Giochi di pensiero: la terza rivoluzione filosofica

Aperto da Vito J. Ceravolo, 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM

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Vito J. Ceravolo

«Ridersela della filosofia 
significa filosofare per davvero» 
Pascal



Questo è un gioco che invita a confrontarsi con possibilità che esulano dai normali standard filosofici, logici e linguistici. Possibilità che mettono a prova le abilità di pensiero. La sfida è questa: la costruzione di un nuovo paradigma filosofico o lo stralcio delle sue possibilità.

Quello che qui propongo sono dunque i tratti generali di un diverso modo di condurre il pensiero. Tali tratti possono essere approfonditi e verificati negli articoli (gratuiti) a cui viene associato ogni passaggio di questa sintesi. Ma partiamo dall'inizio:

Dalla nascita del primo filosofo, comunemente riconosciuto in Talete (640/625 a.C. circa), nel mondo occidentale si sono combattute due opposte fazioni di pensiero, che generalmente riassumo nel realismo, filosofia che riconosce l'oggetto ma perde il soggetto, e nel nichilismo, filosofia che riconosce il soggetto ma perde l'oggetto.[1] 

A quietare tale conflitto, questo terzo paradigma si pone di riconoscere la verità sia dell'oggetto che del soggetto. Dove l'oggetto è il noumeno o realtà in sé sovrasensibile, mentre il soggetto è il fenomeno o realtà apparente sensibile:

  • Definiamo il noumeno come ragione in sé, esattamente come ordine sovrasensibile da cui consegue l'ordine sensibile. Cosicché il noumeno sia epistemologicamente riscontrabile dalle sue conseguenze sensibili, quindi dimostrabile analiticamente attraverso la mediazione del mondo sensibile;[2] 

  • Definiamo il fenomeno come realtà apparente, esattamente come manifestazione sensibile di un dato ordine sovrasensibile. Cosicché a ogni fenomeno si possa attribuire verità, poiché poggiante su forme universali (ragioni in sé) che ne consolidano il valore.[3]

L'accesso alla ragione in sé è possibile tramite lo strumento astratto della razionalità; poiché entrambi (noumeno e razionalità) parlano il linguaggio della ragione. Esattamente si accede al noumeno, immediatamente attraverso l'intuito (senza schemi personali) il guardar dentro colla mente e mediatamente attraverso il concetto  (schematizzante) il concepir fuori colla mente. Cosicché la ragione in sé di ogni oggetto sia intuibile e concettualizzabile.[4] 

Essendo l'in sé universale, cioè costante universale indipendente da chi la emette e riceve, allora la ragione di un oggetto resta la medesima indipendentemente dal linguaggio che la esprime; così come "casa" e "home" esprimono la medesima ragione in sé, si riferiscono allo stesso oggetto, pur davanti ai diversi effetti fenomenici che i diversi linguaggi possono produrre. Cosicché le interferenze dei linguaggi non alterino le verità di ragione.[5] 

Definita la possibilità di accesso alla realtà in sé e la possibilità di comunicarla senza alterarne il valore in sé ma solo quello sensibile, ne segue il superamento del realismo e nichilismo. Ossia ripeto un terzo paradigma filosofico in grado di riconoscere la verità sia dell'in sé che del fenomeno, portando nuovo ordine intorno alla teoria della conoscenza e all'ontologia dell'essere.[6]




[1] Cfr. V.J. Ceravolo, Scalata critica al nichilismo, 2017. https://www.azioniparallele.it/archivi/30-eventi/atti,-contributi/202-scalata-critica-al-nichilismo.html
[2] ID. Dieci argomenti di filosofia, 2017. https://filosofiaenuovisentieri.com/2017/07/16/dieci-argomenti-di-filosofia/
[3] ID. Teoremi di coerenza e completezza, 2017.  https://filosofiaenuovisentieri.com/2017/05/14/teoremi-di-coerenza-e-completezza-epimenide-godel-hofstadter/
[4] ID. Guida mistica al noumeno, 2019. https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/12/08/guida-mistica-al-noumeno-8-brevi-passi-per-accedere-allinvisibile/
[5] ID. Linguaggio e noumeno, 2019. https://filosofiaenuovisentieri.com/2019/10/27/linguaggio-e-noumeno-prima-parte/
[6] ID. Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere, 2016.

iano

#1
Buongiorno Vito.
Purtroppo non sono in grado di approfondire , come da tuo invito , per miei altissimi limiti , o per pigrizia , pretendendo di fare filosofia , in quanto uomo , ma non studioso di filosofia.
Sono rimasto però abbagliato dalla semplicità delle tue premesse:
Realismo / Oggetto
Nichilismo / Soggetto

Qui sul forum , dove mi sopportano gentilmente , mi hanno etichettato come nichilista forte , e questo è il mio biglietto da visita.

