In questo topic non intendo minimamente vagliare le varie teorie sulla natura "oggettiva" del tempo; voglio, invece, esaminare esclusivamente la sua natura strettamente "soggettiva", e, cioè, il modo con cui "IO" lo percepisco (e, presumo, anche gli altri esseri umani).***Sotto tale aspetto, senza voler entrare nel merito della teoria per la quale il tempo è un "continuum" nel quale tutti gli istanti sono coesistenti, ovvero della "teoria della relatività", ovvero ancora della "teoria delle stringhe", della "teoria dei mondi paralleli" ecc. ecc., la mia "esperienza personale" del tempo mi rivela in modo inequivocabile che, per quanto mi riguarda:- il passato "non esiste più", il che equivale a dire che, almeno per me, "non esiste affatto": NON C'E!- il futuro "non esiste ancora", il che equivale a dire che, almeno per me, "non esiste affatto": NON C'E!***Al riguardo, invero, non bisogna confondere la "percezione" del "reale", con:- la "memoria" del "reale" percepito in passato, che costituisce semplicemente un "evento ricostruttivo" che si svolge nel nostro cervello (come il ricordo di un fuoco che non brucia più);- la "previsione" del "reale", che si presume avverrà in futuro , che costituisce anch'esso un "evento ricostruttivo" che si svolge soltanto nel nostro cervello (come la previsione di un fuoco che non brucia ancora).***Ovviamente:- il primo evento è ormai "certo", in quanto "factum infectum fieri nequit" ("un fatto che è avvenuto, non può considerarsi come non avvenuto");- il secondo, invece, in maggiore o minore misura, è sempre "incerto" quanto al suo possibile verificarsi.Ma non è questo l'aspetto che intendo esaminare in questa sede; ed infatti, qui intendo rilevare soltanto che il passato e il futuro, "fenomenicamente" non esistono (cioè, sono sottratti alla mia attuale percezione diretta del "reale").*** Il che posso verificarlo anche adesso, con il bicchiere pieno d'acqua che è sulla mia scrivania.Lo guardo, mi riprometto di berlo e mi figuro mentalmente mentre lo berrò, prevedendo qualcosa che ancora non sto sperimentando nella realtà: questo, per me, è il FUTURO (il quale, quindi, non essendoci ancora, di fatto "non c'è").***Ecco, ho bevuto!***Lo guardo di nuovo, e mi ricordo di aver appena bevuto, ma è una cosa che non sto più sperimentando nella realtà: questo, per me, è il PASSATO (che, quindi, non essendoci più, di fatto "non c'è").***Quindi, "di fatto", per me il passato e il futuro "non esistono"; quantomeno a livello di realtà "attualmente" percepite.Fino a qui, almeno per la mia esperienza meramente soggettiva, non ci sono dubbi!***Il problema, invece, riguarda il "presente"!Esiste, oppure non esiste neanche lui, a livello di esperienza soggettiva?***Di primo acchito, mi verrebbe da rispondere che, a differenza del "passato" (che posso solo ricordare) e del "futuro" (che posso solo prevedere), il "presente" lo sto "sperimentando" proprio in questo "istante". Già, ma che cos'è un "istante"?***In fisica, gli "istanti" sono le coordinate sull'asse del tempo; per cui, allo spostamento nello spazio Δx sull'asse del tempo, corrisponde l'"intervallo" di tempo Δt, definito come la differenza tra due istanti:Δt01 = t1 − t0 = 2 s − 0 s = 2 sE fin qui non ci sono problemi!***Poniamo, ora, che l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 sia pari a 2 secondi; per cui, se stiamo osservando un fenomeno che si svolge tra questi due istanti di tempo, diciamo che la sua durata è di 2 secondi. Dei quali 2 secondi, però, in base ai ragionamenti precedentemente fatti:- 1 appartiene al passato, e, quindi, non esiste (più);- 1 appartiene al futuro, e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.***Mi rendo conto che, in questo modo, si ha l'impressione di cadere nelle aporie di Zenone: quella della "freccia" e quella di "Achille e la tartaruga".Ma non è esattamente così!***Ed infatti, senza voler necessariamente frazionare il tempo all'infinito, se è vero che l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 è pari a 2 secondi esatti, non c'è dubbio che:- uno di essi appartiene al "passato", e, quindi, non esiste (più);- l'altro appartiene al "futuro", e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.In mezzo ai due, invece, dove dovrebbe esserci il "presente", non c'è assolutamente "niente"; altrimenti avremmo che l'intervallo non è dato da "due secondi tondi", bensì da "due secondi più qualcosa", che costituisce l'intervallo tra i due!*** Tuttavia, visto che il tempo per come a me "sembra" di percepirlo, in fondo, è una "successione di eventi", i casi sono due:- o il tempo è un'illusione, quantomeno a livello percettivo;- oppure mi sto solo facendo le seghe col cervello...tanto per "passare il tempo"! ;)
***Propendo per la seconda ipotesi!(https://i.postimg.cc/L4bc0jSY/SEGHE-COL-CERVELLO.jpg)***
La seconda che hai detto .....
