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LOGOS - Argomenti => Tematiche Filosofiche => Discussione aperta da: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM

Titolo: l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto: 1)IL MUTAMENTO NON ESISTE. 2)L'UNICA PERSONA SONO IO. 3)L'ESSERE È SOLO IO.
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente l'unico principio di questa filosofia: ESISTE SOLO L'UNO.
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi (giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici), può nascere la filosofia più perfetta.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: Angelo Cannata il 28 Gennaio 2017, 18:54:08 PM
Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi (giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici), può nascere la filosofia più perfetta.
Tutte le filosofie chiuse sono perfette, cioè inattaccabili. È per questo che non esistono argomentazioni che riescano a smontare il fanatismo, la chiusura mentale, gli indottrinati. In questo senso non è importante il contenuto di queste filosofie, ma l'atteggiamento fanatico di chiusura. A questo punto si potrebbe anche osservare che ogni filosofia perfetta, più che essere una vera e propria filosofia, è una questione psicologica, cioè c'è solo da interrogarsi cosa può aver portato quella persona a volersi chiudere in un pensiero da far funzionare come botte di ferro. Se questa persona ha scelto di chiudersi di una botte di ferro deve aver avuto qualche problema psicologico. Non è detto che debba trattarsi di problemi psicologici personali, individuali, di cui ci si debba vergognare: esistono problemi psicologici anche a livello di intere nazioni e intere epoche.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: sgiombo il 28 Gennaio 2017, 19:53:51 PM
Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto: 1)IL MUTAMENTO NON ESISTE. 2)L'UNICA PERSONA SONO IO. 3)L'ESSERE È SOLO IO.
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente l'unico principio di questa filosofia: ESISTE SOLO L'UNO.
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi (giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici), può nascere la filosofia più perfetta.

CitazioneSono tre postulati indimostrabili (essere veri né essere falsi).

Il mutamento ci é testimoniato dalla memoria che potrebbe (lo si può pensare correttamente, non contraddittoriamente) tanto essere vera quanto essere falsa, dal momento che (se c' é mutamento) in ogni istante (dunque sempre) l' unica certezza é la constatazione del presente (compreso ciò che ci dice al presente la memoria circa il passato, che potrebbe anche essere falso, e dunque il passato non esserci mai stato, non essere mai accaduto realmente; ma allo stesso modo la memoria potrebbe anche essere veritiera -non é contraddittorio il pensarlo- e il passato, e dunque il mutamento, potrebbero anche benissimo essere reali): del (-la realtà del) passato non c' é certezza; ma neanche dell' inesistenza reale (dell' irrealtà) del passato.


Che l' unica persona potrei essere io e che l' essere (ciò che è) è solo io (non ecceda me stesso: né in quanto realtà di altre persone né in quanto realtà di altre cose genericamente intese) può essere pensato correttamente, non contraddittoriamente: gli altri, le altre persone e le altre cose in senso generico, di cui ho coscienza potrebbero benissimo essere unicamente "contenuti" di, enti o eventi nell' ambito (elementi o aspetti) di questa, "mia" coscienza e basta; esattamente come altrettanto correttamente può essere pensato il contrario (che esistano realmente altre persone e/o genericamente cose, corrispondenti o meno ai contenuti di questa "mia" coscienza, l' unica constatabile con certezza.


Dunque la conclusione corretta delle tue considerazioni è lo scetticismo, la sospensione del giudizio, e non il giudizio inconfutabile ma altrettanto indimostrabile secondo cui esiste solo l' uno: potrebbe tanto esistere solo l' uno quanto potrebbero esistere tantissimi altri enti ed eventi in numero indefinito.
 

Effettivamente lo scetticismo (in realtà: e dunque non il solipsismo, né il nichilismo!) non è superabile razionalmente (confutabile logicamente o falsificabile empiricamente; ma nemmeno dimostrabile logicamente o verificabile empiricamente: uno scetticismo conseguente sospende il giudizio perfino su "se stesso"). In un certo senso potrebbe essere considerato "la filosofia più perfetta" (o più conseguentemente razionalistica).
 

Non essendo disposto a rassegnarmi alla passività o inattività totale, che sarebbe l' unica conseguenza pratica corretta dello scetticismo, cioè credendo indimostrabilmente, forse erroneamente, di avere desideri da -tentare di- soddisfare agendo in determinati, "appropriati" modi, per parte mia nego (credo di superare, forse errando) lo scetticismo irrazionalmente (in modo non conseguentemente razionalistico), attraverso atti di fede infondati e forse fallaci (falsi), nella piena consapevolezza (razionalistica, per quanto limitatamente: un razionalismo integrale e conseguente identificandosi con l' -accettazione de- lo scetticismo) di tale irrazionalità, indimostrabilità né constatabilità empirica, infondatezza di tali atti di fede.




Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: maral il 28 Gennaio 2017, 22:16:18 PM
Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto: 1)IL MUTAMENTO NON ESISTE. 2)L'UNICA PERSONA SONO IO. 3)L'ESSERE È SOLO IO.
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente l'unico principio di questa filosofia: ESISTE SOLO L'UNO.
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi (giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici), può nascere la filosofia più perfetta.
A chi li esponi questi tre principi? Perché li esponi?
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: Phil il 28 Gennaio 2017, 23:14:03 PM
Provo a proporti qualche domanda per approfondire...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto:
L'unità perfetta va "creata"(cit.)? Se è perfetta e reale, non viene al massimo "scoperta"?

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
1)IL MUTAMENTO NON ESISTE.
Intendi che nulla cambia? Ovvero, non c'è temporalità nemmeno nella tua percezione del reale, e il prima e il dopo di questo tuo messaggio non costituiscono un mutamento?

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
2)L'UNICA PERSONA SONO IO.
Quindi non sei stato generato da un'altra persona... e, soprattutto, sei una persona che non muta?

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
3)L'ESSERE È SOLO IO.
Perciò quando percepisci qualcosa di differente da te, esso non è realmente un essere(-altro)? Non c'è un "fuori" da te che possa fregiarsi della qualità di "essere"?

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente
"Analisi intuitiva" è un concetto interessante, di quelli che possono produrre "mutamento"...  ;)

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
l'unico principio di questa filosofia:
I principi sono tre oppure questo è quello fondante? Com'è la gerarchia logica (induzione/deduzione?)?

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
ESISTE SOLO L'UNO.
Sembra che la "morale della favola" sia "esiste solo l'Io(che tu sei), che è uno e che non muta"

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi
C'è molta arbitrarietà in questo "uno immutabile" se è richiesto un adattamento di pensiero a principi contro-intuitivi all'esperienza... 

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
(giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici),
Quindi esistono anche altri principi, quelli logici... che tuttavia richiedono poca "intuizione" e molta esattezza formale...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
può nascere la filosofia più perfetta.
Ha davvero senso parlare di "filosofia perfetta" (tanto più basandosi sull'"adattamento del pensiero a principi arbitrari")? E questa "nascita" non è comunque un mutamento?

