Salve a tutti. I frequentatori del Forum già conoscono la mia indole leggera ed ironica, e solo nuovi o distratti lettori non avranno presente la mia personale definizione dell'essere (significato filosofico del verbo "essere") che mai ho approfondito qui per mia personale pigrizia e che comunque in passato ho espresso e citato in non pochi miei trascorsi e variegati interventi.
Tale mia definizione risulta in
"la condizione per la quale le cause producono i loro effetti", ed a qualcuno apparirà criptica od involuta solamente perchè costui sarà abituato alla analisi masturbatoria del pensiero e non alla semplice, banale sintesi fondata sui significati di poche semplicissime parole.
Non ho mai letto di qualcuno che commentasse la mia definizione, oppure mi facesse presente che essa è giusta piuttosto che sbagliata, ovvia perchè già arcinota nel passato della storia della filosofia......piuttosto che originale benchè espressa da un asino incolto.
A questo punto vengo colto da un dubbio : non è che nessuno commenti una simile stoltaggine solamente perchè io l'ho formulata in modo assurdo ?. Ma come si fa logicamente a distinguere tra di loro (ad "incernierare") cause ed effetti ? Anche in ciò io mi sono cimentato in passato :
- causa : lo stato di un qualsiasi ambito relativo PRIMA dello stabilirsi di una relazione;
- effetto : lo stato di un qualsiasi ambito relativo DOPO lo stabilirsi di una relazione.
A questo punto però, per le menti sottili non credo di avere fatto grandi progressi filosofici.
Perciò adesso voglio provare a porre la questione dell'"essere" in modo diverso, cioè come da titolazione di questo nuovo "topic.
Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.
L'essere è CAUSA. Infatti ogni effetto, per prodursi, presuppone per forza l'essere di qualcos'altro che c'era prima e lo sottintende, ad esempio se un soggetto viene concepito è perché prima l'essere dei genitori ha prodotto tale effetto, quindi l'effetto (il concepimento) presuppone l'essere (esistenza) dei genitori che lo producono.
Così come il riscaldarsi di un oggetto posto al sole presuppone l'essere del Sole che lo riscalda, di conseguenza non si avrà mai un essere che sia solo effetto, dietro l'effetto c'è sempre un ESSERE che costituisce la causa. Nella mia ipotesi teista L'ESSERE SOMMO (cioè Dio o anche se si preferisce la Coscienza assoluta) è la causa primordiale da cui derivano tutti gli esseri finiti, che a loro volta causano in una catena continua determinati effetti.
In un'ipotesi atea esistono comunque un essere eterno, che è la MATERIA, che evolvendosi si determina nei singoli esseri, ma anche in questo caso l'essere (la materia) è causa e non è effetto dei singoli enti.
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
Salve a tutti. I frequentatori del Forum già conoscono la mia indole leggera ed ironica, e solo nuovi o distratti lettori non avranno presente la mia personale definizione dell'essere (significato filosofico del verbo "essere") che mai ho approfondito qui per mia personale pigrizia e che comunque in passato ho espresso e citato in non pochi miei trascorsi e variegati interventi.
Tale mia definizione risulta in "la condizione per la quale le cause producono i loro effetti", ed a qualcuno apparirà criptica od involuta solamente perchè costui sarà abituato alla analisi masturbatoria del pensiero e non alla semplice, banale sintesi fondata sui significati di poche semplicissime parole.
Non ho mai letto di qualcuno che commentasse la mia definizione, oppure mi facesse presente che essa è giusta piuttosto che sbagliata, ovvia perchè già arcinota nel passato della storia della filosofia......piuttosto che originale benchè espressa da un asino incolto.
A questo punto vengo colto da un dubbio : non è che nessuno commenti una simile stoltaggine solamente perchè io l'ho formulata in modo assurdo ?. Ma come si fa logicamente a distinguere tra di loro (ad "incernierare") cause ed effetti ? Anche in ciò io mi sono cimentato in passato :
- causa : lo stato di un qualsiasi ambito relativo PRIMA dello stabilirsi di una relazione;
- effetto : lo stato di un qualsiasi ambito relativo DOPO lo stabilirsi di una relazione.
A questo punto però, per le menti sottili non credo di avere fatto grandi progressi filosofici.
Perciò adesso voglio provare a porre la questione dell'"essere" in modo diverso, cioè come da titolazione di questo nuovo "topic.
Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.
Ciao viator, eccomi qui col mio candore a stupirti nuovamente. Siccome anch'io sono pigro non sono andato in cerca di dove ho risposto al tuo:
"Tale mia definizione risulta in "la condizione per la quale le cause producono i loro effetti", ed a qualcuno apparirà criptica od involuta solamente perchè costui sarà abituato alla analisi masturbatoria del pensiero e non alla semplice, banale sintesi fondata sui significati di poche semplicissime parole.
Non ho mai letto di qualcuno che commentasse la mia definizione, oppure mi facesse presente che essa è giusta piuttosto che sbagliata, ovvia perchè già arcinota nel passato della storia della filosofia......piuttosto che originale benchè espressa da un asino incolto."
Sarà difficile che tu compia il famoso "mutate le mutande dobbiamo stare attenti a non risporcarle" quando non ricordi quel che dissi non più di un mese orsono. In ogni caso non l'avevo giudicato un cattivo modo per esprimere l'idea, anzi, molto semplice ed efficace.
La risposta che diedi era che la condizione per la quale le cause producono i loro effetti doveva ricercarsi nel principio di attrazione e repulsione che stanno alla fonte del comportamento di tutto ciò che si muove visto dal suo punto di vista. Se vuoi ci mettiamo dentro pure gli stati aggregativi della materia senza vita. Un pezzo di ferro non può essere solido a 2000 gradi celsius. Per quale motivo? Per quale motivo a volte è bivalente e a volte trivalente? Se dopo vuoi sapere se questo principio deriva da altra causa chiedilo ai fisici che speculano sul big bang o sui buchi neri o su che altro non so. Io mi accontento di Eraclito per quel che riguarda il logos, aggiungendo la gestione della legna come fonte della polemica. Ovvero, la gestione della legna rappresenta il luogo dove noi abbiamo distorto la purezza del semplice logos. Era quasi inevitabile, dato anche che l'incertezza sembra dominare nel presente, tanto oggi quanto ieri. E per questo intervento ti addebito 120 eurocentesimi del mio preziosissimo tempo. D'altra parte, devo pur far giungere le sette di sera
Salve ragazzi e grazie. Vedo che si comincia a fare chiarezza. Di fronte al quesito filosofico Socrate 78 tira in ballo Dio (essere=causa prima=Dio) mentre daniele22 tira in ballo la scienza fisica con tanto di ferraglia fusa.
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
[size=78%]Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.[/size]
Ma se al posto di "delle due una" ci mettiamo "entrambi" ciò equivale a "l'essere non è "?
Non credo possa sostenersi ciò in quanto l'effetto è a sua volta causa nella catena deterministica.
Citazione di: iano il 11 Giugno 2021, 19:38:22 PM
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
[size=78%]Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.[/size]
Ma se al posto di "delle due una" ci mettiamo "entrambi" ciò equivale a "l'essere non è "?
Non credo possa sostenersi ciò in quanto l'effetto è a sua volta causa nella catena deterministica.
Save iano : provo come dici tu :
Ovvero, entrambi : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxNon capisco. Puoi rispiegarmi cosa - secondo te - cosa implicherebbe la sostituzione di "delle due l'una" con "entrambi" ?. Saluti.
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 20:45:29 PM
Citazione di: iano il 11 Giugno 2021, 19:38:22 PM
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
[size=78%]Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.[/size]
Ma se al posto di "delle due una" ci mettiamo "entrambi" ciò equivale a "l'essere non è "?
Non credo possa sostenersi ciò in quanto l'effetto è a sua volta causa nella catena deterministica.
Save iano : provo come dici tu :Ovvero, entrambi : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxNon capisco. Puoi rispiegarmi cosa - secondo te - cosa implicherebbe la sostituzione di "delle due l'una" con "entrambi" ?. Saluti.
Ciao ancora una volta viator. Sicuramente tu non hai letto il mio topic sull'esistenza e la conoscenza, coerentemente con le tue idee che non te ne frega nulla del fondamento della conoscenza. Ma lì ad un certo punto dico che forse sono intervenuti Dio o i Marziani aggiungendo che se ne riparlerà. Or dunque, alla fine di tutti i miei pensieri tengo ancora in piedi tali ipotesi. Evidentemente Socrates opta per Dio (fuori di noi) mentre io opto per dio (dentro di noi). So stato bbravo?
Per inquadrare l'essere non mi pare necessario ricorrere alla causalità, per quanto sia la chiave di lettura del mondo solitamente più calzante e scientifica, abitualmente memore della differenza (im)portante fra la categorizzazione umana (causa/effetto) dell'esistenza e l'esistenza come condizione a prescindere dalla sua lettura umana (il solito "non confondere la categoria con il contenuto della categoria").
Il punto di partenza di ogni (onto)logica, come già scritto recentemente e in passato, è l'identità: identificare «x» significa affermare che «x è, esiste», ovvero x ha l'esistenza come sua proprietà, x è nella situazione di essere, x è presenza situata (nella mente, nel mondo esterno o altrove).
Essere (con la maiuscola solo perché siamo ad inizio paragrafo) sarebbe quindi l'atto di avere esistenza, ovvero essere-presenza o, se non si vuole usare «essere», risultare presenza (empirica, mentale, ideale o altro), il far parte dell'insieme di tutto ciò che ha la proprietà dell'esistenza («far parte dell'insieme» non equivale a «essere l'insieme»). L'essere non è forse sempre un risultare-presente (per quanto la presenza sia declinabile in differenti modalità)?