Mi chiedo se la tua terza via , che molto mi incuriosisce , non possa essere schematizzata in modo che parimenti fulmini il mio intuito filosofico , come hanno fatto le tue premesse.

La mia posizione filosofica , espressa in modo schematico , è che la pretesa di conoscere l'in se' , sia priva di senso , seppure funzioni come forte incentivo.
A me basta ipotizzare l'in se' per procedere , e non credo di dovermi figurare alcun incentivo per andare avanti.
Non c'è nessuna vetta da scalare.
Per me fare filosofia , seppure zoppicando , è una strada in discesa.
Credo che la necessità di un incentivo per fare ricerca e produrre filosofia e scienza sia un falso problema .
Un percorso non ha strettamente bisogno di una meta, senza che ciò equivalga a vagare a caso , perché la coerenza per mia esperienza là si trova per strada.
Possiamo immaginare diversi motivi , compresa la pura voglia di andare ,per intraprendere un percorso , ma poi la sostanza è il percorso.
È il percorso la terza via?
Quando nuovi concetti appariranno, come fossero stati sempre lì, allora sapremo che la struttura del nostro cervello è cambiata sotto la spinta della realtà, allo stesso modo che oggi ci appaiono essere stati sempre lì concetti come verità, località, essere.

Ipazia

Ero rimasta ferma alla contrapposizione arcaica tra realismo e idealismo. Sussumere il secondo alla categoria del nichilismo ci può stare, ma mi pare uno scivolamento di bias filosofico verso lo spirito, o meglio moda, dei tempi. Con effetto boomerang sul realismo medesimo.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

bobmax

Il nichilismo ha più a che fare con l'oggetto che con il soggetto.

Il nulla nichilistico è infatti un nulla valoriale. Conclusione inevitabile a cui giunge il pensiero razionale per il quale l'oggettività in sé è verità assoluta.

Quando viceversa è il soggetto ad essere considerato assoluto si cade allora nel solipsismo. Che è l'orrore della solitudine assoluta, ma non nichilismo: l'oggetto è puro nulla, che importanza può averne il valore?

A mio avviso l'errore di entrambe le posizioni non riguarda l'annullamento di uno dei due poli, il soggetto in un caso o l'oggetto nell'altro.

Infatti, seppur paradossalmente, l'errore consiste invece nel considerare "reale" l'oggetto nel caso del nichilismo e "reale" il soggetto nel caso del solipsismo.
Mentre neppure loro lo sono.

L'Assoluto è solo nell'annullamento di entrambi i poli.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata.

iano

#4
Citazione di: bobmax il 03 Febbraio 2020, 09:48:34 AM
Il nichilismo ha più a che fare con l'oggetto che con il soggetto.

Il nulla nichilistico è infatti un nulla valoriale. Conclusione inevitabile a cui giunge il pensiero razionale per il quale l'oggettività in sé è verità assoluta.

Quando viceversa è il soggetto ad essere considerato assoluto si cade allora nel solipsismo. Che è l'orrore della solitudine assoluta, ma non nichilismo: l'oggetto è puro nulla, che importanza può averne il valore?

A mio avviso l'errore di entrambe le posizioni non riguarda l'annullamento di uno dei due poli, il soggetto in un caso o l'oggetto nell'altro.

Infatti, seppur paradossalmente, l'errore consiste invece nel considerare "reale" l'oggetto nel caso del nichilismo e "reale" il soggetto nel caso del solipsismo.
Mentre neppure loro lo sono.

L'Assoluto è solo nell'annullamento di entrambi i poli.

