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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: Jacopus il 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM

Titolo: L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 29 Luglio 2019, 22:20:15 PM
Che titolo impegnativo. Ad ogni modo si può fare una sorta di quadruplicazione delle cause.
1) HOMO HOMINI LUPUS. E' la tesi più famosa. Il male risiede nello stesso uomo, nella sua origine animale. Nella sua biologia, inestirpabile, al massimo mitigata da continui interventi pedagogici e correttivi. In questa visione il bene è sempre ancillare. Al massimo può essere considerato come un modo perverso e ipocrita per perseguire le stesse finalità "ferine". E' il cosiddetto modello Hobbes-Freud.
2) HOMO HOMINI DEUS. Al contrario, in questo caso, si considera come l'uomo sia biologicamente e naturalmente portato ad amare e a proteggere i suoi simili. E' il mito del buon selvaggio, giunto fino a noi in mille versione diverse. E' il cosiddetto modello Rousseau-Marcuse.
3) HUMANITAS HOMINI LUPUS. In questo caso invece si considera la cultura la causa del male. Si tratta della teoria che si abbina bene al modello Rousseau-Marcuse: "l'uomo è nato libero ma ovunque è in catene", e quelle catene non sono altro che le strutture di potere della società. Potremmo chiamare questo modello il modello Nietzsche-Foucault.
E' possibile anche abbinare 3 a 1. In questo caso si crea un modello SUPERLUPUS, che potrebbe avere una sua verità, in considerazione delle proprietà mimetiche dell'uomo, che tende a replicare la sua realtà interna, nelle strutture sociali che costituisce.
4) HUMANITAS HOMINI DEUS. Questa interpretazione si abbina ottimamente al modello 1. L'uomo nasce egoista ma il processo di civilizzazione lo trasforma e lo rende infine altruista e cooperativo come non poteva essere biologicamente. Chiamiamo questo modello, il modello Marx-Elias.
Anche in questo caso non è escluso che sia possibile ipotizzare un mondo umano interpretabile con 2-4. L'uomo è buono biologicamente e configura questa sua bontà innata attraverso i suoi costrutti culturali. In questo caso abbiamo a che fare con un modello SUPERDEUS.

A questo punto due riflessioni mi sono apparse interessanti rispetto ai due abbinamenti tradizionali.
L'abbinamento 1-4 si pone come un processo che va dal male al bene. Sono quelle famose magnifiche sorti e progressive. Però in questa visione il male cova sempre sotto la cenere, ed è per questo motivo che è stato possibile fare sette film su Harry Potter (Voldemort non muore così facilmente e neppure Darth Fener). Il conseguimento del bene morale è sempre a rischio di implodere e farci tornare allo stato di natura, violento e selvaggio, che è il "vero" stato dell'uomo. Una teoria esclusivamente 1, come quella, ad esempio di De Sade o del darwinismo sociale,  resta invece ancorata ad una visione statica, dove il progresso è soltanto tecnico, ma vedrà sempre la presenza del male e del dominio come elementi naturali dell'uomo.
L'abbinamento 2-3 è l'altro binomio famoso. L'uomo è per sua natura buono e socievole ma la storia e soprattutto la tecnologia lo rendono avido, superbo ed egoista. In questo caso il superamento etico dell'impasse non viene di solito concepito come un processo progressivo e di nani che siedono sulle spalle di giganti ma attraverso una rottura netta.

L'altra osservazione che pongo alla vostra attenzione è invece metalogica, nel senso che, il processo culturale in cui siamo continuamente immersi a sua volta influenza la visione dell'origine del bene e del male che abbiamo come società. Infatti, nel momento in cui, le istituzioni, il sentire comune, le scuole, i libri, diffondono una visione dell'origine del male come innata nell'uomo, sarà inevitabile che quella visione influenzi la stessa strutturazione della società, ad esempio riducendo le risorse per educare le fasce marginali della società, che si convinceranno anch'esse di essere "innatamente malvage". In qualche modo non è altro che la "profezia che si autoavvera" in una mappa sociale, piuttosto che psichiatrica, come originariamente l'espressione di Bateson intendeva rappresentare.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 30 Luglio 2019, 09:15:34 AM
Finalmente si torna a parlare di filosofia  ;) 

Concordo col titolo della discussione. Il bene ed il male non sono archetipici ma hanno un'origine. Tutti i pensatori citati ci hanno insegnato a ragionare aldilà, ma soprattutto aldiqua, del bene e del male. Lo schema quadrangolare proposto esprime bene le ideologie afferenti, un po' più forzatamente ne individua i promotori - che ritengo meno monolitici, e pone, più che risolvere, la questione del bene e del male. Lodevole in ogni caso lo sforzo di incardinare le differenti ideologie della tesi in binari culturalmente potenti come quelli citati.

A mio parere l'origine del bene e del male sta nel dato naturale del vivente: bene è vita, male è morte. (Eros e Thanatos nella lezione freudiana). Ma tale antinomia non è riducibile ad una dicotomia netta di principi filosofici perchè i due concetti si intrecciano dialetticamente nella legge naturale che gli antichi sintetizzarono in mors tua, vita mea e che noi chiamiamo asetticamente catena alimentare.

Adeguandomi allo schema proposto direi che all'origine vi è solo un aldiqua "naturalistico" del bene e del male fatto di istinti e pulsioni, i quali si evolvono antropologicamente sfruttando la pulsione sociale dell'animale umano e si arricchiscono di contenuti intellettuali di tipo etico-razionale man mano che diviene più complesso il contesto sociale e si affinano le facoltà della mente. Il bene ed il male che ne derivano sono storicamente determinati, tarati sulle condizioni "ambientali" intese in senso etologico.

Richiamando i citati: una sintesi di Darwin e Freud che pende verso Marx con qualche sfumatura di Nietzsche  :)

Sulla questione della "profezia che si autoavvera" direi che il "socialmente determinati" e la critica ideologica della tradizione storicomaterialistica ci stanno a pennello a livello eziologico. Spetta poi alla psicologia "di massa" percorrerne e approfondirne la fenomenologia.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: baylham il 30 Luglio 2019, 15:06:18 PM
Non accolgo alcuna delle tesi esposte.
Per me il bene ed il male hanno origini casuali durante l'evoluzione dei processi biologici, ben precedenti la comparsa della classe dei mammiferi.
Inoltre il bene o il male sono concetti relativi, non esistono di per sé, le cose sono normalmente ambivalenti, ambivalenza che varia anche per lo stesso singolo individuo  nel corso della sua vita.
Infine contesto ovviamente qualunque teoria che attribuisca l'origine del bene e del male alla responsabilità dell'uomo e che ponga l'obiettivo dell'eliminazione del male.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 30 Luglio 2019, 17:06:45 PM
Salve Jacopus. Bravo anche da me. Argomento tutt'altro che nuovo ma certi fondamenti, se trattati in modo appropriato, possono anche perdere il loro odore di stantio.

Cominciamo con il chiarire che bene e male sono concetti relativi (per cui, a certe condizioni, persino intercambiabili !) ed esclusivamente umani.

Al di fuori di soggettività e di relatività umane tali concetti mostrano la loro intrinseca assurdità.
A livello divino la loro esistenza è vietata per la semplice ragione che essi risulterebbero come inclusi ed indistinguibili all'interno dell'assolutezza che filosoficamente (ma anche dottrinalmente) è necessario attribuire al concetto di Dio perchè esso riveli un senso.

A livello fisico-naturalistico regna invece esclusivamente il concetto di necessità deterministica e quindi perfettamente neutra.

Restando quindi giustamente in un ambito che Ipazia individua nella biologia, Ipazia stessa ha ritenuto di individuare l'origine dell'etica (perchè bene e male non sono altro che i poli opposti del pianeta etico !) in ciò che racchiude la specificità della biologia, cioè mortalità e vitalità.

Secondo me Ipazia, così facendo, ci ha quasi preso.
E affermo "quasi" perchè la sfera biologica contiene quella umana ma – nella sua interezza – risulta sì riguardata dalla morte e dalla vita ma non è completamente coinvolta dalla problematica etica, la quale a mio parere riguarda solamente gli individui dotati funzione coscenziale, quindi la specie umana (resta a latere l'approfondimento circa la coscienza e la sua diffusione biologica !).

In effetti, all'interno della specie umana, io mi sentirei di affermare che il problema etico male/bene deve venir riferito ad una polarità che sia sempre espressione del'inesorabile destino biologico, ma che deve venir portata ad un livello psichicamente e mentalmente superiore, quindi appunto specificatamente umano.

Tale polarità, che ora intendo più precisamente porre alla base delle scelte etiche umane, a mio parere consiste nella contrapposizione tra la COSTRIZIONE da una parte ed il PIACERE dall'altra.

Psichicamente e mentalmente la costrizione-male è ciò da cui vorremmo fuggire ed il piacere-bene ciò cui tendiamo attraverso l'opposto della costrizione, cioè l'utilizzo delle facoltà-libertà. (Il masochismo e l'abnegazione sono eccezioni che confermano la regola o – se si preferisce – perversioni dell'impulso al piacere).

In pratica il male per noi è tutto ciò che il mondo a noi esterno ci impone senza che si possa sceglierlo, mentre il bene consiste in tutto ciò che possiamo liberamente scegliere di fare. (naturalmente in entrambe le circostanze resta salva l'eventualità di dover ribaltare a posteriori il nostro giudizio !).

Ovviamente quindi vale anche quanto affermato da Ipazia, con la morte che rappresenta il male (costrizione che dovremo subire) e la vita (sempre da noi immaginata al suo meglio) il bene che stiamo cercando di realizzare.

Ma la cosa non è semplice. La più onnipresente forma di costrizione per noi è costituita dai BISOGNI. Quelli fisiologici.
Si tratta delle funzioni che, se da noi non assolte, ci porterebbero alla morte.

Qualcuno sa spiegarmi per quale ragione quando assolviamo un bisogno, cioè una costrizione, cioè ciò che avversiamo trovandolo non piacevole.............proviamo invece una sensazione di piacere ? Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 30 Luglio 2019, 17:23:12 PM
Salve Baylham. Citandoti : "Infine contesto ovviamente qualunque teoria che attribuisca l'origine del bene e del male alla responsabilità dell'uomo e che ponga l'obiettivo dell'eliminazione del male.".
Scusa, ma "bene" e "male" mi sembrano essere concetti. Ovvio che il concepire (generare dei concetti) non possa generare "responsabilità" etiche, civili, penali di alcuno, ma esiste anche la "responsabilità" consistente nell' "essere causa di" (per i creazionisti, Dio è responsabile dell'esistenza del mondo).
Quindi l'uomo è certamente responsabile non del male o del bene, ma dell'aver concepito i relativi concetti.
Circa poi l'eliminazione del "male", sono d'accordo con te. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: anthonyi il 30 Luglio 2019, 18:05:12 PM
Citazione di: viator il 30 Luglio 2019, 17:06:45 PM


Psichicamente e mentalmente la costrizione-male è ciò da cui vorremmo fuggire ed il piacere-bene ciò cui tendiamo attraverso l'opposto della costrizione, cioè l'utilizzo delle facoltà-libertà.
In pratica il male per noi è tutto ciò che il mondo a noi esterno ci impone senza che si possa sceglierlo, mentre il bene consiste in tutto ciò che possiamo liberamente scegliere di fare.

Ciao viator, riprendo la tua definizione per rappresentare un discorso che è applicabile ad altri commenti nel 3D. I concetti di bene e male non possono essere visti da una prospettiva individuale, perché spesso riguardano il rapporto tra individui differenti. La libertà dell'uno nasce dalla costrizione sull'altro, tipo se io impongo di non uccidere questa è una costrizione per chi vuole uccidere, ma comporta la libertà di vivere per chi altrimenti sarebbe ucciso.
D'altronde, anche nel caso in cui l'altro non sia chiamato in causa, bene e male non hanno una prospettiva individuale, considera l'uso della droga, che è considerato un male che alcuni individui desiderano, e che comporta restrizioni alla libertà di coloro che desiderano consumarla.
Un saluto
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 30 Luglio 2019, 21:51:43 PM
Salve Anthony. Le SCELTE relative al bene-male sono sempre e solo RIGOROSAMENTE INTIME ED INDIVIDUALI (naturalmente potranno venir influenzate dall'esterno, ma la loro responsabilità resterà a chi le compia).

Le CONSEGUENZE delle nostre scelte in merito avranno poi eventualmente (in realtà assai spesso) degli EFFETTI che coinvolgeranno altri o magari il mondo intero.

Infatti nell'espressione : "se io impongo di non uccidere questa è una costrizione per chi vuole uccidere, ma comporta la libertà di vivere per chi altrimenti sarebbe ucciso." l'imposizione di non uccidere non rappresenta affatto una COSTRIZIONE (le costrizioni hanno sempre base fisica o biologica) ma l'espressione di un DIVIETO, di una INTIMAZIONE, di una DIFFIDA contenuti in una Legge od in una Sentenza le quali, come ognun sa, non hanno mai impedito a certuni di maturare e portare a compimento la propria individuale volontà di uccidere le loro vittime. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: anthonyi il 31 Luglio 2019, 06:25:30 AM
Citazione di: viator il 30 Luglio 2019, 21:51:43 PM
Salve Anthony. Le SCELTE relative al bene-male sono sempre e solo RIGOROSAMENTE INTIME ED INDIVIDUALI (naturalmente potranno venir influenzate dall'esterno, ma la loro responsabilità resterà a chi le compia).

Le CONSEGUENZE delle nostre scelte in merito avranno poi eventualmente (in realtà assai spesso) degli EFFETTI che coinvolgeranno altri o magari il mondo intero.

Infatti nell'espressione : "se io impongo di non uccidere questa è una costrizione per chi vuole uccidere, ma comporta la libertà di vivere per chi altrimenti sarebbe ucciso." l'imposizione di non uccidere non rappresenta affatto una COSTRIZIONE (le costrizioni hanno sempre base fisica o biologica) ma l'espressione di un DIVIETO, di una INTIMAZIONE, di una DIFFIDA contenuti in una Legge od in una Sentenza le quali, come ognun sa, non hanno mai impedito a certuni di maturare e portare a compimento la propria individuale volontà di uccidere le loro vittime. Saluti.

Ciao viator, tu hai dato delle definizioni di bene e male, e queste non possono essere viste in una prospettiva individuale, anche se la scelta tra i due è un fatto personale.
Riguardo poi al rapporto costrizione/divieto, è chiaro che la legge è fatta tutta di divieti, ma per chi non li rispetta c'è il carcere, che è una costrizione.
Ora sulla base della tua definizione il carcere sarebbe un male, secondo me non è così, il carcere è un bene perché disincentiva al compimento del male.
Un saluto
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 31 Luglio 2019, 12:57:11 PM
Salve Anthonyi. Non hai meditato a sufficienza la mia definizione di costrizione assoluta, che qui ripeto : "ciò che - se non adempiuto o subìto - provoca la morte del costretto".

Il carcere è una condizone di costrizione fisica RELATIVA (infatti da esso qualcuno può evadere mentre altri possono evitarlo grazie al lavoro degli avvocati). Non è che se il reo non va in carcere morirà. Anzi!. Esso è solamente la CONSEGUENZA LEGALE dell'infrazione di un DIVIETO.

Perciò le costrizioni ASSOLUTE - il cui mancato assolvimente provoca la morte - sono unicamente i BISOGNI FISIOLOGICI (mangiare, bene, deiettare, respirare.............).

Infatti l'uomo non può fare NULL'ALTRO (dedicarsi ai doveri, alle facoltà,ai sogni, all'espiazione delle pene etc. etc. etc.) se trascura di adempiere ai propri BISOGNI (naturali, biologici, assoluti). Quindi essi rappresentato la COSTRIZIONE (naturale, biologica, assoluta).

La costrizione assoluta viene considerata da ciascuno di noi un male, ed il potervi sfuggire nell'unico modo possibile - cioè adempiendola - rappresenta appunto un bene. Per questa ragione proviamo soddisfazione assolvendo una qualsiasi urgenza fisiologica, no ?.

Quindi noi possiamo vivere - godendo eventualmente del bene e del piacere - solo se affrontiamo e risolviamo il male sotto forma di costrizione-bisogno-necessità biologica. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 05 Agosto 2019, 09:22:48 AM
E Dio ?

Nello schema di Jacopus manca la componente teologica che sul bene e sul male si spende da migliaia di anni. L'assenza ha una sua logica visto che i nomi citati appartengono tutti alla modernità che ha espunto Dio dalla ricerca filosofica, se non come dimostrazione per assurdo: l' Ormai solo un dio ci può salvare del postnazista Heidegger cui risponde marmoreo il postinternato Primo Levi: C'è Auschwitz, dunque non può esserci Dio.

Però è pur vero che il concetto di bene e di male è così centrale nel pensiero teologico da doverne tener conto se non nel suo bigbang almeno nella sua formazione successiva e nelle corpose sindromi che lo hanno accompagnato fino alla radicale critica nicciana e oltre.

Nel pensiero di Nietzsche si trova anche l'amor fati che contrasterebbe con la proposta di viator di assimilare il male alla costrizione e il bene alla libertà. Il risultato della quale equazione, posta la negazione viatoriana del libero arbitrio, sarebbe l'esistenza certa del male e l'illusorietà del bene. Con Nietzsche a Anthonyi penso anch'io che ciò cui siamo costretti rappresenti la copertura assicurativa del nostro bene supremo incontrovertibile, ovvero la nostra vita. E andando ancora più indietro basta rileggersi le riflessioni di stoici ed epicurei per capire che il bene è un processo dialettico che si nutre integralmente dei limiti della condizione umana, filosoficamente accettati fino ad amarli. Gioendo per i loro superamenti realizzati dalla conoscenza che hanno dato ali ai nostri desideri liberandoci un pochino dai limiti delle costrizioni fisiche della nostra natura.

Appartiene al dominio del bene la soddisfazione dei bisogni e l'ampliamento del limite dei desideri, aldilà di ogni demonizzazione della tecnica e della conoscenza, ma pure vaccinati da ogni feticistica illusione di felicità. Più tecno-conoscenza significa più responsabilità di fronte all'agire e più possibilità per il male (la morte, la distruzione) di esercitare la propria arte. Anche con strumenti umani banali, come dimostrò Hannah Arendt.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: anthonyi il 05 Agosto 2019, 16:01:08 PM
Citazione di: viator il 31 Luglio 2019, 12:57:11 PM
Salve Anthonyi. Non hai meditato a sufficienza la mia definizione di costrizione assoluta, che qui ripeto : "ciò che - se non adempiuto o subìto - provoca la morte del costretto".

Il carcere è una condizone di costrizione fisica RELATIVA (infatti da esso qualcuno può evadere mentre altri possono evitarlo grazie al lavoro degli avvocati). Non è che se il reo non va in carcere morirà. Anzi!. Esso è solamente la CONSEGUENZA LEGALE dell'infrazione di un DIVIETO.

Perciò le costrizioni ASSOLUTE - il cui mancato assolvimente provoca la morte - sono unicamente i BISOGNI FISIOLOGICI (mangiare, bene, deiettare, respirare.............).

Infatti l'uomo non può fare NULL'ALTRO (dedicarsi ai doveri, alle facoltà,ai sogni, all'espiazione delle pene etc. etc. etc.) se trascura di adempiere ai propri BISOGNI (naturali, biologici, assoluti). Quindi essi rappresentato la COSTRIZIONE (naturale, biologica, assoluta).

La costrizione assoluta viene considerata da ciascuno di noi un male, ed il potervi sfuggire nell'unico modo possibile - cioè adempiendola - rappresenta appunto un bene. Per questa ragione proviamo soddisfazione assolvendo una qualsiasi urgenza fisiologica, no ?.

Quindi noi possiamo vivere - godendo eventualmente del bene e del piacere - solo se affrontiamo e risolviamo il male sotto forma di costrizione-bisogno-necessità biologica. Saluti.

Ciao viator, in questo caso, nel quale tu restringi ulteriormente il concetto di male, mi sembra siamo sempre nello stesso problema, un approccio individualistico e non sociale. Il male è una categoria complicata, si traveste in tante immagini accattivanti, attrattive, e realizza il suo massimo potere quando la coercizione non è visibile, quando agisce a livello subliminale costruendo desideri, illusioni, paure, angosce, ossessioni.
Un saluto
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Mariano il 30 Agosto 2019, 15:13:47 PM
Nel concordare con baylham, a mio avviso il bene ed il male in termini assoluti non sono descrivibili e non condivido che il "bene è vita e il male è morte" come citato da Ipazia: dipende.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 30 Agosto 2019, 22:43:15 PM
Salve Mariano. Concordi con baylham circa il suo intervento di cui alla sua risposta #2 ?. Di quella io non capii quasi nulla.

Ipazia si è espressa secondo termini relativi ed ottica umana (tra l'altro a lei l'assoluto è poco simpatico).

Semplificando al massimo occorrerebbe dire che il bene è l'ESSERE mentre il male sarebbe il suo opposto, cioè il NON ESSERE, perciò in termini assoluti non esiste.

Mi sembra tu sia un credente, perciò è del tutto inconcepibile che tu non possa essere d'accordo con me circa quanto sopra.

Dio E' ed il male quindi sarebbe la mancanza di Dio, no ? Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: bobmax il 31 Agosto 2019, 10:13:58 AM
Sono convinto che non si possa ragionare sul bene e sul male se non si parte dalla nostra fede nella Verità.

Senza questa fede il bene e il male non possono essere che concetti relativi. Senza alcuna essenza in se stessi.

Attraverso la nostra fede nella Verità, che appare come Nulla, siamo chiamati ad una scelta, forse l'unica scelta davvero libera: fare sì che la Verità sia il Bene!

Il male allora assume il suo unico possibile significato: è l'invito al Bene, a tornare a casa.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 31 Agosto 2019, 10:52:58 AM
Citazione di: Mariano il 30 Agosto 2019, 15:13:47 PM
Nel concordare con baylham, a mio avviso il bene ed il male in termini assoluti non sono descrivibili e non condivido che il "bene è vita e il male è morte" come citato da Ipazia: dipende.

Bene e male sono concetti antropologici ignoti all'unica verità veritiera, ovvero la natura. Vita e morte non sono tout court bene e male, ma i fatali passaggi naturali attraverso cui quei concetti si originano. Il che vale anche per le religioni quando parlano di vita e morte eterne (paradiso e inferno nelle varie declinazioni teologiche) e per l'ontologia filosofica quando contrappone essere e non-essere.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 31 Agosto 2019, 13:17:29 PM
Su questo argomento, Agostino teorizzava la stessa idea di Viator (o meglio, Viator teorizza la stessa idea di Agostino). Ma la vita e la morte sono lo scenario di fondo, sempre presente, l'ur-bene e l'ur-male. Ma oltre lo scenario, l'uomo si é parzialmente svincolato dalla natura e deve fare i conti con sé stesso e con le sue "libere" decisioni, quando affronta il problema del male. Ovviamente dalla mia prospettiva, irriducibilmente illuminista.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 31 Agosto 2019, 14:56:41 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Agosto 2019, 13:17:29 PM
Su questo argomento, Agostino teorizzava la stessa idea di Viator (o meglio, Viator teorizza la stessa idea di Agostino). Ma la vita e la morte sono lo scenario di fondo, sempre presente, l'ur-bene e l'ur-male. Ma oltre lo scenario, l'uomo si é parzialmente svincolato dalla natura e deve fare i conti con sé stesso e con le sue "libere" decisioni, quando affronta il problema del male. Ovviamente dalla mia prospettiva, irriducibilmente illuminista.

Su quello scenario di fondo - ur-ethos - si sviluppa la questione etica, coi suoi conflitti (dialettica) e la continua riscrittura dei suoi postulati e delle sue tavole della Legge.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 01 Settembre 2019, 19:31:36 PM
Citazione di: bobmax il 31 Agosto 2019, 10:13:58 AM
Sono convinto che non si possa ragionare sul bene e sul male se non si parte dalla nostra fede nella Verità.

Fin qui concordo. A monte delle fenomenologie descritte in apertura da Jacopus ci sta quello in cui noi crediamo (principio di verità) su cui fondiamo il nostro principio etico. A questo punto le tipologie etiche bene-male si riducono a due:

teismo: trascendente a priori fondata su entità/principi sovrannaturali;

ateismo: immanente a posteriori fondata sui vincoli della natura e elementi emergenti/trascendentali di esclusiva connotazione antropologica

Quando si parla di etica, verità vuole che ciascuno dichiari in quale principio di verità tra questi due si riconosce. Perchè non è possibile fare un dialogo metafisicamente coerente se si parte da principi di verità incommensurabili tra loro. Restando a livello dei principi teorici purtroppo funziona così.

Ma per nostra fortuna ci viene in aiuto la pratica da cui risulta che gli esiti tra le due concezioni del mondo non siano poi così discordanti. La qual cosa verrà giustificata dai teisti con la coerenza del disegno divino che finisce col coinvolgere anche gli atei e dagli atei con la coerenza del disegno umano che si impone anche alle proiezioni antropomorfiche dei teisti.

Quindi direi che alla fine, uscendo dai massimi sistemi dell'integralismo metafisico ed assumendo uno spirito di tolleranza di tipo pragmatico si possa disquisire di bene e male anche modulando la questione sulla vita umana così com'è nella sua evoluzione naturale e storica, indipendentemente dal fatto che quel bene/male sia di origine divina/demoniaca o semplicemente umana in entrambi i casi.

Questo era quanto dovuto alla verità. Necessariamente relativa, pur senza essere relativistica perchè dato un contesto etologico naturalmente e storicamente determinato essa può assumere anche aspetti contingenziali pressochè assoluti.

Quello che segue mi pare più di ispirazione teologica o parateologica per cui, in quanto atea, trattandosi di metafisica orientata altrove piuttosto che di etica non mi pronuncio. Potrei concordare sul fatto che la verità fa sempre bene, ma le lettere maiuscole mi confondono e mi fanno pensare all'eventualità di processi mentali reificanti, per cui non vado oltre.

CitazioneSenza questa fede il bene e il male non possono essere che concetti relativi. Senza alcuna essenza in se stessi.

Attraverso la nostra fede nella Verità, che appare come Nulla, siamo chiamati ad una scelta, forse l'unica scelta davvero libera: fare sì che la Verità sia il Bene!

Il male allora assume il suo unico possibile significato: è l'invito al Bene, a tornare a casa.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: anthonyi il 01 Settembre 2019, 20:30:20 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Settembre 2019, 19:31:36 PM


teismo: trascendente a priori fondata su entità/principi sovrannaturali;



Ciao Ipazia, direi che questo caso ne sintetizza due, da una parte possiamo avere una definizione sovrannaturale o spirituale, cioè originata da proprietà stesse del mondo spirituale, dall'altra possiamo avere una definizione teologica fatta da un'entità superiore.
Non dimentichiamo poi che il 3D parla anche del male, in relazione al quale possiamo porre la stessa differenziazione, tra una legge spirituale del male e l'ipotesi di una entità personale che rappresenti il male.
Un saluto
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: bobmax il 01 Settembre 2019, 22:48:24 PM
@Ipazia

Uso la maiuscola non per reificare, ma viceversa per indicarne l'assolutezza, e quindi la non esistenza, il suo non esserci.

La Verità, l'Etica, il Bene,... non ci sono. E ciò che non c'è non può essere che Nulla.
Allora parlarne è un discorso vuoto, inutile?

No!
Perché pur non essendoci, sono ciò che davvero conta.
Forse per comprenderlo occorre andare all'inferno.
All'inferno, infatti, il Bene è certo.

Sono convinto che l'Etica prescinda da teismo e ateismo.
Perché entrambi sono giochi di bimbi, e ciò lo si vede chiaramente non appena ci si ritrova all'inferno.

L'Etica non dipende da alcun concetto, da nessuna interpretazione della realtà, da nessuna possibile "teoria".

L'esistenza o meno di Dio (inteso come ente/principio) non ha alcuna importanza per l'Etica.
Solo Dio = Nulla ha significato per l'Etica. In quanto è essa stessa questo Nulla.

Un Nulla, tuttavia, che fonda ogni nostro possibile esserci.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 02 Settembre 2019, 00:37:04 AM
Buonasera bentornati a tutti.   :)

Bateson è un autore abbastanza bizzarro, persino per me.
La sua visione orizzontale sul Mondo è improntata ad un biologismo che non mi appartiene, eppure uno dei primi nodi antimetafisici è da lui capito e posto alla comunità. Penso che una certa scuola filosofica che si richiamo a questa physis contemporanea, che io chiamo ecologia del profondo, sia in generale assai pericolosa e deviante rispetto ai grandi approdi nietzchiani (e di conseguenza freudiani e focaultiani).

Diversa cosa è Hobbes che invece al di là della sua provocazione intenta un processo al "problema dell'altro". In totale solitudine, e da me ancora tutta da analizzare.

Per essere chiari il problema dell'altro è superiore a quello antimetafisico.
Entrambi però dirimenti necessari per combatter la mimesi continua a cui siamo costretti.

La scorciatoia marxiana invece mi pare fallimentare, se non ritorna presto nel suo alveo ideologico iniziale. E di cui Fusaro si sta occupando nei libri importanti (la prefazione all'ideologia tedesca, che avevo iniziato) e molto poco pubblicamente. Dico di Fusaro, per dire di tutti, che non c'è ancora la volontà necessaria per dibattiti veri. Non rimane che pensare di nuovo a mimesi di vario tipo.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 02 Settembre 2019, 00:46:53 AM
Citazione di: Ipazia il 30 Luglio 2019, 09:15:34 AM



Sulla questione della "profezia che si autoavvera" direi che il "socialmente determinati" e la critica ideologica della tradizione storicomaterialistica ci stanno a pennello a livello eziologico. Spetta poi alla psicologia "di massa" percorrerne e approfondirne la fenomenologia.

Come sai e detto sopra a jacopus, vedo le urgenze altrove.

Comunque a partire da questo punto di vista comunque valido e che seguo, mi chiedevo cosa intendessi per la "psicologia di massa "

Te lo chiedo perchè stavo leggendo psicologia delle masse di freud dove egli citando autori a lui contemporanei, condivideva il preambolo, ossia con i miei termini, il problema della perdita della forza individuale all'interno di un gruppo grande (in sociologia mi pare si parli dalle 20 persone in su) e di una sostanziale regressione culturale dello stesso (individuo).
Si spiegava così in parte le prime manifestazioni di odio pubblico e bullismo generale, che oggi sono all'ordine del giorno.
Freud contestava riferendosi al suo metodo la teoria generale che pure traeva spunti da quegli autori aurorali.
Smisi poi il libro preso da altre idee e orizzonti.
Ci tornerò. Fondamentale.
Mi chiedevo se ti riferissi a quello o piuttosto a qualche teoria generale dello storicismo (marxista) che non conosco.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 02 Settembre 2019, 00:59:37 AM
Citazione di: Ipazia il 05 Agosto 2019, 09:22:48 AM
E Dio ?

Nello schema di Jacopus manca la componente teologica che sul bene e sul male si spende da migliaia di anni.

Però è pur vero che il concetto di bene e di male è così centrale nel pensiero teologico da doverne tener conto se non nel suo bigbang almeno nella sua formazione successiva e nelle corpose sindromi che lo hanno accompagnato fino alla radicale critica nicciana e oltre.




Per quanto riguarda la questione teologica, possiamo liquidarla sicuramente come un grande errore.
E di questo errarre che ci dobbiamo occupare quotidianamente.
Propongo di utilizzare una semplice correzione di prospettiva.
Che ho maturato ascoltando alcuni rabbini che della shoà ne parlano, osano direbbero i cristiani che ammutoliscono invece.
Ossia il problema del male non esiste, se non della sua formula della tavola dei veleni e dei rimedi, per cui trovato il veleno è già pronto il rimedio.
Ossia è la fissazione nevrotica dell'impossibilità alla vita. Eh sì quella vita là, quella del giardino edenico.
Ossia è il problema del Bene.
Che Nietzche e in generale la filosofia perenne smantella alle radici.
Il bene esiste come imposizione super-egoico, ossia come legge.
Per il bene della nazione...etc...etc...etc...
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 02 Settembre 2019, 01:17:55 AM
Per Jacopus e Ipazia

Citazione di: Ipazia il 31 Agosto 2019, 14:56:41 PM
Citazione di: Jacopus il 31 Agosto 2019, 13:17:29 PM
Ma oltre lo scenario, l'uomo si é parzialmente svincolato dalla natura e deve fare i conti con sé stesso e con le sue "libere" decisioni, quando affronta il problema del male. Ovviamente dalla mia prospettiva, irriducibilmente illuminista.

Su quello scenario di fondo - ur-ethos - si sviluppa la questione etica, coi suoi conflitti (dialettica) e la continua riscrittura dei suoi postulati e delle sue tavole della Legge.

Sono abbastanza d'accordo sul fatto che dovremmo quantomeno cercare di uscire dallo scenario (jacopus) piuttosto che rimanerci dentro (ipazia), anche perchè aggiungo io la questione metafisica dell'oltre ha a che vedere più con la mistica e quindi con il rapporto diretto con Dio, e non con gli altri umani, a cui credo il 3d sia più calzante.

Si pongono però due problemi, il primo è che realisticamente siamo ancora dentro lo scenario del super-ethos (super-io) che si richiama a presunte (e invece dati per certi)  mistiche di un altrove, un oltremondano.

E se in un caso (jacopus) l'illuminismo ha certamente fallito, in quanto gli ultimi 200 anni vanno su altri lidi, con ben altre problematiche, che non sono risolvibile materialmente come nei sogni di Condillac e company (illuminismo).

E rimangono invece tutti i problemi del materialismo storico (ipazia) che si è trasformato in ideologia.

Un primo buon passo, di buon senso (illumistico), sarebbe combattere le ideologie (materialismo che non sia materismo), detto in un mondo che sta pericolosamente svoltando a destra, ma la democrazia liberale in qualche maniera tiene, la cosa è drammatica, e ci fa essere pessimisti. (la democrazia e il liberalismo hanno seri problemi, spero ce ne accorgiamo in tutti, se no la filosofia sta cercando di fare step nel vuoto e nel totale disinteresse pubblico, e un pò sappiamo che è così  ;D  )
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 02 Settembre 2019, 11:28:22 AM
Citazione di: anthonyi il 01 Settembre 2019, 20:30:20 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Settembre 2019, 19:31:36 PM

teismo: trascendente a priori fondata su entità/principi sovrannaturali;


Ciao Ipazia, direi che questo caso ne sintetizza due, da una parte possiamo avere una definizione sovrannaturale o spirituale, cioè originata da proprietà stesse del mondo spirituale, dall'altra possiamo avere una definizione teologica fatta da un'entità superiore.
Non dimentichiamo poi che il 3D parla anche del male, in relazione al quale possiamo porre la stessa differenziazione, tra una legge spirituale del male e l'ipotesi di una entità personale che rappresenti il male.
Un saluto

Ma tutto ciò è riconducibile al sovrannaturale che funziona a priori rispetto a verità ed etica. Poi è chiaro che la galassia trascendente si può ulteriormente differenziare all'interno del suo scenario (vero green ?! ;))

In ciò che ritenevo un tertium non datur, il Nulla, devo riconoscere che la replica di bobmax ha le sue nichilistiche ragioni. Prima di tutto vi è il nulla e alla fine di tutto è presumibile altrettanto. Ma se dal nulla-inferno si può intravedere un qualcosa-bene, è con/su quel qualcosa che si gioca la realtà, teistica o ateistica che sia. Prendo atto che dal punto di vista del Nulla pensato da bobmax sia un gioco infantile. La metafisica gli concede anche questa chance. La fisica un po' meno.

@green demetr

La psicologia di massa è tratta da quella sintesi tra Marx e Freud fatta da W.Reich prima che si perdesse nelle americanate orgoniche. Psicologia di massa del fascismo, aggiornato il medium, si presta anche ad una lettura della omologazione social via web.

Sul materialismo non materico mi riservo riflessioni a seguire.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: bobmax il 02 Settembre 2019, 14:40:24 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Settembre 2019, 11:28:22 AM
In ciò che ritenevo un tertium non datur, il Nulla, devo riconoscere che la replica di bobmax ha le sue nichilistiche ragioni. Prima di tutto vi è il nulla e alla fine di tutto è presumibile altrettanto. Ma se dal nulla-inferno si può intravedere un qualcosa-bene, è con/su quel qualcosa che si gioca la realtà, teistica o ateistica che sia. Prendo atto che dal punto di vista del Nulla pensato da bobmax sia un gioco infantile. La metafisica gli concede anche questa chance. La fisica un po' meno.

Eppure, il progresso della scienza non è avvenuto proprio con la sua rinuncia alla Verità, in nome... della Verità stessa?

Il che significa fede nella Verità intesa come Nulla...

Difatti, uno scienziato, degno di questo nome, non deve necessariamente avere fede nella Verità?
Che impegna in una ricerca senza fine, perché nessuna "verità" raggiunta può mai essere considerata la Verità!

In particolare la fisica, che in questo avanzare senza fine si ritrova costretta a abbandonare ogni appiglio, ogni concretezza, per inoltrarsi là dove solo una fede salda può permettere di affrontare il limite del comprensibile.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 03 Settembre 2019, 08:26:37 AM
Citazione di: bobmax il 02 Settembre 2019, 14:40:24 PM
Citazione di: Ipazia il 02 Settembre 2019, 11:28:22 AM
In ciò che ritenevo un tertium non datur, il Nulla, devo riconoscere che la replica di bobmax ha le sue nichilistiche ragioni. Prima di tutto vi è il nulla e alla fine di tutto è presumibile altrettanto. Ma se dal nulla-inferno si può intravedere un qualcosa-bene, è con/su quel qualcosa che si gioca la realtà, teistica o ateistica che sia. Prendo atto che dal punto di vista del Nulla pensato da bobmax sia un gioco infantile. La metafisica gli concede anche questa chance. La fisica un po' meno.

Eppure, il progresso della scienza non è avvenuto proprio con la sua rinuncia alla Verità, in nome... della Verità stessa?

Potrebbe essere un problema della Verità, non della (cono)scienza.

CitazioneIl che significa fede nella Verità intesa come Nulla...

No, significa che la conoscenza è un processo in progress

CitazioneDifatti, uno scienziato, degno di questo nome, non deve necessariamente avere fede nella Verità?
Che impegna in una ricerca senza fine, perché nessuna "verità" raggiunta può mai essere considerata la Verità!

Infatti funziona così ed è pure una fortuna perchè sarebbe noiosissimo un mondo, come il paradiso cristiano, in cui non c'è più nulla da scoprire.

Citazione
In particolare la fisica, che in questo avanzare senza fine si ritrova costretta a abbandonare ogni appiglio, ogni concretezza, per inoltrarsi là dove solo una fede salda può permettere di affrontare il limite del comprensibile.

Le macchine prodotte dalla fisica ci hanno reso quello che siamo. Lì sta, per la sua quotaparte, la verità. Ed è preferibile ad ogni naturalismo darwiniano che ci avrebbe estinti fin dagli albori della nostra specie. La fisica teorica formula teorie le quali hanno, per diventare verità, un loro collaudato ed affidabile metodo sperimentale. Per accettare questa verità bastano due cose: 1) viverla; e noi tutti la viviamo nelle nostre pratiche quotidiane 2) togliere la maiuscola; ma questo, per i metafisici duri e puri, è più difficile da realizzare.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 03 Settembre 2019, 08:51:17 AM
Citazione di: paul11 il 02 Settembre 2019, 23:46:21 PM
C'è una guerra nella modernità fra il Dio è morto, "evviva siamo liberi" e il piano trascendente a cui tende comunque da sempre l'uomo; coinvolge la dimensione politica, esistenziale, storica.

Traggo questa citazione dalla discussione su Erich Voegelin perchè quel "piano trascendente", che chiamerei kantianamente "trascendentale" è il luogo proprio della spiritualità atea, non da scoprire o svelare, ma da inventare. Il luogo in cui i concetti di bene e di male vengono riscritti nello spirito dei tempi che viviamo a cui le risposte della trascendenza teistica non bastano, semmai sono state davvero esaustive in quanto verità a chi non le subiva soltanto, più.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ettore Angelo Rossi il 03 Settembre 2019, 12:48:19 PM
Nelle filosofie non-duali, quali Taoismo e Tantra, il bene ed il male non esistono. 

Sono una scissione dell'esperienza. 

Dare un giudizio duale ad un esperienza personale o non, diviene un errore ed una scissione dal divenire Divino dell'essere.

Bene e male sono come dire negativo o positivo, ma in fin dei conti tante volte esperienze che abbiamo tradotto o che la società traduce in negative, hanno spesso e volentieri avuto risvolti positivi.

Il Leone che mangia la gazzella non è male, per la sua stessa natura è bene mangiare la gazzella. Per la gazzella è male se il leone la mangia, ma per il divenire dell'evoluzione e quindi l'adattamento al mondo esterno ed anche interno, male e bene non esistono.
Sono una bugia che tendenzialmente i vincitori tendono ad imporre ad i perdenti per limitare la libertà dell'essere.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 03 Settembre 2019, 16:54:50 PM
In natura funziona certamente così: nella lotta per l'esistenza bene e male sono categorie inutilizzabili. Però all'interno della stessa specie di tipo sociale, ovunque si realizzi un ethos con delle relazioni etologiche, il bene ed il male emergono. Anche rimanendo a livello naturalistico, avere un capobranco esperto è un bene per tutto il branco. Invece avere rapporti conflittuali irrisolti all'interno del branco è un male perchè ne riduce la capacità di sopravvivenza.

Concordo invece sul fatto che queste categorie, essendo di tipo et(olo)ico, scaturite da interessi conflittuali che cercano una loro mediazione, non possono prefigurare in maniera dogmatica ciò che è bene e ciò che è male. E' necessario realizzare un background comune per cominciare a scolpire le tavole della legge. Un background in perenne evoluzione fino a spezzarle per istituirne di nuove.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 03 Settembre 2019, 21:01:32 PM
CitazioneUn background in perenne evoluzione fino a spezzarle per istituirne di nuove.
Un pensiero breve e collaterale. Questa frase di Ipazia rappresenta bene anche il mio pensiero. Ma cosa impedisce a tante persone, probabilmente alla maggioranza, di accettarlo?
Penso che la ragione sia la seguente: accettando la transitorietá delle leggi morali si accetta anche la transitorietá della vita umana e la caduta nell'immanenza. In altre parole significa la ratifica della morte degli dei e di ogni eventuale accoglimento nelle varie schiere degli "immortali".
Per questo una visione rigida della morale resiste ai variegati assalti post ancien regime.
Però davvero tutto é cosí relativo? La dicotomia bene-male é una lavagna nera, su cui si può riscrivere ad ogni generazione?
E come istituire il background comune, attraverso il quale condividere le tavole della legge?
Alla prima domanda la mia risposta è no. In effetti sono un "relativista relativista", poiché alcuni atti possono essere sempre ascrivibili al bene e al male e quindi assoluti nel loro rientrare in una delle due categorie. Esempi di male assoluto (nel senso che é sempre male, anche se più o meno grave): lo stupro, l'omicidio non per legittima difesa, le vessazioni gratuite, il tradimento per fini personali, e altri ancora. Esempi di bene assoluto: il sacrificio di sé per gli altri, la carità nei confronti degli altri, saper ascoltare, saper tacere.
Da questi esempi emerge una concezione, tutta mia, per cui il male é l'ego, l'individuo egoista che afferma sé stesso a spese degli altri, mentre il bene é la capacità di donarsi agli altri.
Questo il quadro non tanto originale, ma del quale non vedo ancora validi sostituti.
La seconda domanda, ovvero come istituire un background comune per scrivere di volta in volta le nuove tavole della legge, è un compito ancora più gravoso.
C'è inoltre un terzo tema importante quando si parla di tavole della legge "rewriteable". Ovvero il tema della legittimità, poiché nessuno é più certo della legge morale ed ognuno si pensa in diritto di fondare una nuova moralità. Un tema strettamente connesso al background comune di cui sopra.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 04 Settembre 2019, 08:26:00 AM
Citazione di: Jacopus il 03 Settembre 2019, 21:01:32 PM
CitazioneUn background in perenne evoluzione fino a spezzarle per istituirne di nuove.
Un pensiero breve e collaterale. Questa frase di Ipazia rappresenta bene anche il mio pensiero. Ma cosa impedisce a tante persone, probabilmente alla maggioranza, di accettarlo?
Penso che la ragione sia la seguente: accettando la transitorietá delle leggi morali si accetta anche la transitorietá della vita umana e la caduta nell'immanenza. In altre parole significa la ratifica della morte degli dei e di ogni eventuale accoglimento nelle varie schiere degli "immortali".
Per questo una visione rigida della morale resiste ai variegati assalti post ancien regime.
Però davvero tutto é cosí relativo? La dicotomia bene-male é una lavagna nera, su cui si può riscrivere ad ogni generazione?
E come istituire il background comune, attraverso il quale condividere le tavole della legge?
Alla prima domanda la mia risposta è no. In effetti sono un "relativista relativista", poiché alcuni atti possono essere sempre ascrivibili al bene e al male e quindi assoluti nel loro rientrare in una delle due categorie. Esempi di male assoluto (nel senso che é sempre male, anche se più o meno grave): lo stupro, l'omicidio non per legittima difesa, le vessazioni gratuite, il tradimento per fini personali, e altri ancora. Esempi di bene assoluto: il sacrificio di sé per gli altri, la carità nei confronti degli altri, saper ascoltare, saper tacere.

Il relativismo ha da essere relativista per sua coerenza interna (forse questo intendeva dire Phil) rimandando sempre ad un background a priori. Per l'ethos condiviso l'a-priori è la finitezza e vulnerabilità della vita umana. Non si scrive e riscrive su una lavagna nera, ma sui vincoli che la natura e la civiltà pongono alla vita umana. Vincoli che nessuna ideologia religiosa, politico-economica o metafisica può aggirare realmente, ma solo misti(fi)camente.

CitazioneDa questi esempi emerge una concezione, tutta mia, per cui il male é l'ego, l'individuo egoista che afferma sé stesso a spese degli altri, mentre il bene é la capacità di donarsi agli altri. Questo il quadro non tanto originale, ma del quale non vedo ancora validi sostituti.

L'individuo umano è un prodotto culturale al pari della società che lo crea nella quale vanno cercati gli elementi individualistici e solidali per decifrare i comportamenti individuali. Anche qui non vi è "lavagna nera"

CitazioneLa seconda domanda, ovvero come istituire un background comune per scrivere di volta in volta le nuove tavole della legge, è un compito ancora più gravoso.

Fino ad un certo punto, perchè l'evoluzione storica pone da sè le condizioni in cui l'etica è costretta ad evolversi. La sovrappopolazione pone la questione et(olog)ica della procreazione responsabile, abbondanza di terre vergini, no. Il che si connette alla terza questione:

Citazione
C'è inoltre un terzo tema importante quando si parla di tavole della legge "rewriteable". Ovvero il tema della legittimità, poiché nessuno é più certo della legge morale ed ognuno si pensa in diritto di fondare una nuova moralità. Un tema strettamente connesso al background comune di cui sopra.

La legittimità deriva dall'intelligenza collettiva che si evolve storicamente. Dalle tavole mosaiche abbiamo espunto i numi nelle nostre costituzioni laiche. E la teocrazia è divenuta sinonimo di arretratezza culturale, che si manifesta nella limitazione delle libertà individuali e collettive che tale retaggio mantiene di fronte alla koinè laica la cui legittimità è ormai riconosciuta anche dalla parte più evoluta del pensiero religioso.

Avere espunto i numi dalla legge passa il testimone della responsabilità alla cultura laica, ma non vi è cesura netta bensì continuità antropologica nella parte della legge mosaica, attinente l'umano, che mantiene la sua validità e conferma con ciò la sua fondatezza.

Il vero problema, la cui soluzione è sempre in divenire, è il peso fisico e metafisico del testimone per chi ha la responsabilità di conservarlo e trasmetterlo.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 09:01:10 AM
Questa scelta di bene e male deriva dall'ego del branco e del singolo individuo e non tiene conto dell'equilibrio dell'ambiente in cui si interfacciano. Per mantenere l'equilibrio la Natura ha bisogno di eliminare branchi. L'agio e l'abbondanza creano ozio. Un capobranco esperto è sempre il risultato di lotte intestine per mantenere la freschezza di questo ruolo. Con troppe prede la Natura avrà bisogno di predatori ed al contrario, con troppi predatori la Natura avrà bisogno di eliminarne qualcuno.
L'equilibrio è in eterno mutamento e ciò che sembra male per il semplice ego e la sopravvivenza del singolo non è male per il Tutto.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 05 Settembre 2019, 11:14:20 AM
Citazione di: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 09:01:10 AM
Questa scelta di bene e male deriva dall'ego del branco e del singolo individuo e non tiene conto dell'equilibrio dell'ambiente in cui si interfacciano. Per mantenere l'equilibrio la Natura ha bisogno di eliminare branchi. L'agio e l'abbondanza creano ozio. Un capobranco esperto è sempre il risultato di lotte intestine per mantenere la freschezza di questo ruolo. Con troppe prede la Natura avrà bisogno di predatori ed al contrario, con troppi predatori la Natura avrà bisogno di eliminarne qualcuno.
L'equilibrio è in eterno mutamento e ciò che sembra male per il semplice ego e la sopravvivenza del singolo non è male per il Tutto.

Eviterei di coinvolgere la natura nei nostri concetti di bene e di male essendone essa del tutto aldiqua.

Il mio esempio era riferito ad animali sociali (branco) in cui un certo rudimentale ethos si viene a formare e in cui il capobranco esperto è per lo più un fortuito accidente genetico e ambientale. Nel caso umano tale ethos è così sviluppato, grazie all'evoluzione intellettuale, da tener conto anche dei processi naturali, assecondandoli per quanto sta nel nostro interesse. Ma tale scelta non ha nulla di giusnaturalistico e non presuppone una eticità intrinseca della natura esportabile tal quale nell'etica umana che piuttosto deve spesso contrapporsi ai processi naturali per migliorare le nostre condizioni di vita.

Tale contrapposazione ha un costo e meccanismi perversi di retroazione per cui l'equilibrio va sempre perseguito, ma non sempre è possibile contemperare tutti i fattori in gioco e si devono fare talvolta delle scelte etiche "contronatura". Una di queste è la procreazione consapevole.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 12:44:47 PM
Secondo me diviene grosso errore sentire la Natura aldilà dell'essere umano.

La Natura è il Maestro per eccellenza e nel momento in cui ci si considera superiori al mondo Animale o non facenti parte, si va a squilibrare l'intero approccio umano con il mondo esterno.
Le antiche Filosofie, dal Taoismo al Tantra, dall'Ermetismo al Druidismo hanno sempre considerato la natura e gli elementi che la compongono come Maestri.
Qualche grande religione dicendo di non fare ha fatto, considerando la Natura come qualcosa di inferiore e la Divinità come qualcosa di Superiore.
Da qui la scissione e la confusione per l'essere umano che ora divaga su questo pianeta, pronto per la sua stessa distruzione.

Ma la distruzione umana non è ne male e ne bene per l'equilibrio del pianeta e del cosmo.
Diviene male all'interno del nostro ego e dell'ego della stessa razza umana.

E' come traduciamo l'esperienza che la trasformano in costruttiva o meno. Se addirittura evitiamo di tradurre un esperienza in positiva o negativa rimaniamo nel flusso del nostro percorso.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 05 Settembre 2019, 17:04:24 PM
Citazione di: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 12:44:47 PM
Secondo me diviene grosso errore sentire la Natura aldilà dell'essere umano.

Certo, la natura è aldiqua dell'essere umano. Siamo noi trascendentali rispetto alla natura, non il contrario. Ma la nostra trascendentalità vive bene se (ri)conosce le sue radici naturali. Altrimenti combina grossi guai.

Pur riconoscendo la bellezza artistica delle metafore panteistiche, che formano parti fondamentali di molte religioni, le ritengo nulla più che narrazioni da non prendere troppo sul serio se si fa scienza e filosofia.

Concordo sulla critica all'antropocentrismo dal pdv scientifico, ma non da quello filosofico.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 05 Settembre 2019, 17:36:11 PM
In questa discussione, a differenza di altre, sono in sintonia con Ipazia. Detto in altri termini, l'umanità vive una condizione paradossale da 6000 anni, da quando alcune importanti tecnologie, prima fra tutte la scrittura e più genericamente la simbolizzazione, ci hanno reso qualcosa in più rispetto al bene/male della natura. Solo noi e poche altre specie superiori (io conosco solo gli scimpanzé in questa particolare competenza) uccidiamo per dominare. E gli scimpanzé non si interrogano su questo, come accade a noi (ma questo non possiamo saperlo per certo, dobbiamo aspettare che gli scimpanzé sviluppino una cultura scritta).
Usando un altro approccio, é come se la natura, dotandoci di un SNC composto da poco meno di 100 miliardi di neuroni, abbia fatto una scommessa evolutiva. È vero che il cervello é ovviamente natura, ma con esso, un po' come con il codino del barone di Munchausen ci siamo emancipati dalla natura.
Questo non vuol dire però trattare la natura con superbia o come strumento. Anzi, il nostro potere dovrebbe renderci proprio più responsabili. In questo connubio fra irresponsabilità ben visibile a tutti sta un diverso tipo di malvagità, che per forza di cose deve essere trattato in termini etici, di condivisione e rispetto per il mondo, sia esso animale, vegetale o minerale.
La natura quindi non è esclusa, ma va gestita in modo responsabile, visto che ora ne abbiamo il potere, senza alcun sentimento di hybris e senza neppure alcun sentimento nostalgico e velleitario di ritorno idilliaco allo stato di natura (che cosí idilliaco non è, basta domandare all'agnello di fronte al lupo).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 19:30:55 PM
Le metafore panteistiche sono Scienza e Filosofia. Sono la culla della scienza e della Filosofia.

Non esistono razze superiori. Jacopus l'unico potere che abbiamo sulla Natura è distruggerla per il resto essa ci sovrasta e ci domina nel microcosmo e nel macrocosmo. 

 Siamo un unico con essa e con Dio, con il potere del cielo e della terra.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 05 Settembre 2019, 21:54:09 PM
Per Ettore. Libero di pensarla come vuoi ma l'umanità del 2019 non è la stessa del 6019 A.C. É ovvio che se paragonati all'immensità della natura continuiamo ad essere insignificanti, ma qui non si parla di questo ma della necessità di ragionare su un'etica umana, immanente, procedurale, temporalmente limitata, oltre all'Ur-etica che deriva da una visione della natura che ci sovrasta e verso la quale dobbiamo avere solo un timore reverenziale, la quale non scompare. L'Ecclesiaste continua ad essere valido, ma accanto all'hazel hazilim (polvere alla polvere), abbiamo dato voce ad Ulisse ed è iniziato un nuovo capitolo della storia dell'uomo. Quasi una filogenesi piuttosto che un'ontogenesi.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 06 Settembre 2019, 19:06:00 PM
Citazione di: Ipazia il 03 Settembre 2019, 08:51:17 AM
Citazione di: paul11 il 02 Settembre 2019, 23:46:21 PM
C'è una guerra nella modernità fra il Dio è morto, "evviva siamo liberi" e il piano trascendente a cui tende comunque da sempre l'uomo; coinvolge la dimensione politica, esistenziale, storica.

