La Natura e' affascinante ed è l'origine di tutte le nostre conoscenze e dei relativi sviluppi, ma a volte va in conflitto con se' stessa.
Cerco di spiegarmi:
La scienza con le sue varie materie va sempre più a fondo nel comprendere la struttura dell'universo ampliando continuamente la sua sfera di azione; resta però spesso un dissidio tra istinto e razionalità, entrambi espressioni della Natura.
Quando è il caso di combatterla, manipolarla, assecondarla?
Ritengo che sia una domanda che può trovare risposta solo scoprendo un'Etica universale.
la razionalità è un linuguaggio umano che verosimilmente,, ma non certamente, corrisponde ad una realtà., non è natura.
Ovvero è un linguaggio simulativo umano per costruire modelli di rappresentazione del mondo e le sue relazioni.
Più che di istinto, direi intuito.
Quando la razionalità arriva a precostituire un modello troppo artificioso del mondo, ma soprattutto della propria esistenza umana nel mondo, come ora ,più d iieri e meno di domani ;D , allora l'intuito lo avverte.
Lo avverte come disagio fra artificio e natura.
la natura alla fine si rivolta contro l'artificio.
Sì, l'etica è probabilmente la miglior risposta alla problematica fra quanto può "spingere" l'uomo con l'artificio e quanto "lasciare" alla natura; ovvero il principio di limite.
Citazione di: paul11 il 31 Maggio 2016, 14:25:39 PM
la razionalità è un linuguaggio umano che verosimilmente,, ma non certamente, corrisponde ad una realtà., non è natura.
Ovvero è un linguaggio simulativo umano per costruire modelli di rappresentazione del mondo e le sue relazioni.
Più che di istinto, direi intuito.
Quando la razionalità arriva a precostituire un modello troppo artificioso del mondo, ma soprattutto della propria esistenza umana nel mondo, come ora ,più d iieri e meno di domani ;D , allora l'intuito lo avverte.
Lo avverte come disagio fra artificio e natura.
la natura alla fine si rivolta contro l'artificio.
Sì, l'etica è probabilmente la miglior risposta alla problematica fra quanto può "spingere" l'uomo con l'artificio e quanto "lasciare" alla natura; ovvero il principio di limite.
Non vedo perché la razionalità non debba far parte della natura visto che la considero "connaturata" con l'essere umano: forse un giorno la scienza lo spiegherà.
Ma cerco di spiegarmi meglio con un esempio:
La paura è un sentimento istintivo ( naturale come l'intuito ) che ci avverte di un pericolo, poi, nel caso dell'uomo, la ragione deve intervenire per trovare il modo di contrastarlo ( la ragione deve governare l'istinto), oppure lo stesso istinto ci fa fu fuggire con risultati incerti!
Il problema è che il termine razionalità è ambiguo. Noi non ragioniamo come un indigeno della foresta amazzonica.
E per lui questo problema dell'occidentale, è molto minore.
Ma riusciamo a razionalizzare una paura?
Guardiamo il corpo umano, le intolleranze alimentari da dove derivano? Perchè sono cresciute le allergie?
Perchè la medicina ha "scoperto" il sistema immunitario come parte importante se non decisivo negli ultimi decenni.
Tutto ciò che è sintesi, "plastica", invenzione grazie alla razionalità umana ,prima o poi va a cozzare con la natura.
L'uomo combatte la natura per vincere la morte , la malattia ,il dolore, la sofferenza (l'uomo occidentale soprattutto)
e inventa la scienza per acquietare la sua genuina inquietudine verso l'incerto cercando di prevedere di andare al domani,
spesso non vivendo l'oggi.
Noi siamo in contraddizione con la natura e da secoli utilizziamo la scienza, la logica, la razionalità come forma taumaturgica.
Ha in fondo sostituito lo stregone, l'indovino, lo sciamano.
Le paure sono eterne nell'uomo non sono cambiate dallo sciamano allo scienziato.
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 13:40:17 PM
La Natura e' affascinante ed è l'origine di tutte le nostre conoscenze e dei relativi sviluppi, ma a volte va in conflitto con se' stessa.
Cerco di spiegarmi:
La scienza con le sue varie materie va sempre più a fondo nel comprendere la struttura dell'universo ampliando continuamente la sua sfera di azione; resta però spesso un dissidio tra istinto e razionalità, entrambi espressioni della Natura.
Quando è il caso di combatterla, manipolarla, assecondarla?
Ritengo che sia una domanda che può trovare risposta solo scoprendo un'Etica universale.
Il conflitto non è nella natura, ma nella natura dell'essere umano, alla luce della cui razionalità esso appare come contraddizione. Alla natura appartiene solo il suo modo di essere, all'uomo la contraddizione di esistere che lo colloca contemporaneamente fuori e dentro la natura.
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 15:13:40 PM
Citazione di: paul11 il 31 Maggio 2016, 14:25:39 PM
la razionalità è un linuguaggio umano che verosimilmente,, ma non certamente, corrisponde ad una realtà., non è natura.
Ovvero è un linguaggio simulativo umano per costruire modelli di rappresentazione del mondo e le sue relazioni.
