Salve. "Butto là" uno dei miei soliti infantili quesiti, il quale so già genererà una discussione assai stentata e piuttosto breve, essendo di argomento ovvio per tutti e di risposta certa ed immediata per oltre la metà di coloro che risponderanno.
Il quesito sarebbe : "Ma voi pensate esistito un tempo in cui il Mondo (definizione : l'insieme di tutto ciò che esisteva, ovvero il Cosmo più Dio - dato un qualunque Dio come eventualmente esistente) era privo dell'Uomo ?. Oppure pensate che l'Uomo sia stato (eventualmente) creato da Dio contemporaneamente o addirittura precedentemente al Cosmo-Natura ?.
Certo mi piacerebbe che I vostri interventi iniziassero TUTTI preceduti da una netta risposta SI/NO alla parte grassettata del mio quesito, ma so che ciò sarebbe chiedere troppo, anche perchè farebbe indebita chiarezza su di un tema circa il quale è sempre esistita una immensa confusione concettuale.
Comunque grazie e saluti a tutti.
Ovviamente sì. La terra, se diamo retta ai geologi e agli astrofisici ha circa 5 miliardi di anni. Un miliardo e mezzo di anni dopo abbiamo la testimonianza delle prime forme di vita (colonie batteriche), mentre homo sapiens, la specie genetica a cui apparteniamo tutti noi lettori di questo forum, è molto più recente, essendosi sviluppata da altri ominidi, fra i 200 mila e i 300 mila anni fa.
Paragonando l'età della terra ad un giorno, è come se l'uomo fosse comparso alle 23 e 59 e 56 secondi. Facciamo parte della giornata terrestre da appena 4 secondi.
Si, è dimostrato Viator, anche se... non è così banale come si crede intendersi su cosa significhi essere esistita, esistere o non esistere più per una specie ,visto che una specie nasce prima di tutto da una nostra convenzione, compresa la nostra specie quindi.
Esistere per una specie, per un certo tempo, equivale quindi a dire che un gruppo di viventi individuabili per l'avere caratteristiche comuni convenzionalmente definite, le mantiene per quel tempo.
Così ad esempio in base alla definizione di specie che noi decidiamo possiamo dire sia che i dinosauri si sono esistiti, o , in alternativa, che esistono ancora.
Anche perché le convenzioni sono basate sulle nostre conoscenze , e quindi mutano al mutare delle conoscenze.
Così ad esempio per lungo tempo si è detto che i dinosauri si sono estinti, mentre oggi la tendenza è dire che sono ancora fra noi, anche se oggi li chiamiamo uccelli.
Si possono usare termini drammatici o in alternativa miracolistici per raccontare l'estinzione o la nascita di una specie, ma le cose in effetti secondo l'evoluzione procedono in modo più scontato è pacifico.
È sufficiente prendere tutti i rappresentanti di una specie, individuati come tali in base alla convenzione che definisce la specie, dividerli in due gruppi non comunicanti, e si ottiene, dando tempo al tempo, l'estinzione della specie di partenza.
Ovviamente SI, la risposta di Jacopus è completa. La domanda forse più entusiasmante è "se esisterà in futuro" un mondo privo di uomini, e stando a una recente ricerca che dimostra che dagli anni 70 ad oggi la densità degli spermatozoi è diminuita del 60%, ci dovremmo aspettare un serissimo problema di inferitilità intorno al 2050, sempre che continuiamo con questi salubri stili di vita che ci fanno accumulare tanti biglietti di carta colorati.
Buongiorno Viator
No , non è esistita, perché per esistere una cosa deve essere conosciuta da qualcuno e prima dell'uomo chi sapeva di esistere? Infatti solo l'uomo SA (conosce) che prima di lui esisteva qualcosa. Esiste un lontano pianeta mai visto o conosciuto? No, ma quando lo si conosce si SA che esisteva prima che lo si conoscesse. In mancanza di un soggetto conoscente una cosa non esiste pur esistendo. E' sempre il soggetto che stabilisce l'esistenza di un oggetto. :)
Mi accodo anch'io a Jacopus, la mia risposta è SI. L'obiezione di Alexander è arguta, ma il quesito posto da Viator: Ma voi pensate esistito un tempo in cui il Mondo (definizione : l'insieme di tutto ciò che esisteva, ovvero il Cosmo più Dio - dato un qualunque Dio come eventualmente esistente) era privo dell'Uomo è abbastanza esplicito e che il creato, per dirla in parole povere, sia ben più vecchio dell' uomo direi che sia incontrovertibile.
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 08:19:41 AM
Buongiorno Viator
E' sempre il soggetto che stabilisce l'esistenza di un oggetto. :)
L'esistenza del soggetto chi la stabilisce?
Buongiorno Baylham
cit.L'esistenza del soggetto chi la stabilisce?
Solo il soggetto può stabilire la propria esistenza (cogito ergo sum). Un oggetto non può certo stabilirla. La Terra non può stabilire l'esistenza o meno dell'uomo, ma l'uomo può stabilire l'esistenza della Terra ( e di stesso sopra di essa). :)
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 14:05:44 PM
Buongiorno Baylham
cit.L'esistenza del soggetto chi la stabilisce?
Solo il soggetto può stabilire la propria esistenza (cogito ergo sum). Un oggetto non può certo stabilirla. La Terra non può stabilire l'esistenza o meno dell'uomo, ma l'uomo può stabilire l'esistenza della Terra ( e di stesso sopra di essa). :)
Penso , quindi sono.
Non , pensò, perciò sono.
Una percezione, di se stessi o di altro, non equivale però ad una perfetta definizione e una definizione è sempre una convenzione.
Quando tutti qui affermiamo che l'uomo non è esistito da sempre temo che ci riferiamo alla percezione dell'uomo, e quindi in definitiva della nostra percezione.
Io e tu certamente non esistiamo da sempre.
Ma se vogliamo stabilire un tempo in cui qualcosa è esistito occorre darne una precisa definizione.
Più sarà precisa la definizione con più precisione si può stabilire quel tempo.
Le specie animali sono definite per convenzione, elencando le caratteristiche che debbono avere i singoli individui per rientrarvi, e non da una vaga percezione.
Più la definizione è permissiva più si allunga la persistenza della specie e tale permissività allargata può essere suggerita da nuove conoscenze.
Così ad esempio nuove conoscenze suggeriscono di allungare la persistenza dei dinosauri, diversamente dichiarati estinti, agli attuali uccelli.
Facile dire che per l'umanità c'è un prima e un dopo, cosa su cui genericamente concordo, se non si definisce esattamente cosa comprende la specie umana.
Questo , coi limiti delle nostre conoscenze, ci permetterà' di dire quando è nata questa specie, consapevoli che ci riferiamo a una convenzione.
Certamente l'uomo non è sempre esistito se la vita non è sempre esistita.
Con ciò mi tolgo da impicci definitori su cui diversamente non si può sorvolare limitandosi ad un penso quindi sono.
Salve e bravi a tutti. Repliche tutte basate su logiche razionali.
Per Alexander : Io non sono affatto d'accordo sul significato attribuibile al "cogito ergo sum", in quanto tale motto si limita ad affermare (e non certamente a dimostrare) che il pensiero è attività esclusivamente umana connessa con la coscienza, funzione anch'essa esclusivamente umana. Affermazione questa che invece condivido completamente.
All'interno della mia mostruosa ignoranza io sono convinto che la CONDIZIONE dell'ESSERE consista semplicemente nel RAPPORTO TRA LE CAUSE E GLI EFFETTI. Cioè nella duplicità che scaturisce dalla singolarità (monade) dell'"essere".
Nel Mondo privo dell'uomo io credo proprio che la concatenazione cause-effetti abbia agito abbondantemente, producendo tra l'altro.......vita ed umanità.
Se invece secondo te la causa dell'esistenza del mondo è l'uomo.............proprio non siamo in sintonia sui concetti più elementari. Saluti.
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 14:05:44 PM
Buongiorno Baylham
cit.L'esistenza del soggetto chi la stabilisce?
Solo il soggetto può stabilire la propria esistenza (cogito ergo sum). Un oggetto non può certo stabilirla. La Terra non può stabilire l'esistenza o meno dell'uomo, ma l'uomo può stabilire l'esistenza della Terra ( e di stesso sopra di essa). :)
Allora in base alla tua definizione ("per esistere una cosa deve essere conosciuta da qualcuno"), il soggetto è un oggetto.
Nel caso di "cogito ergo sum" chi è il soggetto?
Se non c'è la terra, l'oggetto, dubito ci sia il soggetto, l'uomo.
Si, penso che ci sia un passato della terra in cui non sia presente l'uomo.
Deve essere oltremodo faticoso per un filosofo idealista mettere d'accordo i fossili e la scienza con la propria concezione filosofica. Fatica sprecata perché la verità sta altrove. La conoscenza è lo spazio del reale che abbiamo conquistato oltrepassando i nostri limiti e confini antropocentrici. Quando la metafisica sfida la fisica l'esito dello scontro è scontato e può essere ricalcolato solo in termini di martirio. Gesto totalmente umano che non lascia segni geologici.
Buon pomeriggio a tutti
Io non mi considero un idealista.Però che l'esistenza abbia bisogno di un agente conoscitivo è imprescindibile. E' ovvio che esisteva la vita prima dell'uomo, ma solo l'uomo conosce il fatto (a quello che ne sappiamo). Cioè il soggetto. Come ne direbbe meglio Schopenhauer:
Nessuna verità è dunque più certa, più assoluta, più lampante di questa: tutto ciò che esiste per la conoscenza, e cioè il mondo intero, non è altro che il soggetto in rapporto all'oggetto.
In mancanza del soggetto conoscente anche l'oggetto, pur esistendo (o essendo esistito), non esiste (o come se non esistesse/fosse esistito). In mancanza di un soggetto conoscente ( cosciente) l'intero universo si svilupperebbe e svanirebbe e chi potrebbe sapere che è esistito?
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 17:22:12 PM
Buon pomeriggio a tutti
Nessuna verità è dunque più certa, più assoluta, più lampante di questa: tutto ciò che esiste per la conoscenza, e cioè il mondo intero, non è altro che il soggetto in rapporto all'oggetto.
Buon pomeriggio a te.
Tutto cio che esiste per la conoscenza è ciò che deriva dal rapporto soggetto oggetto.
È ovvio, più che vero.
Ma premessa della conoscenza è che vi sia qualcosa da conoscere.
Quindi direi che c'è qualcosa che mi sfugge nel tuo ragionamento.
Qualche premessa non detta.
Il mondo di Schopenhauer non è il mondo di Darwin. E' il mondo antropocentrato sull'episteme umana. Che ne sappiamo noi della conoscenza del "mondo" che ha un gatto o un delfino. Il loro comportamento dimostra che una loro conoscenza del mondo ce l'hanno. Del mondo di Darwin, non di Schopenhauer.