Scherzo ovviamente.
A mio parere , poiché tutta la "realta" individuale e' una "rappresentazione dell'esistente in cui siamo nostro malgrado calati" non si dovrebbe definire tale , tuttavia se mi rappresento qualcosa e' perché qualcosa di simile esiste ( l'unicorno , il drago ecc) Pertanto qualcosa di simile al tempo esiste anche se viviamo esclusivamente nel presente . Nel passato non posso ferirmi , nel futuro non posso ferirmi , mi ferisco nel presente. Tra l'altro il "passato" e' ricordo , ma il futuro e' ipotesi e non solo per l'individuo (non e piu' elemento soggettivo ma e' comune) Del resto dal momento presente in cui non avro' piu' aspettativa di futuro ne' ricordo del passato soggettivamente per me il tempo non sara' piu' del tutto , ma chi avra' l'onere di soddisfare le mie ultime volonta' continuera' ad essere in un presente anche se a me ( forse) estraneo.
Constatare che il passato e il futuro non ci sono, non è una mia percezione soggettiva, ma il risultato di un mio ragionamento.
Perché ciò che percepisco soggettivamente... è proprio il passato e il futuro!
Se non ho in mente alcun passato e nessuna aspettativa di futuro, sono io a non esserci. La situazione in cui mi trovo non ha alcun significato.
Solo quando un barlume di passato appare alla mia coscienza, allora inizio a esserci.
Essendoci, osservando questo mio passato e aspettando un futuro, allora, e solo allora, posso incominciare a osservare che in effetti questo passato e questo futuro in realtà non ci sono...
Ma è un'osservazione successiva, non originaria.
Originariamente, quando ancora non compare il passato e il futuro, io sono nulla.
Citazione di: atomista non pentito il 21 Settembre 2021, 12:58:46 PM
La seconda che hai detto .....
Scherzo ovviamente.
A mio parere , poiché tutta la "realta" individuale e' una "rappresentazione dell'esistente in cui siamo nostro malgrado calati" non si dovrebbe definire tale , tuttavia se mi rappresento qualcosa e' perché qualcosa di simile esiste ( l'unicorno , il drago ecc) Pertanto qualcosa di simile al tempo esiste anche se viviamo esclusivamente nel presente . Nel passato non posso ferirmi , nel futuro non posso ferirmi , mi ferisco nel presente. Tra l'altro il "passato" e' ricordo , ma il futuro e' ipotesi e non solo per l'individuo (non e piu' elemento soggettivo ma e' comune) Del resto dal momento presente in cui non avro' piu' aspettativa di futuro ne' ricordo del passato soggettivamente per me il tempo non sara' piu' del tutto , ma chi avra' l'onere di soddisfare le mie ultime volonta' continuera' ad essere in un presente anche se a me ( forse) estraneo.
Il problema è che l'"istante presente" non è tecnicamente determinabile, anche se a noi "sembra" di percepirlo; in realtà come cerchi di afferrarlo, è già precipitato dal futuro nel passato.Cercare di afferrare l'istante presente, è come cercare di abbracciare un fantasma! :(
Salve Eutidemo. Il tempo altro non è che il fluire degli eventi, cioè dell' ESSERE, inteso come concatenazione indistinguibile delle cause e dei loro effetti.
L'uomo può percepire tempo (e spazio) solo in via relativa (ovviamente soggettiva).
Il tempo si misura come numero di eventi che si verificano all'interno di un certo spazio. Quindi come "densità" degli eventi, dei fenomeni, delle "cause/effetti".
