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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: and1972rea il 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

Titolo: fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia. Cartesianamente parlando, si potrebbe dire che due cose estese che pensano sé stesse, per quanto fisicamente identiche fra loro, ma fra loro distinte nello spazio ,non possono razionalmente essere concepite come la stessa cosa estesa che pensa sè stessa, da cui l'inferenza che la cosa pensante più in generale non può essere descritta come un fenomeno dalle caratteristiche spazialmente materiali . Come possiamo , infatti, razionalmente immaginare di poter guardare negli occhi una perfetta copia materiale di noi stessi ,posta dinanzi a noi ,e percepire in siffatta maniera il nostro essere IO al contempo sia dentro che fuori di noi? È cartesianamente evidente ,quindi, che quella perfetta copia di nostri occhi dentro cui stiamo osservando nasconde un' alterità rispetto al nostro IO , la quale ALTERITÀ non può essere materialmente descritta nelle categorie di spazio e tempo; in questo esperimento mentale le due identità materiali a confronto consistono, infatti, almeno per un certo lasso di tempo, della stessa identica conformazione materiale sino all'ultimo stato quantico della più insondabile delle particelle che le compongono , ma esse non sono la medesima autocoscienza, perché basterà anche solo una lieve perturbazione esterna al loro sistema costituito fisicamente ,nel prima o nel dopo lungo lo scorrere del tempo che le unisce ,per disvelare e sancire la loro primigenia e reciprocamente indipendente ,passata e futura alterità rispetto alla loro presente identità.  Quali sono le vostre posizioni riguardo a questo particolare aspetto della fenomenologia materiale dell'"IO"? l' impossibilità logica di poter disegnare nel mondo o ritagliare da esso un modello autocosciente del "sich befinden" è davvero razionalmente dimostrabile ?
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 21 Ottobre 2020, 19:19:29 PM
Salve and72rea. Complimenti per l'argomento. Non è assolutamente dimostrabile logicsmente-razionalmente per il semplice motivo che l'Io (che io preferisco trattare come "il sè" anche per escludere eventuali implicazioni solipsistiche), risultando in un relativo, sarà appunto sempre influenzato da- ma mai consistente in- ciò che lo circonda.
Ciascuno di noi sarà un albero con infiniti rami tentacolari afferenti od inferenti le cui terminazioni lo connettono a tutto il resto dell'esistente. In una simile foresta ciascun "sè" arboreo sarà contemporaneamente individuale, individuabile, ma dipendente dal resto.


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: paul11 il 22 Ottobre 2020, 10:31:44 AM
 L'io è impossible dimostrarlo per la scienza, perché tratta  i fenomeni e non l'ontologia.
Può accettarlo, ma non dimostrarlo, come effetto se non è fisicalismo stretto.
Lo accetta come evenienza quindi come può accettare la mente rispetto alla fisicità del cervello, lo osserva come effetto comportamentale psicologicamente, ma è impossibile fisicamente vederlo, udirlo, sperimentarlo.
E questo è un assurdo, un assurdo gnoseologico .
Perchè significa che grazie ad un "io"  strutturata in psiche ,   coscienza e intelligenza, quindi un agente conoscitivo  , pensa. Il pensato del soggetto è assurdamente dimensionato nel dimostrabile scientifico che non riesce a dimostrare il proprio "essere" grazie al quale può conoscere. E' un cortocircuito illogico e aporistico. Non conosciamo noi stessi che pensiamo,  non lo riconosciamo in quanto indimostrabile sperimentalmente, ma pretendiamo che l'inconosciuto conosca razionalmente sperimentalmente nel dimostrabile del sensibile l"oggettività".


La metafisica greca ha trattato l'argomento prima come dualismo in Platone che credeva nella metempsicosi dei pitagorici , quindi c'è un'anima e c'è un corpo fisico .E' l'anima che entra in un corpo fisico  ed è l'anima che sussiste come reincarnazione, almeno per Platone.
Aristotele tenta un'unificazione con l'ilemorfismo , ma lo stesso Cartesio ripropone il dualismo delle due res, extensa e cogitans.


Dal punto di vista squisitamente scientifico non può essere la fisica classica a trovare risposte, forse gli sviluppi della meccanica quantistica.


I termini razionale, dimostrabile, reale, hanno mutato il dominio rappresentativo nei passaggi culturali
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 22 Ottobre 2020, 18:16:57 PM
Citazione di: viator il 21 Ottobre 2020, 19:19:29 PM


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.



Ho trovato interessante questa tua considerazione  ,che stride con la visione astratta che la scienza ha del mondo  ,e  secondo cui ,per esempio  ,non è rilevante quali delle n-miliardi di molecole di 5-idrossitriptamina disponibili in un organismo umano circolino in una certa area del suo cervello in un dato istante per modificare il suo stato d'animo , ma solo il loro numero neutro.
Secondo questa visione tecnica del mondo  il nostro "sé" consiste in una certa quantità di materia disposta in un determinato modo in una certa porzione dello spazio fisico e del tempo; e al pari di qualsiasi altro fenomeno fisico, questa visione tecnica del mondo pretende di considerarlo come fenomeno riproducibile, quindi duplicabile e replicabile... ; l'autocoscienza , secondo questa visione tecnico-razionale del mondo, può davvero essere riprodotta al pari di una reazione chimica...
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 22 Ottobre 2020, 21:10:57 PM
Citazione di: and1972rea il 22 Ottobre 2020, 18:16:57 PM
Citazione di: viator il 21 Ottobre 2020, 19:19:29 PM


Il mondo, infine, è costituito solamente da originali. La apparente conformità di qualsiasi presunta copia tra i suoi contenuti, rappresenta solo l'imperfezione del potere risolutivo "ottico" di chi la osservi. Ciò secondo me vale per i contenuti di qualsiasi genere, inclusi quelli psichici o metafisici. Saluti.


Salve and72rea. Sono compiaciuto del tuo interesse per le mie argomentazioni. Permettimi comunque di precisare, inserendo mio commento in grassetto all'interno della tua replica :

Ho trovato interessante questa tua considerazione  ,che stride con la visione astratta che la scienza ha del mondo  ,e  secondo cui ,per esempio  ,non è rilevante quali delle n-miliardi di molecole di 5-idrossitriptamina disponibili in un organismo umano circolino in una certa area del suo cervello in un dato istante per modificare il suo stato d'animo , ma solo il loro numero neutro (intendesi : la loro quantità).
Secondo questa visione tecnica (fisicistico-quantitativa) del mondo  il nostro "sé" consiste in una certa quantità di materia disposta in un determinato modo in una certa porzione dello spazio fisico e del tempo; (perfetto : il nostro sè consiste in una certa FORMA (=insieme delle relazioni) in cui sono disposti gli ingredienti materiali di certe parti del nostro encefalo ed il funzonamento della coscienza risulta dall'attività energetica che si svolge tra di essi) e al pari di qualsiasi altro fenomeno fisico, questa visione fisicistica del mondo pretende di considerarlo come fenomeno riproducibile, quindi duplicabile e replicabile... (nelle sue strutture, le quali sarebbero appunto generate dalla FORMA, ma non nella sua individuale specificità) ; l'autocoscienza , secondo questa visione fisicistico-razionale del mondo, può davvero essere riprodotta al pari di una reazione chimica...la quale potrà generare gli stessi "composti" aventi la stessa forma, la medesima struttura, uguale utilizzo e proprietà ma consisteranno in una certa quantità di atomi e molecole in qualche modo difformi dai loro pretesi "originali" perchè appunto "altri" da essi.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 22 Ottobre 2020, 22:40:23 PM
L'Io somatico è del tutto evidente al suo portatore quando si guarda allo specchio. Pare funzioni anche con alcuni animali evoluti. La tecnologia ha inoltre moltiplicato i riscontri fenomenologici dell'io somatico. Anche l'apparato sensoriale agevola l'autoidentificazione. Il mio dito a contatto col fuoco mi conferma a velocità luminale che sono io (e non te, o chiunque altro)

L'io psicologico è un tantino più arzigogolato in linea col carattere immaginifico dell'animale sapiens. Ma, salvo dissociazioni psicotiche, psiche e soma finiscono col mettersi d'accordo sull'autodefinizione dell'io, giovandosi pure delle ricerche neuro-psico-scientifiche che non fanno altro che convalidare quello che già si era capito: se io penso/muoio, non sei tu o chiunque altro a pensare/morire.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 23 Ottobre 2020, 21:51:43 PM
Citazione
... quale potrà generare gli stessi "composti" aventi la stessa forma, la medesima struttura, uguale utilizzo e proprietà ma consisteranno in una certa quantità di atomi e molecole in qualche modo difformi dai loro pretesi "originali" perchè appunto "altri" da essi.



E concordo con te nel dire che in quel "qualche modo difformi" risiede , quindi, la non riproducibilità e l'ineffabile  misteriosa unicità di qualsiasi fenomeno fisico. Ma il tecnicismo scientifico, invece, è costretto a costruire su entità elementari monoliticamente identiche ed in modo astratto perfettamente irriducibili i propri modelli del mondo, costringendo un quanto di energia  od un bosone a non essere per nulla difforme da alcun altro suo gemello, insieme a tutte le possibili loro identiche relazioni; giungendo al punto di poter ammettere in linea teorica la perfetta corrispondenza fisica di fenomeni naturali fra loro spaziotemporalmente distinti. Come a dire che ,se i costituenti elementari della natura non differiscono fra loro per ciò che di loro appare o si può conoscere,  allo stesso modo tutto ciò che da essi è fatto potrebbe logicamente condurre a fenomeni del tutto identici fra loro. Questo perché   , se non fosse permessa in linea di principio la perfetta  riproducibilità elementare  non sarebbe tecnicamente permessa nemmeno quella operativa e leggermente difforme
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: niko il 25 Ottobre 2020, 00:37:19 AM
 


Io ho una posizione abbastanza precisa su uno dei punti che hai sollevato, e cioè la percezione e la conoscenza sono sempre per definizione campo limitato, sezione "chiusa" di spazio e tempo in cui qualche dettaglio o qualche ulteriorità oltre l'orizzonte sfugge sempre. Direi che l'onniscienza non è possibile, o almeno non è una forma possibile di contemplazione del mondo, perché un essere onnisciente che contemplasse il mondo, dovrebbe includere nella sua conoscenza la differenza tra se stesso e il mondo, quindi dovrebbe sapere di non sapere: o rimane ipnotizzato dalla sua stessa contemplazione, e non sa di sé, quindi non è onnisciente, o contempla il mondo e insieme, simultaneamente, sa di sé, quindi sa che il mondo come oggetto attualmente contemplato è in qualche sia pur minima misura ulteriore alla/o differente dalla, rappresentazione che lui stesso ne ha, per giunta in un modo che lui stesso non può rappresentarsi e non può indicare fin nel minimo dettaglio, quindi non è onnisciente.


Esclusa l'onniscienza quindi, restano i campi percettivi limitati, ed è in questi campi percettivi limitati, che si decide della verità della tua affermazione "cartesiana" secondo cui una cosa autocosciente inclusa in uno spazio, non è e non sarà mai uguale a un'altra cosa identicamente autocosciente immaginata/posta in un altro punto dello stesso spazio: certamente l'affermazione è vera agli occhi di una terza "cosa", a cui attribuiamo una conoscenza o un campo percettivo superiore, che "veda" una porzione abbastanza estesa di spazio e sappia di tutte e due le altre "cose", ma che dire della soggettività delle due singole cose laddove abbiano un campo percettivo conchiuso in se stesso e limitato, tale da escludere l'altra cosa e non sapere nulla della sua esistenza? Sarà pure vero, che sono uno "qui" e uno "lì", ma il punto è che l'essere uno "qui" e uno "lì", soggettivamente a loro, magari per l'intera durata della loro esistenza autocosciente (vita), non fa nessun effetto, dire che "hanno la stessa autocoscienza" vuol dire dire, di loro, che vivono la stessa vita, quindi "lebnizianamente", per il principio di identità degli indiscernibili, quelle due, tre, n, infinite vite "distinte" che potrebbero avere, sono di fatto una, perché sono distinte agli occhi di un eventuale altro, e non mai, ai loro occhi. Se uno di loro nasce, lo scorrimento filmico sinottico del film di quest'unica vita, non cambia di una virgola. Se uno, o più, di loro muore, lo scorrimento filmico sinottico non cambia neanche così di una virgola, finché non muoiono tutti. Indeterminato più uno, fa indeterminato. Indeterminato meno uno, fa sempre indeterminato. Non abbiamo la minima, minimissima idea di quanto sia grande il mondo. Le galassie, i pianeti, gli universi oltre al nostro, i cicli di morte e rinascita dell'universo. Non abbiamo la minima idea di quante cose non sappiamo e non vediamo, e di quante cose simili scambiamo allegramente ed inconsapevolmente per uguali perché subliminali alla nostra soglia di percezione della differenza. Ci facciamo l'idea che la ogni vita nella sua specificità sia irripetibile e propria di un singolo individuo, perché semplice come idea, e scartiamo l'idea che ogni vita sia quello che succede a una collettività temporalmente e spazialmente indeterminata di individui a certe condizioni, perché complessa. Pensiamo che ogni stato dell'anima debba corrispondere a uno e un solo stato del corpo, secondo me niente di più falso, potenzialmente in natura si danno n stati del corpo per ogni stato dell'anima ed n stati dell'anima per ogni stato del corpo, il fatto che ogni individuo sia unico non può che derivare dalla complessità ed essere casuale, già è rara la vita in sé come fenomeno, posso accettare che ipotizzando un universo "effimero" nel tempo, e "piccolo", sia plausibile e statisticamente probabile, quindi argomentabile, che ad ogni coscienza corrisponda uno e un solo corpo, oltre una certa estensione e durata dell'universo o degli universi, che ci sia una e una sola sola coscienza pe ogni corpo mi pare sempre più assurdo assurdo fino a diventare assurdissimo all'infinito, il punto è che è la coscienza che giudica della identità o differenza di se stessa dalle altre coscienze, che sa quanti e quali simili accorperebbe come uguali secondo la sua preferenza e la sua funzione, non c'è un numero di serie con cui stampano le coscienze o un rapporto giuridico di proprietà che lega una coscienza al corpo, non c'è l'occhio di Dio che ci vede, ci appiccica la targhetta e ci dice: "tu sei qui e quell'altro lì", noi siamo qui o lì solo ed esclusivamente nella misura in cui di questo essere qui o lì ce ne frega o ci cambia qualcosa.


