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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: InVerno il 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM

Titolo: L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM
La cosidetta "rivoluzione neolitica" fino a qualche anno fa in ambito accademico era spiegata unicamente attraverso un ottica Marxista, il nome stesso "rivoluzione" rimanda all'ideologia e fu "affibbiato" dagli accademici di tale orientamento in particolare Gordon Childe.  La teoria Marxista che vedeva il motivo economico come propulsore della civiltà, dovuto al surplus dato dalla domesticazione, è però purtroppo stata sconfessata continuamente e ripetutamente  dalle scoperte archeologiche più recenti nella mezzaluna fertile e degli altri focolai indipendenti di origine protoagricola.  Non a caso negli ultimi decenni si è preferito usare il termine di "neolitizzazzione", indicando un processo graduale e continuo anzichè parlare di "rivoluzione" tentando faticosamente di ripulire il concetto da connotazioni ideologiche.
Positivisti e Marxisti, materialisti in generale, hanno perpetrato per anni questa logica insidiosissima riguardo alla natura dell'uomo e della società il cui unico propulsore era di natura economica. La sovrabbondanza di reperti ad oggi disponibili capaci di dimostrare una tesi di natura completamente diversa dovrebbe spingere a gettare nello scantinato dei nostri fallimenti questa teoria, non sottovalutando quanto siano insidiosi e pervicaci i miti storici come quello della "rivoluzione neolitica" tutt'oggi nei libri di testo.
Per capire noi stessi abbiamo terribilmente bisogno di sapere cosa successe in quel periodo dell'uomo, e non possiamo più affidarci ad una teoria postulata attraverso evidenze archeologiche insufficienti e spesso riferite a reperti di migliaia di anni successivi (addirittura romani o ellenici).
La scoperta dei più antichi siti natufiani,la presenza di grandi elementi monumentali a fronte di pochissime varietà domesticate  e di una scarsissima capacità di accumulo del surplus, e di nessuna traccia di autorità non religiosa che possa rispondere della proprietà privata, sconfessano le fondamentamenta della precendente teoria, oltre al fatto che non vi è traccia riferiferibile ad un altra caposaldo della teoria, ovvero il "valore" e la conseguente mercificazione dei prodotti oltre che appunto della proprietà privata. E' ad oggi evidente che i primi insiediamenti umani anche di notevoli dimensioni (fino a 10,000ab) vivessero in forma comunitaria senza realmente conoscere proprietà privata e gerarchie dovute a diverse accumulazione di valore, non è qui che i mitografi della diseguaglianza umana devono ricercare l'origine della borghesia.  Come già Rousseau notava la diseguaglianza è il risultato di "essere pensato e trattato" come superiore, indipendentemente dal valore, ma con molto più a che fare con elementi culturali prima meritocratici, solo successivamente ereditari, e ancora più recententente basati sul plusvalore economico ma solo quando la neolitizzazione era diffusa a tal punto da permettere un commercio fiorente (migliaia di anni dopo) . E l'origine di quel "essere pensato" è scolpita sui bassorilievi monolitici, è un origine di tipo religioso culturale e linguistico, che non ha nulla a che fare con granai di diverse dimensioni come precedentemente concepito. E' necessario riportare la cultura e non l'economia come centro propulsore della società, per meglio capire il passato, il presente e il futuro.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Kobayashi il 25 Settembre 2018, 09:38:42 AM
Citazione di: InVerno il 25 Settembre 2018, 08:20:08 AMPer capire noi stessi abbiamo terribilmente bisogno di sapere cosa successe in quel periodo dell'uomo 

Tema interessante.

Alla base del ragionamento ci sono però alcuni presupposti di filosofia della storia che dovrebbero essere guardati con un certo sospetto: una fase originaria della storia che sarebbe in grado di rivelare (almeno parzialmente) la verità della natura umana e che di solito è funzionale alla critica del presente. L'idea stessa di natura umana come una predisposizione originaria, andata poi smarrita nel succedersi delle epoche, è difficile da difendere.

Comunque i lineamenti di quel periodo così come da te riportati, in sintesi - se ho capito bene - una teocrazia comunitaria, sono molto stimolanti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 25 Settembre 2018, 10:03:59 AM
ciao Inverno,
la regola della terra è che vince il più forte, non il più saggio.

E' vero che ci sono notevoli buchi di periodi storici e l'interpretazione sul come è "andata" la storia della civiltà non può essere univoca.
Ad esempio le più antiche città, come Gerico e Catal Hoyuk,sono più del 15.000 a.C. e s si confronta con il codice di Hammurabi del medio periodo del bronzo ,che è del 1750 a.C., potrebbe, uso il condizionale d'obbligo, indicare che il passaggio da economie pastorizie a stanziali con l'agricoltura abbiano portato alle prime forme di "proprietà" intese come difesa da invasioni.
E' vero che vi sono indicazioni di reperti storici che potrebbero far indicare modi comunitari di gestire le risorse naturali/economiche, una prima forma di economia pubblica, ma nel periodo decisivo ,l'età del bronzo, sono abbastanza chiare le civiltà"vincenti", coloro che avendo surplus di risorse potevano dedicarle a specializzazioni in guerra, sacerdoti, scribi, insomma si preformava una gerarcofunzionale struttura di potere.
Il mio parere è che si possono  avere cento comunità che vivono pacificamente e serenamente, ma ne basta anche una sola che si attrezza a scopi guerrafondai per invadere ,vincere e conquistarle, che alla fine ne rimarrà una sola e sarà quest'ultima.
Penso che grosso modo il pensiero storico di Marx, non sbagli, perchè il potere militare lo fa il potere economico e deve avere un'agricoltura che in quel periodo non può che essere estensiva, e non potevano essere che civiltà che nascevano presso grandi fiumi con terreni alluvionali ricchi.

nella mia personale ricerca sul dove fosse nato il concetto di interesse economico, è proprio nel codice di Hammurabi che si comincia a parlare di parte del raccolto che l'affittuario doveva dare al proprietario.Gli istituti di diritto dell'affitto, mezzadria, enfiteusi, ecc, sono antichissimi.Quindi significa che già prima del codice di Hammurabi si stava orientando l'uomo nelle prime forme di specializzazione di mestieri che i grandi agglomerati imponevano.
La tecnica della metallurgia sposata alle tecniche agricole fecero crescere l'esigenza di strutturare quelle diseguaglianze imposte dal "chi fa cosa" che sono da sempre nell'uomo.
Insomma la divisone del lavoro è funzionale alla divisone delle conoscenze e sono indotte dalle forme economiche.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 10:21:44 AM
@Kobayashi
Hai assolutamente ragione, mi dimentico sempre di virgolettare "natura umana" e similari, sono termini che possono essere utili in una stesura veloce e per comunicare ma non rappresentano ciò di cui sto parlando. Anche teocrazia è un termine che si può usare impropriamente, non ci risultano infatti sufficienti prove che rilevino una classe sacerdotale, è l'oggetto del culto (arrivato a noi in forma monumentale) a stagliarsi imperituro sui protoagricoltori differenziata su base familistica e meritocratica ma ancora non sacerdotale (testimoniato dalla rarità di tombe "speciali"). L'uomo, qualunque uomo, era ancora più piccolo delle proprie idee.

@Paul
Non è un caso se sei costretto a menzionare l'età del bronzo per porre in essere l'elemento militare. La torre di Gerico è quasi universalmente riconosciuto avesse uno scarsissimo valore militare e pochi le danno questa interpretazione. CatalHoyuk non ha nessun tipo di difesa militare, e non risultano a noi reperti di "morti violente" come poi avremo nei reperti successivi. Ci risultano invece moltissimi crani contusi e deformati ma non in maniera letale, a testimonianza di come la guerra probabilmente venisse esorcizzata in pratiche di tipo ludico. L'etnografia ci conferma come la gran parte delle "guerre" tra protoagricoltori siano nella maggior parte dei casi schieramenti che si lanciano minaccie e improperi (magari qualche tazza) ma nella maggior parte dei casi senza mai raggiungere il conflitto letale. La guerra sarà un elemento successivo quando le società stanziali non avranno più spazi ove ritirarsi e terre vergini ove emigrare, quando tutte le caselle saranno occupate cominceranno gli scacchi al re. Sbagli ( a mio avviso) anche nel delimitare la "natura fluviale" dell'agricoltura. Tutti i focolai protoagricoli si manifestano a ridosso di catene montuose miste a terreni alluvionali (vale dalla Cina al sudamerica) a testimoniare la stagionalità e la differenziazione della dieta. Le scorte agricole non erano sufficienti a superare l'inverno che doveva essere passato in montagna con caccia e raccolta. Per migliaia di anni il cosidetto "plusvalore" non fu sufficiente nemmeno per garantire la stanzialità, figurarsi la diseguaglianza sociale e\o un corpo militare\sacerdotale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: cvc il 25 Settembre 2018, 10:28:26 AM
Semplificando provocatoriamente si potrebbe dire: storia dell'umanità = storia dell'economia = storia del capitalismo. E poi storia del capitalismo = storia della crisi economiche = storia delle guerre. Certo semplificando si finisce sempre per commettere qualche errore, però si potrebbe anche compiere il percorso inverso: storia delle guerre = storia delle crisi economiche = storia del capilalismo, ecc.
Io per principio sono contrario al ridurre il tutto ad un qualcosa, anche se il farlo spesso è l'unico modo per capire qualcosa. Certo resta difficile spiegare un fenomeno storico come ad esempio le crociate o addirittura il Cristianesimo solo sulla base di motivazioni economiche.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Socrate78 il 25 Settembre 2018, 10:46:02 AM
Tuttavia rimane il fatto che Marx sembra che non abbia visto giusto su troppe cose per essere considerato un interprete attendibile della storia umana. Oltre al fatto che non sempre l'economia è l'unica causa di diseguaglianze e di conflitti, vi è anche il fatto per nulla trascurabile che lui aveva predetto che il capitalismo sarebbe crollato minato dalle sue stesse contraddizioni, soprattutto nei paesi occidentali dove tale modello era ormai in stato piuttosto avanzato all'epoca in cui Marx scriveva. La previsione era che le imprese capitalistiche avrebbero aumentato il livello di sfruttamento del proletariato per far fronte ai sempre maggiori costi di produzione, sino al punto in cui il sistema sarebbe diventato insostenibile. E' accaduto? NO, si sono trovate forme di adattamento, la rivoluzione è scoppiata proprio dove non si era sviluppata ancora l'industrializzazione, appunto in Russia, non certo in Inghilterra o in Francia. Si cercò di risolvere la contraddizione arrampicandosi sugli specchi, ma l'onestà intellettuale dei sostenitori avrebbe voluto che si rivedesse l'intera teoria.
Per quanto riguarda il tema del topic, l'origine della disuguaglianza è un fatto sostanzialmente naturale, poiché anche in una comunità primitiva non tutti i membri hanno le stesse qualità che la piccola società richiede: di conseguenza è fatale che alcuni soggetti siano apprezzati di più, perché presentano in massimo grado determinate doti, ad esempio il coraggio nel combattere, la forza fisica nelle comunità più primitive, la capacità di farsi seguire dal gruppo, ecc. La disuguaglianza quindi esprime l'attitudine umana a darsi un'etica, per abbattere la diseguaglianza bisognerebbe non avere più valori di riferimento. Anche negli animali, di fatto, la diseguaglianza esiste eccome, esistono i capobranco, in uno sciame l'ape regina è sicuramente considerata molto di più delle operaie, tutti le obbediscono e le sono sottomessi, quindi come vedete il denaro c'entra pochissimo, è la natura stessa ad aver predisposto le gerarchie. Se, per pura ipotesi, l'umanità dovesse abolire il denaro, troverebbe sempre altri fattori per stabilire una gerarchia tra le persone, ad esempio il fattore discriminante potrebbe di nuovo diventare la forza fisica o il coraggio.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 25 Settembre 2018, 13:24:56 PM
ciao Inverno, rispondo anche ad alcune argomentazioni degli altri interventi.
Prima dell'età del bronzo
1) le popolazioni sembrerebbe, per reperti storici, erano disseminate a macchia di leopardo
2) i contatti fra popolazioni erano inizialmente rare, non era ancora stato addomesticato il cavallo(poco prima dell'età del bronzo)
3) il vero problema per l'esistenza umana era il cibo e il rifugio, quindi era la natura che incuteva timore.

Sono altrettanto convinto che con l'età del bronzo ,con l'addomesticamento del cavallo anche ad uso non solo agricolo, ma di guerra e poi con i "carri" di guerra.,si apre un'altra storia, che è quella "imperialistica", di conquista e invasioni.
Sono altrettanto convinto che la strutturazione delle religioni avviene in questo periodo e non in quello precedente, quindi inizialmente esistevano gli sciamani, ma non una vera e propria casta sacerdotale.
Quindi sono d'accordo ,ma solo in origine, che l'uomo fosse sugli altipiani e non vicino al mare (i liguri ad esempio non "nascono" vicino al mare), ma era un'economia "povera" basata sulla pastorizia e cacciagione.E' altrettanto chiaro che si possono conservare meglio  i cereali piuttosto che la carne e lo dimostrano  i magazzini nelle civiltà egizia e babilonese.

Le religioni diventano funzionali al potere, intese come strutturazione organizzata che aveva bisogno di una sacralità per costruire identità comuni in un popolo da una parte e che il "timore di dio" fosse incarnato nel re o nel grande sacerdote.
Inizialmente non era così.

Sono un sostenitore, come penso che tu sappia della vita in comune,come ho già scritto in altre discussioni nel forum.
In gioventù, essendo mia madre originaria dell'Alta valle Spluga, studiai le architetture dei paesi, abbeveratoi per animali comuni, il forno comune, pulizia dei sentieri, modalità del taglio dei boschi per la legna e costruzioni, fino ai miti, racconti, ecc.
A mio parere funzionava, fin quando erano "isolate", la storia insegna che nel momento in cui sei dentro uno Stato, arriva il gabelliere per riscuotere tasse per il re, arriva la guardia armata, c'è un codice statale che non è più quello della tua comunità, allora ...è finita.

Marx ha capito fra i primi che il valore aggiunto o "plusvalore" è il discrimine fra chi diventa ricco senza far niente, campando di rendita e del lavoro altrui, rispetto a chi deve tirare a sera per mangiare e avere una casa e ripetere il lavoro quotidiano a vita.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: bobmax il 25 Settembre 2018, 13:29:31 PM
Sono convinto che l'origine della diseguaglianza debba essere ricercata nell'essenza stessa del nostro esserci.

L'economia, la cultura possono essere temi di indagine, ma non sufficienti. Perché la diseguaglianza è insita nel nostro stesso ego.

È infatti l'altro, per il solo fatto di essere "altro", a produrre diseguaglianza.

E l'altro, il due, la differenza... è all'origine del male.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 25 Settembre 2018, 13:47:58 PM
Citazione di: bobmax il 25 Settembre 2018, 13:29:31 PM
Sono convinto che l'origine della diseguaglianza debba essere ricercata nell'essenza stessa del nostro esserci.

L'economia, la cultura possono essere temi di indagine, ma non sufficienti. Perché la diseguaglianza è insita nel nostro stesso ego.

È infatti l'altro, per il solo fatto di essere "altro", a produrre diseguaglianza.

E l'altro, il due, la differenza... è all'origine del male.
ciao Bobmax,
come ho scritto precedentemente ,la "regola della terra" vede vincente il più forte(egoista), piuttosto che il saggio e pacifico.
Ma questo non significa che l'uomo debba esser per forza un egoista, un cinico, un guerrafondaio, perchè non è nè nella regola della natura vegetale e nemmeno animale, diversamente sarebbero letteralmente sparite tutte le specie vegetali  meno una e tutte le specie animali, meno una.La regola della concentrazione della ricchezza, dimostra ,rispetto ai regni vegetali e animali, di quanto siamo "fessi" noi umani. Quando c'è una sovrappopolazione animale o vegetale, arrivano le malattie a riequilibrare i numeri ecologici e delle catene alimentari .
Noi non siamo  tanto egoisti, quanto sommamente ignoranti, perchè così non vive bene nè il ricco e nemmeno il povero.
il primo è povero "di spirito", il secondo di beni materiali per "tirare a campare".
E' vincente la cooperazione con regole "del gioco" che accettano la diversità come confronto, non come conflitto.io imparo qualcosa di te e tu impari qualcosa di me,dove ognuno dà quello che può e riceve in cambio secondo le proprie necessità nella regola che presiede la comunità, che deve essere armonica

La cooperazione fra un fungo ed un alga, forma il lichene
la cooperazione fra un fungo e le leguminose, arricchisce il terreno di sostanze azotate e infatti le leguminose  entrano nelle rotazioni colturali come arricchenti di nutrienti  del terreno oltre come base nutriente per gli animali allevati.
la natura ci insegna .....ci insegnava.......ci insegnò........
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 14:16:24 PM
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 13:24:56 PMSono altrettanto convinto che la strutturazione delle religioni avviene in questo periodo e non in quello precedente, quindi inizialmente esistevano gli sciamani, ma non una vera e propria casta sacerdotale.
E'  inteso che quando si parla di religione antica non si parla di un modello di stato ma di una rivoluzione dell'informazione. Il termine "religione" se non sbaglio nel greco antico manca, ed è una concezione tarda di quello che era più prominentemente un modus operandi dell'informazione:la ripetizione. Il simbolo non è ancora il vettore principale dell'informazione culturale, non prima dell'invenzione della scrittura, e solo attraverso la ripetizione religiosa i modelli culturali potevano essere tramandati e inculcati. Sono le planimetrie dei siti a mostrarlo chiaro e tondo, il centro funerario\religioso è il motivo primo dell'insediamento, attorno ad esso vengono poi costruiti i centri abititativi. Prendendo per buona la teoria marxista dovremmo aspettarci invece che un gruppo di "eguali" si costituisca e poi cominci a costruire il proprio baricentro (tempio o che sia) una volta che il plusvalore lo permette, dando origine alla diversifizione sociale. Questo è un modello che può ben aderire a civiltà avanzate che hanno già teorizzato una qualche forma di valore economico, come potrebbero essere quelle dell'età del bronzo o le dinastie egizie, ma non ha niente con i siti protoagricoli a noi disponibili.
Il modello mesopotamico verrà poi replicato per esportazione in tutta europa, dai minoici ai tirreni agli andalusi.  Alcuni di queste civiltà scomparvero ben prima di possedere un valore economico da spendere, ma essendo comunque capaci di arte, monumentalità, organizzazione, società, e chissà quante altre capacità non pervenute a noi per via del fatto che fossero materializzate su legno.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Jacopus il 25 Settembre 2018, 14:22:08 PM
Pensare all'uomo "originario" come il "buon selvaggio" e' ideologico. Pensarlo come "maschio alfa" che inevitabilmente trasmette questa sua indole all'uomo "per sempre" e' altrettanto ideologico. Il principio uomo egualitario o gerarchico "naturaliter" e' quindi, a mio giudizio, una grossa panzana ad uso e consumo delle piu' svariate ideologie.
L'homo sapiens e' il prodotto della sua cultura e della sua storia culturale. Le caratteristiche che si invocano per giustificare l'egoismo umano sono anche biologicamente relegate nelle parti piu' arcaiche del cervello.
Il cervello orbito-frontale dispone di meccaniche altamente sofisticate che promuovono molto di piu' la solidarieta', l'autocontrollo , l'empatia e il senso di giustizia.
Ma le parti arcaiche del cervello producono una attrazione potente nei momenti di crisi. In questi momenti si riattivano le dinamiche aggressive border-line amico-nemico, ricerca del maschio-alfa protettivo e dominatore, proiezione sul diverso dei nostri stessi difetti, modalita' di riscoperta del clan, del gruppo, dei fedeli, dei fratelli di sangue.
La storia umana in questo modo alterna momenti di prevalenza del funzionamento "'da cervello arcaico" a momenti di prevalenza del funzionamento "da cervello evoluto".
Ma il movimento e' ancora piu' complesso perche' accanto a questo substrato biologico-neuronale esiste appunto la storia culturale dell'uomo, altro elemento che condiziona e manipola l'azione dell'uomo. Solo l'uomo, in natura, puo' modificare il suo comportamento in un modo così vistoso a seguito delle influenze culturali. Basti pensare alla trasmissione delle idee di generazione in generazione. E' molto piu' probabile seguire i pensieri del proprio padre che andargli contro o adeguarsi a quella che il sociologo Athens chiama "comunita' fantasma di riferimento".
In realta' l'uomo e' l'essere vivente piu' adattabile ed infatti ha costruito societa' molto diverse fra di loro, ma tutte in grado di sopravvivere vittoriosamente alle avversita' naturali.
Accanto a questo ragionamento ne vanno fatti pero', almeno altri due, che spostano l'ago della bilancia verso la diseguaglianza.
Il primo e' il gap generazionale: i padri non sono allo stesso livello dei figli. E' dovere dei padri esercitare la giusta "autoritá" nei confronti dei figli proprio per aiutarli a sviluppare quelle forme di autocontrollo e di integrazione che non sarebbero possibili in un mondo dove padri e figli fossero uguali, un mondo che sarebbe ben piu' violento, se privato di questa fondamentale disuguaglianza.
Il secondo argomento, trattato da studiosi ben noti, e' quello relativo alla divisione del lavoro. Piu' una societa' diventa complessa, ricca, culturalmente stimolante, piu' si moltiplicano i compiti da svolgere in modo "specialistico". Durkheim parlava di societa' differenziate, contrapposte alle societa' segmentate.
Inevitabile che si creino fazioni, o come oggi si dice, lobbies. E proprio per questo Marx vagheggiava a proposito di un poetico "panettiere filosofo".
Non ho risposte univoche da dare alla questione ma spero di aver fornito qualche ulteriore elemento di riflessione.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Socrate78 il 25 Settembre 2018, 15:03:02 PM
Non è così vero che il cervello arcaico sia egoista, semmai l'egoismo deriva piuttosto dal cervello evoluto razionale: la scelta egoista infatti nasce quando io decido di calcolare l'utile per me stesso e considerarlo più importante di quello degli altri, di conseguenza tendo a voler sempre qualcosa in cambio e ad escludere la gratuità e la vera solidarietà dal mio agire. Si tratta quindi di razionalità fredda, calcolatrice, non di un atteggiamento emotivo: sospetto anzi fortemente che l'egoismo e il cinismo derivino proprio da un eccessivo sviluppo della parte razionale a scapito di quella emotiva tipica ad esempio del sistema cerebrale limbico, più arcaico. Lo stesso sentimento di separazione dagli altri, tipico dell'EGO, deriva proprio dallo sviluppo cerebrale, negli animali si hanno forme di cooperazione molto più spontanee proprio perché ancora non si è creata questa specie di barriera mentale tra il Sé e l'altro. La divisione quindi tra un cervello arcaico problematico e da superare e un altro evoluto per forza nobile e buono è troppo semplicistica e andrebbe di molto rivista: anzi, addirittura qualche anno fa avevo letto l'opinione di alcuni scienziati e antropologi secondo cui la ragione si sarebbe sviluppata proprio dalla tendenza dell'uomo ad ingannare i suoi simili, a mentire, quindi non avrebbe origini nobili, ma sarebbe il frutto dello sforzo mentale per sopraffare, imporsi con la violenza e ingannare. Del resto che cos'è l'intelligenza? Essa è la capacità di adattamento all'ambiente e da una prospettiva puramente egoistica questo prevede anche la manipolazione e l'inganno se esse servono per ottenere dei benefici.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 16:18:13 PM
Citazione di: Jacopus il 25 Settembre 2018, 14:22:08 PM
Pensare all'uomo "originario" come il "buon selvaggio" e' ideologico. Pensarlo come "maschio alfa" che inevitabilmente trasmette questa sua indole all'uomo "per sempre" e' altrettanto ideologico. Il principio uomo egualitario o gerarchico "naturaliter" e' quindi, a mio giudizio, una grossa panzana ad uso e consumo delle piu' svariate ideologie.
Ciao Jacopus, intervento molto interessante e ampio. Specifico solo che non si tratta di fare miti ne del "buon selgaggio" nel "cattivo selvaggio", chi ha avuto la pazienza di leggere i miei interventi sul tema sa che sono avverso ad entrambe le generalizzazioni. Le questioni storiche devono essere supportate da un ideologia, da uno schema complessivo, la differenza è se queste ideologie sono di natura politica, oppure economica, o ancora altre. In questo caso l'ideologia è di tipo archeologico e storico,  perciò non si tratta di strumentalizzazioni con un fine "altro" se non la ricerca storica. Croce e delizia della specializzazione degli studi.
Se possediamo prove evidenti per esempio che i neonati venissero "spartiti" all'interno dell'intera comunità anzichè allevati in nuclei familiari fissi (come a CatalHoyuk per esempio) dobbiamo trarre delle conclusioni storiche sul tipo di società di cui stiamo parlando e quanto fossero sentiti i principi (come la famiglia biologica) che consideriamo come fondanti della società e catalizzatori del cosidetto "progresso". Chi fa miti, è chi si ostina aldilà delle evidenze recenti, a sostenere tesi che non hanno riscontro nei reperti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Jacopus il 25 Settembre 2018, 16:57:18 PM
Per Socrate. Allo stato dell'arte che vi sia un cervello arcaico, cd rettiliano e un cervello piu' recente detto anche neocorteccia non e' un ipotesi ma un fatto organico che tra l'altro condividiamo con tutti i mammiferi e forse anche con gli uccelli (non ricordo bene e non ho i testi con me).
Quello che ci distingue e' il grande sviluppo della neocorteccia nell'homo sapiens.
Sulle altre osservazioni invece dici delle cose interessanti che mi riprometto di leggere piu' attentamente.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 17:02:37 PM
Citazione di: InVerno il 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM. E' necessario riportare la cultura e non l'economia come centro propulsore della società, per meglio capire il passato, il presente e il futuro.


Cioè è necessario rifare un'altra ri-voluzione (riproponendo il medesimo concetto che si intende superare)?
Per quel che mi riguarda credo invece necessario superare queste visioni dicotomiche tipiche della cultura
occidentale, rendendosi conto di come, per così dire, la "circolazione non avvenga mai a senso unico ma
solo e sempre a doppio senso" (struttura e sovrastruttura si confondono, tanto per usare una terminologia
marxiana).
E' dunque necessario considerare E la cultura E l'economia, non solo o principalmente una di esse.
Ma perchè, poi, cercare sempre l'origine delle cose come se da essa dipendesse interamente l'attualità?
Come se, in maniera speculare alla visione religiosa successiva, individuando l'origine si possa
individuare l'"errore" originario che dall'età dell'oro ha portato all'età del dissolvimento...
Bah, divagazioni a parte, io credo che l'origine della diseguaglianza risieda nella effettiva diseguaglianza
che c'è fra gli esseri umani...
Nella mia attività di "runner" dilettante mi trovo spesso a correre in gare cui partecipano atleti kenyani
(per dire dei più celebri). Beh, ragazzi miei non c'è partita: se se ne presentano cinque i primi cinque
posti sono regolarmente i loro.
La risposta alla domanda sull'origine della diseguaglianza è dunque banalissima; molto meno banale è semmai
il cercare di comprendere il PERCHE' si cerchi l'origine della diseguaglianza...
A tal proposito mi piace ricordare ciò che vidi anni addietro in una trasmissione televisiva, e che letteralmente
mi aprì gli occhi su di un problema che da tempo mi ero posto (spesso abbiamo davanti una montagna e non la
vediamo - soprattutto da giovani...).
C'era una anziana coppia nell'URSS ai tempi di Breznev, che viveva in un modestissimo appartamento.
Il marito era un reduce di guerra, ed era letteralmente "sepolto" delle massime decorazioni militari. Beh,
l'anziano era a dir poco orgogliosissimo del suo "status", e la moglie insisteva molto nel sottolineare
come venisse guardata con grande invidia dai vicini...
Mi chiedo e vi chiedo: è davvero necessario far parte di quell'1% della popolazione mondiale che
detiene l'80% della ricchezza complessiva per sentirsi "realizzati"?
Eppure quella coppia di anziani russi lo era con quattro patacche laccate (come io lo sarei se a certe
gare riuscissi ad arrivare tra i primi 500...), e non sto certo con questo facendo un'apologia del
socialismo "reale", come spero comprenderete...
Il problema allora non risiede tanto nell'origine della diseguaglianza (le disquisizioni sull'argomento,
che chiaramente è l'origine della diseguaglianza "politica", sono del resto molto interessanti, e mi
scuso per non avervi dato il mio contributo), quanto nella MISURA in cui la diseguaglianza debba
impattare sulla vita degli esseri umani.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 25 Settembre 2018, 18:27:08 PM
Per quanto mi  riguarda Inverno ha ben posto il problema e niente affatto ideologicizzato.

E' il contesto ambientale  e lo intendo non solo naturale, ma anche culturale che fa propendere l'uomo verso una soluzione egoistica o solidaristica.Alcuni indigeni sud americani vivono ancora in comunità su grosse palafitte.
Si tratta di capirci cosa intendiamo per  simile, eguale e identità. Se sono concetti sociali,come mi sembra dalla discussione ha ragione Inverno a distinguere un periodo protostorico e il periodo che soprattutto dall'età del bronzo, con l 'avvento della tecnica, mutano le organizzazioni umane.

Il problema è se la diseguaglianza individuale di nascita viene esaltata dalla società competitiva interna, oppure se viene in qualche modo mitigata.( ed è un grosso problema tutt'oggi).Nella protostoria, sono d'accordo con Inverno, viene mitigata, perchè il concetto identitario di parentela e tribù è molto forte e la cura parentale è sviluppata su più persone, proprio come nelle scimmie e altri mammiferi sociali.Il branco aiuta e corre in soccorso del debole, ovviamente se può, anche quando vine attaccato. Il maschio alfa ha dei privilegi sulle femmine ed è il primo a banchettare, ma è anche alla testa del branco quando si muovono tutti insieme, ha la responsabilità sociale di tutti Noi umani siamo ridotti alla deresponsabilizzazione ,ma mantenendo i privilegi,questo sembrerebbe non accadere nella protostoria o nelle società  indigene "residue"a tutt'oggi.
C'è da chiedersi il perchè, come avviene l'avvento delle conoscenze della metallurgia, dell'addomesticamento, delle tecniche colturali dei foraggi e cereali, si abbassa il solidarismo per emergere l'egoismo in seno alla società.
Forse, aggiungo un altro concetto, fu il primo uso della tesaurizzazione dell'oro e della moneta che avviene in concomitanza
con l'immagazzinamento dei cereali, dei surplus produttivi che permettono di avere persone che non lavorano direttamente i campi, sicuramente anche il passaggio dall'oralità alla scrittura.
Quindi, a mio parere, è il passaggio da uno stato di natura ad uno più culturale che costruisce diseguaglianze sociali?
Il problema a me caro ,è quali dispositivi culturali hanno innescato un nuovo processo socio-culturale che dura dall'età del bronzo ?
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: anthonyi il 25 Settembre 2018, 18:37:42 PM
La diseguaglianza è necessaria, qualsiasi comunità organizzata di individui deve essere coordinata, si devono attuare delle scelte, che è conveniente siano prese da uno o pochi, e poi queste scelte vanno eseguite da tutti gli individui.
In assenza di questo la comunità è inefficiente e viene schiacciata da altre comunità.
Vi è poi la particolarità della funzione militare, qualsiasi esercito necessita di diseguaglianza interna, per un buon coordinamento, e poi la specificità del ruolo dell'esercito crea comunque una posizione di potere dell'esercito stesso rispetto ai non appartenenti. Oltretutto questa posizione di potere si abbina al potere economico dall'era dei metalli in poi, quando le armi, che sono costose, diventano sempre più importanti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 20:43:39 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 17:02:37 PMMa perchè, poi, cercare sempre l'origine delle cose come se da essa dipendesse interamente l'attualità?
Come se, in maniera speculare alla visione religiosa successiva, individuando l'origine si possa
individuare l'"errore" originario che dall'età dell'oro ha portato all'età del dissolvimento...

saluti
Capire il passato non offre risposte "dirette" ne verso il presente ne verso il futuro, ma aiuta a mettere nel giusto ordine le idee della propria visione del mondo, non a caso Marx si premurò di dare una propria versione degli eventi. Vedo molti interventi che si affannano a trovare immediate correlazioni con il presente, il mio argomentare era di tipo squisitamente storico, perchè penso che capire la storia sia un valore di per se al di la delle risposte che ci fornisce o la sua presunta "utilità" nel capire il presente.
La teoria del filone marxista non è nemmeno fondamentalmente sbagliata, semplicemente si riferisce ad un epoca storica di molto successiva in accordo con i reperti storici disponibili al tempo. Alcuni fenomeni potrebbero essere ricondotti a quel periodo e analizzati propriamente in un ottica del "plusvalore" altri no. Si tratta di considerazioni successive alla domanda originaria che ha come unico scopo trovare le motivazioni dietro allo stabilimento in situ di cacciatori raccoglitori, dopo 180mila anni di girovagare sul globo, alla fine dell'ultima glaciazione, e la successiva origine della civiltà.
L'evento che oggi è riconosciuto come l'inizio dell'antropocene, una differente era geologica del pianeta, chiamata così a ben vedere visto l'esplosiva capacità umana di modificare il territtorio che ne è succeduta. Appurato che non si tratta di una specie di "momento eureka" di qualche brillante "rivoluzionario" o "inventore" ma di un fenomeno vastamente più complesso, possiamo trarre un sacco di considerazioni su come essa possa esserci da monito per il futuro sotto diversi ambiti. Quindi il fatto che le cause di questo evento siano plurali, non fa altro che dirci che le risposte che possiamo trarne sono molteplici,.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 20:45:03 PM
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 18:27:08 PM
Il problema è se la diseguaglianza individuale di nascita viene esaltata dalla società competitiva interna, oppure se viene in qualche modo mitigata.( ed è un grosso problema tutt'oggi).

Stando a quanto afferma M.Liverani ("Antico Oriente") più il potere regale è debole più
marcati diventano l'individualismo e la diseguaglianza (tant'è che il potere regale ricostituito come suo
primo atto ha di norma la cancellazione della schiavitù per debiti).
Questo vale in misura maggiore per le comunità nomadi che non per le stanziali (nelle quali, probabilmente, la
specializzazione del lavoro agisce come ulteriore fattore di diseguaglianza).
Sicuramente le tecniche di conservazione del cibo, come del resto l'assegnazione in proprietà di terre,
determinano una progressiva disgregazione del monolitico tessuto comunitario originario, con il sorgere
di "clan" patriarcali sempre più distinti, nei quali la ricchezza viene trasmessa fra le generazioni (è questo
che, dice Liverani, produce il "culto degli antenati" - e delle relative sepolture).
Quella di Liverani, per ammissione dello stesso autore, è una ricostruzione molto "economicistica"...
Del resto, le medesime dinamiche sembrano verificarsi in Grecia (D.Musti), in India e in Cina (altri autori).
Ne parlavamo, mi pare, anche tempo addietro: laddove non vi è una "comunità" salda ed unita dai medesimi valori
etici l'individualismo prende il largo, e con esso prende il largo la diseguaglianza.
Non solo, a me sembra che la diseguaglianza (del resto solo "contenibile" in una misura eticamente accettabile)
sia favorita da periodi di scarse virtù (se così vogliamo chiamarle...) guerriere da parte dei membri della
comunità (o società, ma non è la stessa cosa). Così, almeno, mi pare ci dica la ricerca storica.
Questo è del resto facilmente intuibile, se pensiamo che la comunità unita e fortificata da vincoli assunti come
"sacrali" non può non agire da terreno di coltura per un'etica guerresca.
E' ad esempio noto come dall'"humus" costituito dalle comunità tribali germaniche (i "barbari") nacque quel mito
della "cavalleria" che vede il rapporto fra "forte" e "debole" non certamente all'impronta del sopruso (come d'altronde
ri-divenne non appena il mercantilismo tardo-medioevale obliò di nuovo la comunità in favore del multiculturalismo.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 20:53:20 PM
Citazione di: InVerno il 25 Settembre 2018, 20:43:39 PMCapire il passato non offre risposte "dirette" ne verso il presente ne verso il futuro, ma aiuta a mettere nel giusto ordine le idee della propria visione del mondo,
Concordo nel modo più assoluto (in realtà volevo dire una cosa che adesso risulterebbe di non troppo interesse
approfondire).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 25 Settembre 2018, 21:04:59 PM
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 18:27:08 PMIl problema a me caro ,è quali dispositivi culturali hanno innescato un nuovo processo socio-culturale che dura dall'età del bronzo ?
E qui penso che si capisca la gravità del problema. La risposta del tuo quesito, in ottica da "libro di testo" (perlomeno scolastico) non sarà altro che... "più plusvalore!". L'età del bronzo non sarà altro che un accumulazione economica che renderà possibile un ulteriore sofisticazione della società, un ulteriore sofisticazione tecnica etc. Quindi Oxdeadbeaf dice che vado cercando "il peccato originale", si ma di interpretazione, che poi si ripete ad ogni "rivoluzione". Chiamiamo l'età del bronzo per questo motivo perchè crediamo che nell'invenzione del bronzo risieda un aumento tale di plusvalore da renderlo rivoluzionario. E' una rappresentazione realmente accurata? Ecco che l'errore di interpretazione si ripete e presume al di la della conoscenza storica, per esempio nel termine "invenzione".
Per quanto ne sappiamo il bronzo potrebbe essere stata un "involuzione" dovuta alla non reperibilità in loco di metalli più duttili, e la continua ricerca di risorse minerarie lontane dal centro città aver reso le società altamenti dipendenti dal bronzo e altamente instabili. L'era del bronzo collasserà in uno dei più repentini collassi antropologici mai registrati, di cui in ottica del plusvalore non si riesce a capire le cause. Non erano forse più ricchi, ora che maneggiavano il bronzo? Siamo alle origini del mito del progresso, della cultura della freccia ascendente.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: bobmax il 25 Settembre 2018, 22:47:50 PM
Citazione di: paul11 il 25 Settembre 2018, 13:47:58 PM
ciao Bobmax,
come ho scritto precedentemente ,la "regola della terra" vede vincente il più forte(egoista), piuttosto che il saggio e pacifico.
Ma questo non significa che l'uomo debba esser per forza un egoista, un cinico, un guerrafondaio, perchè non è nè nella regola della natura vegetale e nemmeno animale, diversamente sarebbero letteralmente sparite tutte le specie vegetali  meno una e tutte le specie animali, meno una.La regola della concentrazione della ricchezza, dimostra ,rispetto ai regni vegetali e animali, di quanto siamo "fessi" noi umani. Quando c'è una sovrappopolazione animale o vegetale, arrivano le malattie a riequilibrare i numeri ecologici e delle catene alimentari .
Noi non siamo  tanto egoisti, quanto sommamente ignoranti, perchè così non vive bene nè il ricco e nemmeno il povero.
il primo è povero "di spirito", il secondo di beni materiali per "tirare a campare".
E' vincente la cooperazione con regole "del gioco" che accettano la diversità come confronto, non come conflitto.io imparo qualcosa di te e tu impari qualcosa di me,dove ognuno dà quello che può e riceve in cambio secondo le proprie necessità nella regola che presiede la comunità, che deve essere armonica

La cooperazione fra un fungo ed un alga, forma il lichene
la cooperazione fra un fungo e le leguminose, arricchisce il terreno di sostanze azotate e infatti le leguminose  entrano nelle rotazioni colturali come arricchenti di nutrienti  del terreno oltre come base nutriente per gli animali allevati.
la natura ci insegna .....ci insegnava.......ci insegnò........

Ciao Paul11,
penso anch'io che l'egoismo non sia ineluttabile. Tuttavia ritengo pure che l'istinto egoista sia comunque necessario, fondamentale per diventare ciò che davvero siamo.

L'egoismo è infatti all'origine di ogni desiderio.
E' l'io che cerca di espandersi, con ogni mezzo, anche il più subdolo.
Al punto da allearsi con chiunque, pur di trarne vantaggio.

E tutto in natura pare muoversi seguendo l'egoismo. Su cui si fonda la sopravvivenza dell'individuo, della specie.
Questa almeno è a mio avviso la necessaria constatazione del nostro pensiero razionale, che osserva come funziona il mondo.

Il bene, l'altruismo, sono visti, dalla razionalità, semplicemente come delle forme di egoismo raffinate (faccio del bene perché così, un domani, potrò magari essere ricompensato...).
Il puro bene, l'autentico altruismo sono intese, dal pensiero logico/razionale, come delle sviste, delle illusioni.

Tuttavia l'egoismo ha in se stesso la ragione della propria dissoluzione.
Perché ogni desiderio diventa ben presto effimero, ciò che si desidera finisce per rivelarsi vano.
Ogni cosa, ogni realizzazione, non sono infatti che puro nulla.