Più che di istinto, direi intuito.
Quando la razionalità arriva a precostituire un modello troppo artificioso del mondo, ma soprattutto della propria esistenza umana nel mondo, come ora ,più d iieri e meno di domani ;D , allora l'intuito lo avverte.
Lo avverte come disagio fra artificio e natura.
la natura alla fine si rivolta contro l'artificio.
Sì, l'etica è probabilmente la miglior risposta alla problematica fra quanto può "spingere" l'uomo con l'artificio e quanto "lasciare" alla natura; ovvero il principio di limite.
Non vedo perché la razionalità non debba far parte della natura visto che la considero "connaturata" con l'essere umano: forse un giorno la scienza lo spiegherà.
Ma cerco di spiegarmi meglio con un esempio:
La paura è un sentimento istintivo ( naturale come l'intuito ) che ci avverte di un pericolo, poi, nel caso dell'uomo, la ragione deve intervenire per trovare il modo di contrastarlo ( la ragione deve governare l'istinto), oppure lo stesso istinto ci fa fu fuggire con risultati incerti!
se il pericolo é reale, la paura é un "meccanismo" istintuale irrinunciabile, ergo perché la ragione avrebbe da contrastare questo istinto?
Citazione di: Lou il 31 Maggio 2016, 19:05:02 PM
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 15:13:40 PM
Citazione di: paul11 il 31 Maggio 2016, 14:25:39 PMla razionalità è un linuguaggio umano che verosimilmente,, ma non certamente, corrisponde ad una realtà., non è natura. Ovvero è un linguaggio simulativo umano per costruire modelli di rappresentazione del mondo e le sue relazioni. Più che di istinto, direi intuito. Quando la razionalità arriva a precostituire un modello troppo artificioso del mondo, ma soprattutto della propria esistenza umana nel mondo, come ora ,più d iieri e meno di domani ;D , allora l'intuito lo avverte. Lo avverte come disagio fra artificio e natura. la natura alla fine si rivolta contro l'artificio. Sì, l'etica è probabilmente la miglior risposta alla problematica fra quanto può "spingere" l'uomo con l'artificio e quanto "lasciare" alla natura; ovvero il principio di limite.
Non vedo perché la razionalità non debba far parte della natura visto che la considero "connaturata" con l'essere umano: forse un giorno la scienza lo spiegherà. Ma cerco di spiegarmi meglio con un esempio: La paura è un sentimento istintivo ( naturale come l'intuito ) che ci avverte di un pericolo, poi, nel caso dell'uomo, la ragione deve intervenire per trovare il modo di contrastarlo ( la ragione deve governare l'istinto), oppure lo stesso istinto ci fa fu fuggire con risultati incerti!
se il pericolo é reale, la paura é un "meccanismo" istintuale irrinunciabile.
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E' vero , la "sana" paura aiuta a salvarci dai pericoli.
Ma io intendo le paure umane, non quelle animali, e sono paure "razionali". Nel senso che le abbiamo trasposte anch'esse nei simboli culturali, li abbiamo rappresentate, così come popoli usano il totem per il tabù.
Noi non abbiamo più paura del tuono o del fuoco, come gli animali, li abbiamo capiti o "domati", ma non li abbiamo vinti ,sono dentro le ansie e fobie. Tutto il nostro razionalismo nasce dal tentativo che trovando risposte si trovino soluzioni a quelle paure umane che gli animali non hanno, come la morte, Perchè noi lavoriamo in "avanti" temporalmente, noi pensiamo progettando
e nonostante le nostri torri di Babele, le nostri costruzioni mentali e materiali siamo nudi nel nostro essere.
Ma non so Mariano se sto sviando da quello che tu intendevi fosse il viatico della discussione......
Per maral:
"Il conflitto non è nella natura, ma nella natura dell'essere umano...."
non e mia intenzione essere cavilloso,ma non capisco: la natura dell'essere umano non è nella natura?
Per paul11
"Noi non abbiamo più paura del tuono o del fuoco, come gli animali, li abbiamo capiti o "domati", ma non li abbiamo vinti ,sono dentro le ansie e fobie. "
Forse sono io che non riesco ad esprimere la mia idea:noi non abbiamo vinto il tuono o il fuoco, ma con la conoscenza e la razionalità (naturale)abbiamo vinto la paura che è un sentimento istintivo (naturale).
Allo stesso modo possiamo vincere la paura della morte convincendoci razionalmente che è un evento della vita; forse non riusciamo a vincere la paura della sofferenza, ma gli stoici ci hanno provato.
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 22:46:55 PMPer maral: "Il conflitto non è nella natura, ma nella natura dell'essere umano...." non e mia intenzione essere cavilloso,ma non capisco: la natura dell'essere umano non è nella natura? Per paul11 "Noi non abbiamo più paura del tuono o del fuoco, come gli animali, li abbiamo capiti o "domati", ma non li abbiamo vinti ,sono dentro le ansie e fobie. " Forse sono io che non riesco ad esprimere la mia idea:noi non abbiamo vinto il tuono o il fuoco, ma con la conoscenza e la razionalità (naturale)abbiamo vinto la paura che è un sentimento istintivo (naturale). Allo stesso modo possiamo vincere la paura della morte convincendoci razionalmente che è un evento della vita; forse non riusciamo a vincere la paura della sofferenza, ma gli stoici ci hanno provato.