Traggo questa citazione dalla discussione su Erich Voegelin perchè quel "piano trascendente", che chiamerei kantianamente "trascendentale" è il luogo proprio della spiritualità atea, non da scoprire o svelare, ma da inventare. Il luogo in cui i concetti di bene e di male vengono riscritti nello spirito dei tempi che viviamo a cui le risposte della trascendenza teistica non bastano, semmai sono state davvero esaustive in quanto verità a chi non le subiva soltanto, più.

Il problema oltre a quello del materialismo storico, è anche quello di ordine kantiano sono d'accordo.

Ma infatti il problema, almeno da quanto ricordo della introduzione dello stesso kante al suo critica della ragione pratica, è quello della riscrittura etica a partire dalla libertà dell'essere umano.

A me pare, ed è il motivo per cui gli preferisco Hegel, che egli inizi ponendo in essere la questione della morale come tribunale della ragione. (ps naturalmente non ho approfondito la questione tra il rapporto drammatico fra libertà e tribunale, e non dubito che negli anni avvenire vi saranno ulteriori approfondimenti sopratutto dal mondo americano dove vi è una reinassance!)


A proposito di tribunali basterebbe ricordare Kafka, di gran lunga il migliore, e il suo "il Processo" per ricordarci, che il tribunale è ben oltre l'idea che esso sia una mera funzione trascendentale, ma appunto il suo contrario, ossia trascendente, per cui la palla ritornerebbe nel campo di Vogelin.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 06 Settembre 2019, 21:10:56 PM
Citazione di: Jacopus il 03 Settembre 2019, 21:01:32 PM
CitazioneUn background in perenne evoluzione fino a spezzarle per istituirne di nuove.
Un pensiero breve e collaterale. Questa frase di Ipazia rappresenta bene anche il mio pensiero. Ma cosa impedisce a tante persone, probabilmente alla maggioranza, di accettarlo?
Penso che la ragione sia la seguente: accettando la transitorietá delle leggi morali si accetta anche la transitorietá della vita umana e la caduta nell'immanenza. In altre parole significa la ratifica della morte degli dei e di ogni eventuale accoglimento nelle varie schiere degli "immortali".
Per questo una visione rigida della morale resiste ai variegati assalti post ancien regime.
Però davvero tutto é cosí relativo? La dicotomia bene-male é una lavagna nera, su cui si può riscrivere ad ogni generazione?
E come istituire il background comune, attraverso il quale condividere le tavole della legge?
Alla prima domanda la mia risposta è no. In effetti sono un "relativista relativista", poiché alcuni atti possono essere sempre ascrivibili al bene e al male e quindi assoluti nel loro rientrare in una delle due categorie. Esempi di male assoluto (nel senso che é sempre male, anche se più o meno grave): lo stupro, l'omicidio non per legittima difesa, le vessazioni gratuite, il tradimento per fini personali, e altri ancora. Esempi di bene assoluto: il sacrificio di sé per gli altri, la carità nei confronti degli altri, saper ascoltare, saper tacere.
Da questi esempi emerge una concezione, tutta mia, per cui il male é l'ego, l'individuo egoista che afferma sé stesso a spese degli altri, mentre il bene é la capacità di donarsi agli altri.
Questo il quadro non tanto originale, ma del quale non vedo ancora validi sostituti.
La seconda domanda, ovvero come istituire un background comune per scrivere di volta in volta le nuove tavole della legge, è un compito ancora più gravoso.
C'è inoltre un terzo tema importante quando si parla di tavole della legge "rewriteable". Ovvero il tema della legittimità, poiché nessuno é più certo della legge morale ed ognuno si pensa in diritto di fondare una nuova moralità. Un tema strettamente connesso al background comune di cui sopra.

Certamente è lecito parlare di bene e male in termini relativi, ma ad oggi in piena epoco iper-post-moderna o semplicemente iper-moderna, la cosa va riflettuto alla luce delle ultime istanze storiche.

Come sappiamo il post-moderno è una rilettura della problematicità della soggettività che da Cartesio arriva ad Hegel. E che ha sopratutto in Kant l'epigono del suo riflettere.

Ossia in estrema sintesi il problema della sovrastruttura che decide del soggetto, ossia appunto il problema del riconoscimento personale.

Il post-moderno è una lunga sfida dunque alla decostruzione della sovrastruttura, per illustrare il carattere di maschera del soggetto (persona).

In questo senso sono le categorie di assoluto a essere sottoaccusa, e questo certo  rientra nel problema tutto moderno del rapporto metafisico tra Dio e Uomo che certamente qui non abbiamo tempo di affrontare.

Una volta dissilto l'idea di Dio, rimane dunque la domanda "cosa vuol dire essere uomini".
E' proprio di fronte a questa impellenza, che il post-moderno ha ceduto il passo di schianto, rivelando in fin dei conti tutto il suo ragionar del relativo come una sorta di incapacità o di rimando del vero problema rispetto al quale essi stessi avevano contribuito a fare la domanda fondamentale. Quindi ad affermare un pensiero ateo.

Il relativo che tanto è utile a levarci l'idea di Dio, risulta però nocivo se si tratta del problema politico, ossia appunto quello relativo all'uomo in sè.

Per questo ho voluto sorvolare su quanti continuano a insistere su categorie del recente passato, che ormai però sono solo occasione di un pessimismo diffuso, e non aiutano certo a ragionare sui problemi reali della convivenza umana.

La guerra esiste ancora, la violenza esiste ancora, le forme democratiche di contenimento di queste epifenomeni sono sotto attacco.
Possiamo anche ingenuamente chiamarlo del problema del male. E va benissimo purchè la discussione non si arrocchi su problemi pessimiste.

Il bene è naturalmente tutto ciò che riguarda la risposta a cosa è l'uomo.

Naturalmente in tempo di analitici e continentali e al tempo delle neuroscienze, in un clima in cui nuovi attori politici spostano il problema dalla dimensione locale a quella planetaria, la confusione è evidente.

E' ciò di cui parlava Anders: l'agenda tecnica surclassa quella umana.

Ciò nondimeno io ritengo che la filosofia sia una sorta di resistenza locale, una guerriglia se vogliamo, che nacque pure come arte del dialogo in grecia, proprio in seno a piccole comunità.

La resistenza locale alle forme globali è dunque lo sfondo su cui innalzare lo sforzo del Pensiero.

Io spero vivamente che il pessimismo rispetto a questa che sembra chiaramente una lotta impari, ci faccia dimenticare che il pensiero ha in sè una grandezza che essendo astratto non può essere catturato. E dunque è quasi un dovere morale, quello di continuare la riflessione teorica, le riflessioni.
Come dice Zizek, quand'anche il mondo intero morisse di fame il problema della filosofofia è quello di non smettere mai di pensare. Di riflettere sulle situzioni reali.

In questo senso penso di poter apprezzare l'idea di rewritable.

Non in senso di abnegazione umana Jacopus (come se la salvezza del mondo passasse dalle mani dell'ossessione salvifica di una "dozzina" di persone), nè di reprimende orrifiche, che dimentichino il lungo e faticoso processo che ha portato il diritto dalle antiche usanze della legge del sangue (che ormai dominano nel mondo inculturale dei mass media, quasi ad inneggiarle) a quelle formali asettiche del bandimento sociale (e dunque della forma democratica, con diritti "umanitari" associati, anch'essi ormai sotto attacco, all'interno della più vasta lotta antidemocratica).

Come già diceva Aristotele, la politica deve sempre stare nel mezzo.

In tempi buj come questi in cui il progressismo ormai langue disperato negli angoli della prigione reale, nell'utopia di pochi coraggiosi intellettuali, è sotto attacco proprio la forma democratica, e proprio sotto idee di ordine morale, che di umano hanno poco, e si rimandano di continuazione ad una gerachia celeste.

Dicesi problema della Teologia Politica, risolto in Schmit come riflessione sull'Altro.

Andando avanti uscendo dalla forma più avanzata del progressismo, ossia dalla sua eredità, si deve ripartire da Lacan.

L'Altro va affrontato rispetto al problema dell'altro.

Ossia la discussione sulla Paura (l'Altro, la politica, la guerra, l'odio, la violenza) va affrontata nella discussione (con l'altro, essere umano, nella stessa città, comunità).

Non è in fin dei conti RICORDARCI esattamente come è nata la FILOSOFIA che possiamo utilmente tornare a fare filosofia? I formalismi facciamoli fare a qualcun altro.
A chi reagisce cullandosi nel terrore, che è sempre un lasciar spazio al fantasma dell'orrore, ossia al tabuico freudianamente inteso.

Gli hater, il mondo che svolta a destra, la chiusura nella dimensione individuale, sono tutti SINTOMI del CONTROLLO del FANTASMA totemico.

Non siamo più esseri umani ma animali, è un lasciar spazio alla psichiatria alle neuroscienze, alla sociologia, al liberismo, alla morte delle città.

O di questo ci interroghiamo o quel rewritable non sarà MAI nostro, ma il risultato delle nostre paure.

Non rinunciamo mai al pensiero!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 06 Settembre 2019, 21:17:35 PM
Citazione di: Ettore Angelo Rossi il 05 Settembre 2019, 09:01:10 AM
Questa scelta di bene e male deriva dall'ego del branco e del singolo individuo e non tiene conto dell'equilibrio dell'ambiente in cui si interfacciano. Per mantenere l'equilibrio la Natura ha bisogno di eliminare branchi. L'agio e l'abbondanza creano ozio. Un capobranco esperto è sempre il risultato di lotte intestine per mantenere la freschezza di questo ruolo. Con troppe prede la Natura avrà bisogno di predatori ed al contrario, con troppi predatori la Natura avrà bisogno di eliminarne qualcuno.
L'equilibrio è in eterno mutamento e ciò che sembra male per il semplice ego e la sopravvivenza del singolo non è male per il Tutto.

L'uomo è uscito da lungo tempo dallo stato di Natura, sempre ammesso che ci sia mai stato (vedi Nietzche per quest'ultima cosa).

Io ritengo questo continuo ripensamento alla natura come una sorta di rinvagazione di antiche deità teurgiche.

Per i più addentro, a prodotti della gnosi.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 06 Settembre 2019, 21:26:25 PM
x Ipazia, concordo con tutti o tuoi ultimi interventi.

Ecco io rilancerei solo su un punto laddove parli del dovere "di custodire e rilanciare."

Infatti come diceva C:Bene poichè la realtà è in continua evoluzione, la custodia rischia di diventare monumentalità.

Il problema della custodia, o anche della istruzione in generale, è che essa deve essere in grado di rimanere viva.

Poichè il compito dello Stato è essenzialmente protettivo però questa ultima cosa deve essere fatta dai singoli, o come dice la pscianalisi da ciascuno (che vuol dire ognuno ma all'interno di un gruppo di discussione).

Uno dei problemi della monumentalità è il carattere aggressivo di questo rilancio di solito in caratteri nazionalisti e individualisti, che poi riproposto in termini ideologici, rischia di sfociare nella approvazione di qualche decreto repressivo della discussione libera, che per esempio Macron continua a tentar di far passare a livello europeo.

Per ora riguarda le grandi catene dei social media, i forum sono ancora risparmiati, ma l'andazzo non è dei più rosei.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Mariano il 06 Settembre 2019, 22:37:29 PM
Rileggendo i vari interventi sull'argomento mi sorge una domanda:

"Prima di chiedersi l'origine di un qualcosa non è necessario darne una definizione?"

E il susseguirsi dei post mostra l'ammirevole tentativo di trovarne una.

Tentativo oggetto della ricerca dei più grandi filosofi e teologi che a mio avviso non ha mai portato (nè porterà) una soluzione "razionale".

Insisto nella mia opinione (mi sembra condivisa da altri ed in particolare da Baylam) e cioè che il bene ed il male sono concetti relativi alle circostanze ed alle coscienze di ciascuna persona.

Per discutere dell'esistwnza del Bene e del Male assoluto penso che si debba passare a tematiche spirituali, ad un Credo la cui verità (se esiste) non fa parte della nostra cosiddetta razionalità.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 07 Settembre 2019, 08:40:27 AM
Effettivamente Mariano, la mia intenzione iniziale non era quella di elencare una volta per tutte ciò che é bene e ciò che é male ma ragionare su qual'è il motore che causa il male, qualunque esso sia e nella storia del pensiero i motori sono sempre i soliti: i demoni, la natura, l'uomo, la società. Nel corso del tempo le analisi si sono fatte sempre più raffinate. Ovviamente la spiegazione teologica ha perso di peso come verità in sé ma ha mantenuto la sua importanza come giustificazione sociologica e psicopatologica al male agito, giustificato attraverso le religioni.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 07 Settembre 2019, 15:04:14 PM
Salve Mariano. "Prima di chiedersi l'origine di un qualcosa non è necessario darne una definizione?".
Eh già ! Sei bravo, tu ! Una considerazione del genere dovrebbe farla anche un bambino di cinque anni, ma se venisse messa in atto qui dentro.......addio forum ! Le definizioni chiare sono le maggiori nemiche delle discussioni, ciò che le renderebbe vane e ridicole, ciò che renderebbe onore solo a colui che che le trova, umiliando e tacitando tutti coloro che fossere costretti a prendere atto della loro incontrovertibile chiarezza.

Comunque è ovvio (perciò dialetticamente contestabile !) che non può esistere alcuna definizione assoluta di bene e di male.

Se dividiamo tutto l'esistente (cioè l'ASSOLUTO) in due parti chiamate BENE e MALE, ovviamente tali parti risulteranno ciascuna PARZIALE e quindi RELATIVA.
Come faremmo a definire in assoluto ciò che risulta relativo ?.

Quindi, se l'assoluto coincide con l'esistente, possiamo considerare - se ci piace - che esso assoluto-esistente sia ciò che esprime il massimo bene. Per questa ragione, ad esempio, io nego l'esistenza del male in sè in quanto esso verrebbe a coincidere con l'inesistente.

Se scendiamo invece a livello relativo e quindi ovviamente umano, dovremmo dire che il bene risulterebbe in tutto ciò che permette e favorisce la nostra (esistenza=sopravvivenza), mentre ciò che noi chiamiamo male sarebbe tutto ciò che la nega od ostacola. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 07 Settembre 2019, 16:28:37 PM
Citazione di: Mariano il 06 Settembre 2019, 22:37:29 PM
Rileggendo i vari interventi sull'argomento mi sorge una domanda:

"Prima di chiedersi l'origine di un qualcosa non è necessario darne una definizione?"

E il susseguirsi dei post mostra l'ammirevole tentativo di trovarne una.

Tentativo oggetto della ricerca dei più grandi filosofi e teologi che a mio avviso non ha mai portato (nè porterà) una soluzione "razionale".

Insisto nella mia opinione (mi sembra condivisa da altri ed in particolare da Baylam) e cioè che il bene ed il male sono concetti relativi alle circostanze ed alle coscienze di ciascuna persona.

Per discutere dell'esistwnza del Bene e del Male assoluto penso che si debba passare a tematiche spirituali, ad un Credo la cui verità (se esiste) non fa parte della nostra cosiddetta razionalità.

Io una mia definizione l'ho data, ma condivido con Jacopus nel suo non volerla prefigurare, ma lasciare spazio alla discussione perchè ciascuno fornisse la sua. Mi sono cautelata fin dall'inizio col distinguere la posizione teistica da quella ateistica. E da atea non intendo imporre la mia visione a chi ateo non è. Mentre restando in ambito ateo la mia definizione si localizza in quello che ho definito: Bene assoluto incontrovertibile del vivente la sua vita individuale.

Questa è per me l'origine ontologica, a priori di ogni discorso filosofico o etico, del bene. Origine attorno a cui si aggrega tutto ciò che quantitativamente e qualitativamente ne accresce gli attributi. Il male è il contrario di tutto ciò (la morte e i suoi surrogati parziali).

Un primo fattore di tale accrescimento e consolidamento è la componente sociale, senza la quale l'individuo umano è un morto che cammina. Componente sociale da cui nasce e si sviluppa il logos filosofico e la collaborazione nella polis. Quindi la (cono)scienza, l'arte e l'insieme di artefici teorici (nomos) e pratici (techne) che ho definito universo antropologico. In questo universo, distinto ma non dissociato da quello naturale, si evolvono i concetti, totalmente antropologici, di bene e di male.

Il flusso dei quali si trasmette di progenie in progenie, come un testimone da conservare, non come feticcio imbalsamato (@ green) e monumentalizzato, ma come eredità da consegnare a chi verrà dopo di noi. Preservandolo dalle ignominiose cadute e conservando pure la memoria di quelle cadute perchè i posteri ne siano risparmiati. Tenuto conto però che una volta passato il testimone del bene e del male, se ne consegna anche la responsabilità del rilancio e delle riformulazioni. Questa consapevolezza riduce i monumenti alla loro dimensione storica, disinnescandone le eventuali residualità tossiche. In tale operazione la spiritualità atea, malgrado i suoi deficit e totem secolaristici, mi pare più attrezzata di quella teistica. Ma prendo atto del bias e non mi spingo oltre.  

Chi non temeva di spingersi oltre è certamente Nietzsche, ma ho l'impressione che a forza di spingersi al di là del bene e del male si sia ritrovato, come in un irridente gioco relativistico, del tutto al di qua, nello stato di natura. La qual cosa il teorico dell'eterno ritorno avrebbe dovuto mettere in conto fin dall'inizio della sua teoresi. Nulla di grave, per carità, ma a quel punto riprende il solito calvario: nel bene e nel male.
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Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Settembre 2019, 08:26:00 AM
Il relativismo ha da essere relativista per sua coerenza interna (forse questo intendeva dire Phil) rimandando sempre ad un background a priori.
Riesumato, confermo.
Citazione di: Ipazia il 04 Settembre 2019, 08:26:00 AM
Per l'ethos condiviso l'a-priori è la finitezza e vulnerabilità della vita umana. Non si scrive e riscrive su una lavagna nera, ma sui vincoli che la natura e la civiltà pongono alla vita umana.
Concordo, mi pare oggettivo che all'esordio della scrittura della propria vita non ci sia nessuna tabula perfettamente rasa, sarebbe possibile solo se fossimo un allevamento di cervelli in vasca (prodotti in serie in laboratorio).
La nave di Neurath è mera scialuppa di quella di Teseo, ma le onde del mare sono uguali per tutti, cambiano sono le loro conseguenze sui differenti tipi di imbarcazione... ovvero, ognuno opera inevitabilmente con ciò che ha (cervello, Weltanschauung, etc.), il che presuppone il problema (qui off topic) dell'identificazione, e il flusso di eventi in cui siamo immersi è un interpretandum che può essere affrontato in vari modi, pur nella sua ipotetica, "noumenica", olistica, unità/unicità.
Citazione di: Ipazia il 04 Settembre 2019, 08:26:00 AM
Vincoli che nessuna ideologia religiosa, politico-economica o metafisica può aggirare realmente, ma solo misti(fi)camente.
Le ideologie, in quanto tali, interpretano deduttivamente, sono figlie del loro tempo; quando invece hanno fatto il loro tempo, forse conviene pensionarle rispettosamente nei libri di storia, per non ritrovarsi a maneggaire categorie orfane del rispettivo paradigma (quindi utili perlopiù ad impastare ambigue metafore). Oggi di categorie orfane in giro ce ne sono, al di là della maiuscola o meno, proprio in virtù del soverchiante condizionamento del suddetto background non neutro. Per questo nei temp(l)i laici vige ancora la sacralità del V/vero, del B/bene, etc. canuti orfani di un'epoca in cui ontologia ed etica non potevano che scambiarsi giocosamente le vesti, avendo la stessa taglia, la M (di metafisica). Oggi potrebbero anche non farlo, tuttavia elaborare il (possibile) distacco o addirittura "lutto", non è mai facile (v. fuor di metafora l'ubiquo successo storico di concetti continuativi nel/del post-mortem come "anima", "fantasma", etc).
L'alternativa è ingegnare nuove categorie più attuali (e possibilmente figlie fertili del nostro tempo) oppure, per farla più facile/difficile (dipende), andare a ripescare gli insuccessi storici di categorie inattuali al loro tempo, o di quelle soffocate dal coevo mainstream storico.

Il titolo del topic è probabilmente sintomo della fulgida persistenza della onto-etica, dell'eco roboante della nostra cultura nella sua dimensione storica. Eppure, una volta preso atto che oggi è possibile anche pensare al bene e al male come utili artifici convenzionali, che fine fa allora l'etica (intesa in senso forte)? Se non possiamo fondarla nel cielo dobbiamo fondarla sulla terra, seguendo quel dovere autoreferenziale che è a sua volta etico: è sommamente immorale non avere una morale, il primo metaimperativo etico è averne una. Tuttavia, ciò è proprio come l'orfano che pensa che i suoi genitori, se non sono in terra, devono essere in cielo... lutto mancato e confusione, in buona fede, fra dover-essere e poter-essere.
Provare a fondare la morale sulla terra-natura sarebbe infatti fallace, poiché, una volta appurato che la natura non funziona secondo giusto/sbagliato, ma secondo funzionale/disfunzionale, istintivo/controistintivo, etc. radicare il giusto/sbagliato su qualcosa che non lo prevede è un'altra forma, per quanto accoratamente ottimista, di rinnegare il lutto (un po' come imbalsamare un cadavere, confondendo "corpo" e "vita"). Innestare un'etica nell'ethos, significa amalgamare ciò che è (attualità dell'ethos), con ciò che dovrebbe essere (normatività dell'etica), descrizione e prescrizione (come diceva Hume), in una sorta di fallacia naturalistica, defibrillatore retorico che dovrebbe vorrebbe far resuscitare lo spirito di un esanime corpus di lettere morte a partire dai rispettivi fantasmi della tradizione (sia chiaro: opinione mia; per chi è dentro la metafisica, non ci sono cadaveri né lutto... e non è detto che non sia io a scambiare un momentaneo abbiocco per irreversibile morte).
Una volta capito dove l'etica (non) possa essere fondata, può essere proficuo considerare che l'opposizione legge-etica-di-dio / legge-etica-degli-uomini (opposizione immanente a faccende puramente gestionali: potere temporale / potere secolare), sta trovando sempre più sintesi "hegeliana" nella legge di natura (genetica, neuroscienze, etc.).

Eccoci dunque al pensiero sfidante (l'anti-scandalo, rovesciando Kierkegaard): e se, non avendo dove fondarli, abbandonassimo i concetti di «etica», «bene» e «male»?
Per vivere socialmente bastano le leggi (rasoiata drastica, ma non mi dilungo), con il loro dualismo legale/illegale, e dove esse non arrivano, ci sono di default le consuetudini (comunque abitabili criticamente) con i loro rituali laici e la tassonomia civile/incivile, che muta nei tempi e nei luoghi; lusso che l'etica, il bene e il male, per il loro statuto meta-fisico, non dovrebbero/potrebbero concedersi... salvo usarli come metafore, ma allora bisognerebbe render(se)ne conto.
Un'etica che, in quanto tale, abbia pretese universalistiche (sempre e dovunque), può risultare persino ostile alla società (seppur funzionale a ridurre il sovraffollamento del globo, tema da sempre molto caro ad Ares), fomentando scontri fra assoluti, magari inibendo possibili compromessi (parolaccia?) in vista di un equilibrato quieto vivere (a cui magari tutti aneliamo, ma che se ha qui un'accezione "immorale", è forse perché frustra l'ardore testosteronico dei "moralizzatori militanti").
Certo, l'etica non deve essere per forza universalistica e fondata su leggi divine, e forse è proprio questo il punto (e lo spunto): ha ancora senso parlare di «etica» e «bene/male», parole forti e non certo prive di tradizione e carico semantico, nell'epoca delle visioni del mondo sincretiche, laiche (non tutte, chiaro), fatte in casa (e su internet), etc.? A questo punto chi obietterà che tale scenario rappresenta una nefasta perdita e che un'etica deve esserci, non susciterà alcun biasimo, poiché la prospettiva (nostalgico-)metafisica fa indubbiamente parte di quel pluralismo pulsante che essa stessa vorrebbe uniformare con i suoi assiomi. Chi invece sostiene che oggi l'etica sia proprio un "lavoro in corso", si ritrova poi (correggetemi pure se sbaglio) un po' in difficoltà a spiegare come tale etica possa avere l'ambizione di essere valida anche per il prossimo, dal momento che anche lui potrà proporre la sua "etica in corso d'opera", e allora quale criterio meta-etico sbroglierà il diverbio? Il calcolo(?) della "felicità" del maggior numero di persone al minor "prezzo" (Bentham)?
Il risultato non potrà comunque che essere un'imposizione dell'etica dominante sull'etica altrui (e riecco l'assolutismo monista-metafisico rientrare ghignando dalla finestra), meccanismo piramidale che è certamente la chiave di volta del diritto entro i confini di uno stato, ma se parliamo di etica o, peggio, di trascendenza, tale imposizione è la pietra angolare dell'"oppressione etica" (ossimoro?) di tutte le minoranze del mondo: l'imperialismo culturale (e anche economico, etc.) dell'occidente ha qui, da sempre, il suo alibi assoluto e assolvente. Detto altrimenti: all'atto pratico, conciliare l'indagine laboriosa del «secondo noi» (vigente in un gruppo) con la constatazione sociale che «la nostra etica è numericamente vincente», è manovra d'assestamento che rischia di cedere alla tentazione di confondere qualità e quantità, spostando l'ago della bilancia sempre, guarda caso, sull'indicatore più propizio (la massa si appellerà sulla quantità, l'elite o la minoranza rivendicherà la qualità).

Resterebbe nondimeno da chiedersi: una volta fatta la boutade di relegare il concetto di «etica» nelle enciclopedie, perché qualcuno potrebbe voler aiutare chi ha bisogno, se non c'è una legge che gli intima di farlo? Istintiva empatia? Educazione ricevuta? Esibizionismo estetico? Sommessa speranza di "credito karmico"? Secondo me, anche (am)mettendole tutte assieme, restiamo comunque fuori dall'etica, dalla sua normatività e soprattutto dalla sua univocità (più o meno latente, più o meno dissimulata).
Più approfondiamo i moventi delle nostre scelte, azioni, etc. e di tutti i condizionamenti ad esse connesse, più il paradigma etico-metafisico, con annessi concetti di «bene», «male», etc. perde (almeno ai miei occhi) di credibilità, e ridurlo a funzionale residuo fenomenologico-culturale è il miglior requiem che gli possa concedere.

Non intendo dire che sia da boicottare né desertificare il campo etico, ovvero quello imprescindibile dell'interazione fra uomini (lasciando in sospeso gli dei), ma che tale campo possa essere anche indagato e strutturato oggi con categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie (e se non erro, ma dovrei verificare, l'Oriente ci fornisce spunti in merito sin dai tempi di Confucio, al netto della traslitterazione occidentalizzante dei termini e di tutta la discutibilità teoretica dei fondamenti).
«Bene» e «male» sono risultati e risultano così versatili nel tempo e nello spazio (ironicamente ambendo spesso all'esatto contrario) da suscitare talvolta il sospetto che siano in fondo come un assegno in bianco associato ad un conto inesistente. Mi si dirà che invece c'è gente a cui l'importo di tale assegno è stato estorto con il sangue; in merito, la natura ci ricorda con il suo tipico disincanto premetafisico (curiosamente molto affine a quello postmetafisico) che, per nuocere al proprio simile non è necessaria una visione etica, politica o economica, del reale. Ovviamente la realtà umana ha una complessità superiore di quella stigmatizzata "leone/gazzella", tuttavia al di sotto di ogni artificiale (sovra)struttura antropologica, il detto «mors tua, vita mea» resta il denominatore comune "interspecie" dei viventi, dai batteri ai pachidermi, dallo zoo a Wall Street. Il plusvalore fatale è che noi umani alleghiamo a «vita mea» anche capricci e velleità che vanno ben oltre i bisogni primari (e non è una semplice questione di capitalismo o globalismo); noblesse oblige per essere la specie più evoluta...


Fatta questa breve premessa (in puro stile TL;DR), sintetizzando un commento sul tema del topic, direi che l'origine del male è secondo me nel paradigma che lo definisce (meccanismo tautologico che ne rende irrilevante la definizione), il quale, inevitabilmente, è anche l'origine del bene, essendo bene/male una questione di categorizzazione (e di narrazione), non di ontologia (il significato non è il referente).
E tale paradigma dove ha origine? In un cervello con del potenziale individualmente strutturato che si modifica interagendo con l'ambiente, modificandolo a sua volta. Nel medioevo non potevano (e non "dovevano") nemmeno pensarlo; oggi, speculazione per speculazione, si può anche puntare su una tesi simile, in virtù della sua legittimità meta-etica (dall'ur-etica all'uber-etica?).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 07 Settembre 2019, 22:45:27 PM
Salve. Io sono proprio un'anima semplice: benedico il fatto di non essermi eccessivamente acculturato, permettendomi ciò di vivere nella contemplazione di alcuni semplici candori.
Uno di tali semplici candori consiste nel credere che l'etica suprema sia quella che muove i meccanismi naturali (ogni etica umana è solo un tenue riverbero -non importa quanto irriconoscibile - di essa).
"Nessuno sottragga o distrugga ciò che - una volta chiamato a farlo - egli non sia in grado di restituire o rigenerare".
Naturalmente noi siamo liberi di ignorare tale principio, ma ciò potrà avvenire solo a nostre spese.
Perchè l'etica suprema è semplicemente quella di Lavoisier, al cui rispetto noi dovremmo piegarci per amore e, se renitenti, verremo piegati con la forza. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Mariano il 07 Settembre 2019, 23:11:35 PM
Ciao viator, nel tuo precedente intervento dici che le definizioni chiare seno le maggiori nemiche delle discussioni.
mi permetto di non essere d'accordo: mi sembra che tu identifichi come vere le definizioni chiare; a mio avviso non è così, è proprio dal confronto delle definizioni che ognuno da alle parole che nasce il dialogo, permettendo di avvicinarsi ad una verità irraggiungibile.
Tu inoltre ritieni che a livello relativo il bene è tutto ciò che favorisce la nostra esistenza.
la ritengo una definizione egoistica, non pensi che il bene di una persona possa essere il male di un'altra?
a mio avviso il bene è relativo alla circostanza ed alla morale di chi agisce
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:07:31 AM
@ Ipazia

Si sono d'accordo sull'idea di testimone, e del rilancio.

"Questa consapevolezza riduce i monumenti alla loro dimensione storica, disinnescandone le eventuali residualità tossiche. In tale operazione la spiritualità atea, malgrado i suoi deficit e totem secolaristici, mi pare più attrezzata di quella teistica. Ma prendo atto del bias e non mi spingo oltre.  

Chi non temeva di spingersi oltre è certamente Nietzsche, ma ho l'impressione che a forza di spingersi al di là del bene e del male si sia ritrovato, come in un irridente gioco relativistico, del tutto al di qua, nello stato di natura. La qual cosa il teorico dell'eterno ritorno avrebbe dovuto mettere in conto fin dall'inizio della sua teoresi" cit Ipazia

Ecco non capisco se intendi il bias riferito a me.
Il fatto che sono un metafisico, non mi pone al sicuro da poter affermare posizioni teistiche, che infatti disapprovo in maniera radicale.
La metafisica contemporanea va ripensata dopo Nietzche.

Anche rispondendo a Mariano, a cui ribadisco che la relativizzazione del concetto o la sua dichiarazione formale, non contano niente se non si torna a parlare di cose materiali.

Nella tua polemica contro Nietzche, tendi sempre a non confrontarti con questo pensatore.
L'andare oltre la morale (bene e male di provenienza cattolica, sintomaticamente  riconoscibile dal totem tabuico), non si risolve affatto in un naturalismo alla Rosseau.

In Nietzche c'è la consapevolezza, che il totemico sia solo una delle possibili metafisiche.
La relatività di qualsiasi metafisica, pure quelle che paiono non esserlo come quella del materialismo storico, a cui appunto non riesci a pensare se non rimandando la questione a un tempo futuro, relegandola appunto ad una distopia, non sfocia affatto nel naturale, che invece è proprio ciò in cui sfocia il teismo (pensiamo solo a come considera la donna), ma anche come detto le forme politiche che ad essa si rifanno.

In realtà Nietzche ponendo l'impossibilità di uscire dalla metafisica, richiede non un ritorno alla Natura, ma una comprensione maggiore delle potenzialità umana della descrizione del mondo.

Il mondo non è la natura. In questo dobbiamo tornare a Heidegger.
E' l'apertura al discorso, al sentiero (errante).
All'erranza appunto (come quella dello Zarathustra).

E' l'errare, come stiamo dicendo tu, io e Jacopus, in fin dei conti,  è quel testimone, che si ridipinge sempre di nuovi colori.
Di emergenze, di crisi locali e globali. Ma anche di speranze e desideri nuovi.

Nessun teismo, è importante tenere sempre il discorso aperto!
Se questo lo vogliamo chiamare ateismo, o storicismo allora anche io sposo una causa ateista.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:36:02 AM
@ Phil

"Non intendo dire che sia da boicottare né desertificare il campo etico, ovvero quello imprescindibile dell'interazione fra uomini (lasciando in sospeso gli dei), ma che tale campo possa essere anche indagato e strutturato oggi con categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie (e se non erro, ma dovrei verificare" cit Phil

Vedi caro Phil, l'Etica è esattamente il braccio armato della polizia intellettuale.
Tutti i tentativi di risollevare questa nemesi dell'umano fatti dalla filosofia sono grotteschi (la morale se ne va su altri lidi) e a dire poco fascisti.
La filosofia è morta anche se non sopratutto per questo. Si è prostituita, come in fin dei conti ha fatto fin dall'inizio con la bigotteria ottundente di Platone.
Grazie al cielo è arrivata una ondata psicanalitica a risollevarne le sottane.
La filosofia non deve mai essere Madre, tantomeno Padre, ma questo lo sappiamo già.
La filosofia è solo uno strumento della ragione.
Del saper distinguere i componenti della domanda.
L'etica come d'altronde nel tuo errare tu stesso fracassi, è solo un vuoto atto formale che vuole imporre un paradigma e non descriverlo come ingenuamente tu affermi.
Questa società è sempre più sottoassedio, e sempre più sola.
Le manie teistiche e non metafisiche (lo so che intendi quella classica, ma cominciamo a sdoganare il fatto che non esiste un mondo senza una metasfisica. essa si deve semplicemente rinnovare.) sono quelle che subentrano laddove il discorso, il discorso politico ovvio, viene a tacere.

Ovviamente si deve tornare all'individualità, stavolta hai centrato benissimo il punto, ovviamente off topic, che si deve riconoscere soggetto.
Ossia è necessario tornare a Kant, se vogliamo arrivare a Hegel e poi a Marx.
Solo allora è possibile rimettere la questione etica, e non l'Etica.
E la questione etica sarà certamente risolta non nella Legge, o torniamo alle ideologie nefaste del passato simil democratico e invece fascistamente platoniche.
Ma nella discussione fra analizzanti, che nel caso dei filosofi saranno anche analisti, ma analisti analizzanti anche loro, se no la psicanalisi non serve a niente.

"oggi, speculazione per speculazione, si può anche puntare su una tesi simile, in virtù della sua legittimità meta-etica (dall'ur-etica all'uber-etica?)." cit Phil

Come detto sopra la meta-etica tua è solo una tautologia. E purtroppo da quella non  riesci a smuoverti, peccato! la tua analisi travolgente mi è piaciuta!

D'altronde non è che non lo sai vero?

"direi che l'origine del male è secondo me nel paradigma che lo definisce (meccanismo tautologico che ne rende irrilevante la definizione)"

Cit Phil analista che non riesce a risolvere il suo stesso analizzante.

Analizzante è la parola che Lacan ha usato per demedicalizzare il termine paziente.
Sarebbe paziente in cura.
Sarebbe il tema della cura Heideggeriano.
Siamo nella metafisica non trovi?

ciao!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 08 Settembre 2019, 08:20:59 AM
E' stata per me una gioia riesumare Phil della cui visione metafisica relativistica ho potuto gustare alfine una completa esposizione.  Dal mio piccolo replicherò, ma prima devo far prendere un po' di fiato ai neuroni e lasciar maturare le controdeduzioni di cui una traccia già si profila. Partendo da Hume ...

Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:07:31 AMEcco non capisco se intendi il bias riferito a me. Il fatto che sono un metafisico, non mi pone al sicuro da poter affermare posizioni teistiche, che infatti disapprovo in maniera radicale.

Il bias per cui non mi spingo oltre è il mio ateismo, per lasciare spazio al testimone teista se ne ha la facoltà, trattandosi di bene e di male, materia sua d'eccellenza non trascurabile in una discussione sulle origini. Decostruita come ben dici da (ma non solo) ...

CitazioneLa metafisica contemporanea va ripensata dopo Nietzche. Anche rispondendo a Mariano, a cui ribadisco che la relativizzazione del concetto o la sua dichiarazione formale, non contano niente se non si torna a parlare di cose materiali.
Nella tua polemica contro Nietzche, tendi sempre a non confrontarti con questo pensatore. L'andare oltre la morale (bene e male di provenienza cattolica, sintomaticamente riconoscibile dal totem tabuico), non si risolve affatto in un naturalismo alla Rosseau.

Ma alla Nietzsche, sì. Passando attraverso Darwin illudendosi così di ...

CitazioneIn Nietzche c'è la consapevolezza, che il totemico sia solo una delle possibili metafisiche. La relatività di qualsiasi metafisica, pure quelle che paiono non esserlo come quella del materialismo storico, a cui appunto non riesci a pensare se non rimandando la questione a un tempo futuro, relegandola appunto ad una distopia, non sfocia affatto nel naturale, che invece è proprio ciò in cui sfocia il teismo (pensiamo solo a come considera la donna), ma anche come detto le forme politiche che ad essa si rifanno.

... superare il totemico. Cosa di cui sul finire cominciò ad avere seri dubbi passando il testimone ad Heidegger ...

CitazioneIn realtà Nietzche ponendo l'impossibilità di uscire dalla metafisica, richiede non un ritorno alla Natura, ma una comprensione maggiore delle potenzialità umana della descrizione del mondo. Il mondo non è la natura. In questo dobbiamo tornare a Heidegger.

... il quale ebbe modo di meditare su Stalingrado che seppellì pure la bestia bionda. Ennesimo totem-giocoliere disarcionato. Quindi non resta che ...

CitazioneE' l'apertura al discorso, al sentiero (errante). All'erranza appunto (come quella dello Zarathustra). E' l'errare, come stiamo dicendo tu, io e Jacopus, in fin dei conti, è quel testimone, che si ridipinge sempre di nuovi colori. Di emergenze, di crisi locali e globali. Ma anche di speranze e desideri nuovi.

Nell'errare liberiamoci pure dei feticci che l'ateismo ha eretto dopo la morte di Dio, per cui ...

CitazioneNessun teismo, è importante tenere sempre il discorso aperto! Se questo lo vogliamo chiamare ateismo, o storicismo allora anche io sposo una causa ateista.

Chiamiamolo umanesimo. Se dalla metafisica non ci si salva, tiriamo almeno l'acqua al nostro mulino: un ateismo integrale che non fa sconti neppure a se stesso, consapevole com'è della sua profonda, irruenta, reificante pulsione feticistica.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: pincopallo il 08 Settembre 2019, 11:57:30 AM
Buongiorno a tutti,
mi permetto di dire la mia, o almeno mi permetto di dire qualche cosa sull'argomento anch'io, considerando sperando di non citare concetti già condivisi da altri e non esserne a conoscenza... 
Il Bene Male per me sono concetti inscindibili tra loro. Non possono essere associati alla vita o alla morte, ne tanto meno giudicati da noi Uomini, troppe culture differenti e troppo religioni contrapposte. In Natura considerate Male il leone che uccide e sbrana la gazzella? La gazzella stessa lo penserebbe, ma il leone? Per entrambi è sopravvivenza, la gazzella vorrebbe morire di vecchiaia mangiando arbusti tutti i giorni ma d'altro canto il leone per vivere deve mangiare, voi considerate come il Male il leone? E la gazzella il Bene? Perché la gazzella non è il Male per la vegetazione, sta sempre a mangiare e nella Savana una pianta fatica a sopravvivere,,,,
Non c'è Male senza Bene, solo punti di vista personali.
Forse ho detto solo sciocchezze... ma è il mio punto di vista.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 08 Settembre 2019, 12:07:30 PM
Benvenuto, pincopallo, nella nutrita schiera del relativismo etico modulato, secondo lo spirito dei tempi, individualisticamente. Adesso leggiti con attenzione il post di Phil che nutrirà la tua convinzione di abbondante sapienza sulla materia. Sulla indissolubilità della coppia bene-male penso siamo tutti, indifferentemente dalle nostre concezioni filosofiche, d'accordo.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: pincopallo il 08 Settembre 2019, 12:36:23 PM
Grazie Ipazia... ho letto ciò che ha scritto Phil e mi ha nutrito  ;D 
scusatemi sono nuovo e non  riesco a leggere tutto quindi se ripeto qualcosa scritto da a altri in qualche risposta fatemelo notare e sarà mia cura rimediare...
salve  ;D
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 08 Settembre 2019, 14:20:16 PM
Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:36:02 AM
La filosofia è solo uno strumento della ragione.
Del saper distinguere i componenti della domanda.
L'etica come d'altronde nel tuo errare tu stesso fracassi, è solo un vuoto atto formale che vuole imporre un paradigma e non descriverlo come ingenuamente tu affermi.
La descrizione del paradigma spetta infatti alla meta-etica, mentre l'etica (il bene/male, etc.) si identifica con il paradigma stesso.
A mio avviso, andrebbe distinto il mondo del logos (linguaggio) dal mondo come contenitore "naturale" delle attività del logos (onto-logia). Come accennavo: non si dà referente senza significato, non si dà significato senza referente o, semplicemente, risalendo l'interconnessione semiotica fra i due, il significato non è il referente?
Spesso i discorsi con hybris veritativa dimenticano questa essenziale (come direbbe la metafisica) differenza (o "differanza" come direbbe Derrida), per cui credono che con il logos si dominino gli enti, a loro volta "marchiati" dal Logos (dalla Genesi a Eraclito, etc.). Notoriamente, tertium datur: la tecnica, è lei a fare da intermediario fra logos e mondo, e come scopriamo sempre più, non è affatto un medium neutro, privo di effetti e "ritorsioni" collaterali. Ipazia ha spesso ricordato che anche la politica è una tecnica; andrei oltre aggiungendo che lo è persino l'etica e, proprio in quanto tecnica, non può essere normativa, almeno non più di quanto sia a sua volta normata; ecco inquadrato il piano meta-etico sulla (in)decidibilità dell'etica.


Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:36:02 AM
cominciamo a sdoganare il fatto che non esiste un mondo senza una metasfisica. essa si deve semplicemente rinnovare
«Non esiste un mondo senza metafisica»(cit.) finché restiamo (tauto)logicamente nel mondo metafisico (e della libido che esso genera), che è un mondo del logos, certo non l'unico possibile. Pensare al mondo oltre la metafisica è uno degli spunti novecenteschi, una possibilità per nulla necessaria (si vive e si ragiona anche nella metafisica, intendiamoci), di certo non un dovere etico, ma che richiede eventualmente di sfidare il comandamento divino «non esiste un mondo senza metafisica», così penetrato nel nostro dna filosofico da essere laicizzato quasi in assioma (pato)logico. L'anelare ad una nuova (messianica?) metafisica, non esula dal poter(si) render conto del perché la vecchia (e finora unica...) si sia inceppata o abbia, politicamente parlando, "perso consensi" (non certo fra la massa, quanto perlopiù fra gli addetti ai lavori; storiografi e filologi esclusi).

Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:36:02 AM
"oggi, speculazione per speculazione, si può anche puntare su una tesi simile, in virtù della sua legittimità meta-etica (dall'ur-etica all'uber-etica?)." cit Phil

Come detto sopra la meta-etica tua è solo una tautologia. E purtroppo da quella non  riesci a smuoverti, peccato!
Eppure, volenti o nolenti, le tautologie "funzionano", anzi, fondano formalmente ogni discorso logico (geometria, religione, etc.); il metterle in discussione è tipico hobby filosofico e per praticarlo dall'interno (evitando la babelica carambola fra punti di vista), per vivisezionare il circolo ermeneutico (aureola che "santifica" ogni discorso ai suoi stessi occhi), il passaggio obbligato è quello per l'aporia, che scuote il cerchio, ne svela l'inevitabile autoreferenza, non facendolo più "quadrare" con la stessa "fatalistica inevitabilità" di prima (e qui nascono possibilità teoretiche di discorsi ulteriori).
Come infatti sempre spesso accade quando si punta al(lo) (s)fondamento, si tratta (sul piano logico) di scegliere fra tautologia e aporia: tautologia, si resta dentro (al circolo ermeneutico, ai "comandamenti", etc.); aporia, si resta intrigati e abbagliati dal fuori (dall'asintotica linea dell'orizzonte fra referente e significato, che finché non si congiungono lasciano aperta l'intercapedine delle differenza, del pensiero ulteriore).
Ciò almeno fino a quando non arriva un Voltaire a ricordarci candidamente di annaffiare il nostro giardino, prima che si secchi sotto il sole battente della prassi (politica, etc.).

Citazione di: green demetr il 08 Settembre 2019, 03:36:02 AM
"direi che l'origine del male è secondo me nel paradigma che lo definisce (meccanismo tautologico che ne rende irrilevante la definizione)"

Cit Phil analista che non riesce a risolvere il suo stesso analizzante.
La tautologia non è soluzione, ma assoluzione, almeno all'interno del proprio discorso; peccato originale, invece all'esterno del medesimo. Non risolvo il mio essere paziente afflitto da tautologia (più o meno metafisica), perché la ritengo una condizione standard del logos (sebbene, lo confesso, mi conceda sporadicamente dosi ricreative di aporia). Quindi la diagnosi resta "giustamente" irrisolta: non si può guarire quando ci si ritiene sani (semmai sia "malattia" cercare la definitiva genesi ontologica del male e del bene al di là della tautologia del discorso etico).
La (dis)soluzione dell'etica nel(lo) (s)fondamento della sua velleità di proporsi come normativa ma non convenzionalmente giuridica, universale ma non fondata sull'universale (laicamente parlando), non disabilita comunque la possibilità di una riflessione che sia meta-etica e, in quanto tale, non etica (la questione dei piani del discorso, tanto cara a Russell).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Mariano il 08 Settembre 2019, 15:38:35 PM
Citazione di: pincopallo il 08 Settembre 2019, 11:57:30 AM
Buongiorno a tutti,
mi permetto di dire la mia, o almeno mi permetto di dire qualche cosa sull'argomento anch'io, considerando sperando di non citare concetti già condivisi da altri e non esserne a conoscenza...
Il Bene Male per me sono concetti inscindibili tra loro. Non possono essere associati alla vita o alla morte, ne tanto meno giudicati da noi Uomini, troppe culture differenti e troppo religioni contrapposte. In Natura considerate Male il leone che uccide e sbrana la gazzella? La gazzella stessa lo penserebbe, ma il leone? Per entrambi è sopravvivenza, la gazzella vorrebbe morire di vecchiaia mangiando arbusti tutti i giorni ma d'altro canto il leone per vivere deve mangiare, voi considerate come il Male il leone? E la gazzella il Bene? Perché la gazzella non è il Male per la vegetazione, sta sempre a mangiare e nella Savana una pianta fatica a sopravvivere,,,,
Non c'è Male senza Bene, solo punti di vista personali.
Forse ho detto solo sciocchezze... ma è il mio punto di vista.
Ciao pincopallo, sarò giudicato male dai simpatici cultori della filosofia che hanno senz'altro più titolo per argomentare il tema trattato, ma io ritengo che la filosofia debba essere uno strumento per chiarire le idee non solo agli "illuminati"studiosi, ma più alla massa di gente che vive ciò che sente ed osserva giornalmente.
Mi permetto quindi di condividere quanto tu esprimi con semplicità e non riesco a comprendere quanto ti abbia nutrito la rilettura di Phil che per me è troppo complessa da comprendere.
Si tratta probabilmente di una mia incapacità , ma ritengo che darsi una ragione di vita possa essere più semplice.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
...
Il titolo del topic è probabilmente sintomo della fulgida persistenza della onto-etica, dell'eco roboante della nostra cultura nella sua dimensione storica. Eppure, una volta preso atto che oggi è possibile anche pensare al bene e al male come utili artifici convenzionali, che fine fa allora l'etica (intesa in senso forte)? Se non possiamo fondarla nel cielo dobbiamo fondarla sulla terra, seguendo quel dovere autoreferenziale che è a sua volta etico: è sommamente immorale non avere una morale, il primo metaimperativo etico è averne una. Tuttavia, ciò è proprio come l'orfano che pensa che i suoi genitori, se non sono in terra, devono essere in cielo... lutto mancato e confusione, in buona fede, fra dover-essere e poter-essere.
Provare a fondare la morale sulla terra-natura sarebbe infatti fallace, poiché, una volta appurato che la natura non funziona secondo giusto/sbagliato, ma secondo funzionale/disfunzionale, istintivo/controistintivo, etc. radicare il giusto/sbagliato su qualcosa che non lo prevede è un'altra forma, per quanto accoratamente ottimista, di rinnegare il lutto (un po' come imbalsamare un cadavere, confondendo "corpo" e "vita").

Concordo. La natura è background. Pone limiti al paradigma (etico), ma non è il paradigma.

CitazioneInnestare un'etica nell'ethos, significa amalgamare ciò che è (attualità dell'ethos), con ciò che dovrebbe essere (normatività dell'etica), descrizione e prescrizione (come diceva Hume), in una sorta di fallacia naturalistica, defibrillatore retorico che dovrebbe vorrebbe far resuscitare lo spirito di un esanime corpus di lettere morte a partire dai rispettivi fantasmi della tradizione (sia chiaro: opinione mia; per chi è dentro la metafisica, non ci sono cadaveri né lutto... e non è detto che non sia io a scambiare un momentaneo abbiocco per irreversibile morte).

Qui no. Il rapporto tra descrizione e prescrizione è fallace solo se collegato da un non sequitur ideologico ("esanime corpus di lettere morte a partire dai rispettivi fantasmi della tradizione"), ma il collegamento può essere anche non fallace: non ho le ali (descrizione) quindi non posso/devo volare (prescrizione). L'etica è la presa d'atto delle prescrizioni poste da una determinata condizione etologica (naturale/ambientale) su cui si innesta un'etica razionale.

CitazioneUna volta capito dove l'etica (non) possa essere fondata, può essere proficuo considerare che l'opposizione legge-etica-di-dio / legge-etica-degli-uomini (opposizione immanente a faccende puramente gestionali: potere temporale / potere secolare), sta trovando sempre più sintesi "hegeliana" nella legge di natura (genetica, neuroscienze, etc.).

... che ricostituisce e descrive il background su cui innestare l'etica aggiornata e corretta. Ma si accettano pure altre sfide:

CitazioneEccoci dunque al pensiero sfidante (l'anti-scandalo, rovesciando Kierkegaard): e se, non avendo dove fondarli, abbandonassimo i concetti di «etica», «bene» e «male»?
Per vivere socialmente bastano le leggi (rasoiata drastica, ma non mi dilungo), con il loro dualismo legale/illegale, e dove esse non arrivano, ci sono di default le consuetudini (comunque abitabili criticamente) con i loro rituali laici e la tassonomia civile/incivile, che muta nei tempi e nei luoghi; lusso che l'etica, il bene e il male, per il loro statuto meta-fisico, non dovrebbero/potrebbero concedersi... salvo usarli come metafore, ma allora bisognerebbe render(se)ne conto.

Rendiamone conto: donde sgorgano le leggi e le consuetudini ? Ethos-techne ha uno statuto tecnico fatto di cose concrete che prescindono dalla metafisica e che comunque la anticipano. Salvo poi ingarbugliarsi in circoli di retroazione. Però razionalmente dipanabili con un po' di buona volontà.

CitazioneUn'etica che, in quanto tale, abbia pretese universalistiche (sempre e dovunque), può risultare persino ostile alla società (seppur funzionale a ridurre il sovraffollamento del globo, tema da sempre molto caro ad Ares), fomentando scontri fra assoluti, magari inibendo possibili compromessi (parolaccia?) in vista di un equilibrato quieto vivere (a cui magari tutti aneliamo, ma che se ha qui un'accezione "immorale", è forse perché frustra l'ardore testosteronico dei "moralizzatori militanti").

L'ethos ha sue caratteristiche di provvisorio universalismo che conviene prendere sul serio. Non rispettare il codice della strada può avere risultati assai catastrofici. Ma qui parliamo d'altro e possiamo pure pensare ad un'etica che sappia distinguere se stessa dal gusto, demarcando illuministicamente il confine tra obblighi/necessità sociali e libertà individuali.

CitazioneCerto, l'etica non deve essere per forza universalistica e fondata su leggi divine, e forse è proprio questo il punto (e lo spunto): ha ancora senso parlare di «etica» e «bene/male», parole forti e non certo prive di tradizione e carico semantico, nell'epoca delle visioni del mondo sincretiche, laiche (non tutte, chiaro), fatte in casa (e su internet), etc.? A questo punto chi obietterà che tale scenario rappresenta una nefasta perdita e che un'etica deve esserci, non susciterà alcun biasimo, poiché la prospettiva (nostalgico-)metafisica fa indubbiamente parte di quel pluralismo pulsante che essa stessa vorrebbe uniformare con i suoi assiomi.

La tradizione si sussume e la semantica si adatta. Difficile trovare surrogati etici a bene e male. Soprattutto oggi che grande è la confusione sotto il cielo. Certamente necessita una grande evoluzione filosofica che stia al passo con le mutazioni ambientali da cui emerge l'ethos. Dici bene, "lavori in corso"

CitazioneChi invece sostiene che oggi l'etica sia proprio un "lavoro in corso", si ritrova poi (correggetemi pure se sbaglio) un po' in difficoltà a spiegare come tale etica possa avere l'ambizione di essere valida anche per il prossimo, dal momento che anche lui potrà proporre la sua "etica in corso d'opera", e allora quale criterio meta-etico sbroglierà il diverbio? Il calcolo(?) della "felicità" del maggior numero di persone al minor "prezzo" (Bentham)?

Anche i cavoli hanno bisogno di un terreno comune per germogliare. La storia umana, sarà pure del cavolo, ma funziona nello stesso modo...

CitazioneIl risultato non potrà comunque che essere un'imposizione dell'etica dominante sull'etica altrui (e riecco l'assolutismo monista-metafisico rientrare ghignando dalla finestra), meccanismo piramidale che è certamente la chiave di volta del diritto entro i confini di uno stato, ma se parliamo di etica o, peggio, di trascendenza, tale imposizione è la pietra angolare dell'"oppressione etica" (ossimoro?) di tutte le minoranze del mondo: l'imperialismo culturale (e anche economico, etc.) dell'occidente ha qui, da sempre, il suo alibi assoluto e assolvente. Detto altrimenti: all'atto pratico, conciliare l'indagine laboriosa del «secondo noi» (vigente in un gruppo) con la constatazione sociale che «la nostra etica è numericamente vincente», è manovra d'assestamento che rischia di cedere alla tentazione di confondere qualità e quantità, spostando l'ago della bilancia sempre, guarda caso, sull'indicatore più propizio (la massa si appellerà sulla quantità, l'elite o la minoranza rivendicherà la qualità)

... quindi trovo superabile il concetto di "etica dominante" insieme con le condizioni materiali che producono una "classe dominante". A seguire il superamento etico già in itinere del concetto di "specie dominante".