Se la metafisica può giocare col mondo epistemico, l'episteme si guarda bene dal farlo, abituata com'è a lanciare il cervello oltre l'ostacolo, rimuovendo con tale atto l'ostacolo che sarebbe insuperabile restando nel campo del metodo idealistico negazionista dell'oggetto. Peraltro lo stesso Schopenhauer, postulando l'oggetto, è metafisicamente costretto a debordare dal soggetto e a riconoscere una umanamente conoscibile realtà oggettiva. Ovvero l'oggetto della scienza e delle sue dimostrazioni sperimentali.
Citazione di: iano il 22 Marzo 2021, 03:06:48 AM
Si, è dimostrato Viator, anche se... non è così banale come si crede intendersi su cosa significhi essere esistita, esistere o non esistere più per una specie ,visto che una specie nasce prima di tutto da una nostra convenzione, compresa la nostra specie quindi.................(OMISSIS)...............
Certo iano, hai ragione, dal momento che nulla sorge istantaneamente bensì si genera attraverso una serie infinita di mobilissime trasformazione.Ma una volta che una cosa esista e venga da noi presa in considerazione............è giocoforza usarte un nome per essa, poichè è appunto il nominarla che permette di fissare nel tempo culturallinguistico la esistenza di quella cosa indipendentemente dalla sua mancanza di confini, remotezza di origine o di specificità naturale intesa in senso assoluto. Salutoni.
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 17:22:12 PM
Buon pomeriggio a tutti
In mancanza del soggetto conoscente anche l'oggetto, pur esistendo (o essendo esistito), non esiste (o come se non esistesse/fosse esistito). In mancanza di un soggetto conoscente ( cosciente) l'intero universo si svilupperebbe e svanirebbe e chi potrebbe sapere che è esistito?
Scusa Alexander, ma il fatto che magari poi nessuno possa sapere che un tempo sia esistito (tu parli di Universo, Vita, etc., mentre io parlo di Mondo, avendone data una stringata ma credo sufficiente definizione) un qualcosa od un tutto........interesserà te e magari non interesserà me od altri.
Mi piacerebbe comunque conoscere cosa tu intenda con il verbo "sparire" riferito a ciò che sia comunque esistito. Vuoi mai che tu sia di quelli che credono possibile l'esistenza di un nulla dal- o nel- quale le "cose" entrano ed escono saltellando ? Saluti.
Ciao Viator..
Sarò più chiaro.
La tua domanda, apparentemente banale, in effetti è priva di senso.
Riportavo l'esempio dei dinosauri che sono estinti oppure ancora fra noi, in base alla definizione che se ne da'.
Dobbiamo dare per scontato di aver ben chiaro cosa sia l'umanità e di convergere tutti su ciò?
Naturalmente ogni definizione mantiene una certa vaghezza per cui i confini di ciò a cui diamo un nome non sono precisi.
Pur tuttavia siamo in grado di manipolare quei confini allargandoli o restringendoli, quindi una qualche precisazione andrebbe data.
Precisare per non rischiare di dare lo stesso nome a cose diverse, fonte di ogni malinteso.
Quindi secondo me la tua apparentemente banale domanda ne nasconde una più fondamentale, ma non metafisica, quindi ben formulabile.
Cosa si intende per umanità?
Quello che il soggetto conosce è l'oggetto, ma l'oggetto è anche una rappresentazione che ne fa il soggetto (nome e forma vengono stabiliti dal soggetto infatti, non sono delle qualità intrinseche che si dà l'oggetto). Ma mi sembra che sto andando OT. Se la domanda è: esisteva il mondo prima dell'uomo? E' ovvio che sì, ci sono i fossili che il soggetto guarda e questo non dimostra che l'uomo non è stato creato da qualcuno (in Genesi l'uomo viene creato all'ultimo giorno, che vuol dire che c'è una storia della creazione prima. A meno che non crediate che il "giorno" usato simbolicamente dagli autori, sia un giorno vero di 24H. Nemmeno io ho idee così "grossolane" :D ). La mia risposta provocatoria è però NO, perché , prima dell'uomo, non esisteva nessuno che dava nome e forma all'oggetto (che si sappia). Adesso noi diciamo che c'erano i dinosauri prima dell'uomo, cioè li nominiamo e definiamo. Noi soggetto ovviamente. Passato, presente e futuro non sono categorie del soggetto?
Citazione di: Alexander il 22 Marzo 2021, 08:19:41 AM
Buongiorno Viator
No , non è esistita, perché per esistere una cosa deve essere conosciuta da qualcuno e prima dell'uomo chi sapeva di esistere? Infatti solo l'uomo SA (conosce) che prima di lui esisteva qualcosa. Esiste un lontano pianeta mai visto o conosciuto? No, ma quando lo si conosce si SA che esisteva prima che lo si conoscesse. In mancanza di un soggetto conoscente una cosa non esiste pur esistendo. E' sempre il soggetto che stabilisce l'esistenza di un oggetto. :)
Salve Alexander. Perdonami. Queste tue considerazioni mi erano sfuggite. Il tuo criterio secondo il quale l'esistenza è impossibile senza la conoscenza......è qualcosa di veramente spettacolare ! Quindi, ad esempio, il Dio dei cristiani ha cominciato ad esistere solo quando qualcuno ha affermato di conoscerne l'esistenza.
Sai che io, da bimbo, non conoscevo l'esistenza dell'organo femminile ? Infatti solo assai più avanti riuscii a CREDERE DI CAPIRE a cosa serviva ciò che - evidentemente - precedentemente non esisteva.
Scusami ma in realtà tu fai confusione tra la
soggettività della conoscenza (che è sempre rigorosamente individuale dato che ci sarà sempre chi non conosce quella certa tal cosa) e l'
oggettività dell'esistenza.
Anche qui, la maggioranza delle persone ha la testa dura ! Poichè è il Mondo che ha generato l'Uomo e non certo l'inverso, l'OGGETTIVO Mondo ha generato il SOGGETTIVO Uomo. Saluti.
Buonasera Viator
Non ho detto che una cosa , in assenza del soggetto, non esiste. La sua esistenza però deve essere conosciuta dal soggetto, altrimenti è come se non esistesse. Immagina che l'universo sia come una biglia senza aperture che nuota in un mare di biglie con cui Geova gioca con Allah. Anche se noi arrivassimo a conoscere tutto della biglia dove siamo racchiusi ci sarebbe preclusa la conoscenza delle altre e non sarebbe possibile in alcun modo conoscerle. Anche se esistessero miliardi di biglie, per noi sarebbe come se non esistessero affatto. Perché il soggetto non potrebbe in alcun modo conoscerle. Pertanto l'esistenza di una cosa è legata alla sua possibilità di essere conosciuta da un soggetto. Così i fantamiliardi di biglie sarebbero, per il soggetto, esattamente come se non esistessero. Ma è appunto un come se. il soggetto si pone sempre la domanda "come".
Per "sparire" intendo proprio letteralmente "andare a finire non si sa dove, essere introvabile, irreperibile, non più conoscibile".
L'ossigeno esisteva prima di Lavoisier ?
Anche a vederla dal punto di vista biblico, Dio ha concesso all'uomo la capacità di dare un nome agli animali e vegetali, ma essi esistevano indipendentemente dall'uomo. Confondere il nominare col referente del nome, l'esistente ignoto col "come se non esistesse", il sapere con l'ontologia, è fallacia metafisica, semantica ed epistemologica.
Possiamo passare ore a discutere sulla soggettività della conoscenza umana, ed è quello che fa Schopenhauer che non si sogna di certo di negare l'oggetto, il quale in quanto "ob-iectum" ci è letteralmente "gettato davanti", e nessuna metafisica può far finta che non esista pena un disastroso inciampo.
Salve Alexander. La logica non può nulla contro la speranza. Tu certamente sarai un credente, quindi animato dalla speranza.
Pertanto non serve che io abbia aperto il topic precisando che per Mondo intendevo "il completo insieme di tutto ciò che esiste, incluso od escluso Dio a seconda della sua esistenza o della sua inesistenza".
Per chi la pensa come te il Mondo è un sogno e Dio una realtà. Saluti.
Ovviamente in senso materiale la risposta è sì, esisteva il mondo prima dell'uomo.
Poi se vuoi una risposta mistica o teologica in estrema sintesi dalla tradizione biblica o evangelica, il verbo/Figlio è coeterno a Dio padre, quindi l'anima o la forma di almeno un uomo, -ma che poi li rappresenta tutti, un solo uomo per corrispondenza a un solo Dio-, Gesù, non è in nessun senso creata, quindi al di là del senso letterale che sappiamo tutti di Dio che crea il mondo in sette giorni, a un certo punto fa l'uomo, poi la donna eccetera
c'è un senso più profondo in cui creazione del mondo e creazione dell'uomo sono contemporanee e sono la stessa cosa, l'uomo è l'unico inconcusso oggetto di creazione che trascendendo la realtà del mondo (mondo che in questo senso è un po' la conseguenza del peccato) ha in sé il potenziale di concluderla/esaurirla,
e un senso ancora più profondo in cui l'uomo è esso stesso creatore, insomma il punto principale è che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e tra immagine e oggetto che proietta l'immagine, ad esempio un uccello che passa nel cielo e la sua immagine che si riflette sull'acqua, ci può essere un rapporto asimmetrico di maggiore o minore contenuto di potenza o verità, ma non c'è mai differimento temporale, l'immagine passa esattamente nello stesso momento in cui passa l'uccello, quindi se uno dei due termini è eterno, si da coeternità dell'altro, e l'unico modo di somigliare a ciò che non ha forma e non ha corpo, l'unico modo di essere immagine dell'incorporeo, è somigliarvi intellettivamente e intellettualmente, insomma il concetto delle intelligenze che emanano l'una dall'altra e il pensare come attività divina e quindi eterna.
L'immagine in generale non è oggetto di creazione, ma di generazione, non ci vuole volontarietà, o dispendio di energia, o scelta, o intervallo temporale, per crearla, è invece segno del modo in cui qualcosa che è di per sé inesteso (concetto, nome) o indefinitamente esteso (natura, spazio infinito), si dispone limitatamente nello spazio, quindi l'uomo, così come il creato è un'auto limitazione di Dio che non ne perde l'essenza fondamentale cioè lo spirito/ragione.
Salve. Per niko, Odio (cordialmente) il termine "creare". Non ho voglia di spiegare per l'ennesima volta quella ch io credo essere la differenza tra creazione e generazione. Comunque:
- 1- Ma è il Mondo privo di Dio e dell'Uomo che generò (traendolo da sè, quindi separandolo da sè e rendendolo riconoscibile come "altro") l'Uomo e quindi poi l'uomo generò (idem) il concetto di Dio, oppure....
- 2 - Fu Dio a generare l'Uomo poi quindi il mondo (minuscolo perchè in sè separato da Dio e dall'Uomo).....
- 3 - Fu l'Uomo a generarsi (come affema Alexander) il concetto di Mondo includente sè stesso e Dio.........??
Fingendo (come io non credo) esista la Causa Prima.........quale essa sarebbe ? Il verificarsi di una Causa Prima permetterebbe di stabilire l'inizio dell'Essere, no ?. Temporanei saluti.