Mariano,
la razionalità umana ha convinto l'uomo che sia possible esercitarla sopra le leggi di natura.
La razionalità è vista dalla cultura umana occidentale come una potenza divina sopra la natura, o una potenza nella conoscenza tecnica per manipolare la vita e poter vincere o almeno rimandare la morte.
In questo intendo dire che la razionalità è contro la natura. perchè a monte manca un fondamento.l'accettazione della fragilità umana, perchè la ragione non riesce a farsene una ragione del perchè morire.E adatto che la morte è l'ultimo evento della vita,ecco che anche la vita è per forza coinvolta nell'esorcizzazione della morte.
La contraddizione umana è la consapevolezza di essere natura dentro le sue regole e ragione che è possiblità di comprenderla e sorpassarla. E' come se la mente volesse mutare il corpo fisico,non lo accetta. Perchè tanta potenza nella razionalità e così altrettanto pochezza nella fragilità della natura umana?
Può esistere un' etica della vita e universale se accetta la condizione umana nella natura.La razionalità se supera il limite della natura , si avrà un altro essere, ma che non sarà più umano. Vincerà la paure ataviche, ma sarà privo di sentimento.Sarà altro.
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 13:40:17 PM
La Natura e' affascinante ed è l'origine di tutte le nostre conoscenze e dei relativi sviluppi, ma a volte va in conflitto con se' stessa.
Cerco di spiegarmi:
La scienza con le sue varie materie va sempre più a fondo nel comprendere la struttura dell'universo ampliando continuamente la sua sfera di azione; resta però spesso un dissidio tra istinto e razionalità, entrambi espressioni della Natura.
Quando è il caso di combatterla, manipolarla, assecondarla?
Ritengo che sia una domanda che può trovare risposta solo scoprendo un'Etica universale.
Più che istinto e razionalità io parlerei delle categorie similari del pensiero di Schopenhauer: Volontà e rappresentazione. Ma non credo esista un'etica nella quale esista una risposta alla domanda sul come dominare la realtà.
Citazione di: paul11 il 01 Giugno 2016, 00:34:54 AM
la razionalità umana ha convinto l'uomo che sia possible esercitarla sopra le leggi di natura.
La razionalità è vista dalla cultura umana occidentale come una potenza divina sopra la natura, o una potenza nella conoscenza tecnica per manipolare la vita e poter vincere o almeno rimandare la morte.
In questo intendo dire che la razionalità è contro la natura. perchè a monte manca un fondamento.l'accettazione della fragilità umana, perchè la ragione non riesce a farsene una ragione del perchè morire.E adatto che la morte è l'ultimo evento della vita,ecco che anche la vita è per forza coinvolta nell'esorcizzazione della morte.
La contraddizione umana è la consapevolezza di essere natura dentro le sue regole e ragione che è possiblità di comprenderla e sorpassarla. E' come se la mente volesse mutare il corpo fisico,non lo accetta. Perchè tanta potenza nella razionalità e così altrettanto pochezza nella fragilità della natura umana?
Può esistere un' etica della vita e universale se accetta la condizione umana nella natura.La razionalità se supera il limite della natura , si avrà un altro essere, ma che non sarà più umano. Vincerà la paure ataviche, ma sarà privo di sentimento.Sarà altro.
Rispondo:
Ma questa di cui parli, che avrebbe convinto l'uomo che sarebbe "possible esercitarla sopra le leggi di natura" (violando le leggi di natura -SIC!-), che sia possibile possedere una "potenza divina sopra la natura" e "vincere la morte" (la quale non é affatto il contrario di "vita", bensì di "nascita", entrambe esendo parte integrante e ineliminabile della "vita": non ci potrebbe essere vita senza morte proprio come non ci potrrebbe essere morte senza vita!) NON E' AFATTO RAZIONALITA'. ANZI E' PROPRIO IRRAZIONALISMO DELLA PIU' BELL' ACQUA !!!
La razionalità non è in contrato con l'istinto, la razionalità coopera con l'istinto, lo rielabora per la sua realizzazione.
Il conflitto interno sorge perché gli istinti sono diversi e c'è una relazione inversa, un trade off, tra di loro.
Sgiombo
mi pare che vi siano contraddizioni.
La teologia, Sgiombo per te è razionalismo o irrazionalismo?
La scienza empirca sperimentale con il suo modello epistemoligco è razionalismo o irrazionalismo?
Avevo espresso infatti che c'è ambiguità sul termine razionalità ed è già insito nella storia culturale così
come è ambiguo il concetto di realismo nella storia del pensiero .
E' accaduto che ciò che prima era razionale e realismo ad un tratto la scienza che è empirica e quindi il contrario del termine razionale
e reale, una volta giunta al potere culturale della tecnica ,abbia tacciato di irrazionalismo ,grazie anche alla linguistica analitica del Novecento, tutto ciò che fuoriuscisse dalla comprensione epistemologica della scienza moderna.