CitazioneResterebbe nondimeno da chiedersi: una volta fatta la boutade di relegare il concetto di «etica» nelle enciclopedie, perché qualcuno potrebbe voler aiutare chi ha bisogno, se non c'è una legge che gli intima di farlo? Istintiva empatia? Educazione ricevuta? Esibizionismo estetico? Sommessa speranza di "credito karmico"? Secondo me, anche (am)mettendole tutte assieme, restiamo comunque fuori dall'etica, dalla sua normatività e soprattutto dalla sua univocità (più o meno latente, più o meno dissimulata).
Più approfondiamo i moventi delle nostre scelte, azioni, etc. e di tutti i condizionamenti ad esse connesse, più il paradigma etico-metafisico, con annessi concetti di «bene», «male», etc. perde (almeno ai miei occhi) di credibilità, e ridurlo a funzionale residuo fenomenologico-culturale è il miglior requiem che gli possa concedere.

La grammatica è certamente modificabile, ma l'ethos (significato) è assai più rigido per cui anche tu convieni:

CitazioneNon intendo dire che sia da boicottare né desertificare il campo etico, ovvero quello imprescindibile dell'interazione fra uomini (lasciando in sospeso gli dei), ma che tale campo possa essere anche indagato e strutturato oggi con categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie (e se non erro, ma dovrei verificare, l'Oriente ci fornisce spunti in merito sin dai tempi di Confucio, al netto della traslitterazione occidentalizzante dei termini e di tutta la discutibilità teoretica dei fondamenti).


Citazione«Bene» e «male» sono risultati e risultano così versatili nel tempo e nello spazio (ironicamente ambendo spesso all'esatto contrario) da suscitare talvolta il sospetto che siano in fondo come un assegno in bianco associato ad un conto inesistente. Mi si dirà che invece c'è gente a cui l'importo di tale assegno è stato estorto con il sangue; in merito, la natura ci ricorda con il suo tipico disincanto premetafisico (curiosamente molto affine a quello postmetafisico) che, per nuocere al proprio simile non è necessaria una visione etica, politica o economica, del reale. Ovviamente la realtà umana ha una complessità superiore di quella stigmatizzata "leone/gazzella", tuttavia al di sotto di ogni artificiale (sovra)struttura antropologica, il detto «mors tua, vita mea» resta il denominatore comune "interspecie" dei viventi, dai batteri ai pachidermi, dallo zoo a Wall Street. Il plusvalore fatale è che noi umani alleghiamo a «vita mea» anche capricci e velleità che vanno ben oltre i bisogni primari (e non è una semplice questione di capitalismo o globalismo); noblesse oblige per essere la specie più evoluta...

Anche "no man is an island" se la passa mica male. La scelta tra il motto latino e quello inglese ha un nome antiquato, ma di difficile sostituzione nel significato ancor più che nel significante.

CitazioneFatta questa breve premessa (in puro stile TL;DR), sintetizzando un commento sul tema del topic, direi che l'origine del male è secondo me nel paradigma che lo definisce (meccanismo tautologico che ne rende irrilevante la definizione), il quale, inevitabilmente, è anche l'origine del bene, essendo bene/male una questione di categorizzazione (e di narrazione), non di ontologia (il significato non è il referente).

Paradigma dagli esiti assai concreti che si approssimano assai (referente) ad un particolare tipo ontologico: la vita umana
Rispetto per i piani e i mezzanini, ma pure per quello che succede dentro. Soprattutto a tutela di chi la cambiale in bianco la deve pagare in una banca esistente, per quanto virtuale essa sia.

CitazioneE tale paradigma dove ha origine? In un cervello con del potenziale individualmente strutturato che si modifica interagendo con l'ambiente, modificandolo a sua volta. Nel medioevo non potevano (e non "dovevano") nemmeno pensarlo; oggi, speculazione per speculazione, si può anche puntare su una tesi simile, in virtù della sua legittimità meta-etica (dall'ur-etica all'uber-etica?).

Oppure, in puro stile S: etica razionale.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: bobmax il 08 Settembre 2019, 16:51:14 PM
@Mariano

Concordo con te, la filosofia è necessariamente rivolta a chiunque, a prescindere dalla sua erudizione.
Può essere magari difficile comprendere un pensiero filosofico, ma sempre e solo a causa della sua semplicità, mai perché richiede di possedere una "cultura".

Riguardo al relativismo del bene e del male... occorre prestare attenzione.
Perché il relativismo è un punto di partenza, mai di arrivo.

Se trattato come "verità" questo relativismo è in realtà un nichilismo strisciante. Ancor più pernicioso in quanto inconsapevole.

Se viceversa ce lo carichiamo sulle spalle come "problema" esistenziale. Ossia come nostra, e solo nostra responsabilità. Allora il male, che c'è nel mondo, che è dentro di noi, il male che noi stessi siamo... può farci ritrovare all'inferno.

Ed è proprio lì dove ogni speranza è perduta, che il Bene assoluto finalmente può splendere senza più alcun dubbio!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 08 Settembre 2019, 16:54:44 PM
Citazione di: Mariano il 07 Settembre 2019, 23:11:35 PM
Ciao viator, nel tuo precedente intervento dici che le definizioni chiare seno le maggiori nemiche delle discussioni.
mi permetto di non essere d'accordo: mi sembra che tu identifichi come vere le definizioni chiare; a mio avviso non è così, è proprio dal confronto delle definizioni che ognuno da alle parole che nasce il dialogo, permettendo di avvicinarsi ad una verità irraggiungibile.
Tu inoltre ritieni che a livello relativo il bene è tutto ciò che favorisce la nostra esistenza.
la ritengo una definizione egoistica, non pensi che il bene di una persona possa essere il male di un'altra?
a mio avviso il bene è relativo alla circostanza ed alla morale di chi agisce
Salve Mariano. Il problema non è se le definizioni chiare siano vere o false, sensate od insensate. Se una definizione è CHIARA, significa che TUTTI saranno in grado di valutarla vera, falsa, sensata, insensata a seconda dei propri variegatissimi punti di vista.

Ora, se TUTTI la trovassero sensata e vera (caso del tutto utopico ma del quale la logica deve poter tenere conto), ogni discussione circa quella tal parola che abbiamo definito praticamente dovrebbe cessare perchè l'argomento risulterebbe risolto.
Se invece qualcuno o tutti la trovassero non sensata o non vera, con costoro la discussione dovrebbe egualmente cessare poichè saremmo di fronte all'evidenza per la quale chi ha dato la definizione intendeva parlare di qualcosa, mentre chi non la condivide evidentemente aveva in mente altro e diverso. Caso tipico, quello della definizione di Dio.

Vedi bene quindi che in entrambi i casi le definizioni sono le assassine della dialettica, no ?

Circa poi la definizione egoistica del bene, poichè esso è valore umano, individuale e relativo, ovvio che risulti appunto egoistica in senso strettamente filosofico, cioè non possa prescindere dagli effetti BENEFICI sperimentabili dal BENEFICIARIO del BENE stesso.
Il fatto è che tu hai una visione etica di un concetto che è squisitamente filosofico. Ma se dobbiamo parlare di filosofia, occorre una visione filosofica dei concetti etici. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Il rapporto tra descrizione e prescrizione è fallace solo se collegato da un non sequitur ideologico [...], ma il collegamento può essere anche non fallace: non ho le ali (descrizione) quindi non posso/devo volare (prescrizione).
La prescrizione di matrice fisica (o chimica, etc.) non conosce il non-dovere («non devo volare» è di fatto un non sequitur), ma solo il non-potere (tecnicamente modificabile): la forza di gravità mi tira giù, non posso volare (prescrizione "fisica"; poi la tecnica manipola la mia "gravitazione" e posso decollare con un dispositivo. Il dovere è "fuori tema", il volere è ciò che orienta la tecnica).
Per l'etica è l'esatto contrario: ho la mano, posso (e magari voglio) dare un pugno, ma (prescrizione etica) non devo farlo.
La razionalità dell'etica è la sua tautologia (di quale etica si parli è quasi irrilevante) con annessi circoli viziosi, premesse indimostrabili e aspirante universalismo (da cui la sottomissione altrui al proprio paradigma; v. sotto... e anche sopra).

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
L'etica è la presa d'atto delle prescrizioni poste da una determinata condizione etologica (naturale/ambientale) su cui si innesta un'etica razionale.
Proprio l'innesto è, a mio avviso, il passo falso: la condizione etologica non ha in sé nulla di bene/male (qui concordiamo, no?), per cui non può fungere da fondamento per il bene/male con cui, retroattivamente, vengono poi lette le stesse vicissitudini di tale condizione (qui il circolo è ben più che ermeneutico, direi quasi vizioso). Senza bene/male non c'è etica (almeno classicamente intesa), non c'è prescrizione, c'è però l'ethos che l'antropologo studia, ma da cui, non a caso, non ricava dettami morali, universali o personali, che siano filosoficamente estranei al suo stesso oggetto di studio.

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Rendiamone conto: donde sgorgano le leggi e le consuetudini ? Ethos-techne ha uno statuto tecnico fatto di cose concrete che prescindono dalla metafisica e che comunque la anticipano. Salvo poi ingarbugliarsi in circoli di retroazione. Però razionalmente dipanabili con un po' di buona volontà.
Concordo, e in ciò l'etica con i suoi concetti generalisti può restare in disparte, magari lasciando spazio a categorie più pragmatiche e schiette.

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
La tradizione si sussume e la semantica si adatta. Difficile trovare surrogati etici a bene e male.
Finché si sceglie di restare sul piano etico non vedo il motivo di farlo, sarebbe come restare sul piano religioso e cercare surrogati di «dio» e «anima»; un onesto cambio di categorie (e/o di paradigma) non prevede "surrogati". Accennavo all'Oriente perché (sempre se non ricordo male), non avendo una tradizione culturale in cui il Bene si è fatto carne o comunque si è rivelato dettando tavole e libri, la coppia bene/male non viene sopravvalutata egemonicamente come da noi in Occidente, pur non essendo quelle civiltà prive di etica (mutatis mutandis).

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
CitazioneChi invece sostiene che oggi l'etica sia proprio un "lavoro in corso", si ritrova poi (correggetemi pure se sbaglio) un po' in difficoltà a spiegare come tale etica possa avere l'ambizione di essere valida anche per il prossimo, dal momento che anche lui potrà proporre la sua "etica in corso d'opera", e allora quale criterio meta-etico sbroglierà il diverbio? Il calcolo(?) della "felicità" del maggior numero di persone al minor "prezzo" (Bentham)?

Anche i cavoli hanno bisogno di un terreno comune per germogliare. La storia umana, sarà pure del cavolo, ma funziona nello stesso modo...
La storia è infatti scandita dalle etiche dei feudatari che sovrastano le etiche dei servi della gleba; una volta presone atto, si tratta di contestualizzare tale gerarchia in tempi meno violenti, più democratici e informatizzati, per poter leggere le dinamiche etiche moderne. Fatto questo, per pensare al mondo come dovrebbe essere (e quindi sapere cosa fare per cambiarlo), basterà usare la propria etica; fermo restando il tirare l'ago della bilancia del Bene dalla propria parte (come dicevo sopra, parlando di qualità e quantità).

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
... quindi trovo superabile il concetto di "etica dominante" insieme con le condizioni materiali che producono una "classe dominante".
Certo, «superabile» di diritto; ma di fatto?
Il tuo(/nostro) ritenere superabile una certa egemonia è un significato, tuttavia il referente in questione è la cronaca (dal paesello al pianeta) dove, a conferma della non tangenza fra significato e referente, non scorgo traccia di tale superamento (al netto di dichiarazioni universali, slogan politicamente corretti e convegni vari).
Inoltre, per raccontarci come la società dovrebbe-essere/vorremmo-che-fosse dobbiamo ricorre ad una visione etica basata su... e il cerchio (il circolo ermeneutico) si chiude.
Chiaramente, non è necessaria una riflessione meta-linguistica per poter usare il linguaggio, così come non è necessaria una riflessione meta-etica per avere un'etica; la mia opinione spiccia è solo che, filosoficamente parlando, non guasterebbe.

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Anche "no man is an island" se la passa mica male. La scelta tra il motto latino e quello inglese ha un nome antiquato, ma di difficile sostituzione nel significato ancor più che nel significante.
Proprio poiché «no man is an island» (approfondire virerebbe verso l'off topic) ha senso il «mors tua, vita mea»: siamo sulla stessa terra e nasce dunque il problema di come dividercene le risorse, di come organizzare i ruoli e di chi sacrificare...

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Rispetto per i piani e i mezzanini, ma pure per quello che succede dentro. Soprattutto a tutela di chi la cambiale in bianco la deve pagare in una banca esistente, per quanto virtuale essa sia.
Questi sono i fatti (referente), è sull'interpretazione etica (significato) che il dibattito può prendere differenti strade; se invece ci chiediamo dove si (af)fondano i criteri con cui decidiamo quale percorso di senso intraprendere, siamo già nel meta-etico, ovvero in ciò che rende tale un'etica.

Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Oppure, in puro stile S: etica razionale.
Lo «stile S» mi richiama all'appello Spinoza, ma perché non gli Stoici?
Sull'«etica razionale» è bene ricordare che (soprattutto dopo Godel) è una classe di etiche (se ce ne fosse solo una razionalmente ammissibile, mi avresti riesumato in vano), quindi, sommessamente, dissimulatamente, si apre l'ostico scenario di una riflessione meta-etica su cosa rende preferibile (migliore? compatibile? saggia?) un'etica rispetto alle altre... per poi ritrovarsi dentro l'inevitabile, temporanea, accomodante tautologia che fa quadrare il cerchio (almeno per un po'... aporie permettendo).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Mariano il 09 Settembre 2019, 09:37:12 AM
Citazione di: bobmax il 08 Settembre 2019, 16:51:14 PMRiguardo al relativismo del bene e del male... occorre prestare attenzione.
Perché il relativismo è un punto di partenza, mai di arrivo.
E' vero, ma il punto di arrivo a mio avviso è irraggiungibile.
Il giudizio che noi possiamo dare è soltanto relativo alla nostra morale.
Se avessimo la presunzione di conoscere il Bene assoluto significherebbe riuscire a comprendere quanto le religioni chiamano Dio.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: bobmax il 09 Settembre 2019, 11:09:40 AM
Citazione di: Mariano il 09 Settembre 2019, 09:37:12 AM
Citazione di: bobmax il 08 Settembre 2019, 16:51:14 PMRiguardo al relativismo del bene e del male... occorre prestare attenzione.
Perché il relativismo è un punto di partenza, mai di arrivo.
E' vero, ma il punto di arrivo a mio avviso è irraggiungibile.
Il giudizio che noi possiamo dare è soltanto relativo alla nostra morale.
Se avessimo la presunzione di conoscere il Bene assoluto significherebbe riuscire a comprendere quanto le religioni chiamano Dio.

Certamente irraggiungibile.

In quanto Dio non c'è.
Infatti può esserci soltanto ciò che è qualcosa.
Mentre Dio, l'Essere, non può essere ridotto a qualcosa.

Noi possiamo com-prendere solo ciò che appare come qualcosa, e questo è l'esserci.

L'autentica bestemmia, non consiste in una imprecazione, ma nella pretesa di conoscere Dio!

Ma qui non è questione di "conoscere" bensì di "essere".

Questo è il motivo per cui occorre ritrovarci all'inferno. Che non è nell'aldilà, ma un luogo dell'anima.

Seppur paradossalmente, Dio non c'è proprio in quanto è, mentre noi ci siamo ma... non siamo.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Il rapporto tra descrizione e prescrizione è fallace solo se collegato da un non sequitur ideologico [...], ma il collegamento può essere anche non fallace: non ho le ali (descrizione) quindi non posso/devo volare (prescrizione).
La prescrizione di matrice fisica (o chimica, etc.) non conosce il non-dovere («non devo volare» è di fatto un non sequitur), ma solo il non-potere (tecnicamente modificabile): la forza di gravità mi tira giù, non posso volare (prescrizione "fisica"; poi la tecnica manipola la mia "gravitazione" e posso decollare con un dispositivo. Il dovere è "fuori tema", il volere è ciò che orienta la tecnica).
Per l'etica è l'esatto contrario: ho la mano, posso (e magari voglio) dare un pugno, ma (prescrizione etica) non devo farlo.
La razionalità dell'etica è la sua tautologia (di quale etica si parli è quasi irrilevante) con annessi circoli viziosi, premesse indimostrabili e aspirante universalismo (da cui la sottomissione altrui al proprio paradigma; v. sotto... e anche sopra).

Lo so che il punto critico del ragionamento è il "dovere". Ma ho preferito attendere la replica per meglio chiarire la mia prospettiva: la sbarra tra potere e dovere ha un sequitur nel territorio dell'ethos. Suddiviso, per chi ama la filosofia topografica, in due regioni separate da un solco profondo, unite solo da un ponte. E noto che i cuccioli amano fare cose pericolose e le possono fare ma la madre insegna loro che non le devono fare. Siamo sempre a livello ethos. Imparare ad attraversare il ponte tibetano che unisce potere/dovere non è un fatto banale perchè implica la preservazione di quello che ho definito "bene incontrovertibile assoluto del vivente (biav)", la sua vita individuale. Appunto quell'impervio ponte tibetano. Oltrepassato il quale si possono costruire sovrastrutture etiche a piani diversi ma sempre fondate su un ethos che ha recepito il corretto, non sovrastrutturale, rapporto tra potere e dovere.

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
L'etica è la presa d'atto delle prescrizioni poste da una determinata condizione etologica (naturale/ambientale) su cui si innesta un'etica razionale.
Proprio l'innesto è, a mio avviso, il passo falso: la condizione etologica non ha in sé nulla di bene/male (qui concordiamo, no?), per cui non può fungere da fondamento per il bene/male con cui, retroattivamente, vengono poi lette le stesse vicissitudini di tale condizione (qui il circolo è ben più che ermeneutico, direi quasi vizioso). Senza bene/male non c'è etica (almeno classicamente intesa), non c'è prescrizione, c'è però l'ethos che l'antropologo studia, ma da cui, non a caso, non ricava dettami morali, universali o personali, che siano filosoficamente estranei al suo stesso oggetto di studio.

L'innesto è obbligato per completare il circolo ermeneutico. Geneticamente, l'etica (bene/male) non può che innestarsi su un ethos che a sua volta è radicato in physis. Successivamente i tre piani possono sfasarsi e i circoli ermeneutici perdere la sincronia che legittima il normato. Quando ciò accade cambia il paradigma etico, ma il nuovo paradigma non può che tendere a risincronizzare i circoli etica-ethos-physis.

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Rendiamone conto: donde sgorgano le leggi e le consuetudini ? Ethos-techne ha uno statuto tecnico fatto di cose concrete che prescindono dalla metafisica e che comunque la anticipano. Salvo poi ingarbugliarsi in circoli di retroazione. Però razionalmente dipanabili con un po' di buona volontà.
Concordo, e in ciò l'etica con i suoi concetti generalisti può restare in disparte, magari lasciando spazio a categorie più pragmatiche e schiette.

Che poi finiscono sempre col cadere nel discorso etico: leggi, regolamenti, procedure, ciascuno dei quali necessita di una giustificazione di tipo etico.

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
La tradizione si sussume e la semantica si adatta. Difficile trovare surrogati etici a bene e male.
Finché si sceglie di restare sul piano etico non vedo il motivo di farlo, sarebbe come restare sul piano religioso e cercare surrogati di «dio» e «anima»; un onesto cambio di categorie (e/o di paradigma) non prevede "surrogati". Accennavo all'Oriente perché (sempre se non ricordo male), non avendo una tradizione culturale in cui il Bene si è fatto carne o comunque si è rivelato dettando tavole e libri, la coppia bene/male non viene sopravvalutata egemonicamente come da noi in Occidente, pur non essendo quelle civiltà prive di etica (mutatis mutandis).

Chiamare il bene, nirvana e il male, samsara non cambia di molto la sostanza della questione (etica). La spersonalizza, pandivinizza, ma non le toglie direzione e motivazione verso un qualche "bene" in fuga da un suo omologo "male".

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
La storia è infatti scandita dalle etiche dei feudatari che sovrastano le etiche dei servi della gleba; una volta presone atto, si tratta di contestualizzare tale gerarchia in tempi meno violenti, più democratici e informatizzati, per poter leggere le dinamiche etiche moderne. Fatto questo, per pensare al mondo come dovrebbe essere (e quindi sapere cosa fare per cambiarlo), basterà usare la propria etica; fermo restando il tirare l'ago della bilancia del Bene dalla propria parte (come dicevo sopra, parlando di qualità e quantità).
...
Il tuo(/nostro) ritenere superabile una certa egemonia è un significato, tuttavia il referente in questione è la cronaca (dal paesello al pianeta) dove, a conferma della non tangenza fra significato e referente, non scorgo traccia di tale superamento (al netto di dichiarazioni universali, slogan politicamente corretti e convegni vari).
Inoltre, per raccontarci come la società dovrebbe-essere/vorremmo-che-fosse dobbiamo ricorre ad una visione etica basata su... e il cerchio (il circolo ermeneutico) si chiude.
Chiaramente, non è necessaria una riflessione meta-linguistica per poter usare il linguaggio, così come non è necessaria una riflessione meta-etica per avere un'etica; la mia opinione spiccia è solo che, filosoficamente parlando, non guasterebbe.

Il problema si risolve ampliando l'orizzonte del circolo ermeneutico fino a comprendere tutto il sistema che si desidera regolamentare. Più il sistema è coerente più è facile tarare i parametri superando i conflitti. Ciò vale metodologicamente sia per piccoli sistemi (il condominio) che per grandi (il pianeta). Scienza e filosofia aiutano a trovare la sincronia. Ovviamente più cresce il sistema, più crescono le complicazioni e l'abilità richiesta agli amministratori. L'etica dovrebbe diventare quello per cui è nata: una tecnica sapiente del (con)vivere intorno a valori condivisi superando quelli divisivi che condivisibili non sono.

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
Citazione di: Ipazia il 08 Settembre 2019, 15:43:02 PM
Anche "no man is an island" se la passa mica male. La scelta tra il motto latino e quello inglese ha un nome antiquato, ma di difficile sostituzione nel significato ancor più che nel significante.
Proprio poiché «no man is an island» (approfondire virerebbe verso l'off topic) ha senso il «mors tua, vita mea»: siamo sulla stessa terra e nasce dunque il problema di come dividercene le risorse, di come organizzare i ruoli e di chi sacrificare...

Redimere la morte dal "male" è saggezza filosofica fin dai tempi di Epicuro. In una società di uguali "chi sacrificare" lo sa per primo chi (liberamente) si sacrifica. Come il vecchio indiano che sente giunta la sua ora. Come la madre, in ogni cultura che non ne abbia disumanizzato il ruolo e la natura. Esistono pure un'etica e una metafisica del sacrificio e della morte. Sanificate, una volta che si siano liberate dai fantasmi irrazionali.

Citazione di: Phil il 08 Settembre 2019, 22:18:46 PM
...se invece ci chiediamo dove si (af)fondano i criteri con cui decidiamo quale percorso di senso intraprendere, siamo già nel meta-etico, ovvero in ciò che rende tale un'etica... Sull'«etica razionale» è bene ricordare che (soprattutto dopo Godel) è una classe di etiche (se ce ne fosse solo una razionalmente ammissibile, mi avresti riesumato in vano), quindi, sommessamente, dissimulatamente, si apre l'ostico scenario di una riflessione meta-etica su cosa rende preferibile (migliore? compatibile? saggia?) un'etica rispetto alle altre... per poi ritrovarsi dentro l'inevitabile, temporanea, accomodante tautologia che fa quadrare il cerchio (almeno per un po'... aporie permettendo).

Etica o meta-etica, il fondamento, a partire dal quale formare un'etica razionale, l'ho dichiarato. Tautologico quanto lo è la vita umana.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
noto che i cuccioli amano fare cose pericolose e le possono fare ma la madre insegna loro che non le devono fare. Siamo sempre a livello ethos. Imparare ad attraversare il ponte tibetano che unisce potere/dovere non è un fatto banale perchè implica la preservazione di quello che ho definito "bene incontrovertibile assoluto del vivente (biav)", la sua vita individuale. Appunto quell'impervio ponte tibetano. Oltrepassato il quale si possono costruire sovrastrutture etiche a piani diversi ma sempre fondate su un ethos che ha recepito il corretto, non sovrastrutturale, rapporto tra potere e dovere.
Non tutte le prescrizioni e i divieti sono etici, e distinguerli da quelli etologici è fondamentale per rispettare la distinzione fra vita animale e vita "civile" (di una civitas). Rintocca puntuale la domanda sul fondamento: ciò che spinge la mamma a insegnare ai suoi cuccioli a non fare azioni pericolose è (ad occhio) la tutela materna e istintiva della vita; ciò che spinge un umano a barcamenarsi nelle questioni etiche non può permettersi di essere semplicemente istintivo, "dovendo" l'uomo fare i conti con la razionalità, che problematizza perfino lo stesso istinto, e soprattutto il concetto stesso di «vita». 
Le possibilità dell'uomo (il suo "potere", in tutti i sensi) sono così complesse, vaste e (a differenza degli animali) tecniche, che non possono essere sbrigativamente recintate dall'istinto di conservazione: parlando di politica, bioetica, eutanasia, gender, globalizzazione, etc. non ci si può ispirare alla mera preservazione della "vita", poiché tale concetto fa esso stesso parte del rebus, non può essere criterio risolutivo, essendo la sua coniugazione il cuore stesso del problema. Per avere spunti edificanti per l'etica umana, la mamma e il cucciolo non ci possono fare da maestri, perché in natura non c'è nulla di simile alle tematiche accennate sopra; proprio come, si diceva, non ci sono né il giusto né lo sbagliato, che tali tematiche presuppongono, ma solo istintivo/non istintivo, etc.
Quindi concordiamo pure che sia etologico (e metaforicamente "etico") che una mamma, umana o di altra specie, istruisca i propri cuccioli a non attraversare la strada senza guardare, ma usarlo come fondamento teoretico per tutte le altre questioni di «etica razionale»(cit.), quindi non meramente istintiva, mi pare una proiezione fallace (il famigerato non sequitur a cui accennavi).

Il «biav»(cit.) è assioma (se si, scelto come?) o risultato di un'analisi (se si, basata su quale paradigma?)? 
Inteso individualmente è il significato del referente «istinto di sopravvivenza»; inteso socialmente è invece piuttosto amleticamente (s)fondato: nell'ethos umano imperversano (geneticamente, v. istinto) Polemos e il già citato Ares, quindi se il "biav" si spaccia per figlio redentore ed "induttivo" dell'ethos naturale, probabilmente è stato in realtà "adottato", perché l'analisi del suo "dna" non rimanda tanto alla natura, quanto piuttosto alla nostra cultura (razionale, umanistica, antropocentrica, etc.).
Riconosco che il "biav" è un assioma problematico se coniugato nella nostra società, ogni sua parola meriterebbe un trattato (proprio a partire dalla «b» di «bene»), tuttavia ammetto che come criterio è ben più filosofico (ricambio la tua trasparenza, esplicitandomi) della "mia" formula E = MC2 , ovvero Etica = Meditazione x Cultura al quadrato, dove l'imprinting della cultura d'appartenenza tende di default a pesare di più della meditazione personale; per quanto sia poi possibile, con un po' d'impegno, rendere M più influente di C.
[Da non confondere con l'altro E = MC2, quello ontologico, ovvero: Esistenza = Materia x Causalità al quadrato... e per oggi ho profanato Einstein a sufficienza]

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
L'innesto è obbligato per completare il circolo ermeneutico. Geneticamente, l'etica (bene/male) non può che innestarsi su un ethos che a sua volta è radicato in physis. 
La proprietà transitiva non funziona sempre: il circolo ermeneutico prescinde dalla physis, la sua chiusura è tutta nel significato; infatti di circoli (e di etiche) ce ne sono in gran quantità (è una constatazione, direi) ed interpretano in maniera differente la medesima physis
Il legame ethos/physis è naturale (istintivo, genetico, etc.), quello etica/ethos è culturale (e infatti leone/gazzella non lo condividono, almeno apparentemente). La peculiarità dell'uomo rispetto agli altri animali è proprio il livello del significato (di cui l'etica è un'applicazione) delineato asintoticamente sulle coordinate del referente fisico. Quando tale significato assume la forma del "dovere", in cui la legge umana prova a scimmiottare la legge di natura, emerge tutta l'arbitrarietà e la convenzionalità delle (sovra)strutture semantiche (dal linguaggio all'etica, all'arte, etc.). 
Banalizzando: che un corpo debba cadere verso il centro della terra e che i migranti debbano essere identificati, spiega bene (perdona l'ovvietà) la differenza fra il "dovere del referente" e il "dovere del significato", fra il dover essere della natura e il poter essere dell'uomo (per quanto inteso da egli stesso come "dovere"), fra sequitur e non sequitur.


Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Che poi finiscono sempre col cadere nel discorso etico: leggi, regolamenti, procedure, ciascuno dei quali necessita di una giustificazione di tipo etico.
[...]
Chiamare il bene, nirvana e il male, samsara non cambia di molto la sostanza della questione (etica). La spersonalizza, pandivinizza, ma non le toglie direzione e motivazione verso un qualche "bene" in fuga da un suo omologo "male".
Pensavo più a Confucio e al Taoismo piuttosto che al Buddismo (e quella distinzione Samsara/Nirvana non è affatto come sembra, ma è off topic), comunque ciò che cambia è lo slittamento che subirebbe lo statuto del «bene», soprattutto in ottica laica: non propongo certo di tornare indietro di 2500 anni (per questo ho giocato la carta del «mutatis mutandis»), ma scindere tale concetto dal suo statuto metafisico (il buddismo è molto più meccanicista di quanto lo siano le nostre religioni, il taoismo è naturalista e il confucianesimo è spiccatamente laico, metafore a parte), consentendo di ragionare più facilmente in chiave pragmatica, piuttosto che in chiave assolutistica, metafisica, etc. Mi sembrano approcci più attualizzabili di quello tipicamente nostrano, ormai in panne fra nichilismo e deismo.
Inoltre, si aprirebbe meglio, chiarendosi, anche l'orizzonte del relativismo pluralismo ermeneutico che struttura l'interazione fra culture (ormai tocca farci i conti), ma ammetto che qui tendo a tirare l'acqua al mio mulino...

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Il problema si risolve ampliando l'orizzonte del circolo ermeneutico fino a comprendere tutto il sistema che si desidera regolamentare. Più il sistema è coerente più è facile tarare i parametri superando i conflitti. Ciò vale metodologicamente sia per piccoli sistemi (il condominio) che per grandi (il pianeta). Scienza e filosofia aiutano a trovare la sincronia. Ovviamente più cresce il sistema, più crescono le complicazioni e l'abilità richiesta agli amministratori. L'etica dovrebbe diventare quello per cui è nata: una tecnica sapiente del (con)vivere intorno a valori condivisi superando quelli divisivi che condivisibili non sono.
Se quel «dovrebbe» è il bene per l'etica (deciso basandosi a sua volta su una visione etica basata su... etc.), ciò può andar bene come discorso programmatico per una conferenza dell'Onu; "dobbiamo" poi consentire che tale circolo ermeneutico unico, globalizzante (oggi la realtà è questa) faccia le sue vittime (ovvero tutti gli altri circoli più piccoli) e i suoi sacrifici (umani, inutile essere ingenui: "superare i valori «divisivi» in virtù di un'unità più giusta, in nome del bene" è movente ben noto, che va dal ratto delle Sabine fino ai kamikaze, passando per l'inquisizione, etc. è spesso l'applicazione di quel «superare» a non essere "etico"... e se siamo in fiduciosa attesa del "parlamento internazionale illuminato", versione globalista del "re filosofo", temo l'attesa possa durare molto). Secondo me, sperare di costruire tale circolo planetario unico (monismo caro alla cultura occidentale, da Carlo Magno agli imperialismi) solo con girotondi diplomatici e uso di ragione non-violenta (so che non è esattamente quello che proponi), significherebbe non aver imparato la lezione storica che va dall'impero romano (il cui circolo era piuttosto esteso per l'epoca) all'attuale ruolo globale degli Stati Uniti. Si ritorna sempre (e qui dalla natura non si esce) alle mille declinazioni culturali, democratiche e tecnologiche del "mors tua, vita mea", seppur in versione "2.0" e antropocentrica. Che poi il «mors tua, vita mea» venga giudicato umanamente come "male", storpiato in apologia dell'anarchia o in utopico rimpianto dell'età della pietra, è sempre questione di prospettiva (teor)etica.

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Redimere la morte dal "male" è saggezza filosofica fin dai tempi di Epicuro. In una società di uguali "chi sacrificare" lo sa per primo chi (liberamente) si sacrifica. Come il vecchio indiano che sente giunta la sua ora. Come la madre, in ogni cultura che non ne abbia disumanizzato il ruolo e la natura. Esistono pure un'etica e una metafisica del sacrificio e della morte. Sanificate, una volta che si siano liberate dai fantasmi irrazionali.
Forse il problema etico nasce quando il sacrificato non è consenziente (Sparta docet), perché della «società di uguali» non vedo traccia (e forse sarebbe troppo poco umana); tuttavia, di fronte alle tue belle parole non voglio fare troppo il disincantato pragmatico e sintetizzo tutto in un: «chissà...».

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Etica o meta-etica, il fondamento, a partire dal quale formare un'etica razionale, l'ho dichiarato. Tautologico quanto lo è la vita umana.
Consentimi di precisare che non è tautologico il referente («la vita umana»), ma il suo significato umano: la tautologia è che il fondamento etico (e non solo) è un significato che decide degli altri significati derivati ma anche di lui stesso; la vita, dal canto suo, non mi pare (una) pratica di tautologie.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
Non tutte le prescrizioni e i divieti sono etici, e distinguerli da quelli etologici è fondamentale per rispettare la distinzione fra vita animale e vita "civile" (di una civitas). Rintocca puntuale la domanda sul fondamento: ciò che spinge la mamma a insegnare ai suoi cuccioli a non fare azioni pericolose è (ad occhio) la tutela materna e istintiva della vita; ciò che spinge un umano a barcamenarsi nelle questioni etiche non può permettersi di essere semplicemente istintivo, "dovendo" l'uomo fare i conti con la razionalità, che problematizza perfino lo stesso istinto, e soprattutto il concetto stesso di «vita».

I Sollen, must, doveri, etologici hanno un diritto di primogenitura su quelli formalizzati in precetti etici. Fossi in te non sottovaluterei le cure parentali e l'imprinting nell'età evolutiva neppure in una specie complessa e razionalizzante come quella umana. L'istinto viene problematizzato quando confligge col valore "vita", intesa in senso ontologico, quantitativo e qualitativo. Sempre lì andiamo a parare... e il sequitur funziona come ratio di ultima istanza. Fammi qualunque esempio e te lo dimostro. per cui ...

CitazioneIl «biav»(cit.) è assioma (se si, scelto come?) o risultato di un'analisi (se si, basata su quale paradigma?)? ...

... il biav e innanzitutto assiomatico con quarti di nobiltà metafisica: essere o non essere ? Ma è anche frutto di un'analisi sulle tavole della legge, da Mosè alla DUDU. Talmente assiomatico che spetta a chi lo nega scegliere assiomi diversi, generalmente più deboli e abborracciati dell'assioma "vita umana".

Polemos e Ares sono fenomenologici. Eros è sostanziale: no life, no party.

Le tue formule sono molto eleganti e cariche di suggestioni metafisiche, ma io mi attengo, come da topic, alle origini, ai piani bassi.

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
L'innesto è obbligato per completare il circolo ermeneutico. Geneticamente, l'etica (bene/male) non può che innestarsi su un ethos che a sua volta è radicato in physis.

La proprietà transitiva non funziona sempre: il circolo ermeneutico prescinde dalla physis, la sua chiusura è tutta nel significato; infatti di circoli (e di etiche) ce ne sono in gran quantità (è una constatazione, direi) ed interpretano in maniera differente la medesima physis.
Il legame ethos/physis è naturale (istintivo, genetico, etc.), quello etica/ethos è culturale (e infatti leone/gazzella non lo condividono, almeno apparentemente). La peculiarità dell'uomo rispetto agli altri animali è proprio il livello del significato (di cui l'etica è un'applicazione) delineato asintoticamente sulle coordinate del referente fisico. Quando tale significato assume la forma del "dovere", in cui la legge umana prova a scimmiottare la legge di natura, emerge tutta l'arbitrarietà e la convenzionalità delle (sovra)strutture semantiche (dal linguaggio all'etica, all'arte, etc.).
Banalizzando: che un corpo debba cadere verso il centro della terra e che i migranti debbano essere identificati, spiega bene (perdona l'ovvietà) la differenza fra il "dovere del referente" e il "dovere del significato", fra il dover essere della natura e il poter essere dell'uomo (per quanto inteso da egli stesso come "dovere"), fra sequitur e non sequitur.

La differenza tra un'etica faidatè e un'etica razionale è che quest'ultima deve comprendere anche physis per chiudere il suo cerchio semantico in sequitur all'ermeneutico. Unificando in un unico sapere interallacciato etologia ed ecologia. Detto in soldoni: oggi un'etica che prescinda dalle leggi naturali e dalle evidenze scientifiche è destinata alla discarica. Può sopravvivere ideologicamente, ma deve rinunciare ai suoi principi ogni volta che si trova ad affrontare un ostacolo reale.

Sulla modellistica etica orientale non ho alcuna preclusione. L'ermenauta ama mischiare i suoi cerchi con gli altrui. Ce l'ho pure nell'avatar. Mi pare che anche Gadamer abbia fatto l'elogio delle condivisioni perchè dilatano l'orizzonte. In ogni caso è velleitarismo illuministico pretendere, per schivare la tautologia, di saper/poter dire solo ponendosi fuori dal cerchio. Il dire è sempre al suo interno e il massimo che possiamo fare è ampliarlo. E la condivisione aiuta.

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
L'etica dovrebbe diventare quello per cui è nata: una tecnica sapiente del (con)vivere intorno a valori condivisi superando quelli divisivi che condivisibili non sono.
Se quel «dovrebbe» è il bene per l'etica (deciso basandosi a sua volta su una visione etica basata su... etc.), ciò può andar bene come discorso programmatico per una conferenza dell'Onu; "dobbiamo" poi consentire che tale circolo ermeneutico unico, globalizzante (oggi la realtà è questa) faccia le sue vittime (ovvero tutti gli altri circoli più piccoli) e i suoi sacrifici (umani, inutile essere ingenui: "superare i valori «divisivi» in virtù di un'unità più giusta, in nome del bene" è movente ben noto, che va dal ratto delle Sabine fino ai kamikaze, passando per l'inquisizione, etc. è spesso l'applicazione di quel «superare» a non essere "etico"... e se siamo in fiduciosa attesa del "parlamento internazionale illuminato", versione globalista del "re filosofo", temo l'attesa possa durare molto). Secondo me, sperare di costruire tale circolo planetario unico (monismo caro alla cultura occidentale, da Carlo Magno agli imperialismi) solo con girotondi diplomatici e uso di ragione non-violenta (so che non è esattamente quello che proponi), significherebbe non aver imparato la lezione storica che va dall'impero romano (il cui circolo era piuttosto esteso per l'epoca) all'attuale ruolo globale degli Stati Uniti. Si ritorna sempre (e qui dalla natura non si esce) alle mille declinazioni culturali, democratiche e tecnologiche del "mors tua, vita mea", seppur in versione "2.0" e antropocentrica. Che poi il «mors tua, vita mea» venga giudicato umanamente come "male", storpiato in apologia dell'anarchia o in utopico rimpianto dell'età della pietra, è sempre questione di prospettiva (teor)etica.

Ma non tutte le prospettive si equivalgono e sono equipotenti. Allargamenti d'orizzonte, anche con tutte le distorsioni del globalismo capitalistico, è un dato di fatto storico. La filosofia non può surrogare la politica, ma può cercare buone risposte etiche che riducano i conflitti o li superino in sintesi meno cavernicole del mors tua vita mea eletto ad assioma comportamentale e quindi etico (passando per l'etologia per rendere la tautologia meno trasparente e più physica)

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 01:39:14 AM
Etica o meta-etica, il fondamento, a partire dal quale formare un'etica razionale, l'ho dichiarato. Tautologico quanto lo è la vita umana.
Consentimi di precisare che non è tautologico il referente («la vita umana»), ma il suo significato umano: la tautologia è che il fondamento etico (e non solo) è un significato che decide degli altri significati derivati ma anche di lui stesso; la vita, dal canto suo, non mi pare (una) pratica di tautologie.

A me pare di sì. La prima cosa che sa/può/deve fare è riprodurre se stessa. Sovranista al cubo, lo fa dall'interno di se stessa, proprio come il filosofo che filosofeggia di un'etica che sempre lo contiene. Anche la scienza si è dovuta arrendere a fare il suo lavoro dall'interno, interferendo con esso. Lo può ben fare anche il filosofo. La lezione ermeneutica ha spiegato anche questa ineliminabile, chiamiamola aporia , dell'interpretazione. Ma ha anche dato qualche trucco per non prendere troppi fischi per fiaschi. Scoprendo la circolarità relativistica dei suoi percorsi. Talvolta sentieri contorti e fortunati. Holzweg.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
I Sollen, must, doveri, etologici hanno un diritto di primogenitura su quelli formalizzati in precetti etici.
Proprio la formalizzazione è il passaggio dello slittamento verso l'arbitrarietà del senso, l'innesco del pluralismo esegetico. L'ethos e la physis sono molto meno deformabili e interpretabili dell'etica, nondimeno, con l'ingegneria genetica diventa ancor più lampante quanto l'etica non dipenda dalla physis e di come il potere/volere umano, per vie tecniche, possa talvolta manipolare persino i "doveri" innati della natura.

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
L'istinto viene problematizzato quando confligge col valore "vita", intesa in senso ontologico, quantitativo e qualitativo. Sempre lì andiamo a parare... e il sequitur funziona come ratio di ultima istanza. Fammi qualunque esempio e te lo dimostro.
Ad esempio, mi chiedevo come sia possibile ispirarsi al "valore della vita"
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
parlando di politica, bioetica, eutanasia, gender, globalizzazione, etc. non ci si può ispirare alla mera preservazione della "vita", poiché tale concetto fa esso stesso parte del rebus, non può essere criterio risolutivo, essendo la sua coniugazione il cuore stesso del problema.
Sono tutte questioni che riguardano come intendere ed interpretare la vita e le sue categorie, ma per passare alla dicotomia etica "questo è giusto"/"questo è sbagliato", discrimine utile ad esempio per eventuali referendum in merito, non capisco come l'ethos o la physis possano suggerire una risposta «incontrovertibile»; infatti i dibattiti su quei temi strumentalizzano entrambe le dimensioni a proprio piacimento, ciascuno interpretandole dalla sua parte (sempre la faziosa bilancia fra quantità e qualità).

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
... il biav e innanzitutto assiomatico con quarti di nobiltà metafisica: essere o non essere ? Ma è anche frutto di un'analisi sulle tavole della legge, da Mosè alla DUDU. Talmente assiomatico che spetta a chi lo nega scegliere assiomi diversi, generalmente più deboli e abborracciati dell'assioma "vita umana".
Direi che la vita umana non è assioma, è condizione di possibilità dell'etica: ovviamente solo fra vivi ci si può porre il problema dell'etica, e ridurlo al restare vivi il più (e in più) possibile, mi sembra poco consono alla complessità della società attuale (nel senso che lascia molti angoli bui). Di certo è una via legittima di interpretare il mondo e va bene il «non uccidere», con tutte le postille legali e costituzionali del caso, ma i dilemmi etici dell'uomo comune (e del votante, vedi sopra), che tende a non uccidere (si spera), hanno comunque le loro esigenze a cui il motto "la vita prima di tutto" non è sufficiente.

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Detto in soldoni: oggi un'etica che prescinda dalle leggi naturali e dalle evidenze scientifiche è destinata alla discarica. Può sopravvivere ideologicamente, ma deve rinunciare ai suoi principi ogni volta che si trova ad affrontare un ostacolo reale.
Non saprei: leggi naturali ed evidenze scientifiche che ne sanno di etica? Il referente che ne sa del significato che gli si può (non "deve") attribuire. Di fronte ad un «ostacolo reale», tornando ai temi citati all'inizio: natura e scienza mi spiegheranno i dettagli "tecnici" del dilemma del referendum, ma come mi aiuteranno a fare la mia scelta etica? Mi daranno gli elementi da considerare per decidere, ma non il paradigma valoriale per farlo (occupandosi di altro settore). Se trovassimo un'etica basata su leggi naturali ed evidenze scientifiche, dovremmo iniziare a parlare di "etiche vere" ed "etiche false" potendo dimostrare oggettivamente la falsità di queste ultime; l'etica smetterebbe di essere trattata nella sezione «filosofia» per passare in «scienza». Magari ci arriveremo, chissà...

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
In ogni caso è velleitarismo illuministico pretendere, per schivare la tautologia, di saper/poter dire solo ponendosi fuori dal cerchio.
Per me il dire filosofico è di default tautologico, nessun fuori-cerchio, poiché fuori dall'orbita ermeneutica c'è (almeno) un altro piano, ma qui è off topic: l'estetico (ci tornerò alla fine, ovviamente non da solo). Da precisare che la chiusura tautologica non significa stasi cognitiva o interpretativa, né impossibilità di modifica dall'interno: ogni discorso può modificarsi per l'irruzione del Differente (tanto per parlare "metafisichese") o per autoanalisi cogitabonda (la M di meditazione nella parodia einsteniana).

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Ma non tutte le prospettive si equivalgono e sono equipotenti. Allargamenti d'orizzonte, anche con tutte le distorsioni del globalismo capitalistico, è un dato di fatto storico.
Anche qui: per giudicarle non equivalenti, larghe o strette, a cosa ricorriamo? La storia ci dice che ce ne sono molte, il meglio/peggio è questione di successo storico (guidato da un'ordalia o darwinismo storicistico) oppure di chiave di lettura paradigmatica, quindi assiomatica, quindi tautologica?

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
La filosofia non può surrogare la politica, ma può cercare buone risposte etiche che riducano i conflitti o li superino in sintesi meno cavernicole del mors tua vita mea eletto ad assioma comportamentale e quindi etico (passando per l'etologia per rendere la tautologia meno trasparente e più physica)
Forse scrivendo si sono rovesciati i piani: il «mors tua, vita mea» è della/nella physis (istinto di sopravvivenza) e dell'/nell'ethos (pratica della autoconservazione), non dell'/nell'etica. Non può essere «assioma comportamentale» perché è già nel nostro dna senza bisogno di ermenetiche o assiomi culturali. Certo, la sua forma, come dicevo, cambia fino ad "alienarsi" nei piani della macroeconomia e nelle dinamiche del consumismo, ma la radice resta quella (e non può fondare etiche razionali, essendo istinto, pulsione al possesso, privo di normatività biologica su giusto/sbagliato etc.).

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Citazione
Consentimi di precisare che non è tautologico il referente («la vita umana»), ma il suo significato umano: la tautologia è che il fondamento etico (e non solo) è un significato che decide degli altri significati derivati ma anche di lui stesso; la vita, dal canto suo, non mi pare (una) pratica di tautologie.
A me pare di sì. La prima cosa che sa/può/deve fare è riprodurre se stessa. Sovranista al cubo, lo fa dall'interno di se stessa, proprio come il filosofo che filosofeggia di un'etica che sempre lo contiene. Anche la scienza si è dovuta arrendere a fare il suo lavoro dall'interno, interferendo con esso.
La vita è metaforicamente tautologica (concessione), la filosofia lo è fuor di metafora; v. differenza significato/referente.

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
La lezione ermeneutica ha spiegato anche questa ineliminabile, chiamiamola aporia , dell'interpretazione. Ma ha anche dato qualche trucco per non prendere troppi fischi per fiaschi. Scoprendo la circolarità relativistica dei suoi percorsi. Talvolta sentieri contorti e fortunati. Holzweg.
Gli Holzwege hanno portato Heidegger verso il pensiero poetante, un'uscita della circolarità ermeneutica può essere infatti la deviazione estetica; la conseguenza da accettare è il sacrificio della razionalità logica che, in ambito etico, può non essere accettabile da tutti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 10 Settembre 2019, 23:48:59 PM
x Ipazia prima e Phil dopo


"Detto in soldoni: oggi un'etica che prescinda dalle leggi naturali e dalle evidenze scientifiche è destinata alla discarica." cit Ipazia

Direi che è piuttosto il contrario, oggi tutte le etiche ecologiste incarnando non tanto una presunta etologia, ma quanto l'ideologia alle sue ultime gocce di sangue spendibile, ossia disumanizzando il pensiero e rendendolo appunto animale, sono destinate ad una sonora sconfitta, che già vediamo davanti agli occhi ogni giorno nei giornali e telegiornali.
L'ideologia non ha nulla dell'animale, se non appunto come simbolo totemico, ma vedo che ancora non hai capito cara Ipazia.
Non che abbia capito molto anche Phil, con cui invero condivido la critica serrata alla tua impalcatura moraleggiante da vecchio padre della chiesa-
Vedi, caro Phil siamo d'accordo che l'ethos è una tautologia imposta per replicare la gerarchia, ma non è certo usando le categorie logiche che riusciremo mai a capire l'ideologia della gerarchia, non la gerarchia stessa, errore tipico di coloro che non riescono a capire che l'inferenza non può andare sotto il secondo grado. L'inferenza della inferenza è sicuramente una tautologia.
Ce lo spiega anche Lacan, il nome del nome NON esiste.
Interpretare logicamente la gerarchia, significa di fatto cavalcarla (cioè in realtà essenre succubi).
Direi proprio di no, ripeto primo passetto per raggiungere il livello superiore: mollare la nave etica, chiaramente ideologica, e lasciarla sprofondare nel suo autoreferenzialismo, capire chi ha costruito questa idea, tornare cioè alla teologia politica. Se non affrontate la teologia politica, non riuscite poi a entrare nella problematica del prossimo secolo, dico il 2100, perchè su questo direi che ormai non possiamo più contare. Ossia il tema comunitario.

Troppi aristotelian studies americani si frappongono per ora.
Etica, etica, etica....come se Aristotele avesse risolto qualcosa.
Ha dato degli spunti, questo sì, ma la vera ricerca è di là dall'esserci.

Se poi volete sapere dove sono arrivato, io ho optato per un ritorno a Hobbes che a seconda di uno studioso che si occupa del tema della paura, ossia il tema che io ho risolto dopo la teologia politica, sembra sia l'unico ad averlo affrontato.
Tutti gli altri credono veramente che l'uomo è amico dell'uomo. Ah Ah Ah.
Ovviamente a livello accademico questo dovrà essere camuffato molto bene!
E chi glielo spiega alla gente, che non è come dice il cristianesimo!
Ecco se veramente vogliamo dire qualcoso di etico-etologico, allora diciamola alla Hobbes, homo hominis lupus.

Ma appunto perchè? per via delle paure! Ecco che rientra la psicanalisi, qualche filosofo l'ha capito, molti altri no. Sic et sempliciter.

E ci conto dalle persone intelligenti come voi due!!!  ;)

Da soli si va al rilento, o almeno io da solo vado lentissimo.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 11 Settembre 2019, 09:55:20 AM
L'intervento di green è un po' spiazzante. Ci devo riflettere col corpo in movimento, come raccomanda il Maestro. Solo una chiosa: i padri della chiesa che non avevano in mente solo il seggio e il cappone, ma anche l'anima mundi, si resero conto della criticità del Diverso copernicano che irrompeva per voce di un maestro neoplatonico come Galileo. Delle disjecta membra dell'anima mundi che quei padri intravedevano stiamo parlando (anche l'ultimo Nietzsche sbriciolato pure lui) ...

Anche l'estetica rientra nell'anima mundi antropologica (il sentiero che si perde nel bosco ma alla fine ti ritrova). Propendendo per la sintesi, piuttosto che per l'analisi..

A più tardi.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 11 Settembre 2019, 18:02:25 PM
@green
"Tutti gli altri credono veramente che l'uomo è amico dell'uomo. Ah Ah Ah."

No dai, è un po' diverso come concetto, per esempio Aristotele quando tratteggia l'uomo zoon politikon afferma un carattere dell'animale umano tale per cui, senza di esso si sarebbe già estinto. L'individuo solo è estinto da sempre, a meno di essere un animale o un dio. Nietzsche lo corresse "o un filosofo" ( giusto per rimarcare prima la polis dell'individuo?), ma, a parte questo, ritengo che si indichi inequivocabilmente la necessità della socialità, e, forse, non è che Hobbes non ha realizzato che tra lupi una protoforma di socialità esiste?
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 12 Settembre 2019, 04:21:30 AM
Citazione di: Lou il 11 Settembre 2019, 18:02:25 PM
@green
"Tutti gli altri credono veramente che l'uomo è amico dell'uomo. Ah Ah Ah."

No dai, è un po' diverso come concetto, per esempio Aristotele quando tratteggia l'uomo zoon politikon afferma un carattere dell'animale umano tale per cui, senza di esso si sarebbe già estinto. L'individuo solo è estinto da sempre, a meno di essere un animale o un dio. Nietzsche lo corresse "o un filosofo" ( giusto per rimarcare prima la polis dell'individuo?), ma, a parte questo, ritengo che si indichi inequivocabilmente la necessità della socialità, e, forse, non è che Hobbes non ha realizzato che tra lupi una protoforma di socialità esiste?

Ma l'etica di Aristotle infatti ha in mente il filosofo come guida.
Il che è risibile comunque.

Naturalmente lo zoon politikon è importantissimo a livello di discussione sul comunitario, dico solo che prima bisogna fare un ragionamento purificatore sulle ideologie, oggi arrivate al capolinea (ideologia progressiste, non reazionarie ovvio).

Quel bagno purificatore lo possiamo fare con Kant, con Hobbes con Hegel con Marx, e certo anche con Nietzche.
Ma non dimenticherei anche gli altri grandi del pensiero liberale e democratico. Che purtroppo non riescono a emergere in questo forum. (in questo momento manco me li ricordo fate voi! per dire che ho alcuni filosofi in mente, ma volendo ce ne sono anche altri di pari statura intendo).


Certamente Hobbes realizza la socialità a partire dai lupi, e scrivendo il leviatano immagina la società futura.

Una società teocratica dominata dal Moloch della guerra.

Il leviatano è colui che emerge dalla conquista non solo della terra e dell'acqua (schmit), ma persino dell'aria.

La politica di Hobbes che alcuni filosofi stanno riprendendo, sfiora temi addirittura premonitori, oggi vediamo la lotta per la conquista delle rotte artiche, per esempio, e a maggior ragione sulle questioni territoriali o meno del diritto internazionale sulle acque, e prevede anche quello delle rotte aeree, o almeno credo, non so come possa aver intuito cose del genere, ma stiamo parlando ovviamente di un gigante della filosofia.

Io magari caricaturo un pò. Perchè mi manca la lettura ragionata di tutto il suo Opus.
Ma ovviamente è molto più complesso di così.

