Riprendendo alcuni spunti già presenti in altri thread, vorrei proporre un dibattito sulla sostenibilità del relativismo, di quella teoria secondo cui non è possibile per l'uomo giungere, soprattutto in campo morale, a verità oggettive. Il relativismo infatti afferma "Tutto è relativo", ma in quest'affermazione è ravvisabile una contraddizione logica. Infatti nel momento in cui io dico "Tutto è relativo" faccio un'affermazione assoluta, è come se dicessi: "Esiste una sola verità assoluta, che tutto è relativo". Ma proprio perché tutto è relativo, ecco che lo sarebbe anche quest'affermazione (che fa parte del "tutto"), e quindi ciò vorrebbe dire che è ammissibile anche l'esistenza di verità obiettive e assolute. Il relativismo quindi ad un'analisi logica rigorosa sconfessa se stesso e si rivela inconsistente. Inoltre le affermazioni della matematica e della geometria sono universali e non certo soggettive e relative, sono valide per le persone di tutte le civiltà e di tutte le culture: ma allora se tali verità sono universali ed evidenti alla ragione perché non potrebbe esistere anche in campo etico una morale obiettiva, tale da avere la pretesa di universalità? In fondo se ci si riflette è possibile affermare che ogni persona desidera naturalmente il " BENE", anche se i desideri sono diversi essi hanno un minimo comune denominatore: il bene della persona, perché nessuno vuole consapevolmente la propria rovina. Di conseguenza esiste un bene assoluto a cui la volontà tende, che forse è estremamente difficile da definire, ma è presente come oggetto della volontà.
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase.
Invece Iano se ci pensi esistono delle cose che possiamo concepire che si avvicinano all'idea di male o di bene assoluto: ad esempio una guerra termonucleare che distruggesse totalmente la vita sulla Terra si avvicinerebbe moltissimo al Male assoluto, poiché il disastro sarebbe riferibile non solo all'uomo ma alla vita stessa; viceversa se si concepisce un mondo in cui vi sono esseri che vivono una vita puramente spirituale senza dolore alcuno, senza angosce piccole o grandi, ma solo in perfetta felicità (il Paradiso appunto), ecco che la mia mente concepisce il Bene assoluto o qualcosa che vi si avvicina molto. Se io dico "tutto è relativo" ad eccezione di questa frase mi sembra che si voglia astutamente eludere il problema della contraddizione.
Nessuna astuzia.
Io capisco bene le tue preoccupazioni, ma pensò che nessuno possa dare una risposta al problema morale che poni.
Magari sei tu che bari simpaticamente quando pensi si possa risolvere la questione per alzata di mano.☺️
La notizia cattiva è che la morale cambia nel tempo , quella buona è continua ad esserci.
Però non tutto il male viene per nuocere ,perché una morale che cambia nel tempo ha su di me , e penso su altri , un effetto di responsabilizzazione.
Sono io che devo decidere e se sbaglio , sbaglio io.
Anche se la mia morale è di fatto , immagino, ben allineata alla tua , preferisco non aderire ufficialmente a nessun dogma che condizionerebbe la mia libertà di scelta ,e ,temo, alleggerirebbe il mio senso di responsabilità.
Spesso vedo che l'adesione ad un dogma si riduce a formalità,e diventa un alibi per,far quel che ci pare.
Secondo la mia personale morale una vita non andrebbe sprecata cosi'.
Ovviamente nessun riferimento personale , neanche lontanamente.
Certamente ogni punto di vista ha i suoi pro e i suoi contro e anche il mio ne ha.
&Socrate78
Concordo con te.
Il relativismo è lo stato necessario per chi cerca la Verità. È il punto di partenza imprescindibile di chi non vuole ingannarsi, e perciò rifiuta di credere come assoluta ogni verità oggettiva. Di modo che il relativismo si fonda sulla fede nell'Assoluto, nella Verità.
Il nichilismo deriva invece dalla mancanza di fede nella Verità. Che può scatenare la volontà di potenza così come far abbracciare un credo come rimedio all'angoscia esistenziale. Ma anche più semplicemente far condurre una vita dove ogni lasciata è persa.
Il nichilismo non coincide affatto perciò con il relativismo, ma ne è la sconfitta.
@bobmax
Non credo che il relativismo sia lo stato necessario di chi cerca la verità.
Può darsi che ognuno cerchi la verità a modo suo ,qualunque sia il suo stato, e con una sua idea di verità , comunque mai ben definita.
Sicuramente la ricerca della verità è un ottima motivazione, ma , almeno in teoria non sembra essere necessaria.
Anzi , a volte sembra un impedimento.
Relativo ed assoluto non sono in contraddizione.Semlicememte non si incontrano.Cosi' si possono praticare entrambi , ma senza confonderli.
Secondo me vi fate problemi che non esistono.
&Iano
Chi ha una sua idea della Verità non la sta cercando. Per cercarla occorre distaccarsi da tutto, dubitare di ogni sapere.
Il relativismo autentico è correlato all'Assoluto al punto da coincidervi, nel nostro esserci mondano.
È però difficile rimanere autentici relativisti, molto ma molto più facile è diventare nichilisti, seppur inconsapevoli.
E allora il relativismo è utilizzato solo per confermare a se stessi l'assenza di ogni valore, l'illusione dell'Assoluto.
Salve. Per Socrate78. "Tutto è relativo" significa sostenere che l'assoluto non esiste. Inoltre una simile affermazione non è dimostrabile come vera.
Tale frase è meravigliosamente lapidaria ma purtroppo fuorviante, al punto che tu la ritieni contradditoria.
Occorre quindi rovinare la suggestione di un simile enunciato, trasformandolo in una espressione un poco più pedante.
"Ciascuna cosa (oggetto, concetto, dimensione fisica etc., cioè proprio "tutto") è relativa, e l'insieme di tutte le cose si chiama ASSOLUTO". L'Assoluto quindi è il completo insieme di tutti i relativi che non consiste in alcuno di essi e non è in relazione con alcuno di essi. L'Assoluto resta ciò che è anche eliminando od aggiungendo un qualsiasi numero di relativi a quelli già esistenti.
Infatti l'Assoluto non è una "cosa" bensì è l'ESSERE TOTALIZZANTE, ovvero ciò che, essendo, contiene tutte le cose senza essere contenuto da altro più grande di sé.
Sorvolo sulla infantile obiezione per la quale l'Assoluto, poiché viene dato come esistente, dovrà pur essere anch'esso una qualche "cosa" risultante quindi relativa.
Il termine "assoluto" è sì qualcosa, ma l'ASSOLUTO come ente non è una parte del mondo. E' il mondo.
Ripetendo e riassumendo quindi : "TUTTO E' RELATIVO E L'INSIEME DEI RELATIVI SI CHIAMA ASSOLUTO"
Citazione di: bobmax il 21 Maggio 2018, 22:24:24 PM
&Iano
Chi ha una sua idea della Verità non la sta cercando. Per cercarla occorre distaccarsi da tutto, dubitare di ogni sapere.
Il relativismo autentico è correlato all'Assoluto al punto da coincidervi, nel nostro esserci mondano.
È però difficile rimanere autentici relativisti, molto ma molto più facile è diventare nichilisti, seppur inconsapevoli.
E allora il relativismo è utilizzato solo per confermare a se stessi l'assenza di ogni valore, l'illusione dell'Assoluto.
Se cerchi la verità avrai almeno una vaga idea di cosa sia.
Non si va' alla ricerca di non si sa' cosa.
Se ne parli una idea ce l'avrai.
Sarebbe interessante capire da cosa nasce questa idea , che ognuno di noi sembra avere.
Non credo che si possa arrivare alla verità.Neanche approssimarla , se non con un atto di fede.
Questa capacità di credere in effetti è sorprendente , ed è una componente umana che mi commuove.Quindi la esercito anch'Io , ma tenendola nella sfera che gli compete..
Citazione di: iano il 21 Maggio 2018, 18:38:40 PM
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase.
Ciao Iano, ho sempre trovato questa soluzione insoddisfacente.
Prima di tutto tale proposizione pare decisamente molto sospetta. Dice di ogni cosa che è relativa, tranne se stessa... compie un'eccezione su se stessa, solo su se stessa. Da un punto di vista epistemologico mi pare poco credibile: perché tutto, proprio tutto, è relativo tranne quella proposizione? Abbiamo una teoria che spieghi questo senza assumerlo dogmaticamente e come fatto bruto? La risposta è no: perché tale spiegazione sarebbe relativa...
Ma il problema non si limita a questo, secondo me. Il problema di fondo è logico-linguistico. Perché una proposizione abbia un senso si deve presupporre un numero molto ampio di questioni: il significato di tali parole, il significato di moltissime altre parole non presenti in quella frase (non ha senso pensare ad una lingua che ha solo quelle 8 parole), l'uso che di tali parole i parlanti fanno (che serve anche questo a fissare il loro significato) e alcune presupposizioni logiche che il linguaggio possiede (ad esempio da "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" possiamo inferire "Niente è assoluto tranne la frase di prima"?) ma anche concettuali (come il concetto assolutamente non banale dell'autoriferimento che la frase utilizza).
Quindi, a me pare, che "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" sia senza senso. ;)
Citazione di: epicurus il 22 Maggio 2018, 09:23:14 AM
Citazione di: iano il 21 Maggio 2018, 18:38:40 PM
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase.
Ciao Iano, ho sempre trovato questa soluzione insoddisfacente.
Prima di tutto tale proposizione pare decisamente molto sospetta. Dice di ogni cosa che è relativa, tranne se stessa... compie un'eccezione su se stessa, solo su se stessa. Da un punto di vista epistemologico mi pare poco credibile: perché tutto, proprio tutto, è relativo tranne quella proposizione? Abbiamo una teoria che spieghi questo senza assumerlo dogmaticamente e come fatto bruto? La risposta è no: perché tale spiegazione sarebbe relativa...