Persino, pensando ad una possibile falsificazione per assurdo, un dio o altro ente incausato e non causante sarebbe, ovvero risulterebbe-presenza (a suo modo, ma non divaghiamo), sarebbe nella situazione di essere, pur non causando nulla, né essendo causato. Meno cervelloticamente: posso guardare un sasso ed affermare che è, senza considerare minimamente da cosa esso sia causato, né cosa esso causi (senza voler qui cavillare gnoseologicamente se esso causi percezione o sia effetto di percezione, se esso esista anche se nessuno lo percepisce, causalmente o meno, etc.).
La «condizione per la quale le cause producono i loro effetti» (cit.) si presta forse meglio come definizione del divenire (o del determinismo), e seppur sappiamo che (ovviamente usando le nostre categorie) tutto l'essere è in divenire, il nostro sasso, muto e immobile, è emblema di come anche qualcosa che non divenisse (non fosse nella condizione di produrre effetti), potrebbe nondimeno essere (se non altro perché, ontologicamente parlando, è l'essere a dare senso alle categorie che se ne occupano, non viceversa; detto altrimenti: è l'esistenza della carta che dà un senso alle varie "categorie" di origami, non viceversa, e affermare che la carta consiste nella condizione per cui le pieghe modificano la forma dell'origami è darne una visione parziale, per quanto non certo scandalosa).
Se l'essere è risultare-presenza (definizione che ha già una sua storia, non invento nulla), cos'è la presenza? La presenza è l'esser-oggetto; l'esser-oggetto è, umanamente parlando, l'essere identificabile (nello spazio e nel tempo) da un soggetto, che può "oggettificare" anche se stesso nell'autocoscienza (risultando "presente a se stesso" ed affermando «io sono»).
Si può dunque rivolgersi all'essere anche fuori dalla dicotomia causa/effetto, trattandolo come "presenza precategoriale", senza che ciò comporti affermare che l'essere non è.
essere è un verbo, nemmeno presente in tutte le lingue. Per chiunque lo voglia approfondire consiglio il libro di
Andrea Moro: breve storia del verbo essere. Tutti i problemi sono nati con la sua reificante sostantivazione giunta nella nostra tradizione alla forma compiuta:
Essere è il Verbo.
Ciao daniele22. citandoti : "Ciao ancora una volta viator. Sicuramente tu non hai letto il mio topic sull'esistenza e la conoscenza, coerentemente con le tue idee che non te ne frega nulla del fondamento della conoscenza. Ma lì ad un certo punto dico che forse sono intervenuti Dio o i Marziani aggiungendo che se ne riparlerà. Or dunque, alla fine di tutti i miei pensieri tengo ancora in piedi tali ipotesi. Evidentemente Socrates opta per Dio (fuori di noi) mentre io opto per dio (dentro di noi). So stato bbravo?".
Ciao !. Sei stato bbbbbbravissimo come spesso ti succede. Sono io che ho testa assai diversa dalla tua. Ti leggo e quasi mai ti capisco. Della conoscenza ti ho già detto che non conosco modo di conoscerla se non per aver sperimentato percezioni sensoriali esaminate dalla mia psiche, trovate da questa come psichicamente non destabilizzanti, quindi poi autorizzate dalla mia psiche stessa a venir convogliate dala nastro trasportatore della mia coscienza fino alla mia mente (reparto "magazzini della memoria cosapevole"), restando poi a disposizione di altri future percezioni che la mente confronterà con quelle nuove e quelle vecchie già giacenti in memoria onde poter stabilire la loro eventuale reciproca similitudine o congruità......allo scopo di creare eventuali accostamenti mentali che permettano di generare la cosiddetta "esperienza fattuale" che tu chiami "conoscenza" e che mi servirà (in collaborazione con i contenuti psichici, irrazionali, inconsapevoli ed istintuali) per prendere di volta in volta le "migliori" decisioni possibili.
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 20:45:29 PM
Citazione di: iano il 11 Giugno 2021, 19:38:22 PM
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
[size=78%]Ovvero, delle due l'una : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'. Salutoni.[/size]
Ma se al posto di "delle due una" ci mettiamo "entrambi" ciò equivale a "l'essere non è "?
Non credo possa sostenersi ciò in quanto l'effetto è a sua volta causa nella catena deterministica.
Save iano : provo come dici tu :Ovvero, entrambi : l'essere e UNA CAUSA OPPURE E' UN EFFETTO..........poichè si potrà benissimo non replicarmi.....ma se lo si farà OCCORRERA' ASSENTIRE AD UNA DELLE DUE OPZIONI SOPRASTANTI........diversamente si starà sostenendo CHE L'ESSERE NON E'.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxNon capisco. Puoi rispiegarmi cosa - secondo te - cosa implicherebbe la sostituzione di "delle due l'una" con "entrambi" ?. Saluti.
Spiegami invece tu, sempre ammesso che qualcuno ti risponda come tu intimi, che l'essere sia solo causa o, in alternativa solo effetto, una volta stilata questa improbabile statistica poi che conclusioni ne traiamo?
Saresti così gentile da anticiparcelo?
Io ho detto entrambi e mi hai fulminato.
Phil ha detto , anche nessuno dei due, e l'ha passata liscia.
Ipazia parimenti ha risposto contravvenendo al tuo diktat, e anche lei una tiratina d'orecchi se la meriterebbe, o no?
Daniele non saprei perché , proprio come succede a te , non lo capisco.
Aspettiamo dunque una risposta fra quelle ammesse, se mai arrivasse.
Non credi che a noi interessi conoscere il tuo pensiero invece di apprendere una sterile statistica?
Oppure tu credi che con questa tua nuova formulazione della questione, tentata perché lamenti che le precedenti non hanno avuto audience, la avrai con certezza, come sembri mostrare.
Da dove trai questa certezza che tutti l'abbiano compresa questa volta da pretendere una risposta secca?
Non avremmo il diritto di criticare questa formulazione come pure le precedenti ?
Non avresti dovuto meglio sollecitare una risposta al perché non hai avuto finora risposte per le tue precedenti formulazioni, invece di proporcene una che, chissà perché, questa volta tu sei certo essere quella giusta.
Per me è sbagliata esattamente come le precedenti .
Sono sicuro, vista la tua insistenza sulla questione, che hai una precisa idea in testa.
Si, ma quale?
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 17:49:53 PM
Tale mia definizione risulta in "la condizione per la quale le cause producono i loro effetti", ed a qualcuno apparirà criptica od involuta solamente perchè costui sarà abituato alla analisi masturbatoria del pensiero e non alla semplice, banale sintesi fondata sui significati di poche semplicissime parole.
Non ho mai letto di qualcuno che commentasse la mia definizione, oppure mi facesse presente che essa è giusta piuttosto che sbagliata, ovvia perchè già arcinota nel passato della storia della filosofia......piuttosto che originale benchè espressa da un asino incolto.
Già che predichi sintesi, non vorresti meglio dire " A causa B ".Perché dobbiamo aggiungere prodotti e condizioni?Vedi bene che da questa sintetica formulazione non può nascere alcuna questione se l'essere è causa oppure effetto.Abbiamo due cose che esistono nel tempo e sono legati da una relazione. Punto.Cosa altro dobbiamo dire?A me sembra che cadi nello stesso errore che agli altri imputi come un vizio mentale masturbatorio..La differenza è che tu riesci a masturbarti sinteticamente.Magari poi arriveremo a capire che abbiamo perfetta identità di vedute, se capissi cosa vuoi dire.Perché non è che la sintesi in se' sia sinonimo di comprensibilità.Hai usato infatti poche parole di chiaro significato, ma che sembrano assemblate a caso.Non ci trovo un senso.
Cos'è "essere" l'ha spiegato bene phil. Nè causa, nè effetto, ma condizione di esistenza. Concordo pure sulla correlazione tra causalità e divenire. Le cose sono cose. È solo il divenire (i "fatti" di Wittgenstain) a permettere di postulare relazioni causali.
Anche nella mitologia ebraica il significato di "essere" è pura esistenza. Il nume, interrogato sulla sua identità, risponde a Mosè: "Io sono colui che è". Assolutamente incausato.
Citazione di: viator il 11 Giugno 2021, 22:50:25 PM
Ciao daniele22. citandoti : "Ciao ancora una volta viator. Sicuramente tu non hai letto il mio topic sull'esistenza e la conoscenza, coerentemente con le tue idee che non te ne frega nulla del fondamento della conoscenza. Ma lì ad un certo punto dico che forse sono intervenuti Dio o i Marziani aggiungendo che se ne riparlerà. Or dunque, alla fine di tutti i miei pensieri tengo ancora in piedi tali ipotesi. Evidentemente Socrates opta per Dio (fuori di noi) mentre io opto per dio (dentro di noi). So stato bbravo?".
Ciao !. Sei stato bbbbbbravissimo come spesso ti succede. Sono io che ho testa assai diversa dalla tua. Ti leggo e quasi mai ti capisco. Della conoscenza ti ho già detto che non conosco modo di conoscerla se non per aver sperimentato percezioni sensoriali esaminate dalla mia psiche, trovate da questa come psichicamente non destabilizzanti, quindi poi autorizzate dalla mia psiche stessa a venir convogliate dala nastro trasportatore della mia coscienza fino alla mia mente (reparto "magazzini della memoria cosapevole"), restando poi a disposizione di altri future percezioni che la mente confronterà con quelle nuove e quelle vecchie già giacenti in memoria onde poter stabilire la loro eventuale reciproca similitudine o congruità......allo scopo di creare eventuali accostamenti mentali che permettano di generare la cosiddetta "esperienza fattuale" che tu chiami "conoscenza" e che mi servirà (in collaborazione con i contenuti psichici, irrazionali, inconsapevoli ed istintuali) per prendere di volta in volta le "migliori" decisioni possibili.