Il riferimento relativo degli eventi, quindi della "densità" del tempo e della VELOCITA' con la quale esso "scorre" è semplicemente il nostro metabolismo organico, biologico. Quella è la quantità di vita che ci tocca, e la velocità con la quale essa transita dipende dal metabolismo dell'osservatore, combinato ed interagente con la minore o maggiore quantità di effetti a noi esterni......che i nostri sensi riusciranno (o meno) a percepire.
Per lo spazio vale un ragionamento complementare (che in questo momento non sto ad illustrare), dal momento che la nostra percezione di esso risulta invece correlata alle nostre dimensioni corporee. (Vorrete mica che un batterio ed un elefante percepiscano in modo identico lo spazio che li circonda.........vero ?). Saluti.
Citazione di: bobmax il 21 Settembre 2021, 13:01:58 PM
Constatare che il passato e il futuro non ci sono, non è una mia percezione soggettiva, ma il risultato di un mio ragionamento.
Perché ciò che percepisco soggettivamente... è proprio il passato e il futuro!
Se non ho in mente alcun passato e nessuna aspettativa di futuro, sono io a non esserci. La situazione in cui mi trovo non ha alcun significato.
Solo quando un barlume di passato appare alla mia coscienza, allora inizio a esserci.
Essendoci, osservando questo mio passato e aspettando un futuro, allora, e solo allora, posso incominciare a osservare che in effetti questo passato e questo futuro in realtà non ci sono...
Ma è un'osservazione successiva, non originaria.
Originariamente, quando ancora non compare il passato e il futuro, io sono nulla.
Il fuoco passato e il fuoco futuro non mi bruciano, quindi si tratta solo di una mia idea senza alcun riscontro reale ;)
Citazione di: viator il 21 Settembre 2021, 13:13:17 PM
Salve Eutidemo. Il tempo altro non è che il fluire degli eventi, cioè dell' ESSERE, inteso come concatenazione indistinguibile delle cause e dei loro effetti.
L'uomo può percepire tempo (e spazio) solo in via relativa (ovviamente soggettiva).
Il tempo si misura come numero di eventi che si verificano all'interno di un certo spazio. Quindi come "densità" degli eventi, dei fenomeni, delle "cause/effetti".
Il riferimento relativo degli eventi, quindi della "densità" del tempo e della VELOCITA' con la quale esso "scorre" è semplicemente il nostro metabolismo organico, biologico. Quella è la quantità di vita che ci tocca, e la velocità con la quale essa transita dipende dal metabolismo dell'osservatore, combinato ed interagente con la minore o maggiore quantità di effetti a noi esterni......che i nostri sensi riusciranno (o meno) a percepire.
Per lo spazio vale un ragionamento complementare (che in questo momento non sto ad illustrare), dal momento che la nostra percezione di esso risulta invece correlata alle nostre dimensioni corporee. (Vorrete mica che un batterio ed un elefante percepiscano in modo identico lo spazio che li circonda.........vero ?). Saluti.
Sono d'accordo con te sul fatto che il tempo altro non è che il fluire degli eventi, cioè dell' ESSERE, inteso come concatenazione indistinguibile delle cause e dei loro effetti.Però noi non percepiamo in modo "attuale" nè il passato nè il futuro; ce li rappresentiamo solo a livello mentale.Il presente è il solo che percepiamo in modo "attuale", ma è così sfuggente, che è come cercare di abbracciare un fantasma!
Citazione di: Eutidemo il 21 Settembre 2021, 13:13:39 PM
Citazione di: bobmax il 21 Settembre 2021, 13:01:58 PM
Constatare che il passato e il futuro non ci sono, non è una mia percezione soggettiva, ma il risultato di un mio ragionamento.
Perché ciò che percepisco soggettivamente... è proprio il passato e il futuro!
Se non ho in mente alcun passato e nessuna aspettativa di futuro, sono io a non esserci. La situazione in cui mi trovo non ha alcun significato.
Solo quando un barlume di passato appare alla mia coscienza, allora inizio a esserci.
Essendoci, osservando questo mio passato e aspettando un futuro, allora, e solo allora, posso incominciare a osservare che in effetti questo passato e questo futuro in realtà non ci sono...
Ma è un'osservazione successiva, non originaria.