Comunque uno che capisce la teologia politica ante-litteram è veramente un genio.
Va letto! povero me!  ;)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
I Sollen, must, doveri, etologici hanno un diritto di primogenitura su quelli formalizzati in precetti etici.
Proprio la formalizzazione è il passaggio dello slittamento verso l'arbitrarietà del senso, l'innesco del pluralismo esegetico. L'ethos e la physis sono molto meno deformabili e interpretabili dell'etica, nondimeno, con l'ingegneria genetica diventa ancor più lampante quanto l'etica non dipenda dalla physis e di come il potere/volere umano, per vie tecniche, possa talvolta manipolare persino i "doveri" innati della natura.

Tutto il dibattito etico sulla manipolazione genetica e le biotecnologie rimane ancorato al cui prodest. Se è utile ad un potenziamento della vita umana e non confligge con la natura (è chiaro che tra uomo e natura vi è circolarità) viene promosso. Nel dubbio si discute e si testa. E alla fine si decide. Quella che green chiama teologia politica (trattino "economica" aggiungiamo io e Marx) influisce pesantemente, ma la discussione etica nei suoi fondamenti non può che risalire al bios e alle sue ragioni. Lasciando pure spazio alla "libertà", laddove la partita doppia etica dia risultato zero. O, meglio ancora, neutro: gusto personale non perturbante l'armonia della polis. E' chiaro che non stiamo misurando la forza di gravità e la capacità predittiva dell'etica razionale non è quella della fisica. Ma ci si prova ugualmente.

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
L'istinto viene problematizzato quando confligge col valore "vita", intesa in senso ontologico, quantitativo e qualitativo. Sempre lì andiamo a parare... e il sequitur funziona come ratio di ultima istanza. Fammi qualunque esempio e te lo dimostro.
Ad esempio, mi chiedevo come sia possibile ispirarsi al "valore della vita"
Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 15:46:47 PM
parlando di politica, bioetica, eutanasia, gender, globalizzazione, etc. non ci si può ispirare alla mera preservazione della "vita", poiché tale concetto fa esso stesso parte del rebus, non può essere criterio risolutivo, essendo la sua coniugazione il cuore stesso del problema.
Sono tutte questioni che riguardano come intendere ed interpretare la vita e le sue categorie, ma per passare alla dicotomia etica "questo è giusto"/"questo è sbagliato", discrimine utile ad esempio per eventuali referendum in merito, non capisco come l'ethos o la physis possano suggerire una risposta «incontrovertibile»; infatti i dibattiti su quei temi strumentalizzano entrambe le dimensioni a proprio piacimento, ciascuno interpretandole dalla sua parte (sempre la faziosa bilancia fra quantità e qualità).

Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
... il biav e innanzitutto assiomatico con quarti di nobiltà metafisica: essere o non essere ? Ma è anche frutto di un'analisi sulle tavole della legge, da Mosè alla DUDU. Talmente assiomatico che spetta a chi lo nega scegliere assiomi diversi, generalmente più deboli e abborracciati dell'assioma "vita umana".
Direi che la vita umana non è assioma, è condizione di possibilità dell'etica: ovviamente solo fra vivi ci si può porre il problema dell'etica, e ridurlo al restare vivi il più (e in più) possibile, mi sembra poco consono alla complessità della società attuale (nel senso che lascia molti angoli bui). Di certo è una via legittima di interpretare il mondo e va bene il «non uccidere», con tutte le postille legali e costituzionali del caso, ma i dilemmi etici dell'uomo comune (e del votante, vedi sopra), che tende a non uccidere (si spera), hanno comunque le loro esigenze a cui il motto "la vita prima di tutto" non è sufficiente.

Non è sufficiente ma è fondativo "la vita accade prima di tutto". Che su questo non sia possibile fondare un'etica condivisa ("non è sufficiente"), tu e green avete ragione. Ma quando si va alle origine della questione sempre da lì si finisce col ripartire, non ideologicamente (la trascendentalità "kantiana" non è autosussistente), ma sostanzialmente e praticamente.

Il rebus fa parte del problema, ma le due questioni si sviluppano dialetticamente trovando la sintesi, almeno a livello teorico, in forme più dense e libere di valorizzazione della vita (umana) che riguardano le tecniche di cura, la libertà sessuale, la disponibilità della propria vita in ogni suo ambito (economico, esistenziale, biologico,...) e le scelte politico-economiche.

Citazione
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Detto in soldoni: oggi un'etica che prescinda dalle leggi naturali e dalle evidenze scientifiche è destinata alla discarica. Può sopravvivere ideologicamente, ma deve rinunciare ai suoi principi ogni volta che si trova ad affrontare un ostacolo reale.
Non saprei: leggi naturali ed evidenze scientifiche che ne sanno di etica? Il referente che ne sa del significato che gli si può (non "deve") attribuire. Di fronte ad un «ostacolo reale», tornando ai temi citati all'inizio: natura e scienza mi spiegheranno i dettagli "tecnici" del dilemma del referendum, ma come mi aiuteranno a fare la mia scelta etica? Mi daranno gli elementi da considerare per decidere, ma non il paradigma valoriale per farlo (occupandosi di altro settore). Se trovassimo un'etica basata su leggi naturali ed evidenze scientifiche, dovremmo iniziare a parlare di "etiche vere" ed "etiche false" potendo dimostrare oggettivamente la falsità di queste ultime; l'etica smetterebbe di essere trattata nella sezione «filosofia» per passare in «scienza». Magari ci arriveremo, chissà...

Rispondendo anche a green la questione non è teorica ma pratica. Leggi naturali ed evidenze scientifiche non sanno nulla di etica, ma un'etica che le ignori si riduce a sterile ideologia. Nel dibattito sull'ivg la conoscenza del processo di sviluppo dell'embrione è un elemento dirimente per contemperare il miglior compromesso etico possibile tra la donna e il risultato della fecondazione. Lo studio sui limiti dello sviluppo e l'impatto antropico fornisce un riferimento forte al principio etico della procreazione responsabile...

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
Ma non tutte le prospettive si equivalgono e sono equipotenti. Allargamenti d'orizzonte, anche con tutte le distorsioni del globalismo capitalistico, è un dato di fatto storico.
Anche qui: per giudicarle non equivalenti, larghe o strette, a cosa ricorriamo? La storia ci dice che ce ne sono molte, il meglio/peggio è questione di successo storico (guidato da un'ordalia o darwinismo storicistico) oppure di chiave di lettura paradigmatica, quindi assiomatica, quindi tautologica?

La storia è maestra di vita ci raccontano e fornisce abbondante materiale di studio capace di penetrare fin nelle viscere dell'inconscio. Eticizzarla è un progetto antico quanto la storia stessa. Il mio paradigma ha per lo meno il vantaggio della costanza del suo fondamento e strutturarlo in senso umanistico diventa il nucleo originario di quella spiritualità atea di fronte alla quale green storce il naso ributtando la palla nel campo dell'automazione tecno-scientifica. La quale non è l'unica declinazione possibile della "virtute e canoscenza".

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
La filosofia non può surrogare la politica, ma può cercare buone risposte etiche che riducano i conflitti o li superino in sintesi meno cavernicole del mors tua vita mea eletto ad assioma comportamentale e quindi etico (passando per l'etologia per rendere la tautologia meno trasparente e più physica)
Forse scrivendo si sono rovesciati i piani: il «mors tua, vita mea» è della/nella physis (istinto di sopravvivenza) e dell'/nell'ethos (pratica della autoconservazione), non dell'/nell'etica. Non può essere «assioma comportamentale» perché è già nel nostro dna senza bisogno di ermenetiche o assiomi culturali. Certo, la sua forma, come dicevo, cambia fino ad "alienarsi" nei piani della macroeconomia e nelle dinamiche del consumismo, ma la radice resta quella (e non può fondare etiche razionali, essendo istinto, pulsione al possesso, privo di normatività biologica su giusto/sbagliato etc.).

Come afferma Lou, anche i lupi sono animali sociali e al loro interno vale piuttosto il "vita tua, vita mea" quando cacciano in branco. I fondamenti assiomatici la natura li pone. Se non si cade nell'ingenuità giusnaturalistica di prenderli tutti in blocco (con le loro evidenti contraddizioni eto-logiche) ma si fa leva solo sugli aspetti socializzanti inscritti fin nel dna si possono elaborare etiche razionali. La trascendentalità antropologica rispetto alla natura offre spazi evolutivi perfino inediti quando irrompe il "diverso", ma la sintesi trova il suo punto di caduta sempre sulla persistenza fisica e metafisica della vita: propria e dell'ethos circostante.

Citazione di: Phil il 10 Settembre 2019, 23:02:40 PM
Citazione di: Ipazia il 10 Settembre 2019, 20:31:12 PM
La lezione ermeneutica ha spiegato anche questa ineliminabile, chiamiamola aporia , dell'interpretazione. Ma ha anche dato qualche trucco per non prendere troppi fischi per fiaschi. Scoprendo la circolarità relativistica dei suoi percorsi. Talvolta sentieri contorti e fortunati. Holzweg.
Gli Holzwege hanno portato Heidegger verso il pensiero poetante, un'uscita della circolarità ermeneutica può essere infatti la deviazione estetica; la conseguenza da accettare è il sacrificio della razionalità logica che, in ambito etico, può non essere accettabile da tutti.

La pulsione estetica pare sia innata e col tempo si sia particolarmente sviluppata nella nostra specie. Non la porrei in contrapposizione alla razionalità logica, ma piuttosto all'irrazionalità del brutto. Sentire che la violenza (e la sua forma istituzionale "guerra") è "brutta",  in civiltà evolute potrebbe funzionare meglio che la tradizionale concezione etica della violenza "cattiva". Fatte salve le eccezioni motivate del caso che la vita reale non concede alla metafisica.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 12 Settembre 2019, 14:57:08 PM
Salve. Solito problema delle definizioni latitanti. Ad esempio, la vita in sè non è certo un valore. Può essere giudicata, trattata, rispettata, osannata, disprezzata, soppressa (solo nelle sue manifestazioni particolari e locali) ma essa PROPRIAMENTE E' UNA NECESSITA'. Guarda caso, sia per significato filosofico che pratico. In particolare, in chiave biologica la necessità è ciò che ciascuno individualmente può trascurare ma che qualcuno invariabilmente finirà per fare o per essere.

Non comprendo certe (pseudo-)necessità di approfondimento (o di eviscerazione ?) circa concetti definibili universalmente in modo lapidario.

L'etica, intesa come insieme organizzato od organizzabile di principi comportamentali, secondo me non è affatto aspetto fondativo della condizione umana.
Esso aspetto è sempre sovrastato ed oppresso appunto dalla NECESSITA', la quale rappresenta ovviamente la prassi naturale opposta alla facoltà umana.

Quindi l'etica è ciò che noi possiamo trovare utile o psichicamente doveroso mentre la prassi consisterà sempre in ciò che,  risultando possibile, verrà prima o poi certamente fatto da qualcuno.
Secondo voi per quale ragione nessuna etica riesce ad opporsi alla creazione, diffusione ed utilizzo delle armi ?. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 12 Settembre 2019, 15:12:37 PM
I livelli di omicidio fra oggi e il medioevo sono crollati in europa occidentale. In Italia si aggirano sulla proporzione di 1-2 ogni 100.000 abitanti/anno. Nel medioevo era tra i 40 e gli 80 ogni 100.000 abitanti/anno.
Premesso che geneticamente abbiamo lo stesso corredo, questa caduta della violenza va spiegata.
Ed una delle possibili risposte é proprio la diffusione di principi etici per i quali la violenza è condannata e perseguita come metodo di risoluzione dei conflitti.
Quindi dire che l'etica non ha mai soppiantato le armi é vero, così come é vero, che grazie a principi etici ed etico-religiosi ed alla diffusione del benessere, il grado di violenza in Occidente é diminuito in modo spettacolare.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 12 Settembre 2019, 16:02:08 PM
Citazione di: viator il 12 Settembre 2019, 14:57:08 PM
Salve. Solito problema delle definizioni latitanti. Ad esempio, la vita in sè non è certo un valore. Può essere giudicata, trattata, rispettata, osannata, disprezzata, soppressa (solo nelle sue manifestazioni particolari e locali) ma essa PROPRIAMENTE E' UNA NECESSITA'. ....
... L'etica, intesa come insieme organizzato od organizzabile di principi comportamentali, secondo me non è affatto aspetto fondativo della condizione umana.
Esso aspetto è sempre sovrastato ed oppresso appunto dalla NECESSITA', la quale rappresenta ovviamente la prassi naturale opposta alla facoltà umana.

Perchè opposta ? Può essere anche coerente una volta che si abbia accettato la "necessità" che io attruisco fisicamente e metafisicamente alla "vita", come fondamento etico. Come osserva jacopus vi è pure una dimostrazione storico-empirica dell'emergere del valore della coesistenza pacifica sul valore della guerra, che in tempi antichi e moderni ha avuto i suoi momenti di esaltazione.

Il "darwinismo storico" ha pure prodotto la superiorità evolutiva del più pacifico e le armi di distruzione di massa, novella "necessità", hanno fornito una referenza oggettiva a tale superiorità. Corroborata anche dal corrispettivo postmoderno della guerra, ovvero l'economia, che nell'intreccio delle partecipazioni economiche costringe i contendenti, soprattutto i più grandi e pericolosi, ad una reciproca intesa.

In definitiva ogni forma in cui la vita umana si evolve finisce col costringere a prendere sul serio l'eticità delle relazioni umane. Sviscerando pure le questioni, perchè nulla è semplice quando si devono incastrare tra loro interessi e aspirazioni ormai a nove cifre, sempre più prossime tra loro da non potersi ignorare. Cifra che già di suo pone seri limiti alla proponibilità di un relativismo etico "forte".
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Tutto il dibattito etico sulla manipolazione genetica e le biotecnologie rimane ancorato al cui prodest. Se è utile ad un potenziamento della vita umana e non confligge con la natura (è chiaro che tra uomo e natura vi è circolarità) viene promosso.
La manipolazione genetica «confligge» con la natura per sua stessa definizione (è un "metter mano" piuttosto indiscreto), per cui le sue questioni etiche non potranno essere decise a partire dalla natura stessa, che magari ci inviterebbe a star fermi con le mani. Certo, anche la razionalità (base della tecnica) dell'uomo fa parte della natura, ma non possiamo rinnegare il fatto che è stata proprio tale "dote" ad averci alienato/emancipato/differenziato dalle leggi dell'ethos naturale, per cui appellarci adesso al bios, a questo punto evolutivo che lo ha reso ormai manipolabile, pare più una ricerca di un pre-testo per le differenti fazioni di pensiero (che, come da manuale, interpretano a modo loro).
Lo stesso concetto di «potenziamento della vita umana»(cit.), fulcro spinoso di ogni dibattito su quei temi, non è forse da valutare secondo paradigmi etici? Se è così e gli chiediamo nondimeno anche di fungere da fondamento degli stessi paradigmi decisionali-risolutivi, siamo in piena centrifuga tautologica.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Non è sufficiente ma è fondativo "la vita accade prima di tutto". Che su questo non sia possibile fondare un'etica condivisa ("non è sufficiente"), tu e green avete ragione. Ma quando si va alle origine della questione sempre da lì si finisce col ripartire, non ideologicamente (la trascendentalità "kantiana" non è autosussistente), ma sostanzialmente e praticamente.
Certo, «ripartire» ma come presupposto fenomenologico, non come criterio, che è, una volta dati i presupposti, ciò che serve a fondare un'etica razionale.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Il rebus fa parte del problema, ma le due questioni si sviluppano dialetticamente trovando la sintesi, almeno a livello teorico, in forme più dense e libere di valorizzazione della vita (umana) che riguardano le tecniche di cura, la libertà sessuale, la disponibilità della propria vita in ogni suo ambito (economico, esistenziale, biologico,...) e le scelte politico-economiche.
La valorizzazione/valutazione di/in tutti quegli ambiti è proprio il cruccio dell'etica, chiamata a decidere della «densità» e della "libertà" dell'agire; nel momento in cui viene definito il "programma" della valorizzazione, si tratta solo di applicarlo, ma è la scelta a monte il problema meta-etico: non cosa sia il bene (etica), ma perché (meta-etica, ad alto rischio tautologico).

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Nel dibattito sull'ivg la conoscenza del processo di sviluppo dell'embrione è un elemento dirimente per contemperare il miglior compromesso etico possibile tra la donna e il risultato della fecondazione.
Non mi pare un compromesso, quanto un processo: la conoscenza degli stadi embrionali è descrittiva, poi (attenzione a non confondere il "dopo" con il "fondandosi su") l'etica assegna un significato ad ogni stadio.
Come dire: prima metto i soldi in un distributore automatico, poi lui eroga il caffè, ma il caffè non è fatto dai soldi, bensì dal distributore automatico. Certo, di solito, senza soldi niente caffè (senza informazioni, niente scelta etica) e più soldi/informazioni metto, più il distributore può erogare bevande migliori (semplifichiamo), ma la produzione del caffè/giudizio-etico è tutta interna al distributore/paradigma-etico. Concordiamo di sicuro sul fatto che un distributore che eroga caffè gratis (scelte etiche senza informazioni sul contesto), probabilmente non fornisce un prodotto di qualità (per quanto, de gustibus...).
Al di là della "pausa caffè", ad ogni stadio embrionale non so se possano essere date descrizioni eccessivamente divergenti, ma sicuramente differenti letture etiche. Il dove inizia la persona, non lo dice la scienza, almeno non prima di aver preso i criteri dall'etica, dunque qui il fondamento dell'interpretazione rischia di essere capovolto.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Lo studio sui limiti dello sviluppo e l'impatto antropico fornisce un riferimento forte al principio etico della procreazione responsabile...
Un riferimento ancora più forte lo fornisce un elaboratore che, analizzando tutti i dati antropici, ci spiega che razionalmente dovremmo smetterla di procreare e persino di curarci perché il pianeta è sovraffollato, l'impronta ecologica è drammatica, etc. tuttavia se possiamo intimargli di tacere è perché lui non ha un cuore e, come noto solo agli umani, «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce...».
La procreazione responsabile, o meglio, il concetto di «responsabilità» scatena la bagarre della dialettica armonia-della-società/libertà-individuale (per fortuna è off topic, perché il mio forfait sul tema sarebbe al primo minuto di gioco) di cui solo un'etica potrebbe decidere... se solo ce ne fosse una più razionale e incontrovertibilmente fondata delle altre.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Il mio paradigma ha per lo meno il vantaggio della costanza del suo fondamento e strutturarlo in senso umanistico diventa il nucleo originario di quella spiritualità atea di fronte alla quale green storce il naso ributtando la palla nel campo dell'automazione tecno-scientifica. La quale non è l'unica declinazione possibile della "virtute e canoscenza".
En passant, «spiritualità atea» è per me un modo nostalgico per dire «ideologia etica», ma anche qui il mio forfait è istantaneo (come sempre quando è davvero solo una questione di prospettive e non può darsi un meta-piano, che non sia quello meramente linguistico).

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Come afferma Lou, anche i lupi sono animali sociali e al loro interno vale piuttosto il "vita tua, vita mea" quando cacciano in branco. I fondamenti assiomatici la natura li pone. Se non si cade nell'ingenuità giusnaturalistica di prenderli tutti in blocco (con le loro evidenti contraddizioni eto-logiche) ma si fa leva solo sugli aspetti socializzanti inscritti fin nel dna si possono elaborare etiche razionali.
(Fermo restando che nella società umana "lupi" e "agnelli" sono della stessa specie) da sempre i lupi cacciano e uccidono assecondando il loro ethos (basato sulla loro physis), poi alcuni lupi decidono che conviene essere tendenzialmente vegetariani (almeno di facciata) e redigono la DUDU; se tali lupi dichiarassero che la loro DUDU è fondata sul loro ethos, ammetto che resterei piuttosto perplesso... quanto meno significherebbe che anche loro hanno acquisito un livello di razionalità tale da emanciparsi dal loro ehos, al punto da poterlo strumentalizzare come alibi.
Fuor di storiella: l'ethos naturale ci rende animali da branco, ma le regole del branco umano, per "colpa" della razionalità, dobbiamo scrivercele noi, perché in merito la physis ci dice troppo poco, essendocene alienati tramite la tecnica. Come dicevo: va bene il «non uccidere», il vivere assieme, etc. ma sui temi esclusivamente umani (i famigerati ipotetici referendum su biopolitica, eugenetica, gender, etc.) non ci resta che suonarcela e cantarcela senza mamma natura (per quanto invocata da tutti dalla propria parte).
Oppure siamo davvero in grado di proporre un "falsificazionismo etico" epistemologicamente fondato?

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
La pulsione estetica pare sia innata e col tempo si sia particolarmente sviluppata nella nostra specie. Non la porrei in contrapposizione alla razionalità logica, ma piuttosto all'irrazionalità del brutto. Sentire che la violenza (e la sua forma istituzionale "guerra") è "brutta",  in civiltà evolute potrebbe funzionare meglio che la tradizionale concezione etica della violenza "cattiva". Fatte salve le eccezioni motivate del caso che la vita reale non concede alla metafisica.
Cross-dressing fra due nemiche giurate; utopia per utopia, la mia indole postmoderna apprezza.


P.s.
Nonostante i meta-discorsi (discorsi che tematizzano i discorsi), abbiano mostrato recentemente, nella "cronaca locale", tutto il loro potenziale dirompente e contrario alle iniziali buone intenzioni, mi permetto di chiarire che il mio obiettare a quello che mi sembra un tuo non sequitur, non si reitera per amor di poliercetica, ma perché, non riuscendo a capire come sia invece per te un sequitur, sono spinto a riportare ciò che non mi quadra (e, fatto il rapporto delle perplessità, «ambasciator non porta pena...»).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 12 Settembre 2019, 18:04:29 PM
Salve Ipazia. Con "opposta" intendevo esprimere la massima distanza geometrica separante - lungo il percorso tra la prassi naturale e le facoltà umane - il DOVER fare imposto dalla prima dal VOLER fare vagheggiato dalle seconde. Saluti..
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
La manipolazione genetica «confligge» con la natura per sua stessa definizione (è un "metter mano" piuttosto indiscreto), per cui le sue questioni etiche non potranno essere decise a partire dalla natura stessa, che magari ci inviterebbe a star fermi con le mani...

Il "confligge" non riguarda la manipolazione ma i suoi esiti e le motivazioni. E si torna all'ethos: rimuovere una tara ereditaria intervenendo sui gameti non è la stessa cosa che attuare manipolazioni dagli esiti incerti come gli ogm.

CitazioneLo stesso concetto di «potenziamento della vita umana»(cit.), fulcro spinoso di ogni dibattito su quei temi, non è forse da valutare secondo paradigmi etici? Se è così e gli chiediamo nondimeno anche di fungere da fondamento degli stessi paradigmi decisionali-risolutivi, siamo in piena centrifuga tautologica.

Dipende dal grado etologico della motivazione. La ricerca sul cancro non credo sollevi polveroni etici da centrifuga tautologica. E se lo è, sia benedetta la centrifuga.

Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
La valorizzazione/valutazione di/in tutti quegli ambiti è proprio il cruccio dell'etica, chiamata a decidere della «densità» e della "libertà" dell'agire; nel momento in cui viene definito il "programma" della valorizzazione, si tratta solo di applicarlo, ma è la scelta a monte il problema meta-etico: non cosa sia il bene (etica), ma perché (meta-etica, ad alto rischio tautologico).

Il perchè (causale e finale) lo determinano le circostanze naturali ed etologiche, una volta che se ne sia ottenuta una conoscenza più accurata. Così accade ad esempio che il giudizio (anche etico) sulla malattia mentale sia variato molto nel corso delle epoche. Non semplicemente con artifici ideologici (tautologia) ma con ricerche, almeno nelle intenzioni, obiettive.

Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
Non mi pare un compromesso, quanto un processo: la conoscenza degli stadi embrionali è descrittiva, poi (attenzione a non confondere il "dopo" con il "fondandosi su") l'etica assegna un significato ad ogni stadio...  ad ogni stadio embrionale non so se possano essere date descrizioni eccessivamente divergenti, ma sicuramente differenti letture etiche. Il dove inizia la persona, non lo dice la scienza, almeno non prima di aver preso i criteri dall'etica, dunque qui il fondamento dell'interpretazione rischia di essere capovolto.

Nel caso dell'ivg l'apporto della scienza è vero che non riguarda la definizione giuridica di persona, ma la descrizione fenomenologica, focalizzata sullo sviluppo del snc, è un tassello importante di tale definizione e risolve la questione senza capovolgimenti dove ciascuno, scienza e norma, fa la sua parte. Capovolgimento sarebbe (cosa peraltro avvenuta di frequente nella storia) se i criteri etici predeterminassero gli esiti della conoscenza. Sull'autonomia della ricerca conviene restare reciprocamente analitici. La sintesi va fatta "dopo", "fondandosi su" i risultati.

Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Lo studio sui limiti dello sviluppo e l'impatto antropico fornisce un riferimento forte al principio etico della procreazione responsabile...
Un riferimento ancora più forte lo fornisce un elaboratore che, analizzando tutti i dati antropici, ci spiega che razionalmente dovremmo smetterla di procreare e persino di curarci perché il pianeta è sovraffollato, l'impronta ecologica è drammatica, etc. tuttavia se possiamo intimargli di tacere è perché lui non ha un cuore e, come noto solo agli umani, «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce...».
La procreazione responsabile, o meglio, il concetto di «responsabilità» scatena la bagarre della dialettica armonia-della-società/libertà-individuale (per fortuna è off topic, perché il mio forfait sul tema sarebbe al primo minuto di gioco) di cui solo un'etica potrebbe decidere... se solo ce ne fosse una più razionale e incontrovertibilmente fondata delle altre.

Nessuno ti obbliga a partecipare. Il concetto responsabilità è certamente critico e physis aiuta poco senza le intermediazioni del caso. Siamo ai piani alti dell'etica laddove la catena physis-ethos-nomos risente di fluttuazioni che mettono la ratio a dura prova. Te lo concedo.

Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
En passant, «spiritualità atea» è per me un modo nostalgico per dire «ideologia etica», ma anche qui il mio forfait è istantaneo (come sempre quando è davvero solo una questione di prospettive e non può darsi un meta-piano, che non sia quello meramente linguistico).

Il trascendentale umano finisce inevitabilmente in una prospettiva ideologica. Non potendo evitarlo, conviene razionalizzarlo. Evoluzione naturale e storico-culturale forniscono la strumentazione. E lo fanno coi loro tempi non procastinabili in cui anche l'AI comincia a dire la sua. Ripensare lo spirituale fuori dai recinti religiosi con paradigmi adeguati potrebbe diventare una necessità, piuttosto che un'opzione, se non vogliamo essere schiacciati tra il Capitale e le macchine.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 12:43:37 PM
Fuor di storiella: l'ethos naturale ci rende animali da branco, ma le regole del branco umano, per "colpa" della razionalità, dobbiamo scrivercele noi, perché in merito la physis ci dice troppo poco, essendocene alienati tramite la tecnica. Come dicevo: va bene il «non uccidere», il vivere assieme, etc. ma sui temi esclusivamente umani (i famigerati ipotetici referendum su biopolitica, eugenetica, gender, etc.) non ci resta che suonarcela e cantarcela senza mamma natura (per quanto invocata da tutti dalla propria parte). Oppure siamo davvero in grado di proporre un "falsificazionismo etico" epistemologicamente fondato?

Ci si prova. Mamma natura la lasci al giusnaturalismo. Il mio (dell'umanesimo, meglio) referente è la vita umana. Non mamma natura, che entra nel discorso solo per i fondamenti, le "necessità", che (im)pone alla vita umana. Necessità (amor fati) da valorizzare razionalmente in quella che FN chiamava gaia scienza. Nella quale la fusione tra etica ed estetica va ben oltre un cross-dressing. Utopia per utopia, magari sta proprio in ciò il varco verso l'aldilà del bene e del male.

Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
Nonostante i meta-discorsi (discorsi che tematizzano i discorsi), abbiano mostrato recentemente, nella "cronaca locale", tutto il loro potenziale dirompente e contrario alle iniziali buone intenzioni, mi permetto di chiarire che il mio obiettare a quello che mi sembra un tuo non sequitur, non si reitera per amor di poliercetica, ma perché, non riuscendo a capire come sia invece per te un sequitur, sono spinto a riportare ciò che non mi quadra (e, fatto il rapporto delle perplessità, «ambasciator non porta pena...»).

Apprezzo molto le tue critiche che mi costringono a interrogarmi e lavorare sui sequitur... in condizioni certamente più agevoli di un castello medioevale assediato.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 12 Settembre 2019, 22:39:58 PM
Citazione di: viator il 12 Settembre 2019, 14:57:08 PM
Salve. Solito problema delle definizioni latitanti. Ad esempio, la vita in sè non è certo un valore. Può essere giudicata, trattata, rispettata, osannata, disprezzata, soppressa (solo nelle sue manifestazioni particolari e locali) ma essa PROPRIAMENTE E' UNA NECESSITA'. Guarda caso, sia per significato filosofico che pratico. In particolare, in chiave biologica la necessità è ciò che ciascuno individualmente può trascurare ma che qualcuno invariabilmente finirà per fare o per essere.

Non comprendo certe (pseudo-)necessità di approfondimento (o di eviscerazione ?) circa concetti definibili universalmente in modo lapidario.

L'etica, intesa come insieme organizzato od organizzabile di principi comportamentali, secondo me non è affatto aspetto fondativo della condizione umana.
Esso aspetto è sempre sovrastato ed oppresso appunto dalla NECESSITA', la quale rappresenta ovviamente la prassi naturale opposta alla facoltà umana.

Quindi l'etica è ciò che noi possiamo trovare utile o psichicamente doveroso mentre la prassi consisterà sempre in ciò che,  risultando possibile, verrà prima o poi certamente fatto da qualcuno.
Secondo voi per quale ragione nessuna etica riesce ad opporsi alla creazione, diffusione ed utilizzo delle armi ?. Saluti.

Rispondo proprio per cercare di far capire perchè sono necessarie le sviscerazioni e non la messa in punto di etiche.

Dire che la prassi etica è necessaria in quanto prassi naturale (addirittura opposta alla facoltà umana, che immagino possiamo chiamare, per esempio, libertà) significa non rendersi conto di essere posseduti dal giusnaturalismo cattolico. Da quel divide et impera che caratterizza fino alla radice qualsiasi nostro pensiero.

Siamo d'accordo che idealmente (e quindi ideologicamente, ma per fartelo capire dovremmo iniziare a sviscerare qualcosa) sia l'utilità il minimo comun denominatore, e d'altronde il pensiero liberale partirebbe da quell'assunto. (e certamente a mio parere rimane valido come punto di partenza per una comunità, ma da solo non solo significa niente: utile per chi? in cambio di cosa? con che sacrifici etcc..?)

Ma appunto quello che dovrebbero spiegare i liberali è perchè, visto che di fatto un etica comune esiste, quella del canone occidentale, esistano contemporaneamente le guerre.

Il liberale non può girare la domanda al democratico progressista, laddove la sua teoria chiaramente fallisce.(utilità universale)

Serve rifondare completamente il discorso se non vogliamo essere risucchiati dal vuoto pneumatico delle rabbie che si consumano sotto la spinta delle paure irrazionali (perdita dell'ordine costituito, identità etc...).

Per dirla con un balzo futurista: forse servirebbe parlare delle paure originarie.
(terrore, orrore, ribrezzo, spavento) e delle loro forme associate (teologia politica, morale, mimesi, paranoia).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:43:58 PM
Citazione di: viator il 12 Settembre 2019, 18:04:29 PM
Salve Ipazia. Con "opposta" intendevo esprimere la massima distanza geometrica separante - lungo il percorso tra la prassi naturale e le facoltà umane - il DOVER fare imposto dalla prima dal VOLER fare vagheggiato dalle seconde. Saluti..

Distanza ad assetto variabile mi pare. Che su spinta della prassi naturale aguzza le facoltà umane. Un po' come spiegava il faccendiere alle due coppie intrecciate in "Così fan tutte" di Mozart: "Se non può ciò che vuole, vorrà alfin ciò che può". Sublime saggezza che distingue l'infanzia dalla maturità.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 12 Settembre 2019, 22:44:27 PM
Citazione di: Jacopus il 12 Settembre 2019, 15:12:37 PM
I livelli di omicidio fra oggi e il medioevo sono crollati in europa occidentale. In Italia si aggirano sulla proporzione di 1-2 ogni 100.000 abitanti/anno. Nel medioevo era tra i 40 e gli 80 ogni 100.000 abitanti/anno.
Premesso che geneticamente abbiamo lo stesso corredo, questa caduta della violenza va spiegata.
Ed una delle possibili risposte é proprio la diffusione di principi etici per i quali la violenza è condannata e perseguita come metodo di risoluzione dei conflitti.
Quindi dire che l'etica non ha mai soppiantato le armi é vero, così come é vero, che grazie a principi etici ed etico-religiosi ed alla diffusione del benessere, il grado di violenza in Occidente é diminuito in modo spettacolare.

Certamente le forme liberali e democratiche che l'uomo insegue da tempo, e che Nietzche chiamava cultura, hanno impedito all'uomo di commettere stragi, anche se però Nietzche non vide ancora l'eccidio di massa dei fascismi e comunismi del secolo successivo.

Non possiamo chiudere gli occhi di fronte al terrificante esodo di massa che dall'america latina, fino al medio-oriente, per non parlare della mai pubblicizzata Africa, sotto i cui incudini passano sofferenze per un sentimento cristiano almeno intollerabili.

Affidarsi a qualche cifra serve certamente a notare la dimensione di alcuni fenomeni, ma non può poi essere messa a tacere su altri.

Quello che a Nietzche e a me interessa però non è tanto la questione della guerra in sè, quanto dell'anelito alla libertà.

Le forme di fascismo striscianti per molti, ma per me dilaganti e assolutamente pubbliche, prevedono come insegna Agamben, sulla scia di Schmitt, la totale consegna dei corpi alle istituzioni del Grande Fratello, il grande altro.
Ossia ad una sistematica presa in giudizio, in tribunale, di qualsiasi forma di pensiero diverso, come in una qualsiasi distopia di Orwell, come su ben altro piano, nei casi dell'enigmatico Kafka.

Siamo sempre presi tra l'incudine e il martello, vivi sì. Ma anche il protagonista di "se questo è un uomo" di Primo Levi era "vivo".

La questione va rilanciata Jacopus.

Comunque quello che hai scritto è vero, e ci sprona a fare meglio, visto che la storia dimostra che è possibile, con la cultura!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 12 Settembre 2019, 22:47:04 PM
"Tutto il dibattito etico sulla manipolazione genetica e le biotecnologie rimane ancorato al cui prodest. Se è utile ad un potenziamento della vita umana e non confligge con la natura (è chiaro che tra uomo e natura vi è circolarità) viene promosso. Nel dubbio si discute e si testa. E alla fine si decide. Quella che green chiama teologia politica (trattino "economica" aggiungiamo io e Marx) influisce pesantemente, ma la discussione etica nei suoi fondamenti non può che risalire al bios e alle sue ragioni. Lasciando pure spazio alla "libertà", laddove la partita doppia etica dia risultato zero. O, meglio ancora, neutro: gusto personale non perturbante l'armonia della polis. E' chiaro che non stiamo misurando la forza di gravità e la capacità predittiva dell'etica razionale non è quella della fisica. Ma ci si prova ugualmente." cit Ipazia


Sono in disaccordo Ipazia, non tanto per le possibilità curative, figuriamoci se lo fossi, sarei un ipocrita.
Ma proprio per quelle motivazioni della teologia-politica, o delle tecno-scienze, o se vuoi del buon vecchio capitalismo.
La filosofia da Agamben a Sloterdijk, passando per Marramao, dichiara il dominio sui corpi, come la nuova forma del persistente ritorno ai fascismi reazionari.

In questo momento il dibattito è infuocato, solo perchè la vita appartiene alla religione cattolica. Le scienze stanno tentando di superare questi impasse, usando una delle macchine ideologiche più perverse, ossia la stessa che domina di sottofondo, rispetto alle ideologie dominanti, vale a dire quella del CUI PRODEST.
Ossia riducendo la questione all'individualismo (mimetico) sempre alla voce: che è meglio dominare il singolo che la comunità.
Come se essere madri è solo un surrogato del vivente inteso come corpo vivente, al di là del sui bisogno financo etico di riconoscimento comunitario.
Accettare questo genere di fantasmatiche significa, cadere completamente fuori dal discorso democratico.
Non è una questione dell'evento in sè, ma del discorso che lo accompagna, e che spero converrai con me, che genera un indotto di guadagni straordinario.
Non si tratta qui di fare l'errore banale di criticare la bio-scienza, in quanto evento tecnico, ma del discorso che accompagna questo evento tecnico.
Un discorso che ricorra ai nostri aspetti più individualisti, accendendo un dibattito politico completamente fuori dalle idee progressiste, è terreno fertile. per un ritorno a forme aberranti di controllo (controllo delle nascite, controllo delle malattie, controllo delle idee).
Sono tempi buj in cui esplodono le innovazioni della tecnica.

A tal proposito mi viene in mente il problema dell'auto-immunità, non del vaccino in sè (che comunque mi lascia perplesso a livello di descrizione scientifica) quanto del discorso cha accompagna lo stesso.

cito da questo bell'articolo che ci porta completamente dentro al dibattito filsosofico contemporaneo, 10 paginette, non sono tante, leggiamolo, ma va bene qualsiasi altro articolo che contempli, questo breve passaggio che cito per motivi di dibattito:

"Come ricorda Timothy Campbell, "la categoria di 'immunità' gode di una
lunga e ben nota storia nella recente riflessione critica": si pensi solamente a Niklas Luhmann, Donna Haraway e Jean Baudrillard. La nozione viene ripresa inoltre da Jacques Derrida a partire dallo studio sulla religione Fede e sapere del 1992, dove la comunità viene descritta come "comune auto-immunità", e le sue reazioni identitarie come un eccesso di difesa che rivelano la «pulsione di morte che tormenta in silenzio ogni comunità, ogni auto-co-immunità». Successivamente, Derrida si concentrerà sui rischi dell'eccesso autoimmunitario, tema comune a diversi utilizzi filosofici della semantica dell'immunità, la cui ambivalenza si esplicita quando l'esasperazione del meccanismo costitutivo della comunità si traduce nel rivolgimento autodistruttivo contro lo stesso corpo sociale. La protezione della vita si rovescia così in dispositivi mortali e tanatopolitici, in "negazione della vita". cit da http://www.eticapubblica.it/wp-content/uploads/2016/11/1_2016_Consoli.pdf

Non ho letto Derrida ma ho letto il primo volume delle sfere di Sloterdijk.
Mi pare che sopratutto le ultime righe denotano molto bene quanto vado per mio conto pensando.

https://www.repubblica.it/cultura/2017/09/10/news/peter_sloterdijk_non_esistono_veri_maestri_sono_stato_troppo_indipendente_per_aderire_a_una_scuola_-175085079/

La negazione della vita in fin dei conti è la negazione al pensiero.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 13 Settembre 2019, 00:08:33 AM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Il "confligge" non riguarda la manipolazione ma i suoi esiti e le motivazioni. E si torna all'ethos: rimuovere una tara ereditaria intervenendo sui gameti non è la stessa cosa che attuare manipolazioni dagli esiti incerti come gli ogm.
Parlando di etica (bioetica, eugenetica, etc.), mi riferivo alla manipolazione dell'uomo sul bios dell'altro uomo (v. green demetr); lasciando alle piante una vita inesorabilmente in balia di noi "viventi mobili". Coinvolgendo le «motivazioni»(cit.) siamo già con entrambi i piedi dentro l'etica,  con ethos e natura che sono "destinatari" delle nostre scelte, non "mittenti".

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Dipende dal grado etologico della motivazione. La ricerca sul cancro non credo sollevi polveroni etici da centrifuga tautologica. E se lo è, sia benedetta la centrifuga.
Per fortuna, non ogni tema tecnico comporta questioni etiche e la medicina è un settore di tangenza fra le due (tecnica ed etica); tuttavia, fra il giuramento di Ippocrate e l'obiezione di coscienza di alcuni medici, mi pare ci sia una zona franca di problematiche eticamente interessanti (eutanasia, etc.), non pianamente riducibili al comprensibile cercare di rimuovere un tumore per salvare una vita.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Il perchè (causale e finale) lo determinano le circostanze naturali ed etologiche, una volta che se ne sia ottenuta una conoscenza più accurata. Così accade ad esempio che il giudizio (anche etico) sulla malattia mentale sia variato molto nel corso delle epoche. Non semplicemente con artifici ideologici (tautologia) ma con ricerche, almeno nelle intenzioni, obiettive.
Forse questo è il punto nodale della nostra divergenza: le «circostanze naturali ed etologiche» non determinano il perché un'etica sia giusta o razionale o altro; chiaramente, intendo il perché del fondamento teoretico, non il perché dell'accettazione sociale o del successo storico.
Il «giudizio (anche etico)» sulla malattia mentale è per me quasi un non senso: nei vari contesti storici è cambiata l'analisi della malattia, da possessione demoniaca a malfunzionamento neurologico-psichiatrico (vado a naso), ma ciò ha poco a che fare con la dimensione etica, teoreticamente intesa, essendo più una questione di ruolo sociale del malato. Detto altrimenti: il bene e il male morale non c'entrano, a parte la storia del demonio che, dobbiamo ammettere, per quell'epoca non era affatto peregrina.
L'interdizione per "incapacità di intendere e volere" (espressione tanto fuorviante quanto eloquente, direbbe forse Foucault, ma non divaghiamo) resta a testimoniarci come il "referente" sia rimasto identico, anche nella sua marginalizzazione pragmatica (non etica) con il contesto.
Direi che bisogna sempre distinguere la "monetina" dal "caffè": le informazioni su cui basiamo un giudizio etico e il paradigma con cui lo formuliamo, hanno filosoficamente ruoli ben differenti e, soprattutto, sono fondati su discipline epistemologicamente ben differenti (anche se il loro mutamento storico può far sembrare il legame reciproco più intimo di quanto non sia).

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Nel caso dell'ivg l'apporto della scienza è vero che non riguarda la definizione giuridica di persona, ma la descrizione fenomenologica, focalizzata sullo sviluppo del snc, è un tassello importante di tale definizione e risolve la questione senza capovolgimenti dove ciascuno, scienza e norma, fa la sua parte. Capovolgimento sarebbe (cosa peraltro avvenuta di frequente nella storia) se i criteri etici predeterminassero gli esiti della conoscenza
Anche qui non coincidiamo nella lettura: i criteri etici non possono predeterminare gli esiti della conoscenza, semmai la sua interpretazione; così come la scienza non può predeterminare (né fondare) un paradigma morale, ma può fornirgli dati/monetine da elaborare (il rapporto fra snc e il concetto di "persona" è "risolutivo" tanto quanto quello fra altri organi vitali e "persona" o altri elementi successivi dello sviluppo e "persona", etc. le possibilità sono molte). Rimango con il non sequitur irrisolto.

Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
La sintesi va fatta "dopo", "fondandosi su" i risultati.
Ciò, secondo me, vale per la scienza, ma non può valere per l'etica; non a caso, una è descrittiva della natura (nel senso più omnicomprensivo), l'altra, pur con tutte le riflessioni del caso, socialmente/individualmente normativa (oppure, tanto per non essere ripetitivo: una si occupa del referente, l'altra del significato).


P.s.
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
in condizioni certamente più agevoli di un castello medioevale assediato.
Temevo che il mio interrogare fosse preso come "assedio" per caparbietà, non certo per disagio procurato... comunque, in fondo, si vive meglio nel castello, fosse anche assediato, che accampati fuori all'addiaccio, no?
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 13 Settembre 2019, 19:58:31 PM
Salve Ipazia. Certamente. Ci sono cose che vanno assolutamente fatte, quindi se non le si farà per amore le si farà per forza. Quant'è conturbante la necessità per antonomasia (la riproduzione) !.
Ancora più sottilmente (o sfacciatamente ?) per noi umani consiste nel fare per il piacere dell'amore o, a nostra scelta, per l'amore del piacere. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
Citazione di: Phil il 13 Settembre 2019, 00:08:33 AM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Il perchè (causale e finale) lo determinano le circostanze naturali ed etologiche, una volta che se ne sia ottenuta una conoscenza più accurata. Così accade ad esempio che il giudizio (anche etico) sulla malattia mentale sia variato molto nel corso delle epoche. Non semplicemente con artifici ideologici (tautologia) ma con ricerche, almeno nelle intenzioni, obiettive.
Forse questo è il punto nodale della nostra divergenza: le «circostanze naturali ed etologiche» non determinano il perché un'etica sia giusta o razionale o altro; chiaramente, intendo il perché del fondamento teoretico, non il perché dell'accettazione sociale o del successo storico.
Il «giudizio (anche etico)» sulla malattia mentale è per me quasi un non senso: nei vari contesti storici è cambiata l'analisi della malattia, da possessione demoniaca a malfunzionamento neurologico-psichiatrico (vado a naso), ma ciò ha poco a che fare con la dimensione etica, teoreticamente intesa, essendo più una questione di ruolo sociale del malato. Detto altrimenti: il bene e il male morale non c'entrano, a parte la storia del demonio che, dobbiamo ammettere, per quell'epoca non era affatto peregrina.
L'interdizione per "incapacità di intendere e volere" (espressione tanto fuorviante quanto eloquente, direbbe forse Foucault, ma non divaghiamo) resta a testimoniarci come il "referente" sia rimasto identico, anche nella sua marginalizzazione pragmatica (non etica) con il contesto.
Direi che bisogna sempre distinguere la "monetina" dal "caffè": le informazioni su cui basiamo un giudizio etico e il paradigma con cui lo formuliamo, hanno filosoficamente ruoli ben differenti e, soprattutto, sono fondati su discipline epistemologicamente ben differenti (anche se il loro mutamento storico può far sembrare il legame reciproco più intimo di quanto non sia).

Sì direi che è qui il punto nodale: gli sbarramenti assiomatici che il relativismo forte pone tra uomo e natura impediscono di vedere la stretta correlazione esistente tra i vari saperi che si fondono in una koinè unitaria in cui, ad esempio, il folle assume ruoli diversi non necessariamente di marginalizzazione, ma addirittura di vate, profeta, ispirato e guida, in funzione del rapporto unitario tra la "visione" di una specifica società e il visionario che esce dalla curva della normalità comportamentale postulata. La monetina e il caffè sono molto più intrecciati di quello che il relativismo ammette, perchè chi dà la monetina può anche decidere, solitamente, la marca del caffè, determinando così l'inclusione e l'esclusione dall'orizzonte epistemologico prima e ontologico poi. Come accadde ...

Citazione di: Phil il 13 Settembre 2019, 00:08:33 AM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
Nel caso dell'ivg l'apporto della scienza è vero che non riguarda la definizione giuridica di persona, ma la descrizione fenomenologica, focalizzata sullo sviluppo del snc, è un tassello importante di tale definizione e risolve la questione senza capovolgimenti dove ciascuno, scienza e norma, fa la sua parte. Capovolgimento sarebbe (cosa peraltro avvenuta di frequente nella storia) se i criteri etici predeterminassero gli esiti della conoscenza
Anche qui non coincidiamo nella lettura: i criteri etici non possono predeterminare gli esiti della conoscenza, semmai la sua interpretazione; così come la scienza non può predeterminare (né fondare) un paradigma morale, ma può fornirgli dati/monetine da elaborare (il rapporto fra snc e il concetto di "persona" è "risolutivo" tanto quanto quello fra altri organi vitali e "persona" o altri elementi successivi dello sviluppo e "persona", etc. le possibilità sono molte). Rimango con il non sequitur irrisolto.

... al medico ricercatore dell'OMS Renzo Tomatis quando le monetine delle multinazionali del cancro finanziavano solo il caffè virale, escludendo dal campo della ricerca l'indagine sui caffè tossici che producevano. Se proprio vogliamo l'autonomia del relativo dobbiamo mettere in conto anche l'ethos ad hoc che esso produce e i tanti sequitur, palesi e occulti, che accompagnano tale processo antropologico. Sempre risolti da chi detiene le monetine.

Citazione di: Phil il 13 Settembre 2019, 00:08:33 AM
Citazione di: Ipazia il 12 Settembre 2019, 22:31:32 PM
La sintesi va fatta "dopo", "fondandosi su" i risultati.
Ciò, secondo me, vale per la scienza, ma non può valere per l'etica; non a caso, una è descrittiva della natura (nel senso più omnicomprensivo), l'altra, pur con tutte le riflessioni del caso, socialmente/individualmente normativa (oppure, tanto per non essere ripetitivo: una si occupa del referente, l'altra del significato).

Essendo l'etica "ethos techne" ha pure lei i suoi bravi referenti, invisibili, ma implacabili nel determinare l'andamento di quell'oggetto immateriale che è la nostra vita sociale.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 13 Settembre 2019, 21:18:02 PM
Citazione di: green demetr il 12 Settembre 2019, 22:47:04 PM
In questo momento il dibattito è infuocato, solo perchè la vita appartiene alla religione cattolica. Le scienze stanno tentando di superare questi impasse, usando una delle macchine ideologiche più perverse, ossia la stessa che domina di sottofondo, rispetto alle ideologie dominanti, vale a dire quella del CUI PRODEST.
Ossia riducendo la questione all'individualismo (mimetico) sempre alla voce: che è meglio dominare il singolo che la comunità.
Come se essere madri è solo un surrogato del vivente inteso come corpo vivente, al di là del sui bisogno financo etico di riconoscimento comunitario.
Accettare questo genere di fantasmatiche significa, cadere completamente fuori dal discorso democratico.
Non è una questione dell'evento in sè, ma del discorso che lo accompagna, e che spero converrai con me, che genera un indotto di guadagni straordinario.
Non si tratta qui di fare l'errore banale di criticare la bio-scienza, in quanto evento tecnico, ma del discorso che accompagna questo evento tecnico.

Il cui prodest ha anche risvolti sociali e come tale l'ho inteso, non in senso ideologicamente utilitaristico. Sul "dominare il singolo per dominare la comunità" Ignazio di Loyola può fare scuola a tutti i nostri guru postmoderni. Essere madre è una costellazione di significati: personali e sociali. Concordo che il Mercato ha avvelenato anche le acque materne. Il discorso che accompagna la tecnica è sempre quello del suo padrone. Neppure questa è una novità

CitazioneUn discorso che ricorra ai nostri aspetti più individualisti, accendendo un dibattito politico completamente fuori dalle idee progressiste, è terreno fertile. per un ritorno a forme aberranti di controllo (controllo delle nascite, controllo delle malattie, controllo delle idee).
Sono tempi buj in cui esplodono le innovazioni della tecnica.
A tal proposito mi viene in mente il problema dell'auto-immunità, non del vaccino in sè (che comunque mi lascia perplesso a livello di descrizione scientifica) quanto del discorso cha accompagna lo stesso.

Anche qui farei attenzione a, come dicevano i vecchi compagni, non buttare via il bambino con l'acqua sporca. Non tutti i controlli sono sintomo di paranoia. Spesso sono campanelli di allarme che conviene ascoltare. Tra la paranoia del panopticon medicalizzante e il delirio Novax c'è tutta un'area di buon uso della tecnica, perfino capace di immunizzarsi dalle sirene del Mercato.

Le 10 paginette le leggerò con calma. Di Sloterdijk ho letto "Per la critica della ragion cinica": il nichilismo e il suo doppio, valido anche come suo antidoto. Te lo consiglio.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 13 Settembre 2019, 21:29:36 PM
Salve Green Demetr. Eh già : "La protezione della vita si rovescia così in dispositivi mortali e tanatopolitici, in "negazione della vita".
Ma insomma, che mai vogliamo ? E' chiaro che il cosiddetto progresso (con relativa cultura a rimorchio) è sempre consistito nella ostinata ricerca di una sempre maggior tutela da parte dei membri di una società. Sia che si trattasse di società liberiste che egualitariste, no ?

Se tutti vogliono essere tutelati (cioè augurabilmente liberati dal bisogno e dalle incertezze esistenziali) ovvio che occorre costruire sistemi impersonali che inevitabilmente ingabbieranno le facoltà ed i valori personali.

Il Grande Fratello non sarà altro che il gigantesco sistema il quale, per poter tutelare tutti quanti al massimo grado, avrà ovviamente bisogno di conoscere tutto della nostra vita.
Che poi qualcuno (i gestori del sistema) se ne approfitti..........

A livello spicciolo (e mi vergogno un poco nel proporre esempi così infantili a lettori di anche vastissime e profonde altre letture) la cosa funziona nel modo seguente : Tempo fa sognai di aver conosciuto un tizio che risultava uno specialista nel minimizzare il rischio di morire. Non solo non fumava, beveva solo acqua in bottiglia, non andava a donne, faceva vita regolatissima ed iperigienica, ma (ovviamente) non nuotava, evitava di andare in bicicletta, in motorino, in automobile, in barca, in aereo, in treno, in mongolfiera etc. etc. (tutte attività potenziali fonte di incidenti mortali).
Non sto a dirvi quanto costui - nel mio vivido sogno - fosse ossessionato dalla volontà di restar vivo ad ogni costo.
Al punto - attraverso tutte le rinunce cui si sottoponeva - da rinunciare addirittura a vivere.
Praticamente negli ultimi tempi lo vedevo autorecluso in casa (tutti gli acquisti sembrava li facesse per via telematica) per evitare di correre dei rischi attraversando la strada.
Impensierito e commosso dalle sue condizioni, in occasione di un suo prossimo compleanno, decisi di fare qualcosa per evitargli di vivere di ossessioni.
Mi procurai una pistola che confezionai assieme ad un caricatore di proiettili, spedendogli il tutto e accompagnandolo con un biglietto che recitava ; "Caro amico, casualmente ho scoperto un sistema sicuro per evitare di morire per cause non intenzionali, e te ne faccio omaggio. Ora sarai padrone sia della tua vita che della tua morte. Ma non montarti la testa. Auguri da chi conosci poco ma ti ha abbastanza a cuore".

Dopo tre settimane mi raggiunse la notizia che il destinatario del pacco si era tolta la vita.

Termine del sogno. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 13 Settembre 2019, 22:24:17 PM
Citazione di: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
Sì direi che è qui il punto nodale: gli sbarramenti assiomatici che il relativismo forte pone tra uomo e natura impediscono di vedere la stretta correlazione esistente tra i vari saperi che si fondono in una koinè unitaria
Non colgo perché il relativismo non potrebbe vedere la correlazione fra i vari saperi (anzi, gerarchizzandoli poco, mi pare li renda più vicini e meglio collegabili...). Sulla unitarietà della koiné, sospendo cavallerescamente il giudizio (intrigato della differenza fra unità e collegamento, tra fondere e fondare...).

Citazione di: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
il folle assume ruoli diversi non necessariamente di marginalizzazione, ma addirittura di vate, profeta, ispirato e guida, in funzione del rapporto unitario tra la "visione" di una specifica società e il visionario che esce dalla curva della normalità comportamentale postulata.
Chi ha avuto a che fare con i malati mentali, di cui si parlava sopra, sa che fare appello alla figura estetica (avevo messo in guardia dalle u-topie del cross-dressing?) del folle avanguardista, del genio rivoluzionario, è come fare appello alle mosche albine: pur con tutto il rispetto per le minoranze, se parliamo di mosche in generale (come stavamo facendo) possiamo posporle fra le postille di fine trattato.