Ciao a tutti, specialmente a viator. Mi è toccato riguardarla almeno quattro o cinque volte quella esposizione del professor Bancalari su Essere e tempo (data pure la mia osticità a comprendere il linguaggio filosofico) per convincermi che il suo pensiero (quello di Heidegger) non coincideva col mio. Alla fine compresi che era il perfetto opposto del mio, che è tra l'altro l'esatto opposto del tuo modo di pensare. Quindi per me tu sei Heidegger e non viator.
Tu parti proprio col piede sbagliato ... Le cose per mio conto dovrebbero svolgersi così: Il tuo corpo percepisce una sensazione. A quel punto tu hai due vie. O te ne freghi e non indaghi oltre, oppure cerchi il segno della tua sensazione e lì da qualche parte forse lo trovi. Nel primo caso tu saprai che ci sono delle cose che generano una sensazione. Nel secondo caso realizzerai l'esistenza di qualcosa che ha generato la sensazione e ne avrai al tempo stesso la conoscenza primeva. Ergo, le cose esistono solo se tu le fai esistere.
Il pensiero heideggeriano è perfettamente coerente se lo si riferisce all'esserci dello Stato nei confronti degli altri Stati, non dell'individuo. Per l'individuo è necessaria una grammatica quantistica. Come mai, tra le altre cose esistono o esistevano delle particelle sub atomiche che erano associate allo "charme"?
Ci sarebbe veramente da ridere se saltassero fuori i Marziani
Salve phil. Citandoti: La «condizione per la quale le cause producono i loro effetti» (cit.) si presta forse meglio come definizione del divenire".
Secondo me non è che si presti meglio come definizione del divenire. Si presta ugualmente bene in quanto l'essere è l'intero, le cause (lo stare) e gli effetti (il divenire) sono le due metà dell'intero.
Perciò la definizione che riguardi l'intero varrà (risulterà sinonima) per l'insieme delle parti che lo compongano. Saluti.
Fin da Platone il superessente/uno è stato identificato come causa dell'essere, poi, al procedere e al precipitare del pensiero e del sentimento umano occidentale in questa "mistica della ragione" che è risultata egemone rispetto al (vero) razionalismo e a agnosticismo dei presocratici, determinano una prevalenza della metafisica sulla filosofia, si è avuta anche una sorta di identificazione uno/nulla, quindi la conseguente posizione come causa dell'essere dell'uno/nulla (mi vengono in mento Plotino, lo Pseudo Dionigi, Per certi versi lo stesso Agostino, nel senso che l'infinita potenza di Dio e la creazione dal nulla, implica, l'identificazione Dio-nulla), quindi uno stallo in cui la causa dell'essere è il nulla, e l'essere è effetto rispetto a un Dio-nulla-superessente.
La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla, il rimando dei due estremi/pseudoconcetti essere e nulla, si trova sia cominciando dal primo che dal secondo, è il nulla che come continuo toglimento, disvelamento e auto-negazione di se stesso fa essere essere l'essere, e l'essere che fa essere nulla il nulla come compiutezza dell'insieme che si tenta di immaginare sotto il nome di "essere" e assenza di effetti al di fuori di tale insieme anche stante la catena causale posta come più o meno eterna.
Dire che ciò che esiste è "situato", è sempre in qualche luogo e contesto, apre alla realtà di spazio e tempo come condizioni dell'esistenza del singolo ente e dell'insieme degli enti, spazio e tempo che però, perché l'esistente sia "situato", non hanno lo stesso livello di realtà e solidità l'uno rispetto all'altro e ridivengono metafore ed echi di quello che prima della "situazione" fu essere e nulla, lo spazio come ciò che non muta e non patisce è per analogia l'essere, che partecipa della situazione di qualcosa, il tempo come luogo del solo pensiero e del mutamento è il nulla, la tendenza al nulla che completa quella stessa situazione, mentre se si vuole essere idealisti e ci si mette dal punto di vista del pensiero/processo/durata, l'estensione, e dunque lo spazio, è il nulla, ma ciò implica che il tempo sia l'essere, nel senso che il pensiero/coscienza sembra avere realtà fondamentale, nel senso di cartesianamente innegabile, e questa realtà implica il tempo come luogo dell'anima, che permette di avere coscienza e pensare, mentre lo spazio è sempre mediato dal pensiero/coscienza, quindi dall'inesteso, l'estensione è un percepito o un pensato dell'inesteso, e quindi non ha, realtà fondamentale.
Insomma se l'esistente è situato potrei chiedere "situato dove?", e si torna alle categorie di spazio e tempo, o dell'essere ogni cosa potenzialmente "vuota", riducibile all'insieme delle relazioni con tutte le altre: non sappiamo dire cosa sia una cosa al di là delle sue relazioni con tutte le altre, come non sappiamo se il trascorrere solo temporale, e non evidentemente spaziale, del pensiero, o meglio dell' effetti che ci fa il pensiero (vita), esprima, in senso ontologico e gnoseologico, una superiorità, oppure un'inferiorità, su ciò che è anche spaziale, materiale, quindi porre l'esistente come "situato" apre alle categorie di tempo, spazio e movimento/relazione, che, rispetto all' "insieme" dell'essere, indicano che di tale insieme stiamo considerando solo una parte o un'insieme di parti quando pensiamo tale parte come situata, mentre ciò che non ha limiti noti, non è e non può essere situato.
Salve iano. Hai ragione su tutto. Particolarmente circa gli aspetti del mio carattere e le mie criptointenzioni.
La mia malizia la spiego qui sotto per gli altri amici, e non a te che già l'hai quasi intuita.
Ho aperto il topic poichè, essendo convinto dell'indimostrabilità della mia definizione di "essere"........mi sono detto : e se provassi a chiedere agli amici di Logos se essi credono o meno in una definizione alternativa che - se condivisa - risultasse logicamente insostenibile una volta messa a confronto con mia ?.
Infatti se qualcuno sostenesse che l'essere consista in una causa io - penso - troverei gli argomenti per dimostrare ciò illogico.
Ugualmente, nel caso qualcuno sostenesse che l'essere consista in un effetto oppure che consista contemporaneamente sia un una causa che in un effetto !.
Sono pazzo, vero ? Ma l'inghippo viatoriano consisterebbe nel fatto che l'essere viene considerato NO CAUSA, NO EFFETTO, NO CAUSA+EFFETTO.............bensì "la CONDIZIONE al cui interno le cause producono i loro effetti".
Ma cosa è una CONDIZIONE ? Semplicemente, lo stato di qualcosa. Nel suo insieme più generalizzabile, l'essere del mondo non è altro che lo stato del mondo. E lo STARE del mondo implica appunto una CONDIZIONE (passiva) che permette la sussistenza delle cause le quali sono destinate a produrre il DIVENIRE (attivo) degli effetti.
Pertanto la mia personale definizione dell'essere (della quale attendo tuttora una critica fondata sulla logica oppure una sensata altrui alternativa definizione) è semplicemente il frutto della necessità di generare una definizione - appunto - NON TAUTOLOGICA O SOLO DEBOLMENTE TAUTOLOGICA.
A questo punto ti chiedo perdono sarò risultato ancora troppo sinteticamente masturbatorio con il mio erotismo filosofico. Saluti a tutti.
Salve niko. Intervento dotto e quasi chiaro il tuo, secondo me e come quasi sempre sai produrre. Grazie.
Comunque, soffermandosi sulla seguente tua citazione : "La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla".............................in effetti l'essere, a parere anche mio, non appartiene alla categoria delle cause.
D'altra parte il non causar nulla fuori di sè - sempre a mio parere - non implica affatto l'essere il nulla. La logica infatti a questo punto vorrebbe che ciò che non esiste sia il "fuori di sè". Saluti.
Buon sabato a tutti
"To be or not to be" dice il principe Amleto. Essere è quindi esistere e tutto ciò che esiste ha una causa, ma è anche causa a sua volta. Un figlio infatti ha come causa i genitori, ma a sua volta può essere causa di un figlio. Vien prima la causa o l'effetto? Se essere è esistere, ciò che "è" è preminente su ciò che è stato o sul possibile che sarà. L'esistere è infatti in atto, mentre la causa non è più in atto nell'essere e l'effetto dell'essere sarà una semplice possibilità,non ancora maturata in un atto. Prima di essere concepito un essere figlio è una possibilità dell'essere genitore. Una volta concepito è un essere in atto e non più una possibilità della causa. . L'essere quindi dipende dalle sue cause , ma è anche altro dalle cause ( il fuoco è altro dal combustibile e dalla causa che l'ha incendiato) e il suo essere causa è una possibilità (produrre del fumo). Definizione lapidaria per la collezione viatoriana:
L'essere è ciò che esiste in atto.
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 15:51:03 PM
Salve iano. Hai ragione su tutto. Particolarmente circa gli aspetti del mio carattere e le mie criptointenzioni.
La mia malizia la spiego qui sotto per gli altri amici, e non a te che già l'hai quasi intuita.
