzione, induzione, abduzione, ecc., la quale ha senso non in sé e per sé ma in quanto applicata a determinati "dati di partenza" che possono essere arbitrari (definizioni, assiomi, postulati) nel caso della logica - matematica, oppure empirici (materiali nel caso delle scienze naturali e sia materiali che mentali nel caso dell' ontologia filosofica).
 
 
 
Venendo alle obiezioni che rivolgi a me, per come l' intendo io l' ontologia é l' analisi razionale di tutto ciò che é reale in generale, della realtà in toto.
Una "tuttologia" in senso letterale (e non certo in quello "giornalistico" di superficiale pretesa di parlare di tutto non dicendo nulla): perché no? Cioè non solo ciò che é materiale, nell' ambito della realtà, ma anche ciò che é mentale ed eventualmente ciò che fosse in sé (noumeno e non fenomeno), e i rapporti reciproci tra tutto ciò (ed eventualmente anche altro).
E dunque comprende sia i fenomeni materiali sia quelli mentali (ed eventualmente anche altro).
 
La nozione di "essere in quanto tale" mi sembra una semplice definizione, uno strumento utile da impiegare nei ragionamenti "applicati" a ciò che é reale, ma di per sé gnoseologicamente sterile. Fra l' altro estremamente vaga e oscura.
 
Metafisica é ciò che sa oltre la fisica: per esempio la cosa in sé o noumeno.
Altro senso non riesco ad attribuire alla nozione di "essere in quanto tale" che vedi, non tocchi, non ascolti, non gusti, e non annusi, fuoriesce dall'ambito materiale dell'esperienza sensibile, e dunque rientra nella metafisica.
E tutto questo, se realmente c'é, non esaurisce di certo la realtà in toto, la quale comprende sicuramente e per lo meno i fenomeni materiali e mentali che dunque dell' ontologia devono essere anch' essi (oltre che e soprattutto i rapporti fra loro e l' eventuale resto della realtà) oggetto.
 
Se si pretende, come Aristotele per come é da te accennato, di sviluppare un punto di vista formale metafisico, razionale-deduttivo, atto a cogliere gli aspetti necessari, essenziali dell'ente, quindi nulla a che vedere con la "fisica" per come oggi la intendiamo non si fa nemmeno della metafisica (oltre a non fare della fisica e della psicologia), ma semplicemente della logica - matematica: giudizi analitici a priori che nulla ci dicono di ciò che é reale o meno.
E questo vale per qualsiasi pretesa ontologia o metafisica che non si basi su giudizi sintetici a posteriori (proprio come la fisica), applicando il ragionamento ai dati empirica (materiali e mentali).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 31 Maggio 2019, 19:02:54 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Maggio 2019, 21:38:34 PMX Davintro  Dissento dalla tua risposta a Jacopus circa l' analisi razionale, che non ha senso se intesa come qualcosa di avulso dai dati empirici (che non sono solo quelli materiali ma anche quelli mentali) e che pretenderebbe di svilupparsi autoreferenzialmente su se stesso. La razionalità é inferenza, deduzione, induzione, abduzione, ecc., la quale ha senso non in sé e per sé ma in quanto applicata a determinati "dati di partenza" che possono essere arbitrari (definizioni, assiomi, postulati) nel caso della logica - matematica, oppure empirici (materiali nel caso delle scienze naturali e sia materiali che mentali nel caso dell' ontologia filosofica).    Venendo alle obiezioni che rivolgi a me, per come l' intendo io l' ontologia é l' analisi razionale di tutto ciò che é reale in generale, della realtà in toto. Una "tuttologia" in senso letterale (e non certo in quello "giornalistico" di superficiale pretesa di parlare di tutto non dicendo nulla): perché no? Cioè non solo ciò che é materiale, nell' ambito della realtà, ma anche ciò che é mentale ed eventualmente ciò che fosse in sé (noumeno e non fenomeno), e i rapporti reciproci tra tutto ciò (ed eventualmente anche altro). E dunque comprende sia i fenomeni materiali sia quelli mentali (ed eventualmente anche altro).  La nozione di "essere in quanto tale" mi sembra una semplice definizione, uno strumento utile da impiegare nei ragionamenti "applicati" a ciò che é reale, ma di per sé gnoseologicamente sterile. Fra l' altro estremamente vaga e oscura.  Metafisica é ciò che sa oltre la fisica: per esempio la cosa in sé o noumeno. Altro senso non riesco ad attribuire alla nozione di "essere in quanto tale" che vedi, non tocchi, non ascolti, non gusti, e non annusi, fuoriesce dall'ambito materiale dell'esperienza sensibile, e dunque rientra nella metafisica. E tutto questo, se realmente c'é, non esaurisce di certo la realtà in toto, la quale comprende sicuramente e per lo meno i fenomeni materiali e mentali che dunque dell' ontologia devono essere anch' essi (oltre che e soprattutto i rapporti fra loro e l' eventuale resto della realtà) oggetto.  Se si pretende, come Aristotele per come é da te accennato, di sviluppare un punto di vista formale metafisico, razionale-deduttivo, atto a cogliere gli aspetti necessari, essenziali dell'ente, quindi nulla a che vedere con la "fisica" per come oggi la intendiamo non si fa nemmeno della metafisica (oltre a non fare della fisica e della psicologia), ma semplicemente della logica - matematica: giudizi analitici a priori che nulla ci dicono di ciò che é reale o meno. E questo vale per qualsiasi pretesa ontologia o metafisica che non si basi su giudizi sintetici a posteriori (proprio come la fisica), applicando il ragionamento ai dati empirica (materiali e mentali).

non sono d'accordo con l'idea che il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta, la cui conoscenza dovrebbe ridursi a giudizi sintetici a posteriori. Riconoscere che la causa materiale di un ente è distinta da quella formale-immateriale è un risultato che si riferisce al modo d'essere delle cose reali, ed è al tempo stesso prodotto di una deduzione che ha un valore a priori, senza bisogno di fondarsi sull'esperienza. Non è infatti l'esperienza sensibile, ma l'analisi dei vari giudizi possibili formulabili sulle cose che mi porta distinguere le varie cause dell'essere. Non "vedo" la causa formale, ma la riconosco deducendo dal fatto, indubitabile, che il giudizio riguardo la materia di un oggetto non è di per se sufficiente a rendere ragione della sua essenza che lo contraddistingue, differenziandolo dalle altre specie di oggetti, questione a cui invece si risponde introducendo la causa formale. Se di fronte a un blocco di marmo appena estratto da una cava si pensasse di poterne esaurire la conoscenza limitandosi a giudicarne la tipologia di materia, il marmo, si dovrebbe concludere assurdamente che non esiste alcuna differenza tra quel blocco e una statua dello stesso materiale, dato che il materiale è lo stesso. Ciò dimostra che per rendere ragione del complesso degli enti "blocco di marmo", "statua di marmo", comprendente anche le differenze tra essi, occorre andare al di là della materia e riconoscere un altro tipo di causa, quella formale, intelligibile, corrispondente all'idea dell'ente, che nel caso della statua esprime l'idea (spirito) nella mente dell'artista, che si è realizzato nella statua ma non ancora nel blocco. Dunque, siamo giunti a un risultato a tutti gli effetti ontologico e "concreto", l'insufficienza della materia nel rendere ragione del complesso degli aspetti di una cosa senza passare per l'empiria, ma deducendo dall'immaginazione (astrazione mentale) dei vari giudizi che sulle cose si possono formulare, rendendosi conto che ciò che è sufficiente per rispondere a un certo tipo di giudizio non lo è per un altro, cosicché bisogna, per ogni questione che resterebbe irrisolta fermandoci agli aspetti sufficienti per rispondere alle altre, aggiungere nuovi elementi o "cause" nelle cose. Se questo aggiungere nuovi elementi rientra nel problema ontologico, e viene operato sulla base di un procedimento deduttivo, cioè non fondato sui sensi, allora è corretto concepire l'ontologia come ramo, accanto a etica o epistemologia, della metafisica. Si può parlare di "allargamento" della conoscenza in questo caso? Dipende, se si intende "allargamento" nel senso di un ampliamento spaziale, materiale, della visione della realtà, no, in quanto la distinzione della causa formale da quella materiale non consiste nel riconoscimento di nuove realtà materiali che nuove esperienze ci porterebbero, ma si può considerare come "approfondimento", cioè esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia. Il metodo della filosofia è proprio questa analisi dialettica mirante a mettere in evidenza delle deduzioni logiche da sempre necessitate dai concetti, a priori, ma che senza tale analisi non potrebbero essere tematizzate, quindi in un certo senso "allarga" la conoscenza, ma non nel senso dell'ampiezza nozionistica di dati su dati, ma in quello dell'approfondimento sistematico consequenziale, dell'elaborazione di une rete di connessioni necessarie, non cerca l'estensione ma la profondità
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 31 Maggio 2019, 20:22:37 PM
a Davintro
cit: il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta,

ed in seguito il post intero.


Argomento "enorme". Nemmeno per me (o per ora) confutabile perchè concordo con molte delle tue affermazioni e sopratutto son d'accordo nella conclusione, il che rende "difficoltoso" porre argomentazioni su "quello che sta in mezzo", che, o non riesco a far quadrare con la conclusione, o lo concepisco come "non giustificato" o "non definito".

Quello su cui vorrei (voglio) pignolare è la frase estrapolata; vorrei sapere se concordi con le implicazioni che ne ho tratto io:

un modello di razionalità perfettamente logico deduttivo è un modello matematico.
un modello matematico è perfettamente traducibile in "computerese".
un modello di razionalità perfettamente logico deduttivo diventa un programma eseguibile da un computer.
Questo è stato fatto ed attualmente i programmi eseguono elaborazioni di "logica formale" -che risponde pienamente alla definizione di modello di razionalità perfettamente logico deduttivo- "oscenamente" complesse, e ci sono programmi che controllano i risultati di questi programmi.

Da ora in poi posso considerare lecito riassumere "modello di razionalità perfettamente logico deduttivo" con il termine "programma" inteso come linee di codice eseguibile da una unità di elaborazione ?

A me sembrerebbe di si ma prima di continuare con "quello che sta in mezzo" vorrei sapere se "va bene" anche per te, considerare lecita questa sostituzione di "termini" e se no perchè.
Non è una considerzione oziosa, perchè gran parte di quel che seguirà nel mio ragionamento si basa sulla intrinseca "matematicità" della frase sottolineata ed è inutile che io inizi se prima non son certo che anche tu concordi su questa matematicità.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 31 Maggio 2019, 21:48:02 PM
Citazione di: davintro il 31 Maggio 2019, 19:02:54 PM


non sono d'accordo con l'idea che il modello di razionalità perfettamente logico deduttivo, come quello utilizzato dai sistemi metafisici classici, abbia una valenza solo logica-formale, senza alcuna utilità conoscitiva nei confronti della realtà concreta, la cui conoscenza dovrebbe ridursi a giudizi sintetici a posteriori. Riconoscere che la causa materiale di un ente è distinta da quella formale-immateriale è un risultato che si riferisce al modo d'essere delle cose reali, ed è al tempo stesso prodotto di una deduzione che ha un valore a priori, senza bisogno di fondarsi sull'esperienza. Non è infatti l'esperienza sensibile, ma l'analisi dei vari giudizi possibili formulabili sulle cose che mi porta distinguere le varie cause dell'essere.
Citazione
I concetti di "causa materiale" e "causa formale" mi suonano oscuri.
Io conosco e comprendo solo la causazione fisica - materiale (indimostrabile (Hume!) come coesistenza-successione degli eventi ordinata secondo modalità o leggi universali e costanti (forse "grosso modo" potrebbe di fatto coincidere con la causa efficiente di Aristotele).
 
Ma sicuramente giudizi o predicati formulati a priori e non circa fenomeni verificabili empiricamente a posteriori non presentano alcuna garanzia di descrivere veracemente come é (e/o non é) la realtà: se sono logicamente corretti descrivono cose (enti e/o eventi) che potrebbero forse essere/accadere realmente oppure altrettanto potrebbero non essere/non accadere realmente. Il che significa che non sono conoscenze (di come é o non é la realtà: ma casomai di come potrebbe essere/accadere oppure non essere/non accadere, il che per definizione é sospensione del giudizio circa ciò che realmente é/accade o non é/non accade).




Non "vedo" la causa formale, ma la riconosco deducendo dal fatto, indubitabile, che il giudizio riguardo la materia di un oggetto non è di per se sufficiente a rendere ragione della sua essenza che lo contraddistingue, differenziandolo dalle altre specie di oggetti, questione a cui invece si risponde introducendo la causa formale.
Citazione
Altre affermazioni per me molto oscure.
Che cos' é l' "essenza di un oggetto"?
Io conosco oggetti, semplicemente.
 
Comunque se é qualcosa di dedotto (analiticamente a priori) non può che (vedi sopra) costituire una sospensione del giudizio circa ciò che realmente é/accade o non é/non accade: non é afatto conoscenza della realtà.
Si distinguono gli oggetti gli uni degli altri definendoli.




Se di fronte a un blocco di marmo appena estratto da una cava si pensasse di poterne esaurire la conoscenza limitandosi a giudicarne la tipologia di materia, il marmo, si dovrebbe concludere assurdamente che non esiste alcuna differenza tra quel blocco e una statua dello stesso materiale, dato che il materiale è lo stesso.
Citazione
Pretesa deduzione errata e falsa.
Sapere (veracemente) che finché il blocco il marmo non é stato lavorato da uno scultore, il materiale che lo costituisce é (ma ***solo in parte e per certi aspetti***) lo stesso che dopo la lavorazione non significa affatto non comprendere la differenza fra ciò che c' era prima e ciò che c'é dopo l' operato dell' artista, o -peggio- confondere le due diverse cose ! ! !




Ciò dimostra che per rendere ragione del complesso degli enti "blocco di marmo", "statua di marmo", comprendente anche le differenze tra essi, occorre andare al di là della materia e riconoscere un altro tipo di causa, quella formale, intelligibile, corrispondente all'idea dell'ente, che nel caso della statua esprime l'idea (spirito) nella mente dell'artista, che si è realizzato nella statua ma non ancora nel blocco.
Citazione
Queste oscure elucubrazioni non sono affatto necessarie (e creano solo confusione): basta osservare empiricamente a posteriori i fatti accaduti.




Dunque, siamo giunti a un risultato a tutti gli effetti ontologico e "concreto", l'insufficienza della materia nel rendere ragione del complesso degli aspetti di una cosa senza passare per l'empiria, ma deducendo dall'immaginazione (astrazione mentale) dei vari giudizi che sulle cose si possono formulare, rendendosi conto che ciò che è sufficiente per rispondere a un certo tipo di giudizio non lo è per un altro, cosicché bisogna, per ogni questione che resterebbe irrisolta fermandoci agli aspetti sufficienti per rispondere alle altre, aggiungere nuovi elementi o "cause" nelle cose.
Citazione
Ma nemmeno per sogno!
Per rendere ragione (?), comunque per conoscere quanto é accaduto basta e avanza osservare empiricamente la sequenza degli eventi (comprendenti il lavoro dell' artista che ha causato naturalissimamente -in ossequio perfetto alle leggi di natura) la trasformazione del blocco di marmo nella statua.




Se questo aggiungere nuovi elementi rientra nel problema ontologico, e viene operato sulla base di un procedimento deduttivo, cioè non fondato sui sensi, allora è corretto concepire l'ontologia come ramo, accanto a etica o epistemologia, della metafisica. Si può parlare di "allargamento" della conoscenza in questo caso?
Citazione
Questa aggiunta di conoscenze deriva unicamente all' aggiunta (alle precedenti) delle successive osservazioni empiriche (con eventuali ragionamenti esplicativi circa di esse).




Dipende, se si intende "allargamento" nel senso di un ampliamento spaziale, materiale, della visione della realtà, no, in quanto la distinzione della causa formale da quella materiale non consiste nel riconoscimento di nuove realtà materiali che nuove esperienze ci porterebbero, ma si può considerare come "approfondimento", cioè esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia.
Citazione
Che fa aumentare le conoscenze disponibili non sono un' oscura (pe lo meno di scarsissima comprensibilità) "distinzione della causa formale da quella materiale", né men che meno alcuna "esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti, comunque non penso si possa ridurre il discorso a tautologia", ma invece l' osservazione empirica dei fatti, razionalmente considerata.
Invece l' "esplicitazione di implicazioni logiche a partire dall'analisi delle varie possibilità di giudizi riguardo la realtà, che prima dell'analisi erano presenti, ma impliciti e nascosti"
é tutt' altra cosa che l' acquisizione di nuove conoscenze circa ciò che realmente é/accade, bensì un rendere attuali potenziali tautologie circa ipotesi che a proposito della realtà non sono che sospensioni del giudizio (dicono letteralmente che potrebbe esserci/accadere qualcosa oppure no).
Per esempio dedurre il teorema che dice la somma degli angoli interni di un triangolo equilatero é uguale (==) [tautologia ! ! !] a un angolo piatto: un angolo piatto é la stessa "cosa" (meramente concettuale: prescindendo completamente da come é/diviene o meno la realtà!) della somma degli angoli interni di un triangolo equilatero detta diversamente.




Il metodo della filosofia è proprio questa analisi dialettica mirante a mettere in evidenza delle deduzioni logiche da sempre necessitate dai concetti, a priori, ma che senza tale analisi non potrebbero essere tematizzate, quindi in un certo senso "allarga" la conoscenza, ma non nel senso dell'ampiezza nozionistica di dati su dati, ma in quello dell'approfondimento sistematico consequenziale, dell'elaborazione di une rete di connessioni necessarie, non cerca l'estensione ma la profondità
Citazione
NO, questo é invece il metodo della logica-matematica (pura): tutta la geometria euclidea e tutte le geometrie non euclidee non ci dicono se esiste o no qualcosa di triangolare, di circolare, quadrilateri, cubi, sfere, ecc., ma per esempio che ***SE*** esiste qualcosa di sferico (ma forse non esiste...) il suo volume é == 4/3 p rrr.
Si tratta di connessioni necessarie fra concetti arbitrariamente definiti, che potrebbero benissimo tanto avere quanto non avere estensioni o denotazioni reali (oltre che ovviamente intensioni o connotazioni cogitative) == sopspensione del giudizio circa la realtà.
 
Sarò via una settimana all' estero a trovare mio figlio e il mio neonato primo nipotino, scollegato da Internet (abbi pazienza per una risposta ad eventuali ulteriori obiezioni).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 31 Maggio 2019, 21:49:13 PM
Citazione di: davintro il 29 Maggio 2019, 19:42:52 PM
per Ipazia

le virgolette su "spirito", erano virgole di timidezza, considerato, senza voler generalizzare, un certo clima di materialismo attualmente dominante nel forum e quindi mi sento un po' condizionato a evitare quando possibile termini troppo "scandalosi" e che rischiano di portare chi legge a squalificare già solo per la terminologia i miei pensieri. Cerco di stabilire un minimo di base terminologica comune con l'interlocutore, ma al di là di ciò non penso si dovrebbe avere alcun problema a parlare di "spirito" come sinonimo di "immateriale", distinguendolo dal materiale, oggetto dell'esperienza dei sensi da  il momento autocritico e riflessivo della scienza deve necessariamente astrarre, senza alcuna necessità di saturare lo spirito con le varie rappresentazioni dogmatiche/mitologiche delle religione storiche, il cui limite può avvertirsi non tanto dal punto di vista materialistico che le squalificherebbe come "troppo spirituali", ma dal verso opposto, da un punto di vista spiritualistico che critica i modi con cui il divino viene  racchiuso nelle rappresentazioni confessionali umane, da elementi sensibili, costantemente condizionate da uno sguardo umano, sintesi di spirito e materia, e non solo spirito.

A questo punto bisognerebbe chiedersi perchè la religione finisce sempre col secolarizzarsi a spese dello spirito. Potrebbe essere un difetto delle religioni, ma il fatto che accada costantemente  potrebbe anche essere il segno di una contraddizione reale, ovvero che lo spirituale, avulso dal materiale, non riesce a sussistere.

E questa constatazione si può applicare anche all'aristotelica causa formale che ha certamente a che fare con lo spirituale umano, ma inteso nel senso di capacità progettuale a partire da una causa materiale: no marmo, no statua. Impossibile sarebbe anche solo pensare una statua di marmo se il marmo non esistesse. La correlazione tra spirito e materia a me pare insuperabile, così come è contraddittorio il concetto di sintesi a priori: la sintesi appoggia le sue riflessioni su cause materiali date per cui è a posteriori.
.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 01 Giugno 2019, 01:03:18 AM
I:
a-lo spirituale, avulso dal materiale, non riesce a sussistere.
E questa constatazione si può applicare anche all'aristotelica causa formale che ha certamente a che fare con lo spirituale umano, ma inteso nel senso di capacità progettuale a partire da una causa materiale: no marmo, no statua. Impossibile sarebbe anche solo pensare una statua di marmo se il marmo non esistesse.
b-La correlazione tra spirito e materia a me pare insuperabile, [così come]
c-è contraddittorio il concetto di sintesi a priori: la sintesi appoggia le sue riflessioni su cause materiali date per cui è a posteriori.

o:
Qualcosina è da precisare, perchè siamo sul "sottile" e ci si deve veder chiarissimo sui particolari per distinguere le sottiglienze.

a-No marmo no statua è tautologico e vale anche no uomo no statua, quindi l' argomento è debole.
Tu intendi spirituale, come "senso di capacità progettuale", e va bene in caso si  parli di statue ed artifatti, in cui, distinguere causa materiale e causa formale è questione di evidenza.

A questo livello puoi anche (dal punto di vista  materialistico) assimilare il concetto di causa formale a "senso di capacità progettuale" ma rimarrebbe una questione relativa all'insieme degli artifatti e non avrebbe validità generale.
Se dovessi applicare i concetti di causa materiale e causa formale al "vivente" ti troveresti già in grosse difficoltà a giustificare il "senso di capacità progettuale" riferito  alla causa formale, e sopratutto ad una sola causa formale.

Questo perchè i concetti di causa materiale e causa formale inziano a mostrare difficoltà esplicative qualora si esca dagli "artifatti" e diventano meno precisi e meno esplicativi quando applicati al "vivente" in generale.
Bisogna render conto anche di cose che Aristotele (padre delle quattro cause) nemmeno immaginava lontanamente potessero esistere, ma ancora una volta riuscendo a fare il meglio (e quanto meglio fosse lo dimostra il fatto che ne stiamo parlando e lo stiamo "usando" adesso), esattamente come Kant, con i mezzi a sua disposizione.

b- se intendevi scrivere "contraddizione nella correlazione tra spirito e materia" al posto di "correlazione tra spirito e materia" la frase riesco a capirla altrimenti no.
 
c-Il concetto di sintesi a priori non è tanto contradditorio, quanto "poco" definito.
Quel che Kant "tenta" (e con i mezzi a disposizione riesce perfettamente a fare) di definire con "sintesi a priori" è "definire" tutta una serie di problematiche irrisolte ancora adesso.
 
Kant con la "sintesi a priori" riassume nient'altro che i problemi relativi alla filosofia della mente e della percezione. Questioni che comprendono teoria della percezione, elaborazione della percezione ed infinite altre questioni che attualmente rimangono come minimo ferocemente discusse quando nemmeno ancora teoricamente affrontate, e che inoltre "radicano" le radici profonde per cui le visioni ad un "certo punto" obbligatoriamente divergono.

Kant con la "sintesi a priori" ha perfettamente definito un "segnaposto". Allora non si poteva far di meglio.
"Sintesi a priori" è però, attualmente un concetto "gravido" -significa che ne contiene altri- perchè dietro la "sintesi a priori" (operata in frazioni di secondo) si è scoperto esistere un mondo fenomenico sconosciuto a Kant, ma noto a noi, e con cui la filosofia deve fare i conti. Merito di Kant è stato di individuare e indicare il segnaposto, definendolo al meglio delle sue possibilità. Compito attuale invece è riempire di significato la "sintesi a priori".
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 01 Giugno 2019, 15:00:25 PM
a) il modello causale aristotelico è totalmente antropoformico e presuppone una soggettività intenzionale. Ritengo sia inutilizzabile all'infuori dell'universo antropologico, ma all'interno di esso le quattro cause si incastrano bene.

b) intendevo dire che non può esserci spirito (umano) in assenza di materia su cui esercitarlo,

c) per tale motivo escluderei qualsiasi sintesi a priori astratta dal contesto materiale, ma

d) come giustamente alludi, esistono dei "moduli" che l'evoluzione ha reso "a priori" per via genetica sui quali si implementa la capacità astrattiva, elaborativa, deduttiva dello psichico umano. Kant li descrive nel suo linguaggio epistemologico.