Quindi l'errore è nel credere nelle storie che ci raccontiamo, e il difetto è il nostro senso per il teatro?
Ci immedesimiamo nelle nostre invenzioni , specie quando non abbiamo coscienza siano tali?
Tutto ciò che è relativo nasce da definizioni.
Se facciamo il percorso inverso torniamo all'assoluto , quindi.
Il pregio/ difetto è il nostro senso di realtà, che è la necessità di auto rappresentarci nelle storie che inventiamo , se vogliamo renderle efficaci , quando potenzialmente lo sono.
Se può essere utile vivere in una finzione , non è utile ricordare sempre a noi stessi che si tratti di una finzione .
La realtà è una necessità pratica.
Si può cambiare rappresentazione , ma tenendo conto che ha una durata , e che funziona se in quel tempo ci si immedesimiamo diventando partecipi.
Come si spiegherebbe altrimenti il nostro amore per il teatro?
Ogni definizione è utile quanto fuorviante , se si dimenticano o , come più è solito , si ignorano i motivi che l'hanno generata.
Quando nuovi concetti appariranno, come fossero stati sempre lì, allora sapremo che la struttura del nostro cervello è cambiata sotto la spinta della realtà, allo stesso modo che oggi ci appaiono essere stati sempre lì concetti come verità, località, essere.

bobmax

Sì, Iano. 

D'altronde non è "l'amor che move il sole e l'altre stelle"?

Ciò che conta è il Bene.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata.

iano

Quando nuovi concetti appariranno, come fossero stati sempre lì, allora sapremo che la struttura del nostro cervello è cambiata sotto la spinta della realtà, allo stesso modo che oggi ci appaiono essere stati sempre lì concetti come verità, località, essere.

Vito J. Ceravolo

Ciao Iano,
certamente con una tale premessa (la pretesa di conoscere l'in se' è priva di senso) non puoi essere altro che nichilista, poiché è proprio l'impossibilità di conoscere l'in sé a portare al non-senso, alla caduta dei valori al di fuori di sé.
Sì può viaggiare senza meta, certo, ma la coerenza che credi di poter trovare per strada, sotto i presupposti nichilisti, ti è preclusa di principio, giacché la nientità dell'essere ("essere è niente" ovvero "A=nonA") è una filosofia che esclude la possibilità di coerentizzazione. Cioè: potresti trovare apparenti coerenze all'interno di un discorso limitato (es. la minestra è buona) le quali però cadrebbero appena provi ad ampliarlo.  Questo è il destino del nichilismo: "ovunque si copra la contraddizione essa riapparirà sempre" poiché è la forma propria del nichilismo a impedire la possibilità di coerenza del proprio sistema di pensiero. Se tu avessi mezzora di tempo (non di più) potresti leggere il secondo capitolo dell'articolo in "nota [1]"... lì si mettono in luce i difetti formali del nichilismo è la sua natura moralmente distorta e maligna.
Che la sostanza sia il percorso è invece una parziale verità che si completa nel modo in cui lo si cammina: "se per una strada picchio tutti quelli che incontro perché tanto ciò che vale è solo il percorso..."  Esiste il percorso ed esiste come decido di viverlo. In questo gioco illustro un diverso modo di vivere il percorso che di conseguenza getta nuova luce sul percorso stesso.
 
Ciao Ipazia,
ammetto l'effetto boomerang sul realismo di tale generalizzazione, ma d'altronde neanche il realismo ha motivo di continuare: che crolli pure. A questo livello di analisi, tale generalizzazione è sufficiente a giustificare la critica nell'articolo in "nota 1". Se poi se ne volesse parlare si potrebbero mettere in evidenza le differenze fra l'idealismo e l'idea del soggetto nichilista (che del primo è l'estremizzazione),  ciò in ogni caso non toglierebbe nulla alla critica in oggetto, in grado di coprire entrambi gli aspetti di interesse della critica stessa.
 