Originariamente, quando ancora non compare il passato e il futuro, io sono nulla.
Il fuoco passato e il fuoco futuro non mi bruciano, quindi si tratta solo di una mia idea senza alcun riscontro reale ;)
Appunto, un ragionamento.
Che si basa, è possibile, solo sulla base del passato.
Non è una percezione.
Nel presente mi taglio , nel passato mi sono tagliato , nel presente sanguino nel futuro non so. Non esistono passato e futuro ma il passato e' esistito , il futuro forse ( mi dovranno cucire ?) , MORIRO' DISSANGUATO ?
E' impossibile cogliere il presente con il pensiero, perché il pensiero è passato e il futuro è un'anticipazione basata sul passato. Il pensiero passa continuamente dal ricordo del passato e , sulla base di questo, all' immaginare il futuro. Per cogliere il presente il processo del pensare deve arrestarsi.
Siamo anche sensi , non solo pensiero elaborato , i sensi percepiscono sempre e solo il presente , con meno ........... mentali ( cit. Eutidemo) risulta anche piu' facile. 8)
Infatti ho scritto che è impossibile cogliere il presente con il pensiero.
Sono qui.
Citazione di: Eutidemo il 21 Settembre 2021, 12:32:34 PM
In fisica, gli "istanti" sono le coordinate sull'asse del tempo; per cui, allo spostamento nello spazio Δx sull'asse del tempo, corrisponde l'"intervallo" di tempo Δt, definito come la differenza tra due istanti:
Δt01 = t1 − t0 = 2 s − 0 s = 2 s
E fin qui non ci sono problemi!
***
Poniamo, ora, che l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 sia pari a 2 secondi; per cui, se stiamo osservando un fenomeno che si svolge tra questi due istanti di tempo, diciamo che la sua durata è di 2 secondi.
Dei quali 2 secondi, però, in base ai ragionamenti precedentemente fatti:
- 1 appartiene al passato, e, quindi, non esiste (più);
- 1 appartiene al futuro, e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.
***
Mi rendo conto che, in questo modo, si ha l'impressione di cadere nelle aporie di Zenone: quella della "freccia" e quella di "Achille e la tartaruga".
Ma non è esattamente così!
***
Ed infatti, senza voler necessariamente frazionare il tempo all'infinito, se è vero che l'intervallo di tempo tra gli istanti t0 e t1 è pari a 2 secondi esatti, non c'è dubbio che:
- uno di essi appartiene al "passato", e, quindi, non esiste (più);
- l'altro appartiene al "futuro", e, quindi, non esiste (ancora) neanche lui.
In mezzo ai due, invece, dove dovrebbe esserci il "presente", non c'è assolutamente "niente"; altrimenti avremmo che l'intervallo non è dato da "due secondi tondi", bensì da "due secondi più qualcosa", che costituisce l'intervallo tra i due!
***
Tuttavia, visto che il tempo per come a me "sembra" di percepirlo, in fondo, è una "successione di eventi", i casi sono due:
- o il tempo è un'illusione, quantomeno a livello percettivo;
- oppure mi sto solo facendo le seghe col cervello...tanto per "passare il tempo"!
;)
***
Propendo per la seconda ipotesi!
(https://i.postimg.cc/L4bc0jSY/SEGHE-COL-CERVELLO.jpg)
***
Ciao Eutidemo.
Temo che il tuo sia proprio invece un problema zenoniano.
Possiamo comunque ridurlo ad un problema matematico.
Ma prima di scendere nel dettaglio della questione vorrei proporti subito una soluzione.
Secondo il tuo esempio abbiamo un segmento lungo 2 secondi diviso in due, dove il primo secondo è il passato e il secondo è il futuro.
Ma il punto che divide in due il segmento appartiene sia al passato che al futuro.
Ma ciò è assurdo. Quindi abbiamo dimostrato che non appartiene ne' al passato nel al futuro, e lo diremo perciò presente, o anche Giovanni, ma non potremo certo dirlo presente ne' futuro.
Se lo volessimo riguardare come problema Zenoniano, quale io credo sia, lo si potrebbe tradurre come segue:
Dato un segmento lungo un secondo, se gli togliamo un estremo, quanto diventa la sua lunghezza?
Una possibile risposta è che non è variata, quindi è lungo ancora un secondo.
