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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: iano il 28 Marzo 2018, 00:38:05 AM

Titolo: Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 00:38:05 AM
Se l'universo è infinito / finito , ed è eterno , nessun problema , mi sembra.
Possiamo paragonarlo ad una eterna retta o segmento.
Se è infinito e ha avuto un inizio e/o avrà' un termine , qualche problema forse c'è ; possiamo immaginare una retta o una semiretta , dove il punto estremo di quest'ultima è la nascita o la sua morte.
Un universo infinito / finito che abbia un termine senza aver un inizio qualche problema infatti lo pone ;
avrebbe un termine pur avendo una durata infinita , e forse per questo nessuno lo ipotizza.
Tuttavia da un punto di vista logico non vale meno di un universo che inizia senza mai finire.
Ma concentriamoci sul caso di un universo infinito che abbia una nascita e /o una morte.
Questi eventi  , nascita e morte , se l'universo è infinito ,  non potrebbe essere che istantanei.
Infatti se avessero una durata ciò comporterebbe che l'universo si crei o si distrugga pezzo dopo pezzo , senza mai giungere ad essere infinito e/o senza poter mai poter finire.
Che l'universo sia finito mi sembra quindi l'ipotesi più compatibile con l'ipotesi di una sua nascita e/o morte che non siano istantanee.
Non si può escludere però che lo siano , come istantanea sembra l'opera della nostra immaginazione quando ci fa' vedere una retta infinita,come creata in un atto unico.
Potrete essere più o meno d'accordo su quanto fin qui esposto , criticandolo ed eventualmente integrandolo con vostre diverse osservazioni.
Ma nel farlo forse non riuscireste ad uscire dal paragone con rette ,  segmenti e semirette , e anche se spaziate su geometriche dimensioni maggiori , questo limite resta.
Si può provare a superarlo immaginando gli enti geometri come facenti parte a pieno titolo di questo mondo , o di un mondo parallelo affiancato, considerando l'universo come l'insieme dei due mondi.
In effetti questi due mondi sembrano convivere , che ci piaccia o meno , sia che uno dei due sia racchiuso nella nostra mente , sia che in essa getti le sue ombre.
I due casi però comportano conseguenze diverse non da poco.
Se quel mondo è dentro di noi allora ha dei limiti , che sono i nostri limiti , e la nostra conoscenza del mondo che di quel mondo ulteriore dentro di noi si serve , li erediterà.
Se quel mondo è fuori di noi ,e in noi solo si riflette , allora la nostra conoscenza se non è assoluta , però ne sembra figlia , e in noi è l'ombra dell'assoluto.
Insomma , ho descritto così una vecchia , ma sempre attuale diatriba, alla quale alla fine si arriva sempre a partire da un qualunque discorso , come ad esempio a partire dal nostro strano caso della "fine dell'infinito "
L'ambiguità è voluta al fine di far letteratura creando artificiosa sorpresa , ma va' da se' che l'infinito può finire se spazio e tempo sono ben distinti.
Ma lo sono?
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 08:57:03 AM
Secondo me, il quesito dovrebbe riguardare il possibile inizio del tempo. Infatti non è qualcosa che inizia ad essere, ma il tempo! Se il tempo inizia dove siamo noi, la nostra essenza, se non ancora in quell'istante in cui il tempo inizia?
E se così è, la nostra esistenza non assume forse una valenza esclusivamente etica?
Nel senso che abbiamo solo due possibilità: Essere o non essere. Siamo quando il nostro agire è conforme al nostro stesso essere. Quando non è conforme semplicemente non siamo.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 09:46:33 AM
Citazione di: iano il 28 Marzo 2018, 00:38:05 AM
Se l'universo è infinito / finito , ed è eterno , nessun problema , mi sembra.
Possiamo paragonarlo ad una eterna retta o segmento.
Se è infinito e ha avuto un inizio e/o avrà' un termine , qualche problema forse c'è ; possiamo immaginare una retta o una semiretta , dove il punto estremo di quest'ultima è la nascita o la sua morte.
Un universo infinito / finito che abbia un termine senza aver un inizio qualche problema infatti lo pone ;
avrebbe un termine pur avendo una durata infinita , e forse per questo nessuno lo ipotizza.
Tuttavia da un punto di vista logico non vale meno di un universo che inizia senza mai finire.
Ma concentriamoci sul caso di un universo infinito che abbia una nascita e /o una morte.
CitazioneUn universo per essere infinito può avere solo o un inizio oppure una fine (analogamente a una semiretta), ma non entrambi (inizio e fine, analogamente a un segmento di retta; che infatti é finito).

L' evidenziazione in grassetto nella citazione é mia.



Questi eventi  , nascita e morte , se l'universo è infinito ,  non potrebbe essere che istantanei.
Infatti se avessero una durata ciò comporterebbe che l'universo si crei o si distrugga pezzo dopo pezzo , senza mai giungere ad essere infinito e/o senza poter mai poter finire.
Che l'universo sia finito mi sembra quindi l'ipotesi più compatibile con l'ipotesi di una sua nascita e/o morte che non siano istantanee.
Non si può escludere però che lo siano , come istantanea sembra l'opera della nostra immaginazione quando ci fa' vedere una retta infinita,come creata in un atto unico.
Potrete essere più o meno d'accordo su quanto fin qui esposto , criticandolo ed eventualmente integrandolo con vostre diverse osservazioni.
Ma nel farlo forse non riuscireste ad uscire dal paragone con rette ,  segmenti e semirette , e anche se spaziate su geometriche dimensioni maggiori , questo limite resta.
CitazioneSu questo non sono d' accordo.
Un conto é il nostro "percorrere soggettivo" (fisicamente o anche solo mentalmente) un' universo spazialmente infinito, che richiede un tempo (infinito se lo si percorre a velocità finita): infinito in potenza (mai "attualmente", cioé di fatto, raggiungibile a velocità finita).
Un altro é l' "esistenza oggettiva" di un universo spazialmente infinito (infinito in atto) che secondo me nel tempo può logicamente sia non avere inizio e/o fine, sia avere inizio e/o fine, anche istantanei.
Non é necessario logicamente che un universo di estensione infinita (spazialmente) e di durata finita (temporalmente) si crei e/o distrugga pezzo dopo pezzo in un tempo finito ("a velocità finita") piuttosto che istantaneamente (in un tempo infinitamente piccolo, "a velocità infinita").



Si può provare a superarlo immaginando gli enti geometri come facenti parte a pieno titolo di questo mondo , o di un mondo parallelo affiancato, considerando l'universo come l'insieme dei due mondi.
CitazioneSecondo me si tratta della differenza per me "fondamentale" fra "essere" nel senso di "essere reale, accadere realmente", "essere realmente" (che si sia inoltre anche oggetto di considerazione teorica, pensiero o meno) ed "essere" nel senso di "essere considerato", essere oggetto di considerazione teorica, di pensiero, ipotesi, credenza, conoscenza vera o credenza falsa, ecc., cioé "essere pensabile", "essere concettualmente" (che inoltre si esita o accada realmente o meno).
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 10:04:32 AM
@Sciombro.
Grazie per le puntuali critiche.
Ma non credi che ad un concetto corrisponda  anche al minimo una realtà fisica , uno stato della rete neuronale, o un qualunque altro tipo di codificazione , dalla quale il concetto non può essere svincolato?
Capisco bene però l'esigenza da cui nasce la tua distinzione.
Se parliamo di due sistemi fisici che interagiscono sappiamo bene che la loro distinzione è convenzionale.
Quindi la distinzione che provi a fare potrebbe dipendere dal fastidio di doverci considerare noi stessi come frutto di una convenzione?
Se questo è il tuo disagio è anche il mio.Per superare questo disagio , e marcare una distinzione fra noi e il mondo , che non sia puramente convenzionale , suggerisco l'identità fra noi e il mondo ideale platonico.
Cioè, noi siamo la sede delle idee.
Che lo siamo non v'è dubbio . Io aggiungo che siamo l'unica sede autorizzata.
Questi due mondi interagiscono e i risultati di questa interazione è una loro modifica.
I mondi restano comunque distinti in modo non convenzionale , seppur su ognuno si proietta l'ombra dell'altro.
Mentre lo dico ammetto che mi sembra di raccontare una favola, ma forse quella di raccontare favole è proprio la nostra essenza e le favole stesse , non potendo esistere prive di una codificazione fisica , sono esse stesse parte della realtà.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 10:17:46 AM
Sgiombo:
Non c' é di che.

E grazie a te per la squisita cortesia!
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: epicurus il 28 Marzo 2018, 11:48:59 AM
Per aggiungere un pizzico di pazzia :D, c'è un'altra ipotesi: la vita dell'universo potrebbe essere una semiretta aperta.

Cioè, l'Universo potrebbe continuare ad esistere per sempre e non avere un'origine malgrado non sia infinito nel passato. In altre parole l'esistenza temporale dell'universo è compreso tra 0 e +∞, ma con lo 0 escluso dall'insieme! Questo potrebbe essere un modo di intendere la singolarità, ossia come "nulla"... con la fantasia mi posso avvicinare sempre più all'istante 0 del Big Bang, ma senza mai raggiungerlo.

