Circa tale tema, per prima cosa ci tengo a premettere, così come da me più volte spiegato in altri miei TOPIC e relativi 3D ("thread"), che io tengo sempre ben distinto il livello "noumenico" (o "metafisico", se preferite), per chi, come me, ci crede, sia pure senza prove, ( dal livello "fenomenico" (o "fisico", se preferite); e, soprattutto, detesto "mischiare" impropriamente l'uno con l'altro, trattandosi di due piani completamente diversi, sia pure di una stessa ed unica REALTA'...così come la trama e l'ordito sono aspetti diversi dello stesso tappeto (almeno, per come la vedo io).
***
Non voglio qui tornare sull'argomento, che ho già diffusamente approfondito altrove, per cui non recepirò repliche al riguardo, che considererò O.T. (off topics); ma, proprio al fine di evitare indebite mescolanze tra i due piani, qui accennerò solo a quelle che ritengo le più tipiche:
a)
A livello ""noumenico" (o "metafisico", se preferite), io preferisco semanticamente definire la "realtà in sè", ESSERE o UNO, cioè il minimo comun determinatore di tutte le cose; però se taluno preferisce chiamarlo MENTE UNIVERSALE, DIO ecc.:
- la cosa mi sta bene lo stesso purchè ci si limiti ad una mera questione terminologica;
- non mi sta più bene, quando, invece, si attribuiscono "antropopateticamente" a tale ESSERE "noumenico" le stesse caratterististiche "fenomeniche" di una scimmia antropomorfa, come l'"ira", la "bontà", la "giustizia" ecc., perchè questo significa mescolare piani diversi, sia pure di una stessa REALTA'.
b)
A livello ""fenomenico" (o "fisico", se preferite), invece, io non concepisco che ai "fenomeni", che possiamo chiamare anche, sia pure impropriamente, "materiali", o "fisici", si attribuiscano caratteristiche di tipo "noumenico"; ad esempio, ammesso che esista una "coscienza universale", questa non ha niente a che vedere:
- nè con le nostre singole "coscienze individuali umane" (connesse al solo sistema nervoso centrale cerebrale dell'uomo, o al massimo, a quello degli animali superiori);
- nè, tantomeno, a presunte e grottesche "coscienze individuali" delle piantine d'insalata del nostro orto (che non possono ovviamente averla, esserendo prive di un sistema nervoso centrale).
Io ho provato a spiegarglielo; ma loro, ostinatamente, si rifutano di rispondermi!
***
Mi rendo conto che il mio è un discorso un po' ostico, ma meglio di come l'ho più volte esposto altrove (oltre che un po' troppo semplicisticamente qui), proprio non riesco a fare!
Però l'ho ritenuta una premessa necessaria, perchè altrimenti il mio seguente discorso, che si sviluppa solo a livello "fenomenologico", potrebbe apparire di un estremo "riduzionismo materialistico"; il che sarebbe davvero paradossale, in quanto, la mia complessiva "Weltanschauung" ontologica, potrebbe, invece, definirsi addirittura di "idealismo metafisico" (sia pure con venature empiriste di tipo "berkelyano").
***
Ciò premesso, sperando di avere ben chiarito il mio "livello" di considerazioni (ma ci conto poco), in primo luogo ritengo opportuno chiarire che, secondo me, la "Vita" non esiste in quanto principio fenomenologicamente "autonomo", ma è semplicemente una espressione per indicare una caratteristica comune a tutti gli "esseri viventi".
Ma cosa sono questi ultimi?
***
Dalla loro analisi "fenomenologica", scientificamente effettuata, risulta chiaramente che si tratta di uno stato in cui la materia è più "organizzata" (o più "strutturata") che in stati, per così dire, più "elementari".
Tanto per semplificare:
1)
Un volgarissimo sasso, costituisce uno degli stati meno "organizzati" e "strutturati" della materia:
(http://img18104.imagevenue.com/loc705/th_569875996_SASSO_122_705lo.jpg)
Se lo facciamo esplodere col TNT, con un po' di pazienza è abbastanza facile riassembrarlo come era in origine; basta un po' di colla!
2)
Un diamante, invece, costituisce uno stato della materia molto più "organizzato" e "strutturato":
(http://img18104.imagevenue.com/loc624/th_698988696_DIAMANTE01_122_624lo.jpg)
Si vede ad occhio, ma risulta anche ad una analisi spettografica a livello scientifico:
(http://img18104.imagevenue.com/loc1074/th_569905731_DIAMANTE02_122_1074lo.jpg)
3)
Sempre per restare ai cristalli, in particolari (ma tutt'altro che rare) condizioni d'instabilità fisico-chimica, alcuni cristalli "crescono" assumendo forme complesse e ramificate; ciascuno dei rami forma a sua volta rami secondari dando origine a un dendrite.
(http://img18124.imagevenue.com/loc177/th_699394483_CRISTALLO_122_177lo.jpg)
Inoltre si formano dal liquido matrice e si plasmano e crescono secondo "un modello ben definito", in modo molto "simile" ad una forma vegetale o animale; tuttavia, a parte le farneticazioni di qualcuno, tali cristalli non appartengono di certo nè al mondo vegetale, nè al mondo animale.
4)
La similarità è ancora maggiore riguardo a quei cristalli che si riproducono per "scissiparità" allo stesso modo delle forme viventi inferiori; come nei protozoi e anche, sebbene meno frequentemente, nei metazoi (idre, attinie, turbellarî, anellidi), e che consiste essenzialmente nella divisione di un individuo, il genitore, in due o più individui figli, che si accrescono fino a raggiungere le dimensioni della forma originaria (quando la riproduzione per scissione avviene nelle piante è detta "schizogenesi").
Questo è il caso delle "diatomee".
(http://img18117.imagevenue.com/loc1036/th_699651712_DIATOMEA_122_1036lo.jpg)
5)
Passando alle forme più "organizzate" e "strutturate" della materia, si passa ai composti chimici a base di "carbonio", i quali vengono comunemente denominati "organismi biologici".
La varietà e la complessità di tali complessi organici, dipendono dalle caratteristiche del carbonio, in quanto le sue particolari caratteristiche molecolari gli consentono di formare intelaiature modulari che spiegano la loro capacità esclusiva ad una infinita varietà di architetture; dando così luogo ai più svariati "organismi biologici", che, in base alla selezione naturale dovuta alle modifiche ambientali avvenute nel corso di MILIARDI di anni, hanno prodotto gli "esseri viventi" più diversi.
Anzi, occorre tenere presente che anche il mondo degli "organismi biologici", non è composto solo da "piante" ed "animali" (come molti insipientemente credono), ma anche da altre entità molto differenti le une dalle altre, così come diversamente classificate da diversi studiosi.
(http://img18104.imagevenue.com/loc263/th_721294218_REGNI_122_263lo.jpg)
Ma, per limitarci ai soli "animali", la variabilità è tale che si va:
a) dalla "chiocciola marina"
(http://img18126.imagevenue.com/loc1103/th_700110240_CHIOCCIOLA_122_1103lo.jpg)
b) all'"uomo"
(http://img18126.imagevenue.com/loc1110/th_700157644_HOMO_122_1110lo.jpg)
***
Ad una conferenza internazionale svoltasi a Modena nel 2000 sui fondamentali della vita, per prima cosa fu richiesto ai partecipanti (tutti docenti universitari) di proporre la loro personale definizione di vita.
Sebbene nessuna definizione risultò uguale ad un'altra, si poterono suddividere le risposte in due classi:
a)
Circa una metà rientrava in una classe composta delle definizioni più disparate, come:
- il possesso di una certa stabilità genetica, ma allo stesso tempo di una sufficiente mutabilità, così da permettere evoluzione e adattabilità;
- una reattività efficace agli stimoli ambientali, così da supportare la sopravvivenza e la riproduzione;
- la capacità di catturare, trasformare ed immagazzinare l'energia per il proprio utilizzo;
- ecc., ecc.
b)
L'altra metà, invece, comprendeva definizioni aventi tutte un elemento comune: la presenza d'un programma genetico.
***
Al riguardo, l'evidenza che nel mondo inanimato non sia mai stata osservata una sequenza di reazioni chimico-fisiche guidata da un programma d'istruzioni crittate in un dato codice era già stata fatta da Mayr nel 1988, portandolo a proporre come criterio di separazione tra organismi viventi e materia inanimata, con maggiore plausibilità scientifica di Sagan, l'esistenza o assenza d'un genoma e d'un codice genetico.
Personalmente, non saprei cosa dire, se non basandomi su considerazioni più "terra terra".
***
Ed invero, a mio avviso, la differenza più evidente tra materia inanimata e materia animata (perchè non c'è dubbio che anche gli esseri viventi siano entità "materiali", e non certo "angeliche"), sta soprattutto nella loro COMPLESSITA' organizzativa e strutturale; il fattoi che poi, dentro gli esseri viventi, ci sia anche una specie di "spiritello vitale", è sicuramente possibile come il fatto che esistano gli gnomi e le fate.
Ma non voglio perdere tempo a discutere di cose del genere.
***
Se facciamo esplodere un sasso col TNT, con un po' di pazienza è abbastanza facile riassembrarlo come era in origine; basta un po' di colla!
Con un diamante è un po' più difficile; ammesso che sia possibile!
Se, però, tirate il collo ad un pollo, è molto facile farne un buon brodino; ma ricostituire il pollo dal brodo, direi che è proprio impossibile.
Non concettualmente, ma solo sotto il profilo "tecnico"; perchè, almeno oggi come oggi, è un po' troppo "complicato"!
***
Ed infatti, quanto alle "origini" della vita sulla Terra, a tutt'oggi gli scienziati più seri ancora non sanno "con sicurezza" come sia comparsa la vita sul nostro pianeta; tanto è vero che c'è un milione di dollari messo in palio dalla "Origin-of-Life Foundation", per chi scopra "senza alcun dubbio" quali siano effettivamente state le "origini" della vita sulla Terra.
Ma nessuno l'ha ancora ritirato!
Ed infatti, dalle evidenze fossili sappiamo con CERTEZZA che forme elementari di vita simili a batteri erano già presenti nel nostro pianeta 3,5 miliardi di anni fa; ma come si siano originate ci è ancora abbastanza oscuro.
***
Le possibilità "fenomenologiche" circa le origini della vita, sono le seguenti:
1) ABIOGENESI
Quelle cellule sono comparse per leggi naturali, attraverso una successione casuale di aggregazioni e trasformazioni chimiche, possibili solo nelle condizioni del brodo terrestre primordiale (e non più oggi) a partire da semplici composti organici.
2) PANSPERMIA
Quelle cellule sono comparse per leggi naturali, attraverso una successione casuale di aggregazioni e trasformazioni chimiche, ma non sulla Terra, bensì nello spazio siderale, dal quale sarebbero pervenute sul nostro pianeta (ed altri pianeti) per mezzo di asteroidi; teoria che non fa che trasferire nello spazio la teoria della ABIOGENESI.
3) DEMIURGO
Un Demiurgo ha fatto nascere la prima creatura vivente (e poi le altre) soffiando sul fango; oppure, secondo i più fantasiosi, si trattò di "extraterrestri", la cui origine ci riporterebbe, però, "a bomba".
***
In base agli indizi, io "fenomenologicamente" propendo per la prima tesi; sebbene non ne manchino anche per la seconda.
Circa la terza, personalmente, sono portato a credere (senza averne ne prove nè indizi concreti), che TUTTO ciò che esiste a livello "fenomenico" sia una "manifestazione" -ma non una "creazione"- di Dio; non certo solo le creature viventi, ma anche i sassi.
Però, in questa sede, io voglio esaminare il problema delle creature viventi solo a livello "fenomenico" (o "fisico" o "materiale" che dir si voglia), non certo a livello "noumenico" (o "metafisico").
***
A dire il vero, a livello "fenomenico" molti scienziati propendono per l'"indecidibilità" del problema dell'origine della vita.