Ma il problema non si limita a questo, secondo me. Il problema di fondo è logico-linguistico. Perché una proposizione abbia un senso si deve presupporre un numero molto ampio di questioni: il significato di tali parole, il significato di moltissime altre parole non presenti in quella frase (non ha senso pensare ad una lingua che ha solo quelle 8 parole), l'uso che di tali parole i parlanti fanno (che serve anche questo a fissare il loro significato) e alcune presupposizioni logiche che il linguaggio possiede (ad esempio da "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" possiamo inferire "Niente è assoluto tranne la frase di prima"?) ma anche concettuali (come il concetto assolutamente non banale dell'autoriferimento che la frase utilizza).
Quindi, a me pare, che "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" sia senza senso. ;)
Mi sembra che qui si propongano (per lo meno; e comunque principalmente, dal mio punto di vista) due diverse affermazioni.
Prima si sostiene che la frase:
"
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase"non é epistemologicamente fondata (perché proprio tutto, è relativo tranne quella proposizione? Abbiamo una teoria che spieghi questo senza assumerlo dogmaticamente e come fatto bruto [cioé assolutamente, N.d.R.]? La risposta è no: perché tale spiegazione sarebbe relativa...): non é (dimostrabile, e dunque non é) dimostrata essere vera.E su questo concordo: il dubbio scettico (che é ben altra cosa che le certezza nella falsità di qualsiasi affermazione!) si applica anche a se stesso, puramente e semplicemente é sospensione del giudizio (anche circa la sospensione del giudizio... e chi volesse potrebbe continuare in un regresso all' infinito).Successivamente si sostiene (invece: é un predicato differente) che tale frase sia senza senso.E di questo non sono invece convinto.A me sembra non autocontradittoria, costituita da relazioni sintatticamente corrette fra vocaboli semanticamente coerenti e "pieni" (simboleggianti verbalmente concetti autentici, non autcontraddittori, dotati di significato), e dunque sensata: dice (o almeno così la intendo; e mi sembra qualcosa di ben comprensibile) che ogni affermazione potrebbe essere falsa, tranne questa affermazione stessa circa la possibile falsità di tutte le altre (sarebbe come se il menititore, anziché dire "io mento -sottinteso: sempre e comunque-", affermazione che é paradossale, dicesse "io mento quasi sempre, ovvero sempre tranne che ora, nel dire questa frase", affermazione che invece é sensatissima, per nulla paradossale). Il fatto chePerché una proposizione abbia un senso si deve presupporre un numero molto ampio di questioni: il significato di tali parole, il significato di moltissime altre parole non presenti in quella frase (non ha senso pensare ad una lingua che ha solo quelle 8 parole [che ha solo quelle determinate parole che costituiscono qualsiasi frase, N.d.R.]), l'uso che di tali parole i parlanti fanno (che serve anche questo a fissare il loro significato) e alcune presupposizioni logiche che il linguaggio possiede (ad esempio da "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" possiamo inferire "Niente è assoluto tranne la frase di prima"? [e analoghe considerazioni che si potrebbero proporre circa qualsiasi altra frase, N.d.R.]) ma anche concettuali (come il concetto assolutamente non banale dell'autoriferimento che la frase utilizza [solo la questione di questo concetto in particolare vale unicamente per questa frase o altre autoreferenziali e non per ogni e qualsiasi frase, N.d.R])vale per ogni e qualsiasi frase (che si proponga in qualsiasi lingua; salvo la considerazione dell' autorefernzialità).Se ne consegue che non ha senso la frase "Tutto é relativo, tranne questa frase", allora mi sembra evidente che ne dovrebbe conseguire che non ha senso nessuna frase (in assoluto), tranne questa stessa frase "non ha senso nessuna frase (in assoluto)": sic! (non metto "faccine" per principio, ma questa ricorsività mi sembra notevole e interessante!).In conclusione, la frase "Tutto é relativo, tranne questa frase" a me pare che non sia certa né possa esserlo (non può essere dimostrata essere assolutamente vera perché la sua dimostrazione, essendo inevitabilmente relativa, negherebbe se stessa; come il paradosso del mentitore); ma che sia sensata (se la si crede infondatamente per fede, senza pretendere che sia dimostrata -e non é il mio caso, da scettico conseguente quale cerco di essere- non mi sembra che ci si contraddica).
Ciao Sgiombo. Sì, nel mio post proponevo due diverse argomentazioni da angolazioni molto differenti.
Sulla prima mi pare siamo d'accordo sul cuore. Per me forse è un po' più forte, perché per me un proposizione che non possa avere una teoria esplicativa dietro perde molto in termini di "importanza epistemica".
Sulla seconda, cerco di spiegare meglio quello che volevo dire. Se io dico "il gatto beve l'acqua dalla sua ciotola", ciò presuppone tutto quello che ho detto sopra (cioè un "mondo" vastissimo che intreccia questioni linguistiche, logiche, concettuali e di prassi umane), ma non è un problema. Il problema, invece, sorge quando dico "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" perché questa frase nega in qualche modo legittimità a tutto ciò che non è tale frase, cioè nega legittimità a tutto ciò che si dovrebbe presupporre quando si parla di qualsiasi cosa. Dato che tutto (ad eccezione di quella frase è relativo) allora deve essere relativo anche il significato di tali parole, quindi tale frase diviene priva di senso.
Naturalmente la questione di cosa significhi "relativo" è molto ambigua. Si potrebbe interpretare tale termine in modo decisamente soft per disinnescare la mia critica, ma così facendo la frase "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" cesserebbe d'essere così filosoficamente intrigante com'è nella sua versione più radicale, e allora io stesso non proporrei quell'argomentazione.
Citazione di: epicurus il 22 Maggio 2018, 09:23:14 AM
Citazione di: iano il 21 Maggio 2018, 18:38:40 PM
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase.
Ciao Iano, ho sempre trovato questa soluzione insoddisfacente.
Prima di tutto tale proposizione pare decisamente molto sospetta. Dice di ogni cosa che è relativa, tranne se stessa... compie un'eccezione su se stessa, solo su se stessa. Da un punto di vista epistemologico mi pare poco credibile: perché tutto, proprio tutto, è relativo tranne quella proposizione? Abbiamo una teoria che spieghi questo senza assumerlo dogmaticamente e come fatto bruto? La risposta è no: perché tale spiegazione sarebbe relativa...
Ma il problema non si limita a questo, secondo me. Il problema di fondo è logico-linguistico. Perché una proposizione abbia un senso si deve presupporre un numero molto ampio di questioni: il significato di tali parole, il significato di moltissime altre parole non presenti in quella frase (non ha senso pensare ad una lingua che ha solo quelle 8 parole), l'uso che di tali parole i parlanti fanno (che serve anche questo a fissare il loro significato) e alcune presupposizioni logiche che il linguaggio possiede (ad esempio da "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" possiamo inferire "Niente è assoluto tranne la frase di prima"?) ma anche concettuali (come il concetto assolutamente non banale dell'autoriferimento che la frase utilizza).
Quindi, a me pare, che "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" sia senza senso. ;)
Il fatto che la spiegazione della frase sarebbe relativa è coerente con la frase.
Qualcuno ha tirato in ballo il paradosso del mentitore , ma io non do' a relativo il significato di falso , e non credo neanche si possa mai dimostrare che qualcosa di relativo sia falso , ne' tantomeno vero.
Semplicemente a me non interessa la verità se non nella misura in cui la si possa raggiungere attraverso un atto di fede , che è il modo unico e solo di raggiungerla secondo me , e questo atto non perde valore per il fatto di essere relativo , o perché non riesco spiegarlo .
La capacità di credere mi sembra una potente facoltà umana.
La scienza se ne serve in modo subordinato , e tutto sommato rendendole onore , quando finge la verità delle ipotesi.
Questo espediente è l'anello di congiunzione fra due mondi che restano comunque distinti , entro i quali possiamo vivere non necessariamente in modo esclusivo.
Per questo ho risposto a chi ha aperto questa discussione che forse si pone falsi problemi.
Ho cercato anche di rassicurarlo sul timore della perdita di moralità, perché la moralità cambia , ma continua ad esserci.
Con la mia frase non volevo sollevare problemi epistemologici o altro , ma valeva come un amichevole rimprovero a non cercare nella logica quello che la logica non può dare , la prova dell'assoluto.
Confondere i due mondi di cui dicevo è molto facile , ed in effetti non è da molto che cresce la coscienza di ciò.
Non ha senso affermare che ciò in cui ognuno crede sia vero o falso, come non ha senso rigettare una ipotesi come falsa , o per converso pensare di poterla confermarla come vera neanche a posteriori.
Confondere i due mondi non è cosa innocua e a mio modo di vedere è il più grande impedimento alla diffusione della scienza per quel che è, mentre finora è stato il veicolo principe per la diffusione della scienza per quel che si credeva che fosse.
Per paradosso se si prendesse la MQ per quel che è essa perderebbe interesse per i più,scienziati compresi.
Non è un caso che gli scienziati che l'hanno edificata non ne hanno poi accettato le conseguenze , conseguenze che invero non sia ha neanche il coraggio di indicare coi termini giusti, termini coi quali si può dire che la distinzione fra scienza, che ci direbbe una qualche verità, e tecnica , che la applicherebbe , ha fatto il suo tempo.
Non si può più chiamare in ballo la logica e la scienza per dimostrare o confutare nulla di assoluto , perché l'assoluto non fa' parte del suo mondo.
Non si può rispondere con astuzie linguistiche, come forse ho fatto io , se non per cercare di spuntare le,armi di chi pensa di poterlo fare.
E questo ho fatto io.☺️
Citazione di: epicurus il 22 Maggio 2018, 14:44:10 PM
Sulla seconda, cerco di spiegare meglio quello che volevo dire. Se io dico "il gatto beve l'acqua dalla sua ciotola", ciò presuppone tutto quello che ho detto sopra (cioè un "mondo" vastissimo che intreccia questioni linguistiche, logiche, concettuali e di prassi umane), ma non è un problema. Il problema, invece, sorge quando dico "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" perché questa frase nega in qualche modo legittimità a tutto ciò che non è tale frase, cioè nega legittimità a tutto ciò che si dovrebbe presupporre quando si parla di qualsiasi cosa. Dato che tutto (ad eccezione di quella frase è relativo) allora deve essere relativo anche il significato di tali parole, quindi tale frase diviene priva di senso.