Ho aperto il topic poichè, essendo convinto dell'indimostrabilità della mia definizione di "essere"........mi sono detto : e se provassi a chiedere agli amici di Logos se essi credono o meno in una definizione alternativa che - se condivisa - risultasse logicamente insostenibile una volta messa a confronto con mia ?.
Infatti se qualcuno sostenesse che l'essere consista in una causa io - penso - troverei gli argomenti per dimostrare ciò illogico.
Ugualmente, nel caso qualcuno sostenesse che l'essere consista in un effetto oppure che consista contemporaneamente sia un una causa che in un effetto !.
Sono pazzo, vero ? Ma l'inghippo viatoriano consisterebbe nel fatto che l'essere viene considerato NO CAUSA, NO EFFETTO, NO CAUSA+EFFETTO.............bensì "la CONDIZIONE al cui interno le cause producono i loro effetti".
Ma cosa è una CONDIZIONE ? Semplicemente, lo stato di qualcosa. Nel suo insieme più generalizzabile, l'essere del mondo non è altro che lo stato del mondo. E lo STARE del mondo implica appunto una CONDIZIONE (passiva) che permette la sussistenza delle cause le quali sono destinate a produrre il DIVENIRE (attivo) degli effetti.
Pertanto la mia personale definizione dell'essere (della quale attendo tuttora una critica fondata sulla logica oppure una sensata altrui alternativa definizione) è semplicemente il frutto della necessità di generare una definizione - appunto - NON TAUTOLOGICA O SOLO DEBOLMENTE TAUTOLOGICA.
A questo punto ti chiedo perdono sarò risultato ancora troppo sinteticamente masturbatorio con il mio erotismo filosofico. Saluti a tutti.
La mia definizione di essere vorrebbe non andare alla sua essenza, ma agevolare la comprensione in generale, partendo dagli spunti che la scienza ci offre, per quanto noi , non addetti ai lavori, si riesca a farli nostri.
Questa definizione dovrebbe così rendere conto del perché la stessa cosa appaia in modo diverso a seconda di come la indaghiamo. Come onda o come particella, come se fosse l'esperimento stesso a darle una forma, non avendone essa una propria, incrinando perfino la nostra premessa convinzione che sotto alle diverse forme si nasconda la stessa cosa.
Tutto ciò di cui possiamo parlare deriva dalle nostra interazioni con la realtà , la quale non può apparirci quindi che come il risultato di queste interazioni.
Le cose non esistono se non in quanto tali.
Sono il risultato delle nostre azioni dentro alla realtà.
Questi risultati, a seconda degli esperimenti, possono descriversi in modi diversi, o essere se vuoi , diversamente percepiti.
Si può usare una descrizione deterministica oppure non deterministica.
Ciò significa che la realtà non è fatta ne' di onde , ne' di particelle, e non è deterministica oppure il suo contrario.
Perché tutto ciò sia possibile occorre che la realtà sia, ma ciò noi possiamo desumerlo dal fatto che una relazione con essa sia possibile.
Quindi diamo per scontato che la realtà sia, ma non possiamo dare per scontato il come si manifesti a noi, perché ciò dipende dal tipo di interazione che decidiamo, quando la decidiamo.
Il risultato di questa interazione è ciò che chiamiamo essere.
La realtà in se' non è contraddittoria, perché diversamente non sarebbe possibile alcuna interazione con essa.
I risultati della interazione con la realtà a volte appaiono tali, perché non derivano da un processo univoco, ma da diversi modi di indagarla, che non sempre sono presenti alla nostra coscienza.
Quindi quando " la realtà " sembra contraddirsi significa che la ricchezza delle nostre indagini supera la contingente capacità della nostra coscienza di dominarle.
Prima viene l'agire incosciente , che è proprio anche delle cose inanimate, quindi la percezione della realtà In cui agiamo in forma di ciò che è, quindi la coscienza di che è cui segue la possibilità di una manipolazione teorica di simboli posti in corrispondenza di ciò che è, che è una sublimazione della manipolazione delle cose che sono.
Non è da considerarsi strano che noi possiamo manipolare ciò che non è reale, perché ciò che è non corrisponde alla realtà , in quanto l'esistenza stessa delle cose è il risultato stesso di quella manipolazione.
L'essere è l'intermediario fra noi e la realtà .
Salve alexander. Bravo. Ben trovata. Combacia con il fatto che l'essere consista nello "stato attuale del mondo".
L'unico neo consiste nel linguaggio da te usato, il quale usa il verbo essere per fornire una definizione dell'essere. Saluti.
Salve iano. Citandoti : "L'essere è l'intermediario fra noi e la realtà".
Bravo anche a te. Resta valida l'osservazione che ho appena formulato anche per alexander. Saluti.
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 17:26:29 PM
Salve niko. Intervento dotto e quasi chiaro il tuo, secondo me e come quasi sempre sai produrre. Grazie.
Comunque, soffermandosi sulla seguente tua citazione : "La cosa interessante è che da questo stallo non se ne esce ponendo l'essere (l'insieme degli enti) come causa, perché l'essere/insieme degli enti non sembra causare nulla al di fuori di sé, quindi l'effetto ultimo dell'essere è il nulla".............................in effetti l'essere, a parere anche mio, non appartiene alla categoria delle cause.
D'altra parte il non causar nulla fuori di sè - sempre a mio parere - non implica affatto l'essere il nulla. La logica infatti a questo punto vorrebbe che ciò che non esiste sia il "fuori di sè". Saluti.
Il fatto è che per molti pensatori, soprattutto antichi, è necessità logica che
la causa, qualsiasi causa, sia "fuor-dell'-effetto" di cui è causa, spesso troviamo ragionamenti del tipo, se x è causa di y, allora x non appartiene a y e non si esaurisce in y, da cui derivano gerarchie cosmogoniche e cosmologiche in cui spesso la causa ha più dignità, più durevolezza o più importanza dell'effetto. Questo perché la causa genera, ma non si esaurisce nella generazione o nel generato, rappresenta la possibilità eterna e in-temporale di ri-generare. Il problema, con ragionamenti di questo tipo, quando estesi all'essere come concetto e quando con essi si tenta di comprendere l'essere o di predicare qualcosa di definitivo su di esso, è che quando con y nell'equazione metti l'essere, x, in quanto residuo/esterno di y è il nulla, quindi si finisce per pensare il mondo come generato da una sorta di Dio/nulla, insomma i pensieri che all'origine del mondo pongono l'uno, non sono identici a quelli che all'origine del mondo pongono l'essere, perché l'uno è anche al di là della distinzione essere/nulla, quindi non esiste nella superiorità ontologica o gnoseologica dell'un termine sull'altro.
I paradigmi ontologici sono più realistici e pensabili di quelli ena-logici (basati sull'uno) dell'esistenza, e ancora più realistici e pensabili sono quelli che all'origine del mondo pongono un qualche tipo di molteplicità.
Salve daniele22. Citandoti : "Ergo, le cose esistono solo se tu le fai esistere".
Ora finalmente capisco perchè non ti capivo ! LA TUA OPINIONE E' CHE LE COSE - PRIMA CHE COMPARISSERO QUEGLI SCIMUNITI DI UMANI CHE CREDONO DI ESSERE I SOLI CHE POSSONO CONOSCERE - ..........PRIMA DI ALLORA - ERGO - NON ESISTEVA ALCUNCHE'.
Bene, a tal punto la discussione può anche proseguire ma - dal mio punto di vista - solo avendo come scopo il reciproco divertimento. Saluti.
Facciamo un esempio di causa ed effetto.
Due masse si attraggono secondo la legge di gravitazione di Newton secondo l'inverno del quadrato della loro distanza d.
A attrae B e B attrae A.
Siccome A attrae B la distanza di B da A si riduce e quindi aumenta la forza che B esercita su A.
Sarebbe come dire che su A agisce come causa se stesso.
Sembra un paradosso , che si aggiunge al paradosso che le forze agiscono a distanza , senza contatto e senza il tramite di altro.
In effetti questo ultimo a noi moderni, diversamente che ai contemporanei di Newton, non appare più come un paradosso.
Lo abbiamo digerito come cosa ovvia.
Una descrizione alternativa possibile è che A e B non si attraggono fra di loro, ma sono attratti da un punto immateriale, che coincide col loro centro di massa.
Come vedete si fa' presto a ricreare una situazione indigeribile anche per noi moderni.
Come può qualcosa che non è attrarre cose che sono?
Eppure questa diversa descrizione ha il vantaggio di eliminare il paradosso di A che agisce come causa su se stesso, seppure per il tramite di B.
Potremmo quindi concludere che ingenuamente abbiamo preteso l'essere come causa in modo esclusivo.
E anzi ,volendo generalizzare, possiamo escluderlo del tutto, almeno nel caso del nostro esempio.
La causa può benissimo dirsi in generale un punto immateriale , ciò che non è, che occasionalmente può coincidere con la posizione di ciò che è.
Purtuttavia nessuno ci impedisce ancora di considerare l'essere come causa o come effetto, o come altro si voglia, ma a patto di promuovere ad esistenza un punto immateriale.
Perché no?
Ormai ci siamo fatti furbi e abbiamo capito che certi ingredienti del piatto saranno sempre indigesti, ora uno ora l'altro, secondo della ricetta deterministica con cui li cuciniamo.
La digestione può essere più o meno lunga, ma alla fine digeriamo sempre tutto.
Naturalmente ognuno può scegliere la ricetta , fra le possibili, che per suoi motivi predilige, secondo che sia allergico alla cipolla piuttosto che ai piselli.
Io provo simpatia per l'ultima che ho detto, quella che promuove l'immateriale ad essere.