Citazione di: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
La monetina e il caffè sono molto più intrecciati di quello che il relativismo ammette, perchè chi dà la monetina può anche decidere, solitamente, la marca del caffè, determinando così l'inclusione e l'esclusione dall'orizzonte epistemologico prima e ontologico poi.
L'apparente libertà di scelta la decide il dispositivo (con le sue preimpostazioni) e guardare solo alla monetina e al caffè, senza aprire il dispositivo per curiosare sul come funziona, secondo me, non è certo una colpa, né filosoficamente e né eticamente; tuttavia significa non guardare al fondamento, passaggio occulto che a me incuriosiva (e senza il quale, correggimi se sbaglio, il relativismo non esisterebbe nemmeno... preferirei comunque non spostare il focus del topic; sul relativismo ce ne sono già troppi).

Citazione di: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
Se proprio vogliamo l'autonomia del relativo dobbiamo mettere in conto anche l'ethos ad hoc che esso produce e i tanti sequitur, palesi e occulti, che accompagnano tale processo antropologico. Sempre risolti da chi detiene le monetine.
(Filtrata la constatazione del relativismo in atto) Concordo, nella nostra epoca il lupus non usa artigli, troppo facili da spuntare e vistosi nei loro crimini; ci rivedo proprio il «mors tua, vita mea» in versione economico-politica di cui parlavo... che sia questa la koinè unificante?

Citazione di: Ipazia il 13 Settembre 2019, 20:32:52 PM
Essendo l'etica "ethos techne" ha pure lei i suoi bravi referenti, invisibili, ma implacabili nel determinare l'andamento di quell'oggetto immateriale che è la nostra vita sociale.
Anche la sofistica e il linguaggio in generale sono una tecnica, sebbene il loro rapporto con il referente non sia affatto pacifico e univoco; nelle scienze umane, considerare la vita sociale come «oggetto immateriale» è spontanea mossa per spalancare tutti gli orizzonti di senso ermeneuticamente possibili... tuttavia, la mia curiosità era di capire come funziona il distributore (di giudizi etici) che ci invita all'"insert coin", non fare il sommelier alla macchinetta delle bevande (preferisco fare il caffè a casa, come è più incline al mio... ethos).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
Il distributore funziona secondo il progetto di chi conia le monete e possiede le piantagioni di caffè: struttura. E sovrastruttura: il sommelier. L'autonomia del sommelier si limita al segno. Lavorando di vanga e cacciavite si trovano tutti i sequitur che l'autonomia del relativo non vuole vedere. Come un Creonte che pensa di detenere il potere assoluto del nomos, finché Antigone non gli presenta il conto di un ethos più potente del suo. Seguendo il filo del quale, come insegna Arianna, si esce dal labirinto dell'illusionismo relativista, coi suoi mille sentieri che non sbucano in radure assolate, ma in cieche caverne platoniche.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 14 Settembre 2019, 16:32:51 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
Il distributore funziona secondo il progetto di chi conia le monete e possiede le piantagioni di caffè: struttura.
E se il distributore funzionasse secondo il progetto di chi lo progetta? Si parlava di tautologia, no?
Disambiguo per evitare fraintendimenti: il «distributore (di giudizi etici)»(autocit.) è il paradigma etico con cui valutiamo le informazioni (monetine) per produrre giudizi etici (caffè). Del suo essere struttura (concordiamo) erogatrice, mi interessa scrutarne il funzionamento dall'interno (quindi la progettazione, quindi la questione meta-etica), a prescindere (qui torniamo in metafora) da quale sia l'"impatto diuretico" del caffè nella società di finanzieri e coltivatori.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
Lavorando di vanga e cacciavite si trovano tutti i sequitur che l'autonomia del relativo non vuole vedere.
Riguardo a tale auto-nomia del relativo (suppongo tu intenda la tautologia assiomatica, da Aristotele a Godel): forse più che rimproverargli il non vedere i sequitur, gioverebbe esplicitarli e (di)mostrarglieli; se è possibile (se invece è stato già fatto, allora la cecità è forse irrimediabile).

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 13:53:37 PM
labirinto dell'illusionismo relativista, coi suoi mille sentieri che non sbucano in radure assolate, ma in cieche caverne platoniche.
[modalità meta-discorsiva: on
Ben vengano discorsi ampliati e critiche a correnti di pensiero, ma a me interessavano soprattutto chiarimenti sulla tua prospettiva. Magari sbaglio, comunque capisco che il disagio del sentirsi assediati possa spingere al contrattacco e, in assenza di bersaglio palese, si scaglino strali un po' "a memoria"; se questa tua "reattiva" frecciata al relativismo arriva in fiera delega delle risposte per le sollecitazioni alla tua posizione, è una forma di "difesa" indubbiamente legittima. Tuttavia, secondo me, nel momento in cui il dialogo diventa duello o assedio (proprio quello che volevo scongiurare, come non a caso già anticipato) e non collaborazione su un topic, si innescano inevitabilmente dinamiche retoriche che sterilizzano ogni fertilità filosofica, lasciando in sospeso il filo logico del tema («basta parlare della mia posizione, parliamo piuttosto delle debolezze dalla tua!», ovvero l'antitesi della ricerca di equipe, come la filosofia dovrebbe potrebbe essere).
modalità meta-discorsiva: off]
Nella dianoia che mi interessa(va), la tua posizione era il focus (e lo è stato per pagine) proprio perché quel sequitur sarebbe potuto essere un affondo molto impattante (anche) sul relativismo: trovare un sequitur forte, radicato nella physis e nell'ethos animale, avrebbe assestato un duro colpo alla tenuta pragmatica (prima ancora che teoretica) di ogni pensiero debole... per questo ero motivato a capire e collaudare la solidità di tale possibile sequitur (che tuttora mi sfugge; forse devo solo iniziare a mettere in conto i limiti di comprensione imposti dal mio paradigma).


P.s.
Nota letteraria: se non erro, Antigone decide di impiccarsi nella grotta in cui era stata rinchiusa: la sua etica, più che farla uscire dalle «cieche caverne platoniche»(cit.), l'ha portata a scegliere di terminare lì la sua vita. Direi quindi che il conto della potenza del suo «ethos» l'ha pagato lei in prima persona, con buona pace di quell'ethos che mira alla conservazione della vita. Anche in questo caso, la razionalità ha dunque rivendicato la sua indipendenza dall'ethos animale, manipolando la physis e il bios fino all'estremo gesto (altra tacca, seppur letteraria, sul "non sequitur"; se citi queste storie, non mi aiuti a capirti...).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
La disponibilità della propria vita é nel segno della vita. Ancor più se libera dalla prigionia del dolore (eu-tanasia) o degli uomini. Negazione della vita é la schiavitù, la viltà, l'alienazione. Mentre il relativismo cerca assiomi e paradigmi, l'ethos li scrive sulla carne e quel segno é assai più potente del segno logico. Antigone ne é consapevole e va fino in fondo, conquistando la vita eterna in quell'ethos di cui si era eletta testimone sapendo perfettamente cosa si stava giocando. Il sequitur ethos-etica qui é immediato.

Si tratta però di situazioni limite in cui il valore vita richiede il sacrificio per essere affermato (vale anche per l'eutanasia). In condizioni di buona salute fisica e sociale il valore vita si afferma positivamente senza meta-etica alcuna.

Il dispositivo "classista" é un prodotto storico che necessita pure lui della vita per legittimarsi. L'apologo di Menenio Agrippa é il primo manuale di funzionamento storicamente riportato. Di indubbia eleganza peraltro. In epoca tecnologica andava molto l'apologo della nave. In crisi irreversibile dopo l'irrompere di flotte negriere. Siamo in attesa di nuove retoriche ad hoc. Ma forse non servono neppure più. Basta la finanza che infila tutti i sequitur che neppure la natura coi suoi cataclismi ...

Che il bene e il male non siano intercambiabili in uno schematismo relativista lo dimostra pure il fatto empirico che chi fa il male non ama subirlo. Strumentalmente lo converte in bene pro domo sua, ma meta-eticamente lo sa che è, e fa, male.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 14 Settembre 2019, 22:25:30 PM
Salve Phil. Citandoti : "Anche in questo caso, la razionalità ha dunque rivendicato la sua indipendenza dall'ethos animale, manipolando la physis e il bios fino all'estremo gesto".
Non mi sembra proprio che il suicidio rappresenti il trionfo della razionalità applicata a circostanze quanto si voglia estreme.
Sarà semmai la psiche a piegare alle proprie istanze (fuga da attese intollerabili sofferenze dell'io) mente e corpo.
La differenza tra l'ethos animale e quello umano è infatti tutta qui : solo l'uomo è in grado di contraddire "deliberatamente" (quanto deliberatamente, non sappiamo) l'istinto di sopravvivenza. Ma anche questa è solo una ulteriore ed estrema manifestazione etica. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Mentre il relativismo cerca assiomi e paradigmi, l'ethos li scrive sulla carne e quel segno é assai più potente del segno logico.
Assiomi e paradigmi, correggimi sempre se sbaglio, li cercano le discipline, prima ancora delle rispettive correnti; li cerca la logica, l'ermeneutica, l'etica (inconsapevolmente, a quanto pare) e direi persino l'arte. Sul relativismo come capro espiatorio che accomuna papi e nietzschiani, comunisti e fascisti, playboy e femministe (non parlo di te), non ho nulla di nuovo da aggiungere, vostro onore: come scritto sopra, mi interessa piuttosto capire un potenziale "novum" (sotto forma di inatteso sequitur), un passaggio che sfaterebbe l'aura del pensiero debole e mi darebbe molto da riflettere.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Antigone ne é consapevole e va fino in fondo, conquistando la vita eterna in quell'ethos di cui si era eletta testimone sapendo perfettamente cosa si stava giocando. Il sequitur ethos-etica qui é immediato.
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
In condizioni di buona salute fisica e sociale il valore vita si afferma positivamente senza meta-etica alcuna.
Decisamente sì; come dicevo, per l'etica in quanto tale bastano infatti la tradizione, l'educazione, etc. per la meta-etica basta la curiosità filosofica del bambino che chiede «perché?» (v. domanda sopra). Domanda spesso ritenuta superflua e impertinente dai più e a cui, per fortuna, si può anche non rispondere, senza perdere nulla in termini di "funzionalità" del proprio punto di vista.

Citazione di: Ipazia il 14 Settembre 2019, 21:46:28 PM
Che il bene e il male non siano intercambiabili in uno schematismo relativista lo dimostra pure il fatto empirico che chi fa il male non ama subirlo.
Davvero c'è un relativismo che propone tale "schematismo"? Di nuovo: senza riflessione meta-etica, si finisce dritti al giudizio di valore, questo sì per nulla meta-etico: «questo è giusto»/«quello è sbagliato», senza passare per la comprensione, che richiederebbe di aprire il famigerato dispositivo di erogazione, svelare il sancta sanctorum dell'etica... tuttavia non è un gesto necessario: in fondo, se il distributore funziona, perché aprirlo? Eppure questo non è il "perché" del bambino-filosofo.


@viator
Parlando di Antigone e non dei suicidi della cronaca reale (premessa piuttosto necessaria), intendevo che tale suicidio rivendica l'indipendenza della razionalità poiché è una scelta (non approfondisco) che va contro l'istinto di conservazione. Ovviamente, per essere comprensibile, tale mia osservazione va contestualizzata nel colloquio con Ipazia, che più di una volta si è appellata alla razionalità dell'etica collegandola ad un suo sequitur da ethos e physis (da qui il mio commento volto a rilevare il non sequitur fra etica razionale e ethos spontaneo-animale; se per «ethos» intendiamo invece la morale, il problema del non sequitur forse "guadagna" un ulteriore gradino di complicazione).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità. Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"

La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.

Il suicidio di Antigone é una forma di liberazione, coerente con quel contesto etologico. Se bastasse l'istinto di conservazione non si spiegherebbe la sofferenza dell'animale in gabbia e la sua fuga da un cibo comunque garantito. Figurarsi un umano ...

PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità.
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?
Non ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
Non capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.
[...]
PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
Per Ipazia e Phil.
Come al solito non mi piacciono le posizioni rigide e consenquenziali aristoteliche. L'etica (in senso hegeliano) ha sia una radice fisiologica (come potrebbe essere altrimenti) ma anche una connotazione che si stacca radicalmente da essa. Pensate forse che le S.S. non fossero convinte di agire eticamente, sterminando gli ebrei, oppure pensate che tanti nostri concittadini non ritengano di essere dalla parte del giusto quando invocano  ritorno dei migranti nei campi di concentramento libici?
J. Habermas ha invocato una definizione procedurale dell'etica, corrispondente a sentire collettivo di una certa epoca, associato però ad una cura e sviluppo della capacità intellettuale della società.
Credo che il perseguimento del bene non vada svincolato da queste tre precondizioni e mi rifaccio al vostro lungo e interessantissimo dibattito.
1. Physis (l'ossitocina ad esempio ci suggerisce che il bieco egoismo alla Hobbes non rientra nei piani della natura).
2. Condivisione culturale dei valori attraverso un pubblico confronto (ogni epoca e ogni cultura ha la sua etica e solo accettando la possibilità della coesistenza di etiche diverse ma ugualmente dignitose, possiamo accettare lo scambio e l'accettazione degli altri).
3. Affinché il punto 2 non sia la riedizione del relativismo culturale con legittimazione dei vari teschi come effige sulle divise, occorre che la cultura, in tutte le sue forme, artistica, sociologica, politica, filosofica, linguistica, economica, ecc., sia sempre più tutelata e diffusa.

Tutto questo però, come potete intuire, mette in allarme i gruppi sociali che detengono il potere in gran parte del mondo odierno, tanto che questi discorsi pubblici possono essere fatti, ad essere generosi, solo fra il 10 per cento della popolazione mondiale (e compresi forse dall'un per cento, sempre ad essere generosi).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 15 Settembre 2019, 15:32:51 PM
Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
1. Physis (l'ossitocina ad esempio ci suggerisce che il bieco egoismo alla Hobbes non rientra nei piani della natura).
Da quel poco che ho visto fugacemente su wikipedia (non essendo pratico in materia) l'ossitocina fa parte di una physis particolare, quella che lega mamma e bambino, legame istintivo a cui non credo Hobbes si riferisse con la storia dei lupi, sicuramente non io quando cito «mors tua, vita mea».

Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
2. Condivisione culturale dei valori attraverso un pubblico confronto (ogni epoca e ogni cultura ha la sua etica e solo accettando la possibilità della coesistenza di etiche diverse ma ugualmente dignitose, possiamo accettare lo scambio e l'accettazione degli altri).
La «coesistenza di etiche diverse»(cit.) è una constatazione, l'«ugualmente dignitose»(cit.) presuppone, a mio avviso, un approccio decisamente "debole" al concetto di «bene» della propria etica: se volessi riconoscere pari dignità anche all'etica che sostiene il contrario di ciò che afferma la mia, dovrei riconoscere che la mia mi appare (non «è») migliore soprattutto per contingenze "biografiche" e di storia individuale. Concessione che può causare un infarto al cuore di molte prospettive etiche (che tale infarto sia "bypassabile" con un po' di relativismo culturale, mi sembra ormai noto).
La domanda ora è: dobbiamo riconoscere pari dignità alle altre etiche? Questo "dovere", se viene avvertito (non è per tutti, quindi), su cosa si fonda? Se il «bene» è prodotto biografico-culturale quale può essere la sua dialettica con la biografia-cultura del prossimo che nega ciò che la mia etica afferma?
L'etica dei «teschi sulle divise» la condanniamo eticamente come condanniamo eticamente l'Isis pur sapendo ipotizzando che ai loro occhi compiono "il giusto"?
Questione di gerarchie culturali (oltre che di rapporti di forza politico-economica etc.), per cui finché ognuno resta a casa sua, professiamo agevolmente che ogni etica abbia un suo recinto di legittimità, ma quando io e l'altro ci in(s)contriamo, che sia in casa o fuori casa, e la tolleranza etica diventerebbe medium fondamentale, la legittimità dell'altrui etica si rivela in concreto spesso secondaria rispetto alla gerarchizzazione degli interessi, miei contro altrui (e qui sì che il valore della vita si conferma decisivo: in assenza di mediazione diplomatica, scatta, in generale, prontamente il «mors tua, vita mea»).

Quando due etiche confliggono e non si tratta di un conflitto sui libri, ma sul "campo di battaglia" (sia esso bellico o economico o politico o altro), a quel punto ognuno vedrà probabilmente le sue ragioni valere di più di quelle dell'altro, anche se un attimo prima le definiva «ugualmente dignitose».
La rimozione "etica" del polemos della guerra, in favore di un gaio pensarsi tutti fratelli sotto lo stesso cielo, al di qua dell'innegabile fascino estetico, cozza con le "materiali" necessità storiche di risolvere "dialoghi impossibili" (per quanto tale espressione possa suonare male ad una cultura cresciuta a "brioches" e umanesimo).
Per questo, secondo me, se si ammette davvero pari dignità fra le etiche, ne consegue che bisogna poi ammettere anche, con buona pace della retorica umanistico-universalistica, che alcuni conflitti fra alcune etiche, in assenza di una meta-etica decisiva e "super partes", possono anche risolversi, talvolta inevitabilmente, con la sopraffazione del prossimo (per dirla senza edulcoranti), in contesti in cui la norma etica finisce con il cedere il passo alla legge marziale. A giudicare tale sopraffazione «giusta» o «ingiusta» sarà poi ogni singola etica: i soldati dell'Isis (è un esempio, prendetelo con tutta la banalità del caso) diranno che è ingiusta la nostra società, noi diremo che è ingiusta la loro, etc. e lo stesso vale per conflitti economici o politici.

Sarebbe infatti, secondo me, un errore logico pensare che il relativismo culturale debba necessariamente essere letto come foriero solo di un pacifico girotondo globale; questa è una possibilità (utopia per utopia, è quella che preferirei, ma ciò qui non conta). Tuttavia la sua antitesi, ovvero che ogni conflitto fra etiche divergenti (non essendoci una meta-etica risolutiva...), non possa che essere risolta "con le cattive", è una possibilità che la storia chiama quotidianamente «realtà» e non si può non tenerne conto: si è passati dall'imperialismo dei colpi di cannone a quello dei colpi di stato pilotati a quello dei colpi del mercato globale. Probabilmente è magra consolazione il poter parlare sempre meno di guerre in Europa, sottovalutando che i colpi del mercato possono fare più vittime (se questo è il criterio etico) di quelli di cannone (oltre che più lontano e sicuramente in modo più silenzioso).
Certo, resta lecito prefigurarsi un altro mondo, con altri uomini e altre storie, ma è comunque un'attività onirico-utopica che, magari sbaglio, nei dettagli si basa guarda caso sulla propria etica e/o sulla legge di casa propria (oikos-nomos) eletta a norma universale, come da copione ben noto.

Citazione di: Jacopus il 15 Settembre 2019, 12:19:34 PM
3. Affinché il punto 2 non sia la riedizione del relativismo culturale con legittimazione dei vari teschi come effige sulle divise, occorre che la cultura, in tutte le sue forme [...] sia sempre più tutelata e diffusa.
La cultura o le culture? Quanto più ci si radica (con studi etc.) nella cultura di casa propria, quanto più la si tutela, tanto più si rischia di diventare impermeabili alle culture altrui (v. nazionalismi, etc.), il che rende poi difficile riconoscerle «ugualmente dignitose», salvo muoversi sin dall'inizio nell'orizzonte del relativismo culturale pacifista (nell'altro, quello più "natural-nichilista", nemmeno si pone il problema della differente dignità).
Se intendevi «la cultura» in generale, globale, resta a mio avviso "esegeticamente pericoloso" usare il singolare: quanto più una cultura è identificata come differente dalle altre, quanto più è facile tutelarla (è questo che proponevi, giusto?); quanto più si parla di unica cultura mondiale, tanto più se qualcuna sparisce e non risponde all'appello, non ce ne accorgiamo.


P.s.
Anche in queste osservazioni, come in quelle con Ipazia, non mi interessa tanto cosa è giusto o cosa è sbagliato, se è giusta la pace nel mondo o è giusto sterminare i propri oppositori, se quelli dell'Isis credono davvero di fare il bene, se l'umanesimo sia la "redenzione" della nostra epoca dalle "barbarie" di quelle precedenti, etc.; il mio focus d'interesse è piuttosto capire i meccanismi del dispositivo etico, lasciando in sospeso i giudizi di valore sulle sue applicazioni di volta in volta possibili.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?

No, perché la razionalità umana si deve sempre confrontare con i Sollen imposti dalla natura. Anche gli animali più prossimi a noi utilizzano l'attività cerebrale in maniera logica e hanno una educazione attraverso le cure parentali. Io, e gli etologi, non vediamo tutta questa scissione ombelicale e razionale. Ci differenzia l'aver formalizzato i processi logici e la loro comunicabilità. Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia. Il Capitale pare avere qualche marcia in più, inventando persino migrazioni volontarie nei lager prima di accedere alla sua terra promessa, ma io sono pronta a scommettere che la contraddizione tra ideologia e realtà finirà sempre col falsificare la prima e affermare la seconda.

CitazioneNon ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Semplicemente lasciando parlare la natura. Posso costruire nelle golene o col cemento della mafia e popolare di numi legiferanti il monte Olimpo, ma basta un nubifragio, terremoto o ascensione sull'Olimpo per ripristinare il giusto sequitur tra uomo e natura.

CitazioneNon capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

E' solo questione di comunicazione e conoscenza. Tra un selvaggio umano e un cane abituato ad andare dal veterinario non so chi reagirebbe più "razionalmente" in simile frangente. Probabilmente il cane.

Citazione"Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Cosí poco che lei ci ha messo sopra la sua vita ! E quel che più importa: quel conflitto l'ha trasformata in simbolo fondativo di un conflitto etico tra ethos e nomos ancora assolutamente attuale. Fin troppo collaudato, viste le caricaturali recenti attribuzioni.

Citazione
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.

Opinabile. Etologi e chi ha pratica di animali domestici la pensano diversamente. La capacità animale di adeguarsi alla nostra  tecnologia innaturale talvolta é sorprendente. Se fosse solo istinto fuggirebbero a gambe levate, come fanno i selvatici. Invece dimostrano una grande capacità di relazionalità interspecista comportamentale e affettiva. Direi persino cognitiva.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:39:28 PM
Non intendo rubare la replica a Jacopus, ma esiste anche un'evoluzione et(olog)ica che risolve i conflitti e unifica i valori. Riscrivendo i paradigmi al pari delle rivoluzioni scientifiche.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 15 Settembre 2019, 18:47:34 PM
Salve Phil. Citando dal tuo intervento nr.93 qui sopra: "suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva)".
Mai il suicidio , ripeto, potrà risultare conseguenza di scelta razionale (volevi forse dire "volontaria", cioè cosa ben diversa che tuttavia potrà anche essere contro-istintiva).

La razionalità evita sempre le soluzioni irreversibili. In ciò risultando perfettamente d'accordo con l'istinto.
Perchè mai dovrei uccidermi quando, se rimando uno simile decisione (anche solo di una manciata di secondi) la completa imprevedibilità della vita potrebbe offrirmi quella via di uscita che sinora non riesco a trovare ? Per il suicidio ci sarà sempre tempo, no?

Invece la sfera psichica (ad ogni vera resa dei conti è sempre la psiche a dettar legge sulla mente, mai il reciproco), che è quella dell'irrazionale spesso e volentieri inconsapevole, può imporre alla volontà esecutiva la realizzazione di un male tollerabile (la morte è la cessazione della sensibilità psichica) che appunto annulli la sofferenza psichica insopportabile.

Resta la apparentemente contradditoria capacità di una psiche in grado di vanificare la propria sussitenza (la psiche, nella sua forma e funzione originarie come si presentano nel neonato, non è altro che puro e semplice contenuto istintuale sopravvivenziale - che termine orrendo, quest'ultimo).

Essa contraddizione secondo me risulta generata - nello specifico umano - dall'affiancarsi della COSCIENZA alla psiche stessa. Infatti il suicidio prevede la presenza sia della coscienza etica che di quella percettiva per potersi realizzare, trovate ?. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
@Ipazia
Posso sbagliarmi, come sempre, ma mi pare che si sia passati dal «contrattacco» alla «reattanza»/«psicologia inversa»: obiettare a prescindere dal contesto e in assenza di argomentazioni appoggiarsi a metafore estetico-narrative; faccio quindi un po' fatica a seguire il filo del discorso (almeno la parte che mi interessava), comunque ci provo, cercando di essere sintetico e facendo qualche domanda per avere chiarimenti.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?

No, [...] Ci differenzia l'aver formalizzato i processi logici e la loro comunicabilità.
Questo a me sembra un "sì" dissimulato, il "sì" che rende la mia domanda una domanda retorica: senza la graduale formalizzazione dei processi logici e senza la loro crescente comunicabilità, la ratio umana di oggi non esisterebbe. Gli altri animali non possono dire (e, per ora, fare) altrettanto, non hanno ancora tagliato il cordone con il gesto della scrittura (questa la lascio qui, così...).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia.
Curiosità: ci sono etiche del genere? Intendo incompatibili con il principio di realtà (ormai, in campo etico, non mi stupisce più nulla...).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
CitazioneNon ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Semplicemente lasciando parlare la natura. Posso costruire nelle golene o col cemento della mafia e popolare di numi legiferanti il monte Olimpo, ma basta un nubifragio, terremoto o ascensione sull'Olimpo per ripristinare il giusto sequitur tra uomo e natura.
Quindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? Perdona la futile battuta, ma il passo successivo non sarà mica «ascolta il tuo cuore»? Scherzi a parte, il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta (intendi «il cielo stellato sopra di me etc.»? Anche lì il sequitur mi pare manchi, perché oggi sappiamo che quell'«in me» non è soave scintilla divina, ma bios pronto a ricevere gli input del mondo esterno).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
E' solo questione di comunicazione e conoscenza. Tra un selvaggio umano e un cane abituato ad andare dal veterinario non so chi reagirebbe più "razionalmente" in simile frangente. Probabilmente il cane.
Non capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
CitazioneBel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.
Cosí poco che lei ci ha messo sopra la sua vita ! E quel che più importa: quel conflitto l'ha trasformata in simbolo fondativo di un conflitto etico tra ethos e nomos ancora assolutamente attuale. Fin troppo collaudato, viste le caricaturali recenti attribuzioni.
Cercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Citazione
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.

Opinabile. Etologi e chi ha pratica di animali domestici la pensano diversamente.
Davvero gli etologi pensano che gli animali possano accedere alla nostra cultura e alla nostra etica (come scritto)? Davvero ritengono «opinabile» che, riguardo gli animali, la loro «complessità diverge dalla nostra, non la fonda»(cit.)?
Lo chiedo perché non ne frequento.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:39:28 PM
Non intendo rubare la replica a Jacopus, ma esiste anche un'evoluzione et(olog)ica che risolve i conflitti e unifica i valori. Riscrivendo i paradigmi al pari delle rivoluzioni scientifiche.
Per non scomodare sempre l'Oriente, basta uno sguardo al di là del Mediterraneo per osservare che l'"unificazione dei valori" e la "riscrittura dei paradigmi" non riguardano esattamente le culture di tutto il globo e mi pare sia proprio così che nascono i conflitti più seri, oggi, quelli che testano le etiche sul campo, non nei convegni.
Nondimeno ammetto che non sia "grave" essere tendenzialmente selettivi nel parlare di «cultura» e pensare, da bravi discendenti dei romani, che fuori dalla nostra cultura occidentale «hic sunt leones».
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
@Ipazia
Posso sbagliarmi, come sempre, ma mi pare che si sia passati dal «contrattacco» alla «reattanza»/«psicologia inversa»: obiettare a prescindere dal contesto e in assenza di argomentazioni appoggiarsi a metafore estetico-narrative; faccio quindi un po' fatica a seguire il filo del discorso (almeno la parte che mi interessava), comunque ci provo, cercando di essere sintetico e facendo qualche domanda per avere chiarimenti.

Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.

Citazionesenza la graduale formalizzazione dei processi logici e senza la loro crescente comunicabilità, la ratio umana di oggi non esisterebbe. Gli altri animali non possono dire (e, per ora, fare) altrettanto, non hanno ancora tagliato il cordone con il gesto della scrittura (questa la lascio qui, così...).

Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.

Citazione
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 16:18:05 PM
Ma questo non legittima etiche nate sotto un cavolo che nel duro impatto col principio di realtà franano, mostrando tutta l'illusionalità della loro arbitraria autonomia.
Curiosità: ci sono etiche del genere? Intendo incompatibili con il principio di realtà (ormai, in campo etico, non mi stupisce più nulla...).

Certo che ci sono. Bufale di varia natura col loro codazzo di fedeli. L'ethos umano è assai trafficato e non ci facciamo mancare proprio nulla.

CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.

Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.

CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?

Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.

CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.

Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.

CitazioneDavvero gli etologi pensano che gli animali possano accedere alla nostra cultura e alla nostra etica (come scritto)? Davvero ritengono «opinabile» che, riguardo gli animali, la loro «complessità diverge dalla nostra, non la fonda»(cit.)?
Lo chiedo perché non ne frequento.

Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.

CitazionePer non scomodare sempre l'Oriente, basta uno sguardo al di là del Mediterraneo per osservare che l'"unificazione dei valori" e la "riscrittura dei paradigmi" non riguardano esattamente le culture di tutto il globo e mi pare sia proprio così che nascono i conflitti più seri, oggi, quelli che testano le etiche sul campo, non nei convegni.
Nondimeno ammetto che non sia "grave" essere tendenzialmente selettivi nel parlare di «cultura» e pensare, da bravi discendenti dei romani, che fuori dalla nostra cultura occidentale «hic sunt leones».

I paradigmi etici non sono liturgie religiose o profane ma grandi rivolgimenti nel costume e quindi nel diritto che nei principi e nella prassi trasformano il nostro stile di vita. Non necessariamente di matrice occidentale, anche se molti elementi di emancipazione dalla barbarie sono nati in occidente. Su questo si può discutere a volontà, ma già poterlo fare é segno di evoluzione civile, di ampliamento dell'orizzonte ermeneutico.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 16 Settembre 2019, 00:50:29 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.
Per amor di brevità, non ho esplicitato; mancanza mia; non mi riferivo agli animali dell'antropologo (che non sono metafore, né sono estetici), ma ad Antigone; ora anche a
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.
simpatica battuta in risposta ad una domanda che parlava di un supposto "accesso degli animali all'etica umana" e di fondamenti (teor)etici.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.
Non la escludo affatto, ma non ne colgo la pertinenza con il discorso; se vuoi cambiare tema (la comunicazione negli animali o altro), non insisto oltre sulla questione del sequitur etico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.
Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.
Temo si stiano confondendo di nuovo le informazioni-nozioni con le conseguenti decisioni-valutazioni, glissando sul meccanismo etico interpretativo che le elabora (se stiamo ancora parlando di etica...). Qualche esempio di come l'"epistemologia dell'ethos"(?), «interrogando senza pregiudizi la natura», possa instradarmi verso scelte etiche verificate (oltre a darmi informazioni su cui basare tali scelte, attività ben differente), probabilmente mi gioverebbe a seguirti meglio.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?
Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.
Il problema (e il tema) non è tuttavia la base: che anche l'uomo sia un animale è ben noto; la questione è l'altezza, la verticalità della ratio con cui l'uomo si allontana dalla base (restando comunque un animale, chiaramente). Il sequitur etico, in quanto tale, non sarebbe infatti da cercare fra l'ethos dell'uomo selvaggio e l'ethos dell'animale allo stato brado (due ethos), quanto piuttosto fra l'etica dell'uomo civilizzato e l'ethos del "mondo animale" (almeno questa era la tua tesi iniziale che mi ha incuriosito: il legame fondante fra ethos ed etica).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.
Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.
Come detto, «cercavo una dimostrazione»(autocit.), argomentazioni logiche, poiché sul piano estetico-narrativo non c'è epistemologia che fondi paradigmi falsificabili, ma piuttosto letteratura, tradizione, cultura, etc. possiamo risalire fino agli archetipi transculturali, ma la domanda «perché ci sarebbe sequitur fra etica umana ed ethos animale?» richiede, per me, ben altro fondamento (e se non c'è, nessun problema).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Citazione di: Phil il 16 Settembre 2019, 00:50:29 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Chiamare metafore estetico-narrative fatti tratti dal mondo naturale evidenzia tutta l'ideologica autonomia del linguaggio e nulla più.
Per amor di brevità, non ho esplicitato; mancanza mia; non mi riferivo agli animali dell'antropologo (che non sono metafore, né sono estetici), ma ad Antigone; ora anche a
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Giorgio Celli, etologo amante dei gatti, riveló di essere perennemente in dubbio su chi tra lui e i suoi gatti avesse adottato l'animale di specie diversa.
simpatica battuta in risposta ad una domanda che parlava di un supposto "accesso degli animali all'etica umana" e di fondamenti (teor)etici.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
Questo non esclude una vita psichica capace di comunicare.
Non la escludo affatto, ma non ne colgo la pertinenza con il discorso; se vuoi cambiare tema (la comunicazione negli animali o altro), non insisto oltre sulla questione del sequitur etico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneQuindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? .... il sequitur fra uomo e natura di cui parlavamo è quello etico, giusto? Non colgo dunque la pertinenza di terremoti e ascese in vetta.
Certamente, solo la conoscenza accurata della natura può sbufalare certe posizioni ideologiche che raccolgono firme per dei referendum e un'occhiata al cielo da vicino può falsificare superstizioni infondate. Anche l'ethos ha la sua epistemologia che si assevera o falsifica interrogando senza pregiudizi la natura. Tralascio per brevità l'abbondante esemplificazione.
Temo si stiano confondendo di nuovo le informazioni-nozioni con le conseguenti decisioni-valutazioni, glissando sul meccanismo etico interpretativo che le elabora (se stiamo ancora parlando di etica...). Qualche esempio di come l'"epistemologia dell'ethos"(?), «interrogando senza pregiudizi la natura», possa instradarmi verso scelte etiche verificate (oltre a darmi informazioni su cui basare tali scelte, attività ben differente), probabilmente mi gioverebbe a seguirti meglio.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneNon capisco: paragonare un selvaggio umano a un cane addomesticato depone a favore del sequitur fra la società umana e l'ethos naturale?
Sí, nei suoi meccanismi cognitivi di base.
Il problema (e il tema) non è tuttavia la base: che anche l'uomo sia un animale è ben noto; la questione è l'altezza, la verticalità della ratio con cui l'uomo si allontana dalla base (restando comunque un animale, chiaramente). Il sequitur etico, in quanto tale, non sarebbe infatti da cercare fra l'ethos dell'uomo selvaggio e l'ethos dell'animale allo stato brado (due ethos), quanto piuttosto fra l'etica dell'uomo civilizzato e l'ethos del "mondo animale" (almeno questa era la tua tesi iniziale che mi ha incuriosito: il legame fondante fra ethos ed etica).

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 23:07:21 PM
CitazioneCercavo una dimostrazione, pur nel contesto letterario; la trasvalutazione storico-narrativa del suo gesto, per quanto allettante, non dimostra alcun sequitur, così come accade per altri testi (la Bibbia, tanto per citarne uno...). Si tratta ancora di distinguere il piano logico-argomentativo da quello storico-narrativo, meta-etica da etica, etc.
Esiste forse qualcosa che piú dei miti possa spiegare al meta-ermenauta il senso più profondo delle sue radici ? Etologia umana al calore bianco.

Come detto, «cercavo una dimostrazione»(autocit.), argomentazioni logiche, poiché sul piano estetico-narrativo non c'è epistemologia che fondi paradigmi falsificabili, ma piuttosto letteratura, tradizione, cultura, etc. possiamo risalire fino agli archetipi transculturali, ma la domanda «perché ci sarebbe sequitur fra etica umana ed ethos animale?» richiede, per me, ben altro fondamento (e se non c'è, nessun problema).

Temo di aver perso il filo delle vostre elucubrazioni mentali.

Non capisco più che altro i tuoi rilanci Phil.

Sono d'accordo che posare una etica senza aver prima fatto i conti con il suo linguaggio, sia un rischio notevole, e senza fondamento.

Ma perchè a questo punto rilanciare la cosa con l'ethos?

Se per ethos intendiamo una sorta di favoletta ecologista, io te e gaia, è un conto.

Ma io credo che possiamo fare uno sforzo e intendere non dico Ipazia, ma una sorta di pseudo-Ipazia, che affermi che non è tanto la favoletta quella che interessa, ma le sue forme di prassi.


La prassi è un evento linguistico? o non è invece un evento fenomenologico!

Certo posso ragionare sulla prassi come evento linguistico, ma questo evento linguistico è precedente o succedente l'evento in sè, quello fenomenologico (lasciamo stare la questione naturale).

Di fatto la filosofia continua a girare a vuoto ogni volta che vuole pensare l'evento come evento linguistico, quell'evento linguistico che viene prima dell'evento che descrive, e che comporta un altro evento linguistico.

Ma questo è una petitio principi, senza alcun fondamento!

Mentre il fondamento è proprio la fenomenologia, ossia come un evento è dato!

Ossia non è solo linguaggio, è anche percezione, emozione, sentimento.

Da questo evento dato poi possiamo cominciare a fare inferenze verso Dio o verso una logica senza fondamento, assiomatica, e al contempo andare verso una prassi, computazionale nel secondo caso, ossia la cascata di eventi linguistici (simbolici) e dall'altro alla cascata di eventi ideali (simbolici). Che poi il simbolo sia legato al nanturale è solo una cosa secondaria rispetto alle tue problematiche!


Il fondamento è sempre un apertura, da Kant a Heidegger è sempre così.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 16 Settembre 2019, 08:12:35 AM
Un pensiero accessorio. Sul male nel mondo c'è da fare una distinzione fra le nostre due grandi radici: quella romano-ellenistica e quella giudaico-cristiana.
Per i greco-romani il male esiste nel mondo, e sempre esisterà. E' vero che si impara sperimentando il male: "pathei mathos", ma il male è connaturato all'uomo e alla natura. Ed è per questo motivo che i greci inventarono la "tragedia", inconcepibile in altre culture. All'uomo spetta il compito di affrontare quel male e cercare di mitigarlo.
La cultura ebraico-cristiana parte da un altro presupposto. Il male é causato dall'uomo che non si é sottomesso all'ordine divino, ma nello stesso tempo si prospetta anche il superamento di quel male sempre ad opera dell'uomo. Il pathei mathos conduce alla liberazione e alla pace definitiva e quindi alla sconfitta del male.
Quindi in un fittone delle nostre radici il male é naturale, ci attraversa e sarà sempre così. Nell'altro l'origine é l'uomo ma é anche l'uomo che può riscattare quel male, facendo percepire la coesistenza di divino e diabolico in ogni essere umano.
Ma ovviamente la storia non finisce qui.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 16 Settembre 2019, 10:52:40 AM
Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Temo di aver perso il filo delle vostre elucubrazioni mentali.
Ammetto che non sei l'unico: Ipazia mi ha ormai "seminato" nel dedalo degli Holzwege.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Non capisco più che altro i tuoi rilanci Phil.

Sono d'accordo che posare una etica senza aver prima fatto i conti con il suo linguaggio, sia un rischio notevole, e senza fondamento.

Ma perchè a questo punto rilanciare la cosa con l'ethos?
Non rilancio con l'ethos, che per me è ben distinto dall'etica, ma su l'ethos: rilanciavo l'interesse per la prospettiva di Ipazia in cui, se non l'ho fraintesa, l'ethos è fondante l'etica, addirittura coinvolgendo una certa epistemologia.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Certo posso ragionare sulla prassi come evento linguistico, ma questo evento linguistico è precedente o succedente l'evento in sè, quello fenomenologico (lasciamo stare la questione naturale).

Di fatto la filosofia continua a girare a vuoto ogni volta che vuole pensare l'evento come evento linguistico, quell'evento linguistico che viene prima dell'evento che descrive, e che comporta un altro evento linguistico.
Proprio per questo insistevo (ai limiti del pudore) sulla differenza fra referente e significato, fra evento ed etica, fra "moneta" e "caffè", etc.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Ma questo è una petitio principi, senza alcun fondamento!
Certo; ho infatti rimarcato spesso ed esplicitamente il fulcro ricorrente e scomodo del tautologico.

Citazione di: green demetr il 16 Settembre 2019, 01:16:24 AM
Che poi il simbolo sia legato al nanturale è solo una cosa secondaria rispetto alle tue problematiche!
Era invece di primario interesse capire come potesse l'ethos essere fondante per l'etica (sempre se non ho frainteso Ipazia); tuttavia, l'incommensurabilità emersa fra le nostre prospettive (operazione filosoficamente comunque molto utile) mi impedisce di capire esattamente tale fondamento e il discorso che lo indica (nonostante la pazienza del mio interlocutore).



P.s.
Citazione di: viator il 15 Settembre 2019, 18:47:34 PM
Salve Phil. Citando dal tuo intervento nr.93 qui sopra: "suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva)".
Mai il suicidio , ripeto, potrà risultare conseguenza di scelta razionale (volevi forse dire "volontaria", cioè cosa ben diversa che tuttavia potrà anche essere contro-istintiva).
Intendevo scelta razionale (riferendomi alla definizione classica) in opposizione a scelta istintiva, ma anche riferendomi a come la razionalità sia coinvolta nel suicidio che, pur con differenti sfumature, va organizzato, ragionato ed eseguito. Senza capacità razionali sarebbe difficile persino capire cosa possa ucciderci, decidere fra le varie possibilità e poi preparare adeguatamente tutto il necessario in modo che funzioni. Fosse anche scegliere di buttarsi dalla finestra o sui binari, bisogna comunque pianificarlo e restare razionali nell'esecuzione del piano, fino all'ultimo gesto necessario (saltare giù o su, premere il grilletto, etc.).

Citazione di: viator il 15 Settembre 2019, 18:47:34 PM
La razionalità evita sempre le soluzioni irreversibili. In ciò risultando perfettamente d'accordo con l'istinto.
Motto a mio avviso un po' discutibile, proprio perché, ad esempio, la scelta di uccidere (se stessi o altri) ha spesso una sua razionalità (vedi sopra).
Per quanto riguarda poi gli altri termini che coinvolgi nel tuo post, come «volontà», «psiche», «mente», «coscienza», etc. sono temi sconfinati (e straripanti di storia) con i quali preferisco non misurarmi in questa sede.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 16 Settembre 2019, 13:04:09 PM
Salve Phil. Perdona la pedanteria, peraltro abbastanza laconica : "Fosse anche scegliere di buttarsi dalla finestra o sui binari, bisogna comunque pianificarlo e restare razionali nell'esecuzione del piano, fino all'ultimo gesto necessario (saltare giù o su, premere il grilletto, etc.)."
Razionale qui risulta la scelta e l'utilizzo degli strumenti, non la decisione di raggiugere lo scopo. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 16 Settembre 2019, 14:15:35 PM
Citazione di: viator il 16 Settembre 2019, 13:04:09 PMRazionale qui risulta la scelta e l'utilizzo degli strumenti, non la decisione di raggiugere lo scopo.
La scelta del suicidio in generale (senza poter qui distinguere caso per caso) mi pare razionale perché si basa su un motivo: l'uomo, in genere, non si uccide per istinto, ma perché ha una ragione (in entrambi i sensi) per farlo; se non sbaglio, il movente è solitamente frutto di un ragionamento razionale (almeno viene letto come tale da chi ne trae quella conclusione). 
L'esempio più classico è che, fatto un bilancio della propria situazione esistenziale, economica o altro, si decide di farla finita; la razionalità di tale scelta è spesso quella che si trova scritta nel messaggio di addio. Chiaramente può non essere condivisibile, ma è una razionalità comunque umana, quindi necessariamente interpretativa, non asetticamente matematica.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 16 Settembre 2019, 16:42:47 PM
Salve Phil. Ma allora scusami. Per "razionale" tu intendevi "ciò che ha della ragioni (cause) per essere" (per quanto non sia certo questa la definizione convenzional-canonica di questo termine).

Io invece intendevo "ciò chè frutto di una valutazione logica o speculativa circa le conseguenze di una qualche scelta deliberata". Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 11:43:11 AM
Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
L'obiezione di viator mi pare fondata ed evidenzia un punto cruciale del dissenso: ethos é un intermedio tra physis e nomos che Phil riduce totalmente al primo, negandone la complessità.
Ethos è intermedio fra physis e nomos, ma fra ethos animale e nomos umano non c'è forse la suddetta razionalità (ratio)? Tale razionalità non ci separa dall'ethos animale, recidendo il sequitur del cordone ombelicale che ci lega all'istinto del comportamento adattativo di base?
Non ho ancora capito la risposta: considerando quella lista di questioni squisitamente umane e pratiche (politiche, bioetiche, etc.) come si può decidere secondo ragione ma restando ancora in sequitur con la natura (magari sventando ogni opinabilità interpretativa)?

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 08:19:54 AM
Che si assevera anche in ambito extraumano quando un animale preso nella tagliola recide l'arto intrappolato per guadagnare la libertà  compiendo un gesto psicologico apparentemente in contrasto con una ipostatizzata logica naturale.
Non capisco la «ipostatizzata logica naturale»; riesco solo a connettere la logica alla razionalità e quindi all'umanità, emancipata dall'istinto che ci farebbe sempre correre via quando abbiamo una gamba presa in una trappola, lasciandoci storpi o, meno cruentemente, renderebbe impossibile farsi fare una puntura perché o fuggiremmo o aggrediremmo chi ci provoca dolore.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
Citazione di: Phil il 14 Settembre 2019, 23:30:24 PM
Se l'ethos di matrice naturale (quello di cui si è parlato sinora, se non sbaglio) non prevede il suicidio per istinto, suicidio che è quindi scelta razionale (contro-istintiva), per capire meglio, provo con una domanda secca: perché l'etica di Antigone è fondata sull'ethos?

Lo dice lei stessa a Creonte: "Neppure pensavo i tuoi decreti avere tanta forza che tu uomo potessi calpestare le leggi degli dèi, quelle leggi non scritte e indistruttibili. Non soltanto da oggi  né da ieri, ma da sempre esse vivono, da sempre: nessuno sa da quando sono apparse"
Bel discorso, ma davvero il fatto che lei lo affermi è dimostrazione di una fondazione sull'ethos? Mi concederai che è un po' poco come collaudo filosofico.

Citazione di: Ipazia il 15 Settembre 2019, 09:55:44 AM
La tua premessa sbaglia per il motivo che ho detto sopra. L'ethos umano é  physis + psiche (+ logos).  Ma anche nel mondo animale l'etologia rivela la complessità dei comportamenti, particolarmente nei contesti sociali.
[...]
PS. l'ulteriore complicazione é data e va navigata.
Mi pare che la complicazione nel passaggio dall'ethos animale a quello umano sia proprio il sequitur interruptus (dal non sequitur in ivg fino ai metodi di natalità): nel momento in cui edifichiamo etiche e culture a cui gli animali non possono cognitivamente (prima, tecnicamente poi) accedere, non possiamo più dire che c'è continuità con il loro ethos, che ha certo una sua complessità, ma, passaggio cruciale, tale complessità diverge dalla nostra, non la fonda.
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 16 Settembre 2019, 19:42:42 PM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.
Concordo sul salto, tuttavia propongo una postilla: anche gli animali, a loro modo, comunicano e discorrono (in questo mi ritrovo a fare le veci di Ipazia); la differenza più tranciante fra noi e loro, secondo me, l'ha segnata piuttosto l'avvento della scrittura: con essa l'uomo ha lasciato la preistoria e ha innescato la (sua) storia, ponendo le condizioni per evolvere l'ethos animale in etica (o meglio, etiche).


P.s.
@viator
La definizione di «razionalità» (che per comodità avevo linkato nel mio post) tratta dalla Treccani online è:
«razionalità s. f. [dal lat. tardo rationalĭtas -atis]. – La qualità di ciò che è razionale. In partic.: 1. Facoltà propria degli esseri dotati di ragione: la r. è l'essenza dell'uomo. 2. Fondamento, metodo, criterio razionale: r. di un giudizio, di una cura, di una ricerca scientifica; r. di un arredamento.»
Usando la sua ragione e i suoi criteri, analizzando la sua situazione, l'aspirante suicida perviene, in generale, alla conclusione ("razionalizzata", calcolata) che il suicidio sia la soluzione.
Mi sembra che anche usando la tua definizione, egli si comporti comunque razionalmente poiché valuta e prevede le conseguenze della sua scelta in modo «logico e speculativo», optando in conclusione per il gesto finale.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
@phil
Il,problema è che non sono un pipistrello, nemmeno un gatto.
Da quale prospettiva discorsiva diciamo che pure gli altri animali sono discorsivi? Postilla mia ( poi torno sulla tua ) : che ogni vivente non posssa esimersi dal comunicare è pacifico, ma che che ogni comunicazione sia un "discorrere" questo è da assodare, non penso siano sinonimi. Con lieve imbarazzo posso chiedere da quale prospettiva animale ci si "chiede" ciò?
E di nuovo chiedo, non è che per caso, a questo discorso partecipano, a quanto ne sappiamo, alcuni animali e non altri. Perchè poi piegare alla discorsività il gatto? molto antropocentrica come "discorsività". Fossi gatto, chissà. L'altro dall'umano non è grazioso piegarlo all'umano per i nostri discorsi.
Detto ciò la postilla che hai introdotto è certamente dirimente: la scrittura è un carattere che ci rende stra-ordinari rispetto ai viventi. Quale scrittura? pure il cinghiale lascia un segno, un odore, una impronta, sul terreno e chissà che il cane non  "legga" quell'odore e che il cacciatore non "legga" quell'impronta. Tuttavia la scrittura è un linguaggio segnico sui generis: pienamente d'accordo.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 16 Settembre 2019, 21:54:41 PM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
Da quale prospettiva discorsiva diciamo che pure gli altri animali sono discorsivi? [...] che ogni vivente non posssa esimersi dal comunicare è pacifico, ma che che ogni comunicazione sia un "discorrere" questo è da assodare, non penso siano sinonimi. Con lieve imbarazzo posso chiedere da quale prospettiva animale ci si "chiede" ciò?
Li intendevo come sinonimi (forse con troppa leggerezza?), interpretandoli inevitabilmente secondo la prospettiva umana.

Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 20:54:17 PM
la scrittura è un carattere che ci rende stra-ordinari rispetto ai viventi. Quale scrittura? pure il cinghiale lascia un segno, un odore, una impronta, sul terreno e chissà che il cane non  "legga" quell'odore e che il cacciatore non "legga" quell'impronta. Tuttavia la scrittura è un linguaggio segnico sui generis: pienamente d'accordo.
Osservazione che ci porta ad un tema talvolta sottovalutato riguardo la scrittura: la conservazione del segno. La tecnica che incide il segno non garantisce di per sé l'accesso alla dimensione "storica" (sempre umanamente parlando) se tale segno non viene poi preso in carico da una tecnica di custodia, che lo rende segno fruibile per i "momentaneamente assenti". Talvolta tale tecnica è immanente al segno (tavoletta di marmo che può attraversare i secoli), talvolta è una tecnica accessoria (biblioteche, copiatura, etc.).
Giustamente osservi che alcuni animali segnano fisicamente il territorio, pur con segni non ancora linguistici (essendo fra l'altro privi di dimensione fonetica): più che un linguaggio, o meglio, più che una lingua, si tratta di una rudimentale comunicazione a distanza, che è nondimeno l'"essenza" della comunicazione scritta: il messaggio scritto parla in assenza (della voce) del parlante. Certo, oggi ci si può anche messaggiare con la scrittura stando faccia a faccia, ma non direi che ciò rappresenta la vera forza della comunicazione scritta, quanto piuttosto un suo "impiego di ripiego" (a discapito della comunicazione orale, resa magari impraticabile o non preferibile per contingenze contestuali).
Qui si potrebbe dunque innestare il tema della memoria che la scrittura rende possibile, fil rouge che lega il papiro a Gutenberg agli hard disk, tuttavia l'off topic incombe...
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.

Necessario ma non sufficiente. Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.

Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).

Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis. Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici. In effetti quello dominante nell'epoca attuale è una piramide rovesciata in cui si perde persino il senso del + e del -

Per ora mi fermo qui.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.
Difficile non concordare, almeno se anche la cultura e l'influsso sociale rientrano nel «logos»; ancor più difficile (almeno per me) non considerare quanto quel "+ logos" tagli i ponti (di sequitur, di fondazione, etc.) con ogni altro ethos animale, essendo sommariamente "+ logos = - istinto" (con a margine la divergenza per cui il logos umano, di cui la technè fa parte, è in crescita esponenziale mentre quello degli animali in genere, non dico sia = 0, per non deviare il discorso, ma, sorvolando sul suddetto tema della scrittura, appare comunque piuttosto statico).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).
Concordo, il referente è la physis; tuttavia parlando poi («poi» che non mi pare fondazionale) di «miglior mondo possibile», siamo già nei cieli del significato, con tutta l'interpretazione e gli annessi paradigmi (al plurale) che ciò comporta.

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis.
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro? Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Quello piramidale è forse il "miglior mondo possibile" per l'individuo, il problema etico nasce quando la mia piramide (la mia isola?) si scontra con quella di un altro.
Al penultimo piano della piramide leggo «rispetto reciproco», all'ultimo «moralità»: in cosa essi consistano e su cosa si fondino (certo, materialmente sulla salute, ma filosoficamente?) è la questione etica par excellence, questione di cui uno psicologo può anche scegliere di non occuparsi, essendo per lui off topic (ma per noi, qui, no).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici.
Il problema del disegno, di ogni disegno di quel tipo, è il referente esterno dei termini coinvolti, il riempimento concreto di quei significati; più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica (fermo restando che non è una piramide funebre, per il mondo dei morti).
Che ciascuna piramide abbia in cima «moralità», non è in sé un problema; la questione etica nasce quando due piramidi danno a tale espressione significati antagonisti... e allora o si ricorre ad una meta-etica (se esiste) risolutiva del conflitto, oppure anche nel "miglior mondo possibile" il conflitto fa la sua parte, nell'impopolare veste di "male tuo, bene mio" (sospendendo ogni etica basata sul valore della vita altrui, etc.).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro?
Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.

Per nulla. La piramide dei bisogni riporta l'individuo dall'astrazione ideologica al suo ethos umano comune in cui solo egli ha senso metafisico e possibilità di sopravvivenza fisica. I bisogni hanno una caratteristica comune, sovraindividuale, e ce l'hanno quanto più ci si avvicina alla base della piramide che quindi può rendere conto delle sue pretese di universalità fondativa dell'ethos umano.

È vero che "più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica" e gli Holzenwege si moltiplicano. Ma quello che a me preme teor-eticamente é ció che sta alla base per 1) la sua universalità e 2) per il suo incontrovertibile sequitur con la natura, a priori di ogni speculazione logica.

Sono queste due caratteristiche a rendere possibile un approccio razionale sintetico alla questione et(o-log)ica umana. Traducendo la piramide dai bisogni in (meta-)etica, ridurrei il tutto a tre stadi del bene in sequitur:

1) fisico (alimentazione, salute, attesa di vita)
2) sociale (lavoro, istruzione, diritti politici e civili)
3) estetico-culturale-ludico.