Concordo che ogni grande pensatore in ogni epoca ragiona con gli strumenti gnoseologici di cui dispone e la grandezza consiste appunto nel combinarli al meglio traendone qualcosa di nuovo o consolidando il conosciuto in una formulazione più avanzata.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
per Odradek

certamente la matematica rientra a pieno titolo nell'ambito del modello di razionalità puramente deduttivo, dubito che tale modello di esaurisca nella fondazione della matematica. Le proposizioni matematiche indicano relazioni logiche fra quantità, ma la quantificazione è sempre un processo mentale reso possibile dalla componente della materialità degli oggetti: nella misura in cui un oggetto ha una certa estensione spaziale, cioè materica, è pensabile come divisibile in una molteplicità di singole unità logiche la cui quantità possiamo misurare tramite numeri. Ma questo processo presuppone implicitamente un punto di vista qualitativo, per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti. In assenza di tale limite formale ogni quantificazione sarebbe impossibile, non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia. Se la deduzione è un procedimento che discende da premesse aventi valenza universale, allora una premessa di tal genere può essere rintracciata nell'evidenza dell'esistenza degli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, se ogni giudizio quantitativo, su cui si fondano le scienze naturali, presuppone l'unità formale e qualitativa dei loro oggetti, allora tale evidenza va trasferita anche al rinvenimento di tale forma, della qualità, in termini generici, anche se poi l'esperienza a posteriori tornerebbe in gioco nel momento in cui si tratta di determinarla contenutisticamente, collegando l'individuo a una determinata specie


Per Sgiombo, a cui faccio gli auguri e congratulazioni per la nascita del nipotino...

non è vero che per riconoscere la necessità di introdurre la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale occorra l'empiria. Anche senza bisogno di osservare fattualmente la lavorazione del marmo che introduce in esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo, riconosco che la risposta alla questione sull'individuazione del tipo di materia di un oggetto, è insufficiente rispetto alla questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione. Quindi, anche fermandomi alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, posso riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale, e questo basta per ammettere la distinzione della "causa", o, usando una terminologia che il linguaggio attuale troverebbe più adeguato forse al contesto, "principio", materiale rispetto a quella formale, come distinzione aprioristica,, quindi l'esistenza di un livello dell'ontologia apriorista, e al contempo non tautologico


Per Ipazia

ovvio che una statua di marmo non potrebbe pensarsi senza il marmo, o, allargando un attimo l'esempio, un qualunque tipo di statua non potrebbe pensarsi senza un certo tipo di materiale, Ma il "mio" ""spiritualismo" non ha mai avuto la pretesa di negare, alla Berkeley, l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana, ma solo di riconoscerne l'insufficienza riguardo la conoscenza delle cose nella complessità dei suoi aspetti, delle loro stratificazioni ontologiche, potremmo dire. Quindi se da un lato non si possono pensare statue di marmo senza marmo, dall'altro non si possono pensare nemmeno statue di marmo che non siano "statue". E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 02 Giugno 2019, 14:41:29 PM
a Davintro:
La replica contiene due argomenti che han la precedenza nei confronti di quel che si è scritto prima. Son due "cose" secondo me davvero importanti, e son queste:

cit Davintro:
a- per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti

b-In assenza di tale limite formale non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia.

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Il luogo (topos) in cui si trova l'oggetto, l'oggetto, lo spazio, la materia, la forma e l'indeterminazione, di questo si sta parlando.

Siamo alle sorgenti della filosofia, che è sempre e per sempre un bene, siamo anche nella storia della filosofia e per alcuni siamo anche nel campo della "didattica della filosofia".

Secondo me le quattro cause fan capo ad altre radici, la prima delle quali sta nella "lotta" di Aristotele contro l'indeterminatezza ed il vuoto.
Contro l'indeterminatezza ed il vuoto io penso sia impostato il "discorso" di Aristotele che conduce alla concezione delle quattro cause.

La questione nostra (ovvero leggenti e scriventi) però, è che sono argomenti "tecnici" e quindi devo sospendere la condizione autoimpostami che consisteva nell'obbligo della  non-citazione e di uso del linguaggio comune.
Quindi, da qui in poi sarebbe interessante (penso io) che il discorso si leghi alla Fisica di Aristotele.
 
Dico questo non per "squalificare" (ed introdurre quindi altri argomenti sulla base di questa pretesa "squalifica") la Fisica di Aristotele rispetto alla nostra -cadrei semplicemente nella palese imbecillità- ma per dire che da qui in poi (anche per stabilire il "terreno comune" estendendolo pure alla terminologia) sarebbe "istruttivo" riferirsi ad essa per chiarire la "genesi" delle quattro cause, all' interno del suo pensiero.
Dovremmo usare termini e definizioni solamente ed esclusivamente aristotelici (per quanto possibile), e dove saranno male-interpretati o "storicizzati" penserai tu (o viceversa io, od altri) a puntualizzarli in "termini aristotelici".

Quindi niente scappatoie (lo dico sopratutto per me); solo ed esclusivamente Metafisica.

La proposta diventa quindi:
rimaniamo con Lui (se ti va bene farlo e sintantochè sarà utile farlo, o sino a che il discorso ci porti da altre parti) e mal che vada, ne ricaveremo tutti una maggior comprensione di Aristotele cercando di capire cosa dice Lui, interpretando il reale (non il sociale o la mente, il reale) con la sua Metafisica e con i suoi concetti, cercando di comprenderli e non di "discuterli" o di "storicizzarli".

Non facciamo "discussioni", non decidiamo chi "regge il mondo" ma cerchiamo di capire cosa diceva davvero Lui e di cosa voleva render conto.
Se sei d'accordo con questa impostazione del "discorso", scegli solamente il "punto" o la traccia da cui vuoi partire per chiarire la "genesi" aristotelica delle quattro cause.

Per chi non abbia carta e libri, i riferimenti stanno qua sotto. Sono traduzioni in "linguaggio moderno" e non di 400 anni fa, quindi leggibili da chiunque.
 
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-organon.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-1.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-2.pdf
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 03 Giugno 2019, 09:12:02 AM
Citazione di: odradek il 02 Giugno 2019, 14:41:29 PM

Per chi non abbia carta e libri, i riferimenti stanno qua sotto. Sono traduzioni in "linguaggio moderno" e non di 400 anni fa, quindi leggibili da chiunque.

https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-organon.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-1.pdf
https://unisafilosofiateoreticaonline.files.wordpress.com/2014/01/aristotele-opere-vol-2.pdf

Capisco che non sia accettabile il rifiuto di fronte ad una paginetta di link, ma mi pare eccessivo anche linkare 1000 e rotte pagine per poter discutere della causalità aristotelica. Se davintro conosce così a fondo Aristotele sarà un piacere seguire il dibattito, risparmiandosi la lettura del malloppone. Altrimenti la vedo dura. Per parte mia trovo che le quattro cause aristoteliche funzionino benissimo per contrastare lo strabismo tanto deterministico che finalistico delle opposte dottrine moderne, dosando sapientemente entrambi gli ingredienti. Se è pure il percorso aristotelico, chapeau. (Non tanto perchè la pensa come me, ma perchè quel pensiero mantiene la sua fecondità a distanza di quasi 2 millenni e mezzo.) Se invece aveva tutt'altre premesse e significati, sono propria curiosa di venirlo a sapere. Linkare opera e pagina, please.

Citazione di: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?

Potrebbero farlo anche a partire da una semplice astrazione, la quale è piuttosto una complessa catena analogica di pensieri alla fine della quale talvolta vi è un'illuminazione "performativa". In ciò - cospargendomi il capo di cenere per l'ermeneutica faidate - io vedo la genialità aristotelica della causa formale come snodo di passaggio tra determinismo naturale e finalismo antropologico. Ripreso da Marx nel confronto tra l'ape e l'architetto nel "Capitale". Chiusa parentesi. Largo all'ermeneutica seria.
.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 03 Giugno 2019, 13:35:15 PM
Capisco che non sia accettabile il rifiuto di fronte ad una paginetta di link, ma mi pare eccessivo anche linkare 1000 e rotte pagine per poter discutere della causalità aristotelica.

:)
Duecento anni fa si.
Adesso, se ti interessa la voce Categoria\e la scrivi nella casella ricerca e ti escono tutti i riferimenti. Lo stesso per qualsiasi termine. La "potenza" dei documenti digitali è la immediatezza nell'avere sotto gli occhi ogni accezione del termine che l'autore ha usato nel corso della sua produzione.
Nel caso si stia parlando di moto o movimento in due secondi hai sott'occhio tutte le ricorrenze del termine senza dover appunto spulciare le millanta pagine e magari tralasciare la definizione o la citazione che cercavi.

In questa maniera anche chi non lo ha mai sfiorato (anche se si fa davvero fatica a crederlo) non deve impazzire con indici problemi di memoria e difficoltà di ricerca. Scrivi natura ed il programmino ti "sputa fuori" tutte le volte che Aristotele l'ha nominata.

In questa maniera leggi solo quello che ti "interessa" e non devi "acquistare" il pacchetto completo, e per chi inizia è una facilitazione enorme.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 03 Giugno 2019, 14:33:29 PM
Eggià  :) peccato che i tuoi link non permettano una ricerca testuale  :( . Ma vedrò di provvedere ugualmente.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 03 Giugno 2019, 22:15:38 PM
Citazione di: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
per Odradek

certamente la matematica rientra a pieno titolo nell'ambito del modello di razionalità puramente deduttivo, dubito che tale modello di esaurisca nella fondazione della matematica. Le proposizioni matematiche indicano relazioni logiche fra quantità, ma la quantificazione è sempre un processo mentale reso possibile dalla componente della materialità degli oggetti: nella misura in cui un oggetto ha una certa estensione spaziale, cioè materica, è pensabile come divisibile in una molteplicità di singole unità logiche la cui quantità possiamo misurare tramite numeri. Ma questo processo presuppone implicitamente un punto di vista qualitativo, per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti. In assenza di tale limite formale ogni quantificazione sarebbe impossibile, non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia. Se la deduzione è un procedimento che discende da premesse aventi valenza universale, allora una premessa di tal genere può essere rintracciata nell'evidenza dell'esistenza degli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, se ogni giudizio quantitativo, su cui si fondano le scienze naturali, presuppone l'unità formale e qualitativa dei loro oggetti, allora tale evidenza va trasferita anche al rinvenimento di tale forma, della qualità, in termini generici, anche se poi l'esperienza a posteriori tornerebbe in gioco nel momento in cui si tratta di determinarla contenutisticamente, collegando l'individuo a una determinata specie


Per Sgiombo, a cui faccio gli auguri e congratulazioni per la nascita del nipotino...

non è vero che per riconoscere la necessità di introdurre la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale occorra l'empiria. Anche senza bisogno di osservare fattualmente la lavorazione del marmo che introduce in esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo, riconosco che la risposta alla questione sull'individuazione del tipo di materia di un oggetto, è insufficiente rispetto alla questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione. Quindi, anche fermandomi alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, posso riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale, e questo basta per ammettere la distinzione della "causa", o, usando una terminologia che il linguaggio attuale troverebbe più adeguato forse al contesto, "principio", materiale rispetto a quella formale, come distinzione aprioristica,, quindi l'esistenza di un livello dell'ontologia apriorista, e al contempo non tautologico


Per Ipazia

ovvio che una statua di marmo non potrebbe pensarsi senza il marmo, o, allargando un attimo l'esempio, un qualunque tipo di statua non potrebbe pensarsi senza un certo tipo di materiale, Ma il "mio" ""spiritualismo" non ha mai avuto la pretesa di negare, alla Berkeley, l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana, ma solo di riconoscerne l'insufficienza riguardo la conoscenza delle cose nella complessità dei suoi aspetti, delle loro stratificazioni ontologiche, potremmo dire. Quindi se da un lato non si possono pensare statue di marmo senza marmo, dall'altro non si possono pensare nemmeno statue di marmo che non siano "statue". E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?
trovo che vi siano nelle risposte una più o meno ascendenza nascosta  alla fenomenologia husserliana.... ma non è chiaro.
Quando Husserl scrive "filosofia della matematica", una delle sue prime opere, Frege allora massimo logico-matematico esistente, maestro di Russell, risponde che la matematica non può essere fondata sullo psicologismo.Quel psicologismo che il maestro di Husserl, Brentano nella sua "psicologia empirica" di carattere descrittivo ,influenzerà anche un certo Freud.
Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione,seppure appartenga a tutti i singoli umani, ma come linguaggio costruito,formale, non naturale
E' un apriori perchè le forme geometriche e il numero non sono nemmeno in natura, semmai anlogicamente applicabili alla natura, ma rimangono una costruzione trascendentale umana..La matematica e la geometria sono assai più antichi di Aristotele. Euclide, degli stesi pitaogorici.Non può essere scaturito quindi dal rapporto unità dei molteplici.
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.

Gli atti delal coscienza, dal punto di vista fenomenologico, non sono solo atti formali linguistici, Husserl essendo  di formazione scientifico matematica già nell' opera "ricerche logiche" implica l'intera coscienza  e la riduzione di soggetto e oggetto, separazione metodica delle scienze,a soggettività di un io trascendentale superando sia l'empirismo ,sia il noumeno della cosa-in-sè kantiana.E' l io intenzionale, intesa come coscienza motivata alla datità, al conoscere a "inglobare" assimilare gli oggetti del mondo ponendoli nella coscienza che apre all'orizzonte della creatività e progettualità umana.  Realismo, idealismo, soggetto e oggetto, queste separazioni vengono ridotte al soggetto cogitante, pensante che modella e rappresenta il mondo sempre dal topos origianrio che non può essere che un io che trascende gli oggetti gli altrui, divendeno intersoggettivo e non separato dal mondo e dai propri simili
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 03 Giugno 2019, 22:43:41 PM
Salve Paul 11. Citandoti : "Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione".
  Ma la matematica è una convenzione artificiosa creata dagli umani !. E' solamente un NOSTRO strumento. Non occorrono grandi viaggi mentali per capire il perchè sia stata creata. L'uomo ha creato la logica (della quale la matematica è la più convenzionale delle espressioni) quale strumento di tutela dall'imprevedibile e relativo che lo circonda affliggendolo. L'uomo ha sempre odiato l'incertezza.

Per cui ha formulato le convenzioni matematiche, così comode per la prevedibilità dei loro risultati umanamente utilizzabili !.

Che poi, fuori dell'ambito umano, le più ovvie oppure ferree regole della matematica si dimostrino smentibilissime.................................basti pensare alla riproduzione, meccanismo che sommando 1+1 realizza come risultato il 3 (o più), mentre in altre forme (beffa delle beffe) ci mostra atti riproduttivi per i quali 1 diviso 2 ha per risultato 2. Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 03 Giugno 2019, 23:48:48 PM
Citazione di: viator il 03 Giugno 2019, 22:43:41 PM
Salve Paul 11. Citandoti : "Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione".
 Ma la matematica è una convenzione artificiosa creata dagli umani !. E' solamente un NOSTRO strumento. Non occorrono grandi viaggi mentali per capire il perchè sia stata creata. L'uomo ha creato la logica (della quale la matematica è la più convenzionale delle espressioni) quale strumento di tutela dall'imprevedibile e relativo che lo circonda affliggendolo. L'uomo ha sempre odiato l'incertezza.

Per cui ha formulato le convenzioni matematiche, così comode per la prevedibilità dei loro risultati umanamente utilizzabili !.

Che poi, fuori dell'ambito umano, le più ovvie oppure ferree regole della matematica si dimostrino smentibilissime.................................basti pensare alla riproduzione, meccanismo che sommando 1+1 realizza come risultato il 3 (o più), mentre in altre forme (beffa delle beffe) ci mostra atti riproduttivi per i quali 1 diviso 2 ha per risultato 2. Saluti.
daccapo: quale è la sua genesi?  La convenzione avviene dopo, quando linguisticamente viene accettata da tutti la formalizzazione e si costruiscono gli assiomi fondativi,.manca il suo presupposto come origine. Se è una convenzione universale signifca che tutti gli umani ne sono dotati, ma non fuoriesce dalla natura.Non basta dire : il cervello è analogico al mondo. Bisogna dire perchè l'uomo è dotato di questo tipo di cervello.E non può essere la natura che ha scelto solo l'uomo, o l'uomo come specificità straordinaria fuoriuscito dallo stesso dominio naturale
Si possono saltare, bypassare i fondativi sui quesiti della natura, ma di fatto l'uomo è dotato aprioristicamente di questi "strumenti",di questo sono d'accordo.

Non è semplice e banale . La semiologia di Pierce, segno, significato ,type e token nasce nel periodo in cui si ridiscutono i fondamenti logico matematici e lingustici. Tutta la filosfia analitica del linguaggio del Novecento discute del sistema di relazione umano che essendo evoluto può raggiungere forme di conoscenze che modellano e rappresentano il mondo.
Quando Aristotele , Kant, Husserl pongono le categorie , significa che ogni forma proposizionale ricade in una griglia logica che permette di validare o meno ,giustificare o meno, quell'atto linguistico che attraverso il segno, numerico o di un alfabeto indica, denota, un significato il quale raccoglie in sè rappresentandolo, fenomenologicamente è una visione eidetica, un oggeto fisico e lo memorizza nella mente. Tutto il mondo noi lo trasformiamo in segni linguistici che a loro volta hanno un signifcato.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 04 Giugno 2019, 00:35:35 AM
paul11
Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione,seppure appartenga a tutti i singoli umani, ma come linguaggio costruito,formale, non naturale.
E' un apriori perchè le forme geometriche e il numero non sono nemmeno in natura, semmai anlogicamente applicabili alla natura, ma rimangono una costruzione trascendentale umana..La matematica e la geometria sono assai più antichi di Aristotele. Euclide, degli stesi pitaogorici.Non può essere scaturito quindi dal rapporto unità dei molteplici.

o:
Fondamenti della matematica è compito della matematica e della logica, genesi della matematica è compito di non saprei bene cosa, forse dell'antropologia, ma si fa prima a dire che sarebbe compito della filosofia, ma in realtà il problema è un altro.
Tutti si chiedono perchè la matematica funzioni, e nessuno riesce a dare una risposta. L'evidenza è che appariene alla costruzione umana. Il problema vero è perchè la matematica funzioni così bene; rispondere a questo è risolvere la questione, non chiedersi da dove venga. Dove venga lo sappiamo tutti, dalla nostra testa.

La matematica e la geometria sono molto più antichi degli stessi pitagorici, come dicono la geometria sia più vecchia della matematica, perchè la geometria è fatta di paletti e corde tese (e prima erano tracce di piede, ramo, sasso trascinato da un paletto all'altro) e dalla suddivisione di quella "traccia" tra un paletto e l'altro, nasce l'unità di misura che diventerà numero.
Oppure dicono che la matematica venga prima della geometria, che può essere nata dal fatto che i primi pastori avevano un sacchetto che conteneva tante pietre quante pecore avevano. Una pecora una pietra, una fila di pietre, una fila di pecore, e poi una pietra bianca per le pecore che puoi contare su una mano e una pietra nera per quelle che rimangono (magari la pecora nera è uscita da lì...)e poi un conto corrente on-line, è solo questione di tempo, anche se è facile dirlo dopo.

Difficile pensare ad una matematica "pastorizia" (per la matematica serve gente che pensi e non che lavori) e quindi comunemente si pensa che la matematica derivi dalla "geometria naturale" -o emergenza della geometria, chi o sa- scaturita della necessità delle "pezzature" agricole nei primordi delle civiltà fluviali.
Per inciso, nelle isole della polinesia, le suddivisioni venivano eseguite a raggera (partendo dalla sommità dell'isola) di modo che i clan avessero la ragionevolmente "stessa quantità" di terreno costiero, collinare e montuoso, però stavano in Polinesia che non a caso, attualmente è lussuosa meta di pellegrinaggio laico.
 

paul11
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.

o:
Il formalismo logico matematico non apre nessuna aporia in nessun campo perchè non serve a dar senso alla vita, o a fornire risposte di tipo psicologico o filosofico.
Il formalismo logico matematico serve a dar conto della conformità (si\no conforme-non conforme) che gli enunciati hanno rispetto alle regole di inferenza logica, ed in quell' ambito viene utilizzato.

Le aporie nascono quando lo si voglia intendere in altra maniera che non sia quella per cui è stato "creato" (simbolizzato graficamente) o lo si voglia attribuire ad una corrente di pensiero per svalutare la corrente medesima, attribuendogli assunzioni non corrispondenti. 

paul 11
Gli atti delal coscienza, dal punto di vista fenomenologico, non sono solo atti formali linguistici.

o:
Ma vengono espressi riferiti e comunicati come atti linguistici.
E se gli atti linguistici vengono espressi riferiti o comunicati in forma grammaticalmente e sintatticamente corretta allora possono essere formalizzati, indipendentemente dal fatto che questa formalizzazione possa servire a qualcosa.

paul11:
Husserl essendo  di formazione scientifico matematica già nell' opera "ricerche logiche" implica l'intera coscienza  e la riduzione di soggetto e oggetto, separazione metodica delle scienze,a soggettività di un io trascendentale superando sia l'empirismo ,sia il noumeno della cosa-in-sè kantiana.E' l io intenzionale, intesa come coscienza motivata alla datità, al conoscere a "inglobare" assimilare gli oggetti del mondo ponendoli nella coscienza che apre all'orizzonte della creatività e progettualità umana.  Realismo, idealismo, soggetto e oggetto, queste separazioni vengono ridotte al soggetto cogitante, pensante che modella e rappresenta il mondo sempre dal topos origianrio che non può essere che un io che trascende gli oggetti gli altrui, divendeno intersoggettivo e non separato dal mondo e dai propri simili

o:
le frasi contengono tante e tali assunzioni che ci vorrebbero cento pagine per focalizzarle una per una. Si dovrebbe iniziare ad esaminare le implicazioni di Husserl, contestualizzarle e poi metterle a confronto con le risultanze attuali.
E' impossibile replicare ad affermazioni che implicano montagne di assunzioni ed intere concezioni su questioni che sono ancora oggetto di accanita discussione non solo, ma anche di difficile collocazione.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 04 Giugno 2019, 00:58:44 AM
Citazione di: odradek il 04 Giugno 2019, 00:35:35 AM
paul11
Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione,seppure appartenga a tutti i singoli umani, ma come linguaggio costruito,formale, non naturale.
E' un apriori perchè le forme geometriche e il numero non sono nemmeno in natura, semmai anlogicamente applicabili alla natura, ma rimangono una costruzione trascendentale umana..La matematica e la geometria sono assai più antichi di Aristotele. Euclide, degli stesi pitaogorici.Non può essere scaturito quindi dal rapporto unità dei molteplici.

o:
Fondamenti della matematica è compito della matematica e della logica, genesi della matematica è compito di non saprei bene cosa, forse dell'antropologia, ma si fa prima a dire che sarebbe compito della filosofia, ma in realtà il problema è un altro.
Tutti si chiedono perchè la matematica funzioni, e nessuno riesce a dare una risposta. L'evidenza è che appariene alla costruzione umana. Il problema vero è perchè la matematica funzioni così bene; rispondere a questo è risolvere la questione, non chiedersi da dove venga. Dove venga lo sappiamo tutti, dalla nostra testa.

Si può usare qualunque sistema e qualunque idioma, e tutti funzionano, dal sistema decimale a quello binario, ottale, esadecimale, dagli idiomi arabi a quelli latini: non è quì il problema, basta che vi sia il filo logico di coerenza fra segno e signifcato.
Il problema è a monte come un sistema si autogiustifica in sè come coerenza e consistenza,
E' chiaro che venga dalla nostra mente, ma come vi è nato, daccapo, quale è la sua genesi?