Perché?
Intanto perché elimina la fastidiosa contrapposizione fra idealismo e materialismo, che a me ha sempre puzzato di falso,
e poi per via di quella cosiddetta solida materia che quando provi a guardarci dentro ci trovi ben poco, per non dire nulla, e quel poco che sembra esserci non si sa' bene dove sia messo.
Al suo confronto un punto immateriale , ma ben piazzato in una precisa posizione, ci fa' la sua bella figura.
Le cose concrete più le indaghi è più appaiono sfuggenti, e alla fine quel che ti rimane in mano è l'astrazione matematica che le descrive, quasi come se quella fosse la loro vera essenza.
E in un certo senso è proprio così, perché l'essere è ciò che risulta da una nostra interazione con la realtà, il cui risultato, quando non si lascia tutto il lavoro al sistema percettivo e si usa scienza e coscienza, è matematicamente descrivibile.
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 21:04:45 PM
Salve daniele22. Citandoti : "Ergo, le cose esistono solo se tu le fai esistere".
Ora finalmente capisco perchè non ti capivo ! LA TUA OPINIONE E' CHE LE COSE - PRIMA CHE COMPARISSERO QUEGLI SCIMUNITI DI UMANI CHE CREDONO DI ESSERE I SOLI CHE POSSONO CONOSCERE - ..........PRIMA DI ALLORA - ERGO - NON ESISTEVA ALCUNCHE'.
Bene, a tal punto la discussione può anche proseguire ma - dal mio punto di vista - solo avendo come scopo il reciproco divertimento. Saluti.
Buongiorno viator, PRIMA DI ALLORA non esisteva la presunta ignoranza
Il minerale è animale o vegetale ? Se si sostantiva il verbo essere al singolare si finisce in un mare di pasticci, e da Platone in poi se ne sono combinati tanti. Il verbo essere esprime il principio di identità ed esistenza, l'avere il principio di proprietà e il divenire il principio del tempo: simplex sigillum veri.
L'essere sostantivato (plurale) sono gli (ess)enti definiti dai dizionari nel loro campo identitario di esistenza, come secondo ragione si è convenzionalmente concordato. Anche qui nessuna complicazione metafisica.
Il principio di causa-effetto è de-finito dall'interazione riproducibile tra enti così come la conoscenza dei fenomeni rende chiara ed evidente. Laddove manca la chiarezza ed evidenza non è scandaloso ricorrere alla doxa e all'indeterminazione in attesa di conoscenze ulteriori.
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 08:44:45 AM
Il principio di causa-effetto è de-finito dall'interazione riproducibile tra enti così come la conoscenza dei fenomeni rende chiara ed evidente. Laddove manca la chiarezza ed evidenza non è scandaloso ricorrere alla doxa e all'indeterminazione in attesa di conoscenze ulteriori.
A parte che ho già criticato come la definizione di sostantivo come esito di una convenzione sia completamente inadeguata, o Ipazia, dissi che la condizione per cui l'essere produce il tempo è il principio di attrazione e repulsione (e tale principio vale sia per i minerali che per le cose vive).Perché non critichi questa opinione la quale è in fondo una conseguenza di tutto il dialogo da me postato nel topic "Esistenza e conoscenza"? Sembra evidente che tu non voglia criticarmi giacché pensi che io sia un idiota e in quanto tale vada trattato. E' previsto un sussidio dignitoso in danaro (almeno 1.200 euro/mese) per quelli che sono idioti fuori misura? Se sì, a me può bastare e non pretenderò più di sostenere le mie idiozie. Se non fosse previsto allora continuerò a fare la parte dell'idiota con molto gusto. Dopodiché, visto che tu eri pure una a cui non fregava nulla del fondamento della conoscenza e ti appellavi ad un'etica (tecnica di vita) che si fonda sugli uomini di buona volontà sic stantibus rebus, perché non ti procuri di dare una risposta a quel che ti ho ribattuto nell'ultimo post relativo alla filosofia dell'anarchismo? Ma che idiota che sono, come posso pretendere che si debba rispondere ad un idiota. E intanto si aprono nuovi topic per nulla. Si potrebbe aprire un topic "cestello per la merenda" senza illustrarlo e si vedrà che nel giro di quattro o cinque interventi si arriverà a tutte le problematiche da massimi sistemi che qui si discutono senza esito per mancanza di onestà intellettuale
Caro Daniele 22 probabilmente sono io la minus habens che chiede venia e non risponde a ciò che non capisce.
La sacra triade della linguistica: referente, significato, significante, è ancora il metodo migliore di cui disponiamo per evitare che il logos finisca a Babilonia. Magari qualche nume iperuranico avrà soluzioni migliori, ma nell'iperuranio molti dicono di essersi avventurati, però nessuno dà prove convincenti di ciò.
L'unico ente che crea il tempo nelle mie risultanze è il Bigbang. Teoria plausibile ma di ardua dimostrazione. Sul tempo eterno dei parmenidei sospendo il giudizio e derubrico a narrazione metafisica.
L'unico principio di attrazione e repulsione a me noto è quello elettromagnetico. Anche la forza gravitazionale ne imita le forme, ma la fisica relativistica ha dato una spiegazione più dinamica e meno statica, in cui il tempo gioca la sua parte nella geometria che ne risulta. Come la relatività del tempo fisico influenzi il tempo antropologico più che alla forza di attrazione-repulsione pare si debba far ricorso alla velocità, che sul pianeta Terra, essendo uguale per tutti, diventa irrilevante nella differenziazione.
Sulla forza di attrazione e repulsione tra umani bisogna inoltrarsi nell'universo antropologico, ancora assai misterioso, anche per quanto riguarda la sua funzione temporale, la cui unità di misura è la vita umana. Ma che tale forza esista e si manifesti pare indubitabile. Magari, lavorando sul medium, il logos, se ne può migliorare la chiarezza ed evidenza. E dirimere qualche incomprensione di troppo.
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 14:38:41 PM
l'essere è l'intero, le cause (lo stare) e gli effetti (il divenire) sono le due metà dell'intero.
Dunque l'essere è sia l'intero che la condizione, ovvero, se ho ben inteso, l'essere sarebbe: l'"intero come condizione per cui le cause producono i loro effetti"?
Se così fosse, alla luce della considerazione che «le cause (lo stare) e gli effetti (il divenire) sono le due metà dell'intero»(cit.), sarebbe in atto un rovesciamento logico: l'intero non è la
condizione per cui le parti si relazionano, ma è la relazione delle parti a esser condizione
costituente l'intero (l'auto non è la condizione per cui i suoi vari pezzi interagiscono, ma ne è il risultato, in quanto è una
determinata interazione fra le parti a identificare l'auto; sulla questione dell'intero avevo già anticipato che, per me, la categoria non va confusa con il contenuto, che la proprietà dell'esser-parte non va confusa con il criterio dell'insieme, ovvero l'esistente non va confusa con l'esistere).
Direi allora che l'essere, se inteso come intero, non può essere condizione per cui le cause sono cause e quindi producono i loro effetti, ma sono piuttosto le cause, in quanto per definizione causanti gli effetti, a produrre (assieme agli effetti) l'"essere come intero" (o meglio «l'esistente», se rispettiamo la distinzione fra categoria e suo contenuto). Tuttavia affinché la cause causino, la cause devono
già essere; ecco che quindi l'essere delle cause presuppone già un essere (il loro) che non è né l'intero (che è concetto di quantità estensionale di cui la cause sarebbero solo parte, stando a quanto dici), né la condizione della causazione (che è già implicità nell'esser-causa... e qui si riallaccerebbe il suddetto discorso dell'essere come presenza).
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 14:38:41 PM
Secondo me non è che si presti meglio come definizione del divenire. Si presta ugualmente bene
credo concorderai che solitamente la definizione di un intero è differente dalla definizione delle parti (vedi la definizione di «causazione» e quelle di «causa» e di «effetto», con cui intendo almeno le definizioni generali), così se il divenire è una parte dell'essere (come sostieni), allora la definizione di essere (intero) non può «prestarsi ugualmente bene»(cit.) a quella del divenire (parte).
Citazione di: viator il 12 Giugno 2021, 14:38:41 PM
Perciò la definizione che riguardi l'intero varrà (risulterà sinonima) per l'insieme delle parti che lo compongano.
Questa osservazione o è un truismo lapalissiano, se si intende gemericamente con «intero» l'insieme delle parti che lo compongono, oppure non è esatta perché la definizione dell'intero è uguale a quella dell'insieme delle parti che lo compongono
solo se queste sono in una
determinata relazione fra loro (vedi il classico monito che una sedia non è l'insieme dei suoi pezzi messi a caso).
P.s.
Ho cercato di non scollarmi troppo del tuo ragionamento, sebbene, come scritto, la mia opinione sul tema sia differente nonostante di tutto il
bouffet sia stato raccolto solo un fazzoletto di carta per farci degli origami che forse richiedano altro tipo di "carta".
Salve phil. Bravo. Purtroppo con i ragionamenti non se ne uscirà mai. Il problema è insito nella umana necessità di dover distinguere, all'interno dell'unitario, un minimo di due entità o categorie (l'oggettivo contrapposto al soggettivo o - come in questo caso - le cause e gli effetti).
La unitarietà dell'essere consiste invece nella concreta indistinguibilità e inseparabilità di causa ed effetto.
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Dipende da come descrivi i fenomeni.
Prendi due palle A e B che si scontrano.
Puoi dire che A colpita da B cambia direzione.
Oppure che A colpita da B si muove in una direzione nuova.