Quindi se il passato si prende un secondo nel tuo esempio e il restante lo prenota il futuro, ancora un punto resta, che aspetta solo di essere nominato.
Ma ora, senza uscire fuori da questi diletti , rilancio con un altra zenonaniata,posto di averti convinto. A me pare infatti che un istante è un puro concetto matematico nel quale "non avremmo il tempo" di percepire nulla, essendo la sua durata nulla.
Quindi, seppure abbiamo dimostrato che il presente , almeno in questi termini cavillosi, esiste, noi non potremmo però percepirlo.
Ma allora come facciamo a percepirlo?
La percezione infatti è un processo che richiede tempo.
Quindi, seppure il presente fosse un istante, la sua percezione non è istantanea.
Se il presente è un punto noi lo possiamo percepire solo se non viviamo esclusivamente in quel punto, ma dentro un segmento temporale abbastanza lungo da consentirci di percepire quel punto.
C'è una percezione del tempo e un tempo della percezione.
Tutto questo per dire che il tempo, posto che esista, è una cosa, e un altra è la sua percezione.
Noi possiamo parlarne solo perché lo percepiamo, ma la realtà vera non è la realtà della nostra percezione.
O forse e più giusto dire che la realtà della nostra percezione non esaurisce la realtà.
Noi percepiamo cose che esistono solo nella realtà della nostra percezione, come un punto o un istante e legati da una logica in base alla quale si può dimostrare che se un punto o un istante avessero luogo nella realtà fuori dalla nostra percezione, essi non potrebbero avere alcun effetto reale, quindi come se non esistessero.
Con ciò non intendo perorare la causa di una realtà quantizzata, perché quanto detto nel post precedente potremmo ripeterlo mettendo un quanto di tempo al posto di un istante senza provocare grossi cambiamenti di senso, a meno di non definire un quanto di tempo come il tempo minimo della nostra percezione, ma ciò puzzerebbe troppo di antropocentrismo.
Da un punto di vista concettuale infatti un quanto è stretto parente di un punto, ed entrambi assolvono alla stessa funzione.
L'istante e il quanto non esistono nella realtà, ma solo nei racconti sulla realtà.
Ciao Iano. :)
Come io stesso avevo scritto, la mia problematica è molto simile a quella "zenoniana"; però il mio approccio è alquanto diverso.
***
Ed infatti, come tu hai correttamente compreso, secondo il mio esempio abbiamo un "segmento temporale" composto da due secondi diviso in due, dove il primo è il passato e il secondo è il futuro; però a me non interessa affatto stabilire quale sia il "punto" che divide in due il "segmento temporale"!
Quello che io intendevo rimarcare, invece, è che, se ciascuno dei due secondi (uno passato e uno futuro) durano ciascuno un un tempo limitato ed esattamente "misurabile", a noi non avanza più alcun tempo "misurabile" da metterci in mezzo per separarli; altrimenti non sarebbero più "due secondi", bensi "due secondi più qualcosa", il che va contro la nostra premessa.
***
In altre parole, secondo me, non c'è nessuno "iato" tra passato e futuro, in quanto il primo fluisce nel secondo senza la benchè minima "soluzione di continuità" (ammesso che scorra realmente, e non si tratti di una mera illusione); per cui l'"istante presente" che li separa, secondo me è solo una illusoria convenzione della nostra mente e del nostro linguaggio.
Il "presente", cioè, almeno tecnicamente, "non esiste"!
***
Quello che noi classifichiamo come "presente", in realtà, è solo un "mix" mentale tra il "passato recente" e il "futuro prossimo"; che noi "fondiamo" concettualmente insieme per dare un senso al nostro discorso e alle nostre azioni.
Però, tecnicamente, neanche il "passato recente" e il "futuro prossimo" esistono, in quanto:
- il primo, per quanto recente, "non c'è più" (quindi, al netto dell'avverbio, in realtà "non c'è");
- il secondo, per quanto prossimo, "non c'è ancora" (quindi, al netto dell'avverbio, in realtà "non c'è").
***
Per cui, non esistendo nè il passato, nè il presente nè il futuro, tutto, per me, si potrebbe ridurre ad una illusione soggettiva per dare un senso alla "successione fenomenica degli eventi", la quale può essere vista:
- sia come un "liquido" fiume che scorre realmente in avanti;
- sia come un fiume "ghiacciato", sopra il quale la nostra "coscienza percettiva" scivola in avanti, dandoci l'illusione del "movimento" e del "tempo".