Credo che negare assolutezza sia diverso dal negare "legittimità" (in quanto frase; se per "legittimità" in quanto frase si intende "sensatezza", "non paradossalità").Se per "legittimità" di una frase si intende la sua "sensatezza, non paradossalità, non autocontraddittorietà", allora mi sembra che dire "tutto é relativo tranne questa frase" non tolga legittimità a tutte le altre frasi (non dice che tutte le altre frasi sono insensate) e non la tolga a se stessa nel mentre che se la attribuisce (non dice di se stessa che é senza senso nel mentre che dice che é sensata; analogamente a "tutte le frasi tranne questa sono false" e contrariamente a "tutte le frasi compresa questa sono false").A meno che ogni e qualsiasi frase sia necessariamente relativa (complessivamente, come "tutto intero") per il fatto di essere costituita dalla messa in determinate relazioni di determinate parole, ciascuna delle quali ha un significato costituito dalla messa in determinate relazioni di determinate altre parole (cosa sulla quale sono francamente in dubbio), nel qual caso dire "tutto é relativo tranne questa frase" (essendo la relatività una caratteristica intrinsecamente necessaria di ogni e qualsiasi frase) sarebbe come dire "questo quadrato é rotondo" (intendendosi ovviamente per "rotonda" una figura piana dal perimetro curvilineo e non costituito da quattro segmenti di retta uguali).
X Iano
Effettivamente credo che io ed Epicurus siamo andati un po' fuori tema, considerando l' aspetto strettamente logico della questione posta in questa discussione.
Da parte mia sono convinto (e in questo, se ben ti intendo, concordiamo per lo meno "in larga misura"), contro il relativismo etico, che esista un' etica che in parte, seppur non dimostrabile (almeno secondo me), comunque é di fatto universalmente umana, avvertibile interiormente da ogni uomo (salvo forse casi decisamente patologici), fatto secondo me bene spiegato (e non: epistemologicamente fondato, che sarebbe ben altra cosa!) dalla scienza biologica, e in particolare dall' evoluzione dei viventi per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale); e in altra in parte socialmente condizionata (in maniera variabile nel tempo e nello spazio).
Con tutta evidenza dissento da moltissime altre tue affermazioni, per esempio circa la verità, la fede, la scienza in generale e la meccanica quantistica in particolare ...ma ci vorrebbero decine di discussioni, ciascuna con decine di interventi e più per sviscerare tutti questi profondissimi motivi di dissenso.
Citazione di: sgiombo il 22 Maggio 2018, 23:09:22 PM
X Iano
Effettivamente credo che io ed Epicurus siamo andati un po' fuori tema, considerando l' aspetto strettamente logico della questione posta in questa discussione.
Da parte mia sono convinto (e in questo, se ben ti intendo, concordiamo per lo meno "in larga misura"), contro il relativismo etico, che esista un' etica che in parte, seppur non dimostrabile (almeno secondo me), comunque é di fatto universalmente umana, avvertibile interiormente da ogni uomo (salvo forse casi decisamente patologici), fatto secondo me bene spiegato (e non: epistemologicamente fondato, che sarebbe ben altra cosa!) dalla scienza biologica, e in particolare dall' evoluzione dei viventi per mutazioni genetiche casuali e selezione naturale); e in altra in parte socialmente condizionata (in maniera variabile nel tempo e nello spazio).
Con tutta evidenza dissento da moltissime altre tue affermazioni, per esempio circa la verità, la fede, la scienza in generale e la meccanica quantistica in particolare ...ma ci vorrebbero decine di discussioni, ciascuna con decine di interventi e più per sviscerare tutti questi profondissimi motivi di dissenso.
Non ho detto che c'è un etica come dici , ma in effetti lo penso , quindi in qualche modo mi hai letto nel pensiero.
Un etica in tal senso muta perché muta l'uomo , e questo non è mai indolore e da questo disagio mi pare nasca questa discussione.
Però le cose vanno così da sempre quindi viviamo questo disagio come cosa normale.
Non mi intendo di fisica ma la frase 'tutto è relativo' pare sia il segno che contraddistingue chi non ha compreso la relatività. La teoria di Eintein malgrado il nome è volta a dimostrare dei principi in maniera universale come la velocità della luce e il rapporto fra massa e energia. Relativi in base a questi universali principi diventano altri fattori quali il tempo o la prospettiva dell'osservatore. Quindi non tutto è relativo oppure tutto è relativo a parte alcuni principi universali.
Citazione di: cvc il 23 Maggio 2018, 10:34:56 AM
Non mi intendo di fisica ma la frase 'tutto è relativo' pare sia il segno che contraddistingue chi non ha compreso la relatività. La teoria di Eintein malgrado il nome è volta a dimostrare dei principi in maniera universale come la velocità della luce e il rapporto fra massa e energia. Relativi in base a questi universali principi diventano altri fattori quali il tempo o la prospettiva dell'osservatore. Quindi non tutto è relativo oppure tutto è relativo a parte alcuni principi universali.
Se sostituisci a principi universali ben compresi , principi ancor più universali che però sembrano gratuiti , allora si capisce perché tutto appare relativo.
Ovviamente sono tutt'altro che gratuiti , ma nascono dalla ricerca fisica che non ha nulla a che spartire con l'esperienza quotidiana , perciò appaiono gratuiti , come se tutto dipendesse da quel che passa per la testa di un pugno di geni , e non da fatti verificabili , che però la gente non è in grado di verificare.
Ma noi non stiamo parlando di quella relatività.
In sostanza parliamo del senso di insicurezza che deriva dalla fine dell'illusione che un qualunque testo , sacro o scientifico , possa dirci la verità.
Si può uscire da questo stato ansioso solo riflettendo su cosa sia questa verità , alla quale certamente Einstein coltivava l'illusione di poter accedere , sia pure per gradi , e riscrivendo di continuò il libro della verità , sempre più conforme a quello , che evidentemente per lui non era ancora stato pubblicato , quello di Dio.
Il fatto è che per la maggioranza di noi un libro sempre più vero non è anche necessariamente più credibile , così che appaia relativo nel senso negativo che si da' al termine.Appare gratuito cioè, anche quando ci fidiamo del fatto che non lo sia , così tutto in quel senso negativo appare relativo.
Questo ribaltamento delle idee di Einstein deriva dal fatto che la maggioranza di noi non ha più accesso ai libri di Einstein di quanto Einstein ne avesse ai libri di Dio , anche se tutti , noi ed Einstein , ci illudiamo di averlo.
Ma la lettura di un libro è veramente utile se lo si legge senza pregiudizi , come può essere ad esempio l'idea che , anche se non ho ancora letto il libro , so' però che in quel libro Dio non gioca a dadi.
E come faceva a saperlo?
Probabilmente grazie allo stesso meccanismo che ci porta noi a dire che Einstein credesse che tutto è relativo.
Da questa analogia si evince che per comprendere là genialità di Einstein non si dovrebbe dimenticare la sua profonda umanità , che essendo uguale alla nostra , almeno quella dovremmo comprenderla.
Poi è ovvio che è impossibile non avere pregiudizi , perché il cumulo di ogni conoscenza di ogni tipo è esso stesso un pregiudizio .
Il problema nasce quando devi rimettere ordine in questo cumulo , perché fatti obiettivi ti costringono a farlo.
Tornado a quello che è l'argomento non detto di questa discussione ,quello del disagio che induce discussioni simili , una cura del disagio non è negare le cause che lo determinato.
In un cartone animato di Masha e Orso , dove giocano a nascondino , Masha si tappa gli occhi , convinta che non potendo vedere così Orso , allora Orso non possa vedere lei.
Ecco , questo mi sembra il modo in cui a volte cerchiamo di curare il nostro disagio.
Chiudiamo gli occhi su tutto ciò che ci provoca dolore così il dolore sparisce.
Questo sembra essere lo scopo di tante discussioni aperte sul forum , come questa.
Citazione di: iano il 23 Maggio 2018, 11:17:59 AMSe sostituisci a principi universali ben compresi , principi ancor più universali che però sembrano gratuiti , allora si capisce perché tutto appare relativo.
Ovviamente sono tutt'altro che gratuiti , ma nascono dalla ricerca fisica che non ha nulla a che spartire con l'esperienza quotidiana , perciò appaiono gratuiti , come se tutto dipendesse da quel che passa per la testa di un pugno di geni , e non da fatti verificabili , che però la gente non è in grado di verificare.
Ma noi non stiamo parlando di quella relatività.
In sostanza parliamo del senso di insicurezza che deriva dalla fine dell'illusione che un qualunque testo , sacro o scientifico , possa dirci la verità.
Si può uscire da questo stato ansioso solo riflettendo su cosa sia questa verità , alla quale certamente Einstein coltivava l'illusione di poter accedere , sia pure per gradi , e riscrivendo di continuò il libro della verità , sempre più conforme a quello , che evidentemente per lui non era ancora stato pubblicato , quello di Dio.
Il fatto è che per la maggioranza di noi un libro sempre più vero non è anche necessariamente più credibile , così che appaia relativo nel senso negativo che si da' al termine.Appare gratuito cioè, anche quando ci fidiamo del fatto che non lo sia , così tutto in quel senso negativo appare relativo.
Questo ribaltamento delle idee di Einstein deriva dal fatto che la maggioranza di noi non ha più accesso ai libri di Einstein di quanto Einstein ne avesse ai libri di Dio , anche se tutti , noi ed Einstein , ci illudiamo di averlo.
Ma la lettura di un libro è veramente utile se lo si legge senza pregiudizi , come può essere ad esempio l'idea che , anche se non ho ancora letto il libro , so' però che in quel libro Dio non gioca a dadi.
E come faceva a saperlo?
Probabilmente grazie allo stesso meccanismo che ci porta noi a dire che Einstein credesse che tutto è relativo.
Da questa analogia si evince che per comprendere là genialità di Einstein non si dovrebbe dimenticare la sua profonda umanità , che essendo uguale alla nostra , almeno quella dovremmo comprenderla.