Ciao boomax,
da che mondo se ne parli, da che corso se ne studi, l'oggetto nel nichilismo non è mai riuscito ad andare oltre l'intersoggettività, mai oggettuale, in nessun caso mai nel mondo filosofico conosciuto.  
Il nulla valoriale, cioè il verde è nulla, il giusto è nulla etc... oltre a dire che il nulla è fin troppe cose... ehm, come dici tu, esso è il risultato di quel pensiero razionale ingenuo e incapace che realizzava solo le verità dell'oggetto senza esserne effettivamente in grado. Ma non è questo il caso: qui verità universali e verità personali convivono senza contraddizione fra loro. Qui esiste la verità dell'oggetto ed esiste la verità del soggetto, giustificati fin al fondamento. Ovvero:
Considerare l'assoluto solo nell'annullamento di entrambi i poli oggetto-soggetto, ben ci insegna una filosofia ingenua e incapace di apportare previsioni e astrazioni di un qualche valore, solo non-senso, mere incoerenze a sé e al mondo. In una parola: una filosofia inutile sennonché dannosa.
Quello che si fa qui è il ribaltamento di tale discorso nichilista: l'assoluto e il relativo sono possibili solo come affermazione di entrambi i poli oggetto-soggetto. Il risultato di ciò è una filosofia con un grado di previsione e astrazione mai esistito prima.

A TUTTI VOI
Chiaramente voisiete venuti a commentare in via preliminare e conoscitiva. Se vogliamo evolvere il discorso, la cosa migliore non è dire quello che già sapete e che già è stato da me trattato negli articoli, ma prendere almeno uno dei temi trattati negli articoli (quello che sta più a cuore alle vostre "corde") e da lì partire il confronto.
 
Dovrebbe esservi chiaro che io conoscono la vostra filosofia, mentre voi non conoscete la mia. Quindi la giusta procedura, dopo questo incontro preliminare, e che voi anzitutto conosciate. Solo così abbiamo un confronto possibile: scegliete il vostro tema, di grazia, e se potete distruggetelo. 

iano

#8
@ Vito.
Io posso tutto perché niente è.
No non mi riconosco in ciò.
Evidentemente il mio è un nichilismo , se tale è, anomalo.
Io posso provare ogni percorso e sceglierne uno , anche se il punto di partenza non l'ho scelto io , ma mi ci sono trovato.
Posso analizzare quindi il punto di partenza come un percorso che altri , allo stesso modo , e in liberta' , hanno scelto.
Posso anche scegliere liberamente di restare al punto di partenza , una volta che lo abbia analizzato .
Il percorso può consistere semplicemente nella presa di coscienza di dove mi trovo veramente.
Ogni viaggio lo si fa' solo per tornare a casa , trovandola diversa da come la abbiamo lasciata.
Io voglio far progredire la mia conoscenza in modo responsabile e cosciente , riguardandola per quel che è, consapevole del fatto che non tutto passa per la coscienza , e che io non sono solo coscienza .
Non esistono soggetti e oggetti separati se non per conveniente convenzione.
Necessaria convenzione di cui il mio nichilismo pretende di far virtù , se nichilismo è.
Ciò che è negativo è credere fino in fondo ( realismo ingenuo) nelle distinzioni utili che facciamo per convenienza, bloccandone così le potenzialità.
Credo sia una pura questione di tempismo.
Una recita deve andare a termine , ma non si può ripetere in eterno , ciò a cui saremmo condannati se possedessimo la conoscenza delle cose in se'.
Un po' come essere in paradiso , dove mi auguro il tempo non esita , perché non saprei come riempirlo.
Direi che il segreto è nel coraggio di essere se stessi , anche se non sappiamo bene cosa siamo.
La coerenza la do' , magari incoscientemente , per scontata , per il motivo che l'unica definizione di caos possibile è la sua negazione e non viceversa.
Nel momento in cui definisco A , allora definisco non A , e non sono la stessa cosa.
Lo sono solo un attimo prima di definirli.
Nel momento in cui decido che A=non A , allora ho rigettato , come liberamente posso fare , la mia definizione di comodo , che non corrisponde alla realtà, ma .. risponde alla realtà. , e le risposte non sono univoche.
Ma ciò non significa che nulla ha valore.
Significa solo che il valore che diamo alle cose non ha una origine che possiamo controllare in modo cosciente .
Questo fa' si che possediamo il concetto di bene , senza sapere dire esattamente cos'e'.
Il bene non esiste solo perché io non ne ho il pieno controllo.
Quando nuovi concetti appariranno, come fossero stati sempre lì, allora sapremo che la struttura del nostro cervello è cambiata sotto la spinta della realtà, allo stesso modo che oggi ci appaiono essere stati sempre lì concetti come verità, località, essere.

paul11

Francamente non mi sembra originale il terzo paradigma. Tutti i giganti(più gli antichi che i moderni) della filosofia hanno tentato la relazione veritativa.
I due paradigmi, del realismo come oggettivo e del nichilismo come soggettivo, francamente sono parecchio opinabili.La realtà non si dà senza un soggetto interpretante e la nientità fa i conti con l'ambiente, con la storia, con la natura, con la mente.

