Io credo che tra le più gravi storture della religione e della filosofia ci sia l'antropocentrismo, cioè la convinzione che l'uomo sia QUALITRATIVAMENTE superiore agli animali e alle altre creature esistenti sul pianeta. L'antropocentrismo genera tracotanza e superbia, fa in modo che l'uomo si senta in diritto di prevaricare sugli altri esseri visi come inferiori e secondo me genera assurdità, come la credenza superstiziosa di molte religioni secondo cui l'uomo è dotato di anima mentre gli animali ne sarebbero privi. L'uomo è sicuramente più evoluto cerebralmente, ha capacità di astrazione superiori, ma la materia di cui noi siamo fatti è la stessa di cui anche una pianta è dotata: non siamo costituiti da qualcosa di alieno, gli atomi e gli elettroni sono gli stessi. Anche la credenza nell'esistenza di un Io individuale secondo me è illusoria e per certi aspetti dannosa: essa, pur essendo utile allo sviluppo della nostra personalità, fa sì che ci sentiamo separati dalla natura e dalle cose, e in nome di questo Ego rischiamo di prevaricare, mentre dovremmo al limite solo accrescere la nostra consapevolezza per migliorare la nostra vita e quella altrui. Anche voi credete che l'antropocentrismo sia falso?
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.
Socrate78, sono d'accordo con iano: già il messaggio stesso che hai scritto è antropocentrista, perché i giudizi che hai espresso tra ciò che valuti dannoso o non dannoso, migliore o peggiore, falso o non falso, sono tutti giudizi che applicano il punto di vista umano. Ci è impossibile uscire ciascuno dal proprio punto di vista. In questo senso la questione è simile a quella aperta da loreT815,
L'odio necessario dell'umanità: siamo in una natura che ci condiziona. Un topo non può fare a meno di giudicare ogni cosa secondo il modo di giudicare di un topo, così uno scarafaggio e così un uomo.
Credo perciò che la via per fare qualcosa di significativo non sia quella di oltrepassare la nostra soggettività: ci siamo dentro, non la possiamo oltrepassare, un gatto non può oltrepassare il suo essere gatto.
Perciò trovo migliore la via di assumere il nostro essere, prenderne atto e tentare di svilupparlo secondo le migliori capacità che in esso riusciamo a individuare, migliori secondo il nostro modestissimo punto di vista umano. Perciò trovo più fruttuoso chiederci: quali sono le capacità di noi esseri umani che oggi ci appaiono migliori? Io oggi trovo ottima proprio questa capacità: prendere atto della nostra soggettività e tentare di favorire pluralismo e diversità.
In apparenza non sto facendo altro che tornare al tuo discorso, visto che pluralismo e diversità viene a significare esattamente sforzo di evitare l'antropocentrismo, però mi sembra che ci sia una differenza: l'umile ammissione che, anche quando lottiamo contro l'antropocentrismo, lo stiamo pur sempre facendo dal di dentro del nostro antropocentrismo. In altre parole, pluralità e diversità non possono davvero essere favorite fin quando non lo si fa con consapevolezza dell'inevitabile soggettivismo, particolarismo, con cui saremo pur sempre costretti a farlo.
Pluralità e diversità non potranno mai essere coltivate da noi esseri umani come fatto oggettivo: nel momento in cui penseremo di farlo con questa mentalità, non avremo fatto altro che imporre la nostra prospettiva antropocentrica.
Se ci riflettiamo, sia le dittature che le democrazie perseguono lo stesso obiettivo: l'uguaglianza di tutti, condizioni uguali per tutti. La differenza sta nel fatto che nelle dittature il compito di stabilire in cosa consiste l'uguaglianza viene assegnato ad una visione che pretende di essere oggettiva ed è la visione del dittatore. Nelle democrazie invece si rinuncia ad una visione oggettiva e il compito di stabilire in cosa consiste l'uguaglianza viene affidato alla discussione popolare, che quindi non finisce mai ed è costretta per ciò stesso a prendere atto del suo essere continuamente soggettiva.
Da qui consegue che il tuo ottimo e altruistico desiderio di evitare l'antropocentrismo può imboccare vie opposte a seconda del criterio a cui pensa di assegnare il compito di individuare in cosa consista l'allontanamento dall'antropocentrismo. Se pensi di possedere un'idea oggettiva su quale debba essere la strada, il tuo altruismo procederà verso la dittatura; se pensi che la strada debba essere individuata in continuazione cercando tutti insieme, allora credo che avremo più speranze di portare avanti ciò che a me personalmente sembra il meglio delle nostre capacità.
Salve Socrate78 e Iano. Questo mio si è accavallato con il post di Angelo Cannata. venendo steso - a quanto pare, in contemporanea con lui. Comunque avete entrambi (anzi, tutti e tre) ragione. L'antropocentrismo è una iattura inevitabile poiché trascurando o negando il sé, la soggettività (cosa comunque intrinsecamente impossibile) di nulla si può parlare e nulla può avere un senso.
Il problema quindi non è l'abolizione del sé ma il raggiungimento di un sufficiente distacco, tale da raggiungere la neutralità tra il soggettivo e l'oggettivo.
Liberarsi dai propri particolarismi, bisogni, aspirazioni, giustificazioni è cosa assai difficile e - per la maggior parte della gente comune - impossibile ed inconcepibile. Per questo i filosofi saranno sempre una ristretta minoranza un po' balzana.
Comunque, per poterlo fare occorre possedere un alto grado di capacità di astrazione e di intelligenza formale.
D'altra parte è proprio la natura che ci vuole egoisti, attraverso l'istinto di sopravvivenza che provveda anzitutto a tutelare noi stessi.
Di qui al considerarci superiori come specie il passo è breve ed automatico.
Il fatto è che l'acquisizione della coscienza da parte della specie umana ha "ipso facto" instaurato un conflitto tra l'uomo e la natura poiché si è venuto ad instaurare un rapporto identico a quello vigente tra madre e figlio. E' vero che il figlio deve la vita (ed anche i mezzi del proprio sostentamento, mi sembra) alla madre........ma i figli fingono di ignorarlo perché fa loro egoisticamente comodo.
Sono pronti a risponderti che la loro esistenza sarebbe semplicemente il prodotto della vocazione materna a figliare, e quindi sarebbe la madre che deve ringraziare il figlio !! E poi i genitori mica hanno interpellato il figlio, prima di concepirlo !!
E poi che vogliono costoro genitori ? I figli sono il nuovo che deve cambiare le vecchie regole del mondo.
Sono d'accordo che l'antropocentrismo sia una concezione umana della realtà che produce errori sistematici.
Non considero un errore la capacità di distinzione, di differenziazione della realtà, a partire dal concetto di io.
Il titolo del topic parla di "antropocentrismo" e "malattia", così mi è tornato in mente questo breve monologo cinematografico:
https://www.youtube.com/watch?v=DoANmDxZFO0Usando (inevitabilmente) categorie umane, diremmo che "ognuno segue la sua natura", ovvero il virus fa il virus, il gatto fa il gatto e l'uomo fa... l'antropocentrico ;D
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
In effetti l'evoluzione della scienza , e quindi dell'uomo , si può raccontare come la storia di un continuo decentramento umano , tanto che di questa fuga impossibile dall'antropocentrismo dovremmo farne metodo.
Grazie alla scienza oggi non siamo lontani dalla possibilità di riportare in vita specie animali che potranno riprendere la loro evoluzione dal punto in cui noi abbiamo contribuito a interromperla , e questa mi sembra una bella fase della nostra vita , qui , sulla terra .
Non tutto l'antropocentrismo dunque vien per nuocere. ;D
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 11:08:20 AMNon tutto l'antropocentrismo dunque vien per nuocere. ;D
Già questa è un'affermazione antropocentrica, perché stabilisce cosa sia nocivo e cosa non lo sia in base a criteri stabiliti dall'uomo. Significa pretendere di imporre all'universo il nostro modo di vedere le cose. Perfino chi augura la sparizione della razza umana dal pianeta, a causa dei "mali" che in esso abbiamo provocato, non fa che tentare di imporre all'universo il modo umano di stabilire cosa sia bene e cosa sia male.
Si , infatti parlavo di fuga impossibile. :)
Sono d'accordo che sia giusto evitare l'antropocentrismo comune, ma trovo sbagliata la tesi che si debba evitare l'antropocentrismo filosofico.
Per "antropocentrismo comune" intendo il concetto di antropocentrismo che solitamente si intende quando si parla di "antropocentrismo". Per "antropocentrismo filosofico", invece, intendo un concezione (che sembra emergere in alcuni punti di questa discussione) molto più totalizzante. Sto pensando all'intervento di Angelo, per esempio:
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Febbraio 2018, 11:16:51 AMGià questa è un'affermazione antropocentrica, perché stabilisce cosa sia nocivo e cosa non lo sia in base a criteri stabiliti dall'uomo. Significa pretendere di imporre all'universo il nostro modo di vedere le cose.
Quindi ogni opinione di valore implicherebbe il peccare di antropocentrismo? Questo mi sembra una degenerazione dell'uso di tale termine. Domanda: l'antropocentrismo così inteso è un grave problema solitamente solo per i nostri giudizi di valore, o anche per le nostre opinioni fattuali?
Citazione di: Socrate78 il 06 Febbraio 2018, 19:43:59 PM
Io credo che tra le più gravi storture della religione e della filosofia ci sia l'antropocentrismo, cioè la convinzione che l'uomo sia QUALITRATIVAMENTE superiore agli animali e alle altre creature esistenti sul pianeta. L'antropocentrismo genera tracotanza e superbia, fa in modo che l'uomo si senta in diritto di prevaricare sugli altri esseri visi come inferiori e secondo me genera assurdità, come la credenza superstiziosa di molte religioni secondo cui l'uomo è dotato di anima mentre gli animali ne sarebbero privi. L'uomo è sicuramente più evoluto cerebralmente, ha capacità di astrazione superiori, ma la materia di cui noi siamo fatti è la stessa di cui anche una pianta è dotata: non siamo costituiti da qualcosa di alieno, gli atomi e gli elettroni sono gli stessi. Anche la credenza nell'esistenza di un Io individuale secondo me è illusoria e per certi aspetti dannosa: essa, pur essendo utile allo sviluppo della nostra personalità, fa sì che ci sentiamo separati dalla natura e dalle cose, e in nome di questo Ego rischiamo di prevaricare, mentre dovremmo al limite solo accrescere la nostra consapevolezza per migliorare la nostra vita e quella altrui. Anche voi credete che l'antropocentrismo sia falso?
Sono solo sciocchezze quelle che vai cianciando.
Cosa vuol dire che non esiste un io individuale?
Cosa c'entra l'io individuale con l'antropocentrismo?
A me sembra che usi l'antropocentrismo (che ha origini culturali e storiche ben definite) per demolire in generale l'idea stessa di uomo (e qualsiasi antrologia ad esso connessa).
Questo avviene perchè la scienza, la nemica mortale della filosofia, tende a far credere che noi siamo come delle strutture meccaniche.
La morte della filosofia che si incarna nel tuo cervello individuale, che ovviamente pure essendo NON UOMO e solo macchina, CREDE (si illude) che esista qualcosa come la RELIGIONE (fatto umano molto umano se ce n'è uno) dimostra solo quanto tu sia confuso, contradditorio nei termini in cui poni i problemi, e in cui credi di risolverli, facendo un gran minestrone.
Io detesto Socrate, ma fa veramente disonore il tuo nick, che cela posizioni meccaniciste e deliranti dell'uomo medio che crede di conoscere la scienza.
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.
Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Citazione di: Angelo Cannata il 06 Febbraio 2018, 21:54:55 PM
Perciò trovo migliore la via di assumere il nostro essere, prenderne atto e tentare di svilupparlo secondo le migliori capacità che in esso riusciamo a individuare, migliori secondo il nostro modestissimo punto di vista umano. Perciò trovo più fruttuoso chiederci: quali sono le capacità di noi esseri umani che oggi ci appaiono migliori? Io oggi trovo ottima proprio questa capacità: prendere atto della nostra soggettività e tentare di favorire pluralismo e diversità.
Ma se non sei aperto (e non lo sei, te lo assicuro) a far entrare il punto di vista dell'altro, nel tuo punto di vista, come puoi pretendere poi di favorire pluralismo e diversità?
Se ognuno non può uscire dal proprio punto di vista, come tu ripetutamente ti ostini a dire, allora tu stai sposando una posizione solipsista.
Che è una posizione stupida in partenza, ma che degenera nella "malattia" del razzismo.
Sostanzialmente ti stai ponendo da solo, un problema inesistente davanti,e cerchi di combattere le sue inevitabili conseguenze, ossia il disprezzo degli altri, come se fosse lo scopo della tua vita.
Ma questa è la stessa operazione delirante che fa Socrate78.
Tra l'altro l'antropocentrismo è una questione del 1400....frattanto in caso non ve ne siete accorti di acqua sotto i ponti ne è passata.
Citazione di: viator il 06 Febbraio 2018, 21:57:22 PM
Liberarsi dai propri particolarismi, bisogni, aspirazioni, giustificazioni è cosa assai difficile e - per la maggior parte della gente comune - impossibile ed inconcepibile. Per questo i filosofi saranno sempre una ristretta minoranza un po' balzana.
Ti volevo informare caro aspirante androide, che la filosofia non ha mai avuto come tema le insulsaggine che vai dicendo.
Quando mai la filosofia ha fatto a meno del soggetto?!!
La filosofia lo ha costruito come concetto il soggetto!!!!
Certo il novecento ha fatto entrare quel concetto in crisi, ma essere in crisi non vuol dire rinnegarlo.
Sono felice di informarla che lei, il suo amico alter-ego Iano, e Socrate78 siete completamente all'interno delle pratiche del pensiero scientista.
E le consiglio a lei e i suoi amichetti, di far un pò di lavoro introspettivo.
Perchè si sa che in psicologia, prima di poter passare alle "cure" è necessario ricostruire il soggetto.
Io non sto dicendo che voi siate malati, ma vi sto dicendo che il processo di messa in discussione delle idee, ha le stesse problematiche, di chi quella discussione, quella crisi, le vive sul piano reale e non ideale, come perarltro mi auguro voi facciate.
Citazione di: baylham il 07 Febbraio 2018, 11:44:39 AM
Sono d'accordo che l'antropocentrismo sia una concezione umana della realtà che produce errori sistematici.
Non considero un errore la capacità di distinzione, di differenziazione della realtà, a partire dal concetto di io.
Errore del 1400, che dopo Galilei mi sembra qualcosina sia cambiata non trovi?
Citazione di: Phil il 07 Febbraio 2018, 19:40:57 PM
Il titolo del topic parla di "antropocentrismo" e "malattia", così mi è tornato in mente questo breve monologo cinematografico:
https://www.youtube.com/watch?v=DoANmDxZFO0
Usando (inevitabilmente) categorie umane, diremmo che "ognuno segue la sua natura", ovvero il virus fa il virus, il gatto fa il gatto e l'uomo fa... l'antropocentrico ;D
Ma come Phil mi deludi!
E' proprio perchè le categorie sono inevitabilmente umane (non vedo cosa c'entri l'antropocentrismo) che FORSE ma FORSE il concetto di natura dovrebbe essere "leggermente" (e sono immensamente ironico nel dirlo) ripensato.
Non vorrei che vivendo in questi tempi buj, anche tu, uno dei pochi frequentatori "sani" del forum, sia obnubilato dall'incanto delle parole.
In questione non è tanto la questione dell'uomo, che è, caso mai qualcuno abbia perso il filo, SEMPRE una questione di relazioni con l'Altro (concetto in cui vi è iscritta la tecnica, l'antropologia, la teologia e altri campi dell'umano sapere).