Proprio perché non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra mente e corpo, ma un corpo può avere e una mente più corpi, sarebbe meglio considerare la coscienza una proprietà generica del mondo, e quindi dello spazio e del tempo, a cui certe conformazioni materiali hanno accesso,  nel senso che non penso che la materia generi a qualche condizione la coscienza, semmai la materia a qualche condizione "accede" a un campo di coscienza che è genericamente presente nel mondo a prescindere dalle condizioni della materia, questo spiegherebbe anche perché il reale è intersoggettivo, se nel pensare ci connettiamo a una "dimensione" della coscienza preesistente, c'è un limite all'arbitrarietà e alla singolarità del
pensiero, perché i pensatori non pensano ognuno singolarmente, ma convergono verso la comune realtà che permette loro di pensare, quindi è un po' la questione aristotelica dell'intelletto agente, non basta l'idoneità organica del pensatore al pensiero, non basta l'idoneità fisica e logica del pensato ad essere
pensato, ci vuole una "luce" come elemento terzo impersonale del pensiero che connetta i due, la vista non dipende meramente dall'occhio e dai colori, ma dall'occhio dai colori e dalla luce, il pensatore non può pensare arbitrariamente senza limiti quel che vuole ma il pensiero ha una sua auto evidenza e
oggettività, esattamente perché e nella misura in cui certe cose sono solo incidentalmente pensate ma
esisterebbero anche se non fossero pensate, ma pensatore e pensato non sono due monadi in accordo ma due cose illuminate dalla stessa luce, la relazione che pensatore e pensato hanno tra di loro, rimanda alla relazione che ognuno di loro ha in comune con un terzo, quindi il pensiero si compone di un terzo
elemento che non è propriamente né oggettivo ne soggettivo, ma impersonale, quindi è vero che il pensiero ha un elemento atopico e intemporale, che la vita non è solo corpo e, oltre al corpo con il cervello dentro e alla cosa da pensare, come prerequisiti effettivi del pensiero, possiamo pensare qualcosa solo grazie a una generica e non locale attività del pesare, che non si predica specificamente del corpo o del pensato, che non è loro attributo, e che quindi questa attività sembra non stare nel mondo, ma essere propria di un dio o comunque avveniente in una dimensione trascendente, però se questa attività si
manifesta e si esaurisce nel connettere gli estesi, nel rivelare i rapporti che gli estesi hanno e ad altre condizioni non avrebbero (facendo così scorrere i "film" dei vari vissuti sullo "schermo" dei vari cervelli)
rimanda a quello che gli estesi hanno in comune ed è sostanza, è immanente, non è fuori dallo spazio e dal tempo, ma è quello che hanno in comune, lo spazio e il tempo, quello che hanno in comune le parti arbitrariamente possibili, dello spazio e del tempo; insomma possiamo pensare perché siamo composti
degli stessi elementi, degli stessi semi, di quello che pensiamo, e se alcune cose sembrano pensare e
altre no, la differenza è nei rapporti quantitativi di questi compositivi comuni, non c'è nessuna "qualità" intrinseca che dà la vita e fa pensare, né nella materia, ne in un altrove trascendente, semplicemente a certi livelli di complessità le parti in cui si può scomporre la materia, restano in relazione anche a distanza tra di loro, e quindi con lo spazio e col tempo. Chiamiamo disordinata, una distribuzione di elementi che sembra in relazione col solo spazio, insieme di cose buttate in giro alla rinfusa, e ordinata, una che sembra in relazione con lo spazio e col tempo, cioè che contenga registrazioni, stati della serie che sono sé stessi ma che potrebbero plausibilmente essere anche la traccia dell'ultimo elemento percepito attraverso momenti distinti, che allo sguardo sintetizzante e sinottico di una eventuale coscienza raccontino dello scorrere del tempo, che il tempo sia effettivamente trascorso o no.


Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: anthonyi il 25 Ottobre 2020, 07:35:34 AM
Citazione di: and1972rea il 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia.

Ciao and1972rea, non sono molto ferrato in queste questioni filosofiche, un contributo però lo posso dare. Sembra sia stata scoperta, nei mammiferi, l'esistenza di un singolo neurone, di dimensioni migliaia di volte superiori agli altri, ed interconnesso con tutte le funzioni del cervello. Che sia lì l'IO fisico ?
Dopo questa notizia positiva, ce n'è una negativa, altre ricerche neurologiche hanno dimostrato che il nostro pensiero cosciente spesso non coincide temporalmente con gli effetti fisici del pensiero stesso. In altri termini quando noi crediamo di aver pensato e deciso una determinata cosa, in realtà percepiamo solo la proiezione di un processo mentale inconscio che si è realizzato un po' prima.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Jacopus il 25 Ottobre 2020, 08:15:21 AM
Per Anthony. Non ho notizie in merito a questo macroneurone, la cui scoperta è estremamente interessante. Potresti approfondire il punto, magari con qualche link? A proposito dell'azione che precede la sua consapevolezza, credo che ti riferisca agli esperimenti di Libet, compiuti quasi mezzo secolo fa. L'esperimento era relativo a premere un pulsante e Libet dimostrò che l'area supplementare motoria decideva 0,8 secondi prima che il soggetto decidesse di premere il pulsante.
Questa esperimento è ampiamente utilizzato per negare la libera volontà umana. Le obiezioni a questa visuale sono molteplici. La più comune riguarda il fatto che premere un tasto è una attività automatica di una semplicità spaventosa, che implica necessariamente l'attivazione di procedure automatiche semiconsce. Lo stesso automatismo non è mai stato possibile verificarlo sperimentalmente a proposito di scelte morali più complesse, dal "lancio dell'uomo grasso" in sú.


Sulla domanda generale, direi che da Cartesio ad oggi sono stati fatti molti passi avanti nella conoscenza della percezione della propria soggettività e riferirsi ancora alla duplicità cartesiana della res extensa e della res cogitans, per quanto meritoria in termini di conservazione storica del sapere, non ha più alcuna seria possibilità di essere considerato un paradigma accettabile.
Su quest'argomento, semplificando molto, vi è una posizione totalmente fisicalista, per cui "l'Io è il cervello" (Churchland), e una posizione di mediazione per cui "l'Io è il cervello +qualcos'altro" e in questo qualcos'altro è stata messa la cultura, il corpo nella sua totalità, l'Altro ( ovvero l'intersoggettività come relazione), la stessa complessità della neocorteccia, che ha permesso di porsi il problema della identità, un po' come accade ad Hal in "2001, Odissea nello spazio".
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: anthonyi il 25 Ottobre 2020, 11:32:42 AM

Per Jacopus, purtroppo non ricordo dove ho letto le notizie sulla ricerca sul macroneurone, riguardo poi alla questione del "tempo della scelta" in realtà mi riferivo ad esperimenti assai più recenti.
Comunque questi esperimenti, più che puntualizzare l'arbitrarietà delle scelte, evidenziano la relatività di quella che chiamiamo coscienza.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: InVerno il 25 Ottobre 2020, 13:36:07 PM
Si, infatti ci sono esperimenti più recenti che arrivano quasi a 10secondi di anticipo sull'azione, e comunque premere un bottone seppur è evidentemente un azione molto semplice richiede una serie di "decisioni" che se elencate per intero sono tutto sommato molto complesse, compreso il tempo a in cui si è chiamati a risolverle tutte prima dell'azione. Ma quello ha più a che fare con un altro retaggio antropocentrico, ovvero il concetto di "libero arbitrio" che con il concetto di "autocoscienza", entrambi sarebbero il punto di rottura che ci divide dal resto della natura, ed entrambi sono picconati costantemente ogni volta che esce uno studio scientifico, tanto che io penso ormai siano posizioni di minoranza.. Penso che quello che chiamiamo "coscienza" non è un oggetto, ma un unità di misura (come il grammo), che qualititivamente può raggiungere una complessità tale da meritare suffissi e prefissi (come "auto" o "kilo"), ma l'idea di andare a cercare materialmente la coscienza, è altrettanto ingenua quanto imbarcarsi in un avventura alla ricerca del "grammo".
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Phil il 25 Ottobre 2020, 13:39:41 PM
Seguendo lo spunto di anthonyi, ho trovato questo articolo (in inglese), questo (in italiano) e questo (dell'istituto che ha fatto la ricerca).
Da profano, mi sembra che più si studia il cervello, più si dimostra attendibile una lettura meccanicistica della mente, della coscienza, etc. che sembrano trascendenti soprattutto se vissute in prima persona (proprio come altri episodi fisiologici di stimolo/risposta), ma se analizzati in terza persona, ovvero studiando scientificamente il cervello altrui, pare che sia una questione di interazioni immanenti piuttosto demistificate (anche se credo si sia ancora lontani da una spiegazione oggettiva inconfutabile).
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:00:33 PM
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu

Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: niko il 25 Ottobre 2020, 14:47:53 PM
Citazione di: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:00:33 PM
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu




Non è che magari migliori la precisione solo del più dieci percento da cinquanta, che avresti comunque perché la probabilità di scelta tra due tasti è quella, a sessanta, usando una tecnologia particolare, perché una tecnologia che preveda in anticipo quale pulsante tra due possibili premerà un uomo a partire dall'analisi della sua attività cerebrale è roba complicatissima da fantascienza, quindi in quanto costruita da altri uomini è imperfetta, quindi più che un miglioramento di prevedibilità del dieci percento sul risultato casuale non ti dà, e già e tanto e sorprendete quello? Magari una macchina simile costruita da alieni avanzatissimi ti porta all'ottanta, al novanta, al cento...
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:59:21 PM
Ciao N
Citazione di: niko il 25 Ottobre 2020, 14:47:53 PM
Citazione di: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 14:00:33 PM
Al momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;) ..L'esperimento di Libett è ampiamente superato.Sono interessanti i più recenti studi sul "libero veto" piuttosto che sul libero arbitrio, che dimostrebbero le capacità della mente di fare scelte libere. la visione meccanicistica è ormai preistoria ;D
Famoso anche l'esperimento di questi ricercatori. Essi, attraverso la tecnica della pattern recognition hanno studiato la scelta di alcuni volontari, che avrebbero dovuto decidere quale tra due bottoni avrebbero dovuto premere. Essi scrivono:
«Abbiamo verificato che il risultato di una decisione può essere codificato nell'attività cerebrale della corteccia prefrontale e parietale fino a 10 secondi prima che il soggetto raggiunga la consapevolezza. Questo ritardo, presumibilmente, riflette l'operazione di una rete di aree di controllo di alto livello che cominciano a preparare una decisione imminente ben prima che venga raggiunta la consapevolezza».
In poche parole, per loro, è l'inconscio a determinare l'attività conscia (Fonte: Nature - Unconscious determinants of free decision in human brain). Ma attenzione a non lasciarsi ingannare...

    Innanzitutto, essi riuscivano sì a prevedere quale pulsante avrebbero premuto i volontari, ma con un'accuratezza del 60%, una percentuale non troppo alta se si tiene presente che la scelta era duale e che, tirando a indovinare, essi avrebbero avuto una precisione non troppo inferiore, ovvero del 50%. Ne consegue che essi non hanno scoperto che l'inconscio determina la decisione, ma che semplicemente un desiderio inconscio può spingere in una direzione piuttosto che l'altra.
    Veniva chiesto ai soggetti di premere il tasto non appena avrebbero sentito l'impulso. Il soggetto non doveva quindi "fermare" l'impulso, qualora lo volesse, per non compromettere l'esperimento. Quante volte sentiamo un impulso e lo fermiamo?
    Possiamo, anche qui, rivolgere la critica temporale: 10 secondi non sono anni...
    La corteccia prefrontale ha connessioni reciproche con tutti i sistemi motori ed è connessa con aree che riguardano la memoria e le emozioni. Non ha tuttavia connessioni dirette con aree motrici. Essa serve anche a mantenere informazioni o decisioni pre-stabilite. Da qui si capisce che essa non è determinante, sia per la posizione, sia perché non ha connessioni dirette con le aree della morale o del pensiero cognitivo. Anche se è lei a consigliare cosa fare (o, semplicemente, a simulare l'azione), lei riguarda solo i movimenti (Fonte: Giuseppe di Pellegrino - La corteccia prefrontale)... Bisogna comunque dire che è in parte legata a disturbi quali la schizofrenia e quindi potrebbe influenzare il comportamento (ma "influenzare" è una cosa diversa da "determinare"). Forse, il comportamento non buono della corteccia prefrontale determina un malfunzionamento della vicina memoria emotiva, ma non sta a me dire queste cose.
    Anche la corteccia parietale è legata ai movimenti, oltre alle informazioni visive, uditive e spaziali. Un danneggiamento di essa produce aprassia, ovvero un disturbo che coinvolge i movimenti (Fonte: Università di Venezia - Cervello). Anche questa non è legata alle scelte morali.
    Forse, le aree in questione, stavano semplicemente creando l'immagine visiva di un'azione pre-stabilita da compiere in quello spazio, suggerendo come compierla e quale bottone premere. Insomma, solo un suggerimento...
    La scelta era casuale: non avevano motivazioni per premere un tasto piuttosto che l'altro. È possibile che, di fronte a situazioni del genere, sia il cervello che produce "a random" l'azione. Io, forse, avrei accettato questa spiegazione se la previsione fosse stata precisa al 90%, non al 60%...
    Forse queste persone non avevano ancora deciso quale tasto premere, ma è possibile che l'attività della zona prefrontale stesse solo riflettendo il pensiero su cosa premere: se i volontari pensavano più intensamente al tasto destro (da premere, secondo l'esperimento, con la mano destra) che al sinistro (da premere con la sinistra) è logico che l'attività della zona cerebrale "simuli" l'attività della mano destra, ma non necessariamente il volontario deve muovere la mano destra per premere il pulsante, come il 40% di indeterminazione effettivamente dimostra. Quindi, è logico che ci sia un'attività cerebrale prima della decisione cosciente (Fonte: Filippo Tempia - Decisioni libere e giudizi morali).


