Il tratto forse più emblematico, della involuzione in atto, è riscontrabile nella negazione della Verità.
Delirio della ragione.
La Verità non può essere negata.
Questa dovrebbe essere l'evidenza suprema. Che fonda ogni possibile ragionamento.
E invece... è diffuso il convincimento che la Verità non sia.
Pure qui, non sono rare le posizioni che negano la Verità assoluta.
Si tratta di un mero non pensiero.
Cioè sembra di pensare, ma in effetti non si pensa.
Basterebbe infatti riflettere un attimo su cosa si sta dicendo... per ammutolirsi.
Ma perché siamo giunti a questo punto?
Donde scaturisce questo sonno della ragione?
Come mai avviene quello che, a tutti gli effetti, è un corto circuito cerebrale?
Secondo me le cause sono da ricercarsi nello stesso pensiero logico-razionale che ha perduto consapevolezza di se stesso.
Cioè ha perduto ciò che permette la sua stessa esistenza: la Verità.
La Verità viene prima di ogni possibile pensiero.
Essendo Verità = Essere
Tutto è incluso nella Verità.
Anche la negazione della Verità, è nella Verità.
Ma come mai siamo arrivati a questo punto?
Secondo me per lo stesso splendore dell'Essere, della Verità.
Che per merito dello sviluppo scientifico è diventato sempre più accecante.
Infatti il nostro inoltrarci nel mondo ha comportato, da un lato lo svanire di ogni rimedio all'angoscia esistenziale, e dall'altro è ormai ineludibile il nostro diretto coinvolgimento.
Un coinvolgimento che richiede un grande sforzo razionale. Perché si tratta di giungere al limite del comprensibile. E lì resistere!
Occorre cioè un pensiero coerente e fermo nella sua logica, costi quello che costi.
Impresa non facile.
Non per niente tra i negatori della Verità non è infrequente la presenza di una capacità logica non eccelsa...
Citazione di: bobmax il 22 Febbraio 2024, 13:05:08 PMIl tratto forse più emblematico, della involuzione in atto, è riscontrabile nella negazione della Verità.
Delirio della ragione.
La Verità non può essere negata.
Questa dovrebbe essere l'evidenza suprema. Che fonda ogni possibile ragionamento.
E invece... è diffuso il convincimento che la Verità non sia.
Pure qui, non sono rare le posizioni che negano la Verità assoluta.
Si tratta di un mero non pensiero.
Cioè sembra di pensare, ma in effetti non si pensa.
Basterebbe infatti riflettere un attimo su cosa si sta dicendo... per ammutolirsi.
Ma perché siamo giunti a questo punto?
Donde scaturisce questo sonno della ragione?
Come mai avviene quello che, a tutti gli effetti, è un corto circuito cerebrale?
Secondo me le cause sono da ricercarsi nello stesso pensiero logico-razionale che ha perduto consapevolezza di se stesso.
Cioè ha perduto ciò che permette la sua stessa esistenza: la Verità.
La Verità viene prima di ogni possibile pensiero.
Essendo Verità = Essere
Tutto è incluso nella Verità.
Anche la negazione della Verità, è nella Verità.
Ma come mai siamo arrivati a questo punto?
Secondo me per lo stesso splendore dell'Essere, della Verità.
Che per merito dello sviluppo scientifico è diventato sempre più accecante.
Infatti il nostro inoltrarci nel mondo ha comportato, da un lato lo svanire di ogni rimedio all'angoscia esistenziale, e dall'altro è ormai ineludibile il nostro diretto coinvolgimento.
Un coinvolgimento che richiede un grande sforzo razionale. Perché si tratta di giungere al limite del comprensibile. E lì resistere!
Occorre cioè un pensiero coerente e fermo nella sua logica, costi quello che costi.
Impresa non facile.
Non per niente tra i negatori della Verità non è infrequente la presenza di una capacità logica non eccelsa...
Il mio maestro me l'ha fatto notare.
E' Platone che pone la sofistica come nemica della filosofia.
Ma a partire dal suo grembo, ossia da Aristotele, Platone viene additato come sofista.
La civiltà greca che non ha ascoltato Platone ma piuttosto Aristotele, è finita poco dopo...oggi i greci sono poco piu che pastori.
Non ci vuole molto a capire che anche la nostra civiltà sta lasciando il passo a civiltà infinitamente peggiori della nostra.
Il che è tutto un dire.
Meno male che ho incontrato il mio maestro...piu dolce mi è in naufragare in questo mare.
La conoscenza caro bobmax è stata tradita.
Come diceva Primo Levi nell'intervista la prima cosa che gli è venuta in mente parlando del male è stata la FRAUDOLENZA.
E solo dopo "e certo la violenza".
Spiega poi, la fraudolenza, far credere ad altri qualcosa di falso, qualcosa che non è vero.
A maggior ragione se consapevolmente.
(sta parlando dei nazisti).
La fraudolenza post 2020 è talmente abbacinante, che se nemmeno quella si vede, se nemmeno l'antisemitismo, se nemmeno le leggi a favore dell'islamismo...
Ma cosa vuoi sperare che la gente intenda addittura un concetto complesso come quello di verità.
Verità quale? Verità dove? verità chi? verità che cosa?
tutto inutile, fammi vedere la ferragni mezza-nuda, e io sono a posto.
il sofisma si è sbranato il mondo.
altro che ricercatori spirituali.
Citazione di: bobmax il 22 Febbraio 2024, 13:05:08 PMIl tratto forse più emblematico, della involuzione in atto, è riscontrabile nella negazione della Verità.
Delirio della ragione.
La Verità non può essere negata.
Questa dovrebbe essere l'evidenza suprema. Che fonda ogni possibile ragionamento.
E invece... è diffuso il convincimento che la Verità non sia.
Pure qui, non sono rare le posizioni che negano la Verità assoluta.
Si tratta di un mero non pensiero.
Cioè sembra di pensare, ma in effetti non si pensa.
Basterebbe infatti riflettere un attimo su cosa si sta dicendo... per ammutolirsi.
Ma perché siamo giunti a questo punto?
Donde scaturisce questo sonno della ragione?
Come mai avviene quello che, a tutti gli effetti, è un corto circuito cerebrale?
Secondo me le cause sono da ricercarsi nello stesso pensiero logico-razionale che ha perduto consapevolezza di se stesso.
Cioè ha perduto ciò che permette la sua stessa esistenza: la Verità.
La Verità viene prima di ogni possibile pensiero.
Essendo Verità = Essere
Tutto è incluso nella Verità.
Anche la negazione della Verità, è nella Verità.
Ma come mai siamo arrivati a questo punto?
Secondo me per lo stesso splendore dell'Essere, della Verità.
Che per merito dello sviluppo scientifico è diventato sempre più accecante.
Infatti il nostro inoltrarci nel mondo ha comportato, da un lato lo svanire di ogni rimedio all'angoscia esistenziale, e dall'altro è ormai ineludibile il nostro diretto coinvolgimento.
Un coinvolgimento che richiede un grande sforzo razionale. Perché si tratta di giungere al limite del comprensibile. E lì resistere!
Occorre cioè un pensiero coerente e fermo nella sua logica, costi quello che costi.
Impresa non facile.
Non per niente tra i negatori della Verità non è infrequente la presenza di una capacità logica non eccelsa...
La verità non è uguale all'essere, ma è accordo tra pensiero ed essere.
Nessuno, tranne il sofista, nega che il pensiero sia sempre teso a raggiungere questo accordo, anche quando di fatto è impegnato a raccogliere argomentazioni che ne dimostrano l'impossibilità (come nello scettico).
Detto questo, non si capisce perché la verità dovrebbe essere qualificata ulteriormente come "assoluta". Se è tale, dice l'essere. E allora in che senso dovrebbe essere "assoluta"?
Di solito maiuscole e termini come "assoluto" vengono usati per coprire un deficit di reale sensatezza, come in Hegel per esempio.
"Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere" (L. Wittgenstein, da Prefazione al Tractatus)
Chi viaggia sul pianeta , ne conosce la storia e l'attualità, ha una mente sveglia e intelligente, non di pone neppure il problema
della verità.
Sarebbe come se uno di noi si trovasse su un palcoscenico dove è in atto una "pièce" e si chiedesse "qual è la verità in questa pièce?"
L'unica veritá che potrebbe esserci È CHE SI TRATTA DI UNA PIÈCE 8)
A buon intenditore....
Citazione di: Koba II il 23 Febbraio 2024, 10:26:46 AMLa verità non è uguale all'essere, ma è accordo tra pensiero ed essere.
Nessuno, tranne il sofista, nega che il pensiero sia sempre teso a raggiungere questo accordo, anche quando di fatto è impegnato a raccogliere argomentazioni che ne dimostrano l'impossibilità (come nello scettico).
Detto questo, non si capisce perché la verità dovrebbe essere qualificata ulteriormente come "assoluta". Se è tale, dice l'essere. E allora in che senso dovrebbe essere "assoluta"?
Di solito maiuscole e termini come "assoluto" vengono usati per coprire un deficit di reale sensatezza, come in Hegel per esempio.
"Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere" (L. Wittgenstein, da Prefazione al Tractatus)
Sì, la maiuscola è necessaria. Proprio per indicare l'assoluto che, infatti, non può avere una sensatezza.
Cioè non può essere pensato.
Quindi Verità, che non è possibile ridurre ad accordo con il reale.
Reale inteso come esistente.
Questo accordo è la verità (minuscolo).
Perché se per noi esistere equivale a essere, bene, è improprio scrivere Verità.
E lasciamo perdere qualsiasi metafisica.
Ma se si trascura la metafisica, allora non si fa filosofia.
Riguardo al rapporto Verità e Realtà è stata aperta una discussione mesi fa, che ritengo abbia approfondito la questione:
Citazione di: bobmax il 24 Gennaio 2023, 14:22:22 PMMi pare sia diffuso il convincimento di una sostanziale differenza tra realtà e verità.
....
Se viceversa per noi l'essere è qualcosa "in più" dell'esistere, allora si tratta dell'Essere.
E l'Essere è esser Vero.
Essere = Verità
Che non c'entra niente con l'accordo con il pensiero.
Che l'Essere sia Verità viene infatti prima di qualsiasi pensiero.
Perciò non ha nulla a che vedere con i sofisti.
La frase di Wittgenstein è la dichiarazione della morte della filosofia.
Non perché sia possibile parlare dell'Assoluto, ma perché pur non essendo possibile si deve comunque parlarne.
La Verità richiede di affrontare l'impossibile.
Per sua fortuna, W si è forse poi un po' ravveduto...
Tra l'altro una morte delle filosofia fraudolenta, perché il termine "ciò" indica proprio quello su cui si può parlare. Una contraddizione in termini.
Difatti, la filosofia che si fondi sul linguaggio non può che cadere in autocontraddizioni.
Diciamo pure che non è filosofia.
E va pure bene... se però si soffre la contraddizione, si vuol cioè comunque provare a fare filosofia e si va avanti nonostante tutto.
Sono in disaccordo. La filosofia può essere interpretata esattamente agli antipodi di questa visione, ovvero come accettazione delle contraddizioni e come accettazione della presenza di visioni del mondo contrastanti. Occorre riuscire, filosoficamente, a convivere con chi la pensa diversamente da noi. Il massimo del filosofo non è quello che cerca di persuaderti, ma colui che dice "hai ragione tu". Inoltre sono ulteriormente in disaccordo nella definizione del linguaggio come qualcosa di non filosofico. Noi siamo linguaggio e la filosofia è linguaggio. Ogni filosofia risente concettualmente del linguaggio in cui viene scritta o parlata oltre che della tradizione storica e culturale di quella società e di quel filosofo. Anche la filosofia è un percorso "impuro", colmo di passi falsi, di incoerenze. Creare una summa theologiae può essere una scelta filosofica, ma accanto ad essa ve ne sono altre equivalenti. Il concetto stesso di verità presuppone un mondo in cui esiste Una Verità e una non-Verità, ovvero un mondo in cui c'è chi vince e chi perde. Mi risulta più familiare un mondo in cui coesistono più visioni del mondo. Lo sforzo è quello di considerarle come specie di un ambiente culturale che si arricchisce vicendevolmente, come un ambiente ecologico che funziona. Considerare la Verità come Uno è,a mio sindacabilissimo parere, l'anticamera del pensiero Unico e della violenza. Ovvio che l'Uno permette un grande potere, il potere simbolico dell'unità (Symballein), mentre la molteplicità pone come problema la frammentazione (dyaballein - da cui dialettica ma anche diavolo). Lo sforzo è creare una sintesi, dove una integrazione è resa possibile pur alla presenza di verità molteplici.
il filosofo deve saper formulare idee falsificabili sul piano logico, razionale.
Altrimenti la filosofia diventa un gioco che cerca poi agganci nella scienza e in tutto ciò che SEMBRA in qualche modo utile e convincente come riferimento.
Manca alla filosofia un' algoritmica autocritica basata su una condivisione di metodo questo ne fa pura speculazione anche nei casi materialistici più esagerati.
Citazioneil filosofo deve saper formulare idee falsificabili sul piano logico, razionale.
Prova a falsificare la "storia degli istrici" di Schopenahauer.
Le storie non sono falsificabili perchè sono storie e basta. Quindi quella storia non ha una valenza di condivisione basata sulla logica e sulla ragione,ma solo.su un punto di vista.
Invece, questa ce l'ha :
https://www.inforiccio.com/riccio-riproduzione#:~:text=Il%20riccio%20maschio%20compie%20infiniti,femmina%2C%20emettendo%20versi%20e%20sbuffi.&text=La%20femmina%20tiene%20a%20bada,non%20%C3%A8%20pronta%20all%27accoppiamento.
Vedi, il filosofo inventa metafore usando altri esseri umani, animali o natura,SECONDO IL SUO PUNTO DI VISTA.
È quello che io definisco "sovrapposizione ideologica" astuta e utile per fare passare le sue tesi.
In questo caso, il filosofo, conoscendo bene la vita dei ricci e degli istrici, non avrebbe potuto generalizzare il discorso per co fermare il duo punto di vista.
Inoltre la solitudine del riccio non ha niente a che fare con quella umana e il fatto di potersi pungere ogni tanto tra esseri umani è un piacere e non un dolore senza essere affatto sadico o masochistico.
Mi spiace per te ,Jacopus, ma su queste cose la filosofia non può vantare rigore metodologico ma solo resilienza intellettuale come disciplina .
Il risultato è il suo essere di nicchia in un mondo con cui non si scherza più nè con le parole nè con i fatti.
La storia di Schopenhauer sugli istrici (la trovi su internet) è una specie di favola che indica un aspetto essenziale della vita umana, sempre in tensione fra soggettività e intersoggettività. Questa tensione ricade inevitabilmente su ciò che noi consideriamo Verità. Possiamo pensare ad una Verità univoca, come una Rivelazione, come una Fede, ma comunque come una descrizione valida e non equivocabile, oppure come una situazione instabile, temporanea e che deve confrontarsi e convivere con altre verità. Penso, anche da un punto di vista politico, che sia preferibile un mondo di tante piccole verità che polemizzano fra di loro, che un'unica grande Verità. Magari in quest'ultimo caso si vivrebbe in una società più armoniosa, ma al prezzo della libertà.
L'armonizzazione dovrebbe avvenire su un piano superiore, ovvero quello della connessione ed accettazione fra diverse verità.
Penso che sia inoltre inevitabile in un mondo come il nostro, attraversato da continue migrazioni di culture che si incontrano in territori diversi.
La favola degli istrici si usa anche in psicologia e la domanda più frequente è:"come fanno due ricci ad abbracciarsi senza pungersi?"
La risposta è logica e davvero utile sul piano terapeutico e sociale umano: "si toccano con le parti morbide!"
Schopenhauer propone una versione cicero pro domo sua ,è il suo punto di vista sull'uomo e la Verità ecc ....ecc....
Ma ciò è insignificante per quanto riguarda l'uomo e la Veritá, dato che è un punto di vista e basta.
Non esiste condivisione su questo e possibilitá di critica basata su un rigore metodologico condiviso da tutti i filosofi: quindi non esprime alcuna verità,nè piccola nè grande,ma solo un punto di vista e basta
Rogers scriveva del.primato dell'esperienza. Una cosa saggia che potrebbe permettere a filosofi
di rifondare la loro materia definendola come un pensare la propria esperienza in modo tale che sia condivisibile almeno in parte,con altri, tramite le parole.
Se il filosofo usasse la parola "io" riferendo quello che scrive a sé stesso, la smettesse di generalizzarlo agli altri esseri umani e di autoestrapolarsi,forse la filosofia diventerebbe qualcosa di davvero utile e significativo per l'esperienza umana.
Se io accendo una sigaretta e aspiro il fumo che esce dalla punta non è un gran bel e buon fumare.
Il filosofo accende il discorso e poi invece di parlarci del suo modo di gustarne il sapore e l'aroma e basta e come tale, vi propone il fumo che espira e quello che esce dalla punta della sigaretta COME FOSSE ....eh eh eh :P 8) O:-)
Citazione di: green demetr il 22 Febbraio 2024, 16:04:54 PMVerità quale? Verità dove? verità chi? verità che cosa?
tutto inutile, fammi vedere la ferragni mezza-nuda, e io sono a posto.
il sofisma si è sbranato il mondo.
altro che ricercatori spirituali.
Ma il ricercatore spirituale sei tu.
Chi altro mai?
E ti ritrovi di fronte l'orrore dell'insensato appoggio ai terroristi, della implicita approvazione di crimini efferati. È l'orrore del rovesciamento dove la vittima diventa colpevole.
Non è neppure male davvero voluto... è peggio, è male nella sua totale insensatezza.
Ma non è proprio qui, di fronte al male che sembra proprio assoluto, che tu sei chiamato a essere?
Perché tu sei quel tuo stesso NO!
È proprio questo NO a stabilire, per l'eternità, chi sei.
Citazione di: bobmax il 23 Febbraio 2024, 13:50:27 PMMa il ricercatore spirituale sei tu.
Chi altro mai?
E ti ritrovi di fronte l'orrore dell'insensato appoggio ai terroristi, della implicita approvazione di crimini efferati. È l'orrore del rovesciamento dove la vittima diventa colpevole.
Non è neppure male davvero voluto... è peggio, è male nella sua totale insensatezza.
Ma non è proprio qui, di fronte al male che sembra proprio assoluto, che tu sei chiamato a essere?
Perché tu sei quel tuo stesso NO!
È proprio questo NO a stabilire, per l'eternità, chi sei.
Se fosse per l'eternità allora non ci sarebbe pietà del malvagio.
Perchè il malvagio ha scelto il male per l'eternità.
Ma questo è quello che pensano questi scappati di casa del nuovo ordine mondiale.
Il cristianesimo insegna la pietà, il giudaismo la fratellanza.
Quanto tempo ci ha impiegato la germaia a riunirsi?
è solo verso la fine del 2010 che c'è riuscita.
Israele è invece giò pronta a rieducare i suoi vicini.
A fargli conoscere il bene.
Vi è quindi una dimensione temporale.
Che ovviamente richiede anche una visione di reincarnazione.
Nella visione del demone, o della scimmia, invece, esattamente come nel paranoico, il tempo è immobile, non passa, e non deve passare neppure il suo piacere.
I filosofi francesi e il post-modernismo è stato un terrificante terreno di esercizio paranoide per la filosofia.
Che solo ora, di fronte alla minaccia comunista già vista e quella musulmana, non ancora vista, deve RISCOPRIRSI CRISTIANA.
E ricordo che anche Nietzche prima di impazzire, si riconobbe cristiano, in quanto cristo.
Dentro il tempo, con il tempo a maturarci.
Non ci sono verità "prima".
Al massimo sintesi "poi", come insegna hegel
Io penso che tu cerchi un corrispettivo nell'eterno ritorno dell'essere in generale, quello parmenideo, infinito e sferico.
Ma questo essere non siamo noi. E' la scoperta del cristianesimo, che di distacca definitivamente dall'ebraismo etc..
E che ha il suo humus nell'orfismo, come ho scoperto di recente.
In parte capisco quello che dici, ma solo se lo riferisci al Dio, o al nulla, come ami chiamarlo.
Io invece non credo siamo quel nulla o quel Dio.
Forse è questo che ci distanzia in maniera netta.
Perchè non è che non capisco la riflessione sull'essere, che è presente nell'essente.
Come argomenta Heidegger, poverino odiato dal mio maestro.
Io non credo che Heidegger intenda dire che vi è un pensiero che ci precede.
Anche se effettivamente il cattivo maestro aristotele, lo fa andare molto vicino a questa ipotesi.
ricordate studenti dello scientifico o del classico? sotto l'essere, c'è il sostrato.
Cioè noi siamo materia e forma.
Una perversione completa di Platone che invece ci ricorda che noi siamo ANIMA.
Ovviamente se tutto è forma di qualcosa (materia) allora ogni cosa è niente. Perchè ciò che conta è la forma che anticipa la materia. E cosa sia la materia non ha importanza, che la distrugga (l'occidente dai greci fino alla bio-tecnè contemporanea) o la crei (realtà espansa etc..).
Così facendo l'anima cessa di avere una funzione, e si instaura una dittatura del pensiero.
In quanto la morale è una funzione dell'anima che conosce ANZITUTTO SE STESSA.
Certo che è cosi bobmax, ma spero di averti fatto notare, in cosa consiste il tuo nichilismo o il nostro diverso punto di vista (sullo stesso problema da noi avvistato, ossia appunto l'essere, che coincide per te col non essere...non so forse sei buddista).
Infatti è stano che tu utilizzi ancora la morale, o la conoscenza del sè.
Se tutto è nulla perchè farlo?
Vedi anche Severino (poraccio altro odiato dal mio maestro).
Comunque si, raga, ha ragione il mio maestro: bisogna tornare a platone e kant.
(si odia anche nietzche, perchè dice che nietzche ha capito benissimo cosa è la volontà, ma è poi finito per essere vittima di quella stessa volontà di potenza che si era auto-diagnosticato....non posso dargli torto.)
la volontà di distruggre il tempo, per impedire al tempo di renderci schiavi.
semplicemente porge le chiavi ad un altro un nuovo schiavista.
E lo stiamo vedendo nel contemporaneo che non ha MAI capito il moderno.
PER QUESTO IL MODERNO é un problema.
Perchè ritiene di aver capito, quando non ha capito un cavolo.
La negazione della Verità si ripercuote direttamente sulla giustizia.
Perché la giustizia ha necessariamente come faro la Giustizia.
Cioè fa riferimento a ciò che è assolutamente Giusto.
E il Giusto è Vero.
Giustizia = Verità
La considerazione che non si conosca la Verità, e quindi neppure la Giustizia, è sacrosanta e doverosa, ma non deve però diventare motivo per negare Verità e Giustizia!
Non le si conosce. Punto.
Epperò sono. Su questo non ci deve essere alcun tentennamento!
Anche solo metterne in dubbio la realtà, ci fa sprofondare nel vuoto mentale. Dove il vero e il falso, il giusto e l'ingiusto, in fin dei conti... pari sono.
Sonno della ragione, nichilismo, ormai i mostri già si intravedono.
Citazione di: green demetr il 24 Febbraio 2024, 01:12:57 AM...
(si odia anche nietzche, perchè dice che nietzche ha capito benissimo cosa è la volontà, ma è poi finito per essere vittima di quella stessa volontà di potenza che si era auto-diagnosticato....non posso dargli torto.)
la volontà di distruggre il tempo, per impedire al tempo di renderci schiavi.
semplicemente porge le chiavi ad un altro un nuovo schiavista.
E lo stiamo vedendo nel contemporaneo che non ha MAI capito il moderno.
PER QUESTO IL MODERNO é un problema.
Perchè ritiene di aver capito, quando non ha capito un cavolo.
Quando la filosofia si inscrive nella carne la malattia diventa tutt'uno con la guarigione. E laddove perisce il maestro, della lezione si incaricano i postumi: di malattia e sapere.
Bello questo dibattito manicheo sulla V/verità tra metafisici. Basta non confonderlo col logos, mischiando il mistico col dicibile, inguaiando il povero LW, che invece li sapeva perfettamente distinguere e insegnò a farlo. Con la parola e col silenzio, in ossequio alla decenza epistemica e ai differenti piani del reale.
Un'altra considerazione importante, sugli effetti della negazione della Verità, è che rende impossibile qualunque autentica comunicazione.
Chi nega la Verità, recide ogni canale comunicativo. Magari può sembrare che stia comunicando, ma in realtà sta producendo solo rumore.
Perché l'autentica comunicazione è la stessa esistenza, che va alla ricerca della propria Trascendenza.
Ciò che la anima è la fede nella Verità.
Rifiutando la Verità non vi può essere alcuna comunicazione.
In quanto la comunicazione non consiste nel trasferimento di "verità" da un polo ad un altro. Ma è invece un'azione di risveglio.
La Verità è infatti già ovunque.
Occorre soltanto aprire il nostro cuore.
CitazioneLa negazione della Verità si ripercuote direttamente sulla giustizia.
Perché la giustizia ha necessariamente come faro la Giustizia.
Cioè fa riferimento a ciò che è assolutamente Giusto.
E il Giusto è Vero.
Questa è una certa concezione della giustizia, non la concezione tout court. Fortunatamente il diritto,fin dai tempi degli antichi greci non si fonda solo sulla verità. L'immagine simbolica della giustizia, ad esempio, non fa riferimento alcuno alla verità: è una giovane donna con una spada ed una bilancia ed è bendata (non mi dilungo su di essi anche se sarebbe interessante). Lo stesso termine Giurisprudenza ha in sè la doppia natura della Giustizia, nel momento in cui viene applicata. Adesione alle leggi (iuris) e giudizio secondo una valutazione del caso concreto, che ha sempre un margine di non allineamento con la legge (Prudentia o in greco Phronesis, che deriva da Phrein, mente, ovvero necessità di riflettere sul caso). La verita Applicata alla giustizia è il genotipo, ma occorre anche valutare il fenotipo attraverso la Prudentia.
Citazione di: bobmax il 24 Febbraio 2024, 13:59:08 PMRifiutando la Verità non vi può essere alcuna comunicazione.
In quanto la comunicazione non consiste nel trasferimento di "verità" da un polo ad un altro. Ma è invece un'azione di risveglio.
La Verità è infatti già ovunque.
Occorre soltanto aprire il nostro cuore.
Occorre soltanto aprire gli occhi e la mente.
I sanfedisti del geocentrismo su basi religiose effettivamente imperdirono qualunque comunicazione con chi aveva uno strumento veritativo migliore quale l'osservazione, il calcolo e la coerenza logica.
Concordo che la verità non è una merce commerciabile (come la "verità" intorno al covax) e neppure una
convenzione.
È lì, nel reale, spesso nascosta, da disvelare (a-letheia). A disposizione di chi abbia il sapere idoneo a disvelarla.
Talvolta basta poco ("il re è nudo"), altre volte necessita una preparazione specialistica.
Ma in tutti i casi il comune denominatore è l'
onestà intellettuale, che non sempre porta alla "cosa giusta", ma spesso alla
scommessa, e talvolta alla socratica
sospensione del giudizio. In attesa di conoscenze più dirimenti.
La verità non può essere negata.
Ma non può essere negata solo se non è esprimibile a parole, o finché non trova espressione.
Questa verità, che non sia esprimibile a parole, o finché non trovi espressione, mette tutti d'accordo, perchè nessuno la può negare, perciò svolge una funzione sociale importante, perchè diviene il fattore comune di quelli che la possiedono.
Si può non essere d'accordo, ma per non essere d'accordo occorre poter dialogare, ma è possibile dialogare, comprendendo ciò che si dice, solo se si possiedo basi comuni indicibili, e perciò verità, in quanto essendo indicibili non possono essere negate.
Per essere ciò che non si può dire se ne parla fin troppo, e a sproposito di verità. verità che consentono il dialogo, ma che non dovrebbero farne parte.
Poi esistono le forti convinzioni che nascono da onestà intellettuale, le cui caratteristiche Ipazia ha ben delineato nel suo precedente post, convinzioni che si possono sempre cambiare, perchè ben esprimibili a parole, e quindi sempre negabili.
Infine per le verità comuni, che ci accomunano, si possono avere pareri diversi tutti rispettabili.
Chi dirà che sono cose umane, quindi proprietà intersoggetive, e chi no, e ogni parere è rispettabile.
In un caso o nell'altro parliamo di verità che sono dentro di noi, ma chi pretendesse di poterle esternare, creando una chiesa, non conti du di me.
In ogni caso, tutto ciò che può fondarsi su una verità assoluta, può parimenti fondarsi su una verità che duri la vita di coloro che la possiedono.
Quindi, al minimo, finché ci sarà umanità ci sarà tutto ciò che segue dalla verità che caratterizza questa umanità come patrimonio comune dei suoi componenti.
Chi non ha fiducia in se, e quindi nell'umanità, si affiderà a una verità che è fuori di noi, che ci riguarda, ma che resta indipendente da noi.
Rimane un ultimo inghippo, ed è che le verità dentro di noi, essendo nostre, cambiano con noi, quindi cambiano non perchè le neghiamo, ma perchè noi cambiamo, quando ovviamente non si considerino come assolute.
Quando si considerano assolute, i cambiamenti umani possono erroneamente essere interpretati come negazione della verità, come una fase nichilistica, interpretazione errata, se è vero che la verità, assoluta o relativa che sia, non si può negare.