La matematica e la geometria sono molto più antichi degli stessi pitagorici, come dicono la geometria sia più vecchia della matematica, perchè la geometria è fatta di paletti e corde tese (e prima erano tracce di piede, ramo, sasso trascinato da un paletto all'altro) e dalla suddivisione di quella "traccia" tra un paletto e l'altro, nasce l'unità di misura che diventerà numero.
Oppure dicono che la matematica venga prima della geometria, che può essere nata dal fatto che i primi pastori avevano un sacchetto che conteneva tante pietre quante pecore avevano. Una pecora una pietra, una fila di pietre, una fila di pecore, e poi una pietra bianca per le pecore che puoi contare su una mano e una pietra nera per quelle che rimangono (magari la pecora nera è uscita da lì...)e poi un conto corrente on-line, è solo questione di tempo, anche se è facile dirlo dopo.

Difficile pensare ad una matematica "pastorizia" (per la matematica serve gente che pensi e non che lavori) e quindi comunemente si pensa che la matematica derivi dalla "geometria naturale" -o emergenza della geometria, chi o sa- scaturita della necessità delle "pezzature" agricole nei primordi delle civiltà fluviali.
Per inciso, nelle isole della polinesia, le suddivisioni venivano eseguite a raggera (partendo dalla sommità dell'isola) di modo che i clan avessero la ragionevolmente "stessa quantità" di terreno costiero, collinare e montuoso, però stavano in Polinesia che non a caso, attualmente è lussuosa meta di pellegrinaggio laico.
I sumeri conoscevano le equazioni e usavano la trigoneometria ,altro che pastori..........




paul11
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.

o:
Il formalismo logico matematico non apre nessuna aporia in nessun campo perchè non serve a dar senso alla vita, o a fornire risposte di tipo psicologico o filosofico.
Il formalismo logico matematico serve a dar conto della conformità (si\no conforme-non conforme) che gli enunciati hanno rispetto alle regole di inferenza logica, ed in quell' ambito viene utilizzato.

Le aporie nascono quando lo si voglia intendere in altra maniera che non sia quella per cui è stato "creato" (simbolizzato graficamente) o lo si voglia attribuire ad una corrente di pensiero per svalutare la corrente medesima, attribuendogli assunzioni non corrispondenti.  


Nel momento in cui si pensa che il mondo possa essa tradotto segnicamente in matematica ed aritmetica, noi cominciamo culturalmente a ragionare in quel modo e pensiamo che validare e giustifcare passi per l'oggettivazione dei fenomeni.Tutta la scienza moderna è costruita sul fondamento matematico, non c'è nemmno fisica che tenga senza calcolo. ma ciò che è ancora più importante  avviene nella separazione fra soggetto conoscitivo e oggetto di indagine, dove la metodica spersonalizza il soggetto e amplifica l'oggetto. la ricaduta culturale è l'oggettivazione anche dell'uomo a sua volta fonte di indagine come se fosse cosa perdendo quindi tutto "il mondo delal vita" a partire dalla coscienza intenzionale.

paul 11
Gli atti delal coscienza, dal punto di vista fenomenologico, non sono solo atti formali linguistici.

o:
Ma vengono espressi riferiti e comunicati come atti linguistici.
E se gli atti linguistici vengono espressi riferiti o comunicati in forma grammaticalmente e sintatticamente corretta allora possono essere formalizzati, indipendentemente dal fatto che questa formalizzazione possa servire a qualcosa.

Ma cè qualcosa di più. Il tuo stile di scrittura come il mio, il modo di porci, indica qualcosa di più del puro formalismo.Non esisterebbe narrazione se fosse solo forma

paul11:
Husserl essendo  di formazione scientifico matematica già nell' opera "ricerche logiche" implica l'intera coscienza  e la riduzione di soggetto e oggetto, separazione metodica delle scienze,a soggettività di un io trascendentale superando sia l'empirismo ,sia il noumeno della cosa-in-sè kantiana.E' l io intenzionale, intesa come coscienza motivata alla datità, al conoscere a "inglobare" assimilare gli oggetti del mondo ponendoli nella coscienza che apre all'orizzonte della creatività e progettualità umana.  Realismo, idealismo, soggetto e oggetto, queste separazioni vengono ridotte al soggetto cogitante, pensante che modella e rappresenta il mondo sempre dal topos origianrio che non può essere che un io che trascende gli oggetti gli altrui, divendeno intersoggettivo e non separato dal mondo e dai propri simili

o:
le frasi contengono tante e tali assunzioni che ci vorrebbero cento pagine per focalizzarle una per una. Si dovrebbe iniziare ad esaminare le implicazioni di Husserl, contestualizzarle e poi metterle a confronto con le risultanze attuali.
E' impossibile replicare ad affermazioni che implicano montagne di assunzioni ed intere concezioni su questioni che sono ancora oggetto di accanita discussione non solo, ma anche di difficile collocazione.
Piaccia o non piaccia la fenomenologia ha permeato tutto il Novecento.ne sono studioso, non fautore, tanto per essere chiari.ma la fenomenologia nasce in risposta proprio alla crisi della scienze moderne
Verissimo che ancora oggi vi sono molti dibattiti, ma Heidegger, Levinas, l'ermenutica di Gadamenr tutto il movimento psicologico fenomenologico(Galimberti) la stessa logica , semiologia, ecc, ne sono comunque influite.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 04 Giugno 2019, 13:27:22 PM
Citazione di: paul11 il 04 Giugno 2019, 00:58:44 AM

paul11
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.

o:
Il formalismo logico matematico non apre nessuna aporia in nessun campo perchè non serve a dar senso alla vita, o a fornire risposte di tipo psicologico o filosofico.
Il formalismo logico matematico serve a dar conto della conformità (si\no conforme-non conforme) che gli enunciati hanno rispetto alle regole di inferenza logica, ed in quell' ambito viene utilizzato.

Le aporie nascono quando lo si voglia intendere in altra maniera che non sia quella per cui è stato "creato" (simbolizzato graficamente) o lo si voglia attribuire ad una corrente di pensiero per svalutare la corrente medesima, attribuendogli assunzioni non corrispondenti.  


Nel momento in cui si pensa che il mondo possa essa tradotto segnicamente in matematica ed aritmetica, noi cominciamo culturalmente a ragionare in quel modo e pensiamo che validare e giustifcare passi per l'oggettivazione dei fenomeni.Tutta la scienza moderna è costruita sul fondamento matematico, non c'è nemmno fisica che tenga senza calcolo. ma ciò che è ancora più importante  avviene nella separazione fra soggetto conoscitivo e oggetto di indagine, dove la metodica spersonalizza il soggetto e amplifica l'oggetto. la ricaduta culturale è l'oggettivazione anche dell'uomo a sua volta fonte di indagine come se fosse cosa perdendo quindi tutto "il mondo delal vita" a partire dalla coscienza intenzionale.

Ma ciò che è ancora più importante è l'incapacità dei filosofi di contrapporsi efficacemente alla "spersonalizzazione", supini e subalterni alla forza del calcolo soprattutto quando è un calcolo monetario. Uno che non aveva paura della forza calcolante della scienza e la apprezzava moltissimo, K.Marx, non si fece certo scrupolo quando si trattò di mettere a nudo le oscenità del calcolo economico. E' quel tipo di filosofi che ci può salvare dalla calcolabilità alienante delle coscienze. Per il resto la scienza, quando è cono-scienza e non ideologia di dominio mascherata, fa bene a calcolare, perchè è solo sulla precisione dei suoi calcoli che possiamo aver fede quando saliamo su un aeroplano.

Sul resto concordo pienamente con odradek: che ci importa sapere se la natura ha un linguaggio e se questo è la matematica ? Vogliamo vederci a tutti i costi un disegno intelligente ?

Uscendo dall'illusionalità, cosa cambia se consideriamo l'evoluzione matematica umana un utile strumento di interpretazione e manipolazione della realtà - senza troppe complicazioni ermeneutiche - fosse pure il risultato di un mero accidente evolutivo ?

L'importante più importante mi pare sia gestire al meglio questa facoltà, non lasciarsi strumentalizzare dai giochi di potere mascherati da "oggettività" che intorno ad essa si fanno e si son fatti fin da tempi degli astrologi e maghi (quelli moderni peggio degli antichi), e capire in maniera trasparentemente scientifica come svilupparla e farla fruttare all'interno di un contesto valoriale che rimane esclusivo dominio del pensiero filosofico.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 04 Giugno 2019, 15:34:36 PM
I:
Sul resto concordo pienamente con odradek: che ci importa sapere se la natura ha un linguaggio e se questo è la matematica ? Vogliamo vederci a tutti i costi un disegno intelligente ?

o:
Non importa a fini scientifici che funziona e tanto basta, ma alla filosofia interessa invece tantissimo.
La "natura" spesso -alcuni dicono sempre ma poi tocca fare discussioni complicate- giunge a quella che può essere definita una ottimizzazione dei processi e datosi che molti dei metodi matematici si riferiscono appunto alla ottimizzazione (di qualsiasi processo) è stupefacente come funzioni matematiche diano conto dei fenomeni naturali, dato che la matematica è umana e la natura no.
La spirale logaritmica non è stata desunta dalla osservazione naturale. Una volta riconosciutala e formalizzatala concettualmente, la si è ritrovata nel mondo naturale ed in quello biologico, nella formazione degli uragani, delle conchiglie  e nella distribuzione del fogliame, solo per qualche esempio.
Quindi, sarebbero più le difficoltà nell' immaginare un Dio matematico od un Dio filosofico ?

I:
Uscendo dall'illusionalità, cosa cambia se consideriamo l'evoluzione matematica umana un utile strumento di interpretazione e manipolazione della realtà - senza troppe complicazioni ermeneutiche - fosse pure il risultato di un mero accidente evolutivo ?

o:
Non è questione soltanto di interpretazione. Il fatto, ripetendomi, è che :
a-la natura segue modelli di ottimizzazione (a cui è giunta tramite processi evolutivi)  
b-la matematica (per altre vie) ha individuato, e continua a ricercare, modelli di ottimizzazione (una tra le sue discipline).
c-questi modelli coincidono, la "magia" è quella.

Qua non si è più nel campo della interpretazione siamo già nel campo della ricerca della "verità", ed il pericolo che indicava paul11 era il fatto che si tenda a traslare il riflesso di questa "onnipotenza" matematica sulle discipline scientifiche che si basano su di essa, accreditando quindi quasi automaticamente maggior credito filosofico ad ideologie scientiste e svalutando (non di poco) ogni scienza che non si basi sulla matematica e sulla ripetibilità dell' esperimento.

Se colleghi questo discorso generale all'"attualità filosofica" -consistente nella filosofia della mente- hai in evidenza le ragioni del "pandemonio" scatenato dal contrapporsi di opposte -o anche non ben coincidenti- ideologie, in quanto la maggior parte dei pubblicisti -divulgatori consapevoli od inconsapevoli di ideologie-e spessissimo non scienziati e non filosofi, ma giornalisti colti o divulgatori più o meno aggiornati, trasforma in una questione ideologica -sottintesa alle loro personali inclinazioni- quella che dovrebbe essere una questione filosofica.  E spesso si finisce a discutere di questo.

I:
più importante mi pare sia gestire al meglio questa facoltà, non lasciarsi strumentalizzare dai giochi di potere mascherati da "oggettività" che intorno ad essa si fanno e si son fatti fin da tempi degli astrologi e maghi (quelli moderni peggio degli antichi), e
capire in maniera trasparentemente scientifica come svilupparla e farla fruttare all'interno di un contesto valoriale che rimane esclusivo dominio del pensiero filosofico.

o:
Si, l'oggettività è una delle cose più pericolose da maneggiare; in filosofia poi attualmente è quasi "innominabile".
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 04 Giugno 2019, 16:54:46 PM
Citazione di: odradek il 04 Giugno 2019, 15:34:36 PM
Quindi, sarebbero più le difficoltà nell' immaginare un Dio matematico od un Dio filosofico ?

Direi filosofico, se il "Bene" appartiene al Dio filosofico

CitazioneNon è questione soltanto di interpretazione. Il fatto, ripetendomi, è che :
a-la natura segue modelli di ottimizzazione (a cui è giunta tramite processi evolutivi)  
b-la matematica (per altre vie) ha individuato, e continua a ricercare, modelli di ottimizzazione (una tra le sue discipline).
c-questi modelli coincidono, la "magia" è quella.

L'assist naturale logaritmico lo pone già la suddivisione armonica del monocordo pitagorico, insieme ad un'infinità di altri esempi riportati nel link, ben più antichi della rigorosa formalizzazione che ne diede Napier. I modelli di ottimizzazione naturale seguono una loro logica (la cella delle api, economia di materiale: minimi quadrati; la crescita logaritmica della conchiglia a spirale in funzione della crescità logaritmica volumetrica dell'abitante, ...) che poi i matematici formalizzeranno, procedendo da metodi geometrico-analogici a formule sempre più astratte, inventando le funzioni che meglio si adattano al fenomeno naturale indagato. Inclusi alcuni calcoli jolly, tipo logaritmi, esponenziali, differenziali e integrali. Il tutto agevolato da una lavagna mentale ottimale come le assi cartesiane dove gli animali matematici sguazzano felicemente.

La relazione tra logaritmi armonici del monocordo pitagorico rimanda ai logaritmi dell'apparato uditivo umano che a sua volta rimanda all'apparato intellettivo che ne trae le somme "logiche". Mi pare che la "magia" - se proprio vogliamo chiamarla tale - stia tutta qua.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 05 Giugno 2019, 11:30:46 AM
La filosofia può (non necessariamente) incidere sulla cultura, quindi costruire e costituire il sistema culturale, ad esempio come nel postmodernismo , il relativismo. Si possono avere Socrate, Platone, Aristotele, ma non è detto che ad un ipotetico innalzamento di una cultura corrisponda  necessariamente un miglior governo sulle pratiche umane: non sono certo  i filosofi a decidere chi e come governa all'interno del sistema economico e politico.

Ho in sospeso, per il momento uno studio sul materialismo storico e le influenze filosofiche sul pensiero di Marx(filosofico idealista) ed Engels(meno filosofico e naturalista), poi di Lenin, Stalin.
Mi interessa, breve parentesi, per capire come e dove nel pensiero relazionato fra filosofico e sociale, Marx e poi Engels abbiano sbagliato. Perchè il comunismo ah perso e personalmente mi interesserebbe recuperare, dopo quasi due secoli di storia e di altri pensatori (pensiero sociale) varie analisi.
Non so fino a che punto Marx possa essere considerato "filosofo", lo trovo più economista, sociologo, politico, ma comunque di enorme importanza.

Importa eccome l'ontogenesi del linguaggio,  lo studia il cognitivismo più che le neuroscienze.
E' chiaro, e su questo sono d'accordo con te e Odradek, che non riuscendo a stabilire "scientificamente"  da dove venga, ci tocca prenderne atto e infatti filosoficamente  quando necessita una teoria della conoscenza una gnoseologia, un'epistemologia, si presuppone come a-priori, bypassando di fatto il problema.

Cosa vuol dire "gestire al meglio" queste facoltà? Secondo quale criterio e parametro?

Da un punto di vista filosofico è invece fondamentale capire ,almeno per una filosofia che pretenda risposte universalistiche, se sia materia, se sia natura o cos'altro, da dove scaturiscano delle facoltà "mentali".Se l'universo ha un suo "verso", un suo cammino, ha implicitamente delle regole e ordini che la caratterizzano e che la scienza fisica e naturale cerca di capire con le leggi.
Un filosofo cerca le essenze nelle forme sintattiche universali come forma, e cerca la semantica negli apparire, nelle manifestazioni, negli eventi dei fenomeni, per potere "leggere il mondo".
Significa che il nostro linguaggio ha il potere di relazionarsi con il linguaggio universale degli eventi, della storia. della vita, e può più o meno essere con-forme nella relazione umano e mondo(universo). Il fine, almeno il mio, è vivere meglio come interezza umana(psichicamente, emotivamente, economicamente, politicamente,ecc).


Il fatto che la logica e matematica funzioni è molto importante, ma filosoficamente appunto  non basta.
Se prendo una bussola, un qualunque sistema, ho necessità di costruire dei parametri di riferimento per avere il "punto" della mia situazione, della mia posizione.
Ribadisco che io dica padre o un inglese father o un francese père, utilizziamo parole diverse ,ma indichiamo lo stesso oggetto.
Qualunque sistema, anche inventato, può funzionare, l'importante è che fra segno e significato la relazione sia corretta.
Come dimostrano i linguaggi evoluti nell'informatica a partire dal linguaggio macchina, assembler, al basic, all'Html, ecc
Noi abbiamo inventato il metro estensivo, il sistema sessagesimale, il litro, il kilo, l'importante è che i multipli e sottomultipli corrispandano nelle grandezze. ma siamo dentro l'estensione e non nell'intensione che forse è più importante nella filosofia. nella qualità quindi più che alle quantità.

Non so se esista un dio matematico o cos'altro, ma è proprio nelle corrispondenze del "numero aureo", dell'arco a tutto sesto, del pi greco , nelle disposizioni delle foglie attorno il fusto di una pianta, tutto sembra seguire delle regole e degli ordini, delle cadenze temporali, che troviamo stupefacenti, magiche, ecc, che ci fanno riflettere.
E noi ne siamo "dentro" queste regole e ordini e questo può  incidere sulla significazione della nostra vita, del nostro manifestarci al mondo come esistenza.
Qquando si dice ottimizzazione, si evidenzia un criterio universale,quello della conservazione dell'energia.
Ogni sistema, fisico o naturale segue una regola efficientistica(guarda caso mutuata anche in economia) quello di spendere il meno energia possible e acquisirne il più possibile, per mantener un sistema in equilibrio, come il metabolismo fatto di reazioni ci costruzione anaboliche e di distruzione cataboliche.

Quando vediamo correlazioni fra i domini ,dentro i sistemi, una regola generale sta trasversalmente unendoli definendosi come essenza formale universale.

E ancora.......le sacre scritture  religiose sono compatibili con le regole gli ordini universali? Cosa ci dicono, come lo dicono?

Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica? Siamo molto probabilmente nella stessa problematica da dove scaturisca la logica e la matematica nelle facoltà umane.
Ma cosa significa giustizia? Essere ne giusto? Daccapo si presuppone un ordine ,una regolarità, un'armonia
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 05 Giugno 2019, 12:52:14 PM
Salve Paul11 : "Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica?".

L'opportunismo in nome della sopravvivenza individuale la quale deve fungere opportunisticamente - attraverso la riproduzione - alla sopravvivenza sia individuale che di specie, le quali devono fungere opportunisticamente al mantenimento e diffusione della vita, la quale deve fungere opportunisticamente al rinnovamento ed alla variegazione-complicazione del mondo, i quali devono fungere opportunisticamente alla persistenza dell'esistente attraverso l'entropia, (cioè l'andamento fondamentale del mondo di cui ti-ci chiedevi), la quale consiste nella tendenza all'uniformità (raggiunta la quale il mondo morirebbe perchè non avrebbe "più nulla da fare") attraverso il suo contrario, cioè appunto la diversificazione (mantenendo la quale il mondo invece vive).
Mirabile apparente contraddizione che permette l'intera DINAMICA, quindi cioè LA VITA dell'esistente. Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 05 Giugno 2019, 13:20:43 PM
Citazione di: viator il 05 Giugno 2019, 12:52:14 PM
Salve Paul11 : "Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica?".

L'opportunismo in nome della sopravvivenza individuale la quale deve fungere opportunisticamente - attraverso la riproduzione - alla sopravvivenza sia individuale che di specie, le quali devono fungere opportunisticamente al mantenimento e diffusione della vita, la quale deve fungere opportunisticamente al rinnovamento ed alla variegazione-complicazione del mondo, i quali devono fungere opportunisticamente alla persistenza dell'esistente attraverso l'entropia, (cioè l'andamento fondamentale del mondo di cui ti-ci chiedevi), la quale consiste nella tendenza all'uniformità (raggiunta la quale il mondo morirebbe perchè non avrebbe "più nulla da fare") attraverso il suo contrario, cioè appunto la diversificazione (mantenendo la quale il mondo invece vive).
Mirabile apparente contraddizione che permette l'intera DINAMICA, quindi cioè LA VITA dell'esistente. Saluti.
Dico subito che la penso diversamente , ma il tuo argomento è serio e lo dico sinceramente. Tant' è che a mio parere o ha ragione Nietzsche o ha ragione il "virtuoso"", le vie di mezzo sono ipocrite
La tua argomentazione infatti è  logica. e segue l'argomentazione da me esposta nel precedente post.
In natura esiste una regola, non un'etica. Il ghepardo osserva un branco di antilopi e sceglie chi è in fondo al branco, chi fa fatica a stargli dietro ,perchè è meno forte, più debole, malato. Il ghepardo se che non può correre più di tanto e non può fare troppi tentativi, perchè la regola è spendere meno energia possible(nella corsa) e guadagnarla come cibo,se vuole continuare ad esistere.

Il problema etico umano, per quanto esposto poc'anzi, non ha mio parere giustificazione dalla materia o dalla natura.
o meglio, regge se è legato alla parentela, alla famiglia, al massimo al clan, alla tribù, ma allargato ad una nazione, a diversi villaggi, città, luoghi, comincia ad apparire, per quanto umani, l'Altrui ,ed è già competizione.

Ma mi chiedo, da dove nascono i termini teorici e il vissuto pratico del virtuoso,dell'onesto,e i valori di giustizia, libertà, uguaglianza, fratellanza,ecc.?
Per quanto sostenuto nel post precedente sostengo che nessuna parola linguaggio , forma, sostanza, nasce dal nulla, tutto ha riferimento dentro il mondo(o universo).A quali essenze formali sono referenti le categorie etiche e morali?

La mia risposta è nel sopra-naturale, per questo sono anche credente, anche metafisico. Perchè non so dare una significativa e seria giustificazione  ai concetti etici e morali umani nell'ontogenesi riferita alla materia, o alla natura.
Ma ribadisco, è altrettanta seria la tua argomentazione
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 05 Giugno 2019, 14:14:33 PM
L'ontogenesi dell'etica è scritta nel suo nome: ethos technè. Tecnica del (buon) posto dove vivere. Tecnica sociale perchè hs è animale sociale. Ethos è ambiente: naturale e antropico. Questi sono gli ingredienti del frullato, senza necessità di alcun ingrediente trascendente, ma di molta buona filosofia che sappia riempire di significato e valore il vivere umano, die Lebenswelt.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 05 Giugno 2019, 17:22:01 PM
Salve Paul11. Già più volte qui dentro ho asserito che per me l'etica è l'insieme dei comportamenti INDIVIDUALI scelti da qualcuno o imposti da qualcosa.
La REGOLA naturale di cui tu parli dovrebbe riguardare quindi i comportamenti che la natura impone più o meno automaticamente agli individui (biologici) privi di facoltà di scelta ragionata.
Io comunque ed infatti  ho trattato di etica su base  biologica (inclusi anche gli animali i cui comportamenti rientrano tutti nell'etica naturale espressa come semplice opportunismo biologico. L'etica umana, la cui esistenza rappresenta un caso speciale benchè inserito SEMPRE nei meccanismi naturali originari, è basata su quella animale ed è perfettamente inutile cercarne altra e diversa origine. Nè il mondo nè l'etica sono certamente apparsi contemporaneamente o successivamente all'uomo !
Sottolineo e confermo di star parlando di ETICA, non di MORALE, la quale ultima si manifesta solo all'interno di comunità umane come insieme di regole collettive.
Robinson Crusoe visse da naufrago utilizzando l'etica e potendo bellamente trascurare qualsiasi precetto morale.

Certo il credente non accetterà mai una simile visione. In cosa gli resterebbe da credere ?. Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 05 Giugno 2019, 17:32:08 PM
Salve Ipazia. A me dell'hs (homo sapiens per i distratti o gli sprovveduti) frega assai poco all'interno di questo argomento. Io ho parlato di ciò che secondo me ha generato l'etica ANCHE nell'hs.
Tu invece, mi sembra, pensi che l'etica non possa riguardare livelli inferiore od estranei a quello umano, e ciò forse perchè tendi (e me ne meraviglio !!) a confondere etica e morale,  la quale ultima è sì affar esclusivo (e parecchio ipocrita) della specie umana.