È evidente che le interpretazioni di Haynes & co. sono frutto di idee preconcette (basta vedere l'impostazione fortemente riduzionistica dell'articolo) e sono incredibilmente forzate e arbitrarie.

da Falena Blu




Non è che magari migliori la precisione solo del più dieci percento da cinquanta, che avresti comunque perché la probabilità di scelta tra due tasti è quella, a sessanta, usando una tecnologia particolare, perché una tecnologia che preveda in anticipo quale pulsante tra due possibili premerà un uomo a partire dall'analisi della sua attività cerebrale è roba complicatissima da fantascienza, quindi in quanto costruita da altri uomini è imperfetta, quindi più che un miglioramento di prevedibilità del dieci percento sul risultato casuale non ti dà, e già e tanto e sorprendete quello? Magari una macchina simile costruita da alieni avanzatissimi ti porta all'ottanta, al novanta, al cento...
iko

Sono dante :)
Penso che la confutazione sia logica.La teoria dI lIbet si basa veramente su poco. ;)
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Jacopus il 25 Ottobre 2020, 15:04:18 PM
CitazioneAl momento la neuroscienza non ha ancora dimostrato un caxxo sulla autocoscienza. Solo ipotesi e teorie. Se sono bravi come quelli che studiano il covid  ;)


Per Dante. Questo lo dici tu. In realtà le neuroscienze hanno dimostrato molte cose su come funziona il cervello e la coscienza, anche se prima bisognerebbe intendersi sul termine coscienza.
Di sicuro, a meno di non volersi bendare gli occhi, sono più vicini alla conoscenza i neuroscienziati che Descartes, il quale però, si prende la sua rivincita, fondando con il "cogito ergo sum", la necessità che il pensiero sia fondato sull'evidenza della realtà  (vedi "sul metodo"). Un principio all'epoca così rivoluzionario che Descartes temette a lungo di essere perseguitato per le sue idee. Ma è lo stesso principio che, dopo il medioevo, inaugurò l'epoca moderna e il modello scientifico galileiano e quindi, dopo qualche secolo, le neuroscienze.
Sull'argomento del topic è attinente quello che scrive Damasio in un piccolo classico che è neuroscientifico ma anche divulgativo (al punto di essere giunto alla 14 edizione): "l'errore di Cartesio".
https://it.m.wikipedia.org/wiki/L%27errore_di_Cartesio
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 15:53:36 PM
Consiglio la lettura "l'ottica miope delle neuroscienze" di Nilalienum,si trova sul web e anche un articolo del manifesto sulle "neuroscienze al servizio del potere".
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Phil il 25 Ottobre 2020, 16:07:12 PM
Citazione di: InVerno il 25 Ottobre 2020, 13:36:07 PM
Penso che quello che chiamiamo "coscienza" non è un oggetto, ma un unità di misura (come il grammo), che qualititivamente può raggiungere una complessità tale da meritare suffissi e prefissi (come "auto" o "kilo"), ma l'idea di andare a cercare materialmente la coscienza, è altrettanto ingenua quanto imbarcarsi in un avventura alla ricerca del "grammo".
Direi persino che la coscienza (come la mente, etc.) non esiste "in sé", ma sia un concetto "classico" (non per questo non rivedibile) nel quale facciamo convergere, sintetizzandole, una serie di attività neurologiche distinguibili seppur interagenti fra loro (propriocezione, emozioni, etc.). Paragonerei il concetto di coscienza, pur con le dovute differenze, a quello di vista: non si tratta di un ente, localizzabile o studiabile isolatamente dagli altri (pertinenti), ma di un'astrazione che si basa sul vissuto dell'interazione fisica fra mondo esterno, luce, occhi, cervello, etc.

@Jacopus
Il motto sul cogito è a ben vedere quasi un sofisma, nel senso che proprio pronunciando «cogito», alla prima persona singolare, si presuppone già l'io, non lo si dimostra. Ciò che è innegabile ed evidente nell'esperienza del pensiero sono infatti i pensieri, non l'identità del pensante (come ben osservarono più ad oriente con il concetto di anatta). La forma "onesta" sarebbe «penso, quindi il pensiero esiste (/esisto come pensiero)», forma che deve pur cedere alle necessità della grammatica (verbi alla prima persona) per essere comprensibile, ma almeno evita di ipostatizzare un io fisico, che Cartesio stesso avrebbe dovuto escludere in coerenza con il suo dubbio metodico (Genio maligno, etc.). L'annessa domanda (retorica) «ma allora chi pensa i miei pensieri» è a sua volta viziosa perché presuppone ugualmente un'io (implicito nel «chi» più «miei»); se rispondiamo a tale domanda con «il cervello», abbiamo almeno un ente materiale a cui attribuire verificabilmente l'attività di pensiero (si può pensare senza cervello, come pura anima o spirito? Chissà, intanto possiamo almeno attenerci "cartesianamente" all'evidenza certa).
Ovviamente, la comune ragionevolezza presuppone che il mio corpo esista (che non stia vivendo in un sogno, etc.); è solo una nota esegetica su Cartesio.


P.s.
@Dante @niko
Sono l'ultimo a poter dare ripetizioni di matematica, ma il 50% di possibilità di indovinare è relativo al singolo evento, come la scelta fra due bottoni, un lancio di moneta, etc. non ad una serie di tentativi del medesimo evento ripetuto: se lancio la moneta 10 volte, non è affatto scontato che riesca ad indovinarne il 50% dei risultati. Se nei test con molteplici pazienti, gli scienziati hanno predetto il 60% dei risultati corretti, ciò non toglie che l'uomo della strada ne avrebbe potuti indovinare anche l'80%... tuttavia, nella scienza non si tratta di scommesse o divinazione, ma di cognizione di causa.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 16:18:09 PM
Dall'articolo "neuroscienze e libero arbitrio"

Negli ultimi anni, però, una serie di nuovi
studi ha iniziato a mostrare le cose sotto
una luce diversa, ridando fiato a una vi-
sione più libera – e decisamente più con-
fortante – della mente umana.
Nel 2012, sempre sui «Proceedings of the
National Academy of Sciences», Aaron
Schurger e Stanislas Dehaene, dell'Insti-
tut National de la Santé et de la Recher-
che Médicale (Inserm) di Parigi, avevano
iniziato a cambiare le carte in tavola con
uno studio che non smentisce l'attività ce-
rebrale inconscia che precede il movimen-
to, ma ne dà una diversa interpretazione.
Secondo il loro modello di come viene pre-
sa la decisione a livello neurale, nella si-
tuazione degli esperimenti descritti, in cui
i partecipanti ricevono l'istruzione di muo-
vere il dito ma possono scegliere loro i mo-
menti in cui farlo, la presunta attività ce-
rebrale preparatoria in realtà è solo una
serie di fluttuazioni casuali dell'attività dei
neuroni. Quando questa attività neurona-
le supera una certa soglia genera il movi-
mento, e il superamento di questa soglia,
che è il vero momento decisivo, può esse-
re deciso intenzionalmente.
Schurger e Dehaene hanno confermato le
previsioni di questo modello con alcuni
esperimenti. Hanno istruito i partecipanti
a muovere il dito a comando quando udi-
vano un suono, e hanno verificato che la
risposta era più rapida (passava meno tem-
po da quando il volontario udiva il suono
a quando muoveva il dito) se, nel momen-
to in cui giungeva il suono, questa attività
cerebrale preliminare fluttuante si trova-
va, per caso, vicina al suo culmine, e dun-
que l'impulso dato dalla volontà la porta-
va più in fretta oltre la soglia di attivazio-
ne. Il modello mostra anche come la cre-
scita dell'attività cerebrale che precede il
gesto possa dare l'impressione di una pre-
parazione che in realtà, in questo caso,
evidentemente non può esserci, dato che
il partecipante non prendeva alcuna deci-
sione di muovere il dito, né conscia né in-
conscia, finché non udiva il suono.
Le conclusioni degli studiosi francesi sono
state rafforzate da un secondo studio, pub-
blicato nel 2014 anch'esso su una rivista
di grande prestigio, «Nature Neuroscien-
ce», da un altro gruppo di neuroscienziati
guidati da Zachary Mainen al Champali-
maud Centre for the Unknown di Lisbo-
na, in Portogallo. Anche i portoghesi, ab-
binando modelli teorici dell'attività neura-
le ed esperimenti sui ratti, hanno conclu-
so che «l'intenzione iniziale di agire si ha
nel momento in cui viene superata una
certa soglia di attività cerebrale, e l'attivi-
tà neurale precedente a questo momento
può influenzare l'azione, ma non implica
che sia già stata presa una decisione».
il diritto di veto
Ora il nuovo studio tedesco di Schultze-
Kraft e Haynes apre un ulteriore spiraglio
alla volontà, su un terreno diverso. Lo stu-
dio riprende in sostanza un'idea di Libet
stesso, che intravedeva una possibile scap-
patoia alla ferrea dittatura dell'inconscio:
la nostra volontà potrebbe conservare un
potere di veto, bloccando intenzionalmen-
te le azioni intraprese dai meccanismi au-
tomatici inconsapevoli. I partecipanti allo
studio, con segnali luminosi, ricevevano
l'istruzione di premere un pedale ma poi
alcune volte, prima di aver mosso il piede,
ricevevano l'ordine di annullare il movi-
mento e tenere il piede fermo. Schultze-
Kraft e Haynes hanno visto così che i par-
tecipanti riescono a bloccare il movimen-
to anche quando l'attività cerebrale preli-
minare è già partita, perlomeno fino a un
certo punto.
Questo esperimento conferma quindi l'in-
tuizione di Libet: anche ammesso che l'at-
tività preliminare rappresenti davvero una
preparazione al movimento decisa da pro-
cessi inconsci, e non una mera fluttuazio-
ne casuale come teorizzano i francesi, la
volontà conscia conserva comunque un
suo spazio autonomo di manovra, quanto
meno di interdizione. Se così non fosse, i
volontari non avrebbero potuto fermare il
piede. La decisione diventa invece irrever-
sibile circa due decimi di secondo prima
che il movimento inizi, quando evidente-
mente i meccanismi del controllo motorio
sono già proceduti troppo oltre per poterli
arrestare. «Il nostro studio mostra che la
libertà è molto meno limitata di quanto si
pensasse» ha chiosato Haynes.
Così, a febbraio, lo stesso Schurger con
due colleghi ha fatto il punto su «Trends
in Cognitive Sciences». «È giunto il mo-
mento di vedere i risultati di Libet in
un'ottica nuova, rivalutando e reinterpre-
tando una grande mole di lavori. Potrem-
mo esserci del tutto sbagliati riguardo al-
l'attività cerebrale che precede i movimen-
ti, che sembra avere tutt'altro significato
rispetto a quello che le veniva attribuito.
E il nuovo quadro che ne esce è molto più
in linea con il nostro senso intuitivo della
decisione intenzionale e del libero arbi-
trio».
Quando iniziamo a considerare di compie-
re un'azione – spiega Schurger – siamo
propensi a farla ma non ancora del tutto
decisi, e questa vaga intenzione modifica
le fluttuazioni casuali dell'attività cerebra-
le, facendole salire più vicino alla soglia di
attivazione. Ma solo quando prendiamo la
decisione vera e propria l'attività cerebra-
le supera questa soglia, la vaga intenzione
diventa una scelta precisa, e il processo che
porta al movimento ha inizio. Ed è in que-
sto momento, o magari qualche breve
istante dopo, che sentiamo di aver preso
la decisione. «Questo lascia largamente
intatta l'idea di libero arbitrio data dal no-
stro senso comune» conclude.
Giovanni Sabato


Aggiornatevi ragazzi!!  :) :)
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 16:59:31 PM
Citazione di: Phil il 25 Ottobre 2020, 16:07:12 PM
Citazione di: InVerno il 25 Ottobre 2020, 13:36:07 PM
Penso che quello che chiamiamo "coscienza" non è un oggetto, ma un unità di misura (come il grammo), che qualititivamente può raggiungere una complessità tale da meritare suffissi e prefissi (come "auto" o "kilo"), ma l'idea di andare a cercare materialmente la coscienza, è altrettanto ingenua quanto imbarcarsi in un avventura alla ricerca del "grammo".
Direi persino che la coscienza (come la mente, etc.) non esiste "in sé", ma sia un concetto "classico" (non per questo non rivedibile) nel quale facciamo convergere, sintetizzandole, una serie di attività neurologiche distinguibili seppur interagenti fra loro (propriocezione, emozioni, etc.). Paragonerei il concetto di coscienza, pur con le dovute differenze, a quello di vista: non si tratta di un ente, localizzabile o studiabile isolatamente dagli altri (pertinenti), ma di un'astrazione che si basa sul vissuto dell'interazione fisica fra mondo esterno, luce, occhi, cervello, etc.

@Jacopus
Il motto sul cogito è a ben vedere quasi un sofisma, nel senso che proprio pronunciando «cogito», alla prima persona singolare, si presuppone già l'io, non lo si dimostra. Ciò che è innegabile ed evidente nell'esperienza del pensiero sono infatti i pensieri, non l'identità del pensante (come ben osservarono più ad oriente con il concetto di anatta). La forma "onesta" sarebbe «penso, quindi il pensiero esiste (/esisto come pensiero)», forma che deve pur cedere alle necessità della grammatica (verbi alla prima persona) per essere comprensibile, ma almeno evita di ipostatizzare un io fisico, che Cartesio stesso avrebbe dovuto escludere in coerenza con il suo dubbio metodico (Genio maligno, etc.). L'annessa domanda (retorica) «ma allora chi pensa i miei pensieri» è a sua volta viziosa perché presuppone ugualmente un'io (implicito nel «chi» più «miei»); se rispondiamo a tale domanda con «il cervello», abbiamo almeno un ente materiale a cui attribuire verificabilmente l'attività di pensiero (si può pensare senza cervello, come pura anima o spirito? Chissà, intanto possiamo almeno attenerci "cartesianamente" all'evidenza certa).
Ovviamente, la comune ragionevolezza presuppone che il mio corpo esista (che non stia vivendo in un sogno, etc.); è solo una nota esegetica su Cartesio.


P.s.
@Dante @niko
Sono l'ultimo a poter dare ripetizioni di matematica, ma il 50% di possibilità di indovinare è relativo al singolo evento, come la scelta fra due bottoni, un lancio di moneta, etc. non ad una serie di tentativi del medesimo evento ripetuto: se lancio la moneta 10 volte, non è affatto scontato che riesca ad indovinarne il 50% dei risultati. Se nei test con molteplici pazienti, gli scienziati hanno predetto il 60% dei risultati corretti, ciò non toglie che l'uomo della strada ne avrebbe potuti indovinare anche l'80%... tuttavia, nella scienza non si tratta di scommesse o divinazione, ma di cognizione di causa.