***
Tutto dipende dalla nostra scelta tra Eraclito e Parmenide!
***
Un saluto! :)
***
Un conto e' "quando succede " ed un conto e' "quando lo percepisco" , su questo sono assolutamente d'accordo, basta guardare un cielo stellato ed essere consapevoli che quell'immagine ( che e' la ns realta' soggettiva nel ns tempo soggettivo) e' una totale illusione , infatti se le distanze si misurano in migliaia , milioni di anni / luce quella che vediamo e' una immagine composta da molto tempo addietro ( e nemmeno uniforme/omogenea) pero' , a prescindere dall'osservatore esiste una sottostante realta' che genera l'illusione , realta' che ,ovviamente , nessuno in tutto l'universo potra' mai cogliere affidandosi ai sensi.
@Ciao Eutidemo.
Non si può dire che il tuo ultimo post manchi di interesse ( come tutti i tuoi post) quanto di coerenza.
Tuttavia devo notare che esso si basa su un assunto criticabile, e cioè che zero non valga come valore di una misura, e che anzi non sia proprio un valore.
Ma questa è cosa di cui abbiamo già discusso, di come lo zero abbia faticato e ancor fatichi ad essere ammesso fra i numeri, e prima ancora di lui la stessa unità.
Ciò vale più in generale per i concetti matematici nuovi, i quali faticano ad affermarsi, ma quando ci riescono non mancano poi di disegnare nuovi mondi che riescono a resistere alla verifica dei fatti, come quello che con le geometrie non euclidee ha disegnato Einstein.
Il mondo di Einstein però non ne esclude altri alternativi come quello quantistico, per cui, obtorto collo, a quanto pare Eraclito , Parmenide e compagnia possono coesistere.
Motivo per cui è da un po' che io ho smesso di cercare la verità dentro e con la filosofia, intesa in senso largo, scienza compresa, e siccome non vedo altri mezzi per cercarla , ho proprio smesso di cercarla.
Da un punto di vista matematico è ammesso rappresentare il presente con un punto purché poi non si creda che la rappresentazione del presente coincida con la sua realtà.
Ma questo vale per ogni cosa che rappresentiamo, presente compreso.
Detto in metafora, il tempo fisico è un metronomo che aiuta a collocare eventi dentro una storia che scorre; la percezione, in termini di coscienza , è la capacità di presentificare, seppur dentro il metronomo fisico( perché anche pensare dura un tempo, anche parlare dura un tempo) eventi passati e futuri. Ma laddove gli eventi storicizzati fisicamente dal metronomo hanno avuto anch'essi percezioni di coscienza. Il che significa che l'emotività, la psiche, insomma la coscienza ha la capacità di riemozionare il passato nel presente e dare al futuro presentificato (mentre daccapo il metronomo continua a battere il tempo fisico) un'emozione dell'ora e adesso pensando e quindi presentificando il futuro.
Il tempo nella coscienza ,per usare due termini di Bergson , ha durate e simultaneità che non appartengono al tempo fisico, essendo quest'ultimo neutro. Per cui il tempo di una giornata essendo vissuto prima di tutto dalla coscienza , ha durate inferiori, superiori o uguali a quello fisico.
Il tempo convenzionale della scienza, utile ai suoi calcoli, e il tempo antropologico non sono né commensurabili, né convertibili, perche hanno unità di misura diverse. Il tempo cronometrico ha come unità di misura grandezze convenzionali derivate da eventi astronomici. L'unità di misura del tempo antropologico è la vita umana, suddivisibile in sottomultipli di frammenti esistenziali. La verifica dell'incommensurabilità è facile confrontando il tempo cronometrico percepito durante una coda alle poste e durante un amplesso.
Quale dei due sia il tempo "vero" è materia oziosa per chi ha tempo da perdere. Ma dovendo fare riflessioni filosofiche ritengo più interessante nella sua variabilità, così simile al tempo atmosferico, e denso di significato, il tempo antropologico.
Nella mia visione come ammetti anche tu in ouverture, del tempo fisico (o di quello biologico) non so che farmene.
Ma dalla mia posizione idealista, il tempo è esattamente la differenza tra t2 e t1.