L'importante è non scambiare, cosa facile a farsi, le forti convinzioni, quando oneste, per verità.
Se poi non sono oneste è tutta un altra storia.
La formulazione migliore di verità, ripresa da koba è la tomistica "adaequatio rei et intellectus".
In base a ciò derivano molte conseguenze filosofiche che sanciscono la maggiore veridicità dell'approccio materialista sull'idealista, che persegue il percorso opposto: "adaequatio intellectus et rei".
Superiorità della forma aristotelica sulla forma ideale platonica ( mi spiace green, ma è cosi e rischi di infognarti con un altro, per quanto geniale, cattivo maestro !)
Il materialismo (non "scientista", detto dai classici: "volgare") non nega l'autonomia della dimensione psichica, ma sostituisce all'ideale, ipostatico e autocefalo, l'ideazione, che apporta un suo valore aggiunto alla realtà.
Idea-azione che ben si coniuga con il superamento della (vetero)metafisica nella filosofia della prassi, realizzazione del logos eracliteo sempre in divenire, senza nostalgie noumeniche e nichilistici blocchi, o angosce, per dirla alla green.
Ponzio Pilato,il personaggio più onesto e umano della vicenda nota,dice a Gesù:"La verità....cos'è la verità?"
Proponendo Barabba e Gesù non ha forse chiesto la verità agli ebrei?
L'ha avuta dimostrando quanto la verità sia soggetta a variabili umane contraddittorie e tutte quante relative!
Scrive Berne,ideatore della analisi transazionale:"Rettitudine,Verità,
Giustizia...sono la moneta dei Tribunali,fantasmi persecutòri nella mente della gente e partorienti manicomi"
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 06:47:01 AMLa formulazione migliore di verità, ripresa da koba è la tomistica "adaequatio rei et intellectus".
In base a ciò derivano molte conseguenze filosofiche che sanciscono la maggiore veridicità dell'approccio materialista sull'idealista, che persegue il percorso opposto: "adaequatio intellectus et rei".
Il dizionario Treccani traduce i due virgolettati allo stesso modo, come ''adeguazione dell'intelletto alla cosa''.
Ma immagino volessi intendere un ''intelletto che si adegua alla cosa'' in alternativa a ''una cosa che viene adeguata all'intelletto''.
Che debba essere l'intelletto ad adeguarsi alla cosa sembra talmente ovvio che rischiamo di tralasciare il fatto del come e perchè possa avvenire anche il contrario.
Secondo me le due cose non si escludono ma sono due fasi successive dello stesso processo.
Il problema nasce quando li si vuole considerare come processi esclusivi.
Essendo infatti l'intelletto limitato non può adeguarsi a tutti i fatti, ma deve prenderne norma generalizzandoli, quindi effettivamente si ha una fase in cui le cose vengono adeguate all'intelletto.
E' con la generalizzazione, credo, che si entra nella fase metafisica, generando leggi fisiche, delle quali però generalmente si disconosce la natura metafisica.
Il problema quindi nasce quando si vuole escludere la metafisica, o in alternativa la fisica, per partito preso, che sia il partito degli idealisti o quello dei materialisti.
L'errore, correggimi se sbaglio, potrebbe essere stato ''suggerito'' da Platone , nel momento in cui dedica alle idee un mondo a parte, nel quale dunque esse si bastano da sole, con la conseguenza che poi gli idealisti tentano di adeguare questo mondo a quello, violentandolo.
Di ciò gli esempi tragici storici mi pare non manchino.
L'errore di Platone ha generato orrore?
temo di si, per quanto non fosse questa la sua intenzione, che immagino fosse quella di rendere conto del fatto che le idee sembrano venire da se, che abbiano cioè una esistenza indipendente.
In generale mi sembra che le sensazioni, rafforzate dal valore che l'uomo si autoattribuisce, sembrano giocare ancora un ruolo filosofico nell'idealismo ancora oggi,
Il materialismo invece le ha relativizzate, con le misure strumentali, per cui il mondo non è più solo come ci appare, ma diversamente può apparire.
Se si ha a che fare con qualcuno, che candidamente e ripetutamente nega la Verità, si può pure provare a farlo ragionare.
Magari mostrandogli l'assurdità intrinseca nel suo stesso dire.
Se però insiste e soprattutto mostra, con discorsi sconclusionati, slogan, arrampicate sui vetri e quant'altro, l'effettiva mancanza di fede nella Verità, allora non rimane che ignorarlo.
Per rendere conto dei mondi diversi in cui sembriamo vivere, se non vogliamo arrenderci, escludendo il mondo in cui vivono gli atri, volendo purtuttavia mantenere l'unicità del mondo, allora bisogna svincolare i diversi mondi che ci appaiono dalla realtà , che unica rimane, considerando i diversi mondi possibili prodotti della nostra diversa interazione con essa.
Per far ciò dovremo rinunciare al senso di realtà, il quale finora ha avuto tutto il tempo di svilupparsi in un mondo che apparendoci fino a un certo punto unico è stato possibile assimilare alla necessariamente unica realtà.
Dovremo quindi scegliere fra, ''diversi mondi'' che possono convivere nella stessa realtà, come la fisica dei nostri giorni sembra dimostrarci, oppure vivere ognuno in una sua realtà, ignorando, quando va bene, gli altri.
Ma è davvero possibile limitarsi ad ignorare gli altri?
La storia sembra dirci di no.
Perchè se ci troviamo di fronte a diverse realtà non potremo mai scongiurare il rischio di una loro collisione, perchè di esse solo una può essere quella vera.
Ogni persona è un piccolo mondo,sulla terra ci sono otto miliardi di mondi, quindi il pianeta è come una piccolissima galassia.
Peccato che girino troppi buchi neri sotto forma di buchi.....(omissis) umani e non umani,visibili e invisibili.
Citazione di: Pensarbene il 25 Febbraio 2024, 12:31:21 PMOgni persona è un piccolo mondo,sulla terra ci sono otto miliardi di mondi, quindi il pianeta è come una piccolissima galassia.
Peccato che girino troppi buchi neri sotto forma di buchi.....(omissis) umani e non umani,visibili e invisibili.
Si, ma se uomini ci chiamiamo è perchè abbiamo in comune molto più di quanto appaia.
Questo significa che siamo otto miliardi di mondi che differiscono fra loro per un pelo, però essendo questo pelo l'unico a vista, sembra che sia lui a fare tutta la differenza.
Il grosso resta sommerso, ed è la ''verità'' che ci accomuna.
L'intersoggettività non certifica la verità, ma non potrebbe esserci intesoggettività senza quella ''verità'' sommersa.
Si può andare a pescare quella ''verità'' ,ma una volta pescata l'uomo non sarà più lo stesso, potendo essere adesso quella ''verità'' negata, quindi non più tale.
Le differenze allora iniziano ad essere qualcosa più di un pelo, e ci troviamo ad avere a che fare con mondi così diversi da essere fra loro in contraddizione, come la micro e la macro fisica.
Questo è quello che ha fatto la scienza, ma più in generale l'incremento di coscienza, che sembra essere la caratteristica della nostra attuale evoluzione.
Grazie alla tecnologia poi ciò che di noi viene esternato si trasforma in oggetti che facciamo fatica a ri-comprendere come ancora parte di noi, che sarebbe appunto un modo di riappropriarci di ciò che abbiamo esternato.
Grazie a ciò però, esternalizzandosi, l'intelletto ha allargato i propri limiti.
Quindi grazie agli apparecchi digitali, e all'IA il numero di fatti che possiamo considerare è meno limitato al punto che la loro generalizzazione , quando pur produce leggi che non permettono di fare previsioni a causa della incalcolabilità di fatto che comportano (situazione caotica) , ciò non è più un problema.
Dove non si può calcolare esattamente si approssima, e la potenza di calcolo di cui disponiamo permette approssimazioni sempre più ottimali.
Rimane solo un altro aspetto da considerare, caro Pensarbene. :)
I limiti del nostro intelletto, e in generale i nostri limiti sono determinati da una ''economia di sussistenza''.
Possiamo sopravvivere cioè solo dentro una economia sostenibile, e se non ci siamo estinti è perchè questa economia si è verificata.
Adesso però, tutto ciò che di noi abbiamo esternalizzato, dovremo curare in prima persona che resti dentro ad una economia di sostenibilità.
Questo è l'ulteriore step di presa di coscienza che dobbiamo incamerare, sapendo comunque che le strade che prende l'evoluzione sono tentativi casuali, che possono andare bene come male.
Ma di sicuro andranno male se lasciamo fare al caso oltre le necessità in cui esso interviene.
La parola d'ordine dunque è presa di coscienza, si, ma con annessa assunzione di responsabilità.
Citazione di: iano il 25 Febbraio 2024, 10:10:23 AMIl dizionario Treccani traduce i due virgolettati allo stesso modo, come ''adeguazione dell'intelletto alla cosa''.
Ma immagino volessi intendere un ''intelletto che si adegua alla cosa'' in alternativa a ''una cosa che viene adeguata all'intelletto''.
Che debba essere l'intelletto ad adeguarsi alla cosa sembra talmente ovvio che rischiamo di tralasciare il fatto del come e perchè possa avvenire anche il contrario.
Secondo me le due cose non si escludono ma sono due fasi successive dello stesso processo.
Il problema nasce quando li si vuole considerare come processi esclusivi.
Essendo infatti l'intelletto limitato non può adeguarsi a tutti i fatti, ma deve prenderne norma generalizzandoli, quindi effettivamente si ha una fase in cui le cose vengono adeguate all'intelletto.
E' con la generalizzazione, credo, che si entra nella fase metafisica, generando leggi fisiche, delle quali però generalmente si disconosce la natura metafisica.
Il problema quindi nasce quando si vuole escludere la metafisica, o in alternativa la fisica, per partito preso, che sia il partito degli idealisti o quello dei materialisti.
L'errore, correggimi se sbaglio, potrebbe essere stato ''suggerito'' da Platone , nel momento in cui dedica alle idee un mondo a parte, nel quale dunque esse si bastano da sole, con la conseguenza che poi gli idealisti tentano di adeguare questo mondo a quello, violentandolo.
Di ciò gli esempi tragici storici mi pare non manchino.
L'errore di Platone ha generato orrore?
temo di si, per quanto non fosse questa la sua intenzione, che immagino fosse quella di rendere conto del fatto che le idee sembrano venire da se, che abbiano cioè una esistenza indipendente.
In generale mi sembra che le sensazioni, rafforzate dal valore che l'uomo si autoattribuisce, sembrano giocare ancora un ruolo filosofico nell'idealismo ancora oggi,
Il materialismo invece le ha relativizzate, con le misure strumentali, per cui il mondo non è più solo come ci appare, ma diversamente può apparire.
Hai ragione. In effetti "et" pone rei ed intellectus sullo stesso piano. Spetta all'epistemologia, la venerabile "filosofia della scienza", stabilire chi si deve adeguare a cosa. L'idealismo platonico vorrebbe adeguare le cose al modello geometrico ideale, il "realismo" aristotelico, che ispirerà la parte migliore della scolastica, pone l'intelletto a servizio, nel comprenderle, delle cose. E tutta la scienza moderna, da Galileo in poi seguirà questa strada.
Con un lascito platonico nella "mathesis universalis" che figura come eterno gol della bandiera dell'intellectus, con metafisica al seguito, più o meno ridondante, secondo il livello di inafferrabilità delle cose. Fase epistemica in cui le finzioni ipotetiche si sprecano, a compensare il buio pesto dell'episteme.
Ma il granaio è sufficientemente pieno da permettere di ripristinare le corrette gerarchie epistemologiche, separando il grano novello dal loglio.
Con uso pure di tecniche strumentali che oltrepassano il fragile schermo dell'apparenza, non per relativizzare, ma per sapere.
(semmai il
relativo arriva dopo, delimitando il
campo di esistenza di uno specifico sapere, con riduzione delle sue pretese universalistiche).
Ripeto quello che ho detto altrove e che trova la sua origine nella visione duale della realtà. In campo fisico non credo sia possibile una adeguazione della materia all'intelletto. Può esserci solo una infinita ricerca di sempre maggiore precisione descrittiva ed esplicativa. In campo sociale, invece esiste sempre una azione duplice di reciproco influsso fra la "materia sociale" è la capacità di pensarla, sia a livello collettivo che individuale. La grande aspirazione della scienza è stato ed è ancora tuttora, quella di trovare, anche a livello "sociale", delle leggi simili a quelle fisiche, che possano in qualche modo permettere lo stesso straordinario mutamento, come quello avvenuto con la tecnologia. Peccato (o meno male) che l'umanità non sia così facilmente manipolabile. Tutto ciò al netto di ogni metafisica o ente superiore.
Possiamo pure addentrarci nella semantica della "adaequatio" che non può che avere un carattere epistemico - non certo "ontologico" - tra la cosa e chi la pensa, il cui esito non consiste nella identificazione, ma nella comprensione corretta del "fatto" ( come lo definisce LW nel Tractatus).
Il successo di tale operazione avviene nell'esperimento, nel dato tecnico che riscontra la correttezza del lavoro intellettuale, rendendolo epistemico.
La tecnica permette infine la adaequatio ontologica tra naturale e artificiale.
Che tale "adaequatio" sia esportabile nell'ambito delle "scienze umane", concordo trattarsi di corbelleria scientista, allo stato attuale dell'arte evolutiva antropologica, grondante contraddizioni sempre più inadeguabili.
Tra gli uomini ei rimasti c'è uno 0, qualcosa per cento di diffeferenza.
Io non so se questo 0,...x sia un bene o un male ma posso dire che tra uomo e uomo c'è più che lo 0,...x per cento citati
Non parlo ovviamente di mera materialitá ma di tutto il resto considerando anche che, perfino il.metabolismo avviene tramite una impronta fisiologica soggettiva che converte ,ad esempio le proteine ingurgitate in proteine ptontate ad hoc per l'indivifuo.
Quindi esiste in ognuno di noi un quid e uno spazio.interiore in cui non entra mai nessuno, per fortuna nostra e questa è forse la caratteristica umana che ci accomuna di più INDIVIDUALIZZANDOCI VERAMENTE E ...alla faccia dei
burattinai e dei burattini.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 15:54:20 PMPossiamo pure addentrarci nella semantica della "adaequatio" che non può che avere un carattere epistemico - non certo "ontologico" - tra la cosa e chi la pensa, il cui esito non consiste nella identificazione, ma nella comprensione corretta del "fatto" ( come lo definisce LW nel Tractatus).
Solo comprensione del fatto o anche determinazione del fatto? cioè , una volta compreso, abbiamo determinato il fatto?
Ipazia non è difficile gridare che il Re è nudo , ovvero non è affatto rivestito dagli schemi concettuali con cui lo infagottano i filosofi. Che cosa rappresenta il Re nella metafora se non la Re-altà ? però in quest'ultima è lecito infagottarla di concetti costruzionistici volti a stabilire il fatto in una cornice teorica di comprensione. Una volta stabilta la comprensione il passo successivo è la determinazione. Che differenza c'è fra comprendere un fatto e determinare un fatto? penso che ce ne sia.
La domanda è pura e semplice; attraverso la comprensione che è conoscenza dei fatti, noi determiniamo il mondo?
Citazione di: Alberto Knox il 25 Febbraio 2024, 17:48:28 PMSolo comprensione del fatto o anche determinazione del fatto? cioè , una volta compreso, abbiamo determinato il fatto?
Ipazia non è difficile gridare che il Re è nudo , ovvero non è affatto rivestito dagli schemi concettuali con cui lo infagottano i filosofi. Che cosa rappresenta il Re nella metafora se non la Re-altà ? però in quest'ultima è lecito infagottarla di concetti costruzionistici volti a stabilire il fatto in una cornice teorica di comprensione. Una volta stabilta la comprensione il passo successivo è la determinazione. Che differenza c'è fra comprendere un fatto e determinare un fatto? penso che ce ne sia.
La domanda è pura e semplice; attraverso la comprensione che è conoscenza dei fatti, noi determiniamo il mondo?
Per quello che è nella nostra possibilità denominata "tecnica", inclusa in quella che i naturalisti hanno definito "impronta antropica".
Inoltre determiniamo, con maggiore severità, quello che ho definito "universo antropologico", il "nostro" mondo.
Anche "mondo" richiede una concordanza semantica per ragionarci sopra.
Personamente rifuggo da accezioni "troppo" metafisiche del suo significato e delle sue determinazioni.
Certo che se si considera il mondo terreno come un contenitore in qualche modo "universale", non si va molto lontano.
Se lo si considera come un pianeta e per il pianeta che è, si relativizza tutto quanto e, forse, ci si capisce meglio.
Il problema sta negli esseri umani che generalizzano, estrapolano,proiettano e speculano perfino con la scienza.
Non considerano che, tutto sommato,
potrebbe essere, in qualche modo, una apparenza meno reale e più illusoria di quanto si potrebbe pensare.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 18:08:06 PMPer quello che è nella nostra possibilità denominata "tecnica", inclusa in quella che i naturalisti hanno definito "impronta antropica".
impronta che si traduce in effetti dannosi sull ambiente a causa del nostro intervenire sulla natura adattandola ai nostri scopi.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 18:08:06 PMInoltre determiniamo, con maggiore severità, quello che ho definito "universo antropologico", il "nostro" mondo.
quindi c'è un mondo antropologico e un mondo reale di cui mondo reale interpretiamo a misura del nostro mondo.
Il mondo reale non dipende da noi, ma la sua comprensione è dipendente dalle nostre facoltà conoscitive, a misura d uomo appunto. Tutto questo è squisitamente di radice kantiana.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 18:08:06 PMAnche "mondo" richiede una concordanza semantica per ragionarci sopra.
Non sempre la concordanza è totalitaria se no non avremmo avuto così grandi successi , a volte bisogna uscire dalla concordanza per vedere quello che altri non vedono.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 18:08:06 PMPersonamente rifuggo da accezioni "troppo" metafisiche del suo significato e delle sue determinazioni.
Non è forse metafisica questo passaggio da un mondo all altro?
Ah no, lo chiamano il trascendentale umano.
Un altra domanda; che differenza c'è fra il determinare il mondo (sulla luna ci sono montagne alte piu di 4000 metri) e la costruzione del mondo? con il ben inteso che questa costruzione sia fatta nella maniera il più possibile coerente con gli eventi reali e seguendone gli sviluppi, il modo in cui cambia, la sua evoluzione nel tempo con tutte le sue previsioni statistiche ben congeniate e corrispondeti con i fatti e con le sue previsioni deterministiche . Che , che differenza c'è?
se è per questo, su Marte c'è un vulcano alto 24000 m compagno di altri tre che sono alti più o meno due terzi di esso.
Non sono le misure di un mondo che contano ma chi vi abita e come.
Niente da dire, quindi, contro la natura terrestre, animali e vegetali ,neppure contro il fisico, l' inorganico.
Il problema è quello di sempre: gli esseri umani che rifiutando di essere quello che sono sognano di essere migliori o peggiori seguendo una pletora di sirene e non si svegliano mai.
Citazione di: Jacopus il 24 Febbraio 2024, 14:06:15 PMa verita Applicata alla giustizia è il genotipo, ma occorre anche valutare il fenotipo attraverso la Prudentia.
ovvero attraverso il discernimento
Citazione di: Pensarbene il 25 Febbraio 2024, 20:28:07 PMse è per questo, su Marte c'è un vulcano dkto 24000 m compagno di altri tre che sono alti più o meno due terzi di esso.
Non sono le misure di un mondo che contano ma chi vi abita e come.
Niente da dire contro la natura animali e vegetali ,neppure contro il mondo fisico e inorganico.
Il problema è quello di sempre: gli esseri umani che rifiutando di essere quello che sono sognano di essere migliori o peggiori e non si svegliano mai.
Non hai capito la domanda
Citazione di: iano il 24 Febbraio 2024, 19:59:05 PMIn ogni caso, tutto ciò che può fondarsi su una verità assoluta, può parimenti fondarsi su una verità che duri la vita di coloro che la possiedono.
anche una balla assoluta può fondarsi su una balla che duri la vita di coloro che la possiedono.
Citazione di: iano il 25 Febbraio 2024, 11:00:19 AMPerchè se ci troviamo di fronte a diverse realtà non potremo mai scongiurare il rischio di una loro collisione, perchè di esse solo una può essere quella vera.
Se ognuno vive la propia realtà perchè una sola può essere quella vera? Una cosa è la realtà che uno vive e altra cosa è la verità in cui uno crede. E basta andare in India ( ma in generale in ogni altro stato) per scontrarci con un pensiero del tutto diverso dalla nostra concezione di verità del tutto improntata sul platonismo.
Il trascendentale non è "troppa" metafisica. È quella giusta per evidenziare la specificità umana entro l'evoluzione naturale.
A costruire l'universo, incluso quello antropologico, ci pensa l'evoluzione. Lo possiamo determinare attraverso le facoltà cognitive, ovvero l'intelletto, mediante operazioni logiche ben descritte negli aforismi di carattere filosofico generale del Tractatus: i fatti, il mondo, le strutture logiche, il dicibile, l'ineffabile,...
Tenendo pure conto della natura negativa, discriminante, della determinazione. Altra buona eredità del pensiero epistemologico antico.
Citazione di: Alberto Knox il 25 Febbraio 2024, 19:30:53 PMUn altra domanda; che differenza c'è fra il determinare il mondo (sulla luna ci sono montagne alte piu di 4000 metri) e la costruzione del mondo? con il ben inteso che questa costruzione sia fatta nella maniera il più possibile coerente con gli eventi reali e seguendone gli sviluppi, il modo in cui cambia, la sua evoluzione nel tempo con tutte le sue previsioni statistiche ben congeniate e corrispondeti con i fatti e con le sue previsioni deterministiche . Che , che differenza c'è?
Determinare il mondo: verità fisica. Costruire il mondo: verità antropologica. Nel momento in cui la seconda segue "correttamente" le istruzioni, Alberto sembra sugggerire che fra le due non c'è una grande differenza. Se questa interpretazione è giusta, credo che:
1) non esiste una costruzione corretta, esiste solo una propensione a vivere, ma nel mondo della tecnica questa propensione ha molteplici strategie adottabili, a differenza che nel mondo naturale (ed è per questo che esistono le discussioni morali ed etiche, molto meno importanti durante la vita dei primati che ci hanno preceduto.) Ed è questa la ragione per cui verità fisica e verità antropologica sono due concezioni diverse. La prima è relativamente "oggettiva", la seconda lo è molto meno ed è provato storicamente che quando si è imposta una verità antropologica oggettiva, le conseguenze sono state immancabilmente sangue e tirannia.
2) È vero però che oggi, per la prima volta, costruire il mondo ha assunto una potenza tale da diventare descrizione del mondo. Mai era accaduto che l'uomo potesse addirittura cambiare il clima o il patrimonio genetico del grano in pochi istanti, invece che in centinaia di anni. È questa accelerazione che forse rende possibile collegare descrizione e costruzione del mondo.
3) la scommessa è puntare sull'uomo in grado di sentirsi responsabile di questo potere e che lo attivi in modo armonico con il pianeta che abitiamo. Le notizie che riceviamo, purtroppo, non vanno in questa direzione.
4) proprio a partire dalle considerazioni 2 e 3, è evidente come costruzione e descrizione del mondo siano diverse. La descrizione è un cerchio, la costruzione una linea. Noi possiamo solo chiederci se quella linea è predeterminata ( da una Divinità o dalla Selezione naturale è la stessa cosa, ai fini di questo discorso) oppure se abbiamo possibilità di scelta (e quindi possiamo "risponderne").
Citazione di: Jacopus il 25 Febbraio 2024, 21:13:29 PMla seconda lo è molto meno ed è provato storicamente che quando si è imposta una verità antropologica oggettiva, le conseguenze sono state immancabilmente sangue e tirannia.
Questo dovresti dirlo (anche) quando parlano di verità assolute.
Citazione di: Jacopus il 25 Febbraio 2024, 21:13:29 PM1) non esiste una costruzione corretta, esiste solo una propensione a vivere, ma nel mondo della tecnica questa propensione ha molteplici strategie adottabili, a differenza che nel mondo naturale (ed è per questo che esistono le discussioni morali ed etiche, molto meno importanti durante la vita dei primati che ci hanno preceduto.) Ed è questa la ragione per cui verità fisica e verità antropologica sono due concezioni diverse. La prima è relativamente "oggettiva", la seconda lo è molto meno ed è provato storicamente che quando si è imposta una verità antropologica oggettiva, le conseguenze sono state immancabilmente sangue e tirannia.
2) È vero però che oggi, per la prima volta, costruire il mondo ha assunto una potenza tale da diventare descrizione del mondo. Mai era accaduto che l'uomo potesse addirittura cambiare il clima o il patrimonio genetico del grano in pochi istanti, invece che in centinaia di anni. È questa accelerazione che forse rende possibile collegare descrizione e costruzione del mondo.
3) la scommessa è puntare sull'uomo in grado di sentirsi responsabile di questo potere e che lo attivi in modo armonico con il pianeta che abitiamo. Le notizie che riceviamo, purtroppo, non vanno in questa direzione.
4) proprio a partire dalle considerazioni 2 e 3, è evidente come costruzione e descrizione del mondo siano diverse. La descrizione è un cerchio, la costruzione una linea. Noi possiamo solo chiederci se quella linea è predeterminata ( da una Divinità o dalla Selezione naturale è la stessa cosa, ai fini di questo discorso) oppure se abbiamo possibilità di scelta (e quindi possiamo "risponderne").
sì, tu parli di descrizione del mondo, ma io mi riferivo a determinare.
Determinare un fatto non significa solo descriverlo, significa indicare qualcosa di esistente come dato di fatto conosciuto . è un dato di fatto che sulla luna ci sono montagne? sì perchè lo sappiamo, lo abbiamo tradotto in concetti, nozioni , riferimenti e come con la luna tutto il resto. è in questo il vero significato di "determinare" . Allora questa operazione non è traducibile in costruzione? in altre parole, la sfera del conoscibile non equivale essenzialmente al costruibile?
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 20:45:15 PMIl trascendentale non è "troppa" metafisica. È quella giusta per evidenziare la specificità umana entro l'evoluzione naturale.
oh è quella giusta dici, molto interessante.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 20:45:15 PMA costruire l'universo, incluso quello antropologico, ci pensa l'evoluzione
Son certo che abbiam cercato di determinare anche quella.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 20:45:15 PMLo possiamo determinare attraverso le facoltà cognitive, ovvero l'intelletto, mediante operazioni logiche ben descritte negli aforismi di carattere filosofico generale del Tractatus: i fatti, il mondo, le strutture logiche, il dicibile, l'ineffabile,...
Vero, ma un essere che ha più di 5 sensi determinerebbe in maniera più completa il mondo di quanto facciamo noi con i nostri 5 . So bene che non ci limitiamo hai 5 sensi, abbiam mandato in orbita telescopi che vedono l'infrarosso o come Chandra che vede ai raggi x. Ma era solo per dire che un essere con più facoltà sensitive potrebbe avere molti dubbi riguardo a quello che noi chiamiamo un operazione logica ben descritta da Wittgeistein o da quello che definiamo un argomentazione logica e razionale.
Anche la logica si evolve in base alla strumentazione pratica e teorica (matematica) che va ad aggiungersi agli organi e sensorialità forniti dall'evoluzione naturale.
(Il "mondo" e i "fatti" sono cresciuti dai tempi di LW, ma l'approccio filosofico non ne è stato intaccato in pari grado)
Strumentario che permette sempre più di anteporre la magica "a" al Lethe, nell'unico cammino che io conosca verso la verità.
Lasciando tutto lo spazio che compete all'eterno ritornante ethos e doxa dell'umano, variamente prefissato.
La formula tomistica della verità come "adaequatio rei et intellectus" ha un problema teorico importante che gli antichi non potevano vedere, ma che noi siamo costretti ad affrontare.
È il termine "adaequatio" ad essere il problema.
Nel processo della conoscenza io mi faccio varie copie dell'oggetto che voglio conoscere. Poter dire quale delle copie, delle rappresentazioni, sia la più adeguata significa potersi mettere di fronte all'oggetto originale e stabilire un confronto.
Ma, questo è il punto, nel momento stesso in cui io mi pongo di fronte all'originale per iniziare il confronto, mentre osservo l'originale, ecco che ho già costruito una nuova copia.
Non esistendo l'osservazione pura non c'è modo di stabilire quale delle copie di cui dispongo sia la più adeguata.
Eppure la nostra esperienza, i nostri successi nella conoscenza del mondo che ci circonda, sembrano garantirci che tale confronto si può stabilire, eccome!
Bisogna allora capire che io mi pongo di fronte all'oggetto sempre da un punto di vista particolare. Quindi l'adeguatezza, in generale impossibile da stabilire, è, nel concreto, funzione di quel mio interesse di partenza. Se sono interessato a manipolare l'oggetto l'approccio più adeguato sarà quello che ricerca i dati quantitativi e maggiore sarà la precisione delle misurazioni e delle leggi utilizzate, e maggiore sarà l'adeguatezza di questa conoscenza. Ecco perché la fisica di Galileo e Newton è più adeguata di quella aristotelica.
L'adeguatezza maggiore si riferisce agli interessi del soggetto che conosce, non all'oggetto conosciuto. Dal punto di vista della ragione scientifica sarà senz'altro più vera la conoscenza che offrono Newton e Galileo a quella che proponeva Aristotele. Ma non si può dire che tali rappresentazioni siano in generale più vere. Appunto, come dicevo prima, non esiste un punto di vista generale.