CitazioneChe ciascuna piramide abbia in cima «moralità», non è in sé un problema; la questione etica nasce quando due piramidi danno a tale espressione significati antagonisti... e allora o si ricorre ad una meta-etica (se esiste) risolutiva del conflitto, oppure anche nel "miglior mondo possibile" il conflitto fa la sua parte, nell'impopolare veste di "male tuo, bene mio" (sospendendo ogni etica basata sul valore della vita altrui, etc.).

Verissimo. Infatti a questo serve la ricerca dei fondativi etologici umani, cui la teoria umanistica dei bisogni offre un supporto importante. Fondativi che contengono pure il conflitto etico fino alle sue forme estreme. Ad esempio con la piramide rovesciata 1% fondata sul Capitale. Peró così facendo si ottengono i vantaggi teoretici di ridurre di ordini di grandezze gli Holzenwege, illuminando le contraddizioni nelle convergenti radure assolate dove si combattono le guerre di civiltà. Con gli strumenti, eticamente evolventesi pure loro, che il livello di civiltà raggiunto consente. Tra cui anche il valore della vita altrui. Se possibile.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 17 Settembre 2019, 17:19:31 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Citazione di: Phil il 17 Settembre 2019, 11:37:45 AM
Il buon Maslow ha tratteggiato una piramide per l'individuo, seppur in società, e in tale piramide «Fisiologia» è salute... comunque, essendo qui il tema l'etica, possiamo davvero usare la piramide, non dico come tavola di valori, ma come spunto etico nel rapporto con l'altro?
Mi concederai che, parafrasandoti, "la realizzazione della piramide possiamo assimilarla al concetto di bene" solo nella dimensione individuale.
Per nulla. La piramide dei bisogni riporta l'individuo dall'astrazione ideologica al suo ethos umano comune in cui solo egli ha senso metafisico e possibilità di sopravvivenza fisica. I bisogni hanno una caratteristica comune, sovraindividuale, e ce l'hanno quanto più ci si avvicina alla base della piramide che quindi può rendere conto delle sue pretese di universalità fondativa dell'ethos umano.
Per «dimensione individuale» intendo che la piramide si riferisce a ciascun individuo, nella sua singolarità: l'ultimo uomo sulla terra potrebbe fare i conti con la sua piramide, rilevare le carenze, etc. l'uso della piramide è una chiave di lettura individuale, pur contemplando fra gli items altri esseri umani. Non è un caso che in cima ci sia l'autorealizzazione, concetto che ha come referente ciascuna individualità (se non sbaglio).

Inoltre, non so se la piramide dei bisogni possa esimersi dal considerare la differenza fra physis ed etica: le esigenze della salute e della vita organica (sopravvivenza) sono ben differenti da quelle del benessere individuale in società (che non significa della società, che è ciò che affluisce all'etica). Notoriamente, le prime si basano su bisogni primari fisiologici, le seconde sono psicologiche, culturali, etc.
Detto in soldoni: l'universalità del bisogno di cibo (per restare vivi) non fonda, non dà seguito filosofico (non parlo di storia), ad una ipotetica universalità (che non rilevo) dei valori sociali, dell'autostima (che infatti ha dinamiche strettamente individuali), della moralità (figlia di tradizioni ed esperienze contingenti), etc.
L'universalità della base (bisogni primari) non arriva sino agli ultimi piani, altrimenti non avremmo la pluralità delle culture oppure potremmo falsificarle facendo comodamente appello alla natura (come da omonima fallacia).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
È vero che "più si sale verso la vetta, più la questione si fa interpretativa, soggettiva, filosofica e meno fisica" e gli Holzenwege si moltiplicano. Ma quello che a me preme teor-eticamente é ció che sta alla base per 1) la sua universalità e 2) per il suo incontrovertibile sequitur con la natura, a priori di ogni speculazione logica.
Il sequitur logico fondato sulla physis (se ho questa etica, allora esisto) credo non vada confuso con la sua versione rovesciata (se esisto, allora ho questa etica); distinzione ribadita dall'impossibilità di falsificare le etiche (al plurale), mentre l'ipotesi di un morto che abbia una sua etica è per ora piuttosto falsificata (in attesa della resurrezione e/o degli zombies).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Sono queste due caratteristiche a rendere possibile un approccio razionale sintetico alla questione et(o-log)ica umana. Traducendo la piramide dai bisogni in (meta-)etica, ridurrei il tutto a tre stadi del bene in sequitur:

1) fisico (alimentazione, salute, attesa di vita)
2) sociale (lavoro, istruzione, diritti politici e civili)
3) estetico-culturale-ludico.
Secondo me questi tre "beni" (a loro volta non in sequitur fra loro), non ci parlano di etica, essendo strettamente individuali (nel senso spiegato all'inizio). Allora mi/ti chiedo: la piramide cosa ci dimostra spiega dell'etica? Che il singolo ha il bisogno individuale di sentirsi nel giusto (moralità)? Concordo appieno, tuttavia abbi pazienza, ma non vedo ancora né sequitur (fondazionali) fra physis ed etica, né «epistemologia dell'ethos» (cit.).

Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 15:16:37 PM
Infatti a questo serve la ricerca dei fondativi etologici umani
Ben venga tale ricerca, soprattutto se poi fornisce dimostrazioni; intanto, concedimi la battutaccia: ti leggo, ti rispondo, ma ancora non ti sequitur...
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 17 Settembre 2019, 17:48:27 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 09:49:06 AM
Citazione di: Lou il 16 Settembre 2019, 18:08:53 PM
Non c'è sequitur tra l'ethos animale e l'ethos umano, c'è un salto ( evoluzionistico?) che rende l'ethos umano stra-ordinario rispetto all'ethos animale. Questo è il punto? Per fondare l'etica sull'ethos occorrerebbe essere in  una prospettiva entro cui la discorsività non ha alcun peso, quando è proprio il fatto di discorrere l' elemento senza il quale non c'è etica. La discorsività è un ingrediente essenziale, per una etica.

Necessario ma non sufficiente. Quello che vorrei dire a Phil et altri é che l'etologia umana si regge sulla formula:

ethos = physis + logos.

Logos é un'emergenza trascendentale rispetto a physis, con una sua relativa autonomia creativa e gestionale, ma il referente di ultima istanza rimane physis, perché   meta-fisicamente ancora prima che meta-eticamente l'essere (umano) per essere deve innanzitutto essere (vivo) e conservarsi tale. Nel miglior modo possibile: etica (ethos-techne).

Il "miglior modo possibile" é graficamente descritto dalla piramide di Maslow la cui realizzazione possiamo assimilare al concetto di bene. E col segno meno davanti di male.

Non è un caso se alla base della piramide ci sta physis. Phil affermerà che sono possibili anche altri disegni et(olog)ici. In effetti quello dominante nell'epoca attuale è una piramide rovesciata in cui si perde persino il senso del + e del -

Per ora mi fermo qui.
No, non è descritto dalla piramide di Maslow, il miglior mondo possibile, il soddisfacimento dei bisogni primari non è necessariamente la base per l'autorealizzazione. L'autorealizzazione nega fortemente questa semplificazione, in ambito etologico umano, e non la nega a livello teorico, ma prassico. È perchè non mi interessa un fico secco di aver la pancia piena e conservarmi se il valore prioritario è per me la libertà, faccio un esempio ovviamente, l'etologia umana smentisce costantemente nella storia l'autoconservazione come base e valore primario. Antigone lo prova. Socrate lo prova. Catone lo prova. Seneca lo prova. E la lista è lunghissima. L'etologia umana spezza quella continuità che affermi, ci sono singoli per cui non vale. Già solo lo schematismo piramidale induce a perplessità. Navigare mari, è per taluni preferibile che arrampicate piramidali. Non è per tutti la priorità avere la pancia piena, per essere felici. Autorealizzati. Certo, la vita è il contesto entro cui apparteniamo, per dire ciò, eppure, paradossalmente, per affermarla, in molti casi non è l' autoconservazione, il mero sopravvivere, che l'etologia umana testimonia.

E per inciso, "physis" in realtà è già da sempre - concetto.
Impestata di logos.
Physis=ethos+logos.
È una postura logica ciò che da come  risultante "physis".
Siamo una forma di vita complicata e complessa. ;)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 17 Settembre 2019, 21:29:17 PM
Salve Lou. Citandoti : "l'etologia umana smentisce costantemente nella storia l'autoconservazione come base e valore primario. Antigone lo prova. Socrate lo prova. Catone lo prova. Seneca lo prova. E la lista è lunghissima. L'etologia umana spezza quella continuità che affermi, ci sono singoli per cui non vale".
Quindi secondo te è possibile trascurare la propria fisiologia e sopravvivenza corporale e purtuttavia riuscire ad autorealizzarsi (termine questo che presumo significhi "raggiungimento e/o mantenimento di una soddisfacente equilibrio esistenziale") ?
Come opinione tua posso anche rispettarla pur trovandola assurda, ma la cosa poco verosimile trovo consista nel fatto che, sempre secondo te, la prova di ciò consisterebbe in qualche decina di (apparenti) eccezzioni a fronte di molti miliardi di casi di "no food, no party, no survival, no self-realization". Tutto questo perchè (capita spessissimo) la generalità miliardaria di una certa considerazione viene condotta - per poterla smentire - alla particolarità di sue peraltro prevedibili eccezzioni. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 17 Settembre 2019, 21:51:44 PM
Non secondo me, ma secondo i fatti. L'autoconservazione e la sopravvivenza e i soddisfacimenti dei bisogni fisiologici per alcuni non sono la base e i valori primari. Ciò che vale è altro.  Sarà pure assurdo. Che qualcosa sfugga alla logica e alle dinamiche del godimento?
Incamerare in una piramide, un bello schema, la propria autorealizzazione, probabile non sia assurdo, ma opinabile, questo sì.  Con buona pace di Maslow, se si vuole continuità e sequitur, forse la circolarità sarebbe una geometria più opportuna, uno skema se non altro più fluido, con le proprie anarchie puntiformi, tuttavia equidistanti da un centro.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 17 Settembre 2019, 22:25:02 PM
viator mi ha anticipato: difficilmente una società di morti di fame e malattie, analfabeti e negati al lavoro potrà produrre la Venere di Milo o le etiche di Aristotele.

La mia triade nei punti 1 e 2 stabilisce i requisiti minimi per poter elaborare tecnicamente il nostro ethos. Ovvero per produrre un sistema etico degno di questo nome. Poi tutti liberi di credere che l'etica nasca sotto i cavoli. Dovendo peró rinunciare ad un feticcio antropologico che in altri contesti é apparso irrinunciabile: il linguaggio e la sua formalizzazione logica e grafica. Decisamente non alla portata di morti di fame analfabeti cacciatori e raccoglitori. Anche se un'etica animale non si può loro escludere.

Sulla riduzione dell'etica alla autonoma dimensione individuale il mio disaccordo é totale. In ció concordo con il testo postato da green. Al massimo gli hobby. Per quanto anche questi non nascano, eccetto che per qualche umano particolarmente talentuoso, sotto un cavolo.

Se neghiamo relativisticamente una evoluzione etica correlata ad una evoluzione dei saperi e dell'esperienza storica, ogne scarrafone etico diventa bell'a mamma soja.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 17 Settembre 2019, 22:30:54 PM
Citazione di: Ipazia il 17 Settembre 2019, 22:25:02 PM
viator mi ha anticipato: difficilmente una società di morti di fame e malattie, analfabeti e negati al lavoro potrà produrre la Venere di Milo o le etiche di Aristotele.

La mia triade nei punti 1 e 2 stabilisce i requisiti minimi per poter elaborare tecnicamente il nostro ethos. Ovvero per produrre un sistema etico degno di questo nome. Poi tutti liberi di credere che l'etica nasca sotto i cavoli. Dovendo peró rinunciare ad un feticcio antropologico che in altri contesti é apparso irrinunciabile: il linguaggio e la sua formalizzazione logica e grafica. Decisamente non alla portata di morti di fame analfabeti cacciatori e raccoglitori. Anche se un'etica animale non si può loro escludere.

Sulla riduzione dell'etica alla autonoma dimensione individuale il mio disaccordo é totale. In ció concordo con il testo postato da green. Al massimo gli hobby. Per quanto anche questi non nascano, eccetto che per qualche umano particolarmente talentuoso, sotto un cavolo.

Se neghiamo relativisticamente una evoluzione etica correlata ad una evoluzione dei saperi e dell'esperienza storica, ogne scarrafone etico diventa bell'a mamma soja.
No nessuno dice l'etica nasca sotto i  cavoli o che i funghi nascano dal nulla, e io sto proprio dicendo il contrario: è un travisamento della mia obiezione questa tua puntualizzazione. Scusami, ma chi nega una etica slegata dai saperi e dall'esperienza storica? Non è che mettere in discussione una piramide neghi i saperi e l'esperienza storica. Mica è un idolo a cui devo riverenza. Abbi pazienza.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 17 Settembre 2019, 22:46:51 PM
Chiunque non accetti di mettere in un ordine eto-logico l'evoluzione etica nel divenire storico. Evoluzione nella quale la richiesta di soddisfazione di bisogni e desideri é un filo di Arianna ermeneuticamente irrinunciabile. Non sincronico come un orologio svizzero, ma che lasciatigli i suoi tempi di maturazione colma la diacronia. Ovviamente non mi riferisco alle paturnie individuali ma alle grandi rivoluzioni culturali che hanno coinvolto collettivamente estese comunità di umani modificandone l'ethos.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 17 Settembre 2019, 22:53:57 PM
Perfetto e la "physis "di cui parlasti con sequitur e quant'altro non è essa stessa risultante di questo processo etologico, di divenire storico? No, faccio un passo indietro o di lato, come preferisci, no perchè è stata messa a origine, ma è una operazione di retroflessione, o no?
Per tornare ai fili di Arianna e non alle radure heideggeriane.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 17 Settembre 2019, 23:04:08 PM
Physis sta all'origine per i problemi che pone: fame, malattie, conflitti e, soprattutto, morte. Non per gli insegnamenti che (non) dà. Tenendo comunque conto di entrambe le opzioni.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 18 Settembre 2019, 01:40:28 AM
Attenzione ai referenti, Maslow viene citato in tutte le forme ideologiche di controllo dello stato.
Non si cita Nietzche, Kant, Hegel, si cita Maslow, chiaro?

Tanto per non dimenticarci il solito problema annoso, che la psichiatria nasce dall'idea dell'uomo robot.

L'errore di Lou è evidente come una casa Physis = ethos + logos, significa ribaltare la formula corretta ethos=physis + logos proposta elegantemente da Viator.

Il primo oltre ad essere una petitio ad principi (in quanto l'etos è una forma della physis, tutta da dimostrare, e non premessa). L'errore piu' grave è che ogni sequitur diventa l'automatico, la produzione infinita di nomi per giustificare quello che NON si vuole dimostrare.

Naturalmente Ipazia non ha risolto alcunchè in quanto anch'essa presume che esista una physis. Non lo dimostra affatto.

Mentre nella grecia è physis = fenomeno + logos, fino al delirio di appiattimento che fenomeno è logos.

La filosofia antica è l'infanzia della umanità.

O si riparte da Kant, e dal porre l'uomo e non Dio al centro dell'universo o non si va da nessuna parte.

il fondamento non è la physis ma il soggetto che la contempla (e contemplandola la pone).

La pone come problema, la physis insegna colli è la verità come problema, colli poi degenera velocemente in un sorta di teismo naturale ciò non di meno.

i referenti sono importanti.

l'individualismo di cui parla la filsoofia contemporanea, non è quello appiattente di un fusaro, ma è comunque quello che si eredita PROBLEMATICAMENTE, dal decostrozionismo.

Il decostruzionismo smonta il soggetto della filosofia a cui comunque mi attendo, quella idealistica.

La metafisica può continuare solo tramite un serrato confronto con il segno.

Dunque ha ragione phil, se non fosse che phyl non capisce, che il segno NON E' la physis.

Per inferenza e non per deduzione la physis è il fondamento.

ovvero la physis, ossia il fenomeno, è ciò che fonda come risultato già dato piuttosto che come assioma.

La physis è il risultato di una equazione ancora da scrivere. in termini scientifici.

o meglio molte cose sono già state scritte, manca quella impossibile da determinare, che è appunto l'equazione del soggetto.

impossibile, perchè l'uomo è sempre diverso, e al contempo uguale iscrittosi nella storia.

non esistono fatti ma solo interpretazioni, dovrebbe essere una cosa ultra assodata, e invece ancora ad anaspare su queste cose.

spero di aver illustrato il problema storico di base un pò meglio. vedrò di migliorare per scrivere una filosofia basica. forse è il tempo di farlo, ah ah ah!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 18 Settembre 2019, 11:32:39 AM
[I fili del discorso mi arrivano piuttosto sfilacciati; semmai foste così curiosi da aver domande/osservazioni per me, citatemi esplicitamente, altrimenti, nella tombola ad estrazione di concetti e riferimenti, finirei per fare confusione. In questo green dà il buon esempio: ]
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 01:40:28 AM
phyl non capisce, che il segno NON E' la physis.
Eppure giurerei d'aver insistito persino troppo sul referente (=physis) che non è né il significato (interpretato) né è il segno (medium di strutturazione dei paradigmi di significato; v. riferimento alla scrittura).
Oppure ho frainteso il ruolo di quella virgola?

P.s.
Simpatico il lapsus calami che sintetizza «Phil» e «physis» in «phyl».
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 18 Settembre 2019, 12:18:31 PM
Salve Lou. Ricitandoti : "Non secondo me, ma secondo i fatti. L'autoconservazione e la sopravvivenza e i soddisfacimenti dei bisogni fisiologici per alcuni non sono la base e i valori primari. Ciò che vale è altro.".
A quanto sembra (lo si era già capito) tu ne fai una questione di valori, perciò completamente soggettiva.
Ma Maslow non si occupava di valori, bensì delle connessioni causa-effetto tra bisogni, necessità e facoltà. Il percorso tra i livelli della sua piramide è del tutto neutro ed oggettivo, privo di ammiccamenti etici e valoriali. Ma la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 11:32:39 AM
[I fili del discorso mi arrivano piuttosto sfilacciati; semmai foste così curiosi da aver domande/osservazioni per me, citatemi esplicitamente, altrimenti, nella tombola ad estrazione di concetti e riferimenti, finirei per fare confusione. In questo green dà il buon esempio: ]
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 01:40:28 AM
phyl non capisce, che il segno NON E' la physis.
Eppure giurerei d'aver insistito persino troppo sul referente (=physis) che non è né il significato (interpretato) né è il segno (medium di strutturazione dei paradigmi di significato; v. riferimento alla scrittura).
Oppure ho frainteso il ruolo di quella virgola?

P.s.
Simpatico il lapsus calami che sintetizza «Phil» e «physis» in «phyl».

Ah ah caro Phyl naturalmente hai ragione, mi sono espresso male.

Tu poni bene la situazione tra segno simbolo e referente.

Ma o non ho capito niente oppure effettivamente per te è il simbolo quello che conta, e che tu ritieni tautologico rispetto ad un "eventuale" ma indimostrabile referente.

Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.

Cioè intendo la necessità di stabilire un simbolo.
In questo ovviamente ognuno degli utenti del forum ne ha dato una definizione, tutte abbastanza condivisibili.
Non è che mi scaglio sul tentativo di costruzione simbolica del referente, in questo caso il bene come physis, il bene come ethos, oppure il male come indecidibilità come nei primi interventi del 3d (e quindi anche il bene).

Ora il mio punto è come dire un passo in avanti, perchè la filosofia è analisi delle cose che tutti danno per scontato.

Ossia proprio quei significati che si sono indicati, dall'idecidibile, al bene e al male (su cui ovviamente non ho insistito, perchè sennò bisogna scrivere un libro, in fin dei conti insieme alla idea di vero, si è sempre associata l'idea di vero e falso).

Ora io non mi soffermo tanto sul significato, ma appunto sul referente.
Bisogna anzitutto decidere la verità dietro, qualsiasi considerazione del bene e del male.

Per questo sostengo che sia il referente anzitutto da decidere sulla questione del bene e del male.

Il referente, ossia l'oggetto (reale o immaginario che sia, perchè questo è una operazione successiva della filosofia) che costituisce la base per un discorso, mettiamo per semplificazione, SU l'ethos, è la base di una prima fase di critica.

A me Phil pare che ben poni la questione del referente dell'oggetto principale da cui inizia l'indagine filosofica, ma poi blocchi la stessa indagine filosofica, sui concetti tautologici, ossia blocchi l'analisi a livello linguistico, definendo il simbolo stesso come indecidibile, quindi non solo bene e male, ma anche ethos.
Facendo questo non solo fai un salto di quantità di cose da dire, ma anche di qualità, che evidentemente solo in pochi riescono a seguire. Secondo me dobbiamo impegnarci a rendere le cose più comprensibili agli altri. Penso che un annetto ci vorrà tutto, almeno per me, per cambiare stile di scrittura. Mi allenerò!

Certo la filosofia contemporanea si concentra proprio su questi labirinti di senso.

Per fare un esempio per gli studenti di Milano.

Filosofia teoretica è passata dal fenomenologo Sini, all'analitico prof. Spinicci.

Ma ora torniamo a noi Phil, e facciamo un salto qualitativo e parliamo su un piano che dia per scontato tutto quello sopra detto (e su cui utenti futuri sono chiamati, se vogliono, a indagare).

Sini ha provato a lungo a spiegare che Peirce sia fondamentale per capire come funziona un segno.
Ma evidentemente la fortuna critica dello stesso (Peirce) è oggi ancora in fase di riconoscimento (e di studio, le opere complete solo da pochi anni sono disponibili, e solo in inglese purtroppo).
Una figura titanica.

Come ho già detto, e leggendolo in traduzione nelle sue "nuove categorie kantiane" fa un lavoro certosino su come vada inteso il nome delle cose.
Ossia il passaggio dall'inferenza alla deduzione.
Come passaggio da concetti nebulosi a concetti sempre più chiari che vadano a chiarire "matematicamete" il mondo.

Non ho ancora studiato la sua faneroscopia (la sua fenomenologia), ma è chiaro che egli contempla l'inferenza come la base nominale che punta al referente.
Ossia l'inferenza come fondamento.
D'altronde sia Kant, che Hegel dicono la stessa cosa, gli manca la parte analitica della dimostrazione.(anche loro fanno l'errore di partire come dire troppo avanti, finendo per lasciare indietro molte persone. Basterebbe pensare come ancora Kant sia frainteso!)

Certamente tu puoi sempre fare la mossa di dire che comunque ogni inferenza è comunque stabilita a priori da un linguaggio.
Naturalmente personaggi di alto calibro lo hanno affermato, penso a Vattimo e tutta la tradizione che egli segue.
Capisco benissimo a cosa allude il tuo modo di fare filosofia.

Eppure proprio nel campo linguistico non dovrebbe aiutare il caso Wittgenstein?
Vi sarà pure un momento in cui un filosofo passa dalla granitica logica, ad una apertura verso il reale.
Certo un apertura complicata, ossia una apertura che fa i conti con il suo stesso aprirsi.
I giochi linguistici, ossia il testamento di Wittgenstein, non è forse questo continuo gioco di rimandi linguistici che tendono a definire un oggetto di indagine?
Oggetto non più di verità, ma di senso. Fascio di senso, fascio di simboli.
Esattamente come già Peirce aveva individuato, il fascio è la struttura linguistica.
Fascio naturalmente è usato da Peirce (non so Wittgenstein che è un filosofo che non mi interessa.)
Ma il significato è quello!(in tutti i grandi filosofi da locke a sini)

Ecco che allora arrivano naturalmente le nuove teorie semantiche, e di campo di senso (ma qui siamo nella linguistica avanzata, di cui ho solo vaghi ricordi, e una infarinatura basica).

Non capirò mai a cosa serva tutto questa necessità di verità.
(e non a caso è Nietzche il mio maestro! ;) )





Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Lou il 18 Settembre 2019, 18:58:09 PM
Citazione di: viator il 18 Settembre 2019, 12:18:31 PM
Salve Lou. Ricitandoti : "Non secondo me, ma secondo i fatti. L'autoconservazione e la sopravvivenza e i soddisfacimenti dei bisogni fisiologici per alcuni non sono la base e i valori primari. Ciò che vale è altro.".
A quanto sembra (lo si era già capito) tu ne fai una questione di valori, perciò completamente soggettiva.
Ma Maslow non si occupava di valori, bensì delle connessioni causa-effetto tra bisogni, necessità e facoltà. Il percorso tra i livelli della sua piramide è del tutto neutro ed oggettivo, privo di ammiccamenti etici e valoriali. Ma la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro. Saluti.
No, è che se a livello oggettivo e razionale non si è in grado di riconoscere che a seconda di contesti socio/economico/culturali la scala dei bisogni non è questa, la scala non presenta quella oggettività e neutrità di cui parli. Non perchè Maslow non abbia sensibilità femminile ( che argomento! ), semplicemente propone una scala causa/effetto tra bisogni opinabile. I valori certo non sono neutri e perciò sono in grado di scardinare quel disegnino così lineare e rivisitare la scala, poco oggettiva, se non ne tiene conto.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 18 Settembre 2019, 21:38:47 PM
Mi fa piacere che a green sia piaciuta la formuletta che è di Ipazia e non di viator. Certo che physis è un concetto antropologico, ma esso rimanda ad un referente essenziale per la stessa esistenza umana, per cui non possiamo limitarci a baloccarci nella scolastica nominalistica al suo cospetto.

Maslow non sarà un transumanatore, ma la sequenza più plausibile dei bisogni l'ha messa in fila correttamente ai piani bassi  e quella sequenza è la stessa del processo etico. Lo stadio 1 è il fondamento inaggirabile tanto dei bisogni che dell'ethos, che non è nient'altro che il modo in cui una formazione sociale soddisfa i bisogni - intesi in senso lato - della sua popolazione. I sapiens compiuti e civilizzati di Lou possono modificare il loro ordine soggettivo di priorità, ma neppure loro possono mettere in discussione gli stadi 1 e 2, premesse obbligate di ogni possibile civilizzazione, ivi compresa la loro.

Difficile immaginare un Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele arrabattati a procacciarsi il cibo con la clava o indaffarati ad arare la terra e costruire templi. Hanno avuto la fortuna, evolutiva e classista, di nascere già nella fase 3 (e superiori) e solo questo ha permesso loro di produrre filosofia. Oggi la cosa è più semplice e si può anche giocare con le priorità personali. Ma senza aver garantiti i livelli 1 e 2 si va poco lontano anche oggi. Di ciò un'etica degna di questo nome deve farsi carico. Cosa che il relativismo non fa.
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Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 18 Settembre 2019, 22:21:35 PM
Citazione di: Lou il 18 Settembre 2019, 18:58:09 PM
Citazione di: viator il 18 Settembre 2019, 12:18:31 PM
Salve Lou. Ricitandoti : "Non secondo me, ma secondo i fatti. L'autoconservazione e la sopravvivenza e i soddisfacimenti dei bisogni fisiologici per alcuni non sono la base e i valori primari. Ciò che vale è altro.".
A quanto sembra (lo si era già capito) tu ne fai una questione di valori, perciò completamente soggettiva.
Ma Maslow non si occupava di valori, bensì delle connessioni causa-effetto tra bisogni, necessità e facoltà. Il percorso tra i livelli della sua piramide è del tutto neutro ed oggettivo, privo di ammiccamenti etici e valoriali. Ma la sensibilità femminile è restia a riconoscere la razionalità allo stato puro. Saluti.
No, è che se a livello oggettivo e razionale non si è in grado di riconoscere che a seconda di contesti socio/economico/culturali la scala dei bisogni non è questa, la scala non presenta quella oggettività e neutrità di cui parli. Non perchè Maslow non abbia sensibilità femminile ( che argomento! ), semplicemente propone una scala causa/effetto tra bisogni opinabile. I valori certo non sono neutri e perciò sono in grado di scardinare quel disegnino così lineare e rivisitare la scala, poco oggettiva, se non ne tiene conto.
Parlando del triangolo della piramide di Maslow (quindi non del suo uso metaforico in campo etico o altro), mi pare di notare che non ci sia rapporto causale (né di fondamento logico) fra i vari piani, dal basso verso l'alto: chi ha salute malmessa (supponiamo abbia problemi con elementi del primo livello dal basso: respirazione, sonno, sessualità o fosse persino in chemio) può comunque essere/sentirsi realizzato secondo i criteri della cima della piramide (moralità, accettazione, assenza di pregiudizi, etc.). Parimenti, un disoccupato (secondo livello dal basso), può giovarsi della realizzazione di amicizie e intimità sessuale (terzo livello), così come chi avesse un terzo livello disastroso (senza amici, famiglia e partner) può comunque avere buona autorealizzazione secondo la cima della piramide (moralità, creatività, spontaneità, etc.).
Non credo si tratti solo di eccezioni che confermano la regola, è piuttosto una questione fisio-logica: sono dimensioni differenti, comunicanti, ma non con un rapporto causale e tanto meno con vincoli di necessità (l'unica necessità che dà senso alla piramide è di riferirla ai vivi, ma non di essere in salute, come dimostra la vita di molti che lottano contro malattie più o meno gravi). 

Lo stesso Maslow afferma che la gerarchia è basata sul fatto che una persona, se costretta a scegliere, cercherà di soddisfare prima i bisogni più in basso (nella piramide), fermo restando che i martiri sceglieranno differentemente (pp. 52-53 del testo citato nel p.s.) ed ammette che c'è, nel soggetto, una compenetrazione verticale fra i piani, sbilanciandosi in una stima:
«In realtà, la maggior parte dei membri della nostra società che sono nella norma, sono al contempo parzialmente soddisfatti e insoddisfatti in tutti i loro bisogni di base. Una descrizione più realistica della gerarchia [la nostra piramide n.d.t.] sarebbe in termini di decrescente percentuale di soddisfazione man mano che saliamo nella gerarchia della predominanza. Ad esempio, se dovessi assegnare valori arbitrari per amor di illustrazione, è come se il cittadino medio fosse soddisfatto forse all'85% nei suoi bisogni fisiologici, al 70% nei bisogni di sicurezza, al 50% nei bisogni d'affetto [o appartenenza, n.d.t.], al 40% nei bisogni dell'autostima e al 10% nei bisogni di auto-realizzazione» (p. 54; traduzione mia).

Tuttavia non credo sia questo il (solo) motivo per cui abbiamo un triangolo una piramide e non un quadrato cubo. Secondo me, probabilmente, il ristringersi in verticale può indicare anche un diminuire di quantità dei soggetti umani che desiderano tali traguardi: in basso ci sono i bisogni comuni cercati da tutti in quanto esseri viventi (physis), in alto quelli meno necessari e meno condivisi universalmente: quanti percepiscono la creatività, l'assenza di pregiudizi e l'accettazione come bisogni necessari all'«autorealizzazione»? Non giurerei siano tutti quelli che ambiscono ad una buona salute.
L'autorealizzazione, a scanso di equivoci (@Ipazia), Maslow stesso l'ha messa in cima alla suddetta piramide (come da tua immagine linkata) intendendola riferita al singolo, essendo i suoi studi in merito focalizzati sulla motivazione, sulle pulsioni, sul comportamento, etc. non sull'etica. Da notare (di passaggio ma non troppo) che la ricerca della gratificazione dei bisogni più alti conduce per Maslow ad un individualismo più forte e radicato, nonostante ciò non escluda l'amore per il genere umano (p. 100).


P.s.
Per chi mastica l'inglese, ecco il link con il testo integrale:
http://s-f-walker.org.uk/pubsebooks/pdfs/Motivation_and_Personality-Maslow.pdf
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 18 Settembre 2019, 22:44:49 PM
Non era mia intenzione spostare la discussione sugli studi di Maslow ma usare la sua grafica per il mio discorso et(olog)ico, sottolineando la concordanza con i livelli bassi del grafico. Livelli che per quanto di mio interesse ho ridotto a 3, accorpando tra loro gli stadi "culturali", più caratterizzabili e modificabili individualmente, contrapposti a quelli "strutturali" (1/2), la cui contingenza è tale da permettere la costituzione di principi etici di valenza sociale generale.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Non capirò mai a cosa serva tutto questa necessità di verità.
Condivido, allargando l'incomprensione anche al concetto di «bene», che infatti proponevo di congedare (post n. 47 e seguenti) in favore di altre ("faticose" e potenzialmente fallimentari) categorie; meno vaghe, meno strumentalizzabili e più "analitiche".

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo sostengo che sia il referente anzitutto da decidere sulla questione del bene e del male.
Fondamentale, ancora prima, è secondo me capire se si tratta di «decidere» (che implica già un significato/paradigma) oppure di «trovare» (che implica ontologia, parusia/trascendenza).
Concordo dunque sul fatto che:
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Il referente, ossia l'oggetto (reale o immaginario che sia, perchè questo è una operazione successiva della filosofia) che costituisce la base per un discorso [...] è la base di una prima fase di critica.
Sarebbe per me interessante iniziare a vedere la questione del referente non come una fase di critica, quindi a posteriori, bensì di fondazione, quindi a priori (per quanto la deduzione metafisica abbia sensibilmente calcificato la forma mentis di noi continentali).

Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
A me Phil pare che ben poni la questione del referente dell'oggetto principale da cui inizia l'indagine filosofica, ma poi blocchi la stessa indagine filosofica, sui concetti tautologici, ossia blocchi l'analisi a livello linguistico, definendo il simbolo stesso come indecidibile, quindi non solo bene e male, ma anche ethos.
Il simbolo di per sé non è indecidibile, è piuttosto il rapporto con il suo sedicente (sé-dicente) referente ad esserlo, essendo già predeterminato dal suo stesso dire (pensiamo mai ad un simbolo senza referente, o meglio, senza significato? Certo, potremmo farlo, volendo; tuttavia, seriamente, lo facciamo?). Il bene è indecidibile nel senso che nel porlo già lo definisco, più o meno esplicitamente, fondandolo sul suo discorso stesso. Lo hanno detto/posto gli antichi, lo diciamo/poniamo noi, ognuno nel suo contesto e con il suo linguaggio. Giro di giostra che ha come perno l'interpretazione esistenziale del reale; l'interpretazione fisica, scientifica, ha come "freno di emergenza" una certa falsificabilità che scongiura il decollo indiscriminato (con rischio di sconfinare nel cielo dell'estetica), freno a cui non hanno potuto far ricorso (per fortuna?) né Nietzsche, né Heidegger, né i decostruzionisti, né tanti altri, con le conseguenze letterarie che sappiamo (Rorty docet). Probabilmente Wittgenstein e altri (in ambito linguistico) sono riusciti a controllarsi meglio, senza perdere l'aderenza con il reale, disincantandolo dalla metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).


P.s.
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.
Era la tesi che intravvedevo in Ipazia e, considerato il potenziale dell'effetto domino che ne sarebbe derivato, non potevo non cercare chiarimenti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
...Probabilmente Wittgenstein e altri (in ambito linguistico) sono riusciti a controllarsi meglio, senza perdere l'aderenza con il reale, disincantandolo dalla metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.

Ma la serietà dei fondamenti rimane nelle condizioni etologiche che garantiscono la tutela e valorizzazione della vita umana. Questione del tutto sovraindividuale, sociale. Fuori portata dalla interpretazione dell'etica a fenomeno totalmente individuale.

Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
Citazione di: green demetr il 18 Settembre 2019, 18:19:13 PM
Per questo forse ti interessava l'idea di ethos, come se questa potesse dire del referente qualcosa che superasse la tautologia.
Era la tesi che intravvedevo in Ipazia e, considerato il potenziale dell'effetto domino che ne sarebbe derivato, non potevo non cercare chiarimenti.

Se neghiamo aprioristicamente la componente physis di ethos riducendola a concetto senza referente è inevitabile che il logos ricada in se stesso, perdendosi in fenomenologico un-sinnig.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.
Non è esattamente quello che intendevo (v. cross-dressing fra etica ed estetica); quell'«in questo»(autocit.) è l'innesco fondamentale del senso del discorso, ovvero, parafrasando: «per quanto riguarda la consapevolezza di essere autoreferenziale, in questo l'etica è solo... etc.». Sarebbe a dire che l'estetica sa (e ammette) di essere autoreferenziale, mentre l'etica spesso se lo dimentica, anche a causa della sua eredità teologica (il cui universalismo viene fatto uscire dalla porta dalla laicità, ma viene poi talvolta fatto rientrare dalla finestra dal bisogno, psicologico prima che logico, di non scoprirsi "pensiero debole", che pare sia il vero Male per noi del vecchio continente; orfani delle teologie, mentre si aspetta che la scienza ci dia ulteriori risposte, bisogna pur aver un nemico, no? Ironicamente è lo stesso da cui mettevano e mettono in guardia le chiese...).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Questione del tutto sovraindividuale, sociale. Fuori portata dalla interpretazione dell'etica a fenomeno totalmente individuale.
Senza dubbio; credo infatti d'aver insistito molto sul fatto che l'etica si pone soprattutto quando "si esce da casa propria", quando "le piramidi si scontrano", quando "i paradigmi sono divergenti", etc. e per questo ritengo l'appello a Maslow non pertinente (hai infatti chiarito che ti serviva solo come spunto tassonomico).

Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Se neghiamo aprioristicamente la componente physis di ethos riducendola a concetto senza referente è inevitabile che il logos ricada in se stesso, perdendosi in fenomenologico un-sinnig.
Parlando di ethos, la componente physis non credo possa essere negata; per quanto Lou, scrutando la zona dei confini della teoresi antropocentrica (la stessa zona che mi ispira nel parlare di tautologia del senso, anche con green), ricordava giustamente che anche la physis è un concetto posto, un significato, ma qui, per non sfilacciare troppo il discorso, credo convenga restare a distanza di sicurezza da quei confini e prenderla per buona come se non fosse un concetto anch'essa (noumeno kantiano filtrato dal neopositivismo logico).
Che la physis sia una componente, anzi la prima componente che rende possibile il discorso etico (niente etica fra i morti, dicevamo), tramite il passaggio nell'ethos, mi pare non implichi che possa anche fungere da fondamento della normatività di tale discorso. Come dire: senza automobili non si dà codice della strada, ma i paradigmi normativi del codice della strada non sono fondati solamente sull'esser-auto di una automobile. Certo, il codice stradale tiene presente che le auto non volano, sono fatte di metallo, portano persone a bordo, etc. proprio come l'etica tiene presente che le persone hanno una loro physis, sono mortali, hanno differenti pulsioni, etc. Tuttavia il ruolo e l'utilità sociale del codice stradale (dell'etica) non è ricordarci cos'è un'auto (qual'è la physis di un uomo), quanto piuttosto regolamentarne la circolazione (la vita sociale). Qui entra in gioco l'arbitrarietà dei codici (della strada ed etici) proprio perché esulano da un fondamento incontrovertibile (capace di falsificare eventuali proposte indebite) che non sia la loro stessa convenzione. Si deve guidare a destra o a sinistra? Il limite in autostrada è 130, 150, o ad libitum? Quanto sanzionare una determinata infrazione? Le infrazioni sono uguali ovunque? Qui altri esempi (con il beneficio del dubbio sulla fonte). Le risposte a queste domande non sono fondata razionalmente su cosa è un'auto (presupposto del codice stesso), ma piuttosto su convenzioni (culture) e punti di vista dei legislatori (piuttosto differenti, come stigmatizzato nel link).
Plausibilmente ogni codice proibirà l'entrare in una strada contromano (data l'alta possibilità di causare un'incidente grave), così come ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.


P.s.
Una differenza pratica strada/etica è che il codice stradale ha appositi controllori e tecnologie (pattuglie, autovelox, telecamere, etc.) mentre l'etica, per la parte non normata dal diritto, non ha arbitri ma arbitrio (sulla cui libertà non voglio squarciare il velo di Maya scoperchiare il vaso di Pandora); considerando come "il tribunale della ragione" abbia i suoi circoli viziosi e non sappia suo malgrado trascendere la cultura su cui si è edificato, e data l'indecidibilità di una meta-etica, pare non ci siano vigili e giudici per l'etica... almeno non in questa vita, direbbe qualcuno.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 19 Settembre 2019, 15:57:47 PM
La risposta te la sei data da solo. Arbitrario può essere il senso di marcia, il colore dei semafori e i simboli della segnaletica, ma non è arbitrario il loro significato che rimanda al referente umano da salvaguardare mediante tali dispositivi teorici e tecnici resi vigenti e noti universalmente.

Il link/sequitur, c'è sempre. Se la rotatoria sostituisce il semaforo non è per assenza tautologica di senso del codice della strada, ma per evoluzione tecnica. Similmente per l'etica, il referente e i significati ci sono sempre, basta stanarli. Compresa la motivazione tecnica accessibile all'indagine ermeneutica. Si tiene aperto il cerchio seguendone l'evoluzione nei suoi aspetti antiquari e innovativi, senza finire in testacoda tautologici.

Il finale del tuo ragionamento piuttosto é circolare (pro domo sua relativista). Gli omicidi stradali e il sequitur tra etica e diritto dimostrano la non arbitrarietà di certi fondamenti etici, la gerarchia per nulla arbitraria dei valori in gioco e il fatto che non basta il buonsenso e un po' di cultura per salvarsi dalla non-etica. Postulabile anche in assenza di numi.

Quanto alle varianti fenomenologiche del nomos esse non inficiano il senso della loro necessità e sono riducibili a pochi, fondamentali, comuni denominatori etici.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 19 Settembre 2019, 17:10:08 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 15:57:47 PM
La risposta te la sei data da solo. Arbitrario può essere il senso di marcia, il colore dei semafori e i simboli della segnaletica, ma non è arbitrario il loro significato che rimanda al referente umano da salvaguardare mediante tali dispositivi teorici e tecnici resi vigenti e noti universalmente.
Se non erro ho citato (usando quel link per brevità) anche le differenze di regole, quindi di nomos che dà significato alle azioni.
Sulla tutela della vita (referente-presupposto), come dicevo,
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.

Riguardo al famigerato sequitur, come si dice in altri contesti, l'onere della prova spetterebbe a chi afferma... e per prova si intende solitamente una dimostrazione, non una mera affermazione (ammetto che tra macchinette del caffè, animali e codici della strada, ti ho probabilmente distratta... sono ancora in attesa di sapere qual'è il sequitur, in "cosa" consiste).

Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Un modesto intervento in questa dotta discussione...

E' impossibile, a parer mio, trovare una logica per l'etica, che non sia  solo ( si fa per dire..) la necessità di una convivenza pacifica , in quanto l'etica sfugge  ad una definizione intellettuale precisa, essendo essenzialmente esperienza viva. E' ciò che noi sentiamo con la nostra coscienza/interiorità in rapporto ad un determinato evento, più che a quello che noi pensiamo al riguardo. L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita. La differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate. Sono cambiate solo le forme esteriori. Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...che è il problema della morale, quello di volersi imporre. L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge...La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 20 Settembre 2019, 10:38:58 AM
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 17:10:08 PM
Se non erro ho citato (usando quel link per brevità) anche le differenze di regole, quindi di nomos che dà significato alle azioni.

Sí, ma da bravo fenomenologo relativista hai guardato il dito e non la luna, che, nel caso specifico del c.d.s., é la tutela delle vita umana (luna) con aspetti prescrittivi e repressivi commisurati alle specificità ambientali (dito) che possono anche variare di molto in funzione della densità e "sportività" dei convitati. Certamente pure del valore che si dà alla vita umana in rapporto ad altri materici valori, ma qui la nottola deve volare più in alto per vedere la luna anche quando é avvolta dalle nebbie dell'ideologia. La luna delle condizioni strutturali di una società alla base delle sue ideologie...

Citazione
Sulla tutela della vita (referente-presupposto), come dicevo,
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
ogni etica probabilmente proibirà di uccidere per il puro piacere di farlo (sarebbe difficile organizzarsi in società); tuttavia non mi sembra che le questioni etiche importanti per l'uomo (attuale e non) siano di questa "grossolanità", per la quale, concordo, probabilmente basta l'ethos animale.

... che ritengo grossolano, e indegno della nottola di Minerva, ridurre a "grossolanità", rinunciando ad indagarne il sottosuolo.

Citazione
Riguardo al famigerato sequitur, come si dice in altri contesti, l'onere della prova spetterebbe a chi afferma... e per prova si intende solitamente una dimostrazione, non una mera affermazione (ammetto che tra macchinette del caffè, animali e codici della strada, ti ho probabilmente distratta... sono ancora in attesa di sapere qual'è il sequitur, in "cosa" consiste).

Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza).

Il sequitur consiste nel rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti, ... di cui si trova abbondante materiale in letteratura. Cherchet l'argent é un'ottima chiave ermeneutica per individuare anche i sequitur più nascosti nelle profondità dell'animo umano. Nummus, cantavano già i clerices vagantes medioevali.

Un tantino grossolana, ma già più sottile se si seguono i sentieri di misti(ci)ficazione e reificazione che la fervida psiche umana così fecondamente produce.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 20 Settembre 2019, 13:22:29 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita.
Parlando con Ipazia della complessità delle questioni etiche attuali, mi concessi una battuta riguardo al "cuore":
Citazione di: Phil il 15 Settembre 2019, 18:48:39 PM
Quindi in un referendum sulla bioetica o dovendo scegliere il miglior programma politico, mi suggerisci di «lasciar parlare la natura»? Perdona la futile battuta, ma il passo successivo non sarà mica «ascolta il tuo cuore»?
Al di là del motto (eravamo in un contesto meno poetico e un po' più epistemologico), bisogna comunque riconoscere come sia proprio il "cuore" a differenziarci da un calcolatore:
Citazione di: Phil il 12 Settembre 2019, 16:29:17 PM
un elaboratore che, analizzando tutti i dati antropici, ci spiega che razionalmente dovremmo smetterla di procreare e persino di curarci perché il pianeta è sovraffollato, l'impronta ecologica è drammatica, etc. tuttavia se possiamo intimargli di tacere è perché lui non ha un cuore e, come noto solo agli umani, «il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce...».
Se è vero che tutti abbiamo un "cuore", è anche vero che
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
La differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate.
Concordo sul fatto che i cuori degli umani (e i rispettivi "sentire") siano differenti, che ognuno abbia le sue pulsioni.

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...
Possiamo tuttavia essere educati alla compassione e alla consapevolezza: om mani padme hum (mi piace ricordare la spiegazione del Dalai Lama: om = aum, tre lettere che rappresentano corpo-mente-parola; mani = gioiello-compassione; padme = loto-consapevolezza; hum = unione). Questo almeno sbirciando dentro il "cuore" del buddismo, tuttavia, abbiamo appena ricordato che ci sono tanti "cuori", sia intesi come uomini che, allargando il discorso alle comunità, come tradizioni (per alcune siamo tutti fratelli, per altre al massimo cugini; dimostrazione che i cuori fisiologici funzionano tutti allo stesso modo, ma quelli metaforici non sempre, e parlare della loro "salute" o "malattia" prevede spesso una discreta discriminazione, fondata su valori "autofondanti", etc.).

Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge
Questa frase, in cui la morale rimpiazza la virtù (pur intendendo poi tu la virtù in modo "greco" come «la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso») mi ha fatto venire in mente l'affinità con il pensiero taoista; ad esempio questo passo:
«La conoscenza degli antichi si spingeva lontano.
(Mitica età passata, tipico espediente per sostenere che non è utopia poiché è già successo realmente)
Fin dove si spingeva? Fino a ritenere che le cose non esistessero.
(qui la differenza fra "nichilismo" ontologico-occidentale/concettuale-orientale)
Questa è la conoscenza suprema, a cui non vi è nulla da aggiungere.
(la spoglia ma enfatica completezza tipica dei pensieri arcaici)
Poi vennero coloro che credevano all'esistenza delle cose,
ma non tracciavano confini fra di esse.
(concettualizzazione senza individuazione?)
Poi vennero coloro che tracciavano confini fra le cose,
ma non riconoscevano l'esistenza del giusto e dello sbagliato.
(individuazione secondo principio di identità ma senza annesso giudizio)
Quando sorsero il giusto e lo sbagliato, il Dao cominciò a declinare.
(la virtuosa spontaneità viene meno, si acuisce la ratio con le sue dicotomie valutative)
Quando il Dao cominciò a declinare, l'attaccamento divenne completo.
(attaccamento alle "cose", ormai distinte, quindi classificate, quindi con valore differente)
Ma vi sono veramente una completezza e un declino
(completezza e declino sono "cose" che esistono davvero?)
o non vi è né completezza, né declino?»
(come direbbero gli antichi di cui sopra)
(Chuang Tzu, 2, "Sull'uguaglianza di tutte le cose")

Selezionando la citazione con il mouse, fra le righe (se non ho impostato male il testo) sono leggibili i miei commenti, che ho preferito segnalare in un secondo momento per non "sporcare" la prima fruizione del testo originale.



P.s.
@Ipazia
Effettivamente la parola «grossolano» suona ambigua; non la intendevo come sinonimo di «volgare» o «di poco valore», ma piuttosto (etimologicamente) come macroscpico, evidente, palese (l'ho usata in modo descrittivo, non valutativo).
Nel link si dice che in Russia sia proibito girare con l'auto sporca, in Colorado niente auto nere di domenica, in Austria le infrazioni oltre i 30km/h vengono rilevate ad occhio, etc. non vedo come ciò sia fondato (e non semplicemente accostato) sul rispetto del valore della vita umana che, come ho già premesso, accomuna tutti i codici della strada (seppur, a considerare i differenti limiti sulle autostrade...). Differenze trascurabili, pur facendo parte di un nomos e non di altri? Certo, era solo un esempio, anzi una metafora, tuttavia... temo che la nottola preferisca volar (troppo?) in alto per mettersi al riparo dai cacciatori, con il risultato che, più va in alto, più si scorgono sono le questioni... macroscopiche (e, almeno che la nottola non voglia cibarsi di elefanti, dalla sua quota siderale non riuscirà a scorgere alcuna preda delle dimensioni adeguate per potersene cibare).
Se il sequitur è infatti quello del «rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti»(cit.) mi pare che andiamo ben oltre l'autoreferenza di ogni disciplina, oltre la tautologia assiomatica, oltre il relativismo ermeneutico (interpretazioni di interpretazioni), siamo davvero così "in alta quota" da vedere solo la superficie globale dello scibile umano. Quindi temo che, data la superficialità della prospettiva, l'«incontrovertibilità del fondamento» sia, almeno per adesso, da accantonare fra i presupposti dell'etica, non fra i risultati di argomentazioni/dimostrazioni fondanti (ma forse m'inganno).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 20 Settembre 2019, 16:37:27 PM
Citazione di: Sariputra il 20 Settembre 2019, 09:48:53 AM
Un modesto intervento in questa dotta discussione...

E' impossibile, a parer mio, trovare una logica per l'etica, che non sia  solo ( si fa per dire..) la necessità di una convivenza pacifica , in quanto l'etica sfugge  ad una definizione intellettuale precisa, essendo essenzialmente esperienza viva. E' ciò che noi sentiamo con la nostra coscienza/interiorità in rapporto ad un determinato evento, più che a quello che noi pensiamo al riguardo. L'etica sarà sempre un processo di crescita personale, un discernere continuo con il cuore tra gli eventi che ci capitano nella vita.

Sí, ma questo processo di crescita non è un'espansione nel vuoto, una lavagna vuota che ogni umano riempie di sana pianta, la sua. La logica del discorso etico parte dalla lettura di ció che sta scritto nella lavagna prima che ogni umano vi incida i suoi segni e successivamente nell'interpretazione del rapporto tra i segni arcaici e i nuovi.

CitazioneLa differenza nel sentire fa sì che, già all'inizio, c'era l'uomo che abbandonava il figlio in pasto al leone, dandosela a gambe, e quello che per salvare il figlio si faceva sbranare dal leone. C'era chi tradiva il gruppo per l'interesse personale e chi moriva per l'interesse del gruppo...Tutto questo agli albori, prima di ogni cultura sviluppata, come la intendiamo oggi....Sostanzialmente le cose non sono cambiate. Sono cambiate solo le forme esteriori. Consapevolezza e compassione sono i cardini dell'etica. E non si può o non si riesce ad imporre a nessuno di essere consapevole o compassionevole...che è il problema della morale, quello di volersi imporre. L'etica ha più a che fare con la virtù, quindi con qualcosa di interiore e personale, che 'eleva', mentre la morale è l'abito esteriore, fatto di imposizioni o di adeguamenti che mutano nel tempo . Si può dire che, in assenza di virtù, sorge la morale e quindi la Legge...La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..).

Distinguerei due aspetti nel discorso etico: ciò che rimane costante nel tempo e attraversa ogni cultura da ciò che è più mutevole e contingente. Sul primo ha senso la ricerca di fondamenti etici come da topic, il secondo appartiene invece alla categoria estetica del gusto: di una comunità o di singoli individui al suo interno.

Mentre il primo ha un carattere normativo vincolante, con eccezioni rigorosamente normate, il secondo appartiene al regno della libertà delle scelte comunitarie e personali e piuttosto che morale diventa questione moralistica (di cui non intendo occuparmi). Una società é tanto più evoluta eticamente quanto più allarga il regno della libertà e riduce quello della coazione che, nelle "grossolane" evidenze enunciate da Phil, dovrebbe trovare una condivisione comportamentale tale da poter perfino rinunciare ad ogni normazione etica ed ogni imperativo morale esterno, avendone interiorizzato i dettami al punto da collocarsi al di là del bene e del male. Utopia che condivido ma che richiederebbe molta rivoluzione materiale e culturale per essere, anche solo teoricamente, proponibile. Rivoluzione che rimanda alla questione dei fondamenti. E si torna alla vexata quaestio etica.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 13:22:29 PM
... temo che la nottola preferisca volar (troppo?) in alto per mettersi al riparo dai cacciatori, con il risultato che, più va in alto, più si scorgono sono le questioni... macroscopiche (e, almeno che la nottola non voglia cibarsi di elefanti, dalla sua quota siderale non riuscirà a scorgere alcuna preda delle dimensioni adeguate per potersene cibare).

La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.

Citazione
Se il sequitur è infatti quello del «rapporto struttura-sovrastruttura indagato da storici, filosofi, sociologi, psicologi, economisti»(cit.) mi pare che andiamo ben oltre l'autoreferenza di ogni disciplina, oltre la tautologia assiomatica, oltre il relativismo ermeneutico (interpretazioni di interpretazioni), siamo davvero così "in alta quota" da vedere solo la superficie globale dello scibile umano. Quindi temo che, data la superficialità della prospettiva, l'«incontrovertibilità del fondamento» sia, almeno per adesso, da accantonare fra i presupposti dell'etica, non fra i risultati di argomentazioni/dimostrazioni fondanti (ma forse m'inganno).

Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.

PS. Bella la citazione del Tao sui vari stadi dell'evoluzione metafisica e meritevole di riflessione. Interessanti anche le tue deduzioni, visibili però solo in "struttura" del post.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 20 Settembre 2019, 21:34:31 PM
Citazione di: Phil il 19 Settembre 2019, 14:04:50 PM
Citazione di: Ipazia il 19 Settembre 2019, 11:35:32 AM
Citazione di: Phil il 18 Settembre 2019, 23:01:09 PM
metafisica del senso che non sa di essere autoreferenziale (in questo l'etica è solo un'estetica che si prende sul serio, confondendo la serietà delle sue conseguenze con la serietà dei suoi fondamenti).