E allora l'io si ritrova, per giungere alla pace, a dover rinunciare proprio a se stesso!
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 26 Settembre 2018, 00:56:33 AM
ciao Bobmax,
penso ad un sano ego per amor proprio che non sconfini  in un patologico narcisismo fallico d'impronta megalomane.
il cosiddetto razionalismo moderno che contempla il principio edonastico nasce nella visione del calcolo, come ben ha scritto Socrate in un post precedente, e deriva dal principio di utilità, tutto deve essere agito per un tornaconto, mai per il piacere gratuito di far anche solo del bene altrui,non è piacere anch'esso?
Sostengo quindi anch'io che un ego che derivi da un istinto di sopravvivenza vi sia, ma deve essere educato o da noi stessi o  indotto dalle leggi delle comunità, clan, tribù, Stati.

ciao Mauro (Oxdeadbeaf) e Inverno.
Quando tempo fa si scoprì che l'homo di Neanderthal usava eseguire la sepoltura per i morti e conviveva, da ritrovamenti archeologici mi pare in Palestina o nei pressi, con il Sapiens, fin a pensare che si siano ...ibridati, ritengo che il culto della sepoltura sia di parecchio tempo anteriore alla comparsa della proprietà.
Molti, fra cui un famoso scritto di Engels, antepongono la protostoria con la società matriarcale e le prime proprietà ovviamente con le colture agricole, perchè si trattava di lavorare la terra, seminare, salvaguardare il campo coltivato per attendere la maturazione e quindi la raccolta. Così per la salvaguardia dei capi di bestiame.ma personalmente questo era ancora possesso e non proprietà vera e propria.Il patriarcato e il servilismo del genere femminile corrisponde proprio con la codificazione giuridica della proprietà con massi, sassi, rocce che segnavano i confini delle proprietà terriere.Con il patriarcato e le codificazioni legislative si passerà alle successioni ereditarie privilegiando il primogenito maschile.
C' è quindi anche una diseguaglianza forte sul genere,gender, femminile,sia come specializzazione procreativa e di accudire la casa,sia culturale.

Si tratta di capire come da una esigenza difensiva, di salvaguardare il proprio lavoro con il bestiame e per il raccolto si passa alla proprietà giuridica salvaguardata dallo Stato,fino a diventare istituto "insopprimibile" e quindi ideologico.
E' chiaro che la proprietà e la successione ereditaria cominciano ad essere accumulazione di ricchezza economica e quindi potere.
il culto dell'antenato avviene come ringraziamento dei privilegi ereditati.Spesso i dispositivi culturali , come ama dire Green, hanno una mimesi,soprattutto quelli religiosi, li definirei strumentalizzazioni ideologiche al fine di giustificare dei privilegi.

Se prima dello Stato un territorio era più allo "sbando",con lo Stato e le codificazioni legislative le figure giuridiche diventano stabili
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 26 Settembre 2018, 08:43:47 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Settembre 2018, 20:45:03 PMSicuramente le tecniche di conservazione del cibo, come del resto l'assegnazione in proprietà di terre,
determinano una progressiva disgregazione del monolitico tessuto comunitario originario, con il sorgere
di "clan" patriarcali sempre più distinti, nei quali la ricchezza viene trasmessa fra le generazioni (è questo
che, dice Liverani, produce il "culto degli antenati" - e delle relative sepolture).
Quella di Liverani, per ammissione dello stesso autore, è una ricostruzione molto "economicistica"...
Del resto, le medesime dinamiche sembrano verificarsi in Grecia (D.Musti), in India e in Cina (altri autori).
E' curioso come Liverani si renda conto del "economicismo" della sua visione ma continui a preferirla. A parer mio i culti ancestrali sono ben più antichi del concetto di ereditarietà, ben testimoniato dal fatto che la maggior parte dei primi insiediamenti fungevano da necropoli. Alcuni siti presentano decine di decine di strati "distrutti" e ricostruiti successivamente, per via dell'uso di distruggere l'abitazione insieme al defunto, alla tomba del quale venivano sepolti anche diversi monili. Di quale eredità si sta parlando, visto che persino la casa veniva rasa al suolo con il defunto spesso e volentieri ?
E anche ammesso esistesse un eredità, se la famiglia biologica non era rispettata, chi sarebbero stati gli eredi se non la comunità stessa? Questo "trucco" sociale molto intelligente che è largamente documentato, ovvero di nascondere la parentela biologica in diversi modi per far si che i figli siano "di tutti" o di una "parte", come combacia con il concetto di ereditarietà e di una proprietà privata che viene passata da padre in figlio? Il culto dei teschi e il culto degli antenati è largamente più antico della proprietà privata, a mio avviso, al punto che può essere riscontrato persino nei Neanderthal. E questo è un altro esempio di come queste due opposte concezioni dei principi della neolitizzazione porti a conclusioni totalmente diverse, dove quella "economica" è una coperta sempre troppo corta che lascia sempre scoperti grossi pezzi di storia.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 26 Settembre 2018, 14:40:54 PM
Ora, non vorrei ricordare male (lessi ormai molti anni fa certi testi di Liverani, Musti, etc.) ma mi sembra che
in questione non vi sia una generica "sepoltura" (certo pratica ben più antica che non la trasmissione ereditaria),
ma la sepoltura e la venerazione degli antenati della "propria" famiglia o clan.
Del resto, sempre se ben ricordo, molto antica è in Mesopotamia l'usanza di aggirare il divieto di vendere le
proprie terre con una finta adozione.
Ora, come nacque la proprietà vera e propria (cioè trasmissibile)? Mi sembrerebbe plausibile datare questo passaggio
ad una fase successiva la "stanzializzazione" (la cosiddetta "rivoluzione agricola"), anche se non si può escludere
che fra le generazioni dei nomadi vi possa essere stato passaggio di capi di bestiame.
Sembra certo (anche da fonti a noi più vicine, come l'economia romana e del primo medioevo) che inizialmente il
"possesso" venisse concesso dall'autorità come ricompensa per servigi prestati, e che tale possesso "privato"
convivesse con una ben più ampia proprietà "demaniale".
Fatto è che ben presto questo possesso diventa vera e propria "proprietà" (quindi trasmissibile e alienabile - forse
sul modello di quella che, con la stanzializzazione, viene sempre più sentita come la "terra patria" di un certo
popolo - e non di un altro).
Tuttavia, vorrei insistere un attimo su quello che a me sembra il nocciolo della questione (se è vero che il post si
intitola: "L'origine della diseguaglianza"...).
Dicevo nel precedente intervento che nei periodi di "vacanza" del potere regale sembra crescere (secondo Liverani)
la diseguaglianza. Con la diseguaglianza (forse anzi come causa di essa) crescono l'individualismo ed un "familismo"
inteso in maniera ristretta.
Quindi, dicevo, l'origine della diseguaglianza come disgregazione del potere regale (un potere regale che, non a caso
ama farsi chiamare "padre" dal popolo anche in tempi a noi vicinissimi); un potere regale che, ed è questo il punto,
incarna la "comunità" come aggregazione di individui legati gli uni agli altri da una precisa "cultura" (o etnia).
L'origine della diseguaglianza politica e sociale è allora da me individuato nella disgregazione della "comunità",
allorquando essa diventa "società" (e ciò si verifica in maniera evidentissima in Grecia con l'avvento della
democrazia e a Roma con la progressiva estensione del diritto alla cittadinanza.
Chiaramente, questo non risolve il problema inteso in una dimensione più ampia, che è quella dei rapporti fra
culture, popoli ed etnie diverse (anzi, a questo livello il problema della diseguaglianza sembra acuirsi, come
la storia tragicamente ci insegna).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 18 Dicembre 2018, 11:46:55 AM
Prendo atto del richiamo di InVerno. Sì è questa la discussione giusta  ;) Ma anche il senso etico della spesa pubblica, soprattutto quando l'interesse privato (capitalismo) è tutto lanciato verso la diseguaglianza.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 18 Dicembre 2018, 13:02:19 PM
Engels ne ha parlato esaurientemente nell' Origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.

In una specie marcatamente sociale come l'uomo, con una precoce divisione del lavoro sociale, l'avvento di caste fu praticamente inevitabile. Eppure abbiamo esempi anche recenti di comunità umane come i nativi nord americani e gli aborigeni australiani in cui la comunità rimase sostanzialmente egualitaria fino a che venne spazzata via dai colonizzatori europei.

Il primo elemento di diseguaglianza fu probabilmente la guerra tra comunità diversa e la riduzione in schiavitù dei perdenti. Poi subentrò la divisione del lavoro all'interno della comunità con le alleanze tra caste al fine di sottomettere una parte della popolazione concentrando la ricchezza e il potere nelle caste superiori. Il processo avvenne quasi ovunque con grandi similitudini: Europa, Asia, popoli andini. Guerrieri, sacerdoti (e intellettuali vari) e masse di lavoratori. La coalizione di guerrieri (aristocrazia) e sacerdoti contro i lavoratori è la prima grande cesura che porta all'ineguaglianza sociale. La differenza la fa la mera violenza: la disponibilità di una forza armata. Su questa differenza si sono retti tutti gli imperi antichi fino ai nostri giorni.

Anche il potere economico, ma solo in quanto strumento di acquisizione di un potere militare, ha saputo svolgere funzioni di dominanza sociale. Oggi pare che possa permettersi di mantenere l'ineguaglianza sociale anche senza i militari. O, più precisamente, la borghesia compradora si è comprata eserciti e politici per cui, pur continuando ad aver bisogno della forza militare (Libia, Iraq, Siria, Palestina) è perfettamente in grado di gestirla in prima persona. Anche attraverso lo strumento già vincente in epoca rinascimentale dei mercenari (contractors e squadroni della morte).

Quindi direi che la diseguaglianza, nata con la primissima divisione delle funzioni sociali, gode tuttora di ottima salute.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 19 Dicembre 2018, 13:06:42 PM
Ciao Ipazia,
ci tengo a precisare che quando mi riferisco alla chiave di lettura marxista della "rivoluzione (involuzione?) neolitica", mi riferisco principalmente alle sue iterazioni più moderne che utilizzano a buon diritto i fondamentali ideologici del materialismo storico per interpretare i fatti di cui abbiamo nozione. Riguardo a quanto scrissero M&E che tempo fa mi andai a riprendere per rinfrescarmi la memoria, farei volentieri a meno, considerandole generalizzazioni buone per un ideologia con uno scopo ben preciso alla disperata ricerca di conferme genesiache..Seriamente, un sistema di rigide caste basate sul potere economico, rappresentate universalmente dall'oceania al sud america? Non si può seriamente asserire ciò, il prezzo da pagare è troppo alto, come ad esempio rinunciare ai più squisiti filoni di ricerca moderni, come ad esempio l'origine mesopotamica della democrazia, o per meglio dire del potere assembleare (millenni prima della vulgata che vorrebbe la loro origine in terre elleniche). Bisorebbe ragionare ed investigare sulla forma di cità antica, quella che ha già sviluppato il potere privato attraverso la "piazza del mercato", posizionata agli antipodi del palazzo regale, ove presumibilmente venivano ordite le congiure contro il re e il potere rappresentato, privato e pubblico già in loco. In ogni caso, il baricentro di questi siti è sempre il centro il religioso, mediano tra il palazzo del re e la piazza del mercato, centro di gravità permanente della cultura simbolica. Di stratificazioni sociali si può parlare, io però propendo per il fatto che le prime forme di esse fossero stratificazioni di tipo reputazionale, basate perciò sulla reputazione degli individui di fronte ai simboli, anzichè di stratificazioni economiche e\o funzionali, molto più tarde e presumibilmente reiterazioni delle prime. La disegugaglianza va prima pensata, e poi attuata.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Le basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche.

Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri.
Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.

Il secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.

Questi due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili.
Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.

Per cui condivido parzialmente l'analisi marxiana che mette al centro della disuguaglianza le relazioni economiche, ma la contesto perché trascura la biologia e l'ecologia. Infatti sfocia in un utopico comunismo, un paradiso terrestre senza alcuna base reale.
Ovviamente la cultura, per quanto importante, è secondaria rispetto al quadro ecologico ed economico di fondo descritto. Su questo sono d'accordo con l'analisi marxiana.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: viator il 19 Dicembre 2018, 15:04:21 PM
Salve Baylham. Perfetto. Naturalmente è più facile vedere quello chè vicino agli occhi (ciò che è stato scritto negli ultimi secoli) che riconoscere l'importanza inesorabile di ciò che esisteva prima della scrittura e della storia e che - illeggible e per alcuni invisibile - tuttora produce i fondamenti del nostro esistere. Salutoni.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM
Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Le basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche.

Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri.
Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.

Così simile da non essere neppure una differenza. Poichè parliamo di biologia il riferimento è il branco. Ovvero una struttura in cui non ci sono differenze di classe: si caccia in comune e si spartisce il bottino.

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Il secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.

Questo può giustificare lo scontro tra branchi diversi di umani, non le differenze all'interno del branco.

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PM
Questi due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili.
Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.

Non necessariamente. Tant'è che accanto a società classiste si sono evolute anche società solidali ed egualitarie. Ecologia umana e biologia c'entrano poco con l'avvento di caste e classi sociali. Anzi propendono per l'uguaglianza perchè siamo una specie sociale consapevole che deve a questa socialità il suo successo evolutivo. In altri termini la diseguaglianza è sovrastrutturale, pompata ideologicamente, non strutturale, biologicamente parlando. Se n'erano accorti anche i padri del liberalismo, prima di accorgersi che erano diventati essi stessi classe dominante.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:13:56 PM
Citazione di: InVerno il 19 Dicembre 2018, 13:06:42 PM
Ciao Ipazia,
ci tengo a precisare che quando mi riferisco alla chiave di lettura marxista della "rivoluzione (involuzione?) neolitica", mi riferisco principalmente alle sue iterazioni più moderne che utilizzano a buon diritto i fondamentali ideologici del materialismo storico per interpretare i fatti di cui abbiamo nozione. Riguardo a quanto scrissero M&E che tempo fa mi andai a riprendere per rinfrescarmi la memoria, farei volentieri a meno, considerandole generalizzazioni buone per un ideologia con uno scopo ben preciso alla disperata ricerca di conferme genesiache..Seriamente, un sistema di rigide caste basate sul potere economico, rappresentate universalmente dall'oceania al sud america? Non si può seriamente asserire ciò, il prezzo da pagare è troppo alto, come ad esempio rinunciare ai più squisiti filoni di ricerca moderni, come ad esempio l'origine mesopotamica della democrazia, o per meglio dire del potere assembleare (millenni prima della vulgata che vorrebbe la loro origine in terre elleniche). Bisorebbe ragionare ed investigare sulla forma di cità antica, quella che ha già sviluppato il potere privato attraverso la "piazza del mercato", posizionata agli antipodi del palazzo regale, ove presumibilmente venivano ordite le congiure contro il re e il potere rappresentato, privato e pubblico già in loco. In ogni caso, il baricentro di questi siti è sempre il centro il religioso, mediano tra il palazzo del re e la piazza del mercato, centro di gravità permanente della cultura simbolica. Di stratificazioni sociali si può parlare, io però propendo per il fatto che le prime forme di esse fossero stratificazioni di tipo reputazionale, basate perciò sulla reputazione degli individui di fronte ai simboli, anzichè di stratificazioni economiche e\o funzionali, molto più tarde e presumibilmente reiterazioni delle prime. La disegugaglianza va prima pensata, e poi attuata.

Mi pare che la reputazione degli individui di fronte ai simboli sia ancora più spannometrica delle analisi di Engels basate sull'antropologia di Morgan (che quantomeno non faceva illazioni, ma si basava su studi antropologici sul campo). Che preti e aristocrazia ci abbiano marciato su simboli e apologhi è noto dalla storia, ma che queste cose siano stato sufficienti per incartare i lavoratori è una teoria risibile. Molto più affidabile il criterio della divisione delle funzioni sociali come motore dello sviluppo socioeconomico classista, combinato e rafforzato dalla schiavitù prodotta dai conflitti tra comunità diverse. La "democrazia" mesopotamica, come quella greca, era fondata sul lavoro servile degli schiavi e sul potere armato delle aristocrazie vittoriose. Di spazio per ironizzare sul materialismo storico ne resta veramente poco.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 20 Dicembre 2018, 09:49:59 AM
Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM
Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMLe basi della disuguaglianza economica sono biologiche ed ecologiche. Il primo elemento è la differenza biologica tra l'io e l'altro, gli altri. Tuttavia questa differenza biologica è simile, se non uguale, per tutti gli uomini.
Così simile da non essere neppure una differenza. Poichè parliamo di biologia il riferimento è il branco. Ovvero una struttura in cui non ci sono differenze di classe: si caccia in comune e si spartisce il bottino.

Il branco, gruppo, è già l'effetto di una disuguaglianza, la competizione sulle risorse è trasferita dal livello individuale a quello del gruppo. All'interno del gruppo le disuguaglianze ci sono ugualmente, si formano gerarchie per l'appropriazione delle risorse, che sono e rimangono scarse anche a livello di gruppo. Si forma un ordine, una gerarchia.

Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMIl secondo elemento è ecologico, la limitatezza delle risorse, la scarsità, il principio malthusiano, al centro della biologia e dell'economia, da cui la concorrenza, il conflitto sulle risorse. La scarsità rende inevitabilmente gli uomini diseguali tanto più essi sono biologicamente uguali perché aspirano alle stesse risorse.
Questo può giustificare lo scontro tra branchi diversi di umani, non le differenze all'interno del branco.

Se il numero del gruppo è 3 e la risorsa è 1 la disuguaglianza è inevitabile se la risorsa non è divisibile.


Citazione di: Ipazia il 19 Dicembre 2018, 18:00:59 PM

Citazione di: baylham il 19 Dicembre 2018, 14:46:27 PMQuesti due elementi sono talmente profondi, radicati, da essere ineliminabili. Questa struttura originaria di disuguaglianza innesca ulteriori e successive disuguaglianze.Paradossalmente tanto maggiore è l'uguaglianza tra gli uomini tanto maggiori sono gli effetti di piccole differenze.
Non necessariamente. Tant'è che accanto a società classiste si sono evolute anche società solidali ed egualitarie. Ecologia umana e biologia c'entrano poco con l'avvento di caste e classi sociali. Anzi propendono per l'uguaglianza perchè siamo una specie sociale consapevole che deve a questa socialità il suo successo evolutivo. In altri termini la diseguaglianza è sovrastrutturale, pompata ideologicamente, non strutturale, biologicamente parlando. Se n'erano accorti anche i padri del liberalismo, prima di accorgersi che erano diventati essi stessi classe dominante.

Se mi indichi un esempio di società egualitaria e solidale, non ne conosco alcuna.
La biologia e l'ecologia sono il nucleo profondo, irriducibile, che sostiene la disuguaglianza: basti pensare alle implicazioni economiche e sociali della differenza sessuale o generazionale. A partire da questo nucleo si innescano e amplificano le disuguaglianze economiche e sociali.
La biologia e l'ecologia sono l'infrastruttura, l'economia è la struttura e la politica la sovrastruttura.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 20 Dicembre 2018, 14:36:38 PM
L'uguaglianza sociale è la conditio-sine-qua-non di qualsiasi strutture sociale per avere una coesione volontaria al suo interno. Se n'è accorto perfino FN che ha sbattuto il grugno per tutta la vita contro la morale degli schiavi divenuta dominante. Chissà come mai !!! Forse semplicemente egli non aveva capito che in una specie sociale è l'unione che fa la forza, mentre la forza isolata fa la debolezza. Al contrario di lui i signori veri hanno usato anche la morale degli schiavi per dominare e per tale scopo preti, filosofi, politici, economisti, intellettuali, cattedratici ...  - tutta la servitù ideologica - si sono rivelati - e si rivelano - indispensabili. Avendone pure i loro vantaggi.

Altro argomento contro l'ideologia della diseguaglianza su base giusnaturalistica è lo sviluppo di una società sempre più interdipendente da diversissime specializzazioni sociali. In tale situazione la migliore forma di coesione è quella solidale, decisamente più efficacie della coercizione militare e ideologica.

Società a forte impronta collettivistica le ho già elencate. Spazzate via dal colonialismo capitalistico fondato sull'ineguaglianza sociale e la rapina. La saturazione antropica del pianeta sotto il dominio del Capitale rende improbabile una società solidale su base locale. Quindi, sovranisti e globalisti, dovremo metterci d'accordo per non diventare tutti dannati della terra a servizio dei suoi autoproclamati padroni. La disparità di risorse, che oggi agisce a livello planetario, costringerà a elaborare strategie di liberazione su base globale, non escludendo anche forme di sovranismo laddove le comunità siano sufficientemente forti e autosufficienti per non soccombere alla piovra finanziaria. Senza però dimenticare che il processo di liberazione va gestito su base globale, con opportune alleanze con altre comunità ugualmente vessate. Avendo sempre come bussola il lavoro globale. Perchè è da lì che è iniziato tutto: uguaglianza cooperativa e diseguaglianza.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 20 Dicembre 2018, 16:24:56 PM
Citazione di: baylham il 20 Dicembre 2018, 09:49:59 AM

Se mi indichi un esempio di società egualitaria e solidale, non ne conosco alcuna.

Ciao Baylam
In genere tutte le comunità in cui vigevano (e parzialmente ancora vigono) le cosiddette "virtù guerriere".
Quindi da Sparta e dalla Roma repubblicana, passando per le tribù germaniche vittoriose sull'Impero, dalla
società Vichinga ai Sioux o ai Nambikwara descritti da Levi Strauss in "Tristi Tropici" fino ad arrivare, che so,
ai "moderni" Curdi. E potrei naturalmente continuare a lungo...
Chiaramente non "egualitarie" in senso stretto (o magari "marxiano"); ma comunque comunità e società nelle
quali la disparità e l'individualità sono decisamente attenuate (illuminante è il confronto con società
che hanno perso le suddette virtù, come appunto la Roma del tardo Impero, il Rinascimento o l'età a
noi contemporanea).
Perchè il problema non è tanto nel riconoscere la maggior forza o intelligenza di qualcun'altro (quindi
il suo "merito"), ma nel riconoscere il "quanto" questa forza, questa intelligenza, questo merito
debbano essere remunerati.
Come dicevo altrove, l'eccesso di disparità, oltre che chiaro segno di mollezza dei costumi, è non solo
eticamente ingiusto, ma anche economicamente irrazionale.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 20 Dicembre 2018, 17:43:44 PM
Una breve obiezione.

Non riesco a concepire un principio di uguaglianza autentico se la sua influenza è limitata al gruppo, clan, tribù', città, regione, nazione.
Il principio di uguaglianza o è universale, dove l'universo sta per l'umanità intera, o non è. 
Su questo orizzonte concordo pienamente con Marx, che infatti ha promosso la Prima Internazionale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 20 Dicembre 2018, 17:48:27 PM
Ciao Baylam
Beh, che dire...bisogna vedere se stiamo cercando di analizzare l'"essere" (inteso come ciò che è; il
reale) oppure se il discorso è volto al "dover essere" (l'ideale)...
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 21 Dicembre 2018, 21:55:06 PM
Citazione di: baylham il 20 Dicembre 2018, 17:43:44 PM
Una breve obiezione.

Non riesco a concepire un principio di uguaglianza autentico se la sua influenza è limitata al gruppo, clan, tribù', città, regione, nazione.
Il principio di uguaglianza o è universale, dove l'universo sta per l'umanità intera, o non è.
Su questo orizzonte concordo pienamente con Marx, che infatti ha promosso la Prima Internazionale.

Il principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.

Inoltre l'uguaglianza va declinata nelle sue molteplici forme sociali: economiche, politiche, sessuali, religiose. Non si può fare di tutta l'uguaglianza un fascio. E questo permette di articolarne localmente il concetto (ad esempio nella sfera sessuale o religiosa esistono ancora differenze importanti per nulla equalizzate su scala globale). Anche se è vero che i vasi sono comunicanti e un principio etico generalizzato improntato all'uguaglianza favorisce la libera espressione di tutte le sue forme sociali, riducendo gli attriti che la diseguaglianza genera.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 22 Dicembre 2018, 18:33:09 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2018, 21:55:06 PMIl principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.


Ciao Ipazia
Questo mi pare un concetto discutibile...
Se è infatti vero che la diseguaglianza limita la libertà del debole, è però altrettanto vero che la
libertà può essere intesa dal forte come quel qualcosa che gli rende lecito il dominio.
Non a caso, il movimento politico che nella storia ha fatto della diseguaglianza il proprio più
intrinseco carattere si chiama "liberalismo".
Personalmente concordo con Hobbes sulla necessità del "Leviatano" (perchè chiaramente ho della "natura
umana" un'opinione negativa) come forza suprema che, costringendo la libertà del forte entro dei limiti
ben precisi, permette sia esplicata anche la libertà del debole.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 22 Dicembre 2018, 19:32:21 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 22 Dicembre 2018, 18:33:09 PM
Citazione di: Ipazia il 21 Dicembre 2018, 21:55:06 PMIl principio di uguaglianza non è riducibile ad astrazione, ma è storicamente determinato. La globalizzazione è un fenomeno recente. Prima si poteva parlare di uguaglianza anche all'interno di comunità locali. Non esiste neppure da sola, l'uguaglianza. Esso si coniuga pressochè biunivcamente col concetto di libertà. Nelle società classiste l'appartenenza di classe nega l'uguaglianza e di pari passo limita la libertà dei subalterni.


Ciao Ipazia
Questo mi pare un concetto discutibile...
Se è infatti vero che la diseguaglianza limita la libertà del debole, è però altrettanto vero che la
libertà può essere intesa dal forte come quel qualcosa che gli rende lecito il dominio.
Non a caso, il movimento politico che nella storia ha fatto della diseguaglianza il proprio più
intrinseco carattere si chiama "liberalismo".
Personalmente concordo con Hobbes sulla necessità del "Leviatano" (perchè chiaramente ho della "natura
umana" un'opinione negativa) come forza suprema che, costringendo la libertà del forte entro dei limiti
ben precisi, permette sia esplicata anche la libertà del debole.
saluti

Se parliamo di uguaglianza politico-sociale essa è presupposto della libertà per il semplice motivo che tra liberi non si può esercitare una violenza indiscriminata (si rischia la galera e la morte) come contro chi libero non è (vedi Aristotele e schiavismo). Quindi l'uguaglianza diventa anche garanzia per il più debole fisicamente, ma non socialmente in quanto uguale.

La libertà liberal/liberista è una bufala colossale visto che quegli ideologi si facevano servire non solo da schiavi salariati, ma pure da schiavi-schiavi. Parafrasando baylham: la libertà è per tutti o non è. Così come l'uguaglianza; fin dai blocchi di partenza. Solo in società isolate è possibile prescindere da ciò che sta intorno e circoscrivere i concetti di libertà e uguaglianza. Ma non ce ne sono più.

Hobbes è miope fin da homo homini lupus. Ignora del tutto la violenza di classe e vivendo in un'epoca di banditismo e prepotenza inarginabile cerca conforto nell'uomo forte. Molte società che i suoi connazionali distruggevano in giro per il mondo erano decisamente più civili della sua. L'unica cosa che egli dimostra è lo stato di barbarie europea del capitalismo nascente e del feudalesimo morente. Difficile dire chi dei due lo fosse di più: il colonialista borghese o il militare a servizio del re.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Ciao Ipazia
Si rischia la galera o la morte (laddove fra liberi si eserciti una violenza indiscriminata) appunto perchè
c'è un "Leviatano"...
Se non vi fosse un Leviatano è probabile che, essendo libero di agire, il forte sottometta il debole, non credi?
Dunque che cos'è questa "libertà" se non un qualcosa che una "autorità" (nel senso stretto del significato)
concede all'interno di una sfera al di sopra della quale, però, predominanti sono i concetti di "bene" e di "male"?
Come fai, ad esempio, a dire che: "la libertà è per tutti o non è"?
Su quale "diritto", voglio dire, affermi questo assioma etico? Lo affermi forse sulla convinzione di una natura
umana benigna? Una natura, in sostanza, che una volta liberata dalle "sovrastrutture ideologiche" maligne
sarebbe libera di esplicarsi nella sua, diciamo, "essenza benevola"?
Perchè, a mio modo di vedere, se non lo affermi sulla base di questa convinzione sei costretta ad ammettere
un potere politico superiore (appunto un "Leviatano") che lo impone d'autorità.
Non riesco a vedere un "tertium"...
saluti e Buon Natale
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 23 Dicembre 2018, 14:28:30 PM
Per quanto mi riguarda, la natura umana é plastica, creativa, molto variamente declinabile.

E condizionata, per il tramite "complicatissimo" delle sovrastrutture giuridiche e in senso lato culturali, in ultima istanza dalle strutture economiche.

E' da queste e dalla loro relazione dialettica con lo sviluppo delle forze produttive* che dipende in sostanza il tendenziale prevalere, nelle diverse circostanze storiche, dei suoi aspetti più o meno conseguentemente benigni o maligni (a livello "macrosociale"). E' qui che si può e si deve soprattutto e in maniera decisiva agire per cambiare e far prevalere il meglio delle variegate potenzialità umane.
Ancor più inestricabilmente complicata essendo la dinamica materiale determinate a livello "microsociale", fatto che la rende a mio parere (almeno per quanto ragionevolmente prevedibile) oggettivamente non passibili di fatto di una conoscenza scientifica psicologica che vada oltre la sapienza antica di Stoici, Epicurei e tanti altri occidentali e non (vorrei richiamare su questo l' attenzione di Everlost).
Conoscenza scientifica sia pure "umana" (con i notevoli limiti che inevitabilmente la differenziano assai dalla conoscenza propria delle scienze naturali) quale é invece rappresentata dal materialismo storico; che so bene tu, Oxdeadbeef, conosci e non condividi; ma ovviamente ognuno espone all' attenzione degli altri le convinzioni sue proprie.

Il "tertium" é per me la straordinaria plasticità propria del comportamento umano, frutto naturalissimo della realtà biologica, su cui si fonda la cultura, lo sviluppo della storia umana dalla, "sulla" (e non in contraddizione in alcun modo con la) storia naturale (che non si limita a proseguire pedissequamente, senza ricavarne molto di nuovo e di importante, sia pure solo soggettivamente per noi uomini).
MI scuso per la contorsione dell' argomentare.

Ciao, vecchio amico Mauro, augurissimi per uno splendido nuovo anno!

________________________
* Concetto marxista "classico" fortemente caratterizzato in senso "quantitativo", che a mio parere ciò che nel XX secolo si é appreso circa i limiti inderogabili delle risorse naturali realisticamente (e non fantascientificamente o ideologicamente: ideologia scientista) disponibili al' umanità impone di superare in senso piuttosto "qualitativo", analogamente a come, nelle scienze naturali, la relatività ha imposto il superamento della concezione "classica" newtoniana della gravità.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 23 Dicembre 2018, 15:05:46 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Ciao Ipazia
Si rischia la galera o la morte (laddove fra liberi si eserciti una violenza indiscriminata) appunto perchè c'è un "Leviatano"...
Se non vi fosse un Leviatano è probabile che, essendo libero di agire, il forte sottometta il debole, non credi?

Ma non è certo la monarchia assoluta di Hobbes. Anche in un branco di mammiferi i più turbolenti e attaccabrighe vengono isolati e ridotti ad apprendere le buone maniere. La convivenza pacifica appartiene all'etologia degli animali sociali anche non umani.

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Dunque che cos'è questa "libertà" se non un qualcosa che una "autorità" (nel senso stretto del significato)
concede all'interno di una sfera al di sopra della quale, però, predominanti sono i concetti di "bene" e di "male"?

Il processo evolutivo diviene esattamente al contrario: i concetti di bene e male testati empiricamente producono un'autorità collettiva che garantisce libertà a tutti i componenti della comunità neutralizzando i comportamenti prevaricanti. Nessuna necessità di un monarca assoluto che favorirebbe soltanto determinate camarille.

Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 13:07:56 PM
Come fai, ad esempio, a dire che: "la libertà è per tutti o non è"?
Su quale "diritto", voglio dire, affermi questo assioma etico? Lo affermi forse sulla convinzione di una natura umana benigna? Una natura, in sostanza, che una volta liberata dalle "sovrastrutture ideologiche" maligne sarebbe libera di esplicarsi nella sua, diciamo, "essenza benevola"?
Perchè, a mio modo di vedere, se non lo affermi sulla base di questa convinzione sei costretta ad ammettere un potere politico superiore (appunto un "Leviatano") che lo impone d'autorità. Non riesco a vedere un "tertium"...
saluti e Buon Natale

(Difficile vedere un tertium nel sociodarwinismo imperante che occupa l'intero orizzonte antropologico peggio dell'occhio infuocato di Sauron).

Lo dico perchè sto parlando di polis, non di pizza. Certamente liberarsi da tutte le sovrastrutture ideologiche maligne libera spazi di libertà, ma questi non è poi conferita da qualche metafisica autorità fuori e al di sopra del gioco, ma da tutti i giocatori in condizioni di uguaglianza e libertà. Allora non è più una questione di dominio sulla, ma di amministrazione della comunità, che è cosa ben diversa. Ovvero politica come arte di governo della polis, non di sopraffazione (militare, poliziesca, economica, sessuale, religiosa,...)

saluti e buone vacanze
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 16:49:52 PM
A Sgiombo
Sì, anche per me non c'è una "natura umana" definibile come buona o cattiva.
Però, dicevo, se non si ammette un uomo buono per natura è necessario uno stato (il "Leviatano")
che d'autorità imponga al forte di non esplicare la possibilità che esso ha di sottomettere il
debole (uno stato che cioè limita la libertà del forte).
Non è esatto dire che io non condivido il materialismo storico, anzi. Ritengo che ogni pensatore,
per così dire, dia il proprio apporto; ed in ciò l'apporto di Marx è stato fra i più importanti.
L'affermazione per cui è la struttura a determinare, in ultima istanza, la sovrastruttura è
stata una delle più importanti dell'intera storia del pensiero.
Il discorso è chiaramente molto lungo...
Un caloroso saluto anche a te, vecchio amico mio.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 23 Dicembre 2018, 17:01:49 PM
Tutto quello che hai scritto mi fa molto piacere.

Con Ipazia (credo di poter dire) sottolineerei che lo Stato (considerando la questione del tutto astrattamente) non necessariamente deve essere autoritario (ma quando ci vuole ci vuole: viva Stalin! Mi scuso per l' intemperanza, mi é scappato di tastiera); e soprattutto, al di là delle superficiali apparenze, é sempre l' insieme degli organi e apparati -militarmente e anche economicamente coercitivi, e ideologici- coi quali una determinata classe (o comunque blocco sociale in senso gramsciano) conserva, cerca di rafforzare quanto più possibile, esercita il potere reale (indipendetemente dalla maggiore o minore "democraticità formale" delle sue istituzioni).

Un' altra questione sulla quale ci sarebbe molto e di molto interessante da discutere (ma purtroppo solo teoricamente, stante la lontananza reale delle circostanze pertinenti) é quella dell' estinzione (possibile o no? inevitabile -nel caso della dittatura del proletariato-? In che senso? Entro quali limiti?) dello Stato stesso, cui Ipazia mi sembra alludere quando parla di "politica come arte di governo della polis, non di sopraffazione (militare, poliziesca, economica, sessuale, religiosa,...)".
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 17:27:43 PM
A Ipazia
Non vorrei che quella citazione di Hobbes mi abbia "marchiato" per l'eternità come un sostenitore
della monarchia assoluta...
Nei miei precedenti interventi dicevo di come, nella storia, si siano viste società improntate all'
egualitarismo soprattutto fra quelle comunità umane nelle quali vigevano le cosiddette "virtù guerriere".
Viceversa, mi sembra si siano visti numerosi esempi di "assolutismo" in società molli e prossime alla
decadenza.
La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa
sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale.
Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
Quanto alla contemporaneità, la monarchia assoluta del Mercato mi sembra poggiarsi proprio su una
consapevolezza che poi, tanto, nessuno si ribellerà...
C'è un aneddoto che ho sempre trovato meraviglioso.
A Firenze, in Santa Maria del Fiore, nella navata di sinistra (mi sembra...) c'è un affresco raffigurante
Giovanni Acuto (John Hawkwood), mercenario anglo diventato generale dell'esercito mediceo.
Si narra che dopo la presa di una città un soldato anglo abbia preso prigioniera una bellissima ragazza.
L'Acuto, vedendola, disse al soldato: "quella ragazza mi appartiene". Il soldato rispose: "mio generale,
la ragazza è una mia preda, e io me la terrò". Acuto pensò acutamente (si spera)...
E rispose: "mio prode soldato, per l'antica legge degli Angli la preda è tua, ma io sono il tuo generale,
dunque è anche mia". E, si dice, la tagliò in due con la spada...
Ora, è chiaro che solo un soldato immerso in una forte tradizione comunitaria avrebbe potuto opporsi in
quel modo al potente generale. Il quale, uomo diviso fra due culture (quella degli Angli e quella italiana-
rinascimentale), non trova di meglio che optare per la soluzione più irrazionale.
Con questo voglio dire, su cosa si basa la rivendicazione di libertà del semplice soldato? Quella
rivendicazione avrebbe potuto aver luogo senza avere alla spalle, oltre che una forte tradizione di popolo,
una solida "virtù guerriera"?
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: viator il 23 Dicembre 2018, 22:31:54 PM
Salve. La responsabilità delle diatribe che animano questa discussione è di chi l'ha aperta,
Avrebbe dovuto titolarla "l'origine dell'egualitarismo".

Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.

L'egualitarismo (che non è l'eguaglianza in sè ma solo ciò che dovrebbe promuoverla) è stato concepito per realizzare non tanto la parità di condizioni esistenziali (non deve e non può occuparsi di dare la vista ai ciechi dalla nascita o l'intelligenza agli imbecilli) è nato quando in gruppo sociale si è fatta strada la convinzione che esistesse un interesse collettivo superiore (in quelle determinate circostanze) all'interesse dei singoli (sempre in quella determinate circostanze), convinzione accompagnata dalla percezione che quel certo interesse collettivo si sarebbe potuto perseguire in MODO PIU' EFFICIENTE, operando tutti insieme invece che ciascuno per conto proprio.

E' la necessità ( non certo l'ideale) della cooperazione che ha generato l'egualitarismo.

Purtroppo l'egualitarismo funziona sono a certe condizioni ed in circostanze abbastanza precise.

Sgiombo ha affermato che un esempio di società egualitaristiche sia quello delle tribù guerriere.

Giusto. Infatti la necessità guerresca è quella che sempre ha visto affermarsi la creazione  di nuclei, unità il più possibile omogenee (il termine "uniforme" di dice qualcosa ?) mosse dalla cooperazione tattica e strategica.
Inconcepibile fare la guerra o costruire le piramidi AGENDO ciascuno per conto proprio. Non sarebbe EFFICIENTE.

Il problema della cooperazione però, col procedere dell'organizzazione umana, finì con lo scontrarsi con l'economia di scala della propria efficienza.

Aumentando a dismisura il numero dei coinvolti nell'erganizzazione egualitaristica, si ebbe purtroppo che la percezione del singolo della superiore utilità collettivistica tese ad indebolirsi, a sfumare nell'indistinto, nel remoto, nel discutibile.
Gli interessi comuni diventarono così lontani dalla propria esperienza immediata chel'individuo non riuscì più a riconoscerli ed a valutare la necessità della propria partecipazione utilitaria.

Inoltre, sempre per ragioni di "scala" degli eventi, l'interesse comune ormai remoto dovette venir coordinato da un qualche genere di gerarchia, rappresentata da individui che vennero a costituire una "èlite" e dei quali ora magari non si conosceva neppure il volto.
Naturalmente la gerarchia come venne costruita ? Ovvio, selezionando o permettendo di autoselezionarsi qualcuno tra i meno egualitari, cioè i più forti, furbi,sagaci.

Quindi la demografia ed il "progresso" lavorano a discapito dell'egualitarismo.

Di qui il fatto che più una comunità egualitaristca si fa numerosa e "progredita" (cioè complessa), più perderà quel grado di efficienza che magari possedeva quando risultava meno popolata e più vicina alle cosiddette (condizioni di natura". Amen e saluti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 00:14:49 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 17:27:43 PM
.
La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale. Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
....
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti

Platone, estensore della prima utopia comunista, era un grande estimatore di Sparta, dove persino le donne ricevevano un'educazione militare in comunanza con gli uomini, con il corrispettivo grado di emancipazione sociale. Davvero un caso di uguaglianza rara nel mondo antico !
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 08:32:46 AM
Citazione di: viator il 23 Dicembre 2018, 22:31:54 PM
Salve. La responsabilità delle diatribe che animano questa discussione è di chi l'ha aperta,
Avrebbe dovuto titolarla "l'origine dell'egualitarismo".

Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.

L'egualitarismo (che non è l'eguaglianza in sè ma solo ciò che dovrebbe promuoverla) è stato concepito per realizzare non tanto la parità di condizioni esistenziali (non deve e non può occuparsi di dare la vista ai ciechi dalla nascita o l'intelligenza agli imbecilli) è nato quando in gruppo sociale si è fatta strada la convinzione che esistesse un interesse collettivo superiore (in quelle determinate circostanze) all'interesse dei singoli (sempre in quella determinate circostanze), convinzione accompagnata dalla percezione che quel certo interesse collettivo si sarebbe potuto perseguire in MODO PIU' EFFICIENTE, operando tutti insieme invece che ciascuno per conto proprio.