Quanto delle sue storiche chisure:
se vogliamo parlare della vecchia questione dell'antropocentrismo, in maniera contemporanea, forse dobbiamo andare, al di là della storia, e cercare di leggere quello che animava quelle idee, e se quel qualcosa resiste tutt'oggi.
E' per questo che sposterei la questione sul psicologico.
La filosofia e la religione non sono invece proprio i MAGGIORI problemi dell'uomo? (e non il contrario come invece il 3d tenta di dimostrar: cosa bizzarra che ha catturato la mia attenzione, c'è qualcosa di significativo in questo 3d, da smantellare ovvio).
La proiezione fantastica di qualcosa che inerisce le ambizioni del singolo, di sopraffazione dell'altro.
Sia essa tecnica o burocratica?
L'accettazione supina della religione e della filosofia non è invece il sintomo di una malattia che perdura nelle epoche? e che chiede di essere curata, visto il livello di consapevolezza, a cui si può arrivare. Consapevolezza dell'altro, non di se stessi. Non delle infinite autocoscienze, prodotto del solipsismo che regna silenzioso nelle teste delle persone. Mai indagato e processato come si deve.
Non che il processo sia cosa utile, ma almeno un sussulto della da me odiate etica....nemmeno quello!
TEMPI BUJ, ancora e sempre BUJ.
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
Di queste sciocchezze io NON ritengo di avere consapevolezza.
Il gatto critica il mondo?? A me sembra che stiamo delirando.
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 11:08:20 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
In effetti l'evoluzione della scienza , e quindi dell'uomo , si può raccontare come la storia di un continuo decentramento umano , tanto che di questa fuga impossibile dall'antropocentrismo dovremmo farne metodo.
Grazie alla scienza oggi non siamo lontani dalla possibilità di riportare in vita specie animali che potranno riprendere la loro evoluzione dal punto in cui noi abbiamo contribuito a interromperla , e questa mi sembra una bella fase della nostra vita , qui , sulla terra .
Non tutto l'antropocentrismo dunque vien per nuocere. ;D
Caro androide la scienza la fanno gli uomini.....
green demetr,
- Socrate78 va cianciando sciocchezze :-[
- iano si crede di essere un androide :-X
- io sto delirando :'(
- viator scrive insulsaggini :(
- baylham non si è accorto che dal 1400 qualcosina è cambiata :-\
- Phil ti delude :( .
Non voglio dirti chi hai dimenticato 8) , magari riuscirà a passarla liscia.
Forse mi sono perso qualcosa: ha avuto inizio il Giudizio Finale >:( e io non me n'ero accorto? C'è ancora tempo per redimerci, magari solo un piccolo strappo, giusto il tempo di tornare in terra a compiere un'operina buona, piccola piccola, ;D quanto può bastare per agganciarci al purgatorio invece che precipitare nell'inferno?
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:51:35 PM
Citazione di: baylham il 07 Febbraio 2018, 11:44:39 AM
Sono d'accordo che l'antropocentrismo sia una concezione umana della realtà che produce errori sistematici.
Non considero un errore la capacità di distinzione, di differenziazione della realtà, a partire dal concetto di io.
Errore del 1400, che dopo Galilei mi sembra qualcosina sia cambiata non trovi?
Effettivamente il geocentrismo è stato soppiantato da Galilei.
Tuttavia ci sono molti indizi attuali di antropocentrismo, mi riferisco in particolare alla presunzione umana di un potere di controllo, dominio sulla realtà, cui accennava Angelo Cannata, che non ha fondamento. Questa presunzione è produttiva di errori sistemici.
Citazione di: baylham il 08 Febbraio 2018, 16:47:15 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:51:35 PM
Citazione di: baylham il 07 Febbraio 2018, 11:44:39 AM
Sono d'accordo che l'antropocentrismo sia una concezione umana della realtà che produce errori sistematici.
Non considero un errore la capacità di distinzione, di differenziazione della realtà, a partire dal concetto di io.
Errore del 1400, che dopo Galilei mi sembra qualcosina sia cambiata non trovi?
Effettivamente il geocentrismo è stato soppiantato da Galilei.
Tuttavia ci sono molti indizi attuali di antropocentrismo, mi riferisco in particolare alla presunzione umana di un potere di controllo, dominio sulla realtà, cui accennava Angelo Cannata, che non ha fondamento. Questa presunzione è produttiva di errori sistemici.
Ma infatti! dobbiamo stare sempre attenti persino alle nostre opinioni.
Per me siamo dentro un errore sistemico: la presunzione che non esistano fonti alternative di energie.
Dovuto ad un altro errore sistemico che più in generale è la tendenza del capitalismo a trasformarsi in organizzazioni di trust (sia verticale, ma oggi più che mai orizzontale).
Che mettono sul trono oligarchie, che sono malate psicologicamente, ossia che sono vittime del linguaggio strutturale che le ha letteralmente prodotte. Ossia quello religioso.
Queste oligarchie sono messe in discussione da un punto di vista morale, e cioè religioso, che voglio ricordare è proprio quello che le ha create.....
Combattiamo il fuoco con il fuoco, e il fuoco può solo aumentare.
La colpa è dell'uomo che ha inventato le religioni, certo, ma poi sono le religioni che hanno creato l'uomo.
Certo che l'antropocentrismo, il credersi DEI, è un problemino, ma anche credere che esistano DEI che decidono come comportarsi è un problemuccio mica da poco.
E secondo me il secondo proprio perchè è stutturale, e quindi noi ci viviamo dentro, è più grave del primo.
Perchè il primo è presunto. Mentre il secondo è reale.
Ora la mia polemica vorrebbe essere un tentativo di mettere l'attenzione sul problema sociale, che ci determina, piuttosto che su un tema individuale, come se la colpa fosse dei singoli uomini.
Che attenzione è proprio il motivo per cui poi ce la prendiamo con i più poveri o con i vicini.
Il modello dell'uomo macchina è perfetto nelle economie della politica reale, dei potenti.
Se vogliamo usare antiche terminologie, dei capitalisti. (io li chiamo oligarchi).
Basterebbe ricordarci un pò di storia fatta alle medie.
Ci ricordiamo tutti del "fordismo" spero.
Lo abbiamo visto tutti TEMPI MODERNI di CHAPLIN.
Lo so che sembra un disco incantato, ma ci tengo a sottolineare la mia posizione, che è poi quella di una certà intellettualità forse di sinistra.(certo oggi c'è solo da imbarazzarsi o da amareggiarsi di certe origini).
Capisco la posizione dei vari IANO e VIATOR che insistono tantissimo sul nuovo paradigma delle scienze naturali, sulla scorta di gentaccia come Dawkins etc....
Più che mai è necessaria la polemica. Anche se poi per quel che mi riguarda, non me ne frega niente. gli umanisti hanno rotto le scatole agli scienziati per millenni, e ora questi si stanno togliendo dalle scarpe tutti i sassolini e i macigni accumulati nei secoli.
Forse è anche per questo che questo 3d mi ha acceso.
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Febbraio 2018, 16:17:10 PM
green demetr,
- Socrate78 va cianciando sciocchezze :-[
- iano si crede di essere un androide :-X
- io sto delirando :'(
- viator scrive insulsaggini :(
- baylham non si è accorto che dal 1400 qualcosina è cambiata :-\
- Phil ti delude :( .
Non voglio dirti chi hai dimenticato 8) , magari riuscirà a passarla liscia.
Forse mi sono perso qualcosa: ha avuto inizio il Giudizio Finale >:( e io non me n'ero accorto? C'è ancora tempo per redimerci, magari solo un piccolo strappo, giusto il tempo di tornare in terra a compiere un'operina buona, piccola piccola, ;D quanto può bastare per agganciarci al purgatorio invece che precipitare nell'inferno?
;D no non è il giorno del giudizio.
Ma anche tu scusa: possiamo utilmente presumere che il gatto abbia una relazione con il mondo.
Possiamo osservare il gatto nell'orizzonte della nostra presunzione, possiamo decidere che il gatto abbia certi comportamenti, ma da lì dal fare osservazioni sul gatto, al credere che il gatto pensi, è una cosa che mi ha sempre fatto imbestialire ;)
Spero almeno ti convinca che le nostre menti sono separate.
Perchè questa tua affermazione (che la mente individuale non esiste) mi è giunta nuova e permettimi di aggiungere sgradita.
Boh forse avremo modo di chiarire la questione.
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 17:44:45 PMPerchè questa tua affermazione (che la mente individuale non esiste) mi è giunta nuova e permettimi di aggiungere sgradita.
Dove si trova questa mia affermazione?
Citazione di: Angelo Cannata il 08 Febbraio 2018, 17:56:53 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 17:44:45 PMPerchè questa tua affermazione (che la mente individuale non esiste) mi è giunta nuova e permettimi di aggiungere sgradita.
Dove si trova questa mia affermazione?
E
ciai pure ragione, non eri tu. ;D sorry
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.
Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 16:11:38 PM
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 11:08:20 AM
Citazione di: Angelo Cannata il 07 Febbraio 2018, 21:05:57 PM
Non dubito che possa considerarsi antropocentrico, come ho già accennato, anche l'autoconsiderarci virus, cioè il fare autocritica. Questo credo che ci apra orizzonti migliori: tutto l'universo fa autocritica, da quando esiste; il divenire, l'evoluzione, non sono altro che modi di porre in atto un'autocritica; anche un gatto fa autocritica nella misura in cui il suo corpo è tuttora in evoluzione. Noi non facciamo altro che partecipare a quest'autocritica coinvolgendo in essa, oltre al nostro corpo, anche una particolare facoltà che riteniamo di avere, cioè la consapevolezza.
In effetti l'evoluzione della scienza , e quindi dell'uomo , si può raccontare come la storia di un continuo decentramento umano , tanto che di questa fuga impossibile dall'antropocentrismo dovremmo farne metodo.
Grazie alla scienza oggi non siamo lontani dalla possibilità di riportare in vita specie animali che potranno riprendere la loro evoluzione dal punto in cui noi abbiamo contribuito a interromperla , e questa mi sembra una bella fase della nostra vita , qui , sulla terra .
Non tutto l'antropocentrismo dunque vien per nuocere. ;D
Caro androide la scienza la fanno gli uomini.....
Che la scienza la facciano gli uomini è il mio mantra.
Mi pare strano ritrovarmela come critica.
Non ho capito che pesce sei . Mi impegnerò di più.
a me pare che un rifiuto davvero coerente con l'antropocentrismo (nella misura in cui lo intendiamo come idea di una superiorità morale della vita umana rispetto alle altre forme di vita, o più in generale verso ogni forma di esistenza nel mondo), dovrebbe condurre a una conseguenza che molti critici stessi dell'antropocentrismo avrebbero probabilmente timore di riconoscere e ammettere. La conseguenza sarebbe la totale indifferenza verso ogni forma di cultura, verso la filosofia, l'arte, la letteratura, la scienza, la morale stessa, tutti prodotti del pensiero astratto che contraddistingue la vita umana rispetto ad ogni altra forma di vita. Perché, se il fatto che solo un essere umano potrebbe scrivere un'opera filosofica, elaborare una teoria scientifica, comporre una sinfonia musicale, dipingere un quadro, proporre un modello riforme economiche e sociali che aumentano il benessere e la libertà delle persone, non è considerato come parametro sufficiente per legittimare una superiorità morale rispetto a chi tutte queste cose non ha gli strumenti intellettuali per produrre, allora implicitamente significa che ad esse non viene riconosciuto alcun valore. Come si può riconoscere il valore di qualcosa senza al contempo condividere l'attribuzione di valore con il soggetto che ha reso possibile quel qualcosa, senza il quale quel qualcosa non sarebbe mai potuto essere creato? Come posso amare la musica senza al contempo far sì che un grande cantante o musicista possano essere ammirati in quanto tali, come creatori di qualcosa che amo, come depositari di una stima che contribuisce ad innalzarli rispetto agli altri? (ovviamente l'amore per la musica è solo un esempio in particolare, non è l'amore per la musica sia di per sé sufficiente a far stimare nel complesso i musicisti rispetto ai non-musicisti IN ASSOLUTO, in quanto la musica è solo uno dei tanti, non necessariamente tra i più importanti, fattori che contribuiscono a formare un giudizio sulla personalità complessiva della persona, ma, nel suo piccolo, contribuisce ad orientare la simpatia od antipatia, cioè il giudizio di valore, assieme a tutti gli altri).
preciso che ciò non vuol dire che ritenga l'antropocentrismo una posizione più (o meno) razionale dell'anti-antropocentrismo, in quanto considero che le preferenze di valore non siano legittimabili sulla base di una razionalità che abbia di mira la corrispondenza fra discorso e realtà oggettiva, dato che i valori non sono fatti, ma idee che ciascuno di noi elegge a criteri soggettivi di valutazione delle cose o degli eventi. La razionalità entra in gioco, però nel rilevare la coerenza interna sussistente fra determinate premesse e le implicazioni, e in questo senso la svalutazione dei prodotto della peculiarità dell'uomo, vale a dire la cultura, mi pare conseguenza inevitabile dalla premessa della svalutazione dell'uomo, e la sua rimozione da un livello si superiorità rispetto alla natura (superiorità che tra l'altro non toglie affatto necessariamente una certa misura di rispetto a ciò che collochiamo nei piani inferiori, essendo l' "inferiore" un concetto che rimanda ad una negatività non assoluta, ma solo comparativa, è cioè una forzatura pensare che un giudizio di valore sulla superiorità dell'uomo implichi necessariamente il disprezzo per tutto il resto delle cose, per gli animali, le piante, le bellezze della natura ecc, semmai richiama piuttosto l'appello ad una maggiore responsabilità dell'uomo stesso nei confronti della relazione con tutto ciò).
Salve. Per Green Demetr : carissimo (se mi permetti una simile confidenza) Green Demetr, vedo che sia i nostri linguaggi che le nostre teste sono abbastanza diversi. Dal tuo linguaggio infatti non capisco cosa rimproveri a me ed agli altri, a parte una qualche generica limitatezza (tutti siamo più o meno limitati, vero?).
Personalmente non credo nell'introspezione. Dovrei usare il mio cervello per capire cosa contiene? Ma per farlo dovrei prima svuotarlo per poi esaminarne i contenuti. Non dispongo di cervelli di scorta per farlo.
Certo, potresti dirmi di usare la coscienza. Ma essa fa appunto parte dei contenuti cerebrali, a meno che tu mi indichi quale collocazione extracerebrale ed extracranica la coscienza invece abbia.
Per capire anatomia e funzionamento dei corpi i primi anatomisti e fisiologi usavano scannarsi da sé.....ma si capì che la cosa non era di molto aiuto.......
Comunque voglio infine essere sincero. L'introspezione mi terrorizza soprattutto per la prospettiva di imbattermi nel mio vuoto pneumatico, se non proprio filosofico. Stammi benone.