La vista un'astrazione? Sei sicuro Philip? Prova a chiudere un occhio. Non vedi niente, ma se provi a immaginare vedi lo stesso .La coscienza dipende dai sensi, ma anche in asenza di stimoli dai sensi sei cosciente lo stesso.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 25 Ottobre 2020, 17:02:03 PM



Il dualismo cartesiano, a mio avviso,  è chiaramente attuale oggi più che mai. Cerco di riproporre l'esperimento mentale che, a mio avviso ,lo riconferma insuperabile razionalmente dalle neuroscienze in forma, forse, più intuitiva;
Consideriamo due persone fisicamente identiche per ciascuno dei loro elementari costituenti fisici e per ognuna delle irriducibili relazioni in cui questi loro elementi si trovano fisicamente connessi; queste due siffatte, distinte ,presunte autocoscienze materiali si trovano in una stanza isolata , ciascuna per sé stessa autocosciente del proprio sé. In questa situazione non vi è alcun modo logico-razionale di poterle distinguere fisicamente ,al di fuori del loro sentirsi per sé stesse tali , se non attraverso la loro posizione spaziale rispetto a chi dovesse entrare nella stanza per osservarle materialmente; ma questo osservatore, una volta uscito dalla stanza e rientrato senza aver potuto mantenere traccia del sistema di riferimento originario , non sarà più in grado con la sola logica razionale associata all'indagine fisica, di ricondurre con logica certezza a ciascuna delle due entità autocoscienti la propria precedente osservazione fatta; le  due entità, dal canto loro  , rimarranno   ciascuna per sé stessa le sole a mantenere evidente certezza della loro distinta  ,cosciente e ben individuabile alterità. Inoltre, se una delle due materiali autocoscienze venisse ipoteticamente disintegrata ,cioè nullificata ,e quindi nuovamente ristabilita come la stessa entità spazio-materiale preesistente  , non vi sarebbe modo alcuno di conoscere se in ciò che si è ristabilito nella stessa forma spaziale risieda anche la medesima originaria autocoscienza; e questo ,perché , supponendo ,anziché la nullificazione ,la creazione di una terza nuova  ulteriore identica alterità fisica oltre alle due già presenti nella stanza ,  è logico che detta alterità consisterà in una per sé stessa ulteriore autocoscienza distinta dalle due gemelle a confronto . È evidente , quindi ,a mio avviso, come da questo genere di esperimenti mentali emerga l'attuale inequivocabile impossibilità da parte della logica razionale materialista , su cui sono fondate le teorie neuroscientifiche ,di superare o glissare il dualismo cartesiano fra il concetto fisico di estensione spaziale ( e temporale  ,aggiungerei) e quello ineffabile e irrazionale di autocoscienza del sé.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: InVerno il 25 Ottobre 2020, 17:06:14 PM
Citazione di: Phil il 25 Ottobre 2020, 16:07:12 PM

Direi persino che la coscienza (come la mente, etc.) non esiste "in sé", ma sia un concetto "classico" (non per questo non rivedibile) nel quale facciamo convergere, sintetizzandole, una serie di attività neurologiche distinguibili seppur interagenti fra loro (propriocezione, emozioni, etc.). Paragonerei il concetto di coscienza, pur con le dovute differenze, a quello di vista: non si tratta di un ente, localizzabile o studiabile isolatamente dagli altri (pertinenti), ma di un'astrazione che si basa sul vissuto dell'interazione fisica fra mondo esterno, luce, occhi, cervello, etc.
Si, come esperienza soggettiva sono d'accordo che potrebbe essere accomunata alla vista, anche perchè sia la "autocoscienza" sia la vista discernono la fisicità, ovvero, l'autocoscienza vive nell'illusione di "abitare il cervello" con una distanza simile alla quale la vista "abita gli occhi", in entrambi i casi l'illusione e la fisicità si compenetrano, ma mantengono una distanza "di sicurezza"..  Quando mi riferivo ad accomunarla ad unità di misura tuttavia, mi riferivo ad essa come oggetto di indagine.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Dante il Pedante il 25 Ottobre 2020, 17:44:02 PM
Citazione di: InVerno il 25 Ottobre 2020, 17:06:14 PM
Citazione di: Phil il 25 Ottobre 2020, 16:07:12 PM

Direi persino che la coscienza (come la mente, etc.) non esiste "in sé", ma sia un concetto "classico" (non per questo non rivedibile) nel quale facciamo convergere, sintetizzandole, una serie di attività neurologiche distinguibili seppur interagenti fra loro (propriocezione, emozioni, etc.). Paragonerei il concetto di coscienza, pur con le dovute differenze, a quello di vista: non si tratta di un ente, localizzabile o studiabile isolatamente dagli altri (pertinenti), ma di un'astrazione che si basa sul vissuto dell'interazione fisica fra mondo esterno, luce, occhi, cervello, etc.
Si, come esperienza soggettiva sono d'accordo che potrebbe essere accomunata alla vista, anche perchè sia la "autocoscienza" sia la vista discernono la fisicità, ovvero, l'autocoscienza vive nell'illusione di "abitare il cervello" con una distanza simile alla quale la vista "abita gli occhi", in entrambi i casi l'illusione e la fisicità si compenetrano, ma mantengono una distanza "di sicurezza"..  Quando mi riferivo ad accomunarla ad unità di misura tuttavia, mi riferivo ad essa come oggetto di indagine.
Ciao Inverno

Ciao Inverno
Sono Dante :)
Sia tu che Philip state pesantemente sbagliando.Infatti alla coscienza sembra di abitare in tutto il corpo,e difatti è così. Se ci pensate meglio è così. :) Quindi non si può proprio paragonare ad una percezione come la vista.Se si muove un piedi la coscienza sente immediatamente che è "suo".
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 25 Ottobre 2020, 18:46:55 PM
Salve Dante. Meraviglioso. Sei sempre una conferma, una certezza ! Citandoti : "Quindi non si può proprio paragonare ad una percezione come la vista.Se si muove un piedi la coscienza sente immediatamente che è "suo".
Io mi chiedo........ma come fai ad arrivare così lontano ? Infatti la vista dialoga con il cervello, mentre la coscienza ragiona con i piedi. Infatti se un tizio di 190 kg schiaccia inavvertitamente un piede altrui, la coscienza dell'obeso sente immediatamente come un gradino, un rigonfiamento sotto la propria scarpa, accorgendosi che la scarpa di sopra è la propria !. La vista invece vede immediatamente che l'immagine che è appena entrata nel cervello attraverso il nervo ottico e che proviene da uno specchio che io ho davanti.......e capisce al volo che l'immagine "è mia" (cioè sua di lui me che sarei io), cioè che è l'immagine di un pirla |"
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: niko il 25 Ottobre 2020, 18:52:01 PM
phil, su un numero alto di eventi casuali, se la probabilità di indovinare è 50%, la media dei risultati corretti e non corretti tenderà sempre di più al 50% tanti più tentativi si fanno, più è alto il numero dei tentativi, più il risultato medio esprime esattamente la percentuale propria del tentativo singolo, quindi se hanno ottenuto 60 di risultati corretti sul totale laddove l'uomo della strada con un numero alto di tentativi, tipo cento o mille, avrebbe sicuramente ottenuto 50, (perché l'uomo della strada va a casaccio e cerca di indovinare, può andargli meglio o peggio della media su un numero basso di tentativi, su un numero alto la statistica detta legge) il metodo che hanno usato ha almeno in parte funzionato...
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: davintro il 25 Ottobre 2020, 19:23:07 PM
nel momento in cui dico "Io" mi sto riconoscendo come soggetto dei miei pensieri o delle mie azioni, e dunque sto attribuendo al mio essere l'idea di un'unità per cui il complesso dei miei impulsi psichici e la mia spazialità corporea non si disperdono mai totalmente, ma sono delimitati sulla base di un'idea di soggetto, di identità che pensa e agisce sulla base di una certa qualità interiore, una certa direzione che orienta i miei atti. Il contributo di Cartesio, poi recuperato dalla fenomenologia husserliana, per cui proprio la sospensione delle cose dalla loro condizione di "fatti esistenziali" per recuperarli come fenomeni costituenti la coscienza, è il presupposto per svolgerne un'analisi sotto il segno dell'evidenza, sta nell'affermazione che l'eventuale dubbio circa l'effettiva realtà di questa unità identitaria autopercepita dall'Io, potrebbe riguardare solo la realtà esterna all'autocoscienza, ma non il vissuto stesso soggettivo autocosciente (l'Io): anche se mi illudessi, l'illusione riguarderebbe la corrispondenza fra vissuto soggettivo dell'Io e oggettiva realtà del mio essere, il Sé, che nella sua oggettività comprende il complesso delle relazioni con cui il mondo esterno, tramite la materia, interviene sulla mia identità, ma non l'atto stesso di un soggetto genericamente, cioè trascendentalmente, inteso che si illude su aspetti della sua persona. Posso dubitare, errare sul mio "Sé, ma non sul mio Io. La fallibilità del giudizio sul mio Sé è data proprio dalla componente di materialità che lo costituisce: in quanto, anche, corporeo, il Sé è aperto (materialità come passività nell'accezione aristotelica a cui forse Cartesio stesso resta fedele) agli influssi ambientali del mondo esterno, che in quanto alterità rispetto alla mia soggettività pensante, resta una dimensione mai pienamente trasparente, e questa opacità si trasferisce al Sè nella misura in cui l'esterno incide su di esso. Posso ammettere la possibilità che il fatto di aver due gambe anziché 4 sia un inganno che subisco fin dalla nascita, oppure di aver un'allucinazione e di essere in questo momento in Francia anziché in Italia, tutti aspetti del mio Sé in qualche modo legati alla dimensione corporea, mentre, che mi illuda o meno, esiste senza dubbio l'atto dell'Io che si interroga e riflette sul proprio Sé, attribuendogli una certa idea, un'unità individuale, una forma, ed essendo la forma interruzione della continuità spaziale e materiale, quest'atto di unificazione è attività spirituale, che non è idea astratta, nel senso in cui l'empirismo erroneamente associa tutto ciò di ideale all'astratto, ma concreta attività psichica tramite cui l'Io sa astrarsi, anche se limitatamente, dalla materialità del proprio Sé per tematizzarlo, metterlo in discussione, limitarlo sulla base di una forma. In sintesi, se il Sé, complesso delle nostre proprietà oggettive, inserito in una rete di relazioni causali con il mondo esterno, è unità di spirito e materia, l'Io atto di pensiero autocosciente, è pura spiritualità, e ciò gli rende possibile l'astrazione e l'oggettivazione del proprio Sè, che come materia, "subisce" passivamente la valutazione dell'Io. Se fossimo Dio, puro spirito, piena coincidenza tra Io e Sè, nessuna possibilità di illusione su di sé sarebbe possibile, proprio in quanto si darebbe coincidenza totale tra autocoscienza soggettiva, Io e suo oggetto riflesso, Sè, senza alcuna interferenza dell'esterno, che invece nell'uomo incide per il tramite della componente materiale.


Il problema della spiritualità/materialità dell'Io è un problema specificatamente filosofico, non neuroscientifico o di qualsivoglia altro sapere fisicalista, in quanto qualunque sapere poggiante sull'esperienza dei sensi, cioè ponente il proprio oggetto di studio come esterno rispetto all'osservatore, non può che limitarsi all'indagine della componente più superficiale, di esso, quella predisposta a corrispondere all'osservazione sensibile, alla materia, ma non può dir nulla sull'esistenza o meno di una componente spirituale, proprio perché il loro fondamento epistemico è per definizione inadeguato a occuparsi di tale componente. Se ci si vuole occupare dell'Io occorre procedere all'interno di un punto di vista il più possibile contiguo all'Io stesso, e se definiamo l'Io come "autocoscienza", allora è solo l'analisi dei vissuti in prima persona, registrando ciò che è essenziale in loro mettendo fuori circuito le componenti accidentali secondo l'insegnamento fenomenologico, ciò entro cui possiamo averne un'esperienza autentica. Non si può studiare l'Io con l'osservazione esterna, perché tale scelta metodologica assume come premessa pregiudiziale la posizione materialista: ciò che non è osservabile esteriormente, con i sensi, non può esistere, quindi vado a cercare l'Io dove già in partenza è scontato non potrei averne che manifestazioni fisiche, o comunque direttamente condizionate dalla fisicità del mondo esterno. Il che non vuol dire affatto squalificare i risultati delle neuroscienze, ma delimitarne la validità all'interno di un livello antropologico parziale, quello materiale, che non si sovrappone e non si sostituisce al livello più interiore ed essenziale, la componente formale del soggetto che pone l'Io, che è quello propriamente filosofico e metafisico, che procede sulla base di una razionalità ad hoc, non empirica nel senso del verificazionismo positivista, ma fenomenologico e poi deduttivo/speculativo
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 01 Novembre 2020, 19:55:14 PM
Citazione di: davintro il 25 Ottobre 2020, 19:23:07 PM
Il che non vuol dire affatto squalificare i risultati delle neuroscienze, ma delimitarne la validità all'interno di un livello antropologico parziale, quello materiale, che non si sovrappone e non si sostituisce al livello più interiore ed essenziale, la componente formale del soggetto che pone l'Io, che è quello propriamente filosofico e metafisico, che procede sulla base di una razionalità ad hoc, non empirica nel senso del verificazionismo positivista, ma fenomenologico e poi deduttivo/speculativo
Riconoscersi allo specchio ,riconoscendosi soltanto nel proprio Sé fisicamente corporeo , per molti potrebbe voler dire identificarsi in tutto e solo ciò che la scienza può dire riguardo al corpo inteso come entità spaziotemporale; e le conseguenze sul piano antropologico di questo atteggiamento , ormai piuttosto generalizzato, sono significative e diffuse; la verità "relativa" ma ormai egemone delle scienze rischia oggi di ridurre gli uomini ed i loro corpi ad un insieme di atomiche entità platoniche fraintese come essenziali e di calare le loro esistenze in altrettanti modelli disegnati  dalla ragione. Definire L'IO (ma è logicamente troppo anche il solo poterlo "definire") come soggetto e agente assoluto, come lampada da scrivania che non può auto illuminarsi, non "oggettivizzabile", e quindi non trattabile da alcuna indagine che studia i fenomeni come oggetti, a mio avviso,  non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 01 Novembre 2020, 21:28:47 PM
Salve and1972rea, Citandoti : "non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto".
Solo una capziosa precisazione che ti prego voler sopportare : Se la scienza dichiara clinicamente morto un qualcosa/qualcuno lo potrà fare a proposito dell'individuo (dell'Io si occupano, con scarsa pertinenza, psicologia, psichiatria, psicoterapia ("scienze comportamentali" perciò non soggette al metodo scientifico, quindi complessivamente da considerare come dottrine "non scientifiche")).

Ovvio che la scienza non dimostrerà mai nulla a chi creda a dei fondamenti spiritualistici, fideistici, metafisici od esoterici del nostro esistere. Saluti.



Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: davintro il 02 Novembre 2020, 01:23:55 AM
Citazione di: and1972rea il 01 Novembre 2020, 19:55:14 PM
Citazione di: davintro il 25 Ottobre 2020, 19:23:07 PM
Il che non vuol dire affatto squalificare i risultati delle neuroscienze, ma delimitarne la validità all'interno di un livello antropologico parziale, quello materiale, che non si sovrappone e non si sostituisce al livello più interiore ed essenziale, la componente formale del soggetto che pone l'Io, che è quello propriamente filosofico e metafisico, che procede sulla base di una razionalità ad hoc, non empirica nel senso del verificazionismo positivista, ma fenomenologico e poi deduttivo/speculativo
Riconoscersi allo specchio ,riconoscendosi soltanto nel proprio Sé fisicamente corporeo , per molti potrebbe voler dire identificarsi in tutto e solo ciò che la scienza può dire riguardo al corpo inteso come entità spaziotemporale; e le conseguenze sul piano antropologico di questo atteggiamento , ormai piuttosto generalizzato, sono significative e diffuse; la verità "relativa" ma ormai egemone delle scienze rischia oggi di ridurre gli uomini ed i loro corpi ad un insieme di atomiche entità platoniche fraintese come essenziali e di calare le loro esistenze in altrettanti modelli disegnati  dalla ragione. Definire L'IO (ma è logicamente troppo anche il solo poterlo "definire") come soggetto e agente assoluto, come lampada da scrivania che non può auto illuminarsi, non "oggettivizzabile", e quindi non trattabile da alcuna indagine che studia i fenomeni come oggetti, a mio avviso,  non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto.