P.s.
Ok, ho mentito, non era "qualche domanda" ma un fiume di domande... tuttavia spero siano utili a chiarire la tua prospettiva  :)
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 10:36:44 AM
Sgiombo: la memoria non ci testimonia il passato(fenomeni non piú esistenti associati ad un'identità sempre esistente(l'essere)): essa ci presenta un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori(non a posteriori, poiché si tratta di una sistemazione già data e necessaria per percepire il fenomeno) sulla coordinata temporale. Ma l'intuizione di questa coordinata temporale è un a priori, ossia fa parte della natura stessa del fenomeno presentarsi cosí, e come hai detto possiamo interpretarla fallacemente(si cade effettivamente nello scetticismo). Però il punto è che si puó ammettere che esistano altri presenti suggeriti dalla memoria(anch'io mi limito ad ammetterlo), ma poiché il passato è un'intuizione del presente, non c'è nessun tempo esterno che realmente connetta questi presenti, che quindi esisterebbero contemporaneamente. Qualunque sia il verso della freccia del tempo esterno(ammesso che esista il tempo esterno, affermazione che mi sembra erronea poiché quello che percepiamo è sempre in un singolo presente) noi continueremo a percepire ció che ci suggerisce il tempo interno: se all'istante A lascio cadere un bicchiere senza ricordare l'istante B(che al massimo potrei immaginare, ma sempre in base ad esperienza del passato contenuto nel presente A), e nell'istante B il bicchiere si rompe e qui mi ricordo l'istante A, il mio flusso di esperienze appare del tutto regolare. Ammettiamo che il tempo scorra da B ad A, ossia si verifichi prima B, poi A. Nell'istante B io ricordo A(che continua ad essere passato dal punto di vista del tempo interno a B, pur non essendolo nel supposto tempo esterno), poi accade l'istante A, in cui io non ricordo B(per definizione della sistemazione dei fenomeni nel tempo interno ad A), quindi è effettivamente come se nella mia coscienza B non sia "ancora accaduto"(posso perfino, in quell'istante immaginare che accadrà, non sapendo che è giá accaduto). Dovremmo essere scettici anche sullo scorrere del tempo esterno. Perché dovrebbe esistere qualcosa che non influisce sulla mia esperienza cosciente, e per tanto è indimostrabile? Il tempo esterno influirebbe sull'esistenza e scomparsa dell'esistenza degli istanti(o presenti), senza potersi però manifestare alla coscienza. Ecco perché io trovo ora piú ragionevole(e piú elegante esteticamente) negare l'esistenza del tempo esterno: ció significa però accettare qualcosa di sconvolgente: tutti gli istanti(cioè i presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre!
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 10:49:55 AM
Una volta eliminato il tempo viene naturale eliminare la persona:anch'essa sarebbe qualcosa che influirebbe sull'esistenza separandola in blocchi di coscienza sconnessi, senza tuttavia influire sui contenuti della coscienza stessa: se io sono contemporaneamente piú istanti di "me", ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"? Abbiamo visto che l'essere piú istanti contemporaneamente non influisce sui contenuti di coscienza. L'essere piú persone contemporaneamente significa:non cambiare nulla dal punto di vista dei contenuti di coscienza; eliminare separazioni di identità in favore di un unico io; io sono tutti.
Si puó poi eliminare il mondo esterno, anch'esso separazione inutile, e ammettere che io sono l'insieme dei fenomeni: io sono tutto.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 11:23:00 AM
Citazione di: Phil il 28 Gennaio 2017, 23:14:03 PM
Provo a proporti qualche domanda per approfondire...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Espongo ora tre principi che mi sembrano in grado di creare un'unità perfetta con il tutto:
L'unità perfetta va "creata"(cit.)? Se è perfetta e reale, non viene al massimo "scoperta"?

Va creata come filosofia, quindi scoperta.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
1)IL MUTAMENTO NON ESISTE.
Intendi che nulla cambia? Ovvero, non c'è temporalità nemmeno nella tua percezione del reale, e il prima e il dopo di questo tuo messaggio non costituiscono un mutamento?

Nelle percezioni c'è temporalità, ma essa è solo parte della percezione: in mezzo a due percezioni, come il prima e il dopo aver scritto un messaggio non ci sta nulla, cioè i due istanti, non separati da un tempo esterno, seppur percepiti separatamente, esistono contemporaneamente.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
2)L'UNICA PERSONA SONO IO.
Quindi non sei stato generato da un'altra persona... e, soprattutto, sei una persona che non muta?

Esatto, la persona(l'unico io), è ingenerato, in quanto coincide con l'esistenza stessa. Niente è generato, il concetto di generazione è al massimo qualcosa che fa parte degli astratti nessi di causa-effetto, che sono solo nessi astratti, costruzioni mentali.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
3)L'ESSERE È SOLO IO.
Perciò quando percepisci qualcosa di differente da te, esso non è realmente un essere(-altro)? Non c'è un "fuori" da te che possa fregiarsi della qualità di "essere"?

Quando penso di percepire qualcosa fuori di me, in realtà io sono quella stessa cosa, un insieme di fenomeni. Se vedo una mela io sono in realtà sensazione visiva della mela, sensazione tattile, ecc... il concetto di mela è astrazione, in quanto separazione mentale(non ontologica) di fenomeni.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Essi non sono altro che proposizioni che analizzano intuitivamente
"Analisi intuitiva" è un concetto interessante, di quelli che possono produrre "mutamento"...  ;)

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
l'unico principio di questa filosofia:
I principi sono tre oppure questo è quello fondante? Com'è la gerarchia logica (induzione/deduzione?)?

Il principio è uno, ma è equivalente a porre quei tre per comodità.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
ESISTE SOLO L'UNO.
Sembra che la "morale della favola" sia "esiste solo l'Io(che tu sei), che è uno e che non muta"

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Ponendo questi principi, ed adattando il nostro pensiero ad essi
C'è molta arbitrarietà in questo "uno immutabile" se è richiesto un adattamento di pensiero a principi contro-intuitivi all'esperienza... 

Certo, l'intuitivitá dell'esperienza è data a priori, e non ha scopo di conoscere l'uno, che appare quindi contro-intuitivo per la sensibilità, ma è tuttavia ció a cui tende la ragione una volta che si stacchi dalla sensibilità.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
(giustificarli intuitivamente senza andare contro principi logici),
Quindi esistono anche altri principi, quelli logici... che tuttavia richiedono poca "intuizione" e molta esattezza formale...

Esistono tanti principi per ogni ambito di conoscenza: i principi logici sono quelli che permettono di ragionare deduttivamente senza cadere in contraddizione. Il principio "io sono tutto" è affermazione ontologica, punto di partenza per una filosofia che, attraverso principi logici e intuitivi può analizzare le proprie conseguenze.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
può nascere la filosofia più perfetta.
Ha davvero senso parlare di "filosofia perfetta" (tanto più basandosi sull'"adattamento del pensiero a principi arbitrari")? E questa "nascita" non è comunque un mutamento?

Non ha senso parlare di perfezione assoluta, ma dal mio punto di vista è perfetta. Non si tratta di mutamento perché sia il prima che il dopo la nascita di una filosofia esistono contemporaneamente ed eternamente ;)
P.s.
Ok, ho mentito, non era "qualche domanda" ma un fiume di domande... tuttavia spero siano utili a chiarire la tua prospettiva  :)
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: Phil il 29 Gennaio 2017, 12:40:30 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 11:23:00 AM
Nelle percezioni c'è temporalità, ma essa è solo parte della percezione: in mezzo a due percezioni, come il prima e il dopo aver scritto un messaggio non ci sta nulla,
Come possiamo saperlo? Come verificare la presenza del "nulla"? Il prima e il dopo sono certamente arbitrari e convenzionali, ma proprio per questo è possibile anche pensare che ci sia un divenire costante che la nostra razionalità può percepire solo dividendola in "fotogrammi"...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Esatto, la persona(l'unico io), è ingenerato, in quanto coincide con l'esistenza stessa. Niente è generato, il concetto di generazione è al massimo qualcosa che fa parte degli astratti nessi di causa-effetto, che sono solo nessi astratti, costruzioni mentali.
Eppure anche i concetti di "eternità", "essere", "io", sono astrazioni mentali, no?  ;)

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Quando penso di percepire qualcosa fuori di me, in realtà io sono quella stessa cosa, un insieme di fenomeni. Se vedo una mela io sono in realtà sensazione visiva della mela, sensazione tattile, ecc... il concetto di mela è astrazione, in quanto separazione mentale(non ontologica) di fenomeni.
La separazione mentale non esclude quella ontologica (v. fenomenologia di Husserl): chiaramente la mela sarà sempre percepita dal mio sistema percettivo (che va dai sensi fino alla mente), quindi percepita "personalmente"... tuttavia ciò non esclude con certezza che esista qualcosa (che io chiamo "mela") fuori di me che inneschi il processo percettivo (altrimenti non si spiega come mai la mia consapevolezza esistenziale della mela sia discontinua, mentre la consapevolezza esistenziale del mio corpo non lo sia...)