Per quanto mi riguarda, ritengo che probabilmente tali questioni rimarranno sempre oltre la nostra conoscenza. E comunque dovrebbero riguardare più la fisica che la filosofia. Inoltre, sapete la mia propensione all'analisi filosofica-linguistica, quindi potete immaginare come mi strida nel cervello l'espressione "inizio del tempo".  ;D
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 12:18:12 PM
Il possibile inizio del tempo, così come previsto dalla teoria del Big Bang, dovrebbe far riflettere.
Ma certo non come fa il divulgatore Rovelli, che si interroga su cosa ci fosse prima (!).
D'altronde Rovelli é pure un atomista, il che la dice lunga sul suo pensiero filosofico...
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 13:11:33 PM
Citazione di: epicurus il 28 Marzo 2018, 11:48:59 AM
Per aggiungere un pizzico di pazzia :D, c'è un'altra ipotesi: la vita dell'universo potrebbe essere una semiretta aperta.

Cioè, l'Universo potrebbe continuare ad esistere per sempre e non avere un'origine malgrado non sia infinito nel passato. In altre parole l'esistenza temporale dell'universo è compreso tra 0 e +∞, ma con lo 0 escluso dall'insieme! Questo potrebbe essere un modo di intendere la singolarità, ossia come "nulla"... con la fantasia mi posso avvicinare sempre più all'istante 0 del Big Bang, ma senza mai raggiungerlo.

Per quanto mi riguarda, ritengo che probabilmente tali questioni rimarranno sempre oltre la nostra conoscenza. E comunque dovrebbero riguardare più la fisica che la filosofia. Inoltre, sapete la mia propensione all'analisi filosofica-linguistica, quindi potete immaginare come mi strida nel cervello l'espressione "inizio del tempo".  ;D
Ottima aggiunta la semiretta aperta😊
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 13:21:37 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 12:18:12 PM
Il possibile inizio del tempo, così come previsto dalla teoria del Big Bang, dovrebbe far riflettere.
Ma certo non come fa il divulgatore Rovelli, che si interroga su cosa ci fosse prima (!).
D'altronde Rovelli é pure un atomista, il che la dice lunga sul suo pensiero filosofico...
Prima del bang può esserci un crunch , e i due  potrebbero alternarsi ciclicamente.
Per continuare con i nostri paragoni geometrici avremmo una retta del tempo priva di un punto.
In effetti ne sappiamo davvero poco ancora e tutte le possibili domande e ipotesi sono ammesse.
Per quanto riguarda la divulgazione non è il vero mestiere di Rovelli , che è uno scienziato.
Mi pare però riesca a smuovere le acque stagnanti della divulgazione in Italia e a creare interesse diffuso per la scienza.Non male.Non male anche il fatto che abbia precise convinzioni filosofiche e le esponga.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 14:28:04 PM
Iano:
Ma non credi che ad un concetto corrisponda  anche al minimo una realtà fisica , uno stato della rete neuronale, o un qualunque altro tipo di codificazione , dalla quale il concetto non può essere svincolato?

Sgiombo:
Credo (ma per fede: non posso dimostralo) che ci sia una corrispondenza biunivoca fra certi stati funzionali di determinati cervelli e certi stati coscienti (non che siano la stessa cosa).
Ma se penso a un ippogrifo, allora (almeno potenzialmente) nelle esperienze coscienti di altri (osservatori) c' é un certo stato funzionale del mio cervello, esattamente come un certo altro stato funzionale c' é se penso a un cavallo reale.
La differenza é che nel primo caso ci sono (sono reali) solo il mio stato di coscienza e il corrispondente stato funzionale del mio cervello in altre coscienze e basta, mentre nel secondo caso c' é anche (almeno potenzialmente) il cavallo reale (nelle coscienze di coloro che lo percepiscano: "esse est percipi!" (Berkeley).


Iano:
Capisco bene però l'esigenza da cui nasce la tua distinzione.
Se parliamo di due sistemi fisici che interagiscono sappiamo bene che la loro distinzione è convenzionale.

Sgiombo:
Secondo me se sono vere alcune tesi indimostrabili (credibili solo per fede) tali che chiunque é correntemente considerato sano di mente (se pure non le credesse vere) per lo meno si comporta come se di fatto le credesse vere, allora i sistemi fisici sono reali e reagiscono realmente (come sono reali i cavalli e non gli ippogrifi).


Iano:
Quindi la distinzione che provi a fare potrebbe dipendere dal fastidio di doverci considerare noi stessi come frutto di una convenzione?

Sgiombo:
Mi considero reale e non frutto di una convenzione del tipo di quella che stabilisce che gli ippogrifi (puramente immaginari!) sono cavalli alati.
Anche se certa é solo la realtà della mia esperienza fenomenica cosciente e non di me come suo soggetto in sé (reale anche indipendentemente dall' accadere della mia esperienza fenomenica cosciente: questa la credo per fede).


Iano:
Se questo è il tuo disagio è anche il mio.Per superare questo disagio , e marcare una distinzione fra noi e il mondo , che non sia puramente convenzionale , suggerisco l'identità fra noi e il mondo ideale platonico.
Cioè, noi siamo la sede delle idee.
Che lo siamo non v'è dubbio . Io aggiungo che siamo l'unica sede autorizzata.
Questi due mondi interagiscono e i risultati di questa interazione è una loro modifica.
I mondi restano comunque distinti in modo non convenzionale , seppur su ognuno si proietta l'ombra dell'altro.
Mentre lo dico ammetto che mi sembra di raccontare una favola, ma forse quella di raccontare favole è proprio la nostra essenza e le favole stesse , non potendo esistere prive di una codificazione fisica , sono esse stesse parte della realtà.

Sgiombo:
Qui dissento completamente.
Per me se noi siamo (come credo senza poterlo dimostrare), allora siamo enti-eventi noumenici (in sé) soggetti delle nostre esperienze fenomeniche in toto e soggetti - oggetti delle loro componenti mentali o di pensiero.
E credo senza poterlo dimostrare che ci sia corrispondenza biunivoca (e non interazione causale) fra realtà in sé (noumeno) e fenomeni e fra determinati fenomeni materiali (in determinate esperienze fenomeniche coscienti**) e determinate (altre) esperienze fenomeniche coscienti* (per esempio: fra certi stati funzionali del mio cervello nella tua esperienza fenomenica cosciente** e certi eventi della mia esperienza fenomenica cosciente* e viceversa).
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 14:50:51 PM
Per Iano, se inizia il tempo non può esserci nessun prima. Allo stesso modo se lo spazio compare dal nulla non è all'interno di nessun altro spazio. Il supporre un altro tempo e un altro spazio è un atto arbitrario della nostra razionalità che non concepisce alcun limite. Un po' come l'aldilà, ossia supporre un altro esserci dopo di questo. Sono tutte ipotesi senza alcun fondamento. Secondo me, dovremmo invece provare ad affrontare il limite oltre il quale la razionalità non può andare.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 16:48:57 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 14:50:51 PM
Per Iano, se inizia il tempo non può esserci nessun prima. Allo stesso modo se lo spazio compare dal nulla non è all'interno di nessun altro spazio. Il supporre un altro tempo e un altro spazio è un atto arbitrario della nostra razionalità che non concepisce alcun limite. Un po' come l'aldilà, ossia supporre un altro esserci dopo di questo. Sono tutte ipotesi senza alcun fondamento. Secondo me, dovremmo invece provare ad affrontare il limite oltre il quale la razionalità non può andare.
Sicuramente la razionalità ha dei limiti.
Ma dopo la fine del tempo ci può essere un nuovo inizio , quindi possiamo parlare di un prima del "nuovo" inizio.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 16:52:05 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 14:50:51 PM
Per Iano, se inizia il tempo non può esserci nessun prima.

Ma il tempo può iniziare?

Che significa "inizio del tempo"?
Che significa, se non che prima (dell' inizio del tempo) non c' é movimento (o magari non c' é alcunché tout court) e da allora (dall' inizio del tempo in poi) c' é movimento (del quale il tempo é una caratteristica; misurabile, limitatamente al mutamento nel mondo fisico - materiale; al quale secondo me non é limitata la realtà, la totalità di ciò che é/accade realmente)?

E analogamente per quanto riguarda la fine.


Ma se c' é un "prima" (e/o un poi"), allora contraddittoriamente, assurdamente non c' é inizio (né fine) del tempo (anche se allora -prima e/o poi- ci fosse fissità immobile, magari costituita dal nulla, da nulla di reale).
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:03:04 PM
Per Sgiombo, vedi come siamo condizionati dalla visione razionale della realtà? Non appena ipotizziamo un inizio del tempo subito pensiamo a cosa c'era prima...
Secondo me quando ci ritroviamo di fronte ad un limite, dove il pensiero razionale cade necessariamente in contraddizione, dovremmo cercare di vivere quel limite in prima persona.
Perché la questione non è mai logico-razionale, è sempre etica!
Se il tempo ha un inizio, chi sono io?
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 17:11:02 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:03:04 PM
Per Sgiombo, vedi come siamo condizionati dalla visione razionale della realtà? Non appena ipotizziamo un inizio del tempo subito pensiamo a cosa c'era prima...
Secondo me quando ci ritroviamo di fronte ad un limite, dove il pensiero razionale cade necessariamente in contraddizione, dovremmo cercare di vivere quel limite in prima persona.
Perché la questione non è mai logico-razionale, è sempre etica!
Se il tempo ha un inizio, chi sono io?

