L'esperienza e la ragione

Aperto da Alberto Knox, 30 Aprile 2025, 23:44:54 PM

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Phil

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 18:50:57 PMNon è l essere consapevole di un evento che lo fa esistere o meno.
Tuttavia, se non c'è nessuno ad isolare ed identificare quell'evento da tutto il resto della realtà, quell'evento non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato), ma esiste solo tutta la realtà (di cui quello che sarebbe stato un evento isolato se qualcuno lo avesse identificato, fa parte).
Se non hai il concetto di «evento», «albero», «alieno» o «pianeta», non possono esserci per te né eventi, né alberi, né alieni, né pianeti (esisteranno per qualcun'altro); quel che c'è "al loro posto" è una realtà priva di determinazioni (che in quanto tali richiedono sempre a priori qualcuno che le ponga tramite identificazione; v. sopra: assenza determinata, non assoluta).
Facendo un ulteriore passo: se non c'è un soggetto (quindi né tu né qualcun altro) identificante e discriminante, non possono esserci identità e discriminazioni, c'è solo realtà in divenire (e anche questi, «realtà» e «divenire», sono concetti, quelli più basilari che riescono a costeggiare il senso di questo discorso liminare).
In precedenza ho già fatto l'esempio del tramonto: il tramonto esiste solo se c'è qualcuno (umano o simile) in un determinato luogo, in una determinata ora, con in mente il concetto di tramonto (che quindi isola e identifica quell'evento separandolo da tutto il resto). Senza quell'osservatore identificante, come potrebbe esserci un tramonto? Per chi (considerando che il tramonto è un fenomeno ottico solo per qualcuno, per il suo sguardo verso l'orizzonte)? Senza occhio che guarda all'orizzonte, il tramonto non esiste (come fenomeno isolato e identificato).
Lo stesso, di certo con più "fatica teoretica", si può applicare anche alle identificazioni dei singoli eventi e dei singoli enti. Quando proviamo a pensarli "senza di noi", di fatto, continuiamo a pensarli per noi, quindi non rispettiamo la condizione del "senza di noi": pensiamo all'albero, lo identifichiamo e diciamo «certo che c'è l'albero anche senza di noi», ma se ce lo stiamo immaginando, se lo pensiamo distinto da tutto il resto, allora è come se fossimo lì (con le nostre categorie di classificazione degli enti), mentre il presupposto è che non ci siamo... e allora chi identifica l'albero, distinguendolo da tutta l'altra realtà?

Alberto Knox

Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 19:31:04 PMTuttavia, se non c'è nessuno ad isolare ed identificare quell'evento da tutto il resto della realtà, quell'evento non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato), ma esiste solo tutta la realtà (di cui quello che sarebbe stato un evento isolato se qualcuno lo avesse identificato, fa parte).


Con un passo successivo possiamo asserire che se non pongo la mia attenzione su il ragno che in questo momento sta formando una piccola ragnatela nell angolo del mio soffitto tale ragno non esiste in quanto tale (ossia isolato e identificato dall osservatore) . Sta di fatto che mi accorgo di molte ragnatele che non avevo isolato e identificato nel mentre venivano formate dal mio ospite zampettante. Però mi accorgo che l esempio non è leale perchè mentre il rumore è un evento , la ragnatela permane nel tempo.
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 19:31:04 PMFacendo un ulteriore passo: se non c'è un soggetto (quindi né tu né qualcun altro) identificante e discriminante, non possono esserci identità e discriminazioni, c'è solo realtà in divenire (e anche questi, «realtà» e «divenire», sono concetti, quelli più basilari che riescono a costeggiare il senso di questo discorso liminare).
E questo è il problema dell identità . Anche questo è uno strumento concettuale che diamo alla Res , chiamiamo gli alberi alberi per separarli dal resto della realtà, ma che cosa sia un abelro in se stesso non lo possiamo sapere.
Se il rumore dell albero che cade esiste perchè ne ho il concetto e posso isolarlo dagli altri eventi attorno a me (che non è altro che il focalizzare l evento) è indice di determinazione della realtà allora con un passo successivo , se la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
Dire che quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo (concetto, isolazione e identificazione) è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 18:06:58 PMè in quel "Se" a monte della proposizione che dobbiamo trovare una quadra. Personalmente non ritengo che il rumore  di un albero sia il prodotto della nostra interazione con la realtà perchè vorrebbe dire che laddove l uomo, per come è siffatto , è escluso dalla percezione sensibile e concettuale allora non vi è nulla.
Vi è sempre la realtà, ma retrocessa ad ipotesi necessaria, o promossa ad ente unico, come ciò senza di cui nessuna emergenza è possibile.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
Iano: ''Perchè mai Dio dovrebbe essere interessato ai nostri giochi?''