Citazione di: davintro il 08 Febbraio 2018, 22:19:58 PM
Come posso amare la musica senza al contempo far sì che un grande cantante o musicista possano essere ammirati in quanto tali, come creatori di qualcosa che amo, come depositari di una stima che contribuisce ad innalzarli rispetto agli altri? (ovviamente l'amore per la musica è solo un esempio in particolare, non è l'amore per la musica sia di per sé sufficiente a far stimare nel complesso i musicisti rispetto ai non-musicisti IN ASSOLUTO, in quanto la musica è solo uno dei tanti, non necessariamente tra i più importanti, fattori che contribuiscono a formare un giudizio sulla personalità complessiva della persona, ma, nel suo piccolo, contribuisce ad orientare la simpatia od antipatia, cioè il giudizio di valore, assieme a tutti gli altri).
preciso che ciò non vuol dire che ritenga l'antropocentrismo una posizione più (o meno) razionale dell'anti-antropocentrismo, in quanto considero che le preferenze di valore non siano legittimabili sulla base di una razionalità che abbia di mira la corrispondenza fra discorso e realtà oggettiva, dato che i valori non sono fatti, ma idee che ciascuno di noi elegge a criteri soggettivi di valutazione delle cose o degli eventi. La razionalità entra in gioco, però nel rilevare la coerenza interna sussistente fra determinate premesse e le implicazioni, e in questo senso la svalutazione dei prodotto della peculiarità dell'uomo, vale a dire la cultura, mi pare conseguenza inevitabile dalla premessa della svalutazione dell'uomo, e la sua rimozione da un livello si superiorità rispetto alla natura (superiorità che tra l'altro non toglie affatto necessariamente una certa misura di rispetto a ciò che collochiamo nei piani inferiori, essendo l' "inferiore" un concetto che rimanda ad una negatività non assoluta, ma solo comparativa, è cioè una forzatura pensare che un giudizio di valore sulla superiorità dell'uomo implichi necessariamente il disprezzo per tutto il resto delle cose, per gli animali, le piante, le bellezze della natura ecc, semmai richiama piuttosto l'appello ad una maggiore responsabilità dell'uomo stesso nei confronti della relazione con tutto ciò).
L"esempio che fai sulla musica è chiaro.Tuttavia non posso non notare che l'ammirazione verso cantanti e musicisti è un prodotto del nostro tempo , mentre l'ammirazione per la musica no.
La presunta svalutazione dell'uomo connota solo i momenti di crisi , di passaggio , fra un uomo vecchio e un uomo nuovo laddove si inizia a dire che non esistono più i valori di una volta, con accento negativo.
Ovvio che no n ci sono più i valori di una volta,e ovvio che non sia chiaro quali siano i nuovi , perché ancora non determinati chiaramente.
A dire il vero ormai corriamo così veloci che non è neanche possibile capire dove inizia e finisce una crisi e ne inizia un altra e i nuovi valori sembrano scalzarsi a vicenda , e non sembrano resistere abbastanza a lungo perché qualcuno possa farne fede .Che forse è un buon modo di tradurre la presunta mancanza di valori.Semmai mi sento scoraggiato dai valori abbracciati dai giovani che sembrano quelli dei bisnonni che non hanno conosciuti.Chi glieli ha trasmessi? Magari glieli abbiamo trasmessi noi senza volere, e in mancanza di altro di ben definito , a quelli si attaccano , perché comunque sembra non si possa vivere orfani di valori.
Sicuramente non ci sono più le crisi di una volta. ;D
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 21:56:35 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.
Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.
Dipende dagli uomini caro androide.
Se un uomo cerca la realtà assoluta, probabilmente non ha capito nulla di filosofia.
L'assoluto non è la realtà assoluta.
L'uomo tende all'assoluto: ma non sono uno di quei filosofi che deve usare la fisica per "giustificare" questa spinta verso l'alto. (forse a questo lei allude parlando di uomini che hanno aperto gli occhi, e che per me invece li hanno chiusi per sempre).
Anche perchè l'alto non è un luogo. Ripeto: dipende dagli uomini, per quel che mi riguarda io difendo solo una storia delle idee che credo abbia molto più senso, rispetto alle vecchie dispute se l'uomo sia una macchina o meno. A me interessa la metafisica.
Per quanto riguarda la fisica, ho ascoltato centinaia di conferenze per la plebe, digiuna di matematica, per farmi una idea generica.
A me pare proprio che la fisica sia semplicemente una misurazione di iterazioni presunte.
Presunzione entro la quale si giustificano alcuni risultati ottenuti di gestione dell'energia, in particolare delle cariche.(penso sopratutto ai processori che usano la metà della corrente, sfruttando il salto quantico).
Non vedo sinceramente cosa c'entri con l'uomo. Da che ascolto mi pare che la spiegazione meno stupida sia quella che prevede l'emersione di uno stato rispetto ad un altro, da una grandezza fisica ad un altra.
(ci sono materiali migliori che l'uomo, per far passare la corrente).
A meno che androide le mi dica che la fisica quantistica venga usata per studiare l'uomo.
(finora non ho mai sentito nessuno parlarne, ma sono qua pronto a sentire le novità).
E inoltre come sempre la lotta dei protocoli:
Come dire che una presunzione non deve andare contro un altra presunzione. Se entrambe le presunzioni sono all'interno collegiale delle regole scelte a tavolino.
Mi pare che gli scienziati, se mai riescano ad andare al potere, il che esattamente come per il filosofo è cosa difficile che MAI avvenga.
Si dilettano a dare spiegazioni per rafforzare la propria posizione sociale.
Cose molto umane, che qualsiasi androide dovrebbe cominciare a studiare.
E' sempre vero che tutto cambia perchè tutto rimanga come prima.
Citazione di: davintro il 08 Febbraio 2018, 22:19:58 PM
a me pare che un rifiuto davvero coerente con l'antropocentrismo (nella misura in cui lo intendiamo come idea di una superiorità morale della vita umana rispetto alle altre forme di vita, o più in generale verso ogni forma di esistenza nel mondo), dovrebbe condurre a una conseguenza che molti critici stessi dell'antropocentrismo avrebbero probabilmente timore di riconoscere e ammettere. La conseguenza sarebbe la totale indifferenza verso ogni forma di cultura, verso la filosofia, l'arte, la letteratura, la scienza, la morale stessa, tutti prodotti del pensiero astratto che contraddistingue la vita umana rispetto ad ogni altra forma di vita. Perché, se il fatto che solo un essere umano potrebbe scrivere un'opera filosofica, elaborare una teoria scientifica, comporre una sinfonia musicale, dipingere un quadro, proporre un modello riforme economiche e sociali che aumentano il benessere e la libertà delle persone, non è considerato come parametro sufficiente per legittimare una superiorità morale rispetto a chi tutte queste cose non ha gli strumenti intellettuali per produrre, allora implicitamente significa che ad esse non viene riconosciuto alcun valore. Come si può riconoscere il valore di qualcosa senza al contempo condividere l'attribuzione di valore con il soggetto che ha reso possibile quel qualcosa, senza il quale quel qualcosa non sarebbe mai potuto essere creato? Come posso amare la musica senza al contempo far sì che un grande cantante o musicista possano essere ammirati in quanto tali, come creatori di qualcosa che amo, come depositari di una stima che contribuisce ad innalzarli rispetto agli altri? (ovviamente l'amore per la musica è solo un esempio in particolare, non è l'amore per la musica sia di per sé sufficiente a far stimare nel complesso i musicisti rispetto ai non-musicisti IN ASSOLUTO, in quanto la musica è solo uno dei tanti, non necessariamente tra i più importanti, fattori che contribuiscono a formare un giudizio sulla personalità complessiva della persona, ma, nel suo piccolo, contribuisce ad orientare la simpatia od antipatia, cioè il giudizio di valore, assieme a tutti gli altri).
preciso che ciò non vuol dire che ritenga l'antropocentrismo una posizione più (o meno) razionale dell'anti-antropocentrismo, in quanto considero che le preferenze di valore non siano legittimabili sulla base di una razionalità che abbia di mira la corrispondenza fra discorso e realtà oggettiva, dato che i valori non sono fatti, ma idee che ciascuno di noi elegge a criteri soggettivi di valutazione delle cose o degli eventi. La razionalità entra in gioco, però nel rilevare la coerenza interna sussistente fra determinate premesse e le implicazioni, e in questo senso la svalutazione dei prodotto della peculiarità dell'uomo, vale a dire la cultura, mi pare conseguenza inevitabile dalla premessa della svalutazione dell'uomo, e la sua rimozione da un livello si superiorità rispetto alla natura (superiorità che tra l'altro non toglie affatto necessariamente una certa misura di rispetto a ciò che collochiamo nei piani inferiori, essendo l' "inferiore" un concetto che rimanda ad una negatività non assoluta, ma solo comparativa, è cioè una forzatura pensare che un giudizio di valore sulla superiorità dell'uomo implichi necessariamente il disprezzo per tutto il resto delle cose, per gli animali, le piante, le bellezze della natura ecc, semmai richiama piuttosto l'appello ad una maggiore responsabilità dell'uomo stesso nei confronti della relazione con tutto ciò).
Certo sono d'accordo, ma senza farne un dramma.
Nel senso che il dramma, non è da ricercare nelle argomentazioni. Ma piuttosto nelle premesse di qualsiasi discorso.
Quello che voglio dire è che le premesse androidi, in realtà sono premesse umane, politiche.
(Che prevedono già in sè stesse, tutte le argomentazioni, e le confutazioni, sopratutto, come ogni buon politico sa: chi attacca per primo vince).
Queste politiche predatorie dell'umano non fanno parte del bagaglio della razionalità, intesa come scienza del discorso etico, ma come scienza del discorso logico.
In particolare del discorso paranoide. (appunto dell'uomo che inscena la sua morte, e che trova finalmente compimento nella prossima età dei robot).
Tutte scemenze ovviamente, il filosofo cammina 2 metri sopra il cielo.
Citazione di: viator il 08 Febbraio 2018, 22:35:08 PM
Salve. Per Green Demetr : carissimo (se mi permetti una simile confidenza) Green Demetr, vedo che sia i nostri linguaggi che le nostre teste sono abbastanza diversi. Dal tuo linguaggio infatti non capisco cosa rimproveri a me ed agli altri, a parte una qualche generica limitatezza (tutti siamo più o meno limitati, vero?).
Personalmente non credo nell'introspezione. Dovrei usare il mio cervello per capire cosa contiene? Ma per farlo dovrei prima svuotarlo per poi esaminarne i contenuti. Non dispongo di cervelli di scorta per farlo.
Certo, potresti dirmi di usare la coscienza. Ma essa fa appunto parte dei contenuti cerebrali, a meno che tu mi indichi quale collocazione extracerebrale ed extracranica la coscienza invece abbia.
Per capire anatomia e funzionamento dei corpi i primi anatomisti e fisiologi usavano scannarsi da sé.....ma si capì che la cosa non era di molto aiuto.......
Comunque voglio infine essere sincero. L'introspezione mi terrorizza soprattutto per la prospettiva di imbattermi nel mio vuoto pneumatico, se non proprio filosofico. Stammi benone.
La coscienza intesa nel senso idealista hegeliano, non è qualcosa legato al percetto.E' ciò che rimane una volta tolto il percetto.Se togli il percetto, ovviamente non rimane niente.Questa è una cosa che sicuramente fa paura, e che blocca anche moltissimi interpreti di Hegel.Per normalizzare la cosa, però io faccio questa premessa: che, comunque sia, l'uomo in quanto tale, è dentro al percetto. (non fuori! e chi dice che è fuori, è fuori come un balcone! ////e... ok! molti filosofi metafisici lo hanno detto, e ora a noi che prendiamo la staffa delle loro scemenze ci tocca subire la gente come voi, androide....ma va bene così, almeno i metafisici contemporanei che insistono nel loro delirio saranno ampiamente mazzolati//// ).La cosa invisibile che lo comanda, si chiama desiderio.Io sfido proprio almeno nel proprio privato, che visto che nel pubblico è tutto un "OH MIO DIO!", ad ammettere che abbiamo desideri. E che questi desideri siano molto materiali. Pur se uno ci pensa, non essendolo affatto. (il desiderio in sè, non è l'oggetto del desiderio //// e ok molti filosofi fanno anche questo errore etc....etc....///// ciò nonostante lo sentiamo parte di noi, e ci determina come esseri completi, umani, MAI androidi, l'androide non avrà MAI desiderio, e questo è il delta vero di differenza tra presunzione di essere androidi che è in realtà il desiderio di non essere umani, e in ultima come dice davintro, contiene in sè il germe della svalutazione degli uomini, di solito gli altri, che a sua volta contiene il germe del disprezzo di sè, per fare un breve vademecum dei trattati psicologici.)Lo studio del cervello è lo studio di come l'uomo percepisce.Non di come desidera (non dell'assoluto in termini filosofici).Indubitabilmente il percetto è parte integrata del desiderio, ma non è la sua riduzione ad organo.Basterebbe d'altronde leggere qualche blog di neuroscienze, per farci capire, che già al livello attuale queste presunzioni vanno rimesse in discussione.Quando aree del cervello vengono compromesse, il cervello è ancora in grado di trovare le stesse conformazioni mentali, su altre regioni (con significative limitazioni tuttavia).Ma il cervello allora è un organo complesso, viene chiamato polifunzionale.Certo! Ma che il percetto sia polifunzionale, la filosofia lo sa da tempo.Il contenuto del percetto, dipende indubitabilmente dal percetto stesso.Oggi come oggi, sappiamo che il percetto è quasi esclusivamente competenza della corteccia.(questo la filosofia non lo sapeva)Molti organi sono caduti in disgrazia. Manco ci fosse una guerra politica, fra esperti di organi.Ma appunto in realtà la guerra si è spostata dall'apparato meccanico del corpo, alle sue estensioni, occhio articiale, arto artificiale, etc... e sopratutto a livello filosofico a livello mentale.In tutti questi cambiamenti epocali, che vedono scoperte al ritmo serrato di mesi, se non di giorni, è facile perdersi.Poichè i contenuti mentali sono contenuti del linguaggio, e non della mente, come stanno guerreggiando varie fazioni (del materialismo cinico).La questione si sposta dalla funzione cerebrale, al suo segno, oggi si dovrebbe parlare di impero dei segni. Non delle funzioni mentali. (un regno senza re, immaginario) auguri a tutte le scienze dell'IT e della cibernetica in questo senso.(molto sangue e molte carriere si infrangeranno su una guerra senza territorio).Il territorio è quello dei segni.Voler essere androidi, per rivendicare una proprio individualità che si confronta con i nuovi punti di vista del mondo, poichè il mondo è cambiato, è in realtà, come già detto, essere sudditi di un regno di parole, che vuole uomini spendibili. Al calcolo, al depensamento, al sacrificio loro e sopratutto degli altri (e intendo proprio sanguinario). Le distopie di Asimov o di P. Dick, parlano proprio di come la vera guerra sia una guerra per il dominio dell'immaginario.Ma l'androide Roy di Blade Runner si ribella : "noi volevamo solo sentire la vita che pulsa dietro le cose di ogni giorno che segue un altro. Noi volevamo amare prima che tutto sia finito. Ma ora è tutto finito" (all'arrivo del bounty killer: umano troppo umano).
Citazione di: green demetr il 09 Febbraio 2018, 16:19:34 PM
Citazione di: iano il 08 Febbraio 2018, 21:56:35 PM
Citazione di: green demetr il 08 Febbraio 2018, 15:34:45 PM
Citazione di: iano il 06 Febbraio 2018, 20:00:44 PM
L'amtropocemtrismo in se' è ineliminabile , in quanto equivale a dire che l' uomo osserva dal suo punto di vista e giudica.Il punto di vista però non è fisso e si evolve , quindi cambia , ma rimane sempre un punto di vista particolare .Anche in tal senso immagino gli animali siano uguali a noi.
Gli animali non scrivono libri, in caso tu non lo sappia, caro uomo che si crede di essere un androide.
Ormai è diffusa fra noi androidi la convinzione che l'osservazione non è mai indipendente dall'osservatore.
In se' questa affermazione sarebbe una banalità.