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Il principio è uno, ma è equivalente a porre quei tre per comodità.
L'assioma andrebbe distinto dai corollari, la gerarchia logica non è mai aggiustabile "per comodità"  :)

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Certo, l'intuitivitá dell'esperienza è data a priori, e non ha scopo di conoscere l'uno, che appare quindi contro-intuitivo per la sensibilità, ma è tuttavia ció a cui tende la ragione una volta che si stacchi dalla sensibilità.
Elaborando la sensibilità la ragione abbraccia il molteplice (persino il concetto di infinito!); unificare tutto in un'unità pone problemi logici (v. la suddetta mela, l'autocoscienza, la differenza ontologica soggetto-oggetto, etc.).

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Esistono tanti principi per ogni ambito di conoscenza: i principi logici sono quelli che permettono di ragionare deduttivamente senza cadere in contraddizione. Il principio "io sono tutto" è affermazione ontologica, punto di partenza per una filosofia che, attraverso principi logici e intuitivi può analizzare le proprie conseguenze.
Certamente si può scegliere arbitrariamente un assioma da cui partire per fondare una propria visione del mondo... ma se "io sono tutto", allora viene meno la distinzione fra "io" e "tutto", fra parte e intero, fra A e B, per cui la logica non ha più elementi con cui operare...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Non ha senso parlare di perfezione assoluta, ma dal mio punto di vista è perfetta. Non si tratta di mutamento perché sia il prima che il dopo la nascita di una filosofia esistono contemporaneamente ed eternamente ;)
Questa contemporaneità eterna, se non ho frainteso, è una (pre)supposizione che forse inibisce la filosofia, più che alimentarla: se "io sono il tutto eterno ed immutabile", allora non c'è etica, non c'è gnoseologia e non c'è nemmeno ontologia (solo un perenne "fermo-immagine" silenzioso... poiché anche il suono presuppone mutamento e molteplicità di enti...).
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PM
Citazione di: Phil il 29 Gennaio 2017, 12:40:30 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 11:23:00 AM
Nelle percezioni c'è temporalità, ma essa è solo parte della percezione: in mezzo a due percezioni, come il prima e il dopo aver scritto un messaggio non ci sta nulla,
Come possiamo saperlo? Come verificare la presenza del "nulla"? Il prima e il dopo sono certamente arbitrari e convenzionali, ma proprio per questo è possibile anche pensare che ci sia un divenire costante che la nostra razionalità può percepire solo dividendola in "fotogrammi"...

Verificare la presenza del nulla tra due percezioni consiste per me nel negare la presenza di ció si cui si possa supporre l'esistenza, cioè in questo caso negando la presenza di un tempo esterno, mostrando come l'idea del tempo esterno è in realtà tutta interna ad un singolo "istante di percezioni". Supponendo vari istanti di percezioni, la visione di (chiamiamoli pure) fotogrammi è tutta interna ad un singolo istante: in un unico istante sono presenti tanti fenomeni raggruppati a priori in tanti fotogrammi, e la sensazione del divenire dei fotogrammi è sempre una relazione tra la disposizione dei FOTOGRAMMI NELL'ISTANTE, e NON di ISTANTI NELL'ESISTENZA. La disposizione dei fotogrammi fa parte della natura stessa dell'istante, e NON è invece natura dell'esistenza una supposta disposizione degli istanti. Ricapitolando: che chiamiamo flusso temporale di istanti, non è altro che una sequenza istantanea di fotogrammi all'interno di un istante.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Esatto, la persona(l'unico io), è ingenerato, in quanto coincide con l'esistenza stessa. Niente è generato, il concetto di generazione è al massimo qualcosa che fa parte degli astratti nessi di causa-effetto, che sono solo nessi astratti, costruzioni mentali.
Eppure anche i concetti di "eternità", "essere", "io", sono astrazioni mentali, no?  ;)

Sí, ma rappresentano l'unità, che è posto come principio (intuitivo per la ragione, contro-intuitivo per la sensibilità): hanno un correlato ontologico con l'uno. Invece i nessi causa-effetto hanno come correlato il tempo, che rimane però intuizione sensibile, non ente ontologico. In pratica questa filosofia parte dal presupposto che l'unico ente ontologico sia l'uno. Si tratta sempre di fede sia riconoscere l'uno che riconoscere l'intuizione sensibile. Ma poiché la filosofia è un superamento dell'intuizione sensibile in favore della ricerca di un'unità razionale col tutto, la mia proposta è di partire dal traguardo, ossia supporre l'esistenza dell'uno, e mostrare che non è contraddittoria, anzi contraddittoria può essere l'intuizione sensibile.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Quando penso di percepire qualcosa fuori di me, in realtà io sono quella stessa cosa, un insieme di fenomeni. Se vedo una mela io sono in realtà sensazione visiva della mela, sensazione tattile, ecc... il concetto di mela è astrazione, in quanto separazione mentale(non ontologica) di fenomeni.
La separazione mentale non esclude quella ontologica (v. fenomenologia di Husserl): chiaramente la mela sarà sempre percepita dal mio sistema percettivo (che va dai sensi fino alla mente), quindi percepita "personalmente"... tuttavia ciò non esclude con certezza che esista qualcosa (che io chiamo "mela") fuori di me che inneschi il processo percettivo (altrimenti non si spiega come mai la mia consapevolezza esistenziale della mela sia discontinua, mentre la consapevolezza esistenziale del mio corpo non lo sia...)

No, non lo esclude. Però credo si possa superare questa separazione di me dalla mela, senza alcuna contraddizione. Il corpo è ambiente esattamente come la mela. Ambiente se li intendiamo con concetti astratti, Io se li consideriamo come insieme di fenomeni ontologici.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Il principio è uno, ma è equivalente a porre quei tre per comodità.
L'assioma andrebbe distinto dai corollari, la gerarchia logica non è mai aggiustabile "per comodità"  :)

Allora errore mio.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Certo, l'intuitivitá dell'esperienza è data a priori, e non ha scopo di conoscere l'uno, che appare quindi contro-intuitivo per la sensibilità, ma è tuttavia ció a cui tende la ragione una volta che si stacchi dalla sensibilità.
Elaborando la sensibilità la ragione abbraccia il molteplice (persino il concetto di infinito!); unificare tutto in un'unità pone problemi logici (v. la suddetta mela, l'autocoscienza, la differenza ontologica soggetto-oggetto, etc.).

Non li vedo questi problemi logici...

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Esistono tanti principi per ogni ambito di conoscenza: i principi logici sono quelli che permettono di ragionare deduttivamente senza cadere in contraddizione. Il principio "io sono tutto" è affermazione ontologica, punto di partenza per una filosofia che, attraverso principi logici e intuitivi può analizzare le proprie conseguenze.
Certamente si può scegliere arbitrariamente un assioma da cui partire per fondare una propria visione del mondo... ma se "io sono tutto", allora viene meno la distinzione fra "io" e "tutto", fra parte e intero, fra A e B, per cui la logica non ha più elementi con cui operare...

La logica opera su categorie astratte, non su enti ontologici. La logica permette di creare proposizioni non contraddittorie, e le proposizioni sono costruzioni mentali.

Citazione di: pepe98 il 28 Gennaio 2017, 16:34:15 PM
Non ha senso parlare di perfezione assoluta, ma dal mio punto di vista è perfetta. Non si tratta di mutamento perché sia il prima che il dopo la nascita di una filosofia esistono contemporaneamente ed eternamente ;)
Questa contemporaneità eterna, se non ho frainteso, è una (pre)supposizione che forse inibisce la filosofia, più che alimentarla: se "io sono il tutto eterno ed immutabile", allora non c'è etica, non c'è gnoseologia e non c'è nemmeno ontologia (solo un perenne "fermo-immagine" silenzioso... poiché anche il suono presuppone mutamento e molteplicità di enti...).