Phil

Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMSta di fatto che mi accorgo di molte ragnatele che non avevo isolato e identificato nel mentre venivano formate dal mio ospite zampettante. Però mi accorgo che l esempio non è leale perchè mentre il rumore è un evento , la ragnatela permane nel tempo.
Esatto, solo nel momento in cui di fatto isoli e identifichi le ragnatele, queste "escono" dalla realtà indistinta (in cui già esistevano, proprio come il ragno, sebbene non in quanto tali) ed entrano nella realtà determinata, nella tua classificazione di «ragnatela».
Con il suono accade lo stesso; gnoseologicamente entrambi (ragnatela e suono) esistono per te (o per chiunque altro) solo quando vengono identificati, altrimenti sono realtà indistinta (potremmo quasi dire: "non-ragnatela" e "non-suono", o comunque non esistono come ragnatela e suono).
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMse la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
Questo è in realtà un "passo falso", perlopiù a causa del non sequitur introdotto dall'«allora»; provo quindi a riformulare: se la conoscenza è "costruzione di concetto" (rappresentazione di un fenomeno nella coscienza, e sua interpretazione secondo paradigmi cognitivi) ed esperienza (ossia rapporto con ciò che c'è "fuori di noi", la cosiddetta realtà esterna), allora c'è molta differenza, di principio e di fatto, fra affermare che noi conosciamo l'oggetto x e affermare che noi costruiamo l'oggetto x.
La costruzione delle chiavi interpretative (concetti, categorie, etc.) non va confusa con la costruzione di ciò che viene interpretato, per quanto le chiavi interpretative risultino ovviamente condizionanti l'interpretazione. Riprendiamo il tuo esempio (senza scomodare ancora Giulio Cesare e Superman): la tua coscienza può (ri)conoscere la ragnatela, identificandola e interpretandola come tale, ma non può "costruirla come esperienza" (poiché nell'esperienza c'è una componente passiva, non intenzionale, una "sintesi passiva" diceva Husserl, se non ricordo male). Detto ancora più banalmente: sei stato tu a identificare la ragnatela, ma sei stato tu a farla?
Non a caso, non puoi guardare un muro senza ragnatela e costruire l'esperienza di percepire (o far emergere nella coscienza la rappresentazione di) una ragnatela. Come ricordato, c'è dialettica fra ontologia ed epistemologia o, più semplicemente, la realtà "risponde", dà feedback, non è un insieme di pezzi Lego con cui poter costruire a piacimento sia un castello che un'astronave.
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMDire che quello che c'è risulta determinato da quello che ne sappiamo (concetto, isolazione e identificazione) è una radicalizzazione all ennesima potenza di kant.
Il neo sulla guancia del ragno che ha tessuto la tela, c'è o non c'è adesso?
E se c'è già da una settimana, non puoi forse determinarlo solo dopo averlo identificato e studiato? L'esistenza del neo risulta quindi determinata (ma non "costruita") da quello che ne sai, prima è solo una realtà possibile e indeterminata.

iano

#19
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 18:26:50 PMVi è infatti il nulla come sunyata (v. buddismo), ossia assenza determinata (non assoluta): assenza di identificazione, cristallizzazione e discriminazione (in oggetti, concetti, alberi, suoni, etc.) da parte dell'uomo; il che equivale a dire che "c'è ciò che c'è, nel divenire che è" (consapevolezza che l'uomo può avere anche nell'ascoltare, in presenza, il rumore dell'albero che cade, se riesce a non identificare l'albero come albero, il rumore come rumore, etc. impresa non facile, ma "illuminante").
Sono d'accordo, anche se tutti i termini del tuo post non mi sono chiari, e in particolare l'assenza determinata in opposizione all'essere assoluta.
Io comunque intendo che è possibile tornare al nulla rispetto a ciò che fino un certo punto abbiamo inteso come realtà, nel senso che l'emergenza ammette l'operazione inversa, con la quale è possibile annullarla.
questa operazione inversa come ben dici non è per nulla facile, ma vale la pena tentarla, perchè nel realizzarla apprendiamo il processo di emergenza, che possiamo quindi coscientemente poi riprodurre, facendo risorgere un nuovo mondo dal nulla.
Possiamo cambiare quindi le emergenze producendone di nuove una volta appreso il processo, restando il fatto che di esse non possiamo comunque fare a meno, perchè se fra esse non vi è pur alcun fondamento della realtà, essendo vero semmai il contrario, non possiamo vivere che indirettamente la realtà dentro  un mondo di quelle emergenze fatto.
Poi il fatto che costruire questi mondi è possibile ci potrebbe dire indirettamente qualcosa della realtà, ma già il sapere che la realtà queste costruzione ammette non è poco.
Potremmo azzardare ad esempio che se la pseudorealtà in cui viviamo è coerente, è perchè coerente è la realtà di fondo, quella vera, quella realtà che è vera perchè nasce da un affermazione che non può essere smentita.
Qualunque discriminazione che facciamo sulla realtà, affermando le emergenze di cui sarebbe fatta, contiene in nuce una ingiustizia sociale, per cui se non possiamo fare a meno di costruire su esse le nostre società, possiamo però sempre ricostruirle su nuove emergenze quando iniziano a farci male, come scarpe divenute troppo strette.
La notizia cattiva è che siamo costretti a vivere in una gabbia fatta di emergenze. La notizia buona è che non siamo condannati all'ergastolo, e che la speranza di un mondo nuovo è più giusto deve sempre sorreggerci.
E' una rivoluzione, ma non necessariamente violenta, come mi pare, correggimi se sbaglio, il buddismo suggerisce.