Ora però ribaltiamo quello che ho detto sopra.
Le critiche che sono state avanzate, per esempio l'impossibilità dell'osservazione pura, sono state costruite storicamente per colpire la scienza non tanto nel suo normale procedere di accumulazione di nuove conoscenze, ma nel suo porsi come nuova episteme, nuovo sapere incontrovertibile. La scienza cioè nella sua tendenza a presentarsi come metafisica.
Ora, di fatto, queste stesse critiche si sono rovesciate sulla filosofia, sul logos. Logos che però non è ragione strumentale (come lo è la ratio scientifica). Che è piuttosto orientato al tutto. Disinteressato, quindi?
Prendiamo per esempio Platone. Nietzsche vuole vedere nel platonismo una strategia che ha come obiettivo proteggersi dal mondo sensibile, nel mondo intellegibile eterno, immutabile. Ma la soluzione di Platone, le idee eterne, per quanto possa essere ritenuta sbagliata, esprime in realtà la comune esperienza di universalità del logos. Perché di fatto, quando cerchiamo di fare filosofia, nel nostro piccolo, tutti ci sentiamo distaccati, capaci di uno sguardo magnanimo, diciamo così.
Concludo: è corretto che quel reticolo di argomentazioni critiche nei confronti di metafisica e scienza, le cui ragioni stavano nel liberarsi da teologie invasive e dal predominio della tecnica, si siano rovesciate sulla filosofia?
Mi si dirà: quell'esperienza di universalità del logos è un residuo dell'approccio metafisico che è ancora presente in te.
E se invece non fosse così? Se fosse vero, piuttosto, che di metafisica ci può essere soluzione storica specifica mentre lo sguardo, lo stesso di Anassimandro, Eraclito, etc., ne è immune?
Non esiste una "ragione scientifica".
Vi è invece semplicemente l'inoltrarsi nel mondo.
E per inoltrarsi, occorre cercare di comprendere come il mondo funziona.
L'interesse che anima la scienza è semplicemente questo.
Perciò la fisica di Newton descrive meglio il funzionamento della realtà.
Così come la teoria della relatività lo descrive ancor meglio.
Tutto qui.
Non vi è alcun interesse, nella scienza, che il riuscire a comprendere come il mondo funziona.
Keplero era più "vero" di Tolomeo, e Einstein più vero ancora.
Tutto qui.
La scienza non ha alcun interesse a diventare metafisica.
Per la semplice ragione che la scienza si fonda sulla rinuncia alla Verità assoluta!
È stata proprio la rinuncia a possedere la Verità a permettere lo straordinario progresso scientifico.
E il progresso è avvenuto... proprio per la fede nella Verità!
Rinuncia alla Verità, fede nella Verità.
Questi sono i cardini della scienza.
Un autentico scienziato, è tale solo in quanto non pretende di conoscere il Vero e, allo stesso tempo, ha fede nella Verità!
Se non si ha presente questo, non si ha idea di cosa la scienza sia.
Pseudo scienziati che vagheggiano su una ipotetica teoria del tutto, non sono affatto scienziati. Perché inconsapevoli di cosa la scienza sia.
Citazione di: Ipazia il 26 Febbraio 2024, 07:13:49 AMAnche la logica si evolve in base alla strumentazione pratica e teorica (matematica) che va ad aggiungersi agli organi e sensorialità forniti dall'evoluzione naturale.
la logica evolvendosi, grazie anche alla strumentazione pratica come i telescopi che ho citato, inventa o scopre una matematica da applicare alla fisica?
Citazione di: Ipazia il 26 Febbraio 2024, 07:13:49 AMStrumentario che permette sempre più di anteporre la magica "a" al Lethe, nell'unico cammino che io conosca verso la verità.
sarà ma l aletheia appare sempre più equivalente al santo grall per i fisici teorici e i filosofi
Citazione di: Ipazia il 26 Febbraio 2024, 07:13:49 AM(Il "mondo" e i "fatti" sono cresciuti dai tempi di LW, ma l'approccio filosofico non ne è stato intaccato in pari grado)
io penso che sia molto profondo anche il secondo Wittgestein , dove non tratta più il linguaggio in maniera puramente logica e matematica ma per come esso si manifesta nel mondo , ovvero come giochi linguistici. "quello che siamo e quello che facciamo, questo è il linguaggio ed è prettamente un affare pubblico", "i confini del mio linguaggio sono i confini del mio mondo" , "Per poter essere in grado di porre un limite al pensiero, dovremmo trovare entrambi gli estremi del limite pensabile (cioè dovremmo essere in grado di pensare quello che non può essere pensato).
Citazione di: Koba II il 26 Febbraio 2024, 11:22:51 AMLa formula tomistica della verità come "adaequatio rei et intellectus" ha un problema teorico importante che gli antichi non potevano vedere, ma che noi siamo costretti ad affrontare.
È il termine "adaequatio" ad essere il problema.
Nel processo della conoscenza io mi faccio varie copie dell'oggetto che voglio conoscere. Poter dire quale delle copie, delle rappresentazioni, sia la più adeguata significa potersi mettere di fronte all'oggetto originale e stabilire un confronto.
Ma, questo è il punto, nel momento stesso in cui io mi pongo di fronte all'originale per iniziare il confronto, mentre osservo l'originale, ecco che ho già costruito una nuova copia.
mentre osservo l'originale, ecco che ho già costruito una nuova copia. Quello che hai costruito è qualcosa di nuovo che non c'era prima ma che adesso c'è e che noi chiamiamo conoscenza di un oggetto reale.
Quello che qui chiami copia per la fisica teorica viene denominata "modello" e il modello consiste in un lavoro di astrazione , solitamente di natura matematica . Ma invece di cercare adeguazioni si parla di analogie. Diciamo che per ogni volta che si pensa ad una analogia gia esiste nella nostra mente un modello astratto della realta che poi cerchiamo di rappresentare con un modello. Quello che conosciamo è il fenomeno o il modello costruito per rappresentare il fenomeno? e quando diciamo di saper spiegare un fenomeno che cosa spieghiamo? il modello o il fenomeno? dire che il modello rappresenta il fenomeno , quello si che sarebbe metafisica applicata. Perchè non ci sarebbe più nessuna differenza fra il modello e il fenomeno. Itendo dire che bisogna fare una distinzione fra modelli e fenomeni reali perchè i modelli non sono mai perfettamente analoghi o adeguati ai fenomeni.
Citazione di: Koba II il 26 Febbraio 2024, 11:22:51 AMLa formula tomistica della verità come "adaequatio rei et intellectus" ha un problema teorico importante che gli antichi non potevano vedere, ma che noi siamo costretti ad affrontare.
È il termine "adaequatio" ad essere il problema.
Nel processo della conoscenza io mi faccio varie copie dell'oggetto che voglio conoscere. Poter dire quale delle copie, delle rappresentazioni, sia la più adeguata significa potersi mettere di fronte all'oggetto originale e stabilire un confronto.
Ma, questo è il punto, nel momento stesso in cui io mi pongo di fronte all'originale per iniziare il confronto, mentre osservo l'originale, ecco che ho già costruito una nuova copia.
Non esistendo l'osservazione pura non c'è modo di stabilire quale delle copie di cui dispongo sia la più adeguata.
Eppure la nostra esperienza, i nostri successi nella conoscenza del mondo che ci circonda, sembrano garantirci che tale confronto si può stabilire, eccome!
Bisogna allora capire che io mi pongo di fronte all'oggetto sempre da un punto di vista particolare. Quindi l'adeguatezza, in generale impossibile da stabilire, è, nel concreto, funzione di quel mio interesse di partenza. Se sono interessato a manipolare l'oggetto l'approccio più adeguato sarà quello che ricerca i dati quantitativi e maggiore sarà la precisione delle misurazioni e delle leggi utilizzate, e maggiore sarà l'adeguatezza di questa conoscenza. Ecco perché la fisica di Galileo e Newton è più adeguata di quella aristotelica.
L'adeguatezza maggiore si riferisce agli interessi del soggetto che conosce, non all'oggetto conosciuto. Dal punto di vista della ragione scientifica sarà senz'altro più vera la conoscenza che offrono Newton e Galileo a quella che proponeva Aristotele. Ma non si può dire che tali rappresentazioni siano in generale più vere. Appunto, come dicevo prima, non esiste un punto di vista generale.
Questo linguaggio "metafisico" non aiuta a capire l'essenza della questione e mi associo all'obiezione di Knox e alla spiegazione di Bobmax sul senso e modo di procedere della ricerca scientifica. Un po' di esperienza di laboratorio aiuterebbe nelle controversie epistemologiche. La verifica sperimentale di un fenomeno oltrepassa tutti i modelli teorici e resta valida anche nelle repliche aggiornate di quei modelli: quali l'inserimento di una costante o di grandezze aggiuntive nella formula.
CitazioneOra però ribaltiamo quello che ho detto sopra.
Le critiche che sono state avanzate, per esempio l'impossibilità dell'osservazione pura, sono state costruite storicamente per colpire la scienza non tanto nel suo normale procedere di accumulazione di nuove conoscenze, ma nel suo porsi come nuova episteme, nuovo sapere incontrovertibile. La scienza cioè nella sua tendenza a presentarsi come metafisica.
Il trasferimento dell'ontologia nel campo delle scienze naturali le ha rese episteme. Può piacere o non piacere, ma è così, senza con ciò porsi su un piano metafisico eccedente quello della legittima speculazione scientifica, la quale nega l'approccio metafisico nella ricerca, ma pretende riscontri sperimentali.
CitazioneOra, di fatto, queste stesse critiche si sono rovesciate sulla filosofia, sul logos. Logos che però non è ragione strumentale (come lo è la ratio scientifica). Che è piuttosto orientato al tutto. Disinteressato, quindi?
Prendiamo per esempio Platone. Nietzsche vuole vedere nel platonismo una strategia che ha come obiettivo proteggersi dal mondo sensibile, nel mondo intellegibile eterno, immutabile. Ma la soluzione di Platone, le idee eterne, per quanto possa essere ritenuta sbagliata, esprime in realtà la comune esperienza di universalità del logos. Perché di fatto, quando cerchiamo di fare filosofia, nel nostro piccolo, tutti ci sentiamo distaccati, capaci di uno sguardo magnanimo, diciamo così.
Qui torniamo nel campo metafisico, inclusa la critica sacrosanta al platonismo. Il logos è discorso in generale, ed in quanto tale travalica i confini della ricerca scientifica, fino a pretendere,
malinteso dall'idealismo, di essere lui il primo motore immobile di tutto. Il che non è.
CitazioneConcludo: è corretto che quel reticolo di argomentazioni critiche nei confronti di metafisica e scienza, le cui ragioni stavano nel liberarsi da teologie invasive e dal predominio della tecnica, si siano rovesciate sulla filosofia?
Se le premesse sono fallaci può succedere, ma vanno cambiate le premesse non la filosofia
CitazioneMi si dirà: quell'esperienza di universalità del logos è un residuo dell'approccio metafisico che è ancora presente in te.
Certamente. Un logos troppo platonico (neoplatonico, cristianeggiante) e poco eracliteo (Spinoza, Nietzsche)
CitazioneE se invece non fosse così? Se fosse vero, piuttosto, che di metafisica ci può essere soluzione storica specifica mentre lo sguardo, lo stesso di Anassimandro, Eraclito, etc., ne è immune?
??? Spiega meglio: non vorrei illazionare troppo. Propendo sempre per l'immunità degli ionici nel loro sguardo rivolto al mondo esente da orpelli metafisici, ma vorrei capire meglio dove para la tua conclusione.
Citazione di: Alberto Knox il 26 Febbraio 2024, 15:11:02 PMla logica evolvendosi, grazie anche alla strumentazione pratica come i telescopi che ho citato, inventa o scopre una matematica da applicare alla fisica?
Inventa. Non esiste matematica in natura, con buona pace dei platonici. Esistono ricorrenze costanti, descrivibili in funzioni matematiche. Tutte da inventare per chi ha talento matematico.
Citazionesarà ma l aletheia appare sempre più equivalente al santo grall per i fisici teorici e i filosofi
aletheia significa verità in greco. E' un Santo Graal solo per chi non vuole spartire nulla con le porcate della sedicente "comunità scientifica" e filosofica embedded. Vi si affida solo una minoranza in via di estinzione.
Citazioneio penso che sia molto profondo anche il secondo Wittgestein , dove non tratta più il linguaggio in maniera puramente logica e matematica ma per come esso si manifesta nel mondo , ovvero come giochi linguistici. "quello che siamo e quello che facciamo, questo è il linguaggio ed è prettamente un affare pubblico", "i confini del mio linguaggio sono i confini del mio mondo" , "Per poter essere in grado di porre un limite al pensiero, dovremmo trovare entrambi gli estremi del limite pensabile (cioè dovremmo essere in grado di pensare quello che non può essere pensato).
Il linguaggio di cui si occupa nel Tractatus è quello scientifico, che non può non rispettare l'ultimo aforisma. Le tue citazioni sono incluse nel Tractatus: c'era già arrivato a capire che il pensabile sconfina infinitamente rispetto al dicibile
nei limiti della decenza scientifica epistemica.
Per cui non lascia vie di fuga:
7. Wovon man nicht sprechen kann, darüber muss man schweigen.
@ Koba II
Discorsi troppo complicati.
Il rasoio di Occam ha fin qui funzionato.
Può la filosofia continuare ad avvitarsi su se stessa ignorandolo?
Ognuno può proporre le sue ipotesi, ma devono mirare alla semplificazione.
Faccio un esempio.
Ipotesi 1:
Il ''fare'' dell'uomo non è cambiato nella sostanza, ma solo nei modi.
Ne segue che la scienza è un modo diverso del fare umano che non ne cambia la sostanza.
Il tuo discorso sui diversi modelli fra cui scegliere da dove salta fuori?
Non ne capisco la ratio.
Ipotesi 2:
Tutto ciò che và oltre i fatti è metafisica.
Quindi le teorie scientifiche si basano sui fatti, ma non sono fatti, sono quindi metafisica.
Non c'è un solo modo di andare oltre i fatti.
Allora si, qui c'è da scegliere, sottoponendo continuamente a verifica la propria scelta.
Ipotesi 3:
Tutto ciò che l'uomo fà usando coscienza l'ha già fatto senza usarla.
Ne segue che la coscienza non è essenziale al fare, ma è un diverso modo di fare, e la scienza è un fare altamente cosciente.
La fisica di Aristotele non nasce dal nulla.
Aristotele ha messo su carta il senso comune del suo tempo, e questo equivale ad averne preso coscienza.
Non bisogna avere la laurea in senso comune per applicarlo.
Ma prendere coscienza di starlo applicando, mettendolo nero su bianco, significa esporlo a critica.
Perchè tutto ciò che viene portato alla nostra coscienza verrà criticato, e dopo la critica non sarà più la stesso.
Finché non viene portato alla coscienza, equivale di fatto ad una verità, cioè a ciò che non può essere negato.
Lavoro simile ha fatto Euclide con la matematica.
La geometria una volta messa nero su bianco non poteva che essere criticata, da cui le geometrie non euclidee, e giù un ulteriore colpo al senso comune che con quella geometria andava a nozze.
Da quel momento in poi il mondo non è stato più lo stesso, a dimostrazione che il nostro mondo è una costruzione che può essere cambiata.
Ipotesi 4:
I fatti sono il prodotto della nostra interazione con la realtà.
Ma probabilmente non equivalgono a una goccia che cade, ma al solco che scava.
La goccia che cade è la realtà, il solco che scava è il fatto che ne ricaviamo interagendo con essa.
Con la scienza siamo capaci di prevedere e ripetere i fatti, ma la ripetizione, il non essere un evento a tutti gli effetti casuale, sporadico, diventa un fatto.
La ripetibilità dei fatti è già insita nell'essere un fatto, quindi.
Etc...
Infine, la scienza è fatta della stessa sostanza di cui è fatto il senso comune, anche se è nata a partire dalla sua critica, perchè la critica del fare, quando si attiva attraverso la presa di coscienza, modifica il fare nei modi, ma nella sostanza è sempre un fare dell'uomo-
Sembra inevitabile raccontare la storia dell'uomo sottolineandone quelle che sembrano svolte rivoluzionarie, ma il racconto, una volta presane maggior coscienza, dovrebbe essere modificato notandone invece la continuità.
Comprendere la fisica moderna significa ridurla a senso comune, ma ciò richiede un eternità durante la quale la ripetizione, banalizzando, rendendo l'agire ovvio ed evidente per confidenza presa, si riduce appunto a senso comune.
Oggi non è più possibile farlo. Non abbiamo il tempo.
Ma ciò non compromette il ''fare'' e questo è ciò che conta.
La scienza è un modo diverso di fare ma nella sostanza non è diversa dal senso comune.
Il Probema è che noi continuiamo ad usare il senso comune, e non è sbagliato farlo, ma dobbiamo accettare che ci siano diversi modi di fare che possono entrare in contraddizione, che però è solo teorica, in quanto di fatto continuiamo a fare quel che dobbiamo, anche in diversi modi.
la nuova scienza, a differenza del senso comune, non produrranno mai più un senso di realtà, l'illusione cioè di una rapporto diretto con la realtà, ma questo rapporto diretto nei fatti non c'è mai stato, appunto, se non come illusione.
La meccanica quantistica collide col senso comune.
Non c'era da aspettarselo col senno di poi?
Come ha detto Niels Bohr, chi dice di aver compreso la meccanica quantistica allora non l'ha capita.
Non ha capito cioè che non c'è niente da capire.
Il problema della filosofia oggi è che continua ad usare il senso comune in modo esclusivo, e in base a quello cerca di spiegare ciò che col senso comune non è spiegabile. e l'ultimo ad averlo potuto fare è stato Aristotele.
Non ho detto ''vecchio senso comune'' perchè rimane unico e dobbiamo tenercelo caro, ma non come si tiene caro un reperto archeologico.
Sarebbe assurdo smettere di usarlo, perdendo il nostro senso di realtà, rinunciando alla realtà come ci appare, solo perchè adesso sappiamo, o dovremmo sapere, che è una costruzione, perchè le teorie fisiche pure lo sono, illusione di realtà.
Non sono la realtà, ma il nostro nuovo modo di interagire con essa, come lo è stato, e può continuare ad essere, il senso comune.
Significa vivere contemporaneamente in mondi diversi, ma non è impossibile da fare, una volta compreso che quei mondi nascono dalla realtà, e quindi non sono gratuiti, ma non perciò sono la realtà.
Quindi non siamo obbligati a scegliere fra un mondo e l'altro, perchè essi, per funzionare, non abbisognano dell'esclusiva.
Unica ed esclusiva rimane solo la realtà.
Citazione di: iano il 26 Febbraio 2024, 19:49:22 PMCon la scienza siamo capaci di prevedere e ripetere i fatti, ma la ripetizione, il non essere un evento a tutti gli effetti casuale, sporadico, diventa un fatto.
La ripetibilità dei fatti è già insita nell'essere un fatto, quindi.
già qui caschi nel senso comune , fuori da sta logica!
ripeti il fatto che sulla luna ci sono montagne alte piu di 4000 metri.
Non tutti è ripetibile, io non lo sono ad esempio.
Altro senso comune e ritenere che si diano casi identici.
Citazione di: Ipazia il 25 Febbraio 2024, 06:47:01 AMLa formulazione migliore di verità, ripresa da koba è la tomistica "adaequatio rei et intellectus".
In base a ciò derivano molte conseguenze filosofiche che sanciscono la maggiore veridicità dell'approccio materialista sull'idealista, che persegue il percorso opposto: "adaequatio intellectus et rei".
Superiorità della forma aristotelica sulla forma ideale platonica ( mi spiace green, ma è cosi e rischi di infognarti con un altro, per quanto geniale, cattivo maestro !)
Il materialismo (non "scientista", detto dai classici: "volgare") non nega l'autonomia della dimensione psichica, ma sostituisce all'ideale, ipostatico e autocefalo, l'ideazione, che apporta un suo valore aggiunto alla realtà.
Idea-azione che ben si coniuga con il superamento della (vetero)metafisica nella filosofia della prassi, realizzazione del logos eracliteo sempre in divenire, senza nostalgie noumeniche e nichilistici blocchi, o angosce, per dirla alla green.
Sei tu che ti sei sempre sbagliata cara Ipazia.
Aristotele crede che la verità stia sulla terra.
Ma la terra genera solo mostri.
Uno storicista che non lo sa mi pare molto grave.
Il futuro storicista è colui che illumina le mostruosità del passato per far vedere quelle del moderno.
In questo la filosofia a martello di Nietzche aiuterà le future generazioni, che nel frattempo avranno capito quanto l'eredità di aristotele sia stata tossica.
Ragionare con Platone è molto, molto, molto difficile.
Forse si può capire l'apologia, ma poi come si può sbiellare così crassamente sul critone?
L'intera tradizione filosofia occidentale non ha capito niente. ciaveva ragione il vituperato heidegger.
non l'ontologia (sempre presunta, sempre fantastica) ma la politica (sempre a che fare con l'animale fantastico aristotelico) è il faro del futuro, una volta che l'umanità sarà sull'orlo dell'estinzione.
Che per ora è di carattere "solo" intellettuale. :D
Citazione di: Alberto Knox il 26 Febbraio 2024, 23:28:05 PMgià qui caschi nel senso comune , fuori da sta logica!
ripeti il fatto che sulla luna ci sono montagne alte piu di 4000 metri.
Non tutti è ripetibile, io non lo sono ad esempio.
Altro senso comune e ritenere che si diano casi identici.
Non ho compreso bene la tua critica, ma in generale io non detto che non bisogna usare il senso comune, ma che non bisogna usarlo in modo esclusivo.
Mentre possiamo invece continuare ad usarlo nella vita di tutti i giorni.
Ad esempio, la ''cosa in sè'' che fonda la vecchia filosofia fa anche parte parte del senso comune, ma non si può più fondare su essa la nuova filosofia.
Il problema della filosofia oggi è che considera la vecchia filosofia come attuale, come se il ''nostro mondo'' non fosse cambiato nel frattempo,mltiplicandosi.
Continuiamo a discutere su quali vecchi autori filosofici siano ancora attuali, quando da essi dovremmo solo prendere norma su come si costruisce una filosofia.
Siccome le vecchie filosofie si fondano sul senso comune, gli storici della filosofia dovrebbero considerare una fortuna di possedere ancora quel senso comune.
Diversamente comprendere la storia della filosofia sarebbe per loro un impresa impossibile.
Ecco quindi un altro campo in cui usarlo, oltre alla vitta di tutti i giorni.
Diversamente non si potrà fare altro che rimasticare a vuoto vecchia filosofia.
Comprensibilmente abbiamo ripudiato Aristotele, ma adesso è arrivato il momento di rivalutarlo, non perchè la sua visione del mondo sia ancora attuale, ma perchè è un esempio insuperabile di come si costruisce una filosofia.
Tenendo pur conto che non è facile ripetere l'impresa, al punto che forse non sarà più possibile farlo, perchè non c'è un nuovo senso comune su cui basarla.
Su cosa dovremmo basarla allora?
Forse non troveremo la risposta, ma l'importante è uscire dall'illusione che rimasticare vecchia filosofia a vuoto significhi far filosofia. Bisogna continuare a farlo , ma significa fare storia della filosofia, e l'unica cosa che possiamo spremere da questa storia è come si fà filosofia, per capire se allo stesso modo si possa continuare a fare.
Ma avere il forte dubbio che ciò sia ancora possibile farla dovrebbe essere parte del nostro nuovo senso comune ancora da costruire.
Non cè dubbio per me comunque che fare filosofia sia ancora una irrinunciabile necessità, ma più che creare una nuova metafisica penso che dovremmo comprendere meglio come essa abbia agito sotto le false spoglie della fisica.
In tal senso ho suggerito che le leggi della fisica siano già da considerare una metafisica mascherata da fisica.
La fisica in senso stretto sono i fatti, e magari scavando sulla loro origine chissà quanta altra metafisica sepolta dentro al nostro senso comune salterà fuori.
Intanto il lavoro del filosofo oggi potrebbe essere simile a quello di un archeologo, che trovandosi di fronte alle piramidi del pensiero dovrebbe chiedersi non se sono attuali, ma come sia stato possibile costruirle.
Rispetto agli egittologi esso comunque ha un vantaggio che gli egittologi non hanno: il senso comune dei vecchi egiziani non è da ricostruire, perchè è in lui ancora attuale.
Una bella fortuna tutto sommato.
In generale la mia impressione è che il confine fra fisica e metafisica sia da ridefinire e non cosa facile, perchè non è così preciso come ci è piaciuto pensare, al punto tale che ci è parso possibile poterci schierare da una parte o dall'altra del confine.
In tal senso sarebbe arrivato il momento di considerare il materialismo e l'idealismo come reperti archeologici di inestimabile valore il cui studio ci dirà molto su chi eravamo e che ancora ci illudiamo di essere, idealisti o materialisti, per una malintesa fedeltà a un partito preso.
Siamo ancora qui a parlare di verità come cosa attuale.
Questo si che è assurdo.
Essa fa parte di un senso comune ancora attuale era tenersi stretto. è vero, ma altri mondi ad esso si sono affiancati nel frattempo, fra i quali non esiste la stretta necessità di fare una scelta esclusiva nella misura in cui ciò non compromette il ''nostro fare''.
La realtà è una , ma non è unico il modo di rapportarsi ad essa.
La realtà è una , ma non è unico il modo di rapportarsi ad essa.
E' arrivato il momento di chiedersi se vale la pena ancora di cercare di fare una scelta esclusiva fra questi diversi modi, dividendo l'umanità, o convivere con questi diversi modi, facendoli tutti propri, preservando la nostra unità.
Chiediamoci se vale ancora la pena insistere in modo così ossessivo nella ricerca della verità, che non può che essere divisa, essendo unica, o se volgiamo invece preservare la nostra unità.
Vale la pena continuare a insistere in ciò, sopratutto avendo preso ormai coscienza del risultato di questa ricerca, che altro non è che il seguente:
''Chi non è con me è contro di me''.
La formula tomistica descrive la verità come adeguamento dell'intelletto alla realtà.
Il soggetto conoscente per conoscere l'oggetto si costruisce delle immagini mentali, delle rappresentazioni.
Ipotizziamo che se ne costruisca tre, diverse.
Come può decidere quale sia quella più vera, cioè quella più adeguata all'oggetto reale?
Per poterlo fare dovrebbe potersi porre di fronte all'oggetto secondo un punto di vista neutro.
Ma questo non è possibile. Non esiste un punto di vista neutro, non esiste l'osservazione pura.
Per esempio se volessimo conoscere la tazza che sta sul tavolo di fronte a noi, cioè se dopo averla riconosciuta come tazza volessimo apprendere i dettagli della sua particolarità, averne quindi una conoscenza più approfondita, e facessimo tre descrizioni, cambiando posizione, distanza, momento della giornata etc., alla fine potremmo chiederci quale delle tre è la più adeguata.
Per deciderlo dovremmo quindi porci di fronte alla tazza, quindi con la tazza da una parte e le tre rappresentazioni dall'altra, e confrontare ciascuna delle tre con l'oggetto.
Ma perché questa posizione dovrebbe essere neutra? Quella da cui stabilire il confronto decisivo con l'oggetto?
In realtà questa posizione non è altro che un ulteriore punto di vista possibile, il quarto punto di vista, che produce la quarta rappresentazione.
La formula tomistica presuppone cioè uno sguardo panoramico, metafisico, la possibilità di porsi di fronte all'oggetto come farebbe dio.
Quello che ho descritto è il problema teorico di cui parlavo nel precedente post.
Dopodiché proponevo di guardare al fatto che ogni nostro punto di vista, quando ci poniamo di fronte all'oggetto da conoscere, è ineluttabilmente interessato.
L'adeguatezza sarebbe così legata allo specifico interesse del soggetto conoscitivo, il quale si ricollega a tradizioni etc.
Infine riprendevo alcune aspirazioni (probabilmente illusorie) del tipo di quelle proposte dalla fenomenologia.
Citazione di: iano il 27 Febbraio 2024, 04:58:38 AMLa realtà è una , ma non è unico il modo di rapportarsi ad essa.
E' arrivato il momento di chiedersi se vale la pena ancora di cercare di fare una scelta esclusiva fra questi diversi modi, dividendo l'umanità, o convivere con questi diversi modi, facendoli tutti propri, preservando la nostra unità.
Chiediamoci se vale ancora la pena insistere in modo così ossessivo nella ricerca della verità, che non può che essere divisa, essendo unica, o se volgiamo invece preservare la nostra unità.
Vale la pena continuare a insistere in ciò, sopratutto avendo preso ormai coscienza del risultato di questa ricerca, che altro non è che il seguente:
''Chi non è con me è contro di me''.
Penso che la scelta esclusiva il soggetto sia costretto a farla. Costretto perché sarà lo scegliere che poi determinerà l'agire. Un soggetto incoerente può per es.avere due etiche contrapposte? Nel momento dell'agire sarà ineluttabilmente costretto a scegliere una delle due. In questo caso l'etica può essere relativa, ma l'atto no in quanto definitivo. La rappresentazione la puoi cambiare, l'atto no, puoi solo farne seguire un altro. L'atto , una volta compiuto, comincia a maturare conseguenze malgrado il soggetto conoscente possa aver mutato rappresentazione. Temo quindi che " chi non è con me..." si può tentare di smussare, di arrotondare, di trovare compromessi, ma non superare. Per superarlo dovremmo avere tutti un'unica rappresentazione della realtà. Ma questo non è possibile. Anche se per alcuni appare come una speranza, ritenendolo come un superamento del conflitto (anche o soprattutto con noi stessi). Il problema è che la vita È conflitto.