Non capisco il collegamento alla trascendenza. Io ho parlato (assai brevemente come mio costume) descrivendo un percorso che transita dalla fisica logicamente interpretata (l'entropia) alla biologia, approdando alla psicologia elementare dell'opportunismo.

Saluto l'inossidabile Ipazia.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 05 Giugno 2019, 18:19:18 PM
Citazione di: Ipazia il 05 Giugno 2019, 14:14:33 PM
L'ontogenesi dell'etica è scritta nel suo nome: ethos technè. Tecnica del (buon) posto dove vivere. Tecnica sociale perchè hs è animale sociale. Ethos è ambiente: naturale e antropico. Questi sono gli ingredienti del frullato, senza necessità di alcun ingrediente trascendente, ma di molta buona filosofia che sappia riempire di significato e valore il vivere umano, die Lebenswelt.
se la genesi etimogica fosse quella che dici un capitalista con mega villa a Bel Air sulle colline di Santa monica in California ha " una buona tecnica del buo posto per vivere": "fottendo" il prossimo
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 05 Giugno 2019, 19:21:47 PM
È un problema tuo e mi pare anche di viator vedere l'etica come un'entità iperuranica da definire nei contenuti una volta per tutte. Invece l'ethos antropologico è qualcosa di storicamente determinato (le etiche di Aristotele non fanno eccezione) e, parafrasando i profeti, l'etica dominante è sempre quella della classe dominante. Per tale motivo, anche dal p. d. v. etico, preferisco una società senza classi dominanti, in cui si possa finalmente produrre un'etica ampiamente condivisa e condivisibile.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 05 Giugno 2019, 20:03:20 PM
Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2019, 11:30:46 AM.

Cosa vuol dire "gestire al meglio" queste facoltà? Secondo quale criterio e parametro?

Da un punto di vista filosofico è invece fondamentale capire ,almeno per una filosofia che pretenda risposte universalistiche, se sia materia, se sia natura o cos'altro, da dove scaturiscano delle facoltà "mentali".Se l'universo ha un suo "verso", un suo cammino, ha implicitamente delle regole e ordini che la caratterizzano e che la scienza fisica e naturale cerca di capire con le leggi
Un filosofo cerca le essenze nelle forme sintattiche universali come forma, e cerca la semantica negli apparire, nelle manifestazioni, negli eventi dei fenomeni, per potere "leggere il mondo".
Significa che il nostro linguaggio ha il potere di relazionarsi con il linguaggio universale degli eventi, della storia. della vita, e può più o meno essere con-forme nella relazione umano e mondo(universo). Il fine, almeno il mio, è vivere meglio come interezza umana(psichicamente, emotivamente, economicamente, politicamente,ecc).

Gestire al meglio le facoltà cognitive è attività elettivamente filosofica di tipo etico, posto che la gnoseologica (com'è l'universo) viene piuttosto dalla scienza - non per grazia ricevuta ma perché ci sa fare. Quindi sì, va bene quello che conclude il quotato. Si tratta "solo" di riempire di contenuti intersoggettivamente condivisi quelle aspirazioni, quei bisogni/desideri. In astratto l'etica è la questione del bene. Ma bisogna che l'astratto si concretizzi per chiudere il processo etico. E non può che concretizzarsi nella mutante realtà storico antropologica.

(io continuo a usare etica e morale come sinonimi, se proprio vogliamo distinguerli sceglierei la grammatica di Hegel piuttosto che quella di viator)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 05 Giugno 2019, 21:23:33 PM
Salve Ipazia. E ridajje!!, direbbero a Roma. "........si possa finalmente produrre un'etica ampiamente condivisa e condivisibile"

Ma non si può !! L'etica è costituita dalle valutazioni e conseguenti scelte comportamentali selezionabili in ambito rigorosamente individuale sulla base dell'opportunismo applicato alle SINGOLE SITUAZIONI ESISTENZIALI, il cui numero è di circa 7 miliardi.
Ampiamente condivisa o condivisibile sarà ( e ridajje !!) semmai la MORALE.

Poi : "È un problema tuo e mi pare anche di viator vedere l'etica come un'entità iperuranica da definire nei contenuti una volta per tutte".

Quali contenuti definiti una volta per tutte ? Ho appena parlato di 7 000 000 000 di etiche prodotte volta per volta. E che ci sarebbe di iperuranico nel compiere scelte individuali opportunistiche ?


Poi : (io continuo a usare etica e morale come sinonimi, se proprio vogliamo distinguerli sceglierei la grammatica di Hegel piuttosto che quella di viator).

Dal fondo della mia ignoranza non conosco la grammatica di Hegel. E nemmeno credo proprio di aver creato mie proprie grammatiche.
E' tranquillamente possibile che sia io che Hegel si abbia sbagliato grammatica. Non si badi ai nomi, si badi al senso di quanto viene affermato. Salutoni.



"
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 05 Giugno 2019, 22:26:29 PM
Qui è spiegata la differenza tra etica e morale da Hegel in poi ed è la stessa che intende chiunque si occupi professionalmente di filosofia. Etica è la scienza del comportamento morale. In quanto scienza dimostra che non esistono 7 miliardi di morali come vorrebbe la favola individualista. Su tale affermazione mi sono già espressa abbondantemente in questo forum. L'atteggiamento etico non è riducibile all'opportunismo considerando che tutto l'imprinting educativo è piuttosto mirato al rispetto delle regole sociali che sono incompatibili con un egoismo illimitato. Il fondamento di un discorso etico sensato è la natura sociale della nostra specie.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 05 Giugno 2019, 22:58:00 PM
Salve Ipazia. Nel tuo inciso :"In quanto scienza dimostra che non esistono 7 miliardi di morali come vorrebbe la favola individualista." c'è stata una svista.
Avendo io sostenuto che le etiche sono (o possono essere) 7 miliardi, mi sento non riguardato dalla tua osservazione.
Mores (costumi, usanze).
Ethos (comportamenti).Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 06 Giugno 2019, 06:48:27 AM
La filosofia ha le sue ragioni (storiche) che non possono essere messe in discussione da 7 miliardi di semantiche faidatè. Ad essa spetta innanzitutto il nostro riguardo. Il mio breve link bignanamente le espone e ad esse si adegua il mio uso dei termini e dei concetti correlati. Con calma vedrò di delineare lo sviluppo e la coerenza logica della teoria etica. Solo un incipit sul titolo della discussione:

anche da una prospettiva immanente nulla è più lontano di "scienza" etica e neuroscienza. Quest'ultima deve prescindere dai pre- e post- giudizi etici per operare correttamente. La prima è una scienza empirica, assai più antica, i cui ferri del mestiere continuano ad operare anche a prescindere dalla seconda pur non potendone ignorare i risultati, la cui incisività in campo etico sono ancora troppo limitati per poterne inficiare l'assetto e i fondamenti teorici della sua peculiare scientificità.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 06 Giugno 2019, 13:55:55 PM
v:
 "Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica?".
L'opportunismo in nome della sopravvivenza individuale la quale deve fungere opportunisticamente - attraverso la riproduzione - alla sopravvivenza sia individuale che di specie, le quali devono fungere opportunisticamente al mantenimento e diffusione della vita, la quale deve fungere opportunisticamente al rinnovamento ed alla variegazione-complicazione del mondo, i quali devono fungere opportunisticamente alla persistenza dell'esistente attraverso l'entropia, (cioè l'andamento fondamentale del mondo di cui ti-ci chiedevi), la quale consiste nella tendenza all'uniformità (raggiunta la quale il mondo morirebbe perchè non avrebbe "più nulla da fare") attraverso il suo contrario, cioè appunto la diversificazione (mantenendo la quale il mondo invece vive).
Mirabile apparente contraddizione che permette l'intera DINAMICA, quindi cioè LA VITA dell'esistente. Saluti.

o:
non riesco a capire perchè usi opportunismo invece che necessità e poi opportunamente invece che meccanicamente.

La mia ipotesi è che tu inserisca il concetto di opportunità (convenienza) per "fondare" una base biologica che sostenga il concetto di etica riferito all'umano. Sino a qua ti seguo e sono d'accordo.
Successivamente lo stesso concetto viene applicato ad "enti" che non sono più biologici, e qua non riesco più a seguirti perchè non si parla più di opportunità ma -secondo me- di necessità.

Anche l'opportunismo etico di origine animale potrebbe essere definito come necessità, ma siccome era un concetto inserito per i motivi detti sopra -motivi "secondo me"- non c'era motivo di tanti distinguo.

Tu dici "opportunamente" l'animale si comporta così, io invece dico "meccanicamente" l'animale si comporta così; io (per mie inferenze da altri tuoi post) posso benissimo assimilare le due cose, nel senso rendermi conto che stiamo intendendo concettualmente la "stessa cosa", ma altri potrebbero intendere opportuno\opportunamente come sottointendente una concezione finalistica -nel senso è bene che sia così in quanto si deve raggiungere il fine di-

v:
 Già più volte qui dentro ho asserito che per me l'etica è l'insieme dei comportamenti INDIVIDUALI scelti da qualcuno o imposti da qualcosa.
La REGOLA naturale di cui tu parli dovrebbe riguardare quindi i comportamenti che la natura impone più o meno automaticamente agli individui (biologici) privi di facoltà di scelta ragionata.
Io comunque ed infatti  ho trattato di etica su base  biologica (inclusi anche gli animali i cui comportamenti rientrano tutti nell'etica naturale espressa come semplice opportunismo biologico. L'etica umana, la cui esistenza rappresenta un caso speciale benchè inserito SEMPRE nei meccanismi naturali originari, è basata su quella animale ed è perfettamente inutile cercarne altra e diversa origine. Nè il mondo nè l'etica sono certamente apparsi contemporaneamente o successivamente all'uomo !
Sottolineo e confermo di star parlando di ETICA, non di MORALE, la quale ultima si manifesta solo all'interno di comunità umane come insieme di regole collettive.
Robinson Crusoe visse da naufrago utilizzando l'etica e potendo bellamente trascurare qualsiasi precetto morale.
Certo il credente non accetterà mai una simile visione. In cosa gli resterebbe da credere ?. Saluti.
 A me dell'hs (homo sapiens per i distratti o gli sprovveduti) frega assai poco all'interno di questo argomento. Io ho parlato di ciò che secondo me ha generato l'etica ANCHE nell'hs.
Tu invece, mi sembra, pensi che l'etica non possa riguardare livelli inferiore od estranei a quello umano, e ciò forse perchè tendi (e me ne meraviglio !!) a confondere etica e morale,  la quale ultima è sì affar esclusivo (e parecchio ipocrita) della specie umana.

o:
si, son questioni terminologiche di poca importanza.
Il succo del discorso è che -distinzioni lessicali e minuzie assortite varie- trovo poco o nulla da obiettare a quel che dici e bene o male siamo d'accordo.
Per conto mio non estenderei il concetto di "etica" al mondo animale, ma nella maniera in cui lo hai posto è accettabile e ragionevole secondo me.

C'è però un ma:
la discussione filosofica sull'etica non può prescindere dalla "discussione" sull' etica (o come vuoi chiamarla) cristiana.
Una volta "apparsa" è ben difficile sfuggire alla sua forza gravitazionale. L' etica (chiamala come vuoi) cristiana, costituisce tuttora "scandalo" e come tale merita molte e molte attenzioni.

Sono d'accordissimo sul discorso che fai innestando l'etica sul biologico, ma quando "appare" un etica che di biologico ha ben poco allora bisogna fermarsi un poco e ragionarci sopra.
Oppure la si può mettere da parte, accantonando il fatto come scelta personale. Io ancora non ci riesco.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 06 Giugno 2019, 16:01:04 PM
Salve odradek. Ho usato il termine "opportunismo" estendendone il significato anche all'ambito biologico e persino fisico perchè volevo usare un termine "umanizzante" nei confronti dei lettori che pensano che tutta la storia del mondo sia in funzione della esistenza dell'uomo (i creazionisti in particolare, ma in genere tutti i credenti). Figurati costoro come avrebbero storto il naso (ecco il solito materialista-fisicista !!) nel leggere di meccanica e necessità all'interno di una discussione su quelli che essi considerano i massimi valori.

Ma - a livello biologico - esiste anche un'altra ragione. Quella per cui l'opportunismo è concetto e comportamento non certo esclusivamente umano. Tutti i viventi dotati di un minimo di attività psichico-coscienziali risultano mossi o movibili dall'opportunismo (cioè dal sano egoismo naturale il quale agisce ovviamente come strumento dell'istinto di sopravvivenza).

A proposito poi del quesito che ha generato il mio intervento da te riportato ("Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica?") esso è stato posto da chi si è poi dichiarato in qualche modo credente.

Alla luce della fede, la risposta coerente ed immensamente semplificatoria avrebbe già dovuto essere ben chiara a qualsiasi credente :

L'origine dell'etica (poi anche della morale, della responsabilità, della coscenzialità, del libero arbitrio) risiede nell'atto divino con il quale Dio (o chi altri per lui) decide di infondere l'anima.
Naturalmente ci sarebbe però il problema della disetica e della immoralità etc. etc. Queste forse avrebbero origine nell'atto diabolico con il quale Satana (o chi altri per lui) decide di infondere il peccato originale. Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 06 Giugno 2019, 19:04:31 PM
a tutto il forum

La problematica dell' etica/morale è da me particolarmente sentita e per diverse ragioni
La prima è che ha un percorso lineare trasversale, come se fosse un essenza metafisica: Dio -etica/morale-diritto-politica-economia.
Per questo le religioni hanno un impatto rilevante nel sociale.
Le definizioni di morale ed etica date da Viator,sembrerebbero le più attuali.
E' altrettanto vero che storicamente sono mutate sia le definizioni che i contesti (sociale e /o individuale).

Una fondamentale premessa storica è che etica/morale( le tengo unite per comodità, in modo da non creare spero confusione) avevano un concetto esterno all'uomo: il bene, il giusto. I libri sapienziali ,non solo nella Torah  e Tanak ebrea e quindi nel Vecchio Testamento cristiano, prima relazionano il bene, e di conseguenza il male, correlate al comportamento virtuoso il cuicontrario è quello peccaminoso..
I dialoghi socratici, in Platone ,che hanno forte influenza dal pitagorismo e soprattutto orfismoseguono questo processo spirtuale-filosfico.
Appare più o meno velatamente una premessa: la natura umana da sola tende più verso il peccato che alla virtù, per cui è necessario il "comando", la legge.
Il cristianesimo ha una grande novità: il libero arbitrio

Nella modernità la tendenza è quasi contraria. Appaiono il materialismo dall'empirismo e il naturalismo dalle teorie evoluzioniste di Darwin.
C'è  una maggior fiducia sulla ragione umana,che viene dal metodo sperimentale scientifico moderno.L'umanesimo , l'illuminismo, spostano il focus culturale sulla soggettività umana e gli studi gnoseologici e poi epistemologici, il come viene processata la conoscenza, portano d ifatto a discutere della mente umana, dellla coscienza come luogo della conoscenza, nel frattempo iniziano gli studi empirici sulla psiche.

Dal punto di vista squisitamente filosofico, la gnoseologia, non potendo dimostrare i primitivi ontologici comincia a concetualizzare, gli apriori ad esempio analitici o sempre per esempio i giudizi  sintetici, la cosa- in -sè ecc.. Tutta la fenomonelogia che potremmo dare origine da Cartesio, tocca Kant, la dialettica di hegel, fino alla fenomenologia di Husserl.
La parte etica-morale nell'umanesimo-illuminismo, viene sviluppata come diritto di natura(gius-naturalismo) per cercare i fondativi sociali e costruire poi coerentemente una dottrina politica.saranno superati dallo storicismo di impronta hegeliana(la dialettica storica).
nasce così il concetto ancora attuale di un progresso evolutivo umano, più intelligente,( più etico/morale?) grazie ai progressi scientifici e deaal tecnica e all'evoluzionismo darwiniano, che nel positivismo saranno fondamentali.

Dall'imperativo categorico kantiano, alla coscienza "infelice" di Hegel come mediatore fra il concreto e l'astratto dialetticamente,fino al tentativo husserliano do costruire una teoretica formale e collegarla a quella pratica............personalmente non mi convincono, mostrano delle debolezze.
e forse si capisce anche il motivo per cui oggi è una babele .

Quando ci si immola in nome di un valore(es.  la libertà) o di un martire per  una fede religiosa, c'è qualcosa che non segue la semplice regola della natura, se accetta di morire per una idea.Nessun animale o vegetale o che sia sopprime la sua essitenza per un ideale(giusto o sbagliato che sia). Il cosiddetto mentale può raggiungere una tale fede,credere talmente in una idea da superare l'istinto di sopravvivenza.
La cultura ,intesa come idea, può essere più potente del richiamo naturale biologico.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 06 Giugno 2019, 23:01:22 PM
Salve Paul11. Citandoti : "Quando ci si immola in nome di un valore (es.  la libertà) o di un martire per  una fede religiosa, c'è qualcosa che non segue la semplice regola della natura, se accetta di morire per una idea.Nessun animale o vegetale o che sia sopprime la sua essitenza per un ideale(giusto o sbagliato che sia). Il cosiddetto mentale può raggiungere una tale fede,credere talmente in una idea da superare l'istinto di sopravvivenza.".

Quindi tu ci parli dell'abnegazione (negazione del sè).

Anzitutto la radice dell'abnegazione (comportamento umano forse con qualche esempio animale per i mammiferi le cui madri lottano anche al costo della propria vita per difendere la prole) non è mentale ma psichica. La mente potrà acconsentire a realizzare la pulsione psichica all'abnegazione quando questa si presenta, ma le ragioni ideali o religiose appartengono all'irrazionale psichico e non certo al ragionamento mentale.

Poi, da buon vecchio cinico voglio dirti che neppure l'abnegazione, secondo me, sfugge all'egoismo (naturale ed inesorabile) che marca tutti i comportamenti umani.
Senza tirare in ballo il fenomeno del suicidio (nonostante la non infondata parentela con l'abnegazione, la quale dovrebbe risultare evidente per chiunque) voglio osservare che qualsiasi nostro atto e scelta deliberata vengono compiuti unicamente sulla base di due opzioni o alternative :


Ora, quando uno decide di immolarsi per la causa o di affrontare il martirio per la fede, che tipo di opzione sceglie ?
L'opzione tutelante. Perchè valuta che la sofferenza psichica generata dalla perdità della libertà, dal rinunciare ai propri ideali, dal tradire i propri compagni, dal ripudiare la propria fede, dal vivere nel peccato..........rappresenti una conseguenza più dolorosa rispetto alla decisione di rinunciare alla vita.

Ma lo scegliere ciò che meno ci dispiace.......cos'è se non sano, naturale, comprensibile, inevitabile egoismo ?

Ma allora, satanasso di un cinico e sfrontato materialista (ma io mi definisco un fisicista, non un materialista) che non sono altro........l'abnegazione disinteressata non può esistere ?

Leggete la parabola seguente. Un bel giorno Dio si manifesta a Tizio, santissimo uomo, e, dopo avergli fornito la prova certa ed indubitabile di essere Colui che E', gli chiede : "Tu, che sei un Giusto e meriti sicuramente il Paradiso, saresti disposto a scambiare la tua sorte con quella del più abietto dei peccatori e venir destinato da me, in modo certo ed irrevocabile perfino da me stesso, a prenderne il posto all'inferno ?".
Ecco, a questo punto se il Giusto decidesse per il sì, avremmo di fronte la perfetta disinteressata abnegazione.
Ci sarebbe però un problema : Nel far ciò Dio avrebbe reso il Giusto perfettamente responsabile del proprio destino, mentre nel rinunciare ad intervenire nella sua scelta avrebbe anche rinunciato al proprio attributo fondamentale : l'onnipotenza.

In pratica saremmo in una situazione in cui per realizzare la perfetta abnegazione di un umano Dio sarebbe costretto a rinunciare all'essere compiutamente sè stesso.

La morale della favoletta è semplice e consequenziale : l'unico modo del Giusto per dimostrarsi sicuramente non egoista consisterebbe nell' acquisire un potere divino : quello della emancipazione dalla volontà di Dio. Saluti a te ed a tutti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 06 Giugno 2019, 23:53:54 PM
a viator:
Se c'è una cosa che veramente detesto fare è esser obbligato a concordare con le affermazioni altrui senza aver nulla da eccepire. Ho come la sensazione che mi venga sottratto qualcosa senza aver in cambio nulla.
Mi piacerebbe aver qualcosa da obiettare perchè le tesi sono provocative e "disturbanti"; mi piacerebbe riscaldare la discussione, ma oltre a quello che hai detto non avrei nulla da togliere o da aggiungere.

Riuscissero altri a far meglio sarei felicissimo di leggerli perchè non è che sia poi così contento di darti ragione   :-\
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: paul11 il 07 Giugno 2019, 00:51:47 AM
...meglio così, prendo due piccioni con una fava.
Secondo voi la categoria della libertà, della eguaglianza,dellagiustizia sono all'interno di una "immolazione" di carattere e derivazione naturale e fisicista?

Secondo voi J.Palach che si brucia vivo non deve prima vincere la propria paura? I giudici Falcone e Borsellino non sapevano con probabilità che dovendo svolgere un dovere in nome dei valori di uno stato come loro rappresentanti, andavano incontro ad u ndestino? E secondo voi è facile, è naturale, è fisicismo?
Cosa c'entrano  i valori etici/morali con l'etologia...Chiediamo a K,Lorenz di istruirci in etica, diritto e politica?
Se non sappiamo distinguere un Io trascendentale, dall'inconscio psichico, o dagli istinti animali........cosa c'entra con il forum di filosofia?

Odradek
Sarebbe buon costum in un forum argomentare ,invece di approvare, disapprovare,, "sono d'accordo", "non sono d'acordo" .......
Sono post sprecati, sarebbe meglio tacere, o meglio non scrivere
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 07 Giugno 2019, 07:09:53 AM
Citazione di: paul11 il 07 Giugno 2019, 00:51:47 AM
...meglio così, prendo due piccioni con una fava.
Secondo voi la categoria della libertà, della eguaglianza,dellagiustizia sono all'interno di una "immolazione" di carattere e derivazione naturale e fisicista?

Secondo voi J.Palach che si brucia vivo non deve prima vincere la propria paura? I giudici Falcone e Borsellino non sapevano con probabilità che dovendo svolgere un dovere in nome dei valori di uno stato come loro rappresentanti, andavano incontro ad u ndestino? E secondo voi è facile, è naturale, è fisicismo?
Cosa c'entrano  i valori etici/morali con l'etologia...Chiediamo a K,Lorenz di istruirci in etica, diritto e politica?
Se non sappiamo distinguere un Io trascendentale, dall'inconscio psichico, o dagli istinti animali........cosa c'entra con il forum di filosofia?

Prendiamoli tutti i piccioni, partendo dall'unica fava incontrovertibile che è Physis, seguendo il filo rosso lungo le sue metamorfosi trascendentali umane.

Esiste una disciplina che si chiama etologia (umana nello specifico). Essa merita rispetto perchè nella sua radice semantica contiene pure le radici dell'etica umana, oltre ad averci permesso di conoscere l'etica di altre specie viventi.

L'etica teoretica si accorse ben presto dell'esistenza di pulsioni altruiste ed egoiste e le chiamò eros e polemos. Le prime incardinate sulla socialità umana (branco, cure parentali, sessualità) le seconde sulla fatidica lotta per l'esistenza. Ma l'umano (non solo lui) non termina con physis perchè è una specie altamente culturale; la lunghezza delle cure parentali lo certifica. Quindi physis trascende in nomos (la faccio breve ...). A questo punto il filo rosso si sposta sugli antichi codici, le prime tavole della legge, laddove la ricerca ermeneutica comparata permette di individuare le costanti dell'evoluzione etica umana declinate in formulazioni ideologiche varie ma con focus comuni facilmente individuabili.