Non c' é necessariamente, inevitabilmente contraddizione: se si ammette che il tempo non abbia inizio (né fine) non c' é alcuna contraddizione (e non c'é alcun bisogno di affidarsi all' irrazionale).

La questione di come é la realtà é ontologica e non etica.
Etica é casomai la questione di come deve essere, di cosa é bene fare e cosa é male.

Sia che il tempo abbia inizio sia che non l' abbia, io sono quel che sono, ovviamente.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:12:15 PM
Per Iano, un "nuovo" inizio... Il tempo sembra proprio insopprimibile. Perché non sforzarci di accettare la sua contingenza?
Sì ci si spalanca davanti l'abisso.
Ma in qualunque direzione ci muoviamo se andiamo fino in fondo ci troviamo davanti al limite. E lì dovremmo cercare di resistere...
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:20:39 PM
Per Sgiombo,  se il tempo ha un inizio e cerchiamo di affrontare la cosa razionalmente cadiamo inevitabilmente in contraddizione.

L'ovvio è il grande nemico di chi cerca la verità. Chi sono io è poi il mistero più grande. "Conosci te stesso" e conoscerai te stesso e Dio.

L'etica è ciò che regge tutta la realtà. Non per niente Spinoza ha chiamato Etica il suo capolavoro.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 17:21:46 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:12:15 PM
Per Iano, un "nuovo" inizio... Il tempo sembra proprio insopprimibile. Perché non sforzarci di accettare la sua contingenza?
Sì ci si spalanca davanti l'abisso.
Ma in qualunque direzione ci muoviamo se andiamo fino in fondo ci troviamo davanti al limite. E lì dovremmo cercare di resistere...
Non solo siamo limitati , ma non conosciamo bene i nostri limiti.
Quindi come facciamo a sapere dov'è la linea su cui fermarci a resistere.?
Un tempo assoluto , se esistesse , sarebbe uno di quei paletti.
Ma oggi sappiamo che assoluto non è.
Se ci fossimo,fermati a quel presunto limite cosa ci avremmo guadagnato?
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:45:41 PM
Per Iano, si concordo, non possiamo mai sapere se quel limite è assoluto oppure no. Ma quel limite che abbiamo di fronte ora e che non siamo in grado di superare, a prescindere se sia veramente assoluto oppure no può essere un'occasione per tornare a noi stessi.
Un altro esempio potrebbe essere riflettere sulla impossibilità del libero arbitrio.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 18:58:09 PM
Si dibatte molto se ci siano cose che non possiamo sapere per principio.
Ma al momento l'unica cosa che non possiamo sapere per principio è proprio la risposta a questa domanda .
Io credo di esercitare il libero arbitrio , anche se con non pochi condizionamenti inconsci.
Tu puoi dimostrarmi il contrario ?
Spesso una domanda senza risposta è solo malposta.
Io posso ad esempio decidere quando voglio di prendermi una pausa di riflessione senza apparente motivo che mi induca a ciò.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 19:31:50 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 17:20:39 PM
Per Sgiombo,  se il tempo ha un inizio e cerchiamo di affrontare la cosa razionalmente cadiamo inevitabilmente in contraddizione.
CitazioneErgo, il tempo non ha inizio!

A meno che (ma non é il mio caso!) "credo quia absurdum".


L'ovvio è il grande nemico di chi cerca la verità. Chi sono io è poi il mistero più grande. "Conosci te stesso" e conoscerai te stesso e Dio.
CitazioneNon vedo il nesso con la questione finitezza (con inizio e fine) o infinitezza del tempo.

Chi ha detto: "Conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio"? (Non mi pare sia stato Socrate).
Io comunque non sono d' accordo: perché mai conoscendo me stesso dovrei ipso facto conoscere anche Dio (ammesso che esista), stante il fatto che, non soffrendo di delirio di onnipotenza, non credo di essere Dio?


L'etica è ciò che regge tutta la realtà. Non per niente Spinoza ha chiamato Etica il suo capolavoro.
CitazioneSono un grande ammiratore di Spinoza, ma non concordo.
L' etica regge (o meglio: guida; o almeno dovrebbe guidare) casomai il comportamento morale (umano); e non il resto della realtà.
Non se ne può ricavare un' ontologia (lo stesso Kant, se non lo interpreto male, ne ricavava la credenza in Dio e nell' immortalità dell' anima non come conoscenza razionale (di ragion pura) ma semplicemente come necessità per essere coerente con la pratica (morale); e anche su questo non concordo (nemmeno con Kant, se lo intendo correttamente).
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 19:47:59 PM
Per Iano, vi sono molte strade che portano a concludere che il libero arbitrio non esiste.
Forse la più evidente consiste nel constatare che tutto ciò che avviene è dovuto o alla necessità o al caso.
Poiché libera può essere soltanto l'origine incondizionata, non vi può essere libertà.
In quanto la necessità condiziona, mentre il caso ha solo una sola origine: il Caos.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 20:00:44 PM
Scusate doppio input...
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 20:02:06 PM
Per Sgiombo, tuttavia l'infinito così come il finito non ci sono. Cerco il finito e trovo ciò che pare infinito, e se cerco l'infinito solo il finito riesco a concepire.
Infinito e finito donano senso al nostro esserci, ma sono due fantasmi. Sono due scogli tra i quali occorre navigare, Ma sui quali non è possibile approdare, perché non ci sono.

Seguendo Spinoza, pensi davvero che ci sia differenza tra te e Dio?
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 28 Marzo 2018, 21:23:46 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 19:47:59 PM
Per Iano, vi sono molte strade che portano a concludere che il libero arbitrio non esiste.
Forse la più evidente consiste nel constatare che tutto ciò che avviene è dovuto o alla necessità o al caso.
Poiché libera può essere soltanto l'origine incondizionata, non vi può essere libertà.
In quanto la necessità condiziona, mentre il caso ha solo una sola origine: il Caos.
Si , comprendo .
Ma determinismo o caos servono solo a classificare utilmente gli eventi.
Anche le nostre azioni possiamo farle rientrare in una di queste due categorie , o una categoria mista tra le due ; così ad esempio i riflessi condizionati nell'insieme deterministico e le azioni gestite dal libero arbitrio nell'insieme caotico.Altre azioni in un insieme di mezzo.
So di stare usando presunzione in materie che poco conosco , ma è una provocazione voluta.😐
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 28 Marzo 2018, 21:46:51 PM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 20:02:06 PM
Per Sgiombo, tuttavia l'infinito così come il finito non ci sono. Cerco il finito e trovo ciò che pare infinito, e se cerco l'infinito solo il finito riesco a concepire.
Infinito e finito donano senso al nostro esserci, ma sono due fantasmi. Sono due scogli tra i quali occorre navigare, Ma sui quali non è possibile approdare, perché non ci sono.
CitazioneVeramente a me sembra di riuscire a concepire sia finito che infinito (per lo meno in potenza).
Credo si tratti di due concetti autentici, logicamente coerenti, sensati.

La mia casa é finita (120 mq) e per fortuna c' é.



Seguendo Spinoza, pensi davvero che ci sia differenza tra te e Dio?
CitazioneHo scritto che ammiro molto Spinoza, ma che non lo seguo (in particolare nel panteismo).
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 21:55:32 PM
Tuttavia il caso non ha nulla a che vedere con la libertà. Sempre poi che esista davvero il caso. Perché il comparire di un evento davvero casuale significherebbe la rottura irreparabile del nostro cosmo.
Siamo perciò costretti a credere che tutto ciò che avviene capita necessariamente.
È un atto di fede.
Perché il caso non può essere escluso del tutto. Sia perché è la negazione della necessità, e sia perché siamo qui per caso...
La libertà comunque è da escludere.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: viator il 28 Marzo 2018, 22:34:17 PM
Salve. Il sistema migliore per far confusione credo sia quello di partire da un quesito od un presupposto per poi affrontarlo miscelando continuamente dottrine diverse, come si sta facendo qui trattando dell'infinito ora a livello fisico, ora a quello filosofico, ora a quello psichico.
Certo il massimo è supporre che l'infinito abbia un termine, un limite, una FINE.