E' la necessità ( non certo l'ideale) della cooperazione che ha generato l'egualitarismo.

Purtroppo l'egualitarismo funziona sono a certe condizioni ed in circostanze abbastanza precise.

Sgiombo ha affermato che un esempio di società egualitaristiche sia quello delle tribù guerriere.

Giusto. Infatti la necessità guerresca è quella che sempre ha visto affermarsi la creazione  di nuclei, unità il più possibile omogenee (il termine "uniforme" di dice qualcosa ?) mosse dalla cooperazione tattica e strategica.
Inconcepibile fare la guerra o costruire le piramidi AGENDO ciascuno per conto proprio. Non sarebbe EFFICIENTE.

Il problema della cooperazione però, col procedere dell'organizzazione umana, finì con lo scontrarsi con l'economia di scala della propria efficienza.

Aumentando a dismisura il numero dei coinvolti nell'erganizzazione egualitaristica, si ebbe purtroppo che la percezione del singolo della superiore utilità collettivistica tese ad indebolirsi, a sfumare nell'indistinto, nel remoto, nel discutibile.
Gli interessi comuni diventarono così lontani dalla propria esperienza immediata chel'individuo non riuscì più a riconoscerli ed a valutare la necessità della propria partecipazione utilitaria.

Inoltre, sempre per ragioni di "scala" degli eventi, l'interesse comune ormai remoto dovette venir coordinato da un qualche genere di gerarchia, rappresentata da individui che vennero a costituire una "èlite" e dei quali ora magari non si conosceva neppure il volto.
Naturalmente la gerarchia come venne costruita ? Ovvio, selezionando o permettendo di autoselezionarsi qualcuno tra i meno egualitari, cioè i più forti, furbi,sagaci.

Quindi la demografia ed il "progresso" lavorano a discapito dell'egualitarismo.

Di qui il fatto che più una comunità egualitaristca si fa numerosa e "progredita" (cioè complessa), più perderà quel grado di efficienza che magari possedeva quando risultava meno popolata e più vicina alle cosiddette (condizioni di natura". Amen e saluti.

In effetti è andata proprio così ma, se possibile, lo esprimerei focalizzando con più sintesi la questione centrale. La teoria dei due soli è molto più antica del pensatore medioevale che la formulò ed è anche più prosaica. Fin dagli albori dello sviluppo della divisione del lavoro si selezionarono due specie di predatori, il gatto e la volpe, interessate entrambe alla conquista del pollaio. Essendo animali intelligenti capirono che mettendo in comune gli artigli e agilità dell'uno con l'astuzia dell'altra la cosa avrebbe avuto più possibilità di successo. E così fu: millenni di dominio sul pollaio e cibo con poca fatica a sazietà.

La complessità sociale ha favorito il gatto e la volpe, ma pure il pollaio ha trovato il modo di difendersi meglio. Pertanto ritengo che il "progresso" sia un elemento abbastanza neutro perchè complica la vita tanto alle prede che ai predatori. Un tantino più ai primi, perchè i secondi conservano saldamente il controllo dell'intelligenza sociale, che è un po' la pietra filosofale di tutto l'inciampo (in ciò ha ragione viator e la quotidianità ce lo conferma). Al pollaio non resta altra possibilità che imparare a volare. Difficile, ma non impossibile. Come dicevano i miei profeti: hic Rhodus hic salta  :P
.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 09:48:38 AM
Citazione di: viator il 23 Dicembre 2018, 22:31:54 PM
Infatti gli uomini nascono uguali (in diritti naturali e dignità) ma, una volta nati, cercano di affermare la propria individualità. Sarebbe questa l'origine della diseguaglianza, a parità di altre condizioni esterne alla volontà dell'individuo.


Ciao Viator
Ecco, proprio questo è il punto su cui non sono affatto d'accordo.
In un'altra discussione (o era questa, non ricordo) dicevo che nella mia attività di podista dilettante
mi trovo sovente a partecipare a gare con atleti kenyani, etiopi e quant'altro.
Adesso, lasciamo perdere le mie "performance" (che dire modeste è un eufemismo), ma NESSUNO dei "bianchi"
ha la benchè minima possibilità di competere con questi "mostri": perchè?
Questione di struttura fisica; muscoli lunghi, baricentro alto, grande capacità cardiaca e polmonare.
Quindi, per prima cosa, non è affatto vero che nasciamo tutti uguali fisicamente.
In secondo luogo, non è vero nemmeno che nasciamo uguali "in diritti naturali e dignità". E semplicemente
perchè questo è un assunto etico (ed in quanto tale presuppone una cultura che lo esprime - non è altresì
frutto di una, chiamiamola, verifica oggettiva: è cioè null'altro che una "opinione").
Sappiamo bene che il "giusnaturalismo", cui la tua visione attinge a piene mani, nasce in un preciso contesto
storico e culturale. La radice è infatti Stoica, poi ripresa dalla filosofia anglosassone.
Ed è proprio nel mondo anglosassone che questa tesi ha avuto quegli sviluppi che attualmente vediamo (cioè
il massimo della diseguaglianza).
Mi sembrerebbe il caso di riflettere un attimo sul motivo per cui gli sviluppi sono stati questi e non altri...
saluti ed auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 10:21:47 AM
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 00:14:49 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 23 Dicembre 2018, 17:27:43 PM
.
La politica come "arte di governo della polis" mi sembra si sia vista, per paradossale che possa sembrare, più a Sparta che ad Atene. Più nella Roma del periodo repubblicano che in quella imperiale. Più nelle comunità Gote o Vichinghe che nel successivo periodo denominato "Rinascimento".
....
Mi dici, in definitiva, come facciamo a pretendere rispetto e libertà se siamo dei rammolliti?
saluti

Platone, estensore della prima utopia comunista, era un grande estimatore di Sparta, dove persino le donne ricevevano un'educazione militare in comunanza con gli uomini, con il corrispettivo grado di emancipazione sociale. Davvero un caso di uguaglianza rara nel mondo antico !

Ciao Ipazia
Probabilmente gli Spartani alle Termopili erano 300 perchè il re non riuscì a convincere le famiglie spartane
(sembra che il compito più gravoso del re a Sparta fosse quello di "convincere"...).
Lo stesso avveniva fra i Vichinghi (si narra che al primo contatto con essi fu chiesto: "chi è il vostro
padrone?", cui essi risposero: "noi non abbiamo padrone, siamo uomini liberi".
Fra i Franchi o le tribù germaniche in genere il bottino di guerra veniva letteralmente "spezzettato" in
frammenti identici l'uno all'altro, onde evitare che a qualcuno sia toccato un pezzo più grosso o migliore
(sembra fossero permalosissimi...).
Molto belle sono le storie raccontate da Levi Strauss in "Tristi Tropici", Fra i bellicosi Nambikwara
del Brasile sembra che nessuno fosse disposto a fare il capo, perchè quel compito comportava molti oneri
e assai pochi onori.
In genere in queste società dal forte spirito guerriero era distinto il comando militare (proprio di un re,
o di un capo) dal comando politico, spesso formato da un "consiglio" (in genere di anziani).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 24 Dicembre 2018, 12:29:32 PM
L'eguaglianza/disuguaglianza degli uomini va posta in un prospettiva relativistica.
Le due asserzioni opposte "gli uomini sono uguali" e "gli uomini sono diversi" , approfondendo, si rivelano entrambe autocontraddittorie, la loro validità dipende dal contesto. Ciò che permette di distinguere un uomo da un altro pone in rilievo la loro disuguaglianza. Ma la comune denominazione di uomini evidenzia ciò che li rende uguali.

Se il mondo tratta in modo uguale gli uomini non tenendo conto delle loro differenze, produce nuove differenze tra loro; se il mondo tratta in modo diverso gli uomini non tenendo conto della loro uguaglianza produce ancora nuove differenze.
Questa mi sembra una formulazione ancora più generale della relazione asimmetrica produttiva di disuguaglianze che ho esposto in campo biologico-ecologico ed economico.

Per esempio trattare le donne come uomini ha davvero una valenza egualitaria?
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 13:05:26 PM
Ciao Baylam
In linea di massima condivido quanto affermi; ma c'è un punto che mi sembra, per così dire, "oscuro".
Quando dici: "la comune denominazione di uomini evidenzia ciò che li rende uguali", intendi forse
supporre una "sostanza", l'umanità, che essendo in tutti gli uomini li rende in un certo
qual modo, tutti uguali?
Credo sia opportuno precisare che, nella conclamata individualità e diversità di ogni essere umano,
ogni dichiarazione di uguaglianza non può poggiare su alcunchè di "reale" (di strutturale, direbbero
gli amici marxisti).
Quindi qualsiasi dichiarazione di uguaglianza non fa parte del piano "fisico", bensì di quello meta-fisico
(tanto per usare una terminologia forte e provocatoria; ma questo è).
Come dico in una precedente risposta all'amico Viator, ogni affermazione di uguaglianza è una affermazione
di carattere etico/morale (e possiede quel tipo di realtà, di strutturalità, di fisicità proprie della
sfera etica e morale).
Le altre tue considerazioni mi sembrano invece molto intelligenti, acute ed assolutamente condivisibili
(soprattutto la domanda finale).
saluti e auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 13:23:22 PM
Diseguaglianza di che ?

Penso stiamo parlando principalmente di diseguaglianza sociale, diseguaglianza di diritti sociali.

Il modo in cui gli umani sono concepiti e i loro bisogni fisiologici danno ragione ai giusnaturalisti: tutti gli uomini nascono uguali. Ma l'uguaglianza finisce lì. Fattori genetici ereditari e sesso stabiliscono subito una differenza. Le condizioni sociali di una società classista danno la mazzata finale. Quindi la natura aiuta poco a stabilire un principio originario di uguaglianza sociale, che rimane una questione squisitamente et(olog)ica. In tal senso il titolo della discussione è esatto. Si tratta di stabilire l'origine della diseguaglianza (sociale) e dichiarare la propria posizione ideologica di fronte ad essa. Venendo alla mia: ritengo che tutte le differenze di sesso (e predilezione sessuale) e "razza" non giustifichino alcuna subordinazione sociale e che le diseguaglianze sociali su base classista siano inique e prive di qualsiasi fondamento antropologico che non sia la mera violenza di chi possiede in regime di monopolio strumenti di dominio - militari, economici, politici, giuridici - a danno di chi è stato sottomesso. Tale dominio è certamente relativo e tutta la storia, compresa l'attuale, è storia dei suoi stravolgimenti  e delle lotte che li accompagnano.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 24 Dicembre 2018, 15:07:04 PM
Magari mi sbaglio, ma fra le righe di alcune considerazioni mi pare di veder aleggiare un fazioso assunto implicito, che condiziona il discorso senza che il discorso lo abbia messo in discussione (non me ne voglia Godel  ;) ): disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?

Anche nelle "esemplari" civiltà citate (Sparta, società guerriere, etc.) sono pronto a scommettere che ci fosse disuguaglianza sociale (fra sessi, classi, etc.), essendo questa (per quel che ci insegna la storia dell'uomo) funzionale e necessaria alla strutturazione organizzativa di una società popolosa. Il che non significa che debba sempre e per forza tradursi con oppressione e "ingiustizia" (uso le virgolette perché è una parola opinabile il cui approfondimento devierebbe il discorso; per quanto anche «oppressione» si presti a personalizzazioni piuttosto divergenti: magari chi ha conosciuto l'oppressione di una dittatura fa fatica a sentirsi oppresso dalla tecnologia imperante...). 


Per le questioni "di nascita" e di contesto, mi allineo a 0xdeadbeef e baylham; per sapere in cosa consiste l'uguaglianza fra membri di una specie, bisogna rivolgersi alla loro natura (e solo fino ad un certo grado di generalità); per le diseguaglianze, basta considerare la particolarità biologiche e tutto il contesto di "branco" in cui l'individuo interagisce. 
Come scrivo sempre, non è necessaria una convenzione "universale" redatta a tavolino da uomini per stabilire la necessità uguale per tutti di respirare, bere, etc. per restare vivi; tale convenzione è invece necessaria per fornire parametri arbitrari e funzionali, volti ad una coabitazione del pianeta sostenibile per la maggioranza di individui (e non sono affatto sicuro che, metaforicamente, il pianeta stesso la sottoscriverebbe...).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 24 Dicembre 2018, 15:28:16 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 13:05:26 PM
Quando dici: "la comune denominazione di uomini evidenzia ciò che li rende uguali", intendi forse
supporre una "sostanza", l'umanità, che essendo in tutti gli uomini li rende in un certo
qual modo, tutti uguali?

Non ho una grande conoscenza della filosofia classica (e non solo) per cui il concetto di sostanza non mi è chiaro.

Se asserisco che "gli uomini sono diversi" sottolineo gli elementi, le qualità, i caratteri che distinguono gli uomini uno dall'altro. Tuttavia questa asserzione poggia sul fatto che tutti gli esseri di cui si asserisce la diversità hanno degli elementi, qualità, caratteri uguali, identici, che li distinguono da altri esseri o cose e che li fanno appartenere alla classe uomo.  Perciò l'uguaglianza/disuguaglianza degli uomini dipende dal contesto, dagli elementi, caratteri considerati.

Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 13:23:22 PM
 Quindi la natura aiuta poco a stabilire un principio originario di uguaglianza sociale, che rimane una questione squisitamente et(olog)ica. In tal senso il titolo della discussione è esatto. Si tratta di stabilire l'origine della diseguaglianza (sociale) e dichiarare la propria posizione ideologica di fronte ad essa. Venendo alla mia: ritengo che tutte le differenze di sesso (e predilezione sessuale) e "razza" non giustifichino alcuna subordinazione sociale e che le diseguaglianze sociali su base classista siano inique e prive di qualsiasi fondamento antropologico che non sia la mera violenza di chi possiede in regime di monopolio strumenti di dominio - militari, economici, politici, giuridici - a danno di chi è stato sottomesso. Tale dominio è certamente relativo e tutta la storia, compresa l'attuale, è storia dei suoi stravolgimenti e delle lotte che li accompagnano.

La mia posizione è ovviamente diversa. 
Poiché le disuguaglianze sociali ed economiche poggiano su un originario fondamento biologico esse non sono eliminabili ma modificabili. Non ritengo perciò che la violenza, la forza siano il problema e la soluzione delle disuguaglianze socioeconomiche.
Dal punto di vista etico e politico ritengo che la riduzione delle disuguaglianze socioeconomiche vada comunque perseguita come obiettivo.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 15:43:30 PM
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 13:23:22 PM
Il modo in cui gli umani sono concepiti e i loro bisogni fisiologici danno ragione ai giusnaturalisti: tutti gli uomini nascono uguali.

Ciao Ipazia
Beh, ritengo bisogna andar cauti col dire: "hanno ragione i giusnaturalisti" (tutti gli uomini nascono uguali),
perchè il giusnaturalismo "storico" ha una ben precisa collocazione (come dicevo in risposta a Viator la radice
è stoica, poi è ripreso dalla filosofia anglosassone).
Giusnaturalista è anche la visione del diritto canonico, con l'eguaglianza originaria intesa come data dall'essere
creature, o figli, di Dio (un concetto che continua anche nel "laicismo" della filosofia anglosassone).
Insomma, visti gli esiti ritengo si debba prendere il giusnaturalismo con le molle...
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 16:01:31 PM
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 15:07:04 PM
Magari mi sbaglio, ma fra le righe di alcune considerazioni mi pare di veder aleggiare un fazioso assunto implicito, che condiziona il discorso senza che il discorso lo abbia messo in discussione (non me ne voglia Godel  ;) ): disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?



Ciao Phil
Almeno per quel che mi riguarda, vedi molto bene quando vedi "aleggiare" l'assunto: disuguaglianza sociale
significa oppressione...
Non necessariamente, ma in possibilità sì, senz'altro. Non che la diseguaglianza sia solo e sempre perniciosa;
lo è quando è eccessiva, come si sta delineando nella contemporaneità.
Ma in proposito occorre io faccia una precisazione.
Siamo stati tutti "reindirizzati" su questa discussione dalla mia "Spesa e debito pubblico", perchè l'esaurimento
delle tematiche tecniche ci aveva portato a parlare di capitalismo e massimi sistemi. In quella discussione io
sostenevo appunto l'irrazionalità della crescente "forbice" nella redistribuzione della ricchezza (ora non ricordo
le percentuali esatte, ma insomma un esiguo numero di persone possiede quel che possiedono miliardi di poveri).
Ricordo una bellissima massima di F.D.Roosevelt: "libertà è innanzitutto libertà dal bisogno", che dice
chiaramente come nell'eccesso di diseguaglianza non può che darsi oppressione...
saluti e auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 22:01:27 PM
@ox

Mi pareva fosse chiaro dove fossi d'accordo col giusnaturalismo: su ció che Phil dà per scontato,  ma che a livello ideologico e politico tanto scontato non è. Vedi ad esempio l'aborto selettivo.  Mentre, al contrario, é scontato che le diseguaglianze nei diritti sociali abbiano origine da sopraffazioni di qualche genere. Attendo esempi del contrario.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 22:25:11 PM
La proprietà privata e quindi la conseguente diseguaglianza tra ricchi e poveri, in effetti, non ha un fondamento naturale. La natura ha dato di per sé tutto a tutti, non ha messo steccati per dividere le proprietà: l'uomo, tuttavia, ad un certo punto ha deciso, per sancire un proprio potere sul territorio, di stabilire un confine tra ciò che è proprio e ciò che invece appartiene ad altri. Da qui la diseguaglianza, poiché chi riusciva, con lotte tribali, a sottomettere gli altri, aveva più terre (segno del controllo sul territorio) e quindi più potere, mentre i poveri erano coloro che non erano riusciti nell'intento di diventare i capi della tribù e non potevano far altro che obbedire. Ma tale operazione non è stata il frutto di istinti nobili, ma al contrario meschini, che di fatto trovano le radici nell'animalità dell'uomo, essere territoriale come tante specie animali che lottano per guidare il branco.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 24 Dicembre 2018, 22:50:01 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 24 Dicembre 2018, 16:01:31 PM
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 15:07:04 PM
disuguaglianza (sociale) significa necessariamente oppressione?
Almeno per quel che mi riguarda, vedi molto bene quando vedi "aleggiare" l'assunto: disuguaglianza sociale
significa oppressione...
Non necessariamente, ma in possibilità sì, senz'altro. Non che la diseguaglianza sia solo e sempre perniciosa;
lo è quando è eccessiva,
[corsivi miei] La questione che ponevo era proprio su quel «necessariamente»: distinguerei infatti fra la diseguaglianza come condizione necessaria ma non sufficiente per l'oppressione (ovvero la diseguaglianza funzionale al sistema non oppressivo) dalla diseguaglianza come risultato dell'oppressione (ovvero la diseguaglianza come fondamento dell'ordine oppressivo del sistema).

Anche le diseguaglianze andrebbero, a parer mio, contestualizzate: la diseguaglianza economica, in sé, non comporta sempre oppressione (che il mio Isee non sia quello di Berlusconi, di fatto, non mi opprime economicamente, ho persino agevolazioni per reddito che lui non ha  ;D ); parimenti, la disuguaglianza sociale in sé, non comporta sempre oppressione (che non abbia diritto a concorrere per un alloggio popolare o non goda di immunità parlamentare, non mi opprime socialmente perché è conseguenza, che trovo ragionevole, del mio status sociale, ovvero né indigente né parlamentare).

Ugualmente, l'«oppressione» andrebbe tematizzata adeguatamente, distinguendola in tutte le sue declinazioni; soprattutto considerando che la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per «oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui), la pressione fiscale (comprendente il pagare le tasse, che per alcuni sono opprimenti a priori), la soppressione di libertà che si consideravano inalienabili (come l'essere liberi di poter fumare ovunque) e la repressione di ciò che viene considerato inopportuno dalla maggioranza (per qualcuno è opprimente avere da rispettare regole sociali che non condivide, seppur approvate dalla maggioranza).
In fondo, l'incontrare una ob-pressione dipende da verso quale direzione si fa pressione... a ciascuno le sue impressioni (e "pressanti" auguri di buon Natale  :) ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 23:28:24 PM
Tematizziamo pure: l'iniquità di Berlusconi e un esodato senza redditi é trasparente. In un contesto di uguaglianza sociale non esisterebbe neppure.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 08:05:21 AM
Citazione di: Socrate78 il 24 Dicembre 2018, 22:25:11 PM
La natura ha dato di per sé tutto a tutti, non ha messo steccati per dividere le proprietà:

Ciao Socrate78, e BUON NATALE, in questi giorni è in atto un conflitto di possesso tra i miei gatti, a causa dell'immissione di una nuova arrivata, gestito anche con l'apposizione di residui liquidi in punti strategici. La natura non ha fatto steccati ma una buona percentuale di mammiferi marca il territorio, e lo difende. Possiamo essere d'accordo che la proprietà, intesa come stato di diritto imposto superiormente dallo stato è un artificio umano, ma l'istinto di possesso del territorio sul quale vivi quello no, e spesso le due cose entrano in conflitto, considera il caso della contestazione al TAP a Melendugno, e alla TAV in Val di Susa, entrambe fondate sul principio che "Sul NOSTRO territorio si fa quello che diciamo noi".
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 25 Dicembre 2018, 10:17:24 AM
Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 23:28:24 PM
Tematizziamo pure: l'iniquità di Berlusconi e un esodato senza redditi é trasparente.
Non decifro se intendi che quei due esempi sono una tematizzazione (un po' sintetica; esemplificare non è tematizzare  ;) ) oppure se mi inviti a tematizzare l'iniquità e l'assenza di redditi altrui (confesso: preferisco badare alla mia iniquità e gioire della mia iniqua presenza di reddito  ;D ).

Nel mio domandare, mi riferisco alla non necessità (logica ed empirica) di identificare sempre diseguaglianza e oppressione, senza negare l'evidenza che le due possano anche "collaborare" fra loro (come ho esplicitamente scritto sopra).

Citazione di: Ipazia il 24 Dicembre 2018, 23:28:24 PM
In un contesto di uguaglianza sociale non esisterebbe neppure.
Se si parla di «origine della diseguaglianza», l'utopia della "società giusta" senza iniqui né privi di reddito, è un tema filosofico letterario collaterale, che mi fa venire in mente lo scenario di un'oppressione congiunta fra un totalitarismo già visto e una distopica neuroprogrammazione di massa; così al volo, direi... no, grazie (ma potrei sempre cambiare idea).


P.s.
Auguri a tutti (una volta per tutte!  :) ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:19:15 AM
Citazione di: Phil il 24 Dicembre 2018, 22:50:01 PM
Anche le diseguaglianze andrebbero, a parer mio, contestualizzate: la diseguaglianza economica, in sé, non comporta sempre oppressione (che il mio Isee non sia quello di Berlusconi, di fatto, non mi opprime economicamente, ho persino agevolazioni per reddito che lui non ha  ;D ); parimenti, la disuguaglianza sociale in sé, non comporta sempre oppressione (che non abbia diritto a concorrere per un alloggio popolare o non goda di immunità parlamentare, non mi opprime socialmente perché è conseguenza, che trovo ragionevole, del mio status sociale, ovvero né indigente né parlamentare).

Ugualmente, l'«oppressione» andrebbe tematizzata adeguatamente,
Ciao Phil
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Non sfugga che oggi molti pensionati vivono con cifre da fame (ove tematizzando il termine "fame" si intenda
non poter certo comprare bistecche tutti i giorni). Non sfugga che molti rinuncino persino alle cure mediche.
Non sfugga che molti giovani hanno lavori precari, mal pagati e che MAI gli consentiranno di farsi una
pensione. Non sfugga che molti ultracinquantenni malandati come me saranno costretti a lavorare finchè
morte non sopraggiunga. Non sfuggano molte altre cose, ma finiamola qui.
No, non si tratta più di "percezioni": si tratta di condizioni oggettive.
Qual'è la "soluzione" (ammesso ve ne sia una)? La mia non è quella di Sgiombo o Ipazia (pur se il mio sentire
me li avvicina), cioè l'abolizione della proprietà privata. La mia è quella di Roosevelt e dei sostenitori
dello "stato": ristabilire almeno un minimo di "diritti sociali".
Un sentito augurio di Buon Natale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 10:25:56 AM
La differenza tra gatti e umani è che ogni gatto si deve conquistare il suo territorio e non lo eredita dai genitori. Il diritto naturale allinea i blocchi di partenza per ogni nuovo nato. L'alterazione di tale principio è valida finchè non legittima una violenza (di classe) maggiore di quella prevista dal diritto naturale. Patologia sociale su cui i giusnaturalisti puntarono giustamente il dito.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:30:01 AM
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 08:05:21 AM
Ciao Socrate78, e BUON NATALE, in questi giorni è in atto un conflitto di possesso tra i miei gatti, a causa dell'immissione di una nuova arrivata, gestito anche con l'apposizione di residui liquidi in punti strategici. La natura non ha fatto steccati ma una buona percentuale di mammiferi marca il territorio, e lo difende. Possiamo essere d'accordo che la proprietà, intesa come stato di diritto imposto superiormente dallo stato è un artificio umano, ma l'istinto di possesso del territorio sul quale vivi quello no, e spesso le due cose entrano in conflitto, considera il caso della contestazione al TAP a Melendugno, e alla TAV in Val di Susa, entrambe fondate sul principio che "Sul NOSTRO territorio si fa quello che diciamo noi".


Ciao Anthony
Questa volta, dopo tante diatribe, devo dire di essere d'accordo con te.
Felice di sentire, tra l'altro, che anche tu sei un amante dei gatti (io ne ho tre).
Buone feste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
Allora tematizziamo evitando di fare solo letteratura:

L'arbitrario può manifestarsi laddove il non-arbitrario, l'uguale, glielo consente.

1) L'uguale è lo stato di natura coi suoi bisogni certamente non arbitrari, ma neppure banali: aria salubre, cibo in quantità e qualità, tana confortevole, soddisfazione affettiva. Su questa base naturale si fondano il diritto alla vita, salute e affettività. Qui l'arbitrario non si dà (morte, fame, malattia, inaffettività ?). Oppure si dà ma come patologia sociale.

2) Su questo substrato antropologico si innestano diritti meta-naturali a garanzia di quelli naturali: istruzione, lavoro, sicurezza sociale. Anche qui credo che di arbitrario ci sia poco (analfabetismo, miseria, violenza ? Assenza, esclusione, no, off ?).

Questi due livelli completano il quadro gius/meta/naturalistico ove l'uguale (Presenza, inclusione, sì, on) definisce una struttura, un hardware, sempre upgradabile, in cui la società realizza lo spazio - paritario ai blocchi di partenza -  in cui si può muovere

3) la parte arbitraria, libera, dell'universo antropologico, l'inclinazione personale, il gusto. Articolati nella sfera professionale, artistica, erotica, alimentare, hobbistica, spirituale... Quanto più è ugualitario l'hardware sociale, tanto più è libero il software individuale. Quindi arbitrario sì, ma con giudizio. A priori, nel mezzo, e a posteriori.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:19:15 AM
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Il Von che hai citato confrontava epoche differenti, con buona pace delle peculiarità contestuali; nel mio piccolo, resto invece sull'attualità sincronica, ma non certo per negare l'innegabile disuguaglianza (l'esistenza di pensioni misere, di lavoratori precati, etc.), piuttosto per interrogare su fino a che punto essa sia funzionale e quando diventi invece oppressione: il pensionato povero è diseguale dai pensionati ricchi, ma è anche oppresso?
Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secodo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
1) L'uguale è lo stato di natura coi suoi bisogni certamente non arbitrari, ma neppure banali: aria salubre, cibo in quantità e qualità, tana confortevole, soddisfazione affettiva. Su questa base naturale si fondano il diritto alla vita, salute e affettività. Qui l'arbitrario non si dà (morte, fame, malattia, inaffettività ?). Oppure si dà ma come patologia sociale.
Secondo me l'arbitrario si dà proprio qui: il momento in cui il bisogno naturale viene convenzionalmente promosso a diritto sociale, coincide con il primo vagito dell'arbitrarietà (del diritto). La natura, per quel che ne so, non è fatta di diritti, ma solo di bisogni, istinti, vita/morte, causa/effetto, etc.

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
2) Su questo substrato antropologico si innestano diritti meta-naturali a garanzia di quelli naturali: istruzione, lavoro, sicurezza sociale. Anche qui credo che di arbitrario ci sia poco (analfabetismo, miseria, violenza ? Assenza, esclusione, no, off ?).
Senza arbitrarie convenzioni, il lavoro, la sicurezza sociale, etc. su cosa si fondano? Ad esempio, il denaro, le sovrastrutture varie, sono entità naturali?
Marx scuote la barba nella tomba  ;D

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 11:01:15 AM
3) la parte arbitraria, libera, dell'universo antropologico, l'inclinazione personale, il gusto. Articolati nella sfera professionale, artistica, erotica, alimentare, hobbistica, spirituale...
«Arbitrario» non significa solo «soggettivo», ma anche «deciso a prescindere dalla norma»; in questo caso, la norma della natura (che propone una generica uguaglianza biologica di partenza fra gli uomini), quindi lo intendo come «discrezionale», ciò che viene deciso dalla discrezione dell'uomo (proprio perché non risulta naturale).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: viator il 25 Dicembre 2018, 17:54:20 PM
Salve Ipazia. Certo. Potremmo cancellare il diritto ereditario. Si potrebbe anzi fare che ad ogni generazione il mondo rinasce depurato dalle istituzioni umane (che dal tuo punto di vista sono complessivamente inique) e riparte dalle "condizioni di natura".
Cioè realizzando la perfetta "reazione" e "conservazione", che la sinistra "progressita ed ugualitaria" certo apprezzerà.
Naturalmente tu obietterai che non è necessario un animalesco "ritorno alle origini". Ad ogni generazione il titolo di proprietà verrà restituito alla collettività la quale lo riassegnerà democraticamente ed egualitariamente ai "nuovi".
Purtroppo anche in questo caso saremmo di fronte alla conservazione (dell'inefficienza).
Tante proprietà più o meno identiche non farebbero che eternare costantemente il loro grado di efficienza. Sette miliardi di campicelli e casette sarebbero graziosi. Però i campicelli sarebbero meno efficienti per via delle economie "di scala" e della maggior fatica rischiesta nel coltivarli, le casette pure meno efficienti per quanto riguarda manutanzioni e servizi.

E allora collettivizziamo ! Stop. Argomento già separatamente trattato altrove e da troppi altri. Risaluti e riauguri.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
Citazione di: viator il 25 Dicembre 2018, 17:54:20 PM

E allora collettivizziamo ! Stop. Argomento già separatamente trattato altrove e da troppi altri. Risaluti e riauguri.


Certo collettiviziamo. La terra a chi (singolo o cooperativa) la coltiva e la sa far fruttare, ma in usufrutto, non in proprietà. Una abitazione potrebbe anche essere data in proprietà ereditaria in cambio di un tot di lavoro passato o futuro, ma l'intermediazione collettiva garantisce dagli strozzini (banche) e permette a tutti di avere la loro tana senza rischio di espropri. Dovuti per lo più ad una gestione irrazionale degli affari privati. Riducendo i quali si riduce anche la dissipazione delle ricchezze personali. Insomma le soluzioni sono le più svariate, senza dover appendere i propri destini al Capitale.

@phil

Abbiamo un concetto molto diverso di "arbitrario". I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo. In natura il branco difende e fornisce risorse di sopravvivenza ai suoi componenti e ai suoi piccoli indifesi. Si chiama diritto naturale e fonda archetipicamente anche il diritto umano. Piaccia o non piaccia a chi ha idiosincrasia per tutto ciò che sa di diritto. Ma se vogliamo fare letteratura o sofistica ...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM
MI suso per la lunghezza di questo intervento (malgrado i miei inauditi "sforzi di stringatezza"); chi si stufa (perché conosce già e meglio la concezione materialistica della storia o (temo in più numerosi casi) perché crede si tratti di elucubrazioni infondate, in qualsiasi momento può cestinarlo con un semplice "click" del mouse (sull' attenzione di almeno qualcuno, per esempio di Socrate78 ci conterei).

Secondo me (e come già evidenziato da Ipazia e da altri) il punto di partenza della diseguaglianza sociale (non ineluttabile e non necessariamente oppressiva, almeno in ultima analisi, in linea puramente teorica, di principio; cioè considerando la cosa molto astrattamente, prescindendo da tanti aspetti particolari e concreti della realtà) si identifica con il punto di passaggio dalla storia naturale alla storia umana, dalla natura alla cultura (o meglio: piuttosto che di "passaggio da a" si dovrebbe parlare di "sviluppo nell' ambito di", posto che la cultura in nessun modo può prescindere dalla natura, ignorarne o men che meno violarne le modalità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti; id est -non riesco a evitare di sottolinearlo- il determinismo).
Questo passaggio si deve secondo me soprattutto a quello che sono anticonformisticamente convinto sia stato un "artifizio", un fatto non meramente naturale ma peculiarmente culturale, ed anzi fondante la cultura, e cioè l' invenzione del linguaggio (che invece secondo le dominanti teorizzazioni chomskyane sarebbe una dotazione naturale, sorta nell' ambito dell' evoluzione biologica: costituirebbe le "fondamenta biologiche" della cultura, mentre per me si tratta già del "piano terreno dell' edificio", le cui fondamenta sarebbero costituite dal generico straordinario sviluppo naturale dell' "intelligenza", o capacità di elaborazione di informazioni, raggiunta nella nostra specie umana.
Come che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro; ovvero di produrre mezzi di sussistenza -riproduzione che eccedessero quelli necessari e sufficienti al mantenimento e alla riproduzione (biologica) stessa della specie (di fatto l' età neolitica con gli inizi dell' agricoltura, dell' allevamento e dell' artigianato volto innanzitutto alla realizzazione degli strumento di lavoro necessari all' agricoltura e all' allevamento stessi, diversi da quelli necessari alla caccia - raccolta, già da gran tempo realizzati anche da parte di specie di ominidi precedenti la nostra,).
Su questa base l' umanità si é potuta differenziare fra i potenti e privilegiati e i subordinati e oppressi.
I potenti privilegiati, ovvero i "padroni privati" dei mezzi di produzione fondamentali (non più collettivi), cioè coloro che disponevano del potere di controllarne l' uso, la gestione (potere che trasmettevano ereditariamente ai discendenti biologici o al limite a "successori adottivi"), che fossero innanzitutto "intellettuali" (preti, sciamani, stregoni, ecc.) dotati di mezzi di dominio soprattutto teorico e/o "militari" (guerrieri in grado di difendere e le comunità all' esterno, dall' aggressività delle altre comunità e di attaccare queste ultime per aumentare la disponibilità generale di plusprodotto da dividere, nonché in grado di imporre l' ordine sociale e la distribuzione diseguale del plusprodotto all' interno delle comunità stesse) potevano permettersi di mantenersi e riprodursi senza produrre col proprio lavoro i mezzi materiali a ciò necessari grazie all' eccesso di lavoro dei subordinati e oppressi che erano costretti a lavorare sia per sé, sia (di fatto soprattutto; quasi subito in misura larghissimamente prevalente) per i potenti e privilegiati.
Così la primitiva uniformità sociale naturale si trasformava nella divisione storica, culturale in classi contrapposte per funzioni sociali, interessi materiali, ecc.; soprattutto per la diversa possibilità di disporre dell' uso ("letteralmente la "padronanza") degli attrezzi necessari al lavoro produttivo, ovvero i mezzi di produzione.
Da allora la storia umana é iniziata come "ramo peculiare" della storia naturale ed é proseguita sostanzialmente come storia di lotte di classe.
I classici del materialismo storico distinguono nel suo ambito varie fasi caratterizzate da rapporti sociali di produzione (ovvero forme di proprietà dei mezzi di produzione) nelle quali si sviluppavano le forze produttive umane fino a una certa epoca nella quale "entravano in contraddizione" con i rapporti di produzione stessi: fasi rivoluzionarie che si risolvevano o con l' instaurazione rivoluzionaria di "superiori" rapporti di produzione adeguati a consentire l' ulteriore sviluppo delle forze produttive, oppure (Manifesto del 1847) con "la rovina comune delle classi in lotta"; seguita da una lenta ripresa dello sviluppo delle forze produttive con tute le conseguenze del caso
Tutto questo é almeno in parte discutibile e discusso, ed eviterei (anche per carenza di tempo e di spazio) di parlane dettagliatamente per giungere al presente, che mi sembra un momento della storia umana altrettanto fondamentale e "decisivo" di quello del suo inizio 10 000 anni fa o giù di lì (il momento della sua possibile fine e in alternativa di un suo possibile "salto di qualità" verso una ricomposizione ad un livello "superiore", propriamente "civile", dell' originaria "naturale" uguaglianza sociale).
In tutti questi diecimila anni la possibilità umana di modificare il mondo naturale (conoscendone, scientificamente, inevitabilmente rispettandone e applicandone intenzionalmente, nei limiti del possibile, le leggi del divenire naturale stesso) é stata talmente limitata da consentire di considerare "con buona approssimazione" illimitate le risorse naturali disponibili alla trasformazione, e dunque illimitato lo sviluppo quantitativo possibile delle forze produttive.
Da almeno mezzo secolo é però evidente che lo sviluppo delle conoscenze scientifiche ha potenziato le umane capacità trasformative della natura al punto che le risorse naturali impiegabili senza consumare irrimediabilmente le condizioni della sopravvivenza della specie umana (e di tantissime altre) appaiono con tutta evidenza nella (in quella che peraltro sempre oggettivamente era stata la) loro limitatezza.
A questo punto il superamento delle diseguaglianze sociali fra privilegiati oppressori e subordinati oppressi, ovvero fra padroni dei mezzi di produzione e padroni unicamente della loro capacità di lavorare e riprodursi ("proletari") non é più "questione di tempo"; non é "destinata ad accadere prima o poi".
L' attuale fase capitalistica monopolistica (o meglio oligopolistica) della divisione sociale in classi antagonistiche si basa su rapporti di produzione che ineludibilmente impongono la concorrenza fra unità produttive di beni e servizi ("imprese") nella ricerca del rispettivo massimo profitto individuale a breve termine e a qualsiasi costo (pena la fine della loro esistenza e la loro sostituzione da parte di altre analoghe imprese più "efficienti" nella produzione di profitto a breve termine e a qualunque costo); ma questo significa inevitabilmente "segare il ramo sul quale l' umanità é appollaiata", ovvero determinare "l' estinzione prematura e di sua propria mano" dell' umanità (Timpanaro).
A questo punto il presente "bivio" fra instaurazione rivoluzionaria di "superiori rapporti di produzione" appropriati all' ulteriore sviluppo delle forze produttive e "rovina comune delle classi i lotta" si configura di fatto come alternativa fra instaurazione rivoluzionaria di "superiori rapporti di produzione" e fine della storia umana (amputazione dall' "albero della storia naturale" del ramo costituito dalla storia umana): o per tempo si realizzeranno rapporti di produzione in grado di consentire (sulla necessaria ineludibile premessa della proprietà collettiva sociale dei mezzi di produzione: letteralmente una conditio sine qua non) una pianificazione di produzioni e consumi a lungo termine e che possa essere condotta con la necessaria prudenza nel calcolo -estremamente complesso e non risolvibile con certezza ma solo con probabilità- nel rispetto di limiti quantitativi tali da non distruggere irreparabilmente le condizioni fisico-chimiche e biologiche della sopravvivenza della nostra specie (oltre che di molte altre), oppure periremo come umanità "per nostra stessa mano".
Nel primo caso potrà aversi un indefinito ulteriore sviluppo qualitativo delle forze produttive, ovvero della civiltà, della storia umana; nel secondo la storia naturale (l' evoluzione biologica) proseguirà imperterrita, per quanto da noi gravemente mutilata e "selvaggiamente amputata", del tutto indifferente (quale sempre é "leopardianamente" stata) alla nostra misera e direi vergognosa sorte.

Come scrivevo in un precedente intervento in questa discussione, il Concetto marxista "classico" di "sviluppo delle forze produttive", fortemente caratterizzato in senso "quantitativo", a mio parere in seguito a ciò che nel XX secolo si é appreso circa i limiti inderogabili delle risorse naturali realisticamente (e non fantascientificamente o ideologicamente: ideologia scientista) disponibili al' umanità necessita di essere superato in senso piuttosto "qualitativo", analogamente a come, nelle scienze naturali, la relatività ha imposto il superamento della concezione "classica" newtoniana della gravità.

Ai Giobbe che hanno avuto la pazienza di seguirmi fin qui la mia riconoscenza.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM

Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secondo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 19:19:17 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM




Da allora la storia umana é iniziata come "ramo peculiare" della storia naturale ed é proseguita sostanzialmente come storia di lotte di classe.