Quel che intendo dire è che vi è sempre un soggetto interpretante che si mette in relazione con la propria e altrui e conoscenza, mediando mentalmente, razionalmente, intuitivamente nel dominio del sensibile e soprasensibile.

Il procedimento gnoseologico, di conoscenza, poggia sull'osservazione analitica del mondo naturale e costruisce un modello rappresentativo che correli la moltitudine dell'apparenza, degli essenti, nelle sue forme eidetiche, essenze, sostanze. Se i particolari del mondo sono i singoli fenomeni, deve esserci un qualcosa, il tutto, che li comprenda.
Se vi è un ordine è perché implictamente quell'ordine si dà da regole interne che permettono la nostra conoscenza a loro volta comprese dalla nostra mente che li trasforma in pensiero ragionato.

La realtà in sé è identica alla ragione in sé?
L'idea di mondo che ci facciamo collima con il vero oggettivo o è solo nostra opinione soggettiva? Chi decide il veritativo e il fallace?

Bisognerebbe costruire degli esempi concreti: quale è l'archè, l'origine, il paradigma fondamentale ,desunto dal mondo sensibile analizzato e portato come pensiero razionale?
Ogni particolare delle moltitudini apparenze fenomeniche dovrebbe trovare una risposta in relazione all'archè. Ad es. Talete disse "Tutto è acqua", pensando che l' "umido" fosse essenza
di tutti gli essenti. Così non è....eppure il primo tentativo filosofico è già una gnoseologia fondata su una scienza che storicamente è superata. Come dire che l'ontologia degli oggetti apparenti, fenomenici, varia storicamente con la conoscenza del sensibile che a sua volta può incidere e mutare l'archè.

E' altrettanto ovvio che il come venga interpretato il fondamento che spesso è un eterno in relazione al divenire dei fenomeni ,costruisce l'etica e l'estetica, di bene, bellezza,  giustizia.

Phil

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM
due opposte fazioni di pensiero, che generalmente riassumo nel realismo, filosofia che riconosce l'oggetto ma perde il soggetto, e nel nichilismo, filosofia che riconosce il soggetto ma perde l'oggetto.
Concordo con Ipazia che la dicotomia "da manuale" sia fra realismo e idealismo, essendo il nichilismo (che non ridurrei al "poetare paralogistico" di Nietzsche) una forma di "realismo cinico", che svela il nulla semantico del fondamento dei dogmatismi filosofici.
Uno spunto ce lo fornisce iano quando ci ricorda che
Citazione di: iano il 03 Febbraio 2020, 10:25:49 AM
Se può essere utile vivere in una finzione , non è utile ricordare sempre a noi stessi che si tratti di una finzione .
«finzione» rispetto a cosa? Rispetto ad una fondante Verità assoluta? No, rispetto a nulla (che non è «rispetto al Nulla»); questo è per me nichilismo "performativo", l'uomo come ente (pensante) fra gli enti, senza idealismo e senza solipsismo.

Citazione di: Vito J. Ceravolo il 02 Febbraio 2020, 18:09:52 PM
Definita la possibilità di accesso alla realtà in sé e la possibilità di comunicarla senza alterarne il valore in sé ma solo quello sensibile, ne segue il superamento del realismo e nichilismo. Ossia ripeto un terzo paradigma filosofico in grado di riconoscere la verità sia dell'in sé che del fenomeno, portando nuovo ordine intorno alla teoria della conoscenza e all'ontologia dell'essere.
Sul "terzo paradigma" che proponi, noto una certa affinità con il versante neokantiano della fenomenologia husserliana: intuizione, noumeno apodittico, etc.


P.s.
Secondo me, per cercare paradigmi più radicalmente differenti, un tertium per il suddetto dualismo, bisogna andare oltre la concettualizzazione forte dell'"oggetto in sè" come sacro Graal, magari partendo proprio dalla categoria di «utile finzione nichilistica»; aspettando che l'ontologia postuma(na), nel parlare di «oggetto», si lasci alle spalle Kant e si accorga finalmente dell'epistemologia contemporanea.