In altri termini l'empirismo diventa razionalismo e il vecchio razionalismo diventa irrazionalismo.
Quindi capisco Sgiombo il tuo giudizio.
Il mio giudizio invece è che c'è un evidente contraddizione storica nel pensiero occidentale.
baylam
prima dici che la razionalità non è in contrasto con l'istinto e poi praticamente dici che la relazione è inversamente proporzionale:
francamene non capisco.
Comunque.....
la ragione non riesce a eludere gli istinti, al massimo può educarli, sublimandoli .
ma ciò che volevo porre in evidenza è che la ragione in termine di razionalità non può spingersi "oltre" il corpo fisico , oltre la natura umana.
Gli esempi a mio parere sono lampanti nelle "grandi" civiltà occidentali .
Il timore dell'abbandono, i disturbi alimentari (anoressia e bulimia), tutte le malattie psicosomatiche, bambini che fanno stragi a scuola, madri che uccidono i figli.
In, più, ribadisco, i segnali che il corpo fisico esteriorizza come disagio ,vale a dire intolleranze e allergie verso ciò che "sente" estraneo ,inteso come non naturale nel suo fenotipo e genotipo secolare.
Il corpo umano reagisce a dove lo ha portato la ragion razionale di questo tempo.
Non so se sono riuscito a spiegarmi.....
Citazione di: paul11 il 01 Giugno 2016, 11:39:19 AM
Sgiombo
mi pare che vi siano contraddizioni.
La teologia, Sgiombo per te è razionalismo o irrazionalismo?
La scienza empirca sperimentale con il suo modello epistemoligco è razionalismo o irrazionalismo?
Avevo espresso infatti che c'è ambiguità sul termine razionalità ed è già insito nella storia culturale così
come è ambiguo il concetto di realismo nella storia del pensiero .
E' accaduto che ciò che prima era razionale e realismo ad un tratto la scienza che è empirica e quindi il contrario del termine razionale
e reale, una volta giunta al potere culturale della tecnica ,abbia tacciato di irrazionalismo ,grazie anche alla linguistica analitica del Novecento, tutto ciò che fuoriuscisse dalla comprensione epistemologica della scienza moderna.
In altri termini l'empirismo diventa razionalismo e il vecchio razionalismo diventa irrazionalismo.
Quindi capisco Sgiombo il tuo giudizio.
Il mio giudizio invece è che c'è un evidente contraddizione storica nel pensiero occidentale.
baylam
prima dici che la razionalità non è in contrasto con l'istinto e poi praticamente dici che la relazione è inversamente proporzionale:
francamene non capisco.
CitazionePur disinteressandomi della materia, non avendovi mai prestato attenzione dal momento che la ritengo una pretesa "scienza di qualcosa di inesistente" (ma anche qualora per assurdo -ammesso e non concesso- fosse esistente sarebbe per definizione inaccessibile alla ragione umana, in sostanza inconoscibile), credo che, come vi sono filosofie più o meno razionalistiche e più o meno irrazionalistiche, così vi siano teologie più o meno razionalistiche e più o meno irrazionalistiche (sebbene tutte fondate sul presupposto per me errato che Dio esista e sia possibile oggetto di conoscenza).
Tralasciando le questioni relative alla cosiddetta "presa del potere culturale da parte della scienza empirica attraverso la tecnica" e della reale portata dell' egemonia filosofica –nella filosofia occidentale in generale nel corso del 900- della filosofia in analitica e della svolta linguistica nel suo ambito, che trovo per lo meno assai discutibili, non ho dubbi che la scienza sia una manifestazione di razionalismo nel senso che non presta fede ad alcuna tesi immotivatamente, acriticamente (si può infatti anche dire: "senza ragioni" ritenute valide e comprovate) ma cercando di sottoporre la sue affermazioni a rigorosi criteri e prove di verità.
Questo ovviamente secondo un certo determinato senso del concetto di "razionalismo", sul quale concordo che può essere inteso in diversi modi, come pure quello di "razionalità" (e tantissimi altri, forse tutti); in altri possibili sensi del concetto, che è necessario chiarire esplicitamente e con la massima precisione possibile per potersi intendere, ovviamente non è razionalistica o non lo è nella stesa misura.
Senza pretendere di interpretare il pensiero di Baylam, a me pare evidente che attitudini non reciprocamente escludentisi bensì complementari come razionalità e istintualità possano ben trovarsi ad operare (nell' animo umano) anche (non sempre necessariamente) con "intensità" o forza inversamente proporzionale l' una all' altra.
Ma proprio perchè il termine razionale ha acquisto una connotazione di verità costruita sulla forma del modello culturale scientifico sperimentale attraverso il ragionamento induttivo, si è scostato e separata nettamente tutto ciò che non lo comprende defininendolo nel suo contrario: irrazionale.
Questo utilizzo del termine razionale, che giudico improprio soprattutto nell' uso corrente, ha avuto nella contemporaneità alienato definitavamente l'uomo separando la parte induttiva da quella deduttiva, ma soprattutto separando psiche, emozioni, sentimenti, spirito dal materiale, dove quest'ultimo è il solo dimostrabile e oggetto di verificabilità e quindi veritiero.