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.
Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 08:44:45 AM
Il minerale è animale o vegetale ? Se si sostantiva il verbo essere al singolare si finisce in un mare di pasticci, e da Platone in poi se ne sono combinati tanti. Il verbo essere esprime il principio di identità ed esistenza, l'avere il principio di proprietà e il divenire il principio del tempo: simplex sigillum veri.
L'essere sostantivato (plurale) sono gli (ess)enti definiti dai dizionari nel loro campo identitario di esistenza, come secondo ragione si è convenzionalmente concordato. Anche qui nessuna complicazione metafisica.
Il principio di causa-effetto è de-finito dall'interazione riproducibile tra enti così come la conoscenza dei fenomeni rende chiara ed evidente. Laddove manca la chiarezza ed evidenza non è scandaloso ricorrere alla doxa e all'indeterminazione in attesa di conoscenze ulteriori.
Buon lunedì Ipazia. Speriamo allora di comprenderci tra idioti, meno e meno fa più. C'è un detto di Gesù in cui egli dice ai discepoli che una prova da fornire ad eventuali inquisitori sulla presenza del padre in loro, sarà quella della presenza in loro di una quiete e un movimento. All'interno del principio di attrazione e repulsione vi è un punto in cui si manifesta l'indifferenza. E' forse questa la quiete di cui parla Gesù? Quanto va incubando la quiete prima di manifestare il movimento?
Quanto tempo, nel mio caso personale, ha impiegato la quiete prima di manifestare il movimento (quel che scrivo ora)?
Ho già sostenuto che il "referente" sia in fondo un concetto in più se applicato alla filosofia. Forse andrà bene per soddisfare alle esigenze dei linguisti, però de Sausurre aveva già intuito o sostenuto addirittura la natura mentale del segno. Portando però tale natura del segno all'interno della speculazione sulla lingua ha obbligato noi a considerare la lingua come un sistema autoreferenziale. Cosa che non è se, nella nostra gettatezza, consideriamo il sostantivo nella sua forma originaria come qualcosa di evocativo, tanto che tutti comprenderebbero ciò che si evoca brandendo un oggetto come evocatore dell'azione che lo mette in campo. Cosa ha fatto infine de Sausurre?: ha detto che ogni segno rimanda ad altro segno. Cosa ho fatto invece io ?: ho rotto la catena cercando di fornire una risposta esaustiva per me. Tale risposta è quella che ho dato nel Topic "esistenza e conoscenza" legando il segno "oggetto sconosciuto" ad altro segno "l'ignoranza dell'interlocutore". Questo spezzava la catena del rimando obbligato tra segno e segno all'interno di categorie positive. Mi dissi un giorno, sempre fermo nella mia fede, che finché non fossi riuscito a scrivere qualcosa di buono su come ci si pone di fronte ad un oggetto sconosciuto non sarei potuto andare da nessuna parte. Ed è stato lì, quando sono stato costretto a scrivere di quel muro che sta sempre dentro la nostra testa che ebbi l'ultima sorpresa.
Per quel che riguarda la faccenda antropologica e del logos non mi è molto chiaro su cosa tu voglia fare luce. Ho sfogliato una volta un testo di Wittgenstein "note al ramo d'oro di Fraser" mi sembra si intitolasse. Egli tratta il fuoco come qualsiasi altro fatto e sembra non dargli molto peso. Io vorrei far notare il carattere spesso ambiguo delle nostre esternazioni linguistiche. Tale ambiguità rappresentano in fondo i campi di significato del fuoco: gioco, desiderio, necessità. Tutti siamo pervasi da tali forze, ma in peso differente tal che tu non sai mai di preciso per quale motivo uno pretenda la presenza del fuoco qui e ora.
Spero di aver dipanato almeno qualche incomprensione o Ipazia
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 11:27:10 AM
Caro Daniele 22 probabilmente sono io la minus habens che chiede venia e non risponde a ciò che non capisce.
La sacra triade della linguistica: referente, significato, significante, è ancora il metodo migliore di cui disponiamo per evitare che il logos finisca a Babilonia. Magari qualche nume iperuranico avrà soluzioni migliori, ma nell'iperuranio molti dicono di essersi avventurati, però nessuno dà prove convincenti di ciò.
L'unico ente che crea il tempo nelle mie risultanze è il Bigbang. Teoria plausibile ma di ardua dimostrazione. Sul tempo eterno dei parmenidei sospendo il giudizio e derubrico a narrazione metafisica.
L'unico principio di attrazione e repulsione a me noto è quello elettromagnetico. Anche la forza gravitazionale ne imita le forme, ma la fisica relativistica ha dato una spiegazione più dinamica e meno statica, in cui il tempo gioca la sua parte nella geometria che ne risulta. Come la relatività del tempo fisico influenzi il tempo antropologico più che alla forza di attrazione-repulsione pare si debba far ricorso alla velocità, che sul pianeta Terra, essendo uguale per tutti, diventa irrilevante nella differenziazione.
Sulla forza di attrazione e repulsione tra umani bisogna inoltrarsi nell'universo antropologico, ancora assai misterioso, anche per quanto riguarda la sua funzione temporale, la cui unità di misura è la vita umana. Ma che tale forza esista e si manifesti pare indubitabile. Magari, lavorando sul medium, il logos, se ne può migliorare la chiarezza ed evidenza. E dirimere qualche incomprensione di troppo.
Ho sbagliato la citazione nel post precedente. Tutto andava riferito a questo post
Esiste l'essere della causa ed esiste l'essere dell'effetto ma in relazione agli enti l'essere è causa.
MAURO PASTORE
La domanda la trovo senza senso, perché pretende di definire il concetto più fondamentale di tutti, l'essere, con concetti da esso derivati e da esso dipendenti. Mi sembra chiaro che una causa per esser tale deve innanzi tutto essere, idem per l'effetto.
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 18:57:59 PM
La domanda la trovo senza senso, perché pretende di definire il concetto più fondamentale di tutti, l'essere, con concetti da esso derivati e da esso dipendenti. Mi sembra chiaro che una causa per esser tale deve innanzi tutto essere, idem per l'effetto.
Salve donalduck. Certo che la domanda da me posta ha senso, solo che la risposta che io gli fornisco è situata al di fuori dei due termini utilizzati all'interno della domanda............dal momento che - se leggi attentamente quel che io ho scritto - la mia tesi è che l'essere consista nell'insieme - intrinsecamente indistinguibile - di causa ed effetto, e non certo nell'uno o nell'altro ente. Saluti.
Citazione di: viator il 05 Luglio 2021, 20:46:26 PM
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 18:57:59 PM
La domanda la trovo senza senso, perché pretende di definire il concetto più fondamentale di tutti, l'essere, con concetti da esso derivati e da esso dipendenti. Mi sembra chiaro che una causa per esser tale deve innanzi tutto essere, idem per l'effetto.
Salve donalduck. Certo che la domanda da me posta ha senso, solo che la risposta che io gli fornisco è situata al di fuori dei due termini utilizzati all'interno della domanda............dal momento che - se leggi attentamente quel che io ho scritto - la mia tesi è che l'essere consista nell'insieme - intrinsecamente indistinguibile - di causa ed effetto, e non certo nell'uno o nell'altro ente. Saluti.
Salve. Forse non sono riuscito a rendere bene l'idea. Se vogliamo parlare di definizioni, la cosa migliore è prendere in considerazione la matematica e la logica matematica, in cui il procedimento della definizione è esplicito e chiaro. Coma certamente saprai, si parte da una serie di assiomi non dimostrati e dati per intuitivi, e a partire da quelli poi si definiscono altre entità e le relazioni tra le diverse entità. Si parte dai concetti più semplici e irriducibili e per arrivare a quelli derivati e complessi.
Ora, il concetto di essere è il più fondamentale di tutti e si può considerare come l'assioma fondamentale di qualunque filosofia e di qualunque tipo di speculazione. Senza presupporre questo concetto (che resta semplicemente intuitivo, e a mio parere, essendo l'assioma fondamentale, è impossibile da definire) i termini "causa" ed "effetto" non hanno nessun significato possibile, sono solo suoni o simboli privi di senso, che non denotano nulla e tantomeno possono definire qualcosa.
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 22:27:13 PM
Citazione di: viator il 05 Luglio 2021, 20:46:26 PM
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 18:57:59 PM
La domanda la trovo senza senso, perché pretende di definire il concetto più fondamentale di tutti, l'essere, con concetti da esso derivati e da esso dipendenti. Mi sembra chiaro che una causa per esser tale deve innanzi tutto essere, idem per l'effetto.
Salve donalduck. Certo che la domanda da me posta ha senso, solo che la risposta che io gli fornisco è situata al di fuori dei due termini utilizzati all'interno della domanda............dal momento che - se leggi attentamente quel che io ho scritto - la mia tesi è che l'essere consista nell'insieme - intrinsecamente indistinguibile - di causa ed effetto, e non certo nell'uno o nell'altro ente. Saluti.
Salve. Forse non sono riuscito a rendere bene l'idea. Se vogliamo parlare di definizioni, la cosa migliore è prendere in considerazione la matematica e la logica matematica, in cui il procedimento della definizione è esplicito e chiaro. Coma certamente saprai, si parte da una serie di assiomi non dimostrati e dati per intuitivi, e a partire da quelli poi si definiscono altre entità e le relazioni tra le diverse entità. Si parte dai concetti più semplici e irriducibili e per arrivare a quelli derivati e complessi.