La linea retta, in geometria, è una figura monodimensionale a due versi priva di inizio e di fine. (possiede solo la propria lunghezza che sarebbe percorribile in una direzione o in quella opposta). Ma la linea retta è un'invenzione convenzionale della geometria.
Nella realtà come possiamo stabilire se un qualsiasi segmento, semiretta o retta sono veramente rettilinei ? Occorrono dei riferimenti che ne stabiliscano il parallelismo relativo (ad altre linee "rettilinee"). La cosa poi sfiora il ridicolo quando pensiamo allo spazio-tempo il quale, per effetto relativistico, tenderebbe all'incurvamento locale di qualsiasi traiettoria (la retta diventerebbe un tremolante serpentello).
I concetti di inizio e di fine sono entrambi relativi e rappresentano escogitazioni filosofiche (ma anche di prassi, di praticità)tipicamente umane. Non conosciamo nulla che sia privo di un inizio (definizione: punto o momento in cui noi cominciamo a riconoscere qualcosa) o di una fine (definizione : punto o momento in cui noi cessiamo di riconoscere quella cosa). L'eterno e l'infinito però possiamo concepirli astrattamente anche se non possiamo sperimentarli. Come mai?
Semplicemente ammettendo che ci sono cose che non possiamo sperimentare ed alle quali pertanto è impossibile per noi attribuire un qualsiasi inizio o fine. Ci limitiamo ad ammetterne od ipotizzarne la pura esistenza scollegata da riferimenti spaziotemporali.
Nella realtà fuori della nostra limitata, relativa e soggettiva esperienza le cose sembra stiano esattamente all'opposto di come siamo abituati a considerarle. Nel mondo nulla ha un inizio od una fine, come sostenuto dal primo principio della termodinamica (Lavoisier : nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma).
Il fatto - secondo me - è che non esistono le rette, gli inizi, le fini e neppure gli infiniti.
Nichilismo ?? Se vi piace definirlo così, fate pure. Per gli inizi e le fini, prendiamo una notte di cielo coperto alla quale segua una giornata con cielo altrettanto cupo. I dischi della luna e del sole restano costantemente celati. Come mai stabiliamo che esista un inizio ed una fine della notte, ed analogamente per il giorno ?
Semplicemente sulla base delle diverse quantità di luce che i nostri sensi percepiscono. I cambiamenti (di luce e di ogni altro genere) che noi percepiamo vengono registrati attraverso i sensi e comunicati al cervello, il quale, non potendosi occupare in dettaglio di ogni istante del cambiamento che sta riconoscendo, è costretto a ragionare per categorie. "Fin qui e grosso modo questa luce la chiamiamo notte, oltre in vece, chiamiamola giorno". Ecco come funzionano le nostre definizioni degli eventi e delle cose, del loro inizio e della loro fine. E' la catalogazione delle diversità spesso solo apparenti.
Per le rette, io posso ragionevolmente sostenere che esse non esistano poiché - tra l'altro - non sono distinguibili da una circonferenza (intera o parziale) di un cerchio avente raggio infinito. Qualcuno sa dirmi come si fa a distinguere la rettilineità da una curvatura infinitesima ?.
Ma naturalmente c'è n'è anche per l'infinito ! A proposito del caso precedente va notato che la circonferenza generata da un raggio  infinito misurerebbe (infinito x 6,14). Ohibò, ma allora esiste una pluralità di infiniti, ciascuno magari di misura diversa !!
Credo proprio che a questo mondo nulla sia infinito o rettilineo, ma tutto sia disposto lungo traiettorie circolari le quali, percorse continuamente (infinitamente ?) sono l'unico cammino contemporaneamente misurabile ed infinito.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 28 Marzo 2018, 23:05:36 PM
Per Viator, concordo. Tuttavia non penso che l'eternità o l'infinito siano davvero pensabili, neppure astrattamente. Sono solo concetti necessari, ma che traggono il proprio significato da ciò che negano.
Comunque nella ricerca della verità non esistono livelli o dottrine a sè stanti. Ciò che conta è il concetto, che prescinde sempre da qualsiasi livello a cui lo  si voglia limitare.

Per Sgombio, il finito è solo frutto di una semplificazione. Infatti la ricerca di determinarlo è senza fine.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 29 Marzo 2018, 01:50:11 AM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 21:55:32 PM
Tuttavia il caso non ha nulla a che vedere con la libertà. Sempre poi che esista davvero il caso. Perché il comparire di un evento davvero casuale significherebbe la rottura irreparabile del nostro cosmo.
Siamo perciò costretti a credere che tutto ciò che avviene capita necessariamente.
È un atto di fede.
Perché il caso non può essere escluso del tutto. Sia perché è la negazione della necessità, e sia perché siamo qui per caso...
La libertà comunque è da escludere.
Alla base della MQ qualcuno ipotizza il puro caos , ma non credo si tratti di una ipotesi necessaria , e comunque questa ipotesi non sembra comportare l'irreparabile rottura del cosmo , perché il cosmo è indifferente alle nostre ipotesi , colle quali cerchiamo di spiegarlo.
Quando lanciamo un dado stiamo volutamente cercando di riprodurre un evento che ci appaia casuale , attraverso un evento che in effetti sappiamo essere deterministico , ma che noi non siamo in grado di determinare del tutto.
In atri casi siamo in grado di determinarlo , ma lo ignoriamo volutamente , al fine di ricreare un evento che ai nostri occhi appaia a tutti gli effetti come casuale , come quando schiacciamo il tasto randoom del nostro CD Player.
Sia che decidiamo di ignorare le cause , sia che non le conosciamo , ciò che a noi appare è il caos.
Il fatto che non conosciamo le cause non vuol dire che non vi siano.
Quando le ignoriamo parliamo di caos.
Io non so' determinare completamente la causa delle mie  libere azioni , perciò associo ad esse il caos.
Il caos puro non solo non esiste , ma non occorre neanche ipotizzarlo.
Se alla base della MQ metto il caos puro, o metto cause che ignoro , la MQ rimane tale e quale.
Se decidiamo di mettere il caos puro , sapendo di aver stabilito una convenzione , anche il mondo resterà tale e quale.
Noi sappiamo che esiste il tavolo perché lo vediamo , quindi non possiamo sapere se il tavolo esiste quando non lo vediamo.
Che il tavolo esista anche quando non lo vediamo è una buona ipotesi , perché messa alla prova funziona.
Ma che funzioni possiamo dirlo solo dopo averla messa alla prova.
Se mettiamo gli elettroni al posto del tavolo questa prova non funziona.
Gli elettroni esistono a rigore solo quando io li misuro.
Lo schema deterministico funziona per il tavolo perché esso esiste anche quando non lo vedo.
All'elettrone questo schema non può essere applicato quindi.
Non è necessario per ciò dire che lo schema da applicare è quello alternativo al determinismo , quello del caos.
Per gli stessi motivi per cui non è possibile applicare il modello deterministico non è possibile applicare il modello del caos.
Questo significa semplicemente che questi modelli hanno dei limiti e non sono esaustivi nello spiegare ciò che osserviamo.
In effetti la meccanica quantistica applica di fatto un nuovo modello alternativo , che spiega fenomeni che stanno alla base di altri fenomeni che possono essere spiegati col modello deterministico.
Il mondo non è né' deterministico ne' caotico , né' altro , in quanto non può essere identificato con una delle sue tante possibili spiegazioni per le quali possiamo usare diversi modelli.
Se fossi stato un credente direi che identificare il mondo con uno dei nostri modelli è un peccato di superbia.E che sia un peccato di superbia lo sappiamo benissimo tanto e' vero che per salvarci in corner disconosciamo la paternità dei modelli , dicendo che i modelli vivono in un mondo a parte proiettando solo le loro ombre su di noi.
Tutte balle.
Ogni volta che identifichiamo il mondo con una nostra , è solo nostra , spiegazione di esso , stiamo peccando di superbia.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 29 Marzo 2018, 02:25:42 AM
Sempre parafrasando termini religiosi , senza pur avendone piena competenza , se peccare è umano , rifiutare di pentirsi per redimersi non dovrebbe esserlo.
Ogni volta che creò un modello , ad esempio quello deterministico ,e dico che il mondo corrisponde ad esso , sto peccando di presunzione , e c'è poco da cincischiare ,il modello è mio e non vale dire che appartiene ad un altro mondo.
Quando l'esperienza mi dice che in certi casi il modello non funziona, non mi resta che prendere coscienza del peccato e redimermi.
Di solito in questi casi cadiamo dalla padella nella brace andando alla ricerca di un nuovo modello al quale continuiamo a pretendere il mondo si conformi , e così di peccato in peccato progrediamo.
Se non va' bene il determinismo proviamo col suo opposto , il non determinismo , il caos.
Il quale però non è un vero modello , ma la presandi atto della inefficacia relativa del modello.
Quindi sarebbe corretto dire che alla base della meccanica quantistica non sta il modello deterministico. Punto.Un modo più teatrale e che desta voluto allarme è dire che alla base è il caos.
L'ipotesi non necessaria che l'elettrone esista anche quando non viene misurato non funziona , e se non funziona il modello deterministico non può essere applicato , e il mondo continua ad andare avanti tale e quale .La rivoluzione nella nostra conoscenza del mondo non è una rivoluzione del mondo.
Non sopravvalutiamoci troppo . Non siamo il centro del mondo.
È questo è il vero peccato originale che indefessi reiteriamo .
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 07:02:25 AM
Sì Iano, sono d'accordo, le leggi fisiche sono solo una nostra creazione.
L'illusione di aver capito, di possedere la Verità, apre inevitabilmente la porta al nichilismo.

D'altronde dal momento in cui abbiamo iniziato a considerare il pensiero logico razionale fonte di verità assoluta, la strada era segnata. Come ben descritto dal mito di Adamo.

Tuttavia se muniti solo della nostra fede nella Verità, che appare come nulla, avanziamo fino al limite, può succedere che si manifesti l'Esistenza.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 21:55:32 PM


Tuttavia il caso non ha nulla a che vedere con la libertà. Sempre poi che esista davvero il caso. Perché il comparire di un evento davvero casuale significherebbe la rottura irreparabile del nostro cosmo.
Siamo perciò costretti a credere che tutto ciò che avviene capita necessariamente.
È un atto di fede.
Perché il caso non può essere escluso del tutto. Sia perché è la negazione della necessità, e sia perché siamo qui per caso...
La libertà comunque è da escludere.
CitazioneSe é vera la conoscenza scientifica e dunque il divenire naturale segue inderogabilmente modalità o leggi universali e costanti (come credo senza che sia possibile logicamente dimostrarlo né empiricamente constatarlo: Hume!), allora nel comportamento umano é possibile che si dia (ed eticamente rilevante) unicamente la libertà da coercizioni estrinseche (e non dalle inesorabili determinazioni intrinseche: non quello che comunemente si intende per "libero arbitrio").