P.p.s.
Nella sesta nota mi sembra manchi il link.

Vito J. Ceravolo

Ciao Iano,
«Io posso tutto perché niente è».
Io non ho detto che tu sia questo, ho detto che questa è la possibilità entro cui ti puoi muovere assumendo la filosofia nichilista: quando creiamo isole di plastica, quando bruciamo bambini nell'acido o intere foreste australiane, quando bombardiamo la Siria o qualunque altro atto di tale portata... noi facciamo questo perché ci arroghiamo la superbia sul valore delle cose altro da sé, in quella convinzione propria a deciderne noi il valore.
Èevidente che il tuo "cuore" pone dei limiti a ciò che puoi, ma è una tua scelta personale non sostenuta da una pensiero nichilista di fondo che, come detto, lascia la possibilità di fare quello che si vuole poiché, appunto, che niente è.
Noi spesso assumiamo un concetto senza essere consapevoli delle sue implicazioni più profonde, e il nichilismo formalmente e moralmente ha tale implicazioni maligne e informi. Per chiarirci immaginiamo una linea siffatta, dove "-1"  è il male estremo, "1" è il bene estremo, "0" è il confine fra due mondi:
 
-1 ...... 0 ...... 1
 
Il mondo che va da 0 a -1 è quello proprio del nichilismo e di alcune declinazione della filosofia orientale e realista. Mentre il mondo che va da 0 a 1 è il mondo di cui vi sto parlando.
Ora, come detto, alcuni nichilisti potrebbero anche innalzare valori di bene, quindi spingersi da "-1"  verso quello "0", ma non sconfineranno mai dall'odio che li è insito nel dare del niente alle cose (nientità dell'essere).
 
Al contrario di ciò che dici (le quali assunzioni si poggiano su una corretta critica del realismo ingenuo che ripeto è tanto ingenuo e fallace quanto lo è a suo modo il nichilismo) qui la conoscenza della cosa in sé, così come si dispiega nella mia filosofia, non è affatto un ripetersi eterno delle cose, ma anzi garantisce tanto la determinazione quanto la libertà degli eventi (cfr. Libertà, ed. IfPress, 2018). Neppure afferma la separazione fra soggetto e oggetto, ma anzi ne garantisce la coesistenza benché su piani diversi... ossia oggetto-soggetto inscindibili ma distinguibili (cfr. nota 2 di questo testo).
In ultimo, nel momento che decidi che A=non-A, per quanto ti richiami alla tua libertà, tu non puoi più decidere nulla perché nulla può essere deciso in A=non-A. Ed è inutile continuare su tale discorso né a livello formale né a livello materiale (cfr. nota 2 di questo testo): puoi dire tutto quello che vuoi, come da buon nichilista, perché tanto tutto ciò che dici non ha alcun valore in A=non-A. E questa è la base di qualunque discorso di logica formale.

Ciao Pauli11,
L'originalità non sta nell'aver tentato, ma nell'essere riusciti. È come dire: "non c'è nulla di originale nel primo uomo che ha messo piede su Marte, perché sono 1000 anni che la gente ci pensa o ci prova senza essere mai riusciti". Allora tu dovresti verificare l'effettiva realizzazione di tale accesso, il che chiaramente non lo hai fatto, perché quando parli di "interazione necessaria fra soggetto-oggetto" come impedimento alla buona riuscita di tale impresa, allora sicuramente non hai letto né la nota 5 (linguaggio e noumeno), né la nota 4 (Guida mistica al noumeno) né la nota 2 (dieci argomenti di filosofia)... dove invece si mostra come tale rapporto soggetto-oggetto non impedisce la buona riuscita dell'impresa. (le note che ti ho segnalato, le ho messe in sequenza di importanza relativamente alle parole che hai usato tu: "mi sembra chiaro che non avrai problemi a spostare il concetto linguistico della nota 5 in concetti fisici"). Ti inviterei pertanto a conoscere e poi tornare con le giuste critiche, le quali per ora mi risultano già superate dai testi in questione. Esempio:
La realtà in sé è la ragione in sé. La ragione in sé è l'oggetto, la verità di ragione uguale indipendentemente dall'osservatore; è il terzo di paragone per il quale si dà il vero e il non-vero. Il fenomeno che ci risulta della realtà è solo un aspetto della realtà in sé, adeguandosi ad essa come verità relativa (parziale), così come una mappa si adegua al territorio: raccontandone solo alcune verità, ma comunque verità.  
Per quanto riguarda il fondamento... come potrai capire, questo "testo" parla di un nuovo paradigma di lettura del mondo, non parla del fondamento. Ugualmente non lo faccio io qui, ma se proprio ne sei interessato, come un finale spumeggiante, allora ti invito a leggere la mia mathematica ad infinitum, dove in nota c'è un mio libro che risolve il primo problema del fondamento: «come fa il principio unico a essere nel contempo finito-infinito senza contraddirsi?» Ma ripeto, qui non sono venuto a parlare del fondamento e non lo farò; tanto più se anzitutto non verifichi prima la possibilità di tale paradigma.  