Ciao sgiombo, capisco le tue pulsioni ideologiche ma non ti sembra di esagerare? Le società si strutturano in classi, ma ordinariamente le classi hanno funzioni specifiche che svolgono in equilibrio con le altre classi. A volte è vero che l'equilibrio si rompe, ma anche in questo caso certi rapporti funzionali vengono mantenuti. In particolare ogni società ha bisogno di classi dirigenti, per cui anche se il popolo vuol fare la rivoluzione, la farà guidato da coloro che poi diventeranno classe dirigente, e se non saranno in grado di esserlo allora povero quel popolo.
La gran parte dei conflitti che nascono nelle società non sono inquadrabili in una lotta di classe, ma sono legati a quello che accade all'interno delle stesse classi dirigenti, o al tentativo di chi tenta di diventare classe dirigente, e magari per diventarlo si inventa la lotta di classe.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 19:27:49 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM

Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secondo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.

Concordo.

E (prescindendo dalla storia concreta del "socialismo reale"; che aprirebbe un' altra enorme discussione su ciò che concretamente abbia costituito di più o meno equo, più o meno oppressivo, più o meno democratico, ecc.; cioé considerando la cosa in maniera del tutto astratta "per comodità di ragionamento", lasciando temporaneamente in sospeso le questioni complessissime del passaggio dall' astratto al concreto), solo rapporti di produzione fondati sulla proprietà collettiva sociale dei mezzi di produzione (secondo le celebri definizioni della Critica del programma di Gotha e di Stato e Rivoluzione, rapporti di produzione "socialisti"; e non: comunisti)  consente "blocchi di partenza sostanzialmente allineati" (fatta la tara di ovvi e umanamente inevitabili errori, "omissioni", imperfezioni, ecc.).
Soluzioni molto più parziali, o piuttosto "attenuazioni del problema" mi sembrano quelle "riformistiche" proposte da Oxdeadbeef, attuabili comunque nella misura in cui il potere economico e politico della classi possidenti venga per lo meno limitato dalla relativa forza politica di quelle proletarie (= non possidenti mezzi di produzione).

Ma richiamerei l' attenzione degli interlocutori sul fatto che, a parte le questioni della maggiore o minore giustizia sociale (importantissime, ma di fatto molto difformemente intese fra di noi), non mi sembra ragionevolmente dubitabile che il capitalismo, essendo fondato ineludibilmente sulla concorrenza fra unità produttive reciprocamente indipendenti nella ricerca del massimo profitto a breve termine e a qualsiasi costo, impone la produzione e il consumo illimitati di beni e servizi in un mondo realisticamente praticabile dall' uomo le cui risorse naturali (e la correlata disponibilità delle condizioni fisico - chimiche e biologiche necessarie alla spravvivenza umana) sono limitate.

Una conditio sine qua non di un loro utilizzo oculato, prudente, tale da salvaguardare la nostra specie (e molte altre) mi sembra sia costituito da una programmazione complessiva e a lungo termine delle produzioni e dei consumi, che solo la proprietà sociale, collettiva dei mezzi di produzione (oltre a consentire "blocchi di partenza ben allineati per tutti" nei limiti delle possibilità umane) renderebbe possibile (non certa, da sola).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 19:42:37 PM
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 19:19:17 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM




Da allora la storia umana é iniziata come "ramo peculiare" della storia naturale ed é proseguita sostanzialmente come storia di lotte di classe.

Ciao sgiombo, capisco le tue pulsioni ideologiche ma non ti sembra di esagerare? Le società si strutturano in classi, ma ordinariamente le classi hanno funzioni specifiche che svolgono in equilibrio con le altre classi. A volte è vero che l'equilibrio si rompe, ma anche in questo caso certi rapporti funzionali vengono mantenuti. In particolare ogni società ha bisogno di classi dirigenti, per cui anche se il popolo vuol fare la rivoluzione, la farà guidato da coloro che poi diventeranno classe dirigente, e se non saranno in grado di esserlo allora povero quel popolo.
La gran parte dei conflitti che nascono nelle società non sono inquadrabili in una lotta di classe, ma sono legati a quello che accade all'interno delle stesse classi dirigenti, o al tentativo di chi tenta di diventare classe dirigente, e magari per diventarlo si inventa la lotta di classe.

Il fatto é che secondo me, pur dandosi anche conflitti e contraddizioni non di classe, sono quelle classiste a determinare in sostanza l' evoluzione (e le rivoluzioni)  storica dell' umanità.

Secondo il materialismo storico, nelle fasi di "sviluppo ordinario" effettivamente le classi hanno funzioni specifiche che svolgono in sostanziale  equilibrio (comunque innegabilmente conflittuale: basta guardarsi intorno per accorgersene) con le altre classi.

Quando gli equilibri si rompono irrimediabilmente vengono ricomposti -in generale- in termini diversi (altrimenti non si sarebbero rotti irrimediabilmente).
Ma nulla vieta a priori, in particolare dopo la rivoluzione industriale e lo sviluppo del capitalismo,  che si ricompongano nel superamento della proprietà privata e della divisione della società in classi antagonistiche (certo, come per ogni e qualsiasi altra conquista umana, sociale e solitamente anche individuale, bisogna pagare dei prezzi; in generale e salvo errori od omissioni ben diversi per oppressi e oppressori!).
O meglio: potrebbe vietarlo il compimento dell' irreversibile deterioramento della condizioni fisico - chimiche biologiche della sopravvivenza umana cui sta portando il capitalismo (anche per la tendenza di molti, di fronte a questo problema enorme, agli scenari apocalittici che prepara, a mettere la testa sotto la terra come gli struzzi, anziché rimboccarsi le maniche e disporsi ad affrontare i necessari grossi sacrifici, anche per i non possidenti, anche per i non superprivilegiati).


P.S.: più che "pulsioni ideologiche" direi di avere convinzioni teoriche (più o meno fondate, discutibilissime, ovviamente).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 20:09:03 PM
Citazione di: anthonyi il 25 Dicembre 2018, 19:19:17 PM
La gran parte dei conflitti che nascono nelle società non sono inquadrabili in una lotta di classe, ma sono legati a quello che accade all'interno delle stesse classi dirigenti, o al tentativo di chi tenta di diventare classe dirigente, e magari per diventarlo si inventa la lotta di classe.

I conflitti epocali, che hanno cambiato la storia, sono legati a lotte di classe. La globalizzazione è la risposta di classe alle lotte operaie degli anni 70 che avevano ridistribuito i profitti a vantaggio delle classi subalterne. L'attacco al welfare state (privatizzazioni) e la distruzione delle garanzie del posto di lavoro sono atti espliciti di lotta di classe. Così come il movimento dei gilet gialli in Francia. Che all'interno della borghesia dominante si scatenino lotte intestine per arraffare il più possibile del malloppo è altrettanto vero. Oggi a vincere è la borghesia finanziaria. Sempre in pole position la produzione bellica. Arrembante la IT (Information Technology). Ultima sacca di bene comune bilionario da espropriare: sanità e previdenza, laddove non siano ancora state privatizzate: lotta di classe al calor bianco.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
In natura il branco difende e fornisce risorse di sopravvivenza ai suoi componenti e ai suoi piccoli indifesi. Si chiama diritto naturale
Credo si chiami piuttosto «istinto» (quasi il contrario del diritto); l'esemplare di lupo adulto non disserta su questioni di diritto, prima di agire in branco, così come la lupa non allatta i figli perché ritiene fermamente sia loro diritto essere nutriti. «Diritto naturale» è per me un ossimoro, che confonde biologia e cultura (antropomorfizzare le dinamiche naturali è sempre un gesto interpretativo, un ulteriore passo indietro dalla presunta "oggettività").

Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.
L'iniquità dipende dai «blocchi di partenza» della propria interpretazione del mondo (e ammetto di essere un po' allergico ai «sempre»  ;) ). Personalmente, mi limito al «no, grazie» allo scenario che l'abbandono di tale "iniquità" mi suggerisce («oppressione congiunta fra un totalitarismo già visto e una distopica neuroprogrammazione di massa»... spero comunque di sbagliarmi).

P.s.
Nessuna idiosincrasia verso il diritto (anzi, per fortuna che c'è!), tuttavia non me la sento di ossequiarlo fino a spacciarlo per «naturale»; accettare che non venga né dai numi né dalla natura, ma semplicemente da altri uomini, non mi imbarazza affatto.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
Phil. La relazione fra diritto naturale e diritto positivo non è così semplice. Accettare che venga da altri uomini è il primo passo, ma se gli altri uomini che possono fare le leggi, fanno leggi oppressive e disumane? Si può continuare ad applicarle? E se vengono disattese sulla base di quale principio possono essere disattese? Per questo motivo il diritto dovrà sempre fare i conti con una istanza esterna ad esso, diritto naturale o opinione pubblica o Grundnorm, o fondamenti costituzionali, o lineamenti filosofici o etico-religiosi o quant'altro. Per quanto questa relazione possa essere problematica e incerta, essa sola permette di non considerare il diritto positivo come sempre valido. Ovviamente senza fare l'errore contrario, e cioè credere in un diritto naturale, o meglio nella interpretazione di comodo del diritto naturale da parte di chi detiene il potere, come accaduto nel secolo scorso con i vari totalitarismi, che alternavano a proprio vantaggio, lo sviluppo del diritto positivo o del diritto naturale, variamente declinato come Volksrecht o diritto popolare.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 26 Dicembre 2018, 00:02:23 AM
Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
se gli altri uomini che possono fare le leggi, fanno leggi oppressive e disumane? Si può continuare ad applicarle?
Qui la mia opinione non conta; la storia insegna e dice di sì (fermo restando che si parla del «si può», non del «si deve»).

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
E se vengono disattese sulla base di quale principio possono essere disattese?
Sulla base di altri principi (giuridici o morali) e il fatto stesso che esistano altri principi, persino contraddittori ai principi che contrastano, dimostra l'arbitrarietà dei principi del diritto (a differenza di quelli della natura, né contraddittori né arbitrari).

Citazione di: Jacopus il 25 Dicembre 2018, 23:09:28 PM
Per questo motivo il diritto dovrà sempre fare i conti con una istanza esterna ad esso, diritto naturale o opinione pubblica o Grundnorm, o fondamenti costituzionali, o lineamenti filosofici o etico-religiosi o quant'altro.
Certo, e tale istanza esterna si è dimostrata storicamente mutevole, culturale, relativa... in una parola «arbitraria» (se fosse istanza assoluta, non essendo naturale, dovremmo riappellarci alla legge divina; tutta da dimostrare o, nel "migliore" dei casi, da interpretare e attualizzare... e, come la teologia vaticana dimostra, non è sempre impresa facile  ;) ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 26 Dicembre 2018, 08:49:47 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM
Secondo me (e come già evidenziato da Ipazia e da altri) il punto di partenza della diseguaglianza sociale (non ineluttabile e non necessariamente oppressiva, almeno in ultima analisi, in linea puramente teorica, di principio; cioè considerando la cosa molto astrattamente, prescindendo da tanti aspetti particolari e concreti della realtà) si identifica con il punto di passaggio dalla storia naturale alla storia umana, dalla natura alla cultura (o meglio: piuttosto che di "passaggio da a" si dovrebbe parlare di "sviluppo nell' ambito di", posto che la cultura in nessun modo può prescindere dalla natura, ignorarne o men che meno violarne le modalità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti; id est -non riesco a evitare di sottolinearlo- il determinismo).
Se cosi fosse, non ineluttabile, come spieghi le gerarchie del mondo animale? La diseguaglianza non pare proprio un elemento esclusivamente antropico, essa è presente anche  in natura non solamente tra i famosi animali sociali dove comunque è prominente? I ratti non sono animali prettamente sociali, eppure diversi studi di laboratorio hanno dimostrato come essi riescano a stabilire relazioni gerarchiche e come siano capaci di comportamenti "etici" all'interno di esse. Per esempio se un ratto molto grande e un ratto molto piccolo cominciano a giocare, il ratto grande avrà la meglio nel gioco, e il piccolo ad un certo punto stufo di perdere smetterà di giocare. Allora il ratto più grande incomincia a perdere di proposito pur di invogliare al gioco il piccolo, cioè agisce in termini di "riequilibrio gerarchico", facendo sano "populismo tra ratti". Purtuttavia le gerarchie e la "diseguaglianza" è visibile anche in animali ancora più lontani da noi, come i crostacei, rendendo difficile isolarla anche al solo mondo dei mammiferi. Se c'è qualcosa qui che è un artifizio antropico è l'eguaglianza, non la diseguaglianza gerarchica, essendo che è impossibile individuarla nel mondo animale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 09:16:02 AM
Citazione di: InVerno il 26 Dicembre 2018, 08:49:47 AM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PM
Secondo me (e come già evidenziato da Ipazia e da altri) il punto di partenza della diseguaglianza sociale (non ineluttabile e non necessariamente oppressiva, almeno in ultima analisi, in linea puramente teorica, di principio; cioè considerando la cosa molto astrattamente, prescindendo da tanti aspetti particolari e concreti della realtà) si identifica con il punto di passaggio dalla storia naturale alla storia umana, dalla natura alla cultura (o meglio: piuttosto che di "passaggio da a" si dovrebbe parlare di "sviluppo nell' ambito di", posto che la cultura in nessun modo può prescindere dalla natura, ignorarne o men che meno violarne le modalità del divenire ordinato secondo leggi universali e costanti; id est -non riesco a evitare di sottolinearlo- il determinismo).
Se cosi fosse, non ineluttabile, come spieghi le gerarchie del mondo animale? La diseguaglianza non pare proprio un elemento esclusivamente antropico, essa è presente anche  in natura non solamente tra i famosi animali sociali dove comunque è prominente? I ratti non sono animali prettamente sociali, eppure diversi studi di laboratorio hanno dimostrato come essi riescano a stabilire relazioni gerarchiche e come siano capaci di comportamenti "etici" all'interno di esse. Per esempio se un ratto molto grande e un ratto molto piccolo cominciano a giocare, il ratto grande avrà la meglio nel gioco, e il piccolo ad un certo punto stufo di perdere smetterà di giocare. Allora il ratto più grande incomincia a perdere di proposito pur di invogliare al gioco il piccolo, cioè agisce in termini di "riequilibrio gerarchico", facendo sano "populismo tra ratti". Purtuttavia le gerarchie e la "diseguaglianza" è visibile anche in animali ancora più lontani da noi, come i crostacei, rendendo difficile isolarla anche al solo mondo dei mammiferi. Se c'è qualcosa qui che è un artifizio antropico è l'eguaglianza, non la diseguaglianza gerarchica, essendo che è impossibile individuarla nel mondo animale.

Ma tutte queste disuguaglianze naturali si realizzano "a posteriori" a partire da "blocchi di partenza equamente allineati".

Il ratto più forte non nasce dominante a priori, non eredita questa funzione nel branco dal padre o dalla ben più certa madre, ma se la conquista a posteriori confrontandosi "lealmente", "secondo regole eque", e non "in una corsa ad handicap" (per nessuno) con gli altri ratti meno forti.
Che poi possa gestire "più o meno populisticamente (metafora per metafora, preferirei dire "democraticamente") il suo ruolo doi dominate conquistato "partendo da blocchi equi, bene allineati". mi sembra un altro discorso.
Non mi sembra che nessuno in questa discussione abbia negato le diseguaglianze in natura, ma casomai le diseguaglianze "da privilegi a priori", ovvero "nei blocchi di partenza".

MI sembra una ben misera deformazione caricaturale e fraintendimento innaturalistico dell' uguaglianza sociale (e in particolare del' uguaglianza nel socialismo e nel comunismo) identificarla, anziché con lo stato in cui la realizzazione umana di ciascuno é la condizione della realizzazione umana degli altri, un una ridicola uniformità conformistica.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 09:54:44 AM
Il relativismo etico pone sullo stesso piano il codice della strada con il fatto che senza cibo si muore. In ciò dimostra la sua incapacità di leggere, in nome della gerarchia naturalistica, la gerarchia dei valori imposti dalla dura lex naturale. Incapacità che non ritengo dovuta a carenze intellettuali, ma alla scelta ideologica di omologazione sociale propria di una koinè inumanizzante fondata sull'accumulazione capitalistica. Anche una razza di cannibali capisce la differenza tra alcuni diritti fondamentali inalienabili e le sue convenzioni. Il capitalismo, no, proprio perchè è inumano e deve rendere tutto convenzionale, anche la vita umana. Soprattutto la vita umana, perchè la sua non calcolabilità negherebbe alla radice l'universalismo valoriale preteso da, e necessario a, l'"etica" capitalistica. Questa sì totalmente arbitraria e convenzionale.

L'assoluto antropologico si regge sulla non calcolabilità del valore della vita umana. Su questo assoluto si fonda un'etica non relativistica che è totalmente immanente, umana, laica. A priori di ogni metafisica celeste. Cui toglie ogni dubbio metafisico convenzionalistico, arbitrario, il fatto oggettivo della morte individuale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 09:54:44 AM
Il relativismo etico pone sullo stesso piano il codice della strada con il fatto che senza cibo si muore. In ciò dimostra la sua incapacità di leggere, in nome della gerarchia naturalistica, la gerarchia dei valori imposti dalla dura lex naturale. Incapacità che non ritengo dovuta a carenze intellettuali, ma alla scelta ideologica di omologazione sociale propria di una koinè inumanizzante fondata sull'accumulazione capitalistica. Anche una razza di cannibali capisce la differenza tra alcuni diritti fondamentali inalienabili e le sue convenzioni. Il capitalismo, no, proprio perchè è inumano e deve rendere tutto convenzionale, anche la vita umana. Soprattutto la vita umana, perchè la sua non calcolabilità negherebbe alla radice l'universalismo valoriale preteso da, e necessario a, l'"etica" capitalistica. Questa sì totalmente arbitraria e convenzionale.

L'assoluto antropologico si regge sulla non calcolabilità del valore della vita umana. Su questo assoluto si fonda un'etica non relativistica che è totalmente immanente, umana, laica. A priori di ogni metafisica celeste. Cui toglie ogni dubbio metafisico convenzionalistico, arbitrario, il fatto oggettivo della morte individuale.


Piccola richiesta di chiarimenti (nel convinto accordo da parte mia ...di essere un rompiballe lo sapevo già).

"A priori" o "a prescindere" da ogni metafisica celeste (a me sembrerebbe un lapsus calami; o meglio "tastierae")?

Soprattutto non capisco la considerazione finale sulla morte (individuale, credo, rispetto al sopravvivervi della società umana) che supera ogni possibile dubbio metafisico convenzionalistico arbitrario circa l' etica umana).

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.

Grazie per l' attenzione e le auspicate spiegazioni.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 26 Dicembre 2018, 11:35:38 AM
Che relativismo etico e capitalismo vadano a braccetto mi sembra un a cosa ovvia, evidente ( se non si ha il famoso salame sugli occhi...). Infatti le società in cui il relativismo etico è dominante sono quelle a capitalismo più avanzato (direi più "sfrenato"...). Il benessere materiale consumistico ha bisogno di una dose via via maggiore di relativismo etico, ma mano che aumenta (ed infatti è più sviluppato nelle classi più agiate...), soprattutto per 'proteggere' la propria condizione di superiorità (nell'agiatezza...) dalla massa di persone i cui bisogni essenziali non sono certo "relativi". Se è 'relativo' che tutti quanti abbiano una vita decorosa e dignitosa posso stare 'relativamente' tranquillo nella mia posizione di superiorità...posso non vergognarmi del fatto di desiderare fino all'ingordigia...perché no?..Ogni tanto posso concedere l'illusione, funzionale al sistema, che qualcuno "ce la faccia" ad entrare nel cerchio di coloro che godono...magari una lotteria, una startup (concetto di 'scalabilità'...), ecc..Non serve 'cambiare il mondo' perché..."tutti ce la possono fare"!...
Il vuoto, lasciato dalla  caduta di un'etica pensata come 'immortale' è stato colmato dal denaro, la "nuova divinità" della civiltà dei consumi,e da delle divinità 'minori' ossia dal dio "Crescita Economica" e da quello chiamato "Sviluppo", che cozzano contro l'ideologia relativistica, confinata  nel campo della sessualità, di fatto.... L'elevazione dell'economia e della finanza a nuovi sistemi di valori universali ha però provocato aridità morale e sterilità culturale. E' importante solo ciò che è 'merce', includendo in questa anche il corpo e gli stati mentali che infatti si "vendono" anch'essi oggigiorno...L'importante è quindi solamente ciò che è 'utile' e soprattutto di un'utilità che produca denaro...questo ovviamente svilisce la relazione che cerca autenticità e la cultura; cose che permettono di sperimentare l'"Utilità dell'inutile"...La crisi attuale ha però messo in crisi anche questi nuovi 'dei', soprattutto tra i giovani disorientati e nelle masse sedotte dal dio denaro e subito da esso abbandonati ( e anche il dio Progresso non gode più di buona salute tra loro...). Questo disagio nei giovani apre la porta, più che al relativismo etico, ad un vero e proprio nichilismo esistenziale con tendenze autodistruttive; in presenza di un autentico "smarrimento" dovuto a mancanza di scopo e di direzione...
Stiamo entrando, a mio parere, con tutti e due i piedi in una società di "nichilismo passivo" (Massimo Donà), che afferma il declino dei 'valori' e la loro finitezza in quanto creazione umana, ma continua disperatamente a vivere sulla base di questi anche se percepiti come svuotati di ogni significato reale. Incapace, o sfiduciata e indifferente, nel proporne di nuovi...
Il rifugio nella fantasia e nell'irrazionale diventa inevitabile farmaco contro l'alienazione nichilistica (e quindi forte ascesa di tutte quelle forme di esperienze che entrano nella definizione di "neospiritualismo" e che, secondo me, attecchiranno sempre più in profondità...forse fino a diventare l'unica realistica speranza di 'cambiamento', seppur irrazionale...).
Namaste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Se la risposta è "sì" ?

Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
In natura il branco difende e fornisce risorse di sopravvivenza ai suoi componenti e ai suoi piccoli indifesi. Si chiama diritto naturale

Credo si chiami piuttosto «istinto» (quasi il contrario del diritto); l'esemplare di lupo adulto non disserta su questioni di diritto, prima di agire in branco, così come la lupa non allatta i figli perché ritiene fermamente sia loro diritto essere nutriti. «Diritto naturale» è per me un ossimoro, che confonde biologia e cultura (antropomorfizzare le dinamiche naturali è sempre un gesto interpretativo, un ulteriore passo indietro dalla presunta "oggettività").

Mi sovviene il sospetto che per "istinto" si spacci in certe correnti di pensiero quello che i pregiudizi meccanicistici nascondono. Laddove vi sono cure parentali e assetti sociali non vi è mero meccanicismo biologico.

Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:49:23 PM
Le diseguaglianze derivanti da scelte personali non sono di tipo oppressivo. Ma quelle derivanti da diseguaglianza dei fatidici blocchi di partenza sono sempre inique.
L'iniquità dipende dai «blocchi di partenza» della propria interpretazione del mondo (e ammetto di essere un po' allergico ai «sempre»  ;) ). Personalmente, mi limito al «no, grazie» allo scenario che l'abbandono di tale "iniquità" mi suggerisce («oppressione congiunta fra un totalitarismo già visto e una distopica neuroprogrammazione di massa»... spero comunque di sbagliarmi).

Per tal motivo cerco di ancorare i miei blocchi di partenza ideologici a solidi argomenti naturali che mi permettano di discriminare l'arbitrario dal necessario. Senza farmi condizionare troppo dalle imperfezioni dell'agire umano e dalla urticante eterogenesi dei fini, che va analizzata e corretta.

Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
P.s.
Nessuna idiosincrasia verso il diritto (anzi, per fortuna che c'è!), tuttavia non me la sento di ossequiarlo fino a spacciarlo per «naturale»; accettare che non venga né dai numi né dalla natura, ma semplicemente da altri uomini, non mi imbarazza affatto.

Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura per contrastare iperboli come il valore sub specie capitalis: se tutto è arbitrario lo è anche la vita di un umano. Ci tengo assai a non arrivare, come spesso è accaduto anche prima della teologia capitalistica, a questo. Certamente non arrivo a considerare diritto naturale il codice della strada. Anche se i suoi fondamenti lo sono (e da lì non si scappa): la tutela della vita umana e dei suoi beni materiali.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Piccola richiesta di chiarimenti (nel convinto accordo da parte mia ...di essere un rompiballe lo sapevo già).

"A priori" o "a prescindere" da ogni metafisica celeste (a me sembrerebbe un lapsus calami; o meglio "tastierae")?

Era in risposta alla tesi di phil che un'etica non relativistica potesse essere basata solo su una metafisica teistica

Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Soprattutto non capisco la considerazione finale sulla morte (individuale, credo, rispetto al sopravvivervi della società umana) che supera ogni possibile dubbio metafisico convenzionalistico arbitrario circa l' etica umana).

L'arco temporale della vita umana (individuale), la nostra vulnerabilità e mortalità, pone un fondamento assoluto al discorso etico capace di superare ogni convenzionalismo e arbitrio nello stabilire il valore, non calcolabile in termini quantitativi, della vita umana. Su ciò si basa ogni umanesimo, compreso quello marxista. Sul sopravvivere della società umana si pone l'unico correttivo al fondamento della vita individuale, ma è di tipo trascendentale, non arbitrario-convenzionale. E sempre incarnato nella natura umana e nella sua evoluzione valoriale.

Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.


FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: viator il 26 Dicembre 2018, 13:06:19 PM
Salve Sariputra. Condivido pienamente quanto hai presentato qui sopra alle ore 11 e rotti.

Ciascuna delle classi dominanti od aspiranti tali usa le armi del suo tempo.

Si è passati dalla clava alla spada alla suggestione fideistica alla tecnologia. Ora siamo alla comunicazione drogata. Saluti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 16:09:27 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 25 Dicembre 2018, 10:19:15 AM
Von Mises (o era Von Hayek?) diceva che l'operaio moderno vive fra lussi e comodità sconosciute al Faraone
d'Egitto...
Aveva ragione? Beh, sì e no; ritengo che il discorso inquadrato in questi termini sia semplicemente inquadrato
male. Come penso sia inquadrato male il tuo...
Il Von che hai citato confrontava epoche differenti, con buona pace delle peculiarità contestuali; nel mio piccolo, resto invece sull'attualità sincronica, ma non certo per negare l'innegabile disuguaglianza (l'esistenza di pensioni misere, di lavoratori precati, etc.), piuttosto per interrogare su fino a che punto essa sia funzionale e quando diventi invece oppressione: il pensionato povero è diseguale dai pensionati ricchi, ma è anche oppresso?
Si tratta di chiarire le categorie coinvolte e, secodo me (lo chiedo comunque ad altri), diseguaglianza e oppressione, pur essendo spesso ma non sempre correlate, non sono esattamente la medesima.


Ciao Phil
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Ti dicevo che a parer mio non si tratta di percezioni, ma di condizioni oggettive.
Il pensionato povero che deve centellinare gli spiccioli per la spesa alimentare e non può pagarsi le visite
mediche specialistiche non è in una condizione solo percettiva, ma anche oggettiva.
Questo pensionato non è solo "diseguale" al ricco finanziere (per dire), ma è anche oppresso (almeno ove
a tale termine dessimo questo significato: "http://www.treccani.it/vocabolario/oppressione/".
Lo è in quanto fortemente limitato nella sua libertà, esattamente come diceva Roosevelt: "libertà
è innanzitutto libertà dal bisogno".
saluti e auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 26 Dicembre 2018, 13:38:51 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Per risolvere l'apparente contrasto, la chiave di lettura sono quello «spesso» e quel «talvolta», che non valgono «sempre».
Talvolta oppressione e diseguaglianza vanno a braccetto, non sempre; spesso, si considera per oppressione ciò che non le è, ma non sempre (speravo gli esempi aiutassero...).
Cerc(av)o di lasciare il discorso aperto anche alle differenze presenti nel tema, soppresse le quali, ne deriva una lettura parziale e generalista; ridurre tutto a «si» e «no» oppure a «sempre» e «mai», non fa per la mia logica "debole"  :)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Citazione di: Phil il 25 Dicembre 2018, 22:53:27 PM
Citazione di: Ipazia il 25 Dicembre 2018, 18:32:07 PM
I diritti fondamentali non sono arbitrari perchè non sono negoziabili in quanto la loro alienazione comporta un danno irreversibile per l'individuo.
Intendi i bisogni primari? Se la risposta è «no», tale irreversibilità appartiene alla sfera del naturale oppure a quella sociale-culturale (quindi è inserita nelle convenzioni sociali che diamo ormai per inalienabili, ma restano, stando alla storia, convenzioni arbitrarie)?

Se la risposta è "sì" ?
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Mi sovviene il sospetto che per "istinto" si spacci in certe correnti di pensiero quello che i pregiudizi meccanicistici nascondono. Laddove vi sono cure parentali e assetti sociali non vi è mero meccanicismo biologico.
Certo, vi è anche un vincolante e lampante contesto culturale e sociale; che tuttavia distinguerei dal meccanicismo biologico (proprio perché, secondo me, natura e diritto sono parenti, ma non così stretti come può sembrare).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Per tal motivo cerco di ancorare i miei blocchi di partenza ideologici a solidi argomenti naturali che mi permettano di discriminare l'arbitrario dal necessario. Senza farmi condizionare troppo dalle imperfezioni dell'agire umano e dalla urticante eterogenesi dei fini, che va analizzata e corretta.
Non ne dubito; suggerivo solo una distinzione fra argomenti naturali e argomenti culturali (distizione di cui non ho certo la peternità): osservare la natura dell'uomo nel suo agire in società, significa osservarne sempre anche la cultura (ammetto che qui il «sempre» mi piace  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura
Mi concederai che così facendo non diventano naturali... il fatto stesso che vadano fissati nella natura, significa che non vengono raccolti da essa.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
contrastare iperboli come il valore sub specie capitalis: se tutto è arbitrario lo è anche la vita di un umano.
Preventivo colpo di pedale del freno: chi ha detto che «tutto è arbitrario»? Deve essere lo stesso burlone impostore che (oltre a scrivere i biglietti dei Baci Perugina) ha detto «il relativismo dice che tutto è relativo», condannando il relativismo ad essere la barzelletta di se stesso (e nemico giurato di tutti, dal Papa ai filosofi, dai forumisti agli "speleologi").
Il mio suggerimento era proprio di distinguere l'arbitrario dal naturale: la vita umana, la morte, i bisogni primari, etc. non sono arbitrari (devo essere davvero uno scrittore poco chiaro...).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM
Era in risposta alla tesi di phil che un'etica non relativistica potesse essere basata solo su una metafisica teistica
Non scommetterei di aver usato quel «solo»; comunque, anche il pensiero laico può di certo ipostatizzare i suoi assoluti (notato il paradosso?  ;) ); le ideologie sono infatti piene di valori "assoluti" e la storia umana è costellata di lotte fra tali "assoluti" (chiaramente sono "falsi assoluti" sempre quelli altrui... ironico, proprio come succede nelle religioni  ;) ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM

Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.


Benvenga il momento in cui i bisogni primari, reclamando la loro primogenitura, si fondono coi diritti in una miscela socialmente esplosiva.

Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 11:52:48 AM
Neppure io spaccio tutto il diritto per naturale. Ma ci tengo a fissare i paletti etici e giuridici nella natura
Mi concederai che così facendo non diventano naturali... il fatto stesso che vadano fissati nella natura, significa che non vengono raccolti da essa.

Ma significa che in essa, e non in qualche metafisico arbitrio, essi si radicano e, quindi, legittimano. Ammetto che il concetto "diritto naturale" può essere fuorviante, ma il ponte di passaggio tra bisogni primari e diritto è assai stretto per cui quei diritti (fondamentali, inalienalibili,...) sono in risonanza con la loro matrice naturale.

Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
... anche il pensiero laico può di certo ipostatizzare i suoi assoluti (notato il paradosso?  ;) ); le ideologie sono infatti piene di valori "assoluti" e la storia umana è costellata di lotte fra tali "assoluti" (chiaramente sono "falsi assoluti" sempre quelli altrui... ironico, proprio come succede nelle religioni  ;) ).

I paradossi sono tali se gli assoluti non vengono laicamente declinati nella loro contestualità. Radicando i diritti nei bisogni primari si crea una gerarchia trasparente di valori difficilmente confutabile. Anche coloro che uccidono la vita in nome di dio lo fanno in nome della vita, non certo della morte. Quindi, sì, resta sempre aperta la questione dei "falsi assoluti". Ma la si chiude solo trovando, con grande prudenza, quelli "veri", delimitando il contesto in cui possiamo ritenerli tali. Direi che la necessità è un'ottima pietra di paragone per questa ricerca, tale da escludere l'arbitrio.
.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 26 Dicembre 2018, 16:52:34 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 14:19:45 PM
Se è «si», mi spiazza un po' il fatto che li chiami «diritti» e non «bisogni primari»... l'incauta fusione politica / etologia può essere socialmente esplosiva.
Benvenga il momento in cui i bisogni primari, reclamando la loro primogenitura, si fondono coi diritti in una miscela socialmente esplosiva.
Non ho scritto che è la coppia bisogni-primari/diritti ad essere esplosiva, ma quella politica/etologia (alludevo all'eugenetica non al welfare). Il rapporto bisogni primari/diritti è di quelli che mi auspico  :)
Una società esplosa rischia di regredire ad un quasi stato di natura, cancellando proprio quei diritti che hanno innescato l'esplosione e lasciando solo gli incancellabili bisogni primari... proprio come per il nucleare: molta potenza in gioco, ma non sempre si produce energia benefica.

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Ma significa che in essa, e non in qualche metafisico arbitrio, essi si radicano e, quindi, legittimano. Ammetto che il concetto "diritto naturale" può essere fuorviante, ma il ponte di passaggio tra bisogni primari e diritto è assai stretto per cui quei diritti (fondamentali, inalienalibili,...) sono in risonanza con la loro matrice naturale.
Per me (ma ho capito che non concordi) i diritti, in quanto convenzionali e non naturali, non possono andare oltre il metafisico arbitrio (e quindi l'autolegittimazione camuffata da "natura"), che ogni ideologia conficca nello sterminato campo dell'Assoluto e della Verità (ed ecco spiegate guerre, terrorismo, etc.), con la stessa enfasi epocale e destinale con cui ogni nazione poteva conficcare fieramente la sua bandiera sulla luna (non sono sicuro sia ancora possibile  ;D ).

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Radicando i diritti nei bisogni primari si crea una gerarchia trasparente di valori difficilmente confutabile. [...] resta sempre aperta la questione dei "falsi assoluti". Ma la si chiude solo trovando, con grande prudenza, quelli "veri"
Sempre secondo me, «valori veri» e/o «assoluti veri» sono un altro non senso che mischia due piani teoretici (come «diritto naturale», «libero arbitrio» e, probabilmente altri modi di dire squisitamente metafisici e metaforici). Questione di vocabolari, come sempre  ;)

Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 15:39:41 PM
Direi che la necessità è un'ottima pietra di paragone per questa ricerca, tale da escludere l'arbitrio.
Sulla problematica della necessità (concetto molto "sdrucciolevole") individuale rapportata a quella collettiva ci si potrebbe riempire una biblioteca; se la usiamo come «pietra di paragone» non potremmo dunque che farlo in modo parziale e ideologico (e rieccoci al punto di partenza dei tanti assoluti che confliggono e si autolegittimano; historia docet).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Apeiron il 26 Dicembre 2018, 18:20:40 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM


Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 11:34:30 AM

Scocciatura più, scocciatura meno (comunque non per far dispetto a una "radicalfighetta", quale mai ti ho considerato), da che ci sono ti chiederei:
per sentito dire, da deliberato ignorante in materia, mi sembrerebbe che Nietzche neghi l' esistenza di qualsiasi etica immanente, (universalisticamente) umana, laica (mi sembra che distingua fra una in qualche modo "superiore" etica dei "signori", prepotenti, oppressori, privilegiati e una in qualche modo "inferiore" etica delle da lui disprezzatissime "plebi" biologicamente inferiori, giustamente e meritatamente sfruttate e oppresse (ma non vorrei avere sparato delle grosse cazzate).
Se é così, mi pare che almeno in questo tu non segua affatto il Friederich.2, ma ne sia anzi agli antipodi.


FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.

Ciao Ipazia,

ed è proprio questo il mio problema con Nietzsche. Dopo la 'morte dei valori' si ha il 'relativismo etico', che Nietzsche ha correttamente  (secondo me) considerato una forma di 'nichilismo' (dissento rispettosamente, per lo stesso motivo, anche dal 'relativismo debole' di Phil, che saluto ;) ...tale prospettiva mi sembra migliore di un relativismo più 'forte' alla Protagora, per capirsi). Tuttavia, la soluzione che lui ha proposto non è, secondo me, per nulla soddisfacente - anzi, volendo, è molto più problematica del problema che mirava a risolvere.
Infatti, dopo aver rigettato ogni forma di 'etica' (precedente alla sua), ha più o meno detto che l'unica 'etica' rimasta è, di fatto, la 'Legge della Savana' ereditando da Eraclito l'intuizione che il 'conflitto' è qualcosa di fondamentale nell'interazione tra le varie forme viventi (e anche da Darwin, visto che, di fatto, le specie lottano tra loro per la sopravvivenza - anche se, in realtà, Nietzsche (come Eraclito) è andato un po' oltre enfatizzando troppo l'aspetto 'conflittuale'. Non che questo non ci sia per Darwin e la Teoria dell'Evoluzione, ovviamente...ma il "darwinismo sociale" secondo me si basa su un travisamento della Teoria dell'Evoluzione nato da una tendenza a soffermarsi solo sull'aspetto 'di lotta' di tale teoria che pur essendo innegabile non è così importante come ritenevano tali pensatori).
Siccome il 'Conflitto' è qualcosa di molto 'naturale', Nietzsche ha pensato che dovesse applicarsi anche alle relazioni umane: i 'migliori' sono quelli che riescono ad 'affermarsi' con più forza. Tale deriva di Nietzsche però è ancora peggio del 'nichilismo' del relativismo etico (anche se, volendo, è una sua conseguenza) visto che un relativista può comunque scegliere di non 'assolutizzare' la 'Legge della Giungla' o il 'Conflitto' alle relazioni umane (ma può anche farlo - e qui sta tutta l'inadeguatezza del relativismo etico, ovvero pensare che, per esempio, va bene sia assolutizzare che non assolutizzare la 'Legge della Savana').

Riconosco la grandezza come filosofi di N. ed E.  ma detesto la loro 'glorificazione' del Conflitto seppur per motivazioni diverse* (confesso di avere un rapporto ambivalente con entrambi ma su questo aspetto li detesto), così come detesterei il pensiero di chi assume che l'etica umana dovrebbe essere equivalente alla 'Legge della Savana'. E, inoltre, il fatto per il relativismo non vi è una vera differenza tra lo scegliere come etica la 'Legge della Savana', il 'Conflitto' o quant'altro, ritengo erronea tale prospettiva (d'altronde, visto che secondo il relativismo la tendenza alla prevaricazione non può più essere davvero ritenuta ingiusta, mi pare chiaro che conoscendo la storia umana la diseguaglianza sociale non può essere evitabile in tale prospettiva ma anzi, che forse, può addirittura aumentare (d'altronde in tale prospettiva ognuno può (provare a) fare - o no - tutto quello che vuole)...).

*Per Eraclito, il Conflitto è 'la legge di Natura' (diceva "dobbiamo riconoscere che il conflitto è universale e che la giustizia è contesa" e che "il conflitto è padre e re di tutte le cose") per Nietzsche, invece, l''aspirazione ad affermarsi' (la cosiddetta volontà di potenza) era la 'vita stessa'.

Chiaramente, questa non è una critica rivolta a te ma era solo una riflessione su Nietzsche, il relativismo ecc che potrebbe interessarti (o non interessarti) e su cui potresti essere (o non essere) d'accordo  :)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 19:07:07 PM
Citazione di: Ipazia il 26 Dicembre 2018, 12:32:08 PM




L'arco temporale della vita umana (individuale), la nostra vulnerabilità e mortalità, pone un fondamento assoluto al discorso etico capace di superare ogni convenzionalismo e arbitrio nello stabilire il valore, non calcolabile in termini quantitativi, della vita umana. Su ciò si basa ogni umanesimo, compreso quello marxista. Sul sopravvivere della società umana si pone l'unico correttivo al fondamento della vita individuale, ma è di tipo trascendentale, non arbitrario-convenzionale. E sempre incarnato nella natura umana e nella sua evoluzione valoriale.
Citazione
Non comprendo.
Se non che la morte umana individuale é oggettivamente, reale e non certo qualcosa di convenzionale e arbitrario; dunque la perdita di una vita umana é qualcosa di incalcolabile quantitavamente (non é risarcibile in alcun modo, contrariamente a quanto pretenderebbe la "reificazione universale" -per così dire- capitalistica).
Nient' altro comprendo di queste parole (ma é tutto ciò che intendono dire o solo una piccola parte?).







FN è tutto il contrario di un relativista etico. Egli afferma il diritto assoluto degli aristoi (ἄριστοι) di prevalere sulla plebe. Su ciò fonda la sua etica aristocratica mischiando superiorità naturale, di sangue (con forte sfumatura sociodarwinistica), e intellettuale (philosophisch). La sua Umwertung è trasvalutazione, non negazione, dei valori. I suoi, contro quelli "degenerati" della morale degli schiavi che li trae dal mondo dietro il mondo. Mentre lui li tra(rreb)e dal mondo.
CitazioneMI sembra comunque si tratti di (pseudo-, per quanto mi riguarda) valori non compatibili con quella "etica non relativistica che è totalmente immanente, umana [da intendersi inevitabilmente come universalmente umana, mi sembra; non limitata agli uomini pretesi migliori (aristoi); altrimenti credo che dovrebbe essere "superumana"], laica di cui parli (e su cui concordo). 