Ora, il concetto di essere è il più fondamentale di tutti e si può considerare come l'assioma fondamentale di qualunque filosofia e di qualunque tipo di speculazione. Senza presupporre questo concetto (che resta semplicemente intuitivo, e a mio parere, essendo l'assioma fondamentale, è impossibile da definire) i termini "causa" ed "effetto" non hanno nessun significato possibile, sono solo suoni o simboli privi di senso, che non denotano nulla e tantomeno possono definire qualcosa.
Discorso corretto, ma a dire il vero la matematica dei giorni nostri ha ormai rinunciato all'intuitività, o auto evidenza degli assiomi.
Se le cose stanno così allora acquista un senso chiedersi dal punto di vista filosofico, in ossequio alla libertà che la matematica ci concede oggi, se l'essere non possa vedersi come un teorema, e non come un assioma.
Forse mella testa di Viator, seppur in maniera confusa , era presente proprio questa intuizione.
Questa possibilità, che forse non ha avuto il coraggio di portare fino in fondo.
Anche perché ci vuole del coraggio a provare a scalzare l'essere,dal posto centrale che ha sempre occupato mella storia della filosofia.
È però una possibilità da prendere in seria considerazione secondo me, e Viator a modo suo sembra averci provato.
Ha provato a far fare alle cause e agli effetti il sorpasso dell'essere, che però non si è compiuto, di modo che sono rimasti appaiati.
Consideriamo per un attimo il vantaggio di considerare l'essere come teorema e le,cause e gli effetti come assiomi.
Non dovremmo più giustificare il divenire dell'essere, essendo esso il prodotto stesso del gioco di cause ed è effetti, che ovviamente non andrebbero riferite quindi all'essere, ma a se stesse, senza altra giustificazione, come si conviene ad ogni assioma, al di là' di ogni non necessaria, per quanto sempre gradita, intuitizione.
A ben pensarci in effetti , nella misura in cui tutta la nostra conoscenza là si può descrivere come un gioco di cause ed effetti, questi sembrano centrali più che l'essere che fa' la figura della punteggiatura che le divide.
Citazione di: iano il 05 Luglio 2021, 23:43:28 PM
Discorso corretto, ma a dire il vero la matematica dei giorni nostri ha ormai rinunciato all'intuitività, o auto evidenza degli assiomi.
Non mi risulta proprio, dovresti precisare a cosa fai riferimento, e soprattutto spiegare con parole tue in che senso e in che modo ritieni che sia possibile rinunciare all'intuitività degli assiomi.
Senza questa precisazione è impossibile discutere il resto.
Citazione di: Donalduck il 05 Luglio 2021, 23:58:54 PM
Citazione di: iano il 05 Luglio 2021, 23:43:28 PM
Discorso corretto, ma a dire il vero la matematica dei giorni nostri ha ormai rinunciato all'intuitività, o auto evidenza degli assiomi.
Non mi risulta proprio, dovresti precisare a cosa fai riferimento, e soprattutto spiegare con parole tue in che senso e in che modo ritieni che sia possibile rinunciare all'intuitività degli assiomi.
Senza questa precisazione è impossibile discutere il resto.
La precisazione è dentro alla storia recente della matematica in particolare, e della scienza in generale, a partire dalle geometrie non euclidee che possiedono assiomi per nulla intuitivi, ma la cui utilita' nella costruzione delle nuove teorie fisiche di successo è indiscutibile.
Citazione di: iano il 05 Luglio 2021, 23:43:28 PM
A ben pensarci in effetti , nella misura in cui tutta la nostra conoscenza là si può descrivere come un gioco di cause ed effetti, questi sembrano centrali più che l'essere che fa' la figura della punteggiatura che le divide.
Penso che Kant non avrebbe convenuto su ciò, nel senso che in tali casi avrebbe mostrato le relazioni dei fenomeni distinguendoli dalla presenza del 'noumeno'.
MAURO PASTORE
Ciao Mauro.
Credo che non conviene l'intera schiera dei filosofi, passata e presente e forse anche futura. :D .
È però sempre utile esercizio provare a capovolgere il senso comune, anche perché l'essere non ha poi tutta quella sostenibilità che si vuol credere.
Se non si possono sostenere cause ed effetti senza l'essere, potrebbe essere vero anche il contrario.
Dal mio punto di vista non è importante se l'una o l'altra cosa o entrambe corrispondano a verità, perché io non vado in cerca della verità, ma di una possibile descrizione della realtà funzionale al nostro rapporto con essa.
Alla luce delle riflessioni filosofiche che ci induce la nuova scienza, e in particolare la fisica quantistica, l'essere comunemente inteso non appare più cosi' centrale.
Condivido con Viator una intuizione che preme, seppur confusa, nel ridefinire tutta la questione dell'essere delle cause e degli effetti.
Secondo una possibile interpretazione della fisica quantistica il mondo non è deterministico e ciò credo equivalga a una descrizione insoddisfacente per tutti, nessuno escluso.
Che lo sia o non lo sia ciò viene comunque espresso nei termini dell'essere e forse è proprio per ciò che risulta insoddisfacente ..
Mi chiedo quindi se fosse possibile una descrizione più soddisfacente modificando l'ordine dei termini, provando a scambiare le ipotesi con i teoremi .
Se Kant non è d'accordo alla fine sono solo fatti suoi.☺️
Si scherza ovviamente, però per me cosa ne pensi tu vale quanto ne pensa Kant e cosa ne pensa Kant lo sappiamo.
In altri termini, per poter sostenere il determinismo, se non ci fosse stato l'essere, lo si sarebbe dovuto inventare.
Metti che le cose siano andate proprio così, anche se noi non potremo mai dimostrarlo.
Ma nel momento in cui il determinismo non dovesse essere più sostenibile, che fine farebbe l'essere?
Questo è l'esperimento mentale filosofico che propongo , che, non lo nego , può provocare vertigini. 😂
Citazione di: iano il 06 Luglio 2021, 06:27:55 AM
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In altri termini, per poter sostenere il determinismo, se non ci fosse stato l'essere, lo si sarebbe dovuto inventare.
Metti che le cose siano andate proprio così, anche se noi non potremo mai dimostrarlo.
Ma nel momento in cui il determinismo non dovesse essere più sostenibile, che fine farebbe l'essere?
Questo è l'esperimento mentale filosofico che propongo , che, non lo nego , può provocare vertigini. 😂
Il fatto è, o Iano, come forse già sai, che il determinismo è sostenuto o propugnato dai nostri stessi comportamenti, i quali sono molto devoti al tempo. Gli interventisti, più che i fatalisti, sono ossessionati dal modellare lo spazio tempo come a loro più aggrada. Per tale motivo continuano a trovare leggi che sono una presunta approssimazione della realtà pretendendo da loro una verità che di fatto non possiedono. Questo aspetto viene messo in crisi dalla meccanica quantistica nel dire che non esiste in natura una legge che determini una successione fatale di fenomeni. Sorvolando sulla teoria degli errori, anche nel mondo macroscopico tale aspetto possiede una sua validità quando si consideri che un proiettile calibrato per raggiungere un determinato obiettivo venga perturbato nel suo deterministico tentativo di raggiungere tale obiettivo. Ed è proprio questo che i lanciatori del proiettile vogliono evitare che accada. Conseguenza di ciò sarebbe in fondo che siamo proprio noi a volere un mondo deterministico cercando di crearlo in questo senso. Resterebbe alla fine valida solo la concezione che nulla in natura avviene per caso (per quel che noi si sappia). Per quanto riguarda gli umani le cause del loro moto riguardano l'imperscrutabile ad oggi sfera interiore individuale dove accade di continuo un effetto dovuto ad una causa, e lì, per un attimo produce una pausa prima che lo stesso effetto produca a sua volta altra causa (vangelo di Tommaso - pausa e movimento). Ma se tutti fossimo un po' più fatalisti si evidenzierebbe maggiormente anche nel mondo macroscopico un certo andamento meno intruppabile
Citazione di: iano il 06 Luglio 2021, 06:27:55 AM
Se non si possono sostenere cause ed effetti senza l'essere, potrebbe essere vero anche il contrario.
Come già osservato da
Donalduck, se non si postula l'essere (inteso come condizione di avere esistenza, di "risultare-presente" nei sensi già chiariti nel post #7) non si può parlare né di un oggetto del discorso, né del soggetto parlante, né di cause, né di effetti, etc. perché tutto ciò, se non si parte dal concetto di essere,
non è e non può essere trattato. Per parlare di qualcosa, anche solo ipoteticamente o per gioco, bisogna prima identificarlo (magari con una descrizione prolissa o solo con un nome provvisorio), e nell'identificarlo esso
è (fosse anche solo concettualmente o astrattamente) oggetto di discorsi, speculazioni, etc.
L'assioma/principio di identità (a=a) pone l'essere (potremmo infatti scriverlo anche con il quantificatore esistenziale:
∃x: x=x) ed è non a caso il fondamento di ogni logica (causa/effetto invece presuppongono già l'essere da interpretare come causa e/o effetto, per quanto l'essere non si riduca a risultare necessariamente causa/effetto, v. precedente esempio del sasso).
Ciao Phil.
Raccolgo il tuo invito, a passare da una confusa intuizione ad una trattazione eventualmente scusabilmente prolissa, in prima approssimazione.
Potrei provare a proporre l'essere come una qualità emergente ( non so' se qualità sia il termine giusto) al pari di quello che oggi si tende a dire del tempo.
In effetti l'essere, al pari del tempo, come diceva S.Agostino, è quella cosa che tutti sanno, ma nessuno sa' dire.