Ciao Phil,
coi manuali non cambi nulla, senza offesa agli studi approssimati. Non ti piace la classificazione? Chiamala come vuoi... chi perde l'oggetto, chi perde il soggetto, chi annulla tutto e poi ci sono io che affermo sia l'oggetto che il soggetto e che rinchiudo il nulla a nessun valore, quindi togliendoli anche la possibilità di negazione dei valori, come la negazione della finzione (di cui parli tu) o del verde etc.
Se ben guarderai la mia filosofia, noterai affinità con tutte le filosofie passate, avendo tratto, dalle più importanti, le tecniche e i moventi, per poterle modificare secondo questo nuovo modo di pensare. Ma se noterai con più attenzione, vedrai che di ogni filosofia passata ho dovuto archiviare il pensiero generale (per Kant, vedi la mia distanza da esso nel primo capitolo della nota 1; per Husselr prendo le distanze in un articolo in uscita fra qualche settimana etc) per poter permettere questo cambio radicale. Un cambio radicale che non può passare inosservato se è vera la sua realizzazione e se è vero che mai nessuna filosofia passata è riuscita a rendere verità dell'oggetto e del soggetto senza negare uno o l'altro o entrambi. 

Ipazia

Citazione di: Phil il 03 Febbraio 2020, 15:30:28 PM
Secondo me, per cercare paradigmi più radicalmente differenti, un tertium per il suddetto dualismo, bisogna andare oltre la concettualizzazione forte dell'"oggetto in sè" come sacro Graal, magari partendo proprio dalla categoria di «utile finzione nichilistica»; aspettando che l'ontologia postuma(na), nel parlare di «oggetto», si lasci alle spalle Kant e si accorga finalmente dell'epistemologia contemporanea.

La quale ha superato la contrapposizione gnoseologica soggetto-oggetto e la simmetrica contrapposizione ontologica fenomeno-noumeno. Insieme con le loro confuse e retroattive intersezioni metafisiche in cui la formula catartica nichilismo chiude illusoriamente - nella pirotecnica apoteosi nullificante - il discorso filosofico.
pacata posse omnia mente tueri (Lucrezio)
simplex sigillum veri

Vito J. Ceravolo

Per chi vorrà testare questo pensiero. Un'introduzione:
 
1. Qui troverete lo scioglimento della dicotomia oggetto-soggetto, quindi noumeno-fenomeno, non come annullamento di uno o l'altro, ma come riconoscimento delle loro verità distinte ma dipendenti, senza contraddizione (derivante dallo scioglimento del conflitto fondamentale)
 
2. Qui troverete una nuova metafisica, in breve:
«Mi riferisco a Nietzsche che a ben vedere criticò la metafisica del tempo, ma che troppo ingenuamente la cancellò invece di riformarla in questi termini: senza duplicazione di realtà, ma con un'unica realtà di un ordine al contempo sensibile e intelligibile; senza separazione fra corpo e anima, ma con un unico medio, ragione in sé, che si combina dalla meccanica sino alla biologia fin anche la cultura; con una realtà in sé che ben conta nelle definizioni della realtà apparente, ragione universale capace di giustificare sia il razionale che l'irrazionale, il prevedibile e le possibilità, il particolare e l'individualità, [la determinazione e la libertà].» (cfr. Guida mistica al noumeno, nota 2)
 