Valori (transvalutati) comunque non "umani" ma dei soli "aristoi" e non affatto degli schiavi.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:44:12 PM
Citazione di: Phil il 26 Dicembre 2018, 13:38:51 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 13:14:42 PM
Mi sembra che in un precedente intervento tu abbia affermato: "la "sensibilità" dell'uomo (post)moderno in merito
è spesso piuttosto elevata, al punto che talvolta (e qui non mi riferisco ad utenti del forum) si scambiano per
«oppressione» la depressione (dovuta all'essere invidiosi del benessere altrui".
Perdonami ma trovo che le tue ultime affermazioni siano in netto contrasto con queste.
Per risolvere l'apparente contrasto, la chiave di lettura sono quello «spesso» e quel «talvolta», che non valgono «sempre».
Talvolta oppressione e diseguaglianza vanno a braccetto, non sempre; spesso, si considera per oppressione ciò che non le è, ma non sempre (speravo gli esempi aiutassero...).
Cerc(av)o di lasciare il discorso aperto anche alle differenze presenti nel tema, soppresse le quali, ne deriva una lettura parziale e generalista; ridurre tutto a «si» e «no» oppure a «sempre» e «mai», non fa per la mia logica "debole"  :)

Ciao Phil
Il contrasto fra le tue affermazioni che dicevo di rilevare riguarda proprio quella che chiami
"attualità sincronica".
In un intervento precedente affermavi la: "sensibilità dell'uomo post-moderno", mentre in quello successivo
dicevi, a proposito del "Von" (Mises o Hayek) da me citato, che egli confrontava epoche differenti ("nel mio
piccolo", dicevi, "resto invece sull'attualità sincronica").
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia. Sulla sostanza discorso (sul "talvolta" e sul "sempre") invece in linea
di massima concordo.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:57:10 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 26 Dicembre 2018, 21:21:43 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:44:12 PM
Insomma, non mi sembra che laddove si parli di "oppressione nell'uomo post-moderno" (quindi implicitamente
facendo un confronto con uomini di altre epoche), poi si possa dire di limitarsi alla attualità sincronica.
Ma è tutto sommato una quisquiglia.
Parlando dell'uomo «(post)moderno» non intendevo implicitamente confrontarlo agli uomini di altre epoche, ma solo evidenziare il suo stato attuale (siamo nella postmodernità); se sia molto o poco diverso dalle epoche precedenti, onestamente non lo so: la questione di tale confronto è di una trasversalità proibitiva per le mie esigue conoscenze, anche perché richiederebbe adattamenti di categorie e scale di giudizio piuttosto cervellotiche (e, detto fra noi, anche piuttosto sterili: la storia è maestra, ma non consolazione  :)  ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 26 Dicembre 2018, 20:57:10 PM
Citazione di: sgiombo il 25 Dicembre 2018, 18:42:33 PMCome che sia, questo passaggio, come aveva genialmente compreso Karl Marx, coincide (temporalmente e per così dire "ontologicamente") con l' acquisizione della capacità da parte delle primitive società naturali umane di erogare un pluslavoro;


Ciao Sgiombo
Dunque, mi par di capire tu faccia coincidere l'"invenzione" del linguaggio con l'acquisizione della capacità
di erogare un plusvalore (diciamo più precisamente che il momento di passaggio fra natura e cultura vede,
contemporaneamente, il sorgere del linguaggio e la capacità di creare plusvalore)?
Embè insomma, tesi ardita (quantomeno da approfondire adeguatamente).
Credo non sia individuabile in alcun modo un momento di passaggio fra natura e cultura, così come credo non
sia individuabile un momento di "invenzione del linguaggio".
Al contrario, credo invece che un momento che vede l'acquisizione della capacità di creare plusvalore sia
individuabile (seppur non certo con netti contorni).
Più che di plusvalore però parlerei di "accumulo", visto che il plusvalore così come teorizzato da Marx
ha un preciso significato.
saluti


Ciao, Mauro!

Non faccio coincidere quella che (anticonformisticamente) ritengo sia stata l' invenzione (culturale) del linguaggio (sulla base naturale di una generica sviluppatissima "intelligenza" umana) con la produzione, attraverso il lavoro umano, di un eccesso di mezzi di sostentamento e riproduzione: fra l' una e l' altro intercorrono decine di migliaia di anni.
Piuttosto intendo sottolineare l' importanza (non esclusiva: col mio amatissimo Frederich Engels attribuisco grande importanza anche alla "manualità" umana) dell' una nel realizzarsi (metacrono) dell' altra.

Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.; ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").

Io ho parlato genericamente di "plusprodotto" (nel senso di "eccesso relativamente al necessario-sufficiente" per campare e riprodursi), come base della divisione dell' umanità in classi sociali e della nascita della diseguaglianza culturale ("nei blocchi di partenza").
Pur non essendo un cultore particolarmente fine di Marx (confesso che, contrariamente ad esempio a Engels e a Lenin, certi suoi testi li ho trovati chiarissimi e immediatamente condivisibili ma altri alquanto difficili: di qui la mia cautela terminologica), non credo di averne tradito il pensiero.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 08:14:15 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM

Ciao, Mauro!



Ardita é certamente (sono sempre stato piuttosto spericolato, non solo in moto ma anche nel ragionare) la mia convinzione del carattere acquisito culturalmente e non biologicamente-evolutivamente (acquisito filogeneticamente, innato ontogeneticamente) del linguaggio (ne abbiamo anche parlato in una lontana discussione nel forum).
Citazione

Ho trovato la discussione nell quale abbiamo accennato alla questione della natura congenità o acquisita del linguaggio: é "Homo faber" del settembrte dell' anno socrso.

Per qualche eventuale masochista che volesse approfondire -e auspicabilmente criticare- le mie opinioni in proposito, le ho sviluppate qui:

https://www.riflessioni.it/lettereonline/linguaggio-istinto-naturale-o-artifizio-culturale.htm

Certamente fra natura e cultura, fra umano e non-umano non esistono confini netti e precisi (e dunque in termini etici é necessario un prudenziale "eccesso di cautela": aborto non oltre il terzo mese, "staccamento delle spine" non prima di qualche anno di coma, salvo devastanti distruzioni cerebrali documentate dalla TC o dell' RM, ecc.;
Citazione
Prima che la Ipa mi bacchetti come cattocomunista mi affetto ad aggiungere che nell' "ecc." é compreso anche:

E salvo auspicabilissime disposizioni preventive del diretto interessarìto (testamentio biologico).

ovvero necessità di permettere di interrompere una vita essendo sicuri di essere certamente un po' oltre l' assenza di umanità e non nel pur minimo dubbio che si potrebbe essere "al di qua del vago e inconoscibile confine" fra umanità e non-umanità).
Non si può stabilire un momento preciso in cui é iniziata la storia umana come sviluppo della storia naturale esattamente come Non si può stabilire un momento preciso in cui un feto (o quasi sicuramente un neonato di almeno alcuni mesi; ma per l' esigenza di prudenza di cui sopra nessuno oggi ammetterebbe l' infanticidio; almeno che io sappia) é autocosciente o in cui un organismo umano é in coma irreversibile (salvo evidenti "devastazioni anatomopatologiche").
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
@apeiron

Concordo con entrambi i punti da te sottolineati. FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista. Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 08:47:23 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
 FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista.
Citazione
Ma la visione di FN mi sembra con tutta evidenza essa stessa una delle più estremisticamente classiste in circolazione.

E comunque "assolutismo etico" per "assolutismo etico", quello del "nostro" (anzi, tutto tuo) personalmente lo trovo ben peggiore di per lo meno quasi tutti quelli che critica (ovviamente  questa é una convinzione indimostrabile dal momento che i doveri e più in generale i valori etici si avvertono, non si dimostrano).



Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)
Citazione
Su questo non posso che concordare (il "giusto mezzo" mi sembra il materialismo storico).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 27 Dicembre 2018, 09:36:58 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 09:16:02 AM
Ma tutte queste disuguaglianze naturali si realizzano "a posteriori" a partire da "blocchi di partenza equamente allineati".
Ma non è vero, a parte il fatto che il ratto di cui stiamo parlando è stato cresciuto dal ricercatore con il preciso scopo di essere più grande di un altro, e quindi partiva decisamente da un blocco di partenza avvantaggiato (addirittura se fosse stato più piccolo non avrebbe partecipato all'esperimento). Ma il punto non è nemmeno questo, questo tipo di esperimenti servono per dimostrare che esistono meccanismi neurolobiologici antichissimi (se anche i crostacei li possiedono) che fanno si che gli animali siani "equipaggiati" per avere a che fare con la diseguaglianza, e per avere laute ricompense (in serotonina e altro) se scalano le gerarchie. Ma lasciando perdere gli animali "gregari" su cui il vantaggio di partenza è piuttosto casuale (ma comunque presente), per tutti gli animali socialmente organizzati il vantaggio di partenza esiste ed è gigantesco. Oppure vorresti negare che un ape nata in alveare vicino ad un fiorista, sta allo stesso blocco di partenza, di un ape cresciuta in un alveare ai confini del deserto ? Questa eguaglianza che vedi a mio avviso è solamente una semplificazione, più guardi il mondo animale nel dettaglio, più noterai che nessuno parte a blocchi di partenza allineati, a partire dal corredo genetico e da altre caratteristiche non manipolabili dall'animale, fino all'organizzazione sociale, che serve proprio per interagire coi blocchi di partenza. Finchè gli homo hanno avuto terre vergini e un impatto antropico limitato la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito del territorio, quando gli homo hanno conquistato il territorio, la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito di altri homo, ma sempre a sopravvivere è servita. L'idea che la diseguaglianza sia un semplice strumento di sopraffazione non è molto meglio dal pensare che l'eguaglianza equivalga il conformismo.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 09:42:07 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 08:47:23 AM

E comunque "assolutismo etico" per "assolutismo etico", quello del "nostro" (anzi, tutto tuo) personalmente lo trovo ben peggiore di per lo meno quasi tutti quelli che critica (ovviamente  questa é una convinzione indimostrabile dal momento che i doveri e più in generale i valori etici si avvertono, non si dimostrano).

Se i valori etici ci si limita ad avvertirli si cade inesorabilmente nella palude del relativismo etico o della voce della coscienza. I valori etici, come ogni valore, si postulano e tanto più il postulato è credibile quanto più solidi sono i suoi fondamenti. Cosa che si può, e deve, anche dimostrare. Io non trovo peggiore il "mio" in quanto ne riconosco, contrariamente ai sepolcri imbiancati che critica, l'onestà intellettuale dell'avversario veridico. Rispetto al quale adotto un atteggiamento della sapienza orientale:

Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 3 Attacco strategico

31. Perciò dico: "Conosci il nemico come conosci te stesso. Se fari così, anche
in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo".

32. Se non conosce il nemico, ma conosci soltanto te stesso, le tue possibilità
di vittoria saranno pari alle tue possibilità di sconfitta.

33. Se non conosci te stesso, né conosci il tuo nemico, sii certo che ogni
battaglia sarà per te fonte di pericolo gravissimo.

Col valore aggiunto:

Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 2 Preparazione della guerra

10. Il generale esperto si equipaggia in patria ma si approvvigiona a spese
del nemico. Così l'esercito non manca mai di cibo

Il "nemico" FN, nella sua sottile veridicità, di "cibo" ne offre a volontà. E non richiede neppure cotture troppo elaborate per essere usato contro il mondo dei signori da lui disvelato. L'unica accortezza è capire che di esso fa parte anche la morale degli schiavi, su cui c'è molto da riflettere anche in casa "nostra"
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 09:53:47 AM
Citazione di: InVerno il 27 Dicembre 2018, 09:36:58 AM
Finchè gli homo hanno avuto terre vergini e un impatto antropico limitato la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito del territorio, quando gli homo hanno conquistato il territorio, la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito di altri homo, ma sempre a sopravvivere è servita. L'idea che la diseguaglianza sia un semplice strumento di sopraffazione non è molto meglio dal pensare che l'eguaglianza equivalga il conformismo.

L'uguaglianza va contestualizzata all'interno della comunità, non tra comunità diverse. Essa è strumento di coesione e forza sociale, quindi sopravvivenza, assai più del conflitto sociale, che porta a decadenza e assimilazione. Percio è un obiettivo imprescindibile anche per la classe dominante, pur nella sua evidente falsità, come dimostra la retorica farlocca strombazzata urbi et orbi: "siamo tutti sulla stessa barca".
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 27 Dicembre 2018, 10:12:43 AM
cit.Ipazia: Il generale esperto si equipaggia in patria ma si approvvigiona a spese
del nemico. Così l'esercito non manca mai di cibo (Sun Tzu)

Il povero Sun Tzu sarebbe andato incontro ad una memorabile sconfitta con questa strategia. Infatti , già  nel 514 a.C., gli Sciti utilizzarono la tattica della "terra bruciata" contro il re Dario il grande di Persia. Gli Sciti, di fronte all'avanzata del temibile e più attrezzato esercito invasore, preferirono ritirarsi nelle steppe, distruggendo le fonti di cibo e avvelenando i pozzi d'acqua. Come risultato, Dario fu costretto a cessare l'invasione e ad ammettere la sconfitta, quando una gran parte delle sue truppe morì di fame e disidratazione.
In epoca moderna la tattica della "terra bruciata" fu utilizzata dai Russi prima contro l'esercito svedese di Carlo XII nella campagna di Poltava e successivamente contro le armate francesi di Napoleone durante la campagna di Russia del 1812. Fu anche utilizzata durante la Seconda Guerra Mondiale da tedeschi e sovietici, per esempio i Russi usarono la tecnica durante l'attacco di Hitler nel 1941 (Operazione Barbarossa) e successivamente il Gruppo d'Armate Sud tedesco la usò per frenare la controffensiva russa dopo la battaglia di Stalingrado nel '43...
Namaste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 27 Dicembre 2018, 12:48:45 PM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 21:34:02 PM

Io ho parlato genericamente di "plusprodotto" (nel senso di "eccesso relativamente al necessario-sufficiente" per campare e riprodursi), come base della divisione dell' umanità in classi sociali e della nascita della diseguaglianza culturale ("nei blocchi di partenza").

Ciao Sgiombo
Beh, naturalmente il linguaggio ha grande importanza nella formazione di un'economia "capitalistica" (nel
senso più largo di questo termine). E viceversa (in doppio senso di circolazione, insomma...).
Piuttosto io vedo un primo embrione di diseguaglianza (sociale) non tanto nella divisione del lavoro quanto
nell'accumulo.
Ammesso, e non concesso, che una volta scoperta l'origine questo serva a qualcosa di concreto, quando è
cominciato l'accumulo? Probabilmente prima della cosiddetta "rivoluzione agricola", con le tecniche di
conservazione del cibo.
Certo, in quella fase non si è ancora alla "classe" marxiananamente intesa (per vederla bisognerà appunto
aspettare la rivoluzione agricola), ma si è probabilmente già nell'ambito del "patrimonio familiare" (che
del capitalismo e della diseguaglianza sociale è pilastro come quanto la "classe").
saluti e auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 27 Dicembre 2018, 12:53:56 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
Il relativismo etico si fonda sul nulla
Se la constatazione storiografica e l'antropologia (culturale-medica-filosofica) sono «nulla», forse «non conosci il tuo nemico» (e te lo segnalo in amicizia  :) ).

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica.
Per quanto, a parer mio, il concetto di «evoluzione etica» abbia una "massa teoretica" così densa (per implosione?) che meriterebbe un topic a parte.

P.s.
Ricambio i saluti ad Apeiron  ;)


@Sariputra
Aggiungo che come sviluppo dei principi di Sun Tzu (e del suo erede Sun Pin), nel XV secolo in Cina vennero redatte anche le apposite contromisure (ma non solo): le cosiddette «Cento strategie non ortodosse» (Baizhan qilue; consiglio il libro).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:11:00 PM
Citazione di: InVerno il 27 Dicembre 2018, 09:36:58 AM
Citazione di: sgiombo il 26 Dicembre 2018, 09:16:02 AM
Ma tutte queste disuguaglianze naturali si realizzano "a posteriori" a partire da "blocchi di partenza equamente allineati".
Ma non è vero, a parte il fatto che il ratto di cui stiamo parlando è stato cresciuto dal ricercatore con il preciso scopo di essere più grande di un altro, e quindi partiva decisamente da un blocco di partenza avvantaggiato (addirittura se fosse stato più piccolo non avrebbe partecipato all'esperimento). Ma il punto non è nemmeno questo, questo tipo di esperimenti servono per dimostrare che esistono meccanismi neurolobiologici antichissimi (se anche i crostacei li possiedono) che fanno si che gli animali siani "equipaggiati" per avere a che fare con la diseguaglianza, e per avere laute ricompense (in serotonina e altro) se scalano le gerarchie. Ma lasciando perdere gli animali "gregari" su cui il vantaggio di partenza è piuttosto casuale (ma comunque presente), per tutti gli animali socialmente organizzati il vantaggio di partenza esiste ed è gigantesco. Oppure vorresti negare che un ape nata in alveare vicino ad un fiorista, sta allo stesso blocco di partenza, di un ape cresciuta in un alveare ai confini del deserto ? Questa eguaglianza che vedi a mio avviso è solamente una semplificazione, più guardi il mondo animale nel dettaglio, più noterai che nessuno parte a blocchi di partenza allineati, a partire dal corredo genetico e da altre caratteristiche non manipolabili dall'animale, fino all'organizzazione sociale, che serve proprio per interagire coi blocchi di partenza. Finchè gli homo hanno avuto terre vergini e un impatto antropico limitato la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito del territorio, quando gli homo hanno conquistato il territorio, la diseguaglianza è servita a sopravvivere a scapito di altri homo, ma sempre a sopravvivere è servita. L'idea che la diseguaglianza sia un semplice strumento di sopraffazione non è molto meglio dal pensare che l'eguaglianza equivalga il conformismo.

Beh, se tratti di selezione artificiale da parte di un allevatore, allora con tutta evidenza esuli dal naturale: é l' arbitrio dell' allevatore e non la natura ad avvantaggiare certi ratti rispetto a certi altri.
 
Negli altri animali non esiste nessun "vantaggio di partenza" per nessuno che sia ereditato dai padri (solitamente assai incerti; ancor più che nell' uomo prima del "test del DNA: ognuno compete -là dove c' é e nella misura in cui c' é competizione interspecifica- "lealmente ad armi pari" senza alcun handicap e nessun privilegio (lì veramente vale il motto "vinca il migliore!", contariamente che nelle società umane classiste, dove é piuttosto eccezionale che non vinca il più ricco (e comunque la corsa é caratterizzata da molteplici, spesso gravissimi, handicap per taluni, privilegi per talaltri).
 
L' ape che vive presso il fiorista non compete affatto con quella del deserto, ma ciascuna delle due compete del tutto "lealmente ad armi pari" con le proprie vicine.
 
Il corredo genetico é la "virtù" propria, il "talento" di ciascun animale, che otterrà risultati "giustamente" in base ad essa (oltre che all' inevitabile "fattore K"; ovviamente non come komunista, ma come kulo); invece nell' umanità (tanto più oggi, dopo il crollo del muro di Berlino, e non a caso, tra costosissime tasse universitarie, costi degli alloggi e dei libri di testo, ecc., ecc., ecc.) la possibilità ad esempio di laurearsi non mi dirai che dipende prevalentemente dalle doti intellettuali, dal talento piuttosto che dalla classe sociale di appartenenza!
Peraltro il "talento" nell' uomo infinitamente più che dal genoma dipende dalla prime esperienze "evidentemente formative e apparentemente non tali" infantili e giovanili; dove peraltro i privilegi di classe si fanno ulteriormente sentire pesantemente).
 
Nell' uomo la diseguaglianza sociale é servita e serve a vivere più o meno iniquamente (e non é stata non é affatto indispensabile alla vita e allo sviluppo della produzione di ricchezza materiale e culturale).
 
Come dicevo nell' intervento extra large, in determinate fasi storiche le diseguaglianze sociali sono più, in altre meno strumento di sopraffazione.
Che l' uguaglianza sociale equivalga al conformismo non l' ho mai pensato. Anzi é la necessaria premessa per il migliore sviluppo personale possibile di ciascuno nel rispetto dello sviluppo di ciascun altro.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:37:10 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 09:42:07 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 08:47:23 AM

E comunque "assolutismo etico" per "assolutismo etico", quello del "nostro" (anzi, tutto tuo) personalmente lo trovo ben peggiore di per lo meno quasi tutti quelli che critica (ovviamente  questa é una convinzione indimostrabile dal momento che i doveri e più in generale i valori etici si avvertono, non si dimostrano).

Se i valori etici ci si limita ad avvertirli si cade inesorabilmente nella palude del relativismo etico o della voce della coscienza. I valori etici, come ogni valore, si postulano e tanto più il postulato è credibile quanto più solidi sono i suoi fondamenti. Cosa che si può, e deve, anche dimostrare. Io non trovo peggiore il "mio" in quanto ne riconosco, contrariamente ai sepolcri imbiancati che critica, l'onestà intellettuale dell'avversario veridico. Rispetto al quale adotto un atteggiamento della sapienza orientale:
Citazione
Come si postulano, se non in quanto avvertiti interiormente come tendenze comportamentali, pulsioni etologiche ad agire e a valutare le azioni proprie e altrui?
Quali altri più solidi fondamenti potrebbero avere?
NOn si postulano certo lanciando monete o dadi, né perché si leggono su qualche "Tavola della legge" o affini.
Si può dimostrare empiricamente a posteriori che esistono di fatto tali tendenze comportamentali (in una certa misura universalmente umane, in altra socialmente condizionate) e lo si può spiegare naturalisticamente con la selezione naturale e l' evoluzione biologica (correttamente intesa "a la Gould").
Ma, come ha rilevato il solito grandissimo David Hume, non si può dimostrare il "dover essere" dall' "essere".

Io del tuo rilevo l' irrazionalismo e l' insopportabile (per me) esaltazione dell' ingiustizia e del privilegio al massimo grado: mi sembra la prima "eccelsa" espressione sovrastrutturale dello strutturale passaggio del capitalismo dalla sua fase progressiva a quella reazionaria in crescente "stato di putrefazione".
e









Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 3 Attacco strategico

31. Perciò dico: "Conosci il nemico come conosci te stesso. Se fari così, anche
in mezzo a cento battaglie non ti troverai mai in pericolo".

32. Se non conosce il nemico, ma conosci soltanto te stesso, le tue possibilità
di vittoria saranno pari alle tue possibilità di sconfitta.

33. Se non conosci te stesso, né conosci il tuo nemico, sii certo che ogni
battaglia sarà per te fonte di pericolo gravissimo.
CitazioneSGIOMBO:
Certo.
A me sembra di conoscerlo quel che basta, dati i miei limiti e i miei doveri di modesto combattente per il progresso e il comunismo (anche se é giusto che fra noi ci sia chi si prende la briga -e ed ha lo stomaco- per conoscerlo approfonditamente; per esempio ne ho letto qualcosa da Lukacs e da Losurdo).








Col valore aggiunto:

Citazione di: Sun Tzu (Sunzi), L'arte della guerra - cap 2 Preparazione della guerra

10. Il generale esperto si equipaggia in patria ma si approvvigiona a spese
del nemico. Così l'esercito non manca mai di cibo

Il "nemico" FN, nella sua sottile veridicità, di "cibo" ne offre a volontà. E non richiede neppure cotture troppo elaborate per essere usato contro il mondo dei signori da lui disvelato. L'unica accortezza è capire che di esso fa parte anche la morale degli schiavi, su cui c'è molto da riflettere anche in casa "nostra"
CitazioneRilevo che Sun Tzu, contrariamente a te, non usa le virgolette.

E anche per me il Friederch.2 é uno dei peggiori nemici ideologici senza se e senza ma.
E preferisco ben altro cibo intellettuale (e non essendo un ipocrita e non facendomi scrupoli politicamente corretti -non sono un sepolcro imbiancato, per usare le tue parole: credo proprio di essere personalmente al di là della sua critica- ne parlo senza "usare i guanti").
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 18:02:01 PM
Citazione di: Phil il 27 Dicembre 2018, 12:53:56 PM
Se la constatazione storiografica e l'antropologia (culturale-medica-filosofica) sono «nulla», forse «non conosci il tuo nemico» (e te lo segnalo in amicizia  :) ).

Storia e antropologia non sono nulla. Nulla è la lezione che il relativismo etico ne può trarre vista la sua canonica neutralità tra una comunità di bellicosi cannibali e una di pacifici agricoltori.

@Sariputra

Il cibo ideologico non si può bruciare.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 18:12:44 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:37:10 PM

Come si postulano [i valori etici], se non in quanto avvertiti interiormente come tendenze comportamentali, pulsioni etologiche ad agire e a valutare le azioni proprie e altrui?
Quali altri più solidi fondamenti potrebbero avere?

Le condizioni materiali. Non ti ha insegnato nulla Marx ? :-\ Struttura e sovrastruttura

Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:37:10 PM
A me sembra di conoscerlo quel che basta [FN], dati i miei limiti e i miei doveri di modesto combattente per il progresso e il comunismo (anche se é giusto che fra noi ci sia chi si prende la briga -e ed ha lo stomaco- per conoscerlo approfonditamente; per esempio ne ho letto qualcosa da Lukacs e da Losurdo).

Lo conosci così bene da non aver capito il mio riferimento ai sepolcri imbiancati ! Non sei tu; sono i preti.








Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 18:57:57 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 18:12:44 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:37:10 PM

Come si postulano , se non in quanto avvertiti interiormente come tendenze comportamentali, pulsioni etologiche ad agire e a valutare le azioni proprie e altrui?
Quali altri più solidi fondamenti potrebbero avere?


Le condizioni materiali. Non ti ha insegnato nulla Marx ? :-\ Struttura e sovrastruttura

Citazione
Marx mi ha insegnato (fra l' altro) che la struttura economica della società condiziona in ultima analisi le sovrastrutture, compresa l' etica, in particolare per quel tanto che ha di transeunte e socialmente condizionato (non in quanto ha di universalmente umano; che, a dire il vero, non sono del tutto sicuro che il Moro ammetta, ma che mi sembra indubbio ammettiamo sia io che te, contro il relativismo).
Ma non mi ha dimostrato -é impossibile! (Hume)- quali siano i postulati etici da assumere (infatti irrazionalmente si avvertono).

Perché invece tu da Marx ricavi forse la dimostrazione di questi postulati dell' etica (universalmente umana; contro il relativismo; ma anche contro l' "assolutismo disegualitario" di FN) che affermi contro il relativismo ? ! ? ! ? !







Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 15:37:10 PM
A me sembra di conoscerlo quel che basta [FN], dati i miei limiti e i miei doveri di modesto combattente per il progresso e il comunismo (anche se é giusto che fra noi ci sia chi si prende la briga -e ed ha lo stomaco- per conoscerlo approfonditamente; per esempio ne ho letto qualcosa da Lukacs e da Losurdo).

Lo conosci così bene da non aver capito il mio riferimento ai sepolcri imbiancati ! Non sei tu; sono i preti.

Citazione
Guarda che l' avevo capito.

Ma, a parte il fatto che esistono anche preti non ipocriti (e secondo me infinitamente migliori di FN e di quasi tutti i suoi seguaci; in tutta sincerità non mi riferisco a te, che continuo ad apprezzare non poco; che te ne freghi qualcosa o meno), e infatti nessuno é perfetto, neanche la chiesa cattolica, per parte mia, con il mio anticonformismo e avversione al politicamente corretto, ho la presunzione di essere ben oltre la sua critica all' ipocrisia diffusa. E ci tenevo ad affermarlo.
Ti saluto con po' di amaro in bocca (non posso negarlo) ma sempre con molta sincera stima.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 19:22:36 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 18:57:57 PM

Marx mi ha insegnato (fra l' altro) che la struttura economica della società condiziona in ultima analisi le sovrastrutture, compresa l' etica, in particolare per quel tanto che ha di transeunte e socialmente condizionato (non in quanto ha di universalmente umano; che, a dire il vero, non sono del tutto sicuro che il Moro ammetta, ma che mi sembra indubbio ammettiamo sia io che te, contro il relativismo).
Ma non mi ha dimostrato -é impossibile! (Hume)- quali siano i postulati etici da assumere (infatti irrazionalmente si avvertono).
Perché invece tu da Marx ricavi forse la dimostrazione di questi postulati dell' etica (universalmente umana; contro il relativismo; ma anche contro l' "assolutismo disegualitario" di FN) che affermi contro il relativismo ? ! ? ! ? !

Se i postulati etici sono solo una percezione ha ragione non solo il relativismo etico, ma pure viator che li considera individuali.

Il materialismo storico fa derivare la sovrastruttura (inclusa l'ideologia e la sua etica) dalla struttura intesa nella sua integralità economica e naturale. Poco prima dell'ape e l'architetto (Capitale I-III-5) Marx dice:

... il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo per mezzo della propria azione produce, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita. Operando mediante tale moto sulla natura fuori di sé e cambiandola, egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria. Sviluppa le facoltà che in questa sono assopite e assoggetta il giuoco delle loro forze al proprio potere.

"Cambiare la propria natura" è un processo squisitamente et(olog)ico. Da una materialista mi aspetto sappia ricondurre l'ideologia alle sue basi materiali in un rapporto biunivoco che, almeno sui bisogni primari, non lasci spazio all'idealismo e al relativismo etico.

Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 27 Dicembre 2018, 20:20:55 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 18:02:01 PM
Storia e antropologia non sono nulla. Nulla è la lezione che il relativismo etico ne può trarre
Eppure, se il relativismo etico non si fonda su storia e antropologia, su cosa si fonda?
Intendo quello filosoficamente serio (ho già premesso che i motti da Bacio Perugina sono di un'altra categoria...). 

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 18:02:01 PM
la sua canonica neutralità tra una comunità di bellicosi cannibali e una di pacifici agricoltori.
Il relativismo etico non è un'etica (indulgenza post-natalizia per gli amanti degli slogan  ;D ), non può quindi essere «neutro» né esprimere giudizi etici (bensì solo sull'etica; occhio a non confondere i due livelli logici  ;) ), proprio come il pluralismo non è cieco di fronte alle differenze nella pluralità che pure riconosce (soprattutto, attenzione anche a non confondere «relativismo» e «qualunquismo»...).

P.s.
A questo punto, oso chiedere di nuovo, «conosciamo davvero il nostro nemico»?
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
Il relativismo etico è l'alter ego speculare dell'assolutismo etico. Il relativismo etico produce un'etica relativistica così come l'assolutismo etico produce un'etica assolutistica. I piani logici sono uno sopra l'altro, ma l'edificio ideologico - chiave di lettura (ermeneutica storica e antropologica) - cui appartengono è unico. Nel caso del relativismo etico è già sintomatico voler separare la natura dall'etica. Ovviamente sempre sul "piano logico"  ::)  Ma di piano logico in piano logico finisce che dopo essere saliti all'ultimo piano non resta che buttarsi di sotto.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 21:48:25 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 19:22:36 PM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 18:57:57 PM

Marx mi ha insegnato (fra l' altro) che la struttura economica della società condiziona in ultima analisi le sovrastrutture, compresa l' etica, in particolare per quel tanto che ha di transeunte e socialmente condizionato (non in quanto ha di universalmente umano; che, a dire il vero, non sono del tutto sicuro che il Moro ammetta, ma che mi sembra indubbio ammettiamo sia io che te, contro il relativismo).
Ma non mi ha dimostrato -é impossibile! (Hume)- quali siano i postulati etici da assumere (infatti irrazionalmente si avvertono).
Perché invece tu da Marx ricavi forse la dimostrazione di questi postulati dell' etica (universalmente umana; contro il relativismo; ma anche contro l' "assolutismo disegualitario" di FN) che affermi contro il relativismo ? ! ? ! ? !

Se i postulati etici sono solo una percezione ha ragione non solo il relativismo etico, ma pure viator che li considera individuali.

Il materialismo storico fa derivare la sovrastruttura (inclusa l'ideologia e la sua etica) dalla struttura intesa nella sua integralità economica e naturale. Poco prima dell'ape e l'architetto (Capitale I-III-5) Marx dice:

... il lavoro è un processo che si svolge fra l'uomo e la natura, nel quale l'uomo per mezzo della propria azione produce, regola e controlla il ricambio organico fra se stesso e la natura: contrappone se stesso, quale una fra le potenze della natura, alla materialità della natura. Egli mette in moto le forze naturali appartenenti alla sua corporeità, braccia e gambe, mani e testa, per appropriarsi i materiali della natura in forma usabile per la propria vita. Operando mediante tale moto sulla natura fuori di sé e cambiandola, egli cambia allo stesso tempo la natura sua propria. Sviluppa le facoltà che in questa sono assopite e assoggetta il giuoco delle loro forze al proprio potere.

"Cambiare la propria natura" è un processo squisitamente et(olog)ico. Da una materialista mi aspetto sappia ricondurre l'ideologia alle sue basi materiali in un rapporto biunivoco che, almeno sui bisogni primari, non lasci spazio all'idealismo e al relativismo etico.

Ma saper ricondurre l'ideologia alle sue basi materiali in un rapporto biunivoco che, almeno sui bisogni primari, non lasci spazio all'idealismo e al relativismo etico (che é precisamente quello che faccio) non significa dedurre dalla realtà dell' essere il dover essere.

Ed affermare, come faccio io, che proprio il rapporto dialettico fra natura e cultura determina il fatto che vi siano imperativi etici in parte universalmente umani (non dimostrabili oggettivamente: non tali "di diritto"; ma di fatto realmente universali) e in parte declinati storicamente (col un ruolo determinante svolto dai rapporti di produzione e dallo sviluppo delle forze produttive) non é certo relativismo etico né individualismo etico.

E a meno che tu mi esponi la dimostrazione logica degli imperativi etici "umani" (con tutta evidenza in parte universalmente tali, anche se di solito non usi questo avverbio; altrimenti sarebbero nietzchianamente di due ben diversi ordini "superumani" o degli aristoi e "infraumani" o degli schiavi) l' unico modo (efficace: "funziona benissimo"!) di superare il relativismo mi sembra quello di rilevarli empiricamente a posteriori essere di fatto universalmente diffusi (sopratutto se si spiega naturalisticamente il fatto con la biologia evoluzionistica.
Pretendere che il "dover essere" sia dimostrabile dall' "essere", essendo impossibile, significa dare ragione ai relativisti; contrariamente a constatare che si avverte come insieme oggettivo di tendenze comportamentali biologiche culturalmente declinate (e d' altra parte non vedo che differenza possa esserci fra il "postulare" -arbitariamente- i valori etici, come dici tu, e il "sentirli interiormente" -alla maniera di Kant- come tendenze comportamentali istintive universalmente naturali variamente modulate dalla cultura, come sostengo io).
Se quello che intendi per il "postularli" é qualcosa di diverso mi piacerebbe che mi mostrassi in cosa consiste; che con tutta evidenza é diversa cosa dall' affermare (cosa da me mai negata, anzi, affermata con la massima convinzione!) che sorgono su una base naturale etologica (la storia naturale) e si sviluppano eticamente e si differenziano (nel corso della storia umana) culturalmente in dipendenza dalle dinamiche sociali (dialettica sviluppo delle forze produttive/rapporti di produzione, lotta di classe).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 22:07:19 PM
Arridaje con l'idealismo. L'etica non è il dover-essere, non è il Sollen kantiano. E' ethos techne: tecnica del vivere. La tecnica si basa sulla materia e la materia specifica sono le condizioni materiali (natura+civiltà) di una popolazione. L'umanesimo marxista costruisce la sua etica sui bisogni umani declinati egualitaristicamente.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 27 Dicembre 2018, 22:35:28 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
Il relativismo etico è l'alter ego speculare dell'assolutismo etico. Il relativismo etico produce un'etica relativistica così come l'assolutismo etico produce un'etica assolutistica.
Non mi convince troppo la specularità: l'assolutismo etico è presupposto logico di ogni etica assolutistica: «c'è una sola etica vera» -> «l'etica giusta è x». Il relativismo etico invece non "produce" etiche: la constatazione della relatività (al proprio contesto) di ogni etica non dà parametri per fondare un'altra etica, ma è chiave di "sola lettura" di quelle già esistenti (come dimostra chi dei due sia stato motore storico di conflitti e di rivoluzioni... so già che con questa parola esalterò molti animi ;) ).
La differenza fra assolutismo e relativismo è come quella fra esclusione e inclusione: da un lato, «ne resterà solo una!» (tipo film "Highlander" ;D ); dall'altro, restano tutte, solamente più deboli e ciascuna immanentizzata al proprio habitat (il che, ammetto, esalta molto meno gli animi furenti...).

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
I piani logici sono uno sopra l'altro, ma l'edificio ideologico - chiave di lettura (ermeneutica storica e antropologica) - cui appartengono è unico.
Non vorrei insistere troppo, tuttavia se uno dei due orientamenti (senza fare nomi) è fondato su storia e antropologia, mentre l'altro è fondato su ___________ (compilare in stampatello con movente assolutistico a piacere), direi che né il piano logico né l'"edificio ideologico" siano rispettivamente i medesimi (opinione mia).

Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
Ma di piano logico in piano logico finisce che dopo essere saliti all'ultimo piano non resta che buttarsi di sotto.
... e si ricadrà su ciò da cui si è partiti... per questo, dovendomi attutire, preferisco pensieri "deboli"  ;D
In fondo, per adesso, ci siamo limitati a solo due piani logici (etico, meta-etico), quindi, se si è un po' allenati (tipo "parkour filosofico") non ci si dovrebbe comunque fare troppo male ;)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 22:38:10 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 22:07:19 PM
Arridaje con l'idealismo. L'etica non è il dover-essere, non è il Sollen kantiano. E' ethos techne: tecnica del vivere. La tecnica si basa sulla materia e la materia specifica sono le condizioni materiali (natura+civiltà) di una popolazione. L'umanesimo marxista costruisce la sua etica sui bisogni umani declinati egualitaristicamente.


Ma quale idealismo ? ! ? ! ?

Si può ben citare Kant (che peraltro non era propriamente "idealista"; Lenin lo definisce "agnostico") senza essere, se non del tutto indebitamente, etichettati come "idealisti".

O l' etica é il dover essere non dimostrabile ma oggettivamente presente nell' uomo (e non affatto necessariamente inteso alla maniera dell' idealismo: io fino a prova contraria -e a scanso di indebite deformazioni e stravolgimenti delle mie convinzioni- lo spiego con il determinismo naturale, biologico e con la dialettica sviluppo delle forze produttive / rapporti di produzione e con la lotta di classe, fattori storici, culturali; mi sembrerebbe anche te, anche se a questo punto non ne sono più del tutto sicuro; di certo non così Nietzche), oppure é il relativistico e/o individualistico pensare e agire ciascuno per sé, senza regole. 

(Sempre in attesa di sapere in che senso i valori etici, così da superare il relativismo, in alternativa all' avvertirli interiormante, "si postulano".
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM
Citazione di: Phil il 27 Dicembre 2018, 22:35:28 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
Il relativismo etico è l'alter ego speculare dell'assolutismo etico. Il relativismo etico produce un'etica relativistica così come l'assolutismo etico produce un'etica assolutistica.
Non mi convince troppo la specularità: l'assolutismo etico è presupposto logico di ogni etica assolutistica: «c'è una sola etica vera» -> «l'etica giusta è x». Il relativismo etico invece non "produce" etiche: la constatazione della relatività (al proprio contesto) di ogni etica non dà parametri per fondare un'altra etica, ma è chiave di "sola lettura" di quelle già esistenti (come dimostra chi dei due sia stato motore storico di conflitti e di rivoluzioni... so già che con questa parola esalterò molti animi ;) ).
La differenza fra assolutismo e relativismo è come quella fra esclusione e inclusione: da un lato, «ne resterà solo una!» (tipo film "Highlander" ;D ); dall'altro, restano tutte, solamente più deboli e ciascuna immanentizzata al proprio habitat (il che, ammetto, esalta molto meno gli animi furenti...).

Se ho preso le distanze dall'assolutismo e dal relativismo etico è perchè evidentemente ho in testa una terza via per l'etica. Fondata sulla storia e l'antropologia, ma che non si ferma al discorso. Purtroppo l'etica oltre che di chiavi di lettura meta-etiche ha bisogno anche di etica e qualcuno, magari il più becero e furente, finisce sempre con lo scrivere il suo nome nella casellina lasciata vuota da Candide o Celestino V:

Citazione di: Phil il 27 Dicembre 2018, 22:35:28 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
I piani logici sono uno sopra l'altro, ma l'edificio ideologico - chiave di lettura (ermeneutica storica e antropologica) - cui appartengono è unico.
Non vorrei insistere troppo, tuttavia se uno dei due orientamenti (senza fare nomi) è fondato su storia e antropologia, mentre l'altro è fondato su ___________ (compilare in stampatello con movente assolutistico a piacere), direi che né il piano logico né l'"edificio ideologico" siano rispettivamente i medesimi (opinione mia).