Poi è ovvio che è impossibile non avere pregiudizi , perché il cumulo di ogni conoscenza di ogni tipo è esso stesso un pregiudizio .
Il problema nasce quando devi rimettere ordine in questo cumulo , perché fatti obiettivi ti costringono a farlo.
Tornado a quello che è l'argomento non detto di questa discussione ,quello del disagio che induce discussioni simili , una cura del disagio non è negare le cause che lo determinato.
In un cartone animato di Masha e Orso , dove giocano a nascondino , Masha si tappa gli occhi , convinta che non potendo vedere così Orso , allora Orso non possa vedere lei.
Ecco , questo mi sembra il modo in cui a volte cerchiamo di curare il nostro disagio.
Chiudiamo gli occhi su tutto ciò che ci provoca dolore così il dolore sparisce.
Questo sembra essere lo scopo di tante discussioni aperte sul forum , come questa.
Il relativismo esistenziale credo derivi dalla mancanza di ideali condivisi. Quando oggi senti parlare di condivisione pensi a dei file multimediali come foto, video, tracce musicali e altre amenità. Altro valore ha la condivisione quando si tratta di ideali. Fra i bisogni primari dell'uomo ci sono quelli di condividere e di appartenere. Ma se manca una matrice culturale condivisa la società è vuota. E perché manca? Credo sia questione di stile di vita. La rivoluzione tecnologica ha portato alla stereotipatizzazione dei comportamenti. Quello che negli anni 60 e 70 era considerato come un pericolo, ossia il conformismo, oramai è diventato parte del nostro dna. Chi si differenzia dal gregge non è più visto con curiosità o interesse, ma viene semplicemente isolato o perseguitato. Anche i comportamenti tipicamente trasgressivi non lo sono più. I tatuaggi, i tagli di capelli particolari, la disinibizione sessuale, tutto parte da un implicito endorsement a priori di una civiltà che è assuefatta a tali comportamenti. Ma in questa conformità apparente di comportamenti siamo poi divisi dalla mancanza di ideali profondi condivisi. Forse perché ciò implicherebbe un certo sforzo intellettuale che questa società rigetta, in quanto troppo impegnata alla ricerca di gratificazioni immediate del proprio ego.
Beh, non voglio entrare direttamente nella discussione visti i casi precedenti. Però, magari certe cose che ho scritto possono essere utili per stimolare la discussione :)
Vedere per esempio questi post: https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismo-assoluto/msg17772/#msg17772 e https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/relativismo-assoluto/msg17826/#msg17826 dell'argomento "relativismo assoluto". Vorrei far notare che ci sono diversi tipi di relativismo, alcuni migliori e altri semplicemente contraddittori. Per esempio il "relativismo ontologico", il nome che ho dato alla posizione per cui "ogni cosa esiste in dipendenza da altre cose" * è una posizione consistente e che, se vogliamo, è plausibile. Viceversa "ogni verità è relativa" è semplicemente contraddittoria. Penso che in quell'argomento si sia raggiunta la conclusione che la tesi del relativismo epistemologico è errata. In fin dei conti se "ogni verità è relativa, tranne questa frase" è vera, allora ne segue che dire che "ci sono verità universali è falso" è possibile solo assumendo la validità del principio di non-contraddizione. Quindi il buon relativista deve assumere che vale il principio di non-contraddizione e quindi ci sono almeno due frasi "vere".
Per quanto riguarda il "relativismo etico", ci sono svariate forme più o meno condivisibili (relativismi parziali possono essere condivisibili, secondo me). Ma voglio discutere il "relativismo" totale, ovvero quello che afferma che "ogni giudizio morale è relativo" (e quindi soggettivo e arbitrario). In sostanza ogni soggetto ha il suo sistema di valori che può o non può coincidere con quello degli altri. Siccome, però, si nega l'esistenza di valori universali allora il soggetto diventa la massima autorità e quindi si ricade nel tristemente famoso relativismo di Protagora, "l'uomo è la misura di tutte le cose". Se ciò è vero, dire ad esempio "torturare senza scrupoli uomini innocenti è sbagliato" (una delle azioni, oggi considerate crimini contro l'umanità, compiute per esempio nei totalitarismi novecenteschi di destra e di sinistra in varie parti del Globo) è un'affermazione che può valere per me, ma non per un altro. Se "ognuno ha il suo sistema di valori" allora non ci sono gerarchie tra i sistemi di valori dei vari soggetti e quindi, in ultima analisi, se una persona dice "per me quello che facevano nei totalitarismi era giusto" diventa una proposizione inconfutabile. A questo punto si "deve" fare una scelta, rispondendo ad esempio alla domanda: "i crimini contro l'umanità che facevano nei totalitarismi sono ingiusti? è un "principio" arbitrario o no? chi pensa che sia legittimo compierli, sbaglia o no?"
La mia risposta è: "i crimini contro l'umanità sono ingiusti, non è un principio arbitrario e chi pensa che sia legittimo compierli sbaglia."
Un relativista totale, se è coerente dovrebbe dire: "i crimini contro l'umanità sono ingiusti per me ma per un altro potrebbero essere giusti, è un principio arbitrario, non posso dire che l'altro sbaglia visto che sono d'accordo con Protagora e penso che ogni uomo è misura delle cose."
Personalmente scelgo la prima risposta e mi prendo pure la responsabilità di dire che è "giusto" prendere una posizione netta su questa risposta e che la posizione netta da prendere è quella che ho detto io. Ovviamente, per quanto mi riguarda, se proprio uno lo desidera è liberissimo di scegliere la risposta del relativista. Ovviamente se il relativista dice che la sua posizione è "migliore" si autocontraddice, così come Protagora si contraddiceva da solo sostenendo - a quanto mi sembra di aver letto sul Teeteto, che consiglio a tutti di leggere - che la sua posizione era "migliore". Per chi non accetta il relativismo totale etico... Bon Voyage! Ed è un viaggio piuttosto difficile e importante, visto che, per dirla con le parole di Platone "non stiamo discutendo una questione da poco, ma come dovremmo vivere" (Repubblica). Infatti se, per esempio, abbiamo detto che un'azione è "sbagliata" rimane la domanda "perchè è sbagliata?", "su cosa si fonda tale asserzione?"
Una volta accettata la mia versione, chiaramente, ciò non implica che, ad esempio, certe "regole" valgano sempre e in ogni situazione. Si può valutare caso per caso (a volte, effettivamente, si possono prendere forse posizioni relativistiche - mi sono limitato a criticare il relativismo etico totale). Ma su certe cose, direi, che è "ovvio" prendere una posizione netta. Dunque, se però esistono valori etici universali allora abbiamo un'altra questione. Come facciamo a conoscerli? Da cosa dipendono?
Uno potrebbe sostenere che l'osservazione dei fatti ci fornisce l'etica. Ma questa risposta ha poco senso visto che i "fatti" ci mostrano che appunto certa gente non ha avuto scrupoli nel fare i peggiori crimini della storia. Quindi un approccio "osservativo" non è completamente soddisfacente. Possiamo, a questo punto, dire che dipendono dalla nostra biologia. Ma nuovamente se osserviamo la natura umana vediamo di tutto, azioni malvagie, buone ecc. In fin dei conti, è davvero possibile stabilire che certe azioni sono malvagie con una semplice analisi scientifica della nostra biologia, del nostro cervello. Possiamo infine sperare di fondare l'etica solo sulla razionalità. Ma la razionalità, in fin dei conti, è limitata. La logica per validare un'affermazione necessita di premesse, di assiomi ritenuti veri. In sostanza la razionalità non giustifica gli assiomi e quindi non può essere ritenuta davvero la fonte dell'etica.
Ma se questi valori etici ci sono e, direi anche che sembra che non mutano nel tempo (credo, ad esempio, che quello che è stato fatto nei totalitarismi è semplicemente sbagliato e non sbagliato solo in un determinato periodo). Dunque se l'osservazione non fonda l'etica e nemmeno lo fa la razionalità ma ammettiamo che certe cose sono sbagliate e certe cose sono giuste (e che questa dicotomia non avviene arbitrariamente), allora in qualche modo dobbiamo ammettere che questi valori si fondano su "qualcosa" (purtroppo il linguaggio è limitato e non riesco a trovare una parola migliore di "qualcosa") che né l'osservazione empirica "normale" o scientifica né la razionalità sono in grado di "trovare" e quindi noi rimaniamo in uno stato di ignoranza. Non può essere nemmeno, strettamente parlando, il "sentimento" come Hume sosteneva, visto che il sentimento è mutevole. Ergo dobbiamo ammettere che il fondamento ci sia e non può essere "visto" con una conoscenza normale. Ma se vogliamo, tuttavia, giustificare l'esistenza di tali valori dobbiamo ammettere che possiamo pure conoscerli. Tale conoscenza non è "ordinaria", non è scientifica, non è semplicemente osservativa (né il sentimento né l'osservazione in fin dei conti ci possono dire cosa è bene, ovvero il "giudizio" non è riducibile all'osservazione e al sentimento e anzi il "giudizio" condiziona il sentimento e l'osservazione. Per esempio uno scienziato, giudicando, seleziona i dati interessanti...la nostra mente non è "una tabula rasa"). Dunque qualcosa come la cosiddetta "coscienza morale" (che forse è un "tipo" molto particolare di sentimento...) deve quanto meno esistere e deve almeno avere una coscienza parziale dei valori universali (visto che nel paragrafo precedente ho scelto che di credere che certe azioni sono effettivamente sbagliate e altre, invece, sono giuste ecc). Ma dunque, se la coscienza morale c'è, cos'è? su cosa si fonda? ecc Qui ahimé, ho quasi una vaga sensazione che si entra nella tanto odiata "metafisica" e/o nella "spiritualità"... Bon Voyage! :o ;D
Dunque le vere domande sull'etica sono: 1) esistono azioni che possono essere ritenute "sbagliate" e altre che possono essere ritenute "giuste" (o "neutre")? 2) Tale "etica" è puramente individuale o no, è arbitraria o ha almeno in parte qualcosa di "intersoggettivo" (se non oggettivo)? 3) se non è arbitraria su cosa si fonda? come possono conoscere questa sua parte non arbitraria e intersoggettiva? Ho una facoltà - innata o non innata - che mi permette di averne una conoscenza parziale o no? 4) l'etica si può fondare su qualcosa come il "sentimento", la conoscenza scientifica o la razionalità o una combinazione di esse? E tale combinazione è arbitraria o ha, almeno, una parziale non-arbitrarietà? Ci sono altre domande, ma adesso non me ne vengono in mente. :) Di certo è un problema molto serio, di difficile (se non impossibile soluzione :-\ :'( Forse la filosofia non riesce a dare una soluzione completa e definitiva su questa questione, ma forse una soluzione parziale sì :D Forse... ).