Buonasera Viator
In realtà stavo parlando di soggetto e oggetto, non di Dio. Comunque non vedo nulla di male nella speranza, anzi, senza sperare non si va da nessuna parte di solito. Quando scrivo, per esempio, spero sempre di essere compreso. Ma non è semplice perché diamo significati anche molto diversi a termini che definiscono un concetto. Ci si prova :)
Ragionando nell'ottica di Schopenhauer, se il mondo così come lo conosciamo è una nostra rappresentazione determinata dalle strutture specifiche dell'intelletto umano, una volta estinto l'uomo viene meno anche il mondo.
Non nel senso che ciò che c'è di materiale, di solido, finisce per scomparire, ma quel tipo di visione prodotta dall'intelletto umano si perde per sempre.
Rimarranno le rappresentazioni delle altre creature viventi, degli altri soggetti conoscitivi; rimarrà il mondo dei lombrichi per esempio, la rappresentazione che i lombrichi, nella loro esplorazione del mondo, si costruiscono tramite il loro specifico sistema nervoso.
Ma questo non significa (ed è l'errore di Alexander), che il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto debbano essere simultanei. Sono sì parte integrante ed essenziale della rappresentazione (sono un tutt'uno nella rappresentazione), ma il soggetto conoscitivo tramite segni (oggetti immediati) può costruire giudizi su oggetti mediati, anche infinitamente lontani nel tempo e nello spazio.
Nel giudizio "un milione di anni fa non esisteva l'uomo" abbiamo un soggetto conoscitivo esistente nel presente, e un oggetto conosciuto (il giudizio sull'assenza dell'uomo) che deriva da una catena di argomenti che parte da oggetti mediati da geologia e storia della biologia, cioè da quell'insieme di prove da cui si parte per un ragionamento scientifico.
Dunque non c'è alcuna contraddizione.
Citazione di: Kobayashi il 23 Marzo 2021, 08:13:34 AM
Ragionando nell'ottica di Schopenhauer, se il mondo così come lo conosciamo è una nostra rappresentazione determinata dalle strutture specifiche dell'intelletto umano, una volta estinto l'uomo viene meno anche il mondo.
Non nel senso che ciò che c'è di materiale, di solido, finisce per scomparire, ma quel tipo di visione prodotta dall'intelletto umano si perde per sempre.
Rimarranno le rappresentazioni delle altre creature viventi, degli altri soggetti conoscitivi; rimarrà il mondo dei lombrichi per esempio, la rappresentazione che i lombrichi, nella loro esplorazione del mondo, si costruiscono tramite il loro specifico sistema nervoso.
Ma questo non significa (ed è l'errore di Alexander), che il soggetto conoscente e l'oggetto conosciuto debbano essere simultanei. Sono sì parte integrante ed essenziale della rappresentazione (sono un tutt'uno nella rappresentazione), ma il soggetto conoscitivo tramite segni (oggetti immediati) può costruire giudizi su oggetti mediati, anche infinitamente lontani nel tempo e nello spazio.
Nel giudizio "un milione di anni fa non esisteva l'uomo" abbiamo un soggetto conoscitivo esistente nel presente, e un oggetto conosciuto (il giudizio sull'assenza dell'uomo) che deriva da una catena di argomenti che parte da oggetti mediati da geologia e storia della biologia, cioè da quell'insieme di prove da cui si parte per un ragionamento scientifico.
Dunque non c'è alcuna contraddizione.
Scusate il fuori tema e la pignoleria, Faccio un piccolo appunto da persona che non ha letto l'intera mole degli scritti di Schopenhauer ma che ha letto e meditato il mondo e la quadruplice ragione, magari poi qualcuno mi potrà smentire, ma secondo me è così:
Per Schopenhauer il mondo come rappresentazione potrebbe in linea di principio fare benissimo a meno dell'uomo, il mondo come volontà direi proprio di no, perché l'uomo è un modo particolare di essere e di organizzarsi della volontà, e apicale, il più complesso; la volontà impone il principio di individuazione in tutti i viventi, e l'uomo, con le sue facoltà intellettive e morali, è l'apice del principio di individuazione; più si sa di volere, più si è individui e individualisti, e questo è appunto il caso (sommamente sfortunato, sebbene vanamente inorgoglito) dell'uomo, ma per esserlo di più, individuati ed individualisti, bisogna esserlo in un sistema conchiuso rispetto a qualcosa che lo sia meno; ad esempio negli oggetti inanimati come i sassi eccetera, la volontà sembra finire e terminare, anche se gli oggetti inanimati esistono solo come negativo e mancanza della volontà, buchi neri nell'universo della volontà, e come resistenza al campo d'azione possibile della volontà che fa conoscere principalmente alla volontà se stessa, come incompiuta e sofferente, e, solo di riflesso nel mondo come rappresentazione, l'oggetto inanimato come conoscenza "pura" o "disinteressa".
Insomma il vivente è più individuato rispetto all'oggetto, e l'uomo è ancora più individuato, rispetto allo stato tipico degli altri viventi; ora, siccome è intrinseco che la volontà arrivi a tal punto (la volontà è unitaria e i suoi stati intermedi trovano completamento in quello supremo e viceversa) se l'uomo sparisse, penso che sarebbe sostituito da un'entità corporea simile che ne farebbe le veci, ma non potrebbe sparire in generale come funzione che svolge al servizio della la volontà e dunque di auto complicazione, entificazione e nominazione dell'universo, insomma credo che possa sparire l'uomo come specie, non possono sparire la morale e l'intelletto come funzioni e facoltà (che attualmente sappiamo essere) umane, nell'universo di Schopenahuer.
Il mondo preumano se pure esistente, non è nel tempo, perché la volontà si temporalizza solo col suo essere -o divenire- autocosciente, e quindi solo con l'uomo. Se veniamo da qualcosa, veniamo da un sogno senza causa e senza tempo, siamo noi, in quanto soggetti, a introdurre, con la nostra "venuta" al mondo, la causa e il tempo.
Il corpo umano, come tutti gli altri animali ed oggetti, è riducibile all'insieme dei suo nessi causali con altri oggetti, anche passati o futuri, è nodo in una rete di cause e insieme di nodi causali esso stesso, e non esisterebbe al di fuori dall'interdipendenza di tutto con tutto. Ma questo corpo proietta anche, su uno sfondo nullo o su un mondo "a parte", la coscienza e il sapersi vivi degli uomini, nella loro assenza di libertà o, che è lo stesso, nelle loro illusioni di libertà; proiezione o visione che segue nel suo determinarsi particolare gli automatismi della volontà e che quindi è, proprio a giudizio e agli occhi del soggetto, che non può decidere di volere e se volere, l'effettuale puro, che riconduce ad una causa unica e non a un nodo infinito di cause:
la volontà, che vive non solo nel corpo, ma in tutto il resto del mondo, e li produce come oggettivazioni e come effetti.
Salve niko. Citando ciò che tu - mi pare - abbia citato da Schopenauer : "..........perché l'uomo è un modo particolare di essere e di organizzarsi della volontà, e apicale, il più complesso; la volontà impone il principio di individuazione in tutti i viventi, e l'uomo, con le sue facoltà intellettive e morali, è l'apice del principio di individuazione; più si sa di volere, più si è individui e individualisti..........."
Ma che stranezza ! E non è la prima volta che mi capita ! Le parole di qualcuno (un umano) il quale, narrando di sè stesso e dei propri simili, scopre di essere "il più complesso", "l'apice", "er mejo der mondo", "l'unica intelligenza"..............Ma cosa cacchio ne sapeva Schopenauer o chiunque altro di chi o cosa sia il più complesso !! Se l'uomo è incluso in qualcosa, l'insieme racchiudente l'uomo+il qualcosa non potrà che risultare più complesso dell'uomo da solo....ma quali cretinerie dobbiamo leggere da parte di arcifamosi dotti (Qualsiasi filososofo e studioso va rispettato per la serietà e l'impegno soggettivo profusi nelle proprie opere, ma di fronte alla logica NESSUN MONUMENTO CULTURALE è sacro !!).Ma qui siamo di fronte alla più infantile autocelebrazione del genere umano ! Narciso il quale, a furia di bearsi della propria immagine riflessa nella pozzanghera, si china fino a cadervi dentro ! Saluti.
Citazione di: viator il 23 Marzo 2021, 13:45:17 PM
Salve niko. Citando ciò che tu - mi pare - abbia citato da Schopenauer : "..........perché l'uomo è un modo particolare di essere e di organizzarsi della volontà, e apicale, il più complesso; la volontà impone il principio di individuazione in tutti i viventi, e l'uomo, con le sue facoltà intellettive e morali, è l'apice del principio di individuazione; più si sa di volere, più si è individui e individualisti..........."
Ma che stranezza ! E non è la prima volta che mi capita ! Le parole di qualcuno (un umano) il quale, narrando di sè stesso e dei propri simili, scopre di essere "il più complesso", "l'apice", "er mejo der mondo", "l'unica intelligenza"..............Ma cosa cacchio ne sapeva Schopenauer o chiunque altro di chi o cosa sia il più complesso !! Se l'uomo è incluso in qualcosa, l'insieme racchiudente l'uomo+il qualcosa non potrà che risultare più complesso dell'uomo da solo....ma quali cretinerie dobbiamo leggere da parte di arcifamosi dotti (Qualsiasi filososofo e studioso va rispettato per la serietà e l'impegno soggettivo profusi nelle proprie opere, ma di fronte alla logica NESSUN MONUMENTO CULTURALE è sacro !!).Ma qui siamo di fronte alla più infantile autocelebrazione del genere umano ! Narciso il quale, a furia di bearsi della propria immagine riflessa nella pozzanghera, si china fino a cadervi dentro ! Saluti.
In realtà non ho citato niente, ho cercato di fare un discorso con parole mie, appunto avendo letto qualcosa del famoso filosofo.
Poi quasi tutti i filosofi, anche moderni, hanno provato a spiegare la differenza tra uomo e animale, anche Nietzche, Bergson, poi per Schopenahuer, questo sinceramente pensavo che lo sapessero tutti, la volontà non è una cosa positiva o buona, quindi essere all'apice della volontà, o meglio dell'autocoscienza della volontà, di per sé non ha nulla di buono, se non il fatto che anche la meditazione filosofica o in generale esistenziale della volontà, che può avvenire solo nell'uomo, è inclusa (e quindi in un certo senso sistemicamente necessaria) nel processo di individuazione e autoriflessione della volontà e può essere un primo passo per estinguerla, quindi per l'implosione/inversione di questo processo: la superiorità in senso esistenziale non è propria dell'uomo, ma dell'ascesi come negazione dell'uomo, e non ci vuole molto a capire quanto infima possa essere la minoranza di uomini che a partire dalla generica e genericamente umana consapevolezza del volere possa passare al desiderio di un percorso di ascesi.
Quindi l'uomo è complesso, l'insieme uomo-mondo non è ancora più complesso, ma è la realtà stessa dell'uomo e del mondo che nel prendere isolatamente questi estremi semplicemente non sarebbe comprensibile, la fine della volontà è la fine dell'insieme uomo-mondo, ma la fine della volontà non è il fine della volontà, tutt'altro, quindi ci vorrebbe per l'uomo una liberazione resiliente e al limite dell'impossibile: se il mondo esiste ancora, nessuno degli uomini ha raggiunto un grado di ascesi perfetta, altrimenti la fine del suo sogno, sarebbe stata la fine del sogno di tutti, perché la volontà agente nei viventi è una, anche se non sa di esserlo, quindi tutto è uno, rispetto all'avere o non avere un mondo da abitare e in cui illudersi di esistere singolarmente o no, tutto ha un destino unico.