Più in breve si tratta ogni volta di rifare pace con noi, perchè questa pace va sempre rinnovata, in quanto esseri sempre mutevoli. Si tratta di inseguire continuamente la felicità che deriva dal sentirci pienamente ogni volta noi stessi nel cambiamento.

Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Alberto Knox

Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 23:03:43 PMRiprendiamo il tuo esempio (senza scomodare ancora Giulio Cesare e Superman): la tua coscienza può (ri)conoscere la ragnatela, identificandola e interpretandola come tale, ma non può "costruirla come esperienza"
sì è abbastanza chiaro  dove ho inciapato Phil. Mi sono fregato con quel "e esperienza" .
Citazione di: Phil il 05 Maggio 2025, 23:03:43 PMIl neo sulla guancia del ragno che ha tessuto la tela, c'è o non c'è adesso?
E se c'è già da una settimana, non puoi forse determinarlo solo dopo averlo identificato e studiato? L'esistenza del neo risulta quindi determinata (ma non "costruita") da quello che ne sai, prima è solo una realtà possibile e indeterminata.
è chiaro che più studio il ragno e più scoprirò cose di cui ero all oscuro. Il risultato della mia analisi che porta esistenza di neo e di macchie e di peli sulla testa e sulla faccia del ragno è ovviamente reale e dimostrabile e verificabile da chiunque faccia analoga analisi sul mio simpatico ospite . Sta di fatto che analisi , determinazione dei risultati e modalità di descrizione non creano nessuna realtà che prima non c'era . certo era nel regno del possibile e non ancora rilevato dalla mia osservazione ma la mia osservazione non crea realtà, si limita a vedere quello che già c'è , la realtà così come mi appare dal microscopio non è un elaborazione concettuale . Per di più parliamo di casi particolari, non tutti i ragni hanno le macchie e  i neo sulla guancia. Ora , lasciando perdere il ragno , se la conoscienza è costruzione di concetto ,  che differenza c'è fra l'oggetto che ci si presenta in quanto tale e che chiamerò X e quello che sappiamo sull oggetto X? innanzitutto stiamo allora parlando di ontologia (quello che c'è) e non dipende dagli schemi concettuali ed epistemolgia (quello che sappiamo dell 'oggetto X)  che dipende dagli schemi concettuali.
A questo punto la filosofia basata sul concetto come costruzione del sapere fa un ragionamento alquanto sottile; dal momento che il sapere dipende dagli schemi concettuali , allora la conoscenza è intrinsicamente costruzione (di idee, di concetti, di teorie, di formule) . Esattamente come avviene in matematica in cui conoscere che 6 più 2 fa 8 equivale a costruire l addizione 6+2=8 . In questo maniera è facile giungere a nuove conclusioni , ovvero che la sfera dell essere coincide in larga misura con quella del conoscibile e che il conoscibile  equivale essenzialmente al costruibile.
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

iano

#21
Citazione di: Alberto Knox il 05 Maggio 2025, 20:13:46 PMse la conoscienza è costruzione di concetto e esperienza allora non c'è differenza di principio tra il fatto che noi conosciamo l'oggetto X e il fatto che noi lo costruiamo. E questo non può essere vero.
In effetti io credo che noi possiamo conoscere solo le nostre costruzioni, perchè i dati che ricaviamo dall'esperienza sono lettera morta finché non gli diamo un significato, interpretandoli.
La realtà sensibile, cioè la realtà come ci appare, è il frutto di un lavoro di interpretazione sedimentato, per questo vedere equivale a comprendere, essendo il vedere il frutto di tutto questo lavoro,
essendo  questa immediatezza di comprensione il capolinea   di un duro e lungo lavoro evolutivo.
Quanto possa essere duro questo lavoro ce lo suggerisce il lavoro degli scienziati, che quella comprensione tentavano di ricostruire.
Un lavoro in cui non c'è nulla da capire, perchè la costruzione di una teoria equivale alla sua comprensione.
Se diciamo dunque di non comprendere è solo perchè ci aspettiamo di replicare l'immediatezza di cui sopra, restandone delusi, quando invece dovremmo rallegrarci di riuscire in qualche secolo a fare il lavoro che in milioni di anni ha fatto l'evoluzione.
Eienstein: ''Dio non gioca a dadi''
Bohr: '' Non sei tu Albert, a dover dire a Dio cosa deve fare''
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Alberto Knox

Citazione di: iano il Oggi alle 00:13:04 AMIn effetti io credo che noi possiamo conoscere solo le nostre costruzioni, 
Conosciamo solo le nostre costruzioni ma puoi dire che conoscendo solo le costruzioni conosci l oggetto al pari di come conoscendo che 6+2 fa otto equivale a scrivere 6+2=8?         Più in generale, se non c è distinzione fra costruzione conoscitiva e oggetto conosciuto in che cosa si differenza allora? Ci si ritrova a ridire che la mappa non è il territorio. 
Noli foras ire , in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas.

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