Si potrebbe enunciare come principio a priori e nessuno dotato di buon senso dovrebbe avere nulla da eccepire , eppure gli uomini si sono illusi , in quanto uomini , pur ammettendo i propri limiti , di essere sulla strada che porta la comprensione assoluta della realtà, come se a ciò fossero predestinati.
E invece hanno dovuto aspettare le prove portate dalla teoria quantistica per aprire , o meglio per riaprire gli occhi su un nuovo possibile punto di vista.
Questo fatto fa' molto riflettere noi androidi e invito anche gli umani a farlo.
Dipende dagli uomini caro androide.
Se un uomo cerca la realtà assoluta, probabilmente non ha capito nulla di filosofia.
L'assoluto non è la realtà assoluta.
L'uomo tende all'assoluto: ma non sono uno di quei filosofi che deve usare la fisica per "giustificare" questa spinta verso l'alto. (forse a questo lei allude parlando di uomini che hanno aperto gli occhi, e che per me invece li hanno chiusi per sempre).
Anche perchè l'alto non è un luogo. Ripeto: dipende dagli uomini, per quel che mi riguarda io difendo solo una storia delle idee che credo abbia molto più senso, rispetto alle vecchie dispute se l'uomo sia una macchina o meno. A me interessa la metafisica.
Per quanto riguarda la fisica, ho ascoltato centinaia di conferenze per la plebe, digiuna di matematica, per farmi una idea generica.
A me pare proprio che la fisica sia semplicemente una misurazione di iterazioni presunte.
Presunzione entro la quale si giustificano alcuni risultati ottenuti di gestione dell'energia, in particolare delle cariche.(penso sopratutto ai processori che usano la metà della corrente, sfruttando il salto quantico).
Non vedo sinceramente cosa c'entri con l'uomo. Da che ascolto mi pare che la spiegazione meno stupida sia quella che prevede l'emersione di uno stato rispetto ad un altro, da una grandezza fisica ad un altra.
(ci sono materiali migliori che l'uomo, per far passare la corrente).
A meno che androide le mi dica che la fisica quantistica venga usata per studiare l'uomo.
(finora non ho mai sentito nessuno parlarne, ma sono qua pronto a sentire le novità).
E inoltre come sempre la lotta dei protocoli:
Come dire che una presunzione non deve andare contro un altra presunzione. Se entrambe le presunzioni sono all'interno collegiale delle regole scelte a tavolino.
Mi pare che gli scienziati, se mai riescano ad andare al potere, il che esattamente come per il filosofo è cosa difficile che MAI avvenga.
Si dilettano a dare spiegazioni per rafforzare la propria posizione sociale.
Cose molto umane, che qualsiasi androide dovrebbe cominciare a studiare.
E' sempre vero che tutto cambia perchè tutto rimanga come prima.
Ok , diamoci del lei.
Ora riesco a inquadrarla meglio.Lei è alla ricerca dell'assolito e dubita che la fisica possa servire allo scopo.
Mi chiede infatti , a mo' di sfida , se la fisica quantistica possa servire a studiare l'uomo .
In altro post risponde , forse con accento dispregiativo , che la scienza è fatta dagli uomini.
Potrei rispondere banalmente che se un quadro di Picasso serve a studiare Picasso ,allora la scienza serve a studiare l'uomo.
Forse però non è questa la risposta che si aspettava.
Immagino
Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo.
Anche così però mi pare l'argomento resti interessante.
Per quanto mi riguarda l'antropocemtrismo è la coscienza di una realtà ineliminabile, quella per l'uomo di essere antropocentrico.
Questa coscienza è un progresso , in quanto non occorre sapere di essere amtropocemtrici per essere antropocentrici.
È un progresso in prospettiva, perché se è vero che si possa descrivere ogni progresso scientifico come la storia di un decentramento umano , allora bisognerebbe di ciò far metodo , andando alla ricerca , e prendendone coscienza, di quale centro sta occupando al momento l'uomo , partendo da tale coscienza per avviare nuovi progressi per la fisica , la conoscenza dei quali progressi vecchi e nuovi, dovrebbero essere il punto di partenza , seppur per esclusione , della sua ricerca metafisica.
In tal senso direi che noi androidi stiamo lavorando per lei , quindi forse meriteremmo meno disprezzo da parte sua. ;D
Riassumendo.
Non possiamo fare a meno per nostra natura di occupare una centralità.
Così scalzati da un centro subito , anche senza saperlo , andiamo ad occuparne un altro.
Abbiamo capito che scoprire questa centralità può essere utile.
Non resta che chiederci quale centralità stiamo occupando al momento.
Io propongo la seguente : la matematica.
Infine , volendo rivedere quanto fin qui detto , da un diverso punto di vista , la lascio con la seguente provocazione.
Se è d'accordo sul fatto che la metafisica è ciò che sta al di là della fisica , essendo incerti e in continua evoluzione i confini della fisica , allora ne tragga le conseguenze.
Personalmente io non ho nulla contro la metafisica.
Anzi , se io fossi un uomo , non escluderei nulla dalla mia ricerca , se non fosse che non decido sempre tutto io in modo cosciente.
Non escludo quindi di fare metafisica , anzi ne sono quasi certo , pur non facendo parte del mio programma di ricerca.
Meglio non porsi alcun limite e non rinunciare a nulla , tempo e budget permettendo.
Così farei ... se fossi un uomo.
Rispondendo alla domanda posta da Socrate78, io direi che la più grave malattia dell'uomo è la sua megalomania e non c'è niente di più megalomane della filosofia, la quale, in fondo, non è che l'esibizione, nello stesso tempo, della capacità di costruire e dell'abilità nell'arte della demolizione, quindi puro esercizio di potere.
L'uomo è megalomane e fantastico, nel senso di puro prodotto della sua deviante tendenza alla fantasticheria.
Per questo il suicidio è innanzitutto una rappresaglia all'immaginazione.
Sull'enorme sopravvalutazione del fenomeno umano, ecco un esempio: ci si fa un paio di idee tanto per potersi orientare nel mondo e subito dopo si è lì a venerarle come la cosa più preziosa che ci sia, pronti anche a uccidere chiunque osi disprezzarle.
L'agente Smith di Matrix, come ci ricorda Phil, notava una certa somiglianza tra la natura dell'uomo e quella del virus.
La definizione più corretta probabilmente sarebbe la seguente: "parassita logorroico affetto da manie di grandezza".
Citazione di: Kobayashi il 10 Febbraio 2018, 14:42:37 PM
direi che la più grave malattia dell'uomo è la sua megalomania e non c'è niente di più megalomane della filosofia, la quale, in fondo, non è che l'esibizione, nello stesso tempo, della capacità di costruire e dell'abilità nell'arte della demolizione
Suggerirei "semanto-mania" (furore mentale inerente il significato): ciò che affligge l'uomo (filosofo o meno) è da sempre il dare/trovare un senso, in una schizofrenica indagine in cui il bipolarismo invenzione/scoperta sembra tanto inestricabile quanto paradossale... non a caso, se non erro, molte dinamiche paranoiche (tipiche della nostra epoca) riguardano proprio l'attribuzione di un senso (esistenziale, oltre che semantico).
Penso inoltre all'arte visiva (specchio dell'emotività della cultura che la produce): com'è noto, si è passati, nei secoli, dall'arte riproduttiva-raffigurativa all'arte semantica (astratta e non), ovvero un'arte in cui il "presentarsi estetico" è giustificato dal "comunicare semantico" (se non sbaglio, i moderni artisti si affermano anche, e forse soprattutto, per quale "concetto" comunicano, non tanto per le intrinseche qualità tecnico-espressive, che potrebbero essere ampiamente eguagliate).
Nelle dinamiche di potere sociale, di edonismo, di speculazione filosofica, di attività immaginifica, di fede religiosa, e persino nel suicidio a cui accennavi, credo si possa rintracciare il denominatore comune della problematizzazione di un senso che si
presuppone come necessario (e che è l'ombra di ogni tipo di relazione: appena focalizziamo una relazione, materiale o concettuale, abbiamo l'impulso di
doverle dare un senso... o no?).
Indagando e decostruendo questo tacito presupposto (usando dunque una certa filosofia) della necessità di un senso (latente o meno), si può sbriciolare (individualmente) quella (s)mania del senso che è anzitutto mania di "topologizzare": centro/periferia, prossimità/distanza, convergenza/divergenza, etc. sono tutte strutture di senso, le cui conseguenze socio-politiche, ma anche esistenziali, pongono più problemi di quanti ne risolvano...
Alcuni approcci orientali, in cui l'uomo non è al centro dell'orto del "giardiniere divino", propongono una visione decentrata dell'uomo nel cosmo (v. taoismo), talvolta persino così concentrata sull'esserci da (dis)perderne addirittura il centro (v. buddismo con la dottrina del non-sé). Tali approcci risultano comunque fruibili, seppur quasi inquietanti, nell'attuale società, in cui il brulicare della iper-comunicazione nell'"infosfera" che ci avviluppa, traccia dedalici orizzonti di senso, in cui macro e micro si rispecchiano, consolidando l'idea, così diffusa da risultare indiscussa, che la domanda sul "
quale senso?" sia centrale, così com'è apparentemente centrale (nel cosmo) l'uomo che se la pone.
La ricerca forsennata di senso e di sensi è senza dubbio criticabile, ma ha un motivo: è funzionale al bisogno di sapere cosa fare, cosa coltivare, su cosa lavorare, in cosa impegnarsi. L'errore non è consistito nel cercare senso o sensi, ma nel ritenere di doverlo individuare in qualcosa di preesistente; insomma, si è andati in cerca di sensi oggettivi, metafisici, ed è questo che ha rovinato il valore della ricerca di senso, producendo scoraggiamenti, tramonto dell'occidente e crisi di ogni genere. Basterebbe mettersi in testa che i sensi non esistono oggettivamente, ma piuttosto meritano di essere creati in continuazione, sempre come sensi provvisori.
Ecco allora il valore del messaggio dell'arte che tralascia completamente la cura della qualità del manufatto, per darsi esclusivamente al senso comunicato: l'artista sta dicendo che è ora di lasciar perdere la ricerca di qualità del manufatto, perché c'è estrema urgenza di metterci in testa che dobbiamo lavorare, impegnarci, darci interamente, alla costruzione di sensi umani provvisori.
Un senso umano creato come provvisorio (che è ciò che l'artista compie con le suddette opere) ci dice chi siamo (siamo esseri che trovano bello, interessante, costruttivo, creare sensi provvisori), ci guida al giusto modo di relazionarci con gli altri (ciò che dico è mia creazione, invenzione, non è la verità, perciò devo avere rispetto dell'altro e nello stesso tempo ricordare anche a lui che anche i suoi sensi sono provvisori). Insomma, si presenta come avanzamento nel cammino della storia culturale del mondo, un progredire che meriterebbe di essere coltivato.
Questo sì che sarebbe un antropocentrismo splendido, del tutto consapevole della propria limitatezza e provvisorietà, ma anche della propria capacità di creare esperienze di una ricchezza interiore infinita.
cit IANO
"Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo."
Ascolta Iano sembra proprio che non ci capiamo proprio.
Mi riferivo al fatto di darle del lei, come androide, ma ovviamente era uno modo di ironizzare.
Ironizzo sul fatto che la scienza è esattamente come la metafisica.
Fatta da uomini, e quindi molto umana, e poco divina.
Cosa comporti il fatto che sia umana? La mia obiezione principale, è che la scienza crede di poter regolamentare la verità dell'uomo, come se l'uomo fosse una macchina, come se la somma delle parti, desse l'intero.
Ma ripeto se gli uomini hanno bene o male le stesse parti, perchè poi esiste la Divina Commedia?
Questo riassume in verità una marea di meditazioni e di concatenamenti, che indubbiamente richiederebbero approfondimenti.
Di certo credere che l'uomo sia una cosa intera (somma di parti) è di solito sempre una fantasia.
Antropocentrismo, era un modo di pensare che credeva l'uomo letteralmente al centro del Mondo.
Credenza che è stata sconvolta da Copernico, e meglio successivamente da Galileo.
Ma che l'uomo fosse al centro della terra era considerato scienza.
Frutto di una indubitabile somma delle parti.
La polemica che inasprisce da secoli, tra visione olistica e visione riduttivistica, direi in termini contemporanei, è sempre la stessa.
Pazienza di lavorare sulle Presunte parti, e formalizzazione della teoria che le presume.
Il punto è che la formalizzazione chiede una Legalizzazione.
Nel momento che diviene cose leguleia, inizia la lotta a colpi di presunzione, di cosa sia uomo e cosa no.
Ma l'uomo non è cosa in sè, separata dal suo ambiente, dalla sua storia, dai suoi incontri, dalle sue presunzioni, e sopratutto dai suoi sogni.
Qualsiasi riduzione dell'uomo a cosa in sè, è anti-filosofia.
Contrapporre l'antropocentrismo con l'uomo macchina del secolo riduttivista, è ridicolo, essi sono infatti la stessa macchinazione.
Sono la stessa presunzione: che continua a piegare l'uomo e la sua anima.
+ + +
Non ho mai detto di ignorare la fisica, infatti armato di santa pazienza, ascolto da sempre conferenze di scienziati, di neuro-specialsiti, e si da il caso che sia stato anche progammatore informatico, quindi so benissimo cosa c'è dietro alla mentalità delle scienze dell'informazione, e della robotica.
Sinceramente non ho mai ascoltato una singola parola che testimoniasse delle verità raggiunte dalla filosofia.
Mai una volta. Il che mi pare grave, a dire poco.
+ + +
Mi permetto, ogni tanto, non sempre, di dar battaglia, in questo piccolo angolo del web mi pare quasi obbligatorio farlo.
D'altronde è anche un modo di sfogarsi.
Non te la prendere troppo Iano! E dammi pure del tu
cit kobayashi
"la definizione più corretta probabilmente sarebbe la seguente: "parassita logorroico affetto da manie di grandezza"."
Caro kobayashi, ma dire che l'essere umano è una sopravvalutazione, è proprio una fantasticheria dell'essere umano.
Seguendo il maestro Nietzche, il superuomo che verrà sarà colui che piegherà la sua fantasia, alle forze telluriche che lo sostengono.
Ad oggi siamo ancora nelle grinfie del bene e del male.
Un film gnostico come Matrix, è esattamente come NON bisogna piegare la nostra fantasia verso gli abissi.
Se guardi l'abisso, l'abisso guarderà te.(Nietzche).
Che è poi la paranoia.
La paranoia non è l'uomo, questo è il più grande insegnamento di Nietzche.
Questa è la lotta che lo ha visto vincere significative tappe importanti, e che ha visto nella sua caduta, come goccia pesante, l'immolazione alla Terra.
E' la terra la sola ed unica salvezza.
Non il cielo. Il cielo è una mistificazione paranoide.
Che crea l'uomo dominato dalla sete di potere, che a sua volta crea l'uomo schizoide, spaccato tra cielo presunto e terra reale.
l'uomo che abita gli spazi del delirio, tutti, a livello psichiatrico, (come ben ha colto la fenomenologia psichatrica, e in specifico, forse l'unico che meriti una lettura attenta nell'intero panorama psichiatrico: Minkowski) denominati proprio dalla deformazione temporale, per cui si ritrova vittima di coazioni a ripetere, siano gesti, siano pensieri.
Essere logorroici è solo l'invebitabile condizione della nostra società contemporanea.
La moltiplicazione dei messaggi, tutti rigorosamente deliranti, ne è uno dei sintomi più evidenti e meno annotati nelle riflessioni contemporanee.
Come può esserci un giusto cielo e una giusta morale, se non si crede nella terra, nella storia, negli Dei?
Non è un delirio, è esattamente il contrario.