È una idea cara al progressismo woke attuale, tipico dei ceti benestanti occidentali quella del mondo inclusivo, buono per dpcm, in cui un' unica rappresentazione della realtà, decisa da chi sa che la loro è l'unica rappresentazione valida e foriera di ben-essere, accettata in tutto il mondo, porterà ad una nuova era per l'umanità. Ma è appunto soltanto una loro rappresentazione. Infatti la realtà non li sta seguendo, anzi.
Citazione di: Koba II il 27 Febbraio 2024, 13:38:37 PMLa formula tomistica descrive la verità come adeguamento dell'intelletto alla realtà.
Il soggetto conoscente per conoscere l'oggetto si costruisce delle immagini mentali, delle rappresentazioni.
Ipotizziamo che se ne costruisca tre, diverse.
Come può decidere quale sia quella più vera, cioè quella più adeguata all'oggetto reale?
Per poterlo fare dovrebbe potersi porre di fronte all'oggetto secondo un punto di vista neutro.
Ma questo non è possibile. Non esiste un punto di vista neutro, non esiste l'osservazione pura.
Per esempio se volessimo conoscere la tazza che sta sul tavolo di fronte a noi, cioè se dopo averla riconosciuta come tazza volessimo apprendere i dettagli della sua particolarità, averne quindi una conoscenza più approfondita, e facessimo tre descrizioni, cambiando posizione, distanza, momento della giornata etc., alla fine potremmo chiederci quale delle tre è la più adeguata.
Per deciderlo dovremmo quindi porci di fronte alla tazza, quindi con la tazza da una parte e le tre rappresentazioni dall'altra, e confrontare ciascuna delle tre con l'oggetto.
Ma perché questa posizione dovrebbe essere neutra? Quella da cui stabilire il confronto decisivo con l'oggetto?
In realtà questa posizione non è altro che un ulteriore punto di vista possibile, il quarto punto di vista, che produce la quarta rappresentazione.
La formula tomistica presuppone cioè uno sguardo panoramico, metafisico, la possibilità di porsi di fronte all'oggetto come farebbe dio.
Quello che ho descritto è il problema teorico di cui parlavo nel precedente post.
Dopodiché proponevo di guardare al fatto che ogni nostro punto di vista, quando ci poniamo di fronte all'oggetto da conoscere, è ineluttabilmente interessato.
L'adeguatezza sarebbe così legata allo specifico interesse del soggetto conoscitivo, il quale si ricollega a tradizioni etc.
Infine riprendevo alcune aspirazioni (probabilmente illusorie) del tipo di quelle proposte dalla fenomenologia.
Tommaso è una pietra miliare nella storia della filosofia. Senz'altro utile nel riflettere sui nostri processi razionali, ma è comunque una pietra sul ciglio della strada che stiamo percorrendo. Di sé ci lascia qualche chiarimento, niente però di fondamentale.
Cioè non incide minimamente su di noi.
Un po' come Aristotele: chiarimento razionale e poco altro. Al più qualche lampo, probabilmente dovuto ai metafisici che l'hanno preceduto.
Aristotele non è Platone.
Con Platone si conclude infatti, temporaneamente e con un parziale naufragio, la metafisica.
Che Tommaso abbia poco a che vedere con la metafisica, lo si può constatare considerando quanto poco comprendesse Anselmo.
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Nessuna descrizione di un oggetto dipende da ciò che quell'oggetto è.
Ogni sua descrizione considera esclusivamente ciò che quell'oggetto ha.
E ciò che un oggetto ha, non è mai quell'oggetto, bensì è altro.
Perciò ogni descrizione è fondata, in tutto, su altro che non sia l'oggetto stesso che vuole descrivere.
La verità di una descrizione deriva dalla verità di tutto ciò che fonda la stessa descrizione.
Per cui la adeguatezza di una descrizione può essere senz'altro confrontata con quella di altre descrizioni.
Ma non riferendosi ad una descrizione "neutra", che non può esistere.
Il confronto si fa considerando la adeguatezza dei presupposti che reggono ogni descrizione.
È sempre
l'altro che permette qualsiasi descrizione.
Citazione di: green demetr il 27 Febbraio 2024, 01:54:16 AMSei tu che ti sei sempre sbagliata cara Ipazia.
Aristotele crede che la verità stia sulla terra.
Ma la terra genera solo mostri.
Uno storicista che non lo sa mi pare molto grave.
Il futuro storicista è colui che illumina le mostruosità del passato per far vedere quelle del moderno.
In questo la filosofia a martello di Nietzche aiuterà le future generazioni, che nel frattempo avranno capito quanto l'eredità di aristotele sia stata tossica.
Ragionare con Platone è molto, molto, molto difficile.
Forse si può capire l'apologia, ma poi come si può sbiellare così crassamente sul critone?
L'intera tradizione filosofia occidentale non ha capito niente. ciaveva ragione il vituperato heidegger.
non l'ontologia (sempre presunta, sempre fantastica) ma la politica (sempre a che fare con l'animale fantastico aristotelico) è il faro del futuro, una volta che l'umanità sarà sull'orlo dell'estinzione.
Che per ora è di carattere "solo" intellettuale. :D
Visto che qui si parla di
verità e non di magnifiche e progressive sorti (Platone) uno sguardo all'archè è istruttivo per comprendere la sua declinazione in salsa antropologica:
col suo gran finalone, più o meno nel presente:
Indubbiamente una vicenda di mostri, che però
dicono la verità. Fenomenica al netto di ogni metafisica che, come giustamente detto, viene "dopo". E non è nemmeno tanto difficile da postulare, finchè si resta coi piedi per terra. Laddove la differenza non è tra apollinei cavalli alati e somari, ma tra asini che canonicamente cascano, e cavalli reali, focosi quel tanto che basta per non perire. Anche intellettualmente.
Nel primo filmato vi è anche la postulazione pratica del principio del venerabile Spinoza:
omnis determinatio est negatio. Da cui partire per una realistica determinazione dell'
Altro. Poi è sperimentato che con dosi
non omeopatiche di Freud si può riconvertire il tutto.
Citazione di: Koba II il 27 Febbraio 2024, 13:38:37 PMLa formula tomistica descrive la verità come adeguamento dell'intelletto alla realtà.
Il soggetto conoscente per conoscere l'oggetto si costruisce delle immagini mentali, delle rappresentazioni.
Ipotizziamo che se ne costruisca tre, diverse.
Come può decidere quale sia quella più vera, cioè quella più adeguata all'oggetto reale?
Per poterlo fare dovrebbe potersi porre di fronte all'oggetto secondo un punto di vista neutro.
Ma questo non è possibile. Non esiste un punto di vista neutro, non esiste l'osservazione pura.
Non è solo un problema di formula tomistica. la fisica odierna funziona esattamente così. Ipotizziamo che se ne costruisca tre, diverse. Ma invece di ricorrere alla costruzione di immagini di rappresentazione mentali mettiamo che le costruzioni rappresentative siano costituite da formule matematiche che descrivono il moto dei corpi. il problema che vado enunciando parte da questo presupposto
"Sostenere che le nostre teorie e formule scientifiche rispecchiano l'unica realtà possibile è un errore concettuale " A questo proposito ripropongo l esempio del pesce rosso nella boccia. L'immagine della realà che ha un pesce rosso è diversa dalla nostra , ma possiamo essere sicuri che sia meno reale?
La visione del pesce rosso è diversa dalla nostra ma l'animale potrebbe comunque formulare leggi scientifiche sui moti dei corpi che osserva all'esterno della boccia . All 'osservazione del pesce un corpo che si muove in linea retta per noi risulterebbe muoversi lungo una traiettoria curva a causa della distorsione della boccia stessa. il pesce però potrebbe comunque formulare leggi scientifiche che varrebbero sempre e che consetirebbero di prevedere il moto futuro dei corpi all esterno della boccia . Ricordo che le leggi sono enuciati su classi di fenomeni e non altro . La legge di keplero corrisponde alla realtà? qualla di Newton?, la legge sui moti dei corpi di Galileo? se la risposta è sì... un pesce che formula un modello matematico in accordo con le ossevazioni sarebbe da ritenersi una descrizione valida della realtà. ma la cosa che conta è che sarebbe inutile chiedersi se un modello sia reale ma solo se sia in accordo con le osservazioni .
Se ci sono due modelli che sono entrambi in accordo con le osservazioni . come la visione dei pesci rossi e la nostra , non è possibile dire che una sia più reale dell altra. è quindi valido il tuo assunto anche per la fisica teorica ,
Non esiste un punto di vista neutro, non esiste l'osservazione pura. Io avrei detto "non esiste un punto di vista privilegiato" nè per l'osservazione pura ne per,come la fisica ne è ben consapevole, un punto di riferimento assoluto per lo stato di quiete.
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2024, 15:46:40 PMVisto che qui si parla di verità e non di magnifiche e progressive sorti (Platone)
invece qui si parla esattamente secondo il modello di Platone se pur perfezionato. A me pare che qui si parli di verità con la stramaledetta v maiuscola come qualcosa che sta la fuori esattamente come il monte Everest sta la fuori da qualche parte e mi pare anche che qui si dorma riguardo a come funziona la scienza , ovvero come platonismo strutturato. Signori miei quando è nata la scienza? diciamo con Cartesio e Bacone? cosa diceva Cartesio ? "i sensi ci ingannano" lo aveva già detto Platone, e a seguire "visto che non possiamo fidarci dei nostri sensi allora dobbiamo procedere non con in sensi ma con
idee chiare e distinte
" che allora erano la fisica e la chimica poi è nata la biochimica, poi la biologia molecolare, oggi la gentica e con esse è nato il corpo in termini medici con idee chiare e distinte, esattamente il modello di Platone però perfezionato e strutturato con maggior forza con il metodo scientifico. Il metodo scientifico lo conoscente; sapere oggettivante valido per tutti , riproducibile ovunque e da chiunque col medesimo risultato. Questa è la scienza, tutto il resto sono opinioni non giustificate. Il metodo di Cartesio è usato ancora oggi nella scienza. Il fisico teorico sviluppa un ipotesi (teoria) che poi sottopone a esperimento. Se l'esperimento riesce il fisico assumerà l ipotesi come legge di natura . Verità assoluta? neanche per sogno, se troveremo ipotesi migliori e più esplicative, abbandoneremo queste per addottare le altre. Così funziona la scienza, la scienza non scopre verità ne con la con la v maiuscola ne con la v minuscola , la scienza scopre ...esattezze. La ricerca di esattezze è il bisogno di trovare la regola che sta alla base dei fenomeni. Per sapere come funziona devo conosce la regola. Le regole non sono direttamente intelleggibili così come si presentano all osservazione deii fenomeni , ma necessitano di un passo intermedio, un passo che si chiama teoria. Le leggi sono dunque enunciati relativi a classi di fenomeni , lo sperimentatore può scegliere o escogitare certe condizioni inziali che sono enunciati relativi a sistemi particolari ma non può scegliere le leggi, esse sono date dal mondo stesso , per molti scienziati e filosofi esse sono date da Dio e questo è analogo a come le regolarità della natura erano date dal Demiurgo . L'occidente va avanti sul Platonismo, perfezionandolo e rendendolo sempre più rigoroso.
Citazione di: Pio il 27 Febbraio 2024, 13:58:07 PMPenso che la scelta esclusiva il soggetto sia costretto a farla. Costretto perché sarà lo scegliere che poi determinerà l'agire.
Grazie per la tua risposta dalla quale capisco di non essere riuscito forse a spiegarmi.
Prova a rileggere i miei post.
Se rileggendoli continui a non capirli scrivimi sulla posta privata. :)
Sarò felice di chiarirti le mie posizioni.
Il metodo scientifico si fonda su riscontri empirici allo stesso modo dell'animale che "conosce" la forza di gravità e i suoi effetti. Poi vi aggiunge la quantificazione dei fenomeni secondo scale mensurali convenzionali, il che non ha nulla di platonico in quanto non presuppone una natura matematica dell'universo, ma ricava formule matematiche per calcolare i fenomeni e trarne delle utilità.
La verità della scienza è una verità empirica, con una ancellare iniziale minuscola, rispettosa sia di ciò che è fenomenicamente "chiaro e distinto" (gli effetti della forza di gravità), che di ciò che non lo è (l'atomo, l'elettrone, il fotone,...), purché la sua fenomenologia sia riproducibile. Condizione che viene costantemente verificata nelle applicazioni tecnologiche del fenomeno.
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2024, 22:13:05 PMIl metodo scientifico si fonda su riscontri empirici allo stesso modo dell'animale che "conosce" la forza di gravità e i suoi effetti. Poi vi aggiunge la quantificazione dei fenomeni secondo scale mensurali convenzionali, il che non ha nulla di platonico in quanto non presuppone una natura matematica dell'universo, ma ricava formule matematiche per calcolare i fenomeni e trarne delle utilità.
La verità della scienza è una verità empirica, con una ancellare iniziale minuscola, rispettosa sia di ciò che è fenomenicamente "chiaro e distinto" (gli effetti della forza di gravità), che di ciò che non lo è (l'atomo, l'elettrone, il fotone,...), purché la sua fenomenologia sia riproducibile. Condizione che viene costantemente verificata nelle applicazioni tecnologiche del fenomeno.
Sì Ipazia, quello che qui bisogna stabilire e mostrare. è quello che c'è "la fuori" e quello che noi costruiamo per conoscere quello che c'è. gravità compresa . Per non cadere nella fallacia "quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo" .
è solo una sottigliezza filosofica di poco conto? non credo . Abbiamo detto che la matematica è invezione dei matematici e oggetto di costruzione dei toerici e che non si trova nella natura ma nella mente di chi la manipola . E quando una matematica funziona per descrivere un fenomeno prendiamo quella matematica come modello per costruire una toria di corcine astratta. La teoria la si sottopone a verifiche sperimentali riproducibili e che ottengono sempre il medesimo risultato. Se la teoria resiste al banco di prova assumero la teoria a legge di natura . Le formule che descrivno la gravitazione naturale si possono scrivere tutte occupando a mala pena le dimensioni di una cartolina. ma di ottimo potere predittivo, infatti le si usano ancora oggi per prevedere le eclissi di sole e l eclissi di luna. Sapete come si prevedono le eclissi? va bhè . Ora , ipotizziamo l'esempio del pesce nella boccia che formula leggi scientifiche che varrebbero sempre e che consetirebbero di prevedere il moto futuro dei corpi all esterno della boccia . Ora, il formulare un modello matematico in accordo con le ossevazioni sarebbe da ritenersi una descrizione valida della realtà al pari del modello matematico usato da Newton nella legge di gravitazione ? se la risposta è no, significa che la realtà è prerogativa dell uomo se è no dobbiamo ammetterne il relativismo di fondo. E poi , stabilito questo ,dovremo fare una chiacchierata sulla natura della matematica.
Ripartiamo dall'inizio.
Tema:
''La verità non può essere negata''
Svolgimento:...
Ne segue che l'insieme delle cose che non possono essere negate contiene almeno un elemento, la verità.
Ne segue ancora che l'insieme non è vuoto, perchè contiene almeno un elemento.
Più di tanto con la logica non riusciamo a spremere.
Quindi ci chiediamo fuor di logica:
oltre alla verità l'insieme contiene altri elementi?
Se non si risponde a questa domanda non si può proseguire.
Chi conosce, o anche solo sospetta la risposta fra le due possibili?
In alternativa abbiamo due ipotesi diverse da cui provare a trarre ulteriori conseguenze logiche.
Quindi:
1. No, non esistono altri elementi nell'insieme oltre alla verità, quindi ne segue che ciò che non può essere negato è vero.
2. Si, esistono altri elementi.
Quindi esiste qualcosa che non può essere negato, pur non essendo vero.
Scegliete la vostra ipotesi e provate a trarne tutte le ulteriori conseguenze, sempre che,( nulla di più facile), non abbia commesso degli errori logici. :)
è inutile chiedersi se un modello sia reale , ma solo se sia in accordo con le osservazioni e le predizioni . Se ci sono due modelli che sono entrambi in accordo con le osservazioni e con le predizioni non è possibile dire che uno sia più reale dell altro.
Ripeto, restiamo in tema, e lo ridico in modo sintetico.
Tema:
''La verità non può essere negata''
Svolgimento:
Io concordo sul fatto che la verità non possa essere negata, però affermo che questa sia una verità a metà se non ci pronunciamo sulla verità del contrario, e cioè se ciò che non può essere negato sia vero.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 00:26:02 AM''La verità non può essere negata''
una verità non può essere negata solo qualora la solidità dei suoi fondamenti non lascia alcun dubbio. Quale fondamento proponi per stabilre la verità?
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 01:09:35 AMuna verità non può essere negata solo qualora la solidità dei suoi fondamenti non lascia alcun dubbio. Quale fondamento proponi per stabilre la verità?
Se hai dubbi sulla solidità dei suoi fondamenti dovresti chiamarla ipotesi, e non verità.
Se la chiami verità non puoi dopo avere dubbi su di essa.
La verità non può essere negata.
Come svolgi questo tema?
Se la metti in dubbio allora neghi che non possa essere negata.
E' questo il tuo svolgimento?
Svolgimento che sarebbe ovviamente legittimo.
Infatti ''la verità non può essere negata'' è una frase, e in quanto tale può essere negata.
Il tuo svolgimento quindi è:
non è vero che la verità non può essere negata?
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 01:03:55 AMIo concordo sul fatto che la verità non possa essere negata, però affermo che questa sia una verità a metà se non ci pronunciamo sulla verità del contrario, e cioè se ciò che non può essere negato sia vero.
penso che se dobbiamo davvero pronunciari sulla veità del contrario questo non voglia dire affatto "cioè se ciò che non può essere negato sia vero" non segue la logica corretta se imposti così il problema . Il pronunciarsi sulla verità del contrario, la negazione o la contraddizione significa voler capire se la negazione può essere un altra verità o meno. Se le premesse del tuo quesito non sono corrette come puoi pretendere che lo svolgimento sarà corretto?
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 01:17:42 AMpenso che se dobbiamo davvero pronunciari sulla veità del contrario questo non voglia dire affatto "cioè se ciò che non può essere negato sia vero" non segue la logica corretta se imposti così il problema . Il pronunciarsi sulla verità del contrario, la negazione o la contraddizione significa voler capire se la negazione può essere un altra verità o meno. Se le premesse del tuo quesito non sono corrette come puoi pretendere che lo svolgimento sarà corretto?
Non mi hai capito. Colpa mia. Ritento.
Posto che la verità non possa essere negata, esiste qualcosa che non può essere negato oltre alla verità?
Cioè esiste qualcosa che pur non potendo essere negato non è la verità?
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 01:23:32 AMCioè esiste qualcosa che pur non potendo essere negato non è la verità?
tutte le leggi della fisica , esse non si possono negare ma non sono la verità in quanto metodicamente provvisorie. Sono esattezze non verità. Togliamoci dalla teste che la scienza ci consegna verità.
Citazione di: Ipazia il 27 Febbraio 2024, 15:46:40 PMNel primo filmato vi è anche la postulazione pratica del principio del venerabile Spinoza: omnis determinatio est negatio. Da cui partire per una realistica determinazione dell'Altro. Poi è sperimentato che con dosi non omeopatiche di Freud si può riconvertire il tutto.
Il film l'ho già visto svariate volte care ipazia, sappi che all'università studiavo cinema.
Lasciando da stare Kubrick, anche se nei forum filosofici del futuro si parlerà SOLO di Kubrick.
La metafisica che non ragione sul fenomeno e sulla storia del fenomeno, è una metafisica distorta.
Forse posso fare uno sforzo per capire la metanoia cristiana, spero di non sbagliarmi nel credere di essere pronto per leggere Kierkegaard.
MA tra la documentazione storica, Platone stesso, la lettura del nice post-umano trppo umano, e i romanzi che dovrebbero nella mia testa darmi ancora il piacere dell'adolescenza (quando ancora non avevo la macchina infernale di nome pc, o smartphone attuali ) ci vorrà tempo.
Tra l'altro dovrei dare anche ad Hegel la possibilità di spiegarmi come mai ha scelto il cristianesimo rispetto alla chiusura del primo capitolo della fds.
Tutto questo per dire: cosa c'entra freud? non ho capito l'allusione.
Non cosa c'entri freud DOPO nietzche, perchè c'entra eccome ma cosa c'entri freud con la metafisica.
TI riferisci forse al totem? sarebbe straordinario. avresti dei punti in più che ultimamente stai perdendo.
PS
Non leggo un antisemita come Spinoza. Grazie.
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 01:32:59 AMtutte le leggi della fisica , esse non si possono negare ma non sono la verità in quanto metodicamente provvisorie. Sono esattezze non verità. Togliamoci dalla teste che la scienza ci consegna verità.
La scienza non ci dice verità.
Cosa ti fa pensare che io lo pensassi?
La scienza è ciò che metodicamente si può negare, quindi non può essere la verità.
Citazione di: green demetr il 28 Febbraio 2024, 01:35:18 AM...
Tutto questo per dire: cosa c'entra freud? non ho capito l'allusione.
Non cosa c'entri freud DOPO nietzche, perchè c'entra eccome ma cosa c'entri freud con la metafisica.
TI riferisci forse al totem? sarebbe straordinario. avresti dei punti in più che ultimamente stai perdendo.
PS
Non leggo un antisemita come Spinoza. Grazie.
Temo perderò punti anche stavolta (posto che "Totem e tabù" c'entrano sempre nella civilizzazione per via metafisica). Spinoza, contrariamente ai suo scomunicatori giudei e cristiani, era, per quel che si può essere, un libero pensatore. "Vaccinato" contro i totem & tabù. Eccetto uno. Ma con "Natura" si è redento.
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 01:32:59 AMtutte le leggi della fisica , esse non si possono negare ma non sono la verità in quanto metodicamente provvisorie. Sono esattezze non verità. Togliamoci dalla teste che la scienza ci consegna verità.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 01:36:20 AMLa scienza è ciò che metodicamente si può negare, quindi non può essere la verità.
Ma può essere a-letheia, illuminando una parte del reale, che poi è la funzione ad essa assegnata dai saggi antichi, contrariamente ai metafisici dell'assoluto e agli idolatri della $cienza oggi dominante, che sulla menzogna fonda il suo potere.
Dovremmo tornare alla concezione progressiva di verità dei greci per toglierla dagli aromi imbalsamatori della metafisica noumenica e dalle menzogne della modernità scientista.
Citazione di: green demetr il 28 Febbraio 2024, 01:35:18 AMLa metafisica che non ragione sul fenomeno e sulla storia del fenomeno, è una metafisica distorta.
Esattamente:
gaia scienza, coi piedi saldamente a terra e la mente modicamente alata.
Totem e tabù è un incidente di percorso di Freud, pura speculazione sulla base di dati e idee strasuperate.
Come L'origine della famiglia ecc ..." di Marx ed Engels.Come tutte le estrapolazioni scientificizzanti o meno,un piacevole tillare di mente a volte interessante.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 09:49:08 AMDovremmo tornare alla concezione progressiva di verità dei greci per toglierla dagli aromi imbalsamatori della metafisica noumenica e dalle menzogne della modernità scientista.
.
Potremmo tornarci se ne fossimo mai usciti, del che dubito.
Io proponevo appunto di provare ad uscirne fuori, per vedere l'effetto che fa. ;)
E l'effetto che intravedo, e che ho provato a suggerire nei miei precedenti post è quello di una semplificazione di tante questioni sulle quali continuiamo ad avvitarci.
In sostanza quel che dico è:
Se riusciamo a controllare l'emotività che ci suscita l'ipotesi di rinunciare alla verità , mettendo da parte per un momento gli allarmi di nichilismo, riusciamo a intravedere anche le eventuali conseguenze positive di questa rinuncia?
Non dobbiamo tornare ai Greci, dobbiamo uscirne fuori forti di ciò che ci hanno insegnato, camminando sulle nostre gambe.
Non si può fare filosofia, usando onestà intellettuale, se ci si facciamo spaventare dalle conseguenza che ne intravediamo.
La conseguenza prima che ci spaventa è che il nostro mondo appunto si annichilisca.
A-letheia è il fiume carsico che spunta in superficie, ma appena spunta, fatto di parole, può essere negato.
Finché rimane invece nascosto non può essere negato, e perciò è verità.
Se la verità non può essere negata, chiedo, è vero pure il contrario?
Ciò che non può essere negato è verità?
A tutti gli effetti lo è, e l'effetto che a noi dovrebbe interessarci è quello della condivisione.
Ciò che non può essere negato dovrà necessariamente essere condiviso.
Noi siamo uomini in quanto condividiamo una verità nascosta, ma la tendenza dell'evoluzione è quella di esternalizzarci tecnologicamente, portando fuori ciò che condividiamo, col rischio di non sentirlo più nostro, di modo che ciò che prima ci univa oggi rischia di dividerci.
Se non riusciamo a sentire più nostro, a condividere ancora, ciò che esternalizziamo, allora ciò vale effettivamente un annichilimento.
Una perdita di verità senza contropartite in cambio.
Il pesce non può uscire dalla boccia ed è già tanta verità se riesce a sopravvivere all'interno di essa.
L'epistemologia insegna che il sapere progredisce in base a riscontri fenomenici interni al sistema esperibile o generabile dal ricercatore, e oggi qualunque ricercatore mettesse le mani sul fuoco di "leggi universali", se le brucerebbe più assolutamente di qualsiasi verità assoluta partorita da mente umana.
Ciò non impedisce di dire la verità su sistemi reali che siamo in grado di determinare e che sono dentro la boccia-universo di appartenenza. Con vari gradi di approssimazione.
Resta sempre il concetto metafisico di verità il problema, non la sua attuabilità, come sanno bene i giudici di fronte ad un delitto che inchioda il reo con prove incontrovertibili. La giurisprudenza non corrotta ha un suo metodo asseverativo assai efficace a prova di negazionismo.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 10:43:18 AMIl pesce non può uscire dalla boccia ed è già tanta verità se riesce a sopravvivere all'interno di essa.
Potresti avere ragione, ma a me sembra che ipotizzare che il pesce sia uscito dalla boccia spiega molte cose, e quando tanti problemi apparentemente insolubili sembrano trovare una soluzione, secondo me è arrivato allora il momento di rinunciare alle proprie convinzioni, che però, è vero, è un pò come morire, se ci si lascia suggestionare. Cosa succede se esco dalla boccia?
Nel momento in cui anche solo riesci a pensarlo ne sei già uscita fuori, perchè la boccia è ciò che non si può pensare, finché non lo pensi.
Tutto si capisce se si capisce che non c'è niente da capire, se non c'è una verità da raggiungere progressivamente, che presuppone un percorso prestabilito in antitesi ad una evoluzione che non ha una direzione .
Ma come è possibile che il pesce esca dalla boccia?
Può uscirne se la boccia non è quel che sembra o se non è il pesce non è ciò che crede di essere.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 10:16:21 AMSe la verità non può essere negata, chiedo, è vero pure il contrario?
Ciò che non può essere negato è verità?
In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del
discorso sulla realtà, non una categoria della realtà (come sostiene il "pensiero magico" o quello poetante, con
fondendo verità ed esistenza). Posso negare di esistere? Certo: «io non esisto»;
detto, fatto. L'assassino può negare di aver ucciso nonostante montagne di prove ed evidenze? Ovviamente sì. La realtà è vera? No, la realtà è; il discorso che cerca di descriverla (e asintoticamente di raggiungerla) si ferma sempre un passo prima della perfetta aderenza, altrimenti non sarebbe discorso e non potremmo parlare di distinzione soggetto/oggetto.
La tazza è vera o falsa? Nessuna delle due, la tazza è; qualunque discorso
descrittivo su di essa, vero o falso che sia, non la cambia di un atomo. Chiaramente i discorsi possono modificare la realtà (essendo anzitutto reali essi stessi) innescando azioni e reazioni
fra i parlanti (e solo fra loro; «passami la tazza, grazie» e la tazza si sposta nello spazio), ma non per questo le categorie del discorso sono quelle della realtà (a partire del principio di identità che fonda ogni logica).
Il funzionamento della realtà plausibilmente è sempre stato lo stesso (o anche no, non fa differenza), a prescindere da quale fisica usiamo per studiarla, perché anche la fisica è anzitutto discorso, quindi categorie, quindi identità dei suoi elementi. Il gatto nero mi attraversa la strada e poi perdo le chiavi; il rapporto causa/effetto è vero o falso? Sono
discorsi sulla realtà; in realtà c'è il gatto nero e ci sono le chiavi sul selciato; nessuna verità nessuna falsità, solo esistenza e,
fra umani, discorsi (non tutti equivalenti) sull'esistenza (che poi, con uno sforzo liminare, si può anche intuire che in realtà non c'è alcun gatto nero né alcuna chiave, fuori dalla logica percettiva umana che gli assegna tale identità, ma questa è un'altra storia).