Il fenomeno fisico è più importante del fenomeno uomo. Il primo dimostrabile il secondo carico di ambiguità nella sua indefinibile e sfuggente soggetività.
Ecco perchè ritengo che istinti e razionalità, oggi, dimostrino l'alienazione fra natura e cultura.
E adatto che è l'uomo che incarna in sè l'idea di mondo nel suo procedimento epistemologico, vale adire nel focus in cui la ragione si finalizza, se tralascia la sua stessa natura che ha prodotto quello stesso ragionamento, il ragionamento entra in contraddizione costruendo e contribuendo alla sua stessa alienazione.
La contraddizione della natura è l'alienazione umana.
Citazione di: paul11 il 02 Giugno 2016, 13:56:09 PM
Ma proprio perchè il termine razionale ha acquisto una connotazione di verità costruita sulla forma del modello culturale scientifico sperimentale attraverso il ragionamento induttivo, si è scostato e separata nettamente tutto ciò che non lo comprende defininendolo nel suo contrario: irrazionale.
Questo utilizzo del termine razionale, che giudico improprio soprattutto nell' uso corrente, ha avuto nella contemporaneità alienato definitavamente l'uomo separando la parte induttiva da quella deduttiva, ma soprattutto separando psiche, emozioni, sentimenti, spirito dal materiale, dove quest'ultimo è il solo dimostrabile e oggetto di verificabilità e quindi veritiero.
Il fenomeno fisico è più importante del fenomeno uomo. Il primo dimostrabile il secondo carico di ambiguità nella sua indefinibile e sfuggente soggetività.
Ecco perchè ritengo che istinti e razionalità, oggi, dimostrino l'alienazione fra natura e cultura.
E adatto che è l'uomo che incarna in sè l'idea di mondo nel suo procedimento epistemologico, vale adire nel focus in cui la ragione si finalizza, se tralascia la sua stessa natura che ha prodotto quello stesso ragionamento, il ragionamento entra in contraddizione costruendo e contribuendo alla sua stessa alienazione.
La contraddizione della natura è l'alienazione umana.
Citazione
Quanto il razionalismo sia oggi "dominante" in Occidente e nel mondo in generale è molto discutibile (anche per il diverso modo nel quale i concetti di "razionalismo" e "razionalità" possono essere declinati).
Personalmente sono sempre stato anticonformista (sono istintivamente un Bastian contrario, anche se cerco di dominare razionalmente questa mia fondamentale tendenza comportamentale: ho sempre preferito il Verga al Manzoni, il "socialismo reale" -muro di Berlino compreso- alla pseudodemocrazia capitalistica, perfino i Rolling Stones ai Beatles, il provolone al parmigiano-reggiano, Max Biaggi a Valentino Rossi; e se fossi nato qualche anno prima credo proprio che avrei preferito Gino Bartali a Fausto Coppi).
Ritengo che il mondo in cui vivo debba essere profondamente cambiato, rivoluzionato.
Ma nel mondo in cui vivo trovo piuttosto dominante l' irrazionalismo che il razionalismo.
Credo che lo stesso scientismo:
a) sia una forma di irrazionalismo;
b) che non sia la peggiore né più diffusa oggi in Occidente e nel mondo (peggiori e più diffuse sono, secondo me, superstizioni, astrologie, "olismi", "spiritualità", "ermetismi", "esoterismi", religioni -per quanto alcune di queste ultime, soprattutto l' islamica, lo siano relativamente meno e siano comunque più degne di rispetto delle altre forme di irrazionalismo qui accennate- e così via).
Credo inoltre e soprattutto che razionalità e istintualità siano atteggiamenti non affatto reciprocamente escludentisi bensì complementari, e che il non rendersene conto (il pretendere di metterle in reciproca opposizione-esclusione) sia una manifestazione comunque di irrazionalismo, tanto da parte di chi (forse gli scientisti) vedono positivamente la prima e negativamente la seconda, quanto da parte di chi ("spiritualisti" e c.) vedono negativamente la prima e positivamente la seconda.
La razionalità è (dovrebbe essere quanto più possibile) per me la bussola per orientarsi nel campo del sapere (del "come", dei mezzi), l' istintualità quella per orientarsi nel campo del fare (del "perché", degli scopi).
E almeno in questa convinzione generale (non nell' applicarla criticamente allo "stato di cose presente") mi sembra che concordiamo (se non ti fraintendo).
Sgiombo
dai dei giudizi e quindi implicitamente hai un'idea di un tuo razionalismo.
L'unica radice comune che hanno istinto e razionalità ,se ancora non si fosse capito, è l'uomo che storicamente reinterpreta
se stesso e il mondo ridefinendo e ridefinendosi.
Preciso il mio precedente commento che è stato frainteso.
La razionalità coopera con l'istinto, l'istinto spinge in una direzione, la razionalità lo guida.