E d' altra parte concordo che la "libertà da coercizioni intrinseche" o "libero arbitrio" altro non sarebbe che un agire a casaccio, eticamente del tutto irrilevante: solo se siamo determinati (intrinsecamente) ad agire come agiamo, allora le nostre più o meno buone azioni dimostrano la nostra maggiore o minore bontà e le nostre più o meno cattive azioni la nostra maggiore o minore cattiveria, mentre in caso contrario (di libero arbitrio) dimostrerebbero al massimo la nostra fortuna o sfortuna: sarebbe come se compissimo ogni scelta in base al lancio di una moneta, agendo se esce "testa", astenendoci dall' agire se esce "croce" e non in conseguenza delle nostre più o meno positive o negative qualità morali).




Citazione di: bobmax il 28 Marzo 2018, 23:05:36 PM
CitazionePer Viator, concordo. Tuttavia non penso che l'eternità o l'infinito siano davvero pensabili, neppure astrattamente. Sono solo concetti necessari, ma che traggono il proprio significato da ciò che negano.
Comunque nella ricerca della verità non esistono livelli o dottrine a sè stanti. Ciò che conta è il concetto, che prescinde sempre da qualsiasi livello a cui lo  si voglia limitare.

Per Sgombio, il finito è solo frutto di una semplificazione. Infatti la ricerca di determinarlo è senza fine.


Se ben capisco intendi dire che la precisione delle misure (finite), dunque la sua conoscenza (soggettiva, in ambito gnoseologico o epistemologico) é sempre approssimativa.

Ma ciò che si misura é realmente (oggettivamente, in ambito ontologico) finito (ovvero misurabile, sia pure con un' inevitabile imprecisione o approssimazione). 
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 07:02:25 AM

Sì Iano, sono d'accordo, le leggi fisiche sono solo una nostra creazione.
L'illusione di aver capito, di possedere la Verità, apre inevitabilmente la porta al nichilismo.

D'altronde dal momento in cui abbiamo iniziato a considerare il pensiero logico razionale fonte di verità assoluta, la strada era segnata. Come ben descritto dal mito di Adamo.

Tuttavia se muniti solo della nostra fede nella Verità, che appare come nulla, avanziamo fino al limite, può succedere che si manifesti l'Esistenza.


CitazioneIo invece dissento.

Non é logicamente dimostrabile né empiricamente constatabile che le leggi fisiche "vigano" realmente" (Hume!).

Verissimo.

Ma se (come di fatto a quanto pare tutte le persone comunemente ritenute sane di mente -se pure non lo credessero esplicitamente, consapevolmente, comunque- per lo meno agiscono come se lo credessero*) il divenire naturale é mutamento relativo o parziale (ovvero "ordinato": una sorta di sintesi dialettica fra mutamento integrale, assoluto, disordinato caotico senza nulla di costante -tesi- e fissità integrale, assoluta, "parmenidea" o "severiniana" -antitesi-), e se inoltre la memoria correntemente é veritiera (e comunque in linea di principio correggibile quando erronea e falsa), allora le leggi fisiche non sono una nostra arbitraria creazione ad libitum (non é che avremmo potuto benissimo arbitrariamente convenire che la forza di gravità respinge anziché attrarre le masse o che diminuisce in ragione del cubo anziché del quadrato delle distanze), ma sono invece aspetti reali del divenire naturale indipendentemente dalla nostra eventuale conoscenza o meno di essi.

E' questa la differenza fra l' irrazionalistico "relativismo", per il quale tutte le credenze sono parimenti (certamente) vere (ciascuna é "lecita" tanto quanto ciascun altra, anche se si contraddicono reciprocamente) da una parte, e il razionalistico "scetticismo", insuperabile razionalmente ma solo fideisticamente, per il quale (esattamente al contrario) nessuna credenza é certamente vera dall' altra, di cui ragionavo con Apeiron in un altra discussione del forum.

____
* Altrimenti non si vede perché circa un 50% delle persone ritenute sane di mente non dovrebbe gettarsi dal 100° piano di un grattacielo nel timore di sfracellarsi contro il soffitto per un sempre possibilissimo repentino mutamento di segno della forza di gravità (segno non oggettivo ma arbitrariamente stabilito per convenzione e dunque in qualsiasi momento arbitrariamente cambiabile per convenzione ad libitum).

Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 11:36:43 AM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
E d' altra parte concordo che la "libertà da coercizioni intrinseche" o "libero arbitrio" altro non sarebbe che un agire a casaccio, eticamente del tutto irrilevante: solo se siamo determinati (intrinsecamente) ad agire come agiamo, allora le nostre più o meno buone azioni dimostrano la nostra maggiore o minore bontà e le nostre più o meno cattive azioni la nostra maggiore o minore cattiveria, mentre in caso contrario (di libero arbitrio) dimostrerebbero al massimo la nostra fortuna o sfortuna: sarebbe come se compissimo ogni scelta in base al lancio di una moneta, agendo se esce "testa", astenendoci dall' agire se esce "croce" e non in conseguenza delle nostre più o meno positive o negative qualità morali).
Sì, ma con "nostre" cosa dovremmo intendere?
Perché il nostro essere determinati, comporta che non solo il nostro agire, ma pure ogni nostro pensiero, ogni nostro sentimento, non dipendono da noi stessi, ma da ciò che è avvenuto prima.
In buona sostanza, noi, come individui distinti da tutto il resto, non esistiamo.

Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
Se ben capisco intendi dire che la precisione delle misure (finite), dunque la sua conoscenza (soggettiva, in ambito gnoseologico o epistemologico) é sempre approssimativa.

Ma ciò che si misura é realmente (oggettivamente, in ambito ontologico) finito (ovvero misurabile, sia pure con un' inevitabile imprecisione o approssimazione). [/size]
Non è tanto una questione di "conoscenza", l'oggetto finito proprio non può esistere.
I paradossi di Zenone mantengono ancora tutta la loro forza nel denunciare che l'oggetto in sé è una chimera. Il movimento della freccia è possibile solo perché la freccia, intesa come oggetto in sé distinto da tutto il resto, non esiste.

La fisica degli infinitesimi non risolve il paradosso, lo nasconde solo nell'infinitesimo, cioè un qualcosa che è nullo o oppure no a seconda di come si vuole usarlo.
La fisica funziona, il movimento avviene, non è questo ad essere messo in discussione, ma che l'oggettività in sé sia Verità.

E lo stesso dicasi per la materia e il vuoto. Dove cerco materia trovo vuoto e viceversa...
Questo risultato forse paradossale è però necessario. Se vi fosse uno spazio, anche infinitesimo, occupato da autentica materia, cioè dove non vi sia alcun vuoto, il divenire non sarebbe possibile! E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio assolutamente vuoto...
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 29 Marzo 2018, 11:54:50 AM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 11:36:43 AM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
E d' altra parte concordo che la "libertà da coercizioni intrinseche" o "libero arbitrio" altro non sarebbe che un agire a casaccio, eticamente del tutto irrilevante: solo se siamo determinati (intrinsecamente) ad agire come agiamo, allora le nostre più o meno buone azioni dimostrano la nostra maggiore o minore bontà e le nostre più o meno cattive azioni la nostra maggiore o minore cattiveria, mentre in caso contrario (di libero arbitrio) dimostrerebbero al massimo la nostra fortuna o sfortuna: sarebbe come se compissimo ogni scelta in base al lancio di una moneta, agendo se esce "testa", astenendoci dall' agire se esce "croce" e non in conseguenza delle nostre più o meno positive o negative qualità morali).
Sì, ma con "nostre" cosa dovremmo intendere?
Perché il nostro essere determinati, comporta che non solo il nostro agire, ma pure ogni nostro pensiero, ogni nostro sentimento, non dipendono da noi stessi, ma da ciò che è avvenuto prima.
In buona sostanza, noi, come individui distinti da tutto il resto, non esistiamo.
CitazioneOvvio, ma non vedo che ci azzecchi con la necessità del determinismo e della negazione del libero arbitrio affinché le nostre (di noi agenti; umani per lo meno e innanzitutto) azioni siano eticamente rilevanti (conseguenti alle e significative delle nostre qualità morali).



Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 09:14:39 AM
Se ben capisco intendi dire che la precisione delle misure (finite), dunque la sua conoscenza (soggettiva, in ambito gnoseologico o epistemologico) é sempre approssimativa.