Ad esempio:
a)
Niels Bohr giudicava "la vita coincidente indubbiamente con la fisica e la chimica, ma da esse indecidibile" e che "l'esistenza della vita deve essere considerata come un fatto elementare (un assioma) che non può essere spiegato, ma che può solo essere preso come un punto di partenza in biologia" ("Light and Life", Nature, 1933).
b)
Dello stesso parere Jacques Monod (in "Caso e necessità", 1970) ed Ernst Mayr (in "Is Biology an Autonomous Science?", 1988).
***
A mio parere (e non solo), tuttavia io non trovo nei ragionamenti di questi negazionisti ragioni sufficienti per giudicare in via definitiva "indecidibile" un eventuale meccanismo "abiogenetico" (1); per il quale, come ho detto, indubbiamente propendo (sia pure senza aprioristiche certezze).
Ed infatti:
- una cosa è affermare che esistono problemi indecidibili, in quanto questa è una verità dimostrata dal primo teorema di Gödel;
- ma una cosa ben diversa è affermare che uno specifico problema, come quello delle origini della vita, sia davvero indecidibile.
Dipende!
***
Ed infatti, ora come ora, noi conosciamo come "indecidibili" con certezza solo poche questioni: per esempio l'ipotesi del "continuo" di Cantor, ol il problema della "tassellatura" di Wang.
***
ABIOGENESI
Non c'è dubbio, comunque, che, come si sia assemblato il primo organismo monocellulare è comunque un grosso problema!
Al riguardo, Stuart Kauffman (che ha invece sempre creduto alla possibilità di trovare una soluzione all'abiogenesi, tanto da dedicarvi gran parte della sua attività scientifica), ne sintetizza efficacemente la difficoltà nella circolarità esemplificata dal paradosso: è nato prima l'uovo o la gallina?
Vale a dire:
- sono sorti prima il DNA (e i genotipi)?
- o le proteine (e i fenotipi)?
Al riguardo, invero, non sembrano molto perspicue alcune tesi, come quella secondo cui l'individuazione della proteina OC-17, responsabile della costruzione del guscio, dimostrerebbe la priorità della gallina (v. per es. Focus del luglio 2010): ed infatti come potrebbero le ovaie ignare del pennuto sintetizzare l'OC-17 senza le istruzioni del suo DNA?
Siamo da capo a dodici!
***
Pertanto, l'estrema complessità dei due "mondi" (DNA e proteine) porta alcuni ricercatori ad escludere un meccanismo separato per l'origine dell'uno o dell'altro e ad indirizzarsi verso modelli di processi "prebiotici" di "autocatalisi" di molecole organiche a sofisticazione crescente, fino alla formazione spontanea di forme capaci di riproduzione ed ereditarietà, che sono due funzioni essenziali alla vita.
Io, sia pure da profano, e senza alcuna certezza, propendo per tale tesi!
***
CREAZIONE DELLA VITA IN LABORATORIO?
Le ricerche sull'origine della vita, hanno incrociato anche la "corsa" alla vita artificiale: ed infatti, nel 2012, nel tentativo di ricostruire le prime cellule comparse sulla Terra, il britannico Medical Research Council (Mrc) ha ottenuto il primo Dna completamente sintetico, chiamato Xna.
Successivamente, è stato costruito il primo batterio sintetico con Dna, che si chiama Syn 3.0; ha appena 473 geni e ognuno di essi svolge una funzione indispensabile alla vita.
E' il primo batterio sintetico costruito in laboratorio dotato di un Dna 'minimo' in grado di farlo sopravvivere; ed infatti, contiene solo le istruzioni essenziali per la vita.
Ma, ovviamente, è solo un primo "piccolissimo" passo!
Tuttavia, come sottolineato sulla rivista Science, segna un passo decisivo verso la realizzazione della vita artificiale, dopo oltre 20 anni di esperimenti.
A mio personale avviso di profano, forse,
non si può ancora parlare di vita "artificiale" vera e propria, ma ASSOLUTAMENTE non si tratta di una "bufala"; come, invece, ritengono alcuni retrogradi fautori del "medioevo antiscientifico prossimo venturo".
***
Forse, in base alla premessa, era meglio postare la discussione nelle tematiche scientifiche: unico ambito da cui è sensato attendersi risposte non ariafrittologiche sul passaggio dalla materia inorganica a quella organica e da questa a organismi autoriproducibili. Non vedo proprio cosa la filosofia possa dire su una questione ontologica ormai completamente al di fuori del suo ambito epistemico giurisdizionale.
@Eutidemo
Quello che ti sfugge è che la Scienza ha ormai dimostrato che il "carbonio" - cioè gli atomi di carbonio - sono intrinsecamente fatti di "nulla"...dove per "nulla" si intende una "entità immateriale" non ben definita - perchè la Scienza non ne descrive l'essenza nè è in grado di farlo perchè non riesce a catturarla nè misurarla - dalla quale le particelle sub-atomiche "emergono". E dal quale "emerge" tutto l'universo.
Attenzione però! Non abbiamo questo "nulla" che crea le forme visibili dell'universo come entità distinte e separate da sè.
Cioè, gli atomi NON EMERGONO da questo "nulla" come entità distinte e separate dal "nulla" medesimo.
Ma questo "nulla" è ciò che intrinsecamente SONO le forme visibili dell'universo (cioè le particelle che formano gli atomi di tutte le sostanza della tavola periodica degli elementi, le quali a loro volta formano tutte le cose: cristalli, molecole, sassi, galassie, piante, animali, homo) alla BASE, cioè al livello della scala di Planck.
Questo non vale solo per il carbonio, ovviamente. Ma per tutti gli atomi di tutti gli elementi che appartengono alla tavola periodica degli elementi. Quindi, in ultima istanza, per ogni forma che noi osserviamo nell'universo.
Questa non è una idea filosofica. Ma è una REALTA' OGGETTIVA.
Detto questo...tutte le tue premesse decadono. E decade anche tutto il resto.
La "vita" quindi è una "forma" che assume questo "nulla" che è alla BASE, istante-per-istante, di ogni particella...e quindi è alla BASE anche delle particelle che fomano i "corpi" di un essere vivente. Sia esso una pianta, una cane, una scimmia, o l'homo sapiens.
Questa non è filosofia. Questa è VERITA' OGGETTIVA....verità scientificamente e oggettivamente dimostrata.
E noi diamo a questo "nulla", che è alla BASE, istante-per-istante, di ogni forma di materia, il nome di "Coscienza cosmica".
Quindi la vita, come anche un sasso o un pianeta o una galassia o un cristallo è una "forma" che questo "nulla" assume, istante-per-istante.
Non ti piace?
Il problema NON E' quello che piace o non piace a te o a me.
Il problema è ciò che E' VERITA' OGGETTIVA dimostrata scientificamente e ciò che, invece, non lo è.
Tu dici:
e, soprattutto, detesto "mischiare" impropriamente l'uno con l'altro, trattandosi di due piani completamente diversi, sia pure di una stessa ed unica REALTA'...così come la trama e l'ordito sono aspetti diversi dello stesso tappeto (almeno, per come la vedo io).
Questa affermazione è FALSA OGGETTIVAMENTE o OGGETTIVAMENTE FALSA.
Ma non perchè lo dico io...ma perchè è SMENTITA dalla Scienza.
Non sono due "piani" diversi.
Ma sono due "LIVELLI" diversi di un'unica medesima realtà (o Entità).
Cioè...a livello macroscopico noi vediamo delle "forme" (materia) (ad esempio un leone che sbrana una gazzella).
A livello microscopico (sub-atomico), quelle stesse "forme", SONO "l'entità immateriale".
E, quindi, le "forme" altro non sono che la "manifestazione", istante-per-istante, di quell'entità immateriale che è alla BASE di ogni "forma".
Non esiste separazione tra "l'entità immateriale" e le "forme" che essa assume (ad esempio un leone con la sua aggressività).
Sono la stessa "cosa" (Entità immateriale), istante-per-istante, a due diversi LIVELLI di realtà.
Questo non è bello o brutto.
Non ti deve piacere o non piacere.
Questa è la REALTA' e come funziona OGGETTIVAMENTE la REALTA'....OGGETTIVAMENTE DIMOSTRATA dalla Scienza.
Saluti
Nel mio piccolo ho sempre inteso la vita come una condizione di attività immanente ad un corpo, dove per «immanente» intendo non causata totalmente da altri corpi: la mia condizione di essere vivente è stata causata dai corpi dei miei genitori, tuttavia solo come innesco iniziale, dopodiché il mio corpo ha proceduto nelle sue attività autonomamente; viceversa, se un sasso viene fatto rotolare giù da un monte, la sua attività è dovuta totalmente alla spinta che ne ha innescato il movimento, terminato l'effetto della quale, il sasso interrompe il suo rotolamento passivo e ritorna inerte. Con «attività» non intendo ovviamente solo quella cinetica, ma anche quella metabolica, scambio di energia, etc. e l'inerzia cinetica dei vegetali sappiamo essere ricca di attività fotosintetiche, etc. Forse la programmazione di tale attività non può che essere genetica, quindi, da profano, tendo a trovare intuitivamente calzante quanto osservato da Mayr, se l'ho ben compreso (senza cadere in forme fallaci di ilozoismo scientista o panteismo immanentista). Tuttavia, obietterei che quando l'animazione vitale di un corpo cessa, non viene meno il suo essere ancora geneticamente strutturato, quindi avremmo materia inanimata pur in presenza di un genoma, contrariamente a quanto previsto dal suo parametro discriminante; il che mi fa propendere ancora per la visione ingenua della vita come attività (nei sensi suddetti), senza sbilanciarsi nei dettagli della sua causa, che rischia appunto di permanere anche dopo la morte, risultando inefficace come criterio di distinzione fra vivo-animato/morto-inanimato (anche se resta chiaramente utile come criterio per individuare tracce di vita passata).
P.s.
Su Gödel mi permetto di segnalare che i suoi teoremi di indecidibilità (incompletezza), nonostante le sue riserve espresse in una nota del testo in cui li presentava, sono potentemente applicabili anche ad ogni deduzione logica (in senso "tecnico", non come è intesa "volgarmente") come già intuito ed affermato, ma non dimostrato formalmente, da Crisippo, Aristotele e probabilmente altri. La conseguenze filosofiche sono piuttosto rilevanti, ma anche decisamente off topic.
Salve. Vivente è ciò che possiede un metabolismo e si riproduce. Per stabilirlo, secondo me, non sono necessari altri approfondimenti.
Strano che, negli interventi apparsi qui finora, la funzione riproduttiva (concetto assai semplice che rende superflua ogni altro genere di clessificazione) non sia stata "cagata" (scusate il termine, ma fa parte anch'esso del metabolismo) proprio da nessuno !!. Saluti.
Avevo già parlato di "materia organica (chimica del carbonio) autoriproducibile (biochimica genetica)"
@phil
Una IA sofisticata é vita ?
.
Non mi ricordo se Jacques Monod nel "Caso e necessità" si sia effettivamente pronunciato riguardo all'indecidibilità del problema dell'origine della vita, tuttavia tutto il suo ragionamento non fa che confermare il meccanismo "abiogenetico".
D'altronde nel suo lavoro traspare l'onestà intellettuale. Un'onestà che lo induce a scavare evitando ogni autoillusione.
Ho comunque l'impressione che Monod non abbia colto nella sua pienezza il deserto che lui stesso aveva descritto.
Cioè non abbia poi fatto, alla conclusione della sua onesta analisi, un'operazione necessaria e fondamentale:
Accettare di essere egli stesso quel deserto!
Le sue conclusioni rimangono in questo modo asettiche, e non finiscono per coinvolgerlo in prima persona, come invece dovrebbero.
Anche il suo dare per certa l'azione del caso nella costruzione della vita, avrebbe dovuto contribuire a suscitare in lui questa fondamentale domanda.