Citazione di: Phil il 28 Febbraio 2024, 11:04:24 AMIn realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del discorso sulla realtà, non una categoria della realtà (come sostiene il "pensiero magico" o quello poetante, confondendo verità ed esistenza). Posso negare di esistere? Certo: «io non esisto»; detto, fatto. L'assassino può negare di aver ucciso nonostante montagne di prove ed evidenze? Ovviamente sì. La realtà è vera? No, la realtà è; il discorso che cerca di descriverla (e asintoticamente di raggiungerla) si ferma sempre un passo prima della perfetta aderenza, altrimenti non sarebbe discorso e non potremmo parlare di distinzione soggetto/oggetto.
La tazza è vera o falsa? Nessuna delle due, la tazza è; qualunque discorso descrittivo su di essa, vero o falso che sia, non la cambia di un atomo. Chiaramente i discorsi possono modificare la realtà (essendo anzitutto reali essi stessi) innescando azioni e reazioni fra i parlanti (e solo fra loro; «passami la tazza, grazie» e la tazza si sposta nello spazio), ma non per questo le categorie del discorso sono quelle della realtà (a partire del principio di identità che fonda ogni logica).
Il funzionamento della realtà plausibilmente è sempre stato lo stesso (o anche no, non fa differenza), a prescindere da quale fisica usiamo per studiarla, perché anche la fisica è anzitutto discorso, quindi categorie, quindi identità dei suoi elementi. Il gatto nero mi attraversa la strada e poi perdo le chiavi; il rapporto causa/effetto è vero o falso? Sono discorsi sulla realtà; in realtà c'è il gatto nero e ci sono le chiavi sul selciato; nessuna verità nessuna falsità, solo esistenza e, fra umani, discorsi (non tutti equivalenti) sull'esistenza (che poi, con uno sforzo liminare, si può anche intuire che in realtà non c'è alcun gatto nero né alcuna chiave, fuori dalla logica percettiva umana che gli assegna tale identità, ma questa è un'altra storia).
Io concordo con te.
In breve, ciò che può essere affermato può essere negato.
Quindi se teniamo per buona una definizione di verità come ciò che non può essere negato, ne segue che la verità non può essere affermata.
Si può aggirare questo ostacolo affermando che se è vero che la verità non può essere affermata, ciò non esclude che possa essere approssimata, e io mi sono in sostanza limitato a suggerire di valutare le conseguenze, eventualmente positive, di rinunciare a tale posizione che è metafisica, e non perchè è metafisica, ma perchè non ci semplifica la comprensione delle cose.
Rispetto chi difende la verità, ma al contempo non posso che provare pena per gli avvitamenti aggrovigliati simili a salti mortali a cui si sottopongono con abnegazione..
A quanto pare questo per loro non è il problema principale, mentre per me, adepto del rasoio di Occam, questo è il problema.
La soluzione più semplice per capire le cose è che non c'è niente da capire, e quello che rimane da capire è quale ruolo, certamente fondamentale, ha giocato il concetto di ''comprensione'' nella storia umana, insieme a quello di verità, palesare la metafisica nascosta Sun questi concetti.
In particolare, che cosa significa capire?
ma fin qui ho sentito solo risposte che si avvitano su se stesse e un pò lo fai anche tu quando affermi che: ''In realtà qualunque verità può essere negata''.
E' evidente quindi che ognuno ha la sua idea di verità, però questa discussione invitava a partire da una sua precisa definizione, come ciò che non può essere negata, sulla quale io chiedevo ulteriori precisazioni, se ad esempio vale anche il contrario, perchè se vale il contrario allora per me diventa chiaro perchè tanto si sia parlato e si continui a parlare di verità
La verità, se definita come ciò che non può essere negato, diventa inattaccabile.
Una verità così definita sembra nascere però dal nulla, come cosa calata dal cielo, quando è possibile sondarne una origine terrena, come ciò che non si riesce a negare, e su cui perciò tutti convergono, finché non si palesa ciò che ne impediva la negazione, rimuovendolo una volta palesato.
Potenzialmente rimovibile perchè non c'è una impossibilità che nasce da una definizione.
Di tutto questo discorso ciò che a me interessa è la condizione di necessaria condivisione.
Infatti c'è una bella differenza fra ciò che non si può negare per definizione, e ciò che non si riesce a negare, perchè, ciò che non si può negare per definizione è divisivo, dato che una definizione si può non accettare, mentre ciò che non si riesce a negare di fatto, necessariamente unisce.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 10:43:18 AMResta sempre il concetto metafisico di verità il problema
Ma infatti era la conclusione del mio assurdo esempio a portare ad un problema filosofico reale. Che non hai affrontato, ma esso sta ancora lì, esattamente come il monte Everest. , bhè non propio come il monte Everest, fa parte del mio paesaggio mentale.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 01:36:20 AMLa scienza non ci dice verità.
Cosa ti fa pensare che io lo pensassi?
La scienza è ciò che metodicamente si può negare, quindi non può essere la verità.
cosa c'entri tu? tu mi fatto una domanda e io ho risposto. Risposta che hai prontamente travisato, io non ho detto che leggi si possono negare, ho detto che non sono vere per quanto al momento funzionanti. Non sono vere non perchè si possono negare ma perchè sono susciettibili a revisioni. Ovviamente una persona normale le può anche chiamare "verità" con la v minuscola, io non le chiamo verità, le chiamo esattezze. Sarà perchè ( a mio modo) sono un dannato filosofo.
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 15:09:05 PMcosa c'entri tu? tu mi fatto una domanda e io ho risposto. Risposta che hai prontamente travisato, io non ho detto che leggi si possono negare, ho detto che non sono vere per quanto al momento funzionanti. Non sono vere non perchè si possono negare ma perchè sono susciettibili a revisioni. Ovviamente una persona normale le può anche chiamare "verità" con la v minuscola, io non le chiamo verità, le chiamo esattezze. Sarà perchè ( a mio modo) sono un dannato filosofo.
Cos'è l'esattezza, dannato di un filosofo? :)
Perchè le ''scienze esatte'' non dicono la verità, ma l'esattezza mi puzza tanto di verità.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 15:19:51 PMCos'è l'esattezza, dannato di un filosofo? :)
quello che le persone normali chiamano verità forse? una cosa può essere esatta oggi e non esserlo più domani, ma una verità che vale oggi e domani potrebbe non valere più poichè viene modificata che tipo di verità è?
Eppure nella vita reale ci accontentiamo di verità reali e non abbiamo bisogno di verità metafisiche: "Hai fatto la spesa ? Sì/No. Facilmente verificabile il contenuto di verità della risposta.
Il metafisico, che non conosce la linguistica, può affermare che "spesa" in realtà non esiste e neppure "tu": sono solo elementi convenzionali del linguaggio. Per parare questi paradossi, la linguistica definisce tre oggetti della teoria: referente, significato e significante. Da evitare di confondere nella disputa metafisica.
Ma anche così il metafisico impenitente potrebbe non essere soddisfatto, come il guru in fuga inseguito da un elefante che, deriso dai suoi concittadini, rispose: "non sono io che fuggo, ma la mia illusoria apparenza sta fuggendo da un elefante apparente".
Chi ha parlato di verità metafisiche?
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 15:25:02 PMquello che le persone normali chiamano verità forse? una cosa può essere esatta oggi e non esserlo più domani, ma una verità che vale oggi e domani potrebbe non valere più poichè viene modificata che tipo di verità è?
L'esattezza si può approssimare e neanche il principio di indeterminazione vi pone un limite, la verità chissà...
Conoscere l'esattezza di una misura significa conoscere il suo errore.
Una misura è buona se il suo errore si considera accettabile.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 15:44:53 PMEppure nella vita reale ci accontentiamo di verità reali e non abbiamo bisogno di verità metafisiche: "Hai fatto la spesa ? Sì/No. Facilmente verificabile il contenuto di verità della risposta.
Il metafisico, che non conosce la linguistica, può affermare che "spesa" in realtà non esiste e neppure "tu": sono solo elementi convenzionali del linguaggio. Per parare questi paradossi, la linguistica definisce tre oggetti della teoria: referente, significato e significante. Da evitare di confondere nella disputa metafisica.
Sulla linguistica non sono preparato :), però mi pare che la comprensione delle cose aumenta se la realtà non è quel posto dove andiamo a fare la spesa.
Quel posto secondo me è un mondo che si pone fra noi e la realtà.
E' un mondo che anche quando viene sgamato come illusione, non perciò smettiamo di vederlo, ed è perchè continuiamo a vederlo che quando abbiamo finito le scorte possiamo tornare a fare la spesa.
Dismettere la verità non è indolore, ma fa meno male se si rivaluta l'illusione.
Una volta rivalutata l'illusione potrai far pace con la realtà virtuale, e potrai ricostruire quelle visioni che finora sembravano apparire senza avere una storia, come una verità.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 16:42:20 PML'esattezza si può approssimare e neanche il principio di indeterminazione vi pone un limite, la verità chissà...
Conoscere l'esattezza di una misura significa conoscere il suo errore.
Una misura è buona se il suo errore si considera accettabile.
ok , e cosa sono le leggi della fisica se non approssimazioni? o i modelli , o le teorie? . Tutte approssimazioni che vengono dalla mente dei fisici , in accordo sì con le osservazioni , ma pur sempre approssimando. Sono affidabili? sì, ci si può camminare ? certo che sì , sono verità? no!
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 16:51:22 PMok , e cosa sono le leggi della fisica se non approssimazioni? o i modelli , o le teorie? . Tutte approssimazioni che vengono dalla mente dei fisici , in accordo sì con le osservazioni , ma pur sempre approssimando. Sono affidabili? sì, ci si può camminare ? certo che sì , sono verità? no!
Non solo sono d'accordo, ma mi sono spinto a dire che le leggi fisiche sconfinano nella metafisica e solo i fatti, da cui le leggi si ricavano, sono strettamente fisica.
Quindi ho provato fare un analisi di cosa è un fatto, cercando di non dare nulla per scontato, nella misura in cui ci si riesce.
Così considerando la prevedibilità dei fatti nel loro ripetersi secondo le leggi ho suggerito di considerare se i fatti non sono essi stesi il prodotto di una ripetizione.
In fatti, che il caso esista o no, solo ciò che si ripete attira la nostra attenzione, mentre il resto ci appare casuale, quando ci appare.
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 16:03:15 PMChi ha parlato di verità metafisiche?
Chiunque sottintende una verità coincidente con l'irraggiungibile
cosa in sè, di cui possiamo avere solo un modello, una rappresentazione.
Se usciamo dal modello
mente-rappresentazione-cosa in sè, possiamo concentrarsi su una miriade di verità e falsità che riguardano i referenti del nostro mondo esperito attraverso il linguaggio.
Ci veniamo allora a trovare nella situazione:
mente-cosa per noi. In cui il "noi" è la condivisione del significato di un referente. Più facile se trattasi di "spesa" e "gatto" che di "giustizia", con un passaggio dall'ontologia (dizionario) alla doxa, man mano che si passa dalla condivisione all'opinione e gusto.
Scomodare Nietzsche per dire che non ci sono gatti ma solo opinioni, mi pare eccessivo.
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 17:05:09 PMIn fatti, che il caso esista o no, solo ciò che si ripete attira la nostra attenzione, mentre il resto ci appare casuale, quando ci appare.
si, si cercano le regolarità nella natura. Talvolta si sostiene che le leggi naturali, che sono tentativi di cogliere in modo sistematico queste regolarità , sono imposte al mondo dalla nostra mente per dargli un senso, io non credo questo anche se è vero che la mente umana ha le tendenze a individuare schemi e persino a immaginarseli dove non ci sono. Tuttavia ritengo assurdo suggerire che le leggi naturali costituiscano analoghe proiezioni della mente umana. L'esistenza di regolarità nella natura èun fatto matematico oggettivo. Resta di fatto che gli enunciati che vengono chiamate leggi e sono contenuti nei libri sono chiaramente invenzioni umane, ma invenzioni destinate a riflettere , anche se in maniera approssimativa, propietà effettivamente esistenti della natura. Senza questo assunto , che le regolarità sono reali, la scienza si riduce a una caciara senza senso. E quello che non è rogalare? bella domanda. che ti anticipo
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 17:05:09 PMNon solo sono d'accordo, ma mi sono spinto a dire che le leggi fisiche sconfinano nella metafisica e solo i fatti, da cui le leggi si ricavano, sono strettamente fisica.
Quindi ho provato fare un analisi di cosa è un fatto, cercando di non dare nulla per scontato, nella misura in cui ci si riesce.
Così considerando la prevedibilità dei fatti nel loro ripetersi secondo le leggi ho suggerito di considerare se i fatti non sono essi stesi il prodotto di una ripetizione.
In fatti, che il caso esista o no, solo ciò che si ripete attira la nostra attenzione, mentre il resto ci appare casuale, quando ci appare.
Pure il caso rientra nel concetto di verità, quando adeguatamente documentato. Ad esempio: l'affondamento del Titanic. Nella sua irriducibile unicità, non ripetibile.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 18:15:13 PMChiunque sottintende una verità coincidente con l'irraggiungibile cosa in sè, di cui possiamo avere solo un modello, una rappresentazione.
Se usciamo dal modello mente-rappresentazione-cosa in sè, possiamo concentrarsi su una miriade di verità e falsità che riguardano i referenti del nostro mondo esperito attraverso il linguaggio.
Ci veniamo allora a trovare nella situazione: mente-cosa per noi. In cui il "noi" è la condivisione del significato di un referente. Più facile se trattasi di "spesa" e "gatto" che di "giustizia", con un passaggio dall'ontologia (dizionario) alla doxa, man mano che si passa dalla condivisione all'opinione e gusto.
hai una capacità dialettica impeccabile :)
capace da sola di mettere in scacco qualsiasi tentativo metafisico in un nanosecondo .
Citazione di: Alberto Knox il 28 Febbraio 2024, 18:16:31 PME quello che non è rogalare? bella domanda. che ti anticipo
Suppongo che la realtà sia coerente, e da ciò deduco che non esistono irregolarità, ma che ci appaiono irregolari quei pesci che la nostra rete non riesce a trattenere.
la realtà è una, ma la scomponiamo in modo selettivo interagendovi, e le parti che ne ricaviamo sono in relazione fra loro essendo parti dell'uno, ma sono anche in relazione con noi in quanto siamo noi che li peschiamo.
Sembra una favoletta, e lo è, ma se funziona, se ci aiuta a capire, e se questo ci mette in pace con gli altri e con la realtà, allora....
Citazione di: iano il 28 Febbraio 2024, 23:08:03 PMSuppongo che la realtà sia coerente
quando noi facciamo un discorso coerente diciamo che è un discorso razionale. è giusto dirlo anche per quanto riguarda la realtà? è un punto molto delicato perchè se la risposta è sì allora dobbiamo chiederci qual'è l'origine di quella razionalità o se il mondo, qualsiasi mondo, non potrebbe altro che essere a suo modo razionale, possiamo immaginare un mondo dove le leggi fisiche non sono coerenti con i fatti o con i fenomeni , un mondo totalmente caotico, ma come sappiamo anche il caos può generare ordine ed essere a suo modo coerente. La coerenza è una qualità intrinseca dell esistenza?
mi rendo conto che dire leggi fisiche non coerenti con i fatti è una contrddizione logica. Ma possiamo immaginre un mondo totalmente caotico tale da non permettere la nascita della vita per come la intendiamo. Un tale mondo sarebbe caotico ma non per questo non coerente in se stesso .
Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 11:54:53 AMmi rendo conto che dire leggi fisiche non coerenti con i fatti è una contrddizione logica. Ma possiamo immaginre un mondo totalmente caotico tale da non permettere la nascita della vita per come la intendiamo. Un tale mondo sarebbe caotico ma non per questo non coerente in se stesso .
Ti sei reso conto della contraddizione del post precedente. Realtà e leggi fisiche stanno su due differenti piani del reale. Le leggi fisiche sono prodotti dell'episteme umana che inseriscono in uno schema logico ciò che accade.
Uno schema
tutt'altro che arbitrario, costretto com'è ad oltrepassare le forche caudine della dimostrazione.
Uno schema totalmente caotico, coerente in se stesso, è il mondo delle ideologie umane. Ma che vada continuamente a sbattere, dovrebbe essere oggetto di riflessione per la mente filosofica, interessata a trovare coerenze meno becere.
La negazione della Verità è il pensiero che rinnega se stesso.
Cioè rinnega ciò che lo fonda.
Pensare è infatti un atto di fede, fede nella Verità. Senza questa fede è impossibile pensare.
Perché il pensiero necessita di contare sul proprio fondamento per poter realizzarsi.
E il fondamento è la Verità.
Quindi la negazione della Verità è un non pensiero.
Diciamo pure, è il non pensiero per antonomasia.
Per rendersene conto, sarebbe sufficiente fermarsi a considerare quanta "verità" vi sia nella propria stessa negazione.
Non è una questione di contraddizione. Perché la contraddizione è comunque all'interno della Verità (potrebbe essere altrimenti?)
Siamo ben più in profondità.
Siamo all'essere o non essere.
Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 11:54:53 AMmi rendo conto che dire leggi fisiche non coerenti con i fatti è una contrddizione logica. Ma possiamo immaginre un mondo totalmente caotico tale da non permettere la nascita della vita per come la intendiamo. Un tale mondo sarebbe caotico ma non per questo non coerente in se stesso .
Il caos in fisica è trattato dentro al determinismo, quindi non è lo stesso caos della filosofia.
I mondi che si interfacciano fra noi e la realtà sono coerenti, o coerenti fino a prova contraria, a partire dal mondo descritto dalla geometria euclidea, che è la ''sostanza'' di cui sono fatte le nostre percezioni.
Per prudenza ci dovremmo fermare qua.
Indurre da ciò che la realtà sia coerente è una ragionevole illazione.
E' una ipotesi ragionevole, ma che temo abbia il difetto di non poter mai essere confutata, se dominare l'apparente caos è cosa che si è dimostrata fattibile.
E' metafisica pura con la quale alcuni di noi devono imparare a convivere, obtorto collo, e altri capire che essa non avrà mai l'esclusiva.
Le geometrie sono come gli occhiali.
Attraverso essi vedi solo quello che ti fanno vedere.
La novità è che siamo riusciti a costruire nuovi tipi di occhiali, oltre quelli con cui nasciamo e che corrispondono alla geometria euclidea.
Cambi gli occhiali e un nuovo mondo appare.
Un altra novità è che sarà impossibile assimilare questi nuovi mondi alla realtà, come abbiamo fatto, e ancora riusciamo a fare, quando apriamo gli occhi.
Questo equivale a dire che non riusciamo a ''comprendere'' questi nuovi mondi.
Ma i fisici, con il loro pragmatismo, seppur non meno increduli di noi nel considerare i nuovi mondi, ci dimostrano fattivamente che si può vivere in questi nuovi mondi pur senza comprenderli.
le leggi fisiche sono strumenti, e in quanto tali stanno fuori di noi, non compresi.
Esse si applicano ad oggetti la cui oggettività però inizia a vacillare.
Che oggetto è infatti quello di cui non si riesce a stabilire il confine, essendo stato finora il confine parte integrante della loro definizione, non che, non a caso, oggetto delle geometrie?
Abbiamo diviso la realtà unica in molteplici oggetti, ma il confine di questi oggetti si è dimostrato teorico, per cui la presunta realtà di questi oggetti diventa sempre più astratta.
Sembra quasi che la realtà abbia orrore del molteplice che ci concede solo come illusione.
Questa illusione è ciò che abbiamo e il compito del filosofo sarebbe secondo me quello di rivalutarla, mentre finora la abbiamo opposta alla realtà, la quale però ci siamo solo illusi di avere un rapporto diretto, e questa è l'unica illusione da riconsiderare in senso negativo, se non altro perchè se non ci aiuta a comprendere ci aiuta però a convivere con le nostre nuove teorie fisiche, laddove la vecchia comprensione che ne avevamo era comunque una convivenza, laddove una fisica non esplicitata che stava e continua a stare dietro alle nostre sensazioni occupava insieme all'uomo lo stesso luogo.
Oggi siamo più dei separati in casa, che non riescono comprendersi, ma in qualche modo dobbiamo adattarci a convivere.
Infine, questa realtà sarà davvero coerente?
La coerenza è una relazione fra molteplicità.
Ammettere che la realtà sia coerente equivale a dire che è molteplice.
Noi, nel nostro rapporto indiretto con la realtà, abbiamo a che fare col molteplice, ma siccome di queste molteplicità si è rivelato fittizio il confine, ad usum geometriae, sembrano allora molteplicità che sembrano sovrapporsi, più che opporsi, come a volersi riprendere quell'unità dalle quali le abbiamo sequestrate.
Citazione di: bobmax il 29 Febbraio 2024, 14:03:43 PMLa negazione della Verità è il pensiero che rinnega se stesso.
Cioè rinnega ciò che lo fonda.
Pensare è infatti un atto di fede, fede nella Verità. Senza questa fede è impossibile pensare.
Perché il pensiero necessita di contare sul proprio fondamento per poter realizzarsi.
E il fondamento è la Verità.
Ma non c'è nessuna negazione della Verità nel mio pensiero . La Verità di cui parli è un verità spirituale, che andrebbe discussa in sede spirituale. Certo si può parlare di spiritualità in termini filosofici, io lo faccio sempre quando scrivo di spiritualità. Ma per quanto riguarda la metafisica in un pensiero filosofico esso si scontra con la critica alla metafisica che anch'essa fondata sulla filosofia , la tua impostazione non è più coerente della critica. La critica che io ti avevo posto e ti pongo di nuovo è quella di kant. La sua critica alla metafisica è che il ragionamento , il pensiero come lo chiami tu, si può applicare soltanto al regno dell esperienza , al mondo fenomenico effettivamente osservabile . Non si ha motivo di supporre che possa essere applicato a qualche ipotetico regno che stia al di là del mondo dei fenomeni reali. In altre parole , si può applicare il ragionamento alle cose come le vediamo, ma questo non ci dice nulla sulle "cose in sè" . La tua verità è una verità a cui non ci si arriva col pensiero . Ma dal momento che lo metti in dialettica succede qualcosa di analogo di quando si dice la parola "silenzio" distruggendolo di fatto non appena lo si pronuncia.
In altre parole, ogni tentativo di teorizzare la Verità dietro gli oggetti dell esperienza è destinato al fallimento Per la stessa natura di quella Verità.
Della verità come adequatio ne abbiamo parlato fin troppo.
Vediamo ora la nozione di verità di Heidegger come aletheia.
Per H. la verità è dis-velamento dell'ente, è l'uscire fuori dell'ente dall'oscurità.
Già la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Questo fatto, che la manifestazione dell'ente presuppone anche l'indietreggiare dell'essere, H. lo definisce proprio "il mistero".
Il mistero è insomma questo velamento dell'essere che tuttavia è ciò che rende possibile il disvelamento dell'ente singolo.
Per questi motivi la vicenda della conoscenza umana è un errare necessario, è la vicenda storica della sua attenzione sull'ente singolo senza poter mai coglierne la totalità.
Caro iano, a sgravarci dal catastrofismo scettico ci viene in soccorso Hegel:
"Il reale è razionale..."
La cosa non è così in-mediata (in ciò hai ragione), ma la mediazione ragionevole è un razionale incardinato sul reale, al netto del trionfalismo hegeliano: "...il razionale è reale", rivelatosi fallace.
Concordo con bobmax che il pensiero tenda per sua natura alla verità. Da che consegue che chi vuole dominare il mondo con la menzogna debba per prima cosa impedire ai dominati di pensare. Pensiero unico per tutti.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 14:41:15 PMCaro iano, a sgravarci dal catastrofismo scettico ci viene in soccorso Hegel:
"Il reale è razionale..."
L'unica evidenza che abbiamo è che è razionalizzabile, e io sospetto che questa razionalità non sia disgiunta dalla sua oggettivazione.
Non c'è relazione in mancanza di cose da relazionare, ma non possiamo dimostrare che la realtà sia fatta di cose coerentemente relazionate, come i mondi che si pongono fra noi e la realtà, a meno di non assimilare la realtà a quei mondi.
E infatti, finché il mondo appariva unico, lo abbiamo fatto.
Quindi la vera questione diventa se questi diversi mondi potranno ridursi di nuovo ad uno, ma non c'è in ciò una necessità che non sia metafisica.siamo liberi di crederlo, ma la mia impressione è che il crederlo non ci aiuti, almeno nell'immediato.
Non solo, ma credo che la riattuazione della suddetta assimilazione, se come sospetto richiede tempi evolutivi, non sarà più la stessa cosa.
Saremo in ogni caso condannati a non comprendere più quel mondo che apparentemente ci comprende.
Non capisco, ma mi adeguo, dovrebbe essere la nuova parola d'ordine, con comprensibili e scontate rivolte antinichilistiche.
Quello della verità è un miracolo che si è realizzato, ma non è più replicabile.
Era il miracolo in cui aprendo gli occhi ci appariva la realtà.
Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 14:35:06 PMDella verità come adequatio ne abbiamo parlato fin troppo.
Vediamo ora la nozione di verità di Heidegger come aletheia.
Per H. la verità è dis-velamento dell'ente, è l'uscire fuori dell'ente dall'oscurità.
Già la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Questo fatto, che la manifestazione dell'ente presuppone anche l'indietreggiare dell'essere, H. lo definisce proprio "il mistero".
Il mistero è insomma questo velamento dell'essere che tuttavia è ciò che rende possibile il disvelamento dell'ente singolo.
Per questi motivi la vicenda della conoscenza umana è un errare necessario, è la vicenda storica della sua attenzione sull'ente singolo senza poter mai coglierne la totalità.
Mi fa piacere che anche Heidegger intenda la verità come aletheia, disvelamento. Ma il paludamento metafisico di questo linguaggio finisce col rendere oscura una spiegazione semplice.
Inoltre, la generalizzazione squisitamente metafisica di
ta panta in
ente genera una cortina fumogena ancora più densa. Che si addensa autoreferenzialmente nella "totalità dell'ente".
E' banale osservare che il soggetto deve ritrarsi il più possibile rispetto all'oggetto (di conoscenza) per poterlo cogliere nella sua natura più naturale e verità più veritiera.
La "totalità dell'ente" è un altro totem (Freud mica ci sbagliava troppo) da demolire se non vogliamo inchiodarci in un dubitare infinito
fine a se stesso. Dell'ente colgo ciò che mi serve e non mi trastullo in pensieri che oltrapassano il dicibile sinnig, sensato.
L'acqua del marinaio non è quella del chimico e neppure quella dell'assetato (tanti mondi..riducibili ad uno). Ma come ente nel suo insieme non tende tranelli metafisici. Basta imparare a nuotare.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 14:41:15 PMConcordo con bobmax che il pensiero tenda per sua natura alla verità.
il pensiero tende alla verità ma la Verità di cui parla non ci si arriva col pensiero . Perlomeno queste sono le sue parole. Ovviamente ora non mi affronta perchè sono un confusionario . pazienza
Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 14:35:06 PMGià la fenomenologia di Husserl insisteva sull'imparare a vedere, sulla necessità di mettere tra parentesi i propri interessi, la propria soggettività particolare, storica, in modo da potersi porre di fronte alla cosa senza pregiudizi.
Per H. bisogna lasciare all'ente la libertà di manifestarsi per quello che è.
Sembra ci sia una doppia libertà: la scelta del soggetto di rinunciare a dominare la cosa che si ha davanti; la libertà originaria dell'apertura che rende possibile il disvelamento dell'ente.
Ma nel disvelamento dell'ente particolare c'è sempre un velamento della totalità dell'ente.
Per me la fenomenologia husserliana è il valico del versante metafisico, o se preferisci il canto del cigno, struggente ed esiziale; oltre tale passaggio si odono, di metafisico, perlopiù solo rimasticazioni poetanti (Heidegger, Severino, etc.) ed edonismi teistici (neotomismi e dintorni), entrambi privi di quell'ingegnato rigore logico con cui la metafisica classica cercava almeno di non perdere l'aggancio con il mondo (come dimostra, appunto, il suo apice metodologico, ossia Husserl).
Dopo lo scollinamento di quel valico, "in relativa discesa", sono arrivate le velleità neopositiviste, la critica alle ideologie, l'ermeneutica, il postmoderno, le neuroscienze, etc. Alla profezia/condanna che sembra muovere l'errare, si oppone la prassi dell'interazione "categoriale" con il mondo; la prima attende e si attorciglia su se stessa, la seconda si adopera e si dissemina.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 15:23:14 PME' banale osservare che il soggetto deve ritrarsi il più possibile rispetto all'oggetto (di conoscenza) per poterlo cogliere nella sua natura più naturale e verità più veritiera.
Non è affatto banale quando si cerca di mettere tra parentesi sia l'atteggiamento naturale, il senso comune, che le ontologie inconsapevoli che ci vengono da stratificazioni del passato.
L'epochè fenomenologica non è affatto una banalità.
Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 15:41:05 PMNon è affatto banale quando si cerca di mettere tra parentesi sia l'atteggiamento naturale, il senso comune, che le ontologie inconsapevoli che ci vengono da stratificazioni del passato.
L'epochè fenomenologica non è affatto una banalità.
Non è banale l'attuazione dell'epochè, la strategia ermeneutica per interrogare l'oggetto, ma il
principio ormai ha il peso filosofico di un luogo comune. Alla fine, caro Koba, se si vuole la verità sempre nell'adaequatio bisogna cascare, e laddove non vi siano elementi probatori sufficienti una sana epochè, in attesa di elementi migliori.
Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 15:27:49 PMil pensiero tende alla verità ma la Verità di cui parla non ci si arriva col pensiero . Perlomeno queste sono le sue parole. Ovviamente ora non mi affronta perchè sono un confusionario . pazienza
Per quanto si stiracchi la verità, sempre verità resta, comunque ci si arrivi; e le riflessioni su di essa possono essere condivisibili per quanto differenti siano le vie preferite per conquistarla.
Citazione di: Phil il 29 Febbraio 2024, 15:34:37 PMPer me la fenomenologia husserliana è il valico del versante metafisico, o se preferisci il canto del cigno, struggente ed esiziale; oltre tale passaggio si odono, di metafisico, perlopiù solo rimasticazioni poetanti (Heidegger, Severino, etc.) ed edonismi teistici (neotomismi e dintorni), entrambi privi di quell'ingegnato rigore logico con cui la metafisica classica cercava almeno di non perdere l'aggancio con il mondo (come dimostra, appunto, il suo apice metodologico, ossia Husserl).
Dopo lo scollinamento di quel valico, "in relativa discesa", sono arrivate le velleità neopositiviste, la critica alle ideologie, l'ermeneutica, il postmoderno, le neuroscienze, etc. Alla profezia/condanna che sembra muovere l'errare, si oppone la prassi dell'interazione "categoriale" con il mondo; la prima attende e si attorciglia su se stessa, la seconda si adopera e si dissemina.
Probabilmente 15 anni fa ti avrei risposto: sono d'accordo!
Ma da qualche mese con la filosofia ho ricominciato da capo... onestamente non so che direzione prenderò.
Citazione di: Alberto Knox il 29 Febbraio 2024, 14:27:56 PMMa non c'è nessuna negazione della Verità nel mio pensiero . La Verità di cui parli è un verità spirituale, che andrebbe discussa in sede spirituale. Certo si può parlare di spiritualità in termini filosofici, io lo faccio sempre quando scrivo di spiritualità. Ma per quanto riguarda la metafisica in un pensiero filosofico esso si scontra con la critica alla metafisica che anch'essa fondata sulla filosofia , la tua impostazione non è più coerente della critica. La critica che io ti avevo posto e ti pongo di nuovo è quella di kant. La sua critica alla metafisica è che il ragionamento , il pensiero come lo chiami tu, si può applicare soltanto al regno dell esperienza , al mondo fenomenico effettivamente osservabile . Non si ha motivo di supporre che possa essere applicato a qualche ipotetico regno che stia al di là del mondo dei fenomeni reali. In altre parole , si può applicare il ragionamento alle cose come le vediamo, ma questo non ci dice nulla sulle "cose in sè" . La tua verità è una verità a cui non ci si arriva col pensiero . Ma dal momento che lo metti in dialettica succede qualcosa di analogo di quando si dice la parola "silenzio" distruggendolo di fatto non appena lo si pronuncia.
In altre parole, ogni tentativo di teorizzare la Verità dietro gli oggetti dell esperienza è destinato al fallimento Per la stessa natura di quella Verità.
Lo so che tu non neghi la Verità.
Lo leggo nella tua passione.
La confusione non è un male in sé. La confusione è il mio stato naturale.
E non la reputo un difetto, anzi è ciò che apre il mio futuro.
È preziosa la confusione.
Tuttavia lo è soltanto se non ci si lascia sopraffare.
Se la passione, l'emozione, sono troppo violente, la confusione prende il sopravvento su di me.
E mi rimane solo una possibilità: affrontarla, contando ancor più sulla mia fede nella Verità.
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La differenza tra filosofico e spirituale è in realtà evanescente.
Riguarda più che altro l'angolazione con cui si inizia a ragionare. Cioè se si mette a fuoco inizialmente la Fede oppure la Verità.
Ma poi il discorso che si sviluppa è inevitabilmente sia filosofico sia spirituale.
Perché la filosofia è metafisica.
Oppure... non è.
La filosofia si occupa di ciò che non c'è. E lo stesso fa la ricerca spirituale.
La filosofia pone l'enfasi sulla Verità, la spiritualità sulla Fede. Ma entrambe si fondano sulla fede nella Verità!
Kant ha fatto di tutto per evitare di tirar in ballo la Trascendenza.
Perché voleva ad ogni costo mantenere salda la propria fede nella Verità.
Tuttavia non ha fatto, seppur indirettamente, che parlare di Dio.
In che modo?
Mostrando in tutti i modi possibili il limite insuperabile, dove il pensiero si infrange nella ricerca della Verità.
Quindi certamente il naufragio è inevitabile nel provare a parlare della Verità.
Ma ciò che conta è proprio il naufragio!
Invece, chi nega la Verità cosa cerca di fare in sostanza?
Non vuole naufragare.
Perché la Verità implica dolore e disperazione.
Per quel che mi riguarda, il prezzo della Verità è l'inferno.
E allora cosa sto facendo, scrivendo qui?
Invito ad andare all'inferno!
Solo lì, che io sappia, Dio è certo.
Citazione di: Koba II il 29 Febbraio 2024, 16:07:52 PMMa da qualche mese con la filosofia ho ricominciato da capo... onestamente non so che direzione prenderò.
Che si tratti di una "
seconda navigazione" o di una "
via lunga" (tanto per citare i due "versanti", prima e dopo Husserl), mi permetto di consigliarti di sconfinare anche oltre oceano, verso gli analitici d'America, e lungo la muraglia cinese, fino al Giappone (anche se giudicando dal tuo nome, forse un salto ce l'hai già fatto); due rotte che ho trovato molti stimolanti, perché "diversamente altre" rispetto all'alveo europeo in cui siamo culturalmente immersi.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 13:52:09 PMRealtà e leggi fisiche stanno su due differenti piani del reale.
Questa piccola frase nasconde lo scisma manifestatosi nella comunità scientifica e filosofia della scienza perchè apre il problema della trascendenza , ovvero, se le leggi trascendono o meno il mondo fisico. Non so se si è capito, la mia indagine filosofica verte maggiormente sul piano di realtà delle leggi della fisica in questa discussione , ma se vogliamo stabilire cosa è reale bisogna affrontare la questione (sì ancora una volta) . Considera lo status delle leggi della fisica, esse devono essere considerate come scoperte riguardo alla realtà o semplicemente come ingeniose invenzioni degli scienziati utili a descrivere le regolarità osservate? ho già detto che le regolarità sono qualcosa di oggettivo e di reale e non un invenzione. Dunque, le leggi di gravità di Newton è una propietà del mondo reale che venne scoperta da Newton, oppure è un invenzione di Newton nel tentativo di descrivere le regolarità osservative? in altre parole, Newton portò alla luce qualcosa di oggettivo riguardo al mondo, o si limitò a inventare un modello matematico di una porzione di realtà che , di fatto, risulta utile nel descriverla? Il linguaggio usato per discutere le leggi di Newton riflette una forte inclinazione verso la prima posizione. I fisici parlano di pianeti che "obbediscono" alle leggi di Newton, come se un pianeta fosse per natura un entità ribelle pronta a trasgredire e se la svignerebbe in preda ad un furore anarchico per lo spazio se non fosse "soggetta" alle leggi. Ciò da l'impressione che le leggi siano "la fuori" da qualche parte in agguato e pronte a intervenire sui pianeti sempre e ovunque. Il ricorrere abitualmente a questa descrizione porta alla conseguenza di attribuire alle leggi uno status indipendente, in tal caso , le leggi vengono dette trascendenti. Ma questo atteggiamento è davvero giustificato? in che modo si può stabilire l esistenza
separata , trascendente delle leggi? dato che le leggi si manifestano soltanto attraverso i sistemi fisici, nel modo cioè in cui tali sistemi si comportano. Noi non potremo mai guardare "dietro" la materia del cosmo per osservare le leggi in quanto tali. Ma se non abbiamo mai occasione di conoscere le leggi salvo che attraverso la loro manifestazione nei fenomeni fisici , che diritto abbiamo di attribuire loro un esistenza indipendente? Un analogia utile in questo contesto è quella di ricorrere a concetti di hardware e software nell informatica. Le leggi della fisica corrispondono al software, mentre gli stati fisici sono l hardware (Così estendiamo un pò l uso della parola hard, poichè nella definizione di universo sono compresi i nebulosi campi quantistici e persino lo stesso spazio-tempo) . Il problema precedente può dunque essere esposto in questi termini; c'è un software cosmico, un programma per un universo, dotato di esistenza indipendente e che incorpora tutte le leggi necessarie? questo software può esistere senza l hardware? Tutte le leggi fondamentali note hanno una forma matematica. Capire perchè le cose stanno così è una questione importante e sottile che non può essere banalizzata e che richiede, invece, un indagine sulla natura della matematica.
Citazione di: Ipazia il 29 Febbraio 2024, 13:52:09 PMLe leggi fisiche sono prodotti dell'episteme umana che inseriscono in uno schema logico ciò che accade.
prodotti dell episteme umana destinate a riflette propietà oggettive del mondo reale e non solo per avere uno schema logico utile a descriverlo.
Citazione di: Ipazia il 28 Febbraio 2024, 09:49:08 AMEsattamente: gaia scienza, coi piedi saldamente a terra e la mente modicamente alata.
Ti sbagli perchè l'uomo ha sempre una metafisica.
L'importante è che essa sia radicata nella storia, e in ricerca della verità o moralità che dir si voglia.
Vale a dire che la verità è la moralità.
Purtroppo oggi confondiamo la moralità con l'etica, e l'etica con l'ontologia, con gli orrifici paesaggi della prigionia delle neuroscienze e del diritto.
Il delitto è sempre presunto.
I vero delitto è sempre negato.
Come se un fatto possa essere raccontato in altra maniera, come nel caso della russia e di israele.
Il patriottismo scambiato per offensivismo.
E l'antipatriottismo scambiato per beneficenza e altruismo.
Il delirio del nostro tempo ha molte facce, e molti zelanti intellettuali al suo servizio.
La filosofia si deve irrobustire, e farsi un pò più coraggiosa direi.
Non certo nel nostro tempo.
Non sono un illuso.
C'è un bel libretto di Agamben, Crimen appunto.
@knox
Ancora e sempre adaequatio.
Perché la sensorialità segue leggi logaritmiche ?
PERCHÉ È COSÌ !
Noi possiamo solo inventare le funzioni logaritmiche che ci permettono di fare calcoli per non diventare sordi, ciechi, spompati.
Senza invereconde sublimazioni trascendenti per aver fatto ciò, inventando architetti e disegnatori immaginari.
Trascendiamo la nuda terra solo di quel poco che ci permette di costruire un aeroplano, ma ciò non significa che ci siano cresciute le ali.
La natura segue il suo corso indipendentemente da noi e la causa finale sta scritta solo nella nostra logica. È già tanto se riusciamo a scoprire la causa efficiente più prossima, e quella che l'ha generata, per costruire un'etica/morale a misura d'uomo.
Se questo è un uomo ?
(A Gaza: no. Indipendentemente dai torti ricevuti e dalla storia).
È curioso notare, come spesso chi nega la Verità abbia tuttavia molte certezze.
Cioè per costoro la Verità non è, epperò... sono pure convinti di conoscere non poche verità, che considerano assolutamente Vere!
Vivono cioè nella certezza di aver compreso, se non tutto, almeno una buona parte di cosa sia la realtà.
Perciò per loro la Verità non è, però ne conoscono una parte...
Una conoscenza, che permette loro di negare la Verità assoluta!
Impressionante.
Consola la considerazione che costoro in definitiva si piccano soltanto di conoscere, perché in realtà posseggono solo conoscenze abborracciate.
Un sapere che deriva più che altro da un sentito dire, dalla lettura di un bigino, piuttosto che veramente vissuto. E perciò sofferto sulla propria pelle.
Perché se lo avessero davvero sofferto, non si azzarderebbero a trattare quel poco che conoscono come sapere assolutamente certo.
Tipico esempio è la matematica.
A cui spesso si appella una pletora di negatori della Verità.
Perché pur non eccellendovi, danno per scontato che là, nella matematica, vi sia Verità.
Quindi chi nega la Verità, in effetti vi crede eccome!
E persino la conosce! Una parte...
Perciò nega la Verità non perché non sia, visto che un po' la conosce, ma perché è brutta!
Citazione di: green demetr il 01 Marzo 2024, 06:08:54 AMTi sbagli perchè l'uomo ha sempre una metafisica.
L'importante è che essa sia radicata nella storia, e in ricerca della verità o moralità che dir si voglia.
Vale a dire che la verità è la moralità.
Il succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.
Ora, se tu intendi invitare ad essere liberi di pensare senza la paura ossessiva di uno sconfinamento in ambito metafisico, sono d'accordo.
Ma credo si debba partire da come stiamo vivendo nel nostro tempo.
In sintesi direi che la nostra vita può essere espressa così: liberi di soffocare. Liberi di soffocare nel lavoro, nell'iper-consumo, nell'intrattenimento continuo. Nessuno ci costringe a niente. Eppure siamo tutti instradati in questo soffocante flusso di produzione, consumo, comunicazione.
Detto questo, la domanda riguarda il rapporto tra il presente e la metafisica.
Anche senza farne la questione essenziale della filosofia, è probabilmente corretto interpretare l'organizzazione asfissiante della società come derivata dalla metafisica (o da un certo tipo di razionalità applicata ad una visione della realtà, questa sì metafisica, come insieme di cose da dominare, manipolare etc.). Le cose sono manipolabili perché non hanno un valore intrinseco. Perché il loro fondamento è altrove (in Dio etc.).
Insomma dobbiamo porci di fronte a questo scenario senza però sentirci costretti a percorrere per forza degli specifici itinerari (quelli espressamente non metafisici, per esempio, e quindi considerati al passo coi tempi...).
In questo cammino ognuno di noi è solo.
"In primo luogo devo indicare quali sono i compiti generali, che debbo risolvere per me, se voglio potermi chiamare filosofo. Anzitutto una critica della ragione: una critica della ragione logica e della ragione pratica, della ragione valutante. Senza chiarire a me stesso, almeno nelle linee generali, il senso, l'essenza, i metodi e i principali punti di vista di una critica della ragione, senza aver meditato, progettato, definito e fondato un disegno generale, non posso vivere in modo vero e autentico. I tormenti della mancanza di chiarezza, dell'oscillare del dubbio, li ho goduti a sufficienza. Io devo giungere a una solidità interiore... Soltanto una cosa mi preoccupa: debbo raggiungere la chiarezza, altrimenti non posso vivere, non posso sopportare la vita se non credo che ce la faccio, che davvero posso guardare alla terra promessa, di persona e con lo sguardo limpido".[da una pagina del diario di Husserl che risale al 1906]
Il passo che hai citato secondo me ben spiega quello che intendevo nel definire Husserl il "valico" del/dal pensiero metafisico: trattandosi di una pagina di diario, emerge limpidamente l'impasse esistenziale, l'affanno di una mente affamata di metodo e di chiarezza quando è spinta dalla «preoccupazione» della «terra promessa» (gnoseologica), ma tuttavia non ne scorge il sentiero. Cerca solidità interiore, sguardo limpido e chiarezza definitiva poiché, da ultimo metafisico, ha "fede" (direbbe Duc) che tale chiarezza definitiva sia trovabile (fatale apriorismo); tuttavia noi già sappiamo, essendo posteri, come andrà a finire. E proprio per questo Husserl è il padre di tutti i post-metafisici: è colui che ha terminato la mappatura del monte Olimpo per lasciar concludere agli altri che "lì" (nell'intenzionalità, nell'appercezione, nella noesi, nella sintesi passiva, etc.), di "dèi chiari e distinti" dell'oggettività assoluta, non se ne vedono.
Per riprendere l'immagine husserliana dell'epochè: una (debole) chiarezza c'è solo dentro le parentesi dell'epochè; "là fuori" si intravvedono perlopiù aporie e indecidibilità (che invece dentro quelle parentesi, fra "giochi linguistici", convenzioni, etc. sono facilmente ostracizzate e magari anche banalizzate).
La verità non si può negare.
Questa è una definizione di verità o è una sua proprietà? Oltre ad essere il tema disatteso di questa discussione.
Se è una definizione , già in quanto tale non si può negare, ma accettare oppure no.
Non mi è chiaro quanti di voi l'accettino, e quanti la rigettino, perchè sento fare molte dotte disquisizioni filosofiche che però non valgono un si oppure un no.
Rimane inoltre aperto il mio quesito se , ancora per definizione, o di fatto, cioè nella prassi, usiate il suo contrario come valido, e cioè che ciò che non si può negare è vero.
Questa seconda definizione renderebbe conto del perchè di verità si parli, perchè parliamo di ciò che ci unisce, mentre la prima definizione rende conto del perchè non se ne dovrebbe parlare, ammettendosi una ricerca solitaria, quanto incomunicabile.
Andando a fare una statistica sul forum, riguardo ancora a una definizione di verità, si scopre che la verità è amore, che la verità è nulla, e alfine sembra non ci sia cosa che non lo sia, ma sarebbe già tanto capire perchè ne parliamo, ed è quello che ho provato a fare.
Infine, la verità non si può negare, ma se questa non la sua definizione, e in sua eventuale mancanza, non si sà allora cos'è che non si può negare.
Se una definizione si può accettare o rifiutare, una sua mancanza è proprio ciò che non si può negare.
Se la verità non è questa mancata definizione, allora c'è qualcosa d'altro che ne condivide quella che, al minimo, è una sua proprietà, e che giustifica perchè di verità si parli.
Citazione di: Koba II il 01 Marzo 2024, 10:42:54 AMIl succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.
Non è tanto il non passare a caratterizzare il fondamento...
Perché l'eternità non è la durata indefinita di ciò che non passa mai.
L'eternità è invece rintracciabile nell'istante che racchiude ogni esistenza possibile.
Cioè il fondamento è ciò che dona
valore all'esistenza... annullandola nella sua effettività.
È quindi superamento del divenire, che ne è la condizione necessaria.
Difatti il Fondamento è prima di tutto il "tuo" fondamento!
E tu vai in cerca di qualcosa che duri o non piuttosto di ciò che
vale davvero?
È la durata che conta? O non è invece altro?
Esistere indefinitamente?
Non è questo il massimo orrore?
Ma per grazia di Dio nulla dura.
Niente può essere fondato sulla esistenza. Perché la verità nella esistenza è inevitabilmente relativa, proprio per la separazione, temporale e spaziale, che permette la stessa esistenza.
Di modo che niente può essere davvero raggiunto stabilmente. Neppure l'agognata chiarezza del buon Husserl.
Se non nell'istante, in cui decidi chi essere per l'eternità.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMPerché la sensorialità segue leggi logaritmiche ?
cosa c'entrano i sensi con la matematica?
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMPERCHÉ È COSÌ !
Il "perchè è così e basta" non è mai stata una risposta soddisfacente , specialmente in filosofia. Ci deve essere una ragione se le cose sono così.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMNoi possiamo solo inventare le funzioni logaritmiche che ci permettono di fare calcoli per non diventare sordi, ciechi, spompati.
Mi sfugge il senso per cui ti debba allacciare alle funzioni esponenziali. Ad ogni modo non solo la inventiamo , ma nel panorama mentale matematico facciamo anche scoperte, come ad esempio la scoperta dei numeri primi.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMSenza invereconde sublimazioni trascendenti per aver fatto ciò, inventando architetti e disegnatori immaginari.
ma io non ho parlato e non intendo invereconde sublimazioni trascendentali ne inventare architetti e disegnatori immaginari
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMTrascendiamo la nuda terra solo di quel poco che ci permette di costruire un aeroplano, ma ciò non significa che ci siano cresciute le ali.
questa non è una buona metafora , non trascendiamo alcunchè prendendo un aereo e lo abbiamo costruito usando la tecnica e la scienza, non la trescendenza.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 07:37:18 AMLa natura segue il suo corso indipendentemente da noi e la causa finale sta scritta solo nella nostra logica. È già tanto se riusciamo a scoprire la causa efficiente più prossima, e quella che l'ha generata, per costruire un'etica/morale a misura d'uomo.
Adesso mi tiri fuori anche Aristotele? ce la metti propio tutta per non affrontare il problema. Ma va bene , come non detto. :)
Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 13:57:00 PMLa verità non si può negare.
Questa è una definizione di verità o è una sua proprietà? Oltre ad essere il tema disatteso di questa discussione.
Hai ragione e mi scuso degli
off-topic filosofici; a mia difesa posso solo ricordare il post n.84 della discussione in cui avevo detto, fra l'altro, che secondo me: «In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del
discorso sulla realtà, non una categoria della realtà».
Alcuni dei post seguenti, quelli che non si pongono il problema di "cosa" la verità sia, ma solo di
come "assegnarla" (
adequatio e dintorni), quelli che identificano la verità con x o y, quelli che (eventualmente) la negano, etc. mi pare non facciano altro che confermare che, appunto, la verità è categoria del discorso (che non significa ovviamente poterle dare assegnazioni "a piacere", totalmente avulse da un contesto semantico che non stiamo certo inventando oggi). Sempre se si tiene ben ferma la distinzione fra esistere ed essere-vero (fra ontologia e linguistica, fra percezione e categorizzazione, etc.).
La verità sarà pure una categoria del discorso (logos) ma ha un rapporto funzionale con la realtà, indipendente dalla sua causalità ed essenza (pre-giudizi metafisici) per cui si può dire, rispettando le regole del discorso, se quello è un gatto o un cane e a dirci la verità non è solo la consuetudine morfologica, ma pure il non consuetudinario DNA.
Finchè si resta nei ta panta, delimitando rigorosamente il loro campo di esistenza logico e ontologico, è possibile formulare proposizioni che dicono la verità.
Citazione di: Koba II il 01 Marzo 2024, 10:42:54 AMIl succedersi delle metafisiche nella storia non toglie che ciascuna poi cerchi di sottrarsi al tempo. Non è questo ciò che le accomuna: rivelare il fondamento delle cose? Il fondamento che non passa. Che sia il mondo delle essenze eterne o Dio.
Ora, se tu intendi invitare ad essere liberi di pensare senza la paura ossessiva di uno sconfinamento in ambito metafisico, sono d'accordo.
Ma credo si debba partire da come stiamo vivendo nel nostro tempo.
In sintesi direi che la nostra vita può essere espressa così: liberi di soffocare. Liberi di soffocare nel lavoro, nell'iper-consumo, nell'intrattenimento continuo. Nessuno ci costringe a niente. Eppure siamo tutti instradati in questo soffocante flusso di produzione, consumo, comunicazione.
Detto questo, la domanda riguarda il rapporto tra il presente e la metafisica.
Anche senza farne la questione essenziale della filosofia, è probabilmente corretto interpretare l'organizzazione asfissiante della società come derivata dalla metafisica (o da un certo tipo di razionalità applicata ad una visione della realtà, questa sì metafisica, come insieme di cose da dominare, manipolare etc.). Le cose sono manipolabili perché non hanno un valore intrinseco. Perché il loro fondamento è altrove (in Dio etc.).
Insomma dobbiamo porci di fronte a questo scenario senza però sentirci costretti a percorrere per forza degli specifici itinerari (quelli espressamente non metafisici, per esempio, e quindi considerati al passo coi tempi...).
In questo cammino ognuno di noi è solo.
"In primo luogo devo indicare quali sono i compiti generali, che debbo risolvere per me, se voglio potermi chiamare filosofo. Anzitutto una critica della ragione: una critica della ragione logica e della ragione pratica, della ragione valutante. Senza chiarire a me stesso, almeno nelle linee generali, il senso, l'essenza, i metodi e i principali punti di vista di una critica della ragione, senza aver meditato, progettato, definito e fondato un disegno generale, non posso vivere in modo vero e autentico. I tormenti della mancanza di chiarezza, dell'oscillare del dubbio, li ho goduti a sufficienza. Io devo giungere a una solidità interiore... Soltanto una cosa mi preoccupa: debbo raggiungere la chiarezza, altrimenti non posso vivere, non posso sopportare la vita se non credo che ce la faccio, che davvero posso guardare alla terra promessa, di persona e con lo sguardo limpido".
[da una pagina del diario di Husserl che risale al 1906]
Ti rimando ancora una volta alla discussione su Hegel, per quanto riguarda il problema tra il presente e la metafisica intesa come grund, come fondamento.
Non si tratta come vorrebbe Husserl di vederci chiaro, perchè Husserl prende il soggetto kantiano-hegeliano e lo trasforma in un oggetto (di sintesi passive).
E dove starebbe la volontà?
Il mio maestro in una lezione che mi ha lasciato basito, mi ha fatto capire che il concetto di volontà, non va dato per scontato, come faccio io, poichè è stato forgiato dalla filosofia.
D'altronde se noi ragioniamo sul video di Gadamer dove parla della fede, oppure aprendo il discorso sulla meta-noia cristiana, non si parla forse di volontà di fede? Non di mera fede. Vedi che comincio a capire. Vannini di questo sembra non parlare.
La volontà è ciò che distingue la ricerca morale, costantemente distrutta dal presente che si fa in un attimo passato.
In Hegel questa volontà nel primo capitolo non viene affrontata.
Ma non è ovvio, partendo proprio da un libro liceale, che Hegel questa volontà la porti dentro lo spirito?
Appunto la morale secondo Hegel nasce e spira dal grund, dal fondamento, dall'originario.
Essa viene intuita, o meglio come dice Hegel, direttamente conosciuta da quell'io che noi siamo.
E che però, ed è qui che la filosofia nasce, si conosce solo in quanto soggetto, e giammai come io.
Il soggetto che io NON sono, si esplica dalla mia volontà di sottrarmi al tempo.
Se intuisco bene, Hegel però si ferma lì. Ovvero egli attende la fine del tempo.(la civetta, e la talpa, la critica al sottosuolo di questa sottrazione temporale che diventa umanità, ossia moralità, vedi che ne so la carta dei diritti dell'uomo, dove il corpo è detto sacro.
E pensiamo al male, al diabolus, al sofista, che invece quel corpo lo vuole martoriare.(non sono cose astratte).
Il terrore nasce dalla paura.
Quale è la paura della filosofia? Conoscere la volontà del DIO.
E rieccoci a Nietzche e Platone.
Questa è la metafisica del grund.
Il grund non è ciò che rimane del tempo, è il suo esatto opposto, è il tempo.
Il pulsare della vita, che destinalmente deve morire.
Ma il Dio vuole la vita nonostante la morte.
Intendo questa metafisica che in questo tempo diventa una paura generalizzata come sintomo, e come farmaco un evasione infinita.
E come psicofarmaco una inibizione chimica dei fattori chimici che vengono innestati dal questo soffio vitale.
Che in questo tempo (della civiltà occidentale) si chiama depressione.
E che nello stesso tempo (nella civiltà orienteale) si chiama ossessione.
Entrambi con i loro meccanismi identici. La coazione a ripetere.
Stavo giusto meditando su uno degli aforismi di Adorno, sommo libro i minima moralia, sta sorpassando ogni mia attesa (di solito molto molto bassa sui libri).
Chi sembra star ragionando con te sulle vie di liberazione, è in realtà il nemico ultimo anche nei momenti liberi che l'intellettuale dissidente si è ritagliato.
L'oriente cerca di uscire dalla sua coazione a ripetere, per poter essere lui e non più l'occidente a martoriare i corpi.
Tutto ciò è iscritto nella storia.
Come possiamo pensare ad una metafisica che rimane?
Non esiste a mio parere.
Non tanto perchè Dio non esiste, ma proprio perchè noi non potremo mai sapere cosa o chi è Dio.
Rimane però ciò che conosciamo a contatto con esso.
Ossia la vita, la vitalità, da non confondere con l'evasione, che è il suo esatto opposto.
E la vita non va automatizzata, resa macchina, controllata.
Di nuovo siamo a Platone, Kafka, Dostoevsky.
Per non parlare della dinamite alla macchina, alla macchinazione delle altre metafisiche.
Qunate metafisiche esistono?
Per Nietzche sono infinite.
E pure per il mio maestro.
Patafisica.
Tutto questo per dire che non esiste un vedere chiaro, husserl era un pazzo, un maniaco dell'ordine, e dell'ordinazione, come kant.
Io credo che invece di quella particolare metafiscia che mi interessa, ossia quella del grund, del fondamento, "rimanga" quello che dice Hegel.
Ossia il problema del soggetto.
Ma non che esista una soluzione.
Il resto è il problema infinito, o meglio fino alla fine della storia, del soggetto.
Noi possiamo veramente uscire dalla storia?
Certo con la volontà, con la meta-noia.
Il soggetto che guarda se stesso, e il famoso angelo di benjamin che guarda sempre rivolto al passato.
Il terzo occhio di sini, la critica in una sola parola.
Noi siamo su questo mondo per criticare.
Ma dove falliamo?
Ce lo dice Platone nel Cratilo o Kafka nel suo irresistibile precipitare degli eventi nel processo.
Si chiama la paura della morte.
Thanatos.
E il suo infame contraltare: i discorsi di morte.
Siamo pieni di discorsi di morte, anche quando evadiamo nella fantasia.
Su questo sto meditando.
E sai, a un certo punto, basta cazzate, mi sto veramente impegnando.
Grazie al cielo la PROSA di Adorno, di Leopardi, di Platone, è quel feticcio, di cui parlava Montale, ciò che mi salva, ciò che salva.