Ma ciò che si misura é realmente (oggettivamente, in ambito ontologico) finito (ovvero misurabile, sia pure con un' inevitabile imprecisione o approssimazione). [/size]
Non è tanto una questione di "conoscenza", l'oggetto finito proprio non può esistere.
I paradossi di Zenone mantengono ancora tutta la loro forza nel denunciare che l'oggetto in sé è una chimera. Il movimento della freccia è possibile solo perché la freccia, intesa come oggetto in sé distinto da tutto il resto, non esiste.
CitazioneI paradossi di Zenone non valgono nulla, in quanto pretendono erroneamente di spezzettare lo spazio (e il tempo necessario a percorrerlo a velocità finita) in parti infinitamente numerose, dimenticando che queste devono essere infinitamente piccole, cosicchè l' infinità (In grande) del loro numero é perfettamente compensata dall' (si elude con) l' infinità (in piccolo) della loro estensione, "ridando" inevitabilmente distanze finite (percorse in tempi finiti a velocità finite).

Dunque oggetti finiti possono esistere eccome!

Inoltre non comprendo che c' entrino i paradossi di Zenone (che pretenderebbero di negare il mutamento) con il problema della (eventuale) realtà in sé e delle sue (eventuali) manifestazioni fenomeniche, né con l' evidente arbitrarietà con cui nella realtà in toto si possono considerare diversi enti ed eventi attraverso una reciproca distinzione dal resto di essa (ma non creare ad libitum! Distinzione dal resto della -o nell' ambito della- realtà e non "confezionamento immaginario"!)



La fisica degli infinitesimi non risolve il paradosso, lo nasconde solo nell'infinitesimo, cioè un qualcosa che è nullo o oppure no a seconda di come si vuole usarlo.
La fisica funziona, il movimento avviene, non è questo ad essere messo in discussione, ma che l'oggettività in sé sia Verità.
CitazioneSe (oggettivamente) funziona (come ammetti) un motivo (oggettivo) ci sarà pure...

E lo stesso dicasi per la materia e il vuoto. Dove cerco materia trovo vuoto e viceversa...
CitazioneSi vede che sai sbagliando nella ricerca (capita "nelle migliori famiglie").



Questo risultato forse paradossale è però necessario. Se vi fosse uno spazio, anche infinitesimo, occupato da autentica materia, cioè dove non vi sia alcun vuoto, il divenire non sarebbe possibile! E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio assolutamente vuoto...
CitazioneOvvio che il movimento del "pieno" possa accadere unicamente nel "vuoto" (i due aspetti complementari della materia massiva; altra materia, non massiva, essendo l' energia).

Non ci vedo proprio nulla di "paradossale"!

Nè alcuna negazione della finitezza di enti ed eventi.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 12:07:22 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
...le leggi fisiche non sono una nostra arbitraria creazione ad libitum (non é che avremmo potuto benissimo arbitrariamente convenire che la forza di gravità respinge anziché attrarre le masse o che diminuisce in ragione del cubo anziché del quadrato delle distanze), ma sono invece aspetti reali del divenire naturale indipendentemente dalla nostra eventuale conoscenza o meno di essi.
Certamente ciò che consideriamo leggi fisiche non nascono dal nulla. Derivano dalla nostra osservazione del mondo. Ma sono una nostra creazione. Ossia non se ne stanno scritte da qualche parte e noi le scopriamo man mano. Esse sono soltanto dei modelli di riferimento che costruiamo per orientarci nel mondo.

Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
E' questa la differenza fra l' irrazionalistico "relativismo", per il quale tutte le credenze sono parimenti (certamente) vere (ciascuna é "lecita" tanto quanto ciascun altra, anche se si contraddicono reciprocamente) da una parte, e il razionalistico "scetticismo", insuperabile razionalmente ma solo fideisticamente, per il quale (esattamente al contrario) nessuna credenza é certamente vera dall' altra, di cui ragionavo con Apeiron in un altra discussione del forum.
Questo tuo irrazionalistico relativismo, mi sembra una forma di disperazione nichilistica che nulla ha a che vedere con una scelta consapevole.

Viceversa l'accettazione che la Verità assoluta non c'è, è una premessa indispensabile.
Una premessa che tuttavia ha una condizione altrettanto indispensabile: la fede nella Verità.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 12:51:58 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 11:54:50 AM
Dunque oggetti finiti possono esistere eccome!

Inoltre non comprendo che c' entrino i paradossi di Zenone (che pretenderebbero di negare il mutamento) con il problema della (eventuale) realtà in sé e delle sue (eventuali) manifestazioni fenomeniche, né con l' evidente arbitrarietà con cui nella realtà in toto si possono considerare diversi enti ed eventi attraverso una reciproca distinzione dal resto di essa (ma non creare ad libitum! 
Zenone non nega il movimento, nega che qualcosa che esista di per sé possa muoversi.
Zenone era discepolo di Parmenide. Zenone nega il molteplice!

CitazioneSe (oggettivamente) funziona (come ammetti) un motivo (oggettivo) ci sarà pure...
Se l'oggettività è per te verità assoluta, che c'entra la citazione di Spinoza che metti in calce?

CitazioneSi vede che sai sbagliando nella ricerca (capita "nelle migliori famiglie").
Davvero tu riesci a determinare la materia? Oppure il vuoto? Complimenti...
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 29 Marzo 2018, 13:23:37 PM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 07:02:25 AM
Sì Iano, sono d'accordo, le leggi fisiche sono solo una nostra creazione.
L'illusione di aver capito, di possedere la Verità, apre inevitabilmente la porta al nichilismo.

D'altronde dal momento in cui abbiamo iniziato a considerare il pensiero logico razionale fonte di verità assoluta, la strada era segnata. Come ben descritto dal mito di Adamo.

Tuttavia se muniti solo della nostra fede nella Verità, che appare come nulla, avanziamo fino al limite, può succedere che si manifesti l'Esistenza.
Siamo più d'accordo di quanto credessi , ma c'è qualcosa che mi sfugge nel tuo pensiero che sembra interessante.
Anche la dialettica fra vuoto materia e divenire.
Mi piacerebbe allungassi il brodo su questi argomenti.😊
Grazie.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 14:17:12 PM
Per Iano,
ben volentieri.
In effetti il concetto di "atomo" nasce da una considerazione fatta degli antichi greci sulla divisione della materia (non finiscono mai di stupirmi per la loro profondità di pensiero...).
 
Quando pensiamo a qualcosa di concreto di solito il nostro riferimento è la materia, coincide con la nostra stessa idea di concretezza.
I pensieri vanno e vengono, le percezioni possono tradire, ma la materia no! La materia è presente, reale, possiamo affermare senza alcun dubbio che la materia... è!
 
Ma ne siamo davvero sicuri?
La materia occupa dello spazio, laddove non vi è invece materia quello spazio è vuoto. Lo spazio è perciò la composizione di pieno e di vuoto. Ed è pieno quando vi è della materia.
 
Tuttavia un qualsiasi corpo materiale può essere diviso solo in quanto è presente al suo interno del vuoto. E finché questa divisione è possibile... lì vi troveremo del vuoto.
Se la materia fosse indefinitamente divisibile ciò significherebbe che la materia è fatta di... vuoto!
 
Per ovviare a questa "assurdità" si ideò il concetto di atomo (Democrito), l'indivisibile, che sorregge la nostra tradizionale comprensione del mondo dandogli concretezza.
 
Tuttavia, si è ormai verificato che non solo l'atomo è divisibile, ma pure le particelle che lo compongono rimandano ad altro che è sempre meno afferrabile.
Le particelle elementari hanno ormai perso ogni legame con il concetto classico di materia, per diventare: pure formule matematiche!
 
La materia fisica diventa così sempre più sfuggente, sino a confondersi con il vuoto. Mentre il vuoto sembra anch'esso diventato inafferrabile, più lo cerchiamo e più troviamo qualcosa che rimanda alla materia...
La materia e il vuoto sono concetti che sorreggono la nostra orientazione nel mondo, ma in se stessi pare proprio non esistano. Sono due scogli, sui quali non è possibile approdare, perché non ci sono, ma tra i quali occorre navigare, per andare oltre...
 
Ma ciò che vedo, che tocco, la scrivania qui davanti a me non è forse materia?
Ciò che vedo e che tocco sono sempre e solo dei campi elettromagnetici, mai la materia!
 
D'altronde, riflettendoci, è proprio lo stesso concetto di "atomo" a essere assurdo nel nostro esserci mondano. La particella indivisibile di materia sarebbe infatti un assoluto, mentre il nostro mondo è relativo. E l'assoluto... non può sussistere con il relativo!
 
Se vi fosse uno spazio anche infinitesimo occupato da "vera materia" (assoluto), nella quale non possa perciò esservi alcun vuoto, il nostro universo ne sarebbe annichilito!
E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio, pur piccolo, assolutamente vuoto... Quella minuscola porzione di spazio bloccherebbe infatti, con la propria assolutezza, l'ingranaggio del divenire. Mentre tutto, ma proprio tutto nel nostro mondo esiste solo in quanto... diviene.


Non nel senso che allora il divenire è un assoluto, ma nel senso che il nostro esser-ci è la composizione inestricabile di essere e divenire.
 
Normalmente intendiamo con l'essere ciò che non muta, ossia resiste al divenire. Mentre il divenire è semplicemente il mutamento dell'essere. Ma più cerchiamo "essere" e più troviamo "divenire" e viceversa... Ciò che pare "durare", ossia non mutare se non dopo molto tempo, in realtà è un ribollire continuo. Non vi è niente che rimanga identico a se stesso, neppure per una frazione infinitesima di tempo.
 