Possiamo anche intenderla così: in effetti guerra, pestilenza, malattia, miseria, ignoranza sono anche brutti referenti e possono benissimo afferire ad un universo semantico non-etico, che l'etica cerca tecnicamente di superare.
Non è esattamente quello che intendevo (v. cross-dressing fra etica ed estetica); quell'«in questo»(autocit.) è l'innesco fondamentale del senso del discorso, ovvero, parafrasando: «per quanto riguarda la consapevolezza di essere autoreferenziale, in questo l'etica è solo... etc.». Sarebbe a dire che l'estetica sa (e ammette) di essere autoreferenziale, mentre l'etica spesso se lo dimentica, anche a causa della sua eredità teologica (il cui universalismo viene fatto uscire dalla porta dalla laicità, ma viene poi talvolta fatto rientrare dalla finestra dal bisogno, psicologico prima che logico, di non scoprirsi "pensiero debole", che pare sia il vero Male per noi del vecchio continente; orfani delle teologie, mentre si aspetta che la scienza ci dia ulteriori risposte, bisogna pur aver un nemico, no? Ironicamente è lo stesso da cui mettevano e mettono in guardia le chiese...).

Autoreferenzialità rispetto a cosa ? Ad un assioma del tutto arbitrario che qualche camarilla si inventa ?
Penso non valga per l'etica e nemmeno per l'estetica. A meno che non evochiamo Protagora e allora tutto diventa autoreferenziale, scienza e pratiche animali di sopravvivenza incluse. Ma se tutto lo é, l'analisi si sposta sul peso specifico   di ogni disciplina e a quel punto si trovano comunque delle gerarchie in cui alcune autoreferenzialità ne contengono altre e non viceversa.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.
Eppure, come dicevo, se la nottola vuole nutrirsi dovrebbe scendere di quota, persino fino a terra se preferisce prede sostanziose (magari piccole talpe sprovvedute, perché no?); ovvero: se la filosofia (o l'etica), vuole fare davvero i conti con il reale, dovrebbe abbandonare le rotte aeree dello Spirito (seppur hegeliano) che, come hai condivisibilmente notato, servono più a guardare il cielo che a capire le dinamiche della terra toccandole con mano. Ricordo sempre volentieri che Talete non è solo il filosofo della buca, ma anche quello dei frantoi (da far scuola a Bezos) e oggi, a parer mio, più che in passato alla filosofia si chiede di stare con i piedi per terra (l'epistemologia è infatti roba da talpe).
Dal cielo, tutti (o quasi) vedono la sacralità della vita, ma intanto sulla terra ci si chiede: è a priori "sbagliata" qualunque guerra poiché elimina la vita altrui? La vita nasce con la fecondazione? La vita è tale anche quando si vive nel sonno grazie a macchinari elettrici? Quanto possiamo dobbiamo limitare la vita del singolo contro la sua volontà, ma per il bene presunto della vita della comunità? Etc.
Queste sono domande etiche a cui il macroscopico comandamento «non uccidere» (che arrivi dalla "voce rivelata" del Cielo o dal calcolo social-razionale) può dare poche direttive pratiche e, come insegna la storia della terra, ciascuno le interpreterà comunque a modo suo (ricordo ancora una volta la pluri-vocità dei dibattiti su questi e altri temi, a cui mi risulta manchi una soluzione incontrovertibile, oppure bisognerà andargliela a dimostrare...).

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.
Ammetto che questo ruolo aulico non mi ha mai convinto totalmente; la filosofia che raccorda i saperi, che fa da moderatore nel dibattito interdisciplinare, controlla e dirige i lavori altrui quasi fosse l'intellettuale-architetto che istruisce i tecnici (più spesso mi pare ormai sia il vecchietto che guarda gli operai in cantiere... perché lui un cantiere non ce l'ha più, c'è turn over anche fra i saperi e la filosofia mi pare abbia fatto "quota 100" da un pezzo). Potrei chiedere esempi concreti in cui la filosofia, oggi, tiene davvero le redini di discorsi interdisciplinari (più di quanto ne sia a sua volta imbrigliata), ma sarebbe off topic (a ciascuno lo sfizio di rispondere fra "se" e sé). D'altronde, se il sequitur c'è, lo si chiama per nome (e chiamarlo «struttura-sovrastruttura» è quasi come chiamarlo "derivazione": pseudo-tautologia di sinonimi che lascia trasparire... autoreferenzialità), altrimenti mi resta il sospetto che convocare le altre discipline sia una ricerca di appoggio superficiale (di superficie) che denota, manco a dirlo, un fondamento inadeguato o instabile (o autoreferenziale, ma non insisto).
Quello che, secondo me, ha da dire una filosofia ancora pensante, non è spiegare agli altri saperi come dialettizzarsi (non me ne voglia Hegel) quasi fosse davvero la "scienza prima" (non me ne voglia Aristotele), quanto piuttosto dare il suo apporto con i suoi "mezzi", talvolta non richiesti, talvolta fuorvianti, talvolta d'ispirazione, talvolta semplicemente non pertinenti.

Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 21:34:31 PM
Autoreferenzialità rispetto a cosa ? Ad un assioma del tutto arbitrario che qualche camarilla si inventa ?
Autoreferenzialità rispetto ai suoi stessi assiomi (Godel docet), il che non significa che qualunque asserzione possa diventare un assioma (questo non lo direbbe nessuno, credo; di certo né io né Protagora).


P.s.
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
PS. Bella la citazione del Tao sui vari stadi dell'evoluzione metafisica e meritevole di riflessione. Interessanti anche le tue deduzioni, visibili però solo in "struttura" del post.
Dovrebbero essere visibili anche tenendo premuto il tasto sinistro del mouse e scorrendo verso il basso, passandolo sopra la citazione, come se si dovesse selezionare il testo (sul mio pc funziona...).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 21 Settembre 2019, 09:09:00 AM
"Il simbolo di per sé non è indecidibile, è piuttosto il rapporto con il suo sedicente (sé-dicente) referente ad esserlo, essendo già predeterminato dal suo stesso dire (pensiamo mai ad un simbolo senza referente, o meglio, senza significato? Certo, potremmo farlo, volendo; tuttavia, seriamente, lo facciamo?). " cit phil

Ma infatti è da anni che lo vado dicendo.
Ma chi l'ha posto come problema?

Cartesio, con la sua rivoluzione copernicana, in cui il soggetto per la prima volta si dà.
E in cui come per contrapasso si formula anche quella del demone ingannatore.

Sul primo fronte lavoreranno meglio Kant e Hegel, e l'eredità è quella della fenomenologia, Husserl e Heidegger.

L'altro è quello a cui solo Nietzche perviene. (l'unico che scardina l'universalismo di cui parli).

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"La virtù è la disposizione d'animo a compiere il bene per se stesso, senza cercare o attendersi alcun utile. Naturalmente allora nasce la domanda: cos'è il 'bene'? Una bella risposta, a parer mio, che è una domanda, la dà Yeoshwa: "Chi di voi, se un figlio che ha fame gli chiede del pane, gli dà invece una serpe?'" (a proposito dei serpenti che sono simboli sia negativi, di pericolo, che positivi, di conoscenza..)." cit sariputra


"Che le etiche siano molteplici, che spesso non ci sia falsificazione razionale fra etiche divergenti (v. scontro fra culture), che questioni etiche "evolute" (fuori dalle grotte) non siano risolvibili oggettivamente chiedendo all'ethos o alla physis, etc. credo siano ormai assodati dati di fatto (fino a prova contraria); il resto sono piacevoli interpretazioni (e su quella che è la loro circolarità, almeno secondo me, ti ho intrattenuta a sufficienza)." cit Ipazia.

Cari Ipazia e Sariputra, ma il fatto che la mamma dà il verme ai suoi passerrotti, non impedisce al cacciatore di papparseli.

Dunque l'ethos è quello vegano di fine secolo?

Diventerà una questione fra carnivori ed erbivori?

Questa etologia catastrofista che sta contraddistinguendo sempre più non solo le università, ma anche i telegiornali, e che impazzisce sul concetto di sostenibilità e riqualificazione, non vi avrà in qualche modo colpiti? come un terribile collasso del pensiero.

Amen.

frase sibillina:
Siamo di nuovo nell'eone che verrà spazzato via.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 21 Settembre 2019, 21:02:29 PM
Per quanto tra etologia ed ecologia vi sia un sequitur non ridurrei l'etologia all'ecologia. Sulle gretinate stenderei un velo di pietoso silenzio. Ormai la politica liberal riesce a rendere autorevoli personaggi come Trump, Salvini e Orban che non fanno i sinistri con gli sponsor miliardari e le loro flotte. Neanche tanto dietro le quinte.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
La nottola vola alto per vedere la luna oltre le cortine fumogene dei cacciatori; ma per indagare le microscopiche miserie dei loro fondamenti e l'inconsistenza delle loro radici é senz'altro meglio un animale per molti versi ad essa complementare, la talpa.
Eppure, come dicevo, se la nottola vuole nutrirsi dovrebbe scendere di quota, persino fino a terra se preferisce prede sostanziose (magari piccole talpe sprovvedute, perché no?); ovvero: se la filosofia (o l'etica), vuole fare davvero i conti con il reale, dovrebbe abbandonare le rotte aeree dello Spirito (seppur hegeliano) che, come hai condivisibilmente notato, servono più a guardare il cielo che a capire le dinamiche della terra toccandole con mano. Ricordo sempre volentieri che Talete non è solo il filosofo della buca, ma anche quello dei frantoi (da far scuola a Bezos) e oggi, a parer mio, più che in passato alla filosofia si chiede di stare con i piedi per terra (l'epistemologia è infatti roba da talpe).

Contrariamente alla talpa, la nottola vede nel buio e riesce a dare un quadro d'insieme del reale (l'ermeneutica è infatti roba da civette) che alla talpa è negato. Direi che la migliore soluzione è una sinergia dei due talenti.

CitazioneDal cielo, tutti (o quasi) vedono la sacralità della vita, ma intanto sulla terra ci si chiede: è a priori "sbagliata" qualunque guerra poiché elimina la vita altrui? La vita nasce con la fecondazione? La vita è tale anche quando si vive nel sonno grazie a macchinari elettrici? Quanto possiamo dobbiamo limitare la vita del singolo contro la sua volontà, ma per il bene presunto della vita della comunità? Etc.
Queste sono domande etiche a cui il macroscopico comandamento «non uccidere» (che arrivi dalla "voce rivelata" del Cielo o dal calcolo social-razionale) può dare poche direttive pratiche e, come insegna la storia della terra, ciascuno le interpreterà comunque a modo suo (ricordo ancora una volta la pluri-vocità dei dibattiti su questi e altri temi, a cui mi risulta manchi una soluzione incontrovertibile, oppure bisognerà andargliela a dimostrare...).

Dal cielo, tutti o quasi, vedono il brulicare della vita. Da terra ci si chiede come regolarla al meglio. La risposta (storica) incontrovertibile è che alcune ricette funzionano meglio di altre. L'assiomatica a priori è un delirio metifisico che ha già fatto infiniti danni. Persino nella "razionalità pura" scientifica gli assiomi nascono da induzioni continue, soggette a falsificazione, e deduzioni a posteriori. Nell'universo antropologico funziona uguale: l'assioma va sempre ricercato nell'esperienza ed è soggetto a continue revisione che lo adeguino ad un ethos in costante evoluzione. Come nella scienza, l'unica autorità assiomatica è il pear review dell'intelligenza collettiva che, col senno di poi (sempre a posteriori), può rivelarsi anche poco intelligente, ma che avendo essa scritto la storia chiede comunque di essere presa sul serio, generando un punto assiomatico da cui ripartire per fare eventualmente tutto il contrario.

Citazione di: Phil il 20 Settembre 2019, 21:54:05 PM
Citazione di: Ipazia il 20 Settembre 2019, 17:30:59 PM
Forse sì, perché se il referente é unico (l'universo antropologico naturalmente immanente e culturalmente trascendentale), ogni disciplina lo analizzerà dalla sua prospettiva gnoseologica lasciando alla filosofia la sintesi etica dei risultati. Eventualmente criticandoli e chiedendo ulteriori approfondimenti. Quindi nessuna superficialità, ma collegialità d'indagine.
Ammetto che questo ruolo aulico non mi ha mai convinto totalmente; la filosofia che raccorda i saperi, che fa da moderatore nel dibattito interdisciplinare, controlla e dirige i lavori altrui quasi fosse l'intellettuale-architetto che istruisce i tecnici (più spesso mi pare ormai sia il vecchietto che guarda gli operai in cantiere... perché lui un cantiere non ce l'ha più, c'è turn over anche fra i saperi e la filosofia mi pare abbia fatto "quota 100" da un pezzo). Potrei chiedere esempi concreti in cui la filosofia, oggi, tiene davvero le redini di discorsi interdisciplinari (più di quanto ne sia a sua volta imbrigliata), ma sarebbe off topic (a ciascuno lo sfizio di rispondere fra "se" e sé).

La filosofia fa da moderatore quando qualcuno la fa fuori dal vaso trasformando quattro dati sperimentali in metafisiche di bassa lega. Non si tratta di "raccordare i saperi", ma di trarre da essi elementi nutritivi per il proprio sapere (filosofico) che pare non andare mai in pensione visto la debordante "richiesta di significato" che popola di folle umane ogni sagra turistico-filosofica che neppure l'armata di Bergoglio e la pietra nera riescono a reggere la concorrenza.

CitazioneD'altronde, se il sequitur c'è, lo si chiama per nome (e chiamarlo «struttura-sovrastruttura» è quasi come chiamarlo "derivazione": pseudo-tautologia di sinonimi che lascia trasparire... autoreferenzialità), altrimenti mi resta il sospetto che convocare le altre discipline sia una ricerca di appoggio superficiale (di superficie) che denota, manco a dirlo, un fondamento inadeguato o instabile (o autoreferenziale, ma non insisto).

Che i bisogni materiali muovano la Lebenswelt ha tutti i crismi dell'assioma correttamente relazionato al referente reale in tutto l'arco non virtuale che va dai boat people a Wall Street. Forse solo dai cieli nirvanici non si vede più tale relazione. Ma è più roba da aquile che da nottole. Per tutti gli animali terrestri l'assioma regge. Il sapere ha carattere olistico. Leggere ciò in termini di inadeguatezza della filosofia denota un certo pregiudizio che non tiene conto del fatto che il suo campo operativo è una semantica in cui nessuna "scienza umana" è stata finora capace di prenderne il posto. Contribuendo piuttosto, attraverso la parzialità dei propri risultati di ricerca, a richiederne pressantemente l'intervento, quando si passa dalla cosa al significato, dalla fisica alla meta-fisica.

CitazioneQuello che, secondo me, ha da dire una filosofia ancora pensante, non è spiegare agli altri saperi come dialettizzarsi (non me ne voglia Hegel) quasi fosse davvero la "scienza prima" (non me ne voglia Aristotele), quanto piuttosto dare il suo apporto con i suoi "mezzi", talvolta non richiesti, talvolta fuorvianti, talvolta d'ispirazione, talvolta semplicemente non pertinenti.

Ho già risposto sopra. La richiesta c'è: ottima, nei dati forniti dalle scienze empiriche, e abbondante, nelle aspettative di sintesi semantica; è fondata antropologicamente (l'ethos chiede di essere governato con tecniche "efficaci/efficienti" e aggiornate) e va dal farmaco (pharmakon) alla ragione (pura e pratica).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Dal cielo, tutti o quasi, vedono il brulicare della vita. Da terra ci si chiede come regolarla al meglio. La risposta (storica) incontrovertibile è che alcune ricette funzionano meglio di altre.
Il «meglio» è esattamente il problema (valutativo, direi). Che la strada dell'uomo proceda pian piano verso il meglio, possono dirlo Darwin e Leibniz (e altri, suppongo), ognuno con le sue ragioni; ci sono tuttavia anche altre ragioni che, su altri piani, decostruiscono persino la categoria di «meglio», relegandola al rispettivo paradigma (questione di interpretazioni e di fondamenti).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
L'assiomatica a priori è un delirio metifisico che ha già fatto infiniti danni. Persino nella "razionalità pura" scientifica gli assiomi nascono da induzioni continue, soggette a falsificazione, e deduzioni a posteriori. Nell'universo antropologico funziona uguale: l'assioma va sempre ricercato nell'esperienza ed è soggetto a continue revisione che lo adeguino ad un ethos in costante evoluzione. Come nella scienza, l'unica autorità assiomatica è il pear review dell'intelligenza collettiva che, col senno di poi (sempre a posteriori), può rivelarsi anche poco intelligente, ma che avendo essa scritto la storia chiede comunque di essere presa sul serio, generando un punto assiomatico da cui ripartire per fare eventualmente tutto il contrario.
Tutto condivisibile; almeno finché non parliamo di etica, che non credo possa procedere "per tentativi ed errori"; non perché non ci sia la pazienza per farlo, ma perché un'etica induttiva, che sperimenta, prende nota e poi si corregge, non avrebbe la normatività che le si richiede (non dimentichiamoci cosa ci aspettiamo da un'etica...), né ha, essendo basata su interpretazioni di significato, una falsificabilità fruibile per riorientarsi al meglio (sempre in attesa che si scopra/inventi un sequitur incontrovertibile e oggettivo per risolvere definitivamente le questioni etiche, rendendole mere operazioni epistemologiche).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
La filosofia fa da moderatore quando qualcuno la fa fuori dal vaso trasformando quattro dati sperimentali in metafisiche di bassa lega. Non si tratta di "raccordare i saperi", ma di trarre da essi elementi nutritivi per il proprio sapere (filosofico) che pare non andare mai in pensione visto la debordante "richiesta di significato" che popola di folle umane ogni sagra turistico-filosofica che neppure l'armata di Bergoglio e la pietra nera riescono a reggere la concorrenza.
Magari sbaglio, ma direi che il paragone numerico sia piuttosto impietoso a favore della concorrenza con la tunica (inevitabilmente, a parer mio) e, soprattutto, la «richiesta di significato» di oggi mi appare piuttosto consumistica, nozionistica, fumettistica, presenzialistica e populistica (e ben venga la "popsophia"), proprio per colmare il vuoto lasciato, loro malgrado, da quelli con la tunica e non ancora conquistato dagli psicologi. Questo, a suo modo, è il compimento del declino della metafisica tramite volgarizzazione a livello popolare e mutamento in "letteratura d'ispirazione" (ogni piano ha i suoi tempi e la sua voracità). Quando parlo del "vecchietto senza cantiere", intendo questo:«una volta sì che si sapeva come tirar su una metafisica fatta bene» direbbe il suddetto vegliardo guardando alla teoresi di oggi.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Che i bisogni materiali muovano la Lebenswelt ha tutti i crismi dell'assioma correttamente relazionato al referente reale in tutto l'arco non virtuale che va dai boat people a Wall Street. [...] Per tutti gli animali terrestri l'assioma regge.
Certo, assioma fisico; per diventare etico deve purtroppo spogliarsi della sua incontrovertibilità, aprendo il referente (physis, bios) ad un senso che si fa sempre più imposto alla vita in sé (dall'ethos all'etica). Solo a seguito di tale spogliarsi, ogni etica acquisisce senso (se lo avesse prima, non staremo qui a parlarne) e si fonda nella sua tautologica circolarità (che diventa aporia ogni volta che ne incontra un'altra).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
filosofia [...] il suo campo operativo è una semantica in cui nessuna "scienza umana" è stata finora capace di prenderne il posto.
Concordo, e come ogni semantica è infatti arbitraria, autoreferenziale, etc. volerlo evitare comporterebbe un ritorno ai fondamenti celesti, gli unici che oltre ad essere referenti "incontrovertibili" avevano in omaggio anche dei significati parimenti incontrovertibili (per quello potevano e dovevano negare che, anche nell'etica, non ci fossero fatti ma solo interpretazioni... oggi per noi è forse un po' più difficile).
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Dal cielo, tutti o quasi, vedono il brulicare della vita. Da terra ci si chiede come regolarla al meglio. La risposta (storica) incontrovertibile è che alcune ricette funzionano meglio di altre.
Il «meglio» è esattamente il problema (valutativo, direi). Che la strada dell'uomo proceda pian piano verso il meglio, possono dirlo Darwin e Leibniz (e altri, suppongo), ognuno con le sue ragioni; ci sono tuttavia anche altre ragioni che, su altri piani, decostruiscono persino la categoria di «meglio», relegandola al rispettivo paradigma (questione di interpretazioni e di fondamenti).

Abbiamo difficoltà a distinguere la Germania nazista dalla Germania democratica ? Torquamada da Voltaire ? Tanto difficile e opinabile un paradigma a proposito ? Ne girano parecchi: indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità  ;D

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
L'assiomatica a priori è un delirio metifisico che ha già fatto infiniti danni. Persino nella "razionalità pura" scientifica gli assiomi nascono da induzioni continue, soggette a falsificazione, e deduzioni a posteriori. Nell'universo antropologico funziona uguale: l'assioma va sempre ricercato nell'esperienza ed è soggetto a continue revisione che lo adeguino ad un ethos in costante evoluzione. Come nella scienza, l'unica autorità assiomatica è il pear review dell'intelligenza collettiva che, col senno di poi (sempre a posteriori), può rivelarsi anche poco intelligente, ma che avendo essa scritto la storia chiede comunque di essere presa sul serio, generando un punto assiomatico da cui ripartire per fare eventualmente tutto il contrario.
Tutto condivisibile; almeno finché non parliamo di etica, che non credo possa procedere "per tentativi ed errori"; non perché non ci sia la pazienza per farlo, ma perché un'etica induttiva, che sperimenta, prende nota e poi si corregge, non avrebbe la normatività che le si richiede (non dimentichiamoci cosa ci aspettiamo da un'etica...), né ha, essendo basata su interpretazioni di significato, una falsificabilità fruibile per riorientarsi al meglio (sempre in attesa che si scopra/inventi un sequitur incontrovertibile e oggettivo per risolvere definitivamente le questioni etiche, rendendole mere operazioni epistemologiche).

Chi decide la "normatività" etica ? Un assioma idealistico assoluto o storicamente determinato ? La falsificabilità la misurano le varie Stalingrado sociali e morali che hanno segnato la storia. L'oggettività incontrovertibile meglio lasciarla ai metafisici e ai matematici. Per la vita reale basta un'etica laica, capace di demarcare diritti e doveri nello spirito e materialità dei tempi.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
La filosofia fa da moderatore quando qualcuno la fa fuori dal vaso trasformando quattro dati sperimentali in metafisiche di bassa lega. Non si tratta di "raccordare i saperi", ma di trarre da essi elementi nutritivi per il proprio sapere (filosofico) che pare non andare mai in pensione visto la debordante "richiesta di significato" che popola di folle umane ogni sagra turistico-filosofica che neppure l'armata di Bergoglio e la pietra nera riescono a reggere la concorrenza.
Magari sbaglio, ma direi che il paragone numerico sia piuttosto impietoso a favore della concorrenza con la tunica (inevitabilmente, a parer mio) e, soprattutto, la «richiesta di significato» di oggi mi appare piuttosto consumistica, nozionistica, fumettistica, presenzialistica e populistica (e ben venga la "popsophia"), proprio per colmare il vuoto lasciato, loro malgrado, da quelli con la tunica e non ancora conquistato dagli psicologi. Questo, a suo modo, è il compimento del declino della metafisica tramite volgarizzazione a livello popolare e mutamento in "letteratura d'ispirazione" (ogni piano ha i suoi tempi e la sua voracità). Quando parlo del "vecchietto senza cantiere", intendo questo:«una volta sì che si sapeva come tirar su una metafisica fatta bene» direbbe il suddetto vegliardo guardando alla teoresi di oggi.

I numeri assoluti ti danno ragione, ma il trend va a scemare. Il vescovo della mia città dice che siamo diventati noi occidentali la nuova terra da evangelizzare. Seminari e conventi languono e "un pane per grazia di Dio" scandisce penosamente i nuovi reclutamenti. Che invece abbondano nelle kermesse socio-filosofiche. A prova di snobbismo iniziatico: ogni epoca ha il suo logos, e che si sia proletarizzato un po', alfabetizzando le masse, non guasta. Magari è solo una questione di tecniche cantieristiche, cui gli intronati stentano ad adeguarsi.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
Che i bisogni materiali muovano la Lebenswelt ha tutti i crismi dell'assioma correttamente relazionato al referente reale in tutto l'arco non virtuale che va dai boat people a Wall Street. [...] Per tutti gli animali terrestri l'assioma regge.
Certo, assioma fisico; per diventare etico deve purtroppo spogliarsi della sua incontrovertibilità, aprendo il referente (physis, bios) ad un senso che si fa sempre più imposto alla vita in sé (dall'ethos all'etica). Solo a seguito di tale spogliarsi, ogni etica acquisisce senso (se lo avesse prima, non staremo qui a parlarne) e si fonda nella sua tautologica circolarità (che diventa aporia ogni volta che ne incontra un'altra).

Stiamo parlando di un'etica che acquisisce senso in una circolarità planitaria, di specie. E che se ne incontra un'altra non nasce aporia, ma necessità di sintesi, perchè la dialettica è ormai globale.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 16:24:48 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 08:43:16 AM
filosofia [...] il suo campo operativo è una semantica in cui nessuna "scienza umana" è stata finora capace di prenderne il posto.
Concordo, e come ogni semantica è infatti arbitraria, autoreferenziale, etc. volerlo evitare comporterebbe un ritorno ai fondamenti celesti, gli unici che oltre ad essere referenti "incontrovertibili" avevano in omaggio anche dei significati parimenti incontrovertibili (per quello potevano e dovevano negare che, anche nell'etica, non ci fossero fatti ma solo interpretazioni... oggi per noi è forse un po' più difficile).

Anche perchè pure le interpretazioni sono fatti. E producono fatti il cui sfondo incontrovertibile, in assenza di dei, diventa la natura, ivi compresa quella natura particolare che è la natura umana. In cui i significati non sono, ma si danno. E sopravvivono in base alla loro capacità di produrre più benessere e felicità. Concetti non incontrovertibili, ma solidi abbastanza da poter essere assiomatizzati con la consapevolezza dei loro limiti. E' la lezione di Nietzsche: interrogare il proprio destino (evolutivo) e cercare di assecondarlo al meglio possibile. Ovvero, aggiungo io (anche se FN non sarebbe d'accordo) vagliandolo con lo strumento più oggettivo di cui disponiamo: l'intelligenza collettiva.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Abbiamo difficoltà a distinguere la Germania nazista dalla Germania democratica ? Torquamada da Voltaire ? Tanto difficile e opinabile un paradigma a proposito ? Ne girano parecchi: indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità
La distinzione (del referente "fattuale") la vedono sia il nazista che il democratico, sia gli inquisitori che gli illuministi; sul valore (significato) della differenza, temo non siano perfettamente concordi (come già ricordato da Jacopus). Chiaramente qualcuno viene sconfitto nel corso della storia; ma davvero capita solo ai "cattivi"? O sono i vincitori a fare l'etica più di quanto la facciano i presunti sequitur? Forse non ne avremo mai la controprova; tuttavia, riflettendo sulle categorie (e sulla compilazione degli indicatori) attuali non è difficile intuire che esse siano figlie della storia più di quanto siano formalizzazioni di valori assoluti e meta-storici (se riusciamo a riconoscere la loro genesi terrestre: contingente, non necessaria). Ad esempio, il successo storico degli "squali dell'imperialismo capitalista" quanto condiziona il "segno +" dei nostri «indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità»(cit.)? Autoreferenza dei paradigmi, dicevamo.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Chi decide la "normatività" etica ? Un assioma idealistico assoluto o storicamente determinato ? La falsificabilità la misurano le varie Stalingrado sociali e morali che hanno segnato la storia. L'oggettività incontrovertibile meglio lasciarla ai metafisici e ai matematici. Per la vita reale basta un'etica laica, capace di demarcare diritti e doveri nello spirito e materialità dei tempi.
La normatività è solitamente implicita nell'etica, non fuori (per questo ammonivo sul ricordare cosa ci aspettiamo dall'etica). L'etica deve guidarci o noi dobbiamo guidare l'etica? Sarebbe bella una salomonica dialettica fra le due, ma se intanto, in concreto, dobbiamo decidere una questione etica, come quelle che ho citato in precedenza, non possiamo che far appello all'etica che abbiamo: "per vedere l'effetto che fa" o perché la riteniamo giusta? La risposta rivela il peso della distinzione fra induzione e deduzione, fra falsificabilità e paradigma tautologico, etc.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Seminari e conventi languono e "un pane per grazia di Dio" scandisce penosamente i nuovi reclutamenti. Che invece abbondano nelle kermesse socio-filosofiche. A prova di snobbismo iniziatico: ogni epoca ha il suo logos, e che si sia proletarizzato un po', alfabetizzando le masse, non guasta.
Direi che non guasta affatto; una volta distinto lo snobbismo dalla competenza, sai che sono fautore del fai-da-te filosofico (essendone esempio), della già citata popsophia e del "bricolage del pensiero", soprattutto finché hanno la consapevolezza e l'umiltà di esser tali (le istruzioni dei mobili Ikea sono per tutti, quelle per costruire l'Amerigo Vespucci sono un po' più selettive).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Stiamo parlando di un'etica che acquisisce senso in una circolarità planitaria, di specie. E che se ne incontra un'altra non nasce aporia, ma necessità di sintesi, perchè la dialettica è ormai globale.
Eppure, su scala globale, i "fatti" ci parlano più di conflitti che di sintesi; più di incompatibilità paradigmatica che di dialettica. Dove le talpe notano sgambetti e colpi bassi, le nottole, dall'alto, vedono un laborioso formicaio; come sempre, ognuno scorge ciò che la sua prospettiva gli consente.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Anche perchè pure le interpretazioni sono fatti. E producono fatti il cui sfondo incontrovertibile, in assenza di dei, diventa la natura, ivi compresa quella natura particolare che è la natura umana. In cui i significati non sono, ma si danno. E sopravvivono in base alla loro capacità di produrre più benessere e felicità.
Selezione "naturale" fra i significati in vista di maggior benessere e felicità? Come dissi pagine addietro, è un alibi ben noto a noi occidentali, dai tempi delle crociate sino all'esportazione della democrazia (cito, non valuto); gli squali di cui sopra ne sarebbero fieri, i pesci piccoli e martirizzati un po' meno; tuttavia se questa è la sintesi dialettica "giusta" che la storia ci propone, le sorti della vita dei pesci piccoli sono la conferma dell'ethos del «mors tua, vita mea»; tutto piuttosto "naturale" (la vita ha di certo un suo "valore" nell'economia della piramide... non di Maslow, ma quella alimentare).

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
capacità di produrre più benessere e felicità. Concetti non incontrovertibili, ma solidi abbastanza da poter essere assiomatizzati con la consapevolezza dei loro limiti.
Assiomatizzare «benessere e felicità» non è forse il primo passo per chiudere impostare un paradigma etico sull'interpretazione del significato di quei due termini? In un gesto solo ecco spiegati l'autoreferenza del fondamento etico e la pluralità delle etiche.

Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
E' la lezione di Nietzsche: interrogare il proprio destino (evolutivo) e cercare di assecondarlo al meglio possibile. Ovvero, aggiungo io (anche se FN non sarebbe d'accordo) vagliandolo con lo strumento più oggettivo di cui disponiamo: l'intelligenza collettiva.
Sbaglierò, ma qui rilevo un ingombrante occidente-centrismo: al di là degli Urali e al di sotto del Mediterraneo, l'intelligenza collettiva/connettiva non va troppo di moda, o forse è così "pensiero laterale" che la fraintendiamo?
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 23 Settembre 2019, 23:04:13 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Settembre 2019, 21:02:29 PM
Per quanto tra etologia ed ecologia vi sia un sequitur non ridurrei l'etologia all'ecologia. Sulle gretinate stenderei un velo di pietoso silenzio. Ormai la politica liberal riesce a rendere autorevoli personaggi come Trump, Salvini e Orban che non fanno i sinistri con gli sponsor miliardari e le loro flotte. Neanche tanto dietro le quinte.

Saranno kretinate ma di fatto i liberal si muovono proprio a partire dall'etica, quando i progressisti dal provare a dare risposte.

Il fatto che tu insisti sul problema generale dell'etica, a mio parere dimentica proprio il fatto che l'etica è di fatto una politica.

Una politica generale mi pare molto metafisica, lo stesso metafisica che tu aborri così tanto.

In questo senso apprezzo che Phil parli di ricordo di cosa sia l'etica.

L'etica è una teorizzazione di una prassi, in fin dei conti per me è ciò che segue la prassi stessa, un continuo rimodellamento del suo presentarsi come politica.

Il punto principale ribadisco per la ennesima volta, è che il problema va spostato dall'etica ai soggetti che la pongono in atto.
Ossia chi sono questi soggetti che la pongono in atto.

In questo caso torniamo ai liberal.

E le Kretinate tornano a inquinare qualsiasi opinione generale.
Tanto che io continuo a sentire gente che nega il fascismo latente 
di ogni movimento di destra europeo.
Non quello americano, in quanto tutte le loro corti federali hanno già fatto piazza pulita degli uomini del presidente.
Per la loro giurisdizione la libertà (dei ricchi ovvio) è sacra.
In Europa invece l'idea di libertà si sta colorando di un bruno inquietante.

Sinceramente fin quando noi paio di filosofi continuiamo a non capire la cosa, non solo diamo spazio al pop-philosophia e al nuovo realismo, ma proprio all'interno del nostro pensare ci stiamo rendendo ridicolmente idioti. (perseveranti in idee astruse   
e dimentiche della grande tradizione filosofica).

Amen
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Jacopus il 23 Settembre 2019, 23:30:02 PM
CitazioneAnche perchè pure le interpretazioni sono fatti. E producono fatti il cui sfondo incontrovertibile, in assenza di dei, diventa la natura, ivi compresa quella natura particolare che è la natura umana. In cui i significati non sono, ma si danno. E sopravvivono in base alla loro capacità di produrre più benessere e felicità.
Cari Ipazia e Phil. Il vs dibattito sta per diventare leggenda nella piccola storia di questo forum.
Ho leggiucchiato qua e là e sono spesso d'accordo. Dovrei concentrarmi di più in realtà.
Inizio con questo breve passo che racchiude molti altri discorsi.
"Le interpretazioni sono fatti" é di una verità sulla quale non pensiamo abbastanza. Se non sono fatti sono il movente dei fatti, sempre. Per questo le parole andrebbero trattate con cura e più alta é l'autorità più necessaria é la cura.
Ma poi anche il seguito é rilevante, poiché le conseguenze delle parole sono nella natura, in quella particolare natura, definita natura umana. Prometeo ha inventato la technè per trasformare la natura e quella continua a trasformare anche l'umanità, i suoi desideri, la sua storia, svincolata da ogni patto sacro. Zeus non poteva far altro che punirlo.
Siamo noi i responsabili della nostra etica e solo noi, sia come collettività che come singoli e questo è l'assillo della nostra epoca: "È bene? É male? Ripetuto in continuazione. Perché non c'è più alcuna verità rivelata. La verità va scoperta, quella sì con il sudore della fronte ( o meglio con il lavoro della neocorteccia, dal lato interno della fronte).
Solo sul finale dissento, Ipazia. Un dissenso relativo comunque. Perché quella ricerca del benessere e della felicità mi sembra sempre che nasconda un baco avvelenato. Mi si addice di più il detto latino "in hilaritas triste, in tristitia hilare". E comunque mi appare sempre come una riduzione della nostra libertà, questo correre tutti insieme verso questo benessere, in fondo un po' conformista e perfino totalitario.
E se l'etica avesse come sua compagna di viaggio la famosa frase di Brecht, sul voler stare comunque dalla parte di chi ha torto? Se nella storia si fosse sempre seguita quella frase, se ci si fosse seduti di più dalla parte del torto "visto che tutti gli altri posti erano occupati", quante spade non sarebbero state sguainate. Forse in realtà esistono le leggi universali dell'etica e una di queste la potremmo definire la mitezza, il perdono, il guardare il mondo ed avere pietà di noi e dei nostri simili, conoscere per il gusto di sfidare le colonne d'Ercole, riposarsi all'ombra di una quercia, quando siamo troppo stanchi della vicinanza degli altri. Oppure "lavorare ed amare", la ricetta sommamente filosofica di Sigmund Freud.
Ma anche una filosofia combattente potrebbe andare bene a fronte delle troppe ingiustizie. Si perdona se si ha la pancia piena e se a suo tempo si fecero quelle stesse malefatte, direbbero i seguaci di De Andrè.
IL dilemma è tutto qui. Sguainare la spada e attendere che il Minotauro si impossessi della propria anima o subire l'ingiustizia e perdonare? Esiste una terza via, dove sia possibile non essere contaminati dalle Furie della vendetta e conoscere la via del perdono? Non è questa la strada che dobbiamo costruire tutti insieme, con il sudore della neocorteccia?
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 24 Settembre 2019, 10:25:17 AM
Citazione di: green demetr il 23 Settembre 2019, 23:04:13 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Settembre 2019, 21:02:29 PM
Per quanto tra etologia ed ecologia vi sia un sequitur non ridurrei l'etologia all'ecologia. Sulle gretinate stenderei un velo di pietoso silenzio. Ormai la politica liberal riesce a rendere autorevoli personaggi come Trump, Salvini e Orban che non fanno i sinistri con gli sponsor miliardari e le loro flotte. Neanche tanto dietro le quinte.

Saranno kretinate ma di fatto i liberal si muovono proprio a partire dall'etica, quando i progressisti dal provare a dare risposte.

Il fatto che tu insisti sul problema generale dell'etica, a mio parere dimentica proprio il fatto che l'etica è di fatto una politica.

Certamente: ethos techne vs. polis techne che a sua volta retroattivamente modifica l'ambiente (umano) e le sue tecniche di gestione, quindi l'etica (Platone, Machiavelli, illuminismo, socialismo,...). Mai negato tutto ciò. Semplicemente non eravamo arrivati a discuterlo, ma la con-fusione tra le due era evidente soprattutto nelle repliche "fattuali" di Phil.

CitazioneUna politica generale mi pare molto metafisica, lo stesso metafisica che tu aborri così tanto.

In questo senso apprezzo che Phil parli di ricordo di cosa sia l'etica.

L'etica è una teorizzazione di una prassi, in fin dei conti per me è ciò che segue la prassi stessa, un continuo rimodellamento del suo presentarsi come politica.

Anche qui grande incomprensione del mio pensiero. L'uomo è animale metafisico. La scienza stessa è metafisica naturale. Semmai è Phil convinto che si possa fare etica a partire dalla fisica, tralasciando il passaggio metafisico (teorizzazione della prassi, appunto) autoreferenziale e tatuologico, ergo "fallace". Le mie stoccate alla metafisica sono dello stesso genere che riservo alla fisica (ovvero ai loro interpreti e ai loro bias): quando la fanno fuori dal loro vaso. Dalla mia assai opinabile (e discutibile, qui) prospettiva "metafisica".

CitazioneIl punto principale ribadisco per la ennesima volta, è che il problema va spostato dall'etica ai soggetti che la pongono in atto. Ossia chi sono questi soggetti che la pongono in atto. In questo caso torniamo ai liberal.

Non solo ai liberal: in ogni società umana funziona così. E si risolve conflittualmente o condivisivamente, ma sempre sinteticamente. L'analisi serve solo a distribuire i pezzi sulla scacchiera. Tornando ai liberal, per me sono quelli che hanno messo i diritti civili al posto dei diritti sociali. Coloro che difendono Caino al punto di massacrare Abele lasciandolo su un ponteggio finchè schiatta. I sepolcri imbiancati dei sensi di colpa occidentali che ignorano del tutto le colpe dei loro arrembanti e ultraprolifici beniamini sottosviluppati. Filantropia interessata di cui sono sempre gli Altri a pagare il conto economico e sociale. Per questo ti dico che ...

CitazioneE le Kretinate tornano a inquinare qualsiasi opinione generale.
Tanto che io continuo a sentire gente che nega il fascismo latente di ogni movimento di destra europeo.
Non quello americano, in quanto tutte le loro corti federali hanno già fatto piazza pulita degli uomini del presidente.
Per la loro giurisdizione la libertà (dei ricchi ovvio) è sacra.
In Europa invece l'idea di libertà si sta colorando di un bruno inquietante.

.. il Leviatano ha poco da spartire con le utopie nazionalistico-razziali dei secoli scorsi, ma preferisce vestire liberal, e lo fa ben prima che la parola sovranista e il rossobruno apparissero in Europa. Lo fa fin da Portella della Ginestra e la sua impermeabilità incappucciata - ben più inaccessibile di Auschwitz -  è tale che non sapremo mai che cosa ha combinato a Piazza Fontana, Ustica, ... mentre noi gli leccavamo i piedi. Pratica che Conte e Di Maio hanno rinnovato nella capitale dell'impero occidentale anche ieri.

CitazioneSinceramente fin quando noi paio di filosofi continuiamo a non capire la cosa, non solo diamo spazio al pop-philosophia e al nuovo realismo, ma proprio all'interno del nostro pensare ci stiamo rendendo ridicolmente idioti. (perseveranti in idee astruse e dimentiche della grande tradizione filosofica).
Amen

Mi auguro di aver colmato la carenza politica che poteva trasparire dai miei post. Sempre restando IT: la polis è luogo principe dove il bene ed il male si generano e si consumano. Tornando ai sentieri, quando sboccavano in radure assolate  succedevano varie cose: bivaccamenti, scontri alla clava con altri pervenuti,... finchè qualcuno non ebbe la balzana idea di costruirci una polis. Lì - nel bene e nel male - è nato l'universo antropologico.
Amen
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 24 Settembre 2019, 21:58:52 PM
"il Leviatano ha poco da spartire con le utopie nazionalistico-razziali dei secoli scorsi, ma preferisce vestire liberal, e lo fa ben prima che la parola sovranista e il rossobruno apparissero in Europa. Lo fa fin da Portella della Ginestra e la sua impermeabilità incappucciata - ben più inaccessibile di Auschwitz -  è tale che non sapremo mai che cosa ha combinato a Piazza Fontana, Ustica, ... mentre noi gli leccavamo i piedi. Pratica che Conte e Di Maio hanno rinnovato nella capitale dell'impero occidentale anche ieri." cir Ipazia

Il leviatano dici bene si veste liberal, ma rimane il moloch fascista che vorrebbe relegare lo stesso pensare (il pensare) a tabù.
Paragonare la politica degli anni 70 ad Auschwitz mi pare improprio, le dimensioni del delitto politico non hanno mai avuto una dimensione raziale.
Piuttosto è il frutto della lotta lobbistica del potere. (questo sì concordo ovviamente).
Che (ancora) ovviamente dura anche oggi, come durava anche prima e mentre c'era Auschwitz.
Il punto etico oggi sarebbe la lotta alle lobby, ma è un mero sogno, in quanto la società tutta è intesa a che vi siano delle lobby, tutti desiderano il potere.
Ritorniamo alle analisi infantili della filosofia contemporanea, che adduce la colpa non al soggetto, ma all'individuo (come se esistesse, dandolo per scontato come unicum, e non come aggregato feticista, manipolabile e manipolato socialmente, credo Marx ne parli).
E invece appunto ci vorrebbe una analisi del soggetto, che ponga in questione l'intera dimensione socio-logica. Il discorso che parla del discorso degli individui, ossia appunto la politica occidentale, liberal, è un terribile modo di fare politica, proprio perchè ponendo la società un aggregato di individui, non me coglie assolutamente nè la parte sociale, ossia l'aggregazione come atto politico inteso alla socialità, nè come tentativo del soggetto di uscire dalle maglie dell'individualismo, in questo caso non etico, ma proprio come idea identificativa e anti-liberale, nonchè anti-intellettuale.
E invece non c'è uno straccio di filosofo (professionista) che raccolga questa sfida.(o meglio c'è Zizek (purroppo preso dal sua fantasmatica di morte) e alcuni psicanalisti, che però rimangono prigionieri delle loro categorie intellettuali).
Ora non so se Phil abbia frainteso l'ethos della tecnica con quello della politica, in effetti ripensandoci, comincio a capire dove risieda la tua critica alla sua posizione antimetafisica, che è una antimetafisica della tecnica, che non intende l'urgenza di quella metafisica.(politica e sociale). Ora riesco a capire e ad approvare anche quanto detto prima da te. (almeno c'è la volontà di andare in una direzione, al di là delle argomentazioni: bene!). :)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Abbiamo difficoltà a distinguere la Germania nazista dalla Germania democratica ? Torquamada da Voltaire ? Tanto difficile e opinabile un paradigma a proposito ? Ne girano parecchi: indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità
La distinzione (del referente "fattuale") la vedono sia il nazista che il democratico, sia gli inquisitori che gli illuministi; sul valore (significato) della differenza, temo non siano perfettamente concordi (come già ricordato da Jacopus). Chiaramente qualcuno viene sconfitto nel corso della storia; ma davvero capita solo ai "cattivi"? O sono i vincitori a fare l'etica più di quanto la facciano i presunti sequitur? Forse non ne avremo mai la controprova; tuttavia, riflettendo sulle categorie (e sulla compilazione degli indicatori) attuali non è difficile intuire che esse siano figlie della storia più di quanto siano formalizzazioni di valori assoluti e meta-storici (se riusciamo a riconoscere la loro genesi terrestre: contingente, non necessaria). Ad esempio, il successo storico degli "squali dell'imperialismo capitalista" quanto condiziona il "segno +" dei nostri «indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità»(cit.)? Autoreferenza dei paradigmi, dicevamo.

Essendo tutto legato, lo sono anche i segni +, una volta separati dai - . Anche un mio Maestro, che certo non si faceva illusioni sugli "squali dell'imperialismo capitalista", ne riconosceva la funzione progressiva nella razionalizzazione del lavoro e dell'economia. Compresa una funzione etica di metabolizzazione di squali di più antica datazione. Il paradigma a volo d'uccello appare come un serpentone unico, autoreferenziale nel suo volersi conservare in vita, per la qual cosa deve spendersi per il sequitur - poco presunto e reale - che il Maestro di cui sopra chiamava "ricambio organico uomo-natura"; la ricerca del cui equilibrio omeostatico è sempre una bella sfida per umani ed etiche di tutte le razze ed epoche.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Chi decide la "normatività" etica ? Un assioma idealistico assoluto o storicamente determinato ? La falsificabilità la misurano le varie Stalingrado sociali e morali che hanno segnato la storia. L'oggettività incontrovertibile meglio lasciarla ai metafisici e ai matematici. Per la vita reale basta un'etica laica, capace di demarcare diritti e doveri nello spirito e materialità dei tempi.
La normatività è solitamente implicita nell'etica, non fuori (per questo ammonivo sul ricordare cosa ci aspettiamo dall'etica). L'etica deve guidarci o noi dobbiamo guidare l'etica? Sarebbe bella una salomonica dialettica fra le due, ma se intanto, in concreto, dobbiamo decidere una questione etica, come quelle che ho citato in precedenza, non possiamo che far appello all'etica che abbiamo: "per vedere l'effetto che fa" o perché la riteniamo giusta? La risposta rivela il peso della distinzione fra induzione e deduzione, fra falsificabilità e paradigma tautologico, etc.

Come in questa bellissima canzone di Battiato, il divino Eraclito ci spiega che il ciclo della vita è un paradigma tautologico nel quale tutto avviene al suo interno, laddove l'induzione passata ci permette di dedurre il futuro e l'etica funge da filo di Arianna che dobbiamo ritessere man mano che ci inoltriamo nel divenire. Ci facciamo guidare dall'etica del passato, laddove essa dimostra di continuare a funzionare, decostruendo e ricostruendo ciò che non funziona più. Il paradigma e talmente ben congegnato nella sua autoreferenzialità che funziona anche quando sembra che non ci sia più niente che funzioni. Dall'archè in poi si è edificato molto, evidentemente. Si è consolidata una forma umana.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Stiamo parlando di un'etica che acquisisce senso in una circolarità planitaria, di specie. E che se ne incontra un'altra non nasce aporia, ma necessità di sintesi, perchè la dialettica è ormai globale.
Eppure, su scala globale, i "fatti" ci parlano più di conflitti che di sintesi; più di incompatibilità paradigmatica che di dialettica. Dove le talpe notano sgambetti e colpi bassi, le nottole, dall'alto, vedono un laborioso formicaio; come sempre, ognuno scorge ciò che la sua prospettiva gli consente.

La sintesi nasce dal conflitto. Dialettica hegeliana elementare. L'ellenismo ha guadagnato secoli di vita dalla conquista romana. Ne ha beneficiato la sapienza greca e pure i romani. Il problema non è il conflitto, ma il livello dei belligeranti e dei loro paradigmi etici. Il che mi spinge a caldeggiare l'unificazione degli assiomi e dei referenti fondativi.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Anche perchè pure le interpretazioni sono fatti. E producono fatti il cui sfondo incontrovertibile, in assenza di dei, diventa la natura, ivi compresa quella natura particolare che è la natura umana. In cui i significati non sono, ma si danno. E sopravvivono in base alla loro capacità di produrre più benessere e felicità.
Selezione "naturale" fra i significati in vista di maggior benessere e felicità? Come dissi pagine addietro, è un alibi ben noto a noi occidentali, dai tempi delle crociate sino all'esportazione della democrazia (cito, non valuto); gli squali di cui sopra ne sarebbero fieri, i pesci piccoli e martirizzati un po' meno; tuttavia se questa è la sintesi dialettica "giusta" che la storia ci propone, le sorti della vita dei pesci piccoli sono la conferma dell'ethos del «mors tua, vita mea»; tutto piuttosto "naturale" (la vita ha di certo un suo "valore" nell'economia della piramide... non di Maslow, ma quella alimentare).

L'alibi occidentale con la sua scienza riesce a sfamare sette miliardi di umani, compresi i pesci piccoli che se la passano un po' meglio di quando morivano di fame, epidemie e parto. Il valore vita ha avuto anche risvolti differenti dalla piramide alimentare darwiniana. Abbiamo portato anche morte e distruzione, ma bisogna mettere tutto nel conto evolutivo. Nel quale solo il progresso etico e l'accuratezza dei suoi paradigmi ci può salvare.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
capacità di produrre più benessere e felicità. Concetti non incontrovertibili, ma solidi abbastanza da poter essere assiomatizzati con la consapevolezza dei loro limiti.
Assiomatizzare «benessere e felicità» non è forse il primo passo per chiudere impostare un paradigma etico sull'interpretazione del significato di quei due termini? In un gesto solo ecco spiegati l'autoreferenza del fondamento etico e la pluralità delle etiche.

Benessere e felicità hanno loro algoritmi abbastanza rigorosi finchè si resta nel campo della soddisfazione dei bisogni condivisi. Con un grado si certezza maggiore quanto più ci si trova alla base della piramide di Maslow, cui corrisponde una invarianza etica alquanto incontestabile. Salvo casi patologici, nessuno si augura carestie, cataclismi, malattie, morti sul lavoro, per strada o per crimine. Vicino ai fondamentali antropologici la pluralità etica diventa impraticabile.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
E' la lezione di Nietzsche: interrogare il proprio destino (evolutivo) e cercare di assecondarlo al meglio possibile. Ovvero, aggiungo io (anche se FN non sarebbe d'accordo) vagliandolo con lo strumento più oggettivo di cui disponiamo: l'intelligenza collettiva.
Sbaglierò, ma qui rilevo un ingombrante occidente-centrismo: al di là degli Urali e al di sotto del Mediterraneo, l'intelligenza collettiva/connettiva non va troppo di moda, o forse è così "pensiero laterale" che la fraintendiamo?

Mica tanto: lo sviluppo socioeconomico e tecnologico travolgente dell'Asia è frutto di intelligenza collettiva. Sintetica, piuttosto che debitrice, del pensiero occidentale. Al punto che ci stanno già facendo scuola. Sotto il Mediterraneo manca. E infatti se la vengono a prendere in Europa.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 24 Settembre 2019, 22:44:11 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Abbiamo difficoltà a distinguere la Germania nazista dalla Germania democratica ? Torquamada da Voltaire ? Tanto difficile e opinabile un paradigma a proposito ? Ne girano parecchi: indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità
La distinzione (del referente "fattuale") la vedono sia il nazista che il democratico, sia gli inquisitori che gli illuministi; sul valore (significato) della differenza, temo non siano perfettamente concordi (come già ricordato da Jacopus). Chiaramente qualcuno viene sconfitto nel corso della storia; ma davvero capita solo ai "cattivi"? O sono i vincitori a fare l'etica più di quanto la facciano i presunti sequitur? Forse non ne avremo mai la controprova; tuttavia, riflettendo sulle categorie (e sulla compilazione degli indicatori) attuali non è difficile intuire che esse siano figlie della storia più di quanto siano formalizzazioni di valori assoluti e meta-storici (se riusciamo a riconoscere la loro genesi terrestre: contingente, non necessaria). Ad esempio, il successo storico degli "squali dell'imperialismo capitalista" quanto condiziona il "segno +" dei nostri «indicatori di sviluppo, qualità della vita e persino di felicità»(cit.)? Autoreferenza dei paradigmi, dicevamo.

Essendo tutto legato, lo sono anche i segni +, una volta separati dai - . Anche un mio Maestro, che certo non si faceva illusioni sugli "squali dell'imperialismo capitalista", ne riconosceva la funzione progressiva nella razionalizzazione del lavoro e dell'economia. Compresa una funzione etica di metabolizzazione di squali di più antica datazione. Il paradigma a volo d'uccello appare come un serpentone unico, autoreferenziale nel suo volersi conservare in vita, per la qual cosa deve spendersi per il sequitur - poco presunto e reale - che il Maestro di cui sopra chiamava "ricambio organico uomo-natura"; la ricerca del cui equilibrio omeostatico è sempre una bella sfida per umani ed etiche di tutte le razze ed epoche.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Chi decide la "normatività" etica ? Un assioma idealistico assoluto o storicamente determinato ? La falsificabilità la misurano le varie Stalingrado sociali e morali che hanno segnato la storia. L'oggettività incontrovertibile meglio lasciarla ai metafisici e ai matematici. Per la vita reale basta un'etica laica, capace di demarcare diritti e doveri nello spirito e materialità dei tempi.
La normatività è solitamente implicita nell'etica, non fuori (per questo ammonivo sul ricordare cosa ci aspettiamo dall'etica). L'etica deve guidarci o noi dobbiamo guidare l'etica? Sarebbe bella una salomonica dialettica fra le due, ma se intanto, in concreto, dobbiamo decidere una questione etica, come quelle che ho citato in precedenza, non possiamo che far appello all'etica che abbiamo: "per vedere l'effetto che fa" o perché la riteniamo giusta? La risposta rivela il peso della distinzione fra induzione e deduzione, fra falsificabilità e paradigma tautologico, etc.