Sono piuttosto d'accordo con alcuni spunti interessanti di Niko (Buongiorno!), naturalmente se li ho compresi bene :) . Sembrerebbe proprio una necessità della volontà la presenza di una creatura autocosciente e capace di nominare l'universo. Volontà che si fa cosciente a se stessa, alla propria evoluzione e alla propria sofferenza. Come ipotetica costruttrice del mondo, in una sua eventuale assenza questo mondo sarebbe come se non esistesse. Nessun animale (che si sappia; e dell'eventuale vita cosciente altrove si sa ancora meno) è in grado di crearsi un passato, giudicare un presente e programmare un futuro. Insomma l'intera "rappresentazione" che definiamo come mondo.
Citazione di: Alexander il 23 Marzo 2021, 14:55:00 PM
Nessun animale (che si sappia; e dell'eventuale vita cosciente altrove si sa ancora meno) è in grado di crearsi un passato, giudicare un presente e programmare un futuro. Insomma l'intera "rappresentazione" che definiamo come mondo.
Sei proprio sicuro ? L'anno scorso, grazie al lungo lockdown primaverile, una coppia di pettirossi ha fatto il nido sulla trave apicale della mia irraggiungibile casa di montagna. Quando finalmente in maggio hanno aperto le galere domiciliari e siamo potuti andarci lo abbiamo trovato. La coppia di pettirossi ha gestito alla meglio la nostra intrusione (presente) alternandosi di vedetta sul nido e alimentando i pulcini che nel frattempo erano nati. Preso confidenza coi bipedi umani i pettirossi hanno programmato la nidiata di quest'anno (futuro), col nido già fatto e in luogo ottimale (passato) e noi presenti (come loro, anche noi abbiamo spostato la residenza in montagna dove la galera, nostra non loro, è più confortevole). Attendiamo i nuovi nati per maggio.
Citazione di: Ipazia il 23 Marzo 2021, 18:24:35 PM
Citazione di: Alexander il 23 Marzo 2021, 14:55:00 PM
Nessun animale (che si sappia; e dell'eventuale vita cosciente altrove si sa ancora meno) è in grado di crearsi un passato, giudicare un presente e programmare un futuro. Insomma l'intera "rappresentazione" che definiamo come mondo.
Sei proprio sicuro ? L'anno scorso, grazie al lungo lockdown primaverile, una coppia di pettirossi ha fatto il nido sulla trave apicale della mia irraggiungibile casa di montagna. Quando finalmente in maggio hanno aperto le galere domiciliari e siamo potuti andarci lo abbiamo trovato. La coppia di pettirossi ha gestito alla meglio la nostra intrusione (presente) alternandosi di vedetta sul nido e alimentando i pulcini che nel frattempo erano nati. Preso confidenza coi bipedi umani i pettirossi hanno programmato la nidiata di quest'anno (futuro), col nido già fatto e in luogo ottimale (passato) e noi presenti (come loro, anche noi abbiamo spostato la residenza in montagna dove la galera, nostra non loro, è più confortevole). Attendiamo i nuovi nati per maggio.
Salve Alexander. Evidentemente tu non ti consideri un animale (mentre l'essere umano è un "oltre che animale", nel senso per cui ad una COMPLETA ANIMALITA'
(ti sfido a portarci un unico solitario esempio di comportamento animale che non sia presente ANCHE NEGLI UMANI)........ad una completa animalità, dicevo, vede aggiunti un certo numero di attributi del tutto specifici e certamente non tutti esaltanti (accanto all'altruismo il più bieco degli egoismi, accanto alla spiritualità il sadismo e via con elencazione interminabile nel bene" e nel"male").
Se ti fa piacere, grazie alle mie conoscenza in Alte Sfere, provvederò a farti radiare dal mondo animale, del quale perderai tutti gli attributi (e quindi anche tutte le funzioni), riducendoti a campare di nobilissima spiritualità.In questo modo, chiunque ti incontri per strada potrà capire che tu sei ben altro che animale. Saluti ed auguri.
CitazioneNessun animale (che si sappia; e dell'eventuale vita cosciente altrove si sa ancora meno) è in grado di crearsi un passato, giudicare un presente e programmare un futuro.
Non mi risulta. Anche animali molto più semplici dei mammiferi riescono ad agire sulla base del loro passato, del loro presente e del loro futuro. Un qualsiasi predatore deve avere ben presenti tutti e tre questi momenti, altrimenti non potrebbe semplicemente predare. Per non parlare delle funzioni di animali più simili a noi, che provano affetto e riconoscenza e ricordano gli atti gentili o quelli violenti commessi contro di loro.
Io credo che nessun animale abbia la capacità del tutto umana di "pensare altrimenti", ovvero di mettere in via teorica, diverse alternative d'azione e scegliere "riflessivamente" quella che apparentemente sembra al singolo attore, quella vincente. Gli animali hanno in genere un maggior ventaglio di risposte automatiche sulla base di scenari "tipo". L'uomo si è svincolato da queste risposte automatiche ed ha iniziato il suo viaggio "culturale".
Credo di aver capito dove sta l'inghippo: voi con "mondo" intendete qualcosa di oggettivo da cui scaturisce il soggettivo, mentre io intendo il mondo come l'incontro tra il soggetto e l'oggetto, incontro che dà vita ad una "rappresentazione" ( del tutto umana). A meno che non pensiamo che un pescecane abbia lo stesso "mondo " dell'uomo (la stessa rappresentazione).
SalveAlexander. Infatti io parlavo chiaramente di Mondo come "l'insieme di tutto ciò che esiste", che rappresenta una totalità oggettiva composta dall'insieme di tutte le cause e di tutti gli effetti (è appunto questo l' "essere" del mondo) e non intendevo invece affatto riferirmi alla "visione o percezione del mondo" soggettiva, relativa, infinitamente variegata e molteplice di un qualsiasi vivente. Saluti.
Io credo che fare (soprattutto su un forum di filosofia) una domanda come:
----------------------------
Ma voi pensate esistito un tempo in cui il Mondo (definizione : l'insieme di tutto ciò che esisteva, ovvero il Cosmo più Dio - dato un qualunque Dio come eventualmente esistente) era privo dell'Uomo ?. Oppure pensate che l'Uomo sia stato (eventualmente) creato da Dio contemporaneamente o addirittura precedentemente al Cosmo-Natura ?
---------------------------------
E poi liquidare con aria di superiorità le risposte di tipo simbolista o idealista "perché tanto non è così che stanno le cose" sia un atteggiamento un pochino fuori luogo, con chi pensavate di confrontarvi, con gente che davvero, in senso letterale, pensa che il mondo inizi ad esistere contemporaneamente o addirittura posteriormente all'uomo?
Allora fatemi dire in senso pratico e strutturalista che avete sbagliato indirizzo e dovevate andare a chiedere la stessa cosa sul forum dei terrapiattisti o del manicomio, quindi, se invece scrivete e chiedete qui, un po' di serietà, che non si possono smontare interi sistemi filosofici che vedono nella volontà l'essenza del mondo o nel divenire l'evidenza originaria con l'esempio dei due pettirossi o pensare che la cultura non meglio definita sia l'unica differenza tra animale ed uomo. Cos'è cultura? Introversione degli istinti e quindi della volontà di potenza? Precocità nel passaggio da un ambiente intrauterino a un ambiente cosmico?
Più in generale, se l'uomo è specie il fantastico "mondo di Darwin" ci dovrebbe insegnare che la specie come mera forma fisica e compatibilità sessuale tra due individui è transeunte, dura forse meno di un minuto rispetto alla storia della vita tutta e meno un secondo rispetto alla storia del pianeta che la vita ospita, quindi la specie-che-ha-coscienza, non può non riflettere sulla coscienza come fenomeno potenzialmente interspecifico, o transpecifico, o aspecifico, anche solo nel chiedersi se quelli che verranno -a sostituirci nell'ordine darwiniano e genotipico intendo- erediteranno la coscienza o la perderanno, ma in ogni caso la coscienza, avendo quantomeno il potenziale, di perdurare oltre l'uomo in senso biologico, è campo e facoltà che incidentalmente (oggi) ospita l'umanità, domani, potrebbe ospitare altro, altra specie, altri esseri. Da cui l'idea che la coscienza in qualche strano ma palpabile senso ci preesista e sia attributo del cosmo, del mondo per come è il mondo anche senza di noi, cosa che siamo portati a pensare per analogia quando pensiamo che essa è molto probabilmente destinata, proprio in senso darwiniano e genetico, a sopravviverci, perché l'oggettività del mondo, il luogo dove scrivere e lasciare traccia, il luogo dei pronipoti e degli antenati, al di là di ogni metafisica della presenza, è, la corrispondenza tra quanto ci preesiste e quanto ci sopravvive.
Dunque Essere la comunità dei coscienti non è la stessa cosa dell'essere la comunità dei somaticamente simili o dei sessualmente compatibili, vi è sempre la possibilità di colui che ha la parola e l'intendimento ma (eppure...) non ha il corpo e la stirpe dell'uomo: l'angelo, il demone, la logica come automazione pratica del pensiero e del linguaggio, l'intelligenza artificiale, l'animò Deridiano nel senso di ani-parola, l'animale-parola, l'epi-grafia come percorso divergente e archeologicamente conoscibile di irriducibilità alla parola proprio della scrittura insito nell'avventura umana e non solo; insomma, il modo in cui la comunità (aperta) dei coscienti corrisponde imperfettamente e con continui spiragli di luce e ombra alla comunità (chiusa) della specie è, secondo me, la cultura, il motivo per cui la specie umana non è solo identificata in se stessa, identificata nella specie in quanto specie.
Se alcune scoperte scientifiche hanno distrutto il mito che la comunità dei coscienti possa essere stata prima, rispetto a noi (anche se in un certo senso il neanderthal fu, una comunità di esseri coscienti che ci precedette) sempre più la scienza alimenta il mito che una qualche forma di comunità dei coscienti ci sopravviverà in qualche forma, ma il punto fondamentale è che coscienza non è (necessariamente) specie, tanto meno questa, particolare, specie, e se coscienza non è specie, la domanda se l'uomo preceda o no il cosmo non è completamente folle se con uomo si intende spirito, coscienza, progetto dell'uomo, perché se invece si intende specie, uomo biologico, l'assurdità della domanda e la banalità della risposta emergono da sole, per questo dicevo non si può fare una domanda del genere e poi liquidare le risposte idealiste o metafisiche con chissà quale episteme presunta scientifica che siccome ci sono i fossili la risposta è ovvia, non è questo un corretto ragionare, ne un corretto argomentare.