Il considerare le cose permanenti è solo una semplificazione, una semplificazione utilissima, ma non è la verità. La scrivania, le pareti, noi stessi, tutto ciò che appare solido attorno a noi, rimangono identici a se stessi solo "idealmente". In realtà non vi sono due istanti vicini a piacere in cui queste cose siano le medesime! E questa non identità l'abbiamo a qualsiasi livello di dettaglio vogliamo porci.
 
Di modo che, essere e divenire donano senso uno all'altro in un gioco senza fine. Difatti questo essere, senza il divenire, non ha alcun senso! E il divenire ha significato solo in funzione dell'essere. Se nulla resistesse al divenire, che divenire sarebbe? Divenire di che cosa? E se nulla divenisse, si potrebbe ancora parlare di essere?
 
L'essere e il divenire si sorreggono a vicenda per dare un senso al nostro esserci mondano, ma di per se stessi non esistono!
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 29 Marzo 2018, 16:26:39 PM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 14:17:12 PM

La materia occupa dello spazio, laddove non vi è invece materia quello spazio è vuoto. Lo spazio è perciò la composizione di pieno e di vuoto. Ed è pieno quando vi è della materia.

Tuttavia un qualsiasi corpo materiale può essere diviso solo in quanto è presente al suo interno del vuoto. E finché questa divisione è possibile... lì vi troveremo del vuoto.
Se la materia fosse indefinitamente divisibile ciò significherebbe che la materia è fatta di... vuoto!



D'altronde, riflettendoci, è proprio lo stesso concetto di "atomo" a essere assurdo nel nostro esserci mondano. La particella indivisibile di materia sarebbe infatti un assoluto, mentre il nostro mondo è relativo. E l'assoluto... non può sussistere con il relativo!

Se vi fosse uno spazio anche infinitesimo occupato da "vera materia" (assoluto), nella quale non possa perciò esservi alcun vuoto, il nostro universo ne sarebbe annichilito!
E lo stesso avverrebbe nel caso di uno spazio, pur piccolo, assolutamente vuoto... Quella minuscola porzione di spazio bloccherebbe infatti, con la propria assolutezza, l'ingranaggio del divenire. Mentre tutto, ma proprio tutto nel nostro mondo esiste solo in quanto... diviene.

Grazie , ma c'è qualcosa che mi sfugge ancora.Se la materia è discontinua, fatta di atomi indivisibili , significa che non è divisibile all'infinito.
Se è continua allora posso dividerla all'infinito e non vedo quale impedimento a ciò sia la sua compattezza , intesa come mancanza di vuoto al suo interno.

Infine , pur non essendo un partigiano dell' assoluto , non capisco perché non possa convivere col relativo.😊
È' vero. Alla fine tutto sembra ridursi in matematica , e , come quando si apre un giocattolo per capire cosa c'è dentro, si può restare delusi.
Se ci limitassimo al pragmatico , una volta smaltita la delusione , dovremmo andarci a iscrivere tutti a matematica.Ma questo non succede .Perche'?😄
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 29 Marzo 2018, 18:18:30 PM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 12:07:22 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
...le leggi fisiche non sono una nostra arbitraria creazione ad libitum (non é che avremmo potuto benissimo arbitrariamente convenire che la forza di gravità respinge anziché attrarre le masse o che diminuisce in ragione del cubo anziché del quadrato delle distanze), ma sono invece aspetti reali del divenire naturale indipendentemente dalla nostra eventuale conoscenza o meno di essi.
Certamente ciò che consideriamo leggi fisiche non nascono dal nulla. Derivano dalla nostra osservazione del mondo. Ma sono una nostra creazione. Ossia non se ne stanno scritte da qualche parte e noi le scopriamo man mano. Esse sono soltanto dei modelli di riferimento che costruiamo per orientarci nel mondo.
CitazioneStanno nella realtà fenomenica e noi lì le scopriamo man mano o a volte anche di botto (e non le creiamo a nostra discrezione: sarebbe troppo comodo!).
Se riusciamo a orientarci nel mondo, allora i nostri modelli che usiamo per farlo qualcosa di vero sul mondo oggettivo devono pur dirci (o credi che funzionino per "puro culo"?).



Citazione di: sgiombo il 29 Marzo 2018, 10:02:19 AM
E' questa la differenza fra l' irrazionalistico "relativismo", per il quale tutte le credenze sono parimenti (certamente) vere (ciascuna é "lecita" tanto quanto ciascun altra, anche se si contraddicono reciprocamente) da una parte, e il razionalistico "scetticismo", insuperabile razionalmente ma solo fideisticamente, per il quale (esattamente al contrario) nessuna credenza é certamente vera dall' altra, di cui ragionavo con Apeiron in un altra discussione del forum.
Questo tuo irrazionalistico relativismo, mi sembra una forma di disperazione nichilistica che nulla ha a che vedere con una scelta consapevole.
CitazioneNon é affatto mio!
Io sono al contrario razionalista!



Viceversa l'accettazione che la Verità assoluta non c'è, è una premessa indispensabile.
Una premessa che tuttavia ha una condizione altrettanto indispensabile: la fede nella Verità.
CitazionePer me non c' é certezza della verità (dei predicati o giudizi) sulla realtà (della verità dei giudizi sintetici a posteriori); il che é scetticismo.

Non comprendo la differenza fra Verità assoluta e Verità.
Personalmente ragiono circa la verità (con l' iniziale minuscola), che credo non possa che essere limitata (=relativa?); almeno la verità raggiungibile da noi umani (di eventuali altre Verità non saprei).



Citazione da: sgiombo - Oggi alle 11:54:50

CitazioneDunque oggetti finiti possono esistere eccome!

Inoltre non comprendo che c' entrino i paradossi di Zenone (che pretenderebbero di negare il mutamento) con il problema della (eventuale) realtà in sé e delle sue (eventuali) manifestazioni fenomeniche, né con l' evidente arbitrarietà con cui nella realtà in toto si possono considerare diversi enti ed eventi attraverso una reciproca distinzione dal resto di essa (ma non creare ad libitum!
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Zenone non nega il movimento, nega che qualcosa che esista di per sé possa muoversi.
Zenone era discepolo di Parmenide. Zenone nega il molteplice!
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CitazioneSo benissimo che Zenone, essendo discepolo assai fedele di Parmenide, nega, oltre al mutamento, anche la molteplicità.

Ma dire che "nega che qualcosa che esista di per sé possa muoversi" é esattamente equivalente a dire che "nega (la realtà de-) il movimento (di qualsiasi cosa realmente esistnte)"; e lo fa con pacchiani paralogismi, trascurando il fatto che le infinite parti in cui é possibile immaginare divisa una distanza finita sono infinitamente brevi, cosicché l' infinita brevità di ciascuna di esse moltiplicata per il loro infinito numero complessivo produce distanze finite (percorse a velocità finita in tempi finiti: movimento possibilissimo!).
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Citazione
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CitazioneSe (oggettivamente) funziona (come ammetti) un motivo (oggettivo) ci sarà pure...
[size=undefined][size=undefined]Se l'oggettività è per te verità assoluta, che c'entra la citazione di Spinoza che metti in calce?
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CitazioneNon so bene che cosa si debba intendere per "assoluto".
Ma so che le nostre "mappe" per orientarci nella realtà funzionano, allora qualcosa di vero oggettivamente (e non di soggettivamente creabile ad libitum) devono pur dircene (a meno di credere che funzionino per "puro culo": noi stabiliamo le leggi di natura del tutto arbitrariamente, ma per un' incredibile fortuna sfacciatissima e letteralmente assoluta, la realtà oggettivamente funziona sempre proprio come noi del tutto arbitrariamente fantastichiamo che debba fare! Ammazza che posteriore micidiale!).

La citazione di Spinoza afferma che ogni concetto é relativo ad altri concetti, ha senso in quanto diverso da altri concetti e definito relativamente ad altri concetti da esso diversi e non di per sé.
E in questo senso, poiché la conoscenza vera della realtà é predicazione che é reale ciò che effettivamente é reale (anche indipendentemente dalla predicazione stessa) o che non é reale ciò che non é reale, e poiché la predicazione é messa in reciproca relazione di concetti reciprocamente definiti, la verità non può che essere (ripeto: in questo senso) relativa.
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Davvero tu riesci a determinare la materia? Oppure il vuoto? Complimenti...

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CitazioneLa materia viene rilevata continuamente dai sensi, direttamente e/o attraverso apparati di osservazione più o meno sofisticati.
E le teorie scientifiche correnti stabiliscono (fino ad eventuale falsificazione) che é fatta di particelle - onde, campi di forza e vuoto (qualcuno fedele alla moda corrente aggiunge, a mio avviso del tutto pleonasticamente, "e informazione"; concetto che personalmente rado in accordo col buon Ockam).

Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 18:39:41 PM
Per Iano.

Se la materia è continua non si può dividerla. La divisione agisce sulla discontinuità. Ossia sul vuoto presente in ciò che a prima vista sembra materia compatta. Se il vuoto non ci fosse la divisione sarebbe impossibile. Questa è stata la grande intuizione greca.
Che portava però a ritenere forzatamente che tale divisione dovesse a un certo punto arrestarsi, a causa di particelle indivisibili (atomi). Se così non fosse stato, potendo protrarre la divisione all'infinito la materia non sarebbe potuta esistere! Ergo gli atomi esistono, perché necessari.
 