Precisazione importante: nel mio messaggio cercavo di riferirmi, pensando di stare nello spirito del topic aperto, alla questione della natura spirituale/materiale dell'Io, questione distinta da quella dell'eventuale indipendenza, nel senso di sopravvivenza, dell'Io rispetto alla morte corporea (l'elettroencefalogramma piatto), che aprirebbe il problema dell'anima immortale, che è collegato a quello dell'Io, ma ha una sua autonomia. Riconoscere, e in ciò concordo, una natura spirituale all'Io, alla luce della sua inoggettivabilità, non implica l'idea di un'Io, o meglio, a questo punto, di un'anima, che continuerebbe a vivere slegata dal corpo. Il fatto che l'Io non sia riducibile a oggetto materiale non comporta necessariamente che per il suo attuarsi non sia necessario il corpo inteso come strumento, o per meglio dire, supporto: un conto è ammettere l'insufficienza della materia a render ragione dell'atto soggettivo dell'Io (il punto che ho provato ad argomentare), un altro è ricavare da tale insufficienza anche una non-necessità di un supporto materiale, cerebrale per il vivere e l'esistere di tale Io (punto che qua ho lasciato tra parentesi)


Per Viator


"credere" (ma il termine non sarebbe così adeguato, essendo la metafisica disciplina razionale per eccellenza, al netto delle umane lacune di rigore argomentativo che le configurazioni storiche della metafisica hanno mostrato) a fondamenti spirituali o metafisici non implica il precludersi al riconoscimento di validità delle dimostrazioni scientifiche, ma semplicemente ammettere ACCANTO E NON IN CONTRAPPOSIZIONE al livello fisico della realtà appannaggio delle scienze naturali, un livello intelligibile e spirituale, indagabile con una specifica modalità argomentativa, il modello di razionalità deduttiva, che inferisce a partire da princìpi di verità evidenti come quelli della logica formale, e dall'analisi delle relazioni tra i concetti colti nelle loro definizioni generali. L'idea di un metafisico che rigetta in toto le scienze empiriche, che quando sta male preferirebbe rivolgersi a un teologo o a uno sciamano anziché a un medico i cui studi siano scientificamente riconosciuti è solo una caricatura: un metafisico serio non ha alcun problema a riconoscere al medico la competenza riguardo ciò che a che fare con la corporeità, fintanto che quest'ultima non si pretenda di allargarla alla realtà dell'uomo nella totalità degli aspetti. Ma un medico, nella misura in cui fosse alla presa con pensieri di questo genere, cesserebbe di essere tale, e si porrebbe come filosofo (e metafisico) a sua volta
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 02 Novembre 2020, 14:49:19 PM
Salve davintro. Citandoti . "L'idea di un metafisico che rigetta in toto le scienze empiriche, che quando sta male preferirebbe rivolgersi a un teologo o a uno sciamano anziché a un medico i cui studi siano scientificamente riconosciuti è solo una caricatura".


Ma "metafisica" significa "oltre la fisica" (cioè in sè estraneo alle fondamentali leggi della fisica) e quindi se dal punto di vista umano è ovvio che il metafisico, l'esoterista od il credente risultino incoerenti nel volersi affidare - a seconda dei casi - a medico, sacerdote praticone o sciamano (o, meglio ancora a tutti e quattro.....sai mai che di qui o di là ci prendo !), dal punto di vista logico e filosofico è chiaro che I FONDAMENTI della scienza e quelli della metafisica o dell'astrologia o della religione si negano a vicenda, per cui bisogna stabilire quale dei tre ambiti sia quello che ospita la più "corretta ed efficace" visione del mondo e prendere a credervi coerentemente. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: davintro il 02 Novembre 2020, 17:53:28 PM
Citazione di: viator il 02 Novembre 2020, 14:49:19 PM
Salve davintro. Citandoti . "L'idea di un metafisico che rigetta in toto le scienze empiriche, che quando sta male preferirebbe rivolgersi a un teologo o a uno sciamano anziché a un medico i cui studi siano scientificamente riconosciuti è solo una caricatura".


Ma "metafisica" significa "oltre la fisica" (cioè in sè estraneo alle fondamentali leggi della fisica) e quindi se dal punto di vista umano è ovvio che il metafisico, l'esoterista od il credente risultino incoerenti nel volersi affidare - a seconda dei casi - a medico, sacerdote praticone o sciamano (o, meglio ancora a tutti e quattro.....sai mai che di qui o di là ci prendo !), dal punto di vista logico e filosofico è chiaro che I FONDAMENTI della scienza e quelli della metafisica o dell'astrologia o della religione si negano a vicenda, per cui bisogna stabilire quale dei tre ambiti sia quello che ospita la più "corretta ed efficace" visione del mondo e prendere a credervi coerentemente. Saluti.


Ammettere fondamenti metafisici su cui ogni altro sapere poggia non cancella la validità dei fondamenti immanenti alle scienze particolari e quindi la loro autonomia metodologica, a meno di non confondere la necessità dei fondamenti metafisici in relazione agli altri, con una presunta sufficienza di quelli per rendere ragione di questi. Sarebbe come pensare che il lavoro di costruzione delle fondamenta di una casa renda inutile il lavoro di costruzione dei piani superiori che sulle fondamenta poggiano, che basti conoscere le regole degli scacchi per essere abili giocatori, che lo studio delle basi di cultura generale che apprendiamo alle scuole Elementari renda inutile quello che si studia nei cicli superiori. Fuor di analogia, i princìpi metafisici costituiscono il livello originario della realtà da cui derivano gli altri appannaggio delle scienze particolari, e gli altri livelli proprio in quanto hanno una natura differente da quello che li fonda, necessitano di essere indagati con un metodo ad hoc, distinto da quello adeguato a indagare il livello originario. Per questo non c'è alcun conflitto e sovrapposizione, una volta che i diversi saperi mettono bene a fuoco i loro specifici oggetti, le loro relazioni, ma anche le loro differenze

Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 05 Novembre 2020, 21:05:49 PM
Citazione di: viator il 01 Novembre 2020, 21:28:47 PM
Salve and1972rea, Citandoti : "non è sufficiente per spiegare razionalmente l'impossibilità da parte della scienza  di poter  dichiarare L"IO"  clinicamente morto leggendo un elettroencefalogramma piatto".
Solo una capziosa precisazione che ti prego voler sopportare : Se la scienza dichiara clinicamente morto un qualcosa/qualcuno lo potrà fare a proposito dell'individuo (dell'Io si occupano, con scarsa pertinenza, psicologia, psichiatria, psicoterapia ("scienze comportamentali" perciò non soggette al metodo scientifico, quindi complessivamente da considerare come dottrine "non scientifiche")).

Ovvio che la scienza non dimostrerà mai nulla a chi creda a dei fondamenti spiritualistici, fideistici, metafisici od esoterici del nostro esistere. Saluti.


La scienza si occupa di spiegare i fenomeni riconducendoli di continuo a sempre nuove  , provvisorie e iperuraniche ipotesi (chiamate di solito" teorie"), essa  non dimostra mai nulla. In questo senso la scienza cerca di spiegare anche l'"IO" come fenomeno materiale  ,tentando di ricondurre questa "coscienza del sé" agli elementari costituenti ideali , nei quali attualmente essa fa consistere la materia fenomenica . Non esiste disciplina più metafisica della fisica stessa ,quindi   ,perché l'idea che essa si fa di come funziona la natura apparente del mondo non appartiene a questo mondo , né da quello scaturisce  ; tutto ciò che essa immagina o favoleggia intorno al reale non è sostenuto da alcuna dimostrazione  , ma solo da prove che per loro natura devono essere e rimanere confutabili.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:07:46 PM
Basta poco per sperimentare la forza di gravità e passare dalla metafisica alla fisica in un battibaleno. Provare per credere (se le condizioni finali dell'esperimento lo consentono).
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 05 Novembre 2020, 22:10:52 PM
Salve and1972rea. Citandoti : "La scienza si occupa di spiegare i fenomeni riconducendoli di continuo a sempre nuove  , provvisorie e iperuraniche ipotesi (chiamate di solito" teorie"), essa  non dimostra mai nulla".
Appunto, stai confermando, come ho detto, che a chi ha credenze come le tue la scienza non dimostrerà mai nulla.

Se una teoria produce una asserzione, e cio che risulta asserito viene a verificarsi, si è prodotta una previsione (apparente o provvisoria). Se poi, riproducendo le condizioni previste dalla medesima teoria, quanto asserito in precedenza si verifica nuovamente, si sarà prodotta una nuova (meno apparente e meno provvisoria) previsione.

Ora, tu sai che esistono teorie che asseriscono cose che si verificano continuamente, monotonamente, ogni volta che si riproducono determinate condizioni contenute nelle teorie stesse e nella loro applicazione pratica.

Tu queste non le chiamerai mai dimostrazioni, e secondo te resteranno per sempre delle SEMPRE PIU' CURIOSE ED INSPIEGABILI SEQUENZE DI COINCIDENZE. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 05 Novembre 2020, 22:29:48 PM
E' assai buffo che uno usi uno strumento tecnoscientifico per comunicare all'universo mondo che le teorie scientifiche che gli permettono questo tipo di comunicazione sono infondate. Sono questi atteggiamenti patafilosofici a rendere la filosofia sospetta a chi cerca di capire la realtà.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 07 Novembre 2020, 21:39:05 PM
Citazione di: viator il 05 Novembre 2020, 22:10:52 PM

Ora, tu sai che esistono teorie che asseriscono cose che si verificano continuamente, monotonamente, ogni volta che si riproducono determinate condizioni contenute nelle teorie stesse e nella loro applicazione pratica.

Tu queste non le chiamerai mai dimostrazioni, e secondo te resteranno per sempre delle SEMPRE PIU' CURIOSE ED INSPIEGABILI SEQUENZE DI COINCIDENZE. Saluti.





La triste storia del tacchino induttivista di Russell e Popper potrebbe,   a mio avviso , aiutarti a schiarire qualcuna delle mie così ostiche idee. Questo povero tacchino si illuse di essere diventato il prediletto del padrone, e per moltissimi giorni poté così prevedere con profitto e precisione il pasto delle  9.00, e così fu ... fino alla Vigilia del Natale. Con questo non metto affatto in discussione l'utilità delle provvisorie inferenze della scienza,  ma la pretesa di questa di voler spiegare e addirittura "comprendere" l'Uomo attraverso le ormai fragili e provvisorie categorie, nemmeno più fra loro tanto distinte, di spazio e tempo.




Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 07 Novembre 2020, 23:24:53 PM
Citazione di: davintro il 02 Novembre 2020, 01:23:55 AM



Precisazione importante: nel mio messaggio cercavo di riferirmi, pensando di stare nello spirito del topic aperto, alla questione della natura spirituale/materiale dell'Io, questione distinta da quella dell'eventuale indipendenza, nel senso di sopravvivenza, dell'Io rispetto alla morte corporea (l'elettroencefalogramma piatto), che aprirebbe il problema dell'anima immortale, che è collegato a quello dell'Io, ma ha una sua autonomia. Riconoscere, e in ciò concordo, una natura spirituale all'Io, alla luce della sua inoggettivabilità, non implica l'idea di un'Io, o meglio, a questo punto, di un'anima, che continuerebbe a vivere slegata dal corpo. Il fatto che l'Io non sia riducibile a oggetto materiale non comporta necessariamente che per il suo attuarsi non sia necessario il corpo inteso come strumento, o per meglio dire, supporto: un conto è ammettere l'insufficienza della materia a render ragione dell'atto soggettivo dell'Io (il punto che ho provato ad argomentare), un altro è ricavare da tale insufficienza anche una non-necessità di un supporto materiale, cerebrale per il vivere e l'esistere di tale Io



La cifra che, a mio avviso, distingue il dualismo cartesiano rispetto a quello platonico di anima e corpo è la logica con cui Cartesio giunge a comprendere la non comprensibilità dell'autocoscienza del sé all'interno della categoria dello spazio. L'"IO" , quindi, inteso non come perfetta idea astratta e incarnata nel corpo imperfetto, ineffabile, mutevole, ma come "cosa" anch'essa concreta ,"non estesa", come "corpo" esso stesso  di un mondo fisico esteso al di là del limitato concetto geometrico di estensione spaziale.
Uno spunto essenziale questo per poter comprendere ,oggi, come il non voler ridurre l"IO" alla materia descritta dalla scienza in termini spaziotemporali non significa per forza volerlo platonicamente astrarre dal mondo dei corpi imperfetti perché idealmente incomprensibili, ma significa voler ammettere una valenza materiale dell'"IO" oltre le ipotesi geometriche con cui la scienza guardava il mondo fino a ieri.
l"IO" ,quindi, oltre il soggetto e l'oggetto, forse, è un fenomeno più profondamente materiale di quanto la scienza ancora riesca a descriverlo.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 08 Novembre 2020, 12:59:18 PM
Salve and1972rea. Ma la fine del tacchino è perfettamente naturale. Anche l'uomo che viva a lungo e bene si illude di risultare un prediletto dalla Natura o da Dio.
La vita del tacchino e del'uomo è l'illusione soggettiva, la loro morte la realtà oggettiva.Finchè la scienza produce risultati prevedibili (il prolungarsi di una illusione) essa svolge benissimo il proprio ruolo (soddisfare le nostre illusorie attese).

Tu, io e tutti viviamo di illusioni le quali funzionano meravigliosamente finchè qualcosa non le smentisce. Al cadere delle illusioni in cui crediamo.......noi non correremo affatto a consolarci con la realtà (la morte) poichè non è essa che ci serve. Per continuare a vivere, non potremo che sostituire le illusioni precedenti con delle nuove, augurabilmente più solide delle precedenti.

Infatti il primato della scienza, lentamente e controvertibilmente conquistato, si genera attraverso la fornitura - alla nostra visione del mondo- di illusioni via via meno precarie rispetto a quelle che le hanno precedute. Saluti.


Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 15 Novembre 2020, 17:48:15 PM
Citazione di: viator il 08 Novembre 2020, 12:59:18 PM


Infatti il primato della scienza, lentamente e controvertibilmente conquistato, si genera attraverso la fornitura - alla nostra visione del mondo- di illusioni via via meno precarie rispetto a quelle che le hanno precedute. Saluti.