Le formulazioni ideologiche sono sussumibili in due grandi categorie: immanenti e trascendenti. Ad esse corrispondono due pattern (modelli) etico-etologici storicamente ben differenziati. Più ridondante quello trascendente, più recente e impacciato l'immanente. Ma col vantaggio di essere comune ad entrambi e poter costituire quindi la base di partenza per un'etica comune condivisibile. Di cui la DUDU (Dichiarazione universale diritti umani) è il primo rudimentale tentativo.

Quando si fa etica teorica bisogna imparare dai padri fondatori della filosofia a separare il loglio del bias individuale dal grano della koinè pratica (vissuto storico) e teoretica (a posteriori), individuando le regolarità, le costanti di un processo che in questo caso è antropologico, ma attinge ad una metodologia di ricerca comune a tutte le discipline scientifiche.

(Spero di aver dato a odradek a tutti gli altri motivi sufficienti di baccagliamento  ;D)
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 07 Giugno 2019, 14:39:45 PM
paul11
Cosa c'entrano  i valori etici/morali con l'etologia...Chiediamo a K,Lorenz di istruirci in etica, diritto e politica?

o:
hai chiesto l'origine dei valori morali ?
E a chi la chiedo l'origine dei valori morali ? Ad Husserl ?  A S. Tommaso ? Tu hai chiesto e risposta hai avuto, non ti è piaciuta ed avanti con le geremiadi.

paul11:
E secondo voi è facile, è naturale, è fisicismo?

o:
non è facile perchè son comportamenti antievolutivi. Ci sono ragioni psicologiche per questo che hanno il valore che hanno. Ovvero motivi psicologici.
La mitologia dell'eroe\martire immolato giovane meno la leggo e meglio sto perchè dietro c'è sempre qualcosa che porta altra gente a lasciarci la pelle, di solito poveracci.
Non è naturale, è sociale e fa abbastanza schifo, non per la persona immolata ma per quel che ci sta intorno; ideologie di morte di sacrificio, tutti orrori idealistici e che da li provengono.

paul11:
Falcone e Borsellino non sapevano con probabilità che dovendo svolgere un dovere in nome dei valori di uno stato come loro rappresentanti, andavano incontro ad u ndestino? E secondo voi è facile, è naturale, è fisicismo?

o:
ma stai facendo filosofia o stai predicando ?
Quei Signori sono eroi civili. Cosa c'entra mafia politica e magistratura con l'etica.
O torniamo ai begli esempi per costruir la meglio gioventù ?

paul11:
Se non sappiamo distinguere un Io trascendentale, dall'inconscio psichico, o dagli istinti animali........cosa c'entra con il forum di filosofia?

o:
e sopratutto se non riusciamo a distinguere i desiderata  dell' Io (cosa abbastanza miserabiluccia l'Io poi tra l'altro e più misero ancora l'Io trascendentale. L'io è un impostura della mente; pensavo fosse un dato acquisito dalla psicologia) dalle istanze filosofiche cosa c'entra il forum di filosofia.

paul11:
Sarebbe buon costum in un forum argomentare ,invece di approvare, disapprovare,, "sono d'accordo", "non sono d'acordo" .......
Sono post sprecati, sarebbe meglio tacere, o meglio non scrivere

o:
esprimevo totale ed incodizionata ammirazione per la precisione e la puntualità degli argomenti.
Mi aspettavo anche post che controbattessero le sue affermazioni, tanto per non sprecare post, ma non è ancora successo sino ad ora. Spero in altri.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 17:56:57 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Giugno 2019, 15:00:25 PM
d) come giustamente alludi, esistono dei "moduli" che l'evoluzione ha reso "a priori" per via genetica sui quali si implementa la capacità astrattiva, elaborativa, deduttiva dello psichico umano. Kant li descrive nel suo linguaggio epistemologico.
Citazione
Questi "moduli sono sistemi neurologici cerebrali che funzionano in relativa autonomia (detta "incapsulamento") funzionale e sui quali non v' alcun' programmatore (né sotto forma di "anima umana", né di "omuncolo", né di "fantasma nella macchina" che vi possa implementare alcunchè né che ne possa fruire come un utente può fruire di elaboratori.
 
La capacità astrattiva, elaborativa, deduttiva dello psichico umano é qualcosa che diviene (nell' ambito dei esperienze coscienti* solitamente diverse da quelle** che comprendono tali moduli funzionali realizzati da connessioni neuronali cerebrali, e con questi ultimi in necessaria corrispondenza biunivoca.

Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 18:17:02 PM
Citazione di: davintro il 02 Giugno 2019, 01:47:19 AM
per Odradek

Ma questo processo presuppone implicitamente un punto di vista qualitativo, per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti.
Citazione
Questo "dunque" é del tutto fuori luogo: "per operare misurazioni su un oggetto occorre delimitarlo spazialmente, dunque riconoscere una forma immateriale, aspaziale che lo limiti" é una locuzione palesemente autocontraddittoria, senza senso dal momento che qualsiasi oggetto spazialmente misurabile non può che essere steso, avendo una forma materiale - spaziale che lo limiti:
 
qualità =/= immaterialtà, aspazialità (o non spazialità: un triangolo qualitativamente bianco o rosso, per il atto di avere questa caratteristica qualitativa cromatica, del colore non é che non sia spazialmente esteso, misurabile, materiale).





In assenza di tale limite formale ogni quantificazione sarebbe impossibile, non si può fissare nessuna misura quantitativa di fronte a uno spazio infinito e indeterminato, come sarebbe la pura materia.
Citazione
La "pura materia" (i fenomeni del tipo della cartesiana "res extensa") non é uni spazio finito indeterminato, ma invece é estesa spazialmente e distinta fra più "cose reciprocamente distinguibili"(qualitativamente) e di estensione finita (salvo lo spazio vuoto).




Se la deduzione è un procedimento che discende da premesse aventi valenza universale, allora una premessa di tal genere può essere rintracciata nell'evidenza dell'esistenza degli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, se ogni giudizio quantitativo, su cui si fondano le scienze naturali, presuppone l'unità formale e qualitativa dei loro oggetti, allora tale evidenza va trasferita anche al rinvenimento di tale forma, della qualità, in termini generici, anche se poi l'esperienza a posteriori tornerebbe in gioco nel momento in cui si tratta di determinarla contenutisticamente, collegando l'individuo a una determinata specie
Citazione
Gli atti coscienti tramite cui attribuiamo significato agli oggetti, compresa l'attribuzione di quantità, e ogni giudizio quantitativo [e qualitativo], su cui si fondano le scienze naturali, presuppongono unicamente l' accadere reale dei fenomeni materiali conoscibili sinteticamente a posteriori.
Non presuppongono nulla a priori.






Per Sgiombo, a cui faccio gli auguri e congratulazioni per la nascita del nipotino...

non è vero che per riconoscere la necessità di introdurre la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale occorra l'empiria. Anche senza bisogno di osservare fattualmente la lavorazione del marmo che introduce in esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo, riconosco che la risposta alla questione sull'individuazione del tipo di materia di un oggetto, è insufficiente rispetto alla questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione. Quindi, anche fermandomi alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, posso riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale, e questo basta per ammettere la distinzione della "causa", o, usando una terminologia che il linguaggio attuale troverebbe più adeguato forse al contesto, "principio", materiale rispetto a quella formale, come distinzione aprioristica,, quindi l'esistenza di un livello dell'ontologia apriorista, e al contempo non tautologico
Citazione
L' espressione "la forma come fattore distinto rispetto a quello materiale" non capisco che cosa possa significare (le forme delle cose materiali sono caratteristiche astraibili da altre da parte del pensiero proprie degli enti ed eventi materiali (la cartesiana "res extensa").
Ma perché si diano gli eventi fenomenici di coscienza materiali (e anche quelli mentali) occorre letteralmente e unicamente che si dia, che accada realmente l' "empiria" (== l' esperienza fenomenica cosciente).
 
Se non osservi fattualmente la lavorazione del marmo che "introduce in" [rectius: conferisce ad] esso una forma nuova rispetto a quella del blocco grezzo non puoi sapere affatto che é stato trasformato in statua (a te "risulta sempre" -falsamente- che di un informe pezzo di marmo grezzo si tratti).
Invece l' individuazione empirica del pezzo di marmo grezzo e della lavorazione che vi applica lo scultore ti basta e avanza (ti é più che sufficiente) per dirimere la questione della qualità specifica circa l'idea dell'oggetto in questione (l' ex-marmo grezzo, ora statua).
 
Tu fermandoti alla semplice osservazione del blocco di marmo, senza avere esperienza del mutamento di forma, ma solo con l'immaginazione, e potendo riconoscere che il materiale di cui è costituito può in linea teorica essere formalizzato in modo diverso da quello attuale emetti dei giudizi analitici a priori del tutto simili a quelli della logica - matematica pura, che -in mancanza delle constatazioni empiriche necessarie all' uopo- non dicono nulla sulla realtà: non ti consentono affatto di sapere (a priori) se il pezzo di marmo grezzo é ancora tale e quale o se é diventato una statua della madonna, di un profeta, di uno statista, di un artista o di altro soggetto, oppure se magari é invece diventata delle lastre da rivestimento di pareti o pavimenti o qualcos' altro ancora.
 
 
Grazie mille per i benevoli auguri!


Per Ipazia

ovvio che una statua di marmo non potrebbe pensarsi senza il marmo, o, allargando un attimo l'esempio, un qualunque tipo di statua non potrebbe pensarsi senza un certo tipo di materiale, Ma il "mio" ""spiritualismo" non ha mai avuto la pretesa di negare, alla Berkeley, l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana,
Citazione
Berkeley non nega affatto l'esistenza della componente materiale negli oggetti dell'esperienza mondana, ma solo ne riconosce la reale natura fenomenica, di meri insiemi - successioni di sensazioni coscienti (dal senso comune e dalle cattive filosofie -propri, oltre che del "popolo", di quasi tutti gli scienziati- fraintesa erroneamente come reale in sé anche indipendentemente dall' essere coscientemente percepita o meno).






ma solo di riconoscerne l'insufficienza riguardo la conoscenza delle cose nella complessità dei suoi aspetti, delle loro stratificazioni ontologiche, potremmo dire. Quindi se da un lato non si possono pensare statue di marmo senza marmo
Citazione
Lapalissiana tautologia.






, dall'altro non si possono pensare nemmeno statue di marmo che non siano "statue".
Citazione
Idem.





E l'idea di "statua", lungi dall'essere un'astrazione, è concretissimo fattore ontologico che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava, già solo per la differenza, fenomenologicamente registrabile, tra un vissuto che l'osservazione di una statua produce in me rispetto all'esperienza di un semplice blocco. Se le differenze formali fossero solo astrazioni, in contrapposizione con la concretezza materiale del marmo, come potrebbero incidere, performativamente, sullo stato d'animo, sulle esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza?
Citazione
NO, che impone al marmo un determinato modo d'essere, che non avrebbe fintanto che resta blocco appena estratto dalla cava non é affatto l' idea [reale unicamente come contenuto di pensiero, N.d.R.] di "statua" ma invece il concreto (reale in quanto tale e non solo in quanto "oggetto" o "contenuto" di pensiero) il lavoro dello scultore (reale in quanto evento e non in quanto -eventualmente anche- contenuto di pensiero); lavoro che tu potresti conoscere non certo analiticamente a priori ma solo sinteticamente a posteriori: solo il contenuto empirico della lavorazione del marmo incide, performativamente, sulla res extensa fenomenica costituente le esperienze soggettive di una coscienza che ne fa esperienza e di conseguenza empiricamente a posteriori ne viene a conoscenza.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 18:35:34 PM
Citazione di: paul11 il 03 Giugno 2019, 22:15:38 PM

trovo che vi siano nelle risposte una più o meno ascendenza nascosta  alla fenomenologia husserliana.... ma non è chiaro.
Quando Husserl scrive "filosofia della matematica", una delle sue prime opere, Frege allora massimo logico-matematico esistente, maestro di Russell, risponde che la matematica non può essere fondata sullo psicologismo.Quel psicologismo che il maestro di Husserl, Brentano nella sua "psicologia empirica" di carattere descrittivo ,influenzerà anche un certo Freud.
Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione,seppure appartenga a tutti i singoli umani, ma come linguaggio costruito,formale, non naturale
Citazione
Frege, affermando giustamente contro gli irrazionalisti che citi (a mio parere; e in diversa misura) che la  matematica non può essere fondata sullo psicologismo (concreto; ma invece su astrazioni arbitrariamente operate e definite), non nega che la matematica stessa sia qualcosa di naturale; né necessariamente (prescindendo dal suo platonismo di fatto; comunque per me non inevitabilmente implicato dai suoi contributi alla fondazione razionalistica - formalistica della matematica) implica che  essa "esca" da altro che dal pensiero umano (fenomenico), in sostanza dalla "res cogitans" cartesiana.





E' un apriori perchè le forme geometriche e il numero non sono nemmeno in natura, semmai analogicamente applicabili alla natura, ma rimangono una costruzione trascendentale umana.

La matematica e la geometria sono assai più antichi di Aristotele. Euclide, degli stesi pitaogorici.
CitazioneSi tratta di a priori stabiliti arbitrariamente (definizioni, assiomi; dai quali si deducono giudizi analitici), di fatto ricavati per astrazione dalla natura (i fenomeni materiali).





 Non può essere scaturito quindi dal rapporto unità dei molteplici.
Ma apre un'altra aporia il formalismo logico matematico, quella stessa denuncia della crisi della scienza positivista di fine ottocento inizi novecento, la cui origine Husserl indica in Galileo, nella "matematizzazione delle scienze" dichiarata da Heidegger, nella netta separazione fra scienza e filosofia, che nonostante le scoperte e invenzioni della tecnica scientifca, separa conoscenza e umanità, perdendo il senso "del mondo della vita". Quindi la forma e i formalismi non possono neppure esssi pervenire ad un orizzonte di senso della vita umana, anzi.
Citazione
Non vedo alcuna aporia.

Distinzione (separazione "metodica", epistemologica; comunque teorica; benemerita!) =/= negazione.



Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 18:41:46 PM
Citazione di: paul11 il 03 Giugno 2019, 23:48:48 PM
Citazione di: viator il 03 Giugno 2019, 22:43:41 PM
Salve Paul 11. Citandoti : "Se la genesi non è naturale, non è psicologica, la forma matematica e logica da qualche parte deve "saltare fuori".Sicuramente è un sistema autoconsistente e universale per cui non può appunto uscire dalla "pancia" dei singoli individui umani che ne farebbero opinione".
 Ma la matematica è una convenzione artificiosa creata dagli umani !. E' solamente un NOSTRO strumento. Non occorrono grandi viaggi mentali per capire il perchè sia stata creata. L'uomo ha creato la logica (della quale la matematica è la più convenzionale delle espressioni) quale strumento di tutela dall'imprevedibile e relativo che lo circonda affliggendolo. L'uomo ha sempre odiato l'incertezza.

Per cui ha formulato le convenzioni matematiche, così comode per la prevedibilità dei loro risultati umanamente utilizzabili !.

Che poi, fuori dell'ambito umano, le più ovvie oppure ferree regole della matematica si dimostrino smentibilissime.................................basti pensare alla riproduzione, meccanismo che sommando 1+1 realizza come risultato il 3 (o più), mentre in altre forme (beffa delle beffe) ci mostra atti riproduttivi per i quali 1 diviso 2 ha per risultato 2. Saluti.
daccapo: quale è la sua genesi?  La convenzione avviene dopo, quando linguisticamente viene accettata da tutti la formalizzazione e si costruiscono gli assiomi fondativi,.manca il suo presupposto come origine. Se è una convenzione universale signifca che tutti gli umani ne sono dotati, ma non fuoriesce dalla natura.Non basta dire : il cervello è analogico al mondo. Bisogna dire perchè l'uomo è dotato di questo tipo di cervello.E non può essere la natura che ha scelto solo l'uomo, o l'uomo come specificità straordinaria fuoriuscito dallo stesso dominio naturale
Si possono saltare, bypassare i fondativi sui quesiti della natura, ma di fatto l'uomo è dotato aprioristicamente di questi "strumenti",di questo sono d'accordo.
Non è semplice e banale
Citazione
Molto semplicemente la natura (l' evoluzione biologica) ha dotato l' uomo della facoltà di astrarre dal concreto materiale.

A me sembra proprio semplice, per lo meno "quasi banale".




La semiologia di Pierce, segno, significato ,type e token nasce nel periodo in cui si ridiscutono i fondamenti logico matematici e lingustici. Tutta la filosfia analitica del linguaggio del Novecento discute del sistema di relazione umano che essendo evoluto può raggiungere forme di conoscenze che modellano e rappresentano il mondo.
Quando Aristotele , Kant, Husserl pongono le categorie , significa che ogni forma proposizionale ricade in una griglia logica che permette di validare o meno ,giustificare o meno, quell'atto linguistico che attraverso il segno, numerico o di un alfabeto indica, denota, un significato il quale raccoglie in sè rappresentandolo, fenomenologicamente è una visione eidetica, un oggeto fisico e lo memorizza nella mente. Tutto il mondo noi lo trasformiamo in segni linguistici che a loro volta hanno un signifcato.
Citazione
Il linguaggio può denotare un "oggetto(ente o evento) fisico" fenomenico: "esse est percipi".

Tutto il mondo fenomenico.



Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 18:49:53 PM
Citazione di: paul11 il 04 Giugno 2019, 00:58:44 AM
Citazione di: odradek il 04 Giugno 2019, 00:35:35 AM

In realtà Paul11

Nel momento in cui si pensa che il mondo possa essa tradotto segnicamente in matematica ed aritmetica, noi cominciamo culturalmente a ragionare in quel modo e pensiamo che validare e giustifcare passi per l'oggettivazione dei fenomeni.Tutta la scienza moderna è costruita sul fondamento matematico, non c'è nemmno fisica che tenga senza calcolo. ma ciò che è ancora più importante  avviene nella separazione fra soggetto conoscitivo e oggetto di indagine, dove la metodica spersonalizza il soggetto e amplifica l'oggetto. la ricaduta culturale è l'oggettivazione anche dell'uomo a sua volta fonte di indagine come se fosse cosa perdendo quindi tutto "il mondo delal vita" a partire dalla coscienza intenzionale.
CitazioneSgiombo:

Checché pretenda di stigmatizzare Heidegger, La conoscenza scientifica (della realtà fenomenica materiale non implica affatto necessariamente alcuna riduzione dell' uomo "come se fosse cosa perdendo quindi tutto "il mondo delal vita" a partire dalla coscienza intenzionale".

Casomai da marxista ritengo che la reificazione dell' uomo sia conseguenza dei rapporti sociali capitalistici dominanti (fra l' altro "in avanzato stato di putrefazione"). 


Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 18:55:29 PM
Citazione di: odradek il 04 Giugno 2019, 15:34:36 PM

Non importa a fini scientifici che funziona e tanto basta, ma alla filosofia interessa invece tantissimo.
La "natura" spesso -alcuni dicono sempre ma poi tocca fare discussioni complicate- giunge a quella che può essere definita una ottimizzazione dei processi e datosi che molti dei metodi matematici si riferiscono appunto alla ottimizzazione (di qualsiasi processo) è stupefacente come funzioni matematiche diano conto dei fenomeni naturali, dato che la matematica è umana e la natura no.

La spirale logaritmica non è stata desunta dalla osservazione naturale. Una volta riconosciutala e formalizzatala concettualmente, la si è ritrovata nel mondo naturale ed in quello biologico, nella formazione degli uragani, delle conchiglie  e nella distribuzione del fogliame, solo per qualche esempio.


a-la natura segue modelli di ottimizzazione (a cui è giunta tramite processi evolutivi)  
b-la matematica (per altre vie) ha individuato, e continua a ricercare, modelli di ottimizzazione (una tra le sue discipline). 
c-questi modelli coincidono, la "magia" è quella.
CitazioneNon ci vedo proprio nulla di stupefacente (contro, fra gli altri, Einstein), e men che meno di "magico".

Anche perché l' uomo e tutto ciò che é umano é naturale (anche se con determinate peculiarità che il resto della natura non contraddicono ma sviluppano).





Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 19:04:36 PM
Citazione di: paul11 il 05 Giugno 2019, 13:20:43 PM
Citazione di: viator il 05 Giugno 2019, 12:52:14 PM
Salve Paul11 : "Infine l'etica. Quale è l'ontogenesi dell'etica?".

L'opportunismo in nome della sopravvivenza individuale la quale deve fungere opportunisticamente - attraverso la riproduzione - alla sopravvivenza sia individuale che di specie, le quali devono fungere opportunisticamente al mantenimento e diffusione della vita, la quale deve fungere opportunisticamente al rinnovamento ed alla variegazione-complicazione del mondo, i quali devono fungere opportunisticamente alla persistenza dell'esistente attraverso l'entropia, (cioè l'andamento fondamentale del mondo di cui ti-ci chiedevi), la quale consiste nella tendenza all'uniformità (raggiunta la quale il mondo morirebbe perchè non avrebbe "più nulla da fare") attraverso il suo contrario, cioè appunto la diversificazione (mantenendo la quale il mondo invece vive).
Mirabile apparente contraddizione che permette l'intera DINAMICA, quindi cioè LA VITA dell'esistente. Saluti.
Dico subito che la penso diversamente , ma il tuo argomento è serio e lo dico sinceramente. Tant' è che a mio parere o ha ragione Nietzsche o ha ragione il "virtuoso"", le vie di mezzo sono ipocrite
La tua argomentazione infatti è  logica. e segue l'argomentazione da me esposta nel precedente post.
In natura esiste una regola, non un'etica. Il ghepardo osserva un branco di antilopi e sceglie chi è in fondo al branco, chi fa fatica a stargli dietro ,perchè è meno forte, più debole, malato. Il ghepardo se che non può correre più di tanto e non può fare troppi tentativi, perchè la regola è spendere meno energia possible(nella corsa) e guadagnarla come cibo,se vuole continuare ad esistere.

Il problema etico umano, per quanto esposto poc'anzi, non ha mio parere giustificazione dalla materia o dalla natura.
o meglio, regge se è legato alla parentela, alla famiglia, al massimo al clan, alla tribù, ma allargato ad una nazione, a diversi villaggi, città, luoghi, comincia ad apparire, per quanto umani, l'Altrui ,ed è già competizione.

Ma mi chiedo, da dove nascono i termini teorici e il vissuto pratico del virtuoso,dell'onesto,e i valori di giustizia, libertà, uguaglianza, fratellanza,ecc.?
Per quanto sostenuto nel post precedente sostengo che nessuna parola linguaggio , forma, sostanza, nasce dal nulla, tutto ha riferimento dentro il mondo(o universo).A quali essenze formali sono referenti le categorie etiche e morali?

La mia risposta è nel sopra-naturale, per questo sono anche credente, anche metafisico. Perchè non so dare una significativa e seria giustificazione  ai concetti etici e morali umani nell'ontogenesi riferita alla materia, o alla natura.
Ma ribadisco, è altrettanta seria la tua argomentazione

La natura (selezione naturale) promuove in quanto adattive tanto tendenze comportamemntali più o meno egoistiche quanto più o meno altruistiche.

E la storia umana, che sulla storia naturale sorge come un suo naturalissimo ramo (per nulla negandola, ma invece sviluppandola), declina atteggiamenti più o meno egoistici e più o meno altruistici dipendentemente dal rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive sociali e rapporti di produzione.
Questo ci dice (a mio parere confermata dall' osservazione empirica dei fatti sociali) la scienza umana del materialismo storico.
NOn si ratta di una (impossibile: dall' "essere" non si può dedurre alcun "dover essere" - Hume) fondazione teorica dell' etica; ma di una per me più che sufficiente spiegazione naturalistica.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 19:16:03 PM
A Viator e Odradek

Mi costringete a copiare - incollare quanto già scritto in un' altra discussione (La morale é egoismo mascherato seocndo voi?):


Nel comportamento umano (e anche animale) sono presenti tanto tendenze più o meno egoistiche quanto tendenze più o meno altruistiche.
Il comportamento umano inoltre, in misura assolutamente non paragonabile a quello di alcun altro animale, é caratterizzato da una fortissima plasticità. Cioè varia molto da gruppo sociale a gruppo sociale, da epoca storica ad epoca storica, da persona a persona, e perfino da periodo della vita della singola persona a periodo della vita della singola persona e da circostanza nell' ambito della vita della singola persona a circostanza nell' ambito della vita della singola persona.
Mentre il comportamento degli altri animali é fortissimamente e molto uniformemente condizionato geneticamente (dal rispettivo genoma) "in toto", integralmente", invece quello umano lo é solo per quanto riguarda gli aspetti comuni a tutti i membri della specie o i casi decisamente patologici, essendo invece in maniera variabilissima condizionato epigeneticamente dalle diverse circostanze della vita di ciascuno in ciò che lo caratterizza storicamente, geograficamente, socialmente, individualmente, che é grandissima, non trascurabile e decisamente interessante parte del comportamento umano stesso.