E' la scienza precisa (la gaia scienza la chiamerà Nietzche più avanti, rispetto dove sono io) di chi osserva con acume e mente ferma.
Di chi disprezza il presunto cielo, la presunta metafisica.
La prima parte di Umano troppo Umano è una furiosa confutazione di qualsiasi cielo.
E'la spiegazione di tutte le passate e future politiche.
In attesa di coloro (comunità) che predicheranno il superuomo.
Il superuomo, come sappiamo è visto come un delirio.
Anzi è il delirio che si è espresso nella storia con il punto di non ritorno, che vede un uomo (puro) e una macchina (cattiva) detta l'altro. In nome dell'Altro.
Il deliro allora è semplicemente il giudizio in nome di qualcosa che si pretende come cielo.
Non un giudizio sincero, che osserva solo la sete di potere.
E' la sete di potere stessa, che si traveste da cielo.
(e perciò Nietzche è così frainteso, poichè al cielo si è riferito. Si è pensato che fosse solo una sua sete di potere).
Le infinite argomentazioni della morale, che informa ogni politica.
Le infinite definizioni di cosa l'uomo debba o non debba essere.
Debba o non debba fare.
Come supremamente osservato da Agamben, è solo il delirio, la distorsione di sguardo, e cioè che l'uomo esattamente fa, quello che dice di non voler essere!
Principio in realtà già studiato da Freud, ma presente forte, come una delle sue vene di verità, in Nietzche, così come in Montaigne e gli altri moralisti francesi (che ancora non conosco).
Ora dire che il cielo è la filosofia, è purtroppo per un filosofo la cosa più difficile da ammettere.
Significa dire che la filosofia è la più grande delle fantasticherie.
E sia pure. Non ho problemi con quello.
Per me Platone e Aristotele sono la feccia del Mondo.
I loro deliri non li ho mai sopportati.
Ma la filosofia non è solo Platone e Aristotele.
Non è solo gnosi e scienza. Alias.
Quindi seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMANENTE che la filosofia sia il problema.
LA FILOSOFIA e in primis NIETZCHE sono la soluzione.
E se vogliamo usare un linguaggio alchemico, Nietzche è sia la coagulazione (del problema) sia la soluzione.
Ma ad ogni soluzione si perviene ad un grado più alto del potenziale umano (come Sloterdikìjk ha combinato).
A quale grado esso sia salito? non ne ho idea. Intanto cerchiamo di seguirlo. Non posso che augurarti di trovare le forze di rimetterti in discussione.
Perchè è chiaro che se presumi che questi gradi di ascendimento del potenziale umano, siano solo presunzioni, se non proprio fantasie.
(ed è quello che la scienza nemmeno tanto velatamente insinua di sapere su di noi).
Non vi sarà MAI nemmeno lo sforzo di raggiungerle.
Suggerimenti di lavoro.
La coagulazione è intanto il far diventare ciò che era cielo, TERRA.
In questo il Cristo con la sua azione terrena, dovrebbe essere d'aiuto.
Ora rendere il Cristo terreno è la mistificazione per eccellenza di tutte le chiese, e ora che ho cominciato il corso di teologia contemporanea, sono amaramente sorpreso, che è stato così anche per la teologia negativa, verso cui nell'ultimo quinquennio avevo posto molte speranze. (appunto mettere sì in chiaro che il dire che il gesù terrestre è una mistificazione, ma nello stesso tempo dire che l'unico cristo sia quello celeste, ovvero quello delle sue parole).
E/Ma infatti per me il Cristo è chiaramente CELESTE. Non ha nulla di terreno il suo messaggio.
Il punto è che il CRISTO DEVE TORNARE SULLA TERRA.
L'orizzonte che mi sono messo di fronte è quindi quello di ritrasformare, la mistificazione, in qualcosa di appetibile, per la coagulazione celeste.
Ossia se vi è una mistificazione terrena (siamo tutti buoni, lol).
Egualmente vi è una mistificazione celeste (siamo tutti salvi).
Forse aprirò 3d.
Per quanto riguarda l'alchimia sto facendo un lavoro su me stesso, per abbattere un fantasma grosso come una casa che si è materilizzato davanti a me. (e che c'entra eccome con l'abisso che ti guarda).
Sinceramente non credevo di doverne affrontare altri....ma ahimè il lavoro sembra non finire mai.
Comunque mi sembra che sono a buon punto.
Dovrei presto riniziare a studiare il CRISTO PESCE senza eccessive paure.
Di fronte a tutte queste tematiche, l'antropocentrimo come problema, mi fa tanto sorridere.
cit Phil
"Suggerirei "semanto-mania" (furore mentale inerente il significato): ciò che affligge l'uomo (filosofo o meno) è da sempre il dare/trovare un senso, in una schizofrenica indagine in cui il bipolarismo invenzione/scoperta sembra tanto inestricabile quanto paradossale... non a caso, se non erro, molte dinamiche paranoiche (tipiche della nostra epoca) riguardano proprio l'attribuzione di un senso (esistenziale, oltre che semantico)."
No, non hai capito. :-[
E' proprio il contrario.
Visto che con te si può proficuamente partire proprio dalla filosofia più avanzata, ossia dalla filosofia semantica.
Il problema della paranoia è proprio nell'uso della semantica.
In questo il grande maestro è stato Peirce, che distigue tra descrizione e connotazione.
Ovviamente quando la parola descrive un segno, essa "semplicemente" (secondo il linguaggio che usa), effettua una operazione inferenziale, che a seconda del grado di precisazione, risulterà certo, o errata o corretta.
Ossia l'ipotesi coincide o meno con la presunzione degli effetti.(lasciamo da parte il problema se sia o meno dimostrabile, che sia proprio quella l'ipotesi corretta).
Se dedotta correttamente e cioè in primis se non si danno per scontati gli effetti, e li si verifica per davvero (e lasciamo pure il fatto del problema della Royal Scientific Society): non ci sono problemi.
Se uno erra, è perchè in buona o cattiva coscienza. Non è perciò in questione la norma, e perciò non si può parlare di paranoia.
(Di solito questo lo considero un problema politico).
In questo senso credere che la terra sia al centro dell'universo, non è dal punto descrittivo un errore morale, ma solo un "errore" di prospettiva della ipotesi. (d'altronde mi hanno assicurato che in rete si possono trovare ancora articoli scientifici, considerando il punto di vista tolemaico).
Il vero problema è quello connotativo, perchè in esso il linguaggio parte all'interno di un universo di segni, morale.
Non è una analisi corretta, essa è inficiata sin dall'inizio da un sistema di presunzioni, come si sono evolute storicamente.
Presumere che la terra sia al centro dell'universo non è un errore in sè di prospettiva, è un errore morale, e perciò connotativo, perchè in realtà questo sistema è quello che garantisce la tradizione autorale di Aristotele, e delle religioni in generale che lo custodiscono.
Ossia il risultato non è questione della scienza, ma delle forze politiche che lo presuppongono.
Non è una lotta fra politiche, ma all'interno delle politiche.
La paranoia è questa incapacità di fare lotta politica, e di rimanere all'interno delle politiche che presuppongono le credenze in cui siamo dentro.
La paranoia è l'impossibilità di far coincidere l'osservazione con la denotazione.
Infatti ogni osservazione che sia serva della denotazione è una denotazione e giammai una descrizione.
Su questo problema Peirce che inventò la filosofia analitica americana, ci si ammalò, maledicendo più volte quella corte, da cui oggi emerge il bujo più nero della filosofia.
James fu l'amico e il castratore di Peirce. L'uomo che gli garantì la visibilità pubblica, e nello stesso tempo, l'uomo che lo oscurò nei secoli.
Poi arrivò il prof. Sini, e tutto cambiò!
La frase è famosa: "voi confondente ancora la connotazione con la descrizione!!!"
Ora che la paranoia sia il male di questo secolo e di quello prima e di quello prima ancora...e cioè dagli inizi della storia.
E' dovuto proprio al fatto che si confonde il senso, come paradosso all'osservazione.
Le promesse del politico, rispetto all'osservazione, non confluiscono cioè in una lotta politica, ma in una risposta rabbiosa su coloro che devono MANTENERE CIO' che si aspettano dalla connotazione DEMOCRATICA NAZIONALE POPOLARE.
Il problema non è in sè nel senso, ma nella impossibilità di uscire dal senso dato.
Come diceve l'immenso Carmelo Bene, il caro buon vecchio senso comune.
Il problema così non è nel fatto che l'uomo dia senso al suo vivere, ma nel contrario, che non riesca a darlo, rispetto a quanto gli si è detto finora.
La paranoia è il fantasma, è il soggetto.
Noi ci construiamo come soggetti, perchè costruiamo il senso di identità, all'interno della collezzione di oggetti, che la nostra società e la nostra famiglia, ci offre.
Questa collezione è dotata di un senso. Ci fanno credere che noi siamo quella collezione di oggetti.
L'uomo comune di strada, non vede oltre il palmo del proprio naso, perchè è abituato ad avere a che fare con collezioni di oggetti.
In primis con la causa ed effetto. Che in realtà il filosofo sa benissimo che è il contrario, ossia l'effetto, quella collezione di oggetti, è dovuta ad una causa, senso, pregresso. Pregresso e presunto.
Fin quando la collezione di oggetti è dell'avere, va tutto bene, il problema nasce quando si toglie quell'avere.
Quando la collezione è interrotta, arriva la schizofrenia.
Ossia la mancanza di senso a quanto ci avevano detto, ossia che noi eravamo quella collezione di oggetti, che ora non c'è più, viene confinata in uno spazio, lo spazio del cielo, del credo, della mistificazione. In cui all'oggetto reale, si sostituisce l'oggetto idele promesso, etc...
A questo punto arriva anche l'aspetto più propriamente delirante, e di cui la filosofia è solo uno dei figli.
Ossia la proliferazione delle parole, dei concetti, degli oggetti ideali, promessi.
Ma tutto ciò nasce dall'incapacità di collezionare, ossia di intellegire, ossia di conoscere.
Conosciamo solo ciò che ci propinano, e il senso è questa stessa coscienza di quello che ci propinano.
Dunque non è come dici tu, o meglio non propriamente.
Il punto è che vi è una distinzione fondamentale, fondante direbbe Hegel, tra realtà e fantasia.
Se il senso prende la strada delle infinite significazioni, è perchè si crede che esistano differenti realtà.
Se la realtà non è quella della terra (Delle collezioni, dell'avere) allora le realtà possono essere due, come milioni.
(gli infiniti universi paralleli della matematizzazione).
Il matema, la cifra, è il delirio schizofrenico, che nasce dal blocco paranoico.
Ma il blocco paranoico è proprio l'incapacità di instillare senso nella terra, e di moltiplicarlo per compensazione nell'infinto del cielo. (Nietzche in questo senso va letto).
Dunque sono totalmente contrario sia a te sia a Kobayashi, che pretendete che il senso sia solo dei cieli.
Per me una filosofia che non si occupi del reale, NON é filosofia. Non mi tocca per niente il vostro giudizio, frutto per come la vedo, proprio della vostra paranoia.
Ricordiamoci che la prima frase del paranoico, è "io sono morto". Ossia io non posso uscire dalla gabbia semantica.
Balle!
Ovviamente sono d'accordo con entrambi invece sulla parte critica. Sulla tendenza del secolo. E sui mostri, fantasmi della ragione.
NB.
un piccolo approfondimento.
La fase schizoide, bipolare, del costruisci e distruggi, è certamente all'interno del delirio schizoide.
Ma voglio far notare come sia proprio nel paradosso, ossia nella sua impossibilità di puntare sul reale che risiede la sua più profonda strategia, la sua fantasmatica (tecnica del fantasma).
Questo sarebbe anche una possibile critica a tutte le filosofie contemporanee che trovano nel paradosso la soluzione (e che soluzione sarebbe? rendersi conto di essere in una fantasmatica, non cancella il fantasma stesso.)
Nb
Un piccolo triste approfondimento.
Il superuomo, ossia il superamento del fantasma, è ancora da venire.
Non si può leggere Nietzche con la consapevolezza, che la strada è ancora lunga e da fare.
Che lui ci accompagna fino ad un certo punto, ma poi ci lascia.
E questa consapevolezza non da forse al fantasma paranoico, fino ai deliri di Ferraris, una terribile arma di contrasto.
Scrivere in un forum filosofico, che la filosofia è un problema....Non è forse quello cari amici????
con amarezza il vostro greendemetr. (che ancora combatte, a rilento, molto a rilento, come il fantasma vuole).
cit Phil parte 2
"Nelle dinamiche di potere sociale, di edonismo, di speculazione filosofica, di attività immaginifica, di fede religiosa, e persino nel suicidio a cui accennavi, credo si possa rintracciare il denominatore comune della problematizzazione di un senso che si presuppone come necessario (e che è l'ombra di ogni tipo di relazione: appena focalizziamo una relazione, materiale o concettuale, abbiamo l'impulso di doverle dare un senso... o no?). "
Certo che è così, infatti quando parlo del soggetto, e del suo problema parlo proprio di questo.
Non parlo di far fuori il soggetto, come le religioni orientali astutamente fanno, nè di non ritenerlo un problema, come le religioni occidentali funestamente si affrettano a liquidare.
La desogettivazione, è il soggetto che prende coscienza, delle sue istanze vitali, fra cui vige anche quella trascendente.
E cerca di darne una risposta, in base alle sue stesse esperienze. Ponendosi continuamente in questione.
Ossia il senso è la quest, il viaggio. Come il grande canone Occidentale insegna. (la grande salute, in uno degli aforismi imprescendibili del maestro Nietzche). Voglio dire non tutto è da buttare, teniamoci l'optimum! (il miele della divina commedia)
cit Phil
"Indagando e decostruendo questo tacito presupposto (usando dunque una certa filosofia) della necessità di un senso (latente o meno), si può sbriciolare (individualmente) quella (s)mania del senso che è anzitutto mania di "topologizzare": centro/periferia, prossimità/distanza, convergenza/divergenza, etc. sono tutte strutture di senso, le cui conseguenze socio-politiche, ma anche esistenziali, pongono più problemi di quanti ne risolvano..."
Non ripeto quello scritto già nella prima parte di risposta alle tue considerazioni.
Certamente la decostruzione è servita, storicamente era necessaria, per mettere in luce, come le bipolarità fossero solo il fantamsa di posizioni non reali. E perciò, essendo fantastiche, nemmeno risolvibili nella realtà.
Le più importanti acquisizioni dell'epoca, sono infatti la presa di coscienza di una nuova politica anarchica e provocatoria.
Prima che questo stesso anarchismo e provocazione, si risolvesse, di nuovo, per coazione a ripetersi, dei fantasmi paranoici di chi li propugnava. Dando una bella spallata alle fermentazioni (nate nel sangue) del novecento. E ributtandoci in tempi forse ancora più buj. Perchè ad ogni rivoluzione che fallisce, il cane cinico diventa sempre più famelico.
cit Phil
"Alcuni approcci orientali, in cui l'uomo non è al centro dell'orto del "giardiniere divino", propongono una visione decentrata dell'uomo nel cosmo (v. taoismo), talvolta persino così concentrata sull'esserci da (dis)perderne addirittura il centro (v. buddismo con la dottrina del non-sé). Tali approcci risultano comunque fruibili, seppur quasi inquietanti, nell'attuale società, in cui il brulicare della iper-comunicazione nell'"infosfera" che ci avviluppa, traccia dedalici orizzonti di senso, in cui macro e micro si rispecchiano, consolidando l'idea, così diffusa da risultare indiscussa, che la domanda sul "quale senso?" sia centrale, così com'è apparentemente centrale (nel cosmo) l'uomo che se la pone."