A fine '800 i miti della fisica classica sembrava non avessero ormai più quasi nulla di nuovo da dire intorno al mondo dei fenomeni naturali,  "gli addetti ai lavori " sconsigliavano a un giovane fisico di intraprendere la carriera di ricercatore, non vi era dubbio alcuno che tutto fosse finalmente  spiegabile attraverso i teoremi della meccanica newtoniana; soltanto qualche trascurabile osservazione empirica non collimava con le previsioni teoriche, dettagli marginali nella testa degli "addetti ai lavori", che sicuramente sarebbero stati ricondotti in breve tempo alle stabili e inossidabili leggi di Newton; ...per questo non fu un fisico accademico , ma un ingegnere, un anonimo impiegatuccolo all'ufficio federale dei brevetti di Berna a sconfiggere il pregiudizio granitico che vedeva le ipotesi della scienza evolvere ciecamente su sé stesse in modo sempre meno precario e sempre più inoppugnabile; questo omino scapigliato scardinò così le vecchie mitiche ,stabili e tranquillizzanti ipotesi di Newton e le ridusse a casi particolari di nuove e ancor più astratte favole che oggi ci raccontano come fare le cose del tutto diversamente da come ce lo raccontava Newton, ma che già adesso, nonostante la loro utilità nel farci trovare il distributore aperto più vicino, mostrano la loro precarietà quando si va ad osservare ciò che appare nell'ambito del microcosmo. Lungi dall'avvicendarsi in modo sempre meno precario, al contrario , quindi , le ipotesi che formula la scienza si susseguono sconfessandosi fra di loro in modo radicale, raccontando il mondo che credono di vedere attraverso miti sempre più profondamente differenti fra di loro, ma sempre più utili a ricostruire ad arte il mondo in cui ci illudiamo di vivere. Ma quanto c'è di vero in questi racconti che la scienza fa del mondo? Determinare la distanza che separa ognuna di queste storie ipotetiche del mondo fenomenico che appare dal mondo ontologicamente reale che è, è come calcolare  distanze che separano viaggiatori da  destinazioni che essi non conoscono e che noi stessi non conosciamo; semplicemente, non ci è dato di saperlo e sembra pure insensato chiederselo.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Jacopus il 15 Novembre 2020, 18:10:14 PM
Per and. E quindi? La scienza, il suo fondamento, è il metodo. Ed il metodo presuppone che le leggi su cui si fonda possano cambiare, se se ne trovano di più corrette. Ma non si tratta di files che vengono sovraincisi, come se niente fosse. Senza Newton, Einstein non sarebbe potuto esistere, e senza Galilei non sarebbe esistito Newton ( forse senza il Dio monoteistico, non potremmo parlare di scienza moderna). In ciò, la cultura scientifica non è dissimile alla cultura in genere, ma ha l'ambizione prometeica di cambiare il mondo, "a nostra immagine e somiglianza".
Sembra quasi che la tua critica consista nel  condannare queste leggi eteree, che cambiano, mai fisse, una volta per tutte. Ma la fisica stessa non ha leggi fisse. È probabile che dentro un buco nero le leggi fisiche che noi conosciamo siano inapplicabili. Così come in altre galassie, sottoposte a forze materiali diverse da quelle che conosciamo presenti nel "braccio locale" della galassia che abitiamo. Immagina in campo medico, o in campo sociale, come sia ancora più arduo applicare metodi scientifici.
La scienza, però, non è dogmatica, altrimenti non sarebbe scienza, ma questo non significa che racconti frottole. Questo rovesciamento interpretativo è illogico e confutato da ciò che la scienza (applicata) ci ha permesso di fare. Non sto a ripetere come la scienza moderna sia attrezzata con appositi meccanismi, affinché non racconti frottole. Si può accedere ad internet per avere risposte molto accurate in proposito.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 15 Novembre 2020, 18:44:24 PM
Salve and1972rea. Citandoti brevemente : "..................un anonimo impiegatuccolo all'ufficio federale dei brevetti di Berna a sconfiggere il pregiudizio granitico che vedeva le ipotesi della scienza evolvere ciecamente su sé stesse in modo sempre meno precario e sempre più inoppugnabile".

Sono IO che attribuisco al progredire scientifico la sempre minore precarietà.

Poi, per confondere un pochetto la questione - tirandola per la manica dalla parte tua - arrivi TU a parlarci di una inoppugnabilità MAI DA ME ATTRIBUITA ALLA SCIENZA NE' DA QUEST'ULTIMA - all'interno del proprio metodo e delle proprie dotttrine - MAI RIVENDICATA. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 15 Novembre 2020, 19:50:20 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Novembre 2020, 18:10:14 PM
Per and. E quindi? La scienza, il suo fondamento, è il metodo. Ed il metodo presuppone che le leggi su cui si fonda possano cambiare, se se ne trovano di più corrette. Ma non si tratta di files che vengono sovraincisi, come se niente fosse. Senza Newton, Einstein non sarebbe potuto esistere, e senza Galilei non sarebbe esistito Newton

Esattamente. Newton fu così onesto rispetto alla sua scoperta che permetteva di fare calcoli esatti sulla gravità terrestre e astronomica da rifiutarsi di fingere ipotesi sulla sua natura. Einstein vi aggiunse un tassello, non falsificó la gravitazione universale.

Citazione( forse senza il Dio monoteistico, non potremmo parlare di scienza moderna)

Assai opinabile. Io scommetterei invece che l'ingombro di numi singoli o plurimi abbia ostacolato per secoli, forse millenni, lo sviluppo della scienza, imponendo verità farlocche, anche con l'uso della violenza, alla libera ricerca. Ovviamente anche il contesto socioeconomico, basato sullo sfruttamento di lavoro servile, ha avuto il suo peso, ma non così ostativo come le pietre d'inciampo teocratiche.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 22 Novembre 2020, 16:52:20 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Novembre 2020, 18:10:14 PM
Per and. E quindi? La scienza, il suo fondamento, è il metodo. Ed il metodo presuppone che le leggi su cui si fonda possano cambiare, se se ne trovano di più corrette. Ma non si tratta di files che vengono sovraincisi, come se niente fosse. Senza Newton, Einstein non sarebbe potuto esistere, e senza Galilei non sarebbe esistito Newton ( forse senza il Dio monoteistico, non potremmo parlare di scienza moderna). In ciò, la cultura scientifica non è dissimile alla cultura in genere, ma ha l'ambizione prometeica di cambiare il mondo, "a nostra immagine e somiglianza".
Sembra quasi che la tua critica consista nel  condannare queste leggi eteree, che cambiano, mai fisse, una volta per tutte. Ma la fisica stessa non ha leggi fisse. È probabile che dentro un buco nero le leggi fisiche che noi conosciamo siano inapplicabili. Così come in altre galassie, sottoposte a forze materiali diverse da quelle che conosciamo presenti nel "braccio locale" della galassia che abitiamo. Immagina in campo medico, o in campo sociale, come sia ancora più arduo applicare metodi scientifici.
La scienza, però, non è dogmatica, altrimenti non sarebbe scienza, ma questo non significa che racconti frottole. Questo rovesciamento interpretativo è illogico e confutato da ciò che la scienza (applicata) ci ha permesso di fare. Non sto a ripetere come la scienza moderna sia attrezzata con appositi meccanismi, affinché non racconti frottole. Si può accedere ad internet per avere risposte molto accurate in proposito.
Le frottole hanno un rapporto con la verità che è molto  profondo e che la scienza per sua natura non può avere; esse riescono a negare il Vero proprio perchè nel fare ciò non possono far altro che considerarlo avendoci a che vedere. Invece ,la scienza procede per ipotesi astratte e del tutto avulse dall'oggettività del reale , e produce congetture che nient'affatto sono più o meno corrette rispetto ad un oggetto reale che da esse non è sondabile , ma che sono intrinsecamente più o meno confutabili rispetto all'interpretabile gioco delle apparenze ;tali congetture ci spiegano il mondo nello stesso modo in cui noi potremmo comprendere un album dei "The Doors" misurando il diametro di un vinile o giocandoci a frisbee. Voler scorgere un nesso di continuità evolutiva fra una congettura scientifica e l'altra  pare , quindi ,azzardato: Einstein nella sua opera non avrebbe potuto fare a meno di Newton ,così come Dante della metrica dell'endecasillabo e dell'alfabeto latino, ma questo non significa certo dire che un mezzo possa diventare evoluzione e perfezionamento di un fine. Le ipotesi astratte della scienza nascono all'intuito e da un salto noetico del raziocinio , esse non ci dicono che quei 2 fenomeni sono due atomi di Elio, ma che in apparenza, quel poco che di quelle due misteriose entità traspare  sembra comportarsi come l'atomo di Elio che si trova soltanto nella nostra" testa"; non ci dicono che Marco e Andrea sono due insiemi di molecole in equilibrio dinamico con un mondo di particelle elementari attorno a loro, ma che il misterioso mondo dell'essere genera 2 entità fenomeniche che per qualche loro aspetto sembrano in accordo con il disegno atomicamente tratteggiato che abbiamo fatto della natura (anche l'album dei The Doors potrebbe presentarsi fenomenicamente somigliante ad un frisbee); la riprova del fatto che Marco non è una frammentaria apparenza di un disegno inventato, ma è molto di più, e non è nemmeno quello stesso disegno, è che egli non è un fenomeno scientificamente riproducibile; infatti, se si tenterà (in linea ipotetica) di scansionare Marco nel profondo di ogni suo aspetto fisicamente conoscibile per riprodurlo , si otterrà un' altra apparenza fenomenicamente identica a Marco  ,ma che Marco non è ( e questo Marco lo sa).
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 22 Novembre 2020, 17:28:00 PM
Salve and1972rea. Citandoti : "infatti, se si tenterà (in linea ipotetica) di scansionare Marco nel profondo di ogni suo aspetto fisicamente conoscibile per riprodurlo , si otterrà un' altra apparenza fenomenicamente identica a Marco  ,ma che Marco non è ( e questo Marco lo sa)".

Senz'altro tu sottintendi il fatto che il Marco "originale" consista anche in qualcosa di non scansionabile. Ovvero che dalla scansione mancherebbero attributi squisitamente qualitativi non fisicamente riproducibili.
A questo punto sarei imbarazzato perchè da una parte dovrei dirmi d'accordo con te, dall'altra sarei costretto a darti torto.Marco non è riproducibile non perchè egli abbia contenuti intrinsecamente non riproducibi (analizzabili, quantificabili) per via fisicistica.

Marco non è riproducibile per il semplice intervenire degli effetti del "principio di indeterminazione" il quale fa in modo che il Marco del momento inziale del tentativo di riprodurlo........cambi senza soluzione di continuità anche durante il tempo necessario alla scansione (minimo a piacere ma comunque sempre sostanziale)..........quindi il risultato finale non potrà risultare temporalmente congruo con l'"originale" al termine della scansione.

Ciò che cercavo di copiare, mentre lo copio, diventa altro da ciò che credo di star copiando. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 22 Novembre 2020, 18:15:36 PM
Citazione di: viator il 22 Novembre 2020, 17:28:00 PM
Salve and1972rea. Citandoti : "infatti, se si tenterà (in linea ipotetica) di scansionare Marco nel profondo di ogni suo aspetto fisicamente conoscibile per riprodurlo , si otterrà un' altra apparenza fenomenicamente identica a Marco  ,ma che Marco non è ( e questo Marco lo sa)".

Senz'altro tu sottintendi il fatto che il Marco "originale" consista anche in qualcosa di non scansionabile. Ovvero che dalla scansione mancherebbero attributi squisitamente qualitativi non fisicamente riproducibili.
A questo punto sarei imbarazzato perchè da una parte dovrei dirmi d'accordo con te, dall'altra sarei costretto a darti torto.Marco non è riproducibile non perchè egli abbia contenuti intrinsecamente non riproducibi (analizzabili, quantificabili) per via fisicistica.

Marco non è riproducibile per il semplice intervenire degli effetti del "principio di indeterminazione" il quale fa in modo che il Marco del momento inziale del tentativo di riprodurlo........cambi senza soluzione di continuità anche durante il tempo necessario alla scansione (minimo a piacere ma comunque sempre sostanziale)..........quindi il risultato finale non potrà risultare temporalmente congruo con l'"originale" al termine della scansione.

Ciò che cercavo di copiare, mentre lo copio, diventa altro da ciò che credo di star copiando. Saluti.
Non sono un fisico , ma a me pare che Il principio di indeterminazione non coincida evidentemente un principio di indeterminatezza , esso ci dice, cioè  ,quello che apparentemente non siamo in grado di fare, non quello che non è possibile in assoluto fare , per esempio ,quando si riuscirà a misurare gli oggetti fisici senza per forza dover intervenire su di essi guardandoli ;allo stesso modo di come avviene la copia di un mutamento dello stato fisico da un certo sistema ad un altro immediatamente  ,non mediatamente, attraverso un passaggio di informazione istantaneo.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 23 Novembre 2020, 12:20:44 PM
Salve and1972rea. Quello di indeterminatezza è principio logico-filosofico evidente per chiunque non sia mentalmente minorato e abbia avuto la possibilità - in qualche momento della propria vita - di riflettere al di fuori delle occupazioni e preoccupazioni quotidiane.

Il principio di indeterminazione altro non è che l'istituzionalizzazione in veste matematica del concetto di indeterminatezza.

Circa infine la possibilità di misurare ("apprezzare fisicamente") oggetti e fenomeni rinunciando ad osservarli, mi sembra che tu stia sognando di un mondo dal quale si sia riusciti a bandire il soggetto pur riuscendo a conservarvi gli oggetti (ai quali sai che frega il riuscire a misurarsi da sè !). Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: baylham il 24 Novembre 2020, 01:59:45 AM
Citazione di: and1972rea il 21 Ottobre 2020, 17:57:02 PM

L'impossibilità di spiegare il fenomeno dell'autocoscienza sulla base del concetto materiale di estensione spaziotemporale è , a mio avviso, l'antico e invalicabile limite cartesiano di ogni futura neuroscienza che volesse proporsi di descrivere fisicamente l' IO come una delle tante forme, per quanto complessa, della materia. ...
l' impossibilità logica di poter disegnare nel mondo o ritagliare da esso un modello autocosciente del "sich befinden" è davvero razionalmente dimostrabile ?


L'autocoscienza non è spiegabile proprio perché non c'è l'autoreferenzialità della coscienza. Tale impossibilità, dell'auto-coscienza, spiega l'errore del monismo e del dualismo di tipo cartesiano.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 28 Novembre 2020, 17:19:25 PM
Citazione di: viator il 23 Novembre 2020, 12:20:44 PM
Salve and1972rea. Quello di indeterminatezza è principio logico-filosofico evidente per chiunque non sia mentalmente minorato e abbia avuto la possibilità - in qualche momento della propria vita - di riflettere al di fuori delle occupazioni e preoccupazioni quotidiane.

Il principio di indeterminazione altro non è che l'istituzionalizzazione in veste matematica del concetto di indeterminatezza.