*ad esempio, mi sembra che alcune scuole buddhiste ritengono che "tutte le cose hanno un'esistenza dipendente". Altre ritengono che solo il Nirvana (o poco altro) invece è incondizionato, indipendente.
P.S. Purtroppo non credo di contibuire ancora alla discussione (purtroppo non ho molto tempo ...). Lascio questo scritto (e i vari link) come stimolo per la discussione.
Citazione di: cvc il 23 Maggio 2018, 11:43:03 AM
Citazione di: iano il 23 Maggio 2018, 11:17:59 AMSe sostituisci a principi universali ben compresi , principi ancor più universali che però sembrano gratuiti , allora si capisce perché tutto appare relativo.
Ovviamente sono tutt'altro che gratuiti , ma nascono dalla ricerca fisica che non ha nulla a che spartire con l'esperienza quotidiana , perciò appaiono gratuiti , come se tutto dipendesse da quel che passa per la testa di un pugno di geni , e non da fatti verificabili , che però la gente non è in grado di verificare.
Ma noi non stiamo parlando di quella relatività.
In sostanza parliamo del senso di insicurezza che deriva dalla fine dell'illusione che un qualunque testo , sacro o scientifico , possa dirci la verità.
Si può uscire da questo stato ansioso solo riflettendo su cosa sia questa verità , alla quale certamente Einstein coltivava l'illusione di poter accedere , sia pure per gradi , e riscrivendo di continuò il libro della verità , sempre più conforme a quello , che evidentemente per lui non era ancora stato pubblicato , quello di Dio.
Il fatto è che per la maggioranza di noi un libro sempre più vero non è anche necessariamente più credibile , così che appaia relativo nel senso negativo che si da' al termine.Appare gratuito cioè, anche quando ci fidiamo del fatto che non lo sia , così tutto in quel senso negativo appare relativo.
Questo ribaltamento delle idee di Einstein deriva dal fatto che la maggioranza di noi non ha più accesso ai libri di Einstein di quanto Einstein ne avesse ai libri di Dio , anche se tutti , noi ed Einstein , ci illudiamo di averlo.
Ma la lettura di un libro è veramente utile se lo si legge senza pregiudizi , come può essere ad esempio l'idea che , anche se non ho ancora letto il libro , so' però che in quel libro Dio non gioca a dadi.
E come faceva a saperlo?
Probabilmente grazie allo stesso meccanismo che ci porta noi a dire che Einstein credesse che tutto è relativo.
Da questa analogia si evince che per comprendere là genialità di Einstein non si dovrebbe dimenticare la sua profonda umanità , che essendo uguale alla nostra , almeno quella dovremmo comprenderla.
Poi è ovvio che è impossibile non avere pregiudizi , perché il cumulo di ogni conoscenza di ogni tipo è esso stesso un pregiudizio .
Il problema nasce quando devi rimettere ordine in questo cumulo , perché fatti obiettivi ti costringono a farlo.
Tornado a quello che è l'argomento non detto di questa discussione ,quello del disagio che induce discussioni simili , una cura del disagio non è negare le cause che lo determinato.
In un cartone animato di Masha e Orso , dove giocano a nascondino , Masha si tappa gli occhi , convinta che non potendo vedere così Orso , allora Orso non possa vedere lei.
Ecco , questo mi sembra il modo in cui a volte cerchiamo di curare il nostro disagio.
Chiudiamo gli occhi su tutto ciò che ci provoca dolore così il dolore sparisce.
Questo sembra essere lo scopo di tante discussioni aperte sul forum , come questa.
Il relativismo esistenziale credo derivi dalla mancanza di ideali condivisi. Quando oggi senti parlare di condivisione pensi a dei file multimediali come foto, video, tracce musicali e altre amenità. Altro valore ha la condivisione quando si tratta di ideali. Fra i bisogni primari dell'uomo ci sono quelli di condividere e di appartenere. Ma se manca una matrice culturale condivisa la società è vuota. E perché manca? Credo sia questione di stile di vita. La rivoluzione tecnologica ha portato alla stereotipatizzazione dei comportamenti. Quello che negli anni 60 e 70 era considerato come un pericolo, ossia il conformismo, oramai è diventato parte del nostro dna. Chi si differenzia dal gregge non è più visto con curiosità o interesse, ma viene semplicemente isolato o perseguitato. Anche i comportamenti tipicamente trasgressivi non lo sono più. I tatuaggi, i tagli di capelli particolari, la disinibizione sessuale, tutto parte da un implicito endorsement a priori di una civiltà che è assuefatta a tali comportamenti. Ma in questa conformità apparente di comportamenti siamo poi divisi dalla mancanza di ideali profondi condivisi. Forse perché ciò implicherebbe un certo sforzo intellettuale che questa società rigetta, in quanto troppo impegnata alla ricerca di gratificazioni immediate del proprio ego.
Direi che è perfetto quello che dici , anche se i riferimenti alla recente,storia non sono necessariamente pregnanti , per quanto ci tocchino.
Se la moralità è deficitaria , se manca condivisione, la società si sfalda .
Questo forse vuol dire che per tutti la società è un bene , trovando questo bene origine nel nostro essere animali sociali.
Perché questo bene si realizzi bisogna condividere qualcosa , su cui fondare la società. Delle regole che non sono un bene in se' , ma che tendono a realizzarlo.Sono regole relative , che però vanno fissate e bisogna trovare il modo di farle rispettare , se vogliamo vivere in società.
Quindi se l'operazione va' a buon fine , queste regole saranno viste come il bene , e se vogliamo società non eterne e immobili , ma sufficientemente stabili per un tempo ragionevole , per quel tempo dovremo credere quelle regole buone .
Chiaro che noi siamo nel mezzo di un cambiamento di quelle regole , che poi è anche il momento migliore per capire davvero cosa è la morale ,perché è il momento in cui là si sta smontando per ricostruirla.
Nessuno voleva rompere il giocattolo , ma visto che ormai è rotto vediamo come è fatto.
@Apeiron.
Mi sembra che hai fatto un quadro completo della questione nella sua complessità.
Una complessità tale per cui disperiamo di trovare una risposta.
In questi casi mi chiedo sempre se davvero non c'e' una risposta , oppure se la risposta è sotto i nostri occhi , ma preferiamo ignorarla per le implicazioni che comporta.
Io la risposta la intravedo e ho provato ad abbozzarla rispondendo a Viator.
La morale è qualcosa da riferire sempre ad una precisa società, che come ogni società nasce dal fatto che gli uomini in parte sono esseri sociali (non siamo come le formiche , ma in qualche modo le richiamiamo 😅 ).
Dunque , se questa risposta nella sua semplicità è corretta , da cosa nasce il nostro disquisire di una moralità universale?
Credo sempre dal nostro istinto sociale , per cui se è vero che le società sono necessariamente limitate e la loro morale evidentemente relativa , l'istinto continua a premere per un allargamento della società e la ricerca di una morale buona per tutti e per sempre sembra un buon modo di arrivarci.
Io sono d'accordo con te , ma temo solo perché io e te siamo parti ben integrate della stessa società.
Osservare la moralità dal punto di vista storico , e cioè dal punto di vista dei fatti , anche quando non servisse è inevitabile che si faccia.
Questa storia ci dice che ciò che è male verso i comunitari può essere bene verso gli extracomunitari , o , forse ancor peggio , ciò che è bene per i comunitari deve esserlo anche per gli extra.
Se si è convinti che esista una etica sola , allora è la nostra ,e su questo non c'e individuo di qualunque società che non concordi.
Questo,è condiviso da tutti , ma non perciò è bene, sempre per rispondere a Viator.☺️
Quindi forse pensare che esista una etica assoluta non sembra molto etico, o no?😅
Temo che la società sia fondamentale rispetto all'etica, e noi non scegliamo l'etica come non scegliamo da chi nascere , ma ci limitiamo normalmente ad approvarla.
Quindi non si può parlare di una etica assoluta , di un bene che sia bene per tutti?
Se l'etica è relativa , ma relativa di fatto ad ogni società piuttosto che ad ogni individuo ,è BENE capire e rispettare le altrui etiche .
E' una fatica , ma a fin di bene.😅
Un altro fatto interessante da osservare , a supporto di quanto dico , è che sembra che le dinamiche della rete nel mondo globalizzato confermino che le società siano fondamentali rispetto ai credi su cui si fondano , come dire che le società nascono per partito preso.
Quando siamo riusciti a convincere i russi che il loro comunismo reale era un male la Russia 🇷🇺 è finita , e i russi hanno sentito ciò come un male.
Oggi che un dittatore ha ricostruito la,Russia i russi sentono ciò come un bene.
Ho semplificato , ma la sostanza è questa.
Come dire , comunismo o non comunismo , purché Russia sia.
La mia,risposta dunque è semplice , per non dire banale e anche un po' bruttarella , diciamolo.
Sara' per questo che non vogliamo vederla?
Citazione di: iano il 22 Maggio 2018, 19:51:13 PM
Citazione di: epicurus il 22 Maggio 2018, 09:23:14 AM
Citazione di: iano il 21 Maggio 2018, 18:38:40 PM
Tutto è relativo , ad eccezione di questa frase.
Ciao Iano, ho sempre trovato questa soluzione insoddisfacente.