Naturalmente devo partire da uno posizione successiva temporale, rispetto al mio percetto.
Lo spiega Hegel in ouverture, e lo vedremo insieme quando aprirò il gruppo di studio sulla fenomenologia.
Se vedo un albero, ma poi mi giro, non so più se quell'albero esiste ancora.
E' solo quando ritorno alla posizione originaria, che posso dire di rivedere lo stesso albero, più o meno.
Come direbbe Peirce che reinterpreta le categorie kantiane, è la serie inferenziale delle percezioni che costituisce quell'unità che chiamiamo a posteriori tempo.
Ma il tempo è un illusione.
Infatti la tua domanda è se esista o meno un t0.
Nella fenomenologia classica esso esiste, ed è la posizione originaria, da cui si costituisce la spirale dei pensieri.
Ossia è Dio.
Ma in realtà non esiste un soggetto che possa percepire un t0.
In quanto il soggetto inizia solo con t2, nemmeno con t1.
Vi è certo una relazione tale che t2-t1 da un nuovo t1 che deve aspettare un t3 etc...
Dunque il tempo esiste ma (in quanto soggetti) non sappiamo cosa è.
La relazione ipotetica tra t1 e t0 è il Dio Ur. La condizione primo-genitale, uterina, pre-fetale. E' la posizione dell'intero occidente (e ora anche dell'oriente).
Una posizione che Severino chiamava "folle". Concordo col nostro.
Per Severino il tempo è la necessaria negazione affinchè vi sia un soggetto.
Ma questo soggetto, è nichilista. In quanto si pensa immortale, in quanto figlio del Dio Ur.
In questa posizione non vi è salvezza alcuna.
Etc..etc...il tema del tempo come dello spazio è alla base di tanta ideologia e metafisica.
Si può assumere, ma con consapevolezza che si tratta di una ricostruzione, di una genealogia, il cui valore veritativo è pari allo zero, da cui deduce se stessa.
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930***Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!***Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!***Un saluto! :) ***
Citazione di: Eutidemo il 23 Settembre 2021, 06:06:16 AM
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
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Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
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Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
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Un saluto! :)
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È quel quasi che mi preoccupa, infatti.😅
Lo spunto che ci dai è comunque non banale e molto stimolante.
Non si può non considerare infatti che l'essere è dato nel presente, e che se questo non esiste allora l'essere non è. Non vi è alcun oggetto.
Si può ancora notare che proprietà attribuite agli oggetti, come ad esempio una velocità, non sarebbero proprie dell'oggetto, come cosa esistente nel presente.
Infatti a rigore , per la fisica, esiste solo ciò che si misura, e ciò che si misura è una velocità media, non riferita quindi ad un oggetto propriamente detto, come esistente nel presemte, ma dentro ad un intervallo temporale non nullo, e quindi non esistente nel presente , e quindi come non esistente.
Per poter attribuire all'oggetto una velocità istantanea occorre eseguire un calcolo infinitesimale, come processo al limite, riferito quindi ad un oggetto che però esiste in un tempo che non è limitato al presente.
Se possiamo, seppure indirettamente, attribuire una velocità istantanea, ad un oggetto, ciò prova che l'oggetto esiste, perché ne abbiamo prova indiretta, pur non avendone percezione istantanea.
Ciò dimostra che la nostra percezione, che sia quella sensibile o quella scientifica, prevede stratificazioni alla cui superficie sta ciò che appare.
Se occorreva una prova che il nostro rapporto con la realtà è indiretto ne abbiamo appena adesso illustrata una.
Percezione sensibile o scienza non fa' sostanziale differenza.
Sono modi diversi di fare la stessa cosa per tramiti stratificati.
In conclusione, o non esitono gli oggetti come li definiamo, come esistenti nel presente, o, se esistono, non hanno una velocità, e magari chissà' quanti altri attributi che gli riconosciamo chiudendo tre occhi.
Quando definiamo un oggetto lo facciamo con precisione e rigore, ma quando il gioco fuori dalle definizioni si fa' reale gli oggetti mostrano insospettabile flessibilità, fino a perdere la loro fisionomia.