Circa infine la possibilità di misurare ("apprezzare fisicamente") oggetti e fenomeni rinunciando ad osservarli, mi sembra che tu stia sognando di un mondo dal quale si sia riusciti a bandire il soggetto pur riuscendo a conservarvi gli oggetti (ai quali sai che frega il riuscire a misurarsi da sè !). Saluti.

Già, evidentemente molti tendono ad accomunare il concetto di indeterminatezza a quello di indeterminazione, ritenendoli termini del tutto vicarianti ; Io, invece ( ma credo di essere in buonissima compagnia), intendo per indeterminatezza l'assoluta ,intrinseca mancanza di determinazione riferita ad un qualsiasi tipo di concetto , compreso quello logico-matematico; ora, il fatto che posizione e quantità di moto di alcuni enti fisico-matematici non riescano ad essere determinati entrambi con qualsivoglia precisione nello stesso momento attraverso il classico linguaggio della fisica, non significa che questi enti non possano occupare una ben determinata posizione nel loro spazio in ogni qualsivoglia piccolo istante del loro tempo mentre sono in moto relativamente a chi tenta di guardarli e di dire "matematicamente" rispetto al proprio ritaglio spaziotemporale dove essi si trovano; ed è qui che diventa difficile per la scienza(e Tu hai ragione) fare di Marco un fenomeno fisicamente riproducibile, ma non per la Natura che questa scienza statisticamente studia , poiché ogni particella che Marco possiede ha almeno una seppur minima probabilità di poter trovare copia di sé stessa nella stessa fisica relazione con la copia di tutte le altre componenti di Marco ; come a dire che non vi è bisogno della fisica per dimostrare la riproducibilità materiale (e solo quella materiale ) di Marco, ma basterebbe attendere i tempi lunghi dell'universo perché Marco possa scorgere dentro alla copia identica dei propri occhi un'alterità diversa dal proprio Sé.
P.s. :  "misurare senza intervenire su di essi guardandoli" non significa rinunciare ad osservare, ma semplicemente misurare senza guardare; non esiste una misura fisica oggettiva senza completa fusione di identità fra oggetto e soggetto, puoi avvicinare due figure geometriche quanto vuoi , ma fino a quando esse , e quindi Tu stesso, non saranno completamente sovrapposte in un tutt'uno non avrai  compiuto altro che una misura soggettiva.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 28 Novembre 2020, 20:56:46 PM
Salve and1972rea. Sai che mi diverto moderatamente nel continuare a trattare di un assunto (l'esistenza di copie identiche ad un originale) palesemente assurdo ?.Comunque, citando dal tuo ultimo intervento : ".........poiché ogni particella che Marco possiede ha almeno una seppur minima probabilità di poter trovare copia di sé stessa nella stessa fisica relazione con la copia di tutte le altre componenti di Marco ; come a dire che non vi è bisogno della fisica per dimostrare la riproducibilità materiale (e solo quella materiale ) di Marco, ma basterebbe attendere i tempi lunghi dell'universo perché Marco possa scorgere dentro alla copia identica dei propri occhi........".
.........purtroppo - appunto - le copie identiche non possono esistere. Dal momento che ogni luogo ed ogni materialità (meglio ancora....ogni fisicità, categoria che - oltre alla materia - dovrebbe giustamente contenere pure l'energia).............sono soggetti alla risultante ("locale" o "individuale") di tutte le forze (pensiamo anche solo alla gravità) agenti all'interno dell'universo............in ogni punto dello stesso universo e su ciascuno dei suoi contenuti si rileverà una risultante diversa (non importa di quanto) di forze che stanno agendo su distanze in ogni caso sempre diverse. Con ciò escludendo ogni e qualsiasi criterio probabilistico circa la possibile realizzazione di supposte identicità di enti diversi. Saluti.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Jacopus il 28 Novembre 2020, 21:52:08 PM
Ritorno sull"argomento. Vi sono diverse teorie astrofisiche, che possiamo riunire sotto il nome di teorie del multiverso, che suppongono l'esistenza di soggetti biologici identici, i quali teoricamente potrebbero incontrarsi, dando luogo a quella incompatibilità di cui parlava and1972rea, per dimostrare l'esattezza della scissione cartesiana.
In realtà le neuroscienze, anche quelle più materiali, non si sognano di definire il cervello e il SNC in termini esclusivamente organici. Se così fosse  la tesi iniziale del post avrebbe una sua fondatezza. Le neuroscienze invece dicono che vi sono settori del cervello dedicati a funzioni specifiche e questo è ormai dimostrato da almeno un secolo e mezzo. Nello stesso tempo le nostre esperienze sia a livello ontogenetico che filogenetico, mutano la stessa struttura complessiva del cervello.
Per cui, due soggetti cerebralmente identici  sulla base delle teorie dei multiversi, lo saranno solo al momento della loro nascita, poiché le loro esperienze, anche se fossero legati insieme, sarebbero diverse e questo comporterebbe una "individuazione della loro soggettività" non localizzabile nella ghiandola pineale o nell'esprit de finesse, ma semplicemente in quella struttura organica del SNC + le esperienze accumulate sia nel corso della singola vita, sia attraverso i condizionamenti epigenetici che possono trasmettersi per alcune generazioni. Quindi, anche ammettendo come vera la teoria dei multiversi, secondo le neuroscienze non potranno mai trovarsi due soggetti con lo stesso SNC.
Basti pensare, semplicemente, che aver letto questo post ha modificato il cervello di tutti quelli che l'hanno letto, ma in modi diversi, secondo le precedenti esperienze di ogni singolo lettore.
Ovviamente portare all'estremo la teoria del multiverso, confermerebbe nuovamente la teoria di and1972rea, ma a me preme sottolineare come gran parte degli studi neuroscientifici siano tutt,'altro che fisicalistici.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 29 Novembre 2020, 09:52:26 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2020, 01:59:45 AM



L'autocoscienza non è spiegabile proprio perché non c'è l'autoreferenzialità della coscienza. Tale impossibilità, dell'auto-coscienza, spiega l'errore del monismo e del dualismo di tipo cartesiano.

La non  autoreferenzialità  dell'autocoscienza sembra molto intuitiva ,ma purtroppo essa  è logicamente impronunciabile attraverso una qualsiasi proposizione;  affermare l'impossibilità senza uno specchio di potersi guardare le spalle presuppone il conoscere a priori in modo oggettivo la forma del proprio corpo e la posizione dei nostri occhi rispetto ad esso, ma sulla coscienza del sé noi non possiamo fare alcuna inferenza che tratti tale conoscenza come una relazione fra un soggetto ed un oggetto; noi ci autopercepiamo al di là della categoria soggetto-oggetto.




Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 29 Novembre 2020, 11:43:59 AM
Citazione di: viator il 28 Novembre 2020, 20:56:46 PM
Salve and1972rea. Sai che mi diverto moderatamente nel continuare a trattare di un assunto (l'esistenza di copie identiche ad un originale) palesemente assurdo ?.Comunque, citando dal tuo ultimo intervento : ".........poiché ogni particella che Marco possiede ha almeno una seppur minima probabilità di poter trovare copia di sé stessa nella stessa fisica relazione con la copia di tutte le altre componenti di Marco ; come a dire che non vi è bisogno della fisica per dimostrare la riproducibilità materiale (e solo quella materiale ) di Marco, ma basterebbe attendere i tempi lunghi dell'universo perché Marco possa scorgere dentro alla copia identica dei propri occhi........".
.........purtroppo - appunto - le copie identiche non possono esistere. Dal momento che ogni luogo ed ogni materialità (meglio ancora....ogni fisicità, categoria che - oltre alla materia - dovrebbe giustamente contenere pure l'energia).............sono soggetti alla risultante ("locale" o "individuale") di tutte le forze (pensiamo anche solo alla gravità) agenti all'interno dell'universo............in ogni punto dello stesso universo e su ciascuno dei suoi contenuti si rileverà una risultante diversa (non importa di quanto) di forze che stanno agendo su distanze in ogni caso sempre diverse. Con ciò escludendo ogni e qualsiasi criterio probabilistico circa la possibile realizzazione di supposte identicità di enti diversi. Saluti.
Per trovare il proprio gemello basterà , allora, che Marco pazienti quanto basta affinché la probabilistica giostra immensa dell'universo torni a presentare perfetta simmetria di ogni suo punto rispetto ad ogni altro  e le rispettive distanze risulteranno così per sé stesse sempre le medesime .
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 29 Novembre 2020, 18:56:30 PM
Citazione di: Jacopus il 28 Novembre 2020, 21:52:08 PM

Ovviamente portare all'estremo la teoria del multiverso, confermerebbe nuovamente la teoria di and1972rea, ma a me preme sottolineare come gran parte degli studi neuroscientifici siano tutt,'altro che fisicalistici.


L'espediente del gemello materiale dimostra che è fenomenicamente, e quindi  materialmente ,riproducibile tutto e solo ciò che di razionalmente astraibile appare nell'originale, fuorché l'autocoscienza, la quale non può essere astratta dalla materia per poi essere riprodotta nuovamente in essa ; le neuroscienze studiano e cercano correlazioni fra mente e cervello un po' come l'elettrauto cerca correlazioni fra il comportamento apparente  della macchina ed i gangli elettronici della centralina; ma l'intera automobile si trova già astratta nella mente dell'elettrauto ancor prima che egli la veda, ed egli scova correlazioni che riguardano più egli stesso e le proprie astrazioni che l'oggetto vero e reale del proprio studio. Quando il guidatore sale e mette in moto, l'elettrauto potrà aver contezza di tutto ciò che accade in quella macchina, fino alla mano che gira la chiave, ed un neuroscienziato potrà in linea ipotetica procedere con il correlare ogni segnale elettrochimico che da quella mano si genera per modificare un particolare tipo di neurone piuttosto che un altro, fino a giungere alla vera origine insondabile di quel gesto, che risiede in una forma del reale la quale non può essere in alcun modo astratta da esso, ma che in esso risiede oltre le forme ipotetiche ed apparenti dello spazio e del tempo, del soggetto e dell'oggetto, della causa e dell'effetto. Fin da bambini, qui nel cosiddetto "Occidente" platonico , il gioco di astrarre dal mondo quel che di esso appare utile a costruirne uno tutto nostro, ci ha portato contro ogni logica del raziocinio a credere erroneamente nel mito apparente della materia estesa e dell'anima immortale a tal punto da autoconvincerci che l'intero nostro essere ,se non confinato dentro qualche etto di carne per un certo tempo e annullato in qualche kilo di atomi per il resto dell'eternità, non possa che essere condannato a vivere eternamente astratto nell'idea fantasiosa di un' anima immortale. Procedendo da ipotesi razionalmente solide ,anche Cartesio sembra approdare ,purtroppo, a questo tipo di esiti platonici; a mio avviso ,però, quella "RES" di cui Egli parla mantiene  , suggestivamente ,la coscienza del Sé dentro il mondo insondabile delle cose, e non fuori di esse.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Jacopus il 29 Novembre 2020, 19:19:51 PM
Per and1972rea. Hai una visione piuttosto ingegneristica delle neuroscienze. In realtà vi sono posizioni molto diversificate al suo interno  ma nessuno credo, è così riduttivo da identificare la coscienza con il cervello (tranne la Churchland e i suoi proseliti). Né il  cervello può essere considerato come una macchina o un computer molto potente. Questa eventualmente è proprio la conseguenza del pensiero cartesiano, per cui il corpo è una macchina. In realtà il nostro cervello e la nostra soggettività è tale solo riconoscendo la dialettica Io-altro-ambiente, in un processo dove non esiste alcun "io" in grado di osservare la scena dall'alto e soprattutto "separatamente".
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM
Citazione di: and1972rea il 29 Novembre 2020, 09:52:26 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2020, 01:59:45 AM

L'autocoscienza non è spiegabile proprio perché non c'è l'autoreferenzialità della coscienza. Tale impossibilità, dell'auto-coscienza, spiega l'errore del monismo e del dualismo di tipo cartesiano.

La non  autoreferenzialità  dell'autocoscienza sembra molto intuitiva ,ma purtroppo essa  è logicamente impronunciabile attraverso una qualsiasi proposizione;  affermare l'impossibilità senza uno specchio di potersi guardare le spalle presuppone il conoscere a priori in modo oggettivo la forma del proprio corpo e la posizione dei nostri occhi rispetto ad esso, ma sulla coscienza del sé noi non possiamo fare alcuna inferenza che tratti tale conoscenza come una relazione fra un soggetto ed un oggetto; noi ci autopercepiamo al di là della categoria soggetto-oggetto.

Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso: il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa.

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: viator il 30 Novembre 2020, 19:16:18 PM
Salve baylham. Commento, - grassettando - alcuni punti della tua replica a and1972rea :


Citazione di: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM
Citazione di: and1972rea il 29 Novembre 2020, 09:52:26 AM
Citazione di: baylham il 24 Novembre 2020, 01:59:45 AM

L'autocoscienza non è spiegabile proprio perché non c'è l'autoreferenzialità della coscienza. Tale impossibilità, dell'auto-coscienza, spiega l'errore del monismo e del dualismo di tipo cartesiano.
Saluti.

La non  autoreferenzialità  dell'autocoscienza sembra molto intuitiva ,ma purtroppo essa  è logicamente impronunciabile attraverso una qualsiasi proposizione;  affermare l'impossibilità senza uno specchio di potersi guardare le spalle presuppone il conoscere a priori in modo oggettivo la forma del proprio corpo e la posizione dei nostri occhi rispetto ad esso, ma sulla coscienza del sé noi non possiamo fare alcuna inferenza che tratti tale conoscenza come una relazione fra un soggetto ed un oggetto; noi ci autopercepiamo al di là della categoria soggetto-oggetto.

Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, (e pure il soggetto portatore della coscienza) oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza (forse meglio evitare confusioni parlando di "funzione coscienza" invece che di "soggetto coscienza") può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso (e chi lo dice ? il contenuto di un soggetto è certamente consistente nel "sè" del soggetto stesso, che si tratti di una persona o di un concetto o di una "cosa"): il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa (ecco la ragione di tanta confusione : tu ritieni che la coscienza pensi. Invece, secondo me, la funzione della coscienza non consiste affatto nella produzione del pensiero, ma nel trarre - assieme alla consapevolezza di star facendolo - dei dati (ricordi, nozioni, informazioni) dalla memoria per inviarli alla mente, la quale li elaborerà e li interconnetterà per generare - appunto - il pensiero il quale è quindi - appunto - prodotto della mente,la quale contiene la coscienza quale propria sub-funzione avente lo scopo da me appena descritto).