Importante é secondo me non confondere, come spesso fanno coloro che sono tendenzialmente più o meno egoisti, soddisfazione (piacere, felicità, ecc.) che può darsi tanto dell' egoista quanto dell' altruista, con insoddisfazione (dolore, infelicità ecc.), che pure, del tutto parimenti, può darsi tanto dell' egoista quanto dell' altruista (a seconda che le ben diverse aspirazioni degli uni e degli altri, più o meno egoistiche o più o meno altruistiche) siano soddisfatte o meno.

 
Non dobbiamo confondere soddisfazione (ovvero piacere, felicità, benessere interiore) con egoismo e insoddisfazione, sofferenza, dolore con altruismo.

 C' é una bella differenza!
 
 L' egoista che soddisfa il proprio egoismo (per esempio accumulando ricchezza da taccagno senza fare né dare mai nulla per chi ha bisogno di essere in qualche modo aiutato) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista.
 
 L' egoista che non riesce ad ottenere tutto quello che vorrebbe per sé malgrado la sua taccagneria (e magari invidia altri più fortunati) é infelice (ceteris paribus), ma non per questo non é egoista, non per questo diventa altruista.
 
 L' altruista che non riesce a soddisfare la propria generosità (per esempio perché troppo povero per poter fare regali a chi ne ha bisogno) é infelice, ma non per questo non é altruista.
 
 E l' altruista che soddisfa il proprio altruismo (per esempio elargendo denaro o aiutando in altri modi chi ne ha bisogno; come Thomas Hobbes, per lo meno nel frangente di questo aneddoto, se vero) é felice (ceteris paribus), ma non per questo non é altruista, non per questo diventa egoista.
 
 Egoismo =/= soddisfazione, benessere interiore, felicità
 
 e
 
 altruismo =/= insoddisfazione, sofferenza, infelicità (e anche =/= masochismo).




Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 07 Giugno 2019, 20:12:28 PM
Salve Sgiombo. Sì, da parte mia ricordo, rileggo e ti dò anche relativamente ragione.

Il fatto è che io ho sempre parlato di egoismo naturale, anzi addirittura di "opportunismo naturale sino al livello cosmico", mai di egoismi personali a scopo speculativo o di prevaricazione.

So benissimo che è assai difficile per quasi tutti parlare di certi temi astraendo dalla dimensione umana, dal sentire e giudicare umanamente, dal trovare radici neutralmente extraumane a ciò che (toh !....egoisticamente!) ci riguarda.

Ma io sono uno che la corrente non la segue. La risale cercando di arrivare alle sorgenti. Saluti.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 07 Giugno 2019, 20:29:38 PM
Citazione di: viator il 07 Giugno 2019, 20:12:28 PM
Il fatto è che io ho sempre parlato di egoismo naturale, anzi addirittura di "opportunismo naturale sino al livello cosmico", mai di egoismi personali a scopo speculativo o di prevaricazione.

So benissimo che è assai difficile per quasi tutti parlare di certi temi astraendo dalla dimensione umana, dal sentire e giudicare umanamente, dal trovare radici neutralmente extraumane a ciò che (toh !....egoisticamente!) ci riguarda.

Ma io sono uno che la corrente non la segue. La risale cercando di arrivare alle sorgenti. Saluti.

La corrente del tuo torrentello ultraumano che arriva alle sorgenti del tuo bias. A livello "cosmico" esistono colonie, branchi, mandrie, stormi, simbiosi,... tutta una socialità naturale in cui i comportamenti "altruistici" valgono e funzionano più di quelli "egoistici" per la sopravvivenza della specie e degli individui che la compongono.

Vale anche per noi: il successo evolutivo dell'animale umano sta nel branco, non dell'individuo. Questa è la sorgente dell'altruismo umano, capace di evolversi culturamente in valori etici.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 07 Giugno 2019, 20:54:53 PM
Citazione di: Ipazia il 07 Giugno 2019, 20:29:38 PM
Citazione di: viator il 07 Giugno 2019, 20:12:28 PM
Il fatto è che io ho sempre parlato di egoismo naturale, anzi addirittura di "opportunismo naturale sino al livello cosmico", mai di egoismi personali a scopo speculativo o di prevaricazione.

So benissimo che è assai difficile per quasi tutti parlare di certi temi astraendo dalla dimensione umana, dal sentire e giudicare umanamente, dal trovare radici neutralmente extraumane a ciò che (toh !....egoisticamente!) ci riguarda.

Ma io sono uno che la corrente non la segue. La risale cercando di arrivare alle sorgenti. Saluti.

La corrente del tuo torrentello ultraumano che arriva alle sorgenti del tuo bias. A livello "cosmico" esistono colonie, branchi, mandrie, stormi, simbiosi,... tutta una socialità naturale in cui i comportamenti "altruistici" valgono e funzionano più di quelli "egoistici" per la sopravvivenza della specie e degli individui che la compongono.

Vale anche per noi: il successo evolutivo dell'animale umano sta nel branco, non dell'individuo. Questa è la sorgente dell'altruismo umano, capace di evolversi culturamente in valori etici.

Concordo con Ipazia: oltre all' egoismo e all' opportunismo, esiste un naturalissimo (e pure umanissimo) altruismo (e perfino abnegazione ed eroismo).
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 07 Giugno 2019, 21:27:54 PM
Salve Ipazia. Ti sei fermata parecchio prima del livello cosmico, arrestandoti al livello biologico. Ancora un piccolo sforzo di antibiocentrismo, suvvia !. Il mondo della fisica e le sue dimensioni ti aspettano !.  Non rivolgo lo stesso incitamento a Sgiombo perchè mi sembra egli sia molto più refrattario (per sue convinzioni) di te. Salutoni ad entrambi.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 07 Giugno 2019, 21:31:38 PM
I:
A livello "cosmico" esistono colonie, branchi, mandrie, stormi, simbiosi,... tutta una socialità naturale in cui i comportamenti "altruistici" valgono e funzionano più di quelli "egoistici" per la sopravvivenza della specie e degli individui che la compongono.

o:
Non esiste una socialità naturale come la descrivi tu.
Qualsiasi comportamento animale (anche e sopratutto negli animali di branco) è subordinato all' egoismo\opportunismo del singolo (se levi la g fa sinolo; più che le vocali come i talmudisti noi leviamo e aggiungiamo consonanti per giocare con le parole) o alla difesa -"ragionevole"- della propria discendenza diretta.
Qualche "eccezione" si può trovare nei primati, ma tutte le volte se ne esce sempre qualcuno (il "viator mood" è molto diffuso e moltissimo apprezzato nelle scienze naturali; i "soliti noti" dicono anche troppo, significando per me che non è ancora abbastanza :)) ) con una giustificazione ragionevole che fa capo a comportamenti egoistici od opportunistici.

Il tipo di socialità che intendi è presente nelle colonie animali in cui esiste una sola madre (api formiche fra tutti, quindi unico dna) ed in questi casi i più audaci parlano di "superorganismo".
Non esiste altruismo animale e questo non costituisce un presupposto ideologico, semplicemente non è mai stato osservato, riscontrato o documentato.
Ancora (sto baccagliando, come da richiesta  ;D  ), la sopravvivenza della specie è l'ultima cosa cui può pensare un "animale".
Sopravvivenza della specie è squisitamente umano, non appartiene al mondo animale ed in più non esistono specie ma esistono popolazioni, il mondo animale è quello fatto di artigli e sangue (non mi ricordo mai chi lo ha detto) e non c'è spazio per i nostri concetti.
La competizione intraspecifica è tra i "motori" evolutivi.
In "natura" conta solo l'individuo. E' sperimentalmente "dogmatico", non esiste discussione su questo in ambito evoluzionistico "ortodosso".
Le  teorie che introducono nella riflessione concetti richiamanti  "selezione di gruppo" o di "specie" si sono rivelate insostenibili perchè non sono stati prodotti studi (tantomeno dimostrazioni) derivanti da osservazioni dirette e coindivise da più ricercatori su diverse popolazioni appartenenti alla stessa "specie".

I:
il successo evolutivo dell'animale umano sta nel branco, non dell'individuo. Questa è la sorgente dell'altruismo umano, capace di evolversi culturamente in valori etici.

o:
ancora più complicato.
L'affermazione contiene tre forse quattro assunzioni tutte da dimostrare anzi, la prima del tutto questionabile. Mi fermo alla prima, a richiesta le altre, che se no divento pedante.

"Successo evolutivo".
Fossimo in "querelle" ti chiederei di definire cosa intendi con "successo evolutivo", poi passeremmo ai virus -ah ma quelli non è detto sian vivi- quindi allora passeremo ai batteri, poi passeremo a misurare la biomassa degli insetti e quella umana; poi avremmo tante altre cose di cui parlare per definire "successo evolutivo" che saremmo costretti a smettere per sfinimento, ma forse nel frattempo ci saremo resi conto che stavamo tentando di definire un concetto "indefinibile", quindi inesistente per i nostri fini che sono orientati alla "conoscenza".
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 07 Giugno 2019, 21:35:28 PM
Citazione di: viator il 07 Giugno 2019, 21:27:54 PMSalve Ipazia. Ti sei fermata parecchio prima del livello cosmico, arrestandoti al livello biologico. Ancora un piccolo sforzo di antibiocentrismo, suvvia !. Il mondo della fisica e le sue dimensioni ti aspettano !. Non rivolgo lo stesso incitamento a Sgiombo perchè mi sembra egli sia molto più refrattario (per sue convinzioni) di te. Salutoni ad entrambi.

Il mondo della fisica avrà qualcosa a che fare con la corrente delle apparecchiature neuroscientifiche ma con l'etica non c'entra nulla.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ipazia il 07 Giugno 2019, 22:02:54 PM
Citazione di: odradek il 07 Giugno 2019, 21:31:38 PM

o:
Non esiste una socialità naturale come la descrivi tu.
Qualsiasi comportamento animale (anche e sopratutto negli animali di branco) è subordinato all' egoismo\opportunismo del singolo (se levi la g fa sinolo; più che le vocali come i talmudisti noi leviamo e aggiungiamo consonanti per giocare con le parole) o alla difesa -"ragionevole"- della propria discendenza diretta.
Qualche "eccezione" si può trovare nei primati, ma tutte le volte se ne esce sempre qualcuno (il "viator mood" è molto diffuso e moltissimo apprezzato nelle scienze naturali; i "soliti noti" dicono anche troppo, significando per me che non è ancora abbastanza :)) ) con una giustificazione ragionevole che fa capo a comportamenti egoistici od opportunistici.

Vi sono elementi altruistici documentati in tutte gli animali sociali "superiori", soprattutto da parte femminile, com'è ovvio, quando si tratta di accudire cuccioli orfani, anche di altra specie.

Altruismo e egoismo sono evoluzioni etologiche umane collegate a pulsioni naturali, ma evolutesi per via culturale specistica. L'assistenza sociale è un dato etologico umano di altruismo socializzato

CitazioneAncora (sto baccagliando, come da richiesta  ;D  ), la sopravvivenza della specie è l'ultima cosa cui può pensare un "animale".
Sopravvivenza della specie è squisitamente umano, non appartiene al mondo animale ed in più non esistono specie ma esistono popolazioni, il mondo animale è quello fatto di artigli e sangue (non mi ricordo mai chi lo ha detto) e non c'è spazio per i nostri concetti.

Certamente. Ma anche nel mondo naturale esistono comportamenti istintivi di tipo altruistico e questo li rende ancora più importanti per chi cerca le radici naturali dell'etica. Che rimane concetto umano. Personalmente potrei prescindere da qualsiasi giusnaturalismo, ma se vogliamo chiamare in causa la natura facciamolo senza bias hobbesiani.

Citazione
x
il successo evolutivo dell'animale umano sta nel branco, non dell'individuo. Questa è la sorgente dell'altruismo umano, capace di evolversi culturamente in valori etici.

o:
ancora più complicato.
L'affermazione contiene tre forse quattro assunzioni tutte da dimostrare anzi, la prima del tutto questionabile. Mi fermo alla prima, a richiesta le altre, che se no divento pedante.

"Successo evolutivo".
Fossimo in "querelle" ti chiederei di definire cosa intendi con "successo evolutivo", poi passeremmo ai virus -ah ma quelli non è detto sian vivi- quindi allora passeremo ai batteri, poi passeremo a misurare la biomassa degli insetti e quella umana; poi avremmo tante altre cose di cui parlare per definire "successo evolutivo" che saremmo costretti a smettere per sfinimento, ma forse nel frattempo ci saremo resi conto che stavamo tentando di definire un concetto "indefinibile", quindi inesistente per i nostri fini che sono orientati alla "conoscenza".

Basta vedere la sorte dei nostri cugini primati, ormai al limite di estinzione (soprattutto a causa nostra) per rendersi conto di quale sarebbe stato il nostro "(in)successo evolutivo" in assenza della specificità antropologica. La cultura è parte integrante della nostra evoluzione perchè ci ha permesso di competere e sopraffare altri competitori molto più dotati di noi di argomenti evolutivi squisitamente naturalistici. Basta eliminare il fattore altruistico cooperativo e il bipede implume è fottuto. Ma basta anche molto meno: uno sciopero prolungato dei servizi essenziali.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: viator il 07 Giugno 2019, 23:09:01 PM
Salve Ipazia. Dai, giochiamo un poco a ping-pong.

Per mondo della fisica non intendevo riferirmi ai contenuti della fisica, ma al SENSO di ciò che viene studiato dalla fisica ed al fatto che se ne possano trarre conclusioni valide per l'etica umana.

Ad esempio, se il senso del funzionamento del Mondo-Cosmo consiste nel favorire ("opportunisticamente") i principi che ne garantiscano la perpetuazione (il cui effetto io chiamo persistenza), è ovvio che la Natura-Mondo-Cosmo abbia non solo il "diritto", ma addirittura il "dovere" di rimestare, variegare il tutto attraverso l'incessante suscitamento e distruzione delle sue parti.

Naturalmente potrebbe essere che il senso dell'esistenza del Mondo non sia quello da me citato ma, in mancanza di diverse proposte (su certi temi così semplici ed essenziali ho spesso la sensazione di star scrivendo dal centro del Deserto dei Tartari !), devo proseguire secondo tale interpretazione.

Una simile logica è quella che fornisce anche il senso sia della vita che della morte.
La particolarità di tutto ciò consisterebbe nel fatto che - secondo Natura - vita e morte  avrebbero lo spesso peso e la stessa valenza etico-opportunistica.

Perchè l'una è semplicemente lo strumento utilizzabile per suscitare l'altra.

Quindi possiamo affermare che la natura ha, in termini umani, sia il diritto, che il dovere che la facoltà (oltre ovviamente alla capacità) di tutto distruggere poichè tutto può e deve rigenerare.

Anche l'uomo ha il potere di suscitare la vita e - nei fatti - di poterla sopprimere.

Ma il fatto è che l'uomo - all'interno dei meccanismi naturali - giace purtroppo allo stadio di bambino capriccioso, velleitario, privo di una prospettiva abbastanza ampia che gli permetta di scegliere consapevolmente il proprio destino. E il fatto che risulti eventualmente convinto del contrario conferma invece proprio ciò.

Pertanto è bene che egli non si metta a scimmiottare diritti, doveri e facoltà di sua madre (la Natura) ma cerchi di moderarsi imparando.

E che adotti il seguente precetto "Nessuno sottragga o distrugga ciò che - una volta chiamato a farlo - egli non sia in grado di restituire o rigenerare".

Che sarebbe poi quello (noto da migliaia e migliaia di anni) che sta alla base di tutte le etiche e delle morali benefiche e positive.

Naturalmente un buon numero di nostri lettori stasera andrà a letto chiedendosi "Ma quale mai sarà l'origine remota dell'etica ?". Salutoni.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 08 Giugno 2019, 01:53:27 AM
s:
L' aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello (per esempio tuo; che accade nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo)  allorché é in atto un' attività ideativa (per esempio nell' ambito dell' esperienza fenomenica* tua) non é affatto causato da tale  coesistente attività ideativa nell' ambito di un' altra, diversa esperienza fenomenica cosciente* (nell' esempio la tua*), ma invece dagli immediatamente precedenti eventi neurofisiologici cerebrali (per esempio tuoi; che accadono nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo).

o:
L'aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello non accade solo nella tua esperienza fenomenica ma anche nella mia. Io sto osservando gli stessi risultati che stai guardando tu.
Io "operato" (elettrodi collegati in testa) ho accesso alle tue stesse informazioni, e abbiamo la stessa conoscenza tecnica; tu, "operatore" hai gli elettrodi in testa pure tu, questo per tarare meglio l'esperimento mentale.
"Operato" ed "operatore" hanno accesso alle stesse risultanze a video, hanno le stesse conoscenze in materia ed hanno stessa configurazione di elettrodi (scientificamente avanzatissimi, senza scomodare le matrici applicate ai cari e sconosciutissimi topolini bianchi)

Vediamo meglio la frase:
"L' aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello" = x

x da cosa viene rilevato ?  Da un segnale a schermo, accessibile contemporaneamente ad "operato" ed "operatore", è un dato grezzo, una risultanza meccanica, quindi la chiamiamo x.
Essendo la risultanza disponibile ad operato ed operatore possiamo eliminare la parentesi che dice :

(per esempio tuo; che accade nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo)

perchè l'esperienza fenomenica dell'osservatore è uguale a quella dell'osservatore -ovvero la risultanza a schermo- e quindi l'ambito della esperienza fenomenica è perfettamente uguale, la frase diventa :

x allorchè sia in atto una attività ideativa da parte dell' operato non è causato dalla attività ideativa dell'operato attuale, ma dalla sua attività precedente, diversa da quella attuale.
Quindi quella a schermo ora non è l'attualità ma quello che verrà. A me sembra tutto assurdo.

E' giusto quello che ho capito?
Una volta che operato ed operatore hanno accesso alle stesse risultanze non riesco a capire dove possa stare tutto questo incrociarsi di esperienze fenomeniche.

Penso ad una mela e sullo schermo vediamo una mela, operato ed operatore, cosa c'e' ancora da discutere sui contenuti e su quello che precedeva i contenuti.
Così procedendo a ritroso, ovvero se un contenuto mentale è sempre originato da contenuti mentali precedenti come la mettiamo con il fatto che potrei benissimo concentrarmi su una mela per un minuto o per un ora ?
Se penso ad una mela per un minuto di fila voglio vedere la strumentazione che output passa poi se proprio vogliamo far la corsa sui precedenti.
Abbiamo una mela davanti, oppure pensiamo ad una mela per un ora di fila, abbiamo gli elettrodi in testa,  ognuno ha il suo schermo, ed ognuno ha accesso allo schermo dell'altro ed entrambi abbiamo le stesse conoscenze tecniche, senza scomodare gemelli e doppelganger.
Questo rimpallo fenomenologico tra "operatore" ed "operato" si annulla, sparisce, unica è l'esperienza percettiva o immaginativa, unica (rispettivamente) è la risultanza a schermo che entrambi vediamo, e che certo, potrebbe essere diversa, ma sempre uguale a se stessa quando ognuno di noi penserà ad una mela.

Non riesco a capire in che punto collocare tutta questa indeterminatezza fenomenologica, da cosa sia dimostrata, o congetturata. Non riesco a capire cosa ci sia di incomunicabile tra un esperienza fenomenologica e l'altra e non capisco questo rimpallo di esperienze tra coscienza dell'operato e coscienza dell'operatore dato che stan pensando o vedendo le stesse cose e che le risultanze "elettriche" son visibili ad entrambi.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 08:04:40 AM
Citazione di: viator il 07 Giugno 2019, 21:27:54 PM

So benissimo che è assai difficile per quasi tutti parlare di certi temi astraendo dalla dimensione umana, dal sentire e giudicare umanamente, dal trovare radici neutralmente extraumane a ciò che (toh !....egoisticamente!) ci riguarda.
Citazione
E' più o meno difficile per quasi tutti parlare di certi temi astraendo dalla dimensione umana, dal sentire e giudicare umanamente, dal trovare radici neutralmente extraumane a ciò che (toh !....egoisticamente per chi sia tendenzialmente egoista ma altruisticamente per chi sia tendenzialmente altruista!) ci riguarda.




Salve Ipazia. Ti sei fermata parecchio prima del livello cosmico, arrestandoti al livello biologico. Ancora un piccolo sforzo di antibiocentrismo, suvvia !. Il mondo della fisica e le sue dimensioni ti aspettano !.  Non rivolgo lo stesso incitamento a Sgiombo perchè mi sembra egli sia molto più refrattario (per sue convinzioni) di te. Salutoni ad entrambi.
Citazione
Sono contrario ai voli pindarici (a meno che, di fatto raramente e di solito molto prosaicamente, non siano confermati empiricamente e/o logicamente) al di fuori dell' arte, e in particolare nella filosofia e nella scienza, ma sono comunque disposto a prendere in considerazione opinioni da cui dissento.

Ma da sobrio razionalista e naturalista non vedo proprio come si possa parlare di comportamento. egoismo, altruismo, etica, violazione dell' etica, negazione dell' etica, ecc. a proposito "della fisica e delle sue dimensioni", ovvero del mondo (fenomenico) naturale non animale (o forse al massimo del mondo  -fenomenico- vivente in generale).

Salutoni ricambiati.


Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 08:28:10 AM
Citazione di: odradek il 07 Giugno 2019, 21:31:38 PM
I:
A livello "cosmico" esistono colonie, branchi, mandrie, stormi, simbiosi,... tutta una socialità naturale in cui i comportamenti "altruistici" valgono e funzionano più di quelli "egoistici" per la sopravvivenza della specie e degli individui che la compongono.

o:
Non esiste una socialità naturale come la descrivi tu.
Qualsiasi comportamento animale (anche e sopratutto negli animali di branco) è subordinato all' egoismo\opportunismo del singolo (se levi la g fa sinolo; più che le vocali come i talmudisti noi leviamo e aggiungiamo consonanti per giocare con le parole) o alla difesa -"ragionevole"- della propria discendenza diretta.
Qualche "eccezione" si può trovare nei primati, ma tutte le volte se ne esce sempre qualcuno (il "viator mood" è molto diffuso e moltissimo apprezzato nelle scienze naturali; i "soliti noti" dicono anche troppo, significando per me che non è ancora abbastanza :)) ) con una giustificazione ragionevole che fa capo a comportamenti egoistici od opportunistici.
Citazione
Falsificato (letteralmente) dall' osservazione empirica dei fatti.




Il tipo di socialità che intendi è presente nelle colonie animali in cui esiste una sola madre (api formiche fra tutti, quindi unico dna) ed in questi casi i più audaci parlano di "superorganismo".
Citazione
Ancora un pizzico di audacia intellettuale in più e ci si accorge che l' intera materia vivente (fenomenica) può essere considerata un "superorganismo".





Non esiste altruismo animale e questo non costituisce un presupposto ideologico, semplicemente non è mai stato osservato, riscontrato o documentato.
Citazione
Solo per chi pregiudizialmente si rifiuta di guardare in faccia la realtà.





Ancora (sto baccagliando, come da richiesta  ;D  ), la sopravvivenza della specie è l'ultima cosa cui può pensare un "animale".
Sopravvivenza della specie è squisitamente umano, non appartiene al mondo animale ed in più non esistono specie ma esistono popolazioni, il mondo animale è quello fatto di artigli e sangue (non mi ricordo mai chi lo ha detto) e non c'è spazio per i nostri concetti.
Citazione
Il mondo animale é anche quello fatto di corteggiamenti, donazioni di cibo e di acqua, giochi, allattamenti, aiuto recisproco e tantissime altre cose non sanguinolente.