Prima di tutto tale proposizione pare decisamente molto sospetta. Dice di ogni cosa che è relativa, tranne se stessa... compie un'eccezione su se stessa, solo su se stessa. Da un punto di vista epistemologico mi pare poco credibile: perché tutto, proprio tutto, è relativo tranne quella proposizione? Abbiamo una teoria che spieghi questo senza assumerlo dogmaticamente e come fatto bruto? La risposta è no: perché tale spiegazione sarebbe relativa...
Ma il problema non si limita a questo, secondo me. Il problema di fondo è logico-linguistico. Perché una proposizione abbia un senso si deve presupporre un numero molto ampio di questioni: il significato di tali parole, il significato di moltissime altre parole non presenti in quella frase (non ha senso pensare ad una lingua che ha solo quelle 8 parole), l'uso che di tali parole i parlanti fanno (che serve anche questo a fissare il loro significato) e alcune presupposizioni logiche che il linguaggio possiede (ad esempio da "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" possiamo inferire "Niente è assoluto tranne la frase di prima"?) ma anche concettuali (come il concetto assolutamente non banale dell'autoriferimento che la frase utilizza).
Quindi, a me pare, che "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" sia senza senso. ;)
Il fatto che la spiegazione della frase sarebbe relativa è coerente con la frase.
Esatto, ciò si deriva dalla frase stessa... il problema è che ciò che si deriva implica che tale tesi sia assolutamente infondata, cioè sia impossibile trovare alcun argomento a favore di tale tesi, perché tale argomento sarebbe relativo... Quindi è irragionevole sostenere la tesi "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase". Ma non solo... se tu fossi un bambino e qualcuno ti volesse spiegare tale frase non potrebbe, perché la spiegazione sarebbe relativa. Ma non solo: ma allora come si può arrivare a credere tale tesi se non possiamo spiegarcela neppure a noi stessi e non possiamo in alcun modo rifletterci su?
Citazione[...] io non do' a relativo il significato di falso , e non credo neanche si possa mai dimostrare che qualcosa di relativo sia falso , ne' tantomeno vero.
Quindi qual è il significato che tu usi qui di "relativo"? In che senso frasi come "Mattarella è l'attuale Presidente della Repubblica d'Italia" o "Ogni anno muoiono per scarsa alimentazione circa 1 milione di bambini sotto i 5 anni" sarebbero relative?
CitazioneSemplicemente a me non interessa la verità se non nella misura in cui la si possa raggiungere attraverso un atto di fede , che è il modo unico e solo di raggiungerla secondo me , e questo atto non perde valore per il fatto di essere relativo , o perché non riesco spiegarlo .
Un conto è ciò che a noi interessa o meno, un conto è ciò che accade nel mondo. La frase "Nel 2017 sono morti per scarsa alimentazione circa 1 milione di bambini sotto i 5 anni" è vera se nel 2017 sono morti per scarsa alimentazione circa 1 milione di bambini sotto i 5 anni. Può interessarti o meno, ma questo è.
CitazioneCon la mia frase non volevo sollevare problemi epistemologici o altro , ma valeva come un amichevole rimprovero a non cercare nella logica quello che la logica non può dare , la prova dell'assoluto.
[...]
Non si può più chiamare in ballo la logica e la scienza per dimostrare o confutare nulla di assoluto , perché l'assoluto non fa' parte del suo mondo.
Non si può rispondere con astuzie linguistiche, come forse ho fatto io , se non per cercare di spuntare le,armi di chi pensa di poterlo fare.
E questo ho fatto io.☺️
Quindi intendo bene che tu hai detto quella frase non come una seria proposta, ma per scherzo, anche se per fini per te importanti? Ok, se fosse così allora non farò certo le pulci ad una frase ironica. ;D
Per rispondere alla domanda del titolo: sì, in generale il relativismo ontologico e epistemologico sono autocontraddittori. Ma il relativismo etico è coerente.
Citazione di: sgiombo il 22 Maggio 2018, 22:54:05 PM
Citazione di: epicurus il 22 Maggio 2018, 14:44:10 PM
Sulla seconda, cerco di spiegare meglio quello che volevo dire. Se io dico "il gatto beve l'acqua dalla sua ciotola", ciò presuppone tutto quello che ho detto sopra (cioè un "mondo" vastissimo che intreccia questioni linguistiche, logiche, concettuali e di prassi umane), ma non è un problema. Il problema, invece, sorge quando dico "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" perché questa frase nega in qualche modo legittimità a tutto ciò che non è tale frase, cioè nega legittimità a tutto ciò che si dovrebbe presupporre quando si parla di qualsiasi cosa. Dato che tutto (ad eccezione di quella frase è relativo) allora deve essere relativo anche il significato di tali parole, quindi tale frase diviene priva di senso.
Credo che negare assolutezza sia diverso dal negare "legittimità" (in quanto frase; se per "legittimità" in quanto frase si intende "sensatezza", "non paradossalità").
Se per "legittimità" di una frase si intende la sua "sensatezza, non paradossalità, non autocontraddittorietà", allora mi sembra che dire "tutto é relativo tranne questa frase" non tolga legittimità a tutte le altre frasi (non dice che tutte le altre frasi sono insensate) e non la tolga a se stessa nel mentre che se la attribuisce (non dice di se stessa che é senza senso nel mentre che dice che é sensata; analogamente a "tutte le frasi tranne questa sono false" e contrariamente a "tutte le frasi compresa questa sono false").
A meno che ogni e qualsiasi frase sia necessariamente relativa (complessivamente, come "tutto intero") per il fatto di essere costituita dalla messa in determinate relazioni di determinate parole, ciascuna delle quali ha un significato costituito dalla messa in determinate relazioni di determinate altre parole (cosa sulla quale sono francamente in dubbio), nel qual caso dire "tutto é relativo tranne questa frase" (essendo la relatività una caratteristica intrinsecamente necessaria di ogni e qualsiasi frase) sarebbe come dire "questo quadrato é rotondo" (intendendosi ovviamente per "rotonda" una figura piana dal perimetro curvilineo e non costituito da quattro segmenti di retta uguali).
Sgiombo, parlavo di "negazione della legittimità" perché solitamente il relativismo ontologico ci restituisce una versione più o meno indebolita (dipende dal particolare tipo di relativismo ontologico) del concetto di "vero", perché la verità dipenderebbe da una precisa cultura, persona, epoca, ecc....
Ovviamente dipende quindi da come si intende "relativo" in questa discussione. E qui vale quello che ho detto sopra a Iano. Se io dico che "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" è vero per tutti e tutto, ma qualsiasi altra frase (come per esempio "Nel 2017 sono morti per scarsa alimentazione circa 1 milione di bambini sotto i 5 anni") può essere vera (per esempio) adesso, ma falsa domani, e che non ha senso dire che sia vero a prescindere dal momento in cui si dice, allora ci sono dei problemi... Perché il significato di "eccezione" (per esempio, o di una qualsiasi parola in tale frase) presente nella proposizione sarebbe relativo temporalmente, quindi tale tesi cesserebbe di essere pienamente sensata, cioè cambierebbe significato nel tempo, magari senza che i parlanti se ne rendano conto... E magari per me il principio di non contraddizione non vale, e per te vale, quindi per te "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" implica "Niente è assoluto, tranne l'altra frase"; mentre per me no, cioè varrebbe "Tutto è relativo, ad eccezione di questa frase" e anche "Tutto è assoluto, ad eccezione di quella frase".
@Epicurus.
Si il mio intento era in parte ironico.
Sono abbastanza ignorante di filosofia e quindi soggetto ad ogni critica per quel che dico , e le subisco con piacere (siamo qui per questo).
Per me verità e falsità esistono solo nell'ambito matematico.
Fuori da quell'ambito , seppur so' cosa siano , non so' dirti cosa siano ( per dirla al modo di Sant'Agostino ).
In ambito scientifico parlare di verità è secondo me fuorviante.
Le teorie non sono vere , e anche solo dire che vi tendono per quanto possa sembrare ragionevole , è solo una illazione non dimostrabile , e potenzialmente dannosa alla scienza stessa.
Relativo per me non è sinonimo di falso , perché equivarrebbe a dire che nella scienza tutto è falso , mentre invece nella scienza tutto è falsificabile e non è la stessa cosa.
Se non riesco a falsificare qualcosa che è falsificabile , questo non dimostra che sia vero.
Il fatto che le teorie trovino utile applicazione non significa che siano vere, ne' tantomeno nuove teorie ancora più efficaci sono più vere.
Non è questione di sospendere il giudizio di verità sulle teorie scientifiche, ma è improprio parlarne.
Quindi non è che siccome non sono vere , in quanto relative , allora sono false.
Non sono ne vere ne false , sono solo relativamente utili.
X Epicurus
Per me:
"vero" =/= "assoluto"
e
"relativo" =/= "falso"
sono contro il relativismo ontologico, ma non ho intenzione (e tempo...) di argomentare (e mi sembra un altro argomento).
In matematica si usano i termini vero e falso , ma non assoluto e relativo.
Oltre questo non vado e non so' cosa è il relativismo ontologico.
☺️
Se andiamo a veder cosa è la verità in matematica , a dirlo sembra cosa povera , se non fosse che poi meraviglia come un trucco di magia.
È vero che una cosa che dico in questo modo posso dirlo in quest'altro.
In effetti sembra povera cosa , ma rimane l'unica verità che conosca.
Il fatto che poi queste verità vengono usate per costruire teorie scientifiche , non significa che perciò queste sono vere.
La verità al di fuori di quest'ambito mi appare argomento ingenuo , non meritevole di studio e attenzione .Diciamo un buon alibi per la mia pigrizia ad approfondire certi argomenti.
Quando vedo quanti attributi si danno al relativismo già mi arrendo.😭
Sulle teorie scientifiche, io parlerei di "approssimazione di verità", altrimenti non si può che spiegare con la magia il fatto che le teorie scientifiche funzionano (e hanno una precisione incredibile).