Ma facendosela, occorre poi sostenere lo sguardo della Medusa!, e non è mai facile.
***
Concordo su tutto Eutidemo, tranne su questo tuo ostinarti a tenere separato il metafisico. Per poi accennare ad una sola Realtà...
Proprio non vuoi andare all'inferno... ;)
Citazione di: Ipazia il 07 Dicembre 2019, 18:26:40 PM
@phil
Una IA sofisticata é vita ?
Non so se si possa parlare propriamente di «metabolismo» nel caso dell'IA, soprattutto se si ammicca (con delusione) alla genetica:
Citazione di: Phil il 07 Dicembre 2019, 15:27:50 PM
Con «attività» non intendo ovviamente solo quella cinetica, ma anche quella metabolica, scambio di energia, etc. [...] Forse la programmazione di tale attività non può che essere genetica, quindi, da profano, tendo a trovare intuitivamente calzante quanto osservato da Mayr [...] Tuttavia, obietterei che quando l'animazione vitale di un corpo cessa, non viene meno il suo essere ancora geneticamente strutturato, quindi avremmo materia inanimata pur in presenza di un genoma, contrariamente a quanto previsto dal suo parametro discriminante; il che mi fa propendere ancora per la visione ingenua della vita come attività (nei sensi suddetti), senza sbilanciarsi nei dettagli della sua causa [...] (anche se resta chiaramente utile come criterio per individuare tracce di vita passata)
nondimeno mi prendo tutta la responsabilità della pigra ambiguità di quell'«etc.».
Perché limitarsi al metabolismo biochimico del carbonio. L'equivalente metabolico della IA é di tipo elettrico, ma non mi pare il caso di sottilizzare. Una IA sa quando deve alimentarsi: cambia solo il sensore. Sulla riproduzione concordo, ma una IA é potenzialmente immortale, fatto salvo lo sviluppo tecnologico che la potrebbe rottamare anzitempo. In ogni caso le IA, a modo loro, hanno tutte le capacità di riprodursi. Siamo già arrivati ai "neuroni" elettronici ...
Insomma devi aggiungere qualche altra caratteristica alla tua definizione di vita per escludere l'IA.
Citazione di: Ipazia il 07 Dicembre 2019, 19:10:27 PM
devi aggiungere qualche altra caratteristica alla tua definizione di vita per escludere l'IA.
Non sento come un "dovere" l'escludere l'IA; dipende appunto dai parametri che scegliamo: se intendiamo per «vita» un'"attività" che va trasmessa "naturalmente" (senza scendere nei dettagli), che abbia un metabolismo
biochimico (metafore a parte) e in cui il simile produce il simile, allora nessuna macchina o automa o programma informatico può essere considerato «vita», non essendo un prodotto
bio-logico ma
tecno-logico, risultando inoltre totalmente altro (
geneticamente, chimicamente, etc.) rispetto ai "padri" e "madri" che lo "generano" (tecnici, programmatori, etc.).
Se per «vita» intendiamo solo la capacità di un aggregato "materiale" di "nutrirsi" scambiando energia con il mondo circostante e di poter riprodurre (almeno potenzialmente, o i soggetti sterili non sono esseri viventi?) un aggregato simile a lui, allora, quando inventeranno un automa autonomo, ovvero in grado di produrre (da solo o con suoi "simili") degli altri automi, senza che l'uomo lo "allatti" con corrente elettrica, gli faccia
(u)manutenzione, etc. ci ritroveremo a fronteggiare le tematiche di «
Io, robot», «
Transcendence», «
Blade Runner», «
Ghost in the shell», etc.
Di base, come tutte le questioni che iniziano con «che cos'è...?» si tratta della
indecidibile questione trasversale delle definizioni, dell'identificazione e di altre pratiche concettuali
umane.
Salve Phil ed Ipazia. Chiedo scusa poichè effettivamente da parte vostra c'è stato un accenno alla riproducibilità. Noto comunque a Phil : "..... (almeno potenzialmente, o i soggetti sterili non sono esseri viventi?)......". che stiamo trattando della vita nel suo insieme, non dei singoli soggetti. Il fatto che la vita possa richiedere tassativamente l'esistenza della riproduzione e contemporaneamente fregarsene del fatto che i viventi vogliano o non vogliano, possano o non possano riprodursi rappresenta a mio parere (assieme alla inevitabilità della morte individuale) la più meravigliosa lezione sul come funzioni la realtà del mondo, la quale dovrebbe solo insegnarci a contemplare in silenzio la stupidità dei sogni umani.
Circa l'IA mi sembra che il discorso sia fuori luogo. Definita l'intelligenza (artificiale, naturale o biologica) come - in estrema analisi - "la capacità di un organismo di relazionarsi in maniera non distruttiva con il proprio ambiente", ne discende che a tale livello elementare occorra veramente poco per configurare un essere vivente, anche se magari assai poco intelligente.
Penso poi che non occorra molto per poter riconoscere che, nell'attualità, una semplice ameba risulti comunque assai plusdotata rispetto ai ridicoli esempi di IA che siamo riusciti a realizzare sinora.
Riepilogando alcuni contributi:
Si può parlare di vita solo in presenza di organismi biologici in possesso di tutte le funzionalità fisiologiche attive e capaci (come specie) di riprodursi.
Si escludono pertanto comportamenti attivi di natura tecnologica o inorganica (forze cosmiche, telluriche, atmosferiche, marine, etc).
Il venir meno delle funzioni fisiologiche determina lo stato di morte dell'organismo biologico, con conseguente decomposizione e ritorno nel ciclo naturale della sua materia corporea.
L'area filosofica induce ad ampliare il discorso verso l'etologia, e il linguaggio comune, distinguendo i concetti di sopravvivenza e vita. La sopravvivenza garantisce i requisiti basali del vivente, mentre la vita dovrebbe soddisfare l'optimum etologico di una specie. Ad esempio, per un animale selvatico la gabbia garantisce soltanto la sopravvivenza, ma lo depriva di altre sue caratteristiche vitali ed esistenziali geneticamente acquisite.
Nel caso dell'etologia umana, la questione si fa più complessa perché la sfera etologica oltrepassa i bisogni naturali, tocca l'area del desiderio e la espande assieme al raggio semantico del concetto di vita umana inclusivo degli aspetti esistenziali et(olog)ici. Tale espansione tende all'infinito nell'aspirazione alla vita eterna.
In primo luogo vi ringrazio per i vostri interventi, tutti molto interessanti, sebbene non tutti da me condivisibili; purtroppo, al momento, non ho avuto il tempo di rispondere (per non far torto a nessuno)
***
Tuttavia, ho riflettuto su un aspetto specifico sul quale, nel mio primo intervento, non mi ero soffermato abbastanza: e cioè, a parte i piccoli passi che si sono già fatti (e, sempre più, si vanno facendo), si riuscirà mai "veramente" a creare in laboratorio una creatura vivente del genere di quelle che già nuotano nei nostri mari o che calpestano i nostri suoli?
Ad esempio, una semplice diatomea?
(http://img18117.imagevenue.com/loc1036/th_699651712_DIATOMEA_122_1036lo.jpg)
***
O meglio, messa la questione sotto forma di "quiz", ed a parte la mia visione "noumenico-fenomenica", per la quale "TUTTO" è manifestazione dell'"ESSERE" (o "Dio" che dir si voglia), per restare al livello meramente "fenomenologico" dei singoli esseri viventi, c'è da chiedersi:
- un essere vivente è tale solo grazie alla particolare organizzazione e struttura biochimica della "materia" (e dell'energia bioettrica) che lo compone?
- oppure, oltre alla "materia" (e all'energia bioettrica), c'è qualcos'altro che lo compone e che gli consente di "vivere".
***
Sebbene, alle più approfondite analisi scientifiche, in un essere vivente null'altro appaia, se non quantificabile "materia" e misurabile "energia bioettrica", che, se colpite da un colpo di pistola, si "disorganizzano" e "destrutturano" diventando "materia inerte", questo, pur essendo un indizio molto consistente che in un un essere vivente c'è solo "materia" ed "energia bioettrica" (la quale, nelle rane, permane pure dopo morte), tuttavia, secondo me, non è una prova decisiva.
***
Quest'ultima prova, invero, secondo me, si avrà definitivamente soltanto quando un essere vivente verrà "duplicato" in tutto e per tutto, sequenziando in modo completo il suo codice genetico; cosa a cui pian piano si sta arrivando, perchè l'unico problema per realizzare tale progetto, non è affatto di carattere concettuale, bensì soltanto di carattere di "strumentazione nano-tecnologica".
***
Una volta realizzato questo, i casi sono due:
- la diatomea realizzata in laboratorio è materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, però non riesce a vivere (cioè, non si muove, non si nutre e non si riproduce), allora vuol dire che quella in natura è composta di "qualche altra cosa" oltre alla "materia" ed alla "energia bioettrica" realizzabili, prima o poi, in laboratorio.
- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!
***
Per adesso, sebbene, secondo me, la seconda cosa appaia la più probabile, essa non può ancor essere affermata con certezza!
***
Un saluto a tutti!
Come l'autore del post, anche io credo che la vita non sia affatto un fenomeno, ma la condizione stessa dell'apparire fenomenico: ci sono fenomeni perché c'è vita, come potrebbe la vita stessa essere fenomeno?
La vita è una finestra sul mondo che ne fa vedere una parte, e quella -piccola- parte di mondo "vista", inquadrata dalla finestra della vita, si fenomenizza, diviene fenomeno per l'individuo che vive. La vita è la causa del fenomeno, si candida dunque ad essere numeno, o comunque la causa universale dell'apparire fenomenico.
Da un punto di vista "scientifico", per quanto di scienza possiamo parlare noi profani, l'estrema improbabilità statistica e combinatoria della formazione casuale della vita a partire dalla materia inorganica (genesi casuale del dna e delle proteine a partire da sostanze più semplici) fa pensare all'esistenza (spaziale o per cicli temporali) di universi multipli: se si vuole escludere l'ipotesi del dio-demiurgo che crea la vita intenzionalmente, e se la scienza ci dice che c'è una probabilità minima che la vita si sviluppi per puro caso, così minima che è ancora ridicola anche confrontata all'età e alla vastità del nostro universo con i suoi miliardi di pianeti come luoghi possibili in cui la vita potrebbe fare almeno un tentativo di svilupparsi, allora dobbiamo immaginare, (esistenti oltre al nostro o come cicli temporali successivi e precedenti al nostro), un milione di universi, come un milione di schedine del superenalotto; è assolutamente normale che almeno una su un milione faccia sei, cioè che almeno un universo su un milione ospiti la vita in almeno un suo pianeta.
Questo spiegherebbe la taratura fine dell'universo e il principio antropico: a noi ci sembra un miracolo che l'universo sia predisposto ad ospitare la vita, in realtà anche la presenza della vita potrebbe essere statistica, ma statistica su un tempo e uno spazio più grandi -infinitamente più grandi- dell'età e della vastità del nostro universo: magari per il nostro universo a taratura fine e sottoposto al principio antropico, la grande danza del caso e del caos ne a partoriti altri trecento milioni di miliardi di universi, in cui la vita non è apparsa mai e di cui noi non sapremo mai niente, e continueremo a credere, vedendo solo il nostro universo "tarato finemente", se siamo credenti nel senso religioso del termine, al "miracolo della vita".
Citazione di: Eutidemo il 09 Dicembre 2019, 13:34:28 PM
...Quest'ultima prova, invero, secondo me, si avrà definitivamente soltanto quando un essere vivente verrà "duplicato" in tutto e per tutto, sequenziando in modo completo il suo codice genetico; cosa a cui pian piano si sta arrivando, perchè l'unico problema per realizzare tale progetto, non è affatto di carattere concettuale, bensì soltanto di carattere di "strumentazione nano-tecnologica".