Già la forma e il testo. E pensare che è il titolo dell'antologia migliore di italiano che c'è in giro da tanto tempo (in attesa che arrivino quelle di comparatistica) quella del Ceserani.
Vecchi ricordi, vecchie poesie, vecchi cari amici, i libri.
Ma questo tu già lo sai.
Ciauz! ;)
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2024, 15:13:56 PMHai ragione e mi scuso degli off-topic filosofici; a mia difesa posso solo ricordare il post n.84 della discussione in cui avevo detto, fra l'altro, che secondo me: «In realtà qualunque verità può essere negata, essendo la verità una categoria del discorso sulla realtà, non una categoria della realtà».
E' vero, tu una risposta l'hai data, e mi pare equivalga a dire che la verità può essere negata, se si può negare qualunque discorso sulla realtà.
La mia impressione è che chiunque dia una sua definizione di verità, da essa discenderà che può essere negata.
Di fatto quindi astenersi dal darne una definizione, equivale a una verità che non può essere negata, a meno che questa non sia la definizione, l'unica definizione di verità che, facendo eccezione la rende innegabile.
Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
perchè non esplicite, finché non riesce ad esplicitarle e quindi a negarle, e sono quelle verità che ci danno l'illusione, vitale, che sia reale ciò che ci appare.
Noi possiamo anche sgamare l'illusione, ma finché la verità che la produce rimane innegabile, l'illusione rimane.
E rimane per nostra fortuna aggiungo, svolgendo una funzione vitale.
E' infatti questa illusione di realtà, non univoca, ma neanche gratuita, che non ci fà cadere nei burroni, come paventava il buon vecchio Viator. :)
Io comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
------------------------------
preciso, fondano il discorso come evidenze, ma agendo in modo implicito, è perciò innegabili.
Il risultato è che quando apri gli occhi non puoi negare ciò che vedi, ed è su ciò che vedi che si fonda il discorso sulla realtà.
Il discorso scientifico , fornisce una sua versione di mondo, diversa, ancora non gratuita, ma priva di evidenze, o meglio ciò che è da considerare l'equivalente dell'evidenza si stabilisce attraverso un metodo condiviso.
In tutte queste diverse descrizioni più o meno esplicite cè comunque una irrinunciabile condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 18:05:01 PMIn tutte queste diverse descrizioni più o meno esplicite cè comunque una irrinunciabile condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
in tutte queste diverse descrizioni io denoto che le verità non stanno tutte sullo stesso piano. Diversi tipi di verità .
Personalmente protendo su due tipi . Di cui ho già espresso molte volte l'enunciato formulato dal fisico Neils Bhor, il fisico Danese affermava l'esistenza di grandi verità esprimibili in asserzioni il cui contrario possiede un identico valore di verità. L'esistenza di due versioni, alternative e opposte, di un'unica verità conduce al concetto di complementarità: si può scegliere l'una o l'altra delle due versioni. La scelta è dettata dalle circostanze. Ad esempio in certi momenti si può dire tirando un sospiro ; "la vita è dolorosa" e in altri momenti affermare che la vita è meravigliosa. Scegliere una o l altra ipotesi non è un difetto di verità , in quanto possono essere entrambe vere a seconda delle circostanze. Questo tipo di verità viene definito "verità profonde".
Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 18:05:01 PMcè comunque una irrinunciabile condivisione, che in caso sta a monte (evidenza) e nell'altro è da ricavare con metodo a posteriori.
Da un punto di vista meno sentimentale e più su un piano di realtà scientifica direi che il metodo sia a priori e non a posteriori, per quanto la cosa sia controintuitiva.
Citazione di: iano il 01 Marzo 2024, 18:05:01 PMIo comunque credo che ci siano verità che facciano parte del discorso sulla realtà che non possono essere negate,
------------------------------
preciso, fondano il discorso come evidenze, ma agendo in modo implicito, è perciò innegabili.
Il risultato è che quando apri gli occhi non puoi negare ciò che vedi, ed è su ciò che vedi che si fonda il discorso sulla realtà.
Quando apri gli occhi, non affermi e non neghi, quindi non ci sono né falsità né verità, ma solo percezione. La percezione comporta un'evidenza in-negabile? Prima e dopo gli scettici, prima e dopo Hume, la filosofia è ricca di analisi e critiche sul concetto di «evidenza», che si dimostra per nulla pacifico e apodittico. L'e-videnza (ciò che si dà alla vista) è anzitutto non linguistica, ma sensoriale (quindi se la verità è questione linguistica...) e sappiamo già che l'evidenza inganna, ingannando talvolta anche metodi di verifica empirica.
Costruisco la mia meridiana basandomi sul moto del Sole e non sento ragioni quando mi si dice che il Sole non si muove; la mia meridiana non mente e funziona, il Sole si muove e potete verificarlo tutti. Mi si dice che in realtà l'ho costruita basandomi inconsapevolmente sul moto della Terra? Ma volete che non sappia in base a cosa ho costruito la mia meridiana? Parimenti sembrerebbe innegabile che la Terra non sia proprio piatta, eppure c'è chi lo afferma anche se non è pagato per farlo. Il discorso sul Sole e quello sulla sfericità della Terra sono appunto
discorsi, e solo loro possono essere veri o falsi, verificati o falsificati (a differenza dell'ombra o dei pianeti, che
esistono, a prescindere dall'esattezza dei discorsi sul loro conto), ma sempre a seconda dei tempi e delle tecnologie epistemiche disponibili.
Chiaramente, il fatto che ogni verità possa essere potenzialmente negata, essendo essenzialmente discorsiva (e mai abbastanza "ontica" come chi la proferisce vorrebbe, proprio perché "il discorso non è la cosa"), non significa affatto né che non si possano redigere enunciati veri (altrimenti non avrebbe nemmeno senso parlare di negazione della verità), né tantomeno pensare che non vi sia alcuna connessione fra linguaggio e mondo non-linguistico (come dimostra l'esempio della tazza che si muove "a comando", fatto alcuni post addietro). Capire che la verità non è uno "stato di cose" (dov'è che l'ho già sentita questa?), ma una proprietà del discorso
sugli stati di cose, secondo me è un buon inizio per fare
chiarezza nell'analisi, tanto del linguaggio quanto, nei limiti del possibile, della realtà (e, allora, questo mio
discorso è vero? E i discorsi degli altri in questo topic? Più si parla di verità, con o senza maiuscola, e più emerge che è questione di discorsi e... meta-discorsi).
Vedo serpeggiare costantemente la confusione tra "verità" e "opinione". Forse esiste un confine tra le due. E ambiti in cui ha senso l'una o l'altra, ma distintamente. Anche gli antichi distinguevano aletheia e doxa. I moderni la fanno più complicata, ma non sono riusciti ad abolire la distinzione, malgrado la provocazione di Nietzsche.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 22:11:05 PMVedo serpeggiare costantemente la confusione tra "verità" e "opinione".
si sta ragionando insieme , non ci sono serpi qui.
La negazione dell'essere non è il nulla.
Perché nulla è soltanto la negazione dell'esistenza.
Non esiste, è nulla.
La negazione dell'essere, cioè il non essere, non ha a che fare con la esistenza, ma riguarda l'etica.
È infatti il male che mi fa non essere.
Ed essendo il male sempre e soltanto amore negato...
È la mancanza d'amore a farmi non essere.
Se amo, sono.
Se non amo non sono.
E se amo, l'Essere è indistinguibile dal Nulla.
Perché il vero amore non ha oggetto, basta a se stesso.
E poiché Essere = Verità.
Se amo, sono Verità.
Citazione di: Ipazia il 01 Marzo 2024, 22:11:05 PMVedo serpeggiare costantemente la confusione tra "verità" e "opinione". Forse esiste un confine tra le due. E ambiti in cui ha senso l'una o l'altra, ma distintamente. Anche gli antichi distinguevano aletheia e doxa. I moderni la fanno più complicata, ma non sono riusciti ad abolire la distinzione, malgrado la provocazione di Nietzsche.
E' il confine fra due placche oceaniche,delle quali una va in subduzione sotto l'altra, ed è in questo modo che l'opinione diviene verità fondante dello stato delle cose, cui accenna Phil..
La convergenza di opinione non è verità, ma solo finché resta in vita la discussione che l'ha prodotta, che però, stante la convergenza, non ha più motivo di essere.
Nell'ambito scientifico quello che non si fà, o non si può fare, è archiviare questa subduzione come evidenza, ma la si rinnova, ripetendola in continuazione, o serbandone comunque memoria, di modo che si saprà sempre dove andarla a ripescare all'occorrenza, operazione quasi banale rispetto che andare a ripescare un opinione divenuta verità essendosi andata a nascondersi non si sa dove.
La verità è perdita dell'indirizzo di memoria?
E questa perdita è ad uso di sostenibilità?
Lo stato delle cose si costruisce, ma siccome vivere dentro quello stato equivale al nostro modo di interagire con la realtà, non aiuta la nostra necessaria e vitale reattività tenere memoria della ''finzione''.
Si fa prima a far diventare la finzione realtà.
La verità è una questione di sopravvivenza?
Credo di si, ma è solo un modo di rimandare il problema, e il problema nasce quando l'uomo cambia e deve ridefinire la sua interazione con la realtà.
Occorre allora una abiura, una negazione della verità, che per sua definizione sembra cosa impossibile farsi.E' assurdo negarla. Sarebbe come ripudiarsi.
E' la cosiddetta fase nichilistica, quando un mondo finisce senza che si riesca a intravedere il nuovo, quando avere una natura ottimistica o pessimistica è ciò che fa la differenza.
Il pessimista dirà che è la fine della realtà, l'ottimista dirà che morto un mondo se ne fa un altro.
Abbiamo sempre a che fare con un bicchiere riempito a metà, o con una mezza verità.
Citazione di: Phil il 01 Marzo 2024, 21:17:21 PMQuando apri gli occhi, non affermi e non neghi, quindi non ci sono né falsità né verità, ma solo percezione. La percezione comporta un'evidenza in-negabile? Prima e dopo gli scettici, prima e dopo Hume, la filosofia è ricca di analisi e critiche sul concetto di «evidenza», che si dimostra per nulla pacifico e apodittico. L'e-videnza (ciò che si dà alla vista) è anzitutto non linguistica, ma sensoriale (quindi se la verità è questione linguistica...) e sappiamo già che l'evidenza inganna, ingannando talvolta anche metodi di verifica empirica.
Costruisco la mia meridiana basandomi sul moto del Sole e non sento ragioni quando mi si dice che il Sole non si muove; la mia meridiana non mente e funziona, il Sole si muove e potete verificarlo tutti. Mi si dice che in realtà l'ho costruita basandomi inconsapevolmente sul moto della Terra? Ma volete che non sappia in base a cosa ho costruito la mia meridiana? Parimenti sembrerebbe innegabile che la Terra non sia proprio piatta, eppure c'è chi lo afferma anche se non è pagato per farlo. Il discorso sul Sole e quello sulla sfericità della Terra sono appunto discorsi, e solo loro possono essere veri o falsi, verificati o falsificati (a differenza dell'ombra o dei pianeti, che esistono, a prescindere dall'esattezza dei discorsi sul loro conto), ma sempre a seconda dei tempi e delle tecnologie epistemiche disponibili.
Chiaramente, il fatto che ogni verità possa essere potenzialmente negata, essendo essenzialmente discorsiva (e mai abbastanza "ontica" come chi la proferisce vorrebbe, proprio perché "il discorso non è la cosa"), non significa affatto né che non si possano redigere enunciati veri (altrimenti non avrebbe nemmeno senso parlare di negazione della verità), né tantomeno pensare che non vi sia alcuna connessione fra linguaggio e mondo non-linguistico (come dimostra l'esempio della tazza che si muove "a comando", fatto alcuni post addietro). Capire che la verità non è uno "stato di cose" (dov'è che l'ho già sentita questa?), ma una proprietà del discorso sugli stati di cose, secondo me è un buon inizio per fare chiarezza nell'analisi, tanto del linguaggio quanto, nei limiti del possibile, della realtà (e, allora, questo mio discorso è vero? E i discorsi degli altri in questo topic? Più si parla di verità, con o senza maiuscola, e più emerge che è questione di discorsi e... meta-discorsi).
Non voglio pensare che sia solo una questione di capacità riuscire ad usare la tua chiarezza.
E' come se si rifugisse dalla chiarezza per lasciarsi una scappatoia.
Citazione di: Alberto Knox il 01 Marzo 2024, 22:40:32 PMsi sta ragionando insieme , non ci sono serpi qui.
Però la cosa va chiarita. L'universo antropologico è il regno della doxa. Ma non tutte si equivalgono. E aletheia torna in gioco. Almeno come fondamento.
"Le leggi fisiche sono prodotti dell'episteme umana che inseriscono in uno schema logico ciò che accade."
infatti, quando una bomba atomica esplode,la gente muore....epistemologicamente....
Solitamente a chi afferma la Verità viene fatta, da parte di colui che la nega, questa obiezione in forma di domanda retorica:
"E che cos'è la Verità?"
È cioè la medesima con cui Pilato replica a Gesù.
E a cui Gesù, da grande filosofo che era, non risponde.
Non risponde perché la stessa domanda mostra l'impossibilità di una comunicazione.
Nulla si può dire a chi nega, o mette in dubbio, la Verità.
Essendo la Verità il presupposto indispensabile per ogni autentica comunicazione.
La domanda chiede infatti una definizione della Verità.
Ed è una richiesta vuota di senso. Esprime un non pensiero.
In quanto qualsiasi definizione si fonda sulla Verità.
(In realtà, si tratta sempre di un semplice anelito verso la Verità... che però è indispensabile)
Ritornando a Winghestein, vorrei rimarcare che Gesù, sommo filosofo, parla eccome della Verità!
Ma non dice cosa è...
Dirlo è infatti impossibile.
Ma se ne può benissimo parlare. Anzi, se ne deve parlare!
La Verità, ossia l'Essere, è ciò di cui sommamente bisogna parlare.
"la verità è una terra senza sentieri" diceva il filosofo indiano Krishnamurti. Io lo interpreto, oltre che come critica di tutto ciò che è organizzato, istituzionalizzato e che pretende di indicarmi il sentiero giusto su cui camminare per giungere alla verità, anche e soprattutto come la verità che sostiene ogni cosa. Come la terra sostiene ogni vita, così la verità è il sostegno per ogni discorso. Il discorso è un sentiero che vuole parlare della verità, ma ne è impossibilitato. Nello stesso tempo ogni discorso non può che trovare sostegno nella verità/terra. In mancanza del sostegno dato dalla verità ogni sentiero/discorso finirebbe per poggiare sul nulla. Vero e falso sarebbero solo voci vuote, sentieri di confusione che porterebbero inevitabilmente al DISORIENTAMENTO.
Bhè , Io sono la Verità!
Citazione di: Alberto Knox il 01 Marzo 2024, 19:11:40 PMDa un punto di vista meno sentimentale e più su un piano di realtà scientifica direi che il metodo sia a priori e non a posteriori, per quanto la cosa sia controintuitiva.
Perchè controintuitivo? La scienza ipotizza verità apriori, ma che vengono però "risolte" solo a posteriori.
Dunque la verità è sempre a-posteriori.
Citazione di: Pensarbene il 02 Marzo 2024, 11:05:03 AM"Le leggi fisiche sono prodotti dell'episteme umana che inseriscono in uno schema logico ciò che accade."
infatti, quando una bomba atomica esplode,la gente muore....epistemologicamente....
Infatti secondo me il discorso sulla realtà contiene "qualcosa" della realtà, e non della verità, come stava ragionando in maniera alternativa (ed egualmente possibile sia chiaro) Iano.
Citazione di: bobmax il 02 Marzo 2024, 17:19:27 PMSolitamente a chi afferma la Verità viene fatta, da parte di colui che la nega, questa obiezione in forma di domanda retorica:
"E che cos'è la Verità?"
È cioè la medesima con cui Pilato replica a Gesù.
E a cui Gesù, da grande filosofo che era, non risponde.
Non risponde perché la stessa domanda mostra l'impossibilità di una comunicazione.
Nulla si può dire a chi nega, o mette in dubbio, la Verità.
Essendo la Verità il presupposto indispensabile per ogni autentica comunicazione.
La domanda chiede infatti una definizione della Verità.
Ed è una richiesta vuota di senso. Esprime un non pensiero.
In quanto qualsiasi definizione si fonda sulla Verità.
(In realtà, si tratta sempre di un semplice anelito verso la Verità... che però è indispensabile)
Ritornando a Winghestein, vorrei rimarcare che Gesù, sommo filosofo, parla eccome della Verità!
Ma non dice cosa è...
Dirlo è infatti impossibile.
Ma se ne può benissimo parlare. Anzi, se ne deve parlare!
La Verità, ossia l'Essere, è ciò di cui sommamente bisogna parlare.
Penso che Gesù non risponda perchè infatti la verità non è un "qualcosa".
Ricordo le ore spese a parlare del dialogo Gesù-Pilato, all'università.
Ma allora non avevo idea di cosa fosse la meta-noia cristiana.
Eh c'è ancora molto da pensare.
Comunque mi piace bobmax l'idea che l'uomo debba parlarne.
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:15:42 AMPenso che Gesù non risponda perchè infatti la verità non è un "qualcosa".
Ricordo le ore spese a parlare del dialogo Gesù-Pilato, all'università.
Ma allora non avevo idea di cosa fosse la meta-noia cristiana.
Eh c'è ancora molto da pensare.
Comunque mi piace bobmax l'idea che l'uomo debba parlarne.
Sì, non è qualcosa.
La Verità, cioè l'Essere, non è qualcosa.
Sebbene ogni qualcosa non alluda, non parli che della Verità.
Non essendo qualcosa, non c'è, non esiste.
E ciò che non esiste è Nulla.
Essere = Verità = Nulla
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:08:33 AMPerchè controintuitivo? La scienza ipotizza verità apriori, ma che vengono però "risolte" solo a posteriori.
Dunque la verità è sempre a-posteriori.
Forse la verità è ciò di cui si prende coscienza interagendo con la realtà, e poi ci si dimentica, ma che non perciò smette di essere causa di nuova interazione, tanto da potersi scambiare con ciò su cui l'interazione si fonda, l' ''a-priori'', che però nasce dalla perdita di memoria dei suoi natali.
Quindi in effetti non credo che la verità ci dica qualcosa della realtà, ma sia una istruzione per l'uso della realtà.
Apparentemente quindi ti dice, attento davanti a te c'è un pezzo di realtà chiamato burrone, ma nel tempo che tu ti chiedi cosa sia davvero un burrone, ci sei già caduto dentro.
Si tratta allora forse di una istruzione non verbale, quando la realtà preme e non c'è tempo per le parole.
Più che qualcosa che non si può dire è qualcosa che non conviene dire.
Tradotta in parole la verità è un ''fallo e basta'' che ti può salvare.
Però se il burrone non è un pezzo di realtà, ma un istruzione per l'uso della realtà che nasce dall'interazione con la realtà, questa dinamica di interazione fa si che le istruzioni possano mutare.
Così si inizia a negare la ''verità'' del burrone, con inevitabili allarmi di fine del mondo, essendosi assimilata l'apparenza al mondo.
E' la storia di quel filosofo che, filosofando, finisce in un fosso, ma se la filosofia fa parte dell'interazione con la realtà, ciò dimostra solo che questa interazione non è mai priva di rischi.
In effetti il miglior modo di finire nei fossi è smettere di filosofare, cioè di far tesoro dell'esperienza.
In questo modo se finisci nei fossi non è perchè non li vedi, ma perchè non ne hai proprio idea , e perciò non li vedi.
In questa interazione con la realtà non ci sono a-priori ed a-posteriori, se non in apparenza, perchè si tratta di un ciclo che non appare nella sua interezza perchè non c'è mai il tempo di raccontarlo tutto per intero.
Il problema non è l'apparenza, perchè l'apparenza è tutto ciò che possiamo ricavare dalla realtà, ma una incompleta apparenza che spezza la vista della sua ciclicità, e ci sono buoni motivi per farlo, perchè il pensiero si sviluppa nel tempo, e il tempo dell'interazione vitale è limitato.
Se la verità non è realtà, ma un istruzione non verbale per il suo uso, si capisce allora come nasce l'etica, cioè il ''cosa è bene fare o non fare'' come cosa non avulsa dalla fisica.
Se nella realtà unica tracciamo un confine allora così definiamo cosa è fisica e cosa è etica, che stanno da una parte e dall'altra del confine, però la realtà non perciò perde la sua unità.
Noi la semplifichiamo a nostro uso, ed è un fatto di economia, ma poi l'uso che ne facciamo, perdendo la coscienza della semplificazione, viene assimilato a ciò che usiamo, e la perdita di coscienza non è in se una dimenticanza, ma deriva dalla necessità che il nostro fare deve essere sostenibile, cosa di cui stiamo riacquistando tragicamente coscienza,
perchè la coscienza non è un bene o un male in se, ma un opportunità, ed è oggi opportuno ri-prendere coscienza che la nostra interazione con la realtà ha un limite di sostenibilità.
Citazione di: bobmax il 02 Marzo 2024, 17:19:27 PMSolitamente a chi afferma la Verità viene fatta, da parte di colui che la nega, questa obiezione in forma di domanda retorica:
"E che cos'è la Verità?"
È cioè la medesima con cui Pilato replica a Gesù.
E a cui Gesù, da grande filosofo che era, non risponde.
Scusa, chi è il testimone del fatto, del colloquio, del suo contenuto, tra Gesù e Pilato?
Il narratore racconta il vero o il falso o inventa?
Citazione di: Pio il 02 Marzo 2024, 18:13:49 PM"la verità è una terra senza sentieri" diceva il filosofo indiano Krishnamurti. Io lo interpreto, oltre che come critica di tutto ciò che è organizzato, istituzionalizzato e che pretende di indicarmi il sentiero giusto su cui camminare per giungere alla verità, anche e soprattutto come la verità che sostiene ogni cosa. Come la terra sostiene ogni vita, così la verità è il sostegno per ogni discorso. Il discorso è un sentiero che vuole parlare della verità, ma ne è impossibilitato. Nello stesso tempo ogni discorso non può che trovare sostegno nella verità/terra. In mancanza del sostegno dato dalla verità ogni sentiero/discorso finirebbe per poggiare sul nulla. Vero e falso sarebbero solo voci vuote, sentieri di confusione che porterebbero inevitabilmente al DISORIENTAMENTO.
Pio, testo interessante, davvero.
Noto in generale però, osservando l'andazzo di questo topic, che siamo arrivati a 150 post per concordare su qualcosa di abbastanza ovvio, ovvero che cercando di dire qualcosa, se non interessati a mentire, tendiamo al vero.
Pilato non mette in discussione questo aspetto fondamentale. Non dichiara che sia indecidibile un giudizio del tipo "il mancato controllo della popolazione locale con conseguenti ribellioni significherebbe il licenziamento".
Pilato mette in discussione che esista una verità ultima sulla vita dell'uomo, una verità che Gesù dice di incarnare.
Non c'è nulla di assurdo nella negazione di una verità del genere, anzi. E negarla non significa negare anche che vi possano essere verità più piccole, parziali, utili per la sopravvivenza.
In tutto questo non c'è nulla di assurdo, ne di paradossale.
È assurdo piuttosto confondere i due piani. Ma questa confusione è intenzionale. È per questo che la filosofia finisce per perdere credibilità e interesse. Ed è per questo che ho citato una pagina del diario di Husserl. Non perché pensi sia attuale la filosofia come disciplina rigorosa, ma perché se perdiamo di vista la necessità della chiarezza finiamo per cazzeggiare sul niente.
Citazione di: baylham il 03 Marzo 2024, 10:56:14 AMScusa, chi è il testimone del fatto, del colloquio, del suo contenuto, tra Gesù e Pilato?
Il narratore racconta il vero o il falso o inventa?
Osservazione importante.
Vi era un testimone?
Questo dialogo è davvero avvenuto?
Ma andrei ancora più in profondità...
Gesù è mai esistito davvero?
O è solo una invenzione?
Ho avuto modo di discutere su questo punto in più occasioni. Anche con preti che si stracciavano le vesti, di fronte all'ipotesi che Gesù non fosse in realtà mai esistito...
"Nooo!" gridavano "DEVE essere esistito!"
Disperazione nichilistica di chi avverte la possibilità di essersi aggrappato a un rimedio fasullo.
Perché la risposta che diedi, e che do, è:
"Che importa?"
È davvero importante che Gesù sia davvero esistito?
Che ne cale che abbia detto e fatto davvero questo e quest'altro?
O non è invece importante quello che viene comunicato nel racconto?
Dov'è la Verità? Se non in ciò che nasce nel nostro cuore di fronte al racconto?
La verità come esperienza del reale diretta, o indiretta, attraverso la sua narrazione, che si fà emozione?
Ci può stare.
E tutto finisce qua?
No, c'è l'esigenza di condividere questa emozione non comunicabile, come dimostra questa discussione.
La verità non è tale perchè condivisa (intersoggettività) ma perchè assimila gli individui a un soggetto unico, la cosiddetta umanità, nel nostro caso.
La verità è un esperienza di condivisione?
Forse, ma in ogni caso non si dovrebbe lasciare fuori dal discorso sulla verità la condivisione, momentaneamente estromessa per una malintesa intersoggettività.
La verità non è umana, la verità genera umanità.
Negare la verità significa negare se stessi, ciò che siamo, la nostra unicità, ma rinunciare a negare se stessi significa negare la nostra evoluzione, il nostro essere una sequenza di molteplicità.
L'umanità è ''soggettività disperse nello spazio'', l'individuo ''soggettività disperse nel tempo''.
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:08:33 AMPerchè controintuitivo? La scienza ipotizza verità apriori, ma che vengono però "risolte" solo a posteriori.
Dunque la verità è sempre a-posteriori.
a-posteriori sono le regole con cui facciamo sintesi dell esperienza. Come uniamo le idee? Look così come Hume avevano elencato delle modalità per costruire e per unire fra di loro delle idee molto diverse , per esempio causa-effetto , ma gli stessi empiristi , lo stesso Hume aveva messo in discussione questa modalità , il ragionamento induttivo si basa sull assunto che il corso della natura sia sempre uniformemente invariabile. Il fatto che il sole sia stato visto sorgere sempre in orario , o che le leggi dell inverso del quadrato sia sempre stata confermata , non è una garanzia del fatto che continuerà a essere così in futuro. Allora i giudizi sintetici a posteriori sono sì legati all esterno , prendono i loro contenuti dall esperienza, sono creativi ma sono le regole con cui costruiamo la conoscenza a non essere certe. I giudizi a posteriori sono fertili ma sono incerti.
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 14:12:50 PMI giudizi a posteriori sono fertili ma sono incerti.
Sono incerti se la certezza ha un valore, diversamente sono vari, e si distinguono per il grado di condivisione che non è necessariamente un indice di valore, ma un dato di fatto.
Sono come i semi. Se non sai quanto è fertile il terreno il trucco è piantare cento per avere almeno uno.
Il problema è che non capiremo mai la vera storia dell'uomo se ci limitiamo a parlare del seme andato a buon fine, dimenticando quei 99 il cui contributo, con il loro fallimento, è però essenziale, perchè è dai 99 fallimenti che abbiamo imparato.
Resta poi da condividere ciò che abbiamo imparato, e un modo veloce per farlo è spacciarlo per verità, che, nel migliore dei casi, quando cioè le intenzioni sono buone, è una menzogna a lieto fine.
La realtà è a priori, la verità, così come l'ha bene spiegata Phil, non può essere che a posteriori rispetto alla realtà.
Una proposizione per essere sensata e veritiera deve fare riferimento ad una realtà antecedente.
Anche "realtà" è un concetto, ma nell'ordine del discorso non può che venire prima della "verità" che esprime pareri su di essa.
Chi chiama in causa la "verità " dovrebbe esplicitare la sua concezione di "realtà", perché se tali concezioni divergono, altrettanto fanno le verità esternate.
Senza possibilità di condivisione alcuna.
Citazione di: Ipazia il 03 Marzo 2024, 15:01:24 PMLa realtà è a priori, la verità, così come l'ha bene spiegata Phil, non può essere che a posteriori rispetto alla realtà.
Una proposizione per essere sensata e veritiera deve fare riferimento ad una realtà antecedente.
Anche "realtà" è un concetto, ma nell'ordine del discorso non può che venire prima della "verità" che esprime pareri su di essa.
Chi chiama in causa la "verità " dovrebbe esplicitare la sua concezione di "realtà", perché se tali concezioni divergono, altrettanto fanno le verità esternate.
Senza possibilità di condivisione alcuna.
Ciò che si può negare è ciò che per la sua chiarezza è esemplare come questo tuo post.
Se l'apparenza della realtà, pur quando sgamata come tale, continua a presentarsi come evidenza, vuol dire che è fondata su qualcosa che non riusciamo a negare.
Evidentemente sapere che un illusione è tale non è tutto ciò che c'è da sapere per vederla sparire.
Per il realista la realtà è una sola, ovvero quella cosa di cui si occupa la ricerca scientifica e che chiunque può sperimentare per conto suo nella vita quotidiana al netto dell'opinione su ciò che è opinabile.
Per l'idealista esistono infiniti mondi possibili, basta pensarli e ognuno pensa il suo.
La superiorità della posizione realista sta nel fatto che anche l'idealista deve sottostare alle sue norme, se vuole continuare a vivere nel suo mondo delle idee.