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile (su questo sono d'accordo. Infatti la autocoscienza implicherebbe l'esistenza di un "sè" dell'individuo inteso come entità distinta e separabile dal resto dell'individuo. Ma poichè il "sè = me = io" psichico consiste in "Ciò che resta di me dopo che mi sia separato da tutto ciò che è separabile da me", esso "sè" inteso come coscienzialità - spogliato di ogni materialità - consisterebbe solo nella forma immateriale della coscienza (quindi non nei contenuti materiali, ma solo nel modo in cui essi sono relazionati per generare un "sè" coscenziale).
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 30 Novembre 2020, 23:18:28 PM
La coscienza è innanzitutto autocoscienza. La prima cosa che impara un cucciolo è la distinzione tra ciò che costituisce il suo corpo e ciò che non vi appartiene; l'alterità su cui si sviluppa una coscienza "extensa" in rapporto dialettico, o  retroattivo se preferite, con la coscienza di sè, l'autocoscienza.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: baylham il 03 Dicembre 2020, 09:17:58 AM
La coscienza è possibile, l'auto-coscienza non è possibile, sia riferita a sé stessa, sia riferita al sé in senso ampio (io, corpo, individuo). Se la coscienza è parte del sé allora l'oggetto della coscienza sono parti del sé, non il sé, per il motivo analogo a quello che ho sopra esposto: l'autoreferenzialità è impossibile.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 09:36:10 AM
L'impossibilità di una relazione autocosciente consolidata in effetti si verifica, in uno stato patologico che è stato denominato schizofrenia.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: baylham il 03 Dicembre 2020, 10:05:03 AM
Non nego affatto la coscienza, nego l'autocoscienza. La schizofrenia non inficia affatto la mia argomentazione, semmai la rafforza.

Se davvero c'è l'auto-coscienza allora non comprendo il senso dell'interrogazione, domanda sulla coscienza: è fisica, è psichica, è immanente, è trascendente, è separata, è unita, è unitaria, è plurale, è normale, è patologica?


Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 03 Dicembre 2020, 10:25:01 AM
La mia risposta è che l'autocoscienza sia quella parte, inalienabile pena l'alienazione mentale, della coscienza rivolta verso il sè. Il gioco delle parti c'è, ma è insuperabile. Tanto vale farsene una ragione e imparare, come insegnano i saggi antichi, a convivere bene con se stessi, amandosi e conoscendosi.

Posto che il tutto individuale è la sua coscienza, la coscienza cos'è ? Bella domanda da Nobel, a cui mi limiterei ad una presa d'atto empirico/fenomenologica postulando che ogni umano ne abbia una, che bella o brutta, piaccia o non piaccia, alta o bassa, va presa molto sul serio e con la quale, come con la propria, bisogna imparare a convivere al meglio. Relazionandosi analogicamente a partire dalla nostra auto-coscienza. Che in tale relazione dà buona prova di esistere.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 10:07:54 AM
Citazione di: Jacopus il 29 Novembre 2020, 19:19:51 PM
Per and1972rea. Hai una visione piuttosto ingegneristica delle neuroscienze. In realtà vi sono posizioni molto diversificate al suo interno  ma nessuno credo, è così riduttivo da identificare la coscienza con il cervello (tranne la Churchland e i suoi proseliti).
Se fosse come dici Tu  , se la relazione cervello coscienza fosse indagata oltre l'evidenza fenomenica della sola materia estesa, si dovrebbero poter contare numerose le ricerche medico scientifiche sulla sopravvivenza della coscienza oltre il venir meno , il disfacimento  fenomenico delle reti neurali; invece, presupponendo tale relazione come imprescindibile dalla ricerca medica, è chiaro che simili ricerche e chi le compie siano ancora piuttosto ostracizzati dalla comunità scientifica.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 10:53:41 AM
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM



Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso: il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa.

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile.
L'errore logico è quello di  descrivere la coscienza nel termine di "soggetto"o "contenitore" proprio mentre la si considera oggettivamente; non ci si può astrarre da essa, analizzarla dal di fuori ed affermare che dal di fuori essa non può auto riferirsi a sé stessa, e anche questa stessa affermazione diverrebbe logicamente indicibile; nel momento in cui mi estraggo da me per dire qualsiasi cosa riguardo a me stesso , quello che vedo non sono più Io, ma la mia proiezione di Me, ed anche questa stessa inferenza diverrebbe impronunciabile. Semplicemente, nulla si può dire di logico riguardo alle proprietà dell'auto-coscienza in termini di soggetto e oggetto.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: niko il 06 Dicembre 2020, 12:23:03 PM
Credo che l'autocoscienza non esista perché in definitiva la coscienza stessa è contenuto mondano, il tutto che l'individuo crede di essere è parte di un tutto più grande, che resta in grande misura sconosciuto, quindi piuttosto che una posizione nel mondo, abbiamo una sovrapposizione, di quello che noi siamo, col mondo.


L'autocoscienza non è la propriocezione, perché tutto nel vissuto di un uomo è propriocezione, per dirla con Spinoza, la mente è l'idea del corpo, quindi, di nuovo, è proprio la dipendenza assoluta del modo di essere finanche microfisico del nostro corpo dalla sua posizione spaziale e temporale che ci distingue dagli oggetti, il rapporto che si instaura soprattutto a livello di genetica e di reti neurali tra posizione e forma, due lattine di coca-cola possono essere simili se stanno una in una città e una nell'altra, o se escono fuori da un ciclo di produzione della macchina che le produce o da un altro, due uomini hanno lo stato neurale e quindi di coscienza interamente determinato dalla loro posizione, non sono "simili" se stanno uno in una città e uno nell'altra, vivono vite diverse, i loro sensi recepiscono stimoli diversi e il loro cervello si organizza in modo diverso, ma questo vuol dire che un uomo è immensamente più sensibile all'ambiente esterno di una lattina di coca cola per come può variare se stesso, il suo corpo, in funzione dell'ambiente esterno, la lattina non registra, nella sua struttura di oggetto, la differenza posizionale con le altre possibili lattine che la rende unica o comunque difficilissimamente imitabile (non una lattina qualunque ma quella lattina, che sta su quel tavolo, in quel posto a quella data ora), l'uomo sì, (non un uomo qualunque ma quell'uomo, che sta in quella città, ad una data ora: è tutto registrato nel suo cervello, quindi nel suo corpo, possiamo dedurre la posizione e la storia nel tempo analizzando i micro dettagli del corpo, mentre i micro dettagli della lattina ci dicono poco sulla sua posizione e del suo passato), quindi, se per assurdo volessimo copiare l'uomo, fare una copia del signor Rossi, che vive a Milano, non solo fisicamente, ma anche mentalmente ed esperienzialmente fedele, dovremmo copiare insieme a lui tutti i suoi dintorni spaziali e storici ingannando la sua propriocezione e memoria (o meglio la propriocezione e la memoria della copia che andiamo a generare) secondo le capacità e la raffinatezza di questa propriocezione e memoria, insomma dovremmo non solo coltivare un clone del signor Rossi geneticamente identico, ma anche mettergli intorno dalla culla alla tomba una realtà virtuale o un truman show, in cui rivede tutte le stesse cose, rifà le stesse cose rincontra, le stesse persone dell'originale su cui abbiamo preso perfette e dettagliatissime informazioni, e la "grandezza" come terrario di coltura di questo immenso spettacolo o "bolla di realtà" che dobbiamo mettere su per copiare il signor Rossi, risulterà immensamente più estesa del corpo del signor Rossi in sé, sarà grande magari quanto una piccola nazione, mentre per creare al copia della lattina, aspettiamo che esca una seconda lattina dal nastro trasportatore della macchina ed è fatta, la copia è subito perfetta, e questo perché la "bolla di realtà" che esprime la copia della lattina è grande, o meglio estesa, quanto la lattina stessa, ne più e ne meno, perché ed esattamente nella misura in cui la lattina non "registra" le condizioni del mondo esterno e non reagisce strutturalmente alle variazioni a distanza del mondo esterno, quindi due lattine posizionalmente diverse sono "uguali", in un senso in cui non sono uguali due uomini posizionalmente diversi. L'alterità tra il signor Rossi e la sua propriocezione dunque non esiste, il signor Rossi ha dei dettagli del suo corpo che cambiano a seconda della sua esperienza, e avrà le stesse esperienze al ricorrere degli stessi stati e degli stessi dettagli del suo corpo, e queste esperienze gli suggeriranno l'esistenza di un mondo complesso e immenso molto più esteso del suo corpo, al di là di se questo mondo complesso e immenso esista o no, o di se sia essenzialmente proprio come Rossi lo immagina o molto diverso.

Ma tutto questo secondo me dimostra che si può ingannare l'autocoscienza riproducendo la coscienza: nel momento in cui riproduci non solo il corpo di un uomo, ma anche gli effetti del condizionamento posizionale di questo corpo, cioè fai sperimentare a quel corpo un certo "mondo" o "paesaggio" ben definito entro una certa distanza spaziale temporale, la differenza tra coscienze ed autocoscienza non è più significativa, e l'uomo non può più dire se è cosciente o autocosciente se non come differenza inesistente tra due indiscernibili, differenza che si sa in generale che esiste o dovrebbe esistere ma che non produce alcun effetto, e proprio su questa inefficacia la verifichiamo, come ad esempio avviene nella veglia e ugualmente sogni. Ma il grande equivoco è che con autocoscienza distinta dalla coscienza spesso intendiamo meramente veglia, vigilanza, cioè che in un dato luogo o momento riteniamo il mondo percepito uguale al mondo esterno, copia fedele e non allucinatoria, ma a ben guardare non intercorre niente tra i due termini di questa uguaglianza, sono la stessa cosa e li percepiamo come non-sdoppiati, quindi la loro differenza nulla è un atto di fede, non vediamo due cose indiscernibili (tra percepito immediato e intelletto come riflesso interiore della percezione), ma una cosa sola.



Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: Ipazia il 06 Dicembre 2020, 12:47:03 PM
Difficile, dopo un excursus storico ed epistemologico che parte dall'oracolo di Delfi e giunge fino alle psicologie moderne, affermare perentoriamente la non esistenza dell'autocoscienza con argomentazioni metafisiche di tipo sillogistico bianco/nero incapaci da sempre di ragionare secondo una polidimensionale logica dialettica tesi-antitesi-sintesi che è la logica che meglio si attaglia alla dimensione antropologica.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: baylham il 06 Dicembre 2020, 17:54:09 PM
Trovo contradditorio che della coscienza non si possa dire nulla di logico e dare per scontato che ci sia e sia autocosciente.

Supponiamo che l'esperimento di and1972rea sia realizzabile, che si possa produrre una copia quasi perfetta di un uomo.
Sono convinto che ciascun individuo avrebbe una propria coscienza, in contrasto con la tesi che la coscienza non sia un processo materiale, meglio biologico.
Sono ancor più convinto che l'unico esito di un simile esperimento sia una perdita di identità dei due individui, uno stato confusionale in cui la coscienza di ciascuno si chiederebbe chi sia l'originale e chi sia la copia.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: paul11 il 06 Dicembre 2020, 18:22:30 PM
Citazione di: and1972rea il 06 Dicembre 2020, 10:53:41 AM
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM



Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso: il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa.

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile.
L'errore logico è quello di  descrivere la coscienza nel termine di "soggetto"o "contenitore" proprio mentre la si considera oggettivamente; non ci si può astrarre da essa, analizzarla dal di fuori ed affermare che dal di fuori essa non può auto riferirsi a sé stessa, e anche questa stessa affermazione diverrebbe logicamente indicibile; nel momento in cui mi estraggo da me per dire qualsiasi cosa riguardo a me stesso , quello che vedo non sono più Io, ma la mia proiezione di Me, ed anche questa stessa inferenza diverrebbe impronunciabile. Semplicemente, nulla si può dire di logico riguardo alle proprietà dell'auto-coscienza in termini di soggetto e oggetto.



Mi piacerebbe capire meglio questa posizione con un esempio.
IO decido di scrivere un post su di me e mi racconto.
Avviene che un IO controlla un altro Io narrante che è nello scritto  linguistico.
Lo controlla , nella misura in cui l'Io si esprime con l'Io narrante , ma non sono la stessa cosa.
Chi legge "vede" l'Io narrante non l'Io , perché vede il "fenomeno" linguistico.
L'IO può esprimersi in molti modi e questi modi sono percepiti dagli altri come fenomeni esteriori, un IO fenomenico narrante. Ma gli altri si relazionano con l'Io narrante, mentre l' IO è nascosto.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: bobmax il 06 Dicembre 2020, 19:51:26 PM
Citazione di: baylham il 30 Novembre 2020, 15:56:09 PM
Il "noi", il "soggetto", la "categoria", lo "specchio", "le "spalle" non sono la coscienza, sono quindi distinti dalla coscienza.

Oltre al soggetto coscienza esiste allora l'oggetto della coscienza, oltre al contenitore esiste il contenuto della coscienza: oggetto o contenuto che sono distinti dal soggetto o contenitore. In caso contrario la coscienza è un nulla in quanto esistono solo gli oggetti, i contenuti della coscienza, ma non la coscienza.

Perciò il soggetto coscienza può avere come contenuto l'oggetto coscienza, ma il soggetto coscienza non può avere come contenuto sé stesso: il pensiero, ciò che è pensato dalla coscienza, non è la coscienza, ciò che pensa.

L'auto-coscienza, l'autoreferenzialità della coscienza, perciò non esiste, perché impossibile.

E' impossibile perché la coscienza è in se stessa un nulla.

Nessuna cosa deriva dalla coscienza, sebbene tutto esista soltanto perché presente in questo nulla.

Se qualcosa non vi fosse presente, propriamente è come se non esistesse.

Tuttavia io sono cosciente di me stesso...
Quindi io sono nella mia stessa coscienza.
Ma non in quanto auto-coscienza. Perché la coscienza è un nulla.

Io sono cosciente di me perché questo appare nella coscienza.
Solo perché vi appare, a prescindere dalla stessa coscienza, che è appunto un nulla.
Titolo: Re:fenomenologia materiale dell'"IO"
Inserito da: and1972rea il 08 Dicembre 2020, 11:22:53 AM
Citazione di: baylham il 06 Dicembre 2020, 17:54:09 PM
Trovo contradditorio che della coscienza non si possa dire nulla di logico e dare per scontato che ci sia e sia autocosciente.

Supponiamo che l'esperimento di and1972rea sia realizzabile, che si possa produrre una copia quasi perfetta di un uomo.
Sono convinto che ciascun individuo avrebbe una propria coscienza, in contrasto con la tesi che la coscienza non sia un processo materiale, meglio biologico.
Sono ancor più convinto che l'unico esito di un simile esperimento sia una perdita di identità dei due individui, uno stato confusionale in cui la coscienza di ciascuno si chiederebbe chi sia l'originale e chi sia la copia.

Non è logico declinare la coscienza nelle utili categorie conoscitive dell' oggetto e del soggetto , però la si può considerare nei termini heideggeriani del "sich befinden" , del " sentirsi".
Lo "stato confusionale in cui la coscienza di ciascuno si chiederebbe chi sia l'originale e chi sia la copia" non sussisterebbe , poiché la continuità del " sentirsi" sé stesso non troverebbe alcuna soluzione ed interruzione né nell'una né nell'altra.