Per Niko. Non hai tutti i torti. In realtà avrei voluto fare un intervento più sistematico, ma non c'è mai tempo e forse neppure troppa voglia 8) . Hai le tue ragioni. Schopenhauer è senza dubbio un grande filosofo. Uno dei primi ad aver osservato i possibili pericoli del pensiero scientifico ed illuminista, che a forza di oggettivare, si dimentica il soggetto, il singolo individuo. E' l'antenato comune di Nietzsche, Foucault, Adorno, tanto per citarne qualcuno.
Il rischio però esiste anche dall'altro corno della questione. Un estremo soggettivismo. Pensare che il mondo sia solo "rappresentazione individuale" comporta serie difficoltà ed oltre tutto non è neppure la questione fondamentale indagata da Shopenhauer, il quale era un appassionato cultore del metodo scientifico ed avido lettore di Linneo, Buffon e dei fratelli Humboldt. S. pone l'uomo sulla cima degli esseri viventi, una sorta di re, la cui corona è stata conferita solo da un cervello più complesso, ma le dinamiche della volonta shopenaueriana sono le stesse in tutti gli esseri viventi. Vi è solo una differenza di volontà che oggettiva in modo diverso il mondo. Purtroppo il pensiero di S. tracima alla fine verso la metafisica, ma in ogni caso è una metafisica reattiva rispetto appunto agli "inganni" dell'Illuminismo e quindi anche benefica. Paradossalmente il mondo dei fenomeni di S. assomiglia grandemente alla "struggle for life" che fu la volgarizzazione assai diffusa del pensiero bio-filosofico, contemporaneo all'epoca di Schopenhauer, ovvero del darwinismo.
Esiste un universo antropologico con le sue specificità, originalità e unicità. Farci un frullato con l'universo "fisico" dell'evoluzione naturale fa un torto ad entrambi gli universi. E, come dice il detto, due torti non fanno una ragione.
Eppure Ipazia, questo "frullato" è proprio il nucleo fondante di una delle scuole di pensiero più importanti della filosofia classica tedesca, ovvero quella che si sviluppa da Hegel.
Ma il meglio di quella scuola seppe chiaramente distinguere l'ape dall'architetto.
Citazione di: Alexander il 23 Marzo 2021, 21:53:52 PM
Credo di aver capito dove sta l'inghippo: voi con "mondo" intendete qualcosa di oggettivo da cui scaturisce il soggettivo, mentre io intendo il mondo come l'incontro tra il soggetto e l'oggetto, incontro che dà vita ad una "rappresentazione" ( del tutto umana). A meno che non pensiamo che un pescecane abbia lo stesso "mondo " dell'uomo (la stessa rappresentazione).
Se la rappresentazione è l'incontro tra l'oggettivo e il soggettivo allora non è umana. La rappresentazione è una differenza che unisce l'umano al non umano.
Salve niko. Non ti ho seguito. Mi limito ad osservare che, per parte mia, la coscienza è solo una funzione-ponte collegante la memoria al raziocinio mentale.
Nell'uomo essa quindi collega psiche-memoria con mente.
In altre specie essa - se esiste (la cosa è discutibile) sempe la psiche-memoria (che tutti i viventi dotati di sistema nervoso possiedono) con.....il vuoto........(poichè solo gli umani dovrebbero possedere ciò cui collegarla, cioè appunto la mente). Saluti.
Citazione di: Alexander il 23 Marzo 2021, 21:53:52 PM
Credo di aver capito dove sta l'inghippo: voi con "mondo" intendete qualcosa di oggettivo da cui scaturisce il soggettivo, mentre io intendo il mondo come l'incontro tra il soggetto e l'oggetto, incontro che dà vita ad una "rappresentazione" ( del tutto umana). A meno che non pensiamo che un pescecane abbia lo stesso "mondo " dell'uomo (la stessa rappresentazione).
Citazione di: niko il 23 Marzo 2021, 22:15:33 PM
... liquidare con aria di superiorità le risposte di tipo simbolista o idealista "perché tanto non è così che stanno le cose" sia un atteggiamento un pochino fuori luogo, con chi pensavate di confrontarvi, con gente che davvero, in senso letterale, pensa che il mondo inizi ad esistere contemporaneamente o addirittura posteriormente all'uomo?
Proprio per rispetto al simbolismo che avvolge il concetto di mondo non lo si può rinchiudere nelle dicotomie volontà-rappresentazione, soggetto-oggetto, ma va indagato in tutta la sua galassia semantica che va dal
mondo naturale, coi suoi tre mondi-regni: minerale, vegetale, animale per elevarsi poi nel
mondo delle idee, che non temono neppure le vertigini oltremondane. Mondo delle idee che partorisce il mondo dello spirito, ovvero della cultura, coi suoi mondi dell'arte, della scienza, che a loro volte spaziano nei mondi della letteratura, del teatro, cinema, musica, danza,... E come ignorare il mondo dello sport...
Da che mondo è mondo di mondi ce ne sono tanti, popolati e non popolati dagli umani e quindi, se non vogliamo andare, come Astolfo, a recuperare il senno (di Orlando) nel mondo della Luna è opportuno specificare di che mondo stiamo parlando. Sapendo in partenza che numerosi altri mondi si affacciano nella realtà e rappresentazione del mondo.
Citazione di: viator il 24 Marzo 2021, 11:12:17 AM
Salve niko. Non ti ho seguito. Mi limito ad osservare che, per parte mia, la coscienza è solo una funzione-ponte collegante la memoria al raziocinio mentale.
Nell'uomo essa quindi collega psiche-memoria con mente.
In altre specie essa - se esiste (la cosa è discutibile) sempe la psiche-memoria (che tutti i viventi dotati di sistema nervoso possiedono) con.....il vuoto........(poichè solo gli umani dovrebbero possedere ciò cui collegarla, cioè appunto la mente). Saluti.
te la faccio semplice, coscienza
di tipo umano, da una parte,
nel senso di elevata, complessa e soprattutto dotata della parola,
e specie umana fisica biologica, dall'altra, evidentemente, anche a ragionare in termini di darwinismo, genetica e di come la scienza moderna descrive attualmente la natura, molto probabilmente, anzi, quasi sicuramente non hanno lo stesso destino: probabilmente l'uomo si estinguerà e verranno altre specie coscienti o addirittura organismi artificiali; i nostri antenati, pur non sapendone nulla di evoluzione o di intelligenze artificiali, hanno sempre immaginato la possibile, se non necessaria, esistenza di altri esseri coscienti oltre all'uomo, tipo Dio, gli angeli eccetera, magari non ci hanno colto perché queste entità non esistono, ma ci sono in generale nella cultura parlanti non umani, o almeno non contemporanei all'umano parlante, già la scrittura è un modo di interloquire con i morti o con gli spazialmente distanti, insomma la coscienza non corrisponde, ameno non in modo semplice con la specie, quindi la coscienza esiste indipendentemente dalla specie, quindi non è del tutto folle pensarla come una proprietà del mondo (naturale, non quello di Astolfo), e in quanto tale preesiste all'uomo, il che vorrebbe dire che in un certo senso lo spirito e l'autocoscienza dell'uomo preesiste, e post esiste, sopravvive all'uomo.
E' naturalmente possibile distinguere tra mondo fisico e mondo antropologico, il fatto è che prima o poi il mondo fisico farà un bel frullato con quello antropologico, nel senso che lo distruggerà e lo spazzerà via, ma non sappiamo se ciò sarà la fine della coscienza in generale o no, quindi la generica esistenza della coscienza ha ottime probabilità di essere più estesa temporalmente e spazialmente dell'uomo e del mondo antropologico umano, quindi almeno secondo me merita di essere oggetto di riflessione specifica, a parte da quella "sull'universo antropologico", da cui potrebbe anche scaturire un senso meglio definito e meno banale di "cultura".
Il parlante e il raziocinante non è di nessuna specie, è transpecifico, la cultura sfida continuamente l'uomo a uscire dalle sue identificazioni puramente fisiche e a parlare con un "altro" indeterminato, che non si sa chi sia e mette in discussione anche l'identità dell'altro parlante. L'animale che parla non è solo l'uomo, anche perché la facoltà di parola non giunge storicamente a formarsi tutta insieme, in tutti gli aspiranti uomini allo stesso livello di complessità, quindi è probabile che l'umanità abbia attraversato lunghi periodi in cui la facoltà di parola era mista alla comunicazione animale, come differenza sia tra gruppi che tra individui specifici dello stesso gruppo quindi "ecco un animale che parla", come eccezione e parola lanciata verso una probabilità di essere raccolta e ascoltata indefinita, è stato per secoli più reale e realistico di "ecco un uomo". La cultura è dunque per me la comunità transpecifica o aspecifica dei parlanti.
Tutte le ipotesi sono legittime ma per diventare sapere devono trovare conferma nel mondo reale in cui l'unica forma di coscienza evoluta riscontrabile è quella umana, correlata ad umani vivi in carne ed ossa, produttori dell'unica cultura di cui abbiamo conoscenza la cui specificità ha fondato un mondo parallelo e integrato col mondo naturale, da me definito "universo antropologico", con le sue rappresentazioni, volizioni e simboli. Va da sè che questo "mondo" è nato e morirà con la specie che l'ha generato. Mentre il resto dell'universo, che l'ha visto nascere e morire, continuerà per la sua strada.
@ciao Niko.
Questa non è una critica specifica rivolta a te.
Però trovo certi attorcinamenti nei tuoi discorsi, che mi portano a dedicarla a te.
Ma ci potrei mettere dentro Ipazia e tutta la simpatica banda a seguire ;)
Mi pare che si tenda a vedere discontinuità dove non è dimostrato che ve ne sia, e questa discontinuità complica ogni possibile facile spiegazione.
Complicazioni che nascono dalla comprensibile tendenza ad autoassegnarci un posto privilegiato nel "creato".
È naturale che sia così, ma sembra che ogni vivente più che seguire la sua natura, come normalmente si usa dire con visione statica, tenda a superarla , o meglio a modificarla secondo una più corretta visione dinamica.
Se guardiamo le cose da questo punto di vista sembra un miracolo che si possa parlare di umanità e di specie animali in genere. Cioè che degli individui viventi, ognuno dei quali è cosa unica e irripetibile, possano convenzionalmente farsi appartenere a delle precise categorie in base a precise caratteristiche.
Venendo scelte queste caratteristiche in modo del tutto arbitrario, ha senso poi chiedersi quale sia il destino di questo gruppo di individui?
Da quando esiste questo gruppo e se continuerà ad esistere?
Posto che abbia senso parlare di questi gruppi, e certamente lo ha, è evidente che l'origine di ogni gruppo viene da una convenzione arbitraria, che rischia di trasformarsi però in una convinzione, che l'umanità esista davvero.
I paleontologi "creano" e disfano specie man mano che acquisiscono nuove conoscenze, riorganizzandole così in modo più conveniente.
Il mondo privo dall'uomo?
La domanda ha senso se si presuppone che la categoria umana venga stabilità una volta per tutte.
Ma che senso avrebbe fissare queste categorie una volta per tutte, andando magari a cercare caratteristiche uniche ed esclusive che complicano solo ogni discorso?
La domanda che si pone Viator a rigore e' priva di senso.