Come in questa bellissima canzone di Battiato, il divino Eraclito ci spiega che il ciclo della vita è un paradigma tautologico nel quale tutto avviene al suo interno, laddove l'induzione passata ci permette di dedurre il futuro e l'etica funge da filo di Arianna che dobbiamo ritessere man mano che ci inoltriamo nel divenire. Ci facciamo guidare dall'etica del passato, laddove essa dimostra di continuare a funzionare, decostruendo e ricostruendo ciò che non funziona più. Il paradigma e talmente ben congegnato nella sua autoreferenzialità che funziona anche quando sembra che non ci sia più niente che funzioni. Dall'archè in poi si è edificato molto, evidentemente. Si è consolidata una forma umana.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Stiamo parlando di un'etica che acquisisce senso in una circolarità planitaria, di specie. E che se ne incontra un'altra non nasce aporia, ma necessità di sintesi, perchè la dialettica è ormai globale.
Eppure, su scala globale, i "fatti" ci parlano più di conflitti che di sintesi; più di incompatibilità paradigmatica che di dialettica. Dove le talpe notano sgambetti e colpi bassi, le nottole, dall'alto, vedono un laborioso formicaio; come sempre, ognuno scorge ciò che la sua prospettiva gli consente.

La sintesi nasce dal conflitto. Dialettica hegeliana elementare. L'ellenismo ha guadagnato secoli di vita dalla conquista romana. Ne ha beneficiato la sapienza greca e pure i romani. Il problema non è il conflitto, ma il livello dei belligeranti e dei loro paradigmi etici. Il che mi spinge a caldeggiare l'unificazione degli assiomi e dei referenti fondativi.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
Anche perchè pure le interpretazioni sono fatti. E producono fatti il cui sfondo incontrovertibile, in assenza di dei, diventa la natura, ivi compresa quella natura particolare che è la natura umana. In cui i significati non sono, ma si danno. E sopravvivono in base alla loro capacità di produrre più benessere e felicità.
Selezione "naturale" fra i significati in vista di maggior benessere e felicità? Come dissi pagine addietro, è un alibi ben noto a noi occidentali, dai tempi delle crociate sino all'esportazione della democrazia (cito, non valuto); gli squali di cui sopra ne sarebbero fieri, i pesci piccoli e martirizzati un po' meno; tuttavia se questa è la sintesi dialettica "giusta" che la storia ci propone, le sorti della vita dei pesci piccoli sono la conferma dell'ethos del «mors tua, vita mea»; tutto piuttosto "naturale" (la vita ha di certo un suo "valore" nell'economia della piramide... non di Maslow, ma quella alimentare).

L'alibi occidentale con la sua scienza riesce a sfamare sette miliardi di umani, compresi i pesci piccoli che se la passano un po' meglio di quando morivano di fame, epidemie e parto. Il valore vita ha avuto anche risvolti differenti dalla piramide alimentare darwiniana. Abbiamo portato anche morte e distruzione, ma bisogna mettere tutto nel conto evolutivo. Nel quale solo il progresso etico e l'accuratezza dei suoi paradigmi ci può salvare.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
capacità di produrre più benessere e felicità. Concetti non incontrovertibili, ma solidi abbastanza da poter essere assiomatizzati con la consapevolezza dei loro limiti.
Assiomatizzare «benessere e felicità» non è forse il primo passo per chiudere impostare un paradigma etico sull'interpretazione del significato di quei due termini? In un gesto solo ecco spiegati l'autoreferenza del fondamento etico e la pluralità delle etiche.

Benessere e felicità hanno loro algoritmi abbastanza rigorosi finchè si resta nel campo della soddisfazione dei bisogni condivisi. Con un grado si certezza maggiore quanto più ci si trova alla base della piramide di Maslow, cui corrisponde una invarianza etica alquanto incontestabile. Salvo casi patologici, nessuno si augura carestie, cataclismi, malattie, morti sul lavoro, per strada o per crimine. Vicino ai fondamentali antropologici la pluralità etica diventa impraticabile.

Citazione di: Phil il 23 Settembre 2019, 22:21:58 PM
Citazione di: Ipazia il 23 Settembre 2019, 19:47:38 PM
E' la lezione di Nietzsche: interrogare il proprio destino (evolutivo) e cercare di assecondarlo al meglio possibile. Ovvero, aggiungo io (anche se FN non sarebbe d'accordo) vagliandolo con lo strumento più oggettivo di cui disponiamo: l'intelligenza collettiva.
Sbaglierò, ma qui rilevo un ingombrante occidente-centrismo: al di là degli Urali e al di sotto del Mediterraneo, l'intelligenza collettiva/connettiva non va troppo di moda, o forse è così "pensiero laterale" che la fraintendiamo?

Mica tanto: lo sviluppo socioeconomico e tecnologico travolgente dell'Asia è frutto di intelligenza collettiva. Sintetica, piuttosto che debitrice, del pensiero occidentale. Al punto che ci stanno già facendo scuola. Sotto il Mediterraneo manca. E infatti se la vengono a prendere in Europa.

Va bene la direzione ma questo etologismo ai limiti dell'imbarazzante invaselinato con un pò di farina Maslow è deprimente.  ::)  oltre che ossesivamente riproposto nel 3d.

Ps.

Ti sembra di aver risposto anche ad uno solo dei quesiti di Phil?
Risposte a buon mercato mi sembra.

Come se l'occidente fosse la sua scienza.

Come se la Natura fosse quella che fa da Mamma e non da Matrigna. Etc..etc..
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:46:20 PM
Citazione di: Jacopus il 23 Settembre 2019, 23:30:02 PM
Solo sul finale dissento, Ipazia. Un dissenso relativo comunque. Perché quella ricerca del benessere e della felicità mi sembra sempre che nasconda un baco avvelenato. Mi si addice di più il detto latino "in hilaritas triste, in tristitia hilare". E comunque mi appare sempre come una riduzione della nostra libertà, questo correre tutti insieme verso questo benessere, in fondo un po' conformista e perfino totalitario...

Che la sazietà, inclusa quella erotica, rischi di finire in tristezza e l'opulenza materiale ponga le basi per nuovi feticci, ci sta. Ma sono "sofferenze" da ricchi che possiedono strumenti intellettuali per venirne fuori senza grandi sforzi.

Sui conflitti col potere la faccenda è più spinosa. Non penso vi siano strategie di lotta e neppure dispositivi etici buoni per tutte le stagioni. Si viaggia su una tavola da surf che bisogna imparare a manovrare in tutti i mari possibili avvalendosi della manualistica morale che fin dall'antichità si è cimentata su quei mari, marosi e mareggiate.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 10:25:17 AM
Certamente: ethos techne vs. polis techne che a sua volta retroattivamente modifica l'ambiente (umano) e le sue tecniche di gestione, quindi l'etica (Platone, Machiavelli, illuminismo, socialismo,...). Mai negato tutto ciò. Semplicemente non eravamo arrivati a discuterlo, ma la con-fusione tra le due era evidente soprattutto nelle repliche "fattuali" di Phil.
Alludi a quando ho relazionato il successo storico di una prospettiva (politica o altro) con l'imprinting etico che ne è poi derivato (v. indicatori)? Oppure a quando ho ricordato che la politiche hanno la mano più pesante delle etiche (come ci insegnano gli "squali del capitalismo", etc.)?
Se politica ed etica prescindono dai "fatti", non diventano ancor più avulse ed autoreferenziali, pagando tale disimpegno con una mancata spendibilità in ambito sociale? Se pensiamo a sintesi dialettiche, ma poi la realtà ce le falsifica, significa che sbagliamo ad appellarci alla realtà oppure che è il nostro pensare che va un po' ricalibrato? Ci interessa un'etica e/o una politica che possano essere praticate (v. tesi su Feuerbach) o soltanto (de)scritte come "miglior mondo nel sol dell'avvenire"?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 10:25:17 AM
Semmai è Phil convinto che si possa fare etica a partire dalla fisica
Tale "convinzione" risiede nel mio sbandierato non trovare un sequitur fra physis-ethos ed etica?
[Stai giocosamente "trollando" tutti i miei post in questa discussione o hai solo dimenticato di inserire un «non» prima di «convinto»?]

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Anche un mio Maestro, che certo non si faceva illusioni sugli "squali dell'imperialismo capitalista", ne riconosceva la funzione progressiva nella razionalizzazione del lavoro e dell'economia. Compresa una funzione etica di metabolizzazione di squali di più antica datazione.
«Etica» o «sociale»?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il paradigma a volo d'uccello appare come un serpentone unico, autoreferenziale nel suo volersi conservare in vita, per la qual cosa deve spendersi per il sequitur - poco presunto e reale - che il Maestro di cui sopra chiamava "ricambio organico uomo-natura"; la ricerca del cui equilibrio omeostatico è sempre una bella sfida per umani ed etiche di tutte le razze ed epoche.
L'etica non ha perlopiù altro campo d'applicazione rispetto all'equilibrio uomo/natura?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Come in questa bellissima canzone di Battiato, il divino Eraclito ci spiega che il ciclo della vita è un paradigma tautologico nel quale tutto avviene al suo interno, laddove l'induzione passata ci permette di dedurre il futuro e l'etica funge da filo di Arianna che dobbiamo ritessere man mano che ci inoltriamo nel divenire. Ci facciamo guidare dall'etica del passato, laddove essa dimostra di continuare a funzionare, decostruendo e ricostruendo ciò che non funziona più.
[In entrambe le ricorrenze]«Etica» al singolare?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
La sintesi nasce dal conflitto. Dialettica hegeliana elementare.
Eppure, il buon Hegel si occupava di dialettica fra paradigmi etici o parlava di sintesi storica "a posteriori"? Intanto, nel qui ed ora del conflitto, quale dialettica scandisce l'etica (o meglio, le etiche)?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il che mi spinge a caldeggiare l'unificazione degli assiomi e dei referenti fondativi.
Possiamo manipolare e unificare gli assiomi, ma davvero anche la pluralità dei referenti?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il valore vita ha avuto anche risvolti differenti dalla piramide alimentare darwiniana. Abbiamo portato anche morte e distruzione, ma bisogna mettere tutto nel conto evolutivo. Nel quale solo il progresso etico e l'accuratezza dei suoi paradigmi ci può salvare.
Progresso etico? Secondo quali indicatori (di quale etica)?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Benessere e felicità hanno loro algoritmi abbastanza rigorosi finchè si resta nel campo della soddisfazione dei bisogni condivisi. Con un grado si certezza maggiore quanto più ci si trova alla base della piramide di Maslow, cui corrisponde una invarianza etica alquanto incontestabile.
«Invarianza etica» dei bisogni primari? Il testo di Maslow (citato in precedenza) non aveva confermato che la piramide ha valenza individuale (così come sono vissuti individualmente i bisogni primari)?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
lo sviluppo socioeconomico e tecnologico travolgente dell'Asia è frutto di intelligenza collettiva. Sintetica, piuttosto che debitrice, del pensiero occidentale. Al punto che ci stanno già facendo scuola.
Lavoro collettivo, senza scendere nei dettagli della sua "eticità", significa intelligenza collettiva? Lo sviluppo è davvero anche «socio» oltre che «economico»?

Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Sotto il Mediterraneo manca. E infatti se la vengono a prendere in Europa.
Davvero è l'intelligenza collettiva ciò che (ap)prendono (provenendo dai paesi dell'ubuntu)?
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 10:25:17 AM
Certamente: ethos techne vs. polis techne che a sua volta retroattivamente modifica l'ambiente (umano) e le sue tecniche di gestione, quindi l'etica (Platone, Machiavelli, illuminismo, socialismo,...). Mai negato tutto ciò. Semplicemente non eravamo arrivati a discuterlo, ma la con-fusione tra le due era evidente soprattutto nelle repliche "fattuali" di Phil.
Alludi a quando ho relazionato il successo storico di una prospettiva (politica o altro) con l'imprinting etico che ne è poi derivato (v. indicatori)? Oppure a quando ho ricordato che la politiche hanno la mano più pesante delle etiche (come ci insegnano gli "squali del capitalismo", etc.)?
Se politica ed etica prescindono dai "fatti", non diventano ancor più avulse ed autoreferenziali, pagando tale disimpegno con una mancata spendibilità in ambito sociale? Se pensiamo a sintesi dialettiche, ma poi la realtà ce le falsifica, significa che sbagliamo ad appellarci alla realtà oppure che è il nostro pensare che va un po' ricalibrato? Ci interessa un'etica e/o una politica che possano essere praticate (v. tesi su Feuerbach) o soltanto (de)scritte come "miglior mondo nel sol dell'avvenire"?

Da quando la polis ha iniziato a contrassegnare pesantemente l'ethos umano, politica ed etica hanno viaggiato a vista d'occhio nella stessa direzione. Spesso conflittuale (Antigone) ma dialetticamente intrecciate: è evidente che Sofocle, e i suoi spettatori, stanno dalla parte di Antigone, pur vivendo nella quintessenza della polis, Atene.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 10:25:17 AM
Semmai è Phil convinto che si possa fare etica a partire dalla fisica
Tale "convinzione" risiede nel mio sbandierato non trovare un sequitur fra physis-ethos ed etica?
[Stai giocosamente "trollando" tutti i miei post in questa discussione o hai solo dimenticato di inserire un «non» prima di «convinto»?]

Non mi permetterei mai. Ma se si considerano il bene e il male dei ferrivecchi da archiviare e si pone l'etica nell'esclusiva autonomia individuale finisce che ognuno si costruirà il suo rapporto "etico" con la natura, inclusa quella umana, salvando la teoria (relativista), ma non la funzione intersoggettiva dell'etica (singolare in quanto sapere collettivo) che ci salva da guai peggiori fin dalla notte dei tempi (mors tua vita mea) ripristinando i sequitur che il relativismo pretende di sciogliere.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Anche un mio Maestro, che certo non si faceva illusioni sugli "squali dell'imperialismo capitalista", ne riconosceva la funzione progressiva nella razionalizzazione del lavoro e dell'economia. Compresa una funzione etica di metabolizzazione di squali di più antica datazione.
«Etica» o «sociale»?

Etica in quanto sociale.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il paradigma a volo d'uccello appare come un serpentone unico, autoreferenziale nel suo volersi conservare in vita, per la qual cosa deve spendersi per il sequitur - poco presunto e reale - che il Maestro di cui sopra chiamava "ricambio organico uomo-natura"; la ricerca del cui equilibrio omeostatico è sempre una bella sfida per umani ed etiche di tutte le razze ed epoche.
L'etica non ha perlopiù altro campo d'applicazione rispetto all'equilibrio uomo/natura?

Sì, ma il suo campo d'esistenza si fonda lì. Inclusi gli sviluppi, anche quando cercano di scardinarne l'inerzia dell'ordine, dovendo comunque sempre farlo con mezzi naturali.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Come in questa bellissima canzone di Battiato, il divino Eraclito ci spiega che il ciclo della vita è un paradigma tautologico nel quale tutto avviene al suo interno, laddove l'induzione passata ci permette di dedurre il futuro e l'etica funge da filo di Arianna che dobbiamo ritessere man mano che ci inoltriamo nel divenire. Ci facciamo guidare dall'etica del passato, laddove essa dimostra di continuare a funzionare, decostruendo e ricostruendo ciò che non funziona più.
[In entrambe le ricorrenze]«Etica» al singolare?

Sì, intesa come sapere. Come prodotto dell'intelligenza storica collettiva. La pluralità riguarda semmai le applicazioni pratiche nei molteplici piani del reale. Le quali però derivano il loro "spirito" da una fonte tendenzialmente unificante.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
La sintesi nasce dal conflitto. Dialettica hegeliana elementare.
Eppure, il buon Hegel si occupava di dialettica fra paradigmi etici o parlava di sintesi storica "a posteriori"


La sintesi storica a posteriori comporta anche una sintesi di paradigmi etici; una loro sintetica unificazione come avviene nel caso delle rivoluzioni scientifiche. Che l'ostacolo più forte all'unificazione dei paradigmi etici sia laddove si resta invischiati in "massimi sistemi" contrapposti dimostra la bontà anche teoretica di un riferimento alla (comune) natura e la non peregrinità fondativa della teoria dei bisogni che produce la farina di cui tutti si alimentano. (alimenti ce ne sono molti, ma la necessità alimentare è unica e incontrovertibie)

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Intanto, nel qui ed ora del conflitto, quale dialettica scandisce l'etica (o meglio, le etiche)?

Il conflitto è manifestazione di interessi contrapposti a prori di ogni possibilità di unificazione etica (che avverrà in qualche modo a conflitto concluso). Però che l'etica abbia un conatus unificante lo dimostra l'etica del conflitto: Odissea, etica cavalleresca, convenzione di Ginevra, regole d'ingaggio, DUDU. E mettiamoci pure la netiquette.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il che mi spinge a caldeggiare l'unificazione degli assiomi e dei referenti fondativi.
Possiamo manipolare e unificare gli assiomi, ma davvero anche la pluralità dei referenti?

Dobbiamo. Questione di sopravvivenza della specie e di lieto vivere. La pluralità dei referenti non è questione etica, ma di gusto personale. Quando diventa questione etica nasce il conflitto, che esige almeno un'etica condivisa che si chiama tolleranza. Soluzione provvisoria in attesa di unificazioni più soddisfacenti. Con la farina a fare sempre da collante. E pure vaselina talvolta, quando l'animalità riscopre il suo senso. Perfino nelle trincee di una volta, a Natale e non sempre (i talebani c'erano anche allora).

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il valore vita ha avuto anche risvolti differenti dalla piramide alimentare darwiniana. Abbiamo portato anche morte e distruzione, ma bisogna mettere tutto nel conto evolutivo. Nel quale solo il progresso etico e l'accuratezza dei suoi paradigmi ci può salvare.
Progresso etico? Secondo quali indicatori (di quale etica)?

Algoritmi di soddisfazione dei bisogni primari, salute, alfabetizzazione, tempo libero, diritti sociali e civili. Teoria dei bisogni: etica e politica sempre lì devono andare a parare. Fissando il tutto nel divenire delle tavole della legge.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Benessere e felicità hanno loro algoritmi abbastanza rigorosi finchè si resta nel campo della soddisfazione dei bisogni condivisi. Con un grado si certezza maggiore quanto più ci si trova alla base della piramide di Maslow, cui corrisponde una invarianza etica alquanto incontestabile.
«Invarianza etica» dei bisogni primari? Il testo di Maslow (citato in precedenza) non aveva confermato che la piramide ha valenza individuale (così come sono vissuti individualmente i bisogni primari)?

La valenza individuale è data dal fatto che gli stomaci sono individuali. Anche i cervelli, ma è più facile ingannarli con cibo farlocco (di qui nasce il mio rispetto per i ragionamenti di pancia). L'invarianza etica intersoggettiva sta, fatta la tara del gusto e della varietà, nel cibo e nel bisogno di esso.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
lo sviluppo socioeconomico e tecnologico travolgente dell'Asia è frutto di intelligenza collettiva. Sintetica, piuttosto che debitrice, del pensiero occidentale. Al punto che ci stanno già facendo scuola.
Lavoro collettivo, senza scendere nei dettagli della sua "eticità", significa intelligenza collettiva? Lo sviluppo è davvero anche «socio» oltre che «economico»?

Senza entrare nei dettagli della sua eticità, sì: altrimenti non ci sarebbero questi post. L'economico trascina il sociale ma è solo la politica, col suo combustibile etico tarato sui bisogni collettivi, che può impedire lo trascini all'inferno.

Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Sotto il Mediterraneo manca. E infatti se la vengono a prendere in Europa.
Davvero è l'intelligenza collettiva ciò che (ap)prendono (provenendo dai paesi dell'ubuntu)?

Non tutta (altrimenti farebbero altrettanto da dove provengono). Solo quella parte che si materializza in welfare.
(la versione esportazione ubuntu ha deciso che tocca agli europei dimostrare che non esistono bambini orfani, o meglio abbandonati, africani. Pare che l'intelligenza collettiva europea su questo punto si stia svegliando dal letargo)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 25 Settembre 2019, 15:51:56 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
Citazione«Etica» al singolare?
Sì, intesa come sapere. Come prodotto dell'intelligenza storica collettiva. La pluralità riguarda semmai le applicazioni pratiche nei molteplici piani del reale. Le quali però derivano il loro "spirito" da una fonte tendenzialmente unificante.
Unificante nella sua "forma" in generale (se forziamo un po'), ma la storia la fanno le scelte concrete e i contenuti, fattuali e plurali (contraccolpo dell'eccessiva generalità: suggerire, in generale, di fare il bene, non aiuta a capire quale esso sia). Fare di tutte le culture una etica (o un sapere) è, a mio avviso, un "civettuolo" ("nottolico"?) librarsi sopra il reale, augurandosi di poterci poi riatterrare con qualcosa di fruibile per compiere scelte etiche (finché la loro urgenza ne ammette l'attesa).

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
La sintesi storica a posteriori comporta anche una sintesi di paradigmi etici; una loro sintetica unificazione come avviene nel caso delle rivoluzioni scientifiche. [...] la bontà anche teoretica di un riferimento alla (comune) natura e la non peregrinità fondativa della teoria dei bisogni che produce la farina di cui tutti si alimentano. (alimenti ce ne sono molti, ma la necessità alimentare è unica e incontrovertibie)
Come ricordato, le scienze sono falsificabili proprio perché si occupano induttivamente dei propri referenti; la convergenza unitaria del pensiero scientifico (potrei sbagliarmi) viene meno quanto più il referente si fa impalpabile (quantistico, etc.). Mi pare che l'etica abbia tutta un'altra impostazione e un altro campo di applicazione che, sempre fino a prova contraria, non è riducibile a soddisfare i bisogni primari (che sono individuali). Unificare i paradigmi etici è talvolta come unificare i propri amici vegani invitandoli per una grigliata di maiale: sarebbe anche "bello", ma la realtà dei fatti è spesso spietatamente selettiva più che unificante.
Salvo tu intenda «unificante» nel senso che uno domina l'altro; infatti:
Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
che l'etica abbia un conatus unificante lo dimostra l'etica del conflitto: Odissea, etica cavalleresca, convenzione di Ginevra, regole d'ingaggio, DUDU. E mettiamoci pure la netiquette.
non sono esempi di unificazione etica, ma di come una etica si affermi scartando le altre possibili: ancora una volta si rischia di confondere il successo storico e demoscopico con la sintesi verso "il meglio". Come già detto, a posteriori l'etica dominante non può che guardare al passato che l'ha affermata come tale e dire: «è cosa buona e giusta» in un'autoreferenza che schiva le domande insidiose di ogni meta-etica.

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
Citazione di: Phil il 24 Settembre 2019, 23:57:04 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Settembre 2019, 22:03:37 PM
Il che mi spinge a caldeggiare l'unificazione degli assiomi e dei referenti fondativi.
Possiamo manipolare e unificare gli assiomi, ma davvero anche la pluralità dei referenti?
Dobbiamo. Questione di sopravvivenza della specie e di lieto vivere.
Un dovere etico che si scontra con un non-potere pragmatico; mi sa che anche qui puntiamo su cavalli diversi.

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
La pluralità dei referenti non è questione etica, ma di gusto personale.
Pardon, la pluralità dei referenti è questione di "oggettività", "fattualità", etc. la pluralità dei significati è questione di gusto.

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
Quando diventa questione etica nasce il conflitto, che esige almeno un'etica condivisa che si chiama tolleranza. Soluzione provvisoria in attesa di unificazioni più soddisfacenti. Con la farina a fare sempre da collante. E pure vaselina talvolta, quando l'animalità riscopre il suo senso.
Posso anche concordare con questa tua prospettiva etica (esigenza della tolleranza, etc.), almeno finché ne ricordiamo la contingenza; nel momento in cui la riteniamo necessaria e giusta, non potrà esserci né unificazione né sintesi dialettica con le prospettive divergenti, ma solo sotto-valutazione (gerarchica) o, in casi estremi, sotto-missione («mors tua...»).

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
CitazioneProgresso etico? Secondo quali indicatori (di quale etica)?
Algoritmi di soddisfazione dei bisogni primari, salute, alfabetizzazione, tempo libero, diritti sociali e civili. Teoria dei bisogni: etica e politica sempre lì devono andare a parare. Fissando il tutto nel divenire delle tavole della legge.
«Bisogni primari, salute, alfabetizzazione, tempo libero» li lascerei a margine dell'etica (che non è il welfare); per affermare che diritti sociali e civili (e le tavole della legge che li contengono) progrediscano o regrediscano, avremmo bisogno di un paradigma interpretativo; ovviamente sceglieremo quello di casa nostra (di nuovo: posso concordare perché sono nella tua stessa cultura, ma la gerarchia è inevitabilmente autoreferenziale, non mi pare fondata su incontrovertibili sequitur etologici).

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
L'invarianza etica intersoggettiva sta, fatta la tara del gusto e della varietà, nel cibo e nel bisogno di esso.
Se tolgo la parola «etica» la frase mantiene lo stesso senso; eppure quell'aggettivo non dovrebbe essere così irrilevante... il fatto che tutti abbiamo bisogno di cibo non è una questione in sé etica, ma fisiologica; l'etica può occuparsene nel gestire le scorte di cibo, ma è allora etico l'approccio al tema del cibo, non il bisogno in sé (anche i microbi hanno bisogno di cibo, ma non scomoderei l'etica per comprenderli). Ancora una volta, il referente (bisogno di cibo) non è il significato (questioni etiche riguardanti la gestione del cibo, etc.), in mezzo c'è un paradigma, anzi, dei paradigmi.

Citazione di: Ipazia il 25 Settembre 2019, 10:05:47 AM
se si considerano il bene e il male dei ferrivecchi da archiviare e si pone l'etica nell'esclusiva autonomia individuale finisce che ognuno si costruirà il suo rapporto "etico" con la natura, inclusa quella umana
Forse questo è il deleterio fraintendimento di base: quando propongo di accantonare «bene» e «male», non ho in mente un'autarchia individualista in una società di schegge rapsodiche e arroganti (che si arrogano la definizione di «bene» e «male», piuttosto che accantonarli). Rileggiamo il mio primo post del thread:
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
L'alternativa è ingegnare nuove categorie più attuali (e possibilmente figlie fertili del nostro tempo) oppure, per farla più facile/difficile (dipende), andare a ripescare gli insuccessi storici di categorie inattuali al loro tempo, o di quelle soffocate dal coevo mainstream storico.
Se consideri che ho più volte sottolineato come il campo di gioco dell'etica sia la società e non l'individualità (vedi il mio ostracizzare Maslow in quanto invitato illegittimo) e ho più volte evidenziato come l'autoreferenza del paradigma etico sia culturale (non soggettiva) nel conflitto fra società (o addirittura continenti), puoi ben dedurre che la mia chiave di volta (e di lettura) non è che ognuno debba farsi un'etica a sua immagine e somiglianza (anche se resta possibile), ma piuttosto provare a pensare e analizzare i rapporti sociali con
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie
Il conflitto fra paradigmi etici (siano essi, stavolta, sia individuali che collettivi) l'ho sempre inquadrato come criticità (risparmio altre autocitazioni) e come presupposto di fatto (cronaca, possibili referendum, etc.) il cui risvolto etico, secondo me, non è (come da caricatura "strawman" del relativismo) «ognuno si faccia il suo idolo e inizi la babelica bagarre planetaria!», quanto piuttosto una presa d'atto delle tautologie interne a ciascuna etica (in quanto tali) e delle aporie che nascono in assenza di una meta-etica risolutiva (che mi sembra piuttosto improbabile; per questo ho chiesto delucidazioni sull'eventuale sequitur ethos/etica; "piano b" altrettanto improbabile, da quel che ho capito).


P.s.
Se son "dovuto" ritornare al post di partenza, significa che il giro di giostra è finito e i successivi sarebbero perlopiù (ulteriori) ripetizioni; scendo, grazie della compagnia.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 26 Settembre 2019, 20:23:10 PM
E' stato un piacere. Alla prossima.

Ripartirei da questo suggerimento per nulla infondato:

Citazione di: Phil il 25 Settembre 2019, 15:51:56 PM
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
L'alternativa è ingegnare nuove categorie più attuali (e possibilmente figlie fertili del nostro tempo) oppure, per farla più facile/difficile (dipende), andare a ripescare gli insuccessi storici di categorie inattuali al loro tempo, o di quelle soffocate dal coevo mainstream storico.
Se consideri che ho più volte sottolineato come il campo di gioco dell'etica sia la società e non l'individualità (vedi il mio ostracizzare Maslow in quanto invitato illegittimo) e ho più volte evidenziato come l'autoreferenza del paradigma etico sia culturale (non soggettiva) nel conflitto fra società (o addirittura continenti), puoi ben dedurre che la mia chiave di volta (e di lettura) non è che ognuno debba farsi un'etica a sua immagine e somiglianza (anche se resta possibile), ma piuttosto provare a pensare e analizzare i rapporti sociali con
Citazione di: Phil il 07 Settembre 2019, 17:01:45 PM
categorie meno vaghe e sbrigativamente sintetiche di "bene" e "male", magari declinandole (in entrambi i sensi) in altre categorie

In effetti "bene" e "male" sanno tanto di incenso e zolfo dei tempi andati, soprattutto per gli eredi di una tradizione culturale religiosa manichea come quella monoteistica occidentale sempre in lotta tra numi e demoni. Santificando e demonizzando.

Suggerirei pertanto di testare una sostituzione con etico e non-etico. E prima che qualcuno intraveda in ciò pericolosi piani inclinati verso il totalitarismo etico coi suoi tribunali dell'inquisizione creando strowmen a gogò chiarisco cosa intendo per non-etico. Con un esempio viene meglio: se io rispetto il codice della strada ho un comportamento etico, se imbocco l'autostrada contromano ho un comportamento non-etico. In tal caso non posso sostenere di essere portatore di un'etica alternativa e credo che nessun relativista, per quanto lo sia, potrebbe supportare la mia tesi.

L'ambito concettuale del non-etico va definito rigorosamente contestualizzandolo ai valori di una formazione sociale data, inclusiva del rispetto per la libertà di pensiero e di azione nella misura in cui essi siano compatibili con la vita comunitaria. Individuando limiti etici tanto all'esercizio del potere e che del dissenso. Al di fuori dei quali si determinano situazioni non-etiche.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 26 Settembre 2019, 21:06:59 PM
Salve Ipazia. Citandoti : "In effetti "bene" e "male" sanno tanto di incenso e zolfo dei tempi andati, soprattutto per gli eredi di una tradizione culturale religiosa manichea come quella monoteistica occidentale sempre in lotta tra numi e demoni. Santificando e demonizzando.

Suggerirei pertanto di testare una sostituzione con etico e non-etico. ..................................................................."
.
Ma il concetto di etica è comunque basato sulla percezione e sul soppesamento di ciò che viene valutato benefico a fronte di ciò che risulterebbe malefico. Quale che sia - circostanza per circostanza - l'ambito di ciò che possa rappresentare un bene od un male. Insomma, secondo me non può generarsi un'etica in mancanza di un previo riconoscimento del bene (o del male) che vorremmo realizzare. Non trovi ? Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 26 Settembre 2019, 22:12:17 PM
C'è una differenza sostanziale: mentre bene e male rimandano ad un'origine divina, sovrannaturale, mitica e mistica, etica è immanente, rimanda all'ethos, ovvero alla comunità che si dà le sue regole indipendentemente dai numi. Anche il concetto di giustizia che ne deriva subisce la stessa metamorfosi di significato.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 27 Settembre 2019, 08:05:17 AM
Citazione di: viator il 26 Settembre 2019, 21:06:59 PM
Salve Ipazia. Citandoti : "In effetti "bene" e "male" sanno tanto di incenso e zolfo dei tempi andati, soprattutto per gli eredi di una tradizione culturale religiosa manichea come quella monoteistica occidentale sempre in lotta tra numi e demoni. Santificando e demonizzando.

Suggerirei pertanto di testare una sostituzione con etico e non-etico. ..................................................................."
.
Ma il concetto di etica è comunque basato sulla percezione e sul soppesamento di ciò che viene valutato benefico a fronte di ciò che risulterebbe malefico. Quale che sia - circostanza per circostanza - l'ambito di ciò che possa rappresentare un bene od un male. Insomma, secondo me non può generarsi un'etica in mancanza di un previo riconoscimento del bene (o del male) che vorremmo realizzare. Non trovi ? Saluti.

Lascio per un attimo le questioni lasciate in sospeso da Phil, in effetti si potrebbe vedere il suo mettere in dubbio, il suo scetticismo generale, come un arte maieutica per tirare fuori qualcosa di positivo.
Siccome lo scambio tra lui ed Ipazia è molto lungo, mi riserbo di poterlo leggere in toto con calma, meditarci su un minimo, lasciando stare la questione che così, il discorso sull'etico non inizia mai neppure davvero. (non che non vi sia un discorso sull'etico, effettivamente sono stato troppo severo).

Ma torniamo al rilancio offerto da Viator, ossia sul bene, come beneficio, e il male come (maleficio? mi sa di stregonesco, e visto che me ne sto occupando, direi di lasciarlo perdere, rischiamo di sovraccaricare la discussione) sua negazione.

Però in un certo senso, al di là della natura vista come mamma e non come matrigna (a cui con dispiacere vedo ella non risponde), sono abbastanza d'accordo con lei, nel togliere l'etica dai territori metafisici.

Infatti benefico deve essere per l'anima (ammesso che ve ne sia una, perchè è una supposizione della chiesa, che richiede una fede cieca) o per la società?

In effetti io penso che bene e male è legata più alla tradizione metafisica. Ma appunto come già detto in paretesi richiede una certa cecità. La filosofia invece deve rimanere desta, la filosofia deve ripartire dal suo illuminismo.

In questo senso la scelta etica, ossia di chiamare il bene "etico" è già una scelta politica.

Uno schierarsi contro o a favore della chiesa.

E già significa andare contro i totem: guarda che mi tocca vedere dai mass media, (ma ripeto anni 60 la società dello spettacolo già diceva tutto) un completo asservimento alla chiesa. Nessuna critica, nessuna intellettualità.

Come se il bene e il male appartenesse alla chiesa,ossia alla sua comunità, copiosa e aggressiva come un cane idrofobo.
Ancora oggi, ancora nella società secolarizzata.

A questa comunità cieca, in crisi vicina (?) ad un crollo di nervi.

Bene e male, ecco che ritorna come imperativo teologico più che etico.

Ecco che di nuovo si ritorna al paradosso.

Perchè se io dico etico, oggi dico cattolico.

Anche se volessi far rimanere la filosofia desta, essa ragiona di nuovo come cattolica.

Dunque è normale che il bene sconfini col l'etico, e l'etico con il bene cattolico.

Un asse che scombina ogni prospettiva e ci consegna alla confusione dei tempi.

Siamo in Buj tempi, sempre più.

L'intelletto vacilla, la critica si è persa, Nietzche non viene mai citato....basterebbe quello!
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 27 Settembre 2019, 10:26:04 AM
Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2019, 08:05:17 AM
Però in un certo senso, al di là della natura vista come mamma e non come matrigna (a cui con dispiacere vedo ella non risponde), sono abbastanza d'accordo con lei, nel togliere l'etica dai territori metafisici.

La natura non è nè mamma, nè matrigna: è fato. A cui si risponde, come insegna il Maestro (e phil lo sa certamente, ma voleva vincere facile), amandolo.

CitazioneEcco che di nuovo si ritorna al paradosso.

Perchè se io dico etico, oggi dico cattolico.

Anche se volessi far rimanere la filosofia desta, essa ragiona di nuovo come cattolica.

Dunque è normale che il bene sconfini col l'etico, e l'etico con il bene cattolico.

Un asse che scombina ogni prospettiva e ci consegna alla confusione dei tempi.

Per questo bisogna riconsegnare l'etica alla filosofia, come ai tempi di Aristotele. Bisogna riprendersela e non avere paura di usarla, sottolineando con forza la differenza. Non è che ci voglia molto, vista la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 27 Settembre 2019, 11:00:40 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Settembre 2019, 10:26:04 AM

Per questo bisogna riconsegnare l'etica alla filosofia, come ai tempi di Aristotele. Bisogna riprendersela e non avere paura di usarla, sottolineando con forza la differenza. Non è che ci voglia molto, vista la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
.

Su questo penso che siamo d'accordo.

Il problema è che è facile per un filosofo anche semplicemente alle prime armi, ma per la società in cui siamo utopico.(prendere la filosofia come "direttore etico")

Comunque per ora ho sentito i medici parlare senza paura, gli intellettuali balbettano, come se qualcosa li frenasse. (e allora appunto poi sorge anche il dubbio su quale filosofia debba essere etica...)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 27 Settembre 2019, 21:27:52 PM
Citazione di: green demetr il 27 Settembre 2019, 08:05:17 AM
Lascio per un attimo le questioni lasciate in sospeso da Phil, in effetti si potrebbe vedere il suo mettere in dubbio, il suo scetticismo generale, come un arte maieutica per tirare fuori qualcosa di positivo.
Lieto che tu l'abbia notato e, parlando di maieutica, ricorderei questo:
«Socrate – Oh, mio piacevole amico! e tu non hai sentito dire che io sono figliuolo d'una molto brava e vigorosa levatrice, di Fenàrete?
Teeteto – Questo sí, l'ho sentito dire.
Socrate – E che io esercito la stessa arte l'hai sentito dire?
Teeteto – No, mai!
Socrate – Sappi dunque che è così. Tu però non andarlo a dire agli altri. Non lo sanno, caro amico, che io possiedo quest'arte; e, non sapendolo, non dicono di me questo, bensì ch'io sono il piú stravagante degli uomini e che non faccio che seminar dubbi. Anche questo l'avrai sentito dire, è vero?
Teeteto – Sí. [...]
Socrate - Tu sai che nessuna donna, finché sia ella in stato di concepire e di generare, fa da levatrice alle altre donne; ma quelle soltanto che generare non possono più.
Teeteto – Sta bene.
Socrate – La causa di ciò dicono sia stata Artèmide, che ebbe in sorte di presiedere ai parti benché vergine. Ella dunque a donne sterili non concedette di fare da levatrici, essendo la natura umana troppo debole perché possa chiunque acquistare un'arte di cui non abbia avuto esperienza; ma assegnò codesto ufficio a quelle donne che per l'età loro non potevano piú generare, onorando in tal modo la somiglianza che esse avevano con lei. [...]
Socrate - Poiché questo ho di comune con le levatrici, che anch'io sono sterile ... di sapienza; e il biasimo che già tanti mi hanno fatto, che interrogo sì gli altri, ma non manifesto mai io stesso su nessuna questione il mio pensiero, ignorante come sono, è verissimo biasimo. E la ragione è appunto questa, che il dio mi costringe a fare da ostetrico, ma mi vietò di generare. Io sono dunque, in me, tutt'altro che sapiente, né da me è venuta fuori alcuna sapiente scoperta che sia generazione del mio animo [...]
Socrate - è chiaro che da me non hanno imparato nulla, bensì proprio e solo da se stessi molte cose e belle hanno trovato e generato [...]
Socrate - se poi, esaminando le tue risposte, io trovi che alcuna di esse è fantasma e non verità, e te la strappo di dosso e te la butto via, tu non sdegnarti meco come fanno per i lor figliuoli le donne di primo parto.»
(Platone, Teeteto, 149 a-151 d; corsivi miei)

Tanto il maieuta quanto l'ermeneuta, non si accostano all'altrui pensiero con la Verità già in spalla, né è rilevante per loro quale (e se) essa sia: per entrambi i "mestieri", la priorità (a suo modo "etica") è l'altrui "verità", nell'aiutare l'altro a collaudare e ottimizzare il suo stesso pensiero della sua verità (maieutica postmodernista) o nel cercare di comprenderla, addentrandovisi senza portar con sé troppo della propria prospettiva (che inficerebbe la comprensione, sebbene, finché restiamo umani, il circolo ermeneutico non sia totalmente disinnescabile tramite un'epochè fenomenologica, soprattutto su alcuni temi poco falsificabili).
Ne consegue che un presupposto che può agevolare sia il maieuta che l'ermeneuta è un tipo di pensiero "debole", come punto di partenza, un pensiero che non ha in sé una verità forte e quindi non può imporla all'altro (pilotando, più o meno consciamente, la maieutica) né gli risulta di intralcio o deformazione nel rintracciare il significato dell'altrui pensiero.
Non a caso, un tratto distintivo del pensatore debole (ancor più che del filosofo in generale) è l'uso della domanda: i pensatori forti, solitamente, ne fanno poche e retoriche (i dogmatici spesso non ne fanno affatto, avendo dogmi hanno già disponibili gran parte delle risposte). Invece, una maieutica e un'ermeneutica senza domande, praticamente non sono più tali. Certo, un pensatore forte, per "deformazione professionale", leggerà spesso tali domande deboli come retoriche; per sapere se lo sono davvero, basta semplicemente rispondere, che è il gesto basilare che ogni domanda, retorica e non, vorrebbe provocare.

A proposito di domande, su cosa può fondarsi la debolezza di un pensiero maieutico ed ermeneutico? Secondo me, la substruttura (piano spesso trascurato) su cui si edificano strutture veritative e, più in alto, sovrastrutture verificanti, è l'estrema "debolezza", extra-discorsiva ma per nulla mistica (non me ne voglia Wittgenstein) dei già citati saggi taoisti che arrivavano partivano dal «ritenere che le cose non esistessero»(cit.) e che ci interrogano domandandoci «ma vi sono veramente una completezza e un declino o non vi è né completezza, né declino?», con una domanda che segna il passaggio dal "nulla" (come assenza di identità concettuale, non di esistenza ontica) al qualcosa (concettualizzato, valutato, etc.), dal pre-senso al senso, dal fatto all'interpretazione, dalla substruttura alla struttura.
Una volta immessi (inevitabilmente) nel "gioco di società" delle strutture di senso culturali (quindi abbandonando, ma magari non scordando, la substruttura), ci si ritrova a potersi confrontare con problemi di senso (della vita, e non solo) come
Citazione di: Ipazia il 27 Settembre 2019, 10:26:04 AM
la (in)consistenza dei fondamenti etici cattolici, che stanno perdendo anche sull'eutanasia.
Effettivamente la cronaca recente ci ha fornito, con un buon tempismo (quasi un "buontempismo" goliardico, direi), un "case study" per i discorsi che abbiamo fatto sinora: la razionalità del suicidio (@viator), la vita e i bisogni primari come valori (@Ipazia) talvolta problematici e autoreferenziali (aggiungerei), la (bio)politica che legifera sull'etica e non viceversa (@green), etc.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 17 Ottobre 2019, 15:00:49 PM
Fra le varie conferenze e contributi video che ho ascoltato ultimamente, devo con rammarico tornare su questo 3d.

Sembra che in linea generale si parli di bene e male. Come se fosse dunque questo l'orizzonte. Ossia che esista un bene e un male.
Al suo interno il circolo infinito delle interpretazioni (circolo infinito semiotico); dunque appropoposito di quello che si parlava di bene e di male: come competenza etica, maieutica o ermeneutica.
Competenza che riguarda però il bene e il male.
Su tutti il discorso piomba sempre sulle 2 colonne fondamentali della storia della filosofia, Platone e Aristotele.
Le loro etiche, le loro retoriche.

Ora da nicciano il paradosso è evidente, la metafisica è morta, e quindi che si fa? si torna alla metafisica? Non ha senso.

Rideventiamo idioti per un attimo, torniamo a fare storia della filosofia: come è possibile che si torni indietro a vecchie configurazioni metafisiche nell'epoca del post-postmoderno?

E' di nuovo sede di indagine critica e critica sociale. Alla faccia di chi pensa che questi sono tempi di sola azione e di fine del pensiero.
La teoresi è infinita, non tanto perchè si aggomitoli su se stessa, non tanto perchè il rischio del can che si mangia la coda è sempre all'erta, e nemmeno perchè la stessa teoresi è ormai diventata l'osso del filosofo professionista, ossia il filosofo che diventa cinico e chiude gli occhi sul mondo.
Certamente capisco benissimo il perchè  c'è bisogno di tornare all'azione, in qeusto decennio in cui sono tornato alla filosofia dopo le illusioni da ventenne, capisco del perchè molti compagni filosofi abbiano abbandonato la barca.
Certo in tempo di crisi la filosofia sembra non avere risposte alla vita quotidiana. E' semplice in realtà, non capisco come mai debba essere così impossibile ammetterselo.
Eppure se un filosofo o uno storico della filosofia hanno studiato abbastanza bene, anche solo mediocramente, dovrebbe sapere che il novecento è il secolo della crisi.
L'alba del nuovo secolo, questo che stiamo vivendo, ormai ha però rintoccato i suoi anni venti.
Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?

La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: viator il 17 Ottobre 2019, 15:58:33 PM
Salve Green. Riprendendo il tuo pensiero : "Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?
La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni."
.
Non voglio certo sembrare originale ma secondo me il nome c'è, eccome. Solo che non è affatto specifico di una tendenza filosofica.

Si chiama "era globale" e coinvolge, oltre agli aspetti pratici del vivere, anche quelli del pensare e del comunicare. Inclusa la cultura.

Consiste in un rimescolamento totale delle informazioni, della formazione, della cultura che produrrà - dopo la presente e la ancora prossima fase di suprema complicazione - una semplificazione delle categorie di pensiero.

Infatti il progresso (che io preferisco chiamare semplicemente "cambiamento e diversificazione") è quell'andamento delle cose che provvede a semplificare ciò che era complesso al prezzo della complicazione di ciò che era semplice. Capisci perchè io lo chiamo solo "cambiamento" ?.

Un giorno finalmente riusciremo, tra le altre cose, a non usare più le categorie del "materiale" e dello "spirituale".

Il mondo consisterà sempre di due ingredienti filosofici ma essi verranno chiamati "fisicismo" (tutto ciò che può essere frutto di percezione esteriore o sensoriale, tutto ciò che può venir prodotto o replicato impiegando canoni, strumenti, procedure note, ovvero tutto ciò che sarà riconducibile a cause note)....................oppure "metafisica" (tutto ciò che può essere frutto di percezione interiore (psichica, emozionale, sentimentale, trascendentale) e comunque non ricade tra le nostre facoltà e possibilità MENTALI di controllo e conoscenza strutturali).

Semplicemente si tratterà di riconoscere che il tutto è composto di due porzioni fondamentali di estensione variabile attraverso il tempo (a seconda dello stato delle nostre conoscenze fisicistiche) : il noto e l'ignoto. Con eliminazione delle diatribe tra chi sostiene (in modi e con argomenti palesemente assurdi) il primato di una di tali due dimensioni. Saluti.
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 17 Ottobre 2019, 16:16:20 PM
Citazione di: viator il 17 Ottobre 2019, 15:58:33 PM
Salve Green. Riprendendo il tuo pensiero : "Non ho ancora visto nessuno parlare, nominare questo nuovo periodo.
Che cosa è?
La maggior parte dei filosofi qualificati e in gamba parla di moderno, di modernismo.
C'è chi addirittura vorrebbe la fine del modernismo, quasi fosse colpa del modernismo la posta dell'umanità come problema e orizzonte.
Mi pare grave il non saper dar nome, il non saper nominare una età come la nostra, che sta implodendo non solo nel pensiero, ma anche nelle azioni."
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Non voglio certo sembrare originale ma secondo me il nome c'è, eccome. Solo che non è affatto specifico di una tendenza filosofica.

Si chiama "era globale" e coinvolge, oltre agli aspetti pratici del vivere, anche quelli del pensare e del comunicare. Inclusa la cultura.

Consiste in un rimescolamento totale delle informazioni, della formazione, della cultura che produrrà - dopo la presente e la ancora prossima fase di suprema complicazione - una semplificazione delle categorie di pensiero.

Infatti il progresso (che io preferisco chiamare semplicemente "cambiamento e diversificazione") è quell'andamento delle cose che provvede a semplificare ciò che era complesso al prezzo della complicazione di ciò che era semplice. Capisci perchè io lo chiamo solo "cambiamento" ?.

Un giorno finalmente riusciremo, tra le altre cose, a non usare più le categorie del "materiale" e dello "spirituale".

Il mondo consisterà sempre di due ingredienti filosofici ma essi verranno chiamati "fisicismo" (tutto ciò che può essere frutto di percezione esteriore o sensoriale, tutto ciò che può venir prodotto o replicato impiegando canoni, strumenti, procedure note, ovvero tutto ciò che sarà riconducibile a cause note)....................oppure "metafisica" (tutto ciò che può essere frutto di percezione interiore (psichica, emozionale, sentimentale, trascendentale) e comunque non ricade tra le nostre facoltà e possibilità MENTALI di controllo e conoscenza strutturali).

Semplicemente si tratterà di riconoscere che il tutto è composto di due porzioni fondamentali di estensione variabile attraverso il tempo (a seconda dello stato delle nostre conoscenze fisicistiche) : il noto e l'ignoto. Con eliminazione delle diatribe tra chi sostiene (in modi e con argomenti palesemente assurdi) il primato di una di tali due dimensioni. Saluti.

Accolgo la tua obiezione, è abbastanza comune anche come risposta, ossia che il globalismo o mondialismo, abbia prodotto una incertezza tale negli esiti, che nessuno riesce ancora a capire cosa sia effettivamente cambiato.
Io però faccio notare che sono passati ormai vent'anni!

Se l'ultimo pensiero che ereditiamo è quello della relatività post-strutturalismo, e del deciso puntamento sulla scienza, non sappiamo ancora dare nome a questo cambio di valutazione politica?

O la filosofia ha abdicato alla scienza, che di per sè non etichetta alcun movimento? Di fatto lasciando alla stessa scienza in balia delle forze mondialiste o globaliste (o imperiali) il compito di sterminare l'umanità? Ovviamente è solo una esagerazione che cavalca i sentimenti impazziti di questa epoca. Ma di fatto la filosofia DEVE saper rispondere senza demandare a nessuno.

Per quanto riguarda invece la tua proposta, di un cambiamento sì, ma di categorie vecchie, naturalmente sarei d'accordo, ma non è quello che si respira in giro, nelle accademie, nei centri di cultura e ridistribuzione del sapere umano.

L'uomo ovunque è rigettatto o semplicemente dimenticato, e replicato da un suo supposto androide (come nella distopia di blade runner!)
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Hlodowig il 30 Ottobre 2019, 12:03:26 PM
CitazioneL'uomo ovunque è rigettatto o semplicemente dimenticato, e replicato da un suo supposto androide (come nella distopia di blade runner!)

Buongiorno amici,

È molto significativo questa ultima affermazione, almeno per me e getta contemporaneamente le basi per un mio pensiero.

Pensiero che non vuole certamente essere un rimando, seppur attentamente vagliato, analizzato e studiato, da parte di altri grandi pensatori, di autori, di scrittori, di multimediali e così via.

Per cui, mi limiterò solo ad un accenno video-ludico, che può, in qualche misura e maniera, riassumere l' intero discorso in poco meno di quattro minuti. (sempre, che me ne sia gentilmente concessa la possibiltà)

https://youtube.com/watch?v=zO802boBh_M

Può essere considerato, come attinente al topic e in linea di principio, confacente alle diverse menti che vi si rifletteranno con la loro personale visione del mondo, ma anche di quelli, che avranno la fortuna di leggerne valori multi-versali e di vario genere.

A tal proposito, visto che si è accennato anche del cacciatore di androidi di un Philip Kindred Dick (perché, bisogna pur citare qualcuno, ogni tanto, non sempre), molto suggestiva e ricca di spunti di riflessioni multi-versali (e di diverso genere), è la scena del dialogo tra l' androide e l' altro uomo.

https://youtube.com/watch?v=tKMiaj4ndj4

Grazie ✋
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: green demetr il 31 Ottobre 2019, 15:33:33 PM
Hlodowig grazie per avermi fatto conoscere questa canzone, veramente molto bella.
Ci sono tutti i temi, affrontati con eleganza! peccato per il solito sfondo paranoico depressivo della musica italiana (che ha portato a l'immondizia del trap italiano), ma va bè quello è il tema ricorrente a partire dagli anni 70, non riusciamo proprio a farne a meno come popolo (e già direbbe tutto!).

Blade Runner, certo che sì.

ascoltati il finale del radiodramma rai, più esplicito! e anche il seguito quello del rospo robot.
Ma che P.Dick sia un genio non c'è alcun dubbio.

https://www.youtube.com/watch?v=l4kFHduMTmU&feature=youtu.be&t=9389

Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Hlodowig il 31 Ottobre 2019, 22:29:01 PM
Buon @green demetr,

Ti ringrazio per l' apprezzamento e ancor di più, per l' aver condiviso l' approfondimento, che mi aiuta a comprendere ancor più.

- L' analogia tra il rospo, la mosca e l' unicorno, è certamente affascinante. -

Tra l' altro, mi hai fatto venire in mente un altro genio di eguale caratura, un Howard Phillips Lovecraft, che forse e a parer mio, più di un Freud e di uno Jang, riesce a dispiegare con semplice maestria, gli oscuri veli del terribile totem-voragine, immagine celata (e a somiglianza) di ogni-uno di noi.

Da non poter fare a meno di citare anche il Poe  e l' Hitchcock.

Grazie ✋
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Phil il 19 Novembre 2019, 00:50:46 AM
In questo breve saggio ho ritrovato molti dei temi di cui si è discusso recentemente: nichilismo, Nietzsche, senso dello schema universale, dio, meontologia, destino, teodicea, consapevolezza, etc.
https://www.academia.edu/32846687/Note_sul_nulla_un_indagine_sul_nichilismo_nel_pensiero_di_Emil_Cioran
Titolo: Re:L'origine del male e del bene
Inserito da: Ipazia il 20 Novembre 2019, 09:53:38 AM
Citazione di: Phil il 19 Novembre 2019, 00:50:46 AM
In questo breve saggio ho ritrovato molti dei temi di cui si è discusso recentemente: nichilismo, Nietzsche, senso dello schema universale, dio, meontologia, destino, teodicea, consapevolezza, etc.
https://www.academia.edu/32846687/Note_sul_nulla_un_indagine_sul_nichilismo_nel_pensiero_di_Emil_Cioran

E venne pure il tempo della meontologia. Il nulla mette giacca e cravatta e si mette a filosofeggiare nullificare. "Nulla" di male, lo fanno tutti. Das Nicht nichtet. Ma per il nulla questo nichten rischia di essere autonullificante. Parmenide nol consente: Il non essere che non è muore tanto nel suo desiderio di non essere che in quello di essere. Se ne viene fuori solo in termini dialettici (negativi) con la contingenza di restare sospesi tra essere e non essere dovendo esercitare un'opzione che costringe ossimoricamente (la dialettica negativa e il negativo dialettico fanno di questi scherzi) ad essere liberi come Amleto sospeso sul suo teschio.

Il l.a. lo butti fuori dalla porta e rientra dalla finestra anche nella meontologica terra che ha seppellito Dio e il suo carreggio valoriale. Non resta che, come dice il maestro, rimboccarsi le maniche e fondare nuovi valori. C'è solo l'imbarazzo della scelta: se è pur physis che alla fine premierà il vincitore, finchè il gioco dura e non arriva il giudizio la libertà è assicurata.

Nel frammento Parmenideo vi è una profezia assai negativa contro la meontologia:

"... Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l'una che "è" e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità);
l'altra che "non è" e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo.
... Infatti lo stesso è pensare ed essere."

Eggià: il cammino metafisico di una coerente meontologia si scontra ancora contro quel muro millenario: pensare è essere. Venti secoli prima di Cartesio eravamo già arrivati a capirlo.

(la toppa di Gorgia - che cerca di portare l'antinomia nel terreno dell'avversario driblando la logica attraverso lo spostamento dei piani del reale e dell'astratto -  non funziona nel momento in cui la sua stessa confutazione è)

Sui malefìci gnostici mi astengo. Sono atea. Concordo solo sull'effetto boomerang, ma è incluso nel patto col destino che, come il maestro consiglia, dovremmo imparare ad amare.
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