Squisitamente umano e non proprio di altri animali é il pensare (sapere) circa la sopravvivenza di specie.

Proprio di tutti gli animali é l' operare (l' agire), per lo meno "normalmente", solitamente  o comunque nella maggior parte dei casi, conformemente alla sopravvivenza (anche) di specie; e anche di specie diverse dalla propria: chi casualmente fosse nato con un DNA tale da non saperlo fare sarebbe già stato spazzato via dalla selezione naturale (come anche chi lo facesse in eccesso e a detrimento di se stesso e della propria specie): la realtà (fenomenica), tanto più se vivente, é alquanto complicata (molto più del semplicistico preteso egoismo e opportunismo naturale assoluto dei viventi).






La competizione intraspecifica è tra i "motori" evolutivi.
In "natura" conta solo l'individuo. E' sperimentalmente "dogmatico", non esiste discussione su questo in ambito evoluzionistico "ortodosso".

Le  teorie che introducono nella riflessione concetti richiamanti  "selezione di gruppo" o di "specie" si sono rivelate insostenibili perchè non sono stati prodotti studi (tantomeno dimostrazioni) derivanti da osservazioni dirette e coindivise da più ricercatori su diverse popolazioni appartenenti alla stessa "specie".
Citazione
In ambito evoluzionistico "ortodosso" (Gould, Lewontin, Eldredge, Pievani, ecc.) esiste eccome la consapevolezza che contano eccome anche le popolazioni, specie e anche le classi tassonomiche più ampie delle specie, e tanto la competizione quanto la collaborazione a e fra tutti e ciascuno  di questi livelli.

Le loro  riflessione concetti richiamanti  "selezione di gruppo" o di "specie" si sono rivelate ragionevoli. realistiche, fortemente esplicative ed empiricamente confermate.





I:
il successo evolutivo dell'animale umano sta nel branco, non dell'individuo. Questa è la sorgente dell'altruismo umano, capace di evolversi culturamente in valori etici.

o:
ancora più complicato.
L'affermazione contiene tre forse quattro assunzioni tutte da dimostrare anzi, la prima del tutto questionabile. Mi fermo alla prima, a richiesta le altre, che se no divento pedante.

"Successo evolutivo".
Fossimo in "querelle" ti chiederei di definire cosa intendi con "successo evolutivo", poi passeremmo ai virus -ah ma quelli non è detto sian vivi- quindi allora passeremo ai batteri, poi passeremo a misurare la biomassa degli insetti e quella umana; poi avremmo tante altre cose di cui parlare per definire "successo evolutivo" che saremmo costretti a smettere per sfinimento, ma forse nel frattempo ci saremo resi conto che stavamo tentando di definire un concetto "indefinibile", quindi inesistente per i nostri fini che sono orientati alla "conoscenza".
Citazione
L' esistere avendo superato  (in varia misura e per vari aspetti a seconda dei casi) il vaglio della selezione naturale  == "successo evolutivo" (maggiore o minore a seconda dei casi e degli aspetti considerati: in natura non si danno assoluti e perfezione).

Che del tutto ovviamente e banalmente, come tutto ciò che é naturale, non può avere durata illimitata: la vita é (inevitabilmente) nascita, sviluppo, morte.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 08 Giugno 2019, 08:51:53 AM
I:
Vi sono elementi altruistici documentati in tutte gli animali sociali "superiori", soprattutto da parte femminile, com'è ovvio, quando si tratta di accudire cuccioli orfani, anche di altra specie.

o:
quindi, fossimo in "querelle", dovresti dirmi dove trovare queste risultanze. Non lo siamo se no mi toccherebbe anche parlare di romolo e remo tarzan bambi e dumbo. Proibiti anche i filmati di youtube.
Mi parli di "bene della specie" quando la prima cosa che fanno i leoni dominanti è sterminare la cucciolata precedente cosa che fanno anche altre specie tra cui una di macachi. La natura è bellissima da vedere ma per il "vivente" è uno strazio indicibile.
Per qualsiasi erbivoro che non sia un rinoceronte (sano robusto adulto e praticamente estinto, a buon motivo che avere i rinoceronti nei piedi è in qualche modo limitante per l'attività umana, fatta salva la diversità biologica ed il turismo ecologico) la competizione neocapitalistica sarebbe come per un ergastolano della costa d'avorio i domiciliari in Danimarca.

I:
a- Altruismo e egoismo sono b-evoluzioni etologiche umane collegate a pulsioni naturali, c-ma evolutesi per via culturale specistica. L'assistenza sociale è un dato etologico umano di altruismo socializzato

o:
a- no. L'"egoismo" è costitutivo (come è costitutivo il carbonio o l'argilla) l'altruismo no.
Sicuramente preferiremo morire che mangiarci l'un l'altro (intendo con "mangiarci" la sequenza che contempla -uccisione macellazione morsicazione ingestione -non necessariamente nell'ordine dato)  ma dovremmo trovarci nella situazione in cui quella di mangiarci l'un l'altro diventasse una condizione dirimente tra chi campa e chi no per poterlo dire.
Ed avere una vita davanti per poterlo certamente dire.
 
b- dici collegate a pulsioni naturali.
Non esiste pulsione naturale altruistica, non riesci a darti conto di questo.
Invece che istinti hai astutamente usato "pulsioni naturali", ma la faccenda non cambia. Non esistono istinti altruistici.
Dici invece -secondo me- giustamente quando dici

c- trattasi di evoluzione culturale per chi la ammette, ed io sono tra quelli. Evoluzione da cui il mondo animale è totalmente alieno (non estraneo perchè lo stiamo azzerando) e da cui sono alieni anche gli istinti umani.
Le pulsioni diventano tali quando sono considerate come istanze di un inconscio o per non usare la parola istinti quando riferita all'umano.

I:
Ma anche nel mondo naturale esistono comportamenti istintivi di tipo altruistico e questo li rende ancora più importanti per chi cerca le radici naturali dell'etica. Che rimane concetto umano. Personalmente potrei prescindere da qualsiasi giusnaturalismo, ma se vogliamo chiamare in causa la natura facciamolo senza bias hobbesiani

o:
ancora con i comportamenti altruistici nel mondo animale. Non esistono, bisogna rassegnarsi a questa cosa. Gli animali fan quel che devono fare e quel che fanno è massacrarsi l'un l'altro.
A livello di branco (relativo ai predatori) non succede perchè esistono gerarchie specifiche dettate dalla forza, prima sfidata poi minacciata e poi imposta\subita, in questa eterna ed immutabile successione.
Mi parli di "bene della specie" quando la prima cosa che fanno i leoni dominanti è sterminare la cucciolata precedente (cosa che fanno anche altre specie tra cui una di macachi)

I:
Basta vedere la sorte dei nostri cugini primati, ormai al limite di estinzione (soprattutto a causa nostra) per rendersi conto di quale sarebbe stato il nostro "(in)successo evolutivo" in assenza della specificità antropologica.

o:
Mr. Loop, è colpa sua.
Noi (inteso come il noi che precede il noi come uomini), non avremmo avuto il destino evolutivo che hanno avuto le "scimmie" se non ci fosse stato qualcosa come l'uomo.
Se il qualcosa che è diventato uomo non lo fosse diventato quel qualcosa avrebbe quindi convissuto con le scimmie.
Vuoi dimostrarmi l'insuccesso che avremmo avuto noi se non fossimo diventati noi, indicandomi una specie dei primati a cui apparteniamo.
Ma se noi avessimo avuto "insuccesso" avremmo convissuto con loro. Abbiamo avuto successo (tu dici per meriti che fan capo all'altruismo) e quindi li abbiamo "massacrati" come evidenza del successo.
Se invece avessero avuto più successo i "gorilla" avrebbero massacrato le altre scimmie e scimmioni ?
Nei milioni di anni passati il T.Rex non è che si sia mangiato il mondo, eppure ha avuto più successo evolutivo (in termini di durata) di quanto cqualunque persona ragionevole possa attribuire all'umano.

I:
La cultura è parte integrante della nostra evoluzione perchè ci ha permesso di competere e sopraffare altri competitori molto più dotati di noi di argomenti evolutivi squisitamente naturalistici. Basta eliminare il fattore altruistico cooperativo e il bipede implume è fottuto. Ma basta anche molto meno: uno sciopero prolungato dei servizi essenziali.

o:
No, la cultura è parte integrante della storia umana e della evoluzione culturale della nostra specie e non della nostra evoluzione come esseri viventi.
Se elimini il fattore altruistico non è fottuto il bipede implume.
E' fottuto il bipede implume più debole, perchè verrà sottomesso a livello di branco o a livello di semplice alimento o a livello di semplice "cura della prole" -che evolutivamente è una corsa a sbolognare la grana, a insaputa dei più-. Ma sempre sottomissione del più "debole" si tratta.
Se elimini il fattore altruistico entrerà in gioco prima o poi il fattore "collaborativo" e poi forse, dipendendo dall'evoluzione culturale quale strada avrà preso anche l'altruismo.
 
I:
Certamente. Ma anche nel mondo naturale esistono comportamenti istintivi di tipo altruistico e questo li rende ancora più importanti per chi cerca le radici naturali dell'etica.

o:
prima o poi qualcuno ti chiederà esempi, pubblicazioni o libri intorno a sto fatto qua, e saran dolori.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 09:28:07 AM
Citazione di: odradek il 08 Giugno 2019, 01:53:27 AM
s:
L' aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello (per esempio tuo; che accade nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo)  allorché é in atto un' attività ideativa (per esempio nell' ambito dell' esperienza fenomenica* tua) non é affatto causato da tale  coesistente attività ideativa nell' ambito di un' altra, diversa esperienza fenomenica cosciente* (nell' esempio la tua*), ma invece dagli immediatamente precedenti eventi neurofisiologici cerebrali (per esempio tuoi; che accadono nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo).

o:
L'aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello non accade solo nella tua esperienza fenomenica ma anche nella mia. Io sto osservando gli stessi risultati che stai guardando tu.
Citaziones:
L'aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello tuo é simile a quella nel cervello mio, ma sono fatti diversi; e solitamente (a meno che non ci si guardi allo specchio o indirettamente per il tramite dell' imaging neurologico funzionale) la prima accade nell' ambito della tua esperienza fenomenica cosciente (sei tu a guardare il mio cervello), la seconda accade nell' ambito della mia esperienza fenomenica cosciente (sono io a guardare il tuo cervello).
2 Esse sono postulabili (non dimostrabili: Hume!) essere intersoggettive (chiunque le può rilevare in linea di principio in ciascuno dei cervelli in questione (nell' ambito della esperienza fenomenica cosciente sua proprio, di ognuno di tali "ciascuno").
3 Le esperienze fenomeniche coscienti (materiali e mentali) che a tali fenomeni materiali necessariamente coesistono - codivengono - corrispondono, sono tutt' altri enti ed eventi (anch' essi fenomenici); di esse quelle materiali possono anch' esse essere postulate essere intersoggettive (e anche misurate: ergo possono essere conosciute soggettivamente), quelle mentali no.





Io "operato" (elettrodi collegati in testa) ho accesso alle tue stesse informazioni, e abbiamo la stessa conoscenza tecnica; tu, "operatore" hai gli elettrodi in testa pure tu, questo per tarare meglio l'esperimento mentale.
"Operato" ed "operatore" hanno accesso alle stesse risultanze a video, hanno le stesse conoscenze in materia ed hanno stessa configurazione di elettrodi (scientificamente avanzatissimi, senza scomodare le matrici applicate ai cari e sconosciutissimi topolini bianchi)
Citaziones:
Il cervello mio con i "suoi" elettrodi" e il cervello tuo con i "suoi" elettrodi" sono diverse cose (fenomeniche; materiali e dunque postulabili essere intersoggettive).
Ma soprattutto le corrispondenti esperienze fenomeniche coscienti sono altre cose ancora (quattro "cose" in tutto); e di esse le componenti mentali (che vi coesistono con quelle materiali) non sono postulabili essere intersoggettive.





Vediamo meglio la frase:
"L' aumento dell'attività metabolica ed elettrochimica del cervello" = x

x da cosa viene rilevato ?  Da un segnale a schermo, accessibile contemporaneamente ad "operato" ed "operatore", è un dato grezzo, una risultanza meccanica, quindi la chiamiamo x.
Essendo la risultanza disponibile ad operato ed operatore possiamo eliminare la parentesi che dice :

(per esempio tuo; che accade nell' ambito dell' esperienza fenomenica** mia, ovvero di me che lo osservo)

perchè l'esperienza fenomenica dell'osservatore è uguale a quella dell'osservatore -ovvero la risultanza a schermo- e quindi l'ambito della esperienza fenomenica è perfettamente uguale, la frase diventa :
Citaziones:
Non é uguale (che non ha nemmeno senso come mera ipotesi: a nessuno é dato di poter "sbirciare" nelle esperienze fenomeniche altrui per vedere se hanno qualcosa di uguale alla o di diverso aalla propria), ma invece sono postulabili essere intersoggettive, ovvero reciprocamente corrispondenti "per filo e per segno": due diverse cose, "x" e "y" postulabili essere reciprocamente corrispondenti (intersoggettive) perché (fenomeniche) materiali.
Ma soprattutto sono ben diverse (tutt' altri enti ed eventi) che le esperienze fenomeniche coscienti mia e tua che ad esse necessariamente coesistono - codivengono - corrispondono): il tuo cervello con i "suoi" elettrodi nella mia esperienza fenomenica cosciente (e -indirettamente- anche nella tua, se entrambi guardiamo lo schermo) é altro che il mio cervello con i "suoi" elettrodi nella tua esperienza fenomenica cosciente (e -indirettamente- anche nella mia, se entrambi guardiamo lo schermo).
In tutto vi sono quattro (reciprocamente distinte) cose: "x" e "y" fenomeniche materiali (i nstri cervelli) e "w" e "z" (rispettivamente la mia e la tua esperienza -fenomenica- cosciente, entrambe con componenti sia materiali postulabili essere intersoggettive, sia mentali non postulabili essere intersoggettive).







x allorchè sia in atto una attività ideativa da parte dell' operato non è causato dalla attività ideativa dell'operato attuale, ma dalla sua attività precedente, diversa da quella attuale.
Citaziones:
Anche qui confondi esperienza cosciente e cervello.
Allorché é in atto in un cervello una determinata attività neurofisiologica cerebrale (nelle esperienze coscienti** di chi le osservi), essa:
a)   é causata dai precedenti eventi neurofisiologici accaduti in tale cervello:
b)   corrisponde biunivocamente a, ma non si identifica affatto con, una certa determinata (altra) esperienza cosciente* (non causata da alcun evento neurofisiologico, ma solo necessariamente con esso coesistente).






Quindi quella a schermo ora non è l'attualità ma quello che verrà. A me sembra tutto assurdo.
Citaziones:
Io non ho capito quest' ultima frase.






E' giusto quello che ho capito?
Una volta che operato ed operatore hanno accesso alle stesse risultanze non riesco a capire dove possa stare tutto questo incrociarsi di esperienze fenomeniche.
CitazioneS:
Sia dell' operatore che dell' operato:
a)   il rispettivo cervello é presente in esperienze fenomeniche**;
b)   "hanno accesso a" (vivono, percepiscono coscientemente) talune "risultanze" (fenomeni coscienti) appartenenti alla propria (di ciascuno di essi) esperienza fenomenica*;
fra le quali esistono corrispondenze biunivoche (e non identità).






Penso ad una mela e sullo schermo vediamo una mela, operato ed operatore, cosa c'e' ancora da discutere sui contenuti e su quello che precedeva i contenuti.
Citaziones:
No.
Tu pensi una mela e sullo schermo il tuo esaminatore (e anche tu se ti autoesamini) vede (invece) talune determinate attività neurofisiologiche del tuo cervello (soprattutto nei lobi occipitali): cose ben diverse da una bella mela rossa matura profumata e dolcissima, ovvero a ciò che pensi.






Così procedendo a ritroso, ovvero se un contenuto mentale è sempre originato da contenuti mentali precedenti come la mettiamo con il fatto che potrei benissimo concentrarmi su una mela per un minuto o per un ora ?
Citaziones:
Non vedo proprio che problema ci sia.






Se penso ad una mela per un minuto di fila voglio vedere la strumentazione che output passa poi se proprio vogliamo far la corsa sui precedenti.
Abbiamo una mela davanti, oppure pensiamo ad una mela per un ora di fila, abbiamo gli elettrodi in testa,  ognuno ha il suo schermo, ed ognuno ha accesso allo schermo dell'altro ed entrambi abbiamo le stesse conoscenze tecniche, senza scomodare gemelli e doppelganger.
Questo rimpallo fenomenologico tra "operatore" ed "operato" si annulla, sparisce, unica è l'esperienza percettiva o immaginativa, unica (rispettivamente) è la risultanza a schermo che entrambi vediamo, e che certo, potrebbe essere diversa, ma sempre uguale a se stessa quando ognuno di noi penserà ad una mela.

Non riesco a capire in che punto collocare tutta questa indeterminatezza fenomenologica, da cosa sia dimostrata, o congetturata. Non riesco a capire cosa ci sia di incomunicabile tra un esperienza fenomenologica e l'altra e non capisco questo rimpallo di esperienze tra coscienza dell'operato e coscienza dell'operatore dato che stan pensando o vedendo le stesse cose e che le risultanze "elettriche" son visibili ad entrambi.
Citaziones:
No: due sono le esperienze percettive o immaginative, due sono le risultanze a schermo che entrambi vediamo (tu vedi la tua nell' ambito della tua esperienza fenomenica cosciente, io vedo al mia nell' ambito della mia esperienza fenomenica cosciente, (postulabili essere intersoggettive limitatamente alle loro componenti materiali, ma) e che certo, sono assolutamente diverse, anche se le loro componenti materiali (fenomeniche; ma non quelle mentali; altrettanto fenomeniche: per esempio la visione, ma non il pensiero, di una mela) possono essere postulate essere biunivocamente corrispondenti (==intersoggettive), ma non mai uguali a se stesse (nemmeno avrebbe senso una tale ipotesi non essendo dato a nessuno di poter "sbirciare nelle coscienze altrui)quando ognuno di noi penserà ad una mela.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 11:31:09 AM
Su etica, altruismo, egoismo, opportunismo, ecc. credo che tutti potremmo (concordemente; con compiacimento "altruistico" o con dispiacere "egoistico", in maggiore o minor misura a seconda dei casi) convenire che:

Non c' é peggior cieco di chi deliberatamente si autoimponga di non vedere e peggior sordo di chi deliberatamente si autoimponga di non udire.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 08 Giugno 2019, 11:45:40 AM
Non entro nella questione per manifesta incompetenza. Quindi non entrerò nel merito di tutte le affermazioni da naturalista disneyano una per una (chiunque può verificare, meno ovviamente le persone che pensano ci siano persone che non verificano e con queste è appunto inutile discutere).

Per quanto riguarda la manifesta incompetenza (che non è un difetto, il difetto è spacciarla per conoscenza effettiva) basterà questa dichiarazione, esemplare del fraintendimento generale che la ha generata, questa ed altre.

sgiombo :
In ambito evoluzionistico "ortodosso" (Gould, Lewontin, Eldredge, Pievani, ecc.) esiste eccome la consapevolezza che contano eccome anche le popolazioni, specie e anche le classi tassonomiche più ampie delle specie, e tanto la competizione quanto la collaborazione a e fra tutti e ciascuno  di questi livelli.

o:
Definire "ortodossi" Gould ed Eldredge e Lewontin è vermanente ilare ed ancora una volta di più, autoesplicativo delle conoscenze acquisite.
Il darwinismo ortodosso consiste nella "sintesi moderna" (wiki inglese per averne una infarinatura sul momento; ma anche quella  è in continuo rifacimento, essendo tema ideologicamente "caldo" ogni due per tre compaiono citazioni senza fonte o sospette quindi cautela anche con la wiki inglese prima di uscirsene con mostruosità teoriche; quindi è sempre bene avere qualche libriccino in mano meglio se recente o quasi) da cui Gould si è staccato.

Segue, in misura minore Eldredge in quanto i suoi "equilibri punteggiati", sostenuti da Gould sin dall' inizio -altro dei suoi immensi meriti- sono in quache maniera e dopo infinite discussioni teoriche, entrati nella concezione della "sintesi moderna".  
Lewontin viene di solito citato in quanto "adottato" da Gould per i suoi "sprandels" che ben "servivano" a Gould per basare la exaptazione; ma qua andiamo sul tecnico e in ogni caso Lewontin con la sua pesante critica al determinismo genetico si è posto fuori, ben più di Gould, dalla "sintesi moderna".

Per quanto riguarda Pievani (vivente, italiano e contattabilissimo, prova e vedrai) si risentirebbe un pochino a non essere inquadrato come esponente della sintesi moderna, nel caso non avesse cambiato idea di recente, anzi, recentissimo.
In ogni caso è persona disponibile al discorso (se non zeppo di lavoro) e con una mail ti levi tutti i dubbi; se lo trovi nel momento buono potrebbe anche consigliarti qualche lettura che ti permetterebbe di non scrivere sfondoni ciclopici; mi riferisco sopratutto al post precedente che potrebbe esser messo a manifesto del "come capire niente dell'evoluzionismo" ed al quale manco ho risposto per assoluta e totale mancanza di base coindivisa.

Gould sopratutto (a fine di una carriera eccezionalmente meritevole per il contributo dato alla divulgazione\difesa del darwinismo ortodosso), è il principe e l'esempio per ogni divulgatore serio e responsabile.
Nei suoi articoli divulgativi pubblicati per quasi 40 anni non si è mai "permesso" (per rispetto di un pubblico non specialista e nonostante il suo enorme peso mediatico e la sua autorità totemica presso il grande pubblico)  di uscire dall'ortodossia darwinista se non con qualche velatissimo accenno dedicato agli addetti ai lavori e assolutamente "trasparente" ai lettori -quasi un  metalinguaggio, una frase ogni tre articoli.

A livello teorico ed accademico invece, Gould ha sempre manifestato dissapori con la "sintesi moderna" e la sua visione, compresa l'ipotesi di lavoro (ipotesi e non conclusione) della macroevoluzione che era ed è rimasta di minoranza.

Tutto questo e di più si trova, magnificamente esposto ne "La struttura della teoria dell' evoluzione" -Stephen Jay Gould. Raffaello Cortina edizioni.
Scritto nel 2002 e tradotto in Italia nel 2003.
L'edizione italiana è stata curata dal buon Pievani.
Esattamente sono 1732 pagine, ma comprende non solo una "perfetta" storia dello sviluppo del darwinismo ma anche la migliore esposizione delle tesi di Gould discordanti dalla "sintesi moderna" dato che son scritte da lui medesimo; quindi vale dieci volte i 58 euri di acquisto e ti farai un favore enorme oltre a fare un figurone in libreria.

Li vengono sviluppati tutti i concetti attraverso e per mezzo dei  quali (uno su tutti la macroevoluzione)  Gould si è posto fuori dalla "sintesi moderna" innescando un dibattito durato qualche anno e poi tralasciato.
La formazione di Gould è quella di un paleontologo e lui stesso ammette il "condizionamento legante" alla documentazione fossile.
Nasce e muore paleontologo, che è anche un nobile omaggio alla disciplina ed a tutto quel che ha "fatto" la paleontologia per l'evoluzionismo.
Il paleontologo basa e sopratutto "pesa" le sue conclusioni "esclusivamente" sulle risultanze fossili, cosa a cui la "sintesi moderna" da meno "peso".
Stiamo parlando non di "fossili" umani che invece sono ancora e rimangono per ora il Santo Graal degli studi sulla evoluzione umana.