Una convenzione non può diventare una convinzione che si protragga nel tempo immutabile ad ogni nuova risultanza scientifica.
A rigore non sono le specie ad estinguersi, ma gli individui viventi, con la morte.
A volte si può esprimere tale ineluttabile evento, dicendo che è "morta" una specie, ma in effetti è morta solo una convenzione, perché nella descrizione delle dinamiche della vita non si ritiene più utile usarla, se non riferendosi eventualmente al passato.
Così nascono e muoiono le specie, per convenzione.Per modo di dire.
È la coscienza perché dovrebbe essere qualcosa di speciale?
Solo perché è utile a caratterizzare un insieme di individui viventi?
Quelli che mostrano di farne più uso.
Emme'. È allora?
Che bisogno c'è di ricamarci su questa banalità?
E sopratutto farlo senza sfuggire al sospetto , comprensibilissimo, umano, troppo umano, di auto celebrarsi.
Ma non sarà arrivato il momento , dentro alle dinamiche della vita, e mi rivolgo ad ogni individuo cosiddetto umano, di superare questa natura?
.
Prova a svegliarti in un mondo in cui la specie umana non esiste più ed esiste solo l'individuo iano e poi ne riparliamo. Evidentemente lady Thatcher ha fatto scuola e prodotto allievi. Il che, a negazione delle sue convinzioni, dimostra che la società esiste e, purtroppo, in certe forme si replica pure.
Iano,
le specie non sono convenzioni perché comportano somiglianze fenotipiche, compatibilità sessuale con possibilità di prole fertile e soprattutto sono per lo più indentificate da un numero di cromosomi per cellula fisso, per confermare che tu non sia uno scimpanzé, basta contare i cromosomi, se questo è una convenzione, allora tutto è una convenzione.
A parte questo, proprio perché la vita è auto-superamento, la coscienza non appartiene alla specie, la manteniamo anche aggiustandoci continuamente nella nostra funzione organico-dinamica, questo qualcosa dovrà pur significare.
Ipazia,
io non voglio fare ipotesi, voglio mostrare come è fatta ed è stata fatta nel tempo la cultura, è per questo che il discorso si complica e più provo a usare parole facili più mi dicono che parlo complicato, oggi la rete di quello che è cultura, proprio come nodi di cui è composta, comprende uomini attualmente viventi, macchine costruite da altri uomini, liberi e testi scritti da altri uomini chissà quanto tempo fa, quindi l'identificazione cultura-specie attuale, nel senso di attualmente vivente, o tanto meno compresente, si smonta da sé.
Facendo uno sforzo di astrazione e di immaginazione un po' più complesso, non solo la comunità di quello che è cultura è aperta agli umani non presenti, ma anche alle macchine, animali e oggetti: se butto delle lettere di plastica a terra, ciò può formare, se ho fortuna, magari in un caso su diecimila, una parola, se qualcuno passa di lì tempo dopo, non vede più me e vede quella parola avulsa dal contesto, non può sapere se deriva dall'intenzionalità umana o no (in questo caso no), e in effetti la natura è natura ma è anche oblio dell'artificio e dell'artificiale, se io sono sempre cresciuto in matrix come nel famoso film, per me quello è natura; e cos'è una scimmia che impara a parlare con una tastiera riproducente suoni se non un parlante non umano in grado di interfacciarsi con i parlanti umani? I nostri antenati sono stati per secoli convinti di parlare con angeli, demoni e con Dio, non importa che non esistevano, per loro sì, la loro rappresentazione di comunità dei parlanti non coincideva con la specie, e le profezie e le convinzioni profonde si auto-avverano, nel senso che pur essendo false portano a costruire un mondo "come se" fossero vere.
Un po' di post fa mi veniva in mente Deridà appunto perché la scrittura non è solo riproduzione della parola parlata, non è riducibile a un linguaggio per indicare la parola, anche se certo è anche quello, il fatto di essere scrittura della scrittura la riconsegna all'animalità e all'oggettualità, scrittura uguale traccia, e torniamo all'esempio delle lettere buttate a terra a caso, potrebbe essere stato un gatto, o potrebbe essere successo così per caso: il mondo che mi offre quella parola di lettere di plastica rispetto a me come soggetto può simulare, nessuno può in effetti può aver tentato di inviare un messaggio, e io potrei star ricevendo il messaggio di nessuno, ma non può dissimulare, nel senso che il nesso lettere-parola è chiaro e stabile, il modo in cui tale parola sorge è indecifrabile se non per congettura: mentre con l'oralità è necessario l'incontro dei parlanti nel tempo, con la scrittura si ha una comunicazione epigrafica e spaziale, che proprio perché non prescinde dalla posizione nello spazio, prescinde dall'incontro con i parlanti nel tempo; e se si prescinde dall'incontro tra i parlanti nel tempo, la vita può continuare nella sua dinamicità ed evoluzione, e la scrittura restare, disconfermando appunto il nesso tra facoltà di comunicare e specie.
Citazione di: Ipazia il 25 Marzo 2021, 06:50:10 AM
Prova a svegliarti in un mondo in cui la specie umana non esiste più ed esiste solo l'individuo iano e poi ne riparliamo. Evidentemente lady Thatcher ha fatto scuola e prodotto allievi. Il che, a negazione delle sue convinzioni, dimostra che la società esiste e, purtroppo, in certe forme si replica pure.
La Thatcher? In cosa dici che gli somiglio, perché non ne so' molto di lei, anzi nulla.
Constato , ma senza nulla recriminare ( ci mancherebbe altro) che al mio ennesimo post ripetitivo finalmente registro qualche reazione.
Credo sia significativo, anche se non saprei bene analizzare il perché.
Come spesso mi succede ho espresso convinzioni nate li per li.
Ma più insistevo con i miei post inevasi, più me ne convincevo , al punto che adesso sarei tentato di credere, sbagliando, di aver espresso banalità .
In effetti vi ho proposto un diverso punto di vista, nuovo anche per me.
Nel formularlo sono stato certamente influenzato dagli ultimi due libri letti:
-Steve Brusatte, Ascesa e caduta dei dinosauri.
- Ed Young, Contengo moltitudini.
Mettendo insieme questi due libri se ne ricava che ogni individuo è ...una moltitudine inestricabile, dove tutti servono e nessuno è insostituibile.
Se domani mi svegliassi da solo diventerei di difficile collocazione zoolologica.
Citazione di: niko il 25 Marzo 2021, 12:49:28 PM
Iano,
le specie non sono convenzioni perché comportano somiglianze fenotipiche, compatibilità sessuale con possibilità di prole fertile e soprattutto sono per lo più indentificate da un numero di cromosomi per cellula fisso, per confermare che tu non sia uno scimpanzé, basta contare i cromosomi, se questo è una convenzione, allora tutto è una convenzione.
Somiglianze relative e rispetto a cosa?
Rispetto alla nostra relativa conoscenza e all'importanza che decidiamo liberamente di dare al conteggio dei cromosomi ,alla somiglianza del codice genetico piuttosto che ad altro, in relazione e nei limiti di ciò che conosciamo.
Non stiamo dicendo cose diverse , ma ne traiamo conclusioni diverse.
La scelta delle somiglianze è arbitraria, non obbligata, e quindi in base alle scelte fatte mutano i confini fra specie, e quindi la definizione stessa di specie.
Dividere i viventi in specie è conveniente.
Diversamente dovremmo parlare di ogni individuo come cosa a se'.
Ciò corrisponderebbe a verità ma diventerebbe complicato e impossibile parlarne.
Tuttavia esistono individui nella realtà e non specie.
Ma perfino il concetto di individuo è esso stesso una semplificazione.
Ogni individuo è una moltitudine , in effetti.
( vedi riferimento bibliografico mio post precedente)
Possiamo certamente chiederci se una specie è esistita, esiste, esisterà, ma la risposta è legata alla convenzionale definizione di quella specie.
Oggi sembra banale distinguere le diverse specie fra loro, ma esse sono il relativo risultato di un enorme lavoro fatto dagli scienziati nei secoli scorsi a partire dal Linneo.
Non è stata una impresa facile. Il 50% per cento degli allievi di Linneo è morto sul campo .
Prima di allora ippogrifi e unicorni , seppur mai visti, erano presenze fisse nei bestiari.
Noi oggi possiamo ridere di ciò.
Però se l'esperienza insegna qualcosa dovremmo iniziare a chiederci per qual simile possibile motivo i nostri pronipoti potrebbero ridere di noi e dei nostri moderni bestiari.
Gli ippogrifi non li abbiamo mai visti, ma neanche le specie se è per questo.
Chi può affermare di aver mai visto la specie umana?
La specie umana là si disegna ne' più ne' meno di come si disegna un unicorno.
Diversa è l'utilità che si può trarre da quei disegni.
"Chi può affermare di aver mai visto la specie umana?"
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Per me, Chiunque abbia puntato un adeguato microscopio su una cellula umana diploide e abbia contato i cromosomi.
Poi la specie, e la vita in generale, esiste come confine alle possibilità di ricerca di senso, realizzazione e autodefinizione dell'individuo: possiamo fare tantissime cose, progetti, monumenti, vocabolari, e definire il nostro orizzonte di senso in mille modi, ma la tendenza complessivamente considerata agente in ogni individuo fare prole, difenderla finché non sia autonoma e a quel punto o una volta mancata l'occasione levarsi dalle scatole morendo, sarà sempre più forte delle nostre autodefinizioni, nominazioni e orizzonti di senso.
Anche l'individuo è convezione ed è tanti, ma proprio questo essere "tanti" dell'individuo vuol dire essere vita ed essere specie, quindi il volersi riprodurre e il tendere a morire prevarranno appunto sulle istanze proprie dell'io e dell'individualismo spicciolo. Questo è anche il motivo per cui non si può definire una base pro-vita dell'etica, per cui in generale bene è vita e male e morte, la morte dell'individuo è vita per la specie e per la bio-massa della vita in generale, un certo grado di "morte" nella massa deve darsi perché possa essere l'individuo, quindi il mors tua vita mea non è solo nella lotta tra compresenti i un dato momento, ma nello scarto differenziale tra interessi del gruppo e dell'individuo.
niko.
le lettere le può buttare per terra, e decifrare, solo un umano poichè l'unica comunicazione simbolica attualmente operante è tra umani. Vi sono forme di comunicazione interspecie ma molto rudimentali, a livello meramente animale. Mentre con le macchine parlare di comunicazione resterà una fantasticheria finchè non esisteranno macchine capaci di pensare ed agire indipendentemente dalle istruzioni che gli umani hanno loro imposto.
l'intervento di Iano (51), è realmente più scientifico di quanto possa sembrare, poichè la scienza si serve di concetti che funzionano, non necessariamente "veri" e la divisione attuale in specie sembra funzionare. Questo però non significa che sia tutto così chiaro. Vi sono specie diverse che si possono accoppiare (mulo/cavallo, leone/tigre) e lo stesso homo sapiens si è probabilmente accoppiato con mulier neanderthalensis ed anche Denisoviana, visto che abbiamo tracce nel nostro DNA che sono di queste due diverse specie (tranne i soggetti puri provenienti dall'Africa di pelle nera, che paradossalmente, rispetto alle teorie razziste, sono gli homo sapiens più puri geneticamente). C'è un processo di commistione/mutamento genetico sempre dinamico. La osserviamo nel breve periodo negli organismi più semplici come virus e batteri (e comunque i virus non sono organismi in senso stretto). Una commistione che avviene intraspecificamente ma anche extraspecificamente, secondo la famosa immagine dell'evoluzione "a cespuglio", quindi non più classicamente descritta come un albero, dai progenitori ai discendenti. Il DNA si mescola anche in modo orrizontale e quindi è effettivamente una convenzione dividere la vita in specie, ma è una convenzione che funziona e che permette di studiare le differenze. In fondo siamo simili ai gorilla giganti, ma siamo anche piuttosto diversi.