Sulla questione più generale, capisco che "relativo" non è sinonimo di "vero". Ma allora mi piacerebbe avere una spiegazione più preciso del significato di "relativo" e quindi di cosa significherebbe una frase come "la proposizione 'Il 04/06/2018 il Presidente della Repubblica d'Italia è Mattarella' è relativiamente vera".
Citazione di: epicurus il 04 Giugno 2018, 14:24:52 PM
Sulle teorie scientifiche, io parlerei di "approssimazione di verità", altrimenti non si può che spiegare con la magia il fatto che le teorie scientifiche funzionano (e hanno una precisione incredibile).
Sulla questione più generale, capisco che "relativo" non è sinonimo di "vero". Ma allora mi piacerebbe avere una spiegazione più preciso del significato di "relativo" e quindi di cosa significherebbe una frase come "la proposizione 'Il 04/06/2018 il Presidente della Repubblica d'Italia è Mattarella' è relativiamente vera".
E' da un po' che questa discussione é sospesa, e pur rileggendo i nostri ultimi interventi non capisco bene il problema che (mi?) proponi.
Comunque la proposizione su (il golpista, N.d.R.) Mattarella é relativamente vera (fra l' altro, per lo meno) in quanto é vera relativamente al calendario oggi comunemente impiegato quasi ovunque (mi sembra si chiami "Gregoriano", se non erro), che pone l' anno della presunta nascita di Cristo come termine a quo, e non ad esempio per il calendario ebraico che parte dalla presunta creazione del mondo secondo la Genesi (per il quale il suddetto sarebbe P d R I in un anno preciso e ben calcolabile, anche se a me ignoto, intorno al 6000 o giù di lì, o al calendario musulmano che parte -in avanti e all' indietro- dall' Egira, per il quale lo sarebbe in un anno preciso e ben calcolabile, anche se a me ignoto, intorno al 1400 dopo l' Egira stessa o giù di lì.
Ma mi sembrava che la questione fosse se la frase "tutto é relativo tranne questa stessa frase" fosse autocontraddittoria o paradossale o meno (e non affatto -cosa ben diversa!- se fosse vera o meno, cioé se tutte le altre frasi fossero relative o meno).
E a questo proposito mi pare che essa non sia affatto in alcun modo paradossale, e che in particolare non abbia nulla a che fare col famoso paradosso "del mentitore".
A me sembra piuttosto oscuro (e ti chiederei a mia volta una spiegazione più precisa) il significato di "approssimazione di".
Se "predicato vero" = "predicato che dice che qualcosa é/accade realmente
(indipendentemente dall' accadere realmente o meno anche di tale predicato stesso)" e inoltre tale "qualcosa" é/accade realmente, oppure (predicato che dice) che qualcosa non é/non accade realmente (indipendentemente dall' accadere o meno pure di tale predicato stesso)" e inoltre tale "qualcosa" non é/non accade realmente, che é precisamente ciò che intendo per "verità (di un predicato)", allora che significa che le teorie scientifiche "si approssimano alla verità"?Secondo me, alla condizione indimostrabile (Hume) del divenire naturale ordinato secondo modalità generali universali e costanti (astraibili da parte del pensiero dai particolari concreti), oltre che di altre condizioni indimostrabili (come ad esempio la falsità del solipsismo e l' intersoggettività delle sensazioni materiali - naturali, o "res cogitans" per dirlo a là Cartesio), le teorie scientifiche sono vere almeno in parte e (banalmente) salvo (sempre possibili) errori. E così mi pare si possa spiegare, in alternativa alla magia o a "inverosimili colpi di culo", il fatto che le teorie scientifiche funzianano e hanno una precisione elevatissima, "incredibile".A quanto pare nella storia le verità scientifiche tendono ad incrementarsi in quantità, completezza nel descrivere il mondo materiale - naturale (che per me non esaurisce "il mondo" in toto), precisione, ecc., e in questo senso letterale tendono ad "approssimarsi" sempre più a una conoscenza vera completa del mondo materiale naturale stesso, ma ho la vaga impressione che non sia questo che tu intendi dire con "approssimazione di verità" riferito alle teorie scientifiche.
Citazione di: sgiombo il 04 Giugno 2018, 17:33:01 PM
Comunque la proposizione su (il golpista, N.d.R.) Mattarella é relativamente vera (fra l' altro, per lo meno) in quanto é vera relativamente al calendario oggi comunemente impiegato quasi ovunque [...].
Ma mi sembrava che la questione fosse se la frase "tutto é relativo tranne questa stessa frase" fosse autocontraddittoria o paradossale o meno (e non affatto -cosa ben diversa!- se fosse vera o meno, cioé se tutte le altre frasi fossero relative o meno).
E a questo proposito mi pare che essa non sia affatto in alcun modo paradossale, e che in particolare non abbia nulla a che fare col famoso paradosso "del mentitore".
Inizialmente dicevo che "tutto é relativo tranne questa stessa frase" non ha molto senso perché le singole frasi presuppongono moltissimi aspetti del linguaggio e della logica. Ma, poi, invece di continuare in questa direzione, avevo semplicemente chieso di chiarire il concetto di "essere vero relativamente".
Tu mi parli della relatività della mia affermazione su Mattarella nel senso che ci sono molti possibili calendario che potremmo usare. Ma a me questo non pare problematico filosoficamente parlando. (Oltre al fatto che potrei dire "la proposizione 'Il 04/06/2018 del calendario gregoriano il Presidente della Repubblica d'Italia è Mattarella' è relativiamente vera".)
Citazione di: sgiombo il 04 Giugno 2018, 17:33:01 PMA me sembra piuttosto oscuro (e ti chiederei a mia volta una spiegazione più precisa) il significato di "approssimazione di".
Se "predicato vero" = "predicato che dice che qualcosa é/accade realmente (indipendentemente dall' accadere realmente o meno anche di tale predicato stesso)" e inoltre tale "qualcosa" é/accade realmente, oppure (predicato che dice) che qualcosa non é/non accade realmente (indipendentemente dall' accadere o meno pure di tale predicato stesso)" e inoltre tale "qualcosa" non é/non accade realmente, che é precisamente ciò che intendo per "verità (di un predicato)", allora che significa che le teorie scientifiche "si approssimano alla verità"?
Secondo me, alla condizione indimostrabile (Hume) del divenire naturale ordinato secondo modalità generali universali e costanti (astraibili da parte del pensiero dai particolari concreti), oltre che di altre condizioni indimostrabili (come ad esempio la falsità del solipsismo e l' intersoggettività delle sensazioni materiali - naturali, o "res cogitans" per dirlo a là Cartesio), le teorie scientifiche sono vere almeno in parte e (banalmente) salvo (sempre possibili) errori. E così mi pare si possa spiegare, in alternativa alla magia o a "inverosimili colpi di culo", il fatto che le teorie scientifiche funzianano e hanno una precisione elevatissima, "incredibile".
A quanto pare nella storia le verità scientifiche tendono ad incrementarsi in quantità, completezza nel descrivere il mondo materiale - naturale (che per me non esaurisce "il mondo" in toto), precisione, ecc., e in questo senso letterale tendono ad "approssimarsi" sempre più a una conoscenza vera completa del mondo materiale naturale stesso, ma ho la vaga impressione che non sia questo che tu intendi dire con "approssimazione di verità" riferito alle teorie scientifiche.
No, invece la intendo proprio come te. In particolare quando scrivi: "A quanto pare nella storia le verità scientifiche tendono ad incrementarsi in quantità, completezza nel descrivere il mondo materiale - naturale (che per me non esaurisce "il mondo" in toto), precisione, ecc., e in questo senso letterale tendono ad "approssimarsi" sempre più a una conoscenza vera completa del mondo materiale naturale stesso".
Citazione di: epicurus il 06 Giugno 2018, 10:46:23 AM
Inizialmente dicevo che "tutto é relativo tranne questa stessa frase" non ha molto senso perché le singole frasi presuppongono moltissimi aspetti del linguaggio e della logica. Ma, poi, invece di continuare in questa direzione, avevo semplicemente chieso di chiarire il concetto di "essere vero relativamente".
Tu mi parli della relatività della mia affermazione su Mattarella nel senso che ci sono molti possibili calendario che potremmo usare. Ma a me questo non pare problematico filosoficamente parlando. (Oltre al fatto che potrei dire "la proposizione 'Il 04/06/2018 del calendario gregoriano il Presidente della Repubblica d'Italia è Mattarella' è relativiamente vera".)
CitazioneNon capisco perché, per il fato che ogni frase é (per definizione o tautologicamente) espressione del linguaggio e dunque della logica, non dovrebbe avere senso la frase "tutto é relativo (sottinteso: da un punto di vista filosoficamente rilevante, in senso filosofico e non ovviamente e banalmente logico) tranne questa frase" (che sia vera meno é un altro paio di maniche).
Ovviamente elementi di relatività non problematici filosoficamente, banalmente logici, cioé l' essere costituite da concetti (definiti stabilendo determinate relazioni fra altri concetti) messi fra loro in determinate relazioni, come quelli della frase su Mattarella, essendo inevitabili in qualsiasi frase, sono propri anche di quella n questione.
Citazione di: sgiombo il 07 Giugno 2018, 08:37:22 AM
Citazione di: epicurus il 06 Giugno 2018, 10:46:23 AM
Inizialmente dicevo che "tutto é relativo tranne questa stessa frase" non ha molto senso perché le singole frasi presuppongono moltissimi aspetti del linguaggio e della logica. Ma, poi, invece di continuare in questa direzione, avevo semplicemente chieso di chiarire il concetto di "essere vero relativamente".
Tu mi parli della relatività della mia affermazione su Mattarella nel senso che ci sono molti possibili calendario che potremmo usare. Ma a me questo non pare problematico filosoficamente parlando. (Oltre al fatto che potrei dire "la proposizione 'Il 04/06/2018 del calendario gregoriano il Presidente della Repubblica d'Italia è Mattarella' è relativiamente vera".)
Non capisco perché, per il fato che ogni frase é (per definizione o tautologicamente) espressione del linguaggio e dunque della logica, non dovrebbe avere senso la frase "tutto é relativo (sottinteso: da un punto di vista filosoficamente rilevante, in senso filosofico e non ovviamente e banalmente logico) tranne questa frase" (che sia vera meno é un altro paio di maniche).