Solito problema di confusione tra realtá e intuizione sensibile: le immagini sono tante, essendo separazioni mentali di fenomeni(anche questi separazioni mentali dell'uno). Il tempo che percepiamo altro non è che un'intuizione legata ad immagini (fenomeni separati a priori dalla sensibilità), il suono pure. Condizione necessaria dell'esistenza delle cose(in quanto parte stessa delle cose(n.b. possiamo parlare di "parti" poiché tale suddivisione è astrazione necessaria alla comunicazione)) è la percezione intuitiva. Separazioni ontologiche non sono necessarie. L'esistenza dell'uno non cambia nulla a livello fenomenologico, cambia solo il livello ontologico, che risulta contro-intuitivo per la sensibilità, ma razionalmente "elegante" e non contraddittorio.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: Phil il 29 Gennaio 2017, 17:22:12 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMSolito problema di confusione tra realtá e intuizione sensibile: le immagini sono tante, essendo separazioni mentali di fenomeni(anche questi separazioni mentali dell'uno). 
Ma questa mente che separa, non è ontologicamente altro da ciò che separa? Nel separare non necessita tempo?

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMIl tempo che percepiamo altro non è che un'intuizione legata ad immagini (fenomeni separati a priori dalla sensibilità), il suono pure. 
Il suono non mi sembra sia legato ad immagini... prova a suonare una nota lunga (con un qualche strumento non elettrico) con gli occhi chiusi; a un certo momento la sentirai sfumare in silenzio... tu sei quella nota che sfuma o percepisci quella nota che svanisce? Non c'è un prima-suono ed un dopo-silenzio?

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMCondizione necessaria dell'esistenza delle cose(in quanto parte stessa delle cose(n.b. possiamo parlare di "parti" poiché tale suddivisione è astrazione necessaria alla comunicazione)) è la percezione intuitiva. 
"Comunicazione" come "monologo", dato che c'è solo l'uno?  ;) E tale comunicazione non ha tempo?

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMSeparazioni ontologiche non sono necessarie. L'esistenza dell'uno non cambia nulla a livello fenomenologico, cambia solo il livello ontologico, che risulta contro-intuitivo per la sensibilità, ma razionalmente "elegante" e non contraddittorio.
Più che "elegante", razionalmente (an)estetizzato ;D : se la sensibilità viene ritenuta totalmente inaffidabile, se la logica viene sterilizzata in puro formalismo (come non dovrebbe essere), se si parte già da ciò che si vuole trovare (e che non può risultare contraddittorio proprio perché abbiamo appunto escluso sia la logica che la sensibilità), otteniamo allora uno scenario estetico (ma non mistico, da quello che ho capito), in cui l'etica, l'epistemologia e tutta la ricerca filosofica diventano "sogni" o "abbagli" dell'Uno nella sua atemporale ubiqua autoreferenzialità... praticamente siamo ad un passo dalla poesia metafisica! 
A parte gli scherzi, a ben vedere, le domande che ti ho posto perdono di significato: partendo da assiomi troppo differenti arrivano ad un traguardo differente...

P.s. Grazie per le spiegazioni, credo di aver inquadrato la tua prospettiva  :)
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: sgiombo il 29 Gennaio 2017, 19:20:28 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 10:36:44 AM
Sgiombo: la memoria non ci testimonia il passato(fenomeni non piú esistenti associati ad un'identità sempre esistente(l'essere)): essa ci presenta un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori(non a posteriori, poiché si tratta di una sistemazione già data e necessaria per percepire il fenomeno) sulla coordinata temporale. Ma l'intuizione di questa coordinata temporale è un a priori, ossia fa parte della natura stessa del fenomeno presentarsi cosí, e come hai detto possiamo interpretarla fallacemente(si cade effettivamente nello scetticismo).
Citazione(I contenuti de-) La memoria (i ricordi) la sentiamo interiormente e ne possiamo predicare l' esistenza (= la conosciamo; se la predichiamo veracemente) "a posteriori", come tutto ciò che è empiricamente sentito, coscientemente percepito; e non a priori come tutto ciò che è analiticamente dedotto da assiomi, definizioni e postulati per via logica e non empirica.

E la sistemazione mnemonica degli eventi ricordati va dal passato al presente e non dal futuro al presente: posso sbagliarmi, ma ciò che ricordo è ciò che ho fatto o è accaduto in passato (se non mi sbaglio) e non ciò che farò o accadrà nel futuro (sia pure eventualmente in maniera erronea o falsa).
Dunque la memoria (veracemente o falsamente che sia) ci testimonia empiricamente a posteriori il (presunto; fallibilmente) passato e non il (presunto; fallibilmente) futuro, un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori.
 
La percezione (dei contenuti de-) la memoria non è una conoscenza deducibile a priori (per via logica), bensì acquisibile a posteriori (empiricamente), come tutte le percezioni (interiori "cogitantes" ed esteriori "extensae").
 




Però il punto è che si puó ammettere che esistano altri presenti suggeriti dalla memoria(anch'io mi limito ad ammetterlo), ma poiché il passato è un'intuizione del presente, non c'è nessun tempo esterno che realmente connetta questi presenti, che quindi esisterebbero contemporaneamente.
CitazioneContemporaneamente (presentemente) esistono il presente e (ivi compresa) la (presente) memoria, pensiero, ricordo, eventualmente la conoscenza (vera) del passato, e non il passato (se realmente accaduto) eventualmente ricordato, pensato, conosciuto.                                                   




Qualunque sia il verso della freccia del tempo esterno(ammesso che esista il tempo esterno, affermazione che mi sembra erronea poiché quello che percepiamo è sempre in un singolo presente)
CitazioneAffermazione casomai dubbia: il passato (e dunque il divenire) potrebbe tanto essere reale quanto non esserlo; dunque non è affatto detto con certezza che si tratti di un' affermazione erronea o falsa. 




noi continueremo a percepire ció che ci suggerisce il tempo interno: se all'istante A lascio cadere un bicchiere senza ricordare l'istante B(che al massimo potrei immaginare, ma sempre in base ad esperienza del passato contenuto nel presente A), e nell'istante B il bicchiere si rompe e qui mi ricordo l'istante A, il mio flusso di esperienze appare del tutto regolare. Ammettiamo che il tempo scorra da B ad A, ossia si verifichi prima B, poi A. Nell'istante B io ricordo A(che continua ad essere passato dal punto di vista del tempo interno a B, pur non essendolo nel supposto tempo esterno), poi accade l'istante A, in cui io non ricordo B(per definizione della sistemazione dei fenomeni nel tempo interno ad A), quindi è effettivamente come se nella mia coscienza B non sia "ancora accaduto"(posso perfino, in quell'istante immaginare che accadrà, non sapendo che è giá accaduto). Dovremmo essere scettici anche sullo scorrere del tempo esterno. Perché dovrebbe esistere qualcosa che non influisce sulla mia esperienza cosciente, e per tanto è indimostrabile? Il tempo esterno influirebbe sull'esistenza e scomparsa dell'esistenza degli istanti(o presenti), senza potersi però manifestare alla coscienza. Ecco perché io trovo ora piú ragionevole(e piú elegante esteticamente) negare l'esistenza del tempo esterno: ció significa però accettare qualcosa di sconvolgente: tutti gli istanti(cioè i presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre!
CitazioneIn questo guazzabuglio di "tempi A" e "tempi B", di "passati e futuri ricordati o dimenticati", di "tempi interni" (?) e "tempi esterni" (?) non si capisce nulla.
 
L' unico tempo di cui possa sensatamente parlarsi è quello esperito coscientemente ("interno"?); e ripeto che, poiché certezza indubitabile può darsi solo del presente in atto, la memoria potendo (e non: dovendo) essere fallace (potrebbe -e non: dovrebbe- confondere fatti immaginari con fatti reali), il passato e dunque il divenire è dubitabile, cioè né affermabile, né negabile con certezza (in linea teorica, di principio, come è giusto considerare da parte nostra di filosofi che "cercano anche il pelo teorico, di principio nell' uovo pratico").
 