Citazione di: niko il 25 Marzo 2021, 14:40:35 PM
"Chi può affermare di aver mai visto la specie umana?"
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Per me, Chiunque abbia puntato un adeguato microscopio su una cellula umana diploide e abbia contato i cromosomi.
Poi la specie, e la vita in generale, esiste come confine alle possibilità di ricerca di senso, realizzazione e autodefinizione dell'individuo: possiamo fare tantissime cose, progetti, monumenti, vocabolari, e definire il nostro orizzonte di senso in mille modi, ma la tendenza complessivamente considerata agente in ogni individuo fare prole, difenderla finché non sia autonoma e a quel punto o una volta mancata l'occasione levarsi dalle scatole morendo, sarà sempre più forte delle nostre autodefinizioni, nominazioni e orizzonti di senso.
Anche l'individuo è convezione ed è tanti, ma proprio questo essere "tanti" dell'individuo vuol dire essere vita ed essere specie, quindi il volersi riprodurre e il tendere a morire prevarranno appunto sulle istanze proprie dell'io e dell'individualismo spicciolo. Questo è anche il motivo per cui non si può definire una base pro-vita dell'etica, per cui in generale bene è vita e male e morte, la morte dell'individuo è vita per la specie e per la bio-massa della vita in generale, un certo grado di "morte" nella massa deve darsi perché possa essere l'individuo, quindi il mors tua vita mea non è solo nella lotta tra compresenti i un dato momento, ma nello scarto differenziale tra interessi del gruppo e dell'individuo.
Ripeto , diciamo le stesse cose, ma guardandole da sue prospettive diverse.
Io mi sforzo di guardarle da un punto diverso di vista perché questo mi suggerisce la scienza nella sua evoluzione .
Il quesito posto da Viator mi è parso ammissibile quando l'ho letto, ma nel corso di questa utilissima discussione mi è parso via via più paradossale.
Il paradosso nasce, come ha scritto Jacopus, dal credere vero ciò che per convenienza costruiamo.
Che ciò succeda direi sia inevitabile.
Le nostre teorie prendono il posto della realtà quanto piu esse si mostrano utili, e quanto più vi prendiamo tutti confidenza.
Questo "senso di realtà" è tanto più forte quanto nella sua costruzione non sia intervenuta la coscienza.
È un senso di realtà che certamente condividiamo con le altre specie animali.
Certamente caratterizzarci dunque come specie che usa coscienza in abbondanza sembra una scelta obbligata, ma a rigore si tratta di una libera scelta fatta in attesa di comprendere meglio cosa sia coscienza.
Non è facile modificare un senso di realtà nella cui costruzione non sia intervenuta la coscienza.
Diversamente sarebbe facile farlo. Sarebbe facile disfare ciò che si è costruito in coscienza,
Disfare per ricostruire secondo nuovi criteri suggeriti da nuove conoscenze.
E le specie fanno parte di queste costruzioni.
Non ci vuole una scienza per percepire che una zebra è una zebra.
Là si percepisce così chiaramente che sembra strano immaginare un tempo in cui questa percezione non fosse data.
Ma se si usa la scienza la prospettiva cambia, e cambia in continuazione, e cambiamo quindi noi.
Comprensibile una certa apprensione quando ciò avviene e il volersi aggrappare a punti fermi quando la "realtà " solita, più che solida, trema.
Se continuiamo a considerarla solida al di là' dei suoi limiti funzionali contingenti, e così succede perché non li percepiamo chiaramente, rischiamo di costruire castelli in aria, di cui il quesito posto da Viator è un buon esempio.
Buonasera a tutti
Ho buttato giù una specie di riflessione sul tema:
Quando dico che non c'è mondo se non c'è coscienza di esso, intendo che ciò che viene conosciuto viene conosciuto nella coscienza e che perciò non è possibile conoscre una realtà al di fuori della coscienza. Nessuno può fare esperienza di un oggetto al di fuori della coscienza. Ne consegue che ogni prova dell'esistenza di oggetti esterni alla coscienza, provengono necessariamente dalla coscienza stessa. Non si può quindi provare che l'oggetto esiste al di fuori della coscienza. Se un oggetto non viene conosciuto, non può esserci prova alcuna che lo stesso esista fuori dalla coscienza. Penso che le distinzioni che noi facciamo di solito tra soggetto (cosciente dell'oggetto) e oggetto avvengono all'interno di "qualcosa " che noi definiamo come coscienza, ma che in realtà li contiene entrambi (quindi non viene negata la realtà convenzionale né del soggetto né dell'oggetto). Di questo "qualcosa" non so dire niente perché ogni discorso presuppone dualismo.
Tutto quello che possiamo dire degli oggetti e dei fatti, che riteniamo esistenti "oggettivamente", è che noi li "percepiamo" (Esse est percipi" Berkeley). Quando noi pensiamo una certa cosa, un oggetto o un fatto, che ci sembra esistente nella "realtà", non facciamo altro che collezionare nella nostra mente una serie di idee su di esso. Per questo una cosa per esistere deve esistere in una mente, dove la percezione si concretizza alla coscienza. Le percezioni delle ossa di dinosauro hanno reso concreta alla coscienza l'idea dell'esistenza di una cosa che chiama (nomina) come dinosauro. Siccome questo "campo di coscienza" non è personale, né semplicemente soggetto, in senso convenzionale, sono d'accordo con Niko all'idea che, anche quando finalmente scomparirà l'uomo, "questo" si manifesterà ancora e costruirà un "mondo". "Questo" però non è "buono" nè "cattivo", ma è una volontà d'esistere. Ha desiderio d'esistere e infatti è attraverso il desiderio che costruisce il mondo.
Sono solo spunti estremamente concentrati, naturalmente.
Allora mettiamola così: la nostra coscienza di fronte ad un fossile ci rende coscienti del fatto che qualcosa è esistito anche quando la nostra coscienza non esisteva perchè non esisteva nemmeno la nostra specie. Traslato sul piano individuale, la foto della bisnonna morta prima che nascessimo è reale o illusoria ? E' esistita solo nel momento in cui la vediamo nella foto ? E se la foto viene distrutta la bisnonna non è mai esistita ?
Prima o poi bisogna fare i conti con una realtà che è al di fuori e indipendente dalla nostra coscienza anche se l'unico modo che abbiamo per conoscerla passa attraverso la nostra coscienza. Per la quale, isolata dal contesto interattivo con altre coscienze, la foto della bisnonna resterebbe un enigma. Il che dimostra pure che la coscienza individuale non è sufficiente per avere un'idea adeguata dalla realtà, ma necessita di interazione con altre coscienze. Ma non basta ancora: è necessario un confronto e una metodologia logica condivisa per interpretare correttamente la realtà, tanto nel caso della foto della bisnonna che del fossile.
Salve. Nell'aprire il presente topic io non ho parlato di realtà e di verità, concetti eternamente rivangati circa i quali ogni affermazione è contemporaneamente lecita e vana.E' ovvio che un approccio veritativo, da parte di chi abbia una minima dimestichezza con la dialettica (non occorre alcuna conoscenza dottrinale filosofica), è in grado di rivoltare come un calzino qualsiasi tesi.
Quindi trovo che Alexander, iano e niko si stiano dando un gran daffare rigirando i loro mestoli per cercare di separare l'acqua dall'H2O.
Citando - ad esempio (scusami !) Alexander : "Nessuno può fare esperienza di un oggetto al di fuori della coscienza".
Essendo la coscienza il regno del soggettivo ci mancherebbe che essa possa contenere ciò che è fuori di essa. Se ciò che sta fuori della coscienza è (per definizione.......credo!) sia "fuori" che "oggettivo"............non capisco che c'entrino tali due condizioni con il suo poter comunque esistere o non poter esistere.
In breve, viene affermato che nessuno può conoscere ciò che non conosce !!.
Ma simili affermazioni paralogico-lapalissiane mi pare proprio abbondino anche all'interno di altrui interventi ! Saluti.
Per Viator. Non si tratta di affermazioni lapalissiane. Sulla "affermazione dell'esperienza dell'oggetto a partire dal soggetto", sono state scritte intere biblioteche. Basta conoscere la storia della filosofia. Non voglio fare il maestro, Viator, intendimi. Apri delle discussioni molto interessanti, anche dal "basso" della tua cultura ;D ed hai una mente arguta, però, visto che la filosofia ti interessa, ti metto al corrente che i forumisti che hai citato fanno riferimento ad una tradizione filosofica e spirituale piuttosto solida.
Salve jacopus. Ringrazio delle tue precisazioni. Non dubito che di certi argomenti si sia già parlato all'interno della storia della filosofia. D'altra parte è proprio il tanto parlare di una cosa che finisce per renderla ovvia. Se poi - come nel mio caso - la cosa risulta ovvia anche per chi (come me) non ne ha mai precedentemente letto in modo organico.......Saluti a tutti.
Buongiorno Ipazia e Viator
E' l'atto percettivo però che concretizza l'idea di aver avuto una nonna. Se percepisco un'immagine (foto o ricordo) che mi suscita una reazione (emozione, ricordi, sentimenti,ecc.) ecco che, anche in assenza della nonna, mi appare la nonna. Tutto quello che posso provare è che ho questa percezione. Nel sogno creiamo un "mondo", che percepiamo come distinto dalla nostra coscienza, come oggettivo. Quindi, alla coscienza, la sensazione che l'oggetto le sia estraneo, che non faccia parte di sé, è naturale. Allo stesso modo potrebbe apparirgli il mondo e, all'obiezione, che dal sogno la coscienza si risveglia, mentre dall'esperienza mondana no, si potrebbe sostenere che, da questa, non si è ancora risvegliata. Questo porta al solipsismo (solo la mia coscienza esiste). Non sostengo questo. Per me c'è una realtà extra-coscienza, ma di questa realtà tutto quello che possiamo conoscere passa attraverso la coscienza, che opera come un setaccio, prendendo o rifiutando. Per questo sostengo che il mondo, di fatto, è una sua creazione e che, per rispondere provocatoriamente alla domanda di Viator, affermavo che NO, il mondo non esiste in mancanza di essa (ovviamente , si spera ;D esiste , ma verrebbe a mancare il "setaccio" che lo concretizza, che lo rende un "mondo" con possibilità di lettura, per quanto relativa, di esso).