Io non ho paura di scriverci sopra i miei fondamenti che sono quelli che ho già detto, natura, quello che sgiombo mette tra parentesi nel commento precedente, ecc. Ma so pure che anche Candide ci mette i suoi, scritti con l'inchiostro simpatico, ma basta una torcia filosofica per mostrarli e vedere che il relativismo etico ci scrive etica relativistica. Lasciando spazio a tutti i più furenti assolutismi senza muovere un dito.

Citazione di: Phil il 27 Dicembre 2018, 22:35:28 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 21:09:29 PM
Ma di piano logico in piano logico finisce che dopo essere saliti all'ultimo piano non resta che buttarsi di sotto.
... e si ricadrà su ciò da cui si è partiti... per questo, dovendomi attutire, preferisco pensieri "deboli"  ;D
In fondo, per adesso, ci siamo limitati a solo due piani logici (etico, meta-etico), quindi, se si è un po' allenati (tipo "parkour filosofico") non ci si dovrebbe comunque fare troppo male ;)

Buon divertimento. Ma attento che i sollazzi ginnico-filosofici non conducano il tuo Candide, a sua insaputa, in qualche banlieue furente dove non basta dire: io non gioco più.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 28 Dicembre 2018, 09:38:06 AM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM


Io non ho paura di scriverci sopra i miei fondamenti che sono quelli che ho già detto, natura, quello che sgiombo mette tra parentesi nel commento precedente, ecc. Ma so pure che anche Candide ci mette i suoi, scritti con l'inchiostro simpatico, ma basta una torcia filosofica per mostrarli e vedere che il relativismo etico ci scrive etica relativistica. Lasciando spazio a tutti i più furenti assolutismi senza muovere un dito.
Citazione
Io non metto affatto tra parentesi la natura. Ne parlo e la considero fondamento -su cui si innestano gli sviluppi culturali- dell' etica (non relativistica; e ugualitaria, contrariamente a quella nietzchiana) in continuazione.

Basta con questi continui stravolgimenti nel loro contrario (taccia di idealismo) delle mie affermazioni !

Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:44:11 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 22:38:10 PM

O l' etica é il dover essere non dimostrabile ma oggettivamente presente nell' uomo (e non affatto necessariamente inteso alla maniera dell' idealismo: io fino a prova contraria -e a scanso di indebite deformazioni e stravolgimenti delle mie convinzioni- lo spiego con il determinismo naturale, biologico e con la dialettica sviluppo delle forze produttive / rapporti di produzione e con la lotta di classe, fattori storici, culturali; mi sembrerebbe anche te, anche se a questo punto non ne sono più del tutto sicuro; di certo non così Nietzche), oppure é il relativistico e/o individualistico pensare e agire ciascuno per sé, senza regole.

(Sempre in attesa di sapere in che senso i valori etici, così da superare il relativismo, in alternativa all' avvertirli interiormante, "si postulano".

Il Sollen (dover essere) è a posteriori. In questa discussione si parla dell'a priori. Che è all'incirca quello che tu hai scritto qui tra parentesi. E' su quella base che si postula il Sollen, che poi tanto indimostrabile e categorico non è nel momento in cui se ne è compresa la logica interna, ovvero la facoltà di trascendere i limiti naturali con atti di volontà determinati, ma pure indeterministici nel momento dell'invenzione. Progettando, come l'architetto a differenza dell'ape, il proprio edificio. Che troppo spesso riesce ad essere più brutto e irrazionale di quello dell'ape. Ma che dopo tanti errori riesce ad essere migliore. E in ciò sta scritto pure un destino, una causalità finale autoprodotta che caratterizza in maniera originale l'avventura antropologica nel silenzio eterno dello spazio infinito che ci riempie di sgomento.

P.S. incomprensione paranoica del testo ?  :o
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 22:07:19 PM
Arridaje con l'idealismo. L'etica non è il dover-essere, non è il Sollen kantiano. E' ethos techne: tecnica del vivere. La tecnica si basa sulla materia e la materia specifica sono le condizioni materiali (natura+civiltà) di una popolazione. L'umanesimo marxista costruisce la sua etica sui bisogni umani declinati egualitaristicamente.


Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?
E tuttavia vorrei che tu non travisassi questi miei interrogativi (dei quali l'ultimo è quello, direi,
dirimente)...
Trovo si faccia un eccesso di distinzione fra natura e cultura, struttura e sovrastruttura, essere e
dover essere e così via. Eppure già in Marx (del quale hai una conoscenza certamente superiore alla mia)
erano presenti importanti "avvertimenti", che appunto superavano questo, chiamiamolo, rigore dicotomico
di derivazione hegeliana.
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora
ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto
che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 12:04:11 PM
Mi piace pensare al fattore umano detto 'consapevolezza' o 'coscienza'  come quello che può superare sia il relativismo (culturale ed etico) che l'assolutismo.  Lo sforzo umano di acquisire una sempre maggiore 'coscienza' della propria natura più autentica potrebbe essere visto come un processo graduale di 'uscita' da uno stato di ignoranza e illusione. Le varie culture e le morali  , a volte così diverse ma non completamente, avendo sempre molti elementi in comune,  non sarebbero perciò soggette ad una sorta di scala gerarchica di 'valore' (la mia cultura superiore alla tua; la mia morale alla tua...) ma semplicemente viste come gradini di una comune strada verso questa maggiore consapevolezza. Lo so che la cosa sa molto di utopistico ( e mi si potrebbe rinfacciare che penso in particolare ad un modo per acquisire questa maggiore consapevolezza...visto il mio nickname ;D  )...ma l'alternativa non è, come sperava il realtivismo, di porre sullo stesso piano le varie culture e morali, ma l'imposizione di un'unica cultura e di un'unica morale (quella attualmente dominante, fondata sull'interesse economico e sul consumismo...) così che, da Central park a Mumbai possiamo vedere, in questi giorni, gli stessi identici babbi natali e le stesse lunghe code davanti alle stesse catene di grandi magazzini...Il relativismo culturale ed etico sarà velocemente superato dalla storia stessa ( e in verità mi sembra quasi un processo irreversibile, ormai...), ma non sarà superato "a destra" (assolutismi ideologici o religiosi), ma alla sua stessa "sinistra" (nichilismo passivo...alimentato dal 'soma'  mercificato...).

P.S. "destra" e "sinistra" senza alcun riferimento politico ovviamente, giusto per semplificare...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 12:12:09 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 12:04:11 PM.ma l'alternativa non è, come sperava il realtivismo, di porre sullo stesso piano le varie culture e morali, ma l'imposizione di un'unica cultura e di un'unica morale (quella attualmente dominante, fondata sull'interesse economico e sul consumismo...)
E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM
Se ho preso le distanze dall'assolutismo e dal relativismo etico è perchè evidentemente ho in testa una terza via per l'etica.
Non nego di essere un "fanatico del tertium datur", eppure qui faccio un po' fatica: la tua etica è la migliore/più giusta (assolutismo) o è umilmente immanente al contesto dei valori in cui credi (relativismo)?

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM
il relativismo etico ci scrive etica relativistica.
Se ci scriviamo «etica relativistica», assolutizzeremmo tale approccio, smentendo che sia invece fondato su storia e antropologia (non argomento oltre; abbiamo già discusso sull'importanza della «conoscenza del nemico»...).

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM
Lasciando spazio a tutti i più furenti assolutismi senza muovere un dito.
Non a caso ho già scritto del relativismo che «è chiave di "sola lettura" di quelle [etiche] già esistenti (come dimostra chi dei due sia stato motore storico di conflitti e di rivoluzioni» (autocit.).
Indubbiamente, se vogliamo attivismo, assiomi e ideali per scendere in strada e combattere rivoluzioni, allora l'analisi transculturale, storica e antropologica risulta pedante indagine accademica da topo di biblioteca. Eppure, se vogliamo poi vantarci dei fondamenti, logici ed empirici, delle nostre prospettive, temo ci tocchi stare un po' in biblioteca prima di fare manifestazioni e proclami (se non ricordo male, proprio la biografia di Marx docet  ;) ).

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AM
Buon divertimento. Ma attento che i sollazzi ginnico-filosofici non conducano il tuo Candide, a sua insaputa, in qualche banlieue furente dove non basta dire: io non gioco più.
Non trovo nulla di Candido nel riconoscere la pluralità (senza pianificare di sacrificarla sull'altare del proprio assoluto): la contestualizzazione relativistica, in quanto tale, non può parlare di «miglior mondo possibile» («non è un'etica», dicevamo ben separando i due piani logici), proprio perché riconosce differenti "mondi" che coabitano.
Il "sollazzo ginnico-filosofico" in questione mi pare una dignitosa forma di ermeneutica (per quanto «ogni scarrafone è bello a mamma sua» ;D ) o se preferisci è il "tao del relativismo": yang (fondamento solido su natura, storia, etc.) e yin (analisi con pluralismo, "debolezza", etc.).


P.s.
@Sariputra
Più che «porre sullo stesso piano le varie culture e morali» (cit.), il relativismo dà a ciascuna il suo piano (contesto), riconoscendo che ogni piano non può logicamente diventare criterio di valutazione qualitativa degli altri piani.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 13:05:49 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PMNon a caso ho già scritto del relativismo che «è chiave di "sola lettura" di quelle [etiche] già esistenti (come dimostra chi dei due sia stato motore storico di conflitti e di rivoluzioni» (autocit.).

Senonchè, nel mondo "reale", visto che fra una tesi e una antitesi vi è sempre una sintesi (la Grande Verità
dell'Idealismo di cui parla Levinas - vedi mia risposta a Sariputra) il nostro "mansueto" relativismo si
sta affermando allo stesso identico modo dell'assolutismo...
Ah certo, si continua a parlare dell'etica come di quel qualcosa alla base dei totalitarismi del 900 (e non
del tutto a torto, per carità); del relativo come se esso fosse qualcosa di favorevolmente opposto alla
negatività dell'assoluto; ma poi, nella prassi?
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:01:44 PM
cit. Oxdeadbeef: E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).

E infatti è quello che sta avvenendo ed è disperante il vedere che gli unici ( a livello globale...) che si oppongono seriamente a "questa" sintesi sono... dei terroristi fanatici islamizzati  :o  ( che sospetto però siano pure essi funzionali alla sintesi stessa...)!...
Ricordo alcune pagine 'profetiche' di Y. Mishima, ma anche di tutta quella genrazione di scrittori giapponesi postsconfitta, da Dazai  a Tanizaki, che per primi vissero l'asservimento e l'annientamento di fatto della loro cultura, quasi come il 'primo vagito' dell'ordine nuovo che si andava dispiegando..."ti lascio il tuo tempio,o il tuo municipio, svuotato di ogni significato e valenza reale, e ti riempio le strade di lattine di Coca -Cola"...
Namaste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:09:58 PM
cit.Phil:Indubbiamente, se vogliamo attivismo, assiomi e ideali per scendere in strada e combattere rivoluzioni, allora l'analisi transculturale, storica e antropologica risulta pedante indagine accademica da topo di biblioteca.

Ma può la vita, materia 'pulsante' e in continua trasformazione, essere fatta da "analisi transculturali" che , nel frattempo che tengono impegnati i topi da biblioteca, permettono ai gatti  di prepararsi a fare di loro uno spuntino?...Insomma o si agisce o si subisce l'azione, o ci si fa buddhisti  ;D  ( ma questo è un affare per pochi, direi...).
Dopo aver ben analizzato storicamente e transculturalmente devo pur scegliere tra A e B e così facendo non posso sottrarmi alle conseguenze della mia scelta  (indipendentemente se la ritengo una scelta 'assoluta' o 'relativa'... ) e le conseguenze non sono mai relative ("quando è fatta è fatta" recita un famoso detto...); ma di questo abbiamo già discusso fino alla nausea...

cit.Phil:la contestualizzazione relativistica, in quanto tale, non può parlare di «miglior mondo possibile» («non è un'etica», dicevamo ben separando i due piani logici), proprio perché riconosce differenti "mondi" che coabitano.

Senza alcuna offesa, Phil, ma adesso , nel mondo del 2018, vedi ancora la presenza di "differenti mondi che coabitano"? Forse qualche 'sacca' qua e là, in via di estinzione. Ti sembra più un'analisi attuale, oggi, quella del relativismo? Mi sembra che i fatti stiano contaddicendo pesantemente queste "aspirazioni"...Magari esistessero molteplici 'mondi' consapevoli della loro relatività rispetto agli altri. Ormai c'è nè uno solo e pertanto il problema del relativismo manco si pone/porrà...io lo vedo ormai confinato alla sola sfera sessuale che, per carità (non entro nel merito...) avrà la sua importanza, ma non è esattamente la forza motrice della società attuale...

Più che «porre sullo stesso piano le varie culture e morali» (cit.), il relativismo dà a ciascuna il suo piano (contesto), riconoscendo che ogni piano non può logicamente diventare criterio di valutazione qualitativa degli altri piani.

Infatti ho scritto del superamento del concetto di mia cultura superiore alla tua...ma io questo non lo vedo come 'relativismo' (se possiamo finalmente uscire da questa ossessione dualistica assolutismo/relativismo...) ma semplicemente come constatazione di un dato di fatto.
Namaste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Citazione di: Ipazia il 27 Dicembre 2018, 08:27:28 AM
@apeiron

Concordo con entrambi i punti da te sottolineati. FN demolisce un assolutismo etico per fondarne un'altro. Operazione "arbitraria" per eccellenza, che però ha una sua utilità nel disvelare impudicamente le metafore proibite della visione del mondo classista. Il relativismo etico si fonda sul nulla, per cui diventa un attrezzo inutile per l'evoluzione etica. Al massimo ci fai antropologia culturale. Forse il giusto mezzo aristotelico per muovere la tecnica dell'ethos è un rigore etico che contestualizzi l'evoluzione etica senza nullificarla e che fondi i suoi paletti su qualcosa di solido (natura) e realmente unificante (etologia umana). In altri termini: qualcosa di uguale. (rendendo l'onore delle armi al memorabile "tutti gli uomini nascono uguali" laddove lo sono, almeno a spanne secondo le nostre acquisite conoscenze, aldilà di ogni ragionevole dubbio)

Grazie della risposta! :)




Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMSe ho preso le distanze dall'assolutismo e dal relativismo etico è perchè evidentemente ho in testa una terza via per l'etica.
Non nego di essere un "fanatico del tertium datur", eppure qui faccio un po' fatica: la tua etica è la migliore/più giusta (assolutismo) o è umilmente immanente al contesto dei valori in cui credi (relativismo)?


@Phil,
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.

Facendo un ragionamento per certi versi analogo (seppur in un contesto diverso, ovviamente) se dico che "l'automobile viaggia ai 50km/h" faccio un'affermazione de-constestualizzata e ambigua. Devo dire, ad esempio, "l'automobile viaggia ai 50km/h nel riferimento solidale all'autovelox". Questo 'fatto' è, invece, qualcosa di universale. Contestualizzare non inficia l'universalità di una proposizione. Semmai chiarisce il limite della sua validità, per esempio. In fisica, d'altronde ci sono molte cose che sono ritenute di 'validità universale' (ovvero valide per ogni osservatore) ma allo stesso tempo, il contestualizzare è di importanza fondamentale. Credo che questa prospettiva possa anche valere nell'etica.


Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM


Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMil relativismo etico ci scrive etica relativistica.
Se ci scriviamo «etica relativistica», assolutizzeremmo tale approccio, smentendo che sia invece fondato su storia e antropologia (non argomento oltre; abbiamo già discusso sull'importanza della «conoscenza del nemico»...).


L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre. E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.



Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:16:35 AMBuon divertimento. Ma attento che i sollazzi ginnico-filosofici non conducano il tuo Candide, a sua insaputa, in qualche banlieue furente dove non basta dire: io non gioco più.
Non trovo nulla di Candido nel riconoscere la pluralità (senza pianificare di sacrificarla sull'altare del proprio assoluto): la contestualizzazione relativistica, in quanto tale, non può parlare di «miglior mondo possibile» («non è un'etica», dicevamo ben separando i due piani logici), proprio perché riconosce differenti "mondi" che coabitano. Il "sollazzo ginnico-filosofico" in questione mi pare una dignitosa forma di ermeneutica (per quanto «ogni scarrafone è bello a mamma sua» ;D ) o se preferisci è il "tao del relativismo": yang (fondamento solido su natura, storia, etc.) e yin (analisi con pluralismo, "debolezza", etc.).


Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo, devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Secondo me tu (e non solo tu, in realtà) confondi il contestualizzare con il relativismo. Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.

Riprendendo il paragone con la fisica, non è che l'introduzione della qualificazione per cui la velocità è misurata rispetto (ad un sistema di riferimento solidale) all'autovelox inficia la validità (in linea di principio) universale della proposizione "l'automobile viaggia ai 50km/h nel riferimento solidale all'autovelox". Lo stesso, secondo me, vale per l'etica. Se mi permetti di farti una critica, tu confondi il relativismo con il contestualizzare. 'Relativismo' significa che non ci sono verità universali. Ben diverso dal semplice contestualizzare (dire, in che condizioni, una proposizione è vera).




Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 12:29:23 PM

P.s. @Sariputra Più che «porre sullo stesso piano le varie culture e morali» (cit.), il relativismo dà a ciascuna il suo piano (contesto), riconoscendo che ogni piano non può logicamente diventare criterio di valutazione qualitativa degli altri piani.



Il che è però molto discutibile. Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti (personalmente, trovo questa posizione completamente assurda, tanto quanto quella di Nietzsche, di Eraclito ecc...mi si chiami pure 'assolutista' (non mi vergogno affatto di questo 'appellativo' anche se può dare l'idea di un eccessivo dogmatismo e/o violenza e/o 'bigottismo' - ma il segreto è che essere 'assolutisti' non implica necessariamente essere bigotti e/o dogmatici e/o violenti...), ma ritengo che in certi casi si possa dire che un'azione sia veramente 'giusta' o 'ingiusta'...) - non che non ci siano ingiustizie nella nostra società, ma la ritengo ben più giusta di un totalitarismo.
Togliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 28 Dicembre 2018, 15:32:52 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 09:44:11 AM
Citazione di: sgiombo il 27 Dicembre 2018, 22:38:10 PM

O l' etica é il dover essere non dimostrabile ma oggettivamente presente nell' uomo (e non affatto necessariamente inteso alla maniera dell' idealismo: io fino a prova contraria -e a scanso di indebite deformazioni e stravolgimenti delle mie convinzioni- lo spiego con il determinismo naturale, biologico e con la dialettica sviluppo delle forze produttive / rapporti di produzione e con la lotta di classe, fattori storici, culturali; mi sembrerebbe anche te, anche se a questo punto non ne sono più del tutto sicuro; di certo non così Nietzche), oppure é il relativistico e/o individualistico pensare e agire ciascuno per sé, senza regole.

(Sempre in attesa di sapere in che senso i valori etici, così da superare il relativismo, in alternativa all' avvertirli interiormante, "si postulano".

Il Sollen (dover essere) è a posteriori. In questa discussione si parla dell'a priori. Che è all'incirca quello che tu hai scritto qui tra parentesi. E' su quella base che si postula il Sollen, che poi tanto indimostrabile e categorico non è nel momento in cui se ne è compresa la logica interna, ovvero la facoltà di trascendere i limiti naturali con atti di volontà determinati, ma pure indeterministici nel momento dell'invenzione. Progettando, come l'architetto a differenza dell'ape, il proprio edificio. Che troppo spesso riesce ad essere più brutto e irrazionale di quello dell'ape. Ma che dopo tanti errori riesce ad essere migliore. E in ciò sta scritto pure un destino, una causalità finale autoprodotta che caratterizza in maniera originale l'avventura antropologica nel silenzio eterno dello spazio infinito che ci riempie di sgomento.

P.S. incomprensione paranoica del testo ?  :o

Il dover essere é constato a posteriori, empiricamente.
E non dimostrabile a priori:

la facoltà (non di magicamente o soprannaturalmente trascendere ma invece) di superare dialetticamente senza violarli in alcun modo i limiti naturali con atti di volontà determinati, e considerabili solo soggettivamente-gnoseologicamente e non affatto oggettivamente-ontologicamente (il che farebbe crollare come un castello di carte l' intera conoscenza scientifica consentendo "miracoli") pure indeterministici nel momento dell'invenzione. Progettando, come l'architetto a differenza dell'ape, il proprio edificio, certo, ma in conseguenza delle leggi naturali, senza affatto violarle. Che troppo spesso riesce ad essere più brutto e irrazionale di quello dell'ape. Ma che dopo tanti errori riesce ad essere migliore. E in ciò sta scritto pure un destino, una causalità finale autoprodotta che caratterizza in maniera originale l'avventura antropologica senza affatto violare miracolisticamente o soprannaturalmente le leggi di natura nel silenzio eterno dello spazio infinito che ci riempie di sgomento

non dimostra affatto alcun dover essere: 

quale? Quali imperativi etici se ne deduce?

Sentiti ringraziamenti per la taccia di paranoia (per quanto dubitativa; dopo quella di idealismo, perentoria).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 28 Dicembre 2018, 15:38:13 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:09:58 PM
Ma può la vita, materia 'pulsante' e in continua trasformazione, essere fatta da "analisi transculturali" che , nel frattempo che tengono impegnati i topi da biblioteca, permettono ai gatti  di prepararsi a fare di loro uno spuntino?
Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!  ;D  Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  ;)
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:09:58 PM
Senza alcuna offesa, Phil, ma adesso , nel mondo del 2018, vedi ancora la presenza di "differenti mondi che coabitano"?
Si, anche solo a giudicare dagli improvvisati portavoce qui sul forum  :) , direi che ce ne sono diversi... e le differenti posizioni etiche che emergono a ogni referendum sono eloquenti; pensa se poi guardiamo fuori dai confini italiani e sbirciamo negli altri continenti.

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:09:58 PM
Magari esistessero molteplici 'mondi' consapevoli della loro relatività rispetto agli altri.
Condivido il «magari» associato al «consapevoli»; forse sarebbe un mondo più pacifico...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 16:01:57 PM
Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/grin.gif)  Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/wink.gif)
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).


Ma qui il rischio è quello di una 'sterilità' completa. Una sorta di sguardo sul mondo, di comprensione di meccanismi, più o meno verosimili,  e poco più... :(
D'altronde un'ermeneutica dovrebbe pure invogliare a proporre. Ma facendo questo il relativista coerente teme subito di essere tacciato di idealismo o assolutismo?...Va bè , ma 'solo chi non fa non sbaglia"...se ci si accontenta... :)
Il problema è che i gatti non aspettano di essere cacciati dai topi...
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...

CitazioneMagari esistessero molteplici 'mondi' consapevoli della loro relatività rispetto agli altri.


Condivido il «magari» associato al «consapevoli»; forse sarebbe un mondo più pacifico...


Temo che l'auspicarselo sia oltremodo insufficiente...la 'pace' artificiale data dall'assunzione del soma ( imbottigliato in colorate lattine ovviamente...) non è però auspicabile...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 28 Dicembre 2018, 16:07:33 PM
Essendo scaduto il tempo per correggerlo, prego di ignorare (considerandola cancellata) l' ultima frase con gli ironici "ringraziamenti" nel mio ultimo intervento, che sa tanto di deplorevole risentimento personale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
Lieto di essermi fatto comprendere  :)

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,
Non sono affatto qui per questo :)

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  ;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?

Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Togliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
Infatti il relativismo si basa sulla contestualizzazione, non coincide con essa.



P.s.
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 16:01:57 PM
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...
«Attivismo» e «passivismo» sarebbero pertinenti se stessimo parlando di un'etica. Se parliamo invece di una chiave di lettura (non di azione, di mutamento, di intervento, etc.), non ha senso parlare di attività/passività. Lo storiografo che studia le sue fonti antiche o l'antropologo che osserva e indaga, sono passivi nei confronti del raggiungimento di un mondo migliore, o fanno il loro lavoro di analisi, i cui risultati forse impatteranno il mondo?
Vogliamo rimproverare ai medici di non andare pure a spegnere gli incendi? A ciascuno il suo  ;D
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione

Ma se è solo una chiave di lettura e non di valutazione perchè allora è preferibile all'assolutismo o all'idealismo? Tu dirai che infatti non lo è...( perchè se dici che lo è fai già una valutazione...) ma pur lo difendi a spada tratta! ;D
Spesso scrivi che così non vengono generate guerre e conflitti. E non è una valutazione etica questa?

La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Può però essere vero anche il contrario: ogni società umana è relativa e immanente, ma non l'etica che potrebbe invece essere assoluta (senza limitazioni o imperfezioni) a cui si "ascende" gradualmente con la consapevolezza (Theilhard de Chardin... ;D ). Pertanto ogni società relativa e immanente diventa un gradino di questa scala e così, ogni conquista etica di queste società relative e immanenti, mantiene intatto il suo 'valore'...
Tra l'altro questa teoria sarebbe supportata anche dall'evidente diminuzione di violenza ( o aumento della riprovazione morale..) che progressivamente si sta ampliando in popoli di ex culture (ormai) lontane...

Ciao
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 28 Dicembre 2018, 17:29:00 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Ma se è solo una chiave di lettura e non di valutazione perchè allora è preferibile all'assolutismo o all'idealismo? Tu dirai che infatti non lo è...( perchè se dici che lo è fai già una valutazione...) ma pur lo difendi a spada tratta! ;D
Secondo me, non è infatti preferibile ad altre prospettive.
Altrove (tu che sei veterano del forum te ne ricorderai  ;) ) ho difeso a spada tratta che l'Islam fosse una religione; per lo stesso motivo qui cerco di "dare al relativismo quel che è del relativismo"; Confucio lo chiamava «rettifica dei nomi» (altrove si chiama «non prendere fischi per fiaschi»  ;D ).

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Spesso scrivi che così non vengono generate guerre e conflitti. E non è una valutazione etica questa?
Sarebbe anomalo se dicessi che secondo il relativismo ciò è un bene o un male (ovviamente quando dico «magari», non lo dico in nome del relativismo, ma del mio personale punto di vista; sono un tipo pacifico  :) ).

Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 17:09:53 PM
Può però essere vero anche il contrario: ogni società umana è relativa e immanente, ma non l'etica che potrebbe invece essere assoluta (senza limitazioni o imperfezioni) a cui si "ascende" gradualmente con la consapevolezza (Theilhard de Chardin... ;D ). Pertanto ogni società relativa e immanente diventa un gradino di questa scala e così, ogni conquista etica di queste società relative e immanenti, mantiene intatto il suo 'valore'...[/font][/size][/color]
Tra l'altro questa teoria sarebbe supportata anche dall'evidente diminuzione di violenza ( o aumento della riprovazione morale..) che progressivamente si sta ampliando in popoli di ex culture (ormai) lontane...
Non è da escludere, è infatti una teoria relativamente sensata ;)
Onestamente, non so cosa ne pensano storici e antropologi (non sono fra loro).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 19:06:08 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 15:38:13 PM

Bingo! Anzi, visto il periodo, tombola!  ;D  Il punto è proprio questo: come dicevo a Ipazia, il relativismo non fonda etiche, ma è solo chiave interpretativa (e qui rispondo anche a 0xdeadbeef) del panorama etico; per questo non è semplicemente l'antitesi dell'assolutismo, che invece fonda e ha fondato molte etiche "da gatto"  ;)
Il relativismo è su un piano ermeneutico a cui non ha senso chiedere di aprire scenari etici per il futuro o combattere le oppressioni, proprio come non si chiede ai topi di andare a cacciare i gatti; viene quindi spesso tirato in ballo impropriamente (almeno secondo me).

Ciao Phil
Difficile dire chi fonda e chi invece è fondato...
A rigor di logica no, il relativismo non fonda etiche (nel senso hegeliano, poi, di sicuro). Sul fatto che
invece non fondi "morali" ritengo ci sia da fare qualche precisazione.
Per tutta la filosofia anglosassone infatti la morale coincide con il perseguimento dell'utile individuale
(che è il "bene"); la qual cosa significa solo che la morale è "relativa" all'individuo (che altro?).
Ora, non mi sfugge certamente la differenza che c'è fra uno che dice: "questa cosa qua è assolutamente vera"
ed uno che dice: "credo che sta cosa qua sia vera, ma se tu invece pensi sia falsa la tua opinione vale la
mia".
Bah, posso anche plaudere al secondo individuo, ma nel mondo reale questo "filosofo" non reggerà mai
le sorti di nulla se non di se stesso (con buona pace di Platone - e stessa cosa dicasi per gli "improvvisati
portavoce qui sul forum"...).
Nel mondo "reale" abbiamo piuttosto visto come all'interno della stessa filosofia anglosassone e del suo
"relativismo morale" sia sorta l'"evidenza" del diritto alla vita, alla libertà, alla proprietà (U.Grozio) ed
altre "evidenze", che hanno ricondotto l'oroginaria visione relativistica ad un assolutismo certo meno evidente,
ma non per questo meno invasivo...
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 19:25:21 PM
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 15:01:44 PM
cit. Oxdeadbeef: E.Levinas, che io considero uno dei più grandi filosofi del 900, diceva che l'Idealismo (che pure avversava
fieramente) ci ha lasciato una "Grande Verità": che fra una tesi e una antitesi avviene sempre una sintesi...
Insomma: ne resterà solo uno, diceva Highlander (mi pare).

E infatti è quello che sta avvenendo ed è disperante il vedere che gli unici ( a livello globale...) che si oppongono seriamente a "questa" sintesi sono... dei terroristi fanatici islamizzati  :o  ( che sospetto però siano pure essi funzionali alla sintesi stessa...)!...
Ricordo alcune pagine 'profetiche' di Y. Mishima, ma anche di tutta quella genrazione di scrittori giapponesi postsconfitta, da Dazai  a Tanizaki, che per primi vissero l'asservimento e l'annientamento di fatto della loro cultura, quasi come il 'primo vagito' dell'ordine nuovo che si andava dispiegando..."ti lascio il tuo tempio,o il tuo municipio, svuotato di ogni significato e valenza reale, e ti riempio le strade di lattine di Coca -Cola"...
Namaste

Ciao Sariputra
Se ciò che regge il nostro mondo (parlo in particolare dell'occidente) è la volontà di potenza, e se essa è
al medesimo tempo mezzo e scopo (come in Severino e, in un certo qual modo, in Max Weber), allora il
relativismo "esiste" solo fra i "topi da biblioteca"; fra i filosofi (vedi anche la mia precedente risposta a
Phil).
La volontà di potenza, per l'occidente (ma ormai per l'intero mondo, dice Severino), è senza ombra di dubbio
un mezzo: per raggiungere quale fine? L'occidente, con "Dio", ha visto la "morte" dello stesso concetto di
"fine", o scopo, per cui lo spazio che esso, il fine, occupava è stato preso dal mezzo: la volontà di potenza
ha per fine quello di incrementare ad infinitum se stessa.
Questo concetto è evidente, ad esempio, in certe manifestazioni della prassi come la finanza o l'economia in
generale. Già Weber, dicevo, lo notava (L'Etica Protestante) riguardo ai soldi, che da mezzo erano diventati
ANCHE scopo (che scopo ha la finanza, oggi, se non quello di far proliferare pezzi di carta?).
La stessa economia, con la legge cosiddetta "di scala", prescrive all'impresa di diventare sempre più grande
(nell'economia moderna o mangi o vieni mangiato).
Chiaramente non è argomento che si può svolgere in poche righe.
saluti (e complimenti, ti leggo sempre volentieri)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
Citazione di: Phil
... nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?


Te l'ho già detto su cosa si fonda e l'ha detto anche sgiompo tra (). Si fonda sui denominatori comuni che da Mosè e Hammurabi fino alla DUDU l'umanità si è data. Alcuni più condivisi, altri meno. Fondati sulla natura e sull'evoluzione sociale che come giustamente osserva sari tende ad essere sempre più unificata nei problemi epocali che si trova davanti. Un'etica degna di questo nome si deve porre il problema della gerarchia dei valori in atto. E confrontarsi con altre posizioni fino ad individuare i denominatori comuni che permettono la migliore convivenza umana possibile per tutti gli attori in gioco. Un'etica relativistica (che esiste sotto mentite meta-spoglie ed è assai gradita a chi sta alla plancia di comando) può limitarsi a dire: me ne frego.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:57:22 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM

Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?

Il dover-essere si manifesta a posteriori, ma qui si tratta di trovare i fondamenti a priori dell'etologia umana. Per nulla arbitrari in quanto costituiti sui bisogni primari dell'uomo come individuo e come aggregato sociale per i quali l'etica costituisce lo strumento tecnico della convivenza presente in ogni comunità umana.

Citazione
Trovo si faccia un eccesso di distinzione fra natura e cultura, struttura e sovrastruttura, essere e dover essere e così via. Eppure già in Marx (del quale hai una conoscenza certamente superiore alla mia) erano presenti importanti "avvertimenti", che appunto superavano questo, chiamiamolo, rigore dicotomico di derivazione hegeliana.

Gli eccessi dicotomici esprimono una sfasatura tra idea e azione. Non solo ignoranza, ma anche mistificazione consapevole dettata da interessi di parte. Postulare l'etica sui suoi reali fondamenti naturali e sociali significa anche eliminare tanta zavorra più o meno confessabile.

Citazione
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti

Questo lo sostiene sgiombo. Per me sono invece dimostrabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti. Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma almeno propone una metodologia di indagine solida.

Protagora ?
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 28 Dicembre 2018, 21:49:36 PM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
Te l'ho già detto su cosa si fonda e l'ha detto anche sgiompo tra (). Si fonda sui denominatori comuni che da Mosè e Hammurabi fino alla DUDU l'umanità si è data.
La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
Un'etica relativistica (che esiste sotto mentite meta-spoglie ed è assai gradita a chi sta alla plancia di comando)
Se fossimo al «gioco dell'Oca» ti direi di tornare indietro di 10 caselle (circa al post #118), a quando si è iniziato ad argomentare sulla differenza fra «relativismo etico» ed «etica relativistica», sulla necessità logica di distinguere i piani, sul topo a cui si rimprovera di non essere gatto, etc.

Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:08:25 PM
può limitarsi a dire: me ne frego.
Quando suggerivo che il «relativismo» non è «qualunquismo» non mi aspettavo un risvolto addirittura "menefreghista"... è davvero il bello della diretta  ;D  (ma Sun Tzu ne resta piuttosto deluso...).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 29 Dicembre 2018, 08:26:47 AM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).

Citazione
Concordo con quanto Apeiron ha ottimamente esposto.

Uccidere una persona umana nel contesto di un cosiddetto "femminicidio" o di una rapina a mano armata é eticamente (per un' etica -non relativistica-) diversissimo che uccidere una persona umana nel contesto della legittima difesa.
Intendo la legittima difesa autentica, non  non l' obbrobrio immorale salviniano di chi uccide un ladruncolo disarmato sparandogli alle spalle dopo averlo inseguito per il cortile di casa e magari in strada. A questo proposito che possano anche esservi maggioranze, ma sempre in determinati contesti, come potrebbe forse essere l' Italia odierna (ma é discutibile; soprattutto é discutibile quanto lo siano, se lo sono, in quanto autenticamente convinte di quanto sostengono o negano oppure in quanto ingannate dall' ideologia dominante; che nelle società classiste maggioranze votino contro -o comunque approvino leggi contrarie a- i propri autentici interessi é piuttosto la regola che l' eccezione) le quali violano o anche semplicemente negano l' etica -non relativistica- non é un' obiezione falsificante, tenuto conto degli aspetti culturali dell' etica.

L' infanticidio nel contesto di alcune culture é (ma spero piuttosto che fosse) eticamente accettabile; ma non l' omicidio in alcuna cultura (salvo contesti come la legittima difesa o la guerra, ecc.); semplicemente il neonato di pochi giorni (forse non a torto,) in quelle culture non é considerato una persona umana.

Quello dell' omicidio = soppressione di una persona umana) é l' esempio di imperativo etico universalmente derivante dalla natura umana, comunque da contestualizzare.

Esempi di imperativi etici condizionati in maniera prevalente dalla cultura e dunque varianti localmente e temporalmente nel corso della storia umana (e dunque anche non poco diversi fra diversi gruppi sciali) se ne potrebbero fare a iosa nel campo del comportamento sessuale e affettivo familiare.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
Lieto di essermi fatto comprendere  :)
Citazione
Se (ma non ne sono sicuro), ti proclami relativista, nel senso che non neghi un' etica non relativistica, ma ti limiti ad affermare un' "atteggiamento mentale" per così dire, che consente di comprendere tanto l' esistenza di un' etica non relativista quanto le sue intrinsecamente necessarie contestualizzazioni, quanto ancora le sue violazioni, allora sono d' accordo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).
Citazione
A parte l' espressione "sacraleggiante" e assoluta (sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile) sono convinto della validità (verità scientifica; sia pure umana) del materialismo storico.
Dunque ritengo che l' etica (non relativistica) sia ben fondata (non in quanto deduttivamente dimostrata -che é impossibile: Hume!- ma in quanto constata a posteriori esserci; dalla biologia, l' etologia animale, l' antropologia, le scienze umane in generale).


Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
devi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).
Citazione
Sottolineo.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).
Citazione
Ovvio (e ripetitivo; mi scuso) che su questo dissento: vedi sopra gli accenni circa la mia convinzione della realtà di un etica -non relativistica- universalmente umana, in parte culturalmente declinata in vari modi.




Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  ;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.
Citazione
Questa mi sembra una questione relativa piuttosto al relativismo gnoseologico che al relativismo etico.
Ne abbiamo già ripetutamente parlato (e dissentito, ritenendo io  irreprensibile [a-] logicamente lo scetticismo che sospende il giudizio negando la certezza a qualsiasi conoscenza circa la realtà -quale é indipendentemente dal pensiero- autocontraddittorio e assurdo il relativismo che afferma la verità di qualsiasi (pretesa) conoscenza, di tutte le reali ed eventuali affermazioni, anche quelle reciprocamente -non intrinsecamente- contraddittorie).




CitazioneCitazione da: Apeiron - Fri Dec 28 2018 15:14:29 GMT+0100 (Ora standard dell'Europa centrale)
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?
Citazione
SEcondo me "la seconda che hai detto: i "dissensi" in proposito (non ovviamente sui singoli episodi, ma sulle complessive esperienze  storiche del secolo scorso) non sono autentici dissensi circa l' etica, ma casomai (per esempio nel caso del nazismo) violazioni dell' etica (non relativistica).




Essendo in partenza per una vacanza in cui sarò scollegato da internet saluto tutti, augurandovi buon anno.

Ci risentiamo, se tutto va bene, fra una settimana,


Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 29 Dicembre 2018, 08:52:39 AM
Citazione di: Ipazia il 28 Dicembre 2018, 20:57:22 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 28 Dicembre 2018, 11:56:48 AM

Ciao Ipazia
Scusa ma cos'è l'etica se non "dover essere"? L'etica è forse un qualcosa di empiricamente verificabile?
Si può forse toccare o vedere in una estensione spaziale? Qual'è, insomma, la "realtà" dell'etica?

Il dover-essere si manifesta a posteriori, ma qui si tratta di trovare i fondamenti a priori dell'etologia umana. Per nulla arbitrari in quanto costituiti sui bisogni primari dell'uomo come individuo e come aggregato sociale per i quali l'etica costituisce lo strumento tecnico della convivenza presente in ogni comunità umana.
Citazione
Ma i fondamenti (etologici. latamente biologici, declinati in parte culturalmente) dell' etica umana "sono (a priori -?-)" reali.

Invece si conoscono a posteriori avvertendoli interiormente come tendenza coportamentali (e valutative dei comportamenti propri e altrui); e non si dimostrano con giudizi analitici a priori. (spero che finalmente ci si intenda sui significati delle parole che usiamo).




Citazione
Che vuol dire: "i postulati etici sono solo una percezione" (e se è così, rispondevi a Sgiombo, allora ha ragione chi sostiene il relativismo etico)? Una percezione è forse "nulla"? Io non credo...
Riprendendo Platone circa l'"essere": "cosa c'è di comune fra le cose corporee e quelle incorporee, posto che si dice che entrambe "sono"? (La Battaglia dei Giganti).
saluti

Questo lo sostiene sgiombo. Per me sono invece dimostrabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti. Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma almeno propone una metodologia di indagine solida.
Citazione
Vedo che la reciproca comprensione é sempre difficile (sia fra me e Ox che fra me e Ipa: sarò io il problema? Alzheimer incombente?).


Contro Ox sostengo che "i postulati etici sono solo una percezione" [di fatto universalmente diffusa; per cause naturali ben comprese dalla biologia evoluzionistica] (e se è così [come infatti é], allora non ha ragione chi sostiene il relativismo etico.

Contro Ipa per me sono indimostrabili ma invece avvertiti a posteriori, e invece spiegabili nel loro rapporto con la realtà materiale (natura+società) che li ha prodotti.
Questa è anche la lezione del marxismo, che certo non esaurisce la ricerca, ma secondo me non si limita a proporre una mera metodologia di indagine solida.