Una volta eliminato il tempo viene naturale eliminare la persona:anch'essa sarebbe qualcosa che influirebbe sull'esistenza separandola in blocchi di coscienza sconnessi, senza tuttavia influire sui contenuti della coscienza stessa: se io sono contemporaneamente piú istanti di "me", ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"? Abbiamo visto che l'essere piú istanti contemporaneamente non influisce sui contenuti di coscienza. L'essere piú persone contemporaneamente significa:non cambiare nulla dal punto di vista dei contenuti di coscienza; eliminare separazioni di identità in favore di un unico io; io sono tutti.

Si puó poi eliminare il mondo esterno, anch'esso separazione inutile, e ammettere che io sono l'insieme dei fenomeni: io sono tutto.




CitazioneAnche questo mi é incomprensibile.

Non vedo che cosa di strano o di indebito ci sarebbe mai nel considerare separatamente parti arbitrariamente stabilite di esperienza cosciente.

 
Come faccio a essere <<contemporaneamente piú istanti di "me">> (contraddizione)?
E per di più come potrebbe accadere (sensatamente) che << ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"?>>.
 
"L' essere piú istanti contemporaneamente" non può "influire sui contenuti di coscienza" semplicemente perché si tratta di una contraddizione senza senso, che non può essere e dunque a maggior ragione non può influire in alcun modo su alcunché.
 
L'esser [-ci] piú persone contemporaneamente non cambia nulla dal punto di vista dei contenuti della coscienza  di ciascuna (rispetto all' esistere singolarmente, unicamente di una qualsiasi di esse), ma cambia moltissimo nella realtà complessiva (oggetto dell' ontologia), cosciente e non cosciente che sia, di questa o di quella coscienza che sia.
 
Che tu sia "tutti" e "tutto" (tutto ciò che esiste realmente: solipsismo) lo puoi ipotizzare ma non certo dimostrare.
N.B.: non sto pretendendo che sia dimostrabile il contrario, ma che sia confutabile, dimostrabile essere falsa (oltre che dimostrabile essere vera) la tua affermazione.
 
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: sgiombo il 29 Gennaio 2017, 19:48:50 PM
CitazioneCommenti miei alla tua discussione con Phil:
 
Da qualsiasi insieme di postulati (ammesso che siano logicamente coerenti) indimostrabili si possono logicamente dedurre correttamente varie affermazioni; ma conditio sine qua non della verità di tutte le deduzioni (ammesso che siano logicamente corrette) é la (indimostrata) verità dei postulati di partenza.
 
 Chi ha detto che "la filosofia è un superamento dell'intuizione sensibile in favore della ricerca di un'unità razionale col tutto [?]"?
 Per me la filosofia è (fra l' altro) critica razionale (anche) delle intuizioni sensibili e non aprioristica (arbitraria, non argomentata, irrazionale) negazione o preteso "superamento" di esse.
 
Si può lecitamente (con David Hume) dubitare dell' esistenza sia di oggetti che di un soggetto "in sé" delle sensazioni (sia esteriori-materiali, come quelle della mela di cui parlate, sia interiori-mentali, come quelle dei pensieri).
Che ci sia (-no le sensazioni esteriori-materiali costituenti) la mela non dimostra che vi sia altro (di in sé o noumeno) che sia oggetto di tali sensazioni reale anche allorché non si vede la mela; ma nemmeno che vi sia (pure di in sé o noumeno) un "io" soggetto delle sensazioni stesse; e così pure che ci siano (le sensazioni interiori-mentali costituenti) i propri pensieri non dimostra che vi sia altro (di in sé o noumeno) reale anche allorché non si sentono i propri pensieri, che sia tanto oggetto quanto soggetto di esse (non alla lettera, David Hume).
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 19:52:33 PM
Citazione di: Phil il 29 Gennaio 2017, 17:22:12 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMSolito problema di confusione tra realtá e intuizione sensibile: le immagini sono tante, essendo separazioni mentali di fenomeni(anche questi separazioni mentali dell'uno).
Ma questa mente che separa, non è ontologicamente altro da ciò che separa? Nel separare non necessita tempo?

No, i fenomeni si presentano già necessariamente separati (non c'è alcuna mente o meccanismo che li separi), istantaneamente.

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMIl tempo che percepiamo altro non è che un'intuizione legata ad immagini (fenomeni separati a priori dalla sensibilità), il suono pure.
Il suono non mi sembra sia legato ad immagini... prova a suonare una nota lunga (con un qualche strumento non elettrico) con gli occhi chiusi; a un certo momento la sentirai sfumare in silenzio... tu sei quella nota che sfuma o percepisci quella nota che svanisce? Non c'è un prima-suono ed un dopo-silenzio?

La sfumatura la percepisci perché in ogni istante percepisci piú "fotogrammi" disposti in un certo ordine temporale.

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMCondizione necessaria dell'esistenza delle cose(in quanto parte stessa delle cose(n.b. possiamo parlare di "parti" poiché tale suddivisione è astrazione necessaria alla comunicazione)) è la percezione intuitiva.
"Comunicazione" come "monologo", dato che c'è solo l'uno?  ;) E tale comunicazione non ha tempo?

Se vuoi puoi chiamarlo monologo, nel senso che è una relazione tra piú parti dello stesso io. Esistono tante "comunicazioni" eterne e coesistenti.

Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 16:14:26 PMSeparazioni ontologiche non sono necessarie. L'esistenza dell'uno non cambia nulla a livello fenomenologico, cambia solo il livello ontologico, che risulta contro-intuitivo per la sensibilità, ma razionalmente "elegante" e non contraddittorio.
Più che "elegante", razionalmente (an)estetizzato ;D : se la sensibilità viene ritenuta totalmente inaffidabile, se la logica viene sterilizzata in puro formalismo (come non dovrebbe essere), se si parte già da ciò che si vuole trovare (e che non può risultare contraddittorio proprio perché abbiamo appunto escluso sia la logica che la sensibilità), otteniamo allora uno scenario estetico (ma non mistico, da quello che ho capito), in cui l'etica, l'epistemologia e tutta la ricerca filosofica diventano "sogni" o "abbagli" dell'Uno nella sua atemporale ubiqua autoreferenzialità... praticamente siamo ad un passo dalla poesia metafisica!

La filosofia è attività umana, non è certo una proprietà dell'io. Anche gli umani sono pure astrazioni, cosí come le loro interazioni. La natura, che è astrazione, continua il suo "corso".

A parte gli scherzi, a ben vedere, le domande che ti ho posto perdono di significato: partendo da assiomi troppo differenti arrivano ad un traguardo differente...

P.s. Grazie per le spiegazioni, credo di aver inquadrato la tua prospettiva  :)
Grazie per le domande, stimolano sempre nuove riflessioni.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 20:24:25 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Gennaio 2017, 19:20:28 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 10:36:44 AM
Sgiombo: la memoria non ci testimonia il passato(fenomeni non piú esistenti associati ad un'identità sempre esistente(l'essere)): essa ci presenta un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori(non a posteriori, poiché si tratta di una sistemazione già data e necessaria per percepire il fenomeno) sulla coordinata temporale. Ma l'intuizione di questa coordinata temporale è un a priori, ossia fa parte della natura stessa del fenomeno presentarsi cosí, e come hai detto possiamo interpretarla fallacemente(si cade effettivamente nello scetticismo).
Citazione(I contenuti de-) La memoria (i ricordi) la sentiamo interiormente e ne possiamo predicare l' esistenza (= la conosciamo; se la predichiamo veracemente) "a posteriori", come tutto ciò che è empiricamente sentito, coscientemente percepito; e non a priori come tutto ciò che è analiticamente dedotto da assiomi, definizioni e postulati per via logica e non empirica.

A priori sono le coordinate in cui si presenta il fenomeno, a posteriori il fenomeno separato mentalmente dalle coordinate. In ogni caso la memoria ci testimonia solo del presente: quello che si pensa come passato è presente ora mentre lo penso.