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
Citazione di: iano il 23 Settembre 2021, 23:20:40 PM
Citazione di: Eutidemo il 23 Settembre 2021, 06:06:16 AM
Ciao Iano. :)
A dire il vero, io, con riguardo alla questione del tempo, io non ho mai parlato dello "zero", il quale, "matematicamente", è senz'altro un "numero" (quasi) come gli altri; non ho mai messo in dubbio una cosa del genere.
Vedi, al riguardo, il mio topic <<Lo "zero matematico", lo "zero fisico", lo "zero metafisico" e l'"Uno">>.
https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/lo-'zero-matematico'-lo-'zero-fisico'-lo-'zero-metafisico'-e-l''uno'/msg51930/#msg51930
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Per quanto, però, riguarda il "tempo percepito", "zero secondi" è un tempo assolutamente "non percepibile"; e, quindi, ai fini del presente topic denominato <<il tempo "percepito">>, è esattamente "tamquam non esset"!
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Per questo dicevo che cercare di "cogliere l'attimo fuggente", in realtà, è come cercare di "abbracciare un fantasma"!
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Un saluto! :)
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È quel quasi che mi preoccupa, infatti.😅
Lo spunto che ci dai è comunque non banale e molto stimolante.
Non si può non considerare infatti che l'essere è dato nel presente, e che se questo non esiste allora l'essere non è. Non vi è alcun oggetto.
Si può ancora notare che proprietà attribuite agli oggetti, come ad esempio una velocità, non sarebbero proprie dell'oggetto, come cosa esistente nel presente.
Infatti a rigore , per la fisica, esiste solo ciò che si misura, e ciò che si misura è una velocità media, non riferita quindi ad un oggetto propriamente detto, come esistente nel presemte, ma dentro ad un intervallo temporale non nullo, e quindi non esistente nel presente , e quindi come non esistente.
Per poter attribuire all'oggetto una velocità istantanea occorre eseguire un calcolo infinitesimale, come processo al limite, riferito quindi ad un oggetto che però esiste in un tempo che non è limitato al presente.
Se possiamo, seppure indirettamente, attribuire una velocità istantanea, ad un oggetto, ciò prova che l'oggetto esiste, perché ne abbiamo prova indiretta, pur non avendone percezione istantanea.
Ciò dimostra che la nostra percezione, che sia quella sensibile o quella scientifica, prevede stratificazioni alla cui superficie sta ciò che appare.
Se occorreva una prova che il nostro rapporto con la realtà è indiretto ne abbiamo appena adesso illustrata una.
Percezione sensibile o scienza non fa' sostanziale differenza.
Sono modi diversi di fare la stessa cosa per tramiti stratificati.
In conclusione, o non esitono gli oggetti come li definiamo, come esistenti nel presente, o, se esistono, non hanno una velocità, e magari chissà' quanti altri attributi che gli riconosciamo chiudendo tre occhi.
Quando definiamo un oggetto lo facciamo con precisione e rigore, ma quando il gioco fuori dalle definizioni si fa' reale gli oggetti mostrano insospettabile flessibilità, fino a perdere la loro fisionomia.
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
Il tuo è un ragionamento molto appropriato; e, almeno secondo me, pienamente condivisibile.In particolare mi è piaciuta la tua formulazione "Ci sono modi diversi di fare la stessa cosa per tramiti stratificati." ;)
Citazione di: iano il 23 Settembre 2021, 23:20:40 PM
Eppure è come se avessero un loro "io" che c'è lì fa' individuare , come quando incontriamo un amico dopo tanti anni, trasformato, eppure è proprio lui, senza dubbio.
Oddio Iano è proprio la posizione di Husserl! Io però lo chiamo il "delirio di Husserl".
Infatti se è vero che l'oggetto si dà misteriosamente a noi, è anche vero che questo mistero è nel soggetto che noi non siamo, è proprio la nostra spiritualità che è in ballo, cioè è l'io spirituale che percepisce e non il soggetto percepente, e l'oggetto che volontariamente si fa percepire in una sola parola l'intenzionalità (husserliana).
Soggetto (sintesi positiva) e l'oggetto (sintesi passiva) che si incontrano dietro l'oggetto, prima ancora che lo percepiamo direttamente, lo immaginiamo cioè.
In queste regioni dello stratificato, come lo avete chiamato, risiede ancora molta filosofia ontologia a venire. Bravi.
Io rimango invece al mio quadrato che sono un soggetto in un tempo determinato.
;)