3. Qui troverete una nuova ontologia (una sintesi velocissima tratto dal libro "Mondo. Strutture portanti. Dio, conoscenza ed essere", ed. Il prato, pp. 91-170):

  • Identità: Quando diciamo "Socrate è Socrate" (A=A) stiamo parlando di un unico Socrate (A) uguale a se stesso (=A), possibile in quanto identico a sé e non diverso da sé. Nell'identità quindi non si parla di essere uguali ad altro (es. A=B), ma di un'uguaglianza continua che si serve di uno stesso termine A come se fossero due A=A benché il termine sia sempre uno. Cosicché in A=A il termine A ritorna a sé all'infinito: se A=A allora A; se A=A=A=A=A... etc allora A.
  • Composizione dell'identità: L'identità A=A è composta dal contenuto "A" è dalla relazione "=" che lo uguaglia a se stesso.  Il contenuto "A" è la materia dell'essere mentre la relazione "=" è la forma dell'essere. Cosicché dire "A=A" significa dire "essere (A) è (=) essere (A)" in cui si ha un unico essere che si rapporta a sé tramite se stesso; una materia che si rapporta a sé tramite la propria forma.
  • Esclusione dell'identità: Dire A=A significa escludere da A ciò che esso non è: A è diverso da non-A. In tal senso A porta in sé la mancanza di ciò che non è. E portare in sé la mancanza di qualcosa è ben diverso dal portare in sé quella cosa: "portare in sé la fame è diverso da portare in sé la sazietà" benché la sazietà sia un nostro possibile momento. Cioè:  "essere" (potenza) e "dover essere" (potenziale) non sono uguali laddove uno necessariamente esclude l'altro fintantoché si affermi la possibilità di distinguere un oggetto da un altro.
  • Confini dell'identità: Per essere se stesso, A deve avere dei precisi confini che lo distinguono dal restante permettendoci di concepirlo distintamente senza pensare a ciò che non è (come possiamo pensare alla pera senza dover necessariamente pensare alla mela); anche se dal restante non può essere realmente separato poiché A è ciò che è in quanto non è ciò che non è. In questo senso A, per essere se stesso, è indissolubilmente legato a ciò che esso non è (non-A). Quindi diciamo A e non-A inscindibili ma discernibili, inseparabili ma distinguibili. Ossia: A è isolato in sé per essere l'unità che è, ma oltre la propria unità si lega a ciò che esso non è, quindi non è isolato oltre sé.
  • Divenire dell'identità: Nel divenire, A e non-A devono essere necessariamente diversi, altrimenti il trasformarsi di uno nell'altro non sarebbe un divenire ma un restare. In questo senso A si trasforma in non-A. Ne segue che A non può essere mai altro da sé benché possa divenire altro da sé modificandosi da ciò che è, e in questo nuovo sé essere uguale a se stesso (non-A=non-A) benché diverso da ciò che era prima.

Spero che questa breve introduzione possa facilitare la comprensione del complesso filosofico di questo nuovo paradigma, dove in termini spiccioli potete distinguere fra ontologia, come studio dell'essere tramite la ragione, e metafisica, come studio della ragione con la ragione. Sempre ben intendendoli non come corpi separati, bensì come uno l'espressione sensibile di quel sovrasensibile e viceversa.

Non mancherò a collegarmi successivamente per vedere eventuali evoluzione del discorso.
Grazie per adesso

bobmax

@Vito

Dai per scontato che l'essere sia distinto dal divenire.
Probabilmente per te l'essere è ciò che abita il presente.
E questo essere è soggetto al divenire.

Questa è l'ovvia interpretazione della realtà.
Tuttavia, non è la "verità".

Perché la realtà è costituita dall'inestricabile intreccio di essere e divenire.

Cerco l'essere e trovo divenire e viceversa.
L'essere e il divenire non esistono di per sé stessi. Sono due fantasmi. Uno dona senso all'altro in un gioco senza fine.
Sono due scogli tra cui dobbiamo navigare, ma sui quali è impossibile approdare, perché non esistono.

Di modo che A è sia essere sia divenire. Al punto, che A non è mai uguale ad A.
Tardi ti ho amata, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amata.

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