***
Una volta realizzato questo, i casi sono due:
- la diatomea realizzata in laboratorio è materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, però non riesce a vivere (cioè, non si muove, non si nutre e non si riproduce), allora vuol dire che quella in natura è composta di "qualche altra cosa" oltre alla "materia" ed alla "energia bioettrica" realizzabili, prima o poi, in laboratorio.
- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!
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Per adesso, sebbene, secondo me, la seconda cosa appaia la più probabile, essa non può ancor essere affermata con certezza!
Direi che (quasi) ci siamo.
I
materiali di partenza sono biologici ma, a parte il lavoro in più che i biologi molecolari dovrebbero fare per produrli sinteticamente a partire da materiale inorganico, il risultato, consistente nel produrre cellule operative, quindi "vive", a partire da componenti inerti, non cambierebbe.
La vita è quell'intervallo di tempo, passato perlopiù a reagire, tra una morte e l'altra.
Citazione di: Ipazia il 07 Dicembre 2019, 15:13:25 PMForse, in base alla premessa, era meglio postare la discussione nelle tematiche scientifiche: unico ambito da cui è sensato attendersi risposte non ariafrittologiche sul passaggio dalla materia inorganica a quella organica e da questa a organismi autoriproducibili. Non vedo proprio cosa la filosofia possa dire su una questione ontologica ormai completamente al di fuori del suo ambito epistemico giurisdizionale.
non esiste alcuna questione su cui la filosofia debba rinunciare a elaborare le sue visioni, per il semplice motivo che la filosofia e la metafisica non sono di per sé tesi, opinioni, che possono nel tempo superarsi in favore di tesi e opinioni che si mostrerebbero più valide. La filosofia è una prospettiva, un piano di questioni specifiche, e per questo non può mai divenire inattuale. Inattuale diventa una risposta che viene smentita da fatti successivi, riconosciuta falsa, insufficientemente esplicativa, ma non ha senso che si consideri inattuale un complesso di questioni miranti a investigare lati del reale, diversi da quelli oggetto di ricerca delle altre scienze. Delle risposte possono essere sbagliate, superate, mai delle domande. Domandare è sempre lecito, al massimo si può dire che l'ambito verso cui orienta la ricerca PERSONALMENTE non interessa, ma si tratta di una preferenza del tutto soggettiva, che non si può generalizzare sostenendo che tale ambito non abbia ragion di essere tematizzato, per tutti e in assoluto. Si può legittimamente scegliere di non interessarsi e occuparsi di filosofia e metafisica, ma mai affermare che sono prospettive inattuali, in quanto ciò per cui a ragion veduta si potrebbe sostenere ciò sarebbe l'assumere lo stesso punto di vista di questi saperi, per criticarli dal loro interno, finendo così per continuare a fare della filosofia e della metafisica.
E la questione specifica del topic in questione, la vita, è un altro segno dell'irriducibilità delle questioni atte a essere affrontate dalla filosofia, rispetto a quelle di cui si occupano tutte le altre scienze. La filosofia indaga ogni fenomeno nei suoi princìpi fondamentali, universali, oltre la contingenza spaziotemporale, la sua essenza, cercando di rispondere alle questioni inerenti tale ambito, e quindi la sua autonomia epitemologica rispetto alle scienze che indagano i caratteri contingenti ed empirici dello stesso fenomeno riguarda la prospettiva formale, la "forma mentis". Se si parla del fenomeni "vita", l'autonomia del filosofia non è più solo formale, ma anche contenutistica, l'essenza non riguarda solo la forma prospettica tramite cui si indaga il fenomeno, ma è il contenuto stesso del fenomeno in questione. Infatti la filosofia può cogliere il tratto distintivo dell'essere vivente rispetto all'essere non vivente, definendo appunto "vita" come condizione per cui ente è dinamico sulla base di un principio interno, cioè costitutivo della sua identità, l'essenza, che lo spinge in un movimento finalistico, in cui la meta è già predelineata fin dall'inizio. Questa definizione è squisitamente filosofica, in quanto ogni sapere empirico coglie il reale nel "qui e ora", dovrebbe cogliere una fase del processo vitale nella sua singolarità isolata, mentre l'inserimento della singola fase temporale nell'unità globale del processo, implica l'individuzione dell'essenza come trade union, come lo sfondo orientativo che scandisce le varie fasi. Ma i sensi non mostrano questa unità, ma solo di volta in volta le immagini riflettenti la realtà attuale, e non possono cogliere l'unità dinamica, per coglierla è necessario assumere la realtà attuale come provvisoria all'interno di un processo riferito a un ente che rimane lo stesso in ogni fase del divenire, e che quindi può essere riconosciuto solo trascendendo i molteplici "qui e ora" a cui i sensi si fermano, per riferirli alla durata di una sostanza che resta stabile, e che, trascendendo le molteplici fasi, è coglibile in un'ottica intellegibile e metafisica, cioè filosofica. Quindi il biologo che studia la vita nelle sue molteplici manifestazioni temporali, può farlo nella misura in cui non è soltanto un empirico, ma anche persona che si serve di categorie filosofiche, anche se lasciate implicite nei suoi meccanismi di pensiero, tramite cui "bambino", "adulto", "anziano" sono riconosciute come fasi della vita, perché in ogni momento sono percepite come fasi parziali e provvisorie di un'essenza sempre operante "dietro le quinte", ma che trascende il variare delle singole fasi oggetto dei sensi, e dunque attiene all'ambito sovrasensibile, tipicamente filosofico
Salve Eutidemo : Citandoti : "- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!".
Secondo me purtroppo non saremmo affatto di fronte ad una prova risolutiva : non esiste la perfetta identità tra due oggetti o viventi. L'analisi ed il confronto tra la diatomea naturale (che andrebbe comunque scelta tra una moltitudine di altre solo IMPERFETTAMENTE identiche) e la diatomea sintetica rivelerebbe comunque - se spinta ad adeguato profondissimo livello di dettaglio - una qualche differenza che molti (tutti i creazionisti, ad esempio) rivendicherebbe come eventuale oppure certa dimostrazione che "....c'è dell'altro" oltre a ciò che abbiamo dimostrato identico.
C'è poi il concetto di artificialità, il quale esclude che l'uomo possa attribuire a ciò che produce degli ingredienti che non provengano comunque - indirettamente - dal mondo naturale.
Il discorso è fideistico-filosofico, quale che sia la concretezza material-scientifica che si voglia cercare di dargli.
Esso è speculare a quello sull'anima : molti (i fideisti anzitutto) sostengono che, quali che siano le diversità apparenti e formali che appaiono tra due esseri umani, TUTTI gli esseri umani (e, guarda caso, SOLO gli esseri umani !) possiedono un'anima (la cui esistenza però nessuno ha mai dimostrato).
Sono il credere e la fede ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda.
Se io mi credessi una divinità e costruissi e diffondessi una mia descrizione e dei miei attributi la cui falsità risulti scientificamente indimostrabile ? Si potrebbe non credermi ma non si potrebbe darmi torto. Saluti.
Ciao Eutidemo
Citazione di: Eutidemo
Sebbene, alle più approfondite analisi scientifiche, in un essere vivente null'altro appaia, se non quantificabile "materia" e misurabile "energia bioettrica", che, se colpite da un colpo di pistola, si "disorganizzano" e "destrutturano" diventando "materia inerte", questo, pur essendo un indizio molto consistente che in un un essere vivente c'è solo "materia" ed "energia bioettrica" (la quale, nelle rane, permane pure dopo morte), tuttavia, secondo me, non è una prova decisiva.
***
Quest'ultima prova, invero, secondo me, si avrà definitivamente soltanto quando un essere vivente verrà "duplicato" in tutto e per tutto, sequenziando in modo completo il suo codice genetico; cosa a cui pian piano si sta arrivando, perchè l'unico problema per realizzare tale progetto, non è affatto di carattere concettuale, bensì soltanto di carattere di "strumentazione nano-tecnologica".
Non sono d'accordo, per due ragioni.
Una si riferisce a quel "
soltanto quando"
L'altra a quel "
in tutto e per tutto"
Che bisogno vi è di "duplicare" un essere vivente? Non sarebbe sufficiente realizzare, con materia e energia, un essere che corrisponda, nelle sue funzionalità, a ciò che noi consideriamo un "essere vivente"?
Perché di "
funzioni" stiamo parlando quando diciamo che un qualcosa è vivo piuttosto che no.
E se anche provassimo a duplicarlo, quel "
in tutto e per tutto" avrebbe invece difficoltà di carattere concettuale. Una difficoltà a mio parere insormontabile.
Perché mai potremo affermare di conoscere definitivamente quel "tutto" che quell'essere vivente è.
Sempre rimanendo nell'ambito della materia-energia intendiamoci... Ossia in termini fenomenologici...
Cioè, anche senza tirare in ballo altro, il problema resta insolubile.
Perché anche ammesso di poter verificare la perfetta corrispondenza di ogni mattoncino della nostra creatura "artificiale" con quella naturale, non potremo mai essere certi di aver considerato davvero "tutto".
Citazione di: Eutidemo
Una volta realizzato questo, i casi sono due:
- la diatomea realizzata in laboratorio è materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, però non riesce a vivere (cioè, non si muove, non si nutre e non si riproduce), allora vuol dire che quella in natura è composta di "qualche altra cosa" oltre alla "materia" ed alla "energia bioettrica" realizzabili, prima o poi, in laboratorio.
- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!
Da quanto da me prima osservato, nel primo caso non avremmo comunque la prova definitiva, perché lo zombie che avremmo costruito, potrebbe essere tale soltanto per quel quid di materia o energia che non conosciamo ancora, ma che è invece componente indispensabile per la vita.
Avremmo perciò solo la mancanza di funzioni, non la prova che tali funzioni devono necessariamente derivare da un qualcosa d'altro rispetto alla materia-energia.
Quanto al secondo caso...
Premesso che non potremmo mai sapere quanto "identica" sia la diatomea del laboratorio, rispetto a quella naturale, avremmo però una simil-diatomea che si comporta come una diatomea naturale.
A questo punto, tutto il nostro discorso assume una valenza ETICA.
Perché, almeno per quel che riguarda ciò che intendiamo con "vita", essa risulta essere nient'altro che un'emergenza del mondo materiale.
E se così è... anche noi stessi altro non siamo che una espressione di questo mondo!
Un mondo in cui vigono le leggi della necessità e, forse, del caso.
Un mondo in cui tutto ciò che accade dipende dal mondo stesso, nella sua totalità incommensurabile, e "mai" dalla libera volontà del singolo.
Perciò un mondo in cui non vi è alcuna libertà.
E soprattutto, un mondo in cui il Bene è una pia illusione.
Citazione di: viator il 09 Dicembre 2019, 17:35:34 PM
Salve Eutidemo : Citandoti : "- oppure la diatomea realizzata in laboratorio, essendo materialmente ed energeticamente identica a quella in natura, riesce a vivere come quella naturale (cioè, si muove, si nutre e si riproduce allo stesso modo), ed allora vuol dire che che sia lei che quella in natura sono esclusivamente composte di osservabili e misurabili "materia" ed "energia bioettrica", e di niente altro!".
Secondo me purtroppo non saremmo affatto di fronte ad una prova risolutiva : non esiste la perfetta identità tra due oggetti o viventi. L'analisi ed il confronto tra la diatomea naturale (che andrebbe comunque scelta tra una moltitudine di altre solo IMPERFETTAMENTE identiche) e la diatomea sintetica rivelerebbe comunque - se spinta ad adeguato profondissimo livello di dettaglio - una qualche differenza che molti (tutti i creazionisti, ad esempio) rivendicherebbe come eventuale oppure certa dimostrazione che "....c'è dell'altro" oltre a ciò che abbiamo dimostrato identico.
Non è questione di creare due cellule "identiche", ma di emulare la natura nei suoi processi metabolici ...