Il problema è che ci sono istinti diversi e contrastanti tra di loro, la relazione inversa, il trade off, è tra gli istinti. Banalmente di fronte ad un'incognita c'è l'istinto della paura ma anche della curiosità, il bisogno di mangiare contrasta con quello di riposare, l'altruismo con l'egoismo, ecc.. La razionalità non può risolvere questo conflitto interiore tra gli istinti, sono in contraddizione tra di loro, quindi la razionalità cerca un compromesso, una soluzione.
baylham
penso che gli istinti siano nel profondo di noi stessi, nascono con noi emergono con la vita.E questo per me è tipicamente natura, quella di un neonato: quì siamo allo stato percettivo del mondo e istinti e pulsioni.
Come ho scritto altrove la razionalità è coscienza fino all'autocoscienza, è con noi fin dalla nascita, ma non emerge subito, si forma nell'incontro in cui l'istinto diventa pulsione psichica e noi cominciamo ad essere educati persino nella fisiologia del corpo.
Noi educando il nostro corpo a mangiare non quando abbiamo fame ,ma quando tutti mangiano, non defechiamo immediatamente quando il corpo lo richiede, ma lo educhiamo, quì comincia a sorgere il lato della coscienza, che è innato come forma nel cervello, ma comincia ad esprimersi nell'interazione fra percezione che diventa conoscenza,istinto che diventa pulsione psichica.
La coscienza quando si alza al livello del SE' e diventa autoconsapevolezza si astrae dal mondo, e quì l'uomo si pone sopra la natura, perchè cerca signifcati, sensi, relazioni che uniscano il tutto in una unica idea di mondo.
La razionalità è metafiisca nasce dalla predisposizione umana a poterla reggere, sostenere con il proprio pensiero.
Ma la razionalità più pura è la matematica, non il mondo naturale.Vale a dire che è lo stesso oggetto del pensiero che si pensa che crea una forma , tutto questo avviene grazie ad un cervello analogico ,costruito per poter"leggere" il mondo.
Infatti la matematica, la geometria e poi la logica servono a costruire linguisticamente il sistema di relazione analogico al mondo.
Ma questa forma a sua volta condiziona sia il modo di interpretazione del mondo sia il mondo "interiore" di istinto-psiche.
La razionalità non coopera con gli istinti, ma cerca di educarli di portali nel SE', di farli emergere e in qualche modo modificarli.
Noi agiamo su noi stessi nel corso della nostra vita fra il dominio della natura e il dominio della ragione, è un percorso dialettico
interiore in cui la nostra coscienza rappresenta l'interfaccia che interagisce simultaneamente con più fattori: percezione, psiche, conoscenza, relazioni con i nostri simili e infine la nostra stessa autocoscienza.
E' dialettico perchè avviene sempre l'incontro/scontro fra "natura" e "cultura", fra istinti e razionalità, ed è per questo che ognuno di noi essendo in se stesso "un mondo" individuale, in quanto tale ha un suo modo di interpretazione del mondo che filtra la conoscenza fino a costruirsi credenze, modi di approcciarsi, motivazioni, e così via.
Citazione di: baylham il 03 Giugno 2016, 10:03:51 AM
CitazioneL'unica radice comune che hanno istinto e razionalità ,se ancora non si fosse capito, è l'uomo che storicamente reinterpreta
se stesso e il mondo ridefinendo e ridefinendosi. (Paul11)
Preciso il mio precedente commento che è stato frainteso.
La razionalità coopera con l'istinto, l'istinto spinge in una direzione, la razionalità lo guida.
Il problema è che ci sono istinti diversi e contrastanti tra di loro, la relazione inversa, il trade off, è tra gli istinti. Banalmente di fronte ad un'incognita c'è l'istinto della paura ma anche della curiosità, il bisogno di mangiare contrasta con quello di riposare, l'altruismo con l'egoismo, ecc.. La razionalità non può risolvere questo conflitto interiore tra gli istinti, sono in contraddizione tra di loro, quindi la razionalità cerca un compromesso, una soluzione. (Baylham)
CitazioneConcordo (con entrambi).
Preciserei che la razionalità (e non l' istintualità):
a) consente per lo meno di "soppesare" o "ponderare" gli istinti (non di misurarli o propriamente "pesarli": res cogitans! Posso valutare che comportarmi onestamente sia da me sentito come più desiderabile che arricchirmi disonestamente, ma non "di quanto": non "quante volte -tre, sette, il cinquanta% in più?- sia più desiderabile), cioé di cercare alquanto vagamente (in modo ben diverso e più incerto che le misurazioni operabili nell' ambito della "res extensa": il Monte Bianco é alto, sia pure approssimativamente, 4810 volte il campione del "metro" conservato al museo dei pesi e misure di Parigi alle temperature ordinariamente e mediamente presenti in Europa), di valutare la "forza" o "intensità" dei diversi istinti ed insiemi di istinti intrinsecamente compatibili (realizzabili) e reciprocamente incompatibili (realizzabili alternativamente gli uni agli altri);
b) di cercare di stabilire (non infallibilmente, é ovvio!) quali istinti e insiemi di istinti complessivamente sono realizzabili (quali scopi o insiemi di scopi sono conseguibili) nelle varie circostanze e quali no; ed a quali condizioni, mediante quali mezzi.