Se tutto va bene ci si risente fra una settimana.
Di nuovo auguri a tutti (mi resta una mezz' oretta per cercare di rispondere al CarloPierini -che ovviamente non escludo dagli auguri- prima che moglie, figlio e compagna del figlio mi carichino in macchina di peso e un po' in malomodo. Conto sulle solite -e solitamente insopportabili- perdite di tempo delle due donne per pettinarsi).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un
certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci
quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è
forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.
Sgiombo afferma: "i postulati etici sono una percezione di fatto universalmente diffusa; per cause naturali
ben comprese dalla biologia evoluzionista". Ipazia sostiene invece: "i postulati etici sono dimostrabili nel
loro rapporto con la realtà materiale che li ha prodotti".
Per me sono piuttosto un qualcosa di più, diciamo, "aleatorio"; sono in definitiva dei "pensieri" sui quali
non mi interrogo più di tanto circa le cause (per una mia mancanza di conoscenze scientifiche appropriate e
perchè, soprattutto, ritengo capziosa una troppo netta distinzione fra la sfera del naturale e la sfera del
culturale); ma pensieri che "sono" qualcosa, non che sono nulla...
saluti ed auguri
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:46:14 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 21:49:36 PM

La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.


Su un sollazzevole perditempo visto che ...

Citazione
Se fossimo al «gioco dell'Oca» ti direi di tornare indietro di 10 caselle (circa al post #118), a quando si è iniziato ad argomentare sulla differenza fra «relativismo etico» ed «etica relativistica», sulla necessità logica di distinguere i piani, sul topo a cui si rimprovera di non essere gatto, etc.


... ci sono i piani, ma manca il tetto.

Citazione
Quando suggerivo che il «relativismo» non è «qualunquismo» non mi aspettavo un risvolto addirittura "menefreghista"... è davvero il bello della diretta  ;D  (ma Sun Tzu ne resta piuttosto deluso...).

Non so quanto ai suoi tempi il topo giocasse solo a nascondino.

Un critico cinematografico è un tizio che passa molto tempo in biblioteca al cinema e il frutto di tale attività sono le recensioni dei film. Dall'alto della sua conoscenza specialistica egli giudica seguendo criteri abbastanza oggettivi e condivisibili: bravura degli interpreti, originalità della trama, scenografia, musica, abilità registica nel combinare il tutto. Alla fine trae le conclusioni e ci mette le stelline. Di un critico relativista che non sa mettere le stelline decisamente non so che farmene.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.
.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 29 Dicembre 2018, 15:30:42 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:46:14 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 21:49:36 PM

La domanda (ormai così vecchia da essere in prescrizione  ;) ) è su cosa si fonda/fonderebbe il relativismo etico, non l'etica.


Su un sollazzevole perditempo visto che ...
[...]
... ci sono i piani, ma manca il tetto.
Grazie per la pregnante e arguta risposta  :)

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:46:14 PM
Un critico cinematografico è un tizio che passa molto tempo in biblioteca al cinema e il frutto di tale attività sono le recensioni dei film. Dall'alto della sua conoscenza specialistica egli giudica seguendo criteri abbastanza oggettivi e condivisibili: bravura degli interpreti, originalità della trama, scenografia, musica, abilità registica nel combinare il tutto. Alla fine trae le conclusioni e ci mette le stelline. Di un critico relativista che non sa mettere le stelline decisamente non so che farmene.
D'altronde, il lavoro di storiografi, antropologi ed ermeneuti è mettere le stelline?
Nel mio piccolo, so cosa farmene, «non ti curar di loro» e... lasciali pure a me  ;)

Di questo passo nascerà un Tripadvisor per la filosofia: tutti che recensiscono, tutti giudici senza toga, orientati al voto rapido da opinionista e non all'approfondimento della comprensione (dalla filosofia alla filodoxia?), possibilmente senza diseguaglianze (nemmeno fra i piani logici... e il tetto ci sarebbe anche, purtroppo dal "primo piano" non sempre si vede :) ).
Chissà, alla fine magari il capitalismo verrà sovvertito e superato dallo "stellinismo"  ;D
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
... dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Affermare la neutralità delle chiavi di lettura è assai poco relativistico  :P  ;D Il relativismo etico è una chiave a bias che apre anche porte etiche e ideologiche. Il piano inclinato tra relativismo etico e etica relativistica purtroppo non è una fallacia logica. E quanto sotto lo mostra:

Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Inoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).

Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.

I meltingpot culturali sono la critica vivente dell'impostazione teorica relativistica: le figli islamiche sgozzate dai padri ne sono la più evidente, e dolorosa, falsificazione. Immagino che il topo relativista avrà le sue belle gatte teoretiche da pelare di fronte a simili eventi. Ma può sempre derubricarli a errore sperimentale e continuare la sua sterile, e sterilizzata, ricerca.

Per quel che mi riguarda continuerò a ricercare quei denominatori comuni e indagherò le differenze etiche da entrambe le prospettive.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 16:11:06 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.
.


Ciao Ipazia
Non sto dicendo che non è importante indagare la causa dei fenomeni etici; sto dicendo che è praticamente
impossibile, in essi, distinguere la causa, diciamo, naturale da quella culturale.
Del resto non intendo con questo mettere in discussione l'esistenza di criteri soggettivi e criteri
oggettivi.
Quando, rispondendo all'amico Phil, dicevo che le condizioni dei pensionati al minimo, la loro
difficoltà a mettere d'accordo il pranzo con la cena o il loro dover spesso rinunciare alle visite
mediche specialistiche, non sono frutto di una percezione (come lui mi pareva sottintendere) ma sono
condizioni oggettive, intendevo appunto distinguere fra la percezione e l'oggettività.
Solo che credo non vi sia una netta linea di demarcazione, per cui possiamo dire: "fin lì c'è la
percezione, oltre lì c'è l'oggettività. No, la faccenda è, per così dire, "sfumata".
Mi pare del resto che se volessimo fare un discorso veramente "serio" sull'etica bisognerebbe per
prima cosa intenderci sul significato di questo termine (e la cosa è meno scontata di quel che sembra).
Se infatti per "etica" assumiamo il significato di "condotta verso il bene", vediamo che il "bene"
può assumere due significati fondamentali (il bene come "in sè", tipico della filosofia continentale,
e il bene come oggetto di desiderio, quindi come relativo al soggetto, che è il concetto tipico
dell'utilitarismo della filosofia anglosassone).
Prima di discutere, si tratta dunque di scegliere la lingua con la quale si vuol discutere...
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 29 Dicembre 2018, 16:47:06 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
... dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).

Affermare la neutralità delle chiavi di lettura è assai poco relativistico  :P  ;D Il relativismo etico è una chiave a bias che apre anche porte etiche e ideologiche.
Il relativismo non è, secondo me, una chiave di lettura neutrale: il fatto che non sia valutativo, non implica sia neutrale, anzi, la neutralità sarebbe comunque una valutazione, quindi contraddittoria (sempre la solita questione dei livelli logici  ;) ). Il relativismo suggerisce che la valutazione è sempre immanente e interna ai criteri di ogni etica, non che «un'etica vale un'altra», né che un'etica non possa giudicare un'altra (pur potendolo fare solo inevitabilmente con i suoi propri criteri).

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Il piano inclinato tra relativismo etico e etica relativistica purtroppo non è una fallacia logica.
Per me, è insensato parlare di «etica relativistica»: proprio come l'ateismo dichiara in cosa non crediamo, ma non in cosa crediamo, parimenti etica relativistica allude a ciò che non è il suo contenuto (valori assoluti, trascendenti, etc.), ma non a ciò che essa identificherebbe come «bene», «giusto», etc. che è un requisito indispensabile per poter essere definita come «etica».
Provo con un esempio: di fronte ad un vecchietto che esita ad attraversare la strada (tanto per essere originali  ;D ), chi ha un'etica utilitaristica magari cercherà di dargli una mano sperando in una ricompensa; chi ha un'etica di tipo religioso o umanistico si sentirà spinto ad aiutarlo senza sperare in una mancia; chi ha un'etica edonista lo riterrà una perdita di tempo e proseguirà oltre; chi ha un'etica relativistica... si limiterà a raggiungere l'anziano e sussurrargli "tutto è relativo"?  ;D 
La centralità della prassi (che conoscerai meglio di me) dimostra che non ha senso parlare di «etica relativistica», ma solo (su un altro livello logico) di relativismo etico.

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.
Qui rispondo anche al vacanziero sgiombo: il fatto che tutte le comunità ripudino l'omicidio (pur rendendolo giustificato e legittimo in alcuni casi: guerra, pena di morte, legittima difesa, etc.) non è dovuto alla assolutezza etica del non-uccidere, ma solo dalla sua utilità (si tratta quindi di un'etica utilitaristica) per la stabilità del contesto sociale. La comprovata funzionalità di tale principio etico non lo rende retroattivamente assoluto ed universale, ovvero non universale come lo sono i bisogni primari. Si è già discusso su natura/cultura: è per arbitraria convenzione che uccidere è sbagliato (prima di essere legalmente «reato╗); il fondamento di tale etica è scritto sulla carta (o sulla tradizione orale, per coloro che non scrivono), non nella natura. Non si tratta quindi di un «imperativo etico derivante dalla natura umana» (cit. da sgiombo), bensì dalla cultura umana. Per quanto riguarda la biologia, non confonderei istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza).
Non colgo perché il relativismo dovrebbe essere inadatto a rapportarsi a denominatori comuni interculturali; si tratta solo di un contesto più ampio (tanto per continuare con i motti dell'"apofatismo relativistico": il relativismo non è nazionalismo ;D ).

Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
I meltingpot culturali sono la critica vivente dell'impostazione teorica relativistica: le figli islamiche sgozzate dai padri ne sono la più evidente, e dolorosa, falsificazione. Immagino che il topo relativista avrà le sue belle gatte teoretiche da pelare di fronte a simili eventi. Ma può sempre derubricarli a errore sperimentale e continuare la sua sterile, e sterilizzata, ricerca.
Au contraire, mon amie... proprio nell'incontro fra paradigmi culturali differenti, il relativismo può essere strumento fruibile (ma non l'unico possibile, come dimostrano gli integralismi, i conflitti ideologici, etc.).
Di fronte a un padre che uccide la figlia, lo sfidante "lavoro" del relativista (solo il suo?) è di calibrare le coordinate del contesto del gesto: l'ha uccisa perché lo prescrive la legge di quel popolo? L'ha uccisa perché è un criminale? L'ha uccisa per quali moventi? Qui l'antropologo, lo storico e gli altri "migliori amici del relativista", possono anche uscire con lui dalla biblioteca, indagare (ci vuole pazienza, dote in estinzione) e tratteggiare il quadro dell'evento (forse anche prima che qualcuno da fuori contesto reclami istintivamente di uccidere il padre per "pareggiare i conti").
Al relativista (almeno per come lo dipingo io) interessa più comprendere e contestualizzare adeguatamente un gesto, piuttosto che giudicarlo «giusto» o «sbagliato».
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 17:09:32 PM
I miei fondamenti laici del "bene" li ho elencati qui . In ordine di importanza causale, eziologica, che si incarna in comportamenti etici. Ho pure posto la linea di demarcazione tra etica (prescrittiva: giuridica e comportamentale) e gusto (discrezionale, libero). Cambiano le forme fenomeniche di questo ordine, ma non la sostanza. Ciò che lo nega non è il vaso di pandora relativistico, ma comportamente non etici. Facilmenti dimostrabili pure loro.

L'intrecciarsi tra etica e uguaglianza non è casuale. Dimentichiamoci la "voce della coscienza", la percezione, che ci sono, ma sono puri epifenomeni psicologici e non ci permettono di capire nulla se non percorriamo a ritroso tutto il percorso di educazione etica che inizia con le primissime cure parentali finalizzate a salvaguardare l'alfa di ogni discorso etico: la vita del vivente. Persino quando la nega, in situazioni che non a caso vengono definite come il massimo sacrificio. Capace perfino di mettere d'accordo due visioni etiche distanti come teismo e ateismo. E neppure questo accordo è un frutto arbitrario del caso.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: viator il 29 Dicembre 2018, 17:31:55 PM
Salve Ipazia. Mi inchino alla tua dialettica. Per forma e per contenuti. Ed anche se ti condanna alla minoretarietà. Salutoni.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 18:06:54 PM
Saluti viator. Vedo che ti hanno aperto una discussione su misura. Dacci dentro. Non ti assicuro di essere d'accordo su tutto ciò che hai scritto. Ma potrei sbagliarmi io. Se ne discuterà.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 19:04:21 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 17:09:32 PM
I miei fondamenti laici del "bene" li ho elencati qui . In ordine di importanza causale, eziologica, che si incarna in comportamenti etici. Ho pure posto la linea di demarcazione tra etica (prescrittiva: giuridica e comportamentale) e gusto (discrezionale, libero). Cambiano le forme fenomeniche di questo ordine, ma non la sostanza. Ciò che lo nega non è il vaso di pandora relativistico, ma comportamente non etici. Facilmenti dimostrabili pure loro.

L'intrecciarsi tra etica e uguaglianza non è casuale. Dimentichiamoci la "voce della coscienza", la percezione, che ci sono, ma sono puri epifenomeni psicologici e non ci permettono di capire nulla se non percorriamo a ritroso tutto il percorso di educazione etica che inizia con le primissime cure parentali finalizzate a salvaguardare l'alfa di ogni discorso etico: la vita del vivente. Persino quando la nega, in situazioni che non a caso vengono definite come il massimo sacrificio. Capace perfino di mettere d'accordo due visioni etiche distanti come teismo e ateismo. E neppure questo accordo è un frutto arbitrario del caso.

Ciao Ipazia
Ci vuol però qualcuno che decida quando l'aria può dirsi salubre (magari coniugando questo con il
diritto al lavoro, cone nel caso di Taranto...); quando il cibo basta ed è da considerarsi di qualità;
quando la tana è da considerarsi confortevole e così via.
E' chiaro che il tuo concetto di "bene" è quello della tradizione europeo-continentale, cioè quello di
un bene inteso come "in sè", e questo ti contrappone frontalmente
con l'altro concetto, quello relativistico e utilitaristico della tradizione anglosassone (che è dell'
amico Phil, naturalmente).
Bene, potrei dire anche di essere d'accordo con te, ma questo non ti toglie affatto le castagne dal
fuoco, perchè l'individuazione di quel qualcosa o qualcuno che dicevo in apertura di risposta pesa
come un macigno sulle tue considerazioni.
E allora: come lo individui? Forse sulla base di non meglio precisate "evidenze"? Forse sulla base
di una "naturalità"; di una "oggettività" che attibuisci a quelli che chiami "fondamenti laici del
bene"?
E se il relativista/utilitarista ti dicesse (magari l'amico Phil te lo dice - non ho sempre letto
tutte i suoi interventi) che per dare da vivere a sei-sette miliardi di persone dobbiamo per forza
scendere a pesanti compromessi sulla salubrità dell'aria, sulla quantità e qualità del cibo e sul
confort della tana?
In altre parole (e parafrasando C.Schmitt); chi o cosa decide nella situazione di emergenza? Chi è,
ovvero, che comanda?
Il relativismo/utilitarismo anglosassone ha una "ricetta" tutta sua (che è a mio parere riassumibile
nella visione filosofica di Von Hayek): il "mercato".
E noi? Noi (mi ci metto pure io, se permetti...) che, voglio dire, non condividiamo nulla di quella
visione cosa proponiamo? Forse il Soviet supremo? Un sovrano "illuminato"? Cosa?
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 20:28:01 PM
Le evidenze sono scientifiche a livello di rigore simile, e forse superiore, a quello che serve a far funzionale il pc. Senza cibo si muore, l'aria tossica e il cibo adulterato uccidono o producono gravi patologie. Il relativismo qui toppa alla grande. Se siamo ridotti a scegliere tra salute e profitto l'etica ha  perso la sua battaglia e siamo precipitati in un piano non-etico. Che lascio ai relativisti.

Che fare ? Individuati i fondamentali umani, bisogna imparare a distinguere i comportamenti etici dai non-etici. Anche il comunismo reale ha avuto comportamenti non-etici. Alcuni giustificabili sulla base del contesto storico, altri del tutto no. Perfino in contrasto con la dottrina. Direi che in campo etico, soprattutto nella sua declinazione politica, siamo all'anno zero. L'utilitarismo capitalistico (inumano) e l'integralismo religioso (alieno) hanno fatto tabula rasa. 
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Citazione di: Phil il 28 Dicembre 2018, 16:26:14 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se mi permetti l'intrusione, la contestualizzazione non inficia  la 'validità universale' di una proposizione.
Voglio dire...se, per esempio, ritengo che in un certo contesto fare l'azione X sia qualcosa di 'giusto' faccio comunque un giudizio di valore. In pratica invece di dire "l'azione X è giusta" dico "l'azione X è giusta in questo contesto" - nel secondo caso, introduco una qualificazione ma questo non mi fa concludere che ritengo tale giudizio valore vero solo per me. Contestualizzare non implica il relativismo. Anzi.
Per me è invece il fondamento del relativismo: se dico che «fare x è giusto», allora «chi non fa x, o fa non-x, sbaglia» (a prescindere da latitudine ed epoca); se invece dico che «fare x è giusto solo nel contesto y», significa che «non fare x nel contesto k, non è sbagliato».
Ciò che si "perde" passando dall'una all'altra è l'universalità, l'assolutismo, l'assiomaticità (e non mi pare cambiamento da poco  ;) ). La conseguenza è che non avrò motivi assoluti né alibi etici per fare guerra contro chi «non fa x», o «fa non-x» (e si ritorna al suddetto «magari» di Sariputra).


















Ciao Phil,

Per te è il fondamento del relativismo. Lo sapevo già. Per me no. Non vedo alcuna implicazione logica per cui contestualizzare implica il relativismo.
Nella 'Relatività Generale', per esempio, si dice "le leggi della fisica sono le stesse in ogni sistema di riferimento" oltre a dire che i valori di distanze spaziali e durate temporali variano a seconda del riferimento. E, onestamente, considero la Relatività come un perfetto esempio di saper contestualizzare e al tempo stesso non essere 'relativisti' (a dispetto della sfortunata coincidenza tra i nomi). Quindi, in realtà si perderà pure l'universalità su certe cose. Ma non necessariamente su tutte.

Al massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica  :)


Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
L'etica relativista non esiste. Se esistesse, si dovrebbe introdurre una meta-prospettiva etica che giudica tutte le altre.
PHIL
Lieto di essermi fatto comprendere  
:)
Bene. Ciononostante, tu hai preferenze. Dici per esempio https://www.riflessioni.it/logos/tematiche-filosofiche-5/l'origine-della-diseguaglianza/msg28142/#msg28142:

CitazioneSarebbe anomalo se dicessi che secondo il relativismo ciò è un bene o un male (ovviamente quando dico «magari», non lo dico in nome del relativismo, ma del mio personale punto di vista; sono un tipo pacifico  (https://www.riflessioni.it/logos/Smileys/default/smiley.gif) ).

Quindi tu sei un tipo pacifico. Eccellente! ;)

Un altro potrebbe non esserlo, però  :(  Quindi alla fine dei conti, il relativismo si dimostra per quello che è: un'etica individualista (dove con 'individuo' posso intendere singola persona o singola società) dove alla fine vale il principio 'de gustibus'.  Così si scopre che, per esempio, Martin Luther King non aveva 'ragione' a combattere contro le discriminazioni visto che la cultura dell'America di allora non può dirsi né migliore né peggiore di quella meno discriminatoria di oggi. Più precisamente, ora che condividiamo il pensiero di King diciamo che ha 'ragione'. In una società razzista invece ha 'torto'. Se accettiamo il relativismo, dunque, dobbiamo riconoscere che una società razzista ha le sue ragioni, magari è figlia del suo tempo e quindi non possiamo considerarla 'ingiusta'...a me onestamente, sembra una conclusione assurda. Ma di certo non sarò io ad obbligarti di cambiare idea  ;D

E se uno è relativista e non è 'un tipo pacifico' come puoi fargli cambiare idea? :o potrebbe proprio usare il relativismo per dire di non aver fatto niente di 'male'. Col relativismo si può avere anche una giustificazione dei peggiori crimini, secondo me!
Dovresti saper dimostrare che la lettura 'relativista' genera veramente la pace. Non credo che ciò sia possibile...anche perché altrimenti, dovresti dire che tutti desiderano la pace o che tutti se accettano il relativismo diventano pacifici. Il che mi sembra un'ipotesi assurda.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
E perché mai dovrebbe essere 'relativismo' un approccio fondato su storia ed antropologia? Semmai, assomiglia ad un approccio 'a tentativi ed errori'. Ma di relativismo qui non c'è traccia.

PHIL
Perché nel momento in cui la storia non ha ancora trovato il sacro Graal del fondamento etico definitivo e infalsificabile, e finché l'antropologia spiega e analizza i differenti contesti sociali e culturali, il relativismo ha i suoi fondamenti (altrimenti, come chiedevo senza successo ad
Ipazia: su cosa si fonda?).
Il riferimenti «a tentativi ed errori» va contro tali constatazioni poiché esprime già un giudizio di valore, e quindi presuppone un meta-criterio valutativo (che farà parte di storia e antropologia, essendo contestualizzato, e il cerchio si chiude  ;) ).

Il cerchio non si chiude affatto. In fin dei conti, dopo aver eliminato ogni 'autorità' (dove la parola 'autorità' va intesa sia in senso letterale che figurativo...) non rimangono che i gusti personali o delle singole società. Che sono arbitrari.



Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,
PHIL
Non sono affatto qui per questo
:)
Punto discutibile. Visto che, secondo te, l'assolutismo produce etiche 'da gatto' e a quanto pare a te non piacciono  ;)



Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMdevi parlarci delle sue qualità e dirci perché sono migliori delle altre. Ma se introduci un tale giudizio di valore, non rientri più nell'ambito del relativismo.
PHIL
Infatti dicevamo che il relativismo è solo una chiave di lettura, non di valutazione (
Ipazia avrà ormai il mal di testa per tutte le volte che me l'ha sentito dire  ;D ).


Il tuo 'relativismo' certamente è una chiave di lettura. Però, fare valutazioni è necessario e, quindi, in ultima analisi non vedo l'utilità del relativismo.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMInoltre, ci sono anche molte somiglianze tra le 'etiche' dell'antichità (oltre ad innegabili differenze) quindi non vedo come la Storia e l'Antropologia possano dare molti argomenti a favore al relativismo.
PHIL
La storia e l'antropologia raccontano che ogni etica è relativa, immanente, legata alla propria società ed epoca di riferimento, ma fuori da queste coordinata non ha valore, non è quindi assoluta. Questo è relativismo (
re-latus, ri-portato al suo proprio contesto).
E come spieghi le analogie tra etiche prodotte in contesti differenti? Come spieghi, per esempio, il fatto che l'etica di M.L.King era basata su quella Cristiana che si è originata circa 1900 anni prima? Concentrarsi solo sulle differenze è una lettura estremistica tanto quanto concentrarsi solo sulle analogie. Una via di mezzo, no?  ;)

Non si può negare che i contesti siano mutati! E qui concordo con te  ;) ma allo stesso tempo bisogna anche riconoscere che non siamo totalmente cambiati. Il contesto sarà pure evoluto e l'etica (definita splendidamente da Platone nella Repubblica "una cosa non da poco, ma come dovremmo vivere") sarà mutata in qualche aspetto. Ma ritenere che non ci siano cose che rimangono uguali nel tempo mi sembra abbastanza assurdo. Mi sembra una lettura completamente estrema. Per carità, una lettura possibile. Ma non certo l'unica possibile. E per quanto mi riguarda, una lettura molto insoddisfacente.  

Phil, non voglio veramente essere polemico con te. Ma appellarsi al mutamento dei contesti per dire che niente rimane uguale, mi sembra esagerato. Una lettura molto tendenziosa delle cose.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
'Relativismo' significa che non ci sono verità universali.
PHIL
Questa è una definizione basata su una lettura assolutistica del relativismo, ovvero si cerca di rintracciare un assoluto nel relativismo (gesto che i relativisti non hanno motivo di fare  
;) ). Il relativismo dice semmai che anche questa affermazione è relativa al contesto di riferimento e quindi non è universale (ma vale solo qui ed ora) e, soprattutto, non è in conflitto con chi dice (sempre qui ed ora) che ci sono verità universali, trattandosi di due prospettive ognuna relativa, fondata e coerente con i propri assiomi di partenza (come saprai meglio di me  ;) ).
Per come lo leggo io, in chiave anche etimologica (come accennavo sopra), il relativismo non ha motti assolutistici, ma si limita a ri-portare (re-ferre da cui re-latus) ogni giudizio (di valore, di verità o altro) al suo relativo contesto.

Non credo di conoscere la logica meglio di te, anzi  ;)


Il punto che voglio sollevare, Phil, è che l'etica è una necessità umana. Ognuno di noi, in fin dei conti, vive in un certo modo e ha un senso personale di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato magari influenzato dal suo contesto culturale, sociale ecc ma al tempo stesso, è necessario per noi comportarci in un certo modo. E pensare che gli insegnamenti, per esempio, di Confucio possano avere qualche 'utilità' (di varia natura) è un argomento a favore del fatto che c'è qualcosa di 'invariante' nell'etica (così come c'è in Fisica...). Dire che l'etica è solo 'figlia' della Storia significa trascurare proprio il fatto che il mutamento che avviene nella Storia non è totale, ma parziale. Quindi, per quello che può valere la mia opinione, secondo me il tuo approccio è troppo 'estremo'.

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMSe così fosse vero, non potremmo dire, ad esempio, che i totalitarismi del novecento di destra e di sinistra (o di matrice religiosa, di matrice laica o quant'altro) erano veramente ingiusti
PHIL
Non possiamo dirlo senza usare una prospettiva etica; si tratta di una prospettiva relativa al nostro punto di vista oppure è assoluta? Parliamo di opinioni figlie del loro tempo o di Verità?

Credo che certe cose come schiavitù, repressione del diritto della parola ecc siano cose ingiuste. E credo che lo erano anche nelle società in cui sono state praticate (anche se, magari, la gente è stata educata fin dalla nascita ad accettare la 'schiavitù' come qualcosa di giusto). Ritengo che certe cose sono semplicemente ingiuste e per questo motivo spero che questo verrà insegnato anche nelle prossime generazioni. Quindi, sì, in questo caso ritengo che siano veramente ingiuste e che questo mio giudizio non è semplicemente 'figlio del tempo'. Nonostante ciò, riconosco che per altre cose, questo discorso non vale.
In sintesi, ritengo che alcune verità siano veramente 'valide universalmente' (e quindi in ogni tempo) anche se, per esempio, intere società possano  legalizzare la 'schiavitù'. Non posso dimostrarti che "la schiavitù è ingiusta". Siccome questo tuo relativismo nasce (secondo me) da un profondo scetticismo, capisco che la mia risposta non potrà soddisfarti. E che, in realtà, un accordo tra noi due non si raggiungerà. Però, secondo me tu sbagli nel ritenere che ogni cosa in campo etico sia valida solo in un determinato contesto e che una morale 'assolutistica' non possa contestualizzare  :) infatti, per quanto mi riguarda, ritengo che sia utile anche in campo etico parlare di 'ipotesi di lavoro' vista la limitatezza dell'uomo.

Secondo me, usando un'espressione usata in un altro contesto, tu ti concentri troppo sull'aspetto di 'rottura'. Dovresti tenere in considerazione sia l'aspetto della 'rottura' che quello della 'continuità' anche nel campo dell'etica :) 

Personalmente, l''invarianza' di certe cose in campo etico ha implicazioni molto profonde...Ma preferisco non parlarne  ;)

Citazione
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PMTogliere 'gerarchie' di qualsiasi tipo tra le varie prospettiva è relativismo. Ma la semplice contestualizzazione non implica affatto il relativismo  :)
PHIL
Infatti il relativismo si basa sulla contestualizzazione, non coincide con essa.

Concordo in pieno  ;)



Citazione
P.s.
Citazione di: Sariputra il 28 Dicembre 2018, 16:01:57 PM
E' una forma di 'passivismo' a questo punto...
«Attivismo» e «passivismo» sarebbero pertinenti se stessimo parlando di un'etica. Se parliamo invece di una chiave di lettura (non di azione, di mutamento, di intervento, etc.), non ha senso parlare di attività/passività. Lo storiografo che studia le sue fonti antiche o l'antropologo che osserva e indaga, sono passivi nei confronti del raggiungimento di un mondo migliore, o fanno il loro lavoro di analisi, i cui risultati forse impatteranno il mondo?
Vogliamo rimproverare ai medici di non andare pure a spegnere gli incendi? A ciascuno il suo  ;D


Phil, il punto è che comunque si agisce che ci possa piacere o no questo fatto. Quindi, è la necessità che ci impone di dover scegliere, di dover fare valutazioni. Quindi, potrai avere un approccio 'distaccato' e dire che la tua è una chiave di 'lettura' anziché di valutazione. Ma, al tempo stesso, ritengo impossibile che si possa fare a meno di valutare. Quindi se la necessità ci impone di fare valutazioni, ci impone di dover parlare di etica e di giudizi di valore. Per questo motivo, limitarsi ad una 'chiave di lettura' mi pare quasi una fuga nel senso che si rifiuta il fatto che si devono fare valutazioni, si deve cercare di scoprire come comportarsi e così via  :)


Detto ciò, non penso di averti convinto. Mi aspetto che mi dirai che io continuo a parlare di 'valutazioni' e la tua è una chiave di 'lettura'. D'altro canto, sarà pure un limite mio ma non vedo come si possa riuscire a vivere senza dover fare valutazioni (e ahimè devo riconoscere la mia enorme limitatezza anche in questo  :-[).


Ciao!

Auguri di buon 2019 a tutti :D
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 14:13:19 PM
Due cose. Quando ho scritto:

CitazioneAl massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica :) 
Avrei dovuto scrivere che non trovo un'argomentazione che mi fa concludere che sia quella esatta. 

E quando ho scritto:
CitazioneCosì si scopre che, per esempio, Martin Luther King non aveva 'ragione' a combattere contro le discriminazioni visto che la cultura dell'America di allora non può dirsi né migliore né peggiore di quella meno discriminatoria di oggi. 

Quindi quel 'meno' poteva sembrare troppo riduttivo visto che ai tempi di King le discriminazioni erano legali...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 30 Dicembre 2018, 15:08:31 PM
Ubi maior, minor cessat. Posso mettera la gatta al caldo vicino alla stufa perche il gatto apeiron, con molto più garbo di lei, ha raccontato le contraddizioni della non-etica relativista. Naturalmente il topo Phil, dopo un passata in biblioteca, potrà arrampicarsi su queste contraddizioni e mostrarci il mondo dal suo "tetto". Sempre che questi comuni mortali, in odore di assolutismo etico, ritenga degni.

Invece vi racconto un'altra storia. Pascolando con sci da fondo sull'unica, bella e impossibile, pista dell'Altopiano innevata, mi è venuto un pensiero di quelli nicciani all'aria aperta coi muscoli, seppur arrancanti, in movimento: il principe illuminato, suggerito da Ox. Perchè no ?

Perchè non dare una chance alla morale dei signori di quell'altro bello e impossibile impazzito a forza di filosofare. Magari, facendo uno sgarbo a lui e a sgiombo, tirando l'acqua alle ragioni dell'ugualitarismo e al contempo spiazzando il relativismo e tirando infine la volata al diritto naturale. Perchè la natura, tra un casino evoluzionistico e l'altro, produce i geni. Dentro il DNA e dentro il cervello umano. Trascurando l'eventuale correlazione, resta il fatto che i geni del secondo tipo ci sono. E dobbiamo a loro se il mondo è più bello e vivibile di come sarebbe senza di loro. Ammettiamo pure che, di primo acchito, porterebbe acqua al mulino della disuguaglianza. Ma è davvero così ? Lo vediamo dopo.

Per ora dobbiamo prendere atto che la natura produce i geni e che questi in ogni epoca e tipo di società sono stati corteggiati ed hanno funzionato alla grande. Siamo quindi di fronte ad una costante antropologica disuguale, capace di fondare contenuti etici senza lasciarci influenzare dai nostri pregiudizi ideologici. Il genio sfonda pure i pregiudizi di classe delle società più classiste: il calderaio Lisippo, il pastorello Giotto, lo scalpellino Palladio. Ma quanti Lisippo, Giotto, Palladio ci siamo persi per strada a causa delle loro umili origini sociali ? Anche l'incontestabile disuguaglianza naturale, per esprimere compiutamente la sua potenza creatrice necessita di uguaglianza sociale. Di uguaglianza, almeno nell'età evolutiva, dei blocchi di partenza. Strano che l'Anticristo, il Dioniso dell'ottocento, non ci abbia pensato.

Il principe illuminato è un genio che ha dominato il suo tempo anticipandone i desideri. Purtroppo ce ne sono pochi e quando capitano coloro che li circondano spesso bastano e avanzano per mandare tutto a ...
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Phil il 30 Dicembre 2018, 15:27:53 PM
Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 14:13:19 PMQuando ho scritto:
CitazioneAl massimo, tu puoi dire che la lettura relativista è una possibile lettura della contestualizzazione. Ma nei tuoi argomenti difficilmente trovo una vera dimostrazione che sia l'unica :)
Avrei dovuto scrivere che non trovo un'argomentazione che mi fa concludere che sia quella esatta.
Non la trovi, perché non è ciò che credo né che intendo argomentare  ;D
Che la lettura relativistica sia "esatta" è un non senso per il relativismo stesso (come ho spiegato in precedenza al post 135, confutando l'assolutizzazione del relativismo).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Per te è il fondamento del relativismo. Lo sapevo già. Per me no. Non vedo alcuna implicazione logica per cui contestualizzare implica il relativismo.
Certo, infatti per me contestualizzare non porta solo al relativismo (non credo di averlo mai affermato), ma il relativismo si basa sul contestualizzare (questo l'ho ripetuto forse troppo  :) ). 
Praticamente è la differenza fra (x=relativismo, y=contestualismo):
x->y; x;  ⊢ y (modus ponens; ovvero "se sono relativista allora sono contestualista", "sono relativista", dunque "sono contestualista")
e
x->y; -x;  -y (ovvero "se sono relativista allora sono contestualista", "non sono relativista", dunque "non sono contestualista") che è una fallacia logica detta «negazione dell'antecedente».
Quindi si può essere contestualisti senza essere relativisti (a memoria, non mi pare averlo negato), ma non si può essere relativisti senza essere contestualisti (e qui c'è il legame fra i due, basato su antropologia, storiografia, etc.).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Se accettiamo il relativismo, dunque, dobbiamo riconoscere che una società razzista ha le sue ragioni, magari è figlia del suo tempo e quindi non possiamo considerarla 'ingiusta'...a me onestamente, sembra una conclusione assurda.
«Assurda» sul piano (antropo)logico o su quello valoriale? Il relativismo (come l'assolutismo) è su un piano meta-valoriale.
Che il relativismo non sia un'etica l'ho già argomentato (v. post 151 con la domanda inevasa: chi ha un'etica relativista, che fa di fronte al vecchietto? Se non riusciamo a dirlo è perché equivale alla domanda: chi ha un'etica assolutistica che fa? Non c'è risposta perché siamo sul piano meta-etico, non etico).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Dovresti saper dimostrare che la lettura 'relativista' genera veramente la pace.
Come mai ancora questo «dovresti»? La mia tesi non è che il relativismo (com)porta sempre la pace, la pace è solo un mio personale «magari!» abbinato al relativismo (non immolarmi a "incarnazione umana del relativismo" solo perché non lo critico... distinguiamo i piani anche qui: diamo a Phil quello che è di Phil e al relativismo quello che è del relativismo  ;) )

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
In fin dei conti, dopo aver eliminato ogni 'autorità' (dove la parola 'autorità' va intesa sia in senso letterale che figurativo...) non rimangono che i gusti personali o delle singole società. Che sono arbitrari.
Più che «eliminato», semmai contestualizzato... non facciamo dei relativisti gli emuli dei rivoluzionari anarchici  ;D
Sul fatto che non siano qualunquisti (o menefreghisti), ne ho già parlato (perdona questi rimandi, ma capirai che sto ripetendo quello che ho già detto ad altri  :) ).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Citazione di: Apeiron il 28 Dicembre 2018, 15:14:29 PM
Se ci vuoi convincere della superiorità del relativismo,

PHIL
Non sono affatto qui per questo
:)
Punto discutibile. Visto che, secondo te, l'assolutismo produce etiche 'da gatto' e a quanto pare a te non piacciono  ;)
Constatare che l'assolutismo ha prodotto gatti e il relativismo in sé è roba da topi, è ben diverso dal gerarchizzare il relativismo mettendolo "sopra" l'assolutismo: il relativismo contestualizza, non valuta! Solita questione dei piani logici... ormai mi avete fatto diventare architetto  :)  
Che poi io possa soggettivamente valutare (preferendo i topi ai gatti), è la conferma che Phil non è il relativismo, ovvero che un essere umano non si riduce a una posizione meta-etica.

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Il tuo 'relativismo' certamente è una chiave di lettura. Però, fare valutazioni è necessario e, quindi, in ultima analisi non vedo l'utilità del relativismo.
E vedi bene (sul piano dell'utilità): spesso viene demonizzato e individuato come "nemico di default", sopravvalutandone il valore e la portata esegetica... anche se fra un po' gli imputeremo persino l'estinzione dei dinosauri e la nascita dell'Hiv, per me resta solo una semplice chiave di lettura (da topo, non da gatto, quindi deludente per chi ha un animo felino).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
E come spieghi le analogie tra etiche prodotte in contesti differenti?
Perché il relativismo dovrebbe mal digerire il ripresentarsi di contesti e valori etici simili? Ad ogni contesto la sua analisi contestuale, non importa se è un dejà vu.
Chiedo di nuovo: conosciamo davvero il nostro "nemico"?

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Ma ritenere che non ci siano cose che rimangono uguali nel tempo mi sembra abbastanza assurdo.
Ti riferisci a un mio post? Affermare l'ovvietà che i contesti (storici, culturali, etc.) cambiano, non comporta logicamente negare la possibilità che alcuni, mutatis mutandis, si ripresentino o magari mutino più lentamente o ci siano denominatori comuni transculturali (ho già parlato molto dei bisogni primari universali, etc. della distinzione natura/cultura, etc. che non mi sembra il relativismo etico voglia rinnegare, anzi, con la complicità delle già citate discipline, li usa piuttosto come basi delle proprie argomentazioni...).
So che il tentare (almeno ci provo!  ;D ) di essere rigorosi logicamente talvolta espone alla sbrigativa accusa di sofismo... tuttavia resto fiducioso che chi muova l'accusa riesca poi a spiegare in cosa consiste il sofismo, così da poter risolvere l'eventuale malinteso (altrimenti è come dire a qualcuno che si sbaglia, senza aiutarlo a capire "dove").

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Ma appellarsi al mutamento dei contesti per dire che niente rimane uguale, mi sembra esagerato.
Non ti seguo: «niente rimane uguale» quando l'ho sostenuto? Cosa intendi per «niente»?

Sulla tua visione etica di valori e verità universali (quindi scendendo "giù" dal piano meta-etico), non ho nulla da obiettare: è la tua prospettiva e, essendo l'etica qualcosa di infalsificabile, ne prendo atto in quanto opinione comunque argomentata (pur non condividendola in toto).