CitazioneC'è poi il concetto di artificialità, il quale esclude che l'uomo possa attribuire a ciò che produce degli ingredienti che non provengano comunque - indirettamente - dal mondo naturale.
... traendo quindi ipotesi fondate sul passaggio dall'inorganico, all'organico, al vivente. E' materialisticamente evidente che la materia prima la fornisce in ogni caso la natura. Infatti si lavora sul processo non sull'invenzione di materia ex novo. Il che competerebbe solo ad una divinità.
CitazioneIl discorso è fideistico-filosofico, quale che sia la concretezza material-scientifica che si voglia cercare di dargli
Mica tanto, perchè risolvere l'enigma del sorgere della vita a partire dalla materia inorganica supera lo stadio fideistico.
CitazioneEsso è speculare a quello sull'anima : molti (i fideisti anzitutto) sostengono che, quali che siano le diversità apparenti e formali che appaiono tra due esseri umani, TUTTI gli esseri umani (e, guarda caso, SOLO gli esseri umani !) possiedono un'anima (la cui esistenza però nessuno ha mai dimostrato). Sono il credere e la fede ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda.
Se io mi credessi una divinità e costruissi e diffondessi una mia descrizione e dei miei attributi la cui falsità risulti scientificamente indimostrabile ? Si potrebbe non credermi ma non si potrebbe darmi torto. Saluti.
Trovare il comune denominatore dei viventi è ben diverso che stabilire il denominatore comune: anima. La vita è un fenomeno oggettivamente riscontrabile, l'anima: no.
@davintro
Io stessa ho allargato il discorso del concetto di vita umana distinto dalla sopravvivenza. In tale distinzione si apre lo spazio ontologico della filosofia (etica a partire dalla etologia umana e dalla Bildung, "natura umana" edificante e costituente, che l'accompagna). Ma la vita, in quanto fenomeno evolutivo naturale, è esclusivamente ontologia scientifica in cui la filosofia, ribadisco, non può aggiungere nulla.
Nel tuo commento si riduce la sensorialità umana a mera sensorialità fisiologica, trascurando il sesto senso (mente, autocoscienza) che dalla modalità percettiva sensoriale umana è inseparabile. Senso di confine, convengo, tra scienza e filosofia. Da qui a oltre, però. Non da qui a prima. Prima c'è solo il passaggio cruciale dalla materia inorganica al snc, lo sviluppo della cui funzionalità ha permesso il prodursi di un vivente autocosciente. Fin qua è solo la scienza in grado di
dire cose fondate. Non semplicemente narrate.
Citazione di: bobmax il 09 Dicembre 2019, 18:48:27 PM
A questo punto, tutto il nostro discorso assume una valenza ETICA.
Perché, almeno per quel che riguarda ciò che intendiamo con "vita", essa risulta essere nient'altro che un'emergenza del mondo materiale.
E se così è... anche noi stessi altro non siamo che una espressione di questo mondo!
Un mondo in cui vigono le leggi della necessità e, forse, del caso.
Un mondo in cui tutto ciò che accade dipende dal mondo stesso, nella sua totalità incommensurabile, e "mai" dalla libera volontà del singolo.
Perciò un mondo in cui non vi è alcuna libertà.
E soprattutto, un mondo in cui il Bene è una pia illusione.
Da qui (vita biologica) a oltre si risolve la questione ETICA. Con tutto il Bene e la Libertà possibili e necessari.
.
Perchè, semmai, c'è necessità di vita ?
La vita non è una tecnica che l'uomo copia dalla Natura. Un conto è l'originale e un conto e copiare clonando la pecora Dolly. La manipolazione genetica è da decenni che è gestita, e Darwin chiedeva a gli allevatori come si potesse migliorare il fenotipo e il genotipo dei capi di bestiame.
Il problema non è copiare un genoma nelle sue sequenze, le pratiche ben prima delle teorie sapevano già degli innesti, ibridazioni, ma nessuno nulla sapeva della vita.
Quindi la problematica non è nella statica fotografia mappata di un genoma, ma come da materia inorganica si passi al bios; di come una cellula con solo RNA sappia come riprodursi e come e cosa procacciarsi come cibo con un clock, un orologio interno che ne determina tempi metabolici ed età, fino a morire. Questo è il grande mistero della vita.
La domanda è prima filosofica che scientifica. Perchè è necessario che l'Universo abbia una teleologia interna, una finalità, uno scopo ,ancestrale e recondito o che-dir-si-voglia, demandato aldominio Naturale in quanto avente a sua volta regole.
Non è pensabile di sfuggire a questa domanda: L'Universo, la Natura "pensano"?
Perchè fin dalla prima cellula comparsa c'era già la possibilità di riprodursi e metabolismo intrinseco, un sistema a sé ,ma allo stesso tempo aperto per procacciarsi energia (cibo) esterno.
Sarebbe del tutto casuale la vita, e già questo non supera il problema di come carbonio-azoto- idrogeno-ossigeno, ecc, come per magia creano un sistema vivente che non può essere banalizzata ad emergenza, occorrenza, ma addirittura ha istinti e stimoli primordiali come un protozoo che cerca cibo. Se così non fosse stato ,ogni vita originaria era già segnata. Tanti tentativi casuali e nessuna possibilità di vivere in continuità per sé per poi prolificare.
E' più facile clonare un umano, e chissà...se in qualche laboratorio... in gran segretezza...., che capire le dinamiche della vita.
Ipazia scrive:
"@davintro
Io stessa ho allargato il discorso del concetto di vita umana distinto dalla sopravvivenza. In tale distinzione si apre lo spazio ontologico della filosofia (etica a partire dalla etologia umana e dalla Bildung, "natura umana" edificante e costituente, che l'accompagna). Ma la vita, in quanto fenomeno evolutivo naturale, è esclusivamente ontologia scientifica in cui la filosofia, ribadisco, non può aggiungere nulla.
Nel tuo commento si riduce la sensorialità umana a mera sensorialità fisiologica, trascurando il sesto senso (mente, autocoscienza) che dalla modalità percettiva sensoriale umana è inseparabile. Senso di confine, convengo, tra scienza e filosofia. Da qui a oltre, però. Non da qui a prima. Prima c'è solo il passaggio cruciale dalla materia inorganica al snc, lo sviluppo della cui funzionalità ha permesso il prodursi di un vivente autocosciente. Fin qua è solo la scienza in grado di dire cose fondate. Non semplicemente narrate."
Proprio questo "sesto senso" è l'organo tramite cui accedere al sapere metafisico, in quanto consiste nell'intuizione intellettuale correlata all'ambito degli immateriali, tra cui le forme, appunto, le essenze, e questo la rende irriducibile ai 5 sensi "canonici", corporei, e dunque adeguate solo all'esperienza degli oggetti fisici nella loro accezione di materialità, tramite cui entrano in contatto con i campi percettivi corporei. E il sapere di queste essenze costituisce l'implicita premessa filosofica che rende possibile ogni scienza. Il biologo che studia le determinazioni empiriche in cui la vita si esistenzia non potrebbe procedere in alcuna direzione, se non partendo dall'intuzione dell'essenza della "vita" e delle relazioni logiche apriori che connettono i concetti inerenti con questa "regione ontologica". L'intuizione dell'essenza della vita, sulla base della quale della vita possiamo formulare una generale definizione, è ciò che consente di delimitare il campo di applicazione delle ricerche e della validità della particolare metodologia di ricerca. Questa intuizione dei significati generali e l'analisi delle relazioni logiche che li collegano, riguardando ciò che è universale, dunque oltre ciò che può essere appreso empiricamente e sensibile, fuoriesce dal materiale di esperienza delle scienze naturali. Il biologo che differenzia la materia organica dal sistema nervoso centrale può farlo perché parte dall'intuizione dell'essenza della vita, di ciò che la definisce universalmente come tale, e in base a cui può rendersi conto della differenza tra materia inorganica e materia, appunto, dotata di vita. Questo residuo trascendentale è il fondamento che rende possibile l'applicazione dei concetti nel suo discorso, come in tutti i discorsi di ogni scienza. Via il fondamento via tutto l'edificio teorico. L'empiria non sostituisce la filosofia, al contrario fa leva sui fondamenti di quest'ultima (anche quando non se ne rende conto) per aggiungerci le sue scoperte
La sfasatura di piano reale tra natura (physis) e conoscenza (episteme) non dovrebbe confluire in un dualismo epistemologico che confonde i piani del reale. Dal punto di vista ontologico l'inorganico viene prima dell'organico e questo dell'autocoscienza. L'autocoscienza permette di percorrere il cammino a ritroso attraverso l'attività conoscente, epistemologica, del pensiero (mente, coscienza, intelligenza,...), la quale è in grado di discernere e non confondere questi due livelli del reale, idealizzando in senso archetipico l'uno o l'altro a seconda del proprio ordinamento ideologico di pensiero.
Ciò che ha reso l'universo autocosciente è un suo prodotto evolutivo capace di pensarlo e ragionarci sopra, ma l'universo esiste prima e a prescindere da esso. Tale "verità", resa tale da miriadi di prove epistemologiche, non è falsificabile con una supposizione progettuale, teleologica, dell'universo che, al contrario, è ancora tutta da dimostrare e le cui "prove" deduttive hanno mostrato la cortezza, umana troppo umana, delle loro gambe e respiro.
Altrettando di corto respiro è il concetto deterministico dell'uomo-macchina, ridotto a processi fisico-chimico-biologici. Come diceva maral, quando avremo macchine talmente autocoscienti da autodeterminarsi non saremo noi ad essere riducibili a macchine (si fa anche questo sub specie capitalis ...), ma saranno loro a diventare "umane", scoprendo il tempo, le emozioni e la morte (Blade runner: "è tempo di morire").
Preso atto della differenza ontologica tra physis ed episteme, si può cominciare a ragionare serenamente sulla seconda, che è la parte che ci interessa di più perchè è una variabile relativamente indipendente su cui possiamo modellare il reale a nostro beneficio, sia materiale che spirituale.
Tale "interpretazione" del reale, intesa tanto in senso statico di descrizione (episteme) che dinamico di attività (ethos) è di piena pertinenza filosofica anche quando fa scienza. Ma questo fare deve sapersi sempre distinguere dall'essere scienza, dall'oggettività descrivente e predicente che noi esigiamo da ogni atto scientifico. Il meglio della cui attività "oggettiva" cui siamo pervenuti ci porta a ragionare su Bigbang, evoluzionismo darwiniano, cosmologie fondamentali di tipo fisico e astrofisico, biologia.
In aggiunta a ciò sta la partita delle scienze umane in cui tanto l'oggetto di conoscenza che il soggetto conoscente hanno notevoli margini indeterministici sui quali si rende possibile l'unica teleologia di cui abbiamo contezza. E' in questo ambito esclusivamente antropologico che hanno senso le domande sul senso della vita. E pure le risposte che a queste domande siamo in grado di dare. Appartenenti pur'esse all'ambito semantico "vita". Ma in termini e su un piano del reale nettamente distinti da physis. Il piano della progettualità umana.
Ipazia, non vi è alcuna prova che l'universo sia autocosciente.
Tra l'altro lo considero impossibile.
Perché la coscienza è coscienza di qualcosa.
Senza il qualcosa, che è necessariamente altro da sé, non vi può essere coscienza.
L'autocoscienza nasce dalla coscienza di altro.
Poiché sono cosciente di altro... io ci sono!
Sono cosciente di me stesso. Ma solo di riflesso.
Se non ci fosse nessun altro io non ci sarei! Con buona pace dell'autocoscienza...
L'universo non può avere un "io", perché l'io nasce da ciò che non sono.
La frammentazione individuale dell'autocoscienza dell'universo implica indubbiamente un gioco dialettico di riflessioni tra io e altro. Ma è un gioco che, imparate le regole (scienza), possiamo giocare. Ricavandoci pure il nostro (noi) significato.