E la sistemazione mnemonica degli eventi ricordati va dal passato al presente e non dal futuro al presente: posso sbagliarmi, ma ciò che ricordo è ciò che ho fatto o è accaduto in passato (se non mi sbaglio) e non ciò che farò o accadrà nel futuro (sia pure eventualmente in maniera erronea o falsa).

"Ció che ricordo è accaduto in passato": affermazione dogmatica, che presuppone l'esistenza di un passato pur avendo a che fare con fenomeni del presente(i ricordi); intuizione sensibile.

Dunque la memoria (veracemente o falsamente che sia) ci testimonia empiricamente a posteriori il (presunto; fallibilmente) passato e non il (presunto; fallibilmente) futuro, un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori.

La percezione (dei contenuti de-) la memoria non è una conoscenza deducibile a priori (per via logica), bensì acquisibile a posteriori (empiricamente), come tutte le percezioni (interiori "cogitantes" ed esteriori "extensae").




Però il punto è che si puó ammettere che esistano altri presenti suggeriti dalla memoria(anch'io mi limito ad ammetterlo), ma poiché il passato è un'intuizione del presente, non c'è nessun tempo esterno che realmente connetta questi presenti, che quindi esisterebbero contemporaneamente.
CitazioneContemporaneamente (presentemente) esistono il presente e (ivi compresa) la (presente) memoria, pensiero, ricordo, eventualmente la conoscenza (vera) del passato, e non il passato (se realmente accaduto) eventualmente ricordato, pensato, conosciuto.                                                   

È sempre un'affermazione dogmatica: come puoi dire che il passato non esiste piú? Non è contraddittorio pensare di poter percepire separatamente due cose nello stesso momento. Se ben ci pensi è solo contro -intuitivo, ma nessun principio logico lo vieta.


Qualunque sia il verso della freccia del tempo esterno(ammesso che esista il tempo esterno, affermazione che mi sembra erronea poiché quello che percepiamo è sempre in un singolo presente)
CitazioneAffermazione casomai dubbia: il passato (e dunque il divenire) potrebbe tanto essere reale quanto non esserlo; dunque non è affatto detto con certezza che si tratti di un' affermazione erronea o falsa.




noi continueremo a percepire ció che ci suggerisce il tempo interno: se all'istante A lascio cadere un bicchiere senza ricordare l'istante B(che al massimo potrei immaginare, ma sempre in base ad esperienza del passato contenuto nel presente A), e nell'istante B il bicchiere si rompe e qui mi ricordo l'istante A, il mio flusso di esperienze appare del tutto regolare. Ammettiamo che il tempo scorra da B ad A, ossia si verifichi prima B, poi A. Nell'istante B io ricordo A(che continua ad essere passato dal punto di vista del tempo interno a B, pur non essendolo nel supposto tempo esterno), poi accade l'istante A, in cui io non ricordo B(per definizione della sistemazione dei fenomeni nel tempo interno ad A), quindi è effettivamente come se nella mia coscienza B non sia "ancora accaduto"(posso perfino, in quell'istante immaginare che accadrà, non sapendo che è giá accaduto). Dovremmo essere scettici anche sullo scorrere del tempo esterno. Perché dovrebbe esistere qualcosa che non influisce sulla mia esperienza cosciente, e per tanto è indimostrabile? Il tempo esterno influirebbe sull'esistenza e scomparsa dell'esistenza degli istanti(o presenti), senza potersi però manifestare alla coscienza. Ecco perché io trovo ora piú ragionevole(e piú elegante esteticamente) negare l'esistenza del tempo esterno: ció significa però accettare qualcosa di sconvolgente: tutti gli istanti(cioè i presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre!
CitazioneIn questo guazzabuglio di "tempi A" e "tempi B", di "passati e futuri ricordati o dimenticati", di "tempi interni" (?) e "tempi esterni" (?) non si capisce nulla.

L' unico tempo di cui possa sensatamente parlarsi è quello esperito coscientemente ("interno"?); e ripeto che, poiché certezza indubitabile può darsi solo del presente in atto, la memoria potendo (e non: dovendo) essere fallace (potrebbe -e non: dovrebbe- confondere fatti immaginari con fatti reali), il passato e dunque il divenire è dubitabile, cioè né affermabile, né negabile con certezza (in linea teorica, di principio, come è giusto considerare da parte nostra di filosofi che "cercano anche il pelo teorico, di principio nell' uovo pratico").


Il tempo interno non è altro che una sistemazione dei fenomeni in un istante del supposto tempo esterno. Quello che si suppone scorrere è il tempo esterno. L'errore è individuare il supposto tempo esterno nel tempo interno(che penso ORA, in un solo istante del tempo esterno).



Una volta eliminato il tempo viene naturale eliminare la persona:anch'essa sarebbe qualcosa che influirebbe sull'esistenza separandola in blocchi di coscienza sconnessi, senza tuttavia influire sui contenuti della coscienza stessa: se io sono contemporaneamente piú istanti di "me", ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"? Abbiamo visto che l'essere piú istanti contemporaneamente non influisce sui contenuti di coscienza. L'essere piú persone contemporaneamente significa:non cambiare nulla dal punto di vista dei contenuti di coscienza; eliminare separazioni di identità in favore di un unico io; io sono tutti.

Si puó poi eliminare il mondo esterno, anch'esso separazione inutile, e ammettere che io sono l'insieme dei fenomeni: io sono tutto.




CitazioneAnche questo mi é incomprensibile.

Non vedo che cosa di strano o di indebito ci sarebbe mai nel considerare separatamente parti arbitrariamente stabilite di esperienza cosciente.


Non è strano(almeno dal punto di vista della sensibilità umana), ma è superfluo.


Come faccio a essere <<contemporaneamente piú istanti di "me">> (contraddizione)?
E per di più come potrebbe accadere (sensatamente) che << ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"?>>.

Perché appunto l'identità non esiste, o meglio, verrebbe a coincidere con l'esistenza: basta che questi istanti esistano, anche separatamente, per esserli tutti.


"L' essere piú istanti contemporaneamente" non può "influire sui contenuti di coscienza" semplicemente perché si tratta di una contraddizione senza senso, che non può essere e dunque a maggior ragione non può influire in alcun modo su alcunché.

Non è contraddittorio dire "sono A e B in C"(dove C è una posizione su una coordinata, ad esempio temporale), a meno che: B sia "non A"; C possa ospitare o solo A, o (aut) solo B.

L'esser [-ci] piú persone contemporaneamente non cambia nulla dal punto di vista dei contenuti della coscienza  di ciascuna (rispetto all' esistere singolarmente, unicamente di una qualsiasi di esse), ma cambia moltissimo nella realtà complessiva (oggetto dell' ontologia), cosciente e non cosciente che sia, di questa o di quella coscienza che sia.

Che tu sia "tutti" e "tutto" (tutto ciò che esiste realmente: solipsismo) lo puoi ipotizzare ma non certo dimostrare.
N.B.: non sto pretendendo che sia dimostrabile il contrario, ma che sia confutabile, dimostrabile essere falsa (oltre che dimostrabile essere vera) la tua affermazione.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: sgiombo il 30 Gennaio 2017, 10:41:05 AM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 20:24:25 PM
Citazione di: sgiombo il 29 Gennaio 2017, 19:20:28 PM
Citazione di: pepe98 il 29 Gennaio 2017, 10:36:44 AM
Sgiombo: la memoria non ci testimonia il passato(fenomeni non piú esistenti associati ad un'identità sempre esistente(l'essere)): essa ci presenta un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori(non a posteriori, poiché si tratta di una sistemazione già data e necessaria per percepire il fenomeno) sulla coordinata temporale. Ma l'intuizione di questa coordinata temporale è un a priori, ossia fa parte della natura stessa del fenomeno presentarsi cosí, e come hai detto possiamo interpretarla fallacemente(si cade effettivamente nello scetticismo).
CitazionePepe98:

"Ció che ricordo è accaduto in passato": affermazione dogmatica, che presuppone l'esistenza di un passato pur avendo a che fare con fenomeni del presente(i ricordi); intuizione sensibile.
CitazioneSgiombo:
Ma quale dogmatismo!