Si può sempre sbagliare nelle valutazioni razionali della conseguibilità, e dei mezzi atti ad ottenerla, dei vari scopi e insiemi di scopi (soddisfattibilità dei vari istinti e insiemi di istinti), per la misurabilità della res extensa.
Ma molto più difficile, molto più soggetta ad errore é la valutazione della maggiore o minor forza o intensità degli istinti e insiemi di istinti (o desiderabilità degli scopi) eventualmente conseguibili, per la non misurabilità in senso proprio ma soltanto "ponderabilità" della res cogitans.
Il dibattito che si è creato tra paul11, sgiombo e bailham è molto interessante e mi permette di meglio comprendere e forse esprimere quanto esposto nel topic iniziale.
Io parto dalla convinzione personale che razionalità sia la capacità (fornita dalla natura all'essere umano) di valutare con la mente tutte le sensazioni che esso percepisce come tutti gli esseri animati e che l'irrazionalità faccia parte della razionalità: del resto anche la matematica (scienza razionale e considerata perfetta) è dovuta ricorrere ai numeri irrazionali.
Di conseguenza io dico che valutando razionalmente le sensazioni che pervengono dall'istinto, l'uomo possa e debba governarle.
Quando questo è un bene? dipende da un concetto di etica che non può essere soggettivo.
Citazione di: Mariano il 31 Maggio 2016, 22:46:55 PM
Per maral:
"Il conflitto non è nella natura, ma nella natura dell'essere umano...."
non e mia intenzione essere cavilloso,ma non capisco: la natura dell'essere umano non è nella natura?
Certo che è nella natura, ma la natura nell'uomo si esplica come un esserne gettato fuori. Ed è solo in quanto gettato fuori che l'uomo può parlare di natura, cercando di spiegarsela o di trasformarla su progetto. Conosci forse altri essere viventi che lo facciano?
E' per questo motivo, che l'uomo vede delle contraddizioni in natura, mentre le contraddizioni sono solo nel suo particolare modo di stare in natura.
Nel tentativo di approfondire il tema iniziale da me proposto e cercando di recepire alcune considerazioni scaturite nelle varie risposte, modificherei il titolo del topic sostituendo "contraddizioni" con contrasti. Infatti contraddizioni o incongruenze implicano un giudizio morale mentre contrasto implica uno stato dinamico di lotta tra diversità fortunatamente esistenti.
A questo punto però mi rendo conto che il topic si riduce ad una constatazione banale: la Natura comprende ciò che consideriamo male e ciò che consideriamo bene, il brutto ed il bello, la vita e la morte...
La Natura non puo' essere in conflitto.. chi piu' della natura stessa è in equilibrio? forse è l'uomo che è palesemente in conflitto. Con sè stesso prima di tutto e con il prossimo di conseguenza. Spesso i grandi saggi o maestri per citarne uno.. (lao tzu) ribadisce molto il concetto che l'uomo per ritrovare la sua armonia si deve ri-creare in lui la NATURA! non a caso.. non credete?!! l'uomo destabilizza e deturpa la natura.. in quanto la crede fuori se stesso!! la natura è perfetta cosi comè.. non credo si debba di nulla sulla natura.. se cosi si fosse si metterebbe anche in discussione il Creatore!! Creatore lui stesso della natura!! meglio rivedere noi stessi.. che meglio.. anzi chè nominare la natura.. se potesse parlare.. non credete che qualche parolaccia potrebbe tirarcela dietro.. ;-) ( con giuste cause )
fate buon fine settimana a tutti ;-)
Daniele Guidi
Continuo a non capire come può la natura non essere in conflitto e l'uomo esserlo palesemente. L'uomo non è un elemento di natura, un'espressione della natura? O cos'altro si pensa che sia?
Citazione di: maral il 19 Novembre 2016, 21:40:12 PM
Continuo a non capire come può la natura non essere in conflitto e l'uomo esserlo palesemente. L'uomo non è un elemento di natura, un'espressione della natura? O cos'altro si pensa che sia?
Non è.che la natura non sia in conflitto, la natura comprende tutte le parti (i contendenti) del conflitto. L'uomo è in conflitto in quanto prigioniero della propria individualità. Ma il dilemma è se l'individualità è un valore o un disvalore. Ed essendo, secondo me, entrambe le cose, è qui che si gioca per il senso dell'esistenza.
Citazione di: cvc il 19 Novembre 2016, 22:07:38 PM
Non è.che la natura non sia in conflitto, la natura comprende tutte le parti (i contendenti) del conflitto. L'uomo è in conflitto in quanto prigioniero della propria individualità. Ma il dilemma è se l'individualità è un valore o un disvalore. Ed essendo, secondo me, entrambe le cose, è qui che si gioca per il senso dell'esistenza.
Detta come qui ha scritto CVC il discorso suona più comprensibile.