Citazione di: Alexander il 26 Marzo 2021, 08:40:14 AM
Buongiorno Ipazia e Viator
E' l'atto percettivo però che concretizza l'idea di aver avuto una nonna. Se percepisco un'immagine (foto o ricordo) che mi suscita una reazione (emozione, ricordi, sentimenti,ecc.) ecco che, anche in assenza della nonna, mi appare la nonna. Tutto quello che posso provare è che ho questa percezione.
Sì, però qui la questione non è di tipo psicosomatico percettivo, ma ontologico. Abbiamo elementi per configurare la bisnonna nella realtà accertata del suo vissuto da noi non direttamente esperito ? Esiste una (parolona) ermeneutica adeguata alla bisogna ? ...
Citazione...Per me c'è una realtà extra-coscienza, ma di questa realtà tutto quello che possiamo conoscere passa attraverso la coscienza, che opera come un setaccio, prendendo o rifiutando. Per questo sostengo che il mondo, di fatto, è una sua creazione e che, per rispondere provocatoriamente alla domanda di Viator, affermavo che NO, il mondo non esiste in mancanza di essa (ovviamente , si spera ;D esiste , ma verrebbe a mancare il "setaccio" che lo concretizza, che lo rende un "mondo" con possibilità di lettura, per quanto relativa, di esso).
... appunto un
setaccio attraverso cui filtrare le più disparate informazioni per riportare in vita, almeno nella mia coscienza, la mia sconosciuta bisnonna. Come funziona tale setaccio ? Come si alimenta ?
Buonasera Ipazia.
Prove ontologiche? Ma l'ontologia degli oggetti non è anch'essa nella coscienza?
Come funziona il setaccio? Non lo so: sono io stesso nel "setaccio" ;)
Citazione di: Alexander il 26 Marzo 2021, 20:44:50 PM
Buonasera Ipazia.
Prove ontologiche? Ma l'ontologia degli oggetti non è anch'essa nella coscienza?
Ma non nella
tua coscienza, non avendola conosciuta la bisnonna.
CitazioneCome funziona il setaccio? Non lo so: sono io stesso nel "setaccio" ;)
Sì, ma non da solo. Non basta una coscienza individuale per far funzionare il setaccio che ti permetta di allargare la tua coscienza a quello che non sai della bisnonna.
Salve.Il setaccio è la psiche. Inizia con una imboccatura dalla quale entrano le percezioni sensoriali, che vengono imprigionate dalle pareti perchè non possano sfuggire e disperdersi, quindi le percezioni precipitano verso la coscienza (è la griglia del setaccio) che le VAGLIA lasciandone passare una parte oltre di sè verso la consapevolezza razionale della sfera mentale.
Il resto viene invece convogliato nei magazzini della memoria inconsapevole (l'inconscio, il quale è situato immediatamente "a monte" della coscienza) perchè non deve riguardare il raziocinio, ma solo la gestione delle emozioni e dell'istintualità, attività nella quale la mente potrebbe essere solo d'ostacolo.
Successivamente, se la psiche giudicherà che i dati mnemonici immagazzinati - confrontati con l'esperienza passata - non sono troppo dolorosi o non interferiscano con l'istinto di soptravvivenza..........potrà anche lasciare affiorare verso la mente ciò che ha trattenuto, lasciandolo transitare attraverso la rete della coscienza, trasformandolo in memoria consapevole e rendendolo quindi razionalmente conscio.
Infine esisteranno anche dati e percezioni sensoriali i quali, transitati attraverso la psiche ed archiviati all'interno della memoria inconsapevole, non verranno mai rilasciati verso la coscienza e la mente poichè essi risultano troppo "grossi" (cioè troppo importanti - ad esempio, le esperienze ed informazioni destinate alla gestione degli istinti e delle reazioni corporali automatiche), oppure troppo dolorosi (ad esempio, le emozioni negative potenzialmente devastanti e troppo perturbanti). Questa ultima categoria di dati e ricordi inconsapevoli sono poi quelli che, pur restando inconsci, avrenno l'eventuale potere di generare tutta una serie di reazioni psicosomatiche dell'organismo. Saluti.
Perfetto, ma questa psiche come può costruire gli anelli mancanti del mio sapere rispetto ad una bisnonna morta prima che io nascessi ?
Buongiorno a tutti
Io penso alla coscienza come qualcosa di transpersonale. Mi immagino, con una metafora, che sia come una pianta che produce molti fiori. Ogni fiore è un "campo psichico" della pianta, cioè un punto di visione. Ci sono un'infinità di fiori, continuamente fioriscono e periscono, ma c'è solo UNA pianta. Questi fiori interagiscono fra loro, la loro interazione crea il "mondo" (cioè quello che i fiori de-finiscono come mondo, come oggettività). Il "profumo" è però unico, perché unica è la pianta. E il profumo lo chiamo desiderio.
Citazione di: Ipazia il 27 Marzo 2021, 06:55:07 AM
Perfetto, ma questa psiche come può costruire gli anelli mancanti del mio sapere rispetto ad una bisnonna morta prima che io nascessi ?
Salve Ipazia. per curiosità : stai domandando a qualcuno ? Saluti.
A chiunque pensi di stare rinchiuso in una psiche-coscienza come in una sfera di cristallo.
Citazione di: Alexander il 27 Marzo 2021, 09:02:02 AM
Buongiorno a tutti
Io penso alla coscienza come qualcosa di transpersonale. Mi immagino, con una metafora, che sia come una pianta che produce molti fiori. Ogni fiore è un "campo psichico" della pianta, cioè un punto di visione. Ci sono un'infinità di fiori, continuamente fioriscono e periscono, ma c'è solo UNA pianta. Questi fiori interagiscono fra loro, la loro interazione crea il "mondo" (cioè quello che i fiori de-finiscono come mondo, come oggettività). Il "profumo" è però unico, perché unica è la pianta. E il profumo lo chiamo desiderio.
Ciao Alexander .
La metafora della pianta si addice più alla vita che alla coscienza, e forse ,senza volere , tu confondi appunto le due cose.
La coscienza più che cosa condivisa è un mezzo di condivisione.
Questa condivisione è facile quindi da confondere con una coscienza comune.
Ma non è una condivisione che si cala dall'alto, dividendosi ma nasce dal basso, moltiplicandosi.
La tua idea di coscienza assomiglia allo spirito santo.
Non è che consideri balzana la tua ipotesi. Proprio per nulla.
Ma non mi pare che ci aiuti a capire meglio.
Mi sembra la tua una delle tante scappatoie per cercare di superare l'individualita'.
Come fosse un peccato.
Apparentemente l'individualita' c'è, ma in effetti non c'è, in quanto unica e' la coscienza, e la coscienza è ciò che conta, quindi l'individuo è una illusione, in effetti.
La mia impressione è che la diversamente ingiustificata importanza che si da' alla coscienza ( non là si considera come mero strumento) miri a trascendere l'uomo.
Magari lo spirito santo non ci pare argomento forte da portare in discussioni ragionevoli, e allora ci inventiamo in alternativa una super coscienza.
Fatti una domanda e datti una risposta.😊
Perché diamo tanta importanza alla coscienza?
Cui prodest?
Non ci sono due fiori con lo stesso identico profumo, anche se , per limiti del nostro naso, parliamo di profumo della rosa.
Ma il profumo della rosa non esiste. Esistono i profumi delle rose, di cui il nostro naso fa' media.
Buona domenica delle palme a tutti
Non vedo analogia con la trascendenza dello SS, che secondo tradizione teologica non è immanente al mondo.Naturalmente, come ho specificato,l'albero è solo una metafora, con i suoi ovvi limiti. In questa ipotesi mi sembra difficile applicare i concetti di trascendenza o immanenza ad una coscienza che entra nel processo costruttivo della realtà, come ad essa appare.Ci sono scuole che hanno approfondito questa concezione, per i lettori che fossero interessati. Naturalmente una ipotesi non è necessario porti beneficio a qualcuno. Sono un pò allergico all'equazione utilità=verità (cui prodest). Non trovo gradevole sottomettere il pensiero ad un'eventuale necessaria estensione pratica. Che è un pò il mantra di questo tempo. Ipotesi vale per sè , indipendentemente dall'uso possibile. Perché diamo molta importanza alla coscienza? Chiede Iano. Mi verrebbe da dire che, senza di essa, forse un termine come "importanza" perde di significato. Essendo il mio ultimo post sul quesito posto da Viator, con umiltà non di comodo, devo anche dire che , nel caso fossi rinchiuso a mia insaputa in una sfera di cristallo, cosa possibile intendiamoci, il cristallo è molto sporco.
Citazione di: Alexander il 28 Marzo 2021, 09:35:03 AM
Buona domenica delle palme a tutti
Non vedo analogia con la trascendenza dello SS, che secondo tradizione teologica non è immanente al mondo.Naturalmente, come ho specificato,l'albero è solo una metafora, con i suoi ovvi limiti. In questa ipotesi mi sembra difficile applicare i concetti di trascendenza o immanenza ad una coscienza che entra nel processo costruttivo della realtà, come ad essa appare.Ci sono scuole che hanno approfondito questa concezione, per i lettori che fossero interessati. Naturalmente una ipotesi non è necessario porti beneficio a qualcuno. Sono un pò allergico all'equazione utilità=verità (cui prodest). Non trovo gradevole sottomettere il pensiero ad un'eventuale necessaria estensione pratica. Che è un pò il mantra di questo tempo. Ipotesi vale per sè , indipendentemente dall'uso possibile. Perché diamo molta importanza alla coscienza? Chiede Iano. Mi verrebbe da dire che, senza di essa, forse un termine come "importanza" perde di significato. Essendo il mio ultimo post sul quesito posto da Viator, con umiltà non di comodo, devo anche dire che , nel caso fossi rinchiuso a mia insaputa in una sfera di cristallo, cosa possibile intendiamoci, il cristallo è molto sporco.
Ciao Alexander.
Naturalmente occorrerebbe approfondire, ma credo che una volta che liberamente facciamo nostri i pensieri altrui possiamo sostenerli senza più il loro aiuto.
Anche chi come me non coltiva fonti, pure ne ha, ma senza poterle citare, perché non ne ha coscienza.
Personalmente sono allergico alla verità in se' e non amo ingabbiare il mio pensiero indirizzandolo verso nulla, compresa l'utilità a qualcosa, ma a quella constato esso vada in parallelo, quindi ad essa mi rassegno.
In particolare apprezzo quelle ipotesi che semplifichino le spiegazioni, perché questo solo compito riconosco a loro, non quello di portarmi a verità .
Ipotesi che abbiano questo effetto, anche quando non verificabili sperimentalmente, hanno già fatto il loro dovere.
La coscienza è uno strumento diffuso in natura, ma che caratterizza noi fortemente come specie, perciò credo gli diamo importanza esagerata,compromettendone così l'efficacia, non usandola per quel che è.
Il compito della coscienza è proprio quello di attribuire importanza alle cose.
Di scommettere sul futuro per non subirlo passivamente.
È però uno strumento che rallenta i processi.
È uno strumento, non un bene in se'.
Perde efficacia quando diventa strumento per la ricerca di verità, strumento di autoesaltazione.