Ma per favore!

Ciò di cui può esservi assoluta certezza é il presente. Ma questo include la memoria, i ricordi; e questi si può certo dubitare che siano veri, ma non affatto che siano quel che sono (fossero pure illusori e falsi), e cioé (ricordi di) fatti passati e non futuri (che ci siano stati o che ingannevolmente ci sembri, che siano veri o che siano falsi sono passati e non futuri).
Per esempio mi ricordo che ieri ho fatto un bel giro in bicicletta, ma forse é un ricordo erroneo e ieri sono stato in casa; comunque sia é un ricordo di ieri, cioé del passato; mentre non ho alcun ricordo, vero o falso che sia, che domani farò un bel giro in bici o meno (casomai ne ho l' immaginazione e la speranza, che sono ben altro che ricordi).


Sgiombo:
Dunque la memoria (veracemente o falsamente che sia) ci testimonia empiricamente a posteriori il (presunto; fallibilmente) passato e non il (presunto; fallibilmente) futuro,
un insieme di fenomeni ordinati secondo una sistemazione a priori.

La percezione (dei contenuti de-) la memoria non è una conoscenza deducibile a priori (per via logica), bensì acquisibile a posteriori (empiricamente), come tutte le percezioni (interiori "cogitantes" ed esteriori "extensae").


Peoe98:
Però il punto è che si puó ammettere che esistano altri presenti suggeriti dalla memoria(anch'io mi limito ad ammetterlo), ma poiché il passato è un'intuizione del presente, non c'è nessun tempo esterno che realmente connetta questi presenti, che quindi esisterebbero contemporaneamente.

CitazioneSgiombo:
Questa sì che é un' affermazione dogmatica (oltre che autocontraddittoria)!
Citazione
Che i ricordi del passato siano percepiti (interiormente) al presente e che possano essere falsi non dimostra affatto:

a) che non siano veramente accaduti (dubbio =/= negazione certa; dubbio == né affermazione certa, né negazione certa);

b) che i successivi istanti de tempo (quelli passati, quello presente e quelli futuri -se reali, cosa indubitabile solo del presente- siano tutti presenti e non successivi (che é una palese contraddizione senza senso).


CitazioneSgiombo:
Contemporaneamente (presentemente) esistono il presente e (ivi compresa) la (presente) memoria, pensiero, ricordo, eventualmente la conoscenza (vera) del passato, e non il passato (se realmente accaduto) eventualmente ricordato, pensato, conosciuto.                                                  


Pepe98:
È sempre un'affermazione dogmatica: come puoi dire che il passato non esiste piú? Non è contraddittorio pensare di poter percepire separatamente due cose nello stesso momento. Se ben ci pensi è solo contro -intuitivo, ma nessun principio logico lo vieta.

CitazioneSgiombo:
No, non é affatto un' affermazione dogmatica, bensì un logicissimo giudizio analitico a priori: "che non esiste più (presentemente)" fa parte del significato del termine "passato".

Che ci possano essere percezioni di due (o anche tre e più) cose nello stesso istante non dimostra affatto che non ci possono essere anche percezioni di due (o anche tre e più) cose in istanti successivi.
Se ben ci pensi é intuitivissimo e nessun principio logico lo vieta per niente affatto!


Pepe98:
Qualunque sia il verso della freccia del tempo esterno(ammesso che esista il tempo esterno, affermazione che mi sembra erronea poiché quello che percepiamo è sempre in un singolo presente)
CitazioneSgiombo:
Affermazione casomai dubbia: il passato (e dunque il divenire) potrebbe tanto essere reale quanto non esserlo; dunque non è affatto detto con certezza che si tratti di un' affermazione erronea o falsa.



Pepe98:
noi continueremo a percepire ció che ci suggerisce il tempo interno: se all'istante A lascio cadere un bicchiere senza ricordare l'istante B(che al massimo potrei immaginare, ma sempre in base ad esperienza del passato contenuto nel presente A), e nell'istante B il bicchiere si rompe e qui mi ricordo l'istante A, il mio flusso di esperienze appare del tutto regolare. Ammettiamo che il tempo scorra da B ad A, ossia si verifichi prima B, poi A. Nell'istante B io ricordo A(che continua ad essere passato dal punto di vista del tempo interno a B, pur non essendolo nel supposto tempo esterno), poi accade l'istante A, in cui io non ricordo B(per definizione della sistemazione dei fenomeni nel tempo interno ad A), quindi è effettivamente come se nella mia coscienza B non sia "ancora accaduto"(posso perfino, in quell'istante immaginare che accadrà, non sapendo che è giá accaduto). Dovremmo essere scettici anche sullo scorrere del tempo esterno. Perché dovrebbe esistere qualcosa che non influisce sulla mia esperienza cosciente, e per tanto è indimostrabile? Il tempo esterno influirebbe sull'esistenza e scomparsa dell'esistenza degli istanti(o presenti), senza potersi però manifestare alla coscienza. Ecco perché io trovo ora piú ragionevole(e piú elegante esteticamente) negare l'esistenza del tempo esterno: ció significa però accettare qualcosa di sconvolgente: tutti gli istanti(cioè i presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre!
CitazioneSgiombo:
Noi continueremo a percepire quel che percepiamo (tautologia).

Se il "tempo interno" (?) é la memoria, questa può anche essere erronea e falsa (ma altrettanto può essere corretta e vera); ma in ogni caso (veracemente o meno) ci dice che qualcosa é accaduto prima di adesso (nel passato e non che é accadrà nel futuro (questo ce lo può dire l' immaginazione o magari la speranza, non la memoria, se le parole in lingua italiana hanno un senso).
E che il passato sia stato (e non: sia!) presente é perfettamente ovvio e non nega minimamente il divenire, anzi lo afferma!

(Per fare ulteriormente confusione ci mancava solo che, in modo alquanto originale, usassi la lettera "A" per indicare il dopo e la "B" per indicare il prima).
Comunque la tua affermazione "Nell'istante B io ricordo A (omissis) poi accade l'istante A" é una patente contraddizione senza senso non può accadere "poi" quello che "ricordo" successivamente, ma casomai quello che "prevedo", spero, immagino" precedentemente.

Scettico sul tempo mi pare di essere io che ne dubito, non tu, che invece lo neghi con (pretesa) certezza!

E
Perché non dovrebbe esistere qualcosa che non influisce sulla mia esperienza cosciente, e per tanto è indimostrabile (né accadere realmente né non accadere realmente)?

Veracemente o falsamente che sia, il tempo passato si manifesta alla coscienza, eccome: il ricordo del bel giro in bici di ieri, vero o falso che sia, é un contenuto della mia coscienza nella quale si manifesta (veracemente o meno)!

Che "
tutti gli istanti [successivi, N.d.R] (cioè i [quelli che sono stati, uno per volta, i successivi, N.d.R] presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre!" non é affatto sconvolgente ma semplicemente autocontraddittorio, senza senso.
CitazioneSgiombo:
In questo guazzabuglio di "tempi A" e "tempi B", di "passati e futuri ricordati o dimenticati", di "tempi interni" (?) e "tempi esterni" (?) non si capisce nulla.


L' unico tempo di cui possa sensatamente parlarsi è quello esperito coscientemente ("interno"?); e ripeto che, poiché certezza indubitabile può darsi solo del presente in atto, la memoria potendo (e non: dovendo) essere fallace (potrebbe -e non: dovrebbe- confondere fatti immaginari con fatti reali), il passato e dunque il divenire è dubitabile, cioè né affermabile, né negabile con certezza (in linea teorica, di principio, come è giusto considerare da parte nostra di filosofi che "cercano anche il pelo teorico, di principio nell' uovo pratico").


Pepe98:
Il tempo interno non è altro che una sistemazione dei fenomeni in un istante del supposto tempo esterno. Quello che si suppone scorrere è il tempo esterno. L'errore è individuare il supposto tempo esterno nel tempo interno(che penso ORA, in un solo istante del tempo esterno).