Si potrebbe considerare quindi che la natura si manifesta come il prodotto di tutti i conflitti delle sue parti, che sono in conflitto proprio in quanto parti. La peculiarità della parte "uomo" della natura si potrebbe dire che è il trovarsi in conflitto con se stesso e forse è questo ciò che si può intendere con "individualità", o meglio, essere in conflitto con se stessi è un tratto naturale, fondamentale e peculiare dell'individualità umana. E qui il gioco del valore e del disvalore si fa molto complesso e sottile, poiché se il trovarsi in conflitto con se stessi fa la differenza esso costituisce un termine di valore per l'uomo, ma poiché ogni conflitto in quanto tale implica la sua soluzione e presenta la necessità di un superamento esso è al contempo un disvalore. In questo senso l'uomo che è in quel tratto di natura che vede il conflitto come conflitto con se stessi, mira continuamente a uscire dalla sua natura, per ritrovarcisi sempre.
Nell'antichità la dialettica era anche considerata l'arte di condurre l'uno (la natura) al tutto (le individualità, le cose particolari) e il tutto all'uno . Si potrebbe pensare che, come avviene nel contemporaneo, il conformismo abbia un po' rotto gli equilibri di questo gioco. Perché se è vero che da un lato l'uomo è sempre più individualista, è anche vero d'altra parte che il suo individualismo sfocia poi nel conformismo. Quindi, cercando di spiegarmi, l'individualismo si manifesta come libido, volontà di possesso non solo materiale. Però resta un generale appiattimento dei valori per cui si è contemporaneamente ribelli e conformisti. Nel senso che siamo subito pronti a ribellarci alla volontà dell'altro, ma si è incapaci di proporsi in maniera realmente differente, di indicare un diverso e convincente punto di vista che giustifichi questa ribellione. Quindi è falsato il passaggio dai molti all'uno e viceversa. Perché i molti non capiscono ciò che li rende differenti l'uno dall'altro, quindi si perde il senso della necessità del ritorno all'uno (natura).
Ci sarebbe da riflettere sulle considerazioni di Smith sulle conseguenze della diversificazione del lavoro e sul taylorismo (organizzazione scientifica del lavoro). La nostra società è divenuta troppo omogenea per avvertire se stessa come organismo, come un insieme di esseri eterogenei facenti parte di un tutto. Il conformismo ci ha rimbambito, non comprendiamo più il significato della natura. Ma il problema è solo dentro di noi, perché la natura è sempre la stessa.
Cvc ha scritto
CitazioneQuindi, cercando di spiegarmi, l'individualismo si manifesta come libido, volontà di possesso non solo materiale.Citazione
"l'individualismo si manifesta come libido" ? Da quando ?
Anche se nella sezione filosofia si può fantasticare, errare, scambiare lucciole per lanterne, non mi sembra lecito far inorridire Sigmund Freud con tale affermazione.
Per Freud la libido è una pulsione sessuale; per Jung, invece, la libido è l'energia che si manifesta in tutte le pulsioni .
La teoria della libido è esposta da Sigmund Freud nel saggio "Lezioni introduttive di psicoanalisi", se eventualmente ti va di leggere questo libro.
Per quanto ne so l'individualismo mira a raggiungere l'indipendenza, la libertà non la volontà di possesso materiale. Hai aggiunto: "non solo materiale" a cosa ti riferisci ?
Nel senso che l'individualismo alimenta l'ego, la brama di possesso. Libido in questo senso e non come pulsione sessuale.
Ho letto con interesse, mi si conceda di aggiungere una postilla. Forse casco dal pero ma ci sono delle problematiche di tipo logico quando si attribuiscono\indagano insiemi astratti (come la natura) con "strumenti umani" (come la contraddizione). Il mio consiglio spassionato è quello di sviscerare la parola natura per quello che si intende precisamente, almeno io non riuscirei mai arrivare a capo di un ragionamento che prevede la parola "natura", cosi come non riuscirei mai capire "che senso ha il rosso". Dire che istinto e razionalità sono espressioni della natura (incipit) mi lascia quanto meno perplesso sul significato proprio perchè la natura non esiste, o comunque l'idea di essa è estremamente soggettiva (tanto che alcuni la scrivono maiuscola o le addebitano leggi).
Non credo che "natura" sia un termine astratto, lo è se depurata con l'intento classificatorio delle scienze "oggettive". La natura è ciò che accade (il terrore, l'angoscia profonda e la meraviglia) nel momento in cui qualcosa in essa prende coscienza di tutto quello che c'è sentendosene contemporaneamente inclusa ed esclusa. La natura è il mondo che ci presenta la sua immane e irriducibile resistenza, ma che proprio in virtù di questa resistenza ci consente di sentire la nostra possibilità di costruire in esso una possibilità di resistenza ove poter per un po' progettare di abitare rimanendo. Essa nutrendoci ci distrugge e distruggendoci ci nutre. Questa è la sua ambiguità e la sua profonda contraddizione, una contraddizione che si risolse originariamente nell'immagine di un immane ciclo cosmico o nell'oscillazione di una pulsazione che sempre si ripete inghiottendo e generando continuamente ogni sua parte. La natura è il tema del racconto mitico dell'esistenza che ci tramandiamo per poter in esso sopravvivere.