L'autocoscienza non può essere frammentata. Perché ve n'è una sola: io.
Non vi è alcun noi autocosciente.
Almeno non v'è n'è alcuna prova.
Sempre che con "noi" si intenda una parte del tutto...
Perché se con noi si intende il tutto, allora non può esservi proprio alcuna coscienza.
La scienza si occupa dell'altro, dell'oggetto. Essendo fondata sul pensiero razionale deve necessariamente determinare, ossia distinguere.
Di modo che per la scienza la scissione originaria soggetto/oggetto è un non problema.
S'immagina di porsi "fuori" valutando entrambi come oggetti!
Non può che fare così, perché per il pensiero razionale a monte della scissione vi è il nulla.
E tu questo non lo vuoi proprio accettare. Non puoi accettare di essere nulla.
Così ti aggrappi alla scienza. Che in questo modo invece di essere uno strumento utile per inoltrarti nel mondo, diventa per te superstizione.
Una superstizione non diversa dalla superstizione religiosa che tanto detesti.
Ciao Viator. :)
Sono perfettamente d'accordo con te sul fatto che ogni essere vivente, anche in natura, non è mai del tutto identico ad un altro; basti pensare alle "impronte digitali".
Però gli esseri viventi hanno tutti un minimo comun denominatore: cioè sono "vivi", così come rilevabile oggettivamente dal fatto che si nutrono, crescono, si riproducono e muoiono!
Pertanto, sebbene una diatomea "costruita" in laboratorio risulterà sicuramente diversa da tutte le altre (come anche tutte quelle naturali lo sono tra di loro):
- se si nutre, cresce e si riproduce come le altre, non sarà in alcun modo possibile negare che sia anche essa viva;
- se, invece, pur essendo stata materialmente ricostruita come le altre, resterà "inerte", allora vuol dire che nelle diatomee naturali c'è un elemento in più, non rilevabile materialmente o misurabile energeticamente (e, quindi, non replicabile), e, quindi, non riproducibile artificialmente!
***
La "perfetta identità" tra due oggetti inanimati o due esseri viventi, come giustamente scrivi tu, non esiste; ma questo non significa affatto che ciascuno di essi non possa essere classificato in un genere specifico, e "funzionare" di conseguenza!
***
Per esempio, se, con una macchina del tempo, potessimo portare indietro un ROBOT nell'antico Egitto, sicuramente lo considererebbero un essere vivente, o, addirittura, un dio; nell'epoca di Cartesio, invece, probabilmente, lui ed i suoi contemporanei, di primo acchito, resterebbero alquanto perplessi, nel decidere se sia vivo o meno (almeno a suo modo).
https://www.youtube.com/watch?v=E8Ox6H64yu8
In ogni caso, a prescindere dal fatto che sia vivo o meno (essendo anche ai loro occhi alquanto differente dalle creature "naturali"), potrebbero comunque chiedersi se "agisca" solo a causa della sua struttura materiale o elettrica, oppure se in lui ci sia qualcosa che le trascende!
Ma, poichè la tecnologia dell'epoca non era ancora sufficientemente avanzata ed "attrezzata", anche potendolo smontare e cercare di duplicarlo pezzo per pezzo, probabilmente non sarebbero mai riusciti a montarne uno abbastanza uguale (sebbene non identico), tale da poter funzionare!
Di conseguenza, non sarebbero mai stati in grado di sapere "con certezza" se l'androide originale "agiva" solo a causa della sua struttura materiale o elettrica, oppure se in lui ci fosse qualcosa di trascendente!
Noi, invece, siamo ormai in grado di saperlo!
***
Per cui, per tornare alla nostra diatomea, se in laboratorio riuscissimo a costruirne una pressochè simile ad una naturale, se questa "funzionasse" allo stesso modo (così come i raggi UVA artificiali funzionano come quelli naturali), pur non essendo la diatomea artificiale perfettamente identica alle altre, non potremmo però negare che essa sia viva esattamente come le altre.
Ed infatti, avere divisori o multipli diversi, non significa che non si possa avere un minimo denominatore in comune: in questo caso, l'essere vivi!
***
Una diatomea creata in laboratorio (che, per questo, non sarebbe necessariamente "sintetica") rivelerebbe senz'altro - anche ad una osservazione superficiale- più di una differenza rispetto alle altre; come anche queste altre tra di loro.
Il che, però, non dimostrerebbe affatto che nell'una o nelle altre si sia qualcosa in più o in meno oltre la materia che le compone, se esse, pur non essendo identiche, manifestassero comunque i caratteri tipici di tutti gli esseri viventi, ed ad essi comuni; dall'ameba all'elefante!
L'affermazione del creazionista che nell'una o nelle altre si sia qualcosa in più o in meno, sarebbe, quindi, solo una fallace congettura, destituita di prove!
***
Quanto al concetto di artificialità, non c'è dubbio alcuno che tutti gli ingredienti che l'uomo utilizza per realizzare oggetti o esseri artificiali, provengono comunque - direttamente o indirettamente - dal mondo naturale.
Ma questo, secondo me, non fa che suffragare la mia tesi.
***
Quanto a ciò che gli uomini di determinate culture e di epoche diverse, "credono" o "non credono" senza averne alcuna prova diretta, secondo me, è "fenomenologicamente" da considerare "TAMQUAM NON ESSET"!
Ed infatti, se, come dici tu, fossero il "credere" e la "fede" ciò che rende esistente ("vero") ciò che ci circonda, allora sarebbero stati "esistenti" e "veri" anche gli dei dell'Olimpo; gli stessi dei che, per la successiva "credenza" e "fede" cristiana", sarebbero stati in qualunque epoca, invece, del tutto "inesistenti"!
***
Ciò, invece, che rende sul serio esistente ("vero") ciò che ci circonda, sempre parlando a livello "fenomenico", è ciò che noi possiamo verificare e constatare sperimentalmente e razionalmente; e che, una volta comunicato agli altri, e sufficientemente spiegato e dimostrato, gli altri non potranno mai più mettere in discussione.
***
Ad esempio, anticamente, limitandosi alle prime osservazioni, tutti gli uomini opinavano, non senza fondamento, che la terra fosse piatta; perchè, effettivamente, è così che essa appare, senza ulteriori più approfondite osservazioni e riflessioni.
Secondo Diogene Laerzio, "Pitagora fu il primo greco ad accorgersi che la terra era rotonda; anche se Teofrasto attribuisce ciò a Parmenide, e Zenone ad Esiodo"
Chiunque sia stato, una plausibile spiegazione di tale "scoperta", è che, riflettendo su più approfondite osservazioni:
- da terra si vedono apparire prima le vele, e solo dopo qualche tempo gli scafi;
- l'esperienza di viaggiatori che suggerì una tale spiegazione per le variazioni osservate nell'altitudine e nell'area delle stelle circumpolari, una variazione che era abbastanza netta negli insediamenti greci" attorno al Mar Mediterraneo orientale, in particolare quelli tra il delta del Nilo e la Crimea.
***
Per cui, se tu ti credessi una divinità e costruissi e diffondessi una tua descrizione dei tuoi attributi la cui "falsità" risultasse scientificamente "indimostrabile", poichè, però, non è scientificamente "dimostrabile" neanche la loro "verità", il tuo assunto non risulterebbe logicamente sostenibile.
Ed infatti, quello della "falsa isostenia", è un vecchio e fallace sofisma paralogistico, che ormai ha fatto il suo tempo; esso si basava sul trucchetto di equiparare la "dimostrazione di di ciò che è", con la "dimostrazione di di ciò che NON è"...il che è ovviamente impossibile!
Facciamo un esempio.
Immagina di essere stao trascinato in Tribunale con l'accusa di essere un ladro; al che, tu, ovviamente, pretenderesti di avere le prove di tali accuse.
Come reagiresti se il Pubblico Ministero replicasse: "Noi non abbiamo alcuna prova che tu sia un ladro, va bene; ma tu sei forse in grado di dimostrarci che, in vita tua, non hai mai rubato niente? Provacelo!"?
Ovviamente non puoi esserne in grado, per cui ti sbattono dentro!
Non so se ho reso l'idea!
Un saluto. :)
Citazione di: bobmax il 10 Dicembre 2019, 11:28:35 AM
L'autocoscienza non può essere frammentata. Perché ve n'è una sola: io.
Non vi è alcun noi autocosciente.
Almeno non v'è n'è alcuna prova.
Sempre che con "noi" si intenda una parte del tutto...
Perché se con noi si intende il tutto, allora non può esservi proprio alcuna coscienza.
Certo che la coscienza è individuale. L'evoluzione nè ha nè è prodotto di una coscienza cosmica. Sarei superstiziosa a pensarlo, hai ragione. La "coscienza collettiva" è la risultante gnoseologica (scienza, filosofia, sapere) di tante coscienze individuali di una specie che la coscienza individuale ce l'ha.
CitazioneLa scienza si occupa dell'altro, dell'oggetto. Essendo fondata sul pensiero razionale deve necessariamente determinare, ossia distinguere.
"omnis determinatio est negatio". Ottimo principio epistemologico che permette di agire su sistemi "isolati" escludendo l'interferenza del ricercatore...
CitazioneDi modo che per la scienza la scissione originaria soggetto/oggetto è un non problema.
S'immagina di porsi "fuori" valutando entrambi come oggetti!
...non proprio ridotto ad oggetto, ma che solo grazie a questo espediente può restare soggetto.
CitazioneNon può che fare così, perché per il pensiero razionale a monte della scissione vi è il nulla.
Mentre a valle c'è l'
operari ...
CitazioneE tu questo non lo vuoi proprio accettare. Non puoi accettare di essere nulla.
... che edificando (Bildung) si eleva dal Nulla e lo riempie di significato.
CitazioneCosì ti aggrappi alla scienza. Che in questo modo invece di essere uno strumento utile per inoltrarti nel mondo, diventa per te superstizione.
Una superstizione non diversa dalla superstizione religiosa che tanto detesti.
Così mi aggrappo, come molti di
noi, al sapere che rende la
vita un gioco, che tanto amo.
Salve Eutidemo : "Facciamo un esempio. Immagina di essere stao trascinato in Tribunale con l'accusa di essere un ladro; al che, tu, ovviamente, pretenderesti di avere le prove di tali accuse.
Come reagiresti se il Pubblico Ministero replicasse: "Noi non abbiamo alcuna prova che tu sia un ladro, va bene; ma tu sei forse in grado di dimostrarci che, in vita tua, non hai mai rubato niente? Provacelo!"? Ovviamente non puoi esserne in grado, per cui ti sbattono dentro!
Non so se ho reso l'idea!!.
Beh, non esageriamo ! Forse nell'ex Unione Sovietica o dintorni (ideologici) si usava così, ma vorrei ben vedere un P.M. che mi chiedesse di produrre delle prove di non aver mai infranto la Legge !! Si renderebbe responsabile di "abuso in atti di Ufficio" e comunque io ribatterei immediatamente a lui di fornire a me le prove di non essere mai venuto meno alla propria fedeltà coniugale !! Saluti.
Tornando comunque alla "vita", continuiamo pure a parlarne (come pure di tutti gli altri concetti ed argomenti concernenti la filosofia) convinti di venire un giorno a capo di tale fenomeno.
Solo un'ultimo questito da parte mia : ma quando un batterio si suddivide spontaneamente in due metà..........................quella è la visione di una morte oppure la visione del sorgere di due vite ?. Saluti.
Penso, Ipazia, che la coscienza sia solo uno strumento. Uno strumento che alla fine si abbandona una volta giunti alla meta.