Quindi l'essere in se' non esiste, se non nel senso sopra detto, ma è un prodotto della nostra interazione con la realtà .
Questo spiegherebbe perché "esso" ci appaia in forma diversa a seconda di come lo indaghiamo.
Come particella o come onda , senza che nella realtà esista alcuna particella o alcuna onda, se non come prodotto di un particolare esperimento.
L'"essere", a parere di Giorgio Colli commentando l'Organon di Aristotele, è una determinazione senza indicazione. Determinazione in quanto "è", chiama in causa, priva di indicazione in quanto non inerisce un oggetto. La predicazione avviene con le categorie, quando l'essere si relaziona con sostanza, qualità, quantità, relazione.
Archeonoumeno insomma. L'essere invisibile le cui forme sono tradite dai vestiti. In buona coppia coi vestiti invisibili di un re nudo. Fantasmi complementari nel regno dell'irrealtà.
Eppure Ipazia, la domanda sul Permanente, che si voglia scomodare Dio oppure no, è una domanda che non può "essere" cancellata con un tratto di penna. Essere e divenire interagiscono di continuo. E oltre questa interazione volgare, il Permanente ci interroga ad un altro livello, che è scientifico e razionale allo stesso tempo. Se infatti accettiamo la teoria dell'inflazione cosmologica, possiamo spiegare il big-bang ma resta inevasa la domanda su cosa o chi ha sviluppato le quattro forze fondamentali dell'universo che precedettero il big bang. Perché c'erano la forza elettromagnetica, quella gravitazionale, la forza atomica forte e quella debole? Possiamo anche fingere di non interessarci, perché è inutile parlare di ciò che non si sa, specialmente se su queste domande si sono costruite spesso cattedrali intrise di sangue umano. Ma la domanda, ancor prima di ogni religione terrestre, continuerà ad interrogarci, come una sorta di "orizzonte degli eventi".
Hypotheses non fingo (cit.)
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.
Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti , e logiche sovversive del divenire...
Se teniamo ferma la nostra fede nella Verità, dovremmo mettere in discussione ogni certezza.
Quindi pure la legge di causa-effetto.
Esiste davvero questa legge?
L'osservazione di come il mondo funziona la conferma ogni volta.
E se non lo confermasse ma addirittura la negasse... cadremmo nell'assurdo.
Tuttavia, che prova definitiva abbiamo della sua realtà?
Siamo sicuri, assolutamente, che ciò che avviene è dovuto ad una concatenazione di cause e di effetti?
O non sarà invece che questa nostra storia di vita non è affatto scandita dalla legge di causa-effetto?
Perché questa legge è solo apparente?
Quando sogno, ciò che avviene appare spesso come governato dalla legge di causa-effetto. Ma non sono forse io stesso a organizzare il sogno?
Magari senza accorgermene, come capita di solito...
Per demetafisicizzare il principio di causa-effetto e trasferirlo nella scienza è sufficiente porre i limiti del sistema indagato o di lavoro. Talvolta bisogna pure trovarli, come accade nella ricerca. La qual cosa è effettivamente più complessa, ma se le metodiche d'indagine sono accurate e ben collaudate per quello specifico enigma, quasi sempre se ne viene a capo.
Citazione di: and1972rea il 01 Agosto 2021, 16:08:55 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.
Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti , e logiche sovversive del divenire...
Ciao Andrea.
Non credo di aver capito, ma mi pare che l'azione istantanea di Newton sia un paradosso che Einstein ha risolto.
Se Newton avesse avuto ragione sparirebbe il tempo, restando l'universo fermo in un istante in cui si ammucchierebbero tutte le cause e tutti gli effetti.
Poi magari anche lo spazio tempo avrà pure i suoi paradossi, ma quello che mi pare suggerisca Ipazia è che le cause e gli effetti, e quindi in definitiva anche l'essere che serve a giustificarli, nascono da una ipotesi teorica molto pesante, che si possano isolare parti di universo fra loro, considerandone una e ignorando le altre.
Ciò, come sempre mi pare dica Ipazia, in pratica funziona, ma rimane il fatto che tale ipotesi di comodo non corrisponde a realtà .
Quindi cause ed effetti, e quindi in definitiva anche l'essere, sono il risultato di una ipotesi che non corrisponde a realtà.
Quindi dovremmo concluderne che la realtà non è fatta di essere , di cause e di effetti, se non come il risultato delle nostre parziali interazioni con essa, in quanto certamente i risultati di quella interazione sono parte della realtà stessa.
Noi stessi in effetti ci consideriamo un sistema isolato dalla realtà.
Ciò non è vero, ma in pratica funziona.
Ma se è vero che agli effetti pratici l'universo si presta ad essere suddiviso in diversi universi-parte non c'è però l'evidenza che ci sia un modo univoco per farlo e ad ogni modo corrisponderanno quindi presumibilmente diversi oggetti esistenti con diverse cause e diversi effetti.
Citazione di: iano il 02 Agosto 2021, 18:45:29 PM
Citazione di: and1972rea il 01 Agosto 2021, 16:08:55 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Giugno 2021, 22:58:17 PM
Citazione di: viator il 13 Giugno 2021, 16:48:19 PM
Gli effetti sono contemporanei alle cause che li generano............siamo noi che - imbranati e schiavi del nostro metabolismo anche intellettuale - troviamo che essi effetti si verifichino successivamente alle loro cause. Pertanto diventa ridicolo cercare di descriverne una qualche consecutività.
Se così non fosse..............non riusciremmo neppure a riconoscerli e nominarli, gli effetti e le cause. Saluti.
Difficile da sostenere in tribunale. Il giudice, qualsiasi giudice, preferisce restare imbranato e schiavo del suo metabolismo intellettuale, distinguendo l'assassino dall'assassinato e condannandolo in quanto causa dell'effetto "omicidio".
Che causa ed effetto emergano fenomenicamente nelle misure osservabili senza dover rispettare una successione ordinata di passaggi attraverso il tempo e lo spazio in un certo sistema di riferimento è un fatto di cui la generazione Z è ormai persuasa fin dai primi cicli di studio scolastici. Per noi nipoti e pronipoti di coloro che incredibilmente scoprirono quei controintuitivi modi di apparire del reale ,invece, risulta ancora ostico accettare la conseguenza logica di quelle evidenze , e cioè, che non solo un effetto può avere istantaneamente la propria causa a miliardi di anni luce di distanza da sé stesso , ma che quella stessa causa può aver dato origine al proprio effetto in un tempo futuro rispetto a quello stesso sistema di riferimento, un tempo che ha ancora da venire. Cause , quindi , posticipate ai loro effetti , e logiche sovversive del divenire...
Ciao Andrea.
Non credo di aver capito, ma mi pare che l'azione istantanea di Newton sia un paradosso che Einstein ha risolto.
Se Newton avesse avuto ragione sparirebbe il tempo, restando l'universo fermo in un istante in cui si ammucchierebbero tutte le cause e tutti gli effetti.
Poi magari anche lo spazio tempo avrà pure i suoi paradossi, ma quello che mi pare suggerisca Ipazia è che le cause e gli effetti, e quindi in definitiva anche l'essere che serve a giustificarli, nascono da una ipotesi teorica molto pesante, che si possano isolare parti di universo fra loro, considerandone una e ignorando le altre.
Ciò, come sempre mi pare dica Ipazia, in pratica funziona, ma rimane il fatto che tale ipotesi di comodo non corrisponde a realtà .
Quindi cause ed effetti, e quindi in definitiva anche l'essere, sono il risultato di una ipotesi che non corrisponde a realtà.
Quindi dovremmo concluderne che la realtà non è fatta di essere , di cause e di effetti, se non come il risultato delle nostre parziali interazioni con essa, in quanto certamente i risultati di quella interazione sono parte della realtà stessa.
Noi stessi in effetti ci consideriamo un sistema isolato dalla realtà.
Ciò non è vero, ma in pratica funziona.
Ma se è vero che agli effetti pratici l'universo si presta ad essere suddiviso in diversi universi-parte non c'è però l'evidenza che ci sia un modo univoco per farlo e ad ogni modo corrisponderanno quindi presumibilmente diversi oggetti esistenti con diverse cause e diversi effetti.
Il paradosso dell'istantaneità è insito nella stessa relazione causale ; nell'intorno di tempo e di spazio entro cui circoscriviamo la nostra supposizione di trovare il termine della causa a contatto con il principio del proprio effetto ,in quell'intorno , in quel contatto , in quella unione noi immaginiamo la paradossale, incestuosa identificazione materiale della causa con il proprio effetto , una mescolanza impossibile che già Hume comprese non potersi dimostrare. Nella realtà dei fatti noi possiamo constatare la causa soltanto e sempre scissa dal proprio effetto , divisa da esso sia nello spazio che attraverso il tempo; dunque, che differenza può fare l'immaginare una causa che produce il proprio effetto a pochi femtosecondi da sè stessa e ad una distanza di pochi angstrom, o immaginare che questa relazione sussista a distanza siderale attraverso miliardi di anni? E ancor di più, la logica non ci impedisce di osare immaginare oltre ,e di considerare la posizione relativa fra la causa ed il proprio effetto in tempi e spazi ancor più diversi fra loro e a tal punto da giungere a porre la causa in un tempo successivo al proprio effetto. Ad oggi la scienza ha dimostrato la proprietà non locale di questa ( almeno secondo Hume) "presunta" relazione fra i fenomeni fisici; la relazione atemporale potrebbe, invece, un giorno, potersi dimostrare con altrettanta dovizia di sperimentazioni...