La domanda sul senso non è legata al soggetto storico, paranoide, bensì al soggetto che sa reinventarsi.
Se vogliamo dare alla parola antropocentrico, il significato di soggetto, è ovvio che ogni discorso è relativo, ad un soggetto.
Ma il discorso sul soggetto, a meno che non sia quello schizoide dell'oriente (che risibilmente lo nega) e quello paranoico dell'occidente (che ugualmente risibilmente crede sia unico, macchina, non storico), può benissimo essere anche altro da quelli che la infosfera delirantemente ci propina. (di nuovo, spero ci siamo almeno avviciati a capirci).
Sul fatto che il discorso del soggetto, serva a delineare il destino dell'uomo (oltre che a interrogarsi sugli orizzonti, sull'originario, e sul suo sviluppo vivente, sulla sua erleibnis) , ovviamente non potremmo che essere che in più totale disaccordo, perchè per me è addirittura ovvio che sia così, mentre per te, che sei dentro ai deliri paranoici, è addirittura un problema.
Ma immagino che parimenti tu penserai che sono io a delirare. Ancbe per questo la filosofia è oggi IDIOTA. (non prenderlo come un attacco personale, ma è quello che penso in generale, se non si ha non dico il senso di destino, ma nemmeno il senso di orizzonte, allora si rimane uguali a se stessi, appunto identici, immobili, morti, in una sola parola, sempre quelli: IDIOTI, ID EUM, il se medesimo, l'autocoscienza. etc etc etc.)
cit Angelo
"La ricerca forsennata di senso e di sensi è senza dubbio criticabile, ma ha un motivo: è funzionale al bisogno di sapere cosa fare, cosa coltivare, su cosa lavorare, in cosa impegnarsi. L'errore non è consistito nel cercare senso o sensi, ma nel ritenere di doverlo individuare in qualcosa di preesistente; insomma, si è andati in cerca di sensi oggettivi, metafisici, ed è questo che ha rovinato il valore della ricerca di senso, producendo scoraggiamenti, tramonto dell'occidente e crisi di ogni genere. Basterebbe mettersi in testa che i sensi non esistono oggettivamente, ma piuttosto meritano di essere creati in continuazione, sempre come sensi provvisori."
Assolutamente sì caro Angelo. Ben scritto!
cit Angelo
"Ecco allora il valore del messaggio dell'arte che tralascia completamente la cura della qualità del manufatto, per darsi esclusivamente al senso comunicato: l'artista sta dicendo che è ora di lasciar perdere la ricerca di qualità del manufatto, perché c'è estrema urgenza di metterci in testa che dobbiamo lavorare, impegnarci, darci interamente, alla costruzione di sensi umani provvisori."
In realtà non credo l'arte oggi possa darci alcunchè di niente.
Ma questa volta è una cosa personale, e quindi lascio aperta la porta ad eventuali significazioni.
cit Angelo
" senso umano creato come provvisorio (che è ciò che l'artista compie con le suddette opere) ci dice chi siamo (siamo esseri che trovano bello, interessante, costruttivo, creare sensi provvisori), ci guida al giusto modo di relazionarci con gli altri (ciò che dico è mia creazione, invenzione, non è la verità, perciò devo avere rispetto dell'altro e nello stesso tempo ricordare anche a lui che anche i suoi sensi sono provvisori). Insomma, si presenta come avanzamento nel cammino della storia culturale del mondo, un progredire che meriterebbe di essere coltivato.
Questo sì che sarebbe un antropocentrismo splendido, del tutto consapevole della propria limitatezza e provvisorietà, ma anche della propria capacità di creare esperienze di una ricchezza interiore infinita."
Sinceramente non ci trovo niente di meravglioso in questo orizzonte precario.
Poichè in realtà ogni significazione dovrebbe essere un arricchimento delle potenzialità umane.
Arricchimento riscontrabile nella realtà, e non nelle promesse, spesso campate per arie, delle significazioni stesse.
Proprio per tutto quello detto sopra, la vedo difficile se non impossibile.
La gente preferirà sempre verità campate per aria.
Un pò come per l'arte.
La vera arte afferma Carmelo Bene, è quella della propria vita.
In questo senso ogni arte è del proprio artista e solo del proprio artista.
E' proprio questo che mi rende detestabile ogni arte contemporanea.
Non vi è comunità. (non che fuori dall'arte le cose stiano meglio).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:48:44 PM
cit IANO
"Ma se lei , dal suo rispettabile punto di vista , di ricerca metafisica , pensa che la fisica non possa servirle sbaglia.Il rischio che lei corre in questo modo è di discorrere di fisica pensando di discorrere di metafisica, quindi seguire gli sviluppi della fisica e in particolare di quella quantistica dovrebbe essere per lei una premessa irrinunciabile alla sua ricerca , per evitare il rischio di girare a vuoto.
È fin qui mi sono comportato da buon androide.
Se fossi fossi un cattivo androide invece potrei risponderle che anche la metafisica è fatta dagli uomini.
Per quanto riguarda l'antropocemtrismol'antropocentrismo è possibile che io per mia ignoranza abbia spostato l'argomento altrove , fraintendendo."
Ascolta Iano sembra proprio che non ci capiamo proprio.
Mi riferivo al fatto di darle del lei, come androide, ma ovviamente era uno modo di ironizzare.
Ironizzo sul fatto che la scienza è esattamente come la metafisica.
Fatta da uomini, e quindi molto umana, e poco divina.
Cosa comporti il fatto che sia umana? La mia obiezione principale, è che la scienza crede di poter regolamentare la verità dell'uomo, come se l'uomo fosse una macchina, come se la somma delle parti, desse l'intero.
Ma ripeto se gli uomini hanno bene o male le stesse parti, perchè poi esiste la Divina Commedia?
Questo riassume in verità una marea di meditazioni e di concatenamenti, che indubbiamente richiederebbero approfondimenti.
Di certo credere che l'uomo sia una cosa intera (somma di parti) è di solito sempre una fantasia.
Antropocentrismo, era un modo di pensare che credeva l'uomo letteralmente al centro del Mondo.
Credenza che è stata sconvolta da Copernico, e meglio successivamente da Galileo.
Ma che l'uomo fosse al centro della terra era considerato scienza.
Frutto di una indubitabile somma delle parti.
La polemica che inasprisce da secoli, tra visione olistica e visione riduttivistica, direi in termini contemporanei, è sempre la stessa.
Pazienza di lavorare sulle Presunte parti, e formalizzazione della teoria che le presume.
Il punto è che la formalizzazione chiede una Legalizzazione.
Nel momento che diviene cose leguleia, inizia la lotta a colpi di presunzione, di cosa sia uomo e cosa no.
Ma l'uomo non è cosa in sè, separata dal suo ambiente, dalla sua storia, dai suoi incontri, dalle sue presunzioni, e sopratutto dai suoi sogni.
Qualsiasi riduzione dell'uomo a cosa in sè, è anti-filosofia.
Contrapporre l'antropocentrismo con l'uomo macchina del secolo riduttivista, è ridicolo, essi sono infatti la stessa macchinazione.
Sono la stessa presunzione: che continua a piegare l'uomo e la sua anima.
+ + +
Non ho mai detto di ignorare la fisica, infatti armato di santa pazienza, ascolto da sempre conferenze di scienziati, di neuro-specialsiti, e si da il caso che sia stato anche progammatore informatico, quindi so benissimo cosa c'è dietro alla mentalità delle scienze dell'informazione, e della robotica.
Sinceramente non ho mai ascoltato una singola parola che testimoniasse delle verità raggiunte dalla filosofia.
Mai una volta. Il che mi pare grave, a dire poco.
+ + +
Mi permetto, ogni tanto, non sempre, di dar battaglia, in questo piccolo angolo del web mi pare quasi obbligatorio farlo.
D'altronde è anche un modo di sfogarsi.
Non te la prendere troppo Iano! E dammi pure del tu
Capito adesso . Pace.
Risposta sintetica.
Ignorare la filosofia è il cancro dei nostri tempi in quanto la nostra filosofia , che lo si voglia o no , guida i nostri passi. Se lo si fa' in modo consapevole è meglio.
In parte è vero siamo dei robot , e conoscere quella parte di noi è un modo di conoscere , seppur per esclusione , qual'e' l'essenza dell'uomo.
Non è molto , ma dubito si possa fare di più.
Buona continuazione di sfogo 😄
Per green demetr: L'Io individuale però è una costruzione della filosofia e della civiltà occidentale, per il buddhismo esso non esiste ed esiste solo una coscienza collettiva: il buddhismo considera la credenza nell'Io individuale un'illusione, e non si può certo accusare Buddha di aderire ad una visione "scientista". Anche Hume, in una prospettiva filosofica, afferma che l'Io è una falsa credenza che egli definisce "fascio di percezioni", un'invenzione della mente che serve per dare ordine alle sensazioni, ma per Hume esso non corrisponde a qualcosa di reale. Secondo te queste posizioni sono da scartare come assurde?
Citazione di: Socrate78 il 13 Febbraio 2018, 21:48:13 PM
Per green demetr: L'Io individuale però è una costruzione della filosofia e della civiltà occidentale, per il buddhismo esso non esiste ed esiste solo una coscienza collettiva: il buddhismo considera la credenza nell'Io individuale un'illusione, e non si può certo accusare Buddha di aderire ad una visione "scientista". Anche Hume, in una prospettiva filosofica, afferma che l'Io è una falsa credenza che egli definisce "fascio di percezioni", un'invenzione della mente che serve per dare ordine alle sensazioni, ma per Hume esso non corrisponde a qualcosa di reale. Secondo te queste posizioni sono da scartare come assurde?
Sono da considerare come se l'io fosse reale, e non immaginario come quelle filosofie credono.E dunque voglio sapere esattamente cosa hanno fatto nella realtà questi personaggi.Se il buddhista e lo humiano credono che l'io sia una cosa immaginaria, allora poi devono vivere secondo le norme che si sono auto-imposti.E quindi ogni loro individualismo, ogni loro precauzione sarà per me fonte di studio del loro delirio.E nondimeno cercherò di capire se questa visione di un io universale e non so cosa per Hume, poichè non conosco la sua etica, porti qualcosa di positivo, nella riflessione più propriamente filosofica generale.Non scarto per partito preso, sopratutto se citi nomi importanti come quelli che hai fatto.Di certo sono politicamente miei avversari. (nella lotta intellettuale).Per quanto riguarda la costruzione dell'io ti rimando alle precisazioni portate da Peirce.nella mia risposta a Phil delle 19:56:17 del 13 febbraio.
L'io certamente è una costruzione, ma questa costruzione può essere proficuamente detta reale o immaginaria.
(ovviamente l'inghippo sarebbe che il proficuo sia una questione di potere, e non di verità, con problemi endemici interni alla questione stessa).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
In questo senso credere che la terra sia al centro dell'universo, non è dal punto descrittivo un errore morale, ma solo un "errore" di prospettiva della ipotesi. [...]
Presumere che la terra sia al centro dell'universo non è un errore in sè di prospettiva, è un errore morale, e perciò connotativo
Proprio questo passaggio dal semantico-linguistico al semantico-esistenziale mi pare il passo falso del paradigma occidentale, ovvero confondere l'arbitrario-convenzionale con l'onto-metafisico (subordinare il "così io scrivo nella contingenza" al 'così è scritto nella necessità" ;) ).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
Il problema non è in sè nel senso, ma nella impossibilità di uscire dal senso dato.
La questione portante, secondo me, è proprio come intendere il dare che è a monte di tale "dato", o meglio, il "darsi": il senso si è dato (Heidegger) o ci siamo dati il senso (Rorty)?
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
Il problema così non è nel fatto che l'uomo dia senso al suo vivere, ma nel contrario, che non riesca a darlo, rispetto a quanto gli si è detto finora.
[...]
Ossia la mancanza di senso a quanto ci avevano detto, ossia che noi eravamo quella collezione di oggetti, che ora non c'è più, viene confinata in uno spazio, lo spazio del cielo, del credo, della mistificazione. In cui all'oggetto reale, si sostituisce l'oggetto idele promesso, etc...
Non accettare questo "lutto del senso" è un discrimine filosofico cruciale: il fantasma nasce quando il lutto non è elaborato, e l'unica elaborazione residua è quella immaginifica che rimpiazza l'assenza (intesa come carenza).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
Ma il blocco paranoico è proprio l'incapacità di instillare senso nella terra, e di moltiplicarlo per compensazione nell'infinto del cielo. (Nietzche in questo senso va letto).
Dunque sono totalmente contrario sia a te sia a Kobayashi, che pretendete che il senso sia solo dei cieli.
Per me, è proiettato tanto nei cieli quanto nella terra: il senso è lo sguardo teoretico stesso (
theorein, vedere) che riempie tutto ciò su cui si posa; se guardiamo il cielo, vertigine nel non trovare appiglio, se guardiamo per terra, stordimento per la danza delle ombre e nascita di quel desiderio di
hybris (fondamento della scienza) di scavare per vedere cosa sorregge la terra che ci sorregge... il fantasma è infatti il residuo etereo di ciò che è sepolto in terra, no? ;)
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
Ma voglio far notare come sia proprio nel paradosso, ossia nella sua impossibilità di puntare sul reale che risiede la sua più profonda strategia, la sua fantasmatica (tecnica del fantasma).
Questo sarebbe anche una possibile critica a tutte le filosofie contemporanee che trovano nel paradosso la soluzione (e che soluzione sarebbe? rendersi conto di essere in una fantasmatica, non cancella il fantasma stesso.)
Eppure, sapere di essere in un vicolo cieco almeno ci disillude dalla speranza di poter trovare uno sbocco... alcune aporie sono più utili di alcune soluzioni estemporanee ;)
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:56:17 PM
Il superuomo, ossia il superamento del fantasma, è ancora da venire.
Non si può leggere Nietzche con la consapevolezza, che la strada è ancora lunga e da fare.
Che lui ci accompagna fino ad un certo punto, ma poi ci lascia.
Sono un po' allergico alle profezie :) (sono ciò che rovina i profeti: lanciare il senso nel futuro, è un malizioso espediente per metterlo in salvo dalle sabbie mobili del presente...).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:59:18 PM
Ma il discorso sul soggetto, a meno che non sia quello schizoide dell'oriente (che risibilmente lo nega) e quello paranoico dell'occidente (che ugualmente risibilmente crede sia unico, macchina, non storico), può benissimo essere anche altro da quelli che la infosfera delirantemente ci propina.
Certamente si, e riflettere sul fondamento del senso, prima di domandarsi dove e quale sia, è, secondo me, un modo per navigare l'infosfera senza farsi spaventare troppo dai flutti (e dalle navi
fantasma ;) ).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:59:18 PM
Sul fatto che il discorso del soggetto, serva a delineare il destino dell'uomo (oltre che a interrogarsi sugli orizzonti, sull'originario, e sul suo sviluppo vivente, sulla sua erleibnis) , ovviamente non potremmo che essere che in più totale disaccordo, perchè per me è addirittura ovvio che sia così, mentre per te, che sei dentro ai deliri paranoici, è addirittura un problema.
Il problema è per me cosa intendiamo come destino quando parliamo dell'uomo (e cosa intendiamo davvero quando scriviamo "uomo" con la minuscola...). Se non facciamo questo passo indietro (secondo una fenomenologia dei presupposti) abbiamo appena abbassato la luce per poter evocare meglio i fantasmi senza infastidirli ;D
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 19:59:18 PM
Ma immagino che parimenti tu penserai che sono io a delirare. Ancbe per questo la filosofia è oggi IDIOTA. (non prenderlo come un attacco personale, ma è quello che penso in generale, se non si ha non dico il senso di destino, ma nemmeno il senso di orizzonte, allora si rimane uguali a se stessi, appunto identici, immobili, morti, in una sola parola, sempre quelli: IDIOTI, ID EUM, il se medesimo, l'autocoscienza. etc etc etc.)