Di modo che, di coscienza ce n'è una sola ed è quella...
che hai tu! :)
Ciao Viator :)
Guarda che se tu ti credessi una divinità e diffondessi una descrizione dei tuoi attributi la cui "falsità" risultasse scientificamente "indimostrabile", ti comporteresti esattamente come quel pubblico ministero; ed infatti, se tu ti attribuissi il potere divino di galleggiare in aria (tramite la concentrazione mentale), ma solo in assenza di spettatori, di videocamere o di qualsiasi altra apparecchiatura di rilevamento scientifico, la "falsità" della tua affermazione risulterebbe scientificamente "indimostrabile", perchè nessuno sarebbe in grado di fornire la prova contraria tramite una osservazione scientifica del tuo presunto fenomeno.
***
In pratica è come se tu affermassi di poter far apparire e sparire una moneta dentro il tuo pugno chiuso; è chiaro che se tu non apri la mano, nessuno potrà mai smentirti! ;)
Però temo che non avresti una gran carriera come prestigiatore! ;D
***
Allo stesso modo, se tu affermi che in ogni creatura vivente, oltre alla materia, c'è un "quid" che gli conferisce la vita, ma che è:
- invisibile
- inudibile
- intangibile
- inodore
- insapore
nessuno, ovviamente, potrà mai essere in grado di confutare la tua affermazione.
Bella scoperta! :D
Ma, come ho detto, si tratta solo dell'espediente dialettico della "falsa isostenia", un vecchio e fallace sofisma paralogistico, che ormai ha fatto il suo tempo; esso si basava sul trucchetto di equiparare la "dimostrazione di ciò che è", con la "dimostrazione di di ciò che NON è"...il che è ovviamente impossibile!
***
Quanto alla "vita", non si tratta solo di filosofia, bensì di fenomeni fisici osservabili, per cui, secondo me, possono benissimo trarsi a riguardo conclusioni scientifiche (sia pure provvisorie); oggi più accurate di ieri, e, sicuramente, domani più accurate di oggi!
***
Circa il tuo ultimo quesito relativo al batterio si riproduce per scissione, se tu mi chiedi "Quella è la visione di una morte oppure la visione del sorgere di due vite?", io risponderei: "Tutte e due le cose insieme, in quanto l'una implica l'altra!"
Non capisco il tuo "oppure"! ::)
Ed infatti, si tratta un fenomeno del tutto naturale, che si può verificare in qualsiasi ambito, perfino giuridico; ed infatti, se la SRL A si suddivide nella SRL B e nella SRL C, la SRL A si estingue, ed iniziano a vivere le SRL B e C.
Non ci vedo niente di strano o di sorprendente!
Probabilmente a te la cosa lascia perplesso perchè presumendo tu (a mio avviso senza motivo) che il batterio A abbia una sua individuale identità "non fisica", non riesci a capire che fine essa faccia quando esso si scinde in B e C; ma, secondo me, il problema non si pone affatto.
Nè a livello "fenomenico", nè a livello "noumenico"!
***
Un saluto. :)
La domanda sul batterio è interessante...
nella storia evolutiva della vita la riproduzione sessuata e il destino di morte individuale sorgono insieme come due facce della stessa medaglia: gli esseri asessuati come i batteri e le amebe non hanno un destino individuale di morte, in condizioni ambientali ideali vivono in eterno continuando a scindersi, sono esseri che possono morire di "morte accidentale" ma non di vecchiaia (come gli elfi tolkieniani); solo l'essere sessuato, che si riproduce per copie non identiche di se stesso dipendendo dall'incontro con un altro essere per la sua riproduzione può, e deve, morire di vecchiaia; in natura dunque, eros e tanatos cominciano insieme; da un punto di vista cronologico, la possibilità (inedita da un certo punto in poi in natura) che il figlio di un vivente qualsiasi non sia fisicamente identico al genitore, implica la morte individuale, sia del figlio che del genitore, in una serie generazionale che si configura come serie di diversi, e non più di uguali.
Insomma in un vivente si deve avere il sesso, per poter distinguere il momento della riproduzione da quello della morte, e con il sesso la dipendenza dell'individuo dalla specie aumenta a livello incommensurabile perché l'individuo sessuato non accede mai più alla sua serie di identici che lo eternizza, ne a partire dal suo stesso corpo, ne tramite la sua specie in cui trova solo un surrogato di quella che prima era la discendenza degli identici nella -nuova- discendenza dei simili.
Il batterio ha inoltre il vantaggio sull'umano di non farsi domande di questo tipo. Si scinde e ognuno dei due va per la sua strada.
Salve Eutidemo, e grazie per la tua replica. Tenendo presente che il taglio da te introdotto per questa discussione mi sembra marcatamente biologico, voglio ricordarti che restiamo tuttavia all'interno della sezione filosofica del Forum, e le mie osservazioni circa la riproduzione batterica riguardavano appunto tale angolazione. A proposito quindi di : "Circa il tuo ultimo quesito relativo al batterio si riproduce per scissione, se tu mi chiedi "Quella è la visione di una morte oppure la visione del sorgere di due vite?", io risponderei: "Tutte e due le cose insieme, in quanto l'una implica l'altra!" Non capisco il tuo "oppure""............il mio oppure riguarda il fatto che noi non si sia in grado di stabilire in cosa consista il sorgere piuttosto che il cessare dell'esistenza di una individualità o, se si preferisce mutare quesito filosofico, in che modo una divisione possa fornire il medesimo risultato di una moltiplicazione.
Tutto ciò - ai miei occhi - è frutto di un ineludibile strabismo mentale per il quale noi tutti siamo costretti a suddividere gli eventi in cause ed effetti considerando i due tipi di evento come connessi ma separabili.
Ciò è dovuto al fatto che - essendo noi la parte che non può capacitarsi in modo contemporaneo del tutto (noi stessi inclusi) che la circonda, siamo costretti a guardare ora a destra ora a sinistra, trovando che ciò che vediamo risulti ogni volta parziale, contradditorio, probabilmente indipendente. Questa è la base mental-percettiva sulla quale noi costruiamo la nostra categorizzazione del mondo.
Si chiama divisione del mondo tra soggettività ed oggettività.
Il paradosso del batterio che nasce morendo e viceversa ti assicuro non mi ha mai meravigliato più di tanto. Da molti decenni io lo uso solo come memento circa il fatto che le cause e gli effetti sono solo le due umane apparenze che mostrano l'eterno frenetico indistinguibile roteare di ciò che in sè è unico, cioè la condizione dell Essere. Infatti la mia personale definizione del verbo Essere è : "la condizione per la quale le cause producono degli effetti". Saluti.
Salve. Per Ipazia. Ma quanto sei materiale ! Mi sembra quasi che tu abbia delle limitazioni (ma non lo credo assolutamente) a proposito di questioni sterilmente astratte. In fondo io però mi chiedevo solamente se quelli che poi vanno per la loro strada saranno due batteri o due mezzi batteri (i quali quindi, sommati in ragione della assai più concreta logica matematica, risulteranno in un batterio) od un unico batterio. Ma credo che da te non mi giungerà alcun aiuto. Saluti.
Citazione di: viator il 10 Dicembre 2019, 22:15:32 PM
Salve. Per Ipazia. Ma quanto sei materiale ! Mi sembra quasi che tu abbia delle limitazioni (ma non lo credo assolutamente) a proposito di questioni sterilmente astratte. In fondo io però mi chiedevo solamente se quelli che poi vanno per la loro strada saranno due batteri o due mezzi batteri (i quali quindi, sommati in ragione della assai più concreta logica matematica, risulteranno in un batterio) od un unico batterio. Ma credo che da te non mi giungerà alcun aiuto. Saluti.
Perchè mi metto
empaticamente nei panni dei batteri che le nostre questioni filosofiche proprio non le curano e seguono il loro corso naturale. La vita (mortale) è un problema solo per chi ne è consapevole. Se vuoi proprio un'analogia la farei con la riproduzione sessuata che segue leggi matematiche opposte: invece che 1 = 1+1 fa 1 + 1= 1 (ma più raramente anche 2, 3 ,4 ... con buona pace di chi sacrifica il senno ad un segno di "="). Per noi sessuati l'immortalità è la nostra prole. Per chi ha il tormentone della morte, un buono spunto di riflessione esistenziale, metafisica e pure di buonsenso, quando arriva il momento di accomiatarsi e lasciare spazio alla nostra progenie.
Salve Niko. Bravo. Hai accostato l'argomento in modo assai appropriato. La maggior parte della gente secondo me ignora il significato della riproduzione come unico concreto scopo e senso del fenomeno vita. Ovviamente funzionante e funzionale a livello collettivo, non certo individuale.
La riproduzione incarna - a livello biologico - ciò che l'entropia realizza a livello fisico : la persistenza (della vita o del cosmo) attraverso un meccanismo specialissimo che produce contemporaneamente una certa cosa ed il suo contrario :
- quanto più la riproduzione lavorerà, tanta più morte sarà costretta a creare.
- quanto più l'entropia (la diffusione dell'energia) lavorerà, quanto più il cosmo sarà movimentato (disordinato) ma tanto più l'energia verrà "democraticamente" spalmata dappertutto sino a che ovunque avremo la medesima temperatura e - cessando gli scambi energetici - il cosmo dovrà fermarsi.
Saluti.
Salve Ipazia. Ad essere pessimisti, riduttivi o malevoli, con te, si sbaglia sempre.......nel senso che tu meriti ben altro. Grazie per l'avermi risposto e per il ripasso di aritmetica. A dire il vero pensavo che per le coppie all'antica 1+1 agitato e magari insistito facesse 3 o più con tanto di benedizione ecclesiastica ! (a meno di sterilità). Saluti.
Ciao Viator
Il mio approccio è eminentemente "logico", più che "biologico"; ed infatti, qualunque cosa si scinda in due, cessa di esistere, e viene sostituita da altre due.
Questo non accade solo in ambito "biologico", ma in qualunque altro ambito: anche in campo societario, come nell'esempio che ho fatto nel mio precedente intervento.
Non si tratta solo di "biologia, ma di "logica"; che rientra nell'ambito della "filosofia"; e, quindi, nella relativa "sezione"!
***
Circa il tuo quesito relativo al batterio si riproduce per scissione, io ti avevo scritto che, se tu mi chiedi "Quella è la visione di una morte oppure la visione del sorgere di due vite?", io risponderei: "Tutte e due le cose insieme, in quanto l'una implica l'altra!".
Qui insisto nel non capire il tuo "oppure", in quanto non si tratta affatto di fenomeni "alternativi", bensì chiaramente "consequenziali"; sia sotto il profilo "logico", "filosofico", e "giuridico", sia sotto il profilo "biologico"!
***
Ora tu mi spieghi che il tuo "oppure", in effetti: "... riguarda il fatto che noi non si sia in grado di stabilire:
- in cosa consista il sorgere piuttosto che il cessare dell'esistenza di una individualità;
- o, se si preferisce mutare quesito filosofico, in che modo una divisione possa fornire il medesimo risultato di una moltiplicazione."
Al riguardo:
a)
Circa il primo punto, non riesco a capire cosa intendi, in quanto, "fenomenicamente" e "logicamente", con la scissione, il cessare dell'esistenza di una singola individualità, coincide con l'insorgere dell'esistenza di due diverse individualità (sia nel caso dei "batteri", sia nel caso delle "persone giuridiche").
b)
Circa il secondo punto,
- sotto il "profilo matematico" non c'è dubbio alcuno che una divisione non può fornire il medesimo risultato di una moltiplicazione.
- sotto il "profilo fisico", invece, sebbene anche in tale ambito non ci sia dubbio alcuno che una divisione non può fornire il medesimo risultato di una moltiplicazione, tuttavia occorre rilevare che una divisione fisica ricava da un'unica entità due entità più piccole, pari alla metà della sua dimensione originaria e della sua materia (biologica o meno che essa sia)...per cui, materialmente, non si "moltiplica" assolutamente niente.
***
Sarebbe come dire che, se "dividi" in due la tua bistecca per condividerla con un altro commensale, l'hai "moltiplicata; ed invero, adesso sono, "individualmente", due bistecche... ma, di sicuro, la "moltiplicazione" è solo concettuale, non certo "reale"!