Tuttavia, fino ad ora questo limite non è stato trovato (non esiste l'atomo, inteso come l'indivisibile).
Di modo che la materia e il vuoto sembrano più delle semplificazioni della nostra interpretazione razionale che delle "realtà" fisiche.
 
Certo che conviviamo con il relativo! Il nostro esserci è il regno del relativo. L'assoluto per antonomasia, ossia la Verità, non c'è. Proprio perché impossibilitato ad esser-ci.
L'assoluto non può coesistere con il relativo. Perché l'assoluto è sciolto da qualsiasi legame che non sia se stesso.
Esiste qualcosa nel nostro esserci che non abbia legami se non con se stesso?
No, tutto è connesso.
Tutto è relativo...
 
La matematica è forse la maggior espressione del pensiero logico-razionale. Ma è comunque un "sistema" e come ogni sistema non può giungere ai propri fondamenti.
Il fondamento chiave del pensiero logico-razionale, e quindi anche della matematica, è il Principio di Identità (A=A).
Questo principio indispensabile per pensare è pure un assoluto? Cioè la Realtà deve necessariamente rispettare questo principio?
Secondo me no. La Realtà sta oltre qualsiasi principio.
Di modo che pure la matematica non fornisce verità assolute.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 18:43:51 PM
Per Sgiombo,
lo vedo bene che sei un razionalista!
Con "il tuo irrazionalistico relativismo" non intendevo te ma la definizione che davi.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 18:48:50 PM
Per Sgiombo,
Zenone nega l'oggettività in sé. Se l'oggetto fosse davvero distinto da tutto il resto non potrebbe muoversi.
Ma se per te l'oggettività è verità assoluta ne consegue che il paradosso di Zenone non sta in piedi.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 29 Marzo 2018, 19:20:00 PM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 18:48:50 PM
Per Sgiombo,
Zenone nega l'oggettività in sé. Se l'oggetto fosse davvero distinto da tutto il resto non potrebbe muoversi.
Ma se per te l'oggettività è verità assoluta ne consegue che il paradosso di Zenone non sta in piedi.
CitazioneVedo che su Zenone proprio non ci intendiamo.
Per me i suoi paradossi non stanno in piedi perché erronei in sé e per sé (ragionamenti sbagliati, che "non filano"), indipendentemente dall' oggettività in sé o meno di ciò che si muove (o non si muove, secondo Zenone), problema che non mi pare i filosofi Eleati si ponessero
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: iano il 29 Marzo 2018, 19:20:10 PM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 18:39:41 PM
Per Iano.

Se la materia è continua non si può dividerla. La divisione agisce sulla discontinuità. Ossia sul vuoto presente in ciò che a prima vista sembra materia compatta. Se il vuoto non ci fosse la divisione sarebbe impossibile. Questa è stata la grande intuizione greca.

Davvero non riesco ad afferrare.
Ovvio che è possibile dividere ciò che è discontinuo,ciò che è già' composto da elementi individuali aggregati , ma non perché fra essi alligna il vuoto.
Se c'è il vuoto fra essi oppure no non capisco cosa cambi.
Se li immagino come sfere il vuoto c'è, se li immagino come cubi può non esserci.
Sia in un caso che nell'altro non vedo dove stia la difficoltà a disaggregarli.
Quindi non posso neanche aggregarli se non lascio spazi vuoti?
Ma siccome la mia ignoranza è magna forse è arrivato il momento di colmare le mie lacune , almeno sui greci , che son d'accordo con te , non smettono di meravigliarci.
Così potresti consigliarmi qualche lettura mirata. Grazie.😊
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 20:05:52 PM
Per Iano.
se lo spazio fisico è composto solo da materia e da vuoto, la divisione di un oggetto materiale può avvenire solo agendo laddove vi è del vuoto.
 
Non è intuitivo, perché nella nostra esperienza dividiamo ciò che appare materialmente continuo. Ma questa continuità è solo un'illusione.
 
Se quella materia fosse veramente senza soluzione di continuità, come potremmo dividerla, dove agiremmo?
 
I cubi, sono cubi solo per il vuoto che sta loro attorno. Se il vuoto non ci fosse, non vi sarebbero neppure i cubi...
 
Penso che Aristotele, pur non dichiarandosi atomista, descriva bene la filosofia atomistica, sia in Fisica sia in Metafisica.
 
Comunque anche con una ricerca su web della voce "atomismo" puoi trovare molte fonti disponibili.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: bobmax il 29 Marzo 2018, 20:21:31 PM
Per Sgiombo,
ciò che abbiamo davanti, sia nella realtà fisica sia in quella mentale, sono solo eventi.
Eventi dove non è possibile discernere tra ciò che diviene e il suo stesso divenire.
 
Questa constatazione è, secondo me, meravigliosa!
Perché mette in discussione l'ovvia interpretazione della realtà di un essere soggetto al divenire. Questo convincimento è la principale causa del nichilismo (qui condivido il pensiero di Severino).
 
Mettere in discussione il molteplice è necessario. Lo richiede l'Etica.
Lo so che non sei d'accordo, ma l'Etica è tutto.
In qualsiasi campo, anche nella logica, ogni possibile valore lo dà l'Etica.
 
Tanto per venire dalle tue parti... il valore del Manifesto del Partito Comunista è squisitamente etico.
Titolo: Re:Lo strano caso della fine dell'infinito.
Inserito da: sgiombo il 30 Marzo 2018, 09:22:18 AM
Citazione di: bobmax il 29 Marzo 2018, 20:21:31 PM
Per Sgiombo,
ciò che abbiamo davanti, sia nella realtà fisica sia in quella mentale, sono solo eventi.
Eventi dove non è possibile discernere tra ciò che diviene e il suo stesso divenire.

CitazioneVedo che il tuo rapporto con Zenone di Elea é ancora più variegato (e di molto!) del mio con Spinoza: lo citi con evidente ammirazione ma ne dissenti sulla parte (correntemente ritenuta) più sostanziale del suo pensiero

Posso benissimo discernere, per esempio, nel divenire di una persona vissuta ottant' anni, il suo esistere (divenendo, mutando, ovviamente) essendo "di età matura fra i venticinque e i cinquanta, di età avanzata dopo, ecc..

O nel divenire del cielo sulla mia città il suo essere coperto da nuvole dalle 7 del mattino alle 15 del pomeriggio di ieri.

O nel divenire dell' orografia delle Alpi la persistenza millenaria del Monte Bianco.

Ecc.
Questa constatazione è, secondo me, meravigliosa!
Perché mette in discussione l'ovvia interpretazione della realtà di un essere soggetto al divenire. Questo convincimento è la principale causa del nichilismo (qui condivido il pensiero di Severino).

CitazioneIo invece no (ne ho un' opinione assolutamente pessima in toto, "a 360°").

Come negli esempi di cui sopra, nel divenire vi sono (anche) caratteristiche che rimangono costanti per tempi più o meno lunghi; e talune (le leggi fisiche; fino a prova contraria e malgrado gli assai poco scientifici voli pindarici di fantasia di alcuni ricercatori) per sempre ed ovunque, se la conoscenza scientifica (vera) é possibile (altrimenti é destituita di ogni fondamento).

Mettere in discussione il molteplice è necessario. Lo richiede l'Etica.
Lo so che non sei d'accordo, ma l'Etica è tutto.
In qualsiasi campo, anche nella logica, ogni possibile valore lo dà l'Etica.

CitazioneChe l' etica non sia tutto (ci sono anche per lo meno logica, gnoseologia, ontologia -fisica, mentale, metafifica-metamentale-, estetica) mi sembra evidente.

Ma che l' etica imponga di "mettere in discussione" il molteplice (di "omettere di considerare" di "non tener conto de-"; mi sembra che l' espressione vada intesa in questo senso) non mi pare proprio.
Per esempio non credo proprio che imponga un unico, indifferenziato atteggiamento, il medesimo atteggiamento verso chi ha mezzi materiali superflui e atti a consentire il benessere degli indigenti (per esempio espropriarlo; o per lo meno tassarlo progressivamente: la "flat tax" essendo decisamente, oltre che senza alcun dubbio anticostituzionale, a mio avviso anche decisamente immorale!) e verso chi é nella miseria (per esempio provvedre ai suoi bisogni).
Ma se al contrario con l' espressione "mettere in discussione" intendessi "prendere in considerazione", allora ovviamente sarei d' accordo".

Nella logica i valori (di coerenza-correttezza-significanza o di contraddittorietà-assurdità-insignificanza) li danno i rapporti semantici e sintattici fra i concetti messi in reciproca relazione (tanto per chi sia eticamente buono, quanto per chi sia eticamente malvagio).
E nella gnoseologia i valori (di verità o di falsità) li danno i rapporti fra proposizioni o giudizi e fatti reali (tanto per gli eticamente buoni quanto per gli eticamente malvagi).



Tanto per venire dalle tue parti... il valore del Manifesto del Partito Comunista è squisitamente etico.
CitazioneSecondo me é' tanto etico quanto scientifico (nel senso delle "scienze umane", non delle "scienze naturali" e men che meno delle "scienze esatte"): la vita é varia e complessa, molto più di qualsiasi schema conoscitivo e di qualsiasi "distinguo" che ad essa possa più o meno adeguatamente applicarsi (...checché ne pensassero gli antichi Eleati).