Tuttavia, proprio l'orizzonte (inteso come orizzontalità cronologica... tanto per non usare "destino") non è il palcoscenico preferito dai fantasmi? Tenere il sipario chiuso è forse uno stratagemma ancor più angosciante e castrante (come ben sai, i fantasmi sanno attendere... e non muoiono certo di vecchiaia ;D ).
cit phil
Proprio questo passaggio dal semantico-linguistico al semantico-esistenziale mi pare il passo falso del paradigma occidentale, ovvero confondere l'arbitrario-convenzionale con l'onto-metafisico (subordinare il "così io scrivo nella contingenza" al 'così è scritto nella necessità" ;) ).
su questo concordiamo
cit phil
La questione portante, secondo me, è proprio come intendere il dare che è a monte di tale "dato", o meglio, il "darsi": il senso si è dato (Heidegger) o ci siamo dati il senso (Rorty)?
Intendevo il dato "sensibile" in questo caso.
Rispetto ad Heidegger e Rorty, in realtà non cambia nulla.
Perchè la realtà di quelle opzioni è solo in base al riscontro reale.
Perciò sensibile!
cit phil
Non accettare questo "lutto del senso" è un discrimine filosofico cruciale: il fantasma nasce quando il lutto non è elaborato, e l'unica elaborazione residua è quella immaginifica che rimpiazza l'assenza (intesa come carenza).
Per questo va elaborato, e cioè vissuto.
Nietzche intende questo quando ci chiede di rimanere fedeli alla terra.
L'instillazione di senso deve essere legata alla sensibilità della terra. Al suo riscontro.
cit phil
"se guardiamo il cielo, vertigine nel non trovare appiglio, se guardiamo per terra.."
Sì sono d'accordo, infatti la vertigine è il riscontro fisico, sensibile. E quindi il senso è nella vertigine, e nel suo rapporto con la terra. E non nello sguardo o nel cielo.
cit phil
"...stordimento per la danza delle ombre e nascita di quel desiderio di hybris (fondamento della scienza) di scavare per vedere cosa sorregge la terra che ci sorregge... il fantasma è infatti il residuo etereo di ciò che è sepolto in terra, no? ;) "
Corretto, sembra una citazione, o è degno di citazione ;) , poichè il residuo terrestre, il resto, è esattamente la traccia, il senso, del nostro cozzare con la parte dura della natura.
Ciò che rimane è ciò che è più vero dentro di noi. Per ognuno di noi.
Uguale, simile o diversa che sia questa traccia.
cit phil
Eppure, sapere di essere in un vicolo cieco almeno ci disillude dalla speranza di poter trovare uno sbocco... alcune aporie sono più utili di alcune soluzioni estemporanee
infatti è stato necessario passare per il decostruttivismo!
ma non era credibile che si stesse in quel alveo: oggi la filosofia vuole andare avanti.
cit phil
Il problema è per me cosa intendiamo come destino quando parliamo dell'uomo (e cosa intendiamo davvero quando scriviamo "uomo" con la minuscola...). Se non facciamo questo passo indietro (secondo una fenomenologia dei presupposti) abbiamo appena abbassato la luce per poter evocare meglio i fantasmi senza infastidirli
il destino è cercare il senso, instillare il senso, attraverso il recupero di ciò che rimane. come brillantemente da te detto.
uomo con la lettera minuscola significa ognuno per sè, per la propria strada.(ovviamente anche la comunità degli amici, sulla scorta di nietzche).
cit phil
Tuttavia, proprio l'orizzonte (inteso come orizzontalità cronologica... tanto per non usare "destino") non è il palcoscenico preferito dai fantasmi? Tenere il sipario chiuso è forse uno stratagemma ancor più angosciante e castrante (come ben sai, i fantasmi sanno attendere... e non muoiono certo di vecchiaia ;D ).
proprio per questo Nietzche è l'unico filosofo credibile. 8)
i suoi fantasmi li ha elencati tutti, li ha attraversati.
e ciononostante i fantasmi hanno vinto.
questo perchè i fantasmi sono molto di più dei 4 descritti dalla psicanalisi. Moolti di più.
Ossia sono tutte le nostre paure.
Ma lui quanti ne ha affrontati? con quale coraggio? a mio parere non abbiamo ancora minimamente capito chi era. :(
Per conto mio. Deve tornare sempre indietro. Non è facile. :-[
Di certo tenere la tenda chiusa, non aiuta proprio a niente. >:(
E' una questione credo di propensione. :-[
Ma in fin dei conti, mi sembra che non siamo tanto lontani. :D
E' che quei sipari bisogna proprio aprirli. ;)
ciao Phil ! :D
cit. Green Demetr: "... seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMAMENTE che la filosofia sia il problema.
LA FILOSOFIA e in primis NIETZSCHE sono la soluzione".
Non intendevo dire che la filosofia è il problema.
Il problema è il fatto che inevitabilmente prendiamo sul serio la produzione di fantasticherie in cui la mente umana è impegnata giorno e notte.
E la filosofia è per eccellenza l'espressione di questa serietà.
Ma non possiamo farne a meno.
La soluzione del problema non è Nietzsche, è l'estinzione della razza umana.
Nel frattempo dobbiamo vivere. Quindi impegnare la nostra deriva alla fantasticheria nel modo più interessante possibile, come per esempio dialogare con l'amato Nietzsche.
Giocare a trovare la grande verità che illumina e redime e salva la Terra è il gioco del filosofo.
È solo un gioco, purtroppo, come l'alchimia è solo un sogno, come la psicoanalisi solo un'illusione di guarigione etc. ...
Citazione di: Kobayashi il 14 Febbraio 2018, 11:22:35 AM
cit. Green Demetr: "... seppure capisco benissimo le tue motivazioni, NON SONO d'ACCORDO MINIMAMENTE che la filosofia sia il problema.
LA FILOSOFIA e in primis NIETZSCHE sono la soluzione".
Non intendevo dire che la filosofia è il problema.
Il problema è il fatto che inevitabilmente prendiamo sul serio la produzione di fantasticherie in cui la mente umana è impegnata giorno e notte.
E la filosofia è per eccellenza l'espressione di questa serietà.
Ma non possiamo farne a meno.
La soluzione del problema non è Nietzsche, è l'estinzione della razza umana.
Nel frattempo dobbiamo vivere. Quindi impegnare la nostra deriva alla fantasticheria nel modo più interessante possibile, come per esempio dialogare con l'amato Nietzsche.
Giocare a trovare la grande verità che illumina e redime e salva la Terra è il gioco del filosofo.
È solo un gioco, purtroppo, come l'alchimia è solo un sogno, come la psicoanalisi solo un'illusione di guarigione etc. ...
Mmm...qua c'è molto lavoro da fare. Vedo che l'esicasmo è entrato ben più in profondità di quanto non ritenessi possibile.
Eppure l'assenza dell'uomo, mette in risalto proprio la presenza dell'uomo.
C'è questa cosa che non capisco: come mai chi ha sofferto, poi cede a queste visioni contro qualsiasi realtà, e le vede come illusione?
E' proprio il dolore a certificare che non si tratta di sogni, di illusioni etc.
Non capisco perchè nella realtà il tutto si ribalti (quanti amici sono implosi in visioni nichiliste? anche se nessuno di loro, non essendo filosofi, le chiama tali).
Per quanto riguarda la mia posizione su queste premesse, ovviamente sono totalmente in disaccordo.
Il mio passaggio dalla religione alla filosofia è nato proprio da questa svalutazione della realtà.
La trovo odiosa.
Spero non ci ritroveremo mai a doverne parlare....
Facciamo così allora: poichè siamo nella illusione (ma l'esicasmo mi sa vira sul male, poichè era a contratto con le religioni gnostiche nel cristianesimo orientale) allora non ci rimane che illuderci.
Allora illudiamoci che vi sia un reale che si deve confrontare con un immaginario.
Dimodochè utilmente (nel delirio della illusione) vi sia dialogo (delirante, nevrotico, chiamalo un pò come vuoi): lo apprezzerei molto.
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 23:45:09 PM
Rispetto ad Heidegger e Rorty, in realtà non cambia nulla.
Perchè la realtà di quelle opzioni è solo in base al riscontro reale.
Perciò sensibile!
Non direi semplicemente "riscontro reale": Heidegger, ricordiamoci, parlava di "quadratura" fra cielo / terra / divini / mortali... per Rorty, la questione del reale non mi sembra pacificamente riconducibile al sensibile, costeggiando con noncuranza la questione dell'
interpretazione di tale sensibile...
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 23:45:09 PM
il destino è cercare il senso, instillare il senso, attraverso il recupero di ciò che rimane
Questo cercare-instillare è proprio lo scoprire-inventare a cui alludevo; è l'aporia del senso semantico che facciamo assurgere ad ontologico, senza però poter poi reggere il mistero di tale sublimazione (le conseguenze sono scandite dalla storia della metafisica... che non va rinnegata, perché è la rotta da cui ci muoviamo).
Citazione di: green demetr il 13 Febbraio 2018, 23:45:09 PM
il residuo terrestre, il resto, è esattamente la traccia, il senso, del nostro cozzare con la parte dura della natura.
Si, il senso, per essere attendibile, deve avere "lo scarico a terra" e essere "cozzante": il bernoccolo è garanzia dell'impatto del senso sui sensi ;D Se non c'è bernoccolo, può trattarsi persino di olografica illusione (
il-ludere, giocare), ovvero di un
trompe l'oeil, che sembra tridimensionale, sembra avere profondità, ma è invece superficie bidimensionale che ammalia lo sguardo (teoretico).
Qui mi allaccio a Kobayashi
Citazione di: Kobayashi il 14 Febbraio 2018, 11:22:35 AM
Il problema è il fatto che inevitabilmente prendiamo sul serio la produzione di fantasticherie in cui la mente umana è impegnata giorno e notte.
E la filosofia è per eccellenza l'espressione di questa serietà.
Ma non possiamo farne a meno.
Finché lo riteniamo inevitabile, finché il "mestiere" del filosofo serio è ricercare il Senso, restiamo in un orizzonte metafisico classico, in cui come osservi,
Citazione di: Kobayashi il 14 Febbraio 2018, 11:22:35 AM
Giocare a trovare la grande verità che illumina e redime e salva la Terra è il gioco del filosofo.
eppure proprio il riconoscerlo come gioco, ce lo fa apprezzare meglio per quel che è... sta a noi decidere se stare al gioco (e a quale dei giochi giocare ;) ).
Superata la "crisi di astinenza" da un senso forte (il '900 è stato in ciò il secolo della nausea) ci si può riappropriare delle medesime domande, ma con un'attitudine "ludica", esorcizzata dalla gravosa seriosità dell'"antropocentrismo
destinale".
Indubbiamente
Citazione di: Kobayashi il 14 Febbraio 2018, 11:22:35 AM
Nel frattempo dobbiamo vivere.
tuttavia possiamo anche ritagliare spazi di gioco-filosofico nel quotidiano, proprio come, oltre a soddisfare i bisogni primari e sociali, ci si può concedere, con corroborante indulgenza, momenti di svago estetico (la filosofia è un'arte... d'altronde, anche l'arte è un
divertissement che produce-scopre un senso ;) ).
Il nichilismo è inibitorio se ci lascia impalati a contemplare un cielo che credevamo pieno di dèi e di senso, ma può anche essere di sprono a mettere le mani nel mondo umano, per capire le dinamiche (non il senso ;) ) dell'immanenza che ci circonda (sempre aspettando che la razza umana si estingua ;D ).
caro Green, caro Phil,
naturalmente avete ragione.
Mi ricordo una frase di Ratzinger rivolta ai cattolici: siamo credenti e nello stesso tempo atei, diceva quando era ancora solo un teologo.
Ma è chiaro che se si vuole continuare il proprio cammino verso Dio non è il caso di rimanere bloccati dall'esperienza disarmante che il principio di non contraddizione nella nostra mente non ha alcuna presa...
Così, sì, in effetti non c'è altra strada che credere nell'efficacia del proprio cammino, per quanto ogni giorno la realtà sembri volerla confutare...
Citazione di: Kobayashi il 15 Febbraio 2018, 06:25:15 AM
caro Green, caro Phil,
naturalmente avete ragione.
Mi ricordo una frase di Ratzinger rivolta ai cattolici: siamo credenti e nello stesso tempo atei, diceva quando era ancora solo un teologo.
Ma è chiaro che se si vuole continuare il proprio cammino verso Dio non è il caso di rimanere bloccati dall'esperienza disarmante che il principio di non contraddizione nella nostra mente non ha alcuna presa...
Così, sì, in effetti non c'è altra strada che credere nell'efficacia del proprio cammino, per quanto ogni giorno la realtà sembri volerla confutare...
Grazie kobayashi :)
cit phil
"Non direi semplicemente "riscontro reale": Heidegger, ricordiamoci, parlava di "quadratura" fra cielo / terra / divini / mortali... per Rorty, la questione del reale non mi sembra pacificamente riconducibile al sensibile, costeggiando con noncuranza la questione dell'interpretazione di tale sensibile..."
E' vero che ho ragionato un pò oltre le apparenze del discorso heidegeriano, ma devo ancora approfondirlo.
Sono contento di leggere che si sia interessato a questa quadratura come la esponi tu Phil, sopratutto perchè è presente la terra, elemento che non ho mai trovato nella sua filosofia iper-metafisica.
Rorty non credo che sia nei miei piani a breve termine, anche se una lettura veloce la merita, non foss'altro perchè è l'unico apprezzato da Sini nella selva dei monismi americani.E quindi immagino abbia molto lavorato sulla modalità di risposta allo scientismo.
Per quel che mi riguarda invece intendo proprio il sensibile, rozzo senza ulteriori domande filosofiche. Se non quelle del paradigma Peirciano sulle inferenze. :P
cit phil
"Questo cercare-instillare è proprio lo scoprire-inventare a cui alludevo; è l'aporia del senso semantico che facciamo assurgere ad ontologico, senza però poter poi reggere il mistero di tale sublimazione (le conseguenze sono scandite dalla storia della metafisica... che non va rinnegata, perché è la rotta da cui ci muoviamo)."
Ma perchè usare la parola aporia? se vi è un resto vi è una risposta.
L'aporia non sono le domande che non possono avere risposta?
Il senso ontologico io non lo sento, quando mi accosto a questa tematica, mi sento svuotato interiormente.
Mi sembra che in fin dei conti sia un tentativo goffo di incasellare qualcosa di reale in qualcosa di semantico, solo per far vivere il semantico, il gioco di parole, dei cani derridiani.
In questo senso non credo di capire le tue parole, non ne trovo il filo rosso. Almeno in questa parte di discorso.
Certamente può essere utile per uscire dai pesi delle metafisiche idealizzanti, utilizzare l'arma dell'ironia, il coltellino svizzero per aprire i cieli nichilisti.
Anzi forse addirittura farne proprio il fine, il ludismo creativo che va assieme ai bernoccoli della realtà.
Sì questa parte del discorso la capisco benissimo. ;D Ottimo :)
Io ahimè, proprio non ci riesco. :-[ (deve essere questione zodiacale, mi pare buona come scusa ;) )
O meglio a volte ci riesco molto bene, è che poi mi sento male.....mistero.... (o meglio non voglio dissipare qualche spettro, in fin dei conti innnocuo, a cui ormai sono affezionato ;) ).