***
Nel caso dei "batteri", l'unica differenza è che, scindendosi, viene scisso anche il codice genetico, per cui le due parti, autonomamente, ricominceranno a nutrirsi, crescere e riprodursi come il "genitore"; ma non c'è nessuna moltiplicazione!
(http://img18125.imagevenue.com/loc309/th_042300799_BATTERIO_122_309lo.jpg)
***
E, per non dire che mi focalizzo solo sull'aspetto biologico, "mutatis mutandis" la stessa cosa accade anche nel caso della "scissione" di una società di capitali; ed infatti, le due "scorporate", all'inizio, hanno ciascuna la metà delle dimensioni economiche, finanziarie e di personale di quella originaria, ma poi, ognuna di essere, assumendo un nuovo nome ciascuna, pian piano si accresce operando nel mercato (il "brodo biologico" delle aziende).
(http://img18105.imagevenue.com/loc1070/th_043649219_SRL_122_1070lo.jpg)
Ovviamente, si tratta solo di una analogia...con tutti i limiti che questo comporta!
***
In un certo senso, invece, sono d'accordo con te quando dici che è la nostra mente a suddividere gli eventi e le cose; le quali, invece, almeno per come la vedo (indimostrabilmente) io, sono soltanto la manifestazione di una REALTA' "noumenica", che è unica e indivisibile.
Ma, a livello "fenomenico", suddividere gli eventi e le cose è inevitabile; altrimenti nessuna comunicazione semantica sarebbe possibile!
Diversamente si crea solo "confusione linguistica", e "sofismi nominalistici", che, inevitabilmente, conducono ad inesistenti "paradossi": anche a dimostrare che le "parole" mangiano il formaggio!
***
Come, appunto, nel caso del "paradosso del batterio che nasce morendo e viceversa"; il che costuisce un "ossimoro" molto poetico ed "icastisco", ma che, logicamente e fisicamente, non ha alcun senso.
Ed infatti, il batterio che si scinde, indubbiamente, come tale, si estingue (o "muore", se preferisci), e non "rinasce" affatto; a "nascere", invece, non è certo lui, bensì i due prodotti della sua scissione!
Il che è molto meno poetico...ma è una descrizione molto più precisa dello specifico "fenomeno"!
***
Sono invece, almeno parzialmente, d'accordo con la tua conclusione, quando scrivi che i "fenomeni" sono solo"apparenze che mostrano l'eterno frenetico indistinguibile roteare di ciò che in sè è unico, cioè la condizione dell Essere".
Però, la mia personale definizione dell' Essere non è : "La condizione per la quale le cause producono degli effetti", bensì "La realtà "noumenica" che non è "causa" dei "fenomeni", i quali sono soltanto la sua "manifestazione" fisica ai nostri occhi".
Ed infatti, la "corda" sul sentiero notturno, che ci appare e si manifesta ai nostri occhi come un "serpente", non è certo la "causa" del "serpente", bensì è soltanto la sua realtà sottostante a noi "non manifesta".
***
Ma, come ho invano precisato nella premessa del mio TOPIC, io qui intendevo esaminare il "fenomeno" degli esseri viventi solo sotto il profilo "fisico", e non "metafisico"!
Altrimenti si fa solo una grandissima confusione!
***
Un saluto!
La vita dal punto di vista etologico è fisica (concreta) o metafisica (astratta) ?
Ciao Ipazia.
Come è noto, l'"etologia" è la scienza che studia il comportamento degli animali (uomo compreso, ovviamente), fondata sulla constatazione che esso deriva in parte dal "corredo genetico" ed in parte dall'"ambiente" in cui essi vivono e si sviluppano.
***
Al riguardo:
- nel primo caso si parla, volgarmente, di "istinti", e, cioè, più correttamente, dei "comportamenti innati tipici di ogni specie", in quanto iscritti nel loro codice genetico;
- nel secondo caso di "comportamenti appresi" attraverso esperienze individuali o di gruppo.
Come sopra parenteticamente osservato, gli etologi si occupano anche del comportamento umano; sia direttamente, sia cercando analogie o differenze col comportamento degli altri animali.
***
Ed infatti, ogni "specie" animale ha suoi comportamenti "specifici" (che variano da specie a specie), alcuni dei quali "somigliano" ai nostri:
- o per prossimità genetica;
- ovvero per convergenza evolutiva;
- altri, invece, per niente.
E, questo, talvolta, a prescindere dalla nostra specifica classificazione tassonomica.
***
Per esempio, in genere:
- gli animali la cui prole è "a dispersione rapida e/o estesa", in genere non sottostanno al "tabù dell'incesto", perchè la probabilità di accoppiamenti parentali (geneticamente nocivi) è talmente ridotta e marginale, da rendere praticamente inutile, selettivamente, l'insorgere di tale tabù comportamentale;
- gli animali, invece, la cui prole è "a dispersione lenta e/o ridotta", di solito sottostanno al "tabù dell'incesto", come l'"homo sapiens", l'"oca cinerina" ed altri, poichè il rischio di accoppiamenti "parentali" (geneticamente nocivi) è molto elevata, e, quindi, l'insorgere di tale tabù comportamentale ha una funzione selettivamente utile per tali specie animali (per quanto diverse sotto molti altri aspetti).
***
Tale tabù, più tecnicamente chiamato "effetto Westermarck", cosí come altri meccanismi che si sono evoluti per ridurre gli effetti potenzialmente negativi dell'accoppiamento con un membro della propria famiglia, di solito scatta anche nel caso di animali privi di tale tabù, ma allevati assieme per un periodo superiore a quello naturale; negli ultimi anni, sono state condotte numerose ricerche volte a identificare quali fossero, nello specifico, le cause ed i meccanismi attraverso i quali gli animali allevati assieme (imparentati o no) manifestano, a livello sessuale,una repulsione reciproca (Penn e Potts, 1998; Schneider e Hendrix, 2000; Lieberman et al, 2003; Weisfeld et al., 2003).
***
Il che vale per tutti gli altri "comportamenti animali", a seconda che essi risultino:
- in genere selettivamente utili, come la "monogamia" negli uccelli;
- ovvero in genere selettivamente inutili, come la "monogamia" nei felini.
E via dicendo!
***
Ovviamente, modificandosi la pressione selettiva dei vari habitat (e dei connessi adattamenti), si evolvono e cambiano anche i comportamenti (gen)etici di una determinata specie; che, quindi, non sono affatto fissati per sempre.
***
Per quanto concerne gli esseri umani in particolare, entro certi limiti, alcuni comportamenti possono modificarsi anche per una semplice diversa pressione culturale; a seconda dei tempi e della diversa collocazione geografica.
***
Molto spesso si tende "riduzionisticamente" ad omologare l'"etica" con l'"etologia" (o viceversa); le quali sono due cose differenti, sebbene coincidenti per certi aspetti.
Come spesso ripeto, tutto dipende dal tipo di approccio:
- "fenomenologico";
- "noumenologico".
Ma non voglio tornare su tale tema, il quale mi sono accorto, per molti suona alquanto ostico.
***
Un saluto! :)
Citazione di: Eutidemo il 11 Dicembre 2019, 11:05:09 AM
***
Molto spesso si tende "riduzionisticamente" ad omologare l'"etica" con l'"etologia" (o viceversa); le quali sono due cose differenti, sebbene coincidenti per certi aspetti.
Come spesso ripeto, tutto dipende dal tipo di approccio:
- "fenomenologico";
- "noumenologico".
Ma non voglio tornare su tale tema, il quale mi sono accorto, per molti suona alquanto ostico.
E' ostico perchè è metafisico e scientificamente infondato. Noi possiamo dire qualcosa solo di fenomenologico. Il noumeno lo lascerei al suo decorso destino scientifico, tenendolo solo come modello concettuale metafisico (insieme degli attributi di un ente epistemicamente in progress) da non entificare, ovvero feticizzare.
Etica ed etologia hanno una comune radice ambientale: l'ethos. Il quale a sua volta è solidamente ancorato alla physis della specie. Avendo tutto ciò un denominatore comune archetipico nel bios di cui stiamo trattando, il cui filo rosso si dipana fino all'emergenza etica umana e ai suoi criteri qualitativi.
Eto-logia è descrittiva, Etica è operativa (Ethos techne), ma entrambe appartengono allo stesso insieme antropologico "tecnoscientifico" e solo nella loro integrazione è possibile capire come funziona l'etologia umana e produrre episteme. Sulla quale è possibile "formare" un approccio razionale all'operatività et(olog)ica.
Citazione di: Ipazia il 11 Dicembre 2019, 11:44:00 AM
Citazione di: Eutidemo il 11 Dicembre 2019, 11:05:09 AM
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Molto spesso si tende "riduzionisticamente" ad omologare l'"etica" con l'"etologia" (o viceversa); le quali sono due cose differenti, sebbene coincidenti per certi aspetti.
Come spesso ripeto, tutto dipende dal tipo di approccio:
- "fenomenologico";
- "noumenologico".
Ma non voglio tornare su tale tema, il quale mi sono accorto, per molti suona alquanto ostico.
E' ostico perchè è metafisico e scientificamente infondato. Noi possiamo dire qualcosa solo di fenomenologico. Il noumeno lo lascerei al suo decorso destino scientifico, tenendolo solo come modello concettuale metafisico (insieme degli attributi di un ente epistemicamente in progress) da non entificare, ovvero feticizzare.
Etica ed etologia hanno una comune radice ambientale: l'ethos. Il quale a sua volta è solidamente ancorato alla physis della specie. Avendo tutto ciò un denominatore comune archetipico nel bios di cui stiamo trattando, il cui filo rosso si dipana fino all'emergenza etica umana e ai suoi criteri qualitativi.
Eto-logia è descrittiva, Etica è operativa (Ethos techne), ma entrambe appartengono allo stesso insieme antropologico "tecnoscientifico" e solo nella loro integrazione è possibile capire come funziona l'etologia umana e produrre episteme. Sulla quale è possibile "formare" un approccio razionale all'operatività et(olog)ica.
Mi pare che, più o meno, sia quello che ho detto anch'io; ed infatti, circa il comportamento animale "in natura", noi possiamo dire qualcosa di "fenomenologico" solo a livello di indagine scientifica. Il livello "noumenologico", invece, prescinde dall'analisi scientifica, trattandosi esclusivamente di un modello concettuale metafisico, non certo verificabile secondo i criteri scientifici! ;)
Citazione di: Eutidemo il 11 Dicembre 2019, 12:46:38 PM
Mi pare che, più o meno, sia quello che ho detto anch'io; ed infatti, circa il comportamento animale "in natura", noi possiamo dire qualcosa di "fenomenologico" solo a livello di indagine scientifica.
Il livello "noumenologico", invece, prescinde dall'analisi scientifica, trattandosi esclusivamente di un modello concettuale metafisico, non certo verificabile secondo i criteri scientifici! ;)
E allora lasciamolo al suo destino metafisico datato, perchè anche a voler fare metafisica sulla vita (e ce n'è molta da fare) non è certo la
vita in sè il bandolo della matassa, più di quanto lo sia il bigbang dell'universo attuale, così come si è evoluto da quel momento iniziale.
Sulla vita dal p.d.v. biologico c'è poco da dire che la scienza non abbia detto. Anche replicarne in laboratorio i meccanismi a partire da materia inorganica ci direbbe poco più di quello che la natura ci dica fenomenologicamente. Anche azzeccassimo in laboratorio il bigbang della vita, nessuno potrebbe affermare che è andata veramente così: anche le vie della natura sono infinite.
Semmai vale la pena ragionare sul
senso e la
qualità della vita da una prospettiva antropologica. Sulla vita dal p.d.v. filosofico. Nell'aerea tematica in cui siamo. Che, magari per caso, è quella giusta.