Citazione di: Apeiron il 30 Dicembre 2018, 12:35:32 PM
Quindi, potrai avere un approccio 'distaccato' e dire che la tua è una chiave di 'lettura' anziché di valutazione. Ma, al tempo stesso, ritengo impossibile che si possa fare a meno di valutare. [...] non vedo come si possa riuscire a vivere senza dover fare valutazioni
Il relativismo è una chiave di lettura, ma io, in quanto uomo, ho ovviamente una prospettiva etica non di "sola lettura" ma valutativa (proprio come tu hai la tua, solo che la mia è differente e decisamente, ulteriormente, off topic  ;D ).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Sariputra il 30 Dicembre 2018, 18:35:52 PM
Citazione di: Ipazia il 30 Dicembre 2018, 15:08:31 PMUbi maior, minor cessat. Posso mettera la gatta al caldo vicino alla stufa perche il gatto apeiron, con molto più garbo di lei, ha raccontato le contraddizioni della non-etica relativista. Naturalmente il topo Phil, dopo un passata in biblioteca, potrà arrampicarsi su queste contraddizioni e mostrarci il mondo dal suo "tetto". Sempre che questi comuni mortali, in odore di assolutismo etico, ritenga degni. Invece vi racconto un'altra storia. Pascolando con sci da fondo sull'unica, bella e impossibile, pista dell'Altopiano innevata, mi è venuto un pensiero di quelli nicciani all'aria aperta coi muscoli, seppur arrancanti, in movimento: il principe illuminato, suggerito da Ox. Perchè no ? Perchè non dare una chance alla morale dei signori di quell'altro bello e impossibile impazzito a forza di filosofare. Magari, facendo uno sgarbo a lui e a sgiombo, tirando l'acqua alle ragioni dell'ugualitarismo e al contempo spiazzando il relativismo e tirando infine la volata al diritto naturale. Perchè la natura, tra un casino evoluzionistico e l'altro, produce i geni. Dentro il DNA e dentro il cervello umano. Trascurando l'eventuale correlazione, resta il fatto che i geni del secondo tipo ci sono. E dobbiamo a loro se il mondo è più bello e vivibile di come sarebbe senza di loro. Ammettiamo pure che, di primo acchito, porterebbe acqua al mulino della disuguaglianza. Ma è davvero così ? Lo vediamo dopo. Per ora dobbiamo prendere atto che la natura produce i geni e che questi in ogni epoca e tipo di società sono stati corteggiati ed hanno funzionato alla grande. Siamo quindi di fronte ad una costante antropologica disuguale, capace di fondare contenuti etici senza lasciarci influenzare dai nostri pregiudizi ideologici. Il genio sfonda pure i pregiudizi di classe delle società più classiste: il calderaio Lisippo, il pastorello Giotto, lo scalpellino Palladio. Ma quanti Lisippo, Giotto, Palladio ci siamo persi per strada a causa delle loro umili origini sociali ? Anche l'incontestabile disuguaglianza naturale, per esprimere compiutamente la sua potenza creatrice necessita di uguaglianza sociale. Di uguaglianza, almeno nell'età evolutiva, dei blocchi di partenza. Strano che l'Anticristo, il Dioniso dell'ottocento, non ci abbia pensato. Il principe illuminato è un genio che ha dominato il suo tempo anticipandone i desideri. Purtroppo ce ne sono pochi e quando capitano coloro che li circondano spesso bastano e avanzano per mandare tutto a ...

Voglio di nuovo gioia nel mio cuore...
Penso di capire come ti sei sentita...
Se tutti potessero godere di questa gioia è un desiderio "troppo assolutistico" ?... :(
Ieri , andando a passeggio sulle colline ghiacciate, mi sono imbattuto in una casa, piuttosto vecchia, la quale sul cancello aveva affisso un cartello: "Vietato lamentarsi" - e sotto- "Hai un tetto sopra la testa, del cibo per stasera e qualche spicciolo nel portafogli? Allora fai parte del 25% dell'umanità fortunata. Non lamentarti!"...
Pensare che, tra il rimanente 75% ci potrebbero essere i "migliori" di noi (ops!Scusa Phil, ho usato l'aggettivo migliori... ;D ) ma che mai avranno la possibilità di dimostrarlo, coprendoci occhi ed orecchi perché "tanto è tutto relativo"... e se lo è ben posso godermi i miei spiccioli...è terribile!...E che sia tutto relativo, escludendo ovviamente il proprio portafogli  ;) , purtroppo lo pensano coloro che governano 'sto mondo...


... dagli anni '70 del secolo scorso negli Stati Uniti la dinamica dei redditi del 90% meno ricco della popolazione è rimasta sostanzialmente stagnante, mentre i redditi dell'1% più ricco della popolazione sono cresciuti di oltre quattro volte. Stiglitz sottolinea che tale andamento non ha giustificazioni economiche (legate, ad esempio, ad aumenti di produttività), ma riflette posizioni di potere che hanno dato luogo a rendite immotivate. Un caso emblematico è rappresentato dall'esorbitante crescita dei redditi degli amministratori delegati di banche e società americane che sono poi risultate sull'orlo del fallimento.

Anche in Europa, nello stesso periodo, si assiste ad una dinamica analoga, sebbene emergano significative differenze tra Paesi. Ad esempio, l'aumento del divario tra i redditi dell'1% più ricco e del 90% meno ricco della popolazione è particolarmente accentuato nel Regno Unito, mentre in Italia, Francia e Spagna il fenomeno è più contenuto

La dinamica della disuguaglianza è ancora più eclatante se si considera la quota di reddito complessivo appropriata dall'1% più ricco della popolazione. ..a partire dagli anni '70 nella maggior parte dei Paesi avanzati si rileva un progressivo aumento della quota di reddito dell'1% più ricco della popolazione. Nel 2015, negli Stati Uniti il top 1% si appropria di circa il 18% del reddito complessivo, mentre tale quota è pari a circa il 13% in Regno Unito, Germania e Canada e a circa il 10% in Italia, Francia e Giappone.

Stiglitz evidenzia che la disuguaglianza dei redditi non implica solo ingiustificate sperequazioni di reddito, ma si traduce anche in disuguaglianze di opportunità. Contrariamente al mito del sogno americano, gli Stati Uniti sono il Paese avanzato in cui le prospettive di vita individuali sono maggiormente condizionate dal reddito dei genitori. Inoltre, le disuguaglianze nei redditi sono correlate ad inique condizioni di accesso a beni fondamentali, quali, ad esempio, la Giustizia e la Sanità. In particolare, tra gli americani appartenenti alle classi meno abbienti si sta osservando un preoccupante aumento della mortalità e una quota crescente di decessi è dovuta a suicidi e abuso di alcool e droghe.



Nella ricerca di modelli economici in grado di spiegare la disuguaglianza, Stiglitz segnala, innanzitutto, che la cosiddetta "trickle down economics", secondo la quale avvantaggiare le classi più abbienti avrebbe di per sé effetti positivi su tutta la società, non appare dimostrata. Al contrario, le economie che presentano livelli di disuguaglianza più contenuti hanno migliori perfomance. Inoltre, anche la legge di Kuznets, secondo cui nello stadio iniziale di sviluppo di un'economia si verifica un aumento delle disuguaglianze e successivamente, dopo aver raggiunto un certo sviluppo, le disuguaglianze si riducono, sembra smentita.

La spiegazione proposta da Stiglitz delle crescenti disuguaglianze fa dunque capo al processo di "riscrittura delle regole del gioco", iniziata tra gli anni '70 e '80, che ha consentito la creazione di rendite. In generale, abbiamo assistito ad una "finanziarizzazione dell'economia", a una cattiva gestione della globalizzazione e a una riduzione della concorrenza. Conseguenze rilevanti si sono quindi avute in termini di instabilità finanziaria ed economica e maggiore concentrazione delle risorse economiche. Una delle forme più evidenti di rendita creatasi in questo processo ha riguardato le grandi corporations, nelle quali il top management ha sfruttato il proprio potere per accaparrarsi vantaggi, spesso in nome di retribuzioni incentivanti che hanno sottratto risorse agli investimenti..

Al contempo, le modifiche dei sistemi fiscali e la deregolamentazione dei mercati hanno portato benefici soltanto ad una esigua minoranza, accrescendo le disuguaglianze e rallentando la crescita. In termini di coesione sociale, l'inasprirsi delle disuguaglianze ha condotto alla perdita di fiducia nelle istituzioni, nel sistema economico e politico.



tratto da:

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: baylham il 31 Dicembre 2018, 12:00:36 PM
Alle origini della disuguaglianza aggiungerei il caso, contro il quale non c'è politica o ideologia che tenga.

Sebbene condivida molte analisi e proposte di Stiglitz, la candida ingenuità dei tardo keynesiani sulla possibilità di controllo di un sistema economico, di stabilizzarlo e di ridurre le disuguaglianze è veramente stupefacente.
Infatti credono che i grandi capitalisti o le classi dirigenti abbiano questo potere, per cui basta un cambio di politica per risolvere i problemi.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 31 Dicembre 2018, 13:42:15 PM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 20:28:01 PM
Le evidenze sono scientifiche a livello di rigore simile, e forse superiore, a quello che serve a far funzionale il pc. Senza cibo si muore, l'aria tossica e il cibo adulterato uccidono o producono gravi patologie. Il relativismo qui toppa alla grande. Se siamo ridotti a scegliere tra salute e profitto l'etica ha  perso la sua battaglia e siamo precipitati in un piano non-etico. Che lascio ai relativisti.

Che fare ? Individuati i fondamentali umani, bisogna imparare a distinguere i comportamenti etici dai non-etici. Anche il comunismo reale ha avuto comportamenti non-etici. Alcuni giustificabili sulla base del contesto storico, altri del tutto no. Perfino in contrasto con la dottrina. Direi che in campo etico, soprattutto nella sua declinazione politica, siamo all'anno zero. L'utilitarismo capitalistico (inumano) e l'integralismo religioso (alieno) hanno fatto tabula rasa.

Ciao Ipazia
Senza cibo o con cibo di scarsa qualità si muore (prima), ma chi o che cosa stabilisce quando un
alimento è da considerarsi di qualità e quantità accettabile?
Stessa cosa dicasi per la qualità dell'aria o per il confort della "tana": chi o cosa dice quando
l'aria è da considerarsi sufficientemente pulita? Chi o cosa dice se è confortevole una "tana" da
50 metri quadrati o da 400?
No, da (estremo) critico dell'economia mercatistica dico che non possono esistere "evidenze",
"scientificità" e "assolutismi" in questi argomenti, e che il discorso politicamente affrontato in
questi termini è perdente in partenza.
Perchè, ritengo, il problema è essenzialmente un problema di "misura"...
Tempo fa, in un'altra discussione, citavo una storia curiosa di una coppia di anziani nell'URSS
ai tempi di Breznev.
Il marito, pluridecorato ed eroe della Seconda Guerra Mondiale, era letteralmente sepolto di
onoreficienze, e la moglie affermava che era per questo invidiata da tutto il vicinato.
Vivevano in un minuscolo appartamento, senza nessuno di quei "lussi" cui noi siamo abituati.
E allora dico: la ricompensa del "giusto merito" dev'essere una ventina di patacche placcate
d'oro o dev'essere un conto in banca con svariate decine di zeri?
Probabilmente, chissà, qualcosa nel mezzo, forse...
Perchè ha sommamente ragione l'amico Baylam qui sopra; questo "sistema" è ciò che si è venuto
a formare in secoli di mutamenti culturali e financo antropologici, e non è pensabile di
cambiarlo con un pò di politica "spiccia" (o perlomeno non è pensabile di farlo facilmente).
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 31 Dicembre 2018, 14:05:19 PM
Citazione di: Sariputra il 30 Dicembre 2018, 18:35:52 PM

"La disuguaglianza è una scelta politica" di  Alessandra Cataldi e Eleonora Romano



Namaste


Ciao Sariputra
Mi limito a commentare il titolo del saggio di cui riporti interessanti brani...
"La diseguaglianza è una scelta politica": no, come dico sopra in risposta ad Ipazia il "sistema"
è prima di tutto un sistema culturale e, forse, perfino antropologico (per cui concordo con
Baylam sull'estrema difficoltà di cambiarne anche solo qualche aspetto marginale).
Ed è, come ovvio, un "sistema" improntato alla più profonda diseguaglianza ed ingiustizia.
Che dire (nel mare di cose che ci sarebbero da dire)? Già P.Sraffa letteralmente demolì i pilastri
della teoria dell'equilibrio perfetto dei mercati, che dal punto di vista economico reggono un
pò tutta l'impalcatura del "sistema". Ma Sraffa è stato presto dimenticato, ed il solo a
riconoscerne il valore scientifico fu, guarda caso, proprio quel P.Samuelson che della teoria
dell'equilibrio perfetto è stato fra i padri.
Il "sistema" ha fatto della scienza (non solo di quella economica) un articolo di fede; e un
articolo di fede non si può smentire (per cui Sraffa è finito all'inferno...).
Tutta la teoria del "mercato" ha fondamenti fideistici, a partire naturalmente dalla "mano
invisibile" del Reverendo A.Smith, che per magia sistema gli utili individuali in utile
collettivo...
Lo sanno tutti (quelli che lo vogliono sapere), ma tutti fanno finta di nulla...
saluti
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 31 Dicembre 2018, 14:30:01 PM
@Ox

Se non vado errato, mi pare esista una scienza denominata nutrizionistica e un'altra denominata tossicologia con una specializzazione di tipo alimentare. Sempre di sapere umano si tratta, ma facilmente asseverabile lasciando uno senza cibo o mettendogli il cianuro nel caffè.

Certo che le soluzioni politiche non sono dietro l'angolo, ma neppure lasciarsi marcire è la soluzione. Finchè non provvederà il padreterno saremo noi umani a dover trovare le soluzioni. Tertum, quartum, quintum, non datur. Secondum sì: la natura.

Citazione di: nativo nordamericanoQuando avrete abbattuto l'ultimo albero, pescato l'ultimo pesce, inquinato l'ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro.

Sperando di essere rimasta in tema senza eccessi beffardi e supponenti ti auguro Buon Anno. Ops: ma se sei superstizioso ritiro gli auguri e facciamo  finta di niente. Fosse mai che gli auguri delle donne, come le mele, portino male.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: 0xdeadbeef il 31 Dicembre 2018, 16:11:17 PM
Sì Ipazia, certo, ma sai bene che la realtà è molto più complessa e articolata...
Ti dicevo: "l'utilitarista/relativista potrebbe dirti che è impossibile far vivere sei-sette
miliardi di persone senza dover scendere a pesanti compromessi (sulla qualità dell'aria; sul
cibo etc.).
Ad esempio, ho per mio diletto qualche albero da frutto e un orto. Faccio un minimo di trattamenti
(due, tre all'anno), giusto per raccogliere qualcosa. Se mettessi le mie "produzioni" sugli
scaffali di un supermercato non venderebbero un cacchio (sono di brutto aspetto), e poi sono
scarsissime come quantità. Vendono, e vendono bene, quelle che subiscono 30-40 trattamenti
all'anno...
Fanno male? Sicuramente fanno più male delle mie. Sono ancora commestibili? Non lo so; qualche
controllo ci sarà pure; la gente le compra ed è contenta perchè sono perfette.
Ma la gente che le compra è consapevole? Di cosa? Subisce una cosiddetta "induzione" dei bisogni?
Può darsi, ma non c'è un gruppetto di potenti che a tavolino lo decide: questo è il "sistema", ed
il "sistema" siamo noi stessi.
Dobbiamo dunque lasciarci marcire? No, ci battiamo ma sia chiaro che ci battiamo nella più "nobile"
delle battaglie: quella persa in partenza.
Auguri di Buon Anno anche a te
mauro
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 01 Gennaio 2019, 16:30:05 PM
Citazione di: Sariputra il 30 Dicembre 2018, 18:35:52 PMVoglio di nuovo gioia nel mio cuore...
Penso di capire come ti sei sentita...
Se tutti potessero godere di questa gioia è un desiderio "troppo assolutistico" ?... :(
Ieri , andando a passeggio sulle colline ghiacciate, mi sono imbattuto in una casa, piuttosto vecchia, la quale sul cancello aveva affisso un cartello: "Vietato lamentarsi" - e sotto- "Hai un tetto sopra la testa, del cibo per stasera e qualche spicciolo nel portafogli? Allora fai parte del 25% dell'umanità fortunata. Non lamentarti!"...
Pensare che, tra il rimanente 75% ci potrebbero essere i "migliori" di noi (ops!Scusa Phil, ho usato l'aggettivo migliori... ;D ) ma che mai avranno la possibilità di dimostrarlo, coprendoci occhi ed orecchi perché "tanto è tutto relativo"... e se lo è ben posso godermi i miei spiccioli...è terribile!...E che sia tutto relativo, escludendo ovviamente il proprio portafogli  ;) , purtroppo lo pensano coloro che governano 'sto mondo...

C'è un sito fatto a posta per le tue esigenze! si chiama  - http://www.globalrichlist.com/ - inserisci il tuo reddito e la tua nazionalità e saprai di che fetta di popolazione fai parte. Io essendo un piccolo agricoltore non posso più vantare un reddito "da impiegato", nonostante questo riesco tranquillamente ad essere nel 7% più ricco del mondo, parte di quel 10% che detiene tutta la ricchezza dell'altro 90%! Finalmente spiegato chi sono i turboapolidicapitalmassonici di Fusaro, siamo io e te! Buon anno a tutti i ricconi del forum, caviale e champagne (altro che zampone e lenticchie) e tanti auguri di una felice e lauta diseguaglianza!
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 01 Gennaio 2019, 17:57:30 PM
Basta cambiare relativisticamente i numeri e considerare più realisticamente che i marchesi del Grillo sono l'1 e non il 10 % degli umani e tutta la prospettiva politica, economica ed etica cambia.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: InVerno il 02 Gennaio 2019, 14:10:43 PM
Citazione di: Ipazia il 01 Gennaio 2019, 17:57:30 PMBasta cambiare relativisticamente i numeri e considerare più realisticamente che i marchesi del Grillo sono l'1 e non il 10 % degli umani e tutta la prospettiva politica, economica ed etica cambia.
Io non voglio negare i fatti, è ovvio e comprovato che i ricchi si sono arricchiti ancora di più, ma nella maggior parte dei casi questi "ricchi" includono anche me e te, a scapito del 90% della popolazione. La domanda quindi è, perchè tu non fai niente e l'1% dovrebbe mobilitarsi per lanciare soldi dall'aereo? D'altro canto chi decide qual'è la percentuale che identifica solamente i marchesi del grillo? Scommetto che è sempre un punto più bassa di quella dove ricade chi la decide, quindi io che sono nel 7% direi che i marchesi sono nel 6%. Tralaltro giusto guardando i primi 20 vedo tutti innovatori del loro campo etc nessuno che io definirei precisamente come un marchese del grillo, oppure Bill Gates è un marchese del grillo? Simpaticamente, è quello che ti ha dato la possibilità di scrivere qui , oltre a decine di altre che hanno rivoluzionato la civiltà in una maniera cosi drastica da cominciare una nuova era industriale e civile. Queste generalizzazioni che negano il merito degli individui trasformandoli in saltimbanchi arraffoni solamente perchè ricchi, sono un po infantili.. e te lo dice uno che non ha mai avuto rispetto per la ricchezza ne per i ricchi, e che ha sempre creduto che la proprietà debba coincidere il più possibile con il possesso (cioè con ciò che un individuo può "usare"). La diseguaglianza economica inizia innanzitutto da qui, da quel intricata giungla di idee che permettono ad un individuo di avere in proprietà più sedie di quante può "sedere". Inizia con i riti dell'abbondanza, con la deificazione dei migliori, con l'idea del sacrificio e del tributo..e purtroppo non siamo mai riusciti a trovare niente di meglio.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 02 Gennaio 2019, 15:59:43 PM
Citazione di: InVerno il 02 Gennaio 2019, 14:10:43 PM
Io non voglio negare i fatti, è ovvio e comprovato che i ricchi si sono arricchiti ancora di più, ma nella maggior parte dei casi questi "ricchi" includono anche me e te, a scapito del 90% della popolazione. La domanda quindi è, perchè tu non fai niente e l'1% dovrebbe mobilitarsi per lanciare soldi dall'aereo?

Io credo, non avendo mai sfruttato nessuno ed essendo sempre vissuta del mio lavoro, di non essere a scapito di nessuno. Ho sempre votato per chi ci avrebbe reso magari più poveri, ma meno rapaci. E ho dato le mie picconate quando quel potere ha scricchiolato un pochino. Oggi mi limito a forme più legali di dissenso. Prendo atto - nè colpa nè merito - di essere nata nella parte "giusta" del pianeta, ma anche che chi è nato nella parte "sbagliata" spesso è corresponsabile delle sue disgrazie, essendo incapace di liberarsi autonomamente dalla barbarie e mettendo il proprio destino, in cambio di un piatto di lenticchie, nelle mani di famelici esportatori di libertà che quella barbarie e miseria rendono eterna. L'evoluzione dell'Estremo Oriente e dell'Africa sono esemplari di questa forbice antropologica tra situazioni provenienti dal medesimo grado di arretratezza socioeconomica.

Citazione
D'altro canto chi decide qual'è la percentuale che identifica solamente i marchesi del grillo? Scommetto che è sempre un punto più bassa di quella dove ricade chi la decide, quindi io che sono nel 7% direi che i marchesi sono nel 6%.

la decide la presenza nella plancia di comando, grazie al potere economico che ne consente l'accesso esclusivo a se stessi e ai propri fantocci. Forse anche l'1% è sovrastimato e comprende portaborse e meretricio oltre ai protagonisti veri.

Citazione
Tralaltro giusto guardando i primi 20 vedo tutti innovatori del loro campo etc nessuno che io definirei precisamente come un marchese del grillo, oppure Bill Gates è un marchese del grillo? Simpaticamente, è quello che ti ha dato la possibilità di scrivere qui , oltre a decine di altre che hanno rivoluzionato la civiltà in una maniera cosi drastica da cominciare una nuova era industriale e civile.

Bill Gates sponsorizza i politicanti americani di entrambi i partiti e le organizzazioni mondiali che stabilizzano il modello sociale di cui la sua ricchezza lo rende imperatore. Non mi permette di usare la sua tecnologia per spirito filantropico, ma perchè ne trae profitto. Ovvero la Grazia secondo il catechismo della religione dominante.

Citazione
Queste generalizzazioni che negano il merito degli individui trasformandoli in saltimbanchi arraffoni solamente perchè ricchi, sono un po infantili..

Infantile generalizzazione è pensare che la critica sociale si riduca ad una sceneggiata napoletana. L'unico merito è il conto che uno riesce ad accumulare in banca. Solo questo gli dà potere, non la sua genialità che potrebbe estrinsecarsi in qualsiasi sistema sociale. Lungi da me pensare che sotto il dio Capitale, come sotto altri dei prima e accanto ad esso, non si sia prodotto e si produca nulla di buono.

Citazione
e te lo dice uno che non ha mai avuto rispetto per la ricchezza ne per i ricchi, e che ha sempre creduto che la proprietà debba coincidere il più possibile con il possesso (cioè con ciò che un individuo può "usare"). La diseguaglianza economica inizia innanzitutto da qui, da quel intricata giungla di idee che permettono ad un individuo di avere in proprietà più sedie di quante può "sedere".

Certamente. (Anche se più che di "idee" si tratta di intricata giungla di diritti classisti acquisiti). Mi sono sempre seduta nell'unica sedia che il mio lavoro mi permetteva di occupare. Quindi rientrerei nel "tipo"

Citazione
Inizia con i riti dell'abbondanza, con la deificazione dei migliori, con l'idea del sacrificio e del tributo..e purtroppo non siamo mai riusciti a trovare niente di meglio.

Auguro agli umani prima che il capitalismo, dopo il luccichio tanto osannato, ci presenti irreversibilmente il suo peggio, riescano a trovare qualcosa di meglio.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: paul11 il 03 Gennaio 2019, 01:07:01 AM
Citazione di: InVerno il 25 Settembre 2018, 08:20:08 AM
La cosidetta "rivoluzione neolitica" fino a qualche anno fa in ambito accademico era spiegata unicamente attraverso un ottica Marxista, il nome stesso "rivoluzione" rimanda all'ideologia e fu "affibbiato" dagli accademici di tale orientamento in particolare Gordon Childe.  La teoria Marxista che vedeva il motivo economico come propulsore della civiltà, dovuto al surplus dato dalla domesticazione, è però purtroppo stata sconfessata continuamente e ripetutamente  dalle scoperte archeologiche più recenti nella mezzaluna fertile e degli altri focolai indipendenti di origine protoagricola.  Non a caso negli ultimi decenni si è preferito usare il termine di "neolitizzazzione", indicando un processo graduale e continuo anzichè parlare di "rivoluzione" tentando faticosamente di ripulire il concetto da connotazioni ideologiche.
Positivisti e Marxisti, materialisti in generale, hanno perpetrato per anni questa logica insidiosissima riguardo alla natura dell'uomo e della società il cui unico propulsore era di natura economica. La sovrabbondanza di reperti ad oggi disponibili capaci di dimostrare una tesi di natura completamente diversa dovrebbe spingere a gettare nello scantinato dei nostri fallimenti questa teoria, non sottovalutando quanto siano insidiosi e pervicaci i miti storici come quello della "rivoluzione neolitica" tutt'oggi nei libri di testo.
Per capire noi stessi abbiamo terribilmente bisogno di sapere cosa successe in quel periodo dell'uomo, e non possiamo più affidarci ad una teoria postulata attraverso evidenze archeologiche insufficienti e spesso riferite a reperti di migliaia di anni successivi (addirittura romani o ellenici).
La scoperta dei più antichi siti natufiani,la presenza di grandi elementi monumentali a fronte di pochissime varietà domesticate  e di una scarsissima capacità di accumulo del surplus, e di nessuna traccia di autorità non religiosa che possa rispondere della proprietà privata, sconfessano le fondamentamenta della precendente teoria, oltre al fatto che non vi è traccia riferiferibile ad un altra caposaldo della teoria, ovvero il "valore" e la conseguente mercificazione dei prodotti oltre che appunto della proprietà privata. E' ad oggi evidente che i primi insiediamenti umani anche di notevoli dimensioni (fino a 10,000ab) vivessero in forma comunitaria senza realmente conoscere proprietà privata e gerarchie dovute a diverse accumulazione di valore, non è qui che i mitografi della diseguaglianza umana devono ricercare l'origine della borghesia.  Come già Rousseau notava la diseguaglianza è il risultato di "essere pensato e trattato" come superiore, indipendentemente dal valore, ma con molto più a che fare con elementi culturali prima meritocratici, solo successivamente ereditari, e ancora più recententente basati sul plusvalore economico ma solo quando la neolitizzazione era diffusa a tal punto da permettere un commercio fiorente (migliaia di anni dopo) . E l'origine di quel "essere pensato" è scolpita sui bassorilievi monolitici, è un origine di tipo religioso culturale e linguistico, che non ha nulla a che fare con granai di diverse dimensioni come precedentemente concepito. E' necessario riportare la cultura e non l'economia come centro propulsore della società, per meglio capire il passato, il presente e il futuro.
Riprendo il post iniziale e in funzione della discussione poi avvenuta argomento da un altro punto di vista.
Il problema nasce quando l'uomo giustifica una sua interpretazione di un ordine dentro il dominio solo naturale.
Le domande sono: cosa accomuna e cosa divide gli individui umani rispetto all'insieme definita umanità?
La risposta antropologica,che nasce da una cultura empirica, si pone all'interno dell'interpretazione di un ordine naturale in cui il più forte, astuto è vincente.Ma l'uomo è all'interno di una organizzazione sociale, dove non solo un ordine naturale è esistente, ma è mediato da una forma storica culturale che può allo stesso tempo liberarlo(ma non può farlo) o condizionarlo dai vincoli sia naturali che culturali.
Poichè nella forma sociale l'uomo ha trasposto la forza bruta in quella del potere economico, politico, culturale, non solo se si segue contraddittoriamente l'ordine naturale interpretato antropologicamente è "servo" di una diseguaglianza naturale, ma è anche culturale, economica, politica.Quindi la cultura ha assommato le differenze naturali invece di superarle.

La soluzione è fuori dall'ordine interpretato antropologicamente e culturalmente dentro il solo dominio naturale.
Vale a dire ogni esistenza , ogni vita che viene al mondo ha pari dignità in qualunque latitudine e longitudine.
Il riconoscere che è l'esistenza e non la differenza intrinseca nel censo sociale, economico , politico, è un apriori dell'ordine intepretato
nel palcoscenico storico culturale in cui gli attori vivono.
Per far questo bisogna riconoscere che l'uomo non è solo natura e accettare altri domini, di cui la natura è solo una parte, e spostarsi
sull'insieme degli universali affinchè diventi un diritto appunto universale, e in quanto tale inalienabile e doveroso essere recepito nelle legislazioni.
Le carte dei dirtti universali dei popoli sono lettera "chiusa" ,proprio perchè le prassi sociali sono interpretate come natura, come selezione, come scontro/incontro,come divenire storico.Quindi quei diritti universali sono divenuti pura retorica accantonata dalle necessità delle prassi politico-economiche intente alla lotta,in quanto necessità accettata dentro l'ordine del dominio naturale.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 08:49:18 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un
certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci
quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è
forse nulla? Io non credo").

Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili. 
Citazione
Infatti sono d' accordo.

Il "solo" era per enfatizzare il fatto che non sono logicamente dimostrabili (a priori).



Sgiombo afferma: "i postulati etici sono una percezione di fatto universalmente diffusa; per cause naturali
ben comprese dalla biologia evoluzionista". Ipazia sostiene invece: "i postulati etici sono dimostrabili nel
loro rapporto con la realtà materiale che li ha prodotti".
Per me sono piuttosto un qualcosa di più, diciamo, "aleatorio"; sono in definitiva dei "pensieri" sui quali
non mi interrogo più di tanto circa le cause (per una mia mancanza di conoscenze scientifiche appropriate e
perchè, soprattutto, ritengo capziosa una troppo netta distinzione fra la sfera del naturale e la sfera del
culturale); ma pensieri che "sono" qualcosa, non che sono nulla...
saluti ed auguri
Citazione
Concordo che i pensieri son qualcosa (e anche qualcosa di importante).

Più o meno "aleatori" o "categorici" (credo apprezzerai l' aggettivo, da kantiano) a seconda dei casi.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 09:02:35 AM
Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 14:59:35 PM
Citazione di: 0xdeadbeef il 29 Dicembre 2018, 11:20:07 AM
A Sgiombo e Ipazia
Ritengo che i postulati etici siano, sì, a-posteriori (altrimenti che postulati sarebbero...), ma che in un certo qual modo "rientrino", per una "libera" (...) scelta di chi li assume, nella sfera dell'a-priori.
Quindi, Sgiombo, anche per me i postulati etici sono una percezione; ma eviterei come la peste di aggiungerci quel "solo" (una percezione) che li fa apparire, appunto, come se fossero nulla (dicevo: "una percezione è forse nulla? Io non credo").
Non so, non mi sembra che fra le nostre posizioni vi siano differenze inconciliabili.


Certamente lo sono. L'esperienza etica è troppo importante perchè ci limitiamo a percepirla come fossimo topi da laboratorio. Il compito magistrale della filosofia è trovare le origini delle cose e anche l'etica ha una sua origine. E' poco filo-sofico limitarsi a prendere atto dei fenomeni senza indagarne le cause. E' anche poco marxista. L'origine della disuguaglianza si intreccia continuamente con l'origine dell'etica e per capire la prima bisogna sporcarsi con la seconda. Sporcarsi le mani. Non basta la biblioteca.


Ma la filosofia, a mio parere, non può che concludere, con Hume, che l'etica ha un' origine in parte naturale (ergo spiegabile dalla scienza in senso stretto o "naturale"), in parte sociale (spiegabile dalla "scienza umana" del marxismo), e non logica (che é "constatabile a posteriori" e non dimostrabile a priori"),

E' infatti molto filosofico constatare che dall' essere non é deducibile alcun dover essere o dover fare (Hume), molto scientifico spiegare l' etica universalmente umana di fatto con la biologia evoluzionistica (scientifica) e molto marxista spiegare l' etica particolare, variabile, transeunte con il rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione e con la lotta di classe.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 09:27:10 AM
Citazione di: Phil il 29 Dicembre 2018, 16:47:06 PM


Citazione di: Ipazia il 29 Dicembre 2018, 15:52:32 PM
Come osserva Apeiron, la Storia e l'Antropologia dimostrano che vi sono dei denominatori comuni etici che vale la pena di indagare perchè è su questi che si possono ampliare le coordinate della convivenza umana. Del resto lo si è sempre fatto altrimenti saremmo già estinti. Ma per questo prezioso compito filosofico una impostazione assolutamente - nel suo negazionismo - relativistica è del tutto inadatta.
Qui rispondo anche al vacanziero sgiombo: il fatto che tutte le comunità ripudino l'omicidio (pur rendendolo giustificato e legittimo in alcuni casi: guerra, pena di morte, legittima difesa, etc.) non è dovuto alla assolutezza etica del non-uccidere, ma solo dalla sua utilità (si tratta quindi di un'etica utilitaristica) per la stabilità del contesto sociale. La comprovata funzionalità di tale principio etico non lo rende retroattivamente assoluto ed universale, ovvero non universale come lo sono i bisogni primari. Si è già discusso su natura/cultura: è per arbitraria convenzione che uccidere è sbagliato (prima di essere legalmente «reato╗); il fondamento di tale etica è scritto sulla carta (o sulla tradizione orale, per coloro che non scrivono), non nella natura. Non si tratta quindi di un «imperativo etico derivante dalla natura umana» (cit. da sgiombo), bensì dalla cultura umana. Per quanto riguarda la biologia, non confonderei istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza).
Non colgo perché il relativismo dovrebbe essere inadatto a rapportarsi a denominatori comuni interculturali; si tratta solo di un contesto più ampio (tanto per continuare con i motti dell'"apofatismo relativistico": il relativismo non è nazionalismo ;D ).
Citazione
ESpongo la mia divergente convinzione, nella ragionevole consapevolezza che qui non si tratta di riuscire a convincere l' interlocutore (ci vorrebbe ben altro che ragionamenti: esperienze di vita, letture, ecc.), ma per chiarire per l' appunto le  (relative: toh, così spero sarai contento) divergenze (e le relative convergenze).

Per me non é dimostrato che sia l' utilità a dettare l' imperativo "non uccidere uomini", ma invece l' istinto naturale (l' utilità individuale può anche consistere per qualcuno nel rapinare a mano armata o nell' uccidere i genitori per ereditare).
Peraltro (ammesso e non concesso da parte mia) in cosa consisterebbe l' utilità se non nel conseguimento di una stabilità del contesto sociale (lo dici tu stesso) che é necessaria alla sopravvivenza la maggiore (e migliore) possibile degli organismi umani individuali e della specie?
Ma se é così, allora si tratta ancora in ultima istanza dell' istinto naturalissimo e universalmente diffuso (il "bisogno primario", per usare le tue parole) alla sopravvivenza-riproduzione.
Questo vale in particolare per l' imperativo etico naturale (e dunque di fatto universale: natura umana) di non rubare, se non in casi particolari ("eccezioni che confermano la regola"), variabili  storicamente (cultura).

Per quanto riguarda la biologia, concordo che non vadano confusi istinti gen-etici e valori etici (nonostante l'assonanza); ma rilevarne i rapporti (genetici in un altro senso del termine!) che li spiegano, stando bene in guardia dal pericolo di questa possibile confusione, é tutt' altra cosa (che é giusto, oltre che interessante, fare).

Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 09:29:58 AM
Citazione di: viator il 29 Dicembre 2018, 17:31:55 PM
Salve Ipazia. Mi inchino alla tua dialettica. Per forma e per contenuti. Ed anche se ti condanna alla minoretarietà. Salutoni.


"Condanna" tutt' altro che disprezzabile: la verità non si stabilisce "a maggioranza"!
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 09:43:43 AM
I fatti del Kerala induista evidenziano come ancora più arcaica della disuguaglianza classista fondata sulla divisione del lavoro sociale vi sia quella sessista fondata sulla divisione del lavoro riproduttivo. 
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 09:46:50 AM
Citazione di: 0xdeadbeef il 31 Dicembre 2018, 13:42:15 PM

questo "sistema" è ciò che si è venuto
a formare in secoli di mutamenti culturali e financo antropologici, e non è pensabile di
cambiarlo con un pò di politica "spiccia" (o perlomeno non è pensabile di farlo facilmente).
saluti


Ma non é detto che ci si debba condannare per forza a (o accontentare di) "politiche spicce" e obiettivi facili!
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 16:03:48 PM
Citazione di: sgiombo date=1546588955 link=topic=1260.msg28354#msg2835,,536

Ma la filosofia, a mio parere, non può che concludere, con Hume, che l'etica ha un' origine in parte naturale (ergo spiegabile dalla scienza in senso stretto o "naturale"), in parte sociale (spiegabile dalla "scienza umana" del marxismo), e non logica (che é "constatabile a posteriori" e non dimostrabile a priori"),

E' infatti molto filosofico constatare che dall' essere non é deducibile alcun dover essere o dover fare (Hume), molto scientifico spiegare l' etica universalmente umana di fatto con la biologia evoluzionistica (scientifica) e molto marxista spiegare l' etica particolare, variabile, transeunte con il rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione e con la lotta di classe.

É inevitabile che l'etica essendo indeterministica non possa essere dimostrata come i fenomeni deterministici della natura. Mica era necessario scomodare i grossi calibri della filosofia. Ma che essa abbia una storia, dei fondamenti e degli scopi rientra comunque nell'ambito razionale delle scienze umane di cui il marxismo é lezione etologica esemplare (alienazione, reificazione) come metodo e come contenuti.
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 17:13:51 PM
Citazione di: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 16:03:48 PM
Citazione di: sgiombo date=1546588955 link=topic=1260.msg28354#msg2835,,536

Ma la filosofia, a mio parere, non può che concludere, con Hume, che l'etica ha un' origine in parte naturale (ergo spiegabile dalla scienza in senso stretto o "naturale"), in parte sociale (spiegabile dalla "scienza umana" del marxismo), e non logica (che é "constatabile a posteriori" e non dimostrabile a priori"),

E' infatti molto filosofico constatare che dall' essere non é deducibile alcun dover essere o dover fare (Hume), molto scientifico spiegare l' etica universalmente umana di fatto con la biologia evoluzionistica (scientifica) e molto marxista spiegare l' etica particolare, variabile, transeunte con il rapporto dialettico fra sviluppo delle forze produttive e rapporti di produzione e con la lotta di classe.

É inevitabile che l'etica essendo indeterministica non possa essere dimostrata come i fenomeni deterministici della natura. Mica era necessario scomodare i grossi calibri della filosofia. Ma che essa abbia una storia, dei fondamenti e degli scopi rientra comunque nell'ambito razionale delle scienze umane di cui il marxismo é lezione etologica esemplare (alienazione, reificazione) come metodo e come contenuti.

Credo proprio che con l' ultima affermazione non intenda riferirti a me (sfondando una porta aperta da almeno quarantacinque anni).

Che sia, se non anche necessario, almeno utile e interessante scomodare i grossi calibri della filosofia lo dimostra per esempio il fatto che per me (dissentendo in questo da te) l' etica é deterministica (o meglio lo é il comportamento umano; che proprio per questo é etico o meno; mentre secondo me sarebbe eticamente del tutto irrilevante se fosse liberoarbitrario, id est: casuale, fortuito; cosa peraltro inconciliabile logicamente -reciproca contraddizione!- con il determinismo dei fenomeni della natura, che l' uomo sviluppa, da cui viene, e che non può in alcun modo violare).

Vedi quanto c' é di interessantissimo (almeno per me) su cui interrogare i grossi calibri della filosofia?
(E su cui discutere, se ti va, anche fra chi, come credo proprio di poter dire di noi, lotta sulla stessa barricata pratica).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 17:44:23 PM
Al determinismo naturale su cui si fonda l'etica aggiunge il "valore", oggetto immateriale difficilmente reperibile in natura
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 21:55:14 PM
Al determinismo naturale su cui si fonda e che non può negare o contravvenire l'etica aggiunge il "valore", oggetto immateriale difficilmente reperibile in natura (non umana).
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: Ipazia il 04 Gennaio 2019, 22:16:46 PM
Citazione di: sgiombo il 04 Gennaio 2019, 21:55:14 PM
Al determinismo naturalesu cui si fonda e che non può negare o contravvenire l'etica aggiunge il "valore", oggetto immateriale difficilmente reperibile in natura (non umana).

Infatti la trascendenza umana non è né dietro né sotto ma sopra il mondo, cui aggiunge i suoi valori, né deterministi, né arbitrari: tertium datur  :)
Titolo: Re:L'origine della diseguaglianza
Inserito da: sgiombo il 05 Gennaio 2019, 08:17:14 AM
Ne abbiamo già parlato (e dissentito).

Non so se sia il caso di riprendere qui la questione, ma tra divenire naturale ordinato secondo modalità generali astratte universali e costanti (contrariamente ai concreti eventi particolari reciprocamente mutevoli e cangianti) e mutamento caotico, assoluto, senza nulla di astraibile dai particolari concreti che non muti non riesco proprio a vedere alcun tertium.

Mi sembra proprio una "dicotomia secca senza sfumature", la "via di mezzo" probabilistica statistica sembrandomi una semplice ripartizione "meccanica", una sorta di "mera somma" o di "giustapposizione" del divenire fra il "determinismo al 100%" delle proporzioni fra i diversi possibili eventi nelle varie circostanze e l' "indeterminismo al 100%" dei singoli eventi; inoltre non trovo differenze sostanziali fra l' essere determinato ad agire complessivamente in un certo modo (che é ciò che conta per valutare una vita vissuta, per essere più o meno contenti di se stessi, più o meno "a posto con la propria coscienza", dal momento che nessuno é perfetto e qualche "deviazione dal comportamento abituale" é prima o poi inevitabile per tutti) e l' essere determinato ad agire in un certo modo in ciascuna singola occasione di scelta; mi sembra (lo so: del tutto soggettivamente) che si tratti di una prospettiva della quale un "aspirante (arbitrario) al libero arbitrio" non possa sentirsi pienamente soddisfatto, mentre uno che preferisse (altrettanto arbitrariamente e soggettivamente) l' ordine cosmico sì.
MI scuso per la ripetitività, forse siamo "arrivati in fondo" al tentativo di comprendere le reciproche divergenze in proposito e non c' é altro da chiarire.