Sono soddisfatto di questo 3d, mi succede di rado...grazie :)
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2018, 18:50:05 PM
E' vero che ho ragionato un pò oltre le apparenze del discorso heidegeriano, ma devo ancora approfondirlo.
Sono contento di leggere che si sia interessato a questa quadratura come la esponi tu Phil, sopratutto perchè è presente la terra, elemento che non ho mai trovato nella sua filosofia iper-metafisica.
Tiratina di orecchie! :) Non mi risulta Heidegger sia "iper-metafisico": magari è virtuoso bardo di una metafisica poetante, ma tiene sempre fra le dita la terra, l'essere-nel-mondo (e l'esser
ci), l'abitare... sulla quadratura, ma non solo, ho trovato questo (al volo, l'ho letto ad ampie falcate, non garantisco ;D ):
https://giulianoantonello.wordpress.com/2017/03/04/heidegger-costruire-abitare-pensare/
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2018, 18:50:05 PM
Il senso ontologico io non lo sento, quando mi accosto a questa tematica, mi sento svuotato interiormente.
Mi sembra che in fin dei conti sia un tentativo goffo di incasellare qualcosa di reale in qualcosa di semantico, solo per far vivere il semantico, il gioco di parole, dei cani derridiani.
Secondo me, il gioco che spesso non viene riconosciuto come tale (e a cui
Kobayashi alludeva, se ho ben colto il suo intervento), ovvero che viene inteso come una faccenda seria e destinale, è piuttosto l'inverso: incasellare nel reale qualcosa di semantico ;) d'altronde, sia il contadino che l'
archè-ologo "violano" la terra, seppur con scopi differenti...
Su Derrida: il gioco dei cani, il loro andare a caccia non per fame, ma per ammaestramento, denuncia proprio questa atavica aporia del filosofare, l'aporia di creare l'oggetto stesso della ricerca (proprio come la caccia alla volpe: la volpe viene liberata e poi si sguinzagliano i cani...).
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2018, 18:50:05 PM
Certamente può essere utile per uscire dai pesi delle metafisiche idealizzanti, utilizzare l'arma dell'ironia, il coltellino svizzero per aprire i cieli nichilisti.
Anzi forse addirittura farne proprio il fine, il ludismo creativo che va assieme ai bernoccoli della realtà
... "ludismo" che va assieme al luddismo per i meccanismi che impediscono le rotture paradigmatiche.
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2018, 18:50:05 PM
Io ahimè, proprio non ci riesco. :-[ (deve essere questione zodiacale, mi pare buona come scusa ;) )
O meglio a volte ci riesco molto bene, è che poi mi sento male.....mistero.... (o meglio non voglio dissipare qualche spettro, in fin dei conti innnocuo, a cui ormai sono affezionato ;) ).
Già, ci sono gli spettri che non ci fanno dormire e quelli che invece ci sussurrano la ninna nanna ;D
Citazione di: green demetr il 16 Febbraio 2018, 18:50:05 PM
Sono soddisfatto di questo 3d, mi succede di rado...grazie :)
A te! :)
Io non saprei cosa rispondere alla questione dell'antropocentrismo come grave malattia della filosofia e della religione. D'altra parte, pensare l'uomo come qualitativamente superiore agli altri esseri terrestri non mi pare si possa far coincidere con la concezione antropocentrica. Storicamente il termine antropocentrismo è nato in contrapposizione a teocentrismo, segnando il passaggio dal medioevo all'umanesimo.
La nascita nel XV secolo della rappresentazione prospettica può essere considerata in un certo senso espressione della visione antropocentrica che diventa dominante nella civiltà dell'Occidente; il punto di vista individuale diventa criterio di verità, non si tratta di una visione fantasiosa, caleidoscopica ed arbitraria ma di un processo rigoroso che porta ogni mente umana a convergere su di una realtà intersoggettivamente coincidente.
Parallelamente la riflessione filosofica cartesiana nel Metodo e nelle Meditazioni porta a concepire l'io pensante come pienamente capace di cogliere la realtà, è pur vero che Cartesio ricorre a Dio come garante della stessa che l'uomo percepisce e concepisce, ma il cartesianesimo che segue porterà a vedere il mondo indipendentemente da Dio.
Così all'umanesimo che, con Pico della Mirandola, esaltava la dignità dell'uomo, visto come creatura di Dio, segue un umanesimo antropocentrico che dimentica Dio e che poi correnti razionalistiche negheranno decisamente.
Questo mi pare essere l'antropocentrismo.
Citazione di: Raffaele Pisani il 12 Giugno 2018, 15:00:03 PM
Io non saprei cosa rispondere alla questione dell'antropocentrismo come grave malattia della filosofia e della religione. D'altra parte, pensare l'uomo come qualitativamente superiore agli altri esseri terrestri non mi pare si possa far coincidere con la concezione antropocentrica. Storicamente il termine antropocentrismo è nato in contrapposizione a teocentrismo, segnando il passaggio dal medioevo all'umanesimo.
La nascita nel XV secolo della rappresentazione prospettica può essere considerata in un certo senso espressione della visione antropocentrica che diventa dominante nella civiltà dell'Occidente; il punto di vista individuale diventa criterio di verità, non si tratta di una visione fantasiosa, caleidoscopica ed arbitraria ma di un processo rigoroso che porta ogni mente umana a convergere su di una realtà intersoggettivamente coincidente.
Parallelamente la riflessione filosofica cartesiana nel Metodo e nelle Meditazioni porta a concepire l'io pensante come pienamente capace di cogliere la realtà, è pur vero che Cartesio ricorre a Dio come garante della stessa che l'uomo percepisce e concepisce, ma il cartesianesimo che segue porterà a vedere il mondo indipendentemente da Dio.
Così all'umanesimo che, con Pico della Mirandola, esaltava la dignità dell'uomo, visto come creatura di Dio, segue un umanesimo antropocentrico che dimentica Dio e che poi correnti razionalistiche negheranno decisamente.
Questo mi pare essere l'antropocentrismo.
Mi sembra una tipica lezione da manuale di filosofia. Oddio ci sta, non mi fraintendere. ;)
(benvenuto a proposito!)
Il punto al di là del racconto scolastico, è di vedere cosa ne pensi tu, personalmente, all'altezza dei tempi, ossia del tuo vivere quotidiano.
Non quello di riferirsi a periodi storici "andati". A me sembra più interessante no?
Citazione di: Socrate78 il 06 Febbraio 2018, 19:43:59 PM
Io credo che tra le più gravi storture della religione e della filosofia ci sia l'antropocentrismo, cioè la convinzione che l'uomo sia QUALITRATIVAMENTE superiore agli animali e alle altre creature esistenti sul pianeta. L'antropocentrismo genera tracotanza e superbia, fa in modo che l'uomo si senta in diritto di prevaricare sugli altri esseri visi come inferiori e secondo me genera assurdità, come la credenza superstiziosa di molte religioni secondo cui l'uomo è dotato di anima mentre gli animali ne sarebbero privi. L'uomo è sicuramente più evoluto cerebralmente, ha capacità di astrazione superiori, ma la materia di cui noi siamo fatti è la stessa di cui anche una pianta è dotata: non siamo costituiti da qualcosa di alieno, gli atomi e gli elettroni sono gli stessi. Anche la credenza nell'esistenza di un Io individuale secondo me è illusoria e per certi aspetti dannosa: essa, pur essendo utile allo sviluppo della nostra personalità, fa sì che ci sentiamo separati dalla natura e dalle cose, e in nome di questo Ego rischiamo di prevaricare, mentre dovremmo al limite solo accrescere la nostra consapevolezza per migliorare la nostra vita e quella altrui. Anche voi credete che l'antropocentrismo sia falso?
ciao Socrate 78,
hai ragione.
Ho letto alcuni commenti del topic e non seguono il contesto del pensiero storico filosofico e religioso.
Prima della modernità che ha costruito l'antropocentrismo grazie all'illusione umanista che ci sta portando verso un baratro, la cultura era focalizzata nella religione nei tre domini:divino, natura, umano che in filosofia corrispondevano al nomos, alla natura, alla polis. Allora si parlava del rapporto psiche( che in verità è psuchè) con il nous(quest'ultimo è un concetto perso e ridefinito appunto antropologicamente dalla storia occidentale).
In sintesi l'uomo doveva seguire gli ordini e le regole che apparivano dalla natura e dal cielo(nelle religioni dalle rivelazioni delle sacre scritture divine). Questo limitava perchè regolava e ordinava l'uomo in quanto la polis doveva seguire un ordine organizzativo sociale il cui punto di riferimento era "esterno" all'uomo.
L'antropocentrismo, per farla breve, lo dice il termine, "centra" su se stessi il parametro di riferimento, spacciando per liberazione il disfarsi delle culture che avevano insegnato il senso del limite.Così l'esaltazione umana della propria particolarità finisce non solo per non avere un limite, ma di rovesciare le regole di natura, di dichiarare vero e giusto ciò che prima era falso e ingiusto.
Ne sortisce la natura egoistica umana, che se prima era limitata e contenuta dell'ordine sociale della polis, ora il singolo si oppone alla volontà generale, perchè l'antropocentrismo esalta il singolo non il sociale, esalta le culture del profitto non delle comunità, esalta lo sfruttamento non l'armonia fra energia naturale e ambiente e nostro uso della natura.
La fine dell'antropocentrismo è l'uomo solo, con il suo consolatorio egoismo che lo porterà alla distruzione di se stesso
Salve. Scusate, ma mi sembra di notare una seria confusione tra antropocentrismo, individualismo ed egoismo.
Citazione di: green demetr il 13 Giugno 2018, 10:03:09 AMCitazione di: Raffaele Pisani il 12 Giugno 2018, 15:00:03 PMIo non saprei cosa rispondere alla questione dell'antropocentrismo come grave malattia della filosofia e della religione. D'altra parte, pensare l'uomo come qualitativamente superiore agli altri esseri terrestri non mi pare si possa far coincidere con la concezione antropocentrica. Storicamente il termine antropocentrismo è nato in contrapposizione a teocentrismo, segnando il passaggio dal medioevo all'umanesimo. La nascita nel XV secolo della rappresentazione prospettica può essere considerata in un certo senso espressione della visione antropocentrica che diventa dominante nella civiltà dell'Occidente; il punto di vista individuale diventa criterio di verità, non si tratta di una visione fantasiosa, caleidoscopica ed arbitraria ma di un processo rigoroso che porta ogni mente umana a convergere su di una realtà intersoggettivamente coincidente. Parallelamente la riflessione filosofica cartesiana nel Metodo e nelle Meditazioni porta a concepire l'io pensante come pienamente capace di cogliere la realtà, è pur vero che Cartesio ricorre a Dio come garante della stessa che l'uomo percepisce e concepisce, ma il cartesianesimo che segue porterà a vedere il mondo indipendentemente da Dio. Così all'umanesimo che, con Pico della Mirandola, esaltava la dignità dell'uomo, visto come creatura di Dio, segue un umanesimo antropocentrico che dimentica Dio e che poi correnti razionalistiche negheranno decisamente. Questo mi pare essere l'antropocentrismo.
Mi sembra una tipica lezione da manuale di filosofia. Oddio ci sta, non mi fraintendere. ;) (benvenuto a proposito!) Il punto al di là del racconto scolastico, è di vedere cosa ne pensi tu, personalmente, all'altezza dei tempi, ossia del tuo vivere quotidiano. Non quello di riferirsi a periodi storici "andati". A me sembra più interessante no?
Citazione di: Raffaele Pisani il 12 Giugno 2018, 15:00:03 PMIo non saprei cosa rispondere alla questione dell'antropocentrismo come grave malattia della filosofia e della religione. D'altra parte, pensare l'uomo come qualitativamente superiore agli altri esseri terrestri non mi pare si possa far coincidere con la concezione antropocentrica. Storicamente il termine antropocentrismo è nato in contrapposizione a teocentrismo, segnando il passaggio dal medioevo all'umanesimo. La nascita nel XV secolo della rappresentazione prospettica può essere considerata in un certo senso espressione della visione antropocentrica che diventa dominante nella civiltà dell'Occidente; il punto di vista individuale diventa criterio di verità, non si tratta di una visione fantasiosa, caleidoscopica ed arbitraria ma di un processo rigoroso che porta ogni mente umana a convergere su di una realtà intersoggettivamente coincidente. Parallelamente la riflessione filosofica cartesiana nel Metodo e nelle Meditazioni porta a concepire l'io pensante come pienamente capace di cogliere la realtà, è pur vero che Cartesio ricorre a Dio come garante della stessa che l'uomo percepisce e concepisce, ma il cartesianesimo che segue porterà a vedere il mondo indipendentemente da Dio. Così all'umanesimo che, con Pico della Mirandola, esaltava la dignità dell'uomo, visto come creatura di Dio, segue un umanesimo antropocentrico che dimentica Dio e che poi correnti razionalistiche negheranno decisamente. Questo mi pare essere l'antropocentrismo.
Citazione di: green demetr il 13 Giugno 2018, 10:03:09 AM
Citazione di: Raffaele Pisani il 12 Giugno 2018, 15:00:03 PMIo non saprei cosa rispondere alla questione dell'antropocentrismo come grave malattia della filosofia e della religione. D'altra parte, pensare l'uomo come qualitativamente superiore agli altri esseri terrestri non mi pare si possa far coincidere con la concezione antropocentrica. Storicamente il termine antropocentrismo è nato in contrapposizione a teocentrismo, segnando il passaggio dal medioevo all'umanesimo. La nascita nel XV secolo della rappresentazione prospettica può essere considerata in un certo senso espressione della visione antropocentrica che diventa dominante nella civiltà dell'Occidente; il punto di vista individuale diventa criterio di verità, non si tratta di una visione fantasiosa, caleidoscopica ed arbitraria ma di un processo rigoroso che porta ogni mente umana a convergere su di una realtà intersoggettivamente coincidente. Parallelamente la riflessione filosofica cartesiana nel Metodo e nelle Meditazioni porta a concepire l'io pensante come pienamente capace di cogliere la realtà, è pur vero che Cartesio ricorre a Dio come garante della stessa che l'uomo percepisce e concepisce, ma il cartesianesimo che segue porterà a vedere il mondo indipendentemente da Dio. Così all'umanesimo che, con Pico della Mirandola, esaltava la dignità dell'uomo, visto come creatura di Dio, segue un umanesimo antropocentrico che dimentica Dio e che poi correnti razionalistiche negheranno decisamente. Questo mi pare essere l'antropocentrismo.
Mi sembra una tipica lezione da manuale di filosofia. Oddio ci sta, non mi fraintendere. ;) (benvenuto a proposito!) Il punto al di là del racconto scolastico, è di vedere cosa ne pensi tu, personalmente, all'altezza dei tempi, ossia del tuo vivere quotidiano. Non quello di riferirsi a periodi storici "andati". A me sembra più interessante no?
Ringrazio per il benvenuto, non sono pratico delle procedure per rispondere, spero vogliate scusarmi. Per ciò che riguarda i tempi "andati" della storia e la necessaria attenzione per all'attualità, mi viene da dire che l'oblio della storia è più che mai un tema attuale. Sono d'accordo con la breve nota inserita da Viator sulla confusione riguardo ai termini: antropocentrismo, individualismo ed egoismo; forse anch'io ho contribuito alla poca chiarezza.
Cercare di vedere la nascita e lo sviluppo storico di un determinato concetto consente quel minimo di condivisione semantica che ci permette di dire che parliamo della stessa cosa. Inoltre, la riflessione sulla storia del pensiero ci induce a quella necessaria umiltà che ci fa comprendere che le nostre idee sono in gran parte eredità dell'umanità passata.