Sarei lietissimo di continuare la discussione citando nelle nostre argomentazioni capitolo pagina e capoverso del libro di
Gould anche se il mio è quasi impraticabile per consunzione e poco leggibile causa annotazioni ma almeno non sarò più costretto (anche se la colpa è sempre e solamente mia, insisto) a leggere frasi tipo :

s:
a- Falsificato (letteralmente) dall' osservazione empirica dei fatti.  
b- Ancora un pizzico di audacia intellettuale in più e ci si accorge che l' intera materia vivente (fenomenica) può essere considerata un "superorganismo".  ** denunciando la totale sconoscienza di O. Wilson che non è nome da poco..ma tant'è**
c- Solo per chi pregiudizialmente si rifiuta di guardare in faccia la realtà.

o:
il tutto senza il minimo riscontro od obiezione, il tutto come una specie di "Hume!" o come una specie di "ecquequa!" alla Pappagone.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 19:14:09 PM
Citazione di: odradek il 08 Giugno 2019, 11:45:40 AM

Per quanto riguarda la manifesta incompetenza (che non è un difetto, il difetto è spacciarla per conoscenza effettiva) basterà questa dichiarazione, esemplare del fraintendimento generale che la ha generata, questa ed altre.

sgiombo :
In ambito evoluzionistico "ortodosso" (Gould, Lewontin, Eldredge, Pievani, ecc.) esiste eccome la consapevolezza che contano eccome anche le popolazioni, specie e anche le classi tassonomiche più ampie delle specie, e tanto la competizione quanto la collaborazione a e fra tutti e ciascuno  di questi livelli.

o:
Definire "ortodossi" Gould ed Eldredge e Lewontin è vermanente ilare ed ancora una volta di più, autoesplicativo delle conoscenze acquisite.
Citaziones:
Gould ed Eldredge e Lewontin, come pure Pievani, sono (-era) rispettabilissimi accademici la cui competenza ed "ortodossia" (ho usato e riuso le virgolette, come anche te, per riprendere il concetto da te usato nell' intervento #114 di questa discussione, che letteralmente é diametralmente opposto alle più elementari condizioni di scientificità di un ragionamento o discorso; il senso letteralmente vero é quello di "correttezza scientifica") nessun serio avversario teorico fossero pure i per me pessimi Dawkins ed E. O. Wilson osano negare.

Ilare ed autoesplicativo é casomai negarlo.






Il darwinismo ortodosso consiste nella "sintesi moderna" (wiki inglese per averne una infarinatura sul momento; ma anche quella  è in continuo rifacimento, essendo tema ideologicamente "caldo" ogni due per tre compaiono citazioni senza fonte o sospette quindi cautela anche con la wiki inglese prima di uscirsene con mostruosità teoriche; quindi è sempre bene avere qualche libriccino in mano meglio se recente o quasi) da cui Gould si è staccato.
Citaziones:
Sciocchezze (in quanto rivolte a me) integralmente respinte a mittente.







Segue, in misura minore Eldredge in quanto i suoi "equilibri punteggiati", sostenuti da Gould sin dall' inizio -altro dei suoi immensi meriti- sono in quache maniera e dopo infinite discussioni teoriche, entrati nella concezione della "sintesi moderna".  
Lewontin viene di solito citato in quanto "adottato" da Gould per i suoi "sprandels" che ben "servivano" a Gould per basare la exaptazione; ma qua andiamo sul tecnico e in ogni caso Lewontin con la sua pesante critica al determinismo genetico si è posto fuori, ben più di Gould, dalla "sintesi moderna".
Citaziones:
A dispetto del tuo atteggiamento saccente evidentemente ignori che la teoria degli equilibri punteggiati, componente importantissima degli ultimi sviluppi della sintesi moderna, é tanto di Eldredge quanto di Gould (che hanno collaborato per anni nelle loro ricerche).
Per un' elementare infarinatura in proposito ti rimando qui:

https://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_degli_equilibri_punteggiati

Eldredge, con la sua puntuale ed efficace critica al preteso "determinismo genetico assolutio" é ben dentro la correttezza scientifica (contrariamente al
preteso "determinismo genetico assoluto" con la sua ignranza del ruolo fondamentale di epigenesi e ambiente -macroscopico, microscopico, citoplasmatico- e dell' interazione fra questo e genoma nello sviluppo fenotipico dei viventi e nell' evoluzione biologica).









Per quanto riguarda Pievani (vivente, italiano e contattabilissimo, prova e vedrai)
Citaziones:
Già fatto qualche anno fa.






si risentirebbe un pochino a non essere inquadrato come esponente della sintesi moderna, nel caso non avesse cambiato idea di recente, anzi, recentissimo.
Citaziones:
Invece é "da sempre" perfettamente d' accordo con la biologa scientifica nel negare il preteso "egoismo e opportunismo assoluti" dei viventi.







In ogni caso è persona disponibile al discorso (se non zeppo di lavoro) e con una mail ti levi tutti i dubbi; se lo trovi nel momento buono potrebbe anche consigliarti qualche lettura che ti permetterebbe di non scrivere sfondoni ciclopici; mi riferisco sopratutto al post precedente che potrebbe esser messo a manifesto del "come capire niente dell'evoluzionismo" ed al quale manco ho risposto per assoluta e totale mancanza di base coindivisa.
Citaziones:
Ripeto che l' ho contattato anni fa e che mi ha prontamente risposto con cordialità e approvazione delle mie osservazioni.
Di lui ho letto La teoria dell' evoluzione, La vita inaspettata, Homo sapiens e altre catastrofi, Creazione senza Dio, La fine del mondo e vari articoli.

Rispedite al mittente anche queste altre sciocchezze circa un presunto da parte mia non "capire niente dell'evoluzionismo"; confermo invece la assoluta e totale mancanza di base condivisa.







Gould sopratutto (a fine di una carriera eccezionalmente meritevole per il contributo dato alla divulgazione\difesa del darwinismo ortodosso), è il principe e l'esempio per ogni divulgatore serio e responsabile.
Nei suoi articoli divulgativi pubblicati per quasi 40 anni non si è mai "permesso" (per rispetto di un pubblico non specialista e nonostante il suo enorme peso mediatico e la sua autorità totemica presso il grande pubblico)  di uscire dall'ortodossia darwinista se non con qualche velatissimo accenno dedicato agli addetti ai lavori e assolutamente "trasparente" ai lettori -quasi un  metalinguaggio, una frase ogni tre articoli.
Citaziones:
Appunto (salvo le pretese "eccezionali" uscite dalla correttezza scientifica): veramente ilare (ed autoesplicativo) é pretendere che sarebbe ilare (ed autopesplicativo) Definire "ortodossi" Gould ed Eldredge e Lewontin.






A livello teorico ed accademico invece, Gould ha sempre manifestato dissapori con la "sintesi moderna" e la sua visione, compresa l'ipotesi di lavoro (ipotesi e non conclusione) della macroevoluzione che era ed è rimasta di minoranza.
Citaziones:
No.
Ha invece sempre manifestato dissenso da e criticato efficacemente le aberrazioni antiscientifiche della sociobiologia e di Dawkins (oltre che quelle creazioniste, ovviamente).

En passant: Da quando in qua la verità scientifica si deciderebbe "democraticamente a maggioranza"?

Saremmo ancora al mondo tolemaico, essendo Galilieo e Copernico in netta minoranza ai tempi loro!







Tutto questo e di più si trova, magnificamente esposto ne "La struttura della teoria dell' evoluzione" -Stephen Jay Gould. Raffaello Cortina edizioni.
Scritto nel 2002 e tradotto in Italia nel 2003.
L'edizione italiana è stata curata dal buon Pievani.
Esattamente sono 1732 pagine, ma comprende non solo una "perfetta" storia dello sviluppo del darwinismo ma anche la migliore esposizione delle tesi di Gould discordanti dalla "sintesi moderna" dato che son scritte da lui medesimo; quindi vale dieci volte i 58 euri di acquisto e ti farai un favore enorme oltre a fare un figurone in libreria.

Li vengono sviluppati tutti i concetti attraverso e per mezzo dei  quali (uno su tutti la macroevoluzione)  Gould si è posto fuori dalla "sintesi moderna" innescando un dibattito durato qualche anno e poi tralasciato.
La formazione di Gould è quella di un paleontologo e lui stesso ammette il "condizionamento legante" alla documentazione fossile.
Citaziones:
L' opus maius (alquanto tecnico) é l' unica sia opera che non ho letto (di quelle di cui esiste traduzione italiana).
Ma da tutte quelle che ho letto appare la sua indiscussa correttezza scientifica e irreprensibile appartenenza alla (e notevole sviluppo della) alla scienza biologica (anche in collaborazione con Eldredge, che non ha affatto "adottato""; come attesto più volte anche da Pievani che ne é un ammiratore).







Nasce e muore paleontologo, che è anche un nobile omaggio alla disciplina ed a tutto quel che ha "fatto" la paleontologia per l'evoluzionismo.
Il paleontologo basa e sopratutto "pesa" le sue conclusioni "esclusivamente" sulle risultanze fossili, cosa a cui la "sintesi moderna" da meno "peso".
Stiamo parlando non di "fossili" umani che invece sono ancora e rimangono per ora il Santo Graal degli studi sulla evoluzione umana.
Citaziones:
A parte il fatto che era anche uomo di vastissima e profondissima cultura generale, "scientifica pura" e "umana" (contrariamente a tanti altri ricercatori), da quando in qua coltivare la paleontologia sarebbe una "colpa" antiscientifica?







Sarei lietissimo di continuare la discussione citando nelle nostre argomentazioni capitolo pagina e capoverso del libro di
Gould anche se il mio è quasi impraticabile per consunzione e poco leggibile causa annotazioni ma almeno non sarò più costretto (anche se la colpa è sempre e solamente mia, insisto) a leggere frasi tipo :

s:
a- Falsificato (letteralmente) dall' osservazione empirica dei fatti.  
b- Ancora un pizzico di audacia intellettuale in più e ci si accorge che l' intera materia vivente (fenomenica) può essere considerata un "superorganismo".  ** denunciando la totale sconoscienza di O. Wilson che non è nome da poco..ma tant'è**
Citaziones:
Confermo tutto il resto, tranne la "totale sconosenza di O. E. Wilson (e di Dawkins) da parte mia.







c- Solo per chi pregiudizialmente si rifiuta di guardare in faccia la realtà.

o:
il tutto senza il minimo riscontro od obiezione, il tutto come una specie di "Hume!" o come una specie di "ecquequa!" alla Pappagone.
Citaziones:
Essendo una persona di buon senso e realistica e non un aspirante lottatore contro i mulini a vento ho rilevato che:

Su etica, altruismo, egoismo, opportunismo, ecc. credo che tutti potremmo (concordemente; con compiacimento "altruistico" o con dispiacere "egoistico", in maggiore o minor misura a seconda dei casi) convenire che:

Non c' é peggior cieco di chi deliberatamente si autoimponga di non vedere e peggior sordo di chi deliberatamente si autoimponga di non udire. (intervento #123).


Non offendo (per esempio paragonando a Pappagone) chi "vede" cose diverse da quelle che vedo io (e dunque lo credo in errore), ma ritengo estremamente ingenuo pensare che lo si possa convincere "a colpi di citazioni" più o meno erudite.
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: odradek il 08 Giugno 2019, 19:51:08 PM
s:
Gould ed Eldredge e Lewontin, come pure Pievani, sono (-era) rispettabilissimi accademici la cui competenza ed "ortodossia" (ho usato e riuso le virgolette, come anche te, per riprendere il concetto da te usato nell' intervento #114 di questa discussione, che letteralmente é diametralmente opposto alle più elementari condizioni di scientificità di un ragionamento o discorso; il senso letteralmente vero é quello di "correttezza scientifica") nessun serio avversario teorico fossero pure i per me pessimi Dawkins ed E. O. Wilson osano negare.

o:
Fatto sta che a dati di fatto ed argomentazioni in cui ti si spiegava che Gould Lewontin ed Edridge non siano considerati ortodossi rispeto alla sintesi modrena rispndi con parafrasi che dicono nulla se non ribadire cocciutaggine senza portare controargomenti. Vedi la conferma della "uscita" sul superorganismo.. Non un solo argomento, solo uscite dialettiche.


s:
Sciocchezze (in quanto rivolte a me) integralmente respinte a mittente


o: altra trombonata in risposta a precisi riferimenti e definizioni. Sempre uguale e sempre ugualmente incompetente.


s:
A dispetto del tuo atteggiamento saccente evidentemente ignori che la teoria degli equilibri punteggiati, componente importantissima degli ultimi sviluppi della sintesi moderna, é tanto di Eldredge quanto di Gould (che hanno collaborato per anni nelle loro ricerche).
Per un' elementare infarinatura in proposito ti rimando qui:


o:
nei tuoi confronti è saccenza perchè stai a zero e continui a confermarlo. Avessi letto quel che è stato scritto ti saresti risparmiato la wikipediata su Eldredge. Aggiungi ridicolo a ridicolo e riesci solo ad incolla re spezzoni, invece di entrare negli argomenti uno per uno come tento disperatamente di fare.


s:

cut....cut

o:

seguono varie sparate e millantamenti su contatti vari di cui sai le risate :))



s:
Invece é "da sempre" perfettamente d' accordo con la biologa scientifica nel negare il preteso "egoismo e opportunismo assoluti" dei viventi


o:

continui a fare i capricci e a batere i piedi senza portare argomenti. In nessun testo di etologia troverai riferimenti a comportamenti altruistici. Anche ti sfidassi a farlo (cosa che è inutile fare perchè so cosa sta scritto nei testi di etologia) potremmo andare avanti mille anni prima che tu possa presentare uno straccio di copia e incolla che giustifichi l'assurdità

s:
Appunto (salvo le pretese "eccezionali" uscite dalla correttezza scientifica): veramente ilare (ed autoesplicativo) é pretendere che sarebbe ilare (ed autopesplicativo) Definire "ortodossi" Gould ed Eldredge e Lewontin.


o:
di nuovo, rovesci l'affermazione senza portare aromenti laddove argomenti, e solidissimi., ti erano stati portati per la tesi contraria. Ma per te è sufficiente dire non è vero, senza portare argomenti il che, insisto, corrisponde all'"ecquequa!" ne più e ne meno.


s:
L' opus maius (alquanto tecnico) é l' unica sia opera che non ho letto (di quelle di cui esiste traduzione italiana).
Ma da tutte quelle che ho letto appare la sua indiscussa correttezza scientifica e irreprensibile appartenenza alla (e notevole sviluppo della) alla scienza biologica (anche in collaborazione con Eldredge, che non ha affatto "adottato""; come attesto più volte anche da Pievani che ne é un ammiratore).


o:

di adozione parlavo riguardo alla teoria degli sprandel di Lewontin e non di Eldredge. Ma proprio ti è imposssibile capire quello che le persone scrivono e ti basta appiccicare parole altrui per imbastire una replica che non ha nulla a che fare con quello scritto. Solo per dire qualcosa.


s:
Essendo una persona di buon senso e realistica e non un aspirante lottatore contro i mulini a vento ho rilevato che:

Su etica, altruismo, egoismo, opportunismo, ecc. credo che tutti potremmo (concordemente; con compiacimento "altruistico" o con dispiacere "egoistico", in maggiore o minor misura a seconda dei casi) convenire che:
Non c' é peggior cieco di chi deliberatamente si autoimponga di non vedere e peggior sordo di chi deliberatamente si autoimponga di non udire. (intervento #123).



o:
ed ancora, solo perorazioni congiuntivate e condizionate e sempre  senza argomenti. Motti, proverbi millantazioni e mai argomenti. Poi si finisce come con Kant, come con i parruccconi francesi degli ultimi 50 anni e poi si finisce che parli sempre di cose che non conosci e quando ti ritrovi in un mare di affermazioni assurde da sostenere butti tutto in caciara e nessuno capisce più nulla.


s:
ma ritengo estremamente ingenuo pensare che lo si possa convincere "a colpi di citazioni" più o meno erudite.

o:
ma io non voglio convincere te, voglio solo che si leggano le obiezioni a quel che scrivi in campo di scienze naturali e di biologia, tutto qua.
Le citazinoni non sono ne più e ne meno erudite, sono citazinoi e basta e servono a mettere sulla giusta strada le persone che han voglia di capire evoluzionismo ed etologia e non leggere sparate insostenibili in ogni discorso che riguardi l'evoluzionismo e la sua storia.


p.s.: poi, per non fare polemiche ma discutere su un argomento preciso, scegline uno di quelli che ti ho contestato e lo si analizza pezzo per pezzo. Un solo argomento, quello che ti sembra più facile, dall'altruismo egoismo alla sintesi moderna o alla collocazione di Gould nell'ortodossia. Sceglilo, lo si affronta senza svolazzi in altri argomenti, si documentano le argomentazinoi e vediamo la fine di questa storia, almeno per una volta.
Un argomento solo, scegli un argomento solo, un solo argomento tra quelli degli ultimi 4 post.

Uno solo
Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: sgiombo il 08 Giugno 2019, 20:05:52 PM
Citazione di: odradek il 08 Giugno 2019, 19:51:08 PM
s:
Gould ed Eldredge e Lewontin, come pure Pievani, sono (-era) rispettabilissimi accademici la cui competenza ed "ortodossia" (ho usato e riuso le virgolette, come anche te, per riprendere il concetto da te usato nell' intervento #114 di questa discussione, che letteralmente é diametralmente opposto alle più elementari condizioni di scientificità di un ragionamento o discorso; il senso letteralmente vero é quello di "correttezza scientifica") nessun serio avversario teorico fossero pure i per me pessimi Dawkins ed E. O. Wilson osano negare.

o:
Fatto sta che a dati di fatto ed argomentazioni in cui ti si spiegava che Gould Lewontin ed Edridge non siano considerati ortodossi rispeto alla sintesi modrena rispndi con parafrasi che dicono nulla se non ribadire cocciutaggine senza portare controargomenti. Vedi la conferma della "uscita" sul superorganismo.. Non un solo argomento, solo uscite dialettiche.

Citazione
Sciocchezze rispedite al mittente (che antiscientificamente  si autoinveste dell' antiscientifico ruolo di  "riconoscitore di ortodossie scientifiche).


s:
Sciocchezze (in quanto rivolte a me) integralmente respinte a mittente


o: altra trombonata in risposta a precisi riferimenti e definizioni. Sempre uguale e sempre ugualmente incompetente.

Citazione
Idem.


s:
A dispetto del tuo atteggiamento saccente evidentemente ignori che la teoria degli equilibri punteggiati, componente importantissima degli ultimi sviluppi della sintesi moderna, é tanto di Eldredge quanto di Gould (che hanno collaborato per anni nelle loro ricerche).
Per un' elementare infarinatura in proposito ti rimando qui:


o:
nei tuoi confronti è saccenza perchè stai a zero e continui a confermarlo. Avessi letto quel che è stato scritto ti saresti risparmiato la wikipediata su Eldredge. Aggiungi ridicolo a ridicolo e riesci solo ad incolla re spezzoni, invece di entrare negli argomenti uno per uno come tento disperatamente di fare.
Citazione
Idem.



s:

cut....cut
Citazione
Marameo!


o:

seguono varie sparate e millantamenti su contatti vari di cui sai le risate :))

Citazione
https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=51lb8EZl36E


s:
Invece é "da sempre" perfettamente d' accordo con la biologa scientifica nel negare il preteso "egoismo e opportunismo assoluti" dei viventi


o:

continui a fare i capricci e a batere i piedi senza portare argomenti. In nessun testo di etologia troverai riferimenti a comportamenti altruistici. Anche ti sfidassi a farlo (cosa che è inutile fare perchè so cosa sta scritto nei testi di etologia) potremmo andare avanti mille anni prima che tu possa presentare uno straccio di copia e incolla che giustifichi l'assurdità
Citazione
ho già risposto che:

Essendo una persona di buon senso e realistica e non un aspirante lottatore contro i mulini a vento ho rilevato che:

Su etica, altruismo, egoismo, opportunismo, ecc. credo che tutti potremmo (concordemente; con compiacimento "altruistico" o con dispiacere "egoistico", in maggiore o minor misura a seconda dei casi) convenire che:
 
 Non c' é peggior cieco di chi deliberatamente si autoimponga di non vedere e peggior sordo di chi deliberatamente si autoimponga di non udire. (intervento #123).



s:
Appunto (salvo le pretese "eccezionali" uscite dalla correttezza scientifica): veramente ilare (ed autoesplicativo) é pretendere che sarebbe ilare (ed autopesplicativo) Definire "ortodossi" Gould ed Eldredge e Lewontin.


o:
di nuovo, rovesci l'affermazione senza portare aromenti laddove argomenti, e solidissimi., ti erano stati portati per la tesi contraria. Ma per te è sufficiente dire non è vero, senza portare argomenti il che, insisto, corrisponde all'"ecquequa!" ne più e ne meno.

Citazione
idem


s:
L' opus maius (alquanto tecnico) é l' unica sia opera che non ho letto (di quelle di cui esiste traduzione italiana).
Ma da tutte quelle che ho letto appare la sua indiscussa correttezza scientifica e irreprensibile appartenenza alla (e notevole sviluppo della) alla scienza biologica (anche in collaborazione con Eldredge, che non ha affatto "adottato""; come attesto più volte anche da Pievani che ne é un ammiratore).


o:

di adozione parlavo riguardo alla teoria degli sprandel di Lewontin e non di Eldredge. Ma proprio ti è imposssibile capire quello che le persone scrivono e ti basta appiccicare parole altrui per imbastire una replica che non ha nulla a che fare con quello scritto. Solo per dire qualcosa.

Citazioneidem


s:
Essendo una persona di buon senso e realistica e non un aspirante lottatore contro i mulini a vento ho rilevato che:

Su etica, altruismo, egoismo, opportunismo, ecc. credo che tutti potremmo (concordemente; con compiacimento "altruistico" o con dispiacere "egoistico", in maggiore o minor misura a seconda dei casi) convenire che:
Non c' é peggior cieco di chi deliberatamente si autoimponga di non vedere e peggior sordo di chi deliberatamente si autoimponga di non udire. (intervento #123).



o:
ed ancora, solo perorazioni congiuntivate e condizionate e sempre  senza argomenti. Motti, proverbi millantazioni e mai argomenti. Poi si finisce come con Kant, come con i parruccconi francesi degli ultimi 50 anni e poi si finisce che parli sempre di cose che non conosci e quando ti ritrovi in un mare di affermazioni assurde da sostenere butti tutto in caciara e nessuno capisce più nulla.

Citazionecome sopra


s:
ma ritengo estremamente ingenuo pensare che lo si possa convincere "a colpi di citazioni" più o meno erudite.

o:
ma io non voglio convincere te, voglio solo che si leggano le obiezioni a quel che scrivi in campo di scienze naturali e di biologia, tutto qua.

Citazione
Già fatto.

Le citazinoni non sono ne più e ne meno erudite, sono citazinoi e basta e servono a mettere sulla giusta strada le persone che han voglia di capire evoluzionismo ed etologia e non leggere sparate insostenibili in ogni discorso che riguardi l'evoluzionismo e la sua storia.

Citazione
Vedi sopra.


p.s.: poi, per non fare polemiche ma discutere su un argomento preciso, scegline uno di quelli che ti ho contestato e lo si analizza pezzo per pezzo. Un solo argomento, quello che ti sembra più facile, dall'altruismo egoismo alla sintesi moderna o alla collocazione di Gould nell'ortodossia. Sceglilo, lo si affronta senza svolazzi in altri argomenti, si documentano le argomentazinoi e vediamo la fine di questa storia, almeno per una volta.
Un argomento solo, scegli un argomento solo, un solo argomento tra quelli degli ultimi 4 post.

Uno solo

CitazioneGià fatto.

Stiamo solo ribadendo inutilmente le reciproche dissenzienti convinzioni.
Non mi sembra produttivo.

Titolo: Re:Etica e neuroscienze.
Inserito da: Ivo Nardi il 08 Giugno 2019, 20:30:34 PM
Questa discussione verrà chiusa per evidenti motivi.
State disturbando le riflessioni di utenti non interessati alle vostre sfide e cosi facendo state creando un danno.
Invito i responsabili a modificare il loro comportamento o ancor meglio a frequentare altri luoghi o a sfogarsi su facebook.
Ricordo per l'ennesima volta che questo è uno spazio privato messo gratuitamente a vostra disposizione, siete quindi ospiti e dovete comportarvi come tali, altrimenti sarò costretto a non farvi entrare.
Non vi concedo più altre occasioni.