CitazioneSgiombo:
Peggio che andar di notte!

Al passato (e al futuro) penso presentemente; ma ciò non dimostra l' assurda contraddizione per cui il passato e il futuro sarebbero il presente!




CitazioneSgiombo:
Non vedo che cosa di strano o di indebito ci sarebbe mai nel considerare separatamente parti arbitrariamente stabilite di esperienza cosciente.


Pepe98:
Non è strano(almeno dal punto di vista della sensibilità umana), ma è superfluo.


CitazioneSgiombo:
Superfluo a quale fine?
Se voglio agire efficacemente e vivere bene devo poter distinguere, e dunque considerare separatamente, chi mi vuole bene e mi aiuta da chi mi vuole male e cerca di fregarmi!




Sgiombo:
Come faccio a essere
<<contemporaneamente piú istanti di "me">> (contraddizione)?
E per di più come potrebbe accadere (sensatamente) che << ma questi istanti non hanno connessione esterna, perché non potrei essere anche i "tuoi" istanti o quelli di qualcun "altro"?>>.

Pepe98:
Perché appunto l' identità non esiste tutti gli istanti(cioè i presenti, come A e B) esistono contemporaneamente, sono "sempre"(parola che ormai non ha piú significato) esistiti, ed esisteranno sempre
Citazione
CitazioneSgiombo:
Che l' identità (di chi? Di che?) non esiste é tutto da dimostrare.
Inoltre (ammesso e non concesso) non ne seguirebbe affatto logicamente la contraddizione per la quale tutti i successivi istanti del tempo sarebbero contemporaneamente presenti!




Sgiombo:
"L'
essere piú istanti contemporaneamente" non può "influire sui contenuti di coscienza" semplicemente perché si tratta di una contraddizione senza senso, che non può essere e dunque a maggior ragione non può influire in alcun modo su alcunché.

Pepe98:
Non è contraddittorio dire "sono A e B in C"(dove C è una posizione su una coordinata, ad esempio temporale), a meno che: B sia "non A"; C possa ospitare o solo A, o (aut) solo B.
CitazioneSgiombo:
Infatti l' istante "A" che precede l' istante "B" é "non B" e l' istante presente non può "ospitare" (essere contemporaneo a) alcun istante passato né futuro per definizione.

L'esser [-ci] piú persone contemporaneamente non cambia nulla dal punto di vista dei contenuti della coscienza  di ciascuna (rispetto all' esistere singolarmente, unicamente di una qualsiasi di esse), ma cambia moltissimo nella realtà complessiva (oggetto dell' ontologia), cosciente e non cosciente che sia, di questa o di quella coscienza che sia.

Che tu sia "tutti" e "tutto" (tutto ciò che esiste realmente: solipsismo) lo puoi ipotizzare ma non certo dimostrare.
N.B.: non sto pretendendo che sia dimostrabile il contrario, ma che sia confutabile, dimostrabile essere falsa (oltre che dimostrabile essere vera) la tua affermazione.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 31 Gennaio 2017, 19:36:02 PM
(ho scritto una lunga risposta, ma il sistema non me la ha fatta inviare).
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: sgiombo il 01 Febbraio 2017, 10:17:10 AM
Citazione di: pepe98 il 31 Gennaio 2017, 19:36:02 PM
(ho scritto una lunga risposta, ma il sistema non me la ha fatta inviare).
CitazioneE' capitato anche a me.
Prova a dividerla in due, mandando le due risposte in successione.
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: green demetr il 17 Febbraio 2017, 23:57:10 PM
Un altro monista  ;D  ;D  >:(  >:( 

Ma come fa il 2 ad essere un  1???

infatti l'io è qualcosa che dici stabilendo una connessione tra una identintà (1) e un altra identità (2).

Ma se l'identità è per mera intuizione, supposizione etc...etcc....etcc.... un UNO allora quando dico io sono sto dicendo che io sono l'uno.

Ma ciò che non sono io, perchè sennò come faccio a dire che io sono io e non un altra cosa, come fa ad essere un altra cosa??? infatti negando che si tratta del 2 e dicendo che è un uno stai dicendo che la tua identità che si forma a partire dalla distinzione tra te e quell'altra cosa sia la stessa cosa-

Ma tu non sei MAI un altra cosa, tant'è che stai scrivendo a qualcun altro. E questo desiderio è rivolto a qualcun altro che non a te.

Dire che l'uno è il due. E' dire un gran cialtroneria. Indice di una supponenza e di una ignoranza indicibili.

O meglio lo dico, e lo dico io, che quindi sareti tu.....quindi tu che sei me, stai dicendo che sei una BESTIA!  ;)  ;)  ;)  :D  :D  :D  :D  :D  :D 

è ironico amico mio.

i monisti vanno di moda in tutta america e anche in europo.


Noi c'abbiamo il primo monista che però ammette il dualismo, perciò è un monista dualista per sua definizione, ma essendo un terribile e pessimo (nel senso che ammiro la sua precisione, e invidio la sua chiarezza di esposizione  ;)) scettico alla fine è costette spesso senza saperlo ad essere un monista per intero.


Dunque nell'intimo è tuo fratello!  :(  anzi no dimenticavo che tu e lui siete la stessa cosa  ;D
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: pepe98 il 24 Febbraio 2017, 20:10:21 PM
Non distingui il piano ontologico da quello dell'esperienza: io inteso ontologicamente (cioè l'essenza concreta, le sensazioni concrete e tutto ció che è percezione) sono l'uno, ossia l'unica identità ontologica(concreta) esistente. Io inteso invece come "l'io dell'esperienza", ossia un'autoidentificazione(separazione astratta, cioè scissione astratta dell'uno in un soggetto e oggetto, intendendo per soggetto ció con cui identifico la mia attività, e con oggetto ció che identifico come non mio), è per forza di cose molteplice, in quanto astrazione. La molteplicità non è principio, è astrazione!
Titolo: Re:l'uno inteso letteralmente.
Inserito da: green demetr il 06 Marzo 2017, 21:40:07 PM
Citazione di: pepe98 il 24 Febbraio 2017, 20:10:21 PM
Non distingui il piano ontologico da quello dell'esperienza: io inteso ontologicamente (cioè l'essenza concreta, le sensazioni concrete e tutto ció che è percezione) sono l'uno, ossia l'unica identità ontologica(concreta) esistente. Io inteso invece come "l'io dell'esperienza", ossia un'autoidentificazione(separazione astratta, cioè scissione astratta dell'uno in un soggetto e oggetto, intendendo per soggetto ció con cui identifico la mia attività, e con oggetto ció che identifico come non mio), è per forza di cose molteplice, in quanto astrazione. La molteplicità non è principio, è astrazione!

Se fosse mera astrazione allora sarebbe metafisica, di certo non ontologia che è appunto la riflessione sul carattere di esistenza ALL'interno del mondo fenomenico, che tu stessi ammetti molteplice.

Quindi esistenza dell'io nel fenomeno è esattamente l'io che si da nel fenomeno, o meglio si autoidentifica a partire dalla sua diversità da esso.

Invece come fanno tutti gli analitici qui si tratta di PRESUPPORRE una ESISTENZA come se fosse un dato matematico, che allora l'unità sia qualcosa come se esistesse questa entità di astrazione.
Nel mondo iperuranio della astrazione o della matematica ci sta.
Ma quando si tratta di dedurne il carattere di esistenza, di solito incorro sempre in quel fastidiosissimo paradosso che A=A, ossia di una identità dal carattere ipotetico.

Niente in contrario con questa impostazione nel panorama scientifico, fin quando riguarda cose, ma quando rigurada le persone, tende sempre ad avere il carattere accompagnatorio di una fastidiosa IDEOLOGIA supponente ignorante e fastidiosamente delirante.
Io non so se mai gli scienziati avranno la meglio dei potenti, ma quel giorno sarà l'ennesimo momento funesto della storia.

Ma d'altronde sono anni che scrivo contro la metafisca analitica, e a favore di quella fondamentale.
Non vorrei ripetermi eccesivamente ancora qui.