Ovviamente elementi di relatività non problematici filosoficamente, banalmente logici, cioé l' essere costituite da concetti (definiti stabilendo determinate relazioni fra altri concetti) messi fra loro in determinate relazioni, come quelli della frase su Mattarella, essendo inevitabili in qualsiasi frase, sono propri anche di quella n questione.
"Tutto è relativo tranne questa frase" è composta da delle parole con un determinato significato più o meno ambiguo (ad esempio la parola "relativo" ha un grande grado di ambiguità).
Prendiamo per esempio la parola "frase", che più o meno ha questo significato: unità minima di discorso dotata di significato compiuto senza l'apporto del contesto situazionale o di altro contesto verbale. Bene, è relativo o no che la parola "frase" abbia quel significato? Se sì, allora anche la frase "Tutto è relativo tranne questa frase" deve essere relativa; se no, allora tale frase è falsa perché non è vero che non esistono altre frasi relative.
E ancora:
"La frase 'Tutto è relativo tranne questa frase' è una frase sensata" è relativa?
"Le tautologie sono proposizioni vere" è relativa?
"Quello che io credo è sensato" è relativa?
"Esistono almeno 2 proposizioni relative" è relativa?
"La frase 'Tutto è relativo tranne questa frase' è composta da 6 parole" è relativa?
"In questo forum è stata detta almeno una frase non relativa" è relativa?
(Come vedi non sono entrato nella questione di cosa significhi "relativo" qui, perché il termine è così ambiguo che non saprei in che modo intenderlo in questa frase, tra i vari modi possibili.)
Citazione di: epicurus il 08 Giugno 2018, 14:58:41 PM
"Tutto è relativo tranne questa frase" è composta da delle parole con un determinato significato più o meno ambiguo (ad esempio la parola "relativo" ha un grande grado di ambiguità).
Prendiamo per esempio la parola "frase", che più o meno ha questo significato: unità minima di discorso dotata di significato compiuto senza l'apporto del contesto situazionale o di altro contesto verbale. Bene, è relativo o no che la parola "frase" abbia quel significato? Se sì, allora anche la frase "Tutto è relativo tranne questa frase" deve essere relativa; se no, allora tale frase è falsa perché non è vero che non esistono altre frasi relative.
E ancora:
"La frase 'Tutto è relativo tranne questa frase' è una frase sensata" è relativa?
"Le tautologie sono proposizioni vere" è relativa?
"Quello che io credo è sensato" è relativa?
"Esistono almeno 2 proposizioni relative" è relativa?
"La frase 'Tutto è relativo tranne questa frase' è composta da 6 parole" è relativa?
"In questo forum è stata detta almeno una frase non relativa" è relativa?
(Come vedi non sono entrato nella questione di cosa significhi "relativo" qui, perché il termine è così ambiguo che non saprei in che modo intenderlo in questa frase, tra i vari modi possibili.)
Ma "ambiguo" =/= "relativo".
Inoltre se é relativo il significato della parola "frase" per il fatto che si definisce mettendo in determinate relazioni altre parole, allora in questo senso (banalmente logico, intrinseco alla frase stessa e non per ciò che essa afferma circa la realtà) é relativo anche il significato di qualsiasi altra parola, e dunque di ogni e qualsiasi frase, essendo tutte le frasi costituite mettendo in determinate relazioni determinate parole.
N.B.: "tutto é relativo" =/= "tutte le frasi sono relative", con tutta evidenza intendendosi qui per "tutto" tutto ciò che é reale/accade realmente; ed é pur vero che in tutto ciò che é reale/accade realmente sono comprese le frasi reali (che sono/accade realmente siano dette, scritte o pensate), col che se la frase in questione si intende riferita letteralmente a tutto ciò che é/accade realmente, allora é falsa ma non per questo insensata (falso =/= insensato); anche se di fatto chi la afferma intende riferirsi (dicendolo relativo) a ciò che é reale non essendo mero pensiero, predicazione, frase, a tutti gli enti ed eventi reali (che possono essere denotati da frasi ma) che non sono (essi stessi) frasi, col che non necessariamente é (nemmeno) necessariamente falsa a priori (andrebbe verificato di fatto a posteriori).E infatti avevo precisato (e ora lo enfatizzo col grassetto):Non capisco perché, per il fatto che ogni frase é (per definizione o tautologicamente) espressione del linguaggio e dunque della logica, non dovrebbe avere senso (e avere uno o più sensi ambiguo -i =/= non avere senso) la frase "tutto é relativo (sottinteso: da un punto di vista filosoficamente rilevante, in senso filosofico e non ovviamente e banalmente logico) tranne questa frase" (che sia vera meno é un altro paio di maniche).Ben sapendo che:Ovviamente elementi di relatività non problematici filosoficamente, banalmente logici, cioé l' essere costituite da concetti (definiti stabilendo determinate relazioni fra altri concetti) messi fra loro in determinate relazioni, come quelli della frase su Mattarella, essendo inevitabili in qualsiasi frase, sono propri anche di quella in questione.Non conosco le risposte alle tue domande circa il fatto che siano relative talune frasi diverse da "tutto è relativo tranne questa frase"; non le so (e non mi interessa saperle) perché non so se la frase 'Tutto è relativo tranne questa frase' é vera (nel qual caso tutte le frasi di cui chiedi sarebbero ovviamente relative).So solo che la frase "tutto è relativo (in senso filosoficamente rilevante e non in senso ovviamente e banalmente logico, cioé nel senso di essere costituita dalla messa in determinate relazioni di determinati concetti il significato di ciascuno dei quali é dato dalla messa in determinate relazioni di determinati altri concetti) tranne questa frase", ovvero la frase "tutti gli enti ed eventi reali (che possono essere denotati da frasi ma) che non sono (essi stessi) frasi sono relativi" non é paradossale ma logicamente coerente, non "logicamente problematica", esattamente come la frase "tranne che questa, tutte le altre mie frasi sono false" e ben diversamente da "io mento", ovvero "tutte le mie frasi (compresa questa) sono false" (che poi sia anche vera o meno é tutt' altra questione).
Salve. Perdonate la sciocca e superficiale intrusione. Spero solo di non star rendendo più complessa ed oscura la trattazione di questo argomento.
Tutto è relativo mentre il Tutto è l'Assoluto.
Salve. Un'appendice al mio intervento precedente : secondo me è curioso esaminare se esista un rapporto tra relativo ed Assoluto.
Tanto per cominciare c'è il termine "rapporto" il quale dovrebbe evidenziare il fatto che potrebbe esistere appunto una relazione tra relativo ed Assoluto.
Diciamo subito che l'Assoluto è necessariamente unico, il che comporta l'esistenza di almeno due (in realtà, infiniti) enti relativi (se ce ne fosse solo uno, esso non potrebbe quindi che essere l'Assoluto !). Ciò va letto come il tramite, il passaggio dall'unicità del mondo alla molteplicità dei suoi componenti.
Ancora più singolare il fatto che l'unicità dell'Assoluto, risolvendosi nella molteplicità dei relativi, una volta che li includa tutti divenga quindi ovviamente la totalità dei contenuti del mondo. Cioè ci appare il Tutto che quindi non è che l'Assoluto rigorosamente singolare dal quale siamo partiti.
Perciò la molteplicità dei relativi - che rappresenta l'unica realtà vivibile dagli umani - nasce dalla singolarità (l'Assoluto), vive appunto di molteplcità (i relativi) ed infine "muore" nuovamente nella singolarità (il Tutto).
Ma tornando all'inizio, come può esistere una relazione tra Assoluto e relativo? Ovvio che se essa esistesse, rappresenterebbe la negazione dell'esistenza dell'Assoluto, il quale si rivelerebbe con ciò relativo.
Per mantenere in piedi la distinzione Assoluto/relativo, dobbiamo quindi postulare che l'Assoluto non sia in relazione con alcunchè. Poichè poi il concetto di Tutto rappresenta un semplice sinonimo di assoluto, ciò implicherebbe che il Tutto non sia in relazione con le sue parti.
In che modo dimostrare logicamente che l'Assoluto/Tutto non è in relazione con le sue parti? Semplice: Assoluto e Tutto restano identicamente sè stessi indipendendentemente dall'esistenza di qualsiasi loro parte. Il loro significato resta valido ed integro sia aggiungendo che togliendo una qualsiasi quantità di relativi (basta che ne restino al minimo due !). Quindi cade ogni relazione tra il concetto di Tutto e l'esistenza delle sue parti.
Ribadendo, l'Assoluto non è in relazione con i singoli relativi che pure contiene, ma è in relazione con la loro totalità, cioè con sè stesso, visto che Tutto ed Assoluto sono sinonimi.
Queste considerazioni secondo me sono quelle che permettono di sancire la validità della massima che presentavo nel mio intervento precedente che qui ora replico : "Tutto è relativo ma il Tutto è Assoluto".
D'altra parte io ho sopra affermato che la molteplicità dei relativi nasce e muore nell'unicità del Tutto/Assoluto. Devo a questo punto sconfessarmi ?.
Secondo me, non necessariamente. Tutto ed Assoluto sono solamente puri concetti umani e solo per questa ragione riescono a sfuggire al rapporto con gli enti relativi del mondo fisico. Nascono e muoiono solo nelle nostre menti come estrapolazioni "ad infinitum" della nostra limitata esperienza fatta solo di percezione e conoscenza del relativo..
Credo di concordare per lo meno in larga misura (se ben capisco).
Il pensiero umano (e dunque la conoscenza umana) é messa in relazione di concetti, ciascuno dei quali definiti attraverso la messa in relazione di altri concetti.
Dunque dell' assoluto si può ragionare solo "adobrandolo", per così dire, solo in negativo, come di caratteristica che non é e non può essere propria del pensiero, delle conoscenze, delle realtà oggetto di conoscenza (umana), o al massimo come di una sorta di limite cui può tendere asintoticamente, non potendolo mai raggiungere pur avvicinandoglisi, la conoscenza (umana).