La rodente critica dei bisogni agisce pure sull' "apparenza" del più incallito idealista.
"Poscia, più che 'l dolor potè 'l digiuno"
Citazione di: baylham il 03 Marzo 2024, 10:56:14 AMScusa, chi è il testimone del fatto, del colloquio, del suo contenuto, tra Gesù e Pilato?
Il narratore racconta il vero o il falso o inventa?
questa mi piace perchè, a suo tempo, io ho chiesto come mai i vangeli descrivono scene in cui Cristo è da solo e senza testimoni:
a)nel deserto tentato dal demonio
b)nel giardino degli ulivi la notte fatidica
c) nel caso citato da te
d)in altre occasioni
La spiegazione è stata "chi ha scritto i vangeli era ispirato dallo Spirito Santo e dunque sapeva senza ....sapere"
Una spiegazione che va bene anche per molti passaggi della Bibbia ma che non convince neppure l'esegeta.
Citazione di: green demetr il 03 Marzo 2024, 04:15:42 AMPenso che Gesù non risponda perchè infatti la verità non è un "qualcosa".
Ricordo le ore spese a parlare del dialogo Gesù-Pilato, all'università.
Ma allora non avevo idea di cosa fosse la meta-noia cristiana.
Opportuno il tuo riferimento alla metanoia cristiana, cioè al movimento di conversione, di trasformazione progressiva che riguarda tutto l'essere dell'uomo: il suggerimento di un lettore di Hegel che ci ricorda che la verità è processo?
Io la leggo così, come un giusto rimprovero... Ammetto di aver affrontato la discussione fino ad ora con in testa un'idea di verità come un'immagine statica, istantanea, diciamo così.
E che si prenda sul serio, una buona volta, la dialettica!
Torno a leggere Adorno e la sua dialettica negativa, abbandonata senza profitto un anno fa. Ho appena iniziato il testo che raccoglie le trascrizioni del corso universitario che aveva tenuto nel semestre estivo del 1965 su "Metafisica. Concetto e problemi", il quale spiega, in modo più comprensibile, molti dei temi di "Dialettica negativa".
Citazione di: Koba II il 03 Marzo 2024, 16:37:48 PMOpportuno il tuo riferimento alla metanoia cristiana, cioè al movimento di conversione, di trasformazione progressiva che riguarda tutto l'essere dell'uomo: il suggerimento di un lettore di Hegel che ci ricorda che la verità è processo?
Io la leggo così, come un giusto rimprovero... Ammetto di aver affrontato la discussione fino ad ora con in testa un'idea di verità come un'immagine statica, istantanea, diciamo così.
E che si prenda sul serio, una buona volta, la dialettica!
Ma non pensi che i tuoi opposti atteggiamenti, succedutesi in diretta, (cosa che solo la vituperata tecnologia che produce i forum come questo, può fare, cioè documentare il pensiero in diretta nel suo divenire) trovino la loro ragione nel loro succedersi?
Forse la verità più che un processo è una sua fase, senza esserne l'inizio o la fine, cosa che invece ci appare quando lo parzializziamo, secondo come lo parzializziamo.
La verità quando la vediamo alla fine del processo, per essere davvero tale, per svolgere cioè la sua funzione, deve essere messa al riparo dalle sue negazioni, e un modo per farlo è dimenticare il processo che l'ha generata.
Solo così essa ci potrà apparire come un punto da cui il processo può ripartire.
Forse allora dovremmo riprendere la lettura del primo scritto di F.N., come ho sentito oggi accennare sulla Rai nazionale, che se non ho capito male somiglia ad un elogio della dimenticanza, quella capacità di dimenticare che le macchine non hanno, perchè tengono sempre memoria dei loro processi, per cui abbiamo una successione di zero e di uno senza che sia possibile scambiare alcuno di essi per un inizio o una fine, un a-priori o un a-posteriori.
Scegliere un punto da cui partire è solo una necessità della narrazione, quando quella successione vogliamo analizzare.
E' il racconto del processo che richiede un inizio e una fine, non il processo.
Però io credo anche che la verità, così come ho provato a delinearla, non possa più replicarsi, per mancata perdita di memoria. Essa non potrà più inabissarsi ponendosi a fondamento delle evidenze,
cioè di ciò che non si riesce negare,
creando così un mondo assimilabile alla realtà.
Il fondamento della scienza invece è la possibilità di negare, ma per negare bisogna tenere memoria di ciò che si nega, perchè se si perde quella memoria, sarà quella negazione a divenire verità.
Ma la memoria non è cosa per tutti, perchè richiede spazio e ha un costo , mentre la verità è a buon mercato, e infatti chi non ne possiede almeno una.
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Gratis, le grandi novità,
Gratis, le nuove nudità
(Gratis le nuove verità)
C'è ancora da ridere
Nell'intimità,
C'è ancora da fingere,
Ah, che delirio, che scomodità
Gratis, con che facilità,
Prima, durante, dopo Ma
C'è ancora da leggere
Due passi più in là
A gratis, e nessuno lo sa
Citazione di: Ipazia il 03 Marzo 2024, 15:01:24 PMUna proposizione per essere sensata e veritiera deve fare riferimento ad una realtà antecedente.
Ok , giustissimo, infatti la previsione che il sole domani sorgerà è un esempio di ragionamento induttivo basato sul fatto che , nella nostra esperienza, il sole è sorto puntualmente e quando lascio andare un oggetto mi aspetto che cada , sulla base della mia esperienza precedente . Gli scienziati usano questo tipo di ragionamento quando formulano ipotesi che si fondano su un numero limitato di osservazioni o di esperimenti. Le leggi della fisica , per esempio , sono di questo tipo.
Sarà anche verità che si sia sempre invariabilmente osservato che uno stato di cose B (per esempio l alba) segue uno stato di cose A (il tramonto) ma non si deve intendere ,con ciò, che B sia una conseguenza necessaria di A. In che modo infatti il tuo riferimento ad una realtà antecedente osservata può sostenere che a B debba necessariamente seguire A? Non vi è nessun collegamento logico necessario (al di là della nostra fiducia sulla regolarità della natura)tra A e B.
Ed è esattamente in questo senso che le proposizioni a-posteriori sono fertili ma sono incerte.
è possibile riuscire a trovare un modo per formulare il ragionamento ricavato dall esperienza in modo che le regole con cui facciamo sintesi siano sicure e certe? Questo se nella mente riusciamo a trovare dei principi universali e necessari attraverso le quali faremo sintesi dell esperienza. giudizi sinteci a-priori.
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 18:15:57 PMè possibile riuscire a trovare un modo per formulare il ragionamento ricavato dall esperienza in modo che le regole con cui facciamo sintesi siano sicure e certe? Questo se nella mente riusciamo a trovare dei principi universali e necessari attraverso le quali faremo sintesi dell esperienza. giudizi sinteci a-priori.
Se è dalla conoscenza del processo che genera le leggi, che le leggi ereditano la loro incertezza, allora l'unico modo che c'è per dargli certezza non è la ragione, ma dimenticarsi del processo, se ciò fosse possibile.
E' in questo modo che noi abbiamo ereditato un mondo belleffatto, come se fosse stato li da sempre ad attendere la nostra venuta, ignari della sua generazione.
C'è stato un momento della nostra storia in cui ci è stato possibile dimenticarci del processo, evento forse non più replicabile.
Così che all'illusione di questo mondo non ne seguirà una altra.
Citazione di: Koba II il 03 Marzo 2024, 11:13:36 AMPilato mette in discussione che esista una verità ultima sulla vita dell'uomo, una verità che Gesù dice di incarnare.
Non c'è nulla di assurdo nella negazione di una verità del genere, anzi. E negarla non significa negare anche che vi possano essere verità più piccole, parziali, utili per la sopravvivenza.
In tutto questo non c'è nulla di assurdo, ne di paradossale.
Questa considerazione afferma implicitamente ciò che nega.
Vi sono soltanto verità parziali, più piccole, utili...
È anch'essa una verità parziale, utile?
E se è parziale, di che cosa è una parte?
Corto circuito logico.
Siamo persi nella dissomiglianza.
Ma al di là della fallacia logica, la voragine è etica.
Per rendercene conto, la considerazione che vi siano soltanto verità parziali, piccole, utili... dovrebbe essere rivolta a noi stessi.
Cioè in me non vi è alcuna Verità!
Ma questo è un pensiero impossibile.
Sì la Verità implica dolore e disperazione.
Cosa non ci si inventa pur di non andare all'inferno...
Citazione di: iano il 03 Marzo 2024, 18:22:18 PMSe è dalla conoscenza del processo che genera le leggi, che le leggi ereditano la loro incertezza, allora l'unico modo che c'è per dargli certezza non è la ragione, ma dimenticarsi del processo, se ciò fosse possibile.
l'approccio epistemologico alla scienza è il come viene organizzata la conoscenza scientifica , ovvero come formulano il ragionamento . L'assiomatizzazione della fisica è l'elemento fondante nel ragionamento induttivo utilizzato in fisica ad esempio il secondo principio della dinamica di Newton che dice che la forza è uguale alla massa per l accelarazione. E su tale assioma si costruisce tutta una serie di derivazioni fisiche dell assioma complicando il sistema. Come nella geometria che si parte da un assioma ad es. "il triangolo ha tre angoli" e costruiamo tutta una geometria rigorosa e certa partendo dall assioma. La verità che il triangolo ha tre angoli è una verità a-priori così come F=M x A è una verità a priori , esistono delle cose su cui non si prescinde, questo è un esempio di universale e necessario . l'assioma è dunque la formalizzazione di quell a priori attraverso il quale costruiamo tutto un ragionamento rigoroso e certo analiticamente.
L'incertezza da dove arriva? l'incertezza deriva dal momento in cui per far vedere una traiettoria devo mettere dei dati che ho incompleti oppure che conosco poco. Stessa incertezza deriva dal fatto che non si può mai conoscere con esattezza infinita lo stato iniziale dell oggetto nella traiettoria.
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 18:15:57 PM...è possibile riuscire a trovare un modo per formulare il ragionamento ricavato dall esperienza in modo che le regole con cui facciamo sintesi siano sicure e certe? Questo se nella mente riusciamo a trovare dei principi universali e necessari attraverso le quali faremo sintesi dell esperienza. giudizi sinteci a-priori.
Sì, ma solo nel ragionamento deduttivo basato su saperi convenzionali, come la matematica, possiamo ottenere risultati "sicuri e certi".
Nel mondo reale naturale il metodo scientifico cerca attraverso algoritmi, certificati dall'esperienza (know how, calcolo, predittività), di ottenere risultati sicuri e certi nelle applicazioni tecnologiche, con piccoli margini di errore che non compromettono il risultato finale.
Le categorie kantiane mi sembra complichino in senso metafisico, contaminate dal noumenismo a-priori, un processo dell'intelletto che si limita a seguire, sulla base dell'esperienza consolidata a-posteriori, dei percorsi logici di approccio alla realtà naturale.
Citazione di: Ipazia il 03 Marzo 2024, 20:57:02 PMLe categorie kantiane mi sembra complichino in senso metafisico, contaminate dal noumenismo a-priori, un processo dell'intelletto che si limita a seguire, sulla base dell'esperienza consolidata a-posteriori, dei percorsi logici di approccio alla realtà naturale.
Spazio, tempo e categorie sono strutture innate dell intelletto. Anche se all inizio , da appena nati, sono strutture ancora vuote. Ma il bambino, crescendo riempirà quelle strutture di esperienza che è vero si consoliderà a.posteriori ma di cui era innatamente predisposto a farne esperienza, sono le facoltà ad essere innate non l'esperienza.
è in questo senso che i giudizi sintetici sono a -priori.
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 21:36:49 PMSpazio, tempo e categorie sono strutture innate dell intelletto. Anche se all inizio , da appena nati, sono strutture ancora vuote. Ma il bambino, crescendo riempirà quelle strutture di esperienza che è vero si consoliderà a.posteriori ma di cui era innatamente predisposto a farne esperienza, sono le facoltà ad essere innate non l'esperienza.
è in questo senso che i giudizi sintetici sono a -priori.
Ma sono strutture in perenne evoluzione, non riducibili a "cose in sé" permanenti ed autosufficienti. Ai livelli evolutivi più complessi necessitano di cure parentali per non prendere fischi per fiaschi andando incontro ad una rapida distruzione. Su queste strutture genetiche si fonda ben poco in assenza di "formazione". Sono, aristotelicamente, mere
cause materiali.Lo stesso Kant ha dovuto farcirle per renderle utilizzabili. Una farcitura superata mi pare. Come quella di Hegel. E del neopositivismo scientista. Una scatola vuota riempita poco più razionalmente che ai tempi del vaso di Pandora. Con l'immancabile deus ex machina.
(Sempre le donne di mezzo per assolvere i guai del patriarcato)
Citazione di: Ipazia il 04 Marzo 2024, 06:09:44 AMMa sono strutture in perenne evoluzione, non riducibili a "cose in sé" permanenti ed autosufficienti.
Questo è vero, non sono riducibili a cose in sè. Sono strutture innate che in un organismo sano sono le facoltà cognitive , intellettive, percettive di spazio , tempo e categorie. Sono la cassetta degli attrezzi per l'esperienza come li chiama Odifreddi. Tutto ciò che percepiamo passa attraverso i filtri della sensorialità e le facoltà intellettive rielabarono quelle percezioni in causa/effetto ad esempio, o la matematica. Gran parte della nostra conoscenza deriva dalla capacità di fare matematica, ma noi dobbiamo imparare a contare , da piccoli con i fagiolini, da grandi con le equazioni differenziali. Ciò non toglie che questa possibilità di fare matematica è innata. la possediamo già potenzialmente. Lo stesso vale per imparare a suonare uno strumento, noi impariamo a suonare uno strumento ma è grazie alla facoltà intellettive di capirne il ritmo e le sue regole e le facoltà sensoriali di sentirne l'armonia che possiamo farlo.
Citazione di: Alberto Knox il 03 Marzo 2024, 14:12:50 PMa-posteriori sono le regole con cui facciamo sintesi dell esperienza. Come uniamo le idee? Look così come Hume avevano elencato delle modalità per costruire e per unire fra di loro delle idee molto diverse , per esempio causa-effetto , ma gli sitessi empiristi , lo stesso Hume aveva messo in discussione questa modalità , il ragionamento induttivo si basa sull assunto che il corso della natura sia sempre uniformemente invariabile. Il fatto che il sole sia stato visto sorgere sempre in orario , o che le leggi dell inverso del quadrato sia sempre stata confermata , non è una garanzia del fatto che continuerà a essere così in futuro. Allora i giudizi sintetici a posteriori sono sì legati all esterno , prendono i loro contenuti dall esperienza, sono creativi ma sono le regole con cui costruiamo la conoscenza a non essere certe. I giudizi a posteriori sono fertili ma sono incerti.
Perfetto, infatti non è il giudizio a essere chiamato in causa quanto lo schema causale.
D'altronde per essere molto stringato la realtà è una (problema filosofico ancora assai aperto, qua vado con la "mia accetta") ma i fenomeni sono diversi.
Il fatto che lo schema contemporaneo è ancora incerto, o addirittura indecidibile (per ora), dice assai bene di come sia difficile ipotizzare una ontologia che sia episteme.
Ad oggi siamo dentro un mondo fenomenico, dove la verità è decisa localmente.
Non c'è contradizione, semplicemente il modello è incompleto, ma funzionale al suo uso economico.
In Hume quando anni e anni fa lessi l'introduzione, la questione viene portata ancora più a fondo, purtroppo non ricordo più niente.
Consiglio a qualcuno di leggerlo e di riportarcelo su discussione a parte.
Citazione di: Koba II il 03 Marzo 2024, 16:37:48 PMOpportuno il tuo riferimento alla metanoia cristiana, cioè al movimento di conversione, di trasformazione progressiva che riguarda tutto l'essere dell'uomo: il suggerimento di un lettore di Hegel che ci ricorda che la verità è processo?
Io la leggo così, come un giusto rimprovero... Ammetto di aver affrontato la discussione fino ad ora con in testa un'idea di verità come un'immagine statica, istantanea, diciamo così.
E che si prenda sul serio, una buona volta, la dialettica!
Torno a leggere Adorno e la sua dialettica negativa, abbandonata senza profitto un anno fa. Ho appena iniziato il testo che raccoglie le trascrizioni del corso universitario che aveva tenuto nel semestre estivo del 1965 su "Metafisica. Concetto e problemi", il quale spiega, in modo più comprensibile, molti dei temi di "Dialettica negativa".
La verità in Hegel come processo?
Vedo che non ci stiamo capendo affatto.
Ti rimando di nuovo alla lettura della prefazione.
La cosa che mi importa di Hegel non è tanto il suo concetto di verità.
Quanto il fatto che mette finalmente al centro dopo millenni di filosofia il PROBLEMA del soggetto.
Di Adorno è importante la critica all'industria culturale, nel suo minima moralia è evidente che la risposta etica è di nuovo legata alla scelta etica del singolo.
Nella prefazione dei minima moralia però Adorno dice di parlare in nome di Hegel, e cioè a partire da un soggetto storico determinato.
Ma Hegel non parla di un soggetto storico determinato.
Perchè se il problema fosse la determinazione storica, il soggetto in sè non dovrebbe avere problemi, ovvero basterebbe ribellarsi a quella determinata situazione storica.
Ma in Hegel la questione non è affatto quella.
Il problema del soggetto è piuttosto quello di NON essere il soggetto TOUT-COURT.
Noi continuiamo a parlare di noi come se esistessimo in quanto soggetti.
Ma noi non lo siamo affatto.
L'io è quel punto di vista che si affaccia sul mondo delle cose (fenomenologia) e che nel momento in cui si affaccia DEVE (ed è questa la scoperta più importante di Hegel, non ancora capita, figuriamoci recepita da ogni filosofo, tranne me) AMMETTERE che ESISTA un DIO.
La metanoia cristiana non la conosco, ma per me è molto facile capire quale sia stato il meccanismo che ha portato l'io a diventare SOGGETTO ETICO ovvero SPIRITUALE (secondo il mio prof è AGOSTINO).
In fin dei conti è quello che sembra dire Platone (per i pochi che lo hanno capito, ossia per ora SOLO IO).
Ma il tutto come un domino è venuto giù grazie a questo video, che ho capito, e che sto facendo uno sforzo per interiorizzare, significa cambiare tutto nella mia ricerca.
Perchè è ovvio che Platone è un ORFICO.
Hegel? Hegel è un sommo genio, infatti tutto il discorso difficile, molto difficile sull'ALTRO come controltare dell'incomucibilità del TEMPO, diventa infine il rantolo finale che chiude il primo capitolo della fenomenologia,e che credo sia definitivo, non riesco a immaginare come si possa andare avanti. Hegel lo fa, e sono più che altro curioso di vedere dove svolazza via.
Per me il discorso di Hegel è quello del primo capitolo della FDS; che chiude così: " Noi NON POSSIAMO VIVERE".
Penso che Hegel abbia infine pronunciato la dannazione totale, e irrevocabile.
MA prima di lui è esistito l'orfismo e il cristianesimo.
La metanoia è quella conversione che ci permette di vivere di NUOVO. anzi di vivere per davvero, e per la prima volta.
Certo oggi in tempi BUJ, il soggetto destinato a NON VIVERE, non riesce più nemmeno a vederlo il CRISTO.
E' talmente disperato, siamo talmente disperati, che oggi serve una scienza come la psicologia per tenerci in qualche maniera a galla.
Ma il nichilismo dei nostri tempi, non ci fa vedere cose ancora più complesse, come il CRITONE (di Platone) e l'inizio del PROCESSO (di Kafka) invece con una intellezione superiore ci portano agli occhi.
NEMMENO LA VOLONTA' ti basterà (per vivere).
Ecco che l'etica ha bisogno di un fuoco sacro, una volontà superiore alle volontà dei singoli.
Una volontà di POTENZA (ed eccoci all'ultimo dei filosofi ossia Nietzche).
Una volontà di POTENZA forgiata non solo dalla FILOSOFIA, ossia dall'ETICA (orfico-cristiana), ma anche da DIO STESSO.
Ecco che Nietzche diventa troppo, ha bisogno di trovare ristoro e implode sotto i colpi che questa ricerca assesta al SOGGETTO.
Mi fa tanto ridere, quando tra migliaia di anni, forse si capirà quello che un breve periodo di 2000 anni aveva partorito, e di cui le conseguenze, ossia l'impossibilità, la paranoia, fino alla schizofrenia dei giorni nostri, porterà a devastanti paesaggi di oscurità mai vista prima.
Tanto che qualcuno diventa catastrofista, in nome di una pace interiore, ormai compromessa PER SEMPRE.
Non sono un catastrofista, anche se il 2020 l'ho vissuto come tale, a testimonianza di quante letture ancora mi mancavano, e tutt'ora mi mancano.
D'altronde interiorizzare duemila anni di ricerca spirituale, e trovare la forza che questa ricerca ci ha portato a capire che E' NECESSARIA, proprio per quel cammino verso la verità che oggi appare come un miraggio.
Un cosa da poeti per i più.
Esatto una cosa da poeti! (chissà quando lo capiranno)
Ah ecco il video: https://www.youtube.com/watch?v=1HI5IPhIh-o
Gli altri li devo ancora vedere.
Se sono tutti come questo...wow.
Molte cose sono ancora da fare.
C'è molto, molto da leggere.
Tutta sta pappardella per dire.
No non voleva essere una critica, la metanoia cristiana è l'unica via.
In cosa consista dovrebbero essere gli amici cristiani o gnostici, quelli a farlo.
Non ne vedo traccia alcuna.
Forse perchè non sapevo dove cercare.
Di certo quella ORFICA ora la conosco, e non vedo l'ora di approfondirla.
Ciao!
Citazione di: iano il 03 Marzo 2024, 10:36:29 AMForse la verità è ciò di cui si prende coscienza interagendo con la realtà, e poi ci si dimentica, ma che non perciò smette di essere causa di nuova interazione, tanto da potersi scambiare con ciò su cui l'interazione si fonda, l' ''a-priori'', che però nasce dalla perdita di memoria dei suoi natali.
Quindi in effetti non credo che la verità ci dica qualcosa della realtà, ma sia una istruzione per l'uso della realtà.
Apparentemente quindi ti dice, attento davanti a te c'è un pezzo di realtà chiamato burrone, ma nel tempo che tu ti chiedi cosa sia davvero un burrone, ci sei già caduto dentro.
Si tratta allora forse di una istruzione non verbale, quando la realtà preme e non c'è tempo per le parole.
Più che qualcosa che non si può dire è qualcosa che non conviene dire.
Tradotta in parole la verità è un ''fallo e basta'' che ti può salvare.
Però se il burrone non è un pezzo di realtà, ma un istruzione per l'uso della realtà che nasce dall'interazione con la realtà, questa dinamica di interazione fa si che le istruzioni possano mutare.
Così si inizia a negare la ''verità'' del burrone, con inevitabili allarmi di fine del mondo, essendosi assimilata l'apparenza al mondo.
E' la storia di quel filosofo che, filosofando, finisce in un fosso, ma se la filosofia fa parte dell'interazione con la realtà, ciò dimostra solo che questa interazione non è mai priva di rischi.
In effetti il miglior modo di finire nei fossi è smettere di filosofare, cioè di far tesoro dell'esperienza.
In questo modo se finisci nei fossi non è perchè non li vedi, ma perchè non ne hai proprio idea , e perciò non li vedi.
In questa interazione con la realtà non ci sono a-priori ed a-posteriori, se non in apparenza, perchè si tratta di un ciclo che non appare nella sua interezza perchè non c'è mai il tempo di raccontarlo tutto per intero.
Il problema non è l'apparenza, perchè l'apparenza è tutto ciò che possiamo ricavare dalla realtà, ma una incompleta apparenza che spezza la vista della sua ciclicità, e ci sono buoni motivi per farlo, perchè il pensiero si sviluppa nel tempo, e il tempo dell'interazione vitale è limitato.
A proposito dei fossi.
1. Strano perchè che la bomba atomica fosse pericolosa qualcuno lo aveva ipotizzato.
Ma l'uomo deve fare esperienza.
2. Per poter dire che quello è un burrone, qualcuno ci deve cascare.
3. La cosa strana è a mio parere ricascarci (ovviamente è ironico).
PS
A proposito di 3. l'italietta è felice di avere l'atomica portatile.
Diabolicus perseverandum est
(eh ma non vorremo mica dire che il green (non demetrato)...etc..)
Ah l'Italietta.
A proposito di 2. Esper....com'era quella parola? Eh ma TACI lo dicono quelli BRAVI
Citazione di: green demetr il 05 Marzo 2024, 22:27:11 PMLa verità in Hegel come processo?
Vedo che non ci stiamo capendo affatto.
"Il vero è il tutto. Il tutto però non è altro che l'essenza che si compie attraverso il suo sviluppo" (Prefazione de La fenomenologia dello Spirito, p. 15 dell'edizione Einaudi).
Citazione di: Koba II il 22 Marzo 2024, 16:13:28 PM"Il vero è il tutto. Il tutto però non è altro che l'essenza che si compie attraverso il suo sviluppo" (Prefazione de La fenomenologia dello Spirito, p. 15 dell'edizione Einaudi).
I discorsi con il punto senza spiegazione non vogliono dire niente.
Ho già criticato molte cose della prefazione e per pietà sua e nostra, ho proposto di andare a leggere direttamente il testo.
Sono in molti coloro che hanno fatto intendere che la prefazione è più una postfazione.
E anzi è lo stesso Hegel a dircelo nel mezzo del suo farneticare.
Mettiamo a paragone il vero della metanoia e il "fantomatico vero" dell'essenza.
Nella religione il vero è il cristo stesso.
Nella filosofia fantastica di Hegel è l'essenza.
Ma cosa vorrebbe dire "vero"?
In entambi i casi è una fantasia un delirio di affermazione.
Infatti nè il cristo nè l'essenza hanno un senso reale.
La realtà ci dice che non esiste alcun cristo e alcuna essenza.
Dunque o le due tradizioni sono fuori strada e fuori di testa, oppure il vero va discusso punto per punto su un altro livello.
Senza andare punto per punto (non è questa la sede) però possiamo già fare una generalizzazione: ossia che questo vero non è nella realtà.
Ora parlo per me: se il vero non è nella realtà a me cosa me ne frega di impostare una verità nel mondo fantastico?
La mia preoccupazione è quella di vedere come il mondo fantastico si intrecci non tanto con la realtà (perchè quello io lo chiamo delirio) quanto con la nostra anima.
Ora il punto è dunque unire il fantastico con l'anima.
Quello che non mi sono mai sognato di fare è di pensare questo fantastico.
Mi sono cioè illuso che questo fantastico fosse un reale.
Dimenticavo una cosa su tutte, e che stava sempre di fronte a me: il dolore.
Il dolore è ciò che emerge dal cercare nel reale ciò che si unisce all'anima.
Qualsiasi pensiero slegato dalla realtà mi ha sempre disgustato.
Ho sempre considerato il cristianesimo per quello che è, e non per quello che potrebbe essere.
Dunque per me ciè che conta non è l'essenza (come ti ho già detto e detto ampiamente nel forum, la mia infanzia l'ho passato col maestro Yogananda e le sue meditazioni metafisiche: che Dio esista è un mero dato di fatto), quanto ciò che appare. La faneroscopia antica, è la fenomenologia come io me la immaginavo.
Territorio di conquista e terreno di fertili amori spirituali.
Ciò che invece rimbalza dalla reltà è che il terreno dà solo amori materiali.
E quindi effemiri in un testa-coda che mi riporta sempre alle intuizioni dell'infanzia.
Nel mezzo però il fiume sempre più impetuso del dolore ha formato canyon di desolazione assoluta.
Il mio paesaggio non è più quello materno fantastico, luogo dell'accoglienza, ma come nelle più profonde intuzioni di Freud o della letteratura, luogo di continue angosce, sempre più demoni abitano il mio cuore, e figuriamoci non fatico a pensare quello degli altri.
La grandezza di Hegel è quella di dare un punto di vista, una griglia di interpretazione per non cadere nelle reti del nostro tempo, sempre riduzioniste, sempre più decostruttiva fino all'osso derridiano in cui la parola viene crocifissa, viene sbranata dal di dentro e sputata come mero fantasma capriccio delirio, per ricostruire però poi paesaggi riduzionisti.
Siamo in un epoca di profondo malessere intellettuale, prima ancora che sentimentale.
Perchè, come dice il mio maestro attuale, il sentimento senza intelletto diventa mero sentimentalismo.
E il sentimentalismo è la veranda della depressione contemporanea.
Il vero in Hegel, non voglio nemmeno saperlo, per me finisce al capitolo 1, laddove a parole di fuoco enuncia l'impossibilità non solo della felicità ma proprio della vita.
Del vivere.
Parole che dovrebbero essere marchiate a fuoco nell'anima sentimentale.
Solo allora ipotizzo arriva la via metanoica, o la via orfica.
O nuove vie come meglio intendono Nietzche e Leopardi.
Perchè quelle vecchie sono bisunte, distrutte e corrotte dai loro interpreti.
Il mondo fantastico secondo Nietzche e Leopardi non esiste.
Serve una ultra-filosofia.
Sta qui la mia via elettiva.
Il vero? solo uno stupido fardello, un abile rete per gli infami che abitano questo mondo.
Saluti cari.
